I Die But, Please, Don't Cry... Ever

di Schwarzfreiheit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


I Die But Please Don't Cry... Ever ECCOMI DI NUOVO QUI CON UNA NUOVA FICTION... DEVO ESSERE ASSOLUTAMENTE SINCERA CON CHI SI TROVERA' A LEGGERLA : IO AMO MOLTO QUESTA STORIA, MA HO AVUTO DEI SERI DUBBI SE PUBBLICARLA O MENO... HO DECISO DI FARLO... HO GIA' IN MENTE COME FINIRA', MA, ESSENDO ANCORA IN FASE DI STESURA, NON SO COME SI SVILUPPERA'...
SPERO CHE POSSA PIACERVI.
DEVO SPECIFICARE ALCUNE COSE, PRIMA DI LASCIARVI ALLA LETTURA : TROVERETE UNA PARTE, IN QUESTO CAPITLO CHE PARLA DELLA MALATTIA. TUTTE LE INFORMAZIONI CHE RIPORTO, E CHE IO RITENEVO UTILI AI FINI DELLA STORIA, LI HO TRASCRITTI DA WIKIPEDIA ... OVVIAMENTE NO SCOPO DI LUCRO.
INOLTRE, LA COLONNA SONORA PORTANTE DI QUESTA STORIA E' UNA CANZONE CHE IO PERSONALMENTE ADORO : SI TRATTA DI "DON' T CRY" DEI GUNS&ROSES, SPERO CHE, CHI DOVESSE NON CONOSCERLA, DECIDA DI ASCOLTARLA, LEGGENDO QUESTA STORIA. IO L' HO ASCOLTATA UN CENTINAIO DI VOLTE SCRIVENDO ED E' STATO ASCOLTANDOLA CHE MI E' VENUTA L' IDEA PER QUESTA FICTION.
OVVIAMENTE NO SCOPO DI LUCRO.

ED INFINE, MA NON MENO IMPORTANTE, SPECIFICO E SOTTOLINEO CHE :
I FATTI NARRATI NON HANNO ALCUNA ATTINENZA CON LA REALTA', NON RAPPRESENTANO NULLA CHE E' SUCCESSO, SUCCEDE O SUCCEDERA'. I PERSONAGGI, LE LORO VITE, I LORO CARATTERI NON MI APPARTENGONO E CHE NON E' MIA INTENZIONE OFFENDERLI, RIDICOLIZZARLI O METTERLI IN CATTIVA LUCE ( DOPOTUTTO SONO IO STESSA UNA FAN ).
TUTTO CIO' CHE LEGGERETE E' FRUTTO DELLA MIA FANTASIA MALATA.
QUALSIASI SIA IL VOSTRO GIUDIZIO,POSITIVO O NEGATIVO, LO ACCETTERO' VOLENTIERI.

A VOI QUINDI L' ARDUO COMPITO DI LEGGERE E RECENSIRE, SE VORRETE.
BUONA LETTURA.


Tardo pomeriggio.
Stava immobile davanti alla finestra.
La neve era scomparsa quasi del tutto, fissava quel cielo bianco, pensando a quel manto candido che sembrava ricoprire tutti i mali della terra sotto la sua coltre soffice, come se non ci fosse macchia al mondo che fosse in grado di sporcarla.
Ma lei sapeva che c’ erano quelle macchie.
Macchie fatte di dolore e sofferenza che nemmeno la neve poteva coprire.
Stava ascoltando “ Don’ t Cry “ dei Guns & Roses …
L’ arpeggio melodico della chitarra invase la stanza, integrato due battute dopo dal suono metallico del basso a cui seguì immediatamente la chitarra elettrica con distorsore ed effetto larsen …
Sorrise.
Era stato Tom ad insegnarle quei termini tecnici e, anche se lei non se ne intendeva molto, le piaceva stare ad ascoltare il ragazzo con attenzione : dalle sue parole traspariva tutto il suo amore per la musica.
Adesso, la voce graffiante e struggente di Axl, seguita dalla batteria, catturò la sua attenzione e lei si lasciò rapire da quella melodia quasi dolorosa …
Quella canzone le faceva male, ma non riusciva a sciogliersi da quell’ incantesimo, dalla voce di Axl che la avvolgeva.
Le stringeva il cuore in una morsa d’ acciaio, le serrava le parole in gola …
Avrebbe voluto urlare.
Nic non sapeva pregare  tanto quanto non sapeva bestemmiare , ma in quel momento, guardando il suo piccolo angelo nero disteso su quel letto, sofferente anche nel sonno, avrebbe voluto saperlo fare.
Entrambe le cose …
Pregare, per lui, perché potesse soffrire un po’ meno e bestemmiare, perché era arrabbiata, arrabbiata con Dio, se mai ce ne fosse stato uno :
non era mai stata una buona fedele, ma la sua già debole convinzione, stava pericolosamente vacillando.
Quale Dio avrebbe potuto fare questo ad una delle sue creature più belle e dolci e …
E basta.
Nemmeno lei sapeva più cosa dire o fare …
Lo amava, e questo era sufficiente a spezzargli il cuore.
Si sedette, i gomiti appoggiati al letto di Bill, osservandolo respirare a fatica, sfiorando piano la sua mano tiepida, i capelli scomposti sul cuscino, cercando di trattenere quelle lacrime che lui detestava vedere.
Ad un tratto lui si mosse piano, voltò il viso verso di lei, sapeva che era lì.
Era sempre lì, ogni volta che apriva gli occhi, non importava che ora fosse, lei c’era.
E questo gli dava la forza e il coraggio per affrontare un’ altra giornata.
<< … Nic … >>
Lei gli sorrise, ricacciando il magone in quell’ angolo di lei che conteneva il suo dolore e la sua rabbia e la sua frustrazione, e posò lo sguardo su quel volto pallido :
<< Bill, come va? >>
<< E’ molto che sei arrivata ? >>
<< No, sono arrivata pochi minuti fa … >>
Bill sbuffò e scosse la testa tra il divertito e lo spazientito.
Le aveva detto mille volte di non stare sempre chiusa dentro quella maledetta stanza, ma lei era sempre lì.
Ciò significava che non gli dava affatto ascolto.
<< Mi stai raccontando una bugia, ma non importa … Lo sai che mi fa sempre piacere trovarti qui quando mi sveglio … >>
Si sorrisero, era bello vederlo sorridere …
La conversazione, quel giorno faticava ad avviarsi, entrambi stavano ad ascoltare l‘ ultima lunga nota di “ Don‘ t Cry “.
Non appena l’ ultima vibrazione della voce di Axl si fu spenta, restarono in silenzio a guardarsi intorno, senza sapere cosa dire all’ altro, c’era dell’ aspettativa nell’ aria, Nic sentiva la tensione, come se da un momento all’ altro dovesse succedere qualcosa e non riusciva ad immaginare cosa.
Ad un tratto Bill parlò.
La  voce sottile, un sussurro che lei non riuscì a decifrare subito, ma quello che aveva intuito non le parve per niente rassicurante …
Aveva detto davvero quello che pensava lei?
Si avvicinò al letto del ragazzo con espressione incerta.
Bill sapeva cosa stava pensando, ma aveva deciso, non sarebbe tornato indietro.
Quando l’ aveva detto a suo fratello, lui lo aveva guardato come se fosse impazzito e gli aveva dato dell’ idiota col suo solito modo di fare brusco che  nascondeva i suoi timori e le sue preoccupazioni.
E in effetti in quell’ ultimo periodo Tom era sempre preoccupato, e Bill si sentiva maledettamente in colpa, sapeva di esserne la causa, ma questa volta non voleva tornare indietro, e se voleva ottenere qualcosa, Nic era l’ unica persona a cui poteva chiedere, sapeva che lei avrebbe potuto capirlo …
Assieme a Tom, era la persona che meglio lo capiva, ma su questa questione, Tom non  voleva sentire ragioni.
Lei lo avrebbe capito …
Ne era sicuro.
Così prese fiato assieme al coraggio, alzò lo sguardo fiero e dolcissimo allo stesso tempo e ripetè la sua richiesta :
<< Voglio uscire di qui, Nic … >>
<< Fa ancora freddo, Bill, e tu non hai abbastanza globuli bianchi per poterti permettere di prendere una polmonite … Non hai abbastanza difese immunitarie … >>
<< Morirò lo stesso Nic, sto già morendo >>
Disse lui guardandola negli occhi
<< Vorrei solo poter vivere, il tempo che mi resta … Vivere, non sopravvivere … Quando arriverà il momento vorrei poterlo fare fuori di qui, magari squassato dalla tosse, ma non sfigurato da delle orribili macchie … >>
Finì la frase tenendo gli occhi bassi.
<< Crederai che io sia solo uno stupido vanitoso … >>
Sorrise debolmente.
<< Hai ragione … >>
No, lei non pensava affatto che lui fosse vanitoso, né tautomero che fosse stupido.
Era un ragazzo intelligente, conosceva i rischi a cui andava incontro, ma detestava stare lì dentro, lei lo sapeva bene.
Vederlo così determinato, e allo stesso tempo così indifeso, le fece decidere lì su due piedi, di fare qualcosa …
La risposta della ragazza lo stupì, si sarebbe aspettato molte cose, ma non che lei gli desse ragione.
<< Alzati, ce ne andiamo da questo posto … >>
Lo aiutò ad alzarsi, era indebolito dalla malattia e da tutto il tempo in cui era stato fermo su quel letto.
Bill si vestì e si sedette su quella maledetta sedia a rotelle.
Lei iniziò a spingerlo fuori da quella orribile, asettica stanza.
Fremette di rabbia al pensiero che il suo Bill, il suo dolce fiore spezzato, fosse stato costretto a restare rinchiuso per mesi in quelle squallide quattro mura.
Appena fuori dalla porta il medico che si occupava del ragazzo li fermò.
<< Dove credete di andare ? Signor Kaulitz, sa che non può uscire … Sarebbe troppo imprudente nelle sue condizioni … >>
<< Noi ce ne stiamo andando. >>
Disse Nic con voce sicura e ferma.
<< Signorina, lei sa che non è la cosa giusta da fare … >>
<< Non me ne frega nulla. Noi ce ne stiamo andando da questo cazzo di posto. >>
Il dottore rimase stupito dalla fermezza della ragazza, sembrava non preoccuparsi minimamente di quello che sarebbe potuto succedere, eppure sapeva esattamente quello che provava per il suo giovane paziente.
Sapeva quante notti lei aveva passato insonne accanto al suo letto.
Sapeva quanto amore avesse in sé, per lui.
<< In questo caso … Dovrete firmare una liberatoria … Lei, signor Kaulitz … Ed anche lei, signorina … Dovete entrambi prendervi la responsabilità delle vostre azioni … >>
<< E’ il modo più strano in cui mi abbiano mai chiesto un autografo … >> Disse Bill con un sorriso nella voce.
<< E per quanto  riguarda il prendersi la responsabilità delle proprie azioni … Mi pare che sia esattamente quello che sto facendo … Mi sono preso le mie responsabilità , e sto pagando le conseguenze … Arrivederci dottore, e grazie … >>
Concluse Bill con un sorriso triste.
Il dottore non potè far altro che lasciarli passare e fermare con un gesto della mano un ’ infermiera che stava per intervenire :
<< Li lasci andare … >>
La voce del medico era stanca e … Commossa.
<< Ma quanto cazzo è  grande questa maledetta clinica ? Questo corridoio sembra non finire mai … Spero che riusciremo a vedere ancora un po’ di neve  … E poi, non ne posso più di stare su questa cazzo di sedia a rotelle ! >>
Esclamò Bill.
Nic lo sapeva, sapeva che Lui voleva uscire di lì, sapeva che voleva camminare sulle sue gambe :
<< Avrò tempo per riposare, dopo … >>
Lui lo diceva spesso.
La ragazza si chinò su di lui, e con il viso all’ altezza di quello del ragazzo, gli disse con tono da cospiratrice all’ orecchio :
<< Sai ? Credo proprio che tu abbia ragione ,,, >>
Detto questo iniziò a correre, spingendo la sedia a rotelle più veloce che poteva, lungo quell’ immenso corridoio.
Bill rideva, le braccia gettate in alto.
Sembrava un bambino felice.
La sua risata rimbalzò su quei muri anonimi, invase la testa ed il cuore della ragazza, che in quel momento desiderò anche lei urlare e ridere e …
Piangere …
Lo amava, amava sentirlo ridere.
All’ improvviso, a pochi metri ,un ’ imponente figura femminile sbarrò  loro la strada.
Nic fece appena in tempo a fermarsi, giusto in tempo per non travolgerla.
<< Signor Kaulitz ! Signorina ! Dove credete di andare ? >>
<< Abbiamo firmato tutto quello che serviva e adesso ce ne andiamo >>
Rispose Bill con un largo sorriso sul volto.
<< Sorvoliamo sul fatto che trovo sia una pessima idea interrompere le cure, ma vorrei ricordarvi che questa è una clinica delle più rispettabili e prestigiose, non credo sia molto educato correre come degli ossessi per i corridoi … >>
Nic la interruppe con la sua migliore faccia da schiaffi :
<< Certo signorina, mi trova assolutamente d’accordo con lei, ci siamo comportati come due ingrati maleducati. Per cui, potrebbe fare una cortesia a tutti gli augusti medici e infermieri di tutta la augusta clinica … >>
L’ironia nella sua voce era palese.
Alzò la voce :
<< … E togliersi dai piedi, permettendoci di abbandonare questa prestigiosa, asettica clinica del cazzo ! >>
L’ infermiera si spostò evidentemente scioccata da quello che,  era chiaro, non ritenesse un linguaggio adatto ad una signorina per bene, e Nic riprese la sua corsa arrestandosi solo una volta uscita dal portone principale.
Si parò di fronte al ragazzo e gli tese una mano :
<< Andiamo, forza! >>
Il suo sorriso si riflesse immediatamente sul volto di Bill, che, presa la mano tesa, la trascinò di corsa giù dalla scalinata, abbandonando la sedia a rotelle e quell’ orribile posto. Chiamarono Tom .
Dall’ altra parte della città, un ragazzo con i rasta scomposti sul cuscino, alzò la testa ancora assonnato.
Non ricordava nemmeno a che ora fosse andato a letto, né aveva idea di che ora fosse adesso.
L’ ultima cosa che ricordava era il sonnifero che aveva ingoiato poi il sonno, indotto dal farmaco, aveva appesantito le sue palpebre e finalmente si era addormentato.
Erano mesi ormai che ricorreva a quelle maledette pillole, per dormire .
Da quando aveva saputo da suo fratello la verità, non era più riuscito a chiudere occhio.
Temeva l’ addormentarsi poiché temeva il risveglio.
Temeva di svegliarsi una mattina e di sentirsi dire che suo fratello non c’ era più, che lui, Tom Kauliz era diventato la metà solitaria di un’ unica anima spezzata.
Ma non dormire non serviva a nulla, e lui lo sapeva bene.
Non era del tutto un cretino.
Ugualmente, non riusciva ad allontanare quella sottile inquietudine che si impossessava del suo cuore ogni volta che chiudeva gli occhi.
Dopo qualche istante di torpore, il suono insolente del cellulare sopra al suo comodino, lo svegliò di colpo.
Anzi, fu il freddo terrore che gli attanagliò lo stomaco a svegliarlo completamente.
- Dio ti prego … Ti prego, non ancora … Non sono pronto … -
Pensò disperato, e con un nodo alla gola, rispose :
<< P, Pronto ? Sono Tom Kaulitz … >>
<< Ma dai ! Ed io che pensavo di aver fatto il numero della Jolie … Come minimo, se proprio doveva rispondermi un uomo, mi sarei aspettato Brad Pitt ! … >>
Rispose una voce lievemente ironica.
Una voce che lui conosceva benissimo.
<< Bill ! Che cosa succede ? Ti serve qualche cosa ? Hai bisogno di me ? Arrivo subito ! … >>
Bill sorrise.
Tom non si era nemmeno arrabbiato per lo scherzo sciocco di poco prima.
Era preoccupato.
Questa semplice constatazione gli riempì il cuore d’ affetto e rimorso.
Detestava sapere di essere la causa di quella preoccupazione.
<< Sì sì Tomi, sono io … Ma calmati ! In effetti ho bisogno di te, ma puoi anche farti una doccia prima e venire alla clinica con calma … Ci vediamo dopo … >>
Chiuse la comunicazione.
- Con calma … - Pensò Tom scuotendo la testa.
Erano mesi e mesi e mesi che Tom non era calmo.
Come avrebbe potuto fare con calma ?
Ogni giorno lo viveva a mille all’ ora per riuscire a fare tutto, non voleva perdere nemmeno un attimo del tempo che gli era ancora concesso di passare con lui.
Comunque si fece una doccia veloce,e si cambiò.
Sapeva che a suo fratello non piaceva vederlo in disordine.
Indossò i suoi enormi pantaloni, ma sopra mise il maglione che lui gli aveva regalato.
Un maglioncino blu a collo alto, un po’ aderente.
Mise il suo cappellino azzurro, il piumino bianco e , dopo aver trovato le chiavi della sua macchina, si diresse verso la clinica.
Nel frattempo, Bill e Nic erano entrati in un bar anonimo, due ragazzi anonimi in mezzo a gente anonima.
Bill aveva solo una sottile linea di matita sugli occhi e un velo di mascara, i capelli lisci legati in una coda bassa, un maglione identico a quello del fratello, ma nero, dei jeans semplici i suoi stivali preferiti e la giacca di pelle nera, lunga.
Nic non era molto dissimile.
I jeans che finivano dentro ad un paio di anfibi alti fin sotto il ginocchio erano strettissimi, e facevano uno strano contrasto con il maglione troppo grande, che le arrivava a metà coscia e le copriva le mani fino quasi alla punta delle dita.
Bill pensò per un attimo che, per i suoi gusti personali, quello non era il massimo dell’ abbigliamento per una ragazza.
Ricordò di averglielo anche detto una volta, prendendola un po’ bonariamente, in giro.
Lei gli aveva risposto con un gran sorriso ed un ‘ adorabile faccia da schiaffi, che lo sapeva e che non le importava niente :
<< Questo è uno dei miei maglioni preferiti, ed io lo metto spesso, e continuerò a farlo, che ti piaccia o no ! >>
Adorava quel suo essere sincera e forte e decisa.
Quel suo non volere assecondarlo ogni cosa dicesse o facesse.
E, doveva davvero ammetterlo, adorava come quel maglione le cadeva addosso.
Era morbido e risaltava il suo seno, e poi, quando lo indossava aveva quell’ aria da bambina.
Lei ci si rigirava dentro, avvolgendoselo addosso come se l’ abbracciasse.
Era così tenera, sembrava così indifesa.
Si sedettero ad un tavolo in disparte, ma da dove potevano controllare la strada per vedere arrivare Tom.
Ordinarono due capuccini, con panna e una spolverata di cacao.
Presero anche due brioches.
Per Nic era un piacere vederlo mangiare così di gusto, e stette ad osservarlo finchè lui non alzò gli occhi, allontanò la tazza dalle labbra e gli chiese con un sorriso :
<< Allora ? Cosa c’è che mi guardi in quel modo ? >>
Poi, intuendone il motivo, per sdrammatizzare la situazione, assunse una buffa espressione preoccupata, e guardandosi il maglione, finse una scenata isterica :
<< Oddio … ODDIO ! Mi sono sporcato il maglione ? ! ? >>
Nic non potè fare a meno di ridere.
Lei e gli altri lo prendevano spesso in giro per quel suo agitarsi ogni volta che doveva fare un intervista o salire sul palco, preoccupandosi di essere perfettamente a posto, e in ordine.
Lo adoravano anche per questo.
A dire il vero, lei Lo Adorava.
Punto.
Finirono il loro capuccino e Nic gli chiese :
<< Cosa ti andrebbe di fare ? >>
<< Bhè … >> Disse lui pensieroso : << Mi sono perso Natale … E anche se ormai siamo quasi in primavera, mi piacerebbe passare una giornata a fare shopping selvaggio … >>
La guardò con un sorriso.
Lei ricambiò e  pensò che, sì, sarebbe stato divertente.
Stava per affacciarsi alla sua mente un pensiero …
Il solito …
Ma non fece in tempo ad elaborarlo, vide il volto del ragazzo illuminarsi di uno di quegli enormi sorrisi e capì che Tom doveva essere arrivato.
<>
Sorrise Bill.
<< Ok, allora tu aspettaci qui, lo vado a recuperare e arriviamo >>
Non riusciva a fare a meno di preoccuparsi per lui.
Si alzò svelta e uscì dal locale, con addosso il suo piumino lungo, nero che sbatacchiava contro le sue lunghe gambe.
Il ragazzo la vide correre verso il cancello, i corti capelli nero corvino spettinati dal vento.
Nic, ignara di essere osservata così attentamente, stava correndo verso la clinica, sperando di raggiungere Tom prima che riuscisse ad entrarvi.
Sapeva che avrebbe fatto un casino d’ inferno, quando avrebbe scoperto che il fratello non era più loro gradito ospite.
Avrebbe cominciato a sbraitare, e avrebbe minacciato qualche medico e litigato con l’ immensa infermiera.
Immaginò anche che alla signorina in questione, sarebbe potuto venire un colpo secco, sentendo le parole che sarebbero potute uscire dalla bocca del ragazzo, e, a quel pensiero, le venne voglia di permettere a Tom di entrare nella clinica, mentre  lei sarebbe potuta restare appostata ad una finestra ad osservare  il volto severo cambiare tonalità di colore velocemente.
- No, sarei davvero troppo cattiva - Pensò la ragazza, e avvicinandosi veloce all’ entrata della clinica, iniziò a chiamare a gran voce il biondo.
<< Tom ! TOOOOOOOMMMM ! ASPETTA ! >>
Iniziò ad urlare sguaiatamente, e immaginò che da dietro le tendine anonime, la vecchia signorina, stesse scuotendo la testa con aria critica.
Il rasta si voltò di scatto alla voce della ragazza che lo chiamava, e per un attimo il cuore gli si bloccò nel petto.
Poi si dette dello stupido.
Aveva sentito Bill meno di un’ ora prima, e gli sembrava stesse bene …
Non poteva essere successo nulla di grave.
E, calmatosi un istante, ridiscese e attese la ragazza in fondo alla scalinata.
Quando se la ritrovò di fronte, col viso arrossato dal freddo, si rese conto che aveva un ‘ espressione strana, un misto di euforia e colpevolezza, come quella di certi bambini che sanno di aver commesso qualcosa che non si fa, ma che non riescono a contenere la gioia di essere riusciti a compierla.
Iniziò a preoccuparsi di nuovo :
- Tom … Tom, stai calmo, maledizione ! Ti verrà un infarto se continuerai a passare da un’ ansia all’ altra in questo modo … Perfetto ! Ora parlo da solo ! … -
Fece una smorfia a sé stesso.
La ragazza, non immaginando il dialogo personale che l’ amico stava avendo tra sé e sé, pensò che ce l’ avesse con lei, ma si disse che era impossibile, del resto, ancora non sapeva quello che lei e Bill avevano fatto.
No, non ce l’ aveva con lei, ma avrebbe avuto tutto il tempo di lì a poco, quando avrebbe confessato tutto.
Si fece coraggio e alzò gli occhi sul viso del giovane che le stava di fronte e la sovrastava.
Si ritrovò ad incrociare lo sguardo del ragazzo.
- Dio, sono identici ai Suoi … -
Poi, arrossì un pochino, chiedendosi se  a Tom venisse naturale quello sguardo sempre un po’ malizioso.
Ogni volta che si trovava di fronte ad una donna, giovane o meno, assumeva quello sguardo che  lasciava ad intendere pensieri poco … seri.
Lasciò da parte  questa cosa.
Doveva dirgli la verità, e sapeva che quello sguardo sornione, sarebbe sparito per lasciare spazio solo alla furia.
<< Tom … Devo dirti una cosa, ma è meglio se te la dico camminando … Andiamo >>
Lo precedette lungo il sentiero enorme che portava al cancello.
<< Bill , ed io in realtà, abbiamo firmato la liberatoria per lasciare quell’ orribile posto … >>
<< C … COSA ? Quell’ orribile posto, come lo chiami tu, è una delle cliniche migliori del mondo, ci sono i migliori medici che Bill potesse desiderare, le migliori cure i … >>
Ma Nic non riuscì ad ascoltarlo.
Sentiva la rabbia montargli dentro come un fiume in piena che stesse per straripare.
Lo sentì crescere e lo lasciò libero :
<< SI’  TOM ! LA MIGLIORE CLINICA, LE MIGLIORI CURE, I MIGLIORI DOTTORI … MA SONO ESSERI UMANI, NON POSSONO FARE MIRACOLI ! LO SAPPIAMO BENISSIMO TUTTI ! SONO STATI PIUTTOSTO ESPLICITI SU QUESTO PUNTO … >>
Nic si fermò folgorata dal flash back di un ricordo, che la colpì in pieno petto :

… Tom e Nic si trovavano in piedi nello studio del professore che aveva in cura Bill, tesi come due corde di violino, lo sguardo fisso sul volto del medico.
<<  Prego, accomodatevi …  >> Disse l’ uomo indicando le poltroncine davanti alla scrivania.
Nessuno dei due fece un solo passo verso le poltrone, l’ unico movimento che il dottore intercettò fu la mano del ragazzo che prendeva delicatamente tra le proprie dita quelle della ragazza.
Lei non parve nemmeno accorgersi di quel gesto, troppo preoccupata dalle parole che avrebbe sentito tra poco.
Il dottore, capendo che i due giovani non si sarebbero seduti, si mise davanti alla scrivania, appoggiandovisi leggermente.
<< Allora … Immagino che il signor Kaulitz vi abbia informato, ma forse avete bisogno di qualche delucidazione …
Il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, l’ AIDS, è quello dell’ immunodeficienza umana, ossia l’ HIV.
Al momento non si guarisce dall’ HIV o dall’ AIDS e non esistono vaccini.
L’ infezione da HIV porta all’ AIDS e infine al decesso.
E’ noto che l’ HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l’ingresso nell’ organismo.
Attualmente, l’ infezione da HIV viene trattata con la cosidetta Highly Active Antiretroviral Therapy ( la HAART ) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali, ossia farmaci che hanno lo scopo di fortificare le difese immunitarie , i linfociti,o globuli bianchi, dell’ individuo. Il suo utilizzo ha consentito di ridurre la viremia, ossia la quantità di virus presenti nel sangue, a livelli bassisimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una vita esente dalle malattie opportunistiche, quelle che, approfittando delle basse difese immunitarie attaccano l’ organismo.
L’ andamento clinico patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli individui per il fatto che la progressione dell’ infezione dipende dai fattori genetici sia del virus che dell’ ospite.
Grazie alle cure, la mortalità dell’ AIDS è di molto ridotta, bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali dallo sviluppo di resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti.
I primi sintomi dell’ AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario.
La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti,e altri organismi.
Negli individui affetti da AIDS, sono comuni le infezioni opportunistiche, quelle di cui vi ho parlato poco fa, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come tumori del cervello e linfomi, ossia tumori al sangue come la leucemia.
Sintomi comuni sono la febbre, sudorazione specie notturna,ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e perdita di peso.
La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è  di 4/5 anni dal momento della diagnosi di AIDS conclamato.
Senza il supporto terapeutico, la morte sopravviene entro un anno.
La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario. >>
L’ uomo aveva usato molti termini specifici, ma aveva cercato di essere il più chiaro possibile.
Non si trovava nella posizione in cui lui si potesse permettere di dare false speranze.
Il medico aveva smesso di parlare per fissare i suoi occhi grigi, che nonostante i termini medici utilizzati fino a quel momento, la ragazza potè notare essere molto umani,in quelli della giovane.
Le sorrise e, cercando di non risultare invadente, cercò di introdurre un’ ultima spiegazione che credeva potesse essere utile.
<<  Dato che lei si trova qui, posso supporre che abbia un legame particolare con il signor Kaulitz … Immagino che siate fidanzati … >>
Nic arrossì leggermente, non le sembrava certo l’ occasione giusta per sviscerare il suo rapporto con Bill, al medico che le stava di fronte, e decise di annuire impercettibilmente, permettendo così al dottore di proseguire la sua spiegazione :
<<  … La maggior parte delle infezioni del virus dell’ HIV, avvengono attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando c’è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca e del retto dell’ altro. A parte la totale astinenza, è il preservativo, usato correttamente e dall’ inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, compreso l’ AIDS.
Al momento che una donna risulta sieropositiva, c’è ovviamente il rischio della trasmissione tra madre e figlio che può avvenire in utero alla fine della gestazione o durante il parto.Anche l’ allattamento al seno rappresenta un rischio di infezione per il bambino. >>
Concluse il discorso, osservando di sottecchi la ragazza che stava ferma davanti a lui, lo sguardo fisso sulle sue scarpe.
<<  Ma dopotutto lei è una ragazza molto giovane, probabilmente avere dei figli non è una sua priorità, in questo momento …  >>
Sorrise il medico, cercando di smorzare un po’ il tono della conversazione.
Tom provò un moto di rabbia.
-  Ma che cazzo sta dicendo questo tipo ? …  -
Con un  ringhio rabbioso si rivolse al medico :
<< E’ giovane, ma, a parte questo, credo che questa non sia la situazione più adatta per pensare di mettere al mondo un figlio ! >>
<<  Tom !  >>
Nic lo stava guardando con gli occhi sgranati.
Si sentiva male, le girava la testa, le sembrava che il mondo le si stesse sgretolando tutto intorno, lasciandole un terreno fragile sotto i piedi e nessuna via di fuga.
Certo, non era stupida, sapeva certe cose, ma si rese conto che leggerle era decisamente diverso che sentirsele dire dal medico che aveva in cura qualcuno che lei amava.
- Si pensa sempre che queste cose non possano succedere a te, e poi … -
La ragazza non riuscì nemmeno a terminare il suo pensiero.
Si sentiva terribilmente incoerente …

Il ricordo svanì all’ improvviso, così come era arrivato.
Si calmò all’ improvviso, si fermò e parlò con voce talmente flebile che il ragazzo dovette fermarsi ed avvicinarsi a lei per sentirla.
<< Non credi che anche io voglia il miracolo, Tom ? Non credi che farei davvero qualsiasi cosa, per ottenerlo ? … Ma non posso fare nulla … Ho solo potuto portarlo fuori di lì … Sai Tom ?
Per quanto sia grande e dorata, una gabbia è pur sempre una gabbia, e anche l’ uccellino più amato e coccolato desidererà sempre poter volare libero, almeno per una volta nella sua vita, anche se il volo potrebbe essere breve … Anche se potrebbe essere l’ ultimo … >>
Tom non seppe cosa rispondere.
Sapeva che quella ragazzina inerme davanti a lui aveva ragione.
Sapeva che Bill non ne poteva più di essere rinchiuso.
Prese la ragazza sotto braccio e disse, semplicemente :
<< Portami da lui >>
E lei lo portò nel bar dove Bill li attendeva impaziente.
Nic si fermò improvvisamente sulla soglia e fece fermare anche il ragazzo :
<< Non prendertela con lui .. E’ così .. Contento di essere uscito da lì … Per favore, Tom … >>
Lui le sorrise, un sorriso un po’ triste, ma Nic seppe che era una risposta positiva.
Tom si sarebbe mostrato felice di sapere che suo fratello sarebbe tornato a casa, non avrebbe fatto scenate.
Inoltre Nic era convinta che, felice, lo fosse davvero.
Sapeva quanto suo fratello gli fosse mancato.
Tom non fece in tempo a mettere piede nel locale che si trovò travolto da un ciclone  fatto di capelli neri, mascara, e un maglione uguale al suo, nero.
Tom lo strinse forte.
Amava quel suo impulsivo, infantile fratello.
Amava la sua spontaneità.
Nic sorrideva, ma si rese conto che ormai non erano più tanto anonimi, un groviglio di rasta, lunghi capelli corvini, giacche e pantaloni enormi, braccia e cappellini, lì in piedi sulla porta, e che tutti li stavano osservando incuriositi.
Dette una gomitata a Tom che disse :
<< Ehm … Andiamo a sederci e prendiamo qualcosa ? Non ho fatto colazione, ho fame ! >>
Si diressero di nuovo al tavolo che Bill e Nic avevano occupato poco prima e  poco dopo, davanti a Tom apparve una brioches enorme e una gigantesca tazza di cioccolata calda.
Gli altri due ordinarono due tazze di the  fumante.
I due gemelli stavano uno di fronte all’ altro e sembravano non volere staccare gli occhi l’uno dagli occhi dell’ altro, si osservavano cercandosi l’uno nello sguardo dell’ altro.
Nic, seduta a capotavola, vedeva i loro profili identici, sentendosi il cuor così gonfio d’affetto e di dolore.
Decise di andare a fare una pausa alla toilette, per poterli lasciare un po’ da soli; quindi si alzò in silenzio e si allontanò.
In realtà i due ragazzi non avevano molto da dirsi.
Sapevano entrambi che non c’erano parole da dire, sarebbero state inutili, nessuno dei due aveva voglia di parole vuote, e Bill aveva una domanda ferma in gola che non riusciva a tirare fuori.
<< S … Sei arrabbiato con me ? … >>
La voce timida, gli occhi bassi, fissi sulla sua tazza di the ormai freddo.
<< No >>
Rispose Tom.
Il moro alzò gli occhi all’ improvviso, in fondo vi era uno scintillio.
<< Allora sei arrabbiato con Nic ? … Non devi ! Lei non centra nulla, lo ho deciso io … Anzi, sì, lei centra … Nel senso che mi ha aiutato, che mi ha portato fuori di lì … Non devi avercela con lei ! >>
Aveva detto tutto in un fiato, alzando un po’ la voce ad ogni parola.
Tom sorrise.
Suo fratello era così trasparente.
<< Bill, calmati … No, non sono arrabbiato con te, né tantomeno con Nic … Anzi, alla fine le sono riconoscente … Io non avrei avuto abbastanza fegato per permetterti di prendere una simile decisione … E’ merito suo se ti riavrò a casa con me … >>
Gli sorrise e Bill sorrise di riflesso, i loro sorrisi identici.
<< A proposito … Credo che dovremmo andare a tirarla fuori dal bagno … >> Rise Tom, e con Bill andarono davanti alla porta del bagno delle donne.
<< Signorina, qui fuori c’ è una fila che arriva fino alla porta del locale, potrebbe cortesemente alzare quelle chiappette secche dal bagno ed uscire ? >>
Disse Tom, trattenendo a stento una risata.
<< Io non ho le chiappette secche ! >>
Disse una voce bellicosa da dietro la porta.
I due ragazzi scoppiarono definitivamente a ridere, lei uscì, attirata a quel suono e si unì alle risate.
Li guardò con affetto e poi si diressero verso l’ uscita e alla macchina di Tom.
Mentre vi si avvicinavano i due ragazzi dietro di lei, chinarono i volti fino ai lati del viso della ragazza e le sussurrarono alle orecchie :
<< Grazie >>.
Orecchie che divennero immediatamente rosse.
Salirono in macchina e si diressero verso casa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


I Die But, Please, Don't Cry... Ever BENE... ECCOMI DI NUOVO QUI...
IL MOTIVO PER CUI POSTO GIA' IL SECONDO CAPITOLO E' ABBASTANZA SEMPLICE...
COME HO GIA' DETTO, QUESTA STORIA MI HA COINVOLTA MOLTO E, ALLO STESSO TEMPO, MI HA TORMENTATA DI DUBBI...  PER QUESTO MI PRECIPITO A POSTARE, PRIMA DI CAMBIARE DEINITIVAMENTE IDEA...
INIZIO SUBITO CON I RINGRAZIAMENTI.
OVVIAMENTE SONO TUTTI PER LA MIA LETTRICE/SCRITTRICE PREFERITA, COLEI CHE, NONOSTANTE TUTTO MI SEGUE SEMPRE E MI INCITA A NON MOLLARE :
LADY CASSANDRA : SAI, NON CREDO CHE SCENDERO' IN ULTERIORI DETTAGLI SULLA MALATTIA... CI SAREBBE ANCORA MOLTISSIMO DA DIRE, MA FORSE E' TROPPO E, ALMENO SECONDO ME, AI FINI ELLA STORIA, QUELLO CHE HO VOLUTO DIRE MI SEMBRA SUFFICENTE. CAPISCO QUELLO CHE INTENDI, QUANDO MI DICI CHE IL DISCORSO DEL MEDICO E' TROPPO PRECISO, MA I MOTIVI PE CUI LO HO IMPOSTATO COSI' SONO 3 :  PRIMO : NON AVEVO LA PIU' PALLIDA IDEA DI COME POTER CAMBIARE LE PAROLE PER RENDERLE MENO "PROFESSIONALI", SECONDO : MI SEMBRAVA GIUSTO USARE DEI TERMINI MEDICI, DESIDERAVO CHE IL DISCORSO RISULTASSE  CREDIBILE E PROFESSIONALE, ANCHE PER NON DARE FALSE SPERANZE A CHI LO STAVA ASCOLTANDO. TERZO : PER CHIARIRE DEFINITIVAMENTE E DA SUBITO  IL "SENSO" DELLA STORIA. IN QUESTO MODO, CHIUNQUE NON SE LA SENTISSE DI LEGGERLA POTRA' SMETTERE DA SUBITO.
DA ADESSO IN POI, QUESTA STORIA, TRATTERA' PRINCIPALMENTE I SENTIMENTI DEI PROTAGONISTI, LA LORO CRESCITA, LE LORO PAURE, LE LORO SPERANZE, LE LORO SCONFITTE, LA LORO VOGLIA DI CREDERE, DI SORRIDERE ANCORA, NONOSTANTE TUTTO... PER CUI NON CREDO CI SARA' BISOGNO DI ALZARE ULTERIORMENTE IL RATING... TI RINGRAZIO, COMUNQUE PER AVERMI FATTO NOTARE QUESTO MIO " ERRORE" ( CHE NON AVREI SAPUTO COME EVITARE ç______________________ç ), E, OVVIAMENTE, TI RINGRAZIO PER I COMPLIMENTI CHE NON MI FAI MAI MANCARE, SONO ASSOLUTAMENTE CONTENTA CHE TU ABBIA APPREZZATO LA CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI ( SI', A VOLTE IL "RUDE TOM" CI SA STUPIRE ^_______^' ) ( PER QUELLO CHE RIGUARDA NIC... IO LA ADORO  ù.ù  E LA INVIDIO MOLTO... NON CREDO CHE IO AVREI IL SUO CORAGGIO E LA SUA DETERMINAZIONE E LA SUA FORZA...  NELLE MIE EROINE CERCO DI INFONDERE SEMPRE UN POCHINO DI CIO' CHE SONO O CHE VORREI ESSERE O CHE FORSE POTREI ESSERE E NON RIESCO... ç_ç ) E BILL... IO ME LO IMMAGINO SEMPRE UN PO' COSI'... FORTE E FRAGILE ALLO STESSO TEMPO, UN  ETERNO BAMBINO COSTRETTO A CRESCERE, CON GLI OCCHI ADULTI A FARE DA CONTRASTO A QUEL MERAVIGLIOSO LUMINOSISSIMO SORRISO INGENUO, UN PO' INFANTILE... DOLCISSIMO... NON SO...
CHE ALTRO DIRE ?  SONO CONTENTA CHE TI ABBIA COLPITA E SPERO CHE CONTINUERAI A SEGUIRLA CON LA TUA SOLITA ADORABILE ATTENZIONE PER I PARTICOLARI... GRAZIE!
A CHIUNQUE ALTRO LEGGERA' QUESTA STORIA
PORGO ANTICIPATAMENTE I MIEI RINGRAZIAMENTI, LASCIATEMI UN COMMENTO, POSITIVO O NEGATIVO... MI FARA' COMUNQUE PIACERE SAPERE COSA NE PENSATE !
A CHI HA MESSO LA MIA PRECEDENTE STORIA TRA I PREFERITI : NON VI ELENCO, SIETE MOLTE ( E QUESTO MI RIEMPIE DI ORGOGLIO ! ^_______________^ ) MA VI RINGRAZIO TUTTE... SPERO DI INCONTRARVI ANCORA LUNGO QUESTA "AVVENTURA" !
PER L' ENNESIMA VOLTA, SOTTOLINEO CHE NULLA DI QUELLO CHE LEGGERETE RAPPRESENTA LA REALTA', I PERSONAGGI, LE LORO VITE, I LORO SENTIMENTI, NON MI APPARTENGONO... TUTTO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA MALATA ^____^ !  NO SCOPO DI LUCRO, OVVIAMENTE!
UN ABBRACCIO A TUTTI!
BUONA LETTURA ( SPERO! )


Non appena entrò Bill si buttò sul divano, lanciando gli stivali a destra e sinistra.
<< Finalmente a casa ! >>
Tirò un grande sospiro di sollievo.
Gli era mancata casa sua, temeva che non vi avrebbe rimesso piede.
Certe notti alla clinica aveva sognato che l’ enorme infermiera lo teneva fermo nel letto sotto la sua enorme mole, mentre Nic se ne andava insieme a Tom, e lui sapeva che non sarebbero più tornati.
Ogni volta si era svegliato con quell’ incubo ancora negli occhi, col respiro  mozzato e sudando freddo, e, ogni volta, aveva visto Nic  addormentata sulla poltrona accanto al suo letto, accanto a lui, i capelli neri scompigliati, e quegli occhi blu, intensi, profondi come il mare  chiusi , l’ ombra lieve delle ciglia sul viso.
E allora il respiro tornava regolare, l’ incubo svaniva e negli occhi aveva solo lei.
Era grato della sua vicinanza.
E si riaddormentava sereno, osservandola dormire.
Adesso se ne stava lì, beandosi del camino acceso, del suo calore, del suo scoppiettio, del crepitio del fuoco.
Si chiese dove fossero finiti Tom e Nic, ma era un pensiero fuggevole, che si confondeva con il sonno che gli appesantiva le palpebre.
Quando riaprì gli occhi, il viso di Tom era vicinissimo al suo, lo stava posando piano nel suo letto, per non svegliarlo, mentre Nic stava sistemando un’ altra coperta sopra al piumone.
Si sentiva beato, coccolato, come succedeva quando era bambino.
Sorrise ai due ragazzi :
<< Grazie … Buonanotte … E, Tom ? >>
<< Sì ? >> Rispose il biondo.
<< Cerca di dormire … Non hai una bella cera, sai ? Ora sono a casa, puoi stare tranquillo … >>
Aveva la voce leggermente impastata dal sonno, un sorriso lieve, appena accennato.
Sapeva che suo fratello non dormiva decentemente da tempo.
Non glielo aveva detto nessuno, ma gli bastava guardarlo negli occhi per capirlo, e per capire che il motivo di quell’ insonnia era lui.
<< D’accordo, Bill … Cerca di dormire per bene anche tu … Per quello che ho capito, domani ci aspetta una giornata di spese folli, no ? >>
Sorrise :
<< Buona notte >>
<< Buona notte, Nic >> Disse rivolto alla ragazza che si trovava sulla porta.
Lei tornò accanto a lui :
<< Vuoi che resti qui ? >>
Chiese ansiosa, del resto ormai era abituata a non lasciarlo nemmeno un minuto, aveva passato praticamente ogni notte alla clinica accanto a lui.
L’ idea di non poterlo fare non la faceva sentire tranquilla.
<< No, sono a casa, starò bene … Non ti preoccupare … >>
Le rispose con la voce sorridente.
<< Ah, ok . Allora buona notte >> Rispose lei un po’ delusa, posandogli un bacio lieve sulla guancia.
Il breve contatto con la sua pelle, la fece fremere.
Tom scosse la testa.
Suo fratello non era l’ unico ad essere trasparente, almeno ai suoi occhi, anche  ciò che tormentava quella giovane donna era piuttosto  evidente.
Si preoccupò un po’.
Che stesse davvero rammolendosi e diventando uno di quei ragazzi sensibili e attenti alle sfumature ?
- Naaaaaaaaaaaaa … Io sono Tom Kaulitz, il  Sex Got ! - Si disse il rasta tra sé e sé .
Prese Nic per un braccio e la trascinò letteralmente fuori dalla stanza di suo fratello.
Lui si era riaddormentato, e lei sembrava più che intenzionata a passare la notte in piedi accanto al letto a guardarlo dormire.
Scesero in sala e  sempre tenendola per il braccio la trascinò con sé in una rovinosa caduta sul divano.
Risero e tirarono un respiro di sollievo, entrambi erano felici di sapere Bill nel suo letto, nella sua stanza, a casa sua.
<< Ti ho già ringraziata per avermi riportato a casa mio fratello ? >>
Chiese improvvisamente il ragazzo.
<< No .. Cioè, sì … >> Si impappinò lei :
<< Insomma … Diciamo che ufficialmente no, non lo hai fatto … Ufficiosamente sì … E mi basta … So che sei contento di saperlo a pochi passi da te … Alla fine, il grande Sex Got, si è rivelato un ragazzo gentile , attento e premuroso … >>
Rise sotto i baffi lei, prendendolo un po’ in giro.
- Hey !  Si sta prendendo gioco di me ! -
Pensò Tom un po’ scocciato da quella constatazione, e decise che non le avrebbe permesso di crederlo un rammolito :
<< Bene … Allora, magari, potrei ringraziarti ufficialmente questa notte, che ne dici ? >>
Disse con voce suadente, avvicinandosi pericolosamente a lei.
Quello che ne ricevette fu …
<< Tom ! Sei proprio uno stronzo ! >>
Lo allontanò da sé in malo modo, alzandosi dal divano con uno scatto nervoso delle gambe.
Si infilò arrabbiata il piumino.
- Possibile che debba essere sempre così idiota ? Ormai sono anni che lo conosco, so che è un cretino, ma ogni volta che per un puro errore, mi sembra di poterlo rivalutare, lui se ne esce sempre con qualche cazzata che mi fa immediatamente ricredere … -
<< Ci vediamo domattina >>
Disse seccamente ed uscì sbattendo la porta, ma non troppo, non voleva svegliare Bill.
La voce la raggiunse alle spalle :
<< Aspetta, ti accompagno … >>
<< No, vattene a casa idiota ! Non vorrai lasciare Bill da solo, vero ?  Cristo Tom ! Ti basta vedere un essere umano di sesso femminile, per dimenticare tutto il resto ? Per dimenticare tuo fratello ? >>
Tom strinse forte i pugni per impedirsi di mollarle una sberla, Bill non lo avrebbe mai perdonato, e le nocche gli sbiancarono.
Nic se ne accorse e si rese conto di aver detto troppo e pensando troppo poco, ma ormai era detta e lei non sarebbe tornata indietro.
- Maledetto orgoglio ! - Pensò con rabbia.
<< Io. Non. Dimentico. Nulla. Tantomeno. Mio. Fratello. >>
Disse il ragazzo a denti stretti, dopodichè girò sui tacchi e tornò in casa, sbattendo la porta decisamente più forte di Nic.
La ragazza sperò che non avesse svegliato Bill.
Bill … Non riusciva proprio a non pensare a lui, e adesso che era da sola, sotto quel cielo stellato, in quella notte fredda che la avvolgeva, poteva finalmente dare la libera uscita a quel pensiero già affacciatosi alla sua mente quel giorno.
Ricordò di avere chiesto a Bill cosa gli andasse di fare, ma la risposta che avrebbe voluto non era quella che gli avrebbe chiarito cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati, o meglio, sì, voleva sapere dove sarebbero andati …
Dove sarebbero andati loro due.
La strada per arrivare a casa era abbastanza lunga, o almeno quanto bastava per lasciare liberi i ricordi.
Pensò a quando lo aveva conosciuto, pensò che in fondo lo aveva conosciuto due volte, pensò che in fondo lo conosceva da sempre, dalla prima volta che aveva sentito la sua voce, alla tenera età di 13 anni …
Ma era quel loro secondo incontro quello che adesso si affacciava prepotentemente nella sua memoria, esigendo di essere ascoltato …
… Aveva sedici anni allora e lui diciassette, e la sua amica era riuscita a trascinarla in prima fila, a quel concerto.
Pensava di non aver mai corso tanto, si sentiva il cuore scoppiargli nel petto, per la corsa e l’ emozione …
Se ne stavano lì, e lei si riempiva gli occhi di tutto ciò che la circondava, passando lunghissimi minuti ad osservare un tecnico arrampicarsi fino in cima all’ alto soffitto con agilità per sistemare dei cavi, si muoveva come se fosse nato per stare sospeso a mezz’ aria e pensò che lei non lo avrebbe fatto mai, per tutto l’ oro del mondo …
Ma forse per un sorriso di Bill, per un sorriso che fosse solo suo, avrebbe potuto fare un eccezione e dimenticare le sue vertigini …
Rise a quel pensiero.
Immaginarsi appesa a testa in giù ad un cavo perché aveva perso l’ equilibrio, le sembrò buffo.
Ma in realtà, era così felice quella sera che tutto la faceva sorridere.
Quella, sarebbe stata una notte magica.
Finalmente salirono sul palco.
Le prime note di “Ich Brech Aus” rimbombarono per tutto lo stadio, e nel suo cuore, che prese a martellarle in petto furiosamente, poi la voce di Bill …
Da quel momento non ci fù null’ altro che avesse importanza, né che mai l’ avesse avuta.
Non staccò gli occhi da lui per tutta la sera, e così non si accorse che qualcuno stava osservando lei.
Alla fine del concerto, vennero avvicinate da un uomo immenso, che le invitò a seguirlo con discrezione.
L’ amica non stava più nella pelle.
Aveva riconosciuto in quella montagna umana un addetto alla sicurezza ed era convinta che stessero per raggiungere i ragazzi, il suo Gustav !
<< Ma sei impazzita ? E secondo te queste cose succedono davvero ? Non essere sciocca … Io piuttosto sono un po’ preoccupata … Seguire uno che nemmeno conosciamo ! Uno che potrebbe spezzarci l’ osso del collo con due sole dita ! >>
Ma il cuore batteva sempre forte, e la speranza era la stessa dell‘ amica.
Arrivarono davanti ai camerini e l’ uomo le fece accomodare su dei divanetti bianchi in una stanza piccola ma confortevole, dove trovarono anche qualcosa da bere e da mangiare.
Nic si sedette sul bordo del sedile e prese una bottiglietta d’ acqua, pronta a scattare in piedi e a darsela a gambe se qualcosa non le fosse sembrata normale.
- Normale ! Uff … Che parola stupida ! Cosa c’è di normale nel trovarsi nei camerini dei Tokio Hotel ? - Pensò - Dovrei scappare già adesso … -
Ma non lo fece, e rimase ferma dove si trovava, tesa come una corda di violino.
Ma scattò sù come una molla non appena la porta si aprì e vide la punta di uno stivale entrare nella stanza.
Rimase impietrita davanti ai 4 ragazzi che ora le stavano di fronte, poi fece un buffo inchino.
Scoppiarono tutti a ridere.
La cosa la imbarazzò e si dette mentalmente della stupida, ma poi, alzando gli occhi e vedendo il sorriso grande di Bill, pensò che adesso era pronta a scalare le impalcature del palcoscenico.
Tom le si avvicinò con fare sicuro, l’ aria da playboy, lo sguardo malizioso :
<< Avevo visto bene allora ! Sei proprio sexy come avevo notato ! >>
Le due ragazze scoprirono allora che era stato Tom a mandare il tizio della sicurezza a prelevarle, con la speranza di poter abbordare Nic, e la sua danza attorno alla preda prestabilita era già cominciata.
Lui le sedeva accanto, molto accanto, le loro gambe si sfioravano e lui la guardava fisso negli occhi ogni volta che le rivolgeva la parola.
E capitava spesso.
Poi Nic notò che non erano solo i suoi occhi ad interessarlo.
In un’ altra occasione avrebbe preso il malcapitato a male parole, ma la sua attenzione era invece tutta rivolta al ragazzo che le sedeva di fronte e che stava chiedendo se lo show era stato di loro gradimento.
<< Certo ! E’ stato … Favoloso, davvero, non ho parole ! >>
Rispose Nic, senza distogliere lo sguardo dalle labbra di lui, e seppure era la verità, in quel preciso istante non stava pensando al live …
I suoi pensieri erano molto più personali …
Tom se ne accorse e la cosa non gli andò a genio, del resto era stato lui ad invitarle …
Così Nic si sentì chiedere dal giovane rasta di seguirlo un momento.
Quando furono da soli lui la prese tra le braccia senza tanti preamboli e cercò di baciarla :
<< Sei impazzito ? ! ? >>
In quel momento non le interessava molto se il tipo davanti a lei fosse Tom Kaulitz.
Per quello che la riguardava, non le andava affatto di essere trattata come una bambolina adatta solo per essere sbaciucchiata.
E poi voleva tornare nell’ altra stanza, voleva tornare da Bill.
Il ragazzo le si avvicinò nuovamente, cercando di abbracciarla in maniera davvero poco amichevole e lei gli mollò un ceffone.
E fu così che gli altri li videro.
Lei aveva la mano a pochi centimetri dal volto del ragazzo che portava un segno rosso.
Bill si mise a ridere :
<< Ehhhhh, Tomi, mi sa che questa volta non ti sia andata bene come al solito ! >>
Poi, rivolto alla ragazza :
<< Ti chiedo scusa per il comportamento di questo troglodita … >>
Lei arrossì e sorrise :
<< Non è successo nulla … E, giusto per informazione, non sarebbe comunque successo nulla, so cavarmela benissimo da sola, non ho bisogno di essere salvata da nessuno ! >>
<< Infatti io non ho nessuna intenzione di salvarti, solo di invitarti a bere qualcosa per scusarmi delle pessime maniere di Tom … >>
Rise lui, poi, come fosse successo era un mistero tutt’ ora per Nic, si ritrovò in una stanza da sola con lui, a bere una birra analcolica.
Chiacchieravano di qualcosa, forse di musica, infine lui la salutò, dicendole che doveva proprio andare :
<< Chiamami qualche volta, se ti va … >>
E mentre le sue labbra sfioravano il suo viso, la mano le sfiorò un fianco.
Nuovamente battagliera , lei fu pronta in un attimo a concedergli lo stesso trattamento che aveva riservato al fratello ma poi si accorse che nella sua tasca c’ era qualcosa.
Lui vi aveva fatto scivolare un bigliettino con sopra un numero di telefono.
Il ragazzo le sorrise dalla porta e se ne andò.
Nic tornò al presente, una macchina le era passata accanto, veloce, troppo veloce e troppo vicina.
Persa nei suoi ricordi, non si era accorta di essere praticamente in mezzo alla strada …
Arrivò sul lato opposto, era ancora abbastanza lontana da casa da poter concedere  alla sua memoria di rivangare ancora quel secondo ricordo, il loro  terzo, decisivo incontro …

Il telefono squillava libero, ma squillava da troppo tempo e lei era stufa di attendere.
- Ma guarda tu ! Ok, è famoso, ma far attendere così tanto chi lo sta cercando, mi sembra davvero un’ atteggiamento da diva ! -
Si rendeva conto che i suoi pensieri non erano molto coerenti, e sapeva che questo era dovuto al fatto che telefonare ad una rockstar non era sua abitudine; ma lo stesso sentiva l’ irritazione salire, impossessarsi di lei …
- Ancora uno squillo, poi metto giù, e tanti saluti alla diva ! -
Stava per chiudere la chiamata, quando una voce affannata rispose :
<< Pronto ? >>
Rimase spiazzata.
Forse per i suoi pensieri poco gentili su di lui, forse per il semplice motivo che non si aspettava davvero una risposta, forse semplicemente perché quella voce aveva su di lei un effetto paralizzante ogni volta che la sentiva.
E adesso era rivolta proprio a lei !
<< Pronto … >> Iniziò timidamente :
<< Sono >> - Chi diavolo sono ? - pensò in fretta :
<< Sono Nic, la ragazza che tuo fratello ha abbordato tre settimane fa, al vostro concerto … Ma magari non ti ricorderai di me …. >>
Disse con la voce che le tremava.
Una piccola pausa, poi :
<< Ma sì ! Certo che mi ricordo di te ! E come posso dimenticare la prima ragazza che molla un ceffone simile in faccia a mio fratello senza prima avergli concesso le sue grazie ? >>
Il ragazzo rise di gusto.
- Ah … Allora quello è l’ unico motivo per cui si ricorda di me … Andiamo bene … Che mi abbia lasciato il suo numero solo per potermi chiedere il bis di quella deliziosa scenetta ? Giuro che se è così lo promuovo a protagonista assoluto … -
Era talmente presa dai suoi pensieri che per poco si perse il discorso del ragazzo :
<< Scusami … >> Stava dicendo infatti lui in quel momento :
<< … Se non ti ho risposto subito … Eravamo in sala prove e avevo chiesto a David di avvertirmi se il cellulare avesse squillato, ma lui se ne è andato a prendere un caffè, e se ne è accorto poco fa … Meno male che non hai riattaccato … Era tanto che stavi aspettando ? >>
<< Ehhhhh … Un po’ in effetti … Ma … >>
<< Avrai pensato che mi stessi comportando come una superstar, vero ? >>
La interruppe il ragazzo.
<< Veramente stavo per dire che non importava … Se tu mi avessi lasciato finire la frase … Ma sei davvero logorroico come sembra, allora ? ! ? >>
Rise lei, un po’ spazientita da tutte quelle chiacchiere …
<< Sì, scusa, in effetti sono un chiacchierone ! … Ma, sono contento che tu mi abbia chiamato … >>
Rispose il ragazzo.
<< E io sono contenta che tu sia un chiacchierone … In effetti, non so davvero cosa dirti, ora che ci penso … >>
<< Perché non mi dici che la tua amica vorrebbe tanto rivedere Gustav e che ti ha pregato di chiamarmi per poterci vedere tutti assieme, uno di questi giorni ? … Magari … Sabato prossimo, per andare in qualche posto a bere qualcosa ? >>
La ragazza rimase di stucco, ma pensò che fosse una buona idea :
<< Sì, in effetti credo proprio che sia andata come mi hai appena detto tu >>
Disse con un sorriso nella voce.
Il ragazzo rise per quel loro gioco e aggiunse :
<< Allora ci vediamo sabato, verso le otto e mezza … E, Nic ? … Dicevo sul serio prima, sono contento che tu mi abbia chiamato … Ciao ! >>
E chiuse la conversazione.
Nic rimase con il telefono all’ orecchio, quasi non riusciva a credere che fosse successo davvero, e già che si trovava in quella posizione, decise di chiamare immediatamente la sua amica per dirle che il sabato successivo avevano un appuntamento.
L’ urlo che le trapassò la testa da parte a parte, le fece capire che la ragazza aveva preso bene la notizia e che non aveva nessun impegno.
Nic era sicura che, se anche l’ amica avesse dovuto andare al suo stesso matrimonio, sarebbe riuscita a liberarsi !
Sorrise, felice della felicità di Diane e anche della propria.
Quella settimana pareva non volere più passare e più di una volta la sua amica aveva dovuto strapparle il telefono dalle mani.
Lei infatti sentiva il desiderio di richiamare quel ragazzo e disdire tutto !
Era semplicemente terrorizzata e allo stesso tempo le sembrava di vivere in un sogno.
Alla fine, il sabato sera era arrivato.
Si trovarono a casa di Nic per prepararsi.
Diane aveva portato una maglietta fantastica per Nic .
<< L’ ho vista oggi in una vetrina, ed ho pensato che ti sarebbe stata benissimo, e che Bill l’ avrebbe apprezzata ! >>
Le disse con un sorriso malizioso.
<< Lo hai fatto solo perché vuoi in prestito il mio vestito lilla, dì la verità ! >>
Ma sapeva che Diane lo aveva fatto con piacere ed era felice per quel gesto di amicizia.
<< Te lo avrei prestato lo stesso … Credo che a Gustav potrebbe piacere, e lo sai che ti sta benissimo ! Risalta i tuoi capelli così biondi e i tuoi occhi scuri … Vallo a prendere nell’ armadio e indossalo ! >>
L’ amica le gettò le braccia al collo e le stampò un grosso bacio sulla guancia, con lo schiocco.
<< Mi farai diventare sorda con queste tue manifestazioni d’ affetto ! >>
Disse Nic, polemica, ma la abbracciò a sua volta.
Poco dopo, erano tutte e due pronte e stavano nel salotto di Nic a passeggiare nervosamente su e giù.
Diane aveva abbinato all’ abitino lilla un paio di stivali scamosciati viola intenso come la cintura e la borsa, i capelli raccolti in una coda morbida.
Nic pensò che aveva un’ aria molto dolce.
Lei se ne stava seduta sul bordo del divano, i jeans stretti infilati dentro un paio di anfibi alti al ginocchio, sopra una gonnellina nera di pizzo ricamato a rose, e la maglia che aveva comprato per lei Diane,  composta da due maglie sovrapposte, un top nero e una camicetta bianca sotto, abbastanza scollata ma non troppo.
Lei vi aveva aggiunto una cravatta nera lasciata lenta e il suo collarino borchiato come il suo bracciale.
I capelli neri come la notte più buia e corti, lasciati liberi di trovare da soli la loro giusta posizione, e gli occhi blu profondo truccati di nero.
<< Nic, sei bellissima ! Smettila di metterti le unghie in bocca o ti rovinerai lo smalto ! Lo sai che il nero, appena si rovina un po’ si nota ! Stai benissimo e farai venire un colpo al nostro Billino … Sarà la volta buona che forse tace un attimo ! >>
Rise di gusto la sua amica, prendendola in giro, e prendendo in giro Bill, come facevano spesso.
Anche Nic rise, ma quella sera, il ragazzo che spesso si erano divertite a prendere bonariamente in giro, stava per arrivare sotto casa sua per portarle a ballare …
Si sentiva in trappola, avrebbe voluto fuggire … Di nuovo, come la sera che li avevano conosciuti, e, come quella sera, non lo fece, e poco dopo sentì suonare il cellulare.
<< Siamo arrivati … Siete pronte ? Altrimenti possiamo aspettare … >> Sentì dire dalla voce di Bill, e in sottofondo una voce meno gentile, ma riconoscibile :
<< Sì, ma non delle ore però … >>
Nic sbuffò:
<< Dì pure a tuo fratello che siamo già pronte da un po’, ma che ci faremo attendere solo per il gusto di farlo arrabbiare … >>
Sentì ridere Bill, la sua risata cristallina, terminò la conversazione, poi guardò la sua amica negli occhi :
<< Di, non lo posso fare … Davvero, vai solo tu e gli dici che mi sono sentita male, che mi sono slogata una caviglia sulle scale, che uno stormo di piccioni si è infilato nella finestra del mio salotto … >>
Ma Diane non la ascoltò, la prese per un braccio e la trascinò fuori di casa.
Salirono veloci nell’ auto spaziosa.
E in effetti la previsione di Diane fu esatta.
Bill rimase senza parole, forse per la prima volta.
Fu Gustav a spezzare l’ incantesimo :
<< Diane, sei molto bella questa sera, e anche tu Nic >>
Lo disse con molta disinvoltura, per lui era semplice essere gentile con le persone, e capire quando c’ era bisogno di una sua parola.
In quel momento anche Tom parve riacquistare l’ uso della parola :
<< Un vero schianto ! >>
Disse, osservando Nic dalla testa ai piedi.
<< Entrambe, naturalmente ! >>
Concluse poi, riservando anche a Diane lo stesso sguardo da seduttore.
Georg, che non aveva ancora detto nulla, esclamò :
<< Davvero ! I ragazzi hanno ragione … Anche se Tom, come al solito, dimostra di avere la finezza di un elefante in una cristalleria … Ma Bill … >>
Disse rivolto all’ amico :
<< Non hai nulla da dire alle nostre ospiti ? >>
Vedendo l’ amico ancora imbambolato davanti a Nic, scosse la testa e disse, rivolgendosi direttamente alla ragazza :
<< Sai ? Per ben tre settimane Bill non ha fatto altro che andare avanti e indietro come un ‘ anima in pena, dandosi del cretino per non averti chiesto il tuo numero di telefono … Credeva che non ti avrebbe più rivista … Credo che abbia dato anche qualche testata contro il muro del bagno … Ma non ne sono sicuro … >>
A quella battuta risero tutti, anche lei, seppure fosse un po’ imbarazzata.
<< Georg ! >>
Esclamò  Bill inorridito .
<< Smettila di dire sciocchezze, per favore ! >>
- E così pensa che sarebbe stato tanto sciocco desiderare di rivedermi ? -
Pensò Nic con un principio di stizza.
Arrivarono al locale, non appena entrati occuparono un tavolino che i ragazzi avevano prenotato.
Nic notò che Gustav e Diane si erano seduti vicini e stavano già chiacchierando tra di loro.
Lei si sedette tra Georg e Tom, visto che Bill si era seduto all’ altro capo del tavolo :
- Avrebbe potuto andarsi a sedere direttamente ad un altro tavolo a questo punto … -
Pensò ironica, con una punta di amarezza.
Decise che non sarebbe srtata lì a fare la bella statuina e alzandosi chiese :
<< Qualcuno ha voglia di farmi ballare, o devo andare a cercare altrove un cavaliere ? >>
Georg si era allontanato per prendere da bere, e Bill disse :
<< Non contare su di me … Io non so ballare … >>
Nic pensò a come si muoveva sul palco.
E adesso faceva un sacco di storie per ballare con lei ? ! ?
E va bene !
Gli avrebbe fatto vedere lei …
Prese Tom per un braccio e lo trascinò sulla pista da ballo.
Il ragazzo pareva non stesse aspettando altro, e le si appiccicò addosso come un guanto iniziando a muoversi a tempo di musica.
Lei era un po’ imbarazzata e stava già pentendosi di quell’ idea.
Ad un certo punto sentì le braccia di Tom stringerla un po’ di più a sé, il suo bacino muoversi contro di lei in un invito piuttosto esplicito, le mani scendere un po’ troppo lungo la sua schiena e la sua bocca posarsi sul suo collo, baciandolo; il respiro nell’ orecchio.
Lo allontanò e gli mollò l’ ennesima sberla.
Il ragazzo quella volta però pareva non essere d’accordo sul trattamento che quella tipa sembrava volergli riservare ogni volta che si vedevano, e colto da un impeto di rabbia gli restituì lo schiaffo in pieno viso.
La ragazza barcollò e cadde addosso a qualcuno che stava passando dietro di lei.
<< TOM ! CHE CAZZO STAI FACENDO ?!? >>
Georg guardava il rasta con uno sguardo di fuoco.
<< QUESTA STRONZA PRIMA MI PROVOCA E POI MI PRENDE A SBERLE ! >>
Georg afferrò la ragazza che stava per mollare un calcio a Tom e si allontanò con lei.
- Non si è nemmeno mosso ! Quello stupido ha visto cosa stava facendo suo fratello e non ha fatto nulla ! - Stava pensando intanto la ragazza con rabbia.
<< Cosa è successo ? >>
Le chiese Georg preoccupato.
<< Nulla … Lo ho invitato a ballare, ma lui credeva che l’ invito fosse esteso ad altro … >>
La prese tra le braccia :
<< Posso farti ballare senza rischiare la vita ? >>
Le chiese scherzoso il ragazzo cercando di allontanare la tensione.
Lei sorrise ed iniziarono a ballare il lento che era appena stato messo.
Appoggiata alla spalla di Georg, vide Bill dall’ altra parte della stanza che li osservava con uno strano sguardo che lei non riuscì a decifrare.
- Adesso vedrai … - Pensò la ragazza stringendosi a Georg e passando la mano sulla sua schiena.
<< Non credo che ci sia bisogno che tu faccia questo… Bill è già abbastanza interessato a te … >>
Sorrise il ragazzo.
<< A me non sembra proprio … >>
Rispose lei nascondendo la rabbia e la frustrazione con un tono sensuale, e lo baciò.
Il ragazzo la lasciò fare, immaginando cosa stesse pensando il leader del loro gruppo, e sorrise tra sé, quella ragazza non era certo una che accettava certi atteggiamenti.
Lei si staccò da Georg, gli chiese scusa e si allontanò diretta alla porta del locale.
Non appena fu fuori si sentì afferrare per un braccio.
Si voltò di scatto e si trovò di fronte Bill …
<< Non sembravi molto contrariata tra le braccia di Georg … Non capisco la reazione con Tom … >>
Le disse beffardo.
<< Tuo fratello è un porco ! E , anche se non ti devo alcuna spiegazione, sappi che io bacio chi mi pare e quando voglio io ! >>
Lui non disse una parola, la prese e la baciò.
Fu un bacio duro, arrabbiato, decisamente diverso da come lo aveva mille volte immaginato lei.
Lo allontanò e ripetè quel gesto che pareva essere diventato ormai automatico ogni volta che si trovava di fronte ai due Kaulitz …
Solo non si aspettava una cosa del genere da Bill.
Lui alzò una mano pronto a colpire a sua volta la ragazza ma la bloccò a pochi centimetri dal suo viso.
Lei stava davanti a lui, gli occhi chiusi, stretti, in attesa di quella sberla che non aveva più così voglia di restituirle.
Nonostante il suo caratteraccio, adesso sembrava così indifesa …
Le scostò un ciuffo di capelli dal viso, si avvicinò al suo orecchio e le chiese :
<< Posso baciarti ? >>
La sua voce carezzevole, un soffio lieve all’orecchio, una nota di scusa.
Lei aprì piano gli occhi e si trovò il viso del ragazzo così vicino a lei …
Quegli occhi …
Quei suoi dolcissimi occhi nocciola che lei avrebbe voluto guardare sempre …
Gli sfiorò il viso e lo baciò.
Fu un bacio dolce, come quello che lei aveva immaginato, sentiva sciogliersi il cuore, lo strinse a sé.
<< Mi dispiace per mio fratello … è successo tutto così in fretta … E … Ero arrabbiato con te … Io … >>
Lei lo prese per mano e rientrarono nel locale.
<< Ci sono almeno due persone con le quali devo scusarmi … >>
E lo fece, chiese scusa a Georg, e anche a Tom …
Anche se pensava che in fondo la colpa fosse stata sua …
Ma era così felice, con il braccio di Bill attorno alla vita, non voleva rovinare quel momento con delle stupide discussioni.
- E poi, adesso non ci sarà più l’ occasione, per lui … -
Pensò sghignazzando fra sé e sé .
Quella sera fu Bill a riaccompagnarla a casa con un taxi, gli altri accompagnarono Diane.
Ma quella notte non era ancora finita.
Nic fece salire Bill in casa e gli offrì da bere.
Ma non finirono i loro drink.
Poco dopo lei si ritrovò fra le sue braccia, le sue mani che la spogliavano, la sua bocca che cercava la sua pelle.
Lei si abbandonò a quelle sensazioni che invadevano ogni centimetro del suo corpo, e posò le mani sul suo petto, togliendogli la maglietta, gli slacciò i jeans, e fu sua.
Quella notte divennero un ‘ unica realtà e lei si addormentò tra le sue braccia pensando di non essere mai stata così felice in tutta la sua vita.

La loro storia era cominciata così, e da quel momento, nonostante i due caratteri piuttosto differenti, non c’ era mai stata una vera separazione tra loro, non un litigio che fosse durato più di un paio di giorni …
Era arrivata a casa , si scosse da quei ricordi e cominciò a cercare le chiavi dentro la sua borsa.
Dopo aver imprecato fra sé e sé, trovò le chiavi sul fondo della sua enorme strabordante borsa.
Aveva dovuto tirare fuori, in ordine sparso :
un libro, l’ astuccio del make  up, una scatolina di legno con penne e matite, due blocchi di fogli (uno da disegno e uno a quadretti, per gli eventuali attimi di ispirazione ) , il cellulare e l’I-pod, deponendo il tutto sullo zerbino davanti all’ entrata e alla fine, in mezzo a cartacce varie, era riuscita a recuperare le chiavi.
Non appena ebbe recuperato tutta la sua roba, che una parte di sé avrebbe malignamente voluto mollare lì fuori al proprio destino, entrò in casa, abbandonò la borsa nell’ ingresso accanto alla porta e sé stessa sul divano.
Si sentiva a pezzi …
Si chiese se fosse per via di tutta quella strada a piedi, per la litigata con Tom, per quei ricordi che  la avevano assalita o per la decisione  di Bill che lei aveva accettato e aiutato a mettere in atto.
Ma forse era un po’ per tutto, forse un po’ per niente …
Non lo sapeva nemmeno lei …
Sapeva solo di essere stanca, si tirò la coperta sulle spalle, accese lo stereo, chiuse gli occhi …
Le prime note di “ Don’t  Cry”   avevano appena cominciato a diffondersi nel suo piccolo ma accogliente salotto, che lei stava già dormendo, il viso di Bill sereno, addormentato nel suo letto si sovrapponeva a quello arrabbiato di Tom …
Nel frattempo, lontano da lì, un ragazzo biondo, con lunghi rasta che , liberi dalla costrizione dei soliti cappellino e fascia, gli arrivavano a metà della lunga schiena, stava seduto accanto al letto del suo gemello, che sembrava dormire tranquillo.
- Come cavolo fai a sopportarla ? - gli chiedeva brontolando fra sé e sé, sapendo che il fratello non gli avrebbe  di certo risposto.
- E’ insopportabile ! Presuntuosa, arrogante, prepotente, saccente  … Una rompipalle assoluta ! -
Mentre, rabbioso, elencava tutti i difetti della ragazza, si rendeva conto di esagerare.
Lei non era così, o per lo meno tutti quei difetti non erano poi così insopportabili e lui lo sapeva bene, ma adesso era arrabbiato per l’ ingiusta accusa che lei gli aveva rivolto e, offeso nell’ orgoglio, pensare male di lei lo aiutava a sfogarsi.
Si concentrò sul viso del ragazzo steso sul letto, respirava bene, dormiva tranquillo, sotto le palpebre sottili gli occhi si muovevano appena, segno che stava sognando.
Tom sorrise, era felice di riaverlo a casa, con lui.
E lo doveva a quella specie di amazzone dai capelli corvini.
- Un ‘ amazzone ! Ecco quello che è ! Una che gli uomini li prende a sberle, gli urla di tutto e poi se li mangia a colazione ! -  Pensò rancoroso.
Ma la rabbia stava scemando e un nuovo sorriso si affacciò sulle sue labbra mentre posava nuovamente lo sguardo su Bill.
No, Nic non era un ‘ amazzone.
Lui sapeva quanto dolce e fragile e delicata potesse essere quella ragazza.
Lo aveva avuto palese davanti a lui in ogni sua manifestazione d’ Amore verso suo fratello.
- Peccato che invece, con me, non sia nemmeno un po’ carina e gentile … - pensò il ragazzo.
Ma con uno sbuffo divertito allontanò quello strano  pensiero.
Lei Amava Bill, e quella sua più grande debolezza era allo stesso tempo la sua più grande forza.
Non era un’ amazzone.
Era una ragazza innamorata che aveva dovuto tirare fuori tutta la sua forza ed il suo coraggio per affrontare una situazione che era decisamente troppo grande per tutti loro.
Cercava di essere forte, e lo faceva per sé stessa, per Bill e anche per lui.
E lui gliene era grato e sapeva di averla trattata male.
- Certo che lei non è stata affatto gentile con me … -
Ricordò con un ultimo guizzo d’ orgoglio ferito, ma sapeva che il suo essere “ stronza “ e dura era una difesa, e lui non avrebbe dovuto provocarla.
Sapeva di poter essere parecchio indisponente quando voleva, e anche quando non voleva.
Con Nic, quell’ atteggiamento, gli nasceva spontaneo.
Si grattò la nuca con fare pensoso, e dandosi dell’ idiota per l’ ennesima volta, decise che si sarebbe scusato con lei quanto prima, poi si buttò sul letto e si addormentò immediatamente come un sasso, senza aver bisogno di disturbare il flaconcino dei sonniferi che da un sacco di tempo ormai occupavano il posto d’ onore sul suo comodino.
Avere il suo Bill nella stanza accanto faceva miracoli.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


I Die But, Please, Don't Cry... Ever ECCOMI DI NUOVO QUI... PER LA GIOIA DI POCHI, MA SOPRATTUTTO PER LA MIA...
NON E' STATO UN PERIODO SEMPLICE...
QUESTA STORIA, PUR AMANDOLA MOLTO, MI STA CREANDO NON POCHI DUBBI SULLA SUA PUBBLICAZIONE...

SO CHE SCRIVERE MI FA STARE BENE
, MA CREDO CHE UN RINGRAZIAMENTO, VADA A RUBYCHUBB CHE, PROPRIO QUESTA SERA, HA SOPPORTATO LE MIE PARANOIE E ME LO HA RICORDATO : GRAZIE ANCORA, CARA... ^____^ !
OVVIAMENTE
NON POSSO NON RINGRAZIARE LADY CASSANDRA : LE TUE RECENSIONI, SEMPRE PRESENTI AD OGNI CAPITOLO, SONO UNA VENTATA DI ARIA FRESCA E DI ENTUSIASMO PER ME... MI SPRONANO ED INCORAGGIANO, E SONO SEMPRE GRADITISSIME ! SONO FELICE CHE LA STORIA TI PIACCIA, SPERO CHE TI PIACCIA ANCHE QUESTO CAPITOLO... PER QUELLO CHE RIGUARDA BILL, A VOLTE TEMO CHE PRIMA O POI LO FARO' PRENDERE A CALCI DA QUALCUNO ( MAGARI DA TOMI... ^___^! )... GRAZIE ANCORA!
UN GRAZIE ANCHE A XOXO_VALY : SONO CONTENTA ED UN PO' EMOZIONATA DI RITROVARTI ANCHE IN QUESTA ENNESIMA "AVVENTURA", OVVIAMENTE ORGOGLIOSA CHE QUESTA STORIA SIA FINITA TRA LE TUE PREFERITE ! ^________________________^ ! ( ATTENDO PERO' DI POTER SAPERE COSA NE PENSI... ù.ù ! )
UN ABBRACCIO GRANDE A TUTTE VOI E A CHIUNQUE TROVERA' IL TEMPO E LA VOGLIA DI FERMARE LO SGUARDO SU QUESTE RIGHE E VORRA' CONDIVIDERE CON ME L' EMOZIONE CHE SPERO POSSANO RIUSCIRE A PROVOCARE               ( BELLE O BRUTTE ù.ù )
BUONA LETTURA E ALLA PROSSIMA ! KISS !




La mattina dopo Bill si svegliò presto, si stropicciò gli occhi con poca voglia di aprirli.
Sapeva che tutto quel bianco, prima o dopo, lo avrebbe accecato.
Poi, come colpito da un fulmine a ciel sereno, spalancò gli occhi e la bocca in un sorriso grande e luminoso.
- Sono a casa … - Pensò.
<< Sono a casa ! >> Quell’ urlo gioioso proruppe dalle sue labbra diffondendosi rapido per tutta casa.
Giunse, ovviamente, anche alle orecchie di Tom che decise di fingere di continuare a dormire, lasciando a suo fratello la gioia di svegliarlo.
Sorrise richiudendo gli occhi e infagottandosi ancora di più sotto al piumone.
Bill nel frattempo balzò giù dal letto e, scalzo e in pantaloni di pigiama e canottiera, saltellò allegro nella stanza di Tom, gettandosi sul letto del gemello schiacciandolo e ottenendo in risposta un grugnito infastidito.
<< Dai !!!! Tanto lo so che sei sveglio ! >>
Una faccia ancora un po’ assonnata, ma decisamente sveglia, sbucò dal piumone.
<< E certo ! Come se fosse possibile dormire con gli urli che fai ! >>
Poi, dopo aver osservato il moro che ancora non si decideva a spostarsi dal suo stomaco, spalancò gli occhi :
<<  Sei impazzito ?!?  Con questo freddo vai in giro in canottiera e scalzo ! >>
Detto ciò lo tirò sotto il piumone accanto a lui sfregandogli veloce le mani sulle braccia fredde.
Bill sorrise e si rannicchiò accanto a Tom come un gattino :
<< In effetti qui c’ è un bel calduccio … Mi sei mancato, Tomi … >>
A quelle parole il biondo deglutì.
Non perché non volesse essere gentile con suo fratello, semplicemente credeva che non esistessero parole che avrebbero potuto spiegare quello che provava, quanto gli fosse mancato, quanto gli sarebbe mancato.
Scacciò quel nodo in gola, quel magone improvviso, ricacciò indietro le lacrime e rispose semplicemente :
<< Anche tu … >>
Il moro si morse la lingua.
Sapeva di aver dato il via a tutta una serie di pensieri poco felici nella testa di suo fratello e, per sdrammatizzare, finse un espressione offesa :
<< Ehhhhhh … Ci hai messo un sacco per rispondere però … >>
Poi gettò le braccia al collo del gemello, gli stampò un bacio sulla guancia ed esclamò :
<<  Ho fame, che ne dici di scendere a vedere se in quella specie di cucina c’ è qualcosa di commestibile ?  >>
In effetti anche il biondo cominciava a sentire i morsi della fame e , solo in quell’ istante, si accorsero del profumino allettante che proveniva dal piano di sotto.
Un aroma di caffè si stava diffondendo per tutta casa, profumo di brioches calde, di cioccolata, zucchero a velo, un’ idea lieve di limone e cannella …
Tom afferrò al volo un braccio di Bill, che si stava già precipitando in cucina, e lo fece ricadere col sedere sul letto :
<<  Tu, vestito così, non esci da questa stanza! >>
Bill mise il broncio, il labbro inferiore leggermente sporto in fuori, come i bimbi capricciosi :
<<  Ma io ho fame, Tomiiiiiiiiiiiii ! >>
Tom, scuotendo la testa rassegnato, gli lanciò un paio di calzettoni di lana spessi, rossi, regalo della mamma che si preoccupava sempre che non prendessero freddo, e mentre Bill li indossava, lui gli infilò una delle sue felpone più grandi e calde, rossa e nera.
Bill si piazzò davanti allo specchio osservandosi dall’ alto in basso, e prendendo tra le punta delle dita la felpa enorme esclamò  con una vocina lagnosa :
<<  Ma sembro uno spaventapasseri vestito così ! >>
Tom intanto stava osservando serafico il suo “capolavoro stilistico”  con la testa leggermente piegata di lato in un atteggiamento decisamente made in Bill :
<<  Bhè, se non altro i colori sono tutti in pendant con i pantaloni neri e rossi del pigiama … >>
Un ghigno si dipinse sul volto del rasta che, prendendo il suo fratellino sottobraccio, esclamò :
<<  Le uniche persone che hanno le chiavi sono la mamma e Nic, e la mamma non lo sa ancora che sei tornato a casa … Sarà di sicuro Nic ! Vieni, andiamo a mostrarle il tuo nuovo look in perfetto Tom’s  Style ! >>
In risposta ricevette uno spintone, ma l’ appetito era aumentato e alla fine, riluttante, seguì il fratello in cucina.
Ma non dovettero raggiungerla.
Il tavolo della sala era imbandito peggio della Notte di Natale, c’ erano una quantità infinita di brioches, biscotti, cereali, pane tostato e non, latte caldo e freddo, the, cioccolata calda, caffè, succhi di frutta, spremute, marmellata e burro, e in un angolino del tavolo, avevano trovato posto persino del formaggio e delle uova.
Bill rimase impietrito, poi voltandosi verso Tom disse :
<< Ma sei sicuro che tutta questa roba provenga dalla nostra cucina ? >>
Tom era altrettanto allibito.
<< In effetti Nic, dopo averci tirati giù dal letto ad un’ ora improponibile anche per me ( figuratevi per Georg ) , ci ha spediti a fare la spesa con tanto di lista e minacce varie se non avessimo preso tutto ! >>
La voce ridente di Gustav raggiunse i gemelli, ancora fermi sulle scale, dalla cucina.
<< Gustav ! Adesso capisco il perché dell’ abbondante colazione ! >>
Rise il rasta.
Il ragazzo non fece in tempo a dargli dello stupido, perché si ritrovò letteralmente soffocato dall’ abbraccio di Bill che gli era saltellato incontro e ora lo stringeva forte :
<<  Gus … Sono felice di vederti ! >>
<<  Lo siamo anche noi ! Ci sei mancato … >>
Rispose una seconda voce, al posto di quella di Gustav, evidentemente impossibilitata in quel momento.
Georg era spuntato anche lui dalla cucina e aveva addosso un grembiule abbastanza ridicolo.
-  Nic deve averli messi al lavoro  -  Pensò Tom.
Gustav potè massaggiarsi la gola ed accertarsi di respirare ancora quando, finalmente, Bill rivolse le sue affettuose attenzioni sul bassista.
<< Georg ! >>
La voce di Bill era estasiata, e l’ abbraccio si ripetè, così come il soffocamento.
Nic restò in cucina ad osservare quella scena con un sorriso stampato in volto.
Era contenta che la sua sorpresa fosse riuscita.
Nel caos generale, Tom aveva trovato il modo di raggiungerla, aggirando quel groviglio che era suo fratello abbracciato ai suoi amici.
<< Mi dispiace per ieri sera … >>
Disse piano.
<< Anche a me. Mi dispiace per quello che ti ho detto, e ancora di più mi dispiace che noi due non si riesca proprio ad andare d’accordo … Ma non importa, dobbiamo solo sforzarci di mantenere un atteggiamento civile, cercando di reprimere la voglia di urlarci addosso che contraddistingue questa nostra amicizia … >>
Lo sguardo della ragazza si posò su Bill :
<< Glielo dobbiamo … >>
Un tremito nella voce.
Tom abbassò lo sguardo su di lei.
-  Ma è davvero impossibile per noi andare d’accordo ? Certo, ci irritiamo a vicenda, ma …  -
Tom non fece in tempo a concludere quel pensiero, i tre ragazzi dalla sala li stavano richiamando all’ ordine :
<<  Allora ! ? !  Volete venire a fare colazione ? >>
Si sedettero a tavola, e davanti a tutto quel cibo, Bill si accorse che l’ appetito gli era decisamente passato, ma si servì lo stesso un’ abbondante tazza di cereali, una brioches al cioccolato e un bicchiere di spremuta d’ arancia.
Concentrato sulla sua colazione, non vedeva , ma sentiva chiaramente, quattro paia di occhi ansiosi, posati su di lui.
Nocciola, blu, verdi, castani scuro …
Gli occhi dei suoi amici, delle quattro persone che, esclusa la sua famiglia, amava di più al mondo.
Detestava farli preoccupare, e sapeva che adoravano vederlo rimpinzarsi come un tacchino ripieno.
Dette il suo primo morso alla brioches, seppe che si erano tranquillizzati e che avevano ripreso a mangiare anche loro.
Sorrise.
Dopo aver fatto colazione, Nic decise di prendere in mano la situazione per organizzare quel pomeriggio.
Per prima cosa decise di rivolgersi direttamente a Bill .
<<  Hai fatto presente a tua madre la tua intenzione di tornare a casa ?  >>
Il luminoso, innocente sorriso che illuminò il volto gioioso del ragazzo, la spiazzò per un istante e la cosa dovette riflettersi perfettamente nell’ espressione di Nic, perché  Bill si era avvicinato e, dopo avergli tirato una breve ciocca dei corti capelli corvini, le ripetè, con lo stesso identico, angelico sorriso :
<<  Nic ? Ci sei ? … Dicevo che, sì, avevo detto alla mamma che volevo andarmene di lì, ma non credo pensasse che lo avrei fatto davvero … Credo che contasse sul buonsenso  >> e, pronunciando questa parola fece una faccia buffa in direzione del gemello <<  Di Tom, per farmi ragionare e convincermi a restare …  >>
<<  Adesso sei ingiusto, Bill ! Parli di me e della mamma come se fossimo due carcerieri !  >>
Tom lo stava guardando da sotto la visiera del suo inseparabile cappellino, con l’ aria imbronciata e vagamente offesa.
Si sentiva un po’ in colpa, sapeva che lui, da solo, non avrebbe mai trovato il coraggio di firmare i documenti per far uscire Bill dalla clinica.
Bill si avvicinò al fratello, gli fece un buffetto affettuoso e disse :
<<  Sì, i miei due adorabili carcerieri, a cui io voglio un mondo di bene, ma che non avevano fatto i conti con Nic e i nostri piani diabolici, a quanto pare siamo come Diabolik ed Eva Kant !  >>
Si voltò col viso gioioso di un bimbo cospiratore e le sorrise.
La ragazza dovette ingoiare a forza il magone che  le stringeva la gola.
Eva Kant e Diabolik erano una coppia … E loro ?
Cosa erano, adesso, loro ?
In un attimo, il flash di un ricordo, le invase la memoria … 
Un immagine che non era mai riuscita a dimenticare …
Quel giorno di pioggia in cui avevano litigato e si erano lasciati per la prima volta, quella sua voglia quasi disperata di chiedergli scusa dopo un mese in cui non si erano visti, Il suo cuore gonfio d’ amore mentre entrava piano in casa cercando di non fare rumore, per fargli una sorpresa.
Quella sorpresa che invece, a sua insaputa, era destinata a lei …

… Era quasi sulla soglia della casa di Bill e Tom, se lo immaginava triste e solo a pensare a quale fosse stato lo stupido motivo per cui avevano litigato, che li aveva tenuti lontani l’ una dall’ altro per così tanto tempo, esattamente come aveva fatto lei e, proprio come per lei, senza ricordarlo.
Non appena era entrata nel grande salone, dei suoni decisamente inequivocabili, la avevano accolta.
C’ era qualcuno sul divano che lei non poteva vedere trovandovisi alle spalle.
Sorrise un po’ imbarazzata, cercando di non disturbare Tom si diresse verso le scale,immaginando divertita Bill, rifugiato in camera sua, con le cuffie sulle orecchie per non “ partecipare “ alla serata del suo gemello.
Bussò alla porta della camera del suo ragazzo, quasi senza riuscire a contenere la voglia di scusarsi con lui, di abbracciarlo stretto a sé … Gli era mancato così tanto …
Ma il viso che si trovò di fronte le fece gelare il sangue nelle vene …
Tom la stava guardando con gli occhi sgranati dalla sorpresa …
- Cazzo ! Le chiavi ! … -
Ma il rasta non riuscì a finire di formulare quel pensiero.
<<  Tom … Cosa ci fai in camera di B …  >>
La frase le morì in gola.
Se Tom si trovava di fronte a lei, in camera di Bill, su quel divano c’ era …
La verità la colpì come un pugno allo stomaco, improvvisamente palese davanti ai suoi occhi.
Tom cercò di afferrarle un braccio, ma la mancò, Nic stava già correndo giù dalle scale :
<<  Nic, aspetta !  >>
La voce del giovane rasta le giunse da lontano, davanti ai suoi occhi c’ era Bill, steso sul divano, sopra ad una ragazza dai lunghi capelli rossi, le labbra sottili e un trucco vistoso …
Il vestitino che quella sconosciuta doveva aver avuto addosso, era leggero ed era abbandonato ai piedi del divano, assieme alla maglietta e ad i jeans di Bill.
Lui aveva le mani sul corpo di quella donna, lei le dita affondate tra i capelli di seta del suo ragazzo.
-  Il mio ragazzo … Il mio ragazzo … Il mio ragazzo …  -
Nic continuava a ripeterselo, senza in realtà sentire il suono di quelle parole, non sentiva nulla, nemmeno il suo respiro, nemmeno il battito del suo cuore …
- … Sono morta …  -
Tutto era durato solo pochi istanti, cioè il tempo che Tom aveva impiegato per scendere di corsa le scale per raggiungerla e fermarla, prima che …
-  Cazzo ! Non ce l’ ho fatta …  - Pensò il biondo fissando Nic che teneva lo sguardo fermo sulle due figure sul divano che sembravano non essersi minimamente accorti della presenza della ragazza a pochi passi da loro.
-  Bill, Dio ! Sei un cretino !  -
Pensò con rabbia Tom, poi, per attrarre l’ attenzione di Nic e soprattutto quella di Bill, si avvicinò rumorosamente al divano e si rivolse all’ amica, prendendole delicatamente un braccio .
<<  Nic … Nic andiamo, dai …  >>
A quelle parole Bill parve riacquistare coscienza di sé, si voltò di scatto verso il punto impreciso alla sua destra da cui era venuta la voce di suo fratello :
-  Nic ? … No, non è possibile …  -Gli girava la testa per via di tutti i drink che si era scolato quella sera e per molte sere in quell’ ultimo mese, credette di aver sentito male …
-  Devo aver sentito male … lei non può essere qui .. Lei …  -
Ma quello che si trovò davanti era proprio il viso cinereo di Nic …
La sua Nic, che ora lo stava guardando come se nemmeno lo vedesse.
-  Dio ! Cosa cazzo sto facendo ?  -
Il moro abbassò lo sguardo sul divano, come se lo stesse veramente mettendo a fuoco solo in quell’ istante e vide il viso di una donna sconosciuta che ora lo fissava maliziosa :
<<  Non mi vuoi presentare la tua bella fidanzatina, tesoro ?  >>
Una voce aggraziata ma fredda, sgradevole ed ironica uscì da quelle labbra sottili dalla linea antipatica.
Bill si alzò in fretta dal divano, cercando di ricomporsi, per quanto potesse data la situazione, il trucco sbavato sul viso, le macchie di rossetto sulle labbra :
<<  Nic, io …  >>
Aveva lo sguardo perso, non sapeva cosa dire né cosa fare, ma la ragazza non sembrava sentirlo né vederlo.
Si lasciò sospingere dolcemente verso la porta da Tom, docile, la frenesia che aveva sentito in corpo pochi minuti prima era completamente svanita lasciando il posto ad un vuoto desolato.
Tom le porse la giacca, la aiutò ad indossarla, poi, prima di seguirla fuori, si voltò verso il fratello con un espressione rabbiosa che Bill non gli aveva mai visto prima, e gli sibilò :
<<  Manda via questa puttana  >>
Disse a voce abbastanza alta, così che anche la diretta interessata potesse sentirlo chiaramente.
<<  Quando torno non la voglio più trovare sul mio divano, né in casa mia …  >>
E con un ultima occhiata sprezzante uscì di casa seguendo Nic.
La raggiunse.
<<  Aspetta … Ti accompagno …  >>
Lei non disse nulla, continuò a camminare verso casa.
Tom la seguiva, un passo dietro di lei.
Non pensava a niente, fissava semplicemente la sua schiena dritta e rigida.
Nonostante abitasse piuttosto lontano, non impiegarono molto a giungere di fronte alla porta della casa della ragazza.
Lei aprì piano :
<<  Non fare rumore, la nonna dorme …  >>
La voce atona, spenta.
Poi salì in camera sua, sempre seguita da Tom, si sedette sul letto, mentre lui, dopo averla chiusa alle sue spalle, rimase fermo davanti alla porta osservando il profilo teso della ragazza.
Si avvicinò piano, si sedette accanto a lei, le voltò il viso, piano :
<<  Nic …  >>
Lei lo guardò come se la sua immagine gli giungesse da molto lontano e, finalmente, lo vide : Tom.
Tom che la guardava preoccupato e triste, Tom che con lo sguardo le chiedeva scusa di una colpa che non era certo la sua, Tom che aveva cercato di baciarla a tradimento, Tom con il quale litigava sempre per delle sciocchezze …
Adesso, quello stesso ragazzo strafottente e indisponente, era qui davanti a lei
e la guardava con un dolore infinito negli occhi, quegli stessi occhi così maledettamente uguali a quelli di Bill.  
Si perse in quegli occhi : infinite immagini le passarono in rapida successione nella mente. Immagini di altri occhi che la guardavano con amore, che le sorridevano, che la osservavano come a voler imprimere  a fuoco l’ immagine di lei  dentro di sé … Bill …
Non riuscì a trattenersi.
Scoppiò in un pianto disperato, stringendo tra le dita l’ enorme maglietta di Tom, sporcandola di mascara.
Stretta tra le braccia dell’ amico, quella notte pianse tutte le sue lacrime, soffocando i singhiozzi sul suo petto.
Tom, il cuore stretto in una fredda morsa, non potè far altro che tenerla tra le sue braccia fino a quando non la sentì più tranquilla.
Quella notte rimase con lei, e il mattino dopo li trovò ancora teneramente abbracciati, con addosso ancora le scarpe, stesi sopra la coperta sul letto di Nic.
Sentendosi accarezzare il viso da un raggio di sole, Nic aprì gli occhi e si accorse che a sfiorare il suo volto non era solo la tenue luce del mattino ma anche lo sguardo preoccupato di Tom, che la osservava attento, una sottile ruga di preoccupazione tra le sopracciglia.
Il ragazzo aveva visto le palpebre di lei muoversi leggere e avrebbe voluto scappare veloce come un lampo ma si disse che non sarebbe stato giusto.
Non  poteva lasciarla sola adesso, senza contare l’ impossibilità fisica di farlo, data la testa di lei appoggiata nell’ incavo del suo braccio.
Quella scomoda posizione lo aveva  infastidito un po’ la notte precedente, ma non  aveva osato muoversi :  Nic dormiva, il respiro ancora leggermente irregolare e lui non se la era sentita di disturbarla.
Adesso lei aveva gli occhi fissi su di lui.
-  Ha degli occhi davvero … Blu … -
Pensò scioccamente Tom, poi le sorrise :
<<  Buongiorno !  >> E, fingendo un’ aria spaventata, alludendo ai loro primi “ incontri ravvicinati “ aggiunse :
<<  Prima di fare qualsiasi cosa, controlla ! Siamo ancora tutti vestiti … Abbiamo ancora persino le scarpe !  >>
Dicendo questo sollevò una gamba a dimostrazione che era ancora coperta dai suoi enormi jeans spiegazzati, che le scarpe appena citate erano ancora al loro posto.
<<  Come se tu avessi bisogno di spogliarti tutto per divertirti un po’ … E, adesso che ci penso … Tu hai dormito con le scarpe sopra la mia coperta nuova ?  >>
La ragazza sorrise.
Aveva capito perfettamente l’ intenzione dell’ amico di sdrammatizzare la situazione.
<<  Ehy !  >>  Disse Tom un po’ risentito da quella sgridata mattutina.
<<  Sembri mia madre ! E  poi … Anche tu indossi ancora le scarpe !  >>
Concluse imbronciato indicando una scarpa di Nic.
<<  Uff ! E va bene, per questa volta te la faccio passare liscia, ma la prossima volta, provvedi di toglierti le tue scarpacce e di non metterle più sul mio letto !  >>
-  Ci sarà una prossima volta ?   -  Si chiese stupito il ragazzo
Poi allontanò in fretta quel pensiero.
- Tom ! Ma cosa cazzo stai pensando ? E’ la ragazza di tuo fratello e poi, anche fosse possibile una cosa del genere, e non lo è, non riusciresti a stare con lei più di due giorni … E’ talmente insopportabile …. E tu lo sei per lei … -
Nic si stava alzando a sedere e stiracchiandosi le braccia intorpidite, aveva appoggiato la schiena al muro.
<<  Ho dormito tutta la notte sul tuo braccio ? Deve averti dato un tale fastidio … Mi dispiace …  >>
Sorrise ironica, lasciando intuire a Tom che quella era solo la giusta e, decisamente minima, punizione che lui aveva dovuto subire per il terribile affronto alla sua nuova coperta.
Risero come due bambini.
Poi gli occhi di Nic misero a fuoco la sua stanza al di là del letto e del ragazzo che vi era ancora sdraiato scompostamente sopra.
I muri, di un delicato celeste, erano quasi totalmente ricoperti di quadri che non avevano nulla a che fare l’ uno con l’ altro ma che, ognuno in maniera differente, aveva colpito la sua attenzione, risvegliando in lei emozioni nascoste,
Un paio glieli aveva regalati Bill.
… Bill …
Niente.
Posò lo sguardo sulla cassapanca di legno proprio sotto la grande finestra, dove si era seduta più volte ad osservare scendere la pioggia, volteggiare i fiocchi di neve, accoccolata tra le braccia di Bill, la testa sul suo petto ascoltando i battiti del suo cuore,  quella che era per lei la musica più dolce, accompagnato dal ticchettio leggero delle gocce d’acqua.
… Bill …
Niente.
Sul bel tavolino bianco scintillava un vaso di cristallo.
Era vuoto, lucido, perfetto; catturava quell’ unico raggio di sole che entrava nella stanza, infrangendolo in un piccolo arcobaleno che si rifletteva sugli oggetti incontrati sul suo cammino.
Ora era vuoto poiché, a portarle ogni giorno dei fiori freschi da mettervi, spesso delle rose bianche che lei adorava, era Bill.
… Bill …
Niente.
Fissò il letto, poi alzò lo sguardo su quella parte della sua stanza che non aveva voluto osservare sino ad allora.
Proprio di fronte al letto, vi era una foto, grande, in un quadro a giorno.
Era molto bella, in bianco e nero, come piacevano a lei.
Ritraeva, a distanza ravvicinata, due ragazzi che si baciavano.
Lui sfiorava la gola della ragazza con una mano, un tocco lieve, l’ altra era posata leggera sulla sua nuca, tenendola a sé in un atteggiamento dolce e possessivo.
Lei aveva entrambe le mani tra i capelli del ragazzo, le dita affondate in quella morbidezza di seta.
La foto era stata scattata da Tom, quasi per scherzo, per prenderli in giro, ed invece era venuta davvero bene, tanto che il ragazzo aveva voluto ingrandirla e regalargliela.
Ritraeva lei e Bill.
… Bill …
Niente ?
No, non proprio …
Una lacrima, una sola, scivolò leggera dai suoi occhi.
Lentamente percorse l’ intero viso della ragazza e si posò sulle labbra morbide che tremavano leggermente .
Tom, che l’ aveva osservata per tuto il tempo con la fronte leggermente corrugata, adesso ebbe un lieve movimento verso di lei.
Avrebbe voluto abbracciarla.
La ragazza lo fermò con un gesto leggero, che non voleva essere brusco ne scortese ma solamente deciso :
<<  No, Tom .. Adesso basta. E … >> Aggiunse Nic abbassando lo sguardo  <<  Non ne voglio più parlare …  >>
Detto questo scavalcò il ragazzo che aveva abbassato il braccio e lo sguardo senza insistere ulteriormente, e si diresse in cucina  a preparare la colazione.
Tom scese pochi minuti dopo, si sedettero al tavolo bevendo una tazza di cioccolata calda.
<<  Ora è meglio se rientri …  >>
Gli consigliò la ragazza, accompagnandolo alla porta.
<<  E … Tom ?  >>
Il giovane rasta si voltò per ritrovarsi Nic davanti che, in punta di piedi, gli posava un bacio lieve sulla guancia, sussurrandogli :
<<  … Grazie …  >>
Il ragazzo si passò un dito dietro l’ orecchio, come faceva sempre quando si sentiva in imbarazzo.
<<  Di … Di nulla … Allora vado … Ciao  >>
Guardandolo allontanarsi, Nic pensò che non lo voleva perdere, nonostante le loro divergenze, né voleva perdere Georg o Gustav.
No, non per colpa di Bill.
…  Bill …
Niente ?
No.
Rabbia.

Adesso la voce di quello stesso ragazzo che allora credette di odiare, le parlava da una distanza decisamente minima.
Cercò di mettere a fuoco il viso così pericolosamente vicino al suo.
Bill la guardava incuriosito, cercando di attirare la sua attenzione .
Lei potè sentire il suo respiro caldo sfiorargli il viso, vedere i suoi intensi occhi nocciola fissi nei suoi.
Trattenne il fiato e, a stento, la voglia prepotente di baciarlo.
<<  Nic … Sei fra noi ? … >>
Le stava chiedendo quella voce divertita.
La ragazza si riscosse, si allontanò in fretta da Bill, forse troppo in fretta, come avrebbe potuto  pensare chiunque stesse guardando l’ espressione un po’ mortificata del giovane cantante.
Ma lei non la vide.
<<  Bene … Allora significa che, prima di dedicarci ad un pomeriggio di spese folli, dovremo passare a trovare vostra madre e darle la “ lieta novella “  >>
Il tono leggermente lugubre della ragazza, fece capire a tutti che non sarebbe stata una passeggiata affrontare quella discussione con la iper protettiva Simone che, da dolce signora quale era, diventava una furia quando avvertiva un pericolo per i suoi “ cuccioli “ .
Georg, naturalmente portato ad osservare le reazioni nascoste delle persone, decise di fare una proposta che sarebbe potuta sembrare sfacciata, ma che nascondeva il suo intento di stare accanto alla ragazza in quel difficile momento .
<<   Senti Bill, perché non chiedi a tua madre se possiamo andare tutti a pranzo da lei ? Se non ricordo male le faceva piacere averci tutti per casa e  ingozzarci per bene … Che cosa ne pensi ?  >>
A Bill si allargò un grande sorriso sul volto, gli occhi divennero, se possibile, ancora più grandi e luminosi :
<<  SIIIIIIIIIIIIIIIIII !  >>
Esclamò correndo in camera alla ricerca del suo cellulare.
<<  Georg, Sai cosa ci attende vero ? Se speri in un allegro pranzo tra amici, puoi pure scordartelo … Prevedo guai  >>
Gustav aveva sussurrato all’ orecchio dell’ amico, la voce pacata di chi, comunque fossero andate le cose, sarebbe stato pronto ad affrontarle.
Georg alzò le spalle annuendo.
Si, sapeva bene a cosa stavano andando incontro.
Tutti e cinque, soprattutto Nic.
La ragazza, da parte sua, stava invitando i due amici ad andarsi a cambiare per poi rivedersi tutti lì un paio di ore dopo :
<<   Giusto il tempo che Bill si prepari !  >>  Disse ridendo.
Mentre i due ragazzi uscivano, Nic fermò Georg per un braccio e, fingendo di sistemargli il colletto della giacca, gli sussurrò :
<<   Grazie …  >>
Georg sorrise, forse quella ragazza era davvero iper sensibile o, forse, il tentativo di nascondere le sue reali intenzioni, non era riuscito poi così bene.
In effetti aveva il vago sospetto che anche Gustav e Tom avessero intuito qualcosa.
L’ unico che sembrava non essersi accorto di nulla sembrava Bill, che dimostrava un entusiasmo che proprio, lui, non riusciva a condividere.
<<  Dove sono finiti tutti ?  >>
Chiese Bill non appena la porta si fu richiusa alle spalle dei due giovani.
<<  Sono andati a prepararsi e dovresti farlo anche tu … Ho detto loro di tornare tra un paio di ore, per cui non hai molto tempo per agghindarti …  >>
Il ragazzo assunse un ‘ aria falsamente offesa mentre lei lo guardava con un sopracciglio alzato e un’ espressione ironica dipinta sulle belle labbra.
-  Le sue labbra …  -
Pensò Bill senza riuscire a staccarvi lo sguardo.
Poi si riscosse :
<<  Va bene, va bene ! Touchè ! Vado a fare la doccia, poi : scelta dei vestiti, varie prove di abbinamento maglietta/pantaloni, scelta delle scarpe, vestizione, manicure, piastra, trucco …  >>
Cominciò ad enumerare sulle lunghe, eleganti dita, salendo le scale con aria falsamente assorta.
Nic si sfilò il grembiule e glielo lanciò colpendolo dritto alla nuca :
<<  Hai un paio d’ ore, non un paio di settimane, Bill !  Vedi di sbrigarti !  >>
Rideva divertita, Bill, restituendole il grembiule con un lancio maldestro e mancandola di molti centimetri, pensò che era bella quando rideva e che non sentiva quella risata da troppo tempo e che era colpa sua.
Entrò in camera, aprì l’ armadio, prese i vestiti, si diresse verso il bagno …
Ogni centimetro della sua stanza, del suo bagno, gli ricordavano lei : i muri, con le foto che li ritraevano insieme, soprattutto quella bella foto che aveva scattato Tom, il tappeto dove spesso giocavano come bambini, facendosi io dispetti, la finestra davanti a cui si sedevano spesso, amando entrambi osservare la pioggia e il vento scuotere le cime degli alberi, il letto, grande, che avevano diviso per molti giorni e soprattutto per molte notti …
Entrò in bagno : quel lavandino e quello specchio che si erano litigati più di una volta per aggiudicarsi il diritto di usufruirne per primi, ma lo spazio era quello che era e Bill si era visto spedir più di una volta in camera, a prepararsi di fronte allo specchio grande dell’ armadio con i trucchi sparsi sul letto …
Non era molto comodo in effetti, ma gli piaceva lasciarla vincere …
La doccia no, quella non se la erano mai litigata, era abbastanza grande da fare in modo che, se anche entrambi rischiassero di fare tardi, la potessero utilizzare insieme …
In quei casi, il ritardo solo rischiato, diventava assolutamente certo …
E come sarebbe potuto essere altrimenti ?
Trovarsela lì, la pelle resa lucida dall’ acqua che le scivolava addosso accarezzando ogni centimetro del suo corpo esattamente come avrebbe voluto fare lui, era un invito troppo allettante, allora si avvicinava a lei, le spostava i capelli bagnati che le erano rimasti appiccicati al viso con una carezza e trovava le labbra della ragazza, la sua ragazza, già pronte ad essere sue, scosse da un leggero fremito di impazienza e desiderio,
E allora, la baciava.
A volte invece la sentiva giungere alle sue spalle, la voce leggera al suo orecchio,:
<<  Aspetta … Ti aiuto io … Inclina la testa …  >>
E lui, obbediente, piegava la testa all’ indietro lasciando che le mani di lei scivolassero assieme allo shampoo tra i suoi capelli, accarezzandoli, massaggiandogli dolcemente la testa, per poi passare al collo, le spalle, dove inevitabilmente posava le labbra sulla pelle bagnata in un tenero bacio sensuale, sentendo fremere la pelle del ragazzo nell’ attesa dei suoi denti che lo mordevano piano, segno inequivocabile che, da quella doccia, non sarebbero usciti tanto presto.
Senza accorgersene Bill si era appoggiato con la schiena nuda sul vetro del box della doccia e solo sentendone il freddo contatto con la sua pelle accaldata riprese coscienza di sé.
Un brivido lo percorse, non un brivido di freddo, ma un brivido caldo di desiderio.
La desiderava.
La desiderava da impazzire.
Ma molte cose erano successe, molte sarebbero dovute succedere, prima fra tutte quell’ imminente incontro con sua madre.
Ringraziò mentalmente Georg per la sua proposta di accompagnarli.
Sapeva che Nic avrebbe tratto conforto dalla loro presenza …
E anche lui.
Uscì dalla doccia, avvolgendosi un asciugamano attorno ai fianchi stretti, le gocce d’acqua gli scivolavano sul petto bianco scomparendo lievi al contatto con la spugna dell' asciugamano legato in vita.
Si asciugò i capelli, decidendo di tenerli lisci sulle spalle, si vestì e si truccò con cura.
Poi scese in sala, dove Tom e Nic, già pronti, lo stavano aspettando insieme a Georg e Gustav.
<<  Sempre  in ritardo … Hai finito di farti bello ?  >>  Rise il batterista.
Bill scacciò quel commento con un gesto noncurante della bella mano perfettamente curata, come si scaccia una mosca particolarmente fastidiosa, e precedette i ragazzi fuori dalla porta.
I tre amici scossero la testa, Nic sorrise divertita.
Era bello rivederli tutti assieme così affiatati, le fecero una tenerezza infinita.
La fronte le si corrugò  appena all’ idea di quello che stavano per affrontare, l’ idea di rivedere Simone, dopo il loro ultimo incontro, non la allettava affatto.
Ricordava ogni parola che lei gli aveva sputato in faccia con rabbia, la capiva, lo aveva visto vivere l’ intero anno precedente senza di lei, ma lo stesso quelle parole, quello sguardo sprezzante, non riusciva a dimenticarli …

… Il volto di Simone era stravolto dalla rabbia, erano parecchi mesi che non si vedevano e adesso si erano incontrate per caso in quel centro commerciale. Lei aveva cercato di evitare quell’ incontro, immaginando che la donna non avesse molta voglia di vederla.
Ma Simone l’ aveva vista e si era avvicinata a lei come una furia :
<<  Buongiorno …  >> Aveva provato a dire Nic, ma le sue parole vennero subito interrotte dalla voce alterata della donna che, nella loro rottura, vedeva solo l’ orgoglio ferito del suo bambino :
 << Lo hai lasciato solo come un cane ! Sai cosa ha passato Bill senza di te ? Mio figlio si è innamorato di te, Dio solo sa come sia potuto accadere, e tu lo hai preso, usato e poi, quando ti sei stancata, lo hai lasciato solo  per andare a fare la sgualdrinella con qualcun’ altro !  >>
La voce isterica della donna si era alzata un po’ ad ogni parola, facendo sì che attorno a loro si formasse un nutrito capannello di curiosi che ora le fissavano con gli occhi spalancati e le risate trattenute a stento …

Era passato un anno ormai da quel giorno, erano successe molte cose, la prima era stata la malattia di Bill.
Aveva l’ aids.
Nient’ altro aveva avuto più senso.
Nemmeno le parole cattive di Simone, nemmeno il suo orgoglio ferito.
Sentì il cuore spezzarsi, proprio come quel pomeriggio in cui ricevette la telefonata di Tom …

<<  Possiamo vederci per qualche minuto ?  >>
Nonostante i suoi propositi, la frequentazione con i suoi tre amici si era andata affievolendo, si vedevano raramente e, in quegli ultimi tempi, non si erano visti affatto.
Nic infatti non si aspettava quella telefonata.
Accettò l’ invito del ragazzo e, pochi minuti dopo, si trovava seduta sulla panchina di un parco, una panchina sulla quale, per un momento, pensò sarebbe rimasta per sempre.
Le parole di Tom le rimbombavano nella testa, stringendogli lo stomaco talmente forte da farle venir voglia di vomitare.
<<  E’ malato, Nic … Bill ha … L’ aids  >>
Lei non disse nulla, non voleva sapere nulla, ma la voce di Tom proseguì :
<<  Lo ha saputo un paio di mesi fa, adesso sta seguendo una cura, ma … E’ stata quella puttana, quella rossa … Le ho telefonato … Per scrupolo più che altro, per dirle di fare il test … Ma lei ridendo mi ha detto che lo sapeva già … Avrei voluto …  >>
Tacque un istante.
<<  Non so cosa avrei voluto. Vorrei svegliarmi domani e scoprire che si tratta di uno stupido, assurdo incubo … Vorrei non dover accompagnare mio fratello alla clinica, oggi pomeriggio …  >>
Poi alzò lo sguardo sulla ragazza seduta accanto a lui, piangeva lacrime silenziose, una dietro l’ altra nascevano da quei suoi incredibili occhi, perdendosi sul suo golfino leggero.
<<  Scusa, non avrei dovuto dirtelo … Voi non state più insieme, non avrei dovuto coinvolgerti … >>
<<  Stai zitto … Stai zitto ! Non devi nemmeno pensare una cosa del genere !  >>
Gli occhi improvvisamente asciutti e bellicosi si fissarono negli occhi di Tom :
<<  Cosa cazzo stavi aspettando a dirmelo ?  >>
Il ragazzo alzò le spalle, osservando attento una foglia lieve che, dopo aver volteggiato per qualche minto, era andata a posarsi leggera su una pozzanghera, formando attorno a sé dei cerchi che andavano allargandosi fino a scomparire …
Tom si chiese se un giorno anche i cerchi di dolore che si erano allargati nel suo cuore quando Bill gli aveva confessato la verità, e che adesso gli facevano un male d’ inferno, un giorno si sarebbero allargati abbastanza da svanire, da non sentirli più …
<<  Bhé  >> Disse alla fine, alzandosi dalla panchina e dirigendosi verso la sua macchina :
<<  Adesso lo sai …  >>
Quel pomeriggio Nic si diresse verso casa dei gemelli, ben decisa a parlare con Bill, ma loro erano già usciti.
Si sedette sullo scalino dell’ entrata ad attenderli.
Rimase lì al freddo per qualche ora, poi finalmente sentì il rombo del motore della macchina di Tom.
Non alzò lo sguardo.
Aveva ripetuto mille volte a sé stessa quella promessa : non avrebbe pianto.
Ma adesso, quando solo una misera manciata di secondi la dividevano da Bill, sentiva la sua convinzione vacillare.
<<  Nic ? …  >>
Quella voce che, nonostante tutto, ancora amava si era rivolta interrogativa a lei.
Si fece forza, strinse i denti, sforzò un sorriso tirato ad apparirle sulle labbra e alzò lo sguardo su di lui.
Non sembrava affatto malato.
Ma Nic sapeva che quello era solo l’ inizio.
Da parte sua Bill non ebbe bisogno di chiedere.
Lei sapeva, ne era certo e, gli occhi colpevolmente bassi di suo fratello, confermarono il suo pensiero.
Si irrigidì.
Non voleva la sua pietà.
Aveva bisogno di lei.
Dio solo sapeva quanto.
Aveva bisogno dei suoi occhi, del suo sorriso, delle sue braccia, della sua voce,dei suoi capelli, della sua risata, del suo dolce modo di essere sé stessa, sempre.
Aveva bisogno del suo amore.
Ma la sua pietà, quella no, non la voleva, non gli serviva, non poteva pensare che lei si trovasse lì, seduta davanti a casa sua semplicemente perché provava pena di lui.
Nic lo sapeva …
Sapeva cosa stava provando il suo Bill, suo …
Non importava quanto tempo fosse passato, lui le apparteneva e lei era ancora sua.
<<  … Non è pietà, Bill …  >>
La sua voce dolce, il ragazzo adorava il suono del suo nome tra quelle labbra.
Superò la distanza tra loro in pochi passi, cadde in ginocchi davanti a lei, tra le sue braccia già tese e vi trovò rifugio e conforto.
Posò il viso nell’ incavo lieve della sua spalla, inspirò a fondo il suo dolce profumo che gli era mancato così tanto e quando espirò, non riuscì a soffocare un singhiozzo.
Nic sentì il  cuore spezzarsi.
Affondò le mani tra i suoi capelli, gli sfiorò la nuca leggermente, poi non seppe reprimere ancora il suo bisogno di lui.
Lo strinse forte a sé, avrebbe voluto attirarlo in sé, accoglierlo tutto intero dentro il suo cuore, chiuderlo lì dentro e tenervelo per sempre, proteggendolo da tutti e da tutto, proteggendosi …

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


I Die But, Please, Don't Cry... Ever ECCOMI TORNATA!
NUOVO CAPITOLO, IL QUARTO... TRA I DUBBI E LE INCERTEZZE, HO ANCHE PROVATO AD ASPETTARE UN PO' PRIMA DI POSTARE... COMUNQUE...
PASSIAMO SUBITO AI RINGRAZIAMENTI :
LADY CASSANDRA : GRAZIE! COME FAREI SENZA DI TE? SONO ASSURDAMENTE RIPETITIVA, MA E' DAVVERO UN PIACERE TROVARE UNA TUA RECENSIONE, AD OGNI CAPITOLO. CHE DIRE? COME SAI, (^_____^') INIZIALMENTE, QUANDO QUESTA STORIA ERA SOLO UN EMBRIONE DI IDEA NELLA MIA TESTOLINA BACATA, NON IMMAGINAVO DI DARE COSI' RISALTO AL NOSTRO RASTA-BOY PREFERITO! MA IN EFFETTI, ADORO SCRIVERE DI LUI, E LA "SCENETTA DEL LETTO" MI E' PARTICOLARMENTE CARA... E' SOLO UNA FRASE, MA SPERAVO DI POTER TRASMETTERE LA SUA DOLCEZZA IN QUEL SEMPLICE GESTO DI FINGERE DI DORMIRE... SE TI E' PIACIUTA NE SONO FELICE ^____^!  PER QUANTO RIGUARDA "QUELLA" PARTE... BHE', NON E' STATO SEMPLICE NEMMENO PER ME IMMAGINARLA E SCRIVERLA, MA LE PAROLE SONO VENTE DA SOLE, L' IMMAGINE DI TOM CHE APRE LA PORTA DELLA STANZA DI BILL, IL DOLORE E L' IMPROVVISA CONSAPEVOLEZZA DI LEI.. NON SO, MI SEMBRAVA "GIUSTO" COSI' ( E NON TI PREOCCUPARE, ANCHE IO TENDO A DIVINZZARE QUELL' ADORABILE "POCKER D' OSSI ù.ù ^_______________^')... PER IL FINALE... BHE', CREDO CHE SIN DALL' INZIO IO VI ABBIA PRESENTATO LA STORIA PER QUELLA CHE ERA... CERTE VOLTE, PRETENDERE UN MIRACOLO E' DAVVERO TROPPO... PER QUELLO CHE DICO DI TE... E' SOLO LA VERITA'! (TVB)
XOXO_VALY : NON POSSO CHE RINGRAZIARTI PER I COMPLIMENTI. DICI CHE RIESCO A TRASMETTERE DELLE EMOZIONI E SPERO SIA DAVVERO COSI', PERCHE' E' L' UNICA COSA CHE DESIDERO! PER "QUELLA" PARTE, CREDO CHE TROVERAI QUALCHE RIGA SOPRA UNA "SPIEGAZIONE" (PIU' O MENO DECENTE) (^__________________________^'), PER QUANTO RIGUARDA SIMONE... BHE', COME LEGGERAI DI SEGUITO, LEI NON HA MAI AVUTO BEN CHIARO DAVANTI LO SVOLGERSI DEI FATTI... ù.ù
PER QUANTO RIGUARDA TOM... ANCHE QUI CREDO DI AVER DETTO TUTTO QUALCHE RIGA FA... NON MI ASPETTAVO DI "COINVOLGERLO" TANTO MA... E' FINITA COSI' ^____________^!
QUINDI, GRAZIE ANCORA AD ENTRAMBE PER LE VOSTRE BELLE PAROLE CHE SONO SEMPRE UN INCORAGGIAMENTO ED UNA IMMENSA GRATIFICAZIONE!
UN GRAZIE ANCHE A TUTTI COLORO CHE LEGGONO QUESTA STORIA SENZA RECENSIRE!
INFINE, CONTINUO A RICORDARE CHE I PERSONAGGI NON MI APPARTENGONO, CHE QUESTA PAROLE NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE RAPPRESENTARE LA REALTA' DEI CARATTERI  O DEI FATTI DESCRITTI!
( PER L' UTILIZZO DELLA BELLISSIMA "DON'T CRY" DEI GUNS, NO SCOPO DI LUCRO! ù.ù)
UN ABBRACCIO GRANDE, BUONA LETTURA E ALLA PROSSIMA!


Adesso si riscosse bruscamente.
Tom aveva sterzato bruscamente immettendosi nel viale davanti alla casa della madre.
Nic  tremò al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere.
Simone pareva aver accettato a malapena il fatto che lei frequentasse ancora il suo bambino, la malattia e il desiderio di Bill  l’ avevano convinta, ma sapeva che quella tregua rischiava di infrangersi durante quel pranzo.
Bill parve intuire il suo disagio mentre si avvicinava lentamente alla porta.
Si avvicinò a lei, le passò un braccio attorno alle spalle.
Lei rabbrividì a quel contatto.
Era un brivido di desiderio, ma il ragazzo non lo capì, evidentemente, perché si affrettò a togliere il braccio spostandosi in modo che fosse Georg a trovarsi accanto a lei.
Gli faceva male.
Gli faceva male sapere che lei non riusciva a stargli accanto, ma lo stesso cercò di convincersi che lei avesse bisogno di tempo.
Erano passati solo sei mesi da quando le aveva detto la verità, da quando erano tornati ad essere amici.
Aveva avuto tanto, non poteva davvero pretendere di più …
Ma lo desiderava, desiderava quel “ di più” con tutto sé stesso.
In quel momento la porta si aprì e Nic fu lieta di trovarsi davanti il volto sorridente di Gordon.
Le sembrava che l’ uomo avesse intuito che c’ era un motivo dietro la sua separazione da Bill, e che fosse molto più ben disposto nei suoi confronti rispetto a Simone.
Gordon infatti li accolse con un sorriso che li avvolse tutti, anche lei.
Abbracciò stretto Bill :
<<  Ciao ragazzo …  >>
Il moro ricambiò l’ abbraccio e gli diede un grande bacio sulla guancia.
Entrarono e si accomodarono in salotto, sul divano, Nic ben protetta : Tom alla sua destra, Georg a sinistra, Gustav si era piazzato alle loro spalle, mentre Bill stava chiamando sua madre.
<<  Mamma, mammaaaaaaaaaa ! Siamo arrivati e siamo affamati !  >>
Simone uscì dalla cucina e abbracciò suo figlio, poi fece un caloroso gesto di benvenuto a tutti gli altri, compresa Nic che, per un istante, credette davvero che potesse essere tutto superato.
Quanto si stava sbagliando.
Cercando di mantenere quello che era un nuovo labile contatto tra di loro, decise di seguire la donna in cucina, per aiutarla a portare gli antipasti in tavola, ma lo sguardo gelido che le venne rivolto, la fece pentire immediatamente.
<<  Non c’ è alcun bisogno che tu mi aiuti, grazie ! Ho cresciuto i miei due figli, li ho amati, ho cucinato, stirato, lavato per loro … Non mi serve alcun aiuto !  >>
Nic si sentì gelare il sangue nelle vene, sentì morire lentamente la speranza e il sorriso che aveva sulle labbra.
Tornò in sala e si sedette silenziosa al suo posto.
<<  Che succede ?  >>
La voce preoccupata di Tom le fece alzare lo sguardo e, guardando tutti quegli occhi che la osservavano, cercò di sorridere :
<<  Nulla … Pare che tua madre non abbia bisogno di aiuto in cucina …  !  >>
Georg provò a dire qualcosa, provava un disperato bisogno di consolarla, ma lasciò cadere la discussione, sapeva che non c’ era molto altro da dire dopotutto.
Il pranzo proseguì tranquillo, solo una lieve nota di gelo tra le due donne, che veniva prontamente nascosto da una battuta scherzosa di Tom, Georg o Gustav che si davano il cambio nel ruolo di intrattenitore.
Arrivati al dolce, che stavano gustando sul divano in sala, Bill decise di dare a sua madre e a Gordon la notizia, del resto pensò che era l’ ora : Nic aveva sopportato abbastanza quella tensione, voleva portarla via di lì.
Amava sua madre, ma sapeva quanto potesse essere severa e soprattutto sapeva quanto lo fosse con Nic e, anche quel giorno, seppure lei non avesse detto nulla di disdicevole, il ragazzo sentiva la tensione nell’ aria.
<<  Mamma …  >> Esitò un istante, cercando le parole giuste da usare, senza per altro trovarle.
<<  Mamma, sono tornato a casa …  >>
<<  Lo vedo tesoro, e sono contenta di averti qua oggi … Mi hai fatto davvero una bella sorpresa ! >>
Simone lo guardava con amore e Bill si chiese perché doveva amare così tanto lui e trattare così male Nic …
Ma sapeva che era anche colpa sua : lui non aveva rivelato a sua madre i suoi peccati, lasciando che la donna credesse che fosse solo colpa di Nic la loro rottura.
Si sentiva piccolo e meschino.
<<  No, mamma … Quello che voglio dire è che sono tornato a casa mia … Per restarci … Ho … Ho lasciato la clinica e non ho intenzione di tornarci tanto presto !  >>
Concluse deciso.
Georg e Gustav tenevano gli occhi bassi, controllando di sottecchi la situazione, Tom e Gordon li avevano fissi su Simone in attesa della sua reazione, ma quelli di Nic, brillanti di orgoglio, erano fissi sull’ espressione fiera e decisa di Bill.
Sapeva che presto sarebbe stata tirata in causa e attendeva paziente, ma, del tutto inaspettata, la reazione furiosa si scagliò su Tom :
<<  Tu ! >> Gridò improvvisamente la dona dopo qualche minuto di stupito silenzio : << Sei stato tu a permettergli di fare una simile sciocchezza ? ! ? Avresti dovuto farlo ragionare ! Avresti dovuto … IMPEDIRGLIELO ! PER DIO TOM ! Ma cosa ti è preso ? ! ?  >>
Nic aveva assistito alla scena con gli occhi sgranati ma si riprese immediatamente quando capì che Tom stava per prendersi una colpa che non aveva.
<<  Tom non centra nulla …  >>
Disse sottovoce.
Il silenzio che scese improvviso parve amplificare il sussurro di Tom :
<<  Nic … Lascia stare, io …  >>
<<  NO, Tom … Credo di essere grande abbastanza per prendermi le mie responsabilità …  >>
Aveva fissato gli occhi in quelli di Tom e ora li aveva spostati, tenendoli fissi sul volto della donna che le si trovava di fronte e che la guardava senza più nemmeno tentare di nascondere o dissimulare il disprezzo che provava nei suoi confronti.
Nic si sentì sprofondare e allo stesso tempo, una decisione improvvisa la fece sentire forte e sicura di sè.
Non sapeva se aveva fatto la cosa giusta assecondando il desiderio di Bill, sapeva solo che lui sembrava felice, che lui aveva sorriso come lei non credeva di vederlo sorridere mai più, sapeva solo che era stufa, che era giunto il momento di parlare, sapeva solo che non avrebbe rimesso più piede in quella casa.
<<  Sono stata io a firmare i documenti necessari , suo figlio è grande abbastanza per decidere da solo, serviva solo una seconda firma proforma, e la mia andava benissimo, così ho firmato quei maledetti fogli e ho portato via Bill da lì dentro !  >>
La voce si era fatta più forte e ferma dopo ogni parola, adesso era risuonata chiara e limpida per tutta la stanza.
<<  Inoltre, trovo che sia veramente orribile che lei si rivolga a Tom come se Bill non fosse presente, trattandolo come un cagnolino da educare ! Bill è una persona, un ragazzo …  >>
Ma non fece in tempo a finire la frase, Simone la bloccò :
<<  Sì, un ragazzo, il MIO ragazzo ! E tu sei una povera stupida ! Cosa credevi di fare ? COSA SPERAVI DI OTTENERE DA BILL ? Lo hai semplicemente allontanato da un posto in cui si prendevano cura di lui ! Pensavo che tu avessi almeno un po’ di buon senso, UN PO’ DI CERVELLO PER DIO !  A quanto pare mi sbagliavo ! Sei solo una piccola, stupida sgualdrinella !  >>
<<  MAMMA ! ! !  >>
La voce inorridita di Bill risuonò alta superando per intensità quella della madre.
<<  TU !  >>  Disse la donna  <<  Tu taci ! Con te faremo i conti fra poco ! >>
Bill, al suono furibondo della voce della madre, tacque.
Non disse nulla, abbassò lo sguardo sulle sue mani, odiandosi per quello che non aveva mai fatto, per quello che non stava facendo nemmeno adesso : difendere Nic.
Stava di nuovo permettendo che lei si prendesse delle colpe che non aveva, per difendere lui …
Fu, inaspettatamente, Gustav a parlare per primo :
<<  Credo che lei si stia sbagliando … >>
La sua voce calma e pacata, aveva una sottile incrinatura di rabbia a stento repressa.
Alcuni sguardi stupiti si puntarono immediatamente su di lui, ma quelli di Georg e Tom erano semplicemente orgogliosi.
Affrontare Simone in quel momento poteva risultare piuttosto pericoloso, ma l’ amico aveva il suo solito sguardo sereno e determinato, che parve colpire anche la donna.
<<  Io credo che Nic abbia fatto per suo figlio qualcosa di molto coraggioso e bello … >>
Prese fiato posando sulla ragazza uno sguardo fiero, carico di affetto, rivolgendole un grande sorriso, come a rassicurarla.
Lei desiderò solo alzarsi e abbracciarlo e ringraziarlo. Decise che lo avrebbe fatto. Presto.
<<  Sappiamo tutti che Bill non voleva restare lì dentro, ma eravamo tutti troppo spaventati, troppo presi dalle nostre paure e dalle nostre speranze per accorgerci di quello che lui desiderava veramente … Ci tappavamo gli occhi e il cuore, raccontandoci un sacco di bugie, credendo di vedere chissà quale giovamento nella sua permanenza in clinica …  >>
Gustav si fermò un momento, quasi cercando le parole o, forse, rendendosi davvero conto di quello  che stava facendo.
Poi, abbassando lo sguardo, concluse :
<<  Non mi pare che fosse così, anzi, credo di non aver visto Bill più contento di quanto lo abbia visto in queste ore che sta passando a casa sua, con la sua famiglia ed i suoi amici … Per cui credo che il suo atteggiamento nei confronti di Nic sia ingiusto  >>
Simone non rispose, conosceva quel ragazzo da sempre, sapeva che voleva bene a  Bill, sapeva che non era da lui comportarsi in quel modo o parlare tanto.
Per un attimo si chiese se, magari, il suo giudizio su quella ragazza non fosse stato un po’ troppo affrettato.
Dubbio che rimase quando spostò lo sguardo in quello di Tom, che la guardava con aria severa, e si accentuò quando si rese conto che  i ragazzi si stavano accomiatando.
Vide Georg prendere Nic per mano e guidarla fuori, senza salutare, seguito immediatamente dai suoi amici e dai suoi figli.
Simone rimase a guardarli andare via esterrefatta.
Davanti alla macchina Nic lasciò  che Bill si sedette davanti e lei prese posto sul sedile posteriore, accoccolandosi tra le braccia di Georg che trovò pronte ad accoglierla.
Iniziò a piangere silenziosamente, né un fremito né un singhiozzo.
Il ragazzo se ne accorse solo quando sentì la sua maglietta bagnata dalle lacrime della ragazza.
<<  Voglio andare a casa mia …  >>
Un sussurro di lei e uno sguardo di Georg, imposero a Tom di cambiare strada.
- Temo che il nostro pomeriggio di shopping sia andato a farsi fottere … -
Pensò il rasta e, per quanto non amasse girare per negozi, soprattutto con Bill e Nic che si fermavano ogni due passi, gli dispiacque.
Giunti di fronte alla casa della ragazza, Bill scese e le aprì la portiera.
Si guardarono negli occhi per pochi istanti, poi lei sfuggì quello sguardo addolorato e  si rivolse ai ragazzi ancora in macchina :
<< Ci sentiamo … E … Grazie …  >>
Posò sui tre uno sguardo che esprimeva chiaramente tutto quello che avrebbe voluto dire loro, sorrise  e  si diresse alla porta, seguita da Bill.
<<  Torna a casa, fa freddo …  >>
 Gli disse senza voltarsi, armeggiando alla ricerca delle chiavi che non volevano saperne di farsi trovare, dentro quell’ enorme casino che era la sua borsa.
<<  Nic io …  >> Bill non sapeva cosa dirle.
-  E cosa mai potrei dirle ? Che sono uno stupido vigliacco ? Che non sono degno nemmeno di guardarla ? …  -
Teneva gli occhi fissi sulla nuca della ragazza, i corti capelli corvini che spuntavano dal suo cappellino di velluto, il collo sottile avvolto dal maglione celeste che si intravedeva da sotto la giacca …
<<  Lascia stare Bill, non devi dire nulla  >>
La voce triste di Nic richiamò la sua attenzione e si ritrovò due occhi blu, dall’ espressione rassegnata, dritti nei suoi.
Erano asciutti.
<<  Non c’ è nulla da dire, Bill, sappiamo tutti che tua madre non mi sopporta e … Che tu non sei certo un eroe pronto a salvare le fanciulle in difficoltà  >>
La voce le fremette di rabbia :
<<  Ed io non lo sono, non sono una ragazzina che non sa sopportare questa cosa, non devi difendermi, non ne ho bisogno. Ho fatto  quello che ho fatto sapendo benissimo come tua madre avrebbe reagito e non mi interessa affatto quello che lei pensa di me. Ho fatto quello che ritenevo giusto …  >>
Bill accusò il colpo.
Lei aveva fatto quello che riteneva giusto, mentre lui, pur odiando il modo in cui sua madre trattava Nic, non aveva fatto nulla.
Per l’ ennesima volta.
Senza riuscire a risponderle, si vide chiudere la porta in faccia, sapendo di meritarselo e tornò mogio verso la macchina dove gli altri lo stavano aspettando.
Si sedette volgendo lo sguardo fuori dal finestrino e in silenzio si diressero verso casa.
In macchina Tom aveva provato ad aprire bocca ma due occhi verdi, uniti ad altri due, quasi neri, lo fecero desistere, ma adesso, non appena misero piede in casa, il biondo esplose.
<<  Dove credi di andare ?  >>
Chiese duro rivolto al fratello che si stava dirigendo in camera sua, afferrandolo per un braccio e non trovando ad opporsi alcuna resistenza.
Il moro non voltò la testa verso di lui, rimase semplicemente fermo sulle scale , lo sguardo fisso sulle punte degli stivali.
<<  DOVE CAZZO CREDI DI ANDARE !  >>
Tom stava perdendo le staffe, Georg e Gustav fecero per avvicinarsi, temendo che il biondo potesse  perdere del tutto il controllo e colpirlo.
Sapevano che, sul piano fisico, Tom era nettamente in vantaggio.
Ma il biondo non lo avrebbe fatto, sebbene la tentazione fosse forte.
Non riusciva a capire come suo fratello potesse essere così vigliacco.
<<  NON HAI FATTO NULLA ! Te ne sei stato lì a guardare la mamma che la maltrattava, senza dire nulla, senza fare nulla ! >>
Urlava, il viso a pochi centimetri  dalla nuca del fratello che  continuava a voltargli le spalle.
<<  E GIRATI QUANDO TI PARLO !  >>
Tom lo strattonò, obbligandolo a voltarsi verso di lui.
Per un istante si stupì : suo fratello era sempre stato fragile, il fisico ben più esile del suo, ma ora si ritrovava sotto le dita un corpo vuoto, privo di volontà, un fantoccio di pezza.
Avrebbe voluto provare compassione, ma in quel momento era troppo furioso con lui.
<<  Te ne stai con questa faccia da cane bastonato, quando l’ unica ad averne diritto sarebbe Nic … Cosa ti aspetti da lei ? COSA CAZZO VUOI DA QUELLA RAGAZZA ?  Vuoi che sia tua amica ?  La rivuoi con te ? Vorresti che si gettasse tra le tue braccia come se niente fosse ? ! ?  Se ti aspetti questo, Bill, sei più cretino di quello che pensavo ! Ma soprattutto, devi decidere cosa vuoi … COSA CAZZO VUOI DA LEI, BILL ? ! ?  >>
L’ espressione di Tom mutò improvvisamente davanti allo sguardo di Bill che era rimasto ostinatamente puntato sulle proprie scarpe.
Stava piangendo.
Lacrime silenziose scendevano dai suoi occhi, rigandogli il bel volto pallido di mascara.
Il biondo mollò il braccio del fratello, che si voltò nuovamente e si diresse in camera sua, senza dire una parola.
Tom si sentiva il cuore a pezzi, non sopportava di saperlo solo in camera sua in lacrime.
Avrebbe voluto andare da lui e abbracciarlo.
Ma l’ immagine di un’ altra persona, sola, nella propria stanza, probabilmente in lacrime, gli apparve inaspettatamente davanti agli occhi, e gli fece male, gli fece rabbia
Se Bill non meritava di soffrire, Nic non era da meno.
Li amava entrambi e non poteva fare nulla per nessuno dei due.

In quello stesso momento, Nic stava stesa sul suo letto, stringeva forte il cuscino e si dava della stupida :
-  Cosa cazzo me ne frega di cosa pensa Simone  ? …  -
Un singhiozzo soffocato, non voleva piangere.
Ma di Bill, di lui le importava eccome.
Lui non la aveva difesa nemmeno questa volta.
-  Ma io NON ho bisogno di essere difesa, so badare a me stessa !  -
Pensò in un impeto di rabbia e orgoglio.
Si alzò, accese lo stereo e mise quella canzone, quella canzone che sembrava essere diventata la colonna sonora di quella sua strana storia.
No, non era strana, era la sua …
Quella canzone che le faceva male ma che allo stesso tempo la consolava e la faceva piangere :

Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
I’ ve been there before
Somethin’ is changin’ inside you
And don’ t you know
Don’ t you cry tonight
I still love you baby
Don’t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
Give a whisper
And give me a sight
Give me a kiss before you tell me goodbye
Don’ t you take it so hard
And please don’ t take it so bad
I’ ll still be thinkin’ of you
And the times we had … Baby
And don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
And please remember that
I never lied
And please remember
How I felt inside now … Honey
You gotta make it your own way
But you’ ll be allright now … Sugar
You’ ll feel better tomorrow
Come the morning light now … Baby
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
There’a a Heaven above you baby
And don’ t you cry
Don’ t you  ever cry
Don’ t you cry tonight  …
Baby … Maybe someday …
Don’ t you cry
Don’ t you ever cry
Don’ t you cry …
Tonight …

Nic  sentì vacillare il suo proposito di non versare nemmeno una lacrima …

“ … Non piangere questa notte, c’è il Paradiso sopra di te, piccola
Non piangere questa notte …
Dammi il tuo respiro …
Dammi un bacio prima di dirmi addio …
Io penserò a te ed al tempo che abbiamo avuto … “

Il tempo che avevano avuto …
Lei lo rivoleva, quel tempo che sembrava così lontano e che non riusciva a dimenticare …
Tutto, adesso, subito …
Spalancò gli occhi, che aveva tenuto chiusi, concentrata su quella musica, su quelle parole.
E, anche nel buio della sua stanza, vide chiaramente quella foto …
Loro due abbracciati, quel bacio dolce e appassionato …
Le mancava, le mancava da morire …
Lo voleva …
No.
Aveva bisogno di lui.
Si diresse all’ armadietto dei medicinali, prese il sonnifero della nonna.
Aveva bisogno di dormire, aveva bisogno di non pensare, aveva bisogno di staccare la spina almeno per qualche ora, almeno per un po’.
Si diresse in cucina, prese un bicchiere d’ acqua, ingoiò due pillole, poi tornò in camera, si raggomitolò sotto il piumone, fece ripartire “ Don’ t Cry “  e si stese, gli occhi fissi al soffitto in attesa che il sonno magnanimo, arrivasse a farle visita, permettendole di riposare.
E il sonno venne, le appesantì le palpebre, la colse all’ improvviso, fermando quell’ ultima lacrima, nascondendola tra le sue ciglia, impedendole di scivolare sul volto stanco.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


I Die But, Please, Don't Cry ... Ever UN NUOVO CAPITOLO ... VI HO GIA' DETTO CHE AMO QUESTA STORIA? ^______________^
OGNI VOLTA CHE SCRIVO O RILEGGO UN CAPITOLO, MI ACCORGO CHE NON E' AFFATTO FELICE, EPPURE IO AMO ANCHE QUESTA TRISTEZZA CHE MI METTE ADDOSSO ...  EHY! MA MI STO FACENDO I COMPLIMENTI DA SOLA!  XD! (IL CHE NON CONTA PERCHE' SAREBBE COME DIRE CHE UNA MADRE VEDE SUO FIGLIO BRUTTO... IMPROBABILE, NO? XD! ) MA DEVO ANCHE DIRE CHE MI DISPIACE UN PO' NON RIUSCIRE A TROVARE IL MOMENTO GIUSTO PER INSERIRE UN PO' DI "LEGGEREZZA"...  ç______________ç SIGH...
DOPO AVER RIPETUTO CHE : I TOKIO HOTEL, I LORO PENSIERI, LE LORO EMOZIONI, LE LORO PAROLE NON MI APPARTENGONO, CHE , LA SEMPRE PRESENTE E BELLISSIMA "DON'T CRY" NON VIENE UTILIZZATA PER SCOPO DI LUCRO, PASSO AI RINGRAZIAMENTI :
XOXO_VALY : GRAZIE PER I COMPLIMENTI, DICI DI ESSERE RIPETITIVA, MA ONESTAMENTE, NON POSSO CHE ESSERNE CONTENTA! ^___________^' ! MI FA DAVVERO PIACERE CHE TI PIACCIA NIC... IO L' ADORO! ( E CONSOLATI, IO SONO LA PRIMA A NON "ACCONTENTARE" AXL... ç_ç ...) GRAZIE DI SEGUIRMI, SPERO DI NON "FARTI STRAMAZZARE AL SUOLO" PRIMA DELLA FINE! XD!
LAYLA THE PUNKPRINCESS : GRAZIE ANCHE A TE ... NON CREDO SIA DAVVERO IL CASO CHE TU PERDA LE PAROLE!
LADY CASSANDRA : COSA POSSO DIRTI? IL FATTO CHE TU ABBIA LETTO DUE VOLTE IL CAPITOLO PRECEDENTE NON PUO' CHE ESSERE UN ONORE, DATO CHE A FARLO E' STATA UNA PERSONA CHE IO GIUDICO UNA SCRITTRICE  ( PER FORTUNA HAI DECISO DI CONDIVIDERE QUESTO TUO TALENTO E DOLCEZZA E SENSIBILITA'... ù.ù ), SO DI NON AVER DESCRITTO BILL COME UN EROE SENZA MACCHIA E SENZA PAURA, POSSO GIUSTIFICARMI DICENDOTI CHE IO NON LO HO MAI VISTO NE' IMMAGINATO COSI'... IMMAGINO CHE ABBIA DEI DIFETTI, E QUASI SONO QUELLI A FARMELO AMARE, LO RENDONO PIU' UMANO, PIU' TENERO, E POI NON E' DETTO CHE UN DIFETTO DEBBA ESSERE PER FORZA UNA COSA SGRADEVOLE ( MA FORSE SONO IO AD ESSERE SCHIZZATA E NON MI SO SPIEGARE AFFATTO ç_____ç  SCUSAMI...), VEDO CHE ANCHE TU SEI UNA "FAN" DELLA MIA NIC... NE SONO MOLTO FELICE, TENGO MOLTO A LEI E SONO CONTENTA CHE RACCOLGA TANTI "COMPLIMENTI" ^_____________^ ! SIMONE, GUSTAV E GEORG... LA PRIMA MI E' USCITA UN PO' STRONZA IN EFFETTI  ^.^' LE NOSTRE "DUE G"... BHE', LORO SONO FANTASTICI, VOLEVO DAR LORO UN PO' DI RISALTO E, SE QUESTO TI HA FATTO PIACERE, SPERO APPREZZERAI IL CAPITOLO CHE TI APPRESTI A LEGGERE... GRAZIE PER LE TUE BELLISSIME, GRADITISSIME ED ATTESISSIME RECENSIONI... TU MI RINGRAZI, MA NON NE HAI MOTIVO, SONO IO CHE DOVREI RINGRAZIARE TE!
GRAZIE ANCHE A TUTTI COLORO CHE LEGGONO QUESTA STORIA, E'  PER ME  MOTIVO D' ORGOGLIO E DI SODDISFAZIONE, SPERO DI RIUSCIRE A REGALARVI UN' EMOZIONE ALMENO PER LA BREVE DURATA DELLA LETTURA DEL CAPITOLO!
UN ABBRACCIO E BUONA LETTURA! SEE YOU SOON!  


Il giorno dopo non se la sentì di vedere i gemelli, né Georg o Gustav.
Voleva molto bene a tutti loro, ma non le andava di vederli, adesso.
Si sentì egoista, ma non poteva evitarselo.
Decise di aiutare  la nonna, del resto in quel periodo non era rimasta molto a casa con lei, l’ aveva trascurata.
La nonna non si era lamentata mai, anzi, le era sempre stata accanto senza farle domande, facendola sentire sicura della sua presenza senza essere mai ossessiva o invadente, adesso era giunto il momento di ricambiare la sua gentilezza e aiutarla un po’ in casa.
Si alzò, indossò una tuta, si legò il grembiule attorno alla vita e si diresse con un sorriso in cucina.
Aveva un aspetto orribile ma sapeva che la nonna, seppure se ne fosse accorta, non le avrebbe chiesto nulla.
Sperò solo che accettasse il suo aiuto e non la spingesse ad uscire, a prendersi del tempo per sé stessa …
Non voleva stare sola con i suoi pensieri, per qualche ora quel giorno, voleva solo pensare a quale fosse il metodo migliore per togliere gli aloni da vetri e specchi.
Non che quello fosse il suo pensiero principale, di solito, ma a causa della sua futilità, poteva essere proprio il pensiero di cui aveva bisogno.
<<  Buongiorno nonna ! Come stai stamattina ?  >>
L’ anziana signora si girò con aria interrogativa verso la nipote, stupendosi del fatto che non fosse ancora pronta per uscire.
Sapeva cosa stava succedendo, sapeva che il suo ragazzo stava morendo, sapeva che non era più il suo ragazzo.
Non sapeva cosa fosse accaduto, quale fosse il motivo per il quale si erano lasciati, né sapeva cosa fosse accaduto il giorno prima : sapeva solo che la sua bambina era tornata a casa, si era chiusa in camera sua e non ne era uscita nemmeno all’ ora di cena.
Quella stessa notte l’ aveva sentita andare in bagno, aprire l’ armadietto dei medicinali, immaginò che stesse prendendo i suoi sonniferi e, stesa nel suo letto, aveva tenuto le orecchie tese  per sentire se sua nipote era tornata in camera.
Aveva sentito la musica, quella canzone che la ragazza ascoltava sempre.
Non era sgradevole, nonostante non fosse certo la stessa musica che ascoltava lei, era solo …
Molto triste …
Si alzò, posò l’ orecchio alla porta della nipote : sapeva che Nic avrebbe pianto ancora ma, finalmente, sentì il suo respiro regolare e seppe che si era addormentata.
Adesso la sua bimba ormai cresciuta, stava davanti a lei, con un sorriso tirato, gli occhi gonfi, i capelli spettinati e si stava proponendo per delle grandi pulizie.
La casa era in ordine, ma capì che la ragazza stava cercando una scusa per non uscire e, forse, per farsi perdonare il fatto di aver passato fuori  casa più tempo di quanto ve ne avesse passato dentro.
Non aveva bisogno di scuse, ma lo stesso sorrise a Nic :
<<  Bene, allora oggi pulizie generali, eh ?  >>
<<  Si, nonna … Se non hai altri impegni, ovviamente … Io però devo proprio riordinare camera mia ! E’ diventato un tale caos !  >>
Dopo  una abbondante colazione si misero all’ opera, armate di strofinacci, spugne, detergenti profumati di ogni tipo.
Pochi minuti dopo tutti quei profumi aleggiavano nell’ aria, uno diverso per ogni stanza, mescolandosi tra loro, creando delle strane ma gradevoli fragranze..
Nic sperava che quel profumo di pulito entrasse in lei, spazzando via ogni macchia che sentiva pesargli sul cuore.
Quella stessa mattina, a casa dei gemelli, l’ aria era tesa e silenziosa.
Bill era sceso a fare colazione.
Il suo secondo giorno a casa se lo sarebbe aspettato diverso, pieno del suono delle risate dei suoi amici, di Nic e, invece, a dargli il buongiorno c’ era solo il fratello che se ne stava ostinatamente chiuso nel suo silenzio.
Tom si sentiva in colpa.
E si sentiva arrabbiato per il fatto di sentirsi in colpa.
E si sentiva frustrato dall’ impossibilità di fare qualcosa che potesse essere anche solo vagamente utile.
-  Non avrei dovuto prendermela a quel modo, ieri … Avrei dovuto essere solidale con lui e invece … Invece gli ho urlato in faccia come uno stupido … Nic ha ragione, ho proprio un carattere di merda ! -
Il pensiero della ragazza, però, lo spinse a pensare che in fondo Bill non era l’ unico a stare male e che qualcuno avrebbe dovuto scuoterlo un pochino, ogni tanto.
E, quel compito ingrato, spettava a lui.
Adesso se ne stava zitto, ad ascoltare il battito del suo cuore e il rumore della tazza di Bill che si posava sul tavolo, del latte che usciva dalla bottiglia e riempiva la scodella, dei cereali smossi dentro il sacchetto di plastica.
Sentiva distintamente ogni rumore : forse era diventato iper sensibile o, semplicemente, il silenzio totale che regnava in quella cucina in quella fredda mattina di febbraio, era davvero troppo intenso; si alzò da tavola e si diresse nel grande salone, si lasciò cadere sul divano ed accese la radio, spostando continuamente stazione alla ricerca di un pezzo decente che non fosse Britney  Spears o Rihanna …
Due gran belle ragazze, per carità, e lui se ne intendeva, ma quella mattina sentiva come una spinta dentro che chiedeva qualcosa di meglio che una canzoncina allegra e un paio di belle gambe e sederini sculettanti.
-  Davvero strano …  - Pensò il biondo - In genere, mi accontento …  -
Sbuffò, scocciato dalla sensazione di insoddisfazione che sentiva crescergli dentro senza motivo apparente.
Poi, all’ ennesimo cambio di stazione radiofonica, finalmente il suo fine udito da musicista, venne attratto da qualcosa …
E come sarebbe potuto essere altrimenti ?
-  Sarei sordo se non riconoscessi questa canzone …  -
Il suono della chitarra elettrica era ipnotizzante e lui si sistemò meglio sul divano, gustandoselo appieno, chiuse gli occhi.
Un istante dopo si accorse della presenza di suo fratello che si era seduto sul bracciolo della poltrona accanto al divano, una gamba stretta al petto, il mento appoggiato sul ginocchio.
L’ inconfondibile voce graffiante di Axl lo aveva attirato inevitabilmente e, adesso, se ne stava con gli occhi fissi sul caminetto, le fiamme si riflettevano nei suoi occhi nocciola, ma questi non vedevano nulla, negli occhi e nel cuore di Bill c’ era posto solo per la voce di Axl, per quelle parole che lo colpivano fino in fondo al cuore; c’ era posto solo per l’ immagine di Nic in piedi davanti alla finestra della sua stanza alla clinica.
Lei amava quella canzone.
Amava quelle parole struggenti, amava la malinconia, la preghiera e la frustrazione urlata fuori dalla gola.
E l’ amava anche lui.
Era una canzone così dolorosamente dolce, così dolorosamente vera …
Guardando l’ espressione assorta del fratello, Tom si dette dell’ idiota .
-  Nic … -  Pensò.
E per un istante, pensò di spegnere la radio, si avvicinò allo stereo, una mano sulla manopola, poi desistette da quell’ idea, abbassò la mano, il braccio gli ricadde lungo il fianco …
Era tutto così stupido e ingiusto …
Che lui stesse lì senza sapere cosa fare, che Nic fosse a casa sua e non volesse vederli, che Bill stesse seduto sul bracciolo di quella poltrona, che entrambi volessero stare insieme, Tom ne era convinto, e che avessero così poco tempo per farlo …
Di questo non aveva certezza, non sapeva quanto tempo avessero, nessun medico aveva saputo dirglielo con certezza, ma in cuor suo Tom, sentendovi un dolore che ogni giorno temeva di non poter sopportare, sentiva che non sarebbe stato molto, o che, se non altro, non sarebbe stato quanto quei due ragazzi meritassero.
La canzone terminò e Tom spense veloce la radio, prima che la fastidiosa voce del fastidioso dj di turno, potesse rovinare l’ incanto di quelle note che ancora danzavano nell’ aria.
Si voltò verso suo fratello, vide i suoi occhi lucidi alzati su di lui :
<<   Grazie … Per non aver spento la radio …  >>
Poi si alzò, stiracchiandosi la schiena come un giovane gatto e disse :
<<   Vado a farmi una doccia …  >>
Tom rimase a guardare l’ esile figura di suo fratello che si dirigeva al piano superiore.
Prese il cellulare dal fondo di una tasca dei suoi enormi jeans e  digitò il numero di Nic.
Uno squillo, due, tre … Si accomodò sul divano, immaginando che avrebbe dovuto aspettare  qualche minuto più del previsto.
Dall’ altra parte della città, la ragazza, in grembiule e capelli nascosti da uno strofinaccio, faceva finta di non sentire quel maledetto aggeggio.
Appena lo aveva sentito suonare era corsa in camera sua per vedere chi la stesse cercando : sul piccolo schermo del cellulare era apparsa la faccetta buffa di Tom.
Infilò il telefonino sotto i suoi due cuscini e tornò in cucina dalla nonna, come se niente fosse.
Quel maledetto aggeggio però non la voleva smettere di tormentarla, continuò a suonare per i successivi cinque minuti.
Tom scosse il capo rassegnato, un dread gli scivolò su una spalla, sfiorandogli la schiena, e chiamò Georg :
<<  Non vuole sentirmi … Non vuole sentire nessuno di noi …  >>
Georg non disse nulla.
Non c’era nulla da dire.
Nic tirò un respiro di sollievo.
Sapeva che Tom era testardo ma finalmente si era deciso a chiudere quell’ inutile chiamata.
Si sentì sollevata e allo stesso tempo un po’ delusa …
Ma soprattutto si sentiva crescere in petto l’ ansia .
-  Magari mi ha chiamato perché c’ è qualcosa che non va … Magari Bill si è sentito male … -
A quel pensiero il cuore le mancò un battito, lasciò cadere a terra il manico della scopa e corse in camera sua.
La nonna fece finta di non notare l’ improvviso mutamento di atteggiamento della nipote, la osservò correre al piano superiore, le lunghe gambe che salivano due gradini alla volta.
Adesso Nic aveva infilato le mani sotto i cuscini muovendo le dita freneticamente alla ricerca del cellulare, non appena lo ebbe tra le mani digitò velocissima un sms …
<<  Mi è arrivato un messaggio … >>  
Disse il rasta allontanando un po’ il telefono dall’ orecchio al suono dell’ avviso
<<  Ti richiamo più tardi se non disturbo …  >>
Georg rimase leggermente stupito dal tono gentile del ragazzo che, di solito, faceva molte meno cerimonie.
Quei mesi, e quelli che ancora dovevano passare, si stavano ripercuotendo su tutti loro.
Georg non seppe come giudicare questa cosa … E se non fosse stato del tutto negativo ?
Tom aveva selezionato la piccola icona con la bustina e lesse l’ sms : “ Bill sta bene ? “
Non c’ era scritto nient’ altro.
- … Non chiede di me … -   Si riscosse   - Né degli altri … -
L’ unica cosa che l’ aveva preoccupata, dell’ insistente  squillo del cellulare, era il fatto che Bill potesse stare male …
- E’ normale Tom … Cos’ altro dovrebbe preoccuparla ?  -
Rimase a fissare lo schermo per qualche minuto, un sorriso amaro gli incurvò le labbra, immaginando il volto teso di Nic mentre attendeva ansiosa il suo sms di risposta.
Decise di mandarglielo.
“ Fisicamente tutto ok, per il resto … Credo che tu lo sappia già, come lo so io … Sta come te … “
Quando lesse quelle due righe Nic tirò un respiro di sollievo e allo stesso tempo provò il forte impulso di chiamare Tom e urlargli in faccia la sua rabbia.
- Cosa cazzo ne sa lui di come sto io ! COSA CAZZO PENSA DI SAPERE ? -
Sapeva di essere ingiusta, sapeva che anche lui stava soffrendo, sapeva che tutto questo non stava ferendo solo lei, ma un sacco di persone.
I suoi tre amici per primi.
Lo stesso, pensò che poter urlare in faccia a Tom tutta la sua rabbia e la sua frustrazione, sarebbe potuto essere un buon modo per scaricare i nervi.
Si riscosse, la scenata che aveva fatto a Bill il pomeriggio seguente la ricordava fin troppo bene …
Non che pensasse di aver detto qualcosa di sbagliato, era solo la verità, ma aveva ancora davanti agli occhi l’ espressione ferita e un po’ mortificata del ragazzo e , questo, non la aiutava affatto.
E poi prendersela con Tom non aveva alcun senso …
Non era certo colpa sua se adesso lei stava male …
- … Ha detto che sta come sto io … E allora … Allora cos’è che ci impedisce di stare assieme? … -
Quella domanda la assillava già da un po’ ma non vi aveva mai dato troppo peso,
Presa com’ era dagli eventi che la stavano travolgendo, concentrata solo su quel futuro che non riusciva a vedere o che forse vedeva sin troppo chiaramente, aveva perso di vista il presente, quello stesso presente che ardentemente desiderava vivere , e desiderava viverlo con lui.
- Ma se sta così male, perché non mi dice nulla? … Starà aspettando me … ? -
Forse chiamare Tom non era una buona idea dopotutto.
Ma il desiderio di trovare una risposta a quell’ interrogativo, stava diventando sempre più pressante.
No, non poteva certo parlarne con Tom, ma decise di chiamare lo stesso qualcuno, qualcuno che tra le altre cose, doveva ancora ringraziare.
Pochi minuti dopo scese in cucina:
<<  Nonna … Ti dispiace se esco per un po’?  >>
Nic sorrise di riflesso alla nonna, sapeva bene che non avrebbe avuto nulla da ridire ma che, anzi, ne sarebbe stata felice.
- Un giorno ti spiegherò tutto, nonna - Pensò con affetto posandole un bacio sulla guancia - E ti ringrazierò per quello che stai facendo per me … -
Uscì di corsa, la giacca che le sbatteva sulle lunghe gambe che correvano veloci : credeva di non aver voglia di vedere nessuno di loro dopo la sgradevole giornata precedente, ma in realtà si rese conto di desiderare ardentemente un abbraccio, una parola che potesse alleggerire quel suo malessere crescente.
Non appena arrivò davanti al cancello del grande parco, si obbligò a rallentare la sua corsa.
Prese fiato e si incamminò lungo il viale, calciando distrattamente qualche sassolino.
Il paesaggio che le si presentava davanti agli occhi era desolante.
Gli enormi alberi erano spogli, tristi, i lunghi rami nudi tesi verso il cielo, le foglie che sino ad allora erano rimaste nascoste dalla spessa coltre di neve erano ormai ritornate alla luce .
Non era uno spettacolo particolarmente gradevole, stavano lì, dei mucchietti  di foglie fradice e sfatte, nella fanghiglia.
Il cielo grigio aumentava quel senso di irrequietezza che Nic sentiva pesarle sul cuore, la sua malinconia.
Poi, da lontano, vide Georg e Gustav ed ebbe il suo raggio di sole.
Non importava quanto le nuvole fossero dense sopra la sua testa, quanto l’ aria fosse pungente, lei si sentì scaldare il cuore da quei sorrisi ancora distanti che la chiamavano e rassicuravano.
Si gettò di slancio verso di loro, un sorriso identico a quello dei due ragazzi che si allargava sul suo viso ad ogni metro che le sue lunghe gambe conquistavano, di corsa.
Si fermò a pochi passi dai due amici, anche se  quello che più desiderava era abbracciarli forte e ringraziarli : per aver accettato quell’ appuntamento, per tutto quello che avevano fatto per lei, per quello che stavano facendo, per quello che, sapeva, avrebbero fatto.
Per esserci.
Sempre.
Posò lo sguardo su Gustav :
<<  Grazie … Per aver preso le mie difese ieri pomeriggio a casa di Simone … >>
Il ragazzo non fece in tempo a schermirsi davanti ai complimenti che gli venivano rivolti e che, da qualunque parte arrivassero, lo mettevano sempre un po’ a disagio.
Infatti la ragazza non gliene diede il tempo, sapeva che se avesse permesso a Gustav di aprire bocca, lui avrebbe cominciato a dire che non se li meritava, che non aveva fatto nulla di speciale.
Lo strinse forte : - Oh … Gus ! Tu hai fatto qualcosa di molto speciale invece … Tanto speciale che nemmeno te lo immagini … -
Pensò la ragazza col cuore che batteva forte, pieno di riconoscenza e affetto e orgoglio per quel suo silenzioso, modesto amico.
Gustav, dal canto suo, fu contento di non essere riuscito a spiccicare parola.
Quei grandi, calorosi, improvvisi abbracci, li adorava. Gli ricordavano quelli di Bill, sempre così comunicativo ed espansivo e spontaneo.
Il cuore gli si strinse per un istante al pensiero di quanto quei due ragazzi si assomigliassero.
Adesso lei, sempre tenendolo tra le braccia, si era allontanata leggermente tanto da poter osservare gli occhi color cioccolato dell’ amico e sperando ardentemente che lui riuscisse a cogliere tutto quello che lei sentiva di non saper spiegare.
Il sorriso un po’ timido di Gustav le disse che, sì, lui aveva capito.
Quell’ affettuoso scambio di sguardi venne interrotto dalla voce imbronciata di Georg :
<<  Ehy ! E io ? Niente abbraccio ? >>
Gustav roteò gli occhi fingendosi spazientito, sbuffò :
<<  Ecco, adesso fa il geloso …  >>
Rivolse un sorriso complice a Nic :
<< Và da lui, altrimenti si offende e ci vorranno ore per farci perdonare … Magari ci tocca pure offrirgli da bere … >>
La ragazza rise felice, si rivolse al bassista e non fece in tempo ad avvicinarcisi che lui l’ aveva già presa tra le braccia.
<<  Non devi ringraziarci … Davvero … >>
Era stato solo un sussurro al suo orecchio, sussurro che le fece salire le lacrime agli occhi.
Loro erano lì per lei, non importava quanto facessero gli scemi, quanto le cose fossero complicate o potessero complicarsi …
Loro ci sarebbero sempre stati e lei ne era consapevole ed infinitamente grata.
Strinse a sua volta il ragazzo tra le braccia, poi si allontanò lentamente, osservando quegli straordinari occhi verdi.
Si misero a passeggiare silenziosi, ascoltando il rumore che producevano i loro passi sulla ghiaia del viale, i due ragazzi osservavano Nic per poi scambiarsi eloquenti sguardi.
Comprarono tre  cioccolate calde da un chiosco e si sedettero su una panchina, osservando lo stagno ancora ghiacciato in più punti.
Fu Georg a rompere quel silenzio :
<<  Allora … C’ è un motivo se siamo qui al freddo e al gelo ? >>
Nic gli scoccò un occhiataccia di traverso, sentì la rabbia affacciarsi alla sua gola, ma la ricacciò, pensando a quante liti, quante situazioni poco gradevoli avrebbe potuto evitarsi ed evitare se solo avesse taciuto, se solo avesse trovato il modo per gestire quel suo caratteraccio.
Georg sorrise così come Gustav : entrambi avevano imparato a conoscere piuttosto bene il caratterino di quella ragazzina che sembrava una contraddizione vivente.
Sapeva avere sempre la parola pronta, la battuta pungente e non esitava a rispondere e reagire per le rime se la situazione lo richiedeva, ma allo stesso tempo era fragile, delicata, come se un gesto solo un po’ più brusco potesse spezzarla.
E soprattutto, entrambi avevano imparato ad amarla esattamente per quello che era, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Vedendola ancora ostinatamente chiusa in quel suo silenzio, Gustav esclamò :
<<  Ragazzi ! Sono contento di averti vista Nic, ma io devo assolutamente andare in un posto …  >> Si impappinò.
Non aveva tenuto conto di dover trovare una scusa migliore, o per lo meno un po’ più elaborata.
Nic lo guardò stupita per un attimo, poi sorrise :
- Gus … Non sai proprio mentire … Ma ti ringrazio per averci provato … -
Anche Georg aveva intuito :
<<  Ok, ti accompagniamo a casa e poi accompagno Nic … Andiamo ! Non vedo l’ ora di salire in macchina, qui si gela ! >>
Arrivati alla macchina, Nic salì dietro, trascinando con sé il biondo batterista che non oppose resistenza e si appoggiò a lui, durante il tragitto.
Non contava il fatto di non parlare con lui, Gustav era il perfetto interlocutore quando il silenzio era così paradossalmente pieno di parole.
Il suo calore, che traspariva da ogni sguardo e gesto, era terribilmente consolante per il cuore e la mente confusa della ragazza e il suo braccio attorno alle spalle era un conforto a cui lei non avrebbe saputo rinunciare.
E lui non le avrebbe mai chiesto di farlo, se ne stava lì, zitto e immobile, il mento appoggiato leggero sui capelli della ragazza, ad ascoltare il suo silenzio, a comprendere ognuna di quelle parole non dette.
Arrivati davanti alla casa di Gustav lei si riscosse, si alzò liberando il ragazzo dal suo peso e  scese con lui.
Un rinnovato abbraccio cinse Gustav :
<<  Grazie  >> Non c’ era altro da dire.
Il biondo sorrise, aprì cavallerescamente la porta dalla parte del passeggero per fare accomodare Nic accanto a Georg, chiuse la portiera e si avviò alla porta.
Sapeva che ora, dopo aver soddisfatto il suo bisogno di silenzio, era giunto il momento per lei di tirare fuori quelle parole, e di riceverne in risposta.
Non se la prendeva per questo, sapeva che Georg era la persona migliore con cui lei potesse parlare, adesso.
Ognuno di loro aveva il suo ruolo, che non era fisso ma era abbastanza collaudato da risultare perfetto.
Il suo gli andava più che bene, non era mai stato un chiacchierone, Dio solo sapeva quanto gli era costato quel breve monologo a casa Kaulitz/Trumper il giorno prima; ma era contento di averlo fatto, per lei.
Si chiuse la porta alle spalle con un sorriso.
Nel frattempo in macchina Georg aveva acceso la radio per mitigare un po’ quel silenzio che faticava a dissolversi,  dirigendosi con guida sicura verso casa della ragazza, che gli sedeva accanto, osservando la pioggia fine che stava cominciando a cadere.
Il tempo di arrivare davanti a casa e quella pioggerella si era mutata in un temporale, le gocce d’ acqua cadevano grosse e rabbiose sul parabrezza, e il rumore sordo si fondeva ai suoni gracchianti che uscivano dalle casse dell’ autoradio mentre Georg cambiava stazione alla ricerca di un canale che non fosse disturbato.
Frenò sul vialetto dell’ abitazione di Nic, un ultimo cambio di stazione radio, le prime, limpide note di una canzone che Georg stava per cambiare : fosse stata anche l’ unica stazione radiofonica udibile, non avrebbe permesso a quella canzone di ferirla.

… Talk to me softly
There is something in your eyes …

Nic posò una mano leggera su quella grande di Georg, impedendogli di interrompere quella melodia, che le stava già invadendo il cuore.
Il ragazzo voltò la mano, lasciando il sintonizzatore e stringendo tra le sue le dita fredde della ragazza, restando semplicemente lì ad ascoltare quelle parole, quella poesia.
Non appena finì, fu Nic a spegnere l’ autoradio, senza lasciare la mano di Georg, fissando un punto impreciso davanti a sé che non riusciva a vedere, nulla si vedeva al di là del parabrezza, solo le enormi, rumorose gocce di pioggia.
Non le dispiaceva quel rumore, anzi, le era sempre piaciuto.
Il ragazzo la stava fissando, adesso, con un espressione intensa e penetrante che lei avvertiva in maniera quasi fisica, sapendo che non sarebbe riuscita a trattenere le parole ancora a lungo.
<<  Tom ha detto … Che Bill sta male, come me …  >>
Una pausa piuttosto lunga.
Nic non dovette sperare che Georg non le chiedesse spiegazioni, sapeva che lui aveva capito esattamente a cosa si stava riferendo.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli perfettamente lisci, massaggiandosi appena le tempie.
- Cosa dovrei dirle ? -
Ma quel dubbio fu prontamente fugato dall’ espressione tesa e ansiosa che la ragazza gli aveva piantato addosso, sembrava così maledettamente indifesa e, con ogni probabilità, era esattamente così.
Georg sapeva che era sull’ orlo di un baratro, pronta a precipitarvi dentro senza protezione alcuna e, per quello che ne sapeva lui, sarebbe stato così, presto o tardi.
<<  Non c’è un motivo per il quale non state assieme, Nic … O forse ce ne sono troppi … Alcuni sono chiari, altri non verranno svelati mai … >>
La ragazza abbassò lo sguardo, mortificata.
Voleva molto bene a Georg, ma il suo lato da psicologo mancato, a volte la confondeva, invece di rendergli le cose più semplici.
Lui sapeva di dover essere un po’ più chiaro …
O almeno di doverci provare.
<<  Probabilmente lui si sente ancora in colpa per .. Quello che ha fatto … E per quello che non riesce a fare … E magari tu sei anche ancora un po’ amareggiata per questi suoi atteggiamenti, in fondo in fondo …  >>
Era un campo minato, e Georg procedeva a passi lenti e misurati.
<< Ma credo ci sia un motivo che è lo stesso per entrambi voi due … Si chiama pietà, suppongo … Lui non si fa avanti per primo perché non vuole riceverla da te e tu non lo fai perché temi che lui possa pensare che questo, la pietà, sia il motivo che ti spinge verso di lui … >>
La voce bassa, carezzevole.
Georg osservò la testa china della ragazza, la schiena scossa da un fremito appena accennato, sospirò tra sé e sé :  -  Quando la smetteranno di torturarsi ?  -
Ma sapeva fin troppo bene che la risposta era solo una : Mai.
Quella tortura, in qualunque modo si fosse evoluta, avrebbe avuto fine solo in un preciso istante, ed egoisticamente lui non era così ansioso che quel momento arrivasse.
Sospirò di nuovo.
<<  A volte … Cercare di proteggere e di proteggersi ci porta solo a farci e a fare del male …  >>
Il ragazzo sfiorò il viso di Nic, costringendola ad alzarlo verso di lui : stava piangendo silenziosamente e Georg si sentì spezzare il cuore, avrebbe voluto urlare, gridare al cielo che tutto questo non era giusto, che non c’ era una sola cosa giusta al mondo.
O forse una c’ era, o per lo meno, ce ne era una che lui desiderava fare : prenderla fra le sue braccia, provare a consolarla, per quello che sarebbe potuto servire.
Ma sapeva che era un momento delicato, che troppi fragili equilibri erano stati messi a nudo da lei e che sarebbe dovuta essere lei a dover desiderare quel contatto.
<< Hagen  ?… Abbracciami … Vuoi ? >>
La sua voce inaspettata, appena udibile nel fragore della pioggia sulla carrozzeria, quel nomignolo, quel sorriso appena accennato, il labbro che tremava.
Georg allargò le braccia e lei vi trovò un caldo, sicuro rifugio per le sue lacrime, per il suo dolore.
Stettero a lungo così, praticamente immobili.
Lei ad ascoltare i battiti del cuore dell’ amico e la pioggia, proprio come lui, alla quale aggiungeva il suono dei singhiozzi sommessi di lei, soffocati nella sua maglia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


I Die But, Please, Don't Cry... Ever ECCOMI DI NUOVO QUI A SOMMERGERVI DI PAROLE GETTATE A CASACCIO SU UN  FOGLIO VIRTUALE! ^____^ SCHERZO, NATURALMENTE! MAGARI FOSSE COSI' SEMPLICE, E INVECE... MI CI SBATTO TANTO PER OTTENERE UN RISULTATO CHE, AD INTERVALLI IRREGOLARI, UN PO' MI SODDISFA UN PO' MI FA SCHIFO... ç_________ç
NON HO MAI DETTO MOLTO SUL CAPITOLO CHE MI APPRESTAVO A POSTARE, E DAVVERO NON SAPREI COSA DIRE DI QUESTO SE NON CHE SPERO VI PIACCIA, E CHE SPERO VIVAMENTE VOGLIATE FARMI SAPERE COSA NE PENSATE ... CRITICHE O COMPLIMENTI... QUALSIASI COSA CHE POSSA PERMETTERMI DI CAPIRE DOVE SBAGLIO O DOVE INVECE CI AZZECCO! QUINDI, PASSIAMO SUBITO AI RINGRAZIAMENTI :
ANSTE8197 : IO SO BENISSIMO CHI SEI GH GH ^____^' E TI RINGRAZIO, NON TANTO PER LE BELLE PAROLE (CHE, SAPPILO, SONO SEMPRE GRADITISSIME) MA PER LA PAZIENZA CON LA QUALE TI APPRESTI AD ASCOLTARE IN ANTEPRIMA OGNI RIGA DI QUESTA STORIA... DICI CHE NON RIUSCIRESTI MAI A SCRIVERE UNA STORIA COME QUESTA... TU SAI BENISSIMO LE INFINITE PARANOIE CHE MI FACCIO IO STESSA QUANDO LEGGO ALTRE FICTION... ANCHE IO PENSO CHE NON ARRIVERO' MAI A SCRIVERE UNA MERAVIGLIA COME "MY LITTLE ANGEL" O "THE TRUTH BENEATH THE ROSE" O "LULLABY", MA POSSO SOLO DIRTI QUELLO CHE CERCO DI RIPETERE SEMPRE A ME STESSA : SE SCRIVERE TI DA DELLE SODDISFAZIONI, CONTINUA A FARLO, LEGGI PIU' POSSIBILE E... SOGNA, ANCHE SOGNI ASSURDI E POI RIPORTALI SU UN FOGLIO... AIUTA A VIVERE MEGLIO ^____^
A LAYLA THE PUNKPRINCESS : SONO ASSOLUTAMENTE FELICE CHE QUESTA STORIA TI ABBIA COLPITA E, PUR NON DESIDERANDO AFFATTO FARTI PIANGERE, SE MI DICI CHE QUALCHE LACRIMA E' CADUTA NE SONO COMMOSSA... ALLA FINE E' UNA STORIA TRISTE E IL MIO INTENTO, E' SEMPRE QUELLO DI REGALARE QUALCHE EMOZIONE... SE CI SONO RIUSCITA, NON POSSO CHE ESSERNE LIETA ^____^
PER XOXO_VALY : NON MI STRAMAZZARE AL SUOLO, TI PREGO! NON SIETE IN MOLTE A LEGGERE QUESTO CONCENTRATO DI DOLORE, NON POSSO PERMETTERMI DI PERDERE UNA LETTRICE! ^____^' E NON PREOCCUPARTI, ANCHE IO SONO ABBASTANZA MASOCHISTA (MACKY E' IL MIO TESORINO, EPPURE...) E NEPPURE DEL FATTO DI ESSERE UN PO' PAZZA, CREDO CHE SIA UNA BELLA VIRTU'! HAI PROPRIO RAGIONE! DAREI UNA GAMBA ED UN BRACCIO (IL CHE' GIOVEREBBE ANCHE ALLA MIA BILANCIA GH ^____^' GH ) PER AVERE DUE AMICI COME LE NOSTRE "DUE G" , LI ADORO ENTRAMBI, MA DEVO AMMETTERE CHE HO UN DEBOLE PARTICOLARE PER IL DOLCE (E SEXY, CHE NON SI BUTTA VIA! *çç* ! ) GEORG! CHE APPREZZI NIC, COME GIA' SAPRAI, MI RENDE PARTICOLARMENTE FELICE, MA MI FA PIACERE CHE ANCHE LA NONNA TI ABBIA CONQUISTATA... IN EFFETTI, E' PROPRIO UN ADORABILE, FORTE, VECCHINA! XD ! HAI SCRITTO UNA PAROLA CHE MI HA COMMOSSA : << GRAZIE >> SONO PAROLE DEL GENERE CHE AIUTANO A NON MOLLARE ! QUINDI GRAZIE! ^___^' !
E INFINE TU, PER ULTIMA MA NON CERTO PER IMPORTANZA, TESORO, LADY CASSANDRA : COSA POSSO DIRTI CHE TU NON SAPPIA GIA'? IO TI ADORO! NON SOLO LA TUA MERAVIGLIOSA STORIA, ADORO PROPRIO TE! CHE RIESCI A SPRONARMI, A CONSIGLIARMI, A COMMUOVERMI E A FARMI RIDERE, A FARMI SENTIRE BENE! HAI RAGIONE, QUI CI SONO UN SACCO DI DRAMMI, DI RIPENSAMENTI, DI LOTTE CON SE' STESSI, CON I PROPRI SENTIMENTI, QUELLI NORMALI DA PROVARE E QUELLI CHE, FORSE, NON SI DOVREBBERO PROVARE AFFATTO...E DI DOMANDE, DOMANDE CHE, ALLA FINE, NON HANNO UNA RISPOSTA NE' NELLA FINZIONE DI UNA FANS FICTION NE' TANTOMENO NELLA VITA REALE., E CHE UGUALMENTE NON RIUSCIAMO AD IMPEDIRCI DI PORCI, GIORNO DOPO GIORNO, BATTAGLIA DOPO BATTAGLIA PICCOLA O GRANDE CHE DOBBIAMO AFFRONTARE...
(BEN FELICE CHE ANCHE TU APPREZZI LE NOSTRE "DUE G", IO LI AMO INCONDIZIONATAMENTE, NONOSTANTE LA "LEGGERA" PREFERENZA PER OCCHIDAGATTO-GEORG *çççç* )
SONO FELICE CHE LA STORIA TI COINVOLGA ( E LASCIATI PRENDERE LA MANO QUANTO VUOI, PER ME, DETTO DA QUALCUNOCHE STIMO COME PERSONA E COME SCRITTRICE, NON PUO' CHE ESSERE UN IMMENSO COMPLIMENTO! ^____________^ !)
BENE... CONCLUDO QUESTO SPROLOQUIO  RICORDANDO PER L' ENNESIMA VOLTA CHE TUTTO QUELLO CHE LEGGERETE  E' TUTTO FRUTTO DELLA MIA MALSANA MENTE E CHE TUTTO QUELLO CHE DICONO, FANNO O PENSANO I TOKIO HOTEL NON RAPPRESENTA IN ALCUN MODO LA REALTA' DEI LORO GESTI, DELLE LORO PAROLE O DEI LORO PENSIERI, DATO CHE ,PURTROPPO, ç____________ç I RAGAZZI IN QUESTIONE  NON MI APPARTENGONO !

BUONA LETTURA E FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE, MI RACCOMANDO! ^_______^ !



A casa i gemelli non stavano molto meglio.
La giornata era trascorsa lenta e pesante, giravano da una stanza all’ altra senza sapere cosa fare.
Bill stava accoccolato sul divano come un gatto, sfogliando svogliatamente una rivista, senza per altro vedere nulla, Tom strimpellava la sua chitarra acustica cercando di trarre da quelle corde un accenno di canzone, senza riuscirvi.
Entrambe le menti dei ragazzi erano altrove.
Entrambi stavano pensando alle parole che David aveva detto loro ormai quasi un anno prima : dovevano prendere una decisione, dovevano chiudere il capitolo Tokio Hotel.
Era inevitabile.
Tom era particolarmente preso da quel ricordo, era stata una conversazione molto penosa.
Bill aveva confessato da poco la verità a Tom e  agli altri e ,insieme, erano andati a parlare con David …

… Entrarono nella sala riunioni dove avevano chiesto a David di incontrarsi.
L’ ancora piuttosto giovane manager era seduto al grande tavolo rotondo, la schiena appoggiata alla spalliera della poltrona imbottita, i piedi sul tavolo in una posa di assoluto relax.
Era un periodo di calma e, vedere che i suoi ragazzi lo avevano chiamato di spontanea volontà, lo riempiva di orgoglio e soddisfazione : non aveva mai pensato che il tempo speso dietro quei ragazzini fosse stato perso, ma vederne i palesi risultati gli dava sempre quella piacevolissima sensazione di aver fatto qualcosa di buono.
Ma non appena i ragazzi entrarono nell’ ampia sala, la sua espressione di beatitudine svanì di colpo : avevano, tutti e quattro, la classica espressione di chi è colpevole e addolorato, quella di chi, insomma, aveva combinato un casino.
L’ uomo corrugò appena le sopracciglia : si era abituato a vedere quell’ espressione sul viso dei due gemelli, quell’ espressione che significava “David devi mettere una pezza sui casini made in Kaulitz” e che prevedeva un suo pronto intervento che metteva subito in atto non appena scoperta la malefatta, ma ritrovarla sul volto di Georg e Gustav lo fece decisamente preoccupare.
I quattro ragazzi se ne stavano in piedi davanti alla porta che si era richiusa alle loro spalle e, immobili, si fissavano le scarpe.
<<  Sedetevi, avanti >>
Disse David con voce rassegnata e allo stesso tempo facendo loro un sorrisetto ironico :
<<  Lo zio David metterà tutto a posto … Di nuovo … >>
Concluse portando gli occhi a cielo e chiedendosi se, un giorno, avrebbe scoperto quale era il Santo a cui dovesse votarsi.
<< … Questa volta no, non metterai tutto a posto … >>
La vocetta flebile di Bill giunse amplificata dalle mura della vasta sala e dal silenzio irreale che vi regnava e spaventò un poco David che alzò su di lui uno sguardo preoccupato e ansioso.
<< Bill, andiamo, siete la peggiore espiazione ai miei peccati che potesse capitarmi, ma non avete mai combinato nulla di davvero irreparabile … Qualsiasi cosa sia ci rimetteremo in piedi … >>
Georg notò il fremito delle spalle di Bill, la mano di Tom che afferrava salda quella del gemello mentre deglutiva in previsione di ciò che avrebbe dovuto dire.
Non poteva permettere che fossero solo loro due ad affrontare tutto questo : Bill era sempre stato, eletto all’ unanimità, il loro portavoce e Tom era lo spavaldo per eccellenza, ma questa volta toccava a lui.
Allargò leggermente le gambe e calibrò le spalle come se da un momento all’ altro il mondo potesse cadere su di lui e lui dovesse sostenerne il peso, alzò quei suoi penetranti, trasparenti occhi verdi sull’ uomo che aveva di fronte:
<< I Tokio Hotel finiscono qui, David >>
Gli occhi azzurri del manager si sgranarono stupiti, spostandosi lenti su ognuno dei ragazzi che aveva davanti.
<<  Mi state prendendo in giro, vero ? >>
La voce aveva un tono leggero, ma era assolutamente titubante, come non lo era mai stata : sapeva che i suoi ragazzi non avrebbero mai scherzato su una cosa del genere.
Bill cadde a sedere su una poltrona,come svuotato di ogni energia, come se la debole volontà che lo aveva spinto fino lì lo avesse improvvisamente abbandonato, portandosi le mani al volto.
Singhiozzi silenziosi scuotevano la sua esile figura.
David inorridì all’ istante : conosceva Bill, conosceva bene la sua attitudine alle sceneggiate da prima donna, da diva drammatica del cinema muto, ma quella …
Quella non era assolutamente una delle sue classiche messe in scena.
E gli sguardi addolorati degli altri confermarono quella sua impressione : c’ era troppo dolore in quegli occhi posati sul ragazzo, la mano di Tom stringeva troppo la spalla del fratello …
David era sconcertato, non riusciva davvero a capire.
<< David, vedi, Bill … >>
Tom deglutì fin troppo rumorosamente, l’ aspettativa e l’ ansia nell’ aria erano palpabili.
<<  Bill ha l’ AIDS … >>
Fu la voce di Gustav, il suo ragazzone buono e pacato, ad infliggergli quel colpo.
David lo sentì fisicamente, si portò inconsapevolmente le mani al petto poi le fissò, quasi aspettandosi di vederle sporche del suo stesso sangue.
<< … Ma come ? … Cosa ? …  >>
Le parole gli morirono in gola.
Che importanza poteva avere sapere il come, il quando, il perché ?
Quella verità non sarebbe cambiata, lui era grande abbastanza per saperlo e, quando alzò di nuovo lo sguardo su quei quattro ragazzini, si accorse che lo erano anche loro.
Avevano quello sguardo consapevole e allo stesso tempo smarrito di chi aveva dovuto diventare grande troppo velocemente, troppo inaspettatamente e nel modo peggiore possibile.
Bill non aveva ancora alzato lo sguardo e, come succedeva a chiunque avesse  avuto l’ opportunità di conoscere quel ragazzo, anche David sentì spezzarsi il suo cuore di freddo uomo d’ affari.
Si avvicinò lentamente e quando si ritrovò di fronte al suo cantante, lo afferrò per le spalle, costringendolo ad alzarsi.
<< Bill … >>
Il ragazzo alzò lo sguardo sperduto dei suoi dolcissimi occhi nocciola sull’ uomo e, pochi istanti dopo, si sentì stringere dalle forti braccia del loro manager, stupendosi, una volta di più, di quanto quel rapporto lavorativo fosse diventato via via più profondo e importante per tutti loro, anche per David seppure non fosse il tipo di persona che amasse mostrare facilmente i suoi sentimenti.
Ricambiò quell’ abbraccio con affetto e gratitudine, scoppiando a piangere :
<<  Mi dispiace, David >> Disse tra un singhiozzo e l’ altro.
<< Non ti preoccupare … Davvero, Bill … >>
Con quel ragazzo alto e dinoccolato ed esile tra le braccia, pensò che non c’ era nessun Santo a cui votarsi e, per un attimo fin troppo lungo, si chiese persino se ci fosse un qualche Dio …
Subito dopo David aveva cominciato a parlare di cosa sarebbe stato meglio fare, e decise, senza aspettare che nessuno di loro ribattesse, che non era il caso di divulgare la notizia.
Parlava, parlava, parlava …
Nessuno stava veramente ascoltando quelle parole che tentavano, con rabbia, di riempire quel vuoto che rischiava di travolgerli tutti. Nemmeno lui …
Quando si salutarono, gli occhi di David erano fin troppo lucidi, Georg pensò che avrebbe avuto bisogno di qualche momento per dare libero sfogo al dolore e, non appena uscito dalla stanza, chiese che nessuno disturbasse il loro manager …
Poi si diressero a casa …

<< Tom …  >> La voce del fratello lo riportò al presente.
<<  Dovremmo davvero prendere in considerazione l’ idea di David, sai ? Glielo dobbiamo … Lo dobbiamo a chi ci ha permesso di diventare quello che siamo … >> Si interruppe :
<<  Che siamo stati … >>
Il dolore nella voce di Bill era così dolorosamente palese :
<<  E lo dobbiamo anche a noi stessi … E’ tutta colpa mia … Ma soprattutto voi vi meritate tutto questo, una volta ancora, almeno, dato che non sembrate aver intenzione di trovarvi un altro cantante …  >>
Aggiunse il ragazzo con un sorriso triste.  
Tom decise di allontanare quella tensione :
<< Stai SCHERZANDO, vero ?  Hai visto cosa è successo ai Queen quando hanno deciso di reclutare Paul Rogers ? Un - Vero - Assoluto - DISASTRO ! >>
Il sorriso appena accennato sul viso di Bill si allargò un poco, ricordava quanto avessero discusso di quella scelta, a loro parere decisamente inappropriata, di quante volte si erano chiesti come, Brian May e Roger Taylor, da Veri, Artisti e Professionisti e Mostri Sacri della Musica, quali erano, avessero potuto pensare di fare una cosa del genere.
Bill si slanciò verso il fratello, gettandogli le esili braccia al collo, sussurrando al suo orecchio  :
<<  Grazie, fratellone …  >>
Tom lo abbracciò stretto, gli accarezzò piano i lisci capelli di seta :
- Grazie a te, fratellino … Era il nostro sogno, abbiamo lottato, lo abbiamo raggiunto e vissuto … Insieme … Non avrebbe alcun senso senza di te … -
Mentre queste parole prendevano forma, spontanee nella sua mente, seppe con assoluta certezza che anche per Georg e Gustav le cose stavano esattamente così, e fu dolorosamente felice di averli al loro fianco.
Era pericolosamente sull’ orlo delle lacrime, faticò non poco a ricacciarle indietro, ma ci riuscì, per l’ ennesima volta.
<< E’ ora di andare a dormire … Non so te, ma a me, tutto questo fare nulla di oggi mi ha sfiancato … Adesso ci infiliamo sotto le coperte e ci ricarichiamo per bene, non ho alcuna intenzione di rimanere chiuso in casa anche domani ! Chiameremo Georg e Gustav e li faremo uscire a costo di doverli tirare per i capelli … >>
<< … Così a Georg gli prende un colpo se gli rovini il suo fine lavoro di piastratura … >>
La risata sommessa del fratello fece sorridere Tom di riflesso e, ancora sghignazzando, si diressero al piano superiore diretti alle loro stanze.
<< Buonanotte Bill … >>
Un breve bacio sulla guancia del fratello.
Con un sorriso triste, Bill pensò che in tutto quello che stava vivendo c’ era qualcosa di positivo …
Le coccole di Tom : non era mai stato troppo incline a manifestare i suoi sentimenti, ma da bambini, qualche attenzione in più la aveva ricevuta.
Poi erano cresciuti, era arrivato il successo … Insomma, quei rari gesti di affetto gli erano mancati immensamente.
Riceverli adesso era il regalo più grande che Tom potesse fargli :
<< Buonanotte anche a te Tom … >>
Si chiusero le porte delle rispettive stanze alle spalle e Tom si buttò sul letto, effettivamente, stranamente stanco, stare tutto il giorno da solo con suo fratello lo aveva stremato e, a quella semplice constatazione, il suo sguardo già poco sereno si rabbuiò ulteriormente :
- Perché mi sento così ? … Io … Io non voglio forse bene a mio fratello ? … -
Nemmeno lui riusciva a tradurre in parole quello che sentiva, si spogliò con lentezza cercando di fare un po’ di chiarezza dentro di sé, poi scostò le coperte e vi si infilò scompostamente sotto, rabbrividendo al contatto della sua pelle nuda e tiepida con le lenzuola fredde.
Aveva appena acceso svogliatamente la tv quando sentì bussare alla porta :
<< Sì ? Bill, entra pure … >>
Una faccetta pallida fece capolino da uno spiraglio della porta socchiusa, i capelli arruffati, un espressione speranzosa.
Tom corrugò appena la fronte spegnendo di scatto la televisione :
<< Che succede Bill ? Tutto bene ? >>
Tom non riuscì a reprimere l’ ansia nella sua voce.
<< No, no >> Si affrettò a dire il moro entrando con passo incerto :
<< E’ solo che le lenzuola sono così fredde e … Non so, mi sento un po’ strano … Mi chiedevo se … Potevo restare qui stanotte … >>
Tom sorrise amaramente tra sé e sé, erano gemelli, doveva aspettarselo che anche Bill non fosse sereno quella sera.
Scostò immediatamente le coperte e con un sorriso invitò il gemello a sdraiarsi accanto a lui :
<< Certo che puoi restare, scemo ! Solo … Fai sparire immediatamente quell’ espressione di vittoria dalla faccia e provvedi di non piantarmi i tuoi piedi perennemente gelidi sulle gambe, altrimenti ti rispedisco  in camera tua a calci, chiaro ? >>
Bill sorrise e si sdraiò accanto al fratello, raccogliendo le gambe al petto, cercando attentamente di tenere i piedi a debita distanza da Tom, che si era voltato su un fianco e adesso lo stava osservando attentamente.
Persero gli occhi l’ uno in quelli dell’ altro per qualche istante, poi il moro abbassò il viso, posò la fronte sulla spalla del fratello e sussurrò :
<<  Grazie, Tomi … >>
Scese il silenzio, entrambi ascoltavano il rumore del vento tra le fronde degli alberi del giardino, restarono immobili per un tempo indefinito.
Poi Tom mosse piano le gambe, cercando i piedi del fratello, li trovò esattamente come li aveva immaginati : gelidi.
Ma, al contatto con le sue gambe si scaldarono immediatamente, Tom sentì suo fratello sorridere nel buio e sorrise a sua volta.
In quel preciso momento, col sorriso di Bill sulla spalla, i suoi capelli che gli solleticavano la punta del naso e i suoi piedi freddi sulle gambe, ogni dubbio svanì .
-  Io amo mio fratello … E’ l’ unica persona che io abbia mai amato davvero , assolutamente e totalmente, in tutta la mia vita … _
Il sorriso si spense, una lacrima premeva per scendere dai suoi occhi ed una domanda gli soffocava il petto, talmente forte e dolorosa ed inevitabile da mozzargli il respiro :
-  Dio … Come farò senza di lui ? … Come ? … -
La mattina dopo il suono imperioso del campanello li fece sobbalzare entrambi, Tom allungò un braccio cercando a tentoni il cellulare sul comodino : le otto e mezza.
- Chi cazzo può essere a quest’ ora ? -
Bill era tornato a chiudere gli occhi, accoccolandosi un po’ di più accanto a suo fratello emettendo un mugolio infastidito rivolto all’ insistente suono che non accennava a spegnersi; sembrava che chiunque avesse deciso di infastidirli quella mattina, si fosse addormentato contro il campanello.
<< Vado a vedere chi è, altrimenti temo proprio che non la smetterà mai ! >>
Tom gettò rabbiosamente le gambe fuori dalle coperte, sbattendole nervoso, facendo sobbalzare Bill, poi, ancora intorpidito, si diresse alla porta, gridando un poco gentile  :
<<  Arrivo, arrivo ! E che cazzo ! >>
Aprì di scatto la porta, cercando rapido con lo sguardo qualcosa con cui colpire il malcapitato che lo aveva tirato giù dal letto, adocchiando solo un vaso  sottile con un bambù dentro.
- … Ma sì, quell’ affare non mancherà a nessuno … - Pensò accigliato.
Ma le parole rabbiose che sentiva premergli alle labbra restarono esattamente dov’ erano quando si ritrovò davanti Nic con un’ aria risoluta ma palesemente divertita.
<< Ti sembra il modo di sbraitare ? E, soprattutto, ti sembra l’ abbigliamento adatto per venire ad aprire la porta ? Avrebbe potuto essere chiunque, magari … >>
Si fermò leggermente accigliata, pensierosa :
<<  Magari una vostra fan che avrebbe potuto approfittare della situazione … E di te, dato la striminzita barriera tra le sue mani ed il tuo corpo ! >>
E, dicendo questo, lanciò uno sguardo allusivo e, almeno così immaginò Tom, malizioso, ai suoi boxer che erano, effettivamente, l’ unico indumento che indossava.
Nic non attese un invito ufficiale, anche perché se gli avesse permesso di parlare, sarebbe potuto verificarsi uno spiacevole momento di spiegazione per quello che era successo, per il fatto di non essersi fatti vivi gli uni con l’ altra il giorno prima, per quell’ sms di cui lei, adesso, non aveva voglia di parlare.
Ed in quel momento pensò che non avrebbe mai avuto voglia di parlarne …
Non con Tom, per lo meno …
Quindi, per evitare tutto questo e anche un po’ l’ imbarazzo che le stava mettendo addosso Tom che addosso aveva ben poco e che ben poco lasciava all’ immaginazione, entrò a passo di marcia nella grande sala, si affacciò alle scale e cacciò un urlo :
<<  FORZA !  IN PIEDI DORMIGLIONI ! VI ASPETTO IN MACCHINA TRA MENO DI MEZZ’ ORA ! >> E detto questo, arraffò veloce le chiavi del suv di Tom che erano posate sul mobile dell’ entrata :
<<  SE ALLE NOVE NON SARETE PRONTI IO ME NE VADO CON LA MACCHINA DI TOM … E VI RICORDO CHE NON HO LA PATENTE … ! >>
Tom la guardava allibito :
dalla sua energia, dalla sua idea di andare a dar loro questa strana sveglia e dalla sua convinzione di usare davvero quelle chiavi.
Pensò che avrebbe potuto farlo sul serio.
<< Tra il letto e la mia macchina, Bill preferisce di certo il letto ! Credo che non sia una buona merce di scambio ! >>
Disse il ragazzo cercando di recuperare le sue preziosissime chiavi.
Lei le allontanò da lui, tenendole alte sulla sua testa e, comunque, raggiungibilissime dal ragazzo che però tendeva a mantenere una certa distanza.
- Maledetto vizio di dormire in boxer ! Se fossi vestito l’ avrei già presa per le gambe e ribaltata sul divano e … Mi sarei preso le mie chiavi ! -
Ma una sorta di calore gli fece ringraziare il cielo di essere mezzo nudo tanto da impedirgli di mettere in atto il suo piano.
Nic, ignorando i pensieri di Tom, gli si avvicinò, fece ciondolare le chiavi davanti al naso del ragazzo e gli disse sottovoce :
<<  Ma su quella macchina, senza essere in grado di guidarla, ci sarò io … Dal messaggio che mi hai mandato, immaginavo di poter essere una valida merce di scambio … >>
Disse indirizzando al ragazzo che sembrava palesemente imbarazzato, un mezzo sorrisetto storto, così simile ai suoi; poi sottrasse nuovamente le chiavi alla vista del ragazzo e uscì, andandosi ad accomodare sul suv dell’ amico, al posto di guida.
Il ragazzo, ancora basito, si diresse verso le scale, salendo al piano di sopra, pensando di sapere esattamente cosa avrebbe trovato una volta entrato in camera e ciò che vide non deluse le sue aspettative : seduto sul letto, gli occhioni sgranati, i capelli arruffati, la mascella elegantemente caduta verso il basso, Bill era il ritratto dello stupore, probabilmente non si aspettava una visita di Nic, quel giorno …
Tom non riuscì a trattenere un sorriso.
Se non avesse avuto ben chiaro tutto quello che si celava oltre il suo scioccatissimo fratello seduto sul suo letto, quell’ immagine gli avrebbe strappato qualcosa in più che un semplice sorriso, si sarebbe proprio fatto una gran risata liberatoria.
Purtroppo per lui sapeva troppe cose, cose che gli impedivano di alleggerirsi il cuore col calore di una risata.
Scosse il capo :
<< Sì, Bill, è proprio Nic, come avrai intuito dal gentilissimo urlo che ha invaso praticamente tutto il quartiere svegliando, con ogni probabilità, persone che dormivano tranquille a decine di chilometri da qui , ed ha intenzione di guidare il mio suv se non ci sbrighiamo … >> Disse  il rasta sarcastico :
<< Ora vatti a vestire … Non che mi preoccupi troppo l’ incolumità di quella specie di strega malefica travestita da folletto rompipalle, ma, sai com’ è ! … Si tratta del mio suv … >>
Bill gli lanciò un occhiata di sbieco che Tom finse beatamente di ignorare approfittando della momentanea distrazione del fratello per usufruire del suo bagno, decisamente più fornito di shampoo e bagnoschiuma profumati.
Bill, ripresosi dallo stupore grazie allo scatto felino di Tom, si ritrovò a sbattere il naso contro la porta che il fratello si era richiuso prontamente alle spalle e poco dopo stava ascoltando il rumore della doccia …
Si rassegnò ad usare il bagno di Tom, arricciando appena il naso, e le labbra in un vago sorriso, di fronte allo sfacelo che vi regnava all’ interno : le scarpe da ginnastica buttate in un angolo e, sparsi in giro con un incredibile estro creativo, due magliette, un paio di enormi jeans, un calzino nel lavandino, che si apprestò a spostare in punta di dita con aria schifata, e uno in cima al box doccia. Decise che non voleva sapere per quale motivo si trovasse lassù, né tantomeno, come ci fosse arrivato.
Ammucchiò tutto in un angolo, sospingendo i vestiti con un piede e si abbandonò al piacevole calore dell’ acqua che gli scivolava addosso.
Ma non aveva tempo per perdersi in quelle piacevoli carezze tiepide per due motivi :
Nic li aspettava in macchina tenendo in ostaggio le chiavi del suv di Tom e, come già suo fratello, temeva che potesse davvero utilizzarle, e poi …
E poi, quella carezza lieve dal dolce tepore serviva solo ad aumentare la sua voglia, il suo bisogno, di carezze decisamente più piacevoli e decisamente più calde …
Quelle che gli aveva più volte donato proprio quella stessa ragazza che ora li aspettava ansiosa in macchina.
Spense l’ acqua e si trascinò a forza fuori dalla doccia con un gemito frustrato.
Se non fosse riuscito a smettere di desiderarla, sarebbe impazzito.
Nic in macchina, si stava chiedendo se stesse facendo la cosa giusta : il ricordo del calore silente di Gustav e dell’ abbraccio altrettanto caldo e silenzioso di Georg, le tenevano compagnia e le davano coraggio ma, allo stesso tempo, le parole di Georg le rimbombavano in testa, tormentandola.
Lei sapeva che non era pietà quella che provava per Bill ma adesso, un pensiero che prima l’ aveva solo sfiorata, stava diventando un ronzio ossessivo nella sua testa : - Bill potrebbe pensare che provi pietà per lui e allontanarmi, negandoci il tempo che ci resta … -
A quel pensiero l’ istinto le suggerì di scendere da quella macchina e di tornare a casa di corsa.
- No ! - Si impose  - Che lui mi rivoglia o meno come donna io … Io ho bisogno di lui, di vederlo, sempre … Di stargli accanto, di respirare la sua stessa aria … -
In realtà, l’ unica cosa che avrebbe voluto respirare in quel momento era il suo stesso respiro, quello che si confondeva al proprio nell’ istante che precedeva il bacio, in quell’ istante carico di dolce tensione e di caldo desiderio che vedeva negli occhi nocciola di Bill e che sapeva riflettersi nei suoi stessi occhi …
- Dio, quanto mi manca … -
Proprio mentre un sospiro rassegnato le sfuggiva dalle labbra, due figure fecero capolino dalla porta e si avvicinarono all’ auto :
<< Buongiorno rompiscatole ! >>  Fù il saluto di Tom che non potè fare a meno di notare lo sguardo ansioso della ragazza spostarsi rapido da lui al gemello.
<< Buongiorno >> Era stato il saluto sussurrato di Bill.
<< Bill … Io … >>
Sapeva di doversi scusare con lui per l’ atteggiamento brusco che aveva avuto, per non essersi fatta viva il giorno precedente e, soprattutto, perché non avrebbe potuto sopportare un solo altro giorno lontano da lui, sopportava a malapena le ore in cui, necessariamente, doveva separarsi da Bill, ma tutto il resto del tempo non voleva sprecarlo.
Stava appunto per chiedergli scusa, ingoiando il suo orgoglio e la sua delusione per il fatto che lui non avesse preso le sue difese, quando, con un gesto fin troppo brusco, Tom la trascinò di peso fuori dalla macchina, strappandole di mano le chiavi e prendendo posto al volante :
<<  Invece di perder tempo in chiacchiere, vedi di salire in macchina e di non rompere più di quanto tu abbia già fatto svegliandoci all’ alba! >>
Bill lo guardò un po’ stranito, era abituato al loro rapporto piuttosto burrascoso, ma gli sembrava che Tom avesse decisamente esagerato questa volta, mentre Nic aveva abbassato lo sguardo e si era seduta silenziosa senza replicare …
Anche questo era strano agli occhi del moro che però seguì l’ esempio della ragazza e si sedette accanto al fratello.
Tom mise in moto e partì sgommando sul vialetto alzando una pioggia di sassolini candidi e si immise nella corsia con fare sicuro, lo sguardo accigliato.
Aveva capito perfettamente cosa Nic aveva avuto intenzione di fare poco prima e non gli sembrava giusto :
-  Non è lei che si deve scusare … Voglio bene a Bill e Dio solo sa quanto io stia male per … Per tutto …  -
Perso nei suoi pensieri, scartò meccanicamente un furgoncino che procedeva a passo d’ uomo davanti a loro, senza notare le due espressioni atterrite dei suoi compagni di viaggio, che erano apparse  quando si era spostato sulla corsia opposta evitando per un soffio un auto che procedeva nella direzione contraria alla loro.
- Ma si è comportato come un perfetto coglione ! … -
Procedettero in silenzio per un po’ ognuno perso nei propri pensieri quando, come folgorato da un’ illuminazione improvvisa, Tom sterzò bruscamente accendendo contemporaneamente le quattro frecce e frenando all’ improvviso.
<< TOOOOOM ! >>
Dopo quest’ ennesima dimostrazione di una guida non proprio perfetta, due voci all’ unisono trafissero i timpani del biondo che li guardò con aria leggermente smarrita :
<< Che diavolo avete da urlare, tutti e due ? >>
Chiese voltandosi prima verso suo fratello e poi guardando da sopra la spalla in direzione di Nic che ora era sporta in avanti appoggiata ai due sedili.
<< Dove dobbiamo andare ? >>  Chiese con aria innocente.
<< Se continui così l’ unico posto dove andremo sarà l’ ospedale, e non ci arriveremo a bordo di questo dannato bestione, ma su un’ ambulanza! >>
Strillò Bill con una leggera nota isterica nella voce.
Lo sguardo allibito di Tom si tramutò presto in una grossa risata, notando che anche Nic sembrava d’accordo con Bill.
<< Siete due mammolette … E poi … Grazie per l’ immensa fiducia che riponete nella mia guida ! E che cazzo ! Vi faccio da autista, abbiate almeno la decenza di non lamentarvi ! >>
Esclamò fingendosi offeso.
<< Se il prezzo da pagare per essere scarrozzati in giro da te è la vita, allora preferisco pagare un taxi … Credimi ! >>
Sbuffò Bill stizzito.
Tom stava per aprire bocca per rispondere a tono a suo fratello quando Nic decise di intervenire .
<< In effetti stiamo andando dalla parte sbagliata … Abbiamo appuntamento in un bar del centro con Georg e Gustav tra … Diciamo dieci minuti ! >>
<<  E cosa stavi aspettando a dirmelo ? >>
Al tono seccato del ragazzo Nic perse la pazienza :
<<  Magari stavo aspettando che  riemergessi dai tuoi pensieri, che non sembravano molto felici, magari stavo aspettando che la smettessi di battibeccare con Bill, magari stavo aspettando che la piantassi di guidare come un pazzo facendoci rischiare l’ osso del collo! >>
Il tono di voce si era alzato un po’ di più ad ogni parola ed aveva detto tutto di un fiato, sottolineando con un forte colpo allo schienale del sedile di Tom ogni “magari” che aveva pronunciato.
Adesso gli sguardi allibiti che la osservavano erano due ed infondo a quei quattro occhi identici vi era un’ identica scintilla divertita dalla sua arringa.
<< Ok, ok … Adesso mi metto a guidare piano piano e vi porto a destinazione sani e salvi ! >>
Sbottò a ridere Tom.
<< No ! Tu adesso ti metti a fare attenzione alla strada e pigi sull’ acceleratore, dato che non voglio far aspettare Georg e Gustav all’ infinito ! >>
E, detto questo, la ragazza si appoggiò sbuffando allo schienale, lo sguardo torvo puntato in quello del rasta attraverso lo specchietto retrovisore e le braccia incrociate sul petto.
Ancora ridendo il ragazzo fece una rapida inversione ad U, dopo essersi teatralmente assicurato che non stesse passando nessuno strappando una risatina a Bill e, una volta immessosi nella corsia giusta, rivolse a Nic uno sguardo ironico e penetrante assieme, ma senza dire nulla.
Arrivarono presto al bar dove i due amici li stavano già attendendo seduti ad un tavolino.
<<  Eccoci qua … Ve li ho portati incolumi >>
Esclamò Tom avvicinandosi col suo solito passo elastico, trascinando appena i piedi, le mani affondate con aria incurante nelle tasche della giacca, l’ ironia ben palese nella sua voce falsamente annoiata e nel mezzo sorriso sghembo che aveva stampato in volto.
Nic lo osservava credendo di capire come avesse potuto irretire milioni di ragazzine, ma i suoi pensieri vennero interrotti dal suddetto “irretitore” di minorenni e non, che le aveva afferrato una mano e l’ aveva alzata verso l’ alto indicando ad una ad una le dita della ragazza :
<<  Visto ? Non le manca nulla … Nemmeno un ossicino contuso ! Sono stato bravo ? >>
Chiese con finta aria da bambino.
<< No, sei stato fortunato che gli altri automobilisti fossero decisamente più coscienziosi di te  … >>
Fu il lapidario commento di Bill  che si stava accomodando sul divanetto ad angolo accanto a Gustav e scorreva velocemente il piccolo menù plastificato.
Conoscendo piuttosto bene la guida dell’ amico, Georg e Gustav scoppiarono in un’ allegra risata.
Ordinarono la colazione, gustandosi in completa calma le loro tazze di cioccolata calda e le loro brioches fragranti e, quando Georg fece per alzarsi ed andare a pagare il conto, una mano leggera gli si posò sul braccio :
<<  Lascia stare, vi ho tirati giù dal letto all’ alba … >> E dicendo questo lanciò uno sguardo torvo a Tom :
<< Sempre ammesso che le otto e mezza del mattino si possano definire tale e, il minimo che possa fare, è offrirvi la colazione ! >>
Sorrise e si alzò con un gesto deciso che non ammetteva repliche e si avviò alla cassa dove regalò un ennesimo radioso sorriso al cassiere che la fissava leggermente imbarazzato.
<< Ti ha fatto lo sconto ? >>
Ghignò un impietoso Tom alla volta della ragazza non appena li ebbe raggiunti nuovamente e si fù accomodata.
Lei lo guardò leggermente stupita.
<<  Bhè, immagino che fosse questo lo scopo del sorriso enorme che hai rivolto a quel ragazzo … Niente sconto eh ? Almeno il numero di telefono lo hai rimediato ? >>
Non fece in tempo ad aggiungere altro che si vide rifilare uno spintone da Gustav, una spallata da Georg e due identici calci, uno per stinco, sotto il tavolo, da Bill e Nic.
<< TOM ! Sei davvero impossibile … Oggi più del solito ! >>
Nic distolse con sufficienza lo sguardo dal rasta che ancora ghignava nella sua direzione e appoggiandosi al morbido schienale della sedia chiese con tono solenne :
<<  Avete portato le carte di credito, vero ? >>
Georg sorrise, immaginava cosa potesse avere in mente la ragazza :
<<  Dato il tuo sguardo famelico, sarei quasi tentato di dirti di no … Ma, sarebbe una menzogna di breve durata … Voi donne avete una specie di olfatto per queste cose ! >>
Fu il turno del ragazzo castano di ricevere una manata affettuosa da parte di Nic.
<< Sì, certo che le abbiamo portate >>
Concluse Gustav cercando di ripristinare una parvenza di serietà in quella discussione che avrebbe decretato i piani della giornata, anche se, una mezza idea, se la era già fatta anche lui.
<< Bene … Avremmo dovuto farlo due giorni fa, ma … Ehm … Diciamo che abbiamo incontrato qualche difficoltà che ce lo ha impedito … Ma oggi >>
Si alzò in piedi con aria decisa << Oggi ci dedicheremo ad un’ intera giornata di shopping selvaggio ! >>
Tre espressioni abbattute si fecero strada sul volto dei suoi amici, ma le bastò vedere il sorriso felice di Bill per dimenticare immediatamente che al mondo esistesse qualcosa al di là di quel viso radioso.
Tutto ciò che lo circondava era solo una macchia confusa che lei non voleva assolutamente prendere in considerazione.
Prendendo a braccetto Georg da una parte e Gustav dall’ altra si rivolse con tono scherzoso a Bill :
<<  Io mi occupo di non fare fuggire questi due, lascio a te l’ ingrato compito di trattenere dalla fuga tuo fratello … >>
E ridendo uscirono dal locale seguiti a breve distanza da Bill e Tom che fece lo stesso in tempo a lanciare un occhiataccia al cassiere che seguiva i passi di Nic con uno sguardo fin troppo interessato.
Ghignò fra sé e sé : data l’ espressione imbarazzata del ragazzo dietro la cassa, poteva dire con certezza di aver ottenuto esattamente l’ effetto desiderato.
Decisero di muoversi con una sola macchina e presero posto tutti sul suv di Tom, con estrema gioia di Nic che si ritrovò ben presto accoccolata beatamente tra Georg e Gustav sul sedile posteriore.
Fu una giornata memorabile, girarono per negozi fino allo sfinimento, e quei quattro pazzi sembravano fare a gara a chi la viziasse di più …
Fu un impresa dissuadere quelli che erano i suoi amici e che adesso sembravano quattro bambini più capricciosi del solito, dall’ idea di regalarle un completo firmato Dior che, completo di scarpe, borsa, cappello, cintura e gioielli, costava più o meno quanto l’intera casa dove viveva con la nonna.
Ma non riuscì a trattenerli oltre e, quando finalmente rientrarono a casa dei gemelli, avevano tutti un bel carico di buste e borse  di varie forme e dimensioni e, buona parte, appartenevano a Nic.
<< Adesso ho capito perché ci hai offerto la colazione … Volevi farci fare il pieno di zuccheri in previsione del salasso a cui stavamo andando incontro ! >>
Rise Tom lasciandosi franare sul divano, schiacciando con poca grazia un paio di sacchetti.
Angelica giunse la risposta della ragazza che gli si avvicinò ondeggiando i fianchi e si chinò su di lui con aria sensuale.
- Decisamente troppo sensuale - Pensò il biondo deglutendo e perdendosi, per la frazione di un istante, in quegli occhi profondi.
Quando era a pochi centimetri da lui, Nic chinò il viso fino a sfiorare quasi la punta del naso del ragazzo, poi con voce dolce disse :
<< Bhè Tomi … Io non ti ho chiesto nulla … >>
Con un gesto rapido allungò il braccio oltre Tom che stava boccheggiando come un pesce fuor d’ acqua e afferrò veloce un cuscino che premette impietosamente sul volto del rasta che, troppo preoccupato da quello che stava succedendo, non fece in tempo ad evitare l’ attacco della ragazza e rischiò di soffocare mentre lei, allegra, gli ricordava che avrebbe dovuto conservare gli scontrini e che, dato che non lo aveva fatto, ormai era troppo tardi per lamentarsi.
Gli altri erano rimasti a fissare la scenetta leggermente straniti, poi, intuendo il piano di Nic, avevano cominciato a sghignazzare ed ora se ne stavano a ridere senza preoccuparsi minimamente della sorte del povero Tom che annaspava alla ricerca d’ aria.
<< Siete tre cretini ! Aiutatemi a togliermi di dosso questa specie di furia, invece di ridere! >>  Esalava il biondo ogni volta che riusciva ad emergere dal cuscino.
Ma sentiva le risate allegre della ragazza e non gli dispiaceva che lei si stesse divertendo, sentiva il suo corpo …
Si alzò di scatto, facendo rotolare una Nic ancora in preda alle risate, sul tappeto davanti al divano, allontanandosi velocemente da lei.
<< Andiamo a prendere qualcosa da bere invece di fare i cretini ! >>
Esclamò Tom dirigendosi verso la cucina e tornando poco dopo con quattro bicchieri in precario equilibrio l’ uno sull’ altro e numerose bottiglie in mano.
Posò tutto sul tavolo, versando da bere a tutti.
<< Capisco che ho cercato di ucciderti, ma un bicchiere potevi portarmelo ugualmente ! >>
Esclamò Nic divertita.
<< Scusi sua maestà … Si vede che l’ ossigeno che ha da poco ripreso a circolare non ha ancora raggiunto il mio povero cervello … >>
<< Non che ci sia molto da raggiungere, in fondo … >>
Sussurrò Gustav abbastanza forte da rendere il proprio commento sarcastico perfettamente udibile dal ragazzo che gli si avventò contro saltandogli sulle spalle, cercando di abbatterlo sul divano, ridendo.
<< Fa lo stesso … >> Disse la ragazza afferrando il bicchiere di thè freddo di Bill e avvicinandoselo alle labbra.
<< POSALO IMMEDIATAMENTE >>
La voce fredda e dura del ragazzo risuonò imperiosa nell’ improvviso silenzio che si era creato.
Tom era ancora sulla schiena di Gustav  e Georg era rimasto con il proprio bicchiere fermo a metà strada tra il tavolo e la bocca.
<< Bill … Ma cosa diamine stai dicendo ! >>  Detto questo, senza curarsi delle parole del ragazzo, avvicinò nuovamente il bicchiere alle labbra.
Ma non fece in tempo a posarvele sopra, Bill, con un solo fluido passo fu accanto alla ragazza e la colpì in pieno viso, facendole cadere il bicchiere dalle mani e sgranare gli occhi dallo stupore.
Si portò le dita al volto posandole leggere sulla guancia dove Bill l’ aveva appena schiaffeggiata e ritraendole immediatamente, come se avesse sfiorato un tizzone ardente.
In effetti la pelle bruciava dove lui l’ aveva colpita, ma non era quel dolore ad averla paralizzata.
Georg e Gustav, fin troppo consapevoli dei pensieri che stavano attraversando la mente di Bill, scossero il capo mestamente, mentre Tom, troppo allibito dal gesto del fratello era già partito alla carica come un treno in corsa.
Corsa che si fermò davanti all’ espressione furente di Bill :
<< Non. Dire. Una. Sola. Parola. >>
Scandì il moro con la voce bassa e fremente di rabbia.
<< Ma Bill … >>
<< Ma Bill UN CAZZO ! NON deve bere dal mio stesso bicchiere ! Sei idiota o lo fai apposta ? Io sono … Sono … >>
Le parole gli morirono in gola, si voltò verso la ragazza che non si era mossa di un solo millimetro, la mano ancora vicino al viso, gli occhi enormi fissi su di lui, la pelle candida del viso arrossata dove lui l’ aveva colpita :
<< Non. Farlo. Mai. Più. Io … Io non potrei sopportare  di essere la causa per cui tu … CAZZO NIC ! Non farmelo dire ! Non ci riesco ! Non riesco nemmeno ad immaginarlo ! Come puoi non capire ? ! ? Io … >>
Non riusciva a sostenere quello sguardo confuso e ferito, il suo silenzio, il silenzio di tutti loro.
Si voltò furioso e si precipitò su per le scale, salendo di corsa i gradini, lasciandosi alle spalle quelle parole non dette che vibravano lo stesso nell’ aria più reali  e crudeli di tutte quelle che aveva pronunciato.
Entrò come una furia in camera sua sbattendosi la porta alle spalle, prese il cuscino, se lo premette sulla bocca soffocando  quell’ urlo disperato e frustrato che gli bruciava in gola assieme alle lacrime che ora bagnavano inesorabili la federa candida del cuscino macchiandola di nero.
Pianse, pianse per sé stesso, per il gesto che aveva dovuto, dovuto, compiere, per l’ incomprensione di suo fratello, per la comprensione dei suoi amici, per l’ espressione ferita di Nic, della sua Nic, per quel segno rosso della sua mano che sfregiava il suo viso dolce …
Pianse per amore.
Troppo da poterlo trattenere dentro di sé, troppo per poterlo lasciare libero.
Ed era quello stesso amore che adesso scuoteva le spalle di Nic ad ogni singhiozzo che non riusciva a soffocare dentro di sé e che lasciava libero sulla maglietta di Georg assieme alle lacrime, sentendo un dolore quasi fisico al petto e le braccia del ragazzo e quelle di Gustav che la stringevano cercando invano di proteggerla da quel dolore che era dentro di lei.
Tom stava ai piedi delle scale, il cuore spezzato in due teso verso la ragazza e allo stesso tempo verso suo fratello, senza permettere al suo corpo di prendere una decisione, trattenendolo lì, immobile, le braccia lungo i fianchi, un espressione sconfitta sul volto.
Qualunque direzione avessero deciso di seguire le sue gambe quella era decisamente una sconfitta … Per tutti.





 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ultimo capitolo "die" ECCOMI DI NUOVO QUI... L' ISPIRAZIONE E' TORNATA, ANCHE SE NON PREPOTENTEMENTE COME AVREI DESIDERATO...
QUESTO CAPITOLO E' QUASI UN "IN PIU'", NON SAREBBE DOVUTO ESSERE COSI', MA ALLA FINE COSI' E' VENUTO E COSI' LO HO LASCIATO, QUASI COME SE A GUIDARE I "MIEI" PERSONAGGI (MIEI SI FA PER DIRE, DATO CHE, OVVIAMENTE, I RAGAZZI NON MI APPARTENGONO,(SONO "PATRIMONIO DELL' UMANITA'" ^_____^' ) NE' I LORO PENSIERI, I LORO GESTI, LE LORO PAROLE... CHIARO... ) NON FOSSI PIU' IO MA LORO A GUIDARE ME... QUINDI E' VENUTO FUORI UN CAPITOLINO (CHE NON MI SODDISFA DEL TUTTO ç_____ç ) "DI PASSAGGIO"... VABBE'... PASSANDO A COSE PIU' SERIE... RINGRAZIO OVVIAMENTE CHI HA RECENSITO  :
XOXO_VALY : GRAZIE PER LE BELLE PAROLE, MI FA PIACERE CHE TI SIA PIACIUTA LA PARTE IN CUI, IL NOSTRO "RUDE" TOM,  IN REALTA' SI MOSTRA DOLCE E ATTENTO A BILL... ADORAVO L'IMMAGINE DI LUI CHE GLI SCALDAVA I PIEDINI GELATI... TENEEEEEEROOOOOO ... TENEVO MOLTO ANCHE  AL FLASHBACK CON DAVID (IN QUALCHE MODO AVREI DOVUTO SPIEGARE CHE FINE AVEVANO FATTO I TOKIO, NO? ^_______^' )... QUINDI, GRAZIE ANCORA E SPERO DI RITROVARTI LUNGO QUESTO "DOLOROSO PERCORSO"... KISS!
LADY CASSANDRA : CHE DIRE? TU, OVVIAMENTE GIA' SAI... MA QUESTO CAPITOLINO HA SORPRESO ANCHE ME, DATO CHE NON ERA PREVISTO... SPERO TI PIACCIA E CHE VORRAI FARMI SAPERE COSA NE PENSI ( MA E' SOLO PER DIRE... SO BENE CHE LO FARAI E TE NE SONO IMMENSAMENTE GRATA! ç___ç (ME COMMOSSA XD!)... COME HO DETTO SOPRA, MI FA PIACERE TI SIA PIACIUTA LA PARTE CON DAVID, IO HO ADORATO LA PARTE "DEDICATA" A GUSTAV, IL RAGAZZONE BUONO... E, OVVIAMENTE, BILL... CUCCIOOOOLOOOO ç_______ç ... PER LA PARTE CENTRALE... BHE' VOLEVO TROVARE UN ISTANTE PER "ALLEGGERIRE" UN PO' IL TUTTO... (POVERO CAMERIERE XD! ) ... IL FINALE... BHE' CI VOLEVA... DOLOROSO, MA NECESSARIO, ALLA FINE I TIMORI DEL CUCCIOLO DOVEVANO USCIRE FUORI, ANCHE PER PERMETTERE A LEI, IN SEGUITO, DI AFFRONTARLI... COMUNQUE GRAZIE PER IL PERENNE SUPPOIRTO... LEGGERE LE TUE RECENSIONI E' SEMPRE UN PIACERE, UN ONORE E MOTIVO DI ORGOGLIO... SPERIAMO CHE L' ISPIRAZIONE NON FUGGA DI NUOVO... (E MI RACCOMANDO, TU TIENI STRETTA LA TUA E NON MOLLARE... MAI! ) ( PENSA ALLE MIE CORONARIE!XD! ^_______^)... QUINDI TI ASPETTO "AL VARCO"... GRAZIE ANCORA GEMELLINA! (DI TUTTO... !)
PER IL RESTO, COLGO L' OCCASIONE DI RINGRAZIARE QUI : VIVIETTA (CHE HA RECENSITO LE MIE ONE SHOT) GRAZIE! E BILLINA PICCOLINA CHE HA AGGIUNTO TRA I PREFERITI : GRAZIE! ^_____________^
PER ORA E' TUTTO... BUONA LETTURA E A PRESTO!   ("ISPIRAZIONE PERMETTENDO" ^___^')



Alla fine  Tom aveva costretto le sue gambe a seguire Bill in camera sua, rassicurato dal fatto che Nic non fosse sola, confidando in Georg e Gustav, seppure avesse dovuto sopprimere repentinamente un leggero moto di stizza.
Sapeva che loro le sarebbero stati accanto, il suo posto era con suo fratello : chi altro avrebbe potuto stargli accanto in quel momento?
- Io … Sono io che devo stargli accanto … Non è mio dovere ma è quello che voglio fare, è l’ unica cosa che posso fare per lui … -   
-  Oltre ad allontanarti dalla sua ragazza … -
Scacciò quel pensiero non solo fastidioso ma decisamente inadatto.
- Perfetto … Discuto con me stesso e nemmeno così riesco a trovare un accordo … Sto impazzendo ! -
Adesso stava fermo di fronte alla porta della stanza di suo fratello, lo stupore per il suo gesto improvviso era svanito, adesso credeva di capire cosa aveva spinto Bill ad agire in quel modo, lo stesso non aveva la più pallida idea di come avrebbe dovuto comportarsi, di cosa avrebbe dovuto dire., di cosa avrebbe potuto fare.
- Ma c’è davvero qualcosa da fare ? -
Odiava sentirsi così : inutile, impotente, insicuro.
Proprio lui che era abituato a tutt’ altro atteggiamento verso ciò che lo circondava, verso ciò che feriva Bill, adesso si rendeva conto di essere totalmente impreparato al dolore del suo gemello.
E mentre stava lì, impalato sulla porta che aveva silenziosamente chiuso alle sue spalle, osservando il corpo di suo fratello scosso dai singhiozzi soffocati nel cuscino, odiava sé stesso per quella sua patetica insicurezza.
Bill non si era mai sentito più solo di così.
Sentiva freddo, la sua stanza, il suo letto, le sue cose che gli erano sempre state di conforto, un caldo rifugio dove  raccogliere sé stesso quando tutto sembrava travolgerlo, adesso erano solo dei semplici muri, degli inutili oggetti, delle fredde lenzuola che non servivano a consolare il suo cuore; poi …
L’ assoluta certezza della presenza di suo fratello.
Sentiva distintamente il profumo del deodorante preferito di Tom, il rumore lieve del suo respiro, il suo sguardo posato su di lui, lo immaginò triste e insicuro e sentì implacabile il disprezzo per sé stesso : odiava sapere di essere il motivo della sua sofferenza, ma non sapeva cosa fare, non riusciva più a gestire la sua vita e questo lo frustrava e soprattutto lo spaventava.
Il materasso si abbassò appena quando Tom si sedette sul letto accanto a lui :
<<  Bill …  >>
<<  Non sono in vena di ramanzine, Tom !  >>
Il moro si era voltato di scatto alzandosi a sedere e facendo sobbalzare Tom che non si era aspettato una reazione simile da Bill, ma vedendo il suo viso arrossato, gli occhi leggermente gonfi per il pianto, le labbra che ancora tremavano leggermente, capì che si stava difendendo, che attaccava semplicemente per non essere attaccato, che in realtà, quelle parole dure erano rivolte a sé stesso piuttosto che a lui.
Sorrise mestamente .
<< Ehy ! Di solito sono io quello che risponde male quando si sente in colpa …  >>
Un identico sorriso abbattuto si riflesse sul volto di Bill .
<< Mi dispiace Tom, io … >>
Sentiva un gran bisogno di essere abbracciato di trovare un po’ di  quel calore che sembrava aver abbandonato il suo corpo, ma sapeva di essersi comportato come uno stupido, di aver sbagliato, si vergognava di chiedere a Tom di consolarlo, quando sapeva che suo fratello non approvava affatto il modo in cui si era comportato.
<< Bill, io … Ho capito … >>
Dicendo questo il biondo si era avvicinato al fratello e lo aveva avvolto in un abbraccio che Bill non aveva mai percepito così caldo e,ricambiandolo, sentì nuovamente le lacrime inondare i suoi occhi e non riuscì a trattenerle; le lasciò scivolare sul viso, posarsi leggere sulla maglietta di suo fratello svanendo nell’ istante del contatto con la stoffa morbida.
Tom, il cuore gonfio d’ amore e comprensione per quel suo fragile fratello che non riusciva a decidere cosa fosse giusto fare, sentì il bisogno di aiutarlo, per quel poco che poteva fare, per quello che sarebbe potuto servire :
<< Bill … Io credo … Credo che dovresti riflettere bene su ciò che vuoi … Ho parlato anche io con il professore che ti aveva in cura, so le stesse cose che sai anche tu … E le sa anche Nic … Credo che dovresti fidarti di lei, Bill … Credo che lei si meriti la tua fiducia, non credi ? >>
Gli porse quell’ ultima domanda fissandolo negli occhi, vedendo in quelle profondità riflessi i propri, trovandovi delle paure e delle incertezze che condivideva ma cercando di infondervi anche quell’ unica certezza che lui credeva di avere : doveva fidarsi di lei …
Entrambi ne avevano un disperato bisogno.
Bill si perse in quello sguardo, sapendo che in quegli occhi vi era la sua stessa eternità, la sua stessa vita, percependo quella scintilla di fiducia che Tom si stava sforzando di infondergli, la sentì impadronirsi di lui.
- Devo fidarmi di lei … -
<<  Io … Io non voglio farla soffrire Tom … >>
Tom lo sapeva ma sentiva che c’ era anche dell’ altro, qualcosa che  Bill temeva di rivelare a lui e a sé stesso .
<< A me puoi dirlo Bill … Cos’è che ti frena, che ti impedisce di andare avanti ? >>
Bill sgranò gli occhi, un’ espressione stupita che presto lasciò il posto ad un’ altra espressione, un’ espressione consapevole :
-  Lui sa … E io che pensavo davvero di poterglielo nascondere … Sono stato uno stupido -
Abbassò lo sguardo allontanandosi dal fratello, cercando di proteggersi pur sapendo che la persona che gli stava di fronte e che lo osservava leggermente accigliato, era l’ ultima che avrebbe dovuto temere, eppure vergognandosi un po’ di quella debolezza che gli stava costando così cara.
Prese un profondo respiro e  il coraggio per ammettere quella verità che gli pesava dentro :
<< … Io non voglio la sua pietà, Tom … >>
Fu il momento per Tom di sgranare gli occhi, stupendosi del non aver intuito prima il disagio di suo fratello.
Non seppe cosa fare, come avrebbe potuto alleviare il dolore di suo fratello, come avrebbe potuto rassicurarlo?
Ora che Bill l’ aveva esposta, quella paura sembrava maledettamente reale, lui stesso capì che  avrebbe avuto le sue stesse paure, le sue stesse incertezze.
Fece l’ unica cosa che sentiva di poter fare : si avvicinò a suo fratello e lo abbracciò nuovamente, cercando di dargli quel conforto di cui lei stesso sentiva il bisogno.
Non era un abbraccio disperato, non era un abbraccio consolatorio …
Era un abbraccio d’ amore, quell’ amore che gli straziava il cuore assieme alla sofferenza del suo gemello che avvertiva come fosse  la propria.
Si staccò appena da lui, abbastanza da poterlo guardare negli occhi, e vedendo il suo proprio dolore riflesso negli occhi così dolci dei suo gemello, disse l’ unica cosa che gli sembrava possibile dire :
<<  Ti voglio bene, Bill … E te ne vuole anche lei … Permettile di dimostrartelo, permetti a te stesso di donarle l’ unica cosa che lei desideri davvero … >>
Bill lo guardò con gli occhi leggermente sgranati, pieni di sgomento e aspettativa :
<<  Cosa … Cosa posso dare io a lei se non dolore e sofferenza e … Lacrime … ? >>
Tom si sentì sprofondare, Bill aveva maledettamente ragione, ma …
<< Bhè, suppongo che sia esattamente quello che desideri, allora, se questo sarà il prezzo da pagare per avere te … >>
Un sorriso mesto sul suo viso, nella sua voce.
Mentre pronunciava quelle parole il giovane rasta  sembrava prenderne davvero coscienza, faceva un po’ male ma quella scintilla di speranza, quello sguardo così gonfio d’ amore, di struggente desiderio che intravedeva negli occhi di Bill gli fece così bene al cuore che riuscì ad ignorare quel sottile, infido dolore.
Desiderava che fosse felice, lo desiderava sopra ogni altra cosa, desiderava che anche Nic fosse felice …
Loro erano le due persone che più amava al mondo, non importava in quale modo, li amava e li voleva felici.
A qualsiasi prezzo.
Anche se quel prezzo fosse stato il suo stesso cuore.
Quella consapevolezza improvvisa lo lasciò un istante senza fiato, ma la allontanò con un gesto rapido, abbracciò di nuovo suo fratello.
<< Grazie, Tomi … >> Ecco.
Il prezzo che aveva pagato era stato riscattato da due semplici parole che si incisero in profondità dentro di lui, che non lo avrebbero lasciato mai più.
Tornarono nella sala ma quello che li attendeva non fu esattamente quello che avrebbero voluto vedere.
Gustav stava seduto sul divano, lo sguardo fisso sul bicchiere che teneva tra le mani, come se vi stesse cercando delle risposte o delle parole, possibilmente quelle giuste, da dire.
A giudicare dall’ espressione buia che aveva in volto, sembrava non trovare né le une né le altre .
Tom a quella vista aggrottò la fronte, temeva di sapere cosa l’ amico stava per dire loro e sapeva che non era nulla di positivo :
<< Dov’ è Nic? >> La voce di Bill risuonò tremula nel silenzio quasi innaturale della grande sala.
Gustav alzò lo sguardo, i suoi buoni, dolci, sinceri occhi scuri si posarono sui due ragazzi, chiedendo scusa in anticipo di qualcosa che non aveva ancora detto, di qualcosa che non aveva fatto.
<< E’ andata via con Georg … >>
Il viso di Bill si oscurò leggermente e si dette dello stupido per questo.
Sapeva che erano amici, sapeva di averla ferita, si fidava di lei, eppure …
Non potè fare a meno di sentire un moto di fastidio pur sapendo di non averne alcun diritto e sapendo altrettanto bene che lei aveva il diritto di non rimanere sola …
Lanciò uno sguardo  di sottecchi al fratello …
Anche lo sguardo di Tom non era dei più sereni, ma Bill non riuscì ad interpretarlo.
- Con Georg … Se ne è andata con Georg … Di nuovo … -
A quel  pensiero, Tom, sentì un insistente fastidio alla bocca dello stomaco, quella semplice constatazione, non gli permetteva di essere razionale, voltò lo sguardo su suo fratello  e la sua espressione rassegnata ed addolorata fu la classica ultima goccia che fece traboccare il già piccolo e colmo vaso della sua pazienza, si avvicinò all’ appendiabiti all’ entrata, prese la sua giacca, le chiavi del suo suv  ed uscì senza dire una sola parola, sbattendosi rumorosamente la porta alle spalle, lasciando Bill e Gustav ad osservare quella stessa porta, accigliati.
Tom credeva di avere una moltitudine di pensieri ma, adesso, alla guida della sua macchina verso casa di Nic, si rese conto che in realtà non pensava a nulla, teneva gli occhi fissi sulla strada, due fessure nocciola che sembravano bruciare, il piede calcato sull’ acceleratore con rabbia.
Svoltò bruscamente ignorando un semaforo ormai rosso e poco dopo era davanti al giardino di Nic dove, seduti sulla panchina in ferro battuto, su cui lui stesso aveva aspettato la ragazza un‘ infinità di volte, Georg e Nic stavano seduti, quest’ ultima stretta tra le braccia del ragazzo.
La razionallità di Tom provò a fare capolino :
- Non stanno facendo nulla di male, lo sai che sono amici, lei ha il diritto di avere qualcuno accanto, Bill è stato un idiota … Preoccupato, certo, ma pur sempre un idiota … -
Ma la sua parte irrazionale, quella che aveva messo a tacere per infiniti giorni, adesso sembrava voler dire la sua, aprirgli gli occhi o, forse, renderlo completamente cieco :
- Perché non è venuta da me? Perché non posso essere io  la persona che può starle accanto in questo momento? … -
Scacciò quel pensiero, sostituendolo immediatamente con un altro :
- Perché tu eri con Bill, anche lui aveva bisogno di qualcuno … Ha bisogno di te … -
Ora si trovava ad un solo passo dai due amici che avevano alzato il volto verso di lui.
Tom smise immediatamente di pensare, eliminò con un solo passo quella insignificante distanza tra loro e, senza troppi complimenti, afferrò il braccio della ragazza strattonandola lontano da un Georg decisamente allibito dal comportamento dell’ amico ma non  del tutto sorpreso.
Nic non fece in tempo ad aprire bocca, un Tom ringhioso si girò immediatamente verso di lei :
<< Si può sapere cosa cazzo stai facendo?!? >>
Non le aveva lasciato il braccio e la scuoteva ad ogni parola che gli urlava in viso.
La ragazza avrebbe voluto reagire, non aveva mai sopportato chi tentava di prendere il sopravvento su di lei, ma era totalmente scioccata.
Una mano forte sulla spalla, poche parole …
Tom non le sentì nemmeno, si voltò di scatto e colpì d’ istinto il volto di chi cercava di trattenerlo, senza considerare che era il volto di un amico.
Georg, nonostante la prestanza fisica decisamente superiore per massa muscolare a quella di Tom, barcollò leggermente sotto il colpo del biondo che adesso lo fissava quasi senza vederlo, il petto che si alzava ed abbassava in fretta, il fiato corto, lo sguardo annebbiato.
Poco dopo si sentì colpire, si sentì colpire forte e credette che quello schiaffo fosse la risposta di Georg.
Fu il turno del suo cuore di vacillare quando si rese conto che la mano che lo aveva colpito apparteneva ad un viso su cui, due infuocati occhi blu, tempestosi, ora lo stavano fissando con rabbia, delusione, indignazione.
<< Cosa fai tu! COSA CAZZO STAI FACENDO TOM?  Sei impazzito?!? Come ti permetti di venire qui e trattarci in questo modo, di trattarmi come se fossi una sgua … >>
Tom non la lasciò terminare, non voleva sentire quella parola, non era quello che pensava, solo …
Solo che non sapeva più nemmeno lui cosa pensava, cosa sentiva, come gestire quella marea di emozioni che rischiavano di sopraffarlo ad ogni respiro che riusciva ad esalare.
<< Bill … >>, provò a dire; ma fu lei ad interromperlo :
<<  Cerco di avvicinarmi a lui e mi vedo respinta, di continuo, non mi permette di stargli accanto … Credi che questo mi faccia piacere? Credi che io mi stia divertendo? Credi che per me sia più facile di quanto non lo sia per lui? … Non lo è Tom… >> La voce era diventata un sussurro, un sussurro disperato che trafisse Tom in pieno petto :
<< Sono stanca Tom … Forse è colpa mia, forse sono debole … Ma non ce la faccio da sola … Ho bisogno di avere qualcuno accanto, qualcuno che non mi faccia impazzire ma che mi aiuti a trovare almeno una parvenza di calma, che sostenga e amplifichi la forza che sento vacillare di giorno in giorno … Sai cosa significa per me Amare tuo fratello? … Dovresti saperlo … Lo ami anche tu, io lo so, ma … Ma tu non vieni allontanato da lui ogni volta che ti avvicini … Non ricordo nemmeno più l’ ultima volta in cui si è lasciato abbracciare da me … E considerando quello che provo, è decisamente frustrante non potergli stare accanto … >>
Tom la ascoltava credendo di capire perfettamente come si sentiva, non era forse quello il motivo per il quale si trovava lì, per cui si era comportato in quello stupido modo ?
Ma se Bill non permetteva a Nic di avvicinarsi a lui per il troppo amore , e lui sapeva bene che era così, quale era il motivo che spingeva Nic ad allontanare lui?
- Perché permetti a Georg di starti acanto e non a me? - Pensò il giovane rasta.
Credeva di essere arrivato al limite della sua sopportazione per quel giorno, quando quell’ ultima frase di Nic si posò leggera sul suo cuore schiacciandolo inesorabilmente :
<<  E’ già tutto così terribilmente difficile e doloroso e faticoso Tom … Ti prego non ti ci mettere anche tu … >>
Sussultò come se lo avesse nuovamente colpito, un diretto allo stomaco che fece più male di ogni singolo colpo che aveva ricevuto in tutta la sua vita.
- Sono un peso per lei … Sono venuto qui con la assoluta presunzione di aiutarla e invece … Adesso so cosa sono stato per lei, cosa sono diventato .. Un peso in più, una fatica in più, un dolore in più … -
Non seppe cosa dire.
Si voltò verso Georg : <<  Io … >>
In risposta ricevette solo un sorriso mesto, quel sorriso che diceva di aver capito, di non preoccuparsi, che andava tutto bene … Avrebbe preferito essere colpito.
Si voltò, tornò in macchina lasciandosi alle spalle due dei suoi migliori amici e forse, forse qualcosa di più, qualcosa a cui non voleva dare un nome.
Georg accettò l’ invito di Nic ad entrare in casa, si lasciò posare  delicatamente la borsa del ghiaccio sullo zigomo che cominciava a gonfiarsi e mentre si godeva quelle piccole affettuose attenzioni, il pensiero era tutto rivolto a Tom, al suo amico :
-  Mi chiedo come  questa storia possa risolversi … Non ferirebbe mai Bill e sa che Nic è innamorata di suo fratello, ma … Forse ci stiamo tutti un po’ sopravvalutando … L’ equilibrio di tutti sembra essere sempre assolutamente precario … Soprattutto quello di questi tre … >>
Lo sguardo gli scivolò su una foto non molto recente dei suddetti tre che sorridevano da una cornice a giorno, e Georg non potè fare a meno di chiedersi da quanto tempo non vedesse i gemelli sorridere in quel modo e da quanto tempo Nic non fosse serena in mezzo a quei due.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


cAPITOLO 8 OGNI VOLTA MI CI VUOLE UN PO' PIU' DI TEMPO PER PUBBLICARE...  LA COSA MI PREOCCUPA UN PO' n________n' ... CHE DIRE? NUOVAMENTE DEVO DIRE CHE QUESTO CAPITOLO LO IMMAGINAVO DIVERSO, PIU' LUNGO FORSE (SONO SEMPRE COSì BREVI ç_________ç ) MA... QUESTO E' IL RISULTATO! n__n ! ... CREDEVO DI RIUSCIRE A SISTEMARE LE COSE TRA QUEI DUE TESTONI INNAMORATI E SPAVENTATI MA ... NULLA! NON HANNO ANCORA INTENZIONE DI COLLABORARE, E ALLORA LI LASCIO ANCORA UN PO' A RIBOLLIRE NEL LORO BRODO! PRIMA DI PASSARE AI DOVUTI E SENTITI RINGRAZIAMENTI, COLGO L' OCCASIONE PER RICORDARE CHE OGNI SINGOLA PAROLA NON RAPPRESENTA IN ALCUN MODO LA VERITA' DELLE VITE E DEI SENTIMENTI DEI PERSONAGGI , ED E' FRUTTO DI UNA MENTE MALATA, PER CUI... PRENDETEVELA CON LEI!
XD! XD! n____________n.
LAYLA THE PUNK PRINCESS : OK, PER IL PROSSIMO NATALE DOVRO' REGALARTI TUTTA UNA SERIE DI SECCHI NUOVI (DATO L' USO CHE TE NE FACCIO FARE! n_n' ), A PARTE GLI SCHERZI, IL FATTO CHE TU TI COMMUOVA E' PER ME MOTIVO DI ORGOGLIO E LO E' ANCORA DI PIU' SAPRE CHE SENTI IL BISOGNO DI LEGGERE IL SEGUITO DI QUESTO "STRAZIO"... OGNI LACRIMUCCIA CHE VERSI, INNAFFIA IL MIO EGO E LO FA CRESCERE... GRAZIE! (ORA SONO CURIOSA DI SAPERE QUANTE LACRIMUCCE TI FARA' VERSARE QUEST' ULTIMA "FATICA" n__n )
LADY CASSANDRA : IO, A TE, NONI DICO NULLA!  ...  ...  ...  ...  ... NO! MENTIVO! COME POSSO RESISTERE ALLA TENTAZIONE DI RINGRAZIARTI INFINITAMENTE? E QUI NE APPROFITTO PER RINGRAZIARTI DELL' ULTIMO BELLISSIMO CAPITOLO DELLA TUA "ANGEL" CHE MI HAI REGALATO, OLTRE CHE DELLE BELLE PAROLE CHE ACCOMPAGNANO OGNI MIO "SOFFERTO" CAPITOLO. CHE DIRE? SAI, COME AL SOLITO HAI "RISCRITTO" IN MANIERA PERFETTA IL MIO PRECEDENTE CAPITOLO, QUASI NON SAPEVO NEMMENO IO DI AVER SCRITTO TUTTE QUELLE BELLE COSE! n___n'  STO SCHERZANDO, OF COURSE! DICI CHE TROVI CHE IN BILL CI SIA UN PO' DI ME... CREDO TU ABBIA RAGIONE, IN OGNI COSA CHE SCRIVO E DESCRIVO CERCO DI INFONDERE UN PO' DI ME STESSA E SE CI SONO RIUSCITA, SE E' QUESTA LA SENSAZIONE CHE TI HO DATO... BHE', NON POSSO CHE ESSERNE CONTENTA. LA SPERANZA NEGATA... CREDO CHE, ALLA FINE IN QUESTA STORIA, LA SPERANZA SIA UNA CONTRADDIZIONE : TUTTI SANNO CHE NON DEVONO FARCI AFFIDAMENTO EPPURE NESSUNO RIESCE DEL TUTTO A RINUNCIARVI ... MHA'. GRAZIE PER LE TUE BELLE PAROLE ( E NON PARLO SOLO DELLA RECENSIONE, GEMELLINA... ù.ù ), SAPERE CHE CI SEI TU AD ASPETTARMI MI PERMETTE DI PRENDERMELA COMODA E ALLO STESSO TEMPO DI SENTIRE CRESCERE LA VOGLIA DI CREARE QUALCOSA DI "BUONO"... GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE! CHE ALTRO POSSO DIRE? QUELLO CHE VORREI DIRE NON E' FACILE DA RIVESTIRE DELLE GIUSTE PAROLE... UN ABBRACCIO GRANDE! TI VOGLIO BENE, MA LO SAI, VERO? n___-
INFINE UN GRAZIE A : HELLIE, ELIANA TITTI E KY83 ( LE "MINACCE" SERVONO! XD! ) CHE HANNO AGGIUNTO QUESTA STORIA TRA LE PREFERITE!
UN ABBRACCIO A TUTTI E BUONA LETTURA. A PRESTO!
 


Tom decise di non tornare subito a casa, aveva bisogno di pensare, di riflettere o forse solo di dimenticare tutto, soprattutto sé stesso, il che comprendeva in buona parte anche Bill.
Si detestò per questo, ma non poteva evitarselo.
Bill era una parte troppo grande, troppo importante di lui; allontanarsi da sé stesso significava, inevitabilmente, allontanarsi anche da lui e, in quel momento, sentiva che soddisfare il suo egoistico desiderio era esattamente tutto ciò che voleva fare.
Era tardi ormai e decise di andare in qualche pub a bere una birra e forse anche più di una.
Mandò un messaggio a Bill sapendo che era terribilmente vigliacco, da parte sua, lasciarlo solo adesso.
Ma aveva bisogno di solitudine, di avere intorno gente che non avesse i suoi stessi, addolorati occhi nocciola, o quei buoni occhi scuri che gli chiedevano scusa, né quelli verdi e comprensivi che aveva visto solo poco tempo prima, né tantomero quegli intensi occhi blu che gli perforavano la testa da parte a parte con il ricordo della loro furia e con la consapevolezza della loro dolcezza, che lui sapeva bene appartenere a quegli stessi occhi.
Per un istante desiderò scappare, fuggire lontano da tutti e da tutto, ma c’ era qualcosa che lo tratteneva e non era la sua coscienza, non era la bontà del suo cuore …
Era il semplice sapere che, ovunque fosse andato, per quanto veloce avesse potuto correre e arrivare lontano, la sua vita l’ avrebbe seguito, i suoi ricordi quelli tristi e quelli felici,le sue speranze quelle che si erano avverate e quelle che giacevano infrante ai suoi piedi, i suoi sogni quelli realizzati e quelli che non osava nemmeno immaginare da sveglio, le sue paure e le sue debolezze … Nulla di tutto questo lo avrebbe mai lasciato.
Ma era anche un altro sentimento a tenerlo saldamente legato : l’ egoismo, puro e semplice e lui non voleva nemmeno tentare di nasconderlo.
Era l’ egoistico desiderio di non sprecare nemmeno un solo giorno che gli restava da vivere con suo fratello, era il non potere, per quanto male potesse fargli, staccarsi da quella ragazza che aveva sconvolto le loro vite, era la certezza di non poter sopravvivere lontano dai suoi amici.
No, non sarebbe fuggito per sempre ma, per qualche ora, voleva provare a dimenticare.
Troppo intento a riflettere su tutto questo non si rese conto di dove stesse andando e si ritrovò in un quartiere anonimo, in periferia, poche macchine parcheggiate  nel piccolo vicolo, la luce intermittente di un solitario lampione piegato dal tempo e dallo scontro con l’ auto di qualche avventore di quel bar che si affacciava sulla stradina lucida di una pioggerella sottile.
Lasciò la macchina alla meno peggio tra le altre, disinteressandosi totalmente  del fatto che avrebbe potuto trovarla rigata o , peggio ancora, non trovarla più, ed entrò a passi lenti e misurati in quel mondo tanto dissimile da quello che era sempre stato il suo.
Aveva frequentato molti pub, ma erano sempre all’ ultima moda, locali trendy, con atmosfere sexy e cameriere altrettanto seducenti che non lesinavano sorrisi ed attenzioni, soprattutto a lui che mostrava sempre di gradire tale trattamento, e non vi era mai stato da solo, c’ erano sempre i suoi amici, suo fratello ed in seguito anche Nic, che lo osservava flirtare con una leggera nota di disappunto sul viso, con lui.
Adesso era solo.
Solo come non si era mai sentito in tutta la sua vita.
Solo come sapeva si sarebbe sentito prima o poi, e temendo quel momento con tutto sé stesso.
Era pronto a rinunciare a tutto, a sé stesso, al suo cuore, ma non a Bill.
Forse.
Quell’ ultima parola gli pesò addosso come un macigno, si sentiva sporco per averla anche solo pensata.
Non appena i suoi occhi si furono abituati alla semi oscurità di quel locale, si guardò attorno : piccoli tavoli graffiati di legno grezzo, un vecchio consunto bersaglio per le freccette, appeso alla parete di fronte a lui, un biliardo che sembrava aver visto giorni migliori, il tappeto verde graffiato in più punti, una stecca rotta abbandonatavi sopra; l’ aria era densa di fumo che  aleggiava attorno alle lampade dalla luce sgradevolmente giallognola che illuminava il locale, c’era odore di birra di basso costo e di vino stantio, proveniente dai tavoli macchiati e dal pavimento che sentiva leggermente appiccicoso sotto i propri piedi che procedevano lenti in quell’ atmosfera lugubre e pesante.
Si avvicinò al bancone, constatando che le sue condizioni non erano migliori di quelle dei tavoli, un’ uomo magro ma con una grande rotonda pancia da bevitore vi stava strofinando sopra con uno straccio che avrebbe avuto un urgente bisogno di essere lavato, tentando, senza troppa convinzione, di togliere una macchia dalla superficie grezza di legno che ormai vi si era totalmente assorbita.
Si sedette su uno sgabello traballante nell’ angolo più lontano del bancone e, non appena l’ oste gli si avvicinò zoppicando leggermente, ordinò una birra, una bionda media.
Osservò con un moto di stizza disinteressata l’ uomo che, dopo averlo tolto da un vecchio ripiano impolverato, strofinava con lo stesso straccio di prima, che non aveva abbandonato, il boccale che avrebbe contenuto la birra che gli avrebbe servito.
- C’è di peggio al mondo … - Pensò il biondo con poco interesse.
Poco dopo si vide posare davanti il suo boccale colmo di birra e di schiuma che era traboccata aggiungendo una ennesima macchia alla collezione di quel bancone, e  si sentì posare nuovamente addosso gli occhietti penetranti dell’ uomo.
- Non si vede spesso un tipo come me da queste parti, eh ? - pensò Tom, ma non c’era orgoglio o falsa modestia in quel pensiero, si sentiva semplicemente fuori posto, ossia esattamente dove voleva essere.
Portò alle labbra il boccale, bevve un sorso di quel liquido giallo e decisamente poco limpido che gli bruciò la gola, e a quello ne fece seguire altri, in attesa che le ore passassero e che passasse quella sensazione sgradevole che sentiva dentro.
Stava bevendo lentamente forse il quinto boccale quando il suono del suo cellulare lo distrasse dalla contemplazione di sé stesso sul vecchio specchio macchiato che aveva davanti.
Era rotto in più punti e proprio in quello in cui vi si rifletteva la sua immagine una lunga crepa divideva in due la sua immagine così che lui la vedesse sfalsata, come se fossero due Tom differenti a specchiarvisi, esattamente come si sentiva lui stesso : diviso tra cuore e una razionalità ormai vacillante grazie all’ alcool.
I pensieri impastati dall’ alcool non ancora sufficiente a permettergli di non pensare, svanirono lentamente mentre afferrava il telefono.
- Gustav .. -  Cercò di  connettere un pensiero coerente, poi, d’ improvviso, ricordò che era proprio Gustav ad essere rimasto con Bill la sera prima, quando lui era uscito, e un nodo gli serrò la gola dalla quale riuscì a tirare fuori solo un misero, strozzato : <
<<  Gustav … Tutto bene ? … >>
Il ragazzo dall’ altra parte del telefono sorrise mestamente notando che, nonostante la voce impastata di chi si era scolato una birra di troppo, l’ ansia era piuttosto palese.
<< Tutto bene … Bill era stanco, ma non ne voleva sapere di andare a dormire senza prima sapere dove ti fossi cacciato … Alla fine si è addormentato sul divano, ho aspettato di essere sicuro che dormisse sereno, tranquillo, prima di chiamarti … Dove cazzo sei Tom ? E’ stato in pena tutta la sera per te, ho fatto una fatica pazzesca  a convincerlo ad andare a letto, e ho dovuto portarlo di peso in camera sua,promettendogli che ti avrei cercato … Dove devo venire a prenderti ? >>
Non gli aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto, semplicemente sapeva che era così.
Si sentì uno stupido, stronzo  egoista.
<< Non ho bisogno di aiuto, non ti interessa dove sono … Sono grande abbastanza per tornare a casa con le mie gambe, mammina … >>
<<  Sulle tue gambe forse, anche se ne dubito, ma sulla tua macchina decisamente no … Dimmi dove sei Tom, o devo girare per tutti i pub della città ? >>
Nonostante il tono beffardo che aveva usato con lui, Tom sapeva perfettamente che Gustav sarebbe stato capace di farlo davvero :
<<  Hai … Hai parlato con … Georg … ? >>
Il nodo che si sentiva in gola pesava incredibilmente.
<<  E’ venuto a cercarti, sì … Voleva scusarsi con te … Suppongo per l’ aver preso la tua mano ed essersela fiondata sullo zigomo … >>
Insieme a quelle parole, il sorriso indulgente di Gustav fu fatale, Tom crollò :
<<  Non so dove sono … Non so nemmeno come ci sono arrivato … >>
Mentre pronunciava quelle parole, con uno scatto poco felino ed aggraziato, ma sufficiente per afferrarla al volo, fermò la piccola scatola di fiammiferi che l’ oste gli aveva lanciato, sopra, a lettere di un rosso sbiadito, c’era impresso il nome di un locale e l’ indirizzo che lui lesse diligentemente a Gustav.
<<  Ok … So arrivarci , aspettami, non muoverti  >>
Tom chiuse la chiamata e fissò nuovamente lo sguardo sullo specchio.
I due Tom che risposero a quello sguardo avevano un’ aria totalmente distrutta ma anche molto grata :
-  Fate bene ad essere grati … Avete degli amici fantastici … Siete maledettamente fortunati, tutti e due … E lo sono anche io … -
Bevve un ultimo boccale di birra nell’ attesa di Gustav e pochi minuti dopo, ma sarebbero potute essere ore  per quello che ne sapeva lui, lo vide entrare nel piccolo angusto locale.
E non era solo.
Georg lo seguiva da vicino ma si fermò alla cassa a pagare le birre che si era scolato Tom, pensando che l’ oste, notando il loro abbigliamento e l’ aria decisamente diversa da quella dei suoi soliti avventori, stesse gonfiando un poi il prezzo di quella birraccia da quattro soldi.
Gustav si avvicinò all’ amico, passandogli un braccio intorno alle spalle lo aiutò ad alzarsi :
<<  Kaulitz, pesi un accidenti ! Usi questi vestiti enormi solo per nascondere qualche chilo di troppo ? >>
Tom non rise ma stirò le labbra in un sorriso riconoscente e non lo fece per dovere, era davvero riconoscente a quella roccia salda che era Gustav, alla pacatezza di Georg che si era messo di fianco all’ amico e lasciandolo appoggiare di peso anche alla sua spalla, lo stava aiutando ad uscire da quel locale.
Una volta fuori, l’ aria fredda della notte fece il suo dovere, scosse Tom violentemente ed insieme ad un brivido di freddo un conato di vomito prese il sopravvento su di lui.
Barcollò lontano dai suoi amici, si appoggiò al lampione e si liberò lo stomaco da tutto quel liquido in eccesso e, mentre stava lì, sudando freddo e ansimando, sentì nuovamente le mani di Georg spostargli i rasta dal viso sudato e battergli amichevolmente sulla schiena :
<<  Forza, fai il bravo bambino, butta fuori tutta quella robaccia cattiva >>
Lo stava prendendo in giro e la gratitudine rischiò di soffocarlo.
Si pulì la bocca sulla manica della felpa, poi abbracciò Georg con affetto :
<<  Mi dispiace Georg .. Io … Non volevo … Davvero … >>
Georg non era particolarmente imbarazzato da quella dimostrazione d’ affetto da parte di Tom ma, per quanto stesse cambiando e maturando, crescendo suo malgrado, sapeva che il biondo avrebbe avuto qualche problema al ricordo di tutte quelle smancerie.
Gli battè la mano sulla spalla, piano.
Nonostante quello che aveva detto Gustav, anche Tom era notevolmente dimagrito in quegli ultimi tempi.
<< Ok, amico, so che mi sei riconoscente dell’ immensa bontà che sto dimostrando nei tuoi confronti, ma … Puzzi peggio di un cane bagnato, in quel localaccio c’ era un atmosfera più respirabile di quella che hai intorno tu adesso, quindi rimettiti dritto, Kaulitz, e prendi posto accanto a Gustav, io riporto il tuo maledetto bestione a casa … >>
Aprì la portiera ed aiutò Tom a non sbattere la testa salendo in macchina, poi si chinò verso di lui sussurrando :
<<  Non fa nulla, davvero Tom … Tutto dimenticato … >>
Gli sorrise e ricevette in risposta il sorriso di un Tom imbarazzato ma decisamente riconoscente.
Le due macchine, una ad un passo dall’ altra, ripartirono nella luce dell’ alba che si stava affacciando all’ orizzonte.
Tom si sentiva male, aveva lo stomaco in subbuglio ed il cuore altrettanto scosso ma, nonostante tutto, quella tenera luce che vedeva di fronte a sé gli sembrò piacevole come non credeva potesse essere ai suoi occhi, era un giorno in più che nasceva per finire ed andarsene che non gli sarebbe mai stato reso, un giorno perduto, ma era anche un giorno da vivere e, non appena il suo fisico maltrattato si fosse ripreso, lo avrebbe vissuto.
Erano ormai le sei quando si fermarono di fronte alla casa dei gemelli, Tom invitò Georg e Gustav ad entrare a prendere un caffè.
In realtà temeva la reazione di Bill, non era sicuro di riuscire a sostenere il suo sguardo se fosse stato da solo.
Si arrabbiò con sé stesso :
- Accidenti a te, Kaulitz! Da quando sei diventato così puerilmente infantile? -
Nonostante tutto cercò di fare meno rumore possibile entrando in casa, si diresse seguito dai due amici in cucina e si decise ad accendere la luce solo quando la porta si richiuse dietro a Gustav.
Si lasciò cadere su una sedia lasciando che fosse Georg a preparare la macchinetta del caffè, e poco dopo erano seduti con lui sorseggiando quella bevanda che parve a Tom più amara del solito.
Alla smorfia disgustata del rasta Gustav finse di nascondere un sorrisetto piuttosto palese :
<<  Non c’è zucchero nel tuo, Kaulitz … E’la giusta punizione per la tua idiozia, suppongo … >>
Quell’ espressione beffarda si riflesse sul volto di Georg ed un istante dopo su quello di Tom :
<< Che stronzi … >>
L’ atmosfera era rilassata, Tom stava giusto considerando che se ne sarebbe andato volentieri a letto, quando, poco gentilmente, la porta della cucina si spalancò lasciando entrare un Bill decisamente più infuriato che assonnato, nonostante le ombre scure sotto i suoi occhi lucidi.
<< Dove cazzo sei stato tutta la notte? Mi hai fatto morire di spavento!  Di solito quando vai a divertirti con qualcuna delle tue sciaquette per lo meno hai la decenza di dirmelo! Da quando te ne esci senza dirmi dove vai? … >>
Quel fiume in piena parve sommergere Tom senza dargli nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava succedendo, le tempie gli pulsavano maledettamente e sentiva la rabbia gonfiargli il petto.
<< E da quando tu sei diventato mia madre? Da quando devo rendere conto a te di tutto quello che faccio?  >>
La voce dura, fredda, distaccata eppure così furiosamente in colpa.
C’ erano altre cose che avrebbe voluto dire, altre parole che gli premevano alle labbra.
Avrebbe potuto lasciarle esplodere al di fuori di lui, sarebbe stato giustificato …
- Del resto sono ubriaco, no? Potrei anche dirglielo … Dirgli che sono andato a cercare la sua stramaledetta ragazza … Dirgli che devo … - Deglutì  - Devo pur abituarmi a non condividere più la mia vita con lui, visto che se ne andrà, che mi lascerà solo … -
Quella semplice constatazione si fece largo tra i suoi pensieri, gli invase la mente, l’ anima, il corpo, sentiva quella verità pesargli addosso come il più pesante dei macigni.
Bill vide l’ espressione di Tom mutare rapidamente : rabbia, frustrazione e poi … Dolore … Sgomento …
Lo vide chiudere gli occhi un istante, come se cercasse di riprendere il controllo di sé, poi alzarsi ed allontanarsi verso le scale senza dire una sola parola.
I tre ragazzi in cucina rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, ognuno con la sua opinione e con il timore di esprimerla, e poco dopo, sentirono l’ acqua scorrere nel bagno di Tom.
<< Credo … Credo sia meglio  se noi andiamo … >>
Bill sentì appena le parole di Gustav, ancora perso nel ricordo dell’ espressione di suo fratello, chiedendosi cosa gli stesse succedendo, ma sentì chiaramente la sua mano posarsi sulla propria spalla, si voltò verso di lui, gli sorrise :
<< Sì … Grazie ragazzi … Di tutto … >>
Pronunciando quelle ultime parole, posò lo sguardo su Georg, sperando che il ragazzo sentisse la sua gratitudine, anche per l’ aiuto che stava dando a Nic.
Gli faceva male, certo, ma era contento, lo era davvero, che lei potesse avere qualcuno al suo fianco, che non fosse sola.
I due ragazzi sorrisero a loro volta a quel cucciolo spettinato e pallido e maledettamente magro che era il loro amico e si diressero verso la porta:
<< Mi raccomando Bill, torniamo oggi pomeriggio e … Vorremmo trovare il Kaulitz cattivo ancora tutto intero … >> Rise Gustav.
Bill sorrise  : << Cercherò di non sfoderare l’ artiglieria pesante … >>  
Ma mentre richiudeva la porta, mentre saliva stancamente le scale diretto in camera sua, sentiva la rabbia scemare rapida così come era salita.
In realtà non era arrabbiato con Tom, non lo era nemmeno mentre gli urlava contro.
Era solo maledettamente preoccupato, lo era stato per tutta la notte, lo era mentre fingeva di dormire nell’ attesa che Gustav si decidesse ad andare a cercarlo, lo era mentre fissava le lancette dell’ orologio che sembravano immobili mentre aspettava che rientrassero.
Gli sembrava passata un eternità quando finalmente aveva riconosciuto il rumore dell’ auto di Gustav e delle chiavi che giravano nella toppa.
Ed era esploso.
Non voleva assalirlo, immaginava che avesse bevuto, immaginava che non stesse bene, ma non aveva trovato un modo migliore per accoglierlo, doveva sfogare quell’ ansia che lo aveva tormentato per tutta la notte.
Adesso la casa era avvolta nel silenzio, l’ oscurità era meno intensa, la luce del mattino filtrava appena dalle finestre creando una piacevole penombra attorno a lui che stava fermo davanti alla porta della sua stanza senza riuscire a decidere se entrare o no .
Alla fine fece pochi passi e raggiunse la stanza di Tom.
All’ interno regnava il silenzio e lui dischiuse appena la porta e si affacciò all’ interno :
<<  Tomi … >>
Sussurrò, ma non gli giunse alcuna risposta, solo il respiro lieve e regolare  proveniente dal letto.
Era sveglio, lui ne era certo.
Entrò chiudendosi la porta alle spalle, un nodo gli stringeva la gola, non sapeva esattamente cosa dire, ma sapeva che aveva bisogno di stare con lui.
Si sedette per terra accanto al suo letto, appoggiandovi la schiena, tremando appena al contatto con il pavimento freddo.
Passarono alcuni minuti, poi un movimento alle sue spalle lo costrinse a voltarsi.
Tom teneva le coperte alzate, invitandolo con lo sguardo ad entrare nel letto con lui :
<<  Il pavimento è freddo … >>
Bill gli sorrise grato e scivolò leggero al suo fianco, i due identici nasi che si sfioravano, gli occhi  che si scrutavano seri :
<<  Mi dispiace Tomi … Non volevo prendermela con te … Ero preoccupato. Sei uscito come una furia e non ti sei più fatto sentire … Mi dispiace davvero >>
Tom sapeva di essersi comportato male nei confronti di suo fratello, era vero, gli aveva taciuto quelle verità che gli bruciavano in gola, ma sapeva di averlo ferito ugualmente e sentire  suo fratello scusarsi con lui, gli fece male … Si sentiva maledettamente in colpa.
Per diversi motivi.
Non tutti chiari.
Non tutti semplici da ammettere.
Nemmeno con sé stesso.
Tantomeno con la parte migliore di sé, con lui.
<< Non importa … E’ colpa mia, sono stato uno stupido. Soprattutto perché so bene quanto tu sia chioccia >>
Cercò di sorridere, di sdrammatizzare la situazione, ma Bill, pur rimanendo a fissare i suoi occhi in silenzio, non aveva sorriso.
Tom rinunciò allo spirito, un sospiro gli sfuggì dalle labbra insieme ad un sussurrato Buonanotte, segno evidente che la conversazione era giunta al capolinea; sistemò meglio le coperte sulle spalle di suo fratello e, sentendosi scrutare così a fondo da quegli occhi nocciola intensi, gli posò un rapido bacio leggero sulla guancia tiepida, poi chiuse gli occhi.
Quelle iridi ambrate lo ferivano come poche altre cose al mondo.
O forse a ferirlo era il pensiero del momento in cui non avrebbe più provato quel dolore.
Ingoiò il magone e cercò di rilassarsi, lasciando che il silenzio  lo avvolgesse assieme alle braccia esili di suo fratello, pregando che il sonno non tardasse ad arrivare, ma dopo qualche infinito minuto di silenzio, passato ad ascoltare il respiro di Bill in attesa che gli rivelasse che si era finalmente addormentato, fu proprio la sua voce a giungere ad accarezzargli le orecchie, in un sussurro :
<<  Tom … Lo so che  … >>
Il biondo era completamente concentrato su di lui e non gli sfuggì quel lieve tremore che Bill aveva immediatamente cercato di reprimere :
<<  Lo so che … Prima o poi non dovrai più darmi alcuna spiegazione … >>
Una risatina breve che nascondeva un’ insicurezza che gli spezzò il cuore.
<<  Ma … Finchè ci sono, finchè sono qui vorrei … Vorrei sapere tutto di te, come è sempre stato tra noi, vorrei … Vorrei che tu mi permettessi di stare al tuo fianco, fino a quando mi è concesso di farlo … >>  
Gli occhi di Tom si spalancarono contro il suo stesso volere, fissandosi sul volto che Bill teneva ostinatamente chino e che lui vedeva perfettamente anche nella penombra della stanza.
Vedeva ogni particolare di quel viso, anche quelli nascosti alla sua vista, ogni fremito delle sue lunghe ciglia scure e sapeva perfettamente che gli occhi di suo fratello, del suo Bill, erano colmi di quelle lacrime che non versava semplicemente perché sapeva quanto lo mettessero a disagio.
Ma questa volta furono le difese di Tom a crollare.
Strinse  a sé quel suo gattino tremante, lo strinse forte, sgomento di quanto fosse ulteriormente dimagrito, sentì le ciglia umide sfiorargli la pelle più delicata della gola, e con le sue stesse ciglia, ugualmente imperlate di lacrime, sfiorò i suoi capelli.
<< … Scusami Billie … Scusami … >>
Non si preoccupò di soffocare quel gemito strozzato che sfuggì alle sue labbra assieme alle sue parole.
Non gli importava.
L’ unica cosa che importava in quel momento era il suo piccolo fragile angelo dalle ali spezzate, e quell’ amore che rischiava di soffocarlo, assieme  alle lacrime che non riusciva a versare, alle parole che non riusciva a dire, al dolore che spezzava i loro identici cuori la loro unica anima.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


NUOVO CAPITOLO DIE ECCOMI DI RITORNO... CON QUALCHE GIORNO DI RITARDO RISPETTO AL SOLITO... MA STO SCRIVENDO UN CAPITOLO PER VOLTA E LA COSA MI RISULTA UN PO' "STRANA"... n_______n
MA UNA COSA CHE MI PIACE E UN PO' MI "SPIAZZA", AFFRONTANDO LA STORIA IN QUESTO MODO, E' CHE SPESSO I CAPITOLI ESCONO LEGGERMENTE DIVERSI O INASPETTATI DA COME CREDEVO...
QUESTA VOLTA ABBIAMO UNA "NEW ENTRY"... CHE VI LASCERO' SCOPRIRE PER I FATTI VOSTRI!
NON HO MOLTO DA AGGIUNGERE SU QUESTO CAPITOLO, PER CUI PASSO DIRETTAMENTE AI RINGRAZIAMENTI:
ANSTE (CHE RECENSISCI SEMPRE DAL MIO PC... CREDERANNO CHE MI RECENSISCO DA SOLA! XD!) : GRAZIE DELLE BELLE PAROLE! COME AL SOLITO LA COSA CHE MI FA PIU' PIACERE E' CHE LE MIE TORTURE PSICOLOGICHE ( LEGGASI : TORMENTARTI CON L' ANTEPRIMA DI OGNI CAPITOLO n____n' ) NON HANNO DANNEGGIATO ULTERIORMENTE IL TUO POVERO NEURONE! XD!
XOXO_VALY : NON TI PREOCCUPARE SE NON HAI POTUTO RECENSIRE PRIMA! MI FA COMUNQUE MOLTO PIACERE CHE TU STIA SEGUENDO QUESTA STORIA CHE SEMBRO (INCONSCIAMENTE n___n''' ) NON VOLER PORTARE A TERMINE! OVVIAMENTE SONO CONTENTA CHE TI ABBIA COINVOLTO, L' ENNESIMO CAPITOLINO BREVE, MA SE SONO RIUSCITA A FARCI STARE TUTTO QUELLO CHE DESIDERAVO... BHE' ALLORA VA BENE, NO?
SPERO DI CONTINUARE AD "INCONTRARTI" LUNGO QUESTO ARDUO PERCORSO DISSEMINATO DI "SASSOLINI FASTIDIOSI" E "POLVERINE SOTTILI NEGLI OCCHI"! MI RINGRAZI, ED IO POSSO SOLO DIRE CHE E' UN  VERO PIACERE PER ME SCRIVERE QUINDI GRAZIE A TE!!!!
LADY CASSANDRA : PER RISPONDERE A TE ENTRO SEMPRE UN PO' IN CRISI... ç_____ç ... COSA SI PUO' DIRE A QUALCNO CHE IN (RELATIVAMENTE) POCO TEMPO E' RIUSCITO A DARMI TANTO? TANTO AFFETTO, TANTA FIDUCIA, TANTA VOGLIA DI CONTINUARE A FARE QUELLO CHE AMO, TANTA VOGLIA DI SOGNARE E TRASPORTARE I SOGNI QUI, TANTA VOGLIA DI CREDERE ANCORA IN QUALCOSA DI NUOVO ED INASPETTATO?!' DAI, DIMMELO TU, O "MIA SOMMA MAESTRA" (XD!) (MA, IN PARTICOLARE PER "ANGEL", MERITI QUESTO ED ALTRO!)... INSOMMA... GRAZIE! QUESTA E L' UNICA PAROLA (DECISAMENTE ABUSATA... ç____ç) CHE MI VIENE IN MENTE, PER CUI E' QUELLA CHE TI DICO: GRAZIE, GRAZIE DI TUTTO, DAVVERO! SONO CONTENTISSIMA CHE TI SIA PIACIUTA LA DESCRIZIONE DEL LOCALE, ANCHE SE E' DECISAMENTE BREVE (COME TUTTO IL CAPITOLO, DEL RESTO ç_ç ) E, NO, IL LIGA NON CENTRA NULLA, DATO CHE NON "SEGUO"... COME A TE E' PIACIUTA LEGGERLA, A ME E' PIACIUTO SCRIVERE LA PARTE IN CUI LE NOSTRE DUE G ACCORRONO IN AIUTO DI QUEL "TONTO" (MA TANTO DOLCE E TANTO DISPERATO ç_ç ) DI TOM... IN FONDO VOGLIO CHE PER I MIEI PROTAGONISTI, PER LA MIA STORIA,  L' AMICIZIA SIA ALLA BASE DI TUTTO, DEL RESTO E' UNA DELLE FORME CHE PUO' ASSUMERE L' AMORE, PIU' "PURA" E DISINTERESSATA... LA DESIDERO PER LORO NELLA FINZIONE, COSI' COME PER ME NELLA VITA... E GRAZIE A TE L' HO AVUTA! QUINDI UN ENNESIMO GRAZIE!
UN ULTERIORE RINGRAZIAMENTO VA A ANGEL1992 CHE HA INSERITO LA STORIA TRA LE SUE PREFERITE! COME AL SOLITO MI RENDE ORGOGLIOSA, PER CUI GRAZIE!
TERMINIAMO CON IL SOLITO RICORDARE CHE I PERSONAGGI ( A PARTE NIC!) NON MI APPARTENGONO,  CHE OGNI PAROLA CHE LEGGERETE E' FRUTTO DELLA MIA MENTE BACATA E CHE NON RAPPRESENTA LA REALTA' DEI FATTI PASSATI PRESENTI O FUTURI NE' TANTOMENO DI FATTI POSSIBILI!!!! n______n
UN ABBRACCIO A TUTTI QUELLI CHE VORRANNO SOFFERMARSI (PLEEEEASEEEEE UN COMMENTINO FA SEMPRE PIACERE, ANCHE BREVE, ANCHE PER DIRMI CHE FACCIO PENA! n_n''''' )
BUONA LETTURA E A PRESTO!

… Mondiale! >>.
Ecco cosa stava dicendo in quel momento David, o per lo meno, era quello che i quattro ragazzi seduti sui comodi divani di casa Kaulitz, diventata ormai per ovvie ragioni una sorta di “quartier generale” per loro, credevano di aver sentito.
Se ne stavano muti ed immobili, cercando di assimilare quelle parole e l’ entusiasmo del loro manager.
Nonostante tutto, nonostante sapessero che il giovane uomo che avevano di fronte non stava affatto sottovalutando la situazione, l’ entusiasmo che vedevano brillare  nei suoi occhi di un azzurro intenso, li aveva sconvolti ed ora li stava lentamente contagiando, coinvolgendo.
Erano talmente presi dalla portata di quelle parole che ancora non riuscivano a mettere a fuoco nel modo corretto che sobbalzarono al suono improvviso del campanello.
Fuori dalla porta Nic si stava torturando le labbra alla ricerca di qualcosa da far uscire dalle suddette ,e  la maglietta nella speranza che quel gesto allentasse un po’ il nervosismo che sentiva dentro.
Aveva giurato a sé stessa che non avrebbe permesso a nulla di tenerla ancora lontana da lui, non lo avrebbe permesso nemmeno a quello schiaffo ricevuto la sera prima, né alle  paure di Bill o alle proprie.
Mentre ancora si arrovellava su questi pensieri non si accorse di Gustav che le stava di fronte, l’ aria leggermente sorpresa, ma nemmeno più di tanto, nel constatare che lei era di nuovo lì nonostante tutto quello che era successo e quello che gli aveva raccontato Georg.
Lei alzò lo sguardo, notando la mano del batterista che sventolava leggera sotto il suo naso tentando di richiamare timidamente la sua attenzione, ed incontrò i profondo occhi sorridenti del biondo di fronte a lei ed il caldo sorriso che le stava rivolgendo.
Ricambiò, sentendosi il cuore gonfio di affetto per il suo Gus, che adesso le stava facendo strada verso il salotto.
Non appena entrata, un David che passeggiava frenetico avanti ed indietro, l’ accolse calorosamente, stringendola tra le braccia e sussurrando qualcosa al suo orecchio.
Qualcosa che solo lei poté sentire e a cui rispose con un sorriso riconoscente.
Notando le espressioni leggermente imbambolate dei quattro, la ragazza però cominciò ad avvertire una sottile ansia :
<<  Che cosa sta succedendo? Sono arrivata in un momento inopportuno? >>.
Non poté fare a meno di riversare nella voce quella tensione che sentiva soffocarle il petto un po’ più pesante ad ogni istante.
Fu la voce di Bill, ancora fievole dopo la sconvolgente notizia, a risponderle tenendo lo sguardo fisso davanti a sé in direzione della ragazza ma senza in realtà vederla.
<<  Andremo in mondo visione con il nostro concerto … >>
Nic temette di non aver sentito bene, stava lì a fissare Bill senza osare spostare lo sguardo né respirare, quasi.
Poi vide Bill scuotersi, i suoi occhi animarsi e posarsi decisi eppure timidi su di lei, un lieve rossore che lei attribuì sia alla soddisfazione di quello che sarebbero riusciti a fare, sia all’ imbarazzo per quello che era successo tra loro il pomeriggio precedente.
Ma in quel preciso istante Nic dimenticò tutto, si slanciò verso il ragazzo, travolgendo poco elegantemente Georg e Tom , che avevano prontamente ritratto le gambe ma non abbastanza velocemente da impedirle di ritrovarsele tra i piedi, e gettò le braccia al collo di Bill, stringendolo forte a sé, godendo di quel contatto di ogni centimetro dei loro corpi, sentendosi il cuore scoppiarle nel petto  dall’ orgoglio, aspirando il profumo dei suoi capelli di seta, ascoltando come musica il battito del cuore di lui contro il proprio petto.
<>
Un sussurro soffocato da un singhiozzo, una lacrima di felicità sul viso …
O di dolore …
In quel momento lei non sapeva capire di cosa si trattasse con precisione.
E non voleva saperlo. Quanto le era mancato quel gesto che ora era avvenuto così spontaneo, esattamente come era sempre stato, come lei desiderava che fosse, come sarebbe dovuto essere?
Bill era rimasto immobile tra le braccia di lei …
Quante volte aveva desiderato quel momento?
Quante volte lo aveva immaginato ?
Quante notti aveva passato insonne desiderando di sentirsi ancora stretto a lei, di sentirla tra le proprie braccia ?
Ecco, ora stava succedendo …
E lui non riusciva a muovere un solo muscolo …
Forse era per la notizia bomba di David , forse per l’ imbarazzo di non essere da soli, forse era il senso di colpa che lo schiacciava per il gesto che aveva compiuto.
Ma lei era sincera, di questo ne era assolutamente convinto, lei era davvero fiera di loro e lui gliene era grato.
Avrebbe voluto abbracciarla a sua volta, superare quel muro invisibile ed altrettanto invalicabile che lui stresso aveva creato tra di loro.
Finalmente, dopo quei pochi attimi che ad entrambi erano sembrati un eternità, lui si riscosse  e la staccò delicatamente da sé di qualche centimetro, giusto per riuscire a vedere i suoi occhi ed, insieme ad essi, il segno leggero che la sua mano aveva arrecato al suo bel viso, sullo zigomo, che lei aveva tentato di nascondere con la cipria.
Distolse lo sguardo, dandosi dell’ idiota.
Sapeva quanto la pelle della ragazza fosse delicata, lo sapeva perché, ogni mattina in cui si era svegliato stringendola, coperta solo dal lenzuolo, tra le sue braccia, poteva osservare i segni dei suoi baci appassionati, dei suoi morsi leggeri, delle sue unghie che l’ avevano stretta con passione a sé, sulla sua pelle candida, rammaricandosene un po’ e trovandolo allo stesso tempo terribilmente sexy …
Era sua, quei segni lo dimostravano.
Adesso quel segno sulla sua pelle candida, non dimostrava un bel niente se non la sua stupidità e lui cercò di ignorarlo concentrandosi sugli occhi di lei, perdendosi in quelle iridi di un blu profondo :
<<  Si … David ci stava spiegando come sarà possibile, ma … In effetti non ho capito molto … E poi … >>
Abbassò lo sguardo
<< Sarà il nostro ultimo concerto … >>
Lei non resistette, non sopportava di vedere la sua espressione ferita, quello sguardo disperato.
Sentiva di dover fare qualcosa per lui, sentiva di volerlo aiutare.
<< Si, e sarà fantastico, eccezionale, unico! >>
Posò delicatamente le dita sotto il mento del ragazzo costringendolo a voltare lo sguardo nel proprio con una carezza leggera :
<< Ne sono assolutamente convinta, cucciolo … >>
Al suono di quella parola il respiro le morì in gola - Ma che cosa cavolo sto dicendo? !? -
Alzò due occhi enormi su Bill che sembrava stesse trattenendo il fiato, guardandolo sgomenta, chiedendogli scusa con lo sguardo.
Il silenzio era diventato palpabile.
Georg, Gustav e David erano rimasti imbambolati ad osservare quei due che non si staccavano gli occhi di dosso così che nessuno notò lo sguardo di Tom abbassarsi pudico verso quei due ragazzi e verso i suoi stessi sentimenti che schizzavano confusi ed indecisi e poco limpidi dentro di lui, tormentandolo.
Fu David ad avvicinasi al ragazzo, a spezzare quel silenzio imbarazzato ed a riportare alla realtà tutti :
<<  Nic ha ragione Bill >>
Disse assestando una pacca misurata sulla schiena del ragazzo.
<>
E dicendo questo abbracciò con uno sguardo pieno di affetto ed orgoglio i suoi ragazzi
<<  Voi … L’ avete fatta >>.
Gli sguardi dei quattro ragazzi si voltarono all’ unisono sull’ uomo che aveva appena pronunciato la frase più bella che, come musicisti, avessero mai sentito …
In quel momento le critiche che avevano sputato addosso ai Tokio Hotel come veleno che avrebbe voluto bruciarli, non aveva più alcuna importanza né significato.
Avevano fatto la storia … L’ avevano fatto davvero?
Quasi non se ne capacitavano …
In poco meno di dieci anni di carriera avevano vinto infiniti premi, calcato i palcoscenici di quasi tutto il mondo, avevano mandato in delirio milioni e milioni di ragazze, adolescenti e non …
Ma, per quanto loro stessi si sentissero a volte increduli di tutto ciò, il loro punto di vista non era obbiettivo : era la loro vita, e sembrava ormai l’ unica che conoscessero.
Per loro non era strano spostarsi da Roma a Parigi e da lì a Londra o Città del Messico … Eppure …
Eppure anche David era completamente coinvolto in questa loro vita, ma lui, lui riusciva ad osservare il fenomeno Tokio Hotel da diversi punti di vista : come manager, come “tutore” e amico e persino come semplice uomo … Lui riusciva a vedere …
Lui credeva davvero che loro avessero fatto la storia e che per questo sarebbero stati ricordati per sempre.
Certo, Bill aveva scritto “Wir Sterben Niemals Aus“, ma era più che altro una sorta di “rito scaramantico”, qualcosa che fermasse i loro desideri permettendo loro di diventare reali; sentire  quelle parole dalle labbra del loro manager, in quel momento, rendeva tutto più reale, stupendo e doloroso.
Georg fù il primo ad alzarsi e ad abbracciare l’ uomo, seguito da Gustav, Tom e Bill, così che David si trovò presto sommerso di braccia e volti e sorrisi riconoscenti, quelli dei suoi ragazzi, e seppe di non essere mai stato tanto sicuro di quello che aveva detto.
Infine anche Nic, un po’ titubante  si avvicinò all’ uomo, ancora vergognandosi per ciò che aveva appena fatto ma ugualmente grata a David per averle dette, quelle parole, per aver regalato a quei ragazzi che lei amava sopra ogni altra cosa, ognuno di loro, nessuno escluso, quel momento perfetto .
<<  E’ anche merito tuo Dave, grazie … Di tutto … >>.
A Georg  non sfuggì quell’ ultima frase sussurrata dalla ragazza né lo sguardo che aveva posato negli occhi dell’ uomo, nè il lieve imbarazzo che era trapelato dall’ espressione e dalla voce di David mentre le rispondeva :
<<  Grazie a te … >>.
Georg era sempre stato abituato ad osservare la gente , i lievi mutamenti delle espressioni, della postura dei corpi, ma ancora una volta si stupì di quanto, in quegli ultimi tempi, quella sua peculiarità si fosse amplificata.
Nulla sfuggiva  al suo sguardo, anche se qualche volta lo avrebbe tanto desiderato …
Vedere, anche solo percepire, il dolore sul volto, negli occhi e negli atteggiamenti dei suoi amici  lo faceva  stare male.
Decise che  avrebbe parlato con Nic, quella confidenza con David lo aveva incuriosito …
Ma non se ne presentò l’ occasione, non presto  quanto lui avrebbe desiderato …
Si vedevano ogni giorno, questo sì, Nic era, insieme a Georg e a Gustav, presente in pianta stabile in casa  Kaulitz; sembrava assolutamente decisa a mantenere fede ai suoi desideri, a non voler perdere nemmeno un  minuto per stare accanto a Bill.
Ma le cose erano cambiate.
La ragazza sembrava vergognarsi di quella carezza leggera che aveva posato, in un gesto così naturale, tenero e spontaneo sul viso di Bill, di quella parola dolce che era salita lieve alle sue labbra, stava con Bill e allo stesso tempo sembrava rifuggire qualsiasi contatto con lui.
Il ragazzo da parte sua, pur soffrendo per l’ ennesima complicazione che sembrava essere apparsa nella loro relazione, sembrava deciso a non fare nulla per mutare la situazione.
Anche David era spesso presente a casa dei gemelli per discutere dei preparativi del concerto, come avevano sempre fatto : il loro manager li aveva sempre attivamente  coinvolti in tutto quello che riguardava la band e non sembrava intenzionato a smettere di farlo adesso …
Così passava ore a passeggiare nel salotto di casa Kaulitz con il fedelissimo Blackberry attaccato all’ orecchio quasi come fosse una escrescenza naturale della sua persona, per il massimo divertimento dei ragazzi :
<<  Prima o poi si fonde del tutto e diventa un tutt’ uno con la sua testa >>.
Era solito esclamare Gustav assumendo un aria ascetica da veggente mancato e scoppiando poi a ridere seguito dai quattro amici che si lanciavano in un giro di scommesse clandestine su quale dei due si sarebbe fuso prima : se David o il suo adorato, fedelissimo Black.
Spesso, la sera, si ritrovavano tutti a mangiare  attorno al tavolino del salotto, commentando sguaiatamente questo o quel film e pescando a caso tranci di pizza da questo o quel cartone abbandonato alla rinfusa sul tappeto, rovesciando puntualmente qualche lattina di birra tra le imprecazioni sommesse e divertite di Nic che  finiva sempre con il dover recuperare qualcosa per ripulire i disastri di quei cinque bambini troppo cresciuti, col cuore pieno di tenerezza ed orgoglio davanti al sorriso scanzonato e totalmente disinteressato del povero tappeto, di Bill.
Dal canto suo Bill adorava quei momenti, per lui erano i migliori : erano quelli in cui si sentiva meglio, quei momenti che riuscivano ad escludere tutto il resto e ad essere vissuti per quello che erano : momenti perfetti, attimi  in cui lui si sentiva di nuovo normale.
Un normale artista che stava preparando una nuova tournè, ma soprattutto, un normale ragazzo di diciannove anni che stava cenando circondato dai suoi amici.
Fu durante una di quelle cene che David, approfittando del caos generale creato da una lattina di birra che Tom aveva furtivamente e sadicamente agitato prima di porgerla con una alquanto sospetta gentilezza a Gustav e che era esplosa addosso al povero, ignaro ragazzo, per seguire Nic in cucina, l’ espressione di chi ha qualcosa da chiarire dipinta in volto.
Nic aveva imparato a riconoscere quell’ espressione assorta sul volto dell’ uomo e, mentre posava il suo sguardo su di lui, non fu poi così sorpresa di ritrovarvela.
Sospirò rassegnata.
Non appena si fu richiuso la porta alle spalle, David bloccò l’ uscita appoggiandovisi con la schiena e fissò gli occhi in quelli della ragazza prendendo fiato e sperando di trovare le parole giuste.
Aveva aspettato a venire allo scoperto, aveva impiegato un bel po’di tempo per metabolizzare la notizia della malattia di Bill e ammirava la forza di quella che ai suoi occhi era poco più di una bambina ma che si era gettata in quella situazione con la forza ed il coraggio di una giovane donna, sicura di null’ altro se non dei suoi sentimenti.
<< Mi sono tenuto fuori da questa storia, dalla vostra storia, quanto più mi è stato possibile quando ho capito che non avrei potuto fare nulla per impedirvi di stare assieme … E devo ammettere che è stato un bene … Ero troppo preoccupato per la loro carriera e per la serenità di Bill per capire  che la sua serenità eri tu … Temevo che stare con te lo avrebbe distratto dal suo lavoro, dal perseguire i suoi sogni, sogni dai quali dipendevano i sogni di altri tre ragazzi ed il destino di molte altre persone … Anche il mio, lo ammetto e, non meno importante, temevo che lo avrebbe fatto soffrire … Poi vi ho visti, anzi, vi ho visti e soprattutto ho sentito te … >>
David si concesse un sorriso divertito e falsamente esasperato al ricordo dell’ espressione decisa di quella bimba cocciuta che si era presentata come una furia nel suo ufficio alla Universal, seguita dalla sua povera segretaria, affannata e spettinata come se avesse lottato con una furia …

… << Lei! >> Aveva esordito la ragazzina con un espressione inferocita
<< Chi si crede di essere lei per decidere con chi Bill debba uscire o meno? >>
David sorrise sornione :
<< Il loro manager … So cosa è meglio per loro, lo ho sempre saputo fino ad adesso >>.
<<   Bhè, allora adesso non lo sa più! Si è sbagliato, dovrebbe farsene una ragione! >>.
Lo aveva interrotto la moretta senza dargli il tempo di terminare una frase.
<< Sì, ho sbagliato >> Rise l’ uomo beffardo << Mi sono sbagliato su di te … Mi eri sembrata una ragazzina per bene, tranquilla, che sa portare rispetto e stare al suo posto … >>.
<<  Ma io so stare al mio posto! E’ per questo che sono qui! Per poter stare al mio posto, ed il mio posto è accanto a Bill! Non me ne frega un cazzo di quello che lei possa pensare di me! >> Aveva proseguito lei, interrompendolo per l’ ennesima volta, cosa che irritava David Jost quasi quanto un contrattempo a pochi minuti da un live dei suoi ragazzi, ma che segretamente lo aveva colpito.
Ammirava questa piccola strega che strepitava, gli occhi blu infuocati fissi nei suoi azzurri, privi di timori, disposta a tutto pur di lottare per ciò che desiderava ed in cui credeva.
Gli ricordava Bill, caparbio e deciso e poco propenso ad arrendersi.
<< Anche sboccata … Perfetta per la nostra Diva …  >>.
Le rise in faccia mettendola ulteriormente alla prova.
Se avesse dovuto arrendersi alle circostanze, e temeva proprio di doverlo fare, lo avrebbe fatto a modo suo, il tono si fece improvvisamente serio :
<<  E, sentiamo, cosa credi di poter fare per Bill? Cosa credi di potergli dare che già non possegga o che non possa procurarsi facilmente? >>.
Il naso a pochi centimetri dal viso della ragazza che improvvisamente arrossì e finalmente abbassò gli occhi in maniera così dolcemente pudica che per un istante David credette di aver perfettamente capito cosa vi avesse visto Bill in quello scricciolo di ragazza.
<< Io … Io non possiedo molto, se parliamo di soldi e anche per il resto … Sono una ragazza normale, con un sacco di difetti e qualche pregio che a volte vi si confonde … Ma sono semplicemente io … Ecco cosa ho da offrire a Bill … E … Lo amo … Nient’ altro >>.
Aveva coraggiosamente rialzato lo sguardo a fissare il manager spocchioso che si trovava di fronte e trovando l’ immagine di un uomo meno spocchioso e un po’ più umano di quanto si aspettasse.
David si sedette sulla sua poltrona abbandonandovisi completamente senza distogliere lo sguardo da lei.
Rimasero a fissarsi a vicenda per diversi, lunghissimi minuti che la ragazza passò a torturare quasi inconsapevolmente la maglietta di Bill che indossava in quel momento e che le stava leggermente stretta sul petto e appena un po’ lunga alla vita.
Il giovane uomo sorrise tra sé e sé di quel gesto che rivelava tutta la fragile forza di quella bambina.
Alla fine David drizzò le spalle e parlò :
<< Bene, a quanto pare ora sono obbligato a rivelarti un piccolo segreto. Ieri sera ho avuto una discussione del tutto simile con Bill >>.
L’ uomo provò un moto di piacere notando l’ espressione leggermente incredula della ragazza.
<< Certo, lui non è entrato trascinandosi dietro la povera Doris quasi in lacrime, e non si è messo ad urlare come un ossesso, ma anche lui ha usato termini poco … Eleganti … Per esprimermi il suo disappunto verso la mia decisione. E’ vero, sei solo una ragazzina come tante ma, a quanto pare, sei la ragazzina che lui desidera, quindi mi vedo costretto a sottostare ai vostri capricci … >>.
Di nuovo venne interrotto ma questa volta non da parole impetuose ma da un altrettanto impetuoso abbraccio.
Nic aveva quasi scavalcato la scrivania e si era lanciata sull’ uomo :
<< Grazie! Ohhhh, grazie Dave! >>.
Fu esattamente in quel momento che Bill e Tom entrarono nell’ ufficio del loro manager.
Quello che videro li lasciò per un attimo basiti : scompostamente e a malapena seduto sulla poltrona, uno stupitissimo David stava subendo l’ assalto di Nic che gli era praticamente seduta in braccio e la reggeva alla meno peggio senza apparentemente sapere dove mettere la mani.
Bill si riprese subito, un largo radioso sorriso si dipinse sulle sue labbra :
<<  A quanto pare tu sei riuscita dove persino il mio più dolce sguardo aveva fallito! >>.
Nell’ udire la voce del ragazzo Nic si alzò dal povero manager sconvolto e corse con un gridolino deliziato verso il ragazzo, gettandogli le braccia al collo.  
<< Ok, allora credo proprio che non sia servito a nulla portare con me i rinforzi per perorare la mia causa …  >>.
Disse il ragazzo indicando Tom fermo alle sue spalle.
<< Andiamo a festeggiare, vuoi? >>.
Bill le sorrise, ricambiando il suo dolcemente impetuoso abbraccio.
Lei accettò la mano che lui le porse, perdendosi beata in quel sorriso, poi la abbandonò per tornare verso David che li osservava con una strana espressione :
<< Non è un capriccio, farò del mio meglio, davvero … Grazie Dave … >>.
E lo salutò posandogli un bacio leggero sulla guancia ruvida, per poi uscire con Bill e Tom.

David tornò improvvisamente alla realtà, rimise a fuoco il viso della ragazza che stava attendendo paziente che continuasse a parlare.
<< Dicevo, che alla fine ho visto cosa vi legava … Ho visto Bill impegnarsi a fondo, cercando di dare sempre il massimo, di fare sempre meglio … Lo ho visto stare per ore rinchiuso in studio di registrazione, senza mancare una nota, con gli occhi fissi nei tuoi, senza apparentemente avvertire la stanchezza … Vedevo il suo sguardo perdersi e saettare frenetico da dietro il vetro ogni volta che tu ti allontanavi anche solo per un istante, il panico che lo assaliva e la serenità che lo avvolgeva non appena ti rivedeva … Vederlo uscire da quella stanzetta insonorizzata e avvolgerti in un abbraccio dolce, baciarti in maniera pudica, credo sia una delle immagini più belle e vere che io possa dire di aver visto sull’ Amore … Ero orgoglioso di lui, di come stava affrontando la situazione, e lo ero di te … Di come tu sembravi sapere quando farti da parte quando era il momento senza farglielo pesare, senza fargli mai mancare  la tua presenza ed il tuo appoggio e le tue critiche quando era il caso … Traevi da lui forza esattamente quanta gliene davi … Non avrei scommesso su di te, né su voi due ... Ma per fortuna lo ho fatto, e te ne sono grato, te ne sono grato tutt’ ora, ma … Adesso ? … Mi vuoi spiegare cosa succede? >>.
Nic aveva ascoltato in silenzio il discorso dell’ uomo.
Da quando aveva iniziato a parlare aveva sentito il magone bloccarle il respiro il gola …
Ricordava esattamente quei momenti che David aveva rievocato, li ricordava in maniera intensa , sentendo quasi le braccia di Bill  cingerle  la vita, rivedendo il suo sorriso luminoso ed incerto mentre le chiedeva un opinione sulle prove appena concluse, provava nuovamente il brivido leggero che la faceva fremere quando le posava quei baci casti sulla punta del naso o sui capelli aspirandone il profumo e sussurrando, solo a lei : <<  Sai di buono >> con quel sorriso che lei amava sopra ogni altra cosa …
E adesso?
Cosa avrebbe potuto rispondere a David che le poneva quella stessa domanda che la tormentava notte e giorno da mesi?
Alzò gli occhi sull’ uomo, occhi che, ai ricordi evocati delle parole appena pronunciate dal manager, divennero grandi e sgomenti …
David non capì l’ improvviso mutare dell’ espressione della ragazza ma, poco dopo la vide versare amare lacrime, trattenendo a stento i singhiozzi.
<< Che cosa succede? Nicky, vuoi risp … >>.
 Non fece in tempo a terminare la frase.
La ragazza si asciugò con rabbia le lacrime, alzò due occhi bellicosi su di lui, la voce incrinata si alzò un poco :
<<  Cosa c’è?  Sai cosa c’è?  C’è che avevi ragione tu!  Avresti dovuto prenderti cura di lui, impedirgli di stare con me! Cacciarmi via a calci, se fosse stato necessario … E invece … >>.
<<  E invece gli ho permesso di essere felice … Cosa c’è di male in questo? >>.
David non riusciva a capire cosa stesse cercando di dirgli Nic, ma lei continuò imperterrita, quasi senza udire quello che l’ uomo aveva appena detto.
<< … Invece … Invece adesso mi ringrazi per essere stata al suo fianco, per esserci ancora … >>.
Abbassò lo sguardo sentendosi per la prima volta consapevole di quello che stava provando, come se, esprimerlo ad alta voce stesse facendo diventare reale quel timore :
<< Ecco! Ecco cosa c’è adesso! Bill sta male! Ed è …. E’ tutta colpa mia! Se non fosse stato con me, se non fossimo stati assieme, non avremmo litigato e lui non mi avrebbe tradita e ora … Ora starebbe bene, e invece … Invece … >>.
Le mancò il fiato, stretta tra le braccia di quell’ uomo che inizialmente avrebbe voluto allontanarla da Bill, dal suo ragazzo e che, adesso, avrebbe dato qualsiasi cosa perché loro potessero stare insieme, per sempre …
- David … Sei un idiota … “Per sempre” non esiste … -
Eppure era esattamente quello che sentiva, assieme al tremore convulso della ragazza che sentiva andargli in frantumi tra le braccia … Stava crollando.
L’ Amore, i sensi di colpa, il dolore, le lacrime, l’ avevano corrosa dentro e fuori e nessuno avrebbe potuto fare nulla ormai …
Fuori dalla porta della cucina, una mano forte si stava posando leggera sulla spalla esile di un ragazzo dall’ espressione sconvolta.
Quando incontrarono quelli verdi, trasparenti, consapevoli ed addolorati di Georg, gli occhi di Bill erano offuscati dalle lacrime e vedere quella comprensione da parte dell’ amico non gli fece bene …
Si sentiva maledettamente fragile, stava male …
Anche quello … C’ era anche quello a separarli …
Quel muro di incomprensioni sembrava diventare ogni giorno un po’ più insormontabile …
Era quello ciò che le aveva dato?
Dolore, rimpianto, sofferenza, sensi di colpa …
Non lo sopportava, non sopportava sé stesso …
Voltò le spalle al castano e si diresse senza fiatare in camera sua.
Georg rimase fermo davanti alla porta della cucina, senza trovare le parole adatte da dire a quel cucciolo ferito che lo aveva superato cercando di trattenere le lacrime che rendevano liquide le sue iridi ambrate.
- Il mistero di David e Nic è svelato … Non so nemmeno se esserne contento o no … -
Scosse la testa abbattuto, schiacciato dagli avvenimenti che sembravano travolgere tutti loro.
Si rese conto che apparentemente le loro vite erano piuttosto statiche, sembravano stare sempre fermi, nulla a che vedere con le frenetiche giornate dei Tokio Hotel, con i ritmi stressanti a cui erano stati abituati ad essere sottoposti fin da giovanissimi …
In realtà il tempo scorreva inesorabilmente e i loro cuori, le loro menti, le loro anime, i loro sentimenti, i loro dolori e le loro emozioni correvano dentro di loro alla ricerca di una meta e, quando sembravano averne raggiunta una, arrivava sempre qualcosa a sconvolgere quella apparente calma conquistata a fatica.
Il ragazzo tornò in sala dove trovò due paia di occhi leggermente sconvolti ed indagatori che lo fissavano come se fosse una specie di oracolo.
Come se da lui si aspettassero delle spiegazioni …
- Non ora ragazzi … Vi prego, non ora … -
Era questo ciò a cui stava pensando il ragazzo passandosi stancamente una mano tra i lisci capelli castani e che sperava che i due potessero cogliere dal suo sguardo a metà tra l’ esasperato ed il disperato.
- Vi prego … Datemi un attimo di respiro … -
Prese una sigaretta dal pacchetto che Tom aveva abbandonato sul tavolino ed andò fuori a fumarsela, seguito dagli sguardi preoccupati dei due ragazzi, che saettavano da lui alla porta della cucina ancora chiusa alle scale da dove era sparito Bill un attimo prima.
Erano anni ormai che Georg non accendeva una sigaretta, il fumo gli irritò immediatamente la gola, poi, per un solo attimo, sentì come dissolversi assieme al fumo che gli era appena sfuggito dalle labbra, tutti i pensieri …
Solo per un attimo …
Georg sapeva di non poter pretendere di più.
Infatti, poco dopo, sentì la porta alle sue spalle aprirsi piano :
<<  Tom, per favore, vattene dentro! Non ne ho voglia adesso … >>.
Ma la mano che si posò  piano sulla sua schiena non era decisamente quella di Tom, era un contatto dolce e delicato come la voce che sentì :
<<  Georg … I ragazzi mi hanno detto che tu e Bill avete sentito qualcosa, io … >>.
Il ragazzo si voltò esasperato verso Nic, lo sguardo addolorato ma fermo, deciso a non cedere, non quella volta:
<< Nic … Sì, abbiamo sentito e Bill non la ha presa bene, come puoi immaginare, ma … >>
Tese una mano davanti a sé per fermare le parole della ragazza :
<<  Non mi devi alcuna spiegazione, non a me, almeno … Sarebbe il caso che tu andassi a parlare con lui una volta per tutte! >>.
Nic si sentì ferita dal rifiuto dell’ amico :
<< Non credevo che ti desse tanto fastidio starmi accanto … Ma dato che sembra essere proprio così … >>.
Si voltò per andarsene ma Georg la fermò, lo sguardo abbattuto :
<< Sai che non è così … Io per te ci sono sempre stato e ci sarò sempre ma … Tu non hai bisogno di me, adesso … E di sicuro, lui ha bisogno di te … Dovreste superare la barriera e trovarvi … Farebbe bene ad entrambi … >>.
Sorrise davanti agli occhi bassi di lei, sapeva bene che se ne rendeva conto e sapeva quanta fatica le costasse, quanto fosse difficile per lei accettare quella situazione.
Dopodichè le posò un bacio leggero sulla guancia :
<<  Pensaci … >>.
Le voltò le spalle e si diresse verso la sua macchina.
Nic rimase ad osservare l’ auto di Georg allontanarsi nel buio, rimuginando su quello che le aveva appena detto e su quello che avrebbe dovuto dire lei a quel ragazzo che ora stava in camera sua, solo …
A quel pensiero sentì stringersi il cuore e con quel magone che non la abbandonava, salì lentamente le scale, passo dopo passo, senza distogliere lo sguardo dagli scalini, ignorando lo sguardo che Gustav le aveva apertamente rivolto e quello che sapeva Tom averle pietosamente risparmiato, mantenendolo ostinatamente fermo sullo schermo della televisione.
Ma lei lo aveva sentito.
Bussò piano alla porta della stanza di Bill.
<< Tom, per favore vattene! Non ne ho voglia adesso … >>.
<< E’ la seconda volta che vengo scambiata per Tom … Inoltre non è bello sapere che non vi va di parlare con lui, poverino … >>.
Nic finse un tono allegro, spinse un sorriso sulle labbra, ma dalla penombra della stanza di Bill le giunse in risposta solo il silenzio.
Avanzò cauta all’ interno di quella camera di cui conosceva ogni centimetro, si sedette sul letto accanto a lui che stava con le gambe raccolte al petto, cingendosi le ginocchia con le braccia, la schiena contro il muro … Sembrava proteggersi.
<< Bill, senti … >>.
Il ragazzo alzò su di lei due occhi perfettamente asciutti e allo stesso tempo supplichevoli :
<< Facciamo finta che quella conversazione tra te e David non ci sia stata … O per lo meno facciamo finta che io non la abbia sentita … Torna giù e dì agli altri che sono semplicemente un po’ stanco, vuoi? >>.
Lei abbassò gli occhi, quello che avrebbe voluto era abbracciarlo, era proteggerlo , era … Amarlo …
Quello che avrebbe voluto non poteva farlo.
Annuì ed uscì in silenzio dalla stanza, lasciandolo nuovamente solo e rinnovando la sua stessa solitudine.
Egoisticamente parlando sapeva di essere stata fortunata, non aveva la più pallida idea di cosa dirgli e lui l’ aveva,con una pietà che lei sapeva di non meritare, tolta dall’ imbarazzo di cercare parole che lei  stessa credeva non esistere.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10 ...NULLA DA DIRE...
AGGIORNO DI CORSA, QUANDO INVECE DOVREI PREPARARMI PER ANDARE AL LAVORO, SEMPLICEMENTE PER "PAURA" DI NON FARLO PIU'...
MEGLIO ASSECONDARE CERTE IDEE IMPROVVISE A VOLTE  n____________n'''
UN GRAZIE VA ALLA MIA TWINZ PER LA PAZIENZA, PER LE BELLE PAROLE CHE MI HANNO PORTATA, ALLA FINE, A SVEGLIARMI CON QUESTO DESIDERIO DI POSTARE QUESTO BENEDETTO CAPITOLO.
ANCHE SE BREVE. ( =____________=''' )
GRAZIE DI TUTTO TESORO E SCUSA SE NON MI DILUNGO, MA SONO IN UN RITARDO PAZZESCO! X°D!
GRAZIE A TUTTI COLORO CHE LEGGONO E, COME SEMPRE, RICORDO CHE OGNI SINGOLA PAROLA NASCE DALLA MIA MENTE MALATA... ZERO VEITA'! X°D!
ALLA PROSSIMA!


I preparativi fervevano.
David passava intere giornate incollato alla poltrona più comoda di casa Kaulitz, o meglio, quella che lui aveva definito come tale impossessandone con il totale consenso dei padroni di casa. Ormai i cuscini della suddetta poltrona avevano preso la forma del suo corpo, nessun’ altro avrebbe potuto starvi comodo o sedervisi senza rischiare di incappare nelle ire del manager che aveva fatto di quella poltrona e del tavolino lì davanti la sua postazione di battaglia.
Telefonate interminabili, intercontinentali, videoconferenze …
L’ uomo stava contattando tutti i maggiori network del mondo per poter mettere in atto quella che, a volte, sembrava essere solo una pura e semplice follia.
Ma lui ci credeva.
Ci aveva sempre creduto nonostante tutto e, ancora, continuava a crederci.
Nonostante tutto.
Vedere il viso sottile di Bill apparire ancora più piccolo, inghiottito da quei suoi occhioni ogni volta che lui sgranava, sentendo o vedendo dall’ altra parte del p.c. un giapponese, piuttosto che un Australiano o un Italiano, era davvero qualcosa di impagabile.
Era ancora un bambino.
Un bambino capace di stupirsi, di gioire, di emozionarsi, di sognare e di crederci.
E più il sogno era grande, maggiore sembrava l’ impegno del ragazzo a crederlo e a renderlo vero.
David lo osservava con doloroso affetto.
Ogni istante passato con Bill era stato un momento importante, quelli belli e quelli brutti, quelli allegri e quelli tristi, quelli felici e quelli che sembravano voler mettere a dura prova i loro sforzi, la loro fiducia, il loro impegno e le loro fatiche.
La loro speranza.
Adesso la speranza non centrava più nulla. Né i loro sogni,
Adesso l’ unica cosa che importava era la loro forza.
Il loro coraggio.
La loro volontà di vivere ogni istante.
L’ uomo sorrise ricordando le parole di quella canzone, quella canzone che un ragazzino smilzo e con un enorme sorriso che occupava gran parte del piccolo viso, gli aveva confessato di aver scritto a soli 10 anni, e che aveva riso davanti alla sua incredulità.
Adesso era esattamente quello che stavano facendo.
Stavano vivendo il secondo, nel miglior modo possibile.
David scosse il capo, frustrato.
Lui adorava quel suo infantile, isterico, intrattabile, viziato,meraviglioso cantante.
Tutti loro lo adoravano.
E vederlo dimagrire ulteriormente non faceva che aumentare la loro angoscia.
Il processo sembrava essere lento. Ma inesorabile.
Questo lo avevano capito tutti.
Nic era sempre lì, accanto a tutti loro, cercando, pur nella sua ignoranza in materia di ciò che David stava cercando di mettere in atto,di aiutare fin dove le fosse possibile.
Accanto ai ragazzi.
Accanto a Bill.
Di nuovo un muro.
Le sembrava maledettamente lontano il giorno in cui l’ aveva abbracciato di nuovo dopo tanto tempo.
E pensava che non avrebbe dovuto farlo; il ricordo di quell’ ultimo abbraccio la stava dilaniando con il suo calore e la sua dolcezza e lo stupore che aveva provato ritrovandosi tra le sue braccia, ancora e ritrovandolo stretto a sé.
Quando si è assaggiato il Nettare Degli Dei è difficile tornare a nutrirsi d’ altro.

Anche Nic sembrava dimagrire ogni giorno di più.
Tom l’ aveva notato e lo aveva fatto notare a lei senza nasconderle il palese disappunto che si rivelava nella sua voce 
<<   Non serve a nulla che tu deperisca a vista d’ occhio, sai? A noi servi bella in forma! Cosa ce ne facciamo di un’ assistente secca e debilitata?  >> Cercò di scherzare.
Non sopportava quell’ aria triste in quegli occhi talmente blu da poterci affogare dentro come nel più profondo dei mari.
Ma lo capiva.
Capiva che lei non avesse voglia di ridere, capiva che stava male.
Capiva che lui non poteva fare nulla.  
Capiva che si sarebbe odiato per tutta la vita per questo.
E per altre cose di cui non era, né sarebbe mai stato, colpevole.
Eppure, stranamente se ne sentiva responsabile.
Prese fiato.  
Il dolore, a volte, quasi impediva all’ aria di raggiungere i suoi polmoni.
- … O forse dovrei smettere di fumare tanto … -  Pensò distrattamente. Poi disse :
<<  In oltre … A Bill non serve a nulla che tu ti abbatta … Lui … Lo sai com’è! Ha bisogno di essere preso a calci, a volte, per capire le cose e decidersi a farle! … Ma poi le fa …  >> .
Si avvicinò piano alla ragazza che teneva la testa china, le posò delicatamente due dita sul viso trovandolo bagnato di lacrime di cui aveva ignorato fino ad allora l’ esistenza, non potendo vedere i suoi occhi, senza costringerla ad alzarlo, solo accarezzandolo piano.
<<  Sì … >>  Deglutì lentamente osservando quel capo chino, quei sottili, folti capelli corvini
<<  … Prima o poi le fa …  >> .
Avrebbe voluto abbracciarla per frenare quel tremito leggero delle sue spalle, posarle un bacio casto su quella stessa guancia che stava sfiorando, solo per donarle un po’ di calore, per asciugare quelle lacrime.
Ma, altrettanto intensamente, voleva scappare lontano da lei, lontano da qel dolore, lontano da quel dolore per il quale si sentiva colpevole pur sapendo, fin troppo bene, di non esserne la causa e che, sapeva altrettanto bene, non avrebbe mai potuto alleviare.
Bill stava morendo.
Che cosa mai avrebbe potuto fare lui?
-  Cosa? Cosa devo fare, maledizione?  - Ma non c’ era risposta.
C’ era solo una ragazza fin troppo fragile e forte allo stesso tempo che rischiava di spezzarsi da un momento all’ altro.
E lui avrebbe dovuto raccattarne i cocci.
Detestava il solo pensiero di fare una cosa simile, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo.
Solo, si chiese se ne sarebbe stato in grado.
Nic , ancora immobile sotto il tocco leggero delle dita di Tom, si sentiva strana.
Erano giorni e giorni che non piangeva più, aveva fatto di tutto per smettere di farlo, era stato difficile.
E Tom …
Tom adesso le aveva strappato dagli occhi quelle lacrime.
Bruciavano.
Ma era un dolore a cui lei era abituata e che, nonostante tutto, le era mancato.
Alzò lo sguardo fino ad incontrare quello del ragazzo .
Quanto tempo era passato dall’ ultima volta che aveva fermato abbastanza a lungo la sua attenzione sugli occhi di Tom?
Abbastanza a lungo da riuscire a vederli davvero?
Tanto …
Forse perché erano così maledettamente uguali a quelli di Bill, forse perché sentiva che qualcosa si era spezzato o era cambiato … Non avrebbe saputo definirlo.
Di sicuro  erano davvero troppe  le cose che erano cambiate  nelle vite di tutti loro.
Forse era il semplice fatto che, lo stesso Tom, sembrava sfuggire il suo sguardo.
Ma adesso era lì davanti a lei, con quello sguardo che a volte aveva solo intravisto di sfuggita sul suo volto e che adesso stava fisso su di lei, uno sguardo che sembrava voler dire tante cose e celarne altrettante e, quell’ ultima frase che aveva pronunciato, suonava quasi come una promessa che lui stesso avrebbe fatto in modo di rendere reale.
Per lei.
<<  Grazie Tom …  >>. Si asciugò il viso, si allontanò da lui.
Il ragazzo si chiese come fosse possibile sentire fisicamente il dolore per il distacco da un corpo che non lo aveva nemmeno sfiorato.

Tornarono silenziosi nella grande sala e lei riprese il suo posto accanto a Bill che teneva in mano una lista delle città che avrebbero montato, nella piazza principale, uno dei megaschermi più grandi che il mondo avesse mai visto.
La sua espressione era beatamente stupita, un leggero sorriso tra l’ incredulo e l’ estasiuato stava posato leggero sulle sue labbra, non gli sembrava davvero possibile che il loro concerto sarebbe stato visto in mondo visione.
L’ ultimo, certo.
Ma sarebbe stato qualcosa di innaturale, di pazzesco.
Ma la sua fervida fantasia lo vedeva e sapeva che la l’indispensabile aiuto materiale di David lo avrebbe reso reale.
Avrebbe fatto in modo che quella visione uscisse dalla dimensione onirica per diventare una splendida realtà.
E gliene era grato.
Osservava attento ogni mossa dell’ uomo cercando di intuire cosa avrebbe potuto fare per poterlo aiutare.
La stessa espressione attenta, adolcita da un sorriso  lieve, si rifletteva sul volto di Nic, che desiderava aiutare entrambi.
David si alzò da quella che ormai era la sua poltrona, stirandosi vistosamente la schiena ed i muscoli del collo.
<< Perché non andate a prendere delle pizze  e un paio di cassette di birra? Così festeggiamo  >> Esclamò voltandosi verso i ragazzi con un sorriso enorme sul volto segnato da piccole rughe di stanchezza.
<<  Cosa dovremmo festeggiare, David?  >> Chiese Gustav intuendo però l’ emozione e la soddisfazione dell’ uomo che li guardava con aria assorta.
<<   Ohhhhhh, bhé… Nulla di così importante in fondo… Ho solo concluso le trattative con il Network giapponese che manderà in diretta il vostro live a Tokio… >>.
Non fece nemmeno in tempo a finire di pronunciare quelle parole che i ragazzi scattarono in piedi; chi inciampando nel tavolino del salotto, chi nei propri enormi pantaloni, per correre ad abbracciarsi l’ un l’ altro  ed il loro manager dei Miracoli.
Tom strinse a sé suo fratello, poi lo sguardò scivolò verso Nic che stava seduta sul divano, un’ espressione incredula sul volto, poi fissò gli occhi in quelli del suo gemello :  
-  Và da lei e portala qui… Coinvolgila… Sbrigati! - .
Ecco cosa stava cercando di dire a Bill.
E, per qualche misterioso motivo, lui lo capì.
Un attimo dopo Nic si trovò di fronte il ragazzo moro che le porgeva la sua bella mano invitandola ad alzarsi e ad unirsi a quell’ agglomerato di braccia e gambe, abbracci e sorrisi, urla e risate di gioia.
Alzò gli occhi in quelli di Bill e per un attimo fu sopraffatta dall’ emozione che vi vide brillare all’ interno.
E per un attimo, tutto il resto, proprio tutto, svanì dietro a quegli occhi, dentro a quelle iridi ambrate.
Si alzò accettando la mano del ragazzo.
<<  Non ho fatto nulla…  >> Disse piano.
<<  Hai creduto in tutto questo quanto noi, hai aiutato David, hai passato notti insonni come tutti in attesa dei collegamenti per le videoconferenze, ci hai tenuti a bada e ti sei presa cura di ognuno di noi, provvedendo ad ogni nostro bisogno prima ancora che te lo chiedessimo … Ci hai sempre creduto, sin dal principio…  >>.
Poi si avvicinò un po’ di più al suo viso, così che fosse solo lei a sentirlo, adesso :
<<  E hai creduto in noi … Sempre … E … Non parlo solo della band … >> .
Si allontanò appena, per osservare l’ effetto delle sue parole sul volto della ragazza.
Due occhi enormi, sgranati, fissi su di lui, lo stupore dipinto sulle sue guance appena rosate.
Lui sorrise timido, poi la trascinò di peso verso gli altri che non si erano ancora districati da quell’ abbraccio e, prima di spingerla scherzosamente addosso a Gustav e Georg, che sembravano ansiosi di coinvolgere la ragazza nei loro festeggiamenti, le sussurrò con un sorriso dolce nella voce :
<<  Nic … Respira  >>.
Respirare.
Lei avrebbe voluto farlo, avrebbe voluto tornare a respirare regolarmente, avrebbe voluto che tornasse regolare il battito del suo cuore, avrebbe voluto …
Avrebbe voluto baciare quel sorriso che aveva sentito nella voce scanzonata e dolce di Bill che  sembrava prenderla un po’ in giro.
Lo Amava.
Lo detestava.
Lo desiderava.
Lo allontanava.
Non capiva più nulla.
Non capiva cosa sentisse.
In lei sentiva tutto.
Tutto quello che il mondo e la vita può offrirti di sentire.



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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11 ...ECCOMI DI NUOVO QUI, CON L' ENNESIMO CAPITOLO DI QUESTA STORIA CHE STA UN PO' "DEGENERANDO" IN EFFETTI... n_______n ...
NON ERA NEI MIEI PIANI DILUNGARLA COSI' TANTO (DATO CHE LA PARTE FINALE SARA' GIA' ABBASTANZA... EHM... "SOSTANZIOSA"), MA...
COME SEMPRE MI ACCADE, ALLA FINE, QUESTI "INDISCIPLINATI PERSONAGGI", PRENDONO IL SOPRAVVENTO SULLE MIE INTENZIONI... n______________n (O FORSE SONO IO CHE SONO SCHIZZATA X°D! ) ... COMUNQUE...
NULLA DA DIRE SUL CAPITOLO, SE NON IL SOLITO RICORDARE CHE SI TRATTA DI PURA FANTASIA, NON C'E' NULLA DI REALE E CHE I TOKIO HOTEL, LE LORO VITE, I LORO PENSIERI ED I LORO GESTI NON MI APPARTENGONO E CHE NON C'E' ALCUNO SCOPODI LUCRO...
PASSANDO A COSE PIU' GRADEVOLI, RINGRAZIO CHI HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO :
LAYLA :  GRAZIE PER LA PAZIENZA NELL' ASPETTARE I MIEI AGGIORNAMENTI E MI FA PIACERE CHE ABBIA GRADITO IL GESTO DI BILL!!!! LO HO GRADITO ANCHE IO!!!! X°D! ...
SI', A VOLTE SI "RIDE PER NON PIANGERE", MA A VOLTE SI SORRIDE SEMPLICEMENTE PER IL GUSTO DI FARLO E DI REGALARE IL PROPRIO SORRISO A CHI AMIAMO E ALLE PERSONE A CUI VOGLIAMO BENE... n_______n
LADY CASSANDRA : A TE IO NON SO PIU' COSA DIRE (E SI NOTA DAL FATTO CHE LO RIPETO OGNI VOLTA... ç_ç ), MA... GRAZIE, DAVVERO... SONO LIETA CHE TI PIACCIA IL "MIO" BILL E CHE CI RITROVI IL "TUO" BILL... INSOMMA,... IL "NOSTRO" BILL; QUEL BAMBINO CAPACE DI STUPIRSI, DI ESSERE MALEDETTAMENTE FRAGILE E FORTE ASSIEME, CHE COGLIE L' ATTIMO! E I RAGAZZI (PIU' UN MANAGER! n___n) SEMPRE ACCANTO A LUI, E TOM...
ADORO SCRIVERE DI LUI... QUELLA PARTE MI E' PIACIUTO MOLTO SCRIVERLA E SONO FELICE TI SIA PIACIUTA LEGGERLA... FORTE E DEBOLE MA SEMPRE UN PO'... "SFACCIATO" E DOLCE CON PARSIMONIA (NON SIA MAI DETTO CHE LUI SIA UNA FEMMINUCCIA! X°D!)...
E , PER QUELLO CHE RIGUARDA "QUEL" CAPITOLO...BHE', RASSERENATI. COME GIA' DETTO, QUI LA FACCENDA MI SI ALLUNGA PEGGIO CHE BERE UN PIATTO DI BRODO ALL' APERTO MENTRE PIOVE... NON FINISCE MAI!!!! X°D! UN ABBRACCIO TESORO E GRAZIE ANCORA!!!!
E GRAZIE A CHI LEGGE PUR SENZA LASCIARE UN SEGNO DEL SUO SILENZIOSO PASSAGGIO!
A PRESTO!



I giorni passavano, tra alti e bassi, tra ricordi e rimpianti, tra sorrisi e piccoli litigi nati dalla tensione e dalla stanchezza del lavoro fatto e di quello ancora da fare.
Per ogni piccola o grande conquista, c’era qualcosa che andava storto.
Nic si sentiva sdoppiata, in completa balia delle maree dell’ umore di Bill.
Sapeva di non poter pretendere nulla, sapeva di non essere lei, adesso, il pensiero più importante del ragazzo.
Ma lo stesso, quel continuo altalenare di emozioni la sfiancava, riducendola, spesso, ad essere solo l’ ombra opaca di sé stessa.
C’erano anche momenti in cui lei si sentiva piena di energia e di voglia di fare.
Erano quelli in cui David la coinvolgeva nell’ organizzazione del concerto che si sarebbe tenuto a Berlino.
Negli ultimi giorni, però, David era stato particolarmente silenzioso, passando le ore a ticchettare frenetico sulla tastiera del suo portatile.
Le dita si muovevano febbrili come i suoi occhi che schizzavano da un punto all’ altro dello schermo per posarsi di tanto in tanto, rapido, sui ragazzi che lo osservavano in silenzio.
Si soffermava un istante negli occhi trasparenti di Georg, sull’ espressione calma di Gustav, sulle dita di Tom che reggevano la sempiterna sigaretta e sul viso stanco di Bill che insisteva a rimanere con loro.
Poi guardava Nic e non trovava nulla. Né i suoi occhi, né il suo sorriso rassicurante, né la sua attenzione che era tutta rivolta a quel cucciolo che finiva sempre con l’ addormentarsi sul divano e che faceva i capricci se si accorgeva che lo stavano portando a letto, costringendoli con la forza della sua dolcezza a lasciarlo stare lì, raggomitolato accanto a Tom.
In realtà Bill non voleva restare da solo.
Aveva bisogno di loro, della loro presenza, del loro calore.
Non voleva perderne nemmeno un solo istante.
Quella sera però sembrava particolarmente stanco.
Erano giorni che nessuno di loro riusciva a dormire per più di due ore di fila.
Tesi come corde di violino, seguivano l’ evolversi della situazione che sembrava essersi bloccata su delle stupide formalità burocratiche che David stava cercando di risolvere dando fondo a tutta la sua pazienza, seppur ben allenata dagli anni passati con quei quattro uragani.
I ragazzi si sentivano impotenti.
Bill era crollato poco dopo le due di notte e Georg questa volta non sembrava intenzionato a lasciarlo rannicchiato in quel poco spazio che c’ era tra Tom ed il bracciolo del divano :
<<  Ha bisogno di riposarsi, di dormire in un letto, maledizione! E’ tremendamente cocciuto! Ma adesso basta!  >> .
E dicendo questo, aveva sollevato Bill tra le braccia, constatando amaramente il piccolo sforzo che dovette fare. Decisamente troppo piccolo.
<<  Nic, potresti prendere gli stivali della nostra Bella Addormentata e portarli di sopra?  >>.
Gli occhi verdi e penetranti di Georg non ammettevano repliche e lei raccolse gli stivali e si diresse silenziosa alle spalle del ragazzo, su per le scale, fino alla camera di Bill.
Non appena lo depose delicatamente sulle lenzuola candide Georg notò un brivido sulla pelle dell’ amico.
<<  Dove tengono le coperte? Credo potrebbe avere bisogno di una coperta in più …  >>.
Nic annuì in silenzio, si diresse al grande armadio nella stanza degli ospiti e ne estrasse una coperta di pile di un colore orrendo…
Spirali arancioni acceso si avvolgevano su uno sfondo azzurro intenso.
Quella visione sgradevole le strappò un sorriso mentre la mente vagò per un istante nel passato.

…  <<  Ma Bill! Quella coperta è davvero orrenda!  >>Aveva esclamato la ragazza quando lui si era fermato davanti alla vetrina con lo sguardo rapito.
Una coperta di pile azzurro scuro intenso, con disegnate delle angoscianti spirali di un arancione accecante, faceva bella mostra di sé. Se bella si fosse potuta definire.
<<  Ma no, dai! Quell’ arancione è davvero incredibile, ferisce quasi gli occhi!  >>.
 Aveva detto lui entusiasta.
<<  Sì, e ferisce anche il buon gusto  >> Rispose lei lugubre scuotendo la testa.
Non poteva quasi credere che quello fosse lo stesso Bill Kaulitz che in tanti volevano imitare e che in tanti consideravano un ragazzo pieno di stile.
Come poteva esserlo, se trovava “adorabile” quell’ obrobrio?
<< Bill, andiamocene di qui prima che qualcuno ti riconosca … E soprattutto prima che ti venga la malsana idea di comprare quello sgorbio di coperta! Giuro che, se lo fai, ti mando a dormire sul divano e ti abbracci la coperta orrenda al posto mio!  >>. Lo minacciò.
Lui sorrise sornione dall’ alto del suo metro e ottantacinque osservando la sua nuca, lasciandosi trascinare via come un bravo bambino obbediente.
Ma un bravo bambino non avrebbe dovuto avere quella scintilla malandrina infondo agli occhi.
Tornarono a casa.
Nic era contenta, si era comprata un paio di jeans nuovi ed era riuscita a depistare Bill giusto il tempo di comprare qualcosa di speciale.
Sorrise soddisfatta.
Si era rammaricata quando aveva messo a fuoco che, anche quella volta, si era ridotta all’ ultimo momento per comprare quel regalo, ma era contenta di essere riuscita comunque nel suo intento.
Sarebbe stato meno semplice trovare il modo di allontanare Bill da casa per poter portare a termine il suo piano.
Ma, dalla sala, la voce di Bill le dette la soluzione a quel problema :
<<  Nic, devo uscire per un po’, mi ha chiamato la mamma e devo andare un attimo da lei … Ti dispiace?  >>.
La ragazza esultò in silenzio; quella telefonata era giunta proprio al momento opportuno.  
Conosceva Simone e sapeva che, davanti ai suoi cuccioli, avrebbe perso la cognizione del tempo e lei avrebbe avuto tutto quello che le necessitava per organizzare e mettere in atto la sua idea.
Finse una vocetta rassegnata :
<<  D’accordo, vai pure e fai con calma, lo sai com’ è tua madre … Vai tranquillo, ti aspetto per cena, non fare tardi … E non correre!  >>.
Bill uscì con un sorriso immenso sul volto e scuotendo allegramente la testa facendo ondeggiare la sua chioma corvina che puntava dritta al cielo.
Nic …  -  Non vuole che faccia tardi, ma allo stesso tempo vuole che guidi piano per paura che mi capiti un incidente … -
Si volse ancora sorridente verso casa, come faceva ogni volta che usciva, alzò gli occhi alla finestra della loro camera e, come al solito, la trovò lì.
Affacciata, lo salutava arricciando appena le labbra, in una maniera che lui amava, mandandogli un bacio.
Ricambiò il bacio ed il saluto e salì in macchina portandola negli occhi e nel cuore che sentiva leggero mentre si beava della sorpresa che le avrebbe fatto.
Il pomeriggio passò piuttosto velocemente e, quando decise di rientrare Bill si domandò se, le due ore di ritardo che aveva programmato, sarebbero state sufficenti al suo scopo.
Quando aprì la porta di casa trovò ad attenderlo la ragazza , bellissima in un abito nero che la fasciava rivelando, ai suoi soli occhi, tutta la sua grazia e la sua sensuale femminilità.
Solo a lui, perché Nic non si sarebbe mai sognata di indossare un vestito del genere davanti a nessun’ altro.
Nemmeno davanti a Georg o Gustav.
Tanto meno a Tom che, sosteneva lei, l’ avrebbe presa in giro per tutta la vita.
Lui si rammaricava un po’ dell’ insicurezza della ragazza, ma d’ altro canto adorava il sapere che solo lui potesse godere di quella visione angelica ed eccitante al tempo stesso.
Adesso le belle labbra lucide perfettamente delineate erano imbronciate e gli occhi truccati di nero come i suoi, un particolare che lui apprezzava molto, nascondevano una scintilla di rabbia.
Stava per esplodere, e lui ne prese atto con un mezzo sorriso che cercò di dissimulare per non farla infuriare ulteriormente.
<<  Ti avevo chiesto di non tornare tardi! Adesso la cena è fredda, le candele si sono dimezzate, il trucco non è più perfetto ed io sono infuriata per via di questo maledetto vestito che non mi permette di sedermi comodamente e di queste scarpe dal tacco inumanamente alto che tu trovi tanto sexy e che sono solo maledettamente scomode! E tu … Tu arrivi con due ore di ritardo con quel mezzo sorrisetto idiota?  >>.  
Oooops … L’ aveva notato.
Bill si avvicinò a lei lentamente, le andò così vicino da potersi specchiare perfettamente nei suoi occhi blu, luminosi alla tenue luce delle candele.
<<  Credevo che ti piacesse il mio sorriso  >> Disse con voce dolce <<  E anche la mia idiozia …  >>.
Stava cercando di sedurla.
Lei pensò che non avrebbe ceduto facilmente, non quella volta.
Lui, intuendo i pensieri della ragazza, proseguì:
<<  Le candele un po’ sciolte sono anche più belle … Della cena non me ne importa molto, perché ho fame, ma non è il cibo quello di cui ho bisogno per saziarmi …  >>.
Trascinava appena la voce, facendo scivolare leggermente le esse, in maniera maledettamente sensuale.
Lei non seppe per quanto ancora avrebbe resistito.
<<  E per quello che riguarda il maledetto vestito e le scomodissime scarpe … Credo che se vorrai prenderti cura di me e placare la mia fame, dovrai permettermi di toglierteli di dosso …  >>.
Mentre parlava le sue mani erano scivolate sui fianchi della ragazza, erano scese fino all’ orlo breve dell’ abito e si erano insinuate al di sotto della stoffa sottile, alzandola ed accarezzando la pelle liscia delle gambe di lei.
Un brivido caldo di eccitazione ed aspettativa scosse la ragazza.
No, non avrebbe resistito oltre.
Quelle mani e quella bocca che le sussurrava ad un soffio dall’ orecchio respirandovi sopra il suo respiro caldo, la stavano facendo impazzire.
Ma quando la bocca del ragazzo si avvicinò dolcemente bramosa alla sua, si riscosse.
Non poteva permettergli di vincere ogni volta.
Lo allontanò a fatica da sé, sentendo il distacco da quelle mani doloroso come ogni volta che si allontanava da lui.
<<  Bill … Bill smettila! Non puoi fare così ogni volta! Stasera non ti permetterò di passarla liscia, sai?  >>. Lo fissava. Furiosa.
Furiosa con lui ma soprattutto con sé stessa per l’ eccitazione che sentiva dentro, per il desiderio che non riusciva mai a mettere a tacere quando lui la sfiorava anche solo con lo sguardo, che la rendeva così debole ai suoi occhi.
Bill la osservava affascinato : gli occhi fissi su di lei, su ogni centimetro di lei, la bocca leggermente dischiusa, il fiato corto.
Era bellissima.
Arrabbiata.
Furiosa.
E bellissima.
Illuminata dalla luce delle candele e da quella del camino acceso, era la Dea della bellezza che si palesava ai suoi occhi, che si offriva a lui senza riserva alcuna.
E lui la desiderava.
Ma sapeva di dover attendere. Dopo sarebbe stato ancora più bello.
Decise di prenderla in giro ancora un po’. A suo rischio e pericolo.
Avrebbe potuto rovinare tutto.
Ma, se fosse andato tutto bene, quella notte sarebbe stata magica ed indimenticabile.
<<  Bhé … Cosa succede Nic? Cosa c’è che non va? Ho fatto qualcosa di male, oltre ad essere arrivato un po’ più tardi?  >>.
Lei sbottò.
<<  No Bill, non è quello che hai fatto … E’ quello che non hai fatto …  Non pretendevo certo che tu mi portassi in un ristorante di lusso o che decidessi di rinchiuderti con me nella suite di un Hilton … Ma mi aspettavo che almeno te lo ricordassi e riuscissi a tornare a casa ad un orario decente! Ho dovuto anche trovare una scusa plausibile per spedire fuori di casa Tom per tutta la notte … E non la ho trovata! Ha capito tutto ed ho dovuto anche sopportare il suo ghigno sadico mentre minacciava di rimanere a casa tutta la sera! … E tu te ne arrivi a quest’ ora e mi chiedi cosa c’è che non va? Nulla Bill! Non c’è nulla che VADA!  >>.
Prese un sacchetto da dietro il divano e glielo lanciò attraverso la stanza, centrandolo in pieno petto.
<<  E’ per te, spero che ti piaccia … Vado a togliermi di dosso questa roba! Se vuoi mangiare, la cena è nel forno, scaldatela! A me è passato l’ appetito … Buonanotte  >>.
Gli passò accanto senza guardarlo.
Era arrabbiata e sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Si sentiva una stupida.
In fondo, forse per lui non era una cosa così importante.
Le aveva proposto, dopo soli due mesi che si frequentavano, di vivere insieme a casa sua.
Le sarebbe dovuto bastare.
Ma nonostante si ripetesse che il suo comportamento era stato stupido ed infantile, non riusciva a soffocare quel dolore per il fatto che lui se ne fosse dimenticato.
Bill, nel frattempo, era rimasto pietrificato in mezzo alla sala; teneva in mano una bellissima maglietta che sembrava assolutamente perfetta per lui e, fasciato al suo interno, vi aveva trovato un bracciale di pelle con una placca d’ oro bianco nel centro. Sotto vi era un’ incisione. La lesse : “Ti Amo Da Sempre. Per Sempre. N” .
Era stato uno stupido.
Aveva tirato troppo la corda.
E la aveva spezzata.
E adesso il suo piccolo, angelico demonietto era da solo in camera ed era sicuro che stesse piangendo.
Ed era stato lui a farla piangere.
Raccolse il suo regalo per lei e salì le scale.
Ai lati brillavano ancora le candele che lei aveva acceso e che accompagnarono i suoi passi fino davanti alla porta della loro stanza.
Bussò piano e, non sentendo giungere risposta, aprì lentamente la porta e si affacciò all’ interno.
<<  Non ti ho detto di entrare … Ma è casa tua! Immagino che tu possa fare quello che ti pare!  >>.
Disse lei voltandogli le spalle e fissando lo sguardo oltre il vetro della finestra.
Lui si guardò intorno …
Altre candele e sul letto lenzuola di seta nera punteggiate di petali di rose bianche.
Sembrava un cielo trapunto di stelle.
C’ era un profumo dolce ed inebriante in quella stanza, ma delicato.
Si dette di nuovo dello stupido.
Entrò chiudendosi la porta alle spalle e si avvicinò a lei.
<<  Nic, perché mi dici questo? … Non è casa mia … E’ casa nostra e lo sai … E, se me lo chiederai, io me ne andrò …  >>. Lei non si mosse né disse nulla.
Sentiva la presenza del ragazzo alle sue spalle ed un fremito leggero si era nuovamente impadronito di lei.
<<  Mi dispiace di averti fatta arrabbiare e soprattutto … Mi dispiace di averti mentito …  >>.
Bill parlava piano ma lei aveva sentito perfettamente quelle parole. Le aveva mentito!
Si girò di scatto, nuovamente battagliera, puntando uno sguardo di fuoco in quello di lui :
<<  Mi hai anche mentito, Bill?  >>.
 Incrociò le braccia sul petto in attesa di una risposta che non era certa di voler sentire.
<<  Sì … Non era vero che mi aveva chiamato la mamma. Sono andato da Georg e ci ho trovato mio fratello e Gustav e mi sono fermato un po’ con loro a chiacchierare …  >>.
La ragazzata era allibita dal candore con il quale lui le stava confessando tutto questo.
<<  Cooosaaa???? Sei stato da Georg per tutto il tempo, con tuo fratello che ti avrà sicuramente spifferato tutto e nonostante questo non ti è passato pe la testa di chiamarmi, di avvertirmi …  >>.
Stava nuovamente prendendo fuoco.
La sua Nic.
Sua.
Lui sorrise.
Un giorno si sarebbero scannati per bene, ma sperava davvero che non fosse quella notte.
<<  Sì, sono stato lì un po’ ma non tutto il tempo  >>.
Sembrava un bimbo che giustificava una marachella e per un attimo il cuore della ragazza si riempì di tenerezza.
 << Prima sono andato a prendere questo …  >>.
E, pronunciando quelle parole, mise sotto il naso della ragazza un voluminoso pacco colorato, con l’ espressione soddisfatta, vedendo quella stupita, scettica e curiosa della ragazza.
<<  Credevi davvero che mi sarei scordato del nostro mesiversario? Stiamo insieme da sei mesi e sono stati i sei mesi più belli e faticosi e impegnativi e soddisfacenti della mia vita! … Grazie a te …  >>.  
Gli occhi della ragazza erano di nuovo lucidi.
Si sedette in silenzio accanto a lui e aprì il pacco, pensando di non meritarselo, dopo la scenata che gli aveva fatto.
Quando ne vide il contenuto gli occhi le si sgranarono in un modo talmente buffo che Bill quasi non  resistette alla tentazione di scoppiarle a ridere in faccia.
Lei teneva lo sguardo allibito sulla coperta che avevano visto quella mattina al centro commerciale.
Quella orribile coperta arancione e azzurra.
<<  Ma … Ma …  >>.
 <<  Bhè, sono i nostri colori preferiti no? Ci siamo ttti e due in questa coperta, io, l’ arancione, e tu, l’ azzurro …  >> . Nic non riusciva a dire nulla.
Era felice che lui si fosse ricordato del loro mesiversario, ma … Quel regalo era davvero …
Assurdo era dir poco!
<<  Dai, ti aiuto a stenderla sul letto, vediamo come sta!  >>.
Lei si lasciò guidare da lui  ancora abbagliata dall’ osceno contrasto di quei due colori che l’ avevano accecata, ma non le sfuggì quella scatolina che era rimbalzata sul letto non appena la avevano dispiegata.
Lei si chinò a raccoglierla mentre Bill prendeva, con aria gongolante, in consegna la coperta, sorridendo dell’ espressione attenta della ragazza.
<<  E’ per te … Aprilo …  >>.
La voce calda di lui l’ accarezzò e lei aprì il cofanetto con mani tremanti.
Dentro c’ era un bellissimo collare di pelle con al centro un anello di platino con un’ incisione all’ interno : “Bill & Nic. Per Sempre”.
La ragazza alzò gli occhi su di lui.
Non era era la classica collana e non era il classico anello.
Ma era meravigliosamente, eccentricamente, Bill.
C’ era tutto Bill in quel regalo, e c’ era lei.
<<  La ho disegnata io … So che non ami moltissimo le fedine classiche e nemmeno le collanine da signorina per bene dove appenderle … Ma … Desideravo che tu avessi lo stesso un anello da parte mia …  >>.
Lei non sapeva cosa dire.
Fissò gli occhi in quelli ambrati e caldi del ragazzo :
<<  … Ti amo, Bill … E non è per il regalo … Cioè … Sì, anche ma …  >>.
Si stava impappinando nelle parole.
Lui sorrise e le si avvicinò alle labbra sfiorandogliele.
<<  Anche io ti amo …  >>. Poi catturò la bocca della ragazza impedendole di rispondergli.
A Bill piaceva immensamente baciarla.
Anche il sesso con lei era meraviglioso come mai lo era stato per lui.
Ma baciarla era cosa così intima e dolce e … Solo loro.
Non aveva memoria di di baci che lo avessero coinvolto e sconvolto a quel modo.
Baciarla era come toccarle l’ anima, nutrrsi di lei, respirare il suo respiro.
Era qualcosa che non aveva mai nemmeno osato immaginare.
E da sei mesi poteva farlo.
C’ erano stati infiniti baci in quei giorni passati insieme, eppure sembrava non saziarsene mai, non annoiarsene mai.
Ognuno di essi era speciale ed unico.
E lui li ricordava tutti.
Amava sorprenderla, mozzandole le frasi in gola e rubandole il respiro dalle labbra, amava interrompere le sue sfuriate che si tramutavano in passione, amava sentirla arrendevole sotto le proprie labbra, sentirla abbandonarsi fiduciosa a lui, senza timori, senza remora alcuna.
Amava quando era lei a sorprenderlo, amava quando gli dava quei rapidi baci solo per indurlo ad interrompere i suoi fiumi di parole, amava quando quei baci erano lunghi, sensuali, languidi e lenti, amava quando lo baciava mentre dormiva.
Era così delicata. Posava piano le labbra sulle sue, poi le sfiorava lieve con la lingua, assaporandole.
Lui si svegliava ogni volta.
Ed ogni volta lei si scusava per averlo svegliato.  
Ed ogni volta Bill pensava che non ci sarebbe stato mai, per lui, un modo migliore per svegliarsi.
Socchiudeva gli occhi e vedeva il viso di lei sopra il proprio, sentiva la sua bocca, ricambiava piano quel bacio.
E la sentiva sorridere sulle proprie labbra.
Amava tutto questo.
E poi c’ erano quei baci infuocati di passione, quando sembrava che dovessero fondersi l’ uno nell’ altra.
In quei baci, ogni singolo centimetro di loro era coinvolto : le mani che si muovevano febbrili sul corpo, le gambe che si intrecciavano, le dita che scivolavano tra i capelli, accarezzandoli, tirandoli, le labbra che sembravano divorarsi, che guizzavano e bruciavano come fiamma viva, che non si limitavano alla semplice bocca dell’ altro ma che scivolavano sulla gola, sull’ orecchio, le lingue che sfioravano la pelle.
Quante volte aveva morso le labbra morbide e sensuali di lei, travolto dalla passione, eccitato dalle sue mani, dalla sua bocca, da tutto il suo corpo?
E quante volte lei aveva morso le sue, soffocando gemiti di desiderio che salivano alle labbra di entrambi?
A volte si erano fatti prsino male, ma era un dolore talmente eccitante che riusciva solo ad aumentare la loro passione.
Adesso la stava baciando.
Stava baciando il suo stupore per quel regalo inatteso, stava baciando la sua felicità.
La sentiva sempre quella felicità sulle labbra di lei e adorava l’ idea di essere lui, Bill, il motivo di quella felicità.
Si staccò lentamente da lei senza interrompere il contatto visivo con quegli occhi meravigliosi che lei aveva.
Si alzò lentamente, prese la coperta orrenda tra le braccia e si avviò verso la porta.
<<  Dove … Dove stai andando?  >>.
Chiese lei cercando di riprendere il controllo di sé e della situazione che le sfuggiva sempre di mano in occasioni come quella.
<<  Giù, in sala … Se non sbaglio era quello che mi attendeva se avessi osato comprare questa coperta … Di dover dormire con lei, invece che con te …  >>.
Era bellissimo.
La luce delle candele si rifletteva nei suoi occhi intensi, mandava bagliori dai suoi infiniti anelli e collane e catenelle che pendevano dai suoi jeans neri e stretti; dal suo sorriso perfetto.
I capelli, alzati al cielo, come lei li adorava, lasciavano ricadere morbide ciocche sulle sue spalle esili e, l’ unica cosa che lei desiderasse fare ora, era sfiorarli.
Era sfiorare lui in punta di dita.
Lo Amava.
Lui le fece un ultimo piccolo cenno con la testa facendo ondeggiare i capelli dolcemente, poi uscì dalla stanza, con un sorriso di attesa dipinto sul volto.
Quanto avrebbe resistito prima di richiamarlo? …
E … Lo avrebbe richiamato?
Sperava ardentemente di sì. Così come ardentemente la desiderava.
Non avrebbe resistito tutta la notte senza di lei.
Era ormai di fronte alle scale, indeciso a scendere quegli scalini che lo avrebbero ulteriormente allontanato da lei.
Si fece coraggio e, un pesante passo dopo l’ altro, si diresse giù dalle scale.
Il cuore era pesante; lei non lo aveva richiamato, quando …
<<  Bill …  >>. Una voce bassa, timida, dolce.
Il ragazzo riprese a respirare voltandosi lentamente verso di lei e trovandola esattamente così come si era aspettato di trovarla : si tormentava il labbro inferiore, in quel modo che lui trovava irresistibilmente sensuale, teneva gli occhi bassi, fissando il collarino che lui le aveva regalato e che stringeva tra le mani.
<<  Dimmi …  >>.
Lei alzò improvvisamente gli occhi su di lui, e Bill seppe che era finito.
Quel gioco era terminato.
Adesso c’ erano solo loro due, la loro passione, il loro desiderio …
E le loro paure.
Paura di perdersi.
E la loro incredulità.
Increduli di essersi davvero trovati.
Un attimo dopo, dopo aver risalito quegli scalini che li dividevano a due per volta, lui la stava stringendo tra le braccia., forte, quasi come se volesse renderla parte stessa di sé.
Non sapeva chi dei due fosse andato incontro all’ altro, sapeva solo che era esattamente così che dovevano stare.
Stretti in un abbraccio che non lasciava spazio a nient’ altro.
Nic inspirava il suo profumo, il profumo della pelle di Bill, così delicato ed intenso, così dolce.
Sentiva le sue braccia stringerla forte, come se non volesse più lasciarla andare, e lei non desiderava altro che rimanere così, per sempre.
Sentiva il respiro di lui sui capelli ed il battito frenetico del suo cuore e la sua voce :
<<  Scusami … Non volevo farti arrabbiare tanto …  >>.
Lei si allontanò da lui solo per poterlo guardare negli occhi.
<<  Ed io non voglio che tu dorma sul divano … Ti voglio con me … Può venire anche la coperta se vuoi …  >>
Lui sorrise. La sua Nic, la sua buffa, deliziosa, dolce Nic …
Avrebbe accettato qualsiasi cosa da lui.
E questo un po’ lo spaventava.
Sapere di avere questo potere su di lei lo faceva sentire responsabile della sua felicità.
Ma del resto era lo stesso potere che lei esercitava su di lui.
Se fosse un bene o un male, dovevano ancora scoprirlo.
Entarmbi.
Adesso le sorrise leggermente ironico :
<<  Magari la portiamo in camera con noi, giusto per non farla sentire sola … Ma non ti da fastidio che ci guardi?  >>.
Stavano giocando. Due bambini.
Lei lanciò uno sguardo di sfida alla coperta fra le braccia di Bill e si rivolse direttamente a lei :
<<  Goditelo adesso che puoi, perché rimane comunque mio, sai?  >>.
Poi rivolse uno sguardo serio a Bill che la osservava divertito :
<<  Basta che se ne stia buona e non ci disturbi … Del resto questa notte non rinuncerei a te  per nulla al mondo …  >>.
Si alzò in punta di piedi, lo attirò a sé per poterlo baciare.
Nic. Che sapeva essere così bambina per diventare una donna un attimo dopo.
La sua donna.
Continuando a baciarla la sospinse dentro la camera, si richiuse la porta alle spalle, posò la coperta sulla sedia e fece scivolare le dita lungo la schiena della ragazza fino ad incontrare la cerniera sottile di quel vestito che si frapponeva tra lui e la sua pelle.
La trovò.
La aprì lentamente sfiorando la schiena di lei in punta di dita, sentendola rabbrividire appena sotto il suo tocco leggero.
Il respiro della ragazza era irregolare e caldo sulla sua gola.
La avrebbe voluta già nuda, già sua, ma gli piaceva trattenersi.
Lei intanto aveva insinuato le dita sotto la maglietta di Bill, accarezzandolo piano, cercando un modo per sfilargliela senza interrompere quella calda, languida carezza.
Lui la aiutò, sfilandosela dalla testa e tornando immediatamente ad occuparsi del vestito di lei che stava scivolando lentamente verso il basso.
Lei posò le mani sui fianchi stretti  del ragazzo, slacciandogli la cintura dall’ enorme fibbia e aprendo i bottoni dei jeans ad uno ad uno, lentamente, le labbra sul suo petto, uno sguardo alla sua gola che lui offriva ai suoi occhi, tenendo la testa abbandonata all’ indietro.
Tutto stava procedendo lentamente, i gesti, i respiri che sfuggivano alle loro labbra..
Tutto sembrava rallentare  nella consapevolezza di essere lì, di vivere quel momento.
Adesso erano uno di fronte all’ altra, lui aveva addosso solo i boxer neri, attillati, lei la lingerie di pizzo del medesimo colore.
Bill, senza staccare gli occhi da lei, si tolse tutti gli anelli e le collane che indossava posandole sulla scrivania.
Lei prese la collana che lui le aveva regalato e gliela porse :
<<  Mi aiuti ad allacciarla? Voglio indossarla per te stanotte …  >>.
Bill deglutì, prese il collarino dalle mani della ragazza e lo chiuse attorno al collo sottile di lei, poi prese il bracciale e si fece aiutare ad allacciarlo dalla ragazza :
<<  Questo bracciale e te …  Siete le uniche cose che voglio avere addosso questa notte …  >>.
Ancora un bacio.
Caldo.
Denso di aspettativa.
Pieno di desiderio.
Lingerie che cade a terra, mani che sfiorano e stringono, che possiedono e donano.
Labbra che bramano e assaggiano.
Lingue che accarezzano.
Il metallo freddo del bracciale di Bill che le sfiora la pelle incandescente, la sua collana che si impiglia ai capelli di lui.
Di nuovo i loro respiri fusi in uno.
Di nuovo gemiti soffocati nei capelli, sulla gola, sulle labbra.
Di nuovo lui in lei.
Di nuovo lei attorno a lui.
Di nuovo loro.
Ancora e ancora.
Desiderando che non finisse mai …  …  …

Il sussurro basso di Georg alle sue spalle la riportò al presente, col fiato corto ed un desiderio che cresceva dentro di lei.
<<  Hai trovato la coperta?  >>.
Lei si accorse di averla tra le braccia e di stringerla forte, troppo forte.
Come se cercassse di ritrovare in lei quella notte.
Si diresse silenziosa in camera di Bill.
Stese la coperta sul letto con un sorriso appena accennato :
-  Pare proprio che stanotte dormirai con lei …  -
<<  Io qui ho finito … Chiudi tu le tende e la porta?  >>.
 Chiese Georg con un sorriso triste che sperò lei non vedesse.
Quei due ragazzi assieme  gli straziavano il cuore ogni maledetta volta.
<<  Sì  e … Grazie Hagen …  >>.  Gli sorrise riflettendo il sorriso del ragazzo.
Aveva voluto darle modo di rimanere qualche minuto da sola con Bill, anche se lui dormiva.

Le piaceva guardarlo dormire. Le era sempre piaciuto.
Adesso lo osservava.
Era dimagrito un po’, ma nulla riusciva ad offuscare la fulgida bellezza di quel volto perfetto, di quegli occhi che adesso lei  non poteva vedere, celati dalle palpebre chiuse, di quel sorriso appena accennato sulle labbra rilassate nel sonno.
Quante volte le aveva baciate ancora addormentate?
Tante. E le mancava da impazzire.
Ora, quasi inconsciamente, si ritrovò in ginocchio accanto al letto, ad un soffio da quella bocca, non riusciva a distogliere  gli occhi da quel viso angelico.
Forse si era concentrato troppo su di lui e troppo poco sulla situazione perché, l’ improvviso spalancarsi degli occhi di Bill, la colse di sorpresa.
<<  Lo sai che me ne accorgo sempre quando mi fissi mentre dormo …  >>.
La voce bassa, ancora velata dal sonno … Lei non seppe cosa dire.
Lui stava lì girato su un fianco e la fissava silenzioso, proprio come lei.
<<  Perché mi avete portato a letto? Io … Io volevo restare con voi …  >>.
Il cuore di Nic si spezzò per l’ ennesima volta e, per l’ ennesima volta, lei tentò di raccoglierne i cocci.
Non era facile davanti davanti a quell’ espressione da cucciolo ferito, di bimbo che si sente solo.
Avrebbe dovuto capirlo.
Avrebbe dovuto capire che non voleva restare solo.
Sorrise e cercò di affrontare la situazione e quel visino imbronciato, nel miglior modo che le venisse in mente : sdrammatizzando.
<<  Ma dai, non sei solo … Ti ho portato anche la tua coperta preferita, visto?  >>.
Disse indicando la coperta stesa sul letto.
Bill la sfiorò con un sorriso :
<<  Alla fine ci sei riuscita … A spedirmi a dormire con lei  …  >>.
Nic perse il fiato ed ogni pensiero razionale.
Lui stava ricordando quello stesso giorno che, fino a pochi minuti prima stava ricordando anche lei e, forse, anche la notte che era seguita.
<<  E, proprio come allora, nemmeno questa notte desidero dormire da solo con lei …  >>.
Sì, la ricordava.
Cosa avrebbe dovuto fare, adesso?
Non lo sapeva.
Sapeva cosa avrebbe voluto fare, cosa desiderava fare da molto tempo, e sapeva che Bill non le avrebbe permesso di farlo … E allora?
Ma fu lo stesso Bill a risolvere quel suo dilemma :
<<  Lo so che sono un idiota ma … Ti va di rimanere con me … Almeno fino a che non mi sarò addormentato?  >>.
Lei avrebbe voluto mettersi a piangere, ma si accontentò di accennare un assenso col capo e a sedersi per terra accanto al letto di Bill, le braccia incrociate sulla coperta, il mento appoggiato sopra, gli occhi in quelli di lui che li abbassò, vergognandosi un po’ di quella richiesta puerile che non era riuscito a trattenere.
Avrebbe desiderato ben altro.
Avrebbe desiderato che lei si sdraiasse accanto a lui, che si accoccolasse tra le sue braccia come un gattino, come quando stavano insieme, come quando dividevano quel letto ogni notte, facendo l’ amore o semplicemente dormendo, non era importante.
L’ unica cosa che contava era sentirla accanto a sé.
Avrebbe voluto abbracciarla.
Quel desiderio era mutato in un bisogno che diventava ogni giorno più insopportabile, ma Bill sapeva di non poter pretendere nulla da lei, che non aveva nemmeno preso in considerazione l’ idea di dividere ancora una volta il letto con lui.
E la colpa era la sua.
Era lui che aveva continuato a respingerla.
-  Non posso permettermi di pretendere nulla, adesso … Dopo il modo in cui la ho trattata …  …  … Dio … E’ così bella …  - .
I pensieri di Bill schizzavano senza che lui potesse controllarli, lo sguardo perso in quello di lei.
Per un istante si sentì bene, come se nulla fosse accaduto, come se quello sguardo avesse potuto avere il potere di cancellare tutto il tempo passato lontani, tutti gli errori, come se nulla li dividesse.
Con gli occhi riflessi in quelli di lei, gli sembrava che quel muro non fosse poi così invalicabile come sembrava.
Passò interminabili minuti fissandola e trovando il suo sguardo attento e dolce su di lui, poi, finalmente, si addormentò, permettendo anche alla ragazza di chiudere gli occhi e di cedere al sonno, lì, seduta ai piedi di quello che era il suo amore, la sua passione, il suo dolore, di quella che era la sua ragione di vita.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12 ECCOMI DI NUOVO QUI... FINO AD ORA NON HO MAI TENUTO IL CONTO DEI GIORNI CHE PASSAVANO TRA IL POSTARE UN CAPITOLO ED IL SUCCESSIVO... HO SEMPRE POSTATO COSI', UN PO' A CASACCIO! n___________n''''
MA STIAMO PER RAGGIUNGERE "QUEL" CAPITOLO... E MI CHIEDO SE SONO ANSIOSA DI POSTARLO O MENO...
DA UNA PARTE PER ME SAREBBE UN VERO SOLLIEVO... ESSENDO PROPRIO QUELLO CHE MI HA MAGGIORMENTE FATTA PENARE A LIVELLO EMOTIVO... POI.. BHE' IL PARERE CREDO SIA ASSOLUTAMENTE PERSONALE... DEL RESTO SI TRATTA DELLA MIA STORIA, PER CUI NON FACCIO TESTO... D' ALTRA PARTE VORREI CHE QUEL MOMENTO NON ARRIVASSE MAI... ç___________________ç
E COSI', MENTRE STO QUI A STRINARMI IL POVERO ULTIMO NEURONE SOPRAVISSUTO, POSTO QUEST' ENNESIMO CAPITOLO, PIU' PER ME CHE ALTRO, NELLA SPERANZA DI CAPIRE SE, ARRIVARE VELOCEMENTE A QUEL PUNTO MI ATTRAE O MI SPAVENTA...
VABBE', DOPO QUESTO ALLEGRO SPROLOQUIO, PASSO A RINGRAZIARE PROPRIO TE, MANU.
CERTO, LA MIA LETTRICE, COLEI CHE, CON INFINITA PAZIENZA E MASOCHISMO, SI SORBISCE OGNI CAPITOLO E LO RECENSISCE ANCHE!
I CASI SONO DUE, O ANCHE TU HAI UN' UNICO NEURONE STRINATO (E DI CIO' ABBIAMO SPESSO DISCUSSO IN ALTRA SEDE X°D!) O SEI VERAMENTE UNA SANTA DONNA CHE SI E' VOTATA ALL' AUTOLESIONISMO!
QUALUNQUE SIA LA RISPOSTA, SAPPI CHE TI SONO GRATA DI OGNI SINGOLA PAROLA CHE LASCI SU QUEL FOGLIETTO VIRTUALE E CHE SPINGE LE MIE DITA SU QUESTA BENEDETTA TASTIERA (NON MI RITENGO RESPONSABILE PER I CORI CHE TI "INVITANO GENTILMENTE" A FARTI I FATTI TUOI! X°D! ).. QUINDI GRAZIE E PERDONA TUTTI I COLPI AL TUO POVERO CUORICINO.. SONO LIETA CHE TI SIA PIACIUTA LA PARTE DEL RICORDO DI NIC... IO ERO TOTALMENTE PRESA MENTRE LO SCRIVEVO... LO TROVO MOLTO DOLCE E, TI RIPETO, ESIGO UNA COPERTA COME QUELLA!!!! n__________n!!!!
MA PER IL MOMENTO POSSO RITENERMI PIU' CHE SODDISFATTA AD AVER TROVATO TE, LA MIA PERSONALE, ORRIBILE, AMATISSIMA COPERTA (AZZURRA E ARANCIONE, OF COURSE) DI LINUS, QUELLA CHE DA CALORE, FIDUCIA E AFFETTO INCONDIZIONATO! TI VOGLIO BENE!
CONCLUDIAMO IL SOLILOQUIO DELIRANTE RICORDANDO CHE NULLA DI QUELLO CHE AVETE LETTO SIN' ORA E CHE LEGGERETE IN SEGUITO, RAPPRESENTA ANCHE SOLO LONTANAMENTE LA REALTA' DEI FATTI. TUTTO FRUTTO DI UN MALSANO NEURONE, IL MIO! NO SCOPO DI LUCRO.
UN GRAZIE A CHIUNQUE PASSI DA QUESTE PARTI E SOFFERMI LO SGUARDO PER QUALCHE MINUTO, NELLA SPERANZA DI REGALARE ANCHE SOLO UNA DELLE EMOZIONI CHE IO PROVO SCRIVENDO, VI AUGURO BUONA LETTURA E A PRESTO!




Fu esattamente in quella posizione che Tom la trovò due ore dopo, quando salutò Gustav, Georg e David che si erano finalmente decisi ad andare a casa  a dormire un po’.
Quando Georg li aveva informati di aver lasciato Nic con Bill, di sopra, lui aveva continuato ostinatamente a mantenere lo sguardo fisso sullo schermo della tv, perdendo completamente il filo di un film che non aveva comunque seguito dal principio.
La mente aveva cominciato a divagare, ma lui era troppo stanco per seguire il percorso di quei pensieri o il loro significato.
Non voleva saperlo, non gli importava.
In realtà l’ unica cosa che avrebbe desiderato fare era spegnere del tutto il cervello e dare riposo ai suoi poveri neuroni che ne sentivano un disperato bisogno e non pensare più, almeno per un po’, almeno per il tempo necessario per riuscire a riprendere il controllo di sé stesso, della sua mente, del suo corpo e del suo cuore, tutti troppo stanchi per poter sopportare altro.
Ma adesso si era deciso a salire in camera di suo fratello, per vedere cosa stesse succedendo.
Sforzò l’ udito alla ricerca di un qualsiasi rumore che gli suggerisse di allontanarsi , e in fretta, dalla stanza di Bill, ma non sentì nulla di preoccupante.
Scosse piano la testa.
Conosceva ormai benissimo le paure del suo gemello ed una fitta al cuore gli fece capire quanto desiderasse che fosse felice. Nonostante tutto.
-  Tutto cosa? Tom? -  Ma sapeva di non voler rispondere a quella domanda.
Avanzò cauto nell’ oscurità della camera di Bill e si rese conto di aver fatto la cosa giusta quando si accorse della ragazza semisdraiata sul pavimento che stava per calpestare.
-  Bill, ma sei un cretino! La lasci dormire sul pavimento?…  -
Poi interruppe il corso dei suoi pensieri.
Le cose non erano così semplici come potevano apparire.
Si chinò e prese Nic tra le braccia, cercando di fare il più delicatamente possibile.
Non voleva rischiare di svegliarla.
E mentre usciva  silenziosamente dalla stanza di Bill, si chiese dove avrebbe dovuto sistemarla.
La camera degli ospiti era un vero disastro, il letto era sfatto e il disordine che riuscivano a far sparire dal resto della casa, sembrava riversarsi tutto in quella stanza; sul lettone matrimoniale che troneggiava al centro della stanza non c’ era nemmeno un angolino libero.
-  Ragazzina pesi … Devo ricordarmi di scocciarti un po’ con questa cosa domani … -.
Sorrise il giovane rasta fra sé e sé.
Poi, decidendo che il divano non era certo il posto migliore dove fare riposare la ragazza, si diresse deciso in camera sua e la posò delicatamente sul proprio letto.
Rimase lì, fermo, ancora chino sulla ragazza, le mani sul bordo del letto, a fissare quel viso pallido che sembrava così triste anche nel sonno.
Avrebbe desiderato svegliarla e costringerla a sorridere.
E se non ci fosse riuscito allora la avrebbe fatta arrabbiare.
Gli sarebbe andata bene qualsiasi cosa che non fosse quell’ espressione triste e tirata sul volto di Nic.
Era stanco. Si passò brevemente una mano sugli occhi massaggiandosi le tempie.
Poi la vide.
Una.
Un’ unica lacrima era scivolata dagli occhi di lei.
Era sfuggita alle sue ciglia folte e scure, aveva percorso tutto il viso e si era posata sulle sue labbra rosee proprio nel momento in cui queste si erano dischiuse leggermente ed avevano pronunciato quell’ unica parola.
Così flebile eppure forte come un pugno allo stomaco, così piena di passione e dolore :
<<  … Bill …  >>.
Tom la aveva udita benissimo e si chiese quante volte la avesse già sentita e quante altre volte avrebbe dovuto sentirla.
Quella lacrima era stato il colpo finale.
Erano le quattro del mattino, lui aveva un disperato bisogno di dormire.
Non poteva davvero sopportare altro, in quelle condizioni.
-  Non questo … - Pensò in un impeto di rabbiosa frustrazione.
Si staccò a forza dal letto, dal viso della ragazza, da quella lacrima che non aveva avuto il coraggio e la forza di asciugare e si diresse in sala, spense le luci e si abbandonò scompostamente sul divano, lanciando in malo modo le scarpe e il cappellino che caddero a terra e accendendo l’ Ipod.
Dalle cuffie prese vita la voce di Axl.
“Don’t Cry”  dei Guns’n’Roses invase le sue orecchie, la sua mente ed il suo cuore.
Ricordò di aver prestato l’Ipod a Nic il pomeriggio precedente.
Quella canzone faceva male.
Ma oramai per loro, per tutti loro, era diventato un dolore che consolava, un dolore dolce a cui nemmeno lui riusciva a rinunciare.
Chiuse gli occhi seguendo la musica, ascoltando quelle parole :

… Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
I’ ve been there before …

Poche frasi.
Tom desiderò non sentirle tutte quelle parole, desiderò addormentarsi subito.
E, per la prima volta da quando Bill era tornato a casa, allungò una mano nel cassetto del mobiletto accanto al divano alla ricerca dei sonniferi a cui aveva rinunciato, ne ingoiò un paio, poi strinse gli occhi cercando di fermare qualcosa che premeva per nascere dai suoi occhi, qualcosa di cui lui aveva imparato a fare a meno.
Si addormentò, appena vagamente consapevole della lieve carezza che stava sfiorando il suo viso e con un remoto desiderio che qualcuno avesse il coraggio e la forza, quella che a lui era mancata, di asciugarla, un giorno.

Nic dischiuse piano gli occhi e si trovò avvolta nella penombra della stanza che riconobbe subito come quella di Tom.
Si sedette guardandosi attorno; il solito disordine, i soliti vestiti sparsi a terra, il solito Tom.
Sorrise ma subito si chiese dove fosse il ragazzo intuendo già la risposta.
Scese senza far rumore e si avvicinò in punta di piedi al biondo rasta steso sul divano, si era sfilato la maglietta lasciandola cadere  a terra e lei la calpestò con i piedi scalzi.
Sorrise dolcemente.
Tom aveva un aria così indifesa quando dormiva, così diversa dall’ espressione dura che abbandonava solo davanti a Bill, rimase ad osservarlo qualche istante, poi, accorgendosi della pelle d’ oca che aveva prese la coperta dalla poltrona e la posò sul petto del ragazzo.
Lui, sentendo quel leggero tepore si svegliò, aprendo appena gli occhi.
<<  Nic … Dovresti essere a letto …  >>.  Biascicò.
<<  No, tu dovresti essere a letto …  >>.
Rispose lei sottovoce, poi aggiunse, arrossendo appena : <<  A proposito … Grazie …  >>.
Lui le sorrise, era così dolce quando si sentiva in colpa.
<<  Non devi ringraziarmi … Avevi bisogno di dormire … Ne abbiamo bisogno tutti a dire la verità  >>.
Lo sguardo della ragazza si fece improvvisamente serio mentre si chinava a raccogliere il flaconcino dei sonniferi che Tom aveva lasciato scivolare a terra.
<<  Hai preso di nuovo questa robaccia, Tom?  >>.
Lo sguardo severo della ragazza e quella nota preoccupata nella voce furono insopportabili per il giovane uomo che, con un gesto rapido, sfilò un braccio da sotto la coperta e afferrò il polso di Nic, sbilanciandola e facendola cadere in ginocchio accanto al divano.
Adesso i loro volti erano abbastanza vicini perché potessero specchiarsi l’ uno negli occhi dell’ altro, il viso di Nic sovrastava quello di Tom che era ancora appoggiato al bracciolo del divano.
-  … Tom … Stai facendo una cazzata … Fermati adesso, subito, prima che sia troppo tardi … -.
Ma non diede retta a quella vocina dentro la sua testa e una sconsolante verità gli invase la mente, dolorosa e frustrante.
-  E’ già troppo tardi …  -
Un istante dopo aveva tirato su la testa rapido e le sue labbra stavano assaporando bramose e delicate, quelle morbide e stupite della ragazza che, gli occhi sgranati a fissare il volto del rasta, era rimasta impietrita.
-  Tom smettila! La stai spaventando!  -.
Dapprima fu un bacio timido ma, quasi schiavo della sua stessa volontà, Tom si rese conto che il bisogno di lei era cresciuto.
Le sue labbra si fecero esigenti su quelle di Nic, ma quella maledetta voce dentro di lui aveva ragione e si staccò a forza da lei, strappando le labbra dalle sue, spezzando il suo stesso respiro.
Lo sguardo sconvolto di Nic lo ferì.
Lei non si aspettava una cosa del genere, non da lui, non così, a tradimento.
Aveva imparato a fidarsi di lui, nonostante gli alti ed i bassi del loro rapporto conflittuale, e lui l’ aveva tradita.
-  Tom, sei un idiota … -.
Lo sguardo di lei non era facile da sostenere, cosa avrebbe mai potuto dirle per giustificare quel gesto tanto irrazionale quanto naturale, per lui?
Stava ancora annaspando alla ricerca di qualcosa da aggiungere, ma lei si alzò e, senza dire nemmeno un’ altra parola, né degnarlo di un solo altro sguardo, si diresse in camera di Tom richiudendosi la porta alle spalle.
Nic si sedette sul letto del ragazzo, lo sguardo fisso sulla parete che la divideva da Bill, cercando di fermare un pensiero che fosse almeno vagamente coerente con quello che era appena successo.
Ma non ne trovò nessuno.

Tom nel frattempo stava in piedi in fondo alle scale cercando di decidere cosa fare.
Avrebbe dovuto far finta di niente e dimenticare l’ accaduto?
Avrebbe dovuto parlare con lei?
Avrebbe dovuto parlare con Bill?
-  … No … Non posso fargli questo … Non adesso … Tom sei proprio uno stronzo! Ecco cosa sei … Uno stupido, infantile bambino che non sa trattenere i suoi istinti e che finisce sempre col combinare qualche cazzata!  -
Si passò stancamente una mano tra i capelli, affondando le dita tra i pesanti rasta biondi, poi salì il primo gradino con passo pesante, sperando di aver preso la decisione giusta.
Bussò piano alla porta aspettando e temendo un cenno dall’ interno.
La porta si aprì, davanti a lui Nic si stava infilando uno stivale, chiaramente intenzionata ad andarsene al più presto.
Tom si richiuse lentamente la porta alle spalle e vi si mise davanti, sperando di poter impedire in quel modo alla ragazza di lasciare quella stanza e quella casa.
Sapeva di non poterla trattenere.
Sapeva di non potere nulla, di non avere alcun diritto su di lei.
Non lo aveva mai avuto e, con il suo stupido comportamento, non aveva certo migliorato le cose.
Provò a parlare, seppure non fosse certo che le parole che avrebbe usato sarebbero state quelle giuste.
<<  Non puoi andartene adesso … Bill pensa di trovarti qui quando si sveglierà …  >>.
Tentò il giovane evitando di guardarla negli occhi.
<<  Perché? Adesso ti interessa persino cosa possa desiderare Bill?  >>.
Il tono della voce di Nic era sarcastico.
Forse più di quanto lei stessa avrebbe desiderato.
Di nuovo.
Lei stava nuovamente mettendo in discussione il suo amore verso suo fratello.
Tom sentì montargli dentro la rabbia.
O era frustrazione?
Non lo sapeva, ma non le avrebbe permesso di insinuare che lui non amasse Bill.
Lui era la sua metà, il suo gemello, parte della sua stessa anima incompleta e tormentata che adesso non gli dava pace.
Era la parte migliore di sé.
<<  Io voglio bene a Bill … Cristo Nic! D’accordo! Ho sbagliato! Ho fatto una cazzata! Ho ceduto ad un momento di debolezza! Non era mia intenzione, non volevo …  >>.
Nic esplose.
<<  Ah! Certo! Ha ceduto alla debolezza! Non voleva! Tu vai in giro non desiderando baciare tutte quelle ragazze ma facendolo semplicemente per debolezza o per bontà del tuo cuore?  >>.
L’ ironia nella voce della ragazza era affilata e faceva male.
Ma lei non si placò.
<<  … Tom? Con chi cazzo credi di stare parlando? Io non sono una delle tue infinite conquiste, quelle ochette dalla testa vuota che si bevono ogni cazzata che esce dalla tua bocca, sai? Puoi tenerti queste puerili banalità per giustificarti con loro, non con me! … Credevo che le cose tra noi andassero bene, che fossimo … Amici …  >>.
La rabbia aveva lasciato il posto ad un’ improvvisa tristezza, nel rendersi conto che non aveva capito nulla, che non conosceva affatto il ragazzo che le stava di fronte, che tutto stava precipitando così velocemente e che faceva maledettamente male.
Quel dolore le aveva attanagliato lo stomaco e spezzato la voce.
Avrebbe voluto mettersi a piangere. Avrebbe voluto … Capire.
Capire cosa stesse succedendo, cosa era successo, dove avesse … Sbagliato.

Per Tom il tono ferito di Nic fu l’ ennesima fatica da sostenere.
Non voleva ferirla. Non aveva mai voluto ferirla.
Quella ragazza era già abbastanza martoriata, lui avrebbe dovuto e desiderato aiutarla ed invece …
Ricordava ancora perfettamente quel giorno, quando lei lo aveva supplicato di non complicarle la vita più di quanto già non lo fosse.
Ricordava esattamente il dolore che aveva provato nel rendersi conto che per lei era diventato un peso, una difficoltà in più.
Ricordava quella notte passata a bere ed a promettere a sé stesso di non commettere più quello stesso errore.
E adesso …
Adesso ne aveva commesso uno anche peggiore.
Uno a cui non sapeva come porre rimedio.
Aveva desiderato farlo. Da molto tempo. Quasi senza rendersene conto nemmeno lui.
E aveva ceduto.
Aveva ceduto davanti a quella sua espressione dolce e preoccupata.
Preoccupata per lui.
Fino ad allora quello sguardo era stato sempre e solo per Bill.
Non avrebbe dovuto farlo, si sentiva meschino egoista ed ingrato, ma lo aveva invidiato.
Perché quello sguardo parlava d’ Amore, parlava di totale dedizione, parlava di qualcosa che lui non aveva mai provato fino …
Fino ad adesso.
E che non aveva mai ricevuto.
Tutti gli infiniti sguardi adoranti che si erano posati su di lui in quegli anni non avevano nemmeno l’ ombra di quella intensità.
Ma Tom non aveva perso del tutto la ragione, sapeva di aver sbagliato, sapeva di dover rimediare
Quello che non sapeva erano le parole adatte per farlo o se davvero ne avrebbe avuta l’ opportunità e, nel tentativo di aggiustare qualcosa che temeva ormai spezzato irrimediabilmente, disse la cosa peggiore che potesse dire.
Ma quando se ne rese conto, vedendo lo stupore ed il tormento nei giovani intensi occhi blu che lo fissavano dal basso, era troppo tardi.
<<  E’ stato un solo, maledettissimo bacio! Solo un bacio, niente di più!  >>.
Silenzio.
Nic distolse lo sguardo da quel viso che assomigliava tanto a quello di Bill da farle male e che, allo stesso tempo, avrebbe voluto prendere a schiaffi; raccolse la sua borsa e si diresse verso la porta
Si fermò un istante prima di aprirla e parlò a voce bassa, senza voltarsi.
<<  Un bacio … Un bacio non è solo un bacio … Io ricordo ogni bacio dato, ogni bacio ricevuto ed ogni bacio condiviso … Ricordo ogni bacio di Bill, quelli che avevano il sapore di cioccolata e caffè o di orsetti gommosi alla fragola …  >> .
Un sorriso rivestì quelle sue ultime parole, dolcemente.
<<  O quelli che semplicemente avevano il suo sapore … credimi Tom, avrai anche più esperienza di me, ma tu non sai cosa sia un bacio … E non lo saprai mai …  >>.
Aprì la porta e, con passo silenzioso, discese svelta le scale uscendo nella luce del mattino.

Tom era rimasto in camera sua, incapace di muoversi, lo sguardo fisso nel punto in cui la schiena della ragazza si era sottratta alla sua vista.
“ Tu non sai cosa sia un bacio … E non lo saprai mai … “.
Quelle parole gli rimbombavano dentro invadendo ogni fibra del suo essere, straziandolo come mai parola di donna era stata in grado di fare.
Quelle erano le peggiori che gli fossero mai state rivolte.
Quelle che gli avevano aperto gli occhi sulla superficialità dei suoi rapporti, dei suoi sentimenti, della sua vita …
Di sé stesso.
La nuda e cruda verità, senza giri di parole o fronzoli a mitigarne gli effetti.
E faceva maledettamente male.
Ed era stata Nic a farlo.

Ma quella mattina Tom non era l’ unico che stava soffrendo per ciò che era accaduto.

Dall’ altra parte della parete due occhi, di un intenso nocciola, faticavano a trattenere quelle maledette lacrime che erano sempre state la prova tangibile della sua debolezza.
Detestava essere sempre così maledettamente fragile.
Avrebbe voluto essere forte qualche volta, almeno quella volta.
Ricacciò indietro, orgogliosamente, quelle lacrime.
Aveva sentito tutta la conversazione tra suo fratello e Nic.
Suo fratello la aveva baciata.
Certo, lei lo aveva respinto e non sembrava affatto contenta di quello che era accaduto, ma questo non diminuiva quel senso di oppressione che sentiva dentro.
Ma quello che gli faceva più male era sapere di non aver alcun diritto su di lei, di non poter pretendere nulla da lei, tautomero la sua fedeltà.
Lui l’ avrebbe lasciata sola.
Lui non aveva più molto da offrirle.
Lui l’ aveva tradita, e ciò che aveva fatto era andato ben al di là di un bacio sgradito.
Ed era per colpa di quel suo insensato momento di insicurezza e stupidità che aveva perso tutto ciò che avrebbe potuto avere con lei.
E adesso?
Adesso avrebbe anche preteso di avercela con lei?
No.
Non era così.
Non era arrabbiato con Nic, né lo era con Tom.
Si chiese come avesse potuto non accorgersi di quello che stava succedendo a suo fratello : questo lo fece soffrire, erano sempre stati un’ unica realtà, loro due.
Nonostante quello che poteva apparire al di fuori, loro erano uguali e nessuno dei due aveva mai avuto un solo segreto per l’ altro.
Erano cambiate molte cose.
Faceva male constatarlo.
Faceva male sapere che loro si erano baciati.
Faceva male sapere che, quelle ultime parole di Nic avevano ferito suo fratello.
Lui sapeva che era così.
Non sarebbe importato quanto Tom avesse fatto il gradasso da adesso in poi, quanto si sarebbero ignorati o quanto avrebbero potuto fingere che tutto andasse bene.
Lui sapeva che sarebbe stato così, che qualcosa si era irrimediabilmente spezzato.
Adesso lui doveva semplicemente decidere.
Decidere come affrontare quella situazione.
Avrebbe potuto parlare con loro, dire che sapeva cosa era accaduto.
Ma sapeva che avrebbe creato solo delle inutili tensioni, li avrebbe costretti entrambi a sentirsi in dovere di dargli delle spiegazioni che forse nemmeno c’ erano e che lui non era sicuro di desiderare.
Non aveva molto tempo.
Non quanto ne desiderasse per stare con loro.
Con loro due in particolare.
Si chiese se fosse davvero possibile che il suo cuore potesse contenere l’ Amore che sentiva per entrambi, per le due persone più importanti della sua vita.
Perché li Amava.
E non voleva perdere nemmeno un istante con loro.
Per nulla al mondo.
Nemmeno per quello che aveva sentito.
Forse c’ erano parole da dire ma lui non le voleva dire né le voleva sentire.
Non era certo di sapere come si sarebbe comportato, molto sarebbe dipeso da come Nic e Tom avrebbero deciso di affrontare quella situazione.
Quello che sapeva era che non sarebbe stato lui a complicare una situazione che era già abbastanza difficile da gestire.
Decise di tornare a letto.
Voleva essere forte, ma per poterlo fare aveva bisogno di ancora un po’ di tempo, di fare un ultima cosa.
Si rannicchiò sotto le coperte, nascose il volto pallido sul cuscino, chiuse gli occhi … E pianse.

Quando scese in cucina era passato mezzogiorno e vi trovò Tom, arrampicato su uno degli alti sgabelli che circondavano la penisola della cucina, il mento appoggiato alle ginocchia e uno sguardo assente posato su una tazza di caffè che gli stava di fronte, ormai freddo, come potè constatare Bill afferrandola per berne un sorso e gettandolo con una smorfia nel lavandino.
Fu solo a quel gesto che il biondo si accorse della presenza di suo fratello.
<< … Buongiorno, Bill …  >>.
La voce del ragazzo era bassa e rauca per il lungo silenzio che si era imposto, quando in realtà avrebbe desiderato parlare; parlare con Nic e capire come avrebbero dovuto affrontare quella situazione.
Ma lei se ne era andata rapida senza permettergli di dire una sola parola.
Sempre ammesso che lui le avesse trovate.
E adesso, si trovava di fronte Bill, il suo gattino da proteggere che lui stesso aveva ferito.
Si sentiva di merda, ma si costrinse a sorridergli, lui meritava almeno quello, almeno il suo sorriso.
Bill gli restituì il sorriso, considerando amaramente fra sé e sé quanto le cose mutassero la loro importanza e la loro priorità a volte : credeva che, nonostante i suoi buoni propositi, sarebbe stato difficile non mostrare a Tom il suo dispiacere e disappunto, ed invece provava solo un’ infinita tristezza davanti all’ aria mesta di suo fratello.
Sapeva che stava male e non lo sopportava.
<<  Buongiorno Tomi  >>.
La sua voce risuonò dolce nel silenzio della cucina e colpì Tom, che si chiese quanto ancora era disposto a sopportare il suo cuore ed il suo corpo che, adesso, aveva provato un doloroso bisogno di vomitare.
Vomitare il suo dolore e la sua ipocrisia, quasi come fosse qualcosa fisico, qualcosa di cui, davvero, ci si potesse liberare.
Ma non lo era.
Il moro accese la macchinetta del caffè e ne preparò altre due tazze, porgendone una al biondo che lo ringraziò con un gesto del capo, sorseggiando il liquido caldo, chiedendosi se Bill avesse dimenticato lo zucchero o se quel sapore amaro era solo sulle sue labbra.
<<  Vengono Georg e Gustav oggi?  >>.
Chiese Bill per spezzare quel silenzio.
<<  Sì, ha chiamato David poco fa e ha detto che sarebbero arrivati tutti non appena fosse riuscito a buttare giù dal letto Hagen … Ha detto che avrebbe ordinato qualcosa al cinese se ci andava bene … Gli ho detto di sì. Ma se vuoi lo richiamo e compriamo qualcos’ altro … >>.
C’ era una sottile nota ansiosa nella voce di Tom e Bill non potè fare a meno di sorridere.
<<  Cinese va benissimo. E’ tanto che non ci facciamo una sana abbuffata di pollo alle mandorle … >>.
Non che abbuffarsi fosse qualcosa che in quel momento desiderasse fare, ma voleva far sorridere il fratello, farlo sorridere davvero.
Ed in effetti la smorfia sul viso di Tom si distese illuminandogli il viso ed illuminando di riflesso quello del gemello.

Un’ ora dopo un David apparentemente più rilassato di quello della sera precedente, stava sistemando una marea di pacchetti e pacchettini sul grande tavolino del salotto, mentre Georg e Gustav, i volti pallidi ma più distesi grazie alle seppur poche ore di sonno recuperate, stavano disponendo in giro, a portata di mano, bottigliette di birra e Nic, recuperata al volo dopo una tempestiva telefonata di Georg che aveva reso noto che non la avrebbero trovata a casa dei gemelli, che stava sistemando coperte e cuscini sul pavimento e mettendo a disposizione, di David in particolare, forchette e coltelli.
Georg era rimasto stupito nel constatare che Nic era andata a casa.
Sapeva che si era addormentata in camera di Bill e aveva creduto che vi sarebbe rimasta, nonostante tutto.
Adesso, la leggera tensione che intuiva nell’ aria lo preoccupava, soprattutto perché aveva capito essere implicato anche Tom e  non riusciva a capire che ruolo avesse in quella strana situazione.
Forse avrebbe potuto chiederlo a Nic, o forse sarebbe stato meglio tacere; del resto la ragazza non sembrava molto disposta a parlarne.

Una volta svuotati la maggior parte dei cartoni a portar via del ristorante cinese e dopo aver riso come dei matti osservando Nic tentare di spiegare a David come si usavano le “maledette bacchette che mantenevano i cinesi così magri” come le chiamava lui, e soprattutto dopo quelle fatte alle spalle dell’ impegno che l’ uomo pareva essere disposto ad usare per utilizzarle, ed essersi scolati tutta la birra, il suddetto manager aprì il suo porta p.c, ne estrasse il suo portatile e sei fogli, distribuendone uno a ciascuno dei ragazzi presenti nella sala.
Calò il silenzio, poi cinque sussurri quasi soffocati si alzarono dai ragazzi :

New York e Los Angeles          Stati Uniti
Vancouver e Toronto                Canada
Città Del Messico                     Messico
Rio De Janeiro                          Brasile
Buenos Aires                            Argentina
Sydney                                     Australia
Mosca                                      Russia
Londra                                     Inghilterra
Dublino                                     Irlanda
Parigi                                        Francia
Stoccolma                                Svezia
Helsinki                                    Finlandia
Madrid                                     Spagna
Lisbona                                    Portogallo
Istambul                                   Turchia
Tokyo                                       Giappone
Pechino                                    Cina
Roma                                       Italia

Gi occhi dei ragazzi non riuscivano a staccarsi da qui fogli, le labbra si muovevano lente ripetendo all’ infinito i nomi di quelle città.
Il giovane uomo cominciava a dare segni di impazienza.
Perché mai non dicevano nulla?
<<  Ehm … Forse avrei potuto ottenere di più, ma … Sì, insomma … Volevo che fosse tutto pronto entro breve …  >>.
Si accorse che quello che aveva appena detto comportava il prendere atto della sua stessa paura di non avere abbastanza tempo a disposizione, di non avere a disposizione il loro cantante e, cercando di scacciare quel senso di nausea che lo aveva assalito a quel pensiero, cercò di sdrammatizzare la situazione ed aggiunse con un sorriso :
<<  Del resto … I Tokio Hotel non hanno mai avuto tempo da perdere, no? Tutto il possibile, nel minor tempo possibile e nel miglior modo possibile! E sarà esattamente così anche questa volta … >>.
<<  Vorresti farci credere che da ieri sera quando ti abbiamo lasciato davanti a casa tua, tu sei riuscito a completare tutte le rogne burocratiche e che … Queste saranno le città che monteranno i megaschermi per il nostro live?  >>.
La voce di Georg aveva una nota leggermente strozzata davanti all’ immane lavoro che David aveva portato a termine in quelle poche ore, rinunciando a qualche d’ una di sano riposo, cosa di cui avrebbe avuto un maledetto bisogno, come tutti loro.
<<  Bhè, sì, il succo del discorso sarebbe più o meno quello … Se non fosse che il, nemmeno troppo, leggero tono incredulo che sento nella tua voce, non mi fa troppo piacere sai?  >>.
Scherzò l’ uomo, che non fece in tempo a terminare la frase che venne travolto, inaspettatamente, da un’ irruente Nic che gli era saltata in braccio facendolo rovinare sulla sua poltrona preferita, con un urlo di gioia ed incredulità che non era riuscita a trattenere.
E adesso, sotto gli sguardi allibiti dei quattro ragazzi, ancora schoccati dall’ immensità dell’ impresa che David era riuscito a portare a termine e dal gesto improvviso della ragazza, lei lo stava abbracciando stretto, con le lacrime agli occhi.
Era immensamente grata a quell’ uomo.
Poco dopo Bill si volse lentamente e perse lo sguardo in quello di Tom, in silenzio si fissarono increduli, quasi cercando la verità l’ uno negli occhi dell’ altro, una conferma che tutto quello stava avvenendo davvero.
Si sorrisero nel medesimo istante, due identici sorrisi e due identiche paia di braccia che si stringevano forte, senza parole.
Solo allora Gustav proruppe in un urlo di gioia ed abbracciò di slancio Georg per poi mutare quell’ abbraccio in una valanga che si abbattè sul povero manager e Nic, trascinando in quella allegra ammucchiata anche Bill e Tom che ancora non erano riusciti a separarsi.

Erano felici ed emozionati e grati a David.
Immensamente.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13 TORNATA... DOPO AVER RILETTO PER L' ENNESIMA VOLTA LA RECENSIONE AL CAPITOLO PRECEDENTE... UNA, CERTO, MA TALMENTE SPASMODICAMENTE ATTESA DA SENTIRNE QUASI DOLORE...  COMUNQUE... ECCO QUI UN CAPITOLINO CHE, A PENSARCI ADESSO, MI SEMBRA UN MUCCHIETTO DI PAROLINE RAFFAZZONATE PER ARRIVARE AD UN PUNTO CHE NON SONO NEMMENO BEN SICURA ESSERE RIUSCITA A RAGGIUNGERE... VABBE'... IN OLTRE MI RITROVO CON UN BEL DILEMMA SUL PROSSIMO... INSOMMA, SI ERA PARLATO CON LA TWINZ DI INSERIRE UN CAPITOLO CON TUTTI I RICORDI FELICI DI BILL E NIC, ED IN EFFETTI POTREBBE ESSERE IL PROSSIMO, QUELLO PRECEDENTE A "QUEL" CAPITOLO... IL TUTTO DIPENDERA' DA COME DECIDERO' DI IMPOSTARLO... IL PROBLEMA PRINCIPALE E CHE NON SO SE RIUSCIRO' A FARLO DECENTEMENTE NE' SO SE IL RISULTATO FINALE SAREBBE QUELLO CHE SPEREREI DI OTTENERE... CERTO, DA UNA PARTE, TENTARE E' L' UNICO MODO PER RIUSCIRE, MA... VABBE', DICIAMO ANCHE CHE FORSE NON E' QUESTA LA SEDE PER ESPORRE I MIEI PERSONALI "DELIRI" (HO TELEFONATO ALLA NEURO E MI HANNO ASSICURATO CHE LA MIA STANZETTA ASETTICA ED IMBOTTITA E' SEMPRE PRENOTATA E PRONTA AD ACCOGLIERMI... X°D!)... BENE... DICIAMO CHE MI SCUSO FIN DA ADESSO CON CHI, MAGARI, E' PIU' FERRATO SULL' ARGOMENTO "LIVE" DI CUI IO SONO PERFETTAMENTE, MERAVIGLIOSAMENTE IGNORANTE, PER CUI MI SONO BASATA TOTALMENTE SULLA MIA IMMAGINAZIONE... (A RIPROVA, UNA VOLTA DI PIU', CHE I RAGAZZI, LA LORO VITA ECCETERA-ECCETERA, NON MI APPARTENGONO... ç_ç), NUOVAMENTE "TORNA" COLEI CHE HA ISPIRATO TUTTO CIO'... LEI, "DON'T CRY" DEI GUNS... NO SCOPO DI LUCRO, OVVIO, COME SEMPRE... DETTO QUESTO, PASSO A RINGRAZIARE TE, MANU. HO PROVATO UNA SOTTILE APPRENSIONE SAPENDO DELLA TUA RETICENZA NEL LEGGERE "DIE" (GRATA CHE TU LO ABBIA FATTO n_n)... MI ASPETTAVO, COMUNQUE, CHE MOLTI NON AVREBBERO APPREZZATO DI LEGGERE QUALCOSA CHE PORTAVA IN SE', GIA' DAL PRIMO CAPITOLO, IL SUO INEVITABILE EPILOGO, NE' DESIDERAVO OBBLIGARE NESSUNO A LEGGERLA... MOTIVO CHE MI HA SPINTO AD ESSERE PIU' CHE SINCERA NELLA PRESENTAZIONE... MA, COME ORMAI SAI, ANCHE IO AMO I FINALI LIETI (ANCHE SE, EFFETTIVAMENTE, LEGGENDO GRAN PARTE DI QUELLO CHE HO SCRITTO FIN' ORA, SI POTREBBE ANCHE DUBITARNE =__='''), E CREDO CHE, ALLA FINE, IO ABBIA SODDISFATTO LA TUA (E LA MIA, OF COURSE!) SETE DI "FELICITA'" (TENENDO SEMPRE BENE IN MENTE CHE LA FELICITA' SI PAGA E CHE SI PUO' TROVARE DOVE MENO LA SI ASPETTA...) ... PER RISPONDERE UN PO' PIU' PRECISAMENTE ALLE TUE PAROLE : CREDIMI, NON HO MAI VISTO NELLE TUE RECENSIONI PIETA' O BUONISMO (SOLO AFFETTO, DI CUI, SAPPILO, TI SONO IMMENSAMENTE GRATA n_n), PER CUI NON ERA ASSOLUTAMENTE MIA INTENZIONE "FARTI UN TORTO"... SEMMAI IL FATTO E' CHE MI LASCIA UN PO' INCREDULA (E FELICE, CERTO) SAPERE CHE TU POSSA PROVARE QUALCOSA DI SIMILE A QUELLO CHE PROVO IO LEGGENDO "ANGEL" O QUALSIASI COSA TU SCRIVI... MI "FA STRANO", TUTTO QUI... MA GRAZIE... GRAZIE DELLE ENNESIME BELLE PAROLE, ANCHE SULLE ALTRE COSE CHE HO SCRITTO... E SAPPI CHE TI VOGLIO BENE, UN SACCO (ANCHE SE OGNI TANTO "COMBINO QUALCHE CASINO", I MIEI DELIRI NON INTACCANO MINIMAMENTE IL MIO AFFETTO PER TE! (*_______* ... SGUARDO BILLOSO PER CONVINCERTENE... X°D! )... BENE, DETTO CIO' CHIUDO IL MIO DELIRIO PERSONALE E LASCIO, O VOI CORAGGIOSI, ALLE PRESE CON L' ENNESIMO CAPITOLO NELLA SPERANZA CHE VI PIACCIA, RINGRAZIANDO TUTTI ANTICIPATAMENTE! A PRESTO E BUONA LETTURA!


I preparativi fervevano.
L’ agitazione era palese, ben dipinta sui volti di tutti ma, assieme ad essa, vi era una risolutezza ed una convinzione che traspariva dai sorrisi delle persone che le vorticavano attorno.
Gli addetti al montaggio del palco erano impegnatissimi, quelli del suono non si staccavano nemmeno per un istante dall’ amplificatore e da tutti quei marchingegni che lei trovava pazzescamente incomprensibili e chi si prendeva cura delle luci era ben concentrato sul proprio lavoro.
Ed era proprio su di loro che lo sguardo di Nic si era puntato.
Ricordava esattamente quanto aveva ammirato quell’ uomo che si era arrampicato, sprezzante del pericolo e delle vertigini, fino in cima alle impalcature sopra il palco, la sera del primo concerto dei Tokio Hotel al quale aveva assistito.
Sorrise tra sé e sé, distraendosi e rischiando di farsi travolgere in pieno dagli uomini della sicurezza che non facevano altro che andare avanti e indietro a controllare che ogni uscita di sicurezza fosse ben raggiungibile, che ogni transenna fosse ben bloccata al proprio posto, che acqua e postazioni mediche non mancassero.
<<  Ragazzina, credo proprio che tu ti debba togliere dai piedi! Non vedi che sei solo d’ intralcio?  >>.
Nic non fece in tempo a scusarsi che dal palco, ad un volume decisamente alto, visto che era stata esclamata nel microfono, una frase secca rimbombò nell’ immensa arena :
<<  Io credo che voi dobbiate stare maggiormente attenti a dove mettete i piedi, lei ha tutto il diritto di restare … >>.
Poi, quella stessa voce, in tono più dolce la invitò a salire sul palco.
Non appena mise piede sul palco dove i ragazzi erano riuniti per le prove, Bill le andò incontro con aria petulante :
<<  Ecco! Ho dovuto fare il solito show da principessa viziata ed arrogante! Nic, dovresti davvero fare maggiore attenzione … Tutte le persone che sono qui dentro hanno una grande responsabilità e staranno col fiato in sospeso sino a domani notte, quando il concerto sarà finito … Perché non ti trovi un angolino tranquillo?  >>.
Il tono di voce di Bill l’ aveva offesa.
Lei non voleva essere di impaccio a nessuno, ma non voleva nemmeno perdere neppure un istante di quello che stavano vivendo adesso.
Aveva intuito benissimo la tensione nella voce di Bill, aveva visto la sua preoccupazione per quello che era qualcosa di assolutamente grandioso ed inimmaginabile per loro fino a poco tempo prima.
Lo stesso non riusciva a non sentirsi ferita dall’ atteggiamento scostante che aveva avuto Bill con lei durante quell’ ultimo periodo.

Tom, vedendo chiaramente la delusione negli occhi della ragazza, provò un desiderio quasi incontrollabile di raggiungerla e scusarsi per l’ atteggiamento di Bill, ma non poteva farlo.
Si limitò a rivolgere uno sguardo supplichevole a Gustav ed uno torvo al fratello che finse dignitosamente di non raccoglierlo affatto.

<<  Cinque minuti di tregua ragazzi, per favore! Se continuo così domani stramazzo sulla batteria … Questo sì che sarebbe degno di uno show in mondovisione no?  >>.
Con uno sbuffo spazientito Bill fece spallucce lasciando allontanare il biondo batterista seguito da un Georg altrettanto stremato che approfittò immediatamente del coraggio di Gustav per prendersi lui stesso qualche minuto di respiro.
<<  Andate, andate … Tooooom! Noi potremmo approfittarne per provare “In Die Nacht”  ancora una volta … >>. Concluse Bill voltandosi verso il fratello.
<<  Bill!!! L’ avremo provata un centinaio di volte! Per l’ amor del Cielo! Perché non ti fermi qualche minuto anche tu e non permetti anche a me di farlo?  >>. Esclamò il rasta esasperato.
<<  Domani dovrà essere tutto più che perfetto, il concerto durerà più del solito, eseguiremo tutte le canzoni e molte anche in doppia versione tedesco/inglese! Dobbiamo essere preparatissimi! E se adesso continuiamo a provare, domani saremo molto più abituati a suonare più a lungo di quello che  abbiamo sempre fatto!  >>. Lo riprese Bill con l’ espressione scioccata di chi non riesce a comprendere come qualcuno potesse non capire l’ importanza di tutto questo.
<<  Bill! Cristo! Va bene, va bene! Piantala di stressarmi! Proviamo questa benedetta canzone, proviamola all’infinito! Per lo meno ti tapperai la bocca per cinque minuti e la smetterai di stressarmi con questa storia! >>.
Tom cercò così di concludere la discussione, ma Bill sembrava oltremodo convinto a non mollare il colpo.
<<  Ahhhh! Quindi io sarei uno che stressa gli altri? Io sarei il rompiscatole che pretende la perfezione? Io sarei il despota? E certo! A te non te ne fotte nulla della perfezione, purchè in prima fila ci sia qualcosa che possa attirare il tuo sguardo da porco assatanato …  …  …  >>.
<< Ma quanto siamo fini …  >>. Rise ironicamente il chitarrista facendo aumentare esponenzialmente la rabbia di Bill, che sapeva bene quanto il proprio vocabolario cadesse nel volgare quando aveva i nervi così tesi.
Georg e Gustav non stavano più ascoltando o per lo meno era quello che provavano a fare dato che gli strilli esasperati di Bill e le basse ma potenti risposte di Tom rimbombavano nell’ arena e, quasi all’ unisono, scossero la testa davanti all’ ennesima sceneggiata made in Kaulitz.
Era quasi divertente sentirli bisticciare di nuovo a quel modo.
Era rasserenante vedere che, almeno in quella occasione, tutto il resto era stato dimenticato a favore dello stress da prestazione per il live.
In quel momento null’ altro aveva importanza se non la riuscita di quella serata.
E sentire litigare i gemelli  significava semplicemente che entrambi erano maledettamente tesi e che desideravano che tutto filasse liscio come l’ olio.
Poteva anche essere uno strano modo per farlo, ma stavano semplicemente scaricando quella tensione che li teneva vigili fino allo spasimo.


<<  Nic … Cosa ci fai qui tutta sola?  >>.
Sorrise il ragazzo raggiungendola in un angolo al lato opposto del palco in cui si trovavano Bill e Tom.
<<  E’ il mio angolino dove stare ferma, zitta e buona  >>.
La risposta terribilmente seria e laconica della ragazza fece scoppiare Gustav a ridere divertito.
<<  Daaaaiiii, Nic!  >> Le disse passandole un braccio attorno alle spalle.
<<  Lo sai come è dannatamente agitato Bill prima di un live, e quanto possa diventare indisponente … E questo live in particolare giustifica tutto no? … Inoltre prima ti ha difesa contro quelle montagne della sicurezza … >>.
Aggiunse con un sorriso.
<<  Sì  >> Rispose amara la ragazza.
<<  Mi ha difesa per poi relegarmi in un angolo e obbligarmi ad una silenziosa immobilità!  >>.
Sembrava una bimba che si ritiene ingiustamente punita : il labbro inferiore leggermente sporto all’ infuori, lo sguardo scuro e tempestoso, la voce rancorosa. Gustav non riuscì a reprimere l’ ennesimo sorriso.
<<  Se ti vedesse adesso Bill ti adorerebbe, lo sai, vero?  >>.
-  … E anche Tom …  -.
Questo pensiero apparteneva a Georg che si guardò bene dall’ esprimerlo ad alta voce o di renderlo maggiormente chiaro, soffermandovisi, persino a sé stesso.
Intuiva qualcosa, qualcosa di cui non tutti gli elementi gli erano chiari e non provava alcun desiderio di chiarirli ora.
C’ erano già fin troppe questioni al fuoco, non per ultima questo stramaledettissimo live che li stava stremando.

Il viaggio di ritorno verso casa fu ostentatamente mantenuto nel silenzio più totale.
David era seduto accanto ad Ivan che guidava deciso e silenzioso, lo sguardo fisso davanti a sé, senza lasciarsi sfuggire nemmeno un respiro appena percettibile.
Il manager era piuttosto soddisfatto.
Tutto stava procedendo, da giorni, nel migliore dei modi : erano perfettamente nei tempi stabiliti, le questioni tecniche e logistiche erano seguite in maniera impeccabile e procedevano veloci e precise.
E le prove dei ragazzi erano state irreprensibili.
Capiva che quell’ atmosfera tesa e lugubre era dovuta alla tensione del momento, ma lo stesso se ne dispiaceva un po’.
Avrebbe desiderato che i ragazzi potessero osservarsi dal di fuori, vedersi con i suoi occhi e sentirsi fieri di loro stessi e del loro impegno quanto ne era lui.
Sì.
Era fiero dei suoi ragazzi.
Nessuno escluso, anche di Nic, che, nonostante la ingiusta ramanzina di Bill, aveva saputo comportarsi nel migliore dei modi, trattenendo il suo desiderio di rispondere a tono a quelle parole un po’ troppo arroganti e dure.
E David era assolutamente certo che volesse farlo.
Gettò uno sguardo alla situazione alle sue spalle attraverso lo specchietto retrovisore.
<<  Tranquillo Dave, siamo solo silenziosi … A quanto pare “Miss perfezione-assoluta-a-qualsiasi-costo” ha deciso di risparmiarci …  >>.
Disse Tom in tono funereo, indicando con un gesto svogliato della testa in direzione di suo fratello.
Georg, Gustav e Nic alzarono gli occhi al cielo, maledicendo silenziosamente l’ uomo per aver avuto la malaugurata idea di osare guardarli e il ragazzo di aprire quella sua boccaccia indisponente.
Ma, per fortuna dei nervi di tutti i presenti, Bill decise di non rispondere.

In realtà il ragazzo stava pensando che, dopotutto, poteva anche ammettere di aver esagerato, quel giorno.
Era stato dispotico e non si era fermato un solo secondo, approfittando di ogni istante.
E aveva fatto stancare tutti.
Non di meno sé stesso.
Sapeva di essere nel giusto nella pretesa della perfezione e sapeva che non era un semplice suo capriccio.
Lo stava facendo per quell’ irriconoscente di suo fratello che gli sedeva affianco e per i due che gli si trovavano di fronte e, non di meno lo stava facendo per lei.
Per la sua Nic.
Voleva che fosse fiera ed orgogliosa di Tokio Hotel, che amava.
Voleva che lo fosse di lui.
Ma tutto questo, che poteva solo giustificare il suo atteggiamento, non poteva certo sminuire il fatto che adesso si sentiva stanchissimo, oltre che un despota.
Rimase ad osservare il paesaggio che scivolava veloce fuori dal finestrino, senza degnare di risposta suo fratello che sembrava ben deciso ad avere lo stesso atteggiamento del gemello e a tenere lo sguardo, con caparbia insistenza, fisso al di là del vetro scuro.

David tirò un sospiro di sollievo e si concentrò sugli altri due ragazzi e su Nic.
Lei stava comodamente sprofondata nei morbidi sedili di pelle, la testa appoggiata alla spalla di Gustav che si era lasciato scivolare un po’ sul sedile per permettere alla ragazza di raggiungerla comodamente, una mano in grembo, l’ altra posata sul braccio di Georg che le sedeva affianco.
Aveva un’ espressione beata, come se la vicinanza delle due G la rasserenasse, ma questo David lo aveva capito sin dal principio.
Loro erano un’ oasi di serena pacatezza per la ragazza, in perfetto contrasto con l’ uragano Kaulitz.
Allo stesso tempo non aveva potuto evitarsi di notare quegli sguardi ansiosi che lei lanciava di tanto in tanto verso il suo giovane cantante.
Era preoccupata.
Lo erano tutti.
Bill non aveva risparmiato nemmeno un grammo della sua ben nota energia.
Aveva lavorato sodo tutto il giorno, impegnandosi al massimo.
David sapeva che, molte delle lamentele di Tom, quel giorno, erano solamente una copertura plausibile ai rimproveri che avrebbe desiderato rivolgergli sul fatto che si stancasse tanto.
Sorrise amaramente tra sé.
Per quanto sapeva essere Tom esasperato, sapeva che, quell’ esasperazione l’ avrebbe ardentemente rimpianta, una volta che gli fosse venuta a mancare.
Scosse la testa, si massaggiò le tempie che avevano cominciato a pulsargli forte.
Aveva bisogno di dormire.

Finalmente giunsero davanti a casa della ragazza, dove lei aveva espressamente chiesto di essere riaccompagnata.
Non voleva rischiare di trovarsi nuovamente in una situazione sgradevole con Tom, anche se pensava di essere stata abbastanza chiara al riguardo con lui.
Georg la scosse dolcemente :
<<  Nic … Siamo arrivati. Saluta la nonna da parte nostra e dille che la verremo a trovare non appena tutta questa faccenda sarà stata sistemata, d’accordo?  >>.
Nic gli sorrise.
Alla nonna Georg piaceva particolarmente.
Diceva che era un ragazzo serio e ben educato.
Ma sapeva che li amava tutti.
Apprezzava il silenzioso riserbo di Gustav.
E l’ allegra risata cristallina di Bill, il suo apparentemente inesauribile brio e buon umore.
Apprezzava persino la sfacciataggine e lo sguardo sempre un po’ malizioso di Tom.

<<  Quei ragazzi sono praticamente perfetti, Nic, specialmente tutti insieme. Direi che si completano! … Tu li conosci certo meglio di me, ma credo di poter dire che sono tutti piuttosto corretti e trasparenti ai miei occhi … Tranne quel Tom … Sembrerebbe essere ciò che appare, che sarebbe effettivamente un po’ troppo poco, ma … Potrebbe svelare qualcosa di anche migliore, un giorno …  >>.

Quella volta la nonna era stata sibillina.
Era la prima volta che li vedeva, lei stessa non li frequentava che da pochi mesi, ma, avendola Bill invitata a dividere casa con lui e suo fratello, le sembrava corretto che la nonna conoscesse tutti loro.
E quella sua frase la aveva colpita a livello inconscio dato che l’ aveva sempre ricordata.
Con l’ avanzare del tempo ed il susseguirsi degli eventi, aveva in seguito dovuto dar ragione alla nonna, appurando quanto Tom aveva saputo essere gentile con lei e un ottimo amico.
Almeno fino a quella mattina di quasi un mese prima.
Si riscosse da quel pensiero salutando i ragazzi, David e Ivan, ringraziandolo per averla portata a casa.
Non voleva pensarci adesso.
Voleva solo dormire e sperò di riuscire a farlo, che le preoccupazioni per la stanchezza palesemente evidente sul volto di Bill, decidessero di darle tregua questa notte.
A tutti loro.
Dovevano dormire sereni, rilassarsi e prepararsi a quella memorabile giornata che sarebbe stato l’ indomani.
Riservò un ultimo sguardo affettuoso ad ognuno di loro, nessuno escluso, ringraziandoli mentalmente ad uno ad uno e ripromettendosi di farlo di persona l’ indomani.
Si beò dei due sorrisi di Georg e Gustav e si rattristò appena degli sguardi sfuggenti che le rivolsero tanto Bill quanto Tom.
Ma richiuse silenziosa la portiera e si diresse alla porta di casa velocemente.
Sapeva che non se ne sarebbero andati fino a quando quella porta non si fosse richiusa alle sue spalle e l’ avessero saputa in casa, al sicuro.
Sorrise chiudendo il chiavistello della porta e sentendo finalmente la macchina ripartire ed allontanarsi nell’ oscurità.
Si trascinò in silenzio fino in camera, si stese sul letto ancora vestita e, nonostante le sue preoccupazioni, si addormentò immediatamente, sapendo che l’ indomani sarebbe dovuta andare di buon’ ora a casa dei gemelli nel tentativo di tirarli giù dal letto e di rifocillarli per bene prima dell’ arrivo di David e Ivan che li avrebbero nuovamente condotti all’ arena di Berlino.

A qualche chilometro da lì due ragazzi oltremodo stanchi stavano trascinandosi nelle loro stanze, e vi si chiusero dentro, senza rivolgersi nemmeno una parola.
Ma addormentarsi non fu semplice per nessuno dei due.
Tom si rigirava di continuo nel letto, senza riuscire a trovare una posizione che lo soddisfacesse.
Prono, supino, con le braccia sotto la testa, su un fianco, poi sull’ altro.
Niente.
Non c’ era verso di riuscire ad addormentarsi.
Alla fine gettò nervosamente le gambe fuori dal letto, si sedette tenendosi la testa tra le mani.
Sapeva che i motivi di quell’ insonnia erano almeno due.
Si sentiva maledettamente in colpa per come aveva trattato Bill quel giorno, per quelle frecciatine pungenti, a volte decisamente pesanti, che aveva rivolto a suo fratello, che sapeva lo avevano ferito.
Ma era nervoso almeno quanto lui per quell’ evento e, quanto lui, desiderava che andasse tutto perfettamente.
Per tutti loro, per tutte le persone che lavoravano per e con loro, e per … Nic.
Sapeva esattamente che lei era uno, se non il principale motivo, che rendeva Bill tanto nervoso, esattamente come succedeva a lui.
Nic … Il secondo motivo, quello che era ben consapevole, essere quello sbagliato.
Almeno per lui.
E soprattutto sapeva che il pensiero di lei nella sua mente non era spinto semplicemente riguardo al live dell’ indomani.
Scese in sala, afferrò rapido i suoi sonniferi, prese un bicchiere d’ acqua e tornò in camera.
Ne ingoiò un paio e cadde in un sonno senza sogni e senza pensieri, esattamente quello di cui aveva bisogno.

Nella stanza accanto anche Bill faticava a prendere sonno.
Stava immobile, raggomitolato come un micio, stringendo forte il cuscino tra le esili braccia e rimproverandosi amaramente per come aveva trattato tutti quel giorno.
Per come aveva trattato Nic.
Sapeva che lei non aveva nessuna colpa del suo nervosismo.
Rise amaramente pensando che, per quanto numerosi fossero stati i live in tutti quegli anni, lui non aveva mai imparato a prenderli serenamente, a rilassarsi.
Era sempre in preda al panico più totale fino a pochi minuti prima di salire sul palco.
A quel punto tutto svaniva e c’ era solo lui, i ragazzi, la loro musica, la sua voce, i suoi sentimenti espressi in quelle melodie a volte graffianti a volte carezzevoli, e quel sorriso immenso che racchiudeva in se le migliaia di sorrisi delle ragazze che gli stavano di fronte.
E allora sapeva che sarebbe andato tutto bene.
Ma fino a quel momento i suoi nervi restavano tesi come le corde di un violino e lui saltava ad ogni minimo rumore o gesto inaspettato.
E si sentiva in colpa per come aveva permesso a quella serata di finire, per aver permesso a Tom di chiudersi la porta della sua stanza alle spalle senza avergli augurato la buonanotte.
Rimase così, fermo ed immobile come i suoi pensieri che si erano bloccati sull’ immagine di quei due ragazzi, dei suoi amori più grandi e, alla fine, si addormentò, troppo stanco per sopportare altro.

La mattina dopo furono entrambi svegliati da un’ energica scampanellata che li avvisava dell’ arrivo di Nic.
Non che ce ne fosse alcun bisogno, poiché la ragazza aveva le chiavi di casa, ed infatti nessuno dei due ragazzi si mosse dal letto per andarle ad aprire.
Quando scesero in cucina si accorsero che non era sola.
Con lei c’erano anche Gustav e Georg che la erano andata a prendere per portarla a casa dei ragazzi.
<<  Abbiamo immaginato che volesse preparare un’ altra delle sue pantagrueliche colazioni e che, come al solito, qui non ci sarebbe stata abbastanza roba per soddisfare questo suo desiderio, così siamo passati a prenderla e l’ abbiamo accompagnata a fare un giro al supermercato prima di venire qui … >>.
Spiegò Georg con un sorriso indulgente rivolto alla ragazza, davanti all’ espressione sempre un po’ traumatizzata dei gemelli alla vista delle colazioni che Nic riusciva a preparare.
<<  Avremmo speso di meno se l’ avessimo portata a fare compere in un negozio di Vivienne Westwood!  >>. Aggiunse Gustav fingendo un’ aria cupa, mollando una delicata gomitata al fianco della ragazza che gli rispose con un largo sorriso:
<<  Se è una sfida Gus, l’ accetto volentieri! Fissa un giorno, ricarica la tua carta di credito e portami da Vivienne … Scommetto che riuscirei, con un piccolo sforzo s’ intende, a spendere più di quello che ho speso questa mattina!  >>.
<<  Dio me ne scampi!  >>. Esclamò il biondo fingendosi orripilato.
L’ allegro scambio di battute riempiva il silenzio creato da Bill e Tom.
La tavola imbandita, un profumo allettante che proveniva dalla cucina dove Georg era intento a preparare una grossa caraffa di caffè fumante.
Tutto riportava la mente dei ragazzi ad un’ altra mattina.
Una mattina che era stata molto felice, la prima mattina che Bill passava a casa sua dopo mesi di ricovero.
Tom sorrise a quel ricordo e sentì rinnovarsi l’ affetto e la gratitudine per quella ragazzina energica che adesso non faceva altro che passeggiare avanti e indietro, sgusciando in cucina e tornando in sala con piatti stracolmi di biscotti o fragranti brioches, caraffe di latte fresco e spremuta d’ arancia, contenitori con svariati tipi di cereali.
<<  Dobbiamo tenere un concerto, non partire per la guerra!  >>.
<<  Del resto non ne avremmo avuto nemmeno il fisico!  >>.
Quel breve scambio di battute tra i gemelli fece sperare ai tre amici che le cose andassero meglio, ma l’ ostinato silenzio che cadde sull’ intera tavolata poco dopo, fece crollare ogni loro speranza.
Finita la colazione Georg e Nic si guardarono preoccupati dopo aver osservato i due ragazzi recarsi nelle loro stanze a prepararsi.
<<  Questo ostinato, cocciuto silenzio mi preoccupa … Preferisco quando si urlano addosso … Per quanto durerà ancora questo loro ignorarsi?  >>.
La risposta di Nic non fece in tempo a raggiungere le sue labbra, fu Gustav placidamente stravaccato sul divano accanto a loro, a rispondere per lei :
<<  Almeno fino a questa sera alle otto e quarantacinque circa, quando Tom, preoccupato per la tensione esasperata di Bill non gli si avvicinerà per tranquillizzarlo e lui getterà al vento il suo malumore abbracciandolo …  >>.
Il biondo batterista aveva visto fin troppe volte quella scena per non essere assolutamente certo che sarebbe andata proprio così.
Sorrise serafico ai due ragazzi che lo guardavano scettici ma con una scintilla di speranza infondo agli occhi.
Volevano davvero credere che sarebbe andata così.

Quel giorno le prove furono, se possibile, più frenetiche del giorno precedente.
Ma sia Bill che Tom rimasero in assoluto silenzio.
Non parlavano con nessuno né tantomeno tra di loro.
Ognuno dei due era concentrato sulla perfetta riuscita del proprio ruolo e persino quell’ anima pia di Gustav cominciava a detestare quel maledetto silenzio che si protraeva da ore ormai.
Nic, nel timore di combinare maggior danno, aveva trovato un posticino tranquillo dietro le quinte e si occupava di controllare che nel grande camerino messo a disposizione per i ragazzi non mancasse nulla, ma era già stufa di quella occupazione.
Aveva controllato centinaia di volte le scorte d’ acqua e Red Bull presenti nel frigo, frutta, cioccolata, biscotti, ed un sacco di altre schifezze varie.
Lei stessa aveva provveduto a farsi accompagnare da un uomo della sicurezza a comprare una immensa scorta di orsetti gommosi per Bill, nella speranza che lo mettessero di buon umore, ma la sua delusione fu tanta quando si accorse che il ragazzo, entrato nella stanza per prendere qualcosa da bere, non li aveva degnati di un solo sguardo, ignorandoli non meno di quanto avesse ignorato lei.
Fu David questa volta ad affiancarsi alla ragazza :
<<  Non te la prendere … E’ solo nervoso …  >>.
A quel punto la ragazza sbottò :
<<  Bill è nervoso, è agitato, è preoccupato, è … E’ … E’ uno stronzo egoista! Crede davvero di essere l’ unico ad essere preoccupato per questo maledettissimo concerto?  >>.
<<  Mi dispiace che tu giudichi in questo modo questo avvenimento, Nic  >>.
La voce dell’ uomo era mortalmente seria e la ragazza potè notarvi una nota amara.
Aveva ferito David.
Certo, non lo aveva fatto intenzionalmente, ma sapeva quanto vi aveva lavorato, quanto tutti si erano impegnati dando fondo a tutte le loro energie perché questo fosse un evento miracoloso.
E lo era.
E lei si sentiva una stupida ingrata ed irriconoscente.
<<  Scusami Dave … solo … Sono un po’ nervosa anche io e …  >>.
<<  … Ed io credo, se posso permettermi di darti un consiglio non richiesto, che dovresti parlare con Bill … Questa storia si sta protraendo da troppo tempo e nessuno di noi sa quanto ce ne rimanga … Quindi, credo sinceramente che discuterne con lui, discutere di voi, sarebbe cosa buona e giusta …  >>.
Disse David con calma.
Nic lo osservava sconvolta.
Era la prima volta che l’ uomo davanti a lei si permetteva di parlare così apertamente di quello che stava succedendo tra lei e Bill e questo la fece sentire in imbarazzo e ferita.
<<  Avevi ragione  >> Esclamò con enfasi <<  Non ti ho certo chiesto un parere su … Su questo!  >>.
<<  Ma io te lo ho dato lo stesso! Nic, è ora di smetterla di fuggire. Rimpiangerai amaramente ogni istante perso per via del vostro stupido orgoglio o delle vostre, seppure capibili, paure! Non c’è tempo per titubare! Devi agire! … E soprattutto devi decidere cosa vuoi, Nic, per il tuo bene e soprattutto per quello di Bill! Continui a girargli intorno senza concludere nulla, facendogli solo del male!  >>.
La mano della ragazza arrivò rapida e fulminea, in pieno viso.
David era scosso ma, forse, se lo era aspettato.
Aveva provocato una reazione e quest’ ultima non si era certo fatta attendere.
Gli occhi della ragazza erano pieni di sgomento.
-  Che cazzo ho fatto? … Cosa cazzo mi è venuto in mente? Come ho potuto …  -.
Volse le spalle a David e si allontanò silenziosa e rapida dall’ uomo che rimase fermo in mezzo alla stanza, le dita posate a massaggiarsi la guancia che lei aveva appena colpito.
-  Speriamo che almeno serva a farla ragionare … Adesso è il turno del mio capricciosissimo cantante … E che il mio santo protettore, perché devo averne uno essendo riuscito a non impazzire in questi ultimi otto anni, me la mandi buona …  -.
Mentre usciva dalla stanza con un’ espressione seria e preoccupata in volto, David rischiò quasi di andare a sbattere il cranio contro quello, decisamente duro, di Tom che giungeva, con la grazia di un caterpillar, dalla direzione opposta.
<<  Tuo fratello è ancora sul palco?  >>. Tom si fermò fulminando l' uomo con uno sguardo poco rassicurante, cosa che fece pentire il povero manager di aver posto quella domanda.
<<  Sì, e se riesci a schiodarlo di lì per soli cinque minuti, credo che gli addetti alle luci te ne saranno immensamente grati e quelli della sicurezza potrebbero erigere una statua in ricordo della tua immane impresa, proprio qui davanti! … Io ho bisogno di staccare per qualche minuto, soprattutto da lui! Se ti chiede dove sono dammi per disperso, digli che un’ orda di ragazzine urlanti mi sta seviziando con mio grande piacere, digli che gli alieni mi hanno rapito … Digli quel cazzo che ti pare, ma tienimelo lontano per cinque fottutissimi minuti!  >>.
Aveva urlato e adesso, ascoltando il suo stesso respiro affannato, stava immobile, stupito dalle sue stesse parole.
Come poteva dire una cosa simile?
Come poteva davvero desiderare di stare lontano da suo fratello?
Si sentiva maledettamente in colpa e tutto quello che avrebbe desiderato adesso era correre su quel palco e stringerlo forte a sé.
E lo avrebbe fatto se non ci fosse stato qualcosa, qualcosa di cui doveva assolutamente parlare con Georg e Gustav.
Qualcosa che sperava avrebbe fatto bene esattamente quanto faceva male a lui.
Voltò le spalle ad un David nemmeno troppo stupito da quello sfogo e proseguì per la sua strada, cosa che, con un sospiro esasperato all’ idea di ciò che lo attendeva, fece anche l’ uomo.

Quando giunse di fronte al palco, quello che vide lo fece sorridere e sbuffare allo stesso tempo: Ivan, facendo sfoggio di grande tecnica e tenacia, cercava di spiegare ad un Bill che fremeva seduto su un altoparlante, che sarebbe stato molto più sicuro per lui se si fosse tolto dal palco per un po’, almeno per permettere ai tecnici di accertarsi che ogni faro fosse ben assicurato al proprio posto; che, un faro che piomba in mezzo al palco nel bel mezzo del concerto, non sarebbe stata cosa gradita a nessuno e, allo stesso tempo, riusciva ad acciuffarlo al volo ogni volta che con quelle lunghe gambe, cercava di tentare la fuga.
Invano.
David sorrise.
Ivan era stato un valido acquisto.
Si avvicinò all’ uomo, afferrò Bill per un braccio e disse :
<<  Grazie, Ivan, ma adesso ci penso io … Ho delle questioni da discutere con questo esagitato …  >>.
E si allontanò con Bill, seguito da uno sguardo di infinita riconoscenza da parte della guardia del corpo.
Percorsero in silenzio l’ arena e si inerpicarono sulle gradinate, in alto.
David voleva che Bill si allontanasse il più possibile dal palco e che, allo stesso tempo, riuscisse a vedere con maggiore distacco tutto quello che stavano mettendo in piedi da settimane.
In effetti, vedere quell’ immenso lavoro dall’ alto, parve suscitare in Bill sentimenti contrastanti che si rivelavano sul suo dolce viso, trasparente come lo era sempre stato.
<<  Non sei proprio in grado di nascondere quello che provi eh, Bill?  >>.
Quella domanda colse il ragazzo impreparato.
Non era vero.
Stava fingendo, o cercando di farlo, da mesi con l’ unica persona a cui detestasse mentire più che allo stesso Tom.
<<  E allora  >> Proseguì l’ uomo sedendosi accanto a lui, posando i gomiti sulle ginocchia e lasciando vagare lo sguardo sull’ immensità del luogo che li circondava <<  Perché continui ad ostinarti a mentire a Nic?  >>.
Bill trasalì a quelle parole, voltando i suoi grandi dolci occhioni sgranati su di lui, con un gesto rapido della testa.
David lo sapeva, com’ era possibile?
Credeva di essere riuscito bene nel suo intento …
<<  Lo hanno capito tutti, Bill … Solo Nic pare non accorgersene ma credo sia dovuto alla paura, ai dubbi, all’ insicurezza che entrambi provate .. Ma  >> Aggiunse ignorando il tentativo del giovane di aprire bocca <<  Adesso basta! E’ ora che voi due la finiate di girare attorno alla questione! Dovete decidervi a trovare una soluzione, qualunque essa sia .. O insieme o separati, ma devi decidere … Se hai davvero così tanta paura, Bill, allora lasciala! Lasciala libera …  >>.
David aveva terminato il suo discorso in un sussurro che però non era sfuggito al giovane uomo che stava seduto al suo fianco e che adesso era scattato in piedi e lo sovrastava.
<<  Come puoi? Come puoi parlarmi in questo modo? Tu non hai la minima idea di come mi senta! Tu non sai …  >> . <<  Sì che lo so, Bill …  >>.
Rispose l’ uomo alzandosi a sua volta, fissando i suoi stanchi occhi azzurri in quelli nocciola, intensi e tempestosi del ragazzo.
<<  No! Tu non lo sai!!!! Tu non sai cosa significhi per me lei … La mia paura di perderla, di lasciarla sola, di ferirla … Tu non sai un cazzo David! Non sai proprio un cazzo! Smettila di trattarmi come un povero bambino idiota che deve essere perennemente indirizzato sulla giusta via! Tu … Tu non sei mio padre!  >>.
E con quest’ ultima frase rabbiosa si voltò e corse giù dalla scalinata per raggiungere nuovamente il palco, per poter sfogare la sua rabbia aggrappato all’ asta del suo microfono, come un naufrago ad uno scoglio in mezzo ad un mare in tempesta che non gli dava tregua.
David rimase basito sugli spalti.
Quell’ ultima frase di Bill, del suo ragazzo, lo aveva ferito più di quanto avesse fatto lo schiaffo della ragazza, più di quanto avesse fatto chiunque altro.
E per un attimo si chiese se avesse fatto la cosa giusta nel cercare di mettere in moto un meccanismo che forse non era pronto ad essere azionato.
Ma ormai era fatta e, quello che sentiva dentro adesso, quel dolore sordo che lo soffocava, era il prezzo che doveva pagare.
Si decise a discendere le scale anche lui, notando che adesso i ragazzi erano tutti sul palco e stavano provando per l’ ennesima volta “Ich Brech Aus” il pezzo con cui avrebbero aperto il concerto.
Quando passò sotto il palco, Bill non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
Mentre urlava dentro al microfono, un’ infinita serie di pensieri lo tormentavano.
Quell’ urlo finale che chiudeva la canzone era stata come una preghiera per lui.
La preghiera che qualcuno o qualcosa giungesse a permettergli di trovare la cosa giusta da fare.

Tom seguiva a ruota il fratello, in perfetto accordo con la sua voce, col basso di Georg e la batteria di Gustav, ma non di meno, quel suo accanirsi sulla sua chitarra, celava un altrettanto intenso flusso di pensieri e speranze.
L’ idea che aveva precedentemente sottoposto al giudizio dei due amici era stata accolta con un entusiasmo forse esagerato, ma che lo aveva rincuorato sulla buona riuscita di un piano messo a punto lì per lì.
Sperò che funzionasse davvero.

Un boato sordo e senza fine giungeva dall’ arena piena all’ inverosimile.
Le luci sul palco erano accese in attesa dell’ ora prestabilita, e l’ adrenalina, sotto il palco come dietro le quinte, era palpabile.
Mancavano circa 15 minuti all’ inizio del concerto.
Georg era seduto, una lattina di Red Bull in una mano, l’ altra che tamburellava sulla gamba, Tom era stravaccato poco elegantemente sul divano, poco distante Gustav si piegava sulle gambe per poi scattare in salti verso l’ alto, cercando di sciogliere ulteriormente i muscoli delle gambe, e Bill passeggiava nervosamente avanti ed indietro, bofonchiando a mezza voce il testo di “Ich Brech Aus” come se avesse le puntine dentro gli stivali lucidi.
Nic, seduta per terra all’ angolo opposto della stanza lo osservava sperando che lui non la notasse.
Nonostante le tensioni degli ultimi tempi, quell’ inaspettato bacio di Tom, le solite paure ed angosce e le parole di David che le rimbombavano in testa, non riusciva a fare a meno di trovarlo bellissimo.
I capelli sparati per aria, morbidi, che ondeggiavano ad ogni lieve movimento del capo del ragazzo, il trucco perfetto che rendeva ancora più intensi e profondi i suoi meravigliosi occhi ambrati, le labbra appena lucide, morbide, sensuali, la pelle di quel delizioso pallore che risaltava ancora maggiormente gli occhi ed il trucco intenso, la maglietta rossa, aderente come i jeans neri, al suo corpo filiforme, flessuoso e sinuoso come quello di un giovane gatto, le gambe lunghe, le mani perfettamente curate, con la french bianca e nera che lei adorava.
E poi, come elemento finale che completava la perfezione di quella visione, bracciali, collari, anelli e catene che pendevano dal suo collo e dai suoi vestiti, rendendola la più sexy ed eccitante delle visioni di cui avesse mai avuto modo di godere.
Per un intensissimo istante lo desiderò.
Lo desiderò così intensamente da credere possibile alzarsi in piedi, raggiungerlo in pochi passi e baciarlo.
O, per lo meno, era ciò che avrebbe desiderato fare, ma ancora la razionalità aveva il controllo ed il pieno comando sui suoi gesti e soprattutto sui suoi sentimenti.
Ricordando per l’ ennesima volta le parole di David, si chiese se questo fosse un bene o no.

<<  Ragazzi, è il momento  >>.
A quelle parole tutti si alzarono e si disposero per salire sul palco.
Un solo istante prima che le luci si spegnessero Tom si avvicinò a Bill e lo abbracciò di slancio.
<<  Andrà tutto benissimo, vedrai … Ne sono certo!  >>.
<<  lo so … Grazie Tomi e … Scusami …  >>.
Tom gli sorrise beandosi del sorriso di suo fratello, poi si voltò appena verso Nic, giusto in tempo per vedere una lacrima posarsi leggera accanto ad uno dei suoi più luminosi sorrisi e sorridendo nuovamente a sua volta.
Adesso era più serena anche lei e lui non poteva che esserne contento.
Anche Bill volse lo sguardo su di lei, avrebbe voluto chiederle scusa, avrebbe voluto scusarsi con ognuno di loro, ma non c’ era più tempo.
Le luci si spensero e, mentre i ragazzi prendevano posto sul palco, chi imbracciando il proprio strumento, chi afferrando saldamente le proprie bacchette, un solo istante di puro, cristallino perfetto silenzio avvolse l’ intera arena, segno di migliaia di respiri trattenuti pronti ad esplodere alle prime note che vibrarono nell’ aria.
E con esse un lampo di luce e un boato che perforò i timpani di Nic che stava su un lato del palco, osservando quel mare immenso di gente, sentendone il calore e l’ emozione e la passione e la incredula felicità.
Poco dopo la voce di Bill.
Ed il boato si amplificò, e le infinite voci si unirono a quella del ragazzo  che, un immenso luminosissimo abbagliante sorriso sul volto si donò con trasporto e generosità al pubblico, senza risparmiarsi nemmeno per un istante, senza negare nemmeno una piccola parte di sè a coloro che li avevano resi ciò che erano, che avevano permesso che tutto questo, che il suo stesso sogno, diventasse realtà.
Si sentiva in debito con ognuna di quelle persone e con le migliaia sparse per tutto il mondo che adesso stavano riempiendo le piazze e che lo stavano guardando.

Da dietro le quinte Nic osservava tutto con occhi grandi e scintillanti di emozione e orgoglio.
Come avrebbe potuto essere diversamente?
Amava quei ragazzi e li stimava come artisti.
E, in quel preciso istante loro stavano dando fondo a tutte le loro energie per rendere ancora più salda quella sua convinzione.
I pezzi si susseguivano l’ uno all’ altro senza lasciare nemmeno un solo istante di tregua al loro pubblico né a sé stessi.
In quel momento Bill era di fronte alla batteria di Gustav, le braccia al cielo, scuotendo le spalle e facendo ondeggiare appena il fondoschiena scatenando un urlo isterico nella folla, che proseguì non appena Tom raggiunse georg dall’ altra parte del palco, mettendo una gamba fra quelle dell’ amico e fissandosi negli occhi mentre  muovevano entrambi, rapidi e precisi, le mani sulle corde della chitarra e del basso.
Nic sorrise entusiasta.
Se non avesse avuto la precisa sensazione che quello non fosse il posto più adatto per mettersi ad urlare come una ragazzina isterica, pena il vedersi portare via chiusa in una comodissima camicia tutta bianca con una trendissima chiusura posteriore, lo avrebbe fatto di sicuro.
Quello era uno dei momenti che la facevano sempre sorridere.
Quei ragazzi sapevano essere maledettamente sexy e per un attimo si chiese se ne fossero pienamente consapevoli.
Di sicuro dovevano essersi pur resi conto dell’ isteria che pervadeva tutto il pubblico.
Continuò a fissarli quasi incredula.
Vederli dal vivo era sempre stata un’ emozione così grande e quel loro ultimo concerto era qualcosa di davvero spettacolare.

Si presero qualche attimo di respiro durante il concerto, vista la durata dello show.
Nic si faceva trovare sempre pronta con asciugamani, salviette fresche, acqua e Red Bull.
<<  Non avresti anche qualche orsetto gommoso per me?  >>.
Quella domanda a bruciapelo di Bill, unita a quel suo sorriso dolce e un po’ timido le strinse il cuore.
Lui li aveva notati.
Ma lei non fece in tempo a rispondere perché i ragazzi erano richiamati a gran voce sul palco.
Bill le diede la bottiglietta che aveva appena svuotato e tornò sul palco lanciandole un breve sguardo.
Quella bottiglia dalla quale aveva bevuto, lasciata nelle sue mani, poteva forse significare qualcosa?
Nic corrugò appena la fronte che si distese immediatamente alle prime note di “Heilig”.
Amava quella canzone.
Le amava tutte.
“Reden”, “Ich Bin Nich Ich” “Lieb Die Sekunde” fecero saltare l’ intera arena come un sol uomo.
E lei già da tempo ormai aveva deciso di correre il pericolo di essere internata e si agitava e cantava a squarciagola tutte le canzoni che i ragazzi stavano eseguendo sul palco.

Stava per finire.
Le prime note di “ An Deiner Seite (Ich Bin Da)…
Le lacrime nacquero istantanee sul volto di Nic.
Quanto Amava quella canzone?
Quanto riusciva a spezzarle il cuore?
Tanto.
Non appena l' ultima note si spense lei si asciugò veloce gli occhi, aspettando l’ arrivo dei ragazzi.
Ma le luci sul palco non si decidevano ad accendersi nuovamente e i minuti si susseguivano lenti.
-  Cosa sta succedendo? …  -. Si chiese la ragazza titubante.
David le si avvicinò silenzioso.
<<  Un piccolo show nello show … Mi sembrava che fosse piaciuta questa cosa … Temo che dovrai dare questi ai ragazzi quando avranno finito …  >>.
E dicendo questo le mollò tra le braccia quattro asciugamani decisamente troppo grandi.
Per quanto avessero potuto sudare, le sembravano davvero esagerati.
Ma non fece in tempo a soffermarsi su quei dettagli.
Le prime note di “Durch Den Monsun” si librarono nell’ aria e un boato stupito le accolse.
Lampi squarciavano il buio sopra la folla, un vento impetuoso scompigliava i capelli delle ragazze, simulando una tempesta in arrivo, che strillavano eccitate.
Sullo schermo che occupava tutta la parete  alle spalle dei ragazzi apparve un cielo tempestoso e le parole della canzone, non appena Bill prese a cantare.

[…]… La mia stanza è fredda / e mi sta facendo impazzire …[…]

La musica era potente, avvolgeva in maniera totale ogni singola persona presente.

[…]… So che devo trovarti adesso / posso sentire il tuo nome …[…]
[…]… Perché non possiamo rendere questa oscurità la nostra casa …[…]

Musica e parole che si fondevano ai battiti di infiniti cuori, in tutto il mondo.
Nic tentò di immaginare cosa potessero provare i ragazzi, in quel momento, ma non vi riuscì.

[…]…Sto lottando con tutta la forza che ho / la sua potenza che viene verso di me
Lascia che mi porti dritto da te / correrò giorno e notte … […]

Un istante solo di silenzio, poi la voce potente di Bill che si alzava tra il frastuono di quelle infinite gocce d’ acqua che violente si abbattevano su di lui, su tutti loro.

Sto correndo dentro il monsone / oltre i confini del mondo
Fino alla fine del tempo / dove la pioggia non farà più male
Combattendo la tempesta …[…]
[…]… Insieme raggiungeremo un luogo nuovo / e niente potrà tenermi lontano da te … […]

In pochi istanti furono completamente bagnati, spruzzi d’ acqua si alzavano impazziti dalla postazione di Gustav che picchiava forte sulla sua batteria.
Tom, l’ enorme maglietta completamente appicicata al corpo asciutto, muoveva veloce le mani sulle corde della sua chitarra, così come Georg sul basso, scuotendo i lunghi capelli castani, e Bill …
Energia allo stato puro, forza irruente, che sovrastava le urla, che combatteva quel monsone come aveva sempre combattuto nella sua vita.
Come stava combattendo anche adesso.
Contro tutto, contro le sue debolezze, contro i suoi dubbi e le sue paure, contro la fine.
O forse non la combatteva.
Ma vi andava incontro a testa alta.
Se doveva essere la fine, non le avrebbe permesso di coglierlo impreparato.
L’ avrebbe affrontata e vissuta, come aveva vissuto ogni secondo della sua vita.
Non sarebbe potuto essere diversamente per lui.

Nic non riusciva a respirare.
La piccola parte di sé ancora razionale dette la colpa all’ acqua nebulizzata sul palco, ma sapeva non essere il solo impedimento ad una regolare respirazione.
Era come se l’ aria fosse più densa, più intensa e non riuscisse a raggiungere i suoi polmoni che sembravano essere stretti in una morsa d’ acciaio, come il suo stomaco ed il suo cuore.
Seppe che non avrebbe amato mai più i Tokio Hotel come li stava amando in quegli istanti.
Ma seppe anche che avrebbe sempre amato ogni istante un po’ di più, se mai fosse stato possibile, quei ragazzi per il resto della sua vita.
… La sua vita …
Non voleva pensarci adesso.

L’ aria tornò immota, le luci si spensero, la folla iniziò a disperdersi, un fragoroso brusio fece da sottofondo all’ arrivo dei ragazzi dietro le quinte.
Si fermarono, fradici e sorridenti davanti a lei, uno affianco all’ altro, come se fossero in attesa di un suo giudizio.
Ma Nic non riusciva ancora a parlare, troppo sconvolta da quel concerto, troppo emozionata, troppo … Troppo. Era stato tutto troppo.
Troppe emozioni, troppe lacrime, troppe canzoni cantate con loro tanto da renderle roca la voce.
Troppo dolore.
Il silenzio stava avvolgendoli inevitabilmente ed i sorrisi dei ragazzi, davanti alla sua espressione leggermente stravolta, andavano affievolendosi.
La ragazza se ne rendeva vagamente conto, ma non aveva la più pallida idea di cosa dire.
Quale parola sarebbe stata sufficiente per esprimere quelle infinite emozioni che sentiva dentro?
<< Allora? … Cosa te ne è sembrato? … >>. Chiese timido Gustav.
Al suono di quella voce lei si riscosse e li mise davvero a fuoco : quattro ragazzi con quattro timidi seppure ancora eccitati sorrisi sui volti che lei amava, bagnati fradici, gocciolanti, in attesa.
Si slanciò verso Gustav e lo abbracciò, stretto.
Non disse nulla.
Non c’ era nulla da dire.
Toccò la stessa sorte a Georg, a Tom e a Bill.
Nulla di tutto quello che era successo avrebbe potuto impedirle quell’ abbraccio che la aveva a sua volta resa umida d’ acqua e che coinvolse, un attimo dopo, anche David che si era avvicinato curioso di sapere anche lui cosa ne pensava dello show.
Cinque abbracci rapidi, forse troppo. Avrebbe desiderato che non finissero mai.
<< Siete fradici … Forse è meglio che andiate ad asciugarvi >>.
Sorrise la ragazza mascherando quelle emozioni che stavano rischiando di prendere il sopravvento.
Dopodichè si allontanò da loro, avviandosi verso il palco e vi salì timorosa.
Ma l’ arena era vuota se si escludevano i membri dello staff che, una volta uscita l’ ultima fan, avevano cominciato immediatamente a darsi da fare per ripristinare la situazione.
Gli addetti alle luci, al suono, alla sicurezza, tutti si muovevano rapidi e precisi, guidati dalla professionalità e dall’ esperienza.
Lei si sedette sul bordo del palco, fece ciondolare le gambe e scivolò a terra, ritrovandosi dove, poco prima, la folla urlante acclamava i Tokio Hotel.
Chiuse gli occhi e potè riassaporare il rumore assordante di quel mare di gente che si muoveva, cantava, respirava in perfetta armonia con la musica, come il mare in perpetuo movimento, come onde che si infrangevano con un sordo boato sugli scogli.
E mentre ancora era intenta in quei ricordi, quasi credette di sognare quando un battito di cuore le mancò nel petto.
Quella musica.
No.
Non poteva essere.
Nello stesso istante in cui aprì gli occhi voltandosi rapida verso il palco, le luci si spensero attorno a lei, illuminando solo i quattro ragazzi, ognuno intento ad accarezzare il proprio strumento, quasi fosse uno struggente addio.
-  … No … - Pensò la ragazza con dolore …
E poi lo vide.
Bill stava in piedi, gli occhi sgranati su suo fratello ed i suoi amici, aggrappato all’ asta del suo microfono, senza sapere cosa fare.
Tom gli si avvicinò e gli diede una gomitata leggera nelle costole.
<< Glielo devi Bill … E lo devi a te stesso … Guardala … E’ mai stata così bella? … Ha mai avuto quello sguardo così struggente? … Canta, Bill … Canta per lei … >>.
Suo fratello aveva ragione.
Bill chiuse gli occhi … (Non era certo di poter sostenere quello sguardo luminoso e intenso).
Dischiuse le labbra … (Ma sapeva di doverglielo) …

Talk to me softly
There's something in your eyes
  (sì, