the dark side of the moon

di soweirdd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il bar era finalmente rimasto deserto, l’orologio segnava le due di notte appena scoccate. Questa sera toccava a me chiudere il locale mentre il resto del personale aveva abbandonato la baracca già da mezz'ora.
Mi infilai la giacca di pelle e mi misi la familiare borsa di velluto viola a tracolla, dopodiché spensi tutti gli interruttori rimanendo nell'oscurità più totale.
Mi sfilai il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e usai la luce dello schermo per farmi strada fino alla porta, una volta uscita diedi tre giri di chiave alla serratura e lasciai cadere il mazzo di chiavi nella borsa.
Fuori l’aria era decisamente fredda e pungente e per quanto mi stringessi nella giacca di pelle, la sensazione di gelo non se ne andava.
Odiavo quella strada. Non c’erano rumori, le macchine non passavano e regnava il silenzio più totale, sentivo solo i tacchi dei miei stivali che sbattevano sul cemento e rimbombavano tutt'intorno. C’era un lampione circa ogni venti metri, così appena ne sorpassavo uno sprofondavo nel buio.
Non che io avessi paura del buio, in realtà non avevo paura di niente o almeno di nulla che mi venisse in mente.
Mi sentivo sempre così sola e annoiata dalle persone, dalle cose, dalla vita, che spesso mi ritrovavo a desiderare di provare qualcosa di nuovo, di affrontare qualcosa di più forte, persino la paura.
 Non mi ero mai sentita parte di questo mondo e mi ritrovavo a sognare luoghi magici e sconosciuti, creature misteriose, luci e tenebre. Tutte cose chiaramente impossibili e frutto della mia immaginazione, ma che preferivo mille volte di più a ciò che mi circondava.
Mi imbattei in una lattina accartocciata e la calciai con la punta dello stivale facendola risuonare nella strada deserta, poi sentii un rumore che mi fece immobilizzare. Mi guardai intorno ma, a parte i piccoli cerchi di luce dei lampioni, tutto era immerso nell'oscurità e non riuscivo a vedere niente.
Magari era solo un gatto, pensai e ripresi a camminare.
Dopo qualche minuto, però, risentii lo stesso suono, ora più chiaro, come lo scampanellio di un cristallo.
D’istinto afferrai la borsa e me la strinsi sotto l’ascella mentre aumentavo il passo, camminando più svelta.
Poi lo sentii ancora e ancora e a quel punto ero quasi certa che provenisse da dietro di me quindi iniziai a correre, la borsa stretta sotto al braccio.
Correvo all'impazzata con l’intenzione di seminarlo, chiunque fosse il soggetto da cui stessi scappando, i lampioni mi sfrecciavano di fianco a tutta velocità mentre percorrevo la strada cercando di raggiungerne la fine. Correvo e correvo ormai senza fiato mentre mi calcavo la borsa contro le costole, mi voltai in dietro senza smettere di correre per controllare se mi stesse inseguendo e fu proprio in quel momento che andai a sbattere contro qualcuno.
Per il contraccolpo e la sorpresa caddi all'indietro, poi due mani mi afferrarono per le braccia e mi tirarono in piedi con forza -Ciao, bellezza- disse quando riuscii a vederlo in viso.
Era un ragazzo giovane dai capelli neri lucenti, gli occhi anch'essi neri e un ghigno malvagio sulle labbra.  In un’altra occasione mi sarei soffermata sulla bellezza del suo viso ma ora il suo aspetto non faceva che inquietarmi così come la sua voce di ghiaccio.
Ma da dove era spuntato?
Cercai di divincolarmi ma la sua presa era salda sulle mie braccia, allora iniziai a dare calci a destra e a manca cercando di colpirlo, ma lui rimaneva immobile, per niente scalfito dai miei colpi.
-Cosa vuoi da me?! Lasciami andare!- gli urlai.
Ma tutto ciò che ottenni fu una sbuffata infastidita.
Poi una risata bassa e agghiacciante squarciò l’aria alle mie spalle, un suono sinistro, come vetro crepato e subito dopo due mani mi coprirono il naso e la bocca da dietro e un odore dolcissimo di fiori, forse rose, mi inebriò i sensi, il primo istinto fu quello di mordergli la mano, ma poi le gambe iniziarono a cedermi, la testa ad annebbiarsi e in un attimo mi feci avvolgere dall'oscurità.

 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 Qui è tutto così verde e magico, adoro la campagna.Il sole sta per tramontare là, oltre la collina.
