Oh Capitano, mio Capitano

di Carillioon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Gli uccelli salutano la nuova giornata di primavera appollaiati su un ramo vicino alla finestra di questo piccolo appartamento di Washington. Ci sono poche nuvole che disturbano l'azzurro intenso del cielo. L'aria è colma di tranquillità. Ad un certo punto questa calma viene interrotta dal suono squillante della sveglia che riporta Steve nel mondo reale. Stava sognando di trovarsi in un bar a Brooklyn pieno di gente che festeggiava la fine della guerra. Era un locale tipico, uno di quelli con banconi in legno scuro e sgabelli di ferro con la seduta rivestita da pelle rossa un po' sbiadita. Stava bevendo un boccale di birra in compagnia di Bucky quando vide la figura di Peggy avvicinarsi, quasi come un miraggio. Gli prese le mani e lo fece alzare, senza dire una parola. Steve non riusciva a pensare ad altro che alla sua bocca rosso fuoco. Voleva assaporarla con la sua, ma il suo corpo era come in trance, trasportato da quel vortice di passioni. Piano piano quel trascinamento si trasformò in una danza, in un lento. Lei fece adagiare sulle sue spalle possenti la sua testa che sembrava molto più piccola rispetto al corpo di Steve. Restarono lì abbracciati per molto. Le ultime parole che riuscì a sentire prima di svegliarsi furono: “Mi sei mancato, mio capitano...”.

Le 6:30 del mattino. Steve preme con forse troppa vigorosità la sveglia, schiacciandola sul comodino bianco. Un altro sogno sugli anni '40, un'altra nostalgia. A volte si preoccupava dei sui sogni rincorrenti e pensava di rivolgersi a qualcuno, ma non sapeva chi. Ad un analista o psicologo non se ne parlava, l'avrebbe traumatizzato a vita e poi mette molto in dubbio il lavoro di quest'ultimi, Natasha Romanoff è già troppo occupata con la scomparsa di Hulk per i suoi problemi e con Sam Wilson non è ancora abbastanza in confidenza per rivelargli i suoi segreti.

Prende dal cassetto dell'armadio una maglietta blu con sopra uno stemma e un paio di pantaloni grigi da basket. Si precipita in bagno a lavarsi i denti e a pettinare la chioma rigorosamente bionda. Mette in tasca le chiavi dell'appartamento e esce di casa chiudendosi la porta alle spalle con un grosso tonfo.

Inizia a correre dall'uscita e percorre la stessa tratta che fa da mesi, dove ha conosciuto Wilson. Gli piace correre, lo rilassa. Non lo fa certo per fare sport, non crede che ne abbia bisogno, ma per liberarsi la mente. Nessuno lo riconosce a quell'ora e quindi non deve neanche preoccuparsi più di tanto. Senza la divisa pochissimi civili riescono a riconoscerlo, ma lo mettono lo stesso molto a disagio, è diventato Captain America per servire il suo paese e il popolo, non per la fama o la gloria come Tony Stark.

Si ferma ad una fontanella vicino al parco per bere e rinfrescarsi. Punta l'occhio ad un orologio elettrico appeso vicino ad un bar. Sono le 8.00, è già da un bel po' che corre.

Decide che è meglio tornare a casa prima che si riempi di gente.

Dopo che gli Avengers si sono allontanati per proseguire le proprie strade non ha più visto i suoi amici, nemmeno Natasha. Non riesce a far a meno di pensare alla somiglianza tra la scomparsa di Hulk e la sua di settant'anni fa. Entrambi aerei caduti chissà dove ed entrambi hanno lasciato le proprie amanti a soffrire.

Quello che gli fa stringere il cuore e lo sveglia nel cuore della notte è il dolore che deve averle provocato. La immagina seduta su un tavolino del bar, mentre beve del gin, aspettandolo con gli occhi pieni di lacrime.

La sua mente è interrotta da un suono sordo e una botta. Si accorge di essersi schiantato contro una ragazza che è stesa a terra dolorante. Si precipita a tenderle le mani per aiutarla ad alzarsi.

“Scusi, ero sovrappensiero e non l'ho vista. Mi dispiace tantissimo. Le ho fatto male? La porto all'ospedale più vicino.”

“Non ce n'è bisogno. Non mi sono fatta niente” risponde la giovane. Quando è in posizione eretta, Steve si accorge che è veramente una bella donna, ma non una bellezza classica del ventunesimo secolo, qualcosa di più originale. Ha i capelli ricci scuri tagliati corti fino al mento, un viso dolce, leggermente allungato con degli occhi nocciola all'insù. E' restato catturato da quegli occhi da gatta, forse un po' piccoli, ma irresistibili. Porta una gonna alta in vita a righe blu e bianche corta fino alle ginocchia aderente e sopra un maglioncino dello stesso blu della riga. Non è molto alta e come fisico gli ricorda la Romanoff. E' molto giovane, deve aver appena superato la ventina.

“Mi chiamo Steve Rogers” dice stringendole la mano.

“Sofia Swart”. Si presenta con un vago accento inglese.

“E' sicura di sentirsi bene? Dove sta andando?” le chiede notando il trolley azzurro dietro di lei.

“Ehm.. Sono appena scesa dall'aereo e non riuscivo a trovare un taxi quindi ho deciso di camminare fino al mio nuovo appartamento.”

“Allora lasci che l'aiuti” prende il trolley per il manico e lo trascina incamminandosi. “Da dove arriva?”

“Inghilterra, da un paesino vicino a Londra, Canterbury. Mi sono trasferita qui per studiare. E lei cosa stava facendo?” domanda Sofia un po' per timore del suo soccorritore/aggressore, un po' perché le piaceva veramente quel tipo.

“Stavo correndo. Dove ha detto che abita?”

“In quella via la in fondo vicino all'uscita del parco”

Rimasero zitti per un po'. L' imbarazzo si fece sentire. Steve è contento che non lo abbia riconosciuto, ma forse in Inghilterra gli Avengers non sono poi così tanto conosciuti.

“Che cosa studia?” le chiese per rompere il silenzio.

“Fisica. Astrofisica. Sono riuscita a vincere una borsa si studio e mi hanno mandato qui a finire la laurea”.

“Wow, è molto brava allora. Sa, io non mi intendo molto di scienza, anzi sono cresciuto in una casa dove i valori principali erano la lealtà e il dovere verso il proprio Paese e non era importante studiare. Per questo mi sono arruolato”

“E' un militare? Di che grado?”

“Sono capitano”

“Veramente? Sembra molto giovane per essere già diventato capitano..”

“Mi hanno promosso dopo aver salvato degli uomini in Germania..”

“Allora hanno fatto bene... Questo dev'essere il mio nuovo appartamento” dice controllando il numero civico “Sì, sì è questo. E' stato un piacere conoscerlo, magari qualche volta potremmo vederci per un caffè” cerca disperatamente dentro la borsetta il portafoglio e tira fuori un biglietto da visita che porge delicatamente a Cap.

“Anche per me” le risponde afferrando il numero.

“Arrivederci” saluta la ragazza entrando per la porta di questo palazzo non proprio messo benissimo.

Rigira fra le mani il bigliettino

Sofia Swart

studentessa

Market way, Canterbury London

2346780939

Se lo mette in tasca, non sa se la chiamerà. Lei è una persona normale, resterebbe scioccata nel sapere che l'uomo che l'ha aiutato è un esperimento di laboratorio.

Steve non ha ripensamenti di quello che gli è successo, pur di aiutare il suo Paese questo ed altro.

Torna a casa e si fa una lunga doccia fresca assaporando quel momento.

 

 

Quella sera decide di chiamare Wilson per andare a prendere una birra.

“Arrivo a prenderti alle 10. Intanto te preparati non farmi aspettare” gli aveva risposto.

Apre le ante dell'armadio e prende una camicia bianca ed un paio di jeans. Si sposta in bagno e si pettina i capelli con le dita. Apre il portafogli per controllare quanti soldi dispone, si ferma un attimo ad ammirare la foto di Peggy dentro alla tasca trasparente. Chiude e si precipita fuori ad aspettare Sam.

 

“Hey amico!” lo saluta vedendolo “Come stai, tutto bene? E' da un po' che non ti sento, pensavo fossi fuori città in qualche missione per salvare il mondo”

Steve gli sorride “Tranquillo niente missioni pericolose, almeno oggi. Io sto bene, comunque, te?”.

“Non mi posso lamentare. Sai la ragazza che ho conosciuto qualche mese fa? Mi ha chiesto di trasferirmi da lei. Io non so cosa risponderle. Se fosse per me mi trasferirei all'istante, il mio appartamento fa schifo, ma se poi lei non mi piacesse? Se è una pazza e vuole mangiarmi mentre dormo?”

“Non credo che Annah voglia mangiarti” salgono su un taxi “E' così piccola e magra non credo proprio voglia ucciderti e anche se fosse saprai difenderti se è questo che ti preoccupa.” lo rassicura Steve e vedendo lo sguardo inquieto dell'amico si mette a ridere. Poi facendosi serio gli chiede se lui la ama e vuole vivere con lei.

“Sì capitano, lo voglio”
“Allora non ti angosciare, andrà tutto bene. A proposito, dove mi porti?”

“In bar carino, appena ristrutturato. Ci vanno molti giovani di solito universitari. Magari troviamo Miss America”

“Certamente” risponde Cap spingendo leggermente la spalla di Sam.

 

Entrano nel locale e si siedono negli scalini vicino al bancone. Ci sono grossi schermi attaccati alle pareti che trasmettono tutti lo stesso canale musicale dove ci sono donne mezze nude che ballano strusciandosi su un uomo di colore che canta. Steve vede Wilson che è come ipnotizzato da quelle immagini. Lo spinge per attirare la sua attenzione.

“Ai miei tempi le donne non andavano in giro così e noi ragazzi non le guardavamo come fai tu. Un po' di rispetto Santo Dio”.

“Stai sciolto Cap! Adesso puoi divertirti!” risponde ridendo.

La loro conversazione viene interrotta da un gruppo di ragazzi entrare rumorosamente. Si girano entrambi a guardali. In fondo al gruppo c'è Sofia con un vestito bianco a fiori stretto in vita.

“Non può essere..”

“Perché cosa succede?” gli chiede Wilson.

“Vedi la ragazza in fondo? Oggi sono andato a correre e le sono andato addosso, quindi per chiederle scuse l'ho accompagnata fino a casa. E' inglese e piuttosto simpatica, anche se non abbiamo parlato molto. Mi ha dato il suo numero di telefono, ma non pensavo di richiamarla?”

“Perché? E' carina. Non ti piaceva? Non ti piace l'accento inglese??”

“Ma certo che mi piace. Immaginati la scena. Lei che mi chiede che lavoro faccio adesso e io gli rispondo che combatto contro esseri che le persone normali non riuscirebbero mai a sconfiggere perché sono un esperimento di laboratorio avvenuto più di 70anni fa. Scapperebbe a gambe levate”

“Non devi dirle tutto adesso. Su va a parlarci ti tendo io la birra”

“Va bene..”

Steve si alza e si avvicina al tavolo dove si è seduta quella compagnia. Sofia non sembra partecipare molto alla conversazione, si vede che ha appena conosciuto quelle persone. L'unica con la quale ha confidenza è la ragazza che le sta a fianco. La saluta con un cenno della mano e lei risponde allo stesso modo. Si alza sussurrando qualcosa all'orecchio dell'amica e gli va incontro. E' leggermente più truccata della mattina: ha un rossetto rosa e una riga di eyeliner sugli occhi contornati dalle folte e lunghe ciglia.

“Salve, l'ho vista seduta lì e ho pensato di venire a salutarla”

“E' stato davvero carino. Puoi darmi del tu, comunque.”

“Va bene. Posso offrirti da bere?” le appoggia la mano dietro la schiena e l'accompagna verso il balcone dove Wilson lo sta guardando.

“Certo”

“Lui è un mio amico e collega, si chiama Sam Wilson”

“Molto piacere” i due si stringono la mano.

“Adesso è meglio che vada. E' stato un piacere signorina, ciao Capitano” il soldato si alza ed esce dal bar, lasciando Steve da solo. Pensava di poter contare su di lui e invece è scappato via. Glielo farà pagare.

“Cosa bevi?”
“Quello che prendi tu. Non sono molto esperta in drink o cocktail, non bevo molto.”

“Allora è meglio qualcosa di leggero” le sorride.

Ordina due Brooklyn e sorseggiano. Il whisky brucia leggermente la gola di Steve.

“Raccontami qualcosa di te, Capitano” resta sorpreso che l'abbia chiamato così, forse ha solo voluto riprendere il saluto si Sam. “Fai parte ancora dell'esercito oppure ti sei ritirato?”
“In un certo senso sono ancora un soldato. Mi chiamano per qualche missione, però sono tutte top-secret quindi mi dispiace..”

“Capisco.. Dove hai combattuto prima di diventare questo soldato-spia?”
“Germania e Londra”

“Non pensavo ci fossero guerre, soprattutto a Londra!”

“Ehm.. sono solo stato addestrato li” doveva ricordarsi, sono molti anni che la guerra in Europa è finita. “Chi sono quelli con cui sei venuta?”

“Sono amici di Lauren, mi ha detto che saranno miei compagni del corso che inizierà la settimana prossima. Ahn già, Lauren è una mia amica che ho conosciuto molti anni fa,ero ancora al liceo, quando sono andata a New York.”

“Ti andrebbe di uscire da qui? Facciamo una passeggiata”
“Non hai paura ad uscire a quest'ora? Sono ormai le 11e mezza”
“Tranquilla, ti proteggo io” le risponde con un sorrisetto complice sulle labbra. Lei finge di sentirsi offesa anche se in realtà è divertita.

Iniziano a incamminarsi non sapendo dove andare, lasciando che il vento primaverile spettini i loro capelli. Sofia continua a sistemarli dietro le orecchie, invano.

Alla luce fioca dei lampioni, Steve non riesce a non guardare le forme del suo corpo. Il punto vita stretto dalla fascia del vestito gli ricorda quello di una vespa. Si sente attratto da quella donna. Anche se la conosce da poco, gli ispira un senso di fiducia molto forte. Vorrebbe parlare con lei per ore.

Si fermano su una panchina e si siedono. Riesce a sentire il profumo della fanciulla, alla lavanda forse, ma non n'è sicuro.

Sofia cerca nella borsetta azzurra il cellulare e guarda l'ora. “E' mezzanotte e mezzo, è meglio che io vada.” compone un numero sulla tastiera del telefono e chiama un taxi.

“Quando posso rivederti?” le chiede Steve.

“Cosa ne dici di sabato pomeriggio? Potresti portarmi a vedere la città”

“Ottima idea. Allora ti chiamerò per farti avere i dettagli. Buonanotte” le bacia delicatamente la guancia prima di lasciarla salire sul taxi.


NOTA DELL'AUTRICE

ringrazio moltissimo chiunque abbia letto questa storia. questo è solo il primo capitolo ma conto di pubblicarne uno ogni settimana, se ha successo. mi piace molto scrivere questa storia quindi spero sia di vostro gradimento :D lascite una recensione per dirmi qualsiasi cosa. CIAOOO ;)

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Capitolo 2
*** 2 ***


 

Sofia apre la dispensa con l'intenzione di prepararsi un tè nero con latte. Non ha ancora esplorato tutto il suo nuovo appartamento, così non sa dove trovare né la tazza né la bustina. In quella città gigantesca, piena di stranezza, hamburger e qualsiasi altra americanata, moriva dalla voglia di assaporare quel momento totalmente british.

E' pomeriggio ed è appena tornata dalla presentazione del suo corso. Il professore che li ha accolti era un tipo abbastanza strano. Rispecchiava tutti gli stereotipi sullo scienziato medio: capelli bianchi, occhialuto, gobbo e grassottello. In ogni caso le stava simpatico. Ha incontrata gli amici di Lauren con i quali è uscita ieri sera. L'hanno guardata un po' male perché li ha abbandonati uscendo con Steve, però alla fine l'hanno salutata e sono stati gentili.

Mette dentro alla tazza l'acqua bollente e la bustina che ha trovato nel frattempo. Si accovaccia sul divano in pelle nera e si appoggia sulle ginocchia il computer. Digita su Google “Steve Rogers”. Vuole scoprite chi è quel ragazzo che l'affascina tanto. Le ispira sicurezza, ma sa anche di dover essere prudente: a parte che è un militare non le ha detto nient'altro! Se sabato si incontreranno vuole essere preparata.

Trova una pagina su Wikipedia intitolata “Captain America”. Incuriosita ci clicca sopra e la apre.

“Captain America, (nome vero Steve Rogers ) è un eroe americano che ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale e sconfitto l'organizzazione segreta tedesca, l'Hydra. Congelato nel 1945, dorme per 70 anni finché non viene trovato nel Mar Glaciale Artico” legge Sofia “Grazie ad un esperimento di laboratorio è riuscito ad ottenere forza, velocità, agilità, sopportazione del dolore fuori dal normale”.

“O mio Dio..” si lascia fuoriuscire. E' stata a contatto con un super soldato restando a quello che dicono. Come ha fatto a non accorgersi? A parte il fisico scolpito, Steve non aveva niente di strano, sembrava un ragazzo normale. Adesso non sapeva cosa fare. Doveva uscirà lo stesso oppure scappare via? Da quello che ha letto, non è cattivo, anzi ha salvato un sacco di vite e lo sta ancora facendo. Ha voglia di rivederlo, ma ha paura che si riveli qualcosa di strano. Come ha fatto poi ad adattarsi ai giorni nostri dopo settant'anni, si chiede. Per lei è difficile aver cambiato paese, lui invece ha cambiato epoca! Prova un po' di compassione per Steve, deve aver sofferto tanto per aver perso tutte le persone che ha amato. Si alza dal divano e si affaccia alla finestra. Guarda i taxi neri che passano nella grande strada e i passanti indaffarati. Ha deciso. Uscirà con lui. Magari sarà lui stesso a parlarle del suo passato, altrimenti ne farà cenno lei.

 

Cap è seduto sul divano con in mano il suo palmare. Odia quell'aggeggio. Non riesce a capire come usarlo. Sta armeggiando per aggiungere il numero di Sofia in rubrica. Si è promesso che sabato sarà l'ultima volta che la vedrà, non vuole causarle problemi. E poi non è ancora sicuro di riuscire ad affrontare una “relazione” con una donna. L'uomo che cercava stabilità e una famiglia è caduto nel ghiaccio più di settant'anni fa. Adesso non sa cosa vuole di preciso. Forse ha ragione Stark, senza una guerra non riesce a vivere. Non è abituato alla vita normale, in qualunque epoca.

Finalmente riesce ad aggiungere un nuovo contatto. Dove potrà portare la ragazza? Che cosa fanno i giovani adesso? Dove le portano al primo appuntamento? Decide di cercare su internet quali sono i monumenti e posti che uno straniero deve visitare a Washington. Lilcon Memorial, National Museum of Natural History, Casa Bianca, National Mall...

Si segna alcuni luoghi ed esce di casa. Questa sera deve recarsi allo S.H.I.E.L.D. per una missione notturna.

 

 

Natasha lo aspetta davanti alla porta dell'enorme edificio. È la sua prima uscita dopo la sconfitta di Ultron. Lo saluta con la mano e con un sorriso smagliante stampato in faccia.

“Ehilà fossile. Come stai?” lo abbraccia e gli bacia la guancia maliziosamente.

“Tutto bene e tu piuttosto?”

“Non posso lamentarmi”

Si avviano verso l'ascensore e salgano all'ultimo piano dove li aspetta Nick Fury.

“Salve Agente. Capitano” gli stringe la mano “La missione di oggi consiste nel riprendere alcuni armi che sono state rubate in un magazzino. Niente di che, ma lo stesso non è da sottovalutare. Vi daremo a disposizione una decina di uomini, ecco i nomi” gli consegna una cartellina verde “Si trovano in una casa apparentemente disabitata, ma è piena di trappole e uomini armati fino ai denti, li dentro c'è anche la mappa, la studierete dentro l'aereo. Tutto chiaro?”

I due annuiscono “Molto bene. Buona fortuna”

Una donna con l'uniforme blu dell'organizzazione li accompagna ognuno al proprio camerino come se fosse la prima volta che si trovano qui. Steve entra in questa stanza dove sul fondo della parete si trova appeso il suo costume. Gli ritorna in mente la prima volta che ha indossato il vestito blu a strisce bianche e rosse, non era lo stesso, ma gli somiglia molto. All'inizio lo odiava perché gli ricordava il ridicolo ruolo che gli era stato assegnato: ballare su un palco mentre c'erano soldati che morivano al fronte. Non era quello lo scopo per il quale era stato “potenziato”. Adesso invece gli piace indossarlo. Sia perché i materiali usati sono molto più leggeri e comodi di quelli del '44, sia perché gli piace il ruolo da eroe.

 

Entra sull'aereo e vede la Romanoff già seduta nei sedili. Si accomoda di fianco.

“Non guidi tu?” le chiede.

“No. Sono qui per agire sul campo”

“Non ci sono più notizie di Bruce?”

“No..” risponde in un sospiro tale che Steve deve tirare l'orecchio.

Tira fuori la cartellina che gli ha dato Fury ed elabora un piano insieme alla sua squadra: Rogers entrerà per la porta principale mentre una metà gli guarderà le spalle e gli altri si caleranno sul tetto.

L'aereo si ferma poco distante dalla casa. Il primo gruppo di agenti afferra il paracadute, Steve prende il suo scudo e si lancia. Atterra piegando le ginocchia e si guarda attorno. E' tutto buio e non sembra ci sia anima viva nei paraggi. Sente dietro di sé i primi uomini che sono scesi. Si gira e quando tutto sono arrivati gli fa segno di seguirlo. Dopo una trentina di metri vede la struttura e va verso l'entrata. Guarda un'altra volta la squadra per essere sicuro e si precipita contro la porta proteggendosi con lo scudo, sfondandola. L'ancia l'arma contro le persone che riesce scrutare e si fa strada verso le scatole in fondo alla sala. Non c'è luce, ma da quel poco che riesce a vedere si tratta di un unica grande stanza. Intanto gli agenti sono entrati tutti e stanno sparando ai nemici. Alcuni si calano dal soffitto lasciando le corde appese, serviranno poi per portare nel veicolo gli armamenti. Cap raggiunge le casse e sconfigge con dei calci le guardie che stavano sorvegliando. Afferra le corde e le attacca con i moschettoni di ferro e le tira leggermente con la mano per farle elevare dal suolo.

“Non è stato così difficile” pensa ritornando sull'aereo. Nat gli salta sulle spalle e lui si gira di scatto.

“Mi mancava uscire. Ero stufa di quel noioso lavoro d'uffico”

“Sono contento” sale e afferra la mano della ragazza per aiutarla a salire. Sembra rinata.

“Allora dimmi Capitano. Hai chiesto all'infermiera di uscire?”

“Sì, ma non ha voluto. Ha detto che preferisce non uscire con i colleghi”

“D'avvero? Questo non me l'aspettavo. Non ti sei arreso vero?”
“E' stato piuttosto chiara. E poi ho già in programma un altro appuntamento?”

“Ma d'avvero? La conosco?”

“Non credo proprio”

“Dimmi chi è allora! Dimmi assolutamente chi è! E' un ordine!”
“Sono io il capitano qui” le infila un dito nei fianchi facendola ridere.

“Va bene. Però promettimi che me lo racconterai. Adesso buona notte, io vado a dormire sulla barella d'emergenza”

“Notte” la saluta sorridendole.
 

NOTA DELL'AUTRICE
ciaooo ed ecco il secondo capitolo (anche se un po' in ritardo). è un po' di passaggio ma restate pronti all'appuntamento! ringrazio come sempre chi segue la storia, recensisce o la legge. Grazie mille <3

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Capitolo 3
*** 3 ***


Una canzoncina odiosa lo sveglia bruscamente facendolo saltare sul letto. Deve trovare il modo di cambiarla, non riesce a sopportarla! Prende in mano il telefono color panna di casa e risponde con un grugnito.

“Salve, sono una rappresentante della famosa compagnia telefonica Fast..” preme vigorosamente il pulsante rosso. Questa è la quinta volta che chiamano questa settimana e adesso lo svegliano in piena mattina dopo che è stato tutta la notte a lavorare. Guarda la nuova sveglia che ha comprato e segna le ore 2 di pomeriggio. Beh.. forse non proprio piena mattina. Si reca in bagno per sciacquarsi la faccia e cercare di svegliarsi. Resterebbe a letto per altre tre ore, ma purtroppo ha un appuntamento tra poco. Steve apre la porta della piccola doccia, larga quasi un metro quadrato e accende l'acqua regolandola alla temperatura più bassa possibile, la preferisce fredda. Si sfila i boxer e si mette sotto il getto gelido. Prende il suo sapone-shampoo e se lo strofina su tutto il corpo e sui capelli biondi. Con un asciugamano si asciuga e si pettina con le dita. Dopo essersi lavato i denti si veste con una camicia a maniche corte blu scuro e un paio di bermuda chiari.

Manca ancora un'ora prima di dover andare a prendere Sofia, così decide di prendere in mano il portatile. Non sa molto bene usarlo, ma Nat e alcuni agenti dello S.H.I.E.L.D gli hanno insegnato le funzioni principali: navigare su internet, scrivere un documento e scaricare le foto. Gli sembra ancora strano come la tecnologia ha fatto passi da giganti nell'ultimo secolo. Quando si è svegliato dal ghiaccio ed è scappato verso il centro di New York, vedere gli enormi schermi colorati appesi agli edifici fu un vero shock! Ma ripensandoci adesso non erano niente in confronto agli aggeggi di Stark. È riuscito a far fluttuare nell'aria delle immagini che si possono muovere con le mani. Gli pare si chiamino oltrammi... o qualcosa del genere. Altro dei bottoni e levette che spopolavano negli anni 40!
tra poco dovrà uscire con una ragazza che ha, almeno, 75 anni in meno di lui. Si sente un po' nervoso, è la prima volta che ha un appuntamento con una donna che non lavora con lui. In realtà l'unica che abbia mai amato è stata Peggy. E poi prima del congelamento non ha mai fatto l'amore, anche se avrebbe voluto, stava aspettando una persona speciale e quando l'ha trovata non ha avuto il tempo. Si vergognava da morire ad essere l'unico ragazzo a Brooklyn ancora vergine a 24 anni. Solo Bucky lo sapeva. Si ricorda ancora quando tornando a casa da lavoro come cameriere in una tavola calda di Manhattan, il suo amico lo sorprese con tre donnine sdraiate sul suo divano logoro e lui che pomiciava con un'altra sopra le sue ginocchia. “Sorpresa, Steve!” lo salutò. Si vedeva che ebbe alzato il gomito, ma lo stesso Cap si arrabbiò a morte e uscì sbattendo la porta. Non voleva essere così squallido, già tutti lo trattavano male per il suo aspetto minuto, almeno non perdere la sua dignità gli sembrava il minimo. Bucky gli corse dietro, ma non in grado di proseguire l'inseguimento, tornò in dietro e fece accomodare le signorine fuori di casa. Quella notte si pentì di essersi comportato in quel modo brusco e di aver rifiutato quella proposta. Ovviamente lo perdonò il giorno seguente. Gli mancava tantissimo il suo amico, soprattutto negli ultimi mesi quando ha scoperto che non era morto, ma peggio. Trasformato in un mostro senza ricordi. Anzi in un mostro con altri ricordi. Voleva iniziare a cercarlo, ma non sapeva dove e come. In più aveva molta paura di quello che potrebbe trovare. L'ultima volta che l'ha visto ha scorto uno strano bagliore nei suoi occhi, come se stesse cercando di ricordare...

 

 

Si ferma davanti casa di Sofia con la sua Harley Davison nera. Scende e suona il campanello. Di corsa scende la ragazza. Porta un vestito blu notte, corto alle ginocchia, maniche fino ai gomiti con una gonna svolazzante. Vedendo Steve su quella moto gigantesca rallenta e si blocca di scatto: non era mai salita su una cosa del genere.

“Tranquilla ho portato il casco” cerca di calmarla mostrandole la protezione blu metallizzata. “Andiamo?”

“Ma certo!” gli risponde con un sorriso.

Le appoggia il casco sopra alla testa con delicatezza cercando di non tirarle i capelli e le fa spazio nella sella.

“Dove mi porti?”

“A vedere una specie di museo”

Cap spinge sull'acceleratore provocando un rombo gigantesco e partono.

Sofia lo abbraccia da dietro stringendolo forte, ma le sue mani non riescono nemmeno a fare il giro completo del torace. Appoggia la testa sulla sua schiena e si rilassa. Non è poi così male, pensa.

Dopo pochi minuti di strade grandissime si fermano in un bar. Scendono entrambi e Steve l'aiuta a togliere il casco. La prende per mano e l'accompagna ad un tavolo esterno. C'è il sole e la temperatura è davvero ottimale per godersi l'aria fresca.

“Prima di entrare al museo, prendiamo un caffè, va bene?”

“Benissimo”

Il cameriere arriva e scrive sul palmare le ordinazioni: due caffè macchiati.

“Allora Sofia, quello che andremo a vedere è una mostra un po' speciale. Voglio che tu la veda perché voglio che tu mi conosca meglio. Probabilmente scapperai via a gambe legate, ma io ci provo perché..” prende un respiro profondo “perché è da tanto tempo, forse troppo, che non mi sento così con una donna e ti trovo speciale.. ecco tutto”

“Oh.. Steve” Sofia era tutta rossa, non sapeva cosa dire. Nessun uomo le aveva mai detto una cosa del genere. Non che ci fossero stati tanti ragazzi nella sua vita, anzi quasi nessuno. “Anche per me sei speciale, ma vorrei anch'io conoscerti meglio, non so niente di te”
Il Capitano prende un altro respiro profondo, le prende le mani e la guarda negli occhi “Quindi andiamo” lascia sul tavolino 10 dollari, molto più del prezzo da pagare e si alzano dalla comode sedie rivestite da cuscini decorati. Le mette un braccio intorno alle spalle e l'accompagna verso il Captain America's Museum.

La fanciulla lo guarda con la bocca semiaperta mentre Rogers si mette un cappellino con la visiera. “Meglio non farsi riconoscere” le dice lui con un sorriso malizioso.

“Ehm.. sai.. qualche giorno fa ho cercato il tuo nome su internet e credo di sapere già un po' di queste cose, ma non credevo fossero tutte vere o almeno speravo fosse qualche tuo zio o parente..” Steve la interrompe “vuol dire che non scapperai via”.

Entrano in questo salone enorme dove sul fondo della parete c'è un disegno di un uomo con un elmetto blu con una A bianca in fronte. Occhi azzurri e fisico possente. Sullo sfondo c'è la bandiera americana. Cap guarda il viso stupefatto di Sofia. La povera ragazza aveva capito l'importanza delle azioni del suo accompagnatore, ma non pensava che avevano un influenza sul mondo odierno. E poi si sa com'è internet, non si sa mai quando una cosa è vera o no.

La trascina verso il primo pannello animato. Il ragazzo inizia a leggere “Nato nel 1920, Steve Rogers era un ragazzo di Brooklyn figlio di Joseph e Sarah Rogers. Durante la Seconda Guerra Mondiale cercò più volte di arruolarsi nell'esercito americano per poter servire la sua patria, ma venne sempre respinto per la sua struttura esile e vari problemi di salute come asma” la fanciulla lo guarda insospettita “Dopo ti spiego” continua “Finché non incontrò Abraham Erskine, uno scienziato di origine tedesca che lo arruolò. Per lui aveva altri progetti. Dopo essere stato trasferito a Londra, venne scelto per il suo coraggio e buon animo per essere sottoposto a un esperimento segreto “Il Supersoldato”. Grazie a del siero divenne più alto, forte e agile.”

Sofia si gira a guardare uno schermo che ritrae il gracile Steve per poi lasciare spazio a quello molto più muscoloso. “Eri più carino una volta” gli dice scherzando

“Non la pensavano così le tue antenate” le risponde anche lui ridendo. “Allora come ti sembra?” le domanda.

“E' tutto molto strano, non pensavo esistessero cose del genere soprattutto negli anni 40. Credo che dovrò farci l'abitudine.” lo prende per mano e visitano le altre attrazioni.

La giovane scopre che prima di combattere ha avuto il compito di tirare su il morale dei cittadini con spettacoli e film, solo dopo ha lottato faccia a faccia contro i tedeschi.

Entrano dentro un piccolo cinema con un telo in fondo sulla parete. Si siedono sulle poltroncine scure e parte un filmato. Racconta la storia di Captain America e alcune scene dei film da lui interpretati. Mostrano anche alcune sue azioni sul campo. In una c'è Rogers che studia una mappa con altri soldati e tira fuori dalle tasche una bussola con sopra la foto di una giovane donna, con i capelli scuri. Sofia gira la testa e trova Steve con la stessa bussola in mano, ammirandola. Gli prende la mano e i due si fissano per pochi secondi e poi ritornano allo schermo. Si passa alle testimonianze, uno strano signore con due grossi baffi sopra le labbra, Howard Starck, poi altri soldati e infine la stessa donna della foto leggermente invecchiata. Porta un rossetto rosso e capelli ondulati. Dice che il Capitano Rogers ha fatto molto per il mondo e anche dopo che se n'è andato ha continuato a influenzare la sua vita.

Si ritrovano davanti ad un pannello con un enorme foto di un ragazzo. L'unico della squadra che ha perso la vita in servizio. Il migliore amico di Steve sin dall'infanzia.

“Magari fosse morto” le sussurra all'orecchio. Sofia non riesce a capire cosa intenda, ma questo non è il momento giusto per chiedere spiegazioni.

Escono dal museo e si incamminano verso la moto.

“Hai qualche domanda dopo tutto questo?” accenna Steve.

“Giusto qualcuna. Magari possiamo ordinare una pizza a casa mia”

“D'accordo”.

 

Salgono le scale fino ad arrivare all'appartamento. E' abbastanza piccolino, osserva Cap, ma accogliente. Si accovacciano sul morbido divano dopo preso dei bicchieri di Coca Cola fresca.

“Allora inizia. Voglio chiarire tutti i tuoi dubbi”

“Perché mi stai dicendo tutto questo? Perché mi dici questo se poi ti nascondi dalla gente? Perché me?”

“Ehm.. te l'ho già detto. Tu mi piaci. Con te mi sento me stesso e non voglio che questo finisca. E' da più di settant'anni che non mi sento così vivo”
“OK.. credo sia una risposta valida.. Seconda domanda. Chi è quella donna? Quella della foto?”

“Si chiama Margareth Carter, era un'agente e una soldatessa durante la Guerra, la migliore che io abbia mai conosciuto. Perfino migliore di me!” le sorride “io e lei abbiamo avuto una specie di storia, ma ho aspettato troppo e poi sai come è andata”

“E Bucky? Perché mi hai detto che era meglio se fosse morto?”
“Pensavamo fosse morto, cioè lui è caduto dal treno in corsa. Io ero lì. Un'associazione segreta che si è infiltrata dentro a quella per cui lavoro io adesso l'ha rapito e fatto esperimenti su di lui. Come il lavaggio del cervello. Poco tempo fa, tra tutti i casini che sono successi, si è rifatto vedere, anche lui è diventato un super soldato e ha cercato di uccidermi. Ero la sua missione, ma alla fine mi ha risparmiato. Non mi ricordo cosa è successo mi sono risvegliato in ospedale.” Steve aveva le lacrime agli occhi. Era la prima volta che si confidava con qualcuno di tutto questo. Sia di Peggy che di Bucky. Si asciuga la faccia velocemente, non vuole che lo veda così. Sente le braccia della ragazza stringerlo. E' troppo grande per riuscirlo ad avvolgerlo tutto, quindi gli sale sulle ginocchia e lui appoggia la testa sulle sue piccole spalle. Restano così per molto tempo. Finalmente Cap ha trovato qualcuno di cui riesce fidarsi, qualcuno che lo ascolta.
 

Nota dell'autrice

Ed ecco il terzo capitolo di questa storia. Spero che vi piaccia e che non ci siano troppi errori ;) se avete voglia lasciate una recensione sia positiva che negativa, mi fanno piacere entrambe :P grazie mille per chi segue, recensisce o solo legge. Grazie di cuore.

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