Devo raggiungerlo, non ho mai guardato un tramonto, non ho mai visto il sole ritirarsi, nascondersi dietro la natura ed ora ne ho la possibilità.
Scavalco la staccionata di legno e  inizio a correre verso la collina, sento il vento che mi investe, l’aria frizzante che mi inonda il viso, l’erba alta che fruscia sulle mie caviglie.
Inizio a risalire la collina senza sforzi, mi sento così viva, così piena d’aria, potrei respirare all’infinito e non smettere mai di correre.
Arrivo in cima alla collina e finalmente lo vedo. Il sole, quella mezzaluna gialla che si tuffa sulla linea immaginaria dell’orizzonte. Muore qui per rinascere nel giorno di qualcun altro.
Il sole sparisce e lascia solo una scia violacea nel cielo, sposto lo sguardo in basso verso i piedi della collina e noto solo ora una distesa di rose rosse, una distesa immensa che non finisce mai. E’ un rosso scuro che scivola per tutta la valle come un fiume, sembra proprio che scorra ai piedi della collina.
Poi è un impulso, qualcosa che scatta, si sblocca, una luce che s’accende nel profondo della mia mente, che collega l’inconscio con la realtà.
Non è un campo di rose, è un fiume di sangue…
 
Aprii gli occhi di scatto e mi misi seduta, avevo la fronte imperlata di sudore e stavo ansimando. Era solo un incubo, pensai ancora frastornata da quelle immagini macabre che mi passavano silenziose nella mente.
Lasciai un sospiro di sollievo che però mi morii in gola. Non ero nella mia camera. Quello non era il mio letto. Mi sembrava di essermi svegliata in un’altra epoca. Mi trovavo in una camera dai soffitti alti, le pareti coperte di quadri dalle cornici antiche e dorate, davanti a me una finestra imponente era incorniciata da tende rosse di velluto ed era affiancata da un antico mobile in legno lavorato su cui era appoggiata una specchiera che sembrava risalire anche quella al 1800.
 
 
 
-Buon giorno dolce creatura, piaciuto il sogno?-
Quella voce. Un brivido profondo mi scosse dall’interno.
Mi girai di scatto verso la voce e improvvisamente sprazzi dei ricordi della notte precedente mi passarono davanti agli occhi, muti e velocissimi, mentre sentivo il cuore sprofondarmi nel petto come schiacciato da un macigno.
A poca distanza da me, seduto su una grande poltrona in stile vittoriano c’era quel ragazzo, ora potevo vederlo meglio grazie alla luce che filtrava dalle finestre. Era alto, perfino da seduto, dai muscoli delle braccia sembrava forte e robusto ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento, nella sua postura, che lo rendeva leggero e aggraziato.
E il suo viso era perfetto, zigomi alti, labbra sottili e lunghe ciglia nere, lo stesso colore dei suoi occhi e dei capelli. Era uno di quei visi che mi sarebbe piaciuto disegnare.
In un altro momento.
Ero rimasta ad’osservarlo dimenticandomi dell’assurda e probabilmente pericolosa situazione in cui mi ero appena cacciata. Zia Madelyn a quell’ora' si era sicuramente già accorta della mia assenza e a quel punto avrebbe iniziato a dare di matto.
Mi guardai intorno alla ricerca della mia borsa di velluto viola dove tenevo le chiavi e il mio blocco da disegno che portavo con me ovunque e tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi di averla ancora indosso.
Cosa ci facevo li? Non mi aveva derubata ne violentata ne toccata in nessun modo, perciò che cosa poteva volere da me? Non ti ha ancora violentata ne toccata, disse una voce in un angolo della mia mente, ma scacciai subito quel pensiero.
-Che cosa ci faccio qui?- azzardai cercando di mantenere un tono fermo, ma la mia voce uscì tremula e incerta.
Mi sembrò di notare un luccichio nelle sue iridi e un sorriso malizioso si distese sul suo viso -Sei un’ospite-
-Un’ospite? Tu mi hai rapita.- e nel momento stesso in cui pronunciavo quelle parole mi ricordai che non era solo quella notte. C’era qualcun altro insieme a lui, qualcuno che mi aveva colto alle spalle mettendomi le mani sul volto.
-Sì beh all’inizio volevo rapirti, sai per divertirmi un po’-  si passò la lingua sulle labbra, quasi sovrappensiero  -ma poi Lugh ha dovuto fare il guasta feste, come suo solito, e ha detto che sei pericolosa, sai per il fatto che ci hai sentiti arrivare...-
-Io sarei pericolosa?!- scalciai le coperte di lino bianco di quel letto ottocentesco che non era il mio e mi alzai di scatto.
Lo vidi seguire i miei movimenti con un movimento lento del capo, senza scomporsi minimamente.
-Tu e chiunque altro fosse con te questa notte mi avete seguita, poi mi avete stordita con un’essenza di fiori o qualcosa di simile e mi avete portato in questo posto che sembra rimasto nel diciannovesimo secolo e infine tu mi dici che sono pericolosa perché ti ho sentito arrivare! Certo che ti ho sentito arrivare, non sono mica sorda!-
Una risata profonda gli uscì dalla gola -Sei proprio un bel tipo-.
Mi sentii la faccia andare a fuoco dalla rabbia, lui si stava prendendo gioco di me e io ancora non avevo idea di dove mi trovassi.
-Vedi, tu non puoi sentirci, nessuno può farlo e nella maggior parte dei casi non possono neanche vederci a meno che noi non scegliamo di mostrarci, ma questo è già più complicato. Sentirci però è proprio impossibile perché noi siamo circondati da un’aurea che emette delle onde sonore che nessun’essere umano è in grado di percepire e…-
-Morgan!- una porta che prima non avevo notato si spalancò di colpo e  un ragazzo alto e moro dalle sopracciglia folte e un’espressione dura in volto stava in piedi sulla soglia. -Che diavolo stai facendo?!-
-Le sto solo spiegando perché è qui, Llyr.- il ragazzo che ora sapevo chiamarsi Morgan incrociò le gambe con disinvoltura e intrecciò le mani sulle ginocchia mentre con lo sguardo soppesava il ragazzo sulla porta, il quale non mi aveva ancora degnata di uno sguardo.
-Lugh non è ancora sicuro che non sia un’umana, quindi evita di svelare la nostra natura a una comunissima mondana-
La loro natura? Una comunissima mondana? Ma di che diavolo stavano parlando?!
-Voi siete completamente pazzi!- in quel momento entrambi i ragazzi si voltarono verso di me che ero ferma in mezzo alla stanza coi pugni chiusi lungo i fianchi. Il ragazzo sulla porta che
Morgan aveva chiamato Llyr, sembrò notarmi per la prima volta e mi guardava con un sopracciglio alzato e  un’espressione di accennato stupore.
-Io mi chiamo Faith, ho diciassette anni, vado a scuola e la sera lavoro in un bar per pagarmi gli studi. Conduco una vita monotona e assolutamente ordinaria e non ho idea di cosa sia un’aurea e se questa vostra natura di cui parlate è un modo per dire che siete dei criminali allora sarei molto felice di andarmene. Adesso.-
-Vedi- disse a un tratto Llyr rivolgendosi a Morgan -Non sa niente, è una normalissima ragazza di Manhattan-
-Potrebbe mentire, oppure non sapere nulla, magari è una creatura delle ombre e non lo sa-
Spalancai gli occhi alle parole di quel Morgan, quei due erano completamente fuori di testa. Mi sembrava di vivere in uno dei miei sogni in cui immaginavo creature fantastiche metà luce metà ombra. Fantasie, non erano altro che fantasie e invece questi due ragazzi sembravano crederci veramente.
-Dannazione taci Morgan- Llyr sembrava esasperato, come quando si ha a che fare con un fratello minore. -Sa già troppe cose.-
-Se proprio non dovesse rivelarsi nulla di speciale potrei sempre ucciderla, se ti preoccupa così tanto che sappia di noi-  un sorriso sghembo si aprì sulle sue labbra.
Llyr sospirò alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.
Io invece ero sbiancata, la naturalezza con cui Morgan aveva menzionato la mia morte mi fece ghiacciare il sangue nelle vene e la gola mi si seccò.
Morgan dovette accorgersene perché fu scosso da una risata.
-State commettendo uno sbaglio, davvero io non sono nessuno, voglio solo andarmene da qui e se mia zia non mi trova da nessuna parte...-
-Io non mi darei del Nessuno tanto in fretta- Disse Morgan.
Llyr lo fulminò con lo sguardo e si rivolse a me per la prima volta -Dovrai solamente parlare con Lugh, lui si accerterà del fatto che non sei una minaccia e dopo ti lasceremo andare, davvero.-
Qualcosa mi diceva che si stesse sforzando di darmi una sottospecie di conforto.
Ero ancora convinta che fossero completamente matti, ma se parlare con questo Lugh sarebbe stato l’unico modo per farmi uscire di lì, allora dovevo farlo.
-D’accordo, ci parlerò.-
-Quanto siete noiosi- Morgan si alzò dalla poltrona in modo teatrale, poi mi si avvicinò e mi afferrò per un braccio cogliendomi di sorpresa, emanava un calore così forte che sembrava irradiarmi dall’interno. -Che stai facendo?-ringhiai puntando i piedi per terra.
-Ritira gli artigli, ti porto da Lugh- rilassai i muscoli di colpo, ma mi liberai comunque dalla sua presa -Ti seguo- dissi con decisione.
Colsi un sorrisetto formarsi sulle sue labbra prima che si voltasse per dirigersi otre la porta, mentre Llyr si spostava dalla soglia per lasciarci passare.
Stavo davvero collaborando con due sconosciuti che parlavano di creature delle ombre e auree misteriose, che mi avevano rapita in un vicolo e che ora mi stavano accompagnando a negoziare per la mia libertà con quello che doveva essere il loro leader o qualcosa del genere.
Sperai solo che non fosse troppo lontano da lì.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Camminavamo velocemente attraverso un corridoio dai soffitti alti dove arcate imponenti erano sostenute da maestose colonne di pietra chiara.
Era tutto così surreale, in che razza di edificio mi trovavo?
Alzai lo sguardo verso l’alto e notai delle figure scolpite nella pietra, erano strane creature che non avevo mai visto, metà umane metà qualcos’altro, alcune alate, altre munite di code o artigli.
Spostai lo sguardo più in basso verso le colonne di pietra e notai anche li delle figure scolpite, proprio tra il capitello e l’arcata del soffitto. Di queste, però, riuscivo a intravedere solo un’ala, forse due, senza riuscire a distinguere nient’altro.
Il suono dei miei stivali a contatto con il pavimento di marmo rimbombava per tutto il corridoio rimbalzando sulle pareti e fu quando pensai tra me e me che ciò mi metteva a disagio, che mi resi conto che i piedi di Morgan non producevano alcun rumore.
Camminava sicuro e in silenzio davanti a me, avevamo appena svoltato a destra per un corridoio identico a quello precedente. Era un tipo strano, per niente fuori tema visto il luogo e la situazione in cui mi trovavo, ma qualcosa in lui mi metteva più in guardia di tutto il resto. Pensai a un momento prima quando mi aveva toccato e avevo sentito quel calore arrivare dalla sua mano ma allo stesso tempo nascermi da dentro come se la mia cassa toracica avesse appena preso fuoco.
Scacciai quel pensiero dalla mente, dovevo tener presente che ero ancora sotto shock per tutto quello che mi era capitato quindi adesso dovevo solo preoccuparmi di arrivare da questo benedetto Lugh e uscire di li al più presto.
-Manca ancora molto? Questo è il quarto corridoio che percorriamo- accelerai il passo e lo affiancai.
-Vuole che la prenda in braccio, principessa?- mi disse in tono derisorio continuando a guardare dritto davanti a sé.
Lo fulminai con lo sguardo anche se non mi stava guardando.
-Non sono stanca per niente, voglio solo sapere quanto manca all’ora del giudizio.-
-Non fare la melodrammatica- notai quel solito sorrisetto affiorargli dalle labbra.
-Non trovi che sia drammatica la situazione in cui mi trovo?- mi voltai nuovamente a guardarlo mentre svoltavamo per un altro corridoio. Volevo capire se era minimamente in grado di comprendere quanto tutta quella faccenda fosse assurda, almeno per me.
-Si, probabilmente per te lo è-
-Allora perche non dovrei fare la melodrammatica?- insistetti.
-Non ti si addice- di nuovo quel sorrisetto maligno.
Sbuffai sonoramente e decisi di rinunciarci, dopotutto era palese che mi stavo facendo prendere in giro e soprattutto che lui godeva in maniera perversa nel farlo.
Camminammo in silenzio ancora per qualche minuto finché non sbucammo in un enorme sala vuota.
Il pavimento di marmo era di colori ocra e oro e le imponenti finestre facevano riversare la luce che si rifletteva sul pavimento illuminando tutta la stanza.
Attraversammo la sala e io ne approfittai per guardare oltre le finestre ma riuscivo a vedere solo una distesa di colline verdissime.
Chissà dove mi trovavo e quanto lontana potevo essere da casa?
Ci fermammo davanti a una grande porta in legno scuro, Morgan abbassò la maniglia di scatto ed entrò senza alcuna esitazione e io lo seguii un istante dopo.
-Vedo che il vizio di fare irruzione nelle stanze senza permesso non ti abbandona mai, Morgan-
Guardai oltre la spalla di Morgan da dove proveniva la voce e vidi un uomo chino su una scrivania di legno massiccio intento a sfogliare un grosso libro.
Morgan fece spallucce e si diresse verso una poltrona nell’angolo della stanza, io rimasi immobile all’entrata.
-Ti ho portato la ragazza- disse prima di lasciarsi cadere sulla poltrona e stendendo le gambe di lato su uno dei braccioli.
A quelle parole l’uomo alzò la testa di scatto dal libro e i suoi occhi incontrarono i miei.
Quindi lui doveva essere Lugh. Morgan avrebbe potuto almeno avvisarmi che eravamo arrivati.
Chino sulla scrivania sembrava più vecchio, ma ora che mi guardava non gli avrei dato più di 35 anni. Aveva occhi grigio piombo e i capelli erano corti e di un biondo cenere, il viso era pallido e tagliente ma anche lui come tutti quelli che avevo incontrato fino a quel momento era dotato di una bellezza magnetica e misteriosa.
-Io sono Lugh e dirigo questo posto- disse alzandosi. La sua voce non era fredda come quella di Morgan ma in compenso i suoi occhi erano di ghiaccio e incutevano timore.
-Siediti pure- aggiunse poi indicandomi una sedia che non avevo notato, proprio di fronte a me.
Esitai un momento ma poi mi sedetti e anche lui si risedette dietro la scrivania. Anche quella stanza, come tutto ciò che avevo visto da quando ero li, era in stile ottocentesco e le pareti erano costituite da enormi librerie alte fino al soffitto e stracolme di libri di ogni dimensione.
-Allora, come ti chiami?- mi chiese Lugh incrociando le mani davanti a lui.
-Faith- dissi piano.
Non so che cosa mi prese, un attimo prima pensavo a tutto quello che avrei potuto dire per convincerlo a lasciarmi andare , ma ora che ce l’avevo davanti era tutto sparito, non riuscivo a trovare né la sicurezza né le parole.
-Okey Faith, cosa ti ricordi di questa notte?-
Va bene, quello che era successo potevo raccontarlo senza problemi, giusto? Mi feci coraggio e iniziai a parlare.
-Ho chiuso il locale dove lavoro abitualmente e poi mi sono incamminata verso casa, ma mentre camminavo ho sentito un rumore e più di una volta e così..-
-Che rumore hai sentito?- mi interruppe guardandomi ora più intensamente.
Abbassai gli occhi sulle sue mani non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
-Non era proprio un rumore, era un suono, come uno scampanellio molto lieve, quasi cristallino-
Non sentendolo ribattere rialzai lo sguardo, ma lui mi stava ancora fissando senza nemmeno battere le ciglia.
Poi finalmente parlò.
-Avevi già sentito questo suono?-
-No, credo di no-
-E per quanto tempo lo hai sentito?-
-Finché Morgan e un altro tizio non mi hanno rapita, poi ho perso i sensi- lo vidi corrugare le sopracciglia per poi voltarsi verso Morgan con espressione interrogativa.
-Ah sì, ho dimenticato di dirti che ero insieme ad Alun quando l’ho trovata- disse Morgan dal fondo della stanza.
Ma che razza di nomi avevano questi? Llyr, Lugh e adesso Alun.
Niente in quel posto era normale e più il tempo passava meno chiarezza riuscivo a fare e meno riuscivo a capire chi fossero quelle persone.
Lugh si voltò nuovamente verso di me.
-Sei un bel rompicapo- disse continuando a scrutarmi.
-Io non capisco perché sono qui, questo suono che ho sentito è così importante?- iniziavo ad avere la sensazione che uscire di li sarebbe stato più difficile del previsto.
-Questo suono che hai sentito non avresti dovuto sentirlo, perché altrimenti significherebbe che non sei umana-
Oh no, di nuovo con quella storia, ma cosa prendeva a tutti quanti in quel posto?
-Io sono umana, e se anche non lo fossi cosa potrei mai essere?-
Sentii Morgan agitarsi sulla poltrona alle mie spalle mentre Lugh continuava a guardarmi impassibile.
-Tu hai le sembianze di un’umana e tutto ciò che ti caratterizza non fa che confermare la tua umanità ma questo non spiega il fatto che tu ci possa sentire, il che ti rende molto più interessante-
-Cosa vuol dire che vi posso sentire? Chi siete voi?-  mi asciugai i palmi sudati delle mani sui jeans, e strinsi con forza la mia borsa viola mentre l’agitazione e il nervosismo iniziavano a farsi strada dentro di me.
Vidi Lugh spostare il suo sguardo lentamente oltre le mie spalle, dov’era seduto Morgan, poi con la stessa lentezza si rivoltò verso di me puntando i suoi occhi nei miei e potei giurare di aver visto un bagliore nelle sue pupille.
-Mai sentito parlare di demoni, Faith?- disse infine.
Rimasi in silenzio, forse aspettando che aggiungesse qualcosa, ma questo non accadde.
Una risata isterica mi gorgogliò dal profondo della gola. Era uno scherzo? Perché aveva tutta l’aria di essere uno scherzo.
Ma poi guardai il volto serio e impassibile di Lugh e i suoi occhi grigi così freddi e inquietanti e capii che per lui non doveva essere uno scherzo. Mi voltai in dietro verso Morgan aspettandomi il suo solito ghigno malizioso ma ora anche lui mi guardava serio, scrutandomi il viso, forse per captare le mie reazioni.
-No..- iniziai alzandomi lentamente dalla sedia.
-Faith ho intenzione di spiegarti ogni cosa, se rimarrai qui potrò..-  ecco: Lugh aveva deciso, non mi avrebbe lasciata andare.
-No!- scattai in piedi facendo cadere la sedia per terra -Voi siete tutti pazzi!-
-Faith ascolta, è normale che tu non ci creda, sei sempre stata abituata alla vita mondana e agli umani, ma tu sei diversa e io posso scoprire cosa sei- Lugh ora era in piedi e nella sua espressione seria ora percepivo una nota di preoccupazione.
-Io non sono diversa, io ho solo diciassette anni, io sono…sono…- la voce iniziò a tremarmi e sentii gli occhi inumidirsi. Avevano detto di essere dei demoni, il che era semplicemente assurdo perché i demoni non esistono, ne avevo disegnati tanti ma ero sempre stata consapevole che non esistevano, semplicemente lo davo per scontato.
Sei sicura Faith? Vorresti dire che quando hai visto queste persone ti sono da subito sembrate normali? O dentro di te hai sentito che c’era qualcosa di strano in loro?
Cacciai con forza quei pensieri dalla mia testa, volevo andarmene, tornare a casa, volevo mia zia e invece loro volevano tenermi li.
Mi voltai di scatto e mi lanciai verso la porta, la aprii e mi fiondai oltre la soglia. Attraversai correndo l’enorme sala luminosa e poi svoltai per il corridoio da cui eravamo arrivati.
Corsi a perdifiato per il corridoio mentre sentivo rimbombare i miei passi veloci sul marmo, ora le lacrime mi scendevano copiose sulle guance annebbiandomi la vista.
Svoltai per un corridoio a sinistra senza sapere se fosse quello giusto e continuai a correre mentre singhiozzi silenziosi mi affioravano dalla gola, poi presi un altro corridoio sulla destra assolutamente identico a tutti gli altri.
Ero disperata, non avevo idea di dove stessi andando, correvo e basta mentre mille immagini e pensieri mi vorticavano nella mente.
Arrivata in fondo trovai delle scale, le scesi correndo per poi arrivare in un altro corridoio, non avevo più fiato e le gambe mi sembravano di gelatina, ripresi a correre e proprio quando stavo arrivando in fondo, il piede sinistro mi si piegò verso l’interno facendomi cadere rovinosamente di lato, poi qualcosa sbatté violentemente contro la mia testa e mi ritrovai sdraiata sul marmo freddo a fissare il soffitto.
Tutto intorno a me girava e tremava, le pareti, le colonne, gli archi sul soffitto e fu allora che la vidi. La figura scolpita sulle colonne che prima non riuscivo a distinguere, quella tra il capitello e l’arcata. Ora la vedevo perfettamente mentre ogni cosa tremava e mi fluttuava intorno.
Era un angelo.
Ma non reggeva l’arcata,  ne veniva schiacciato.

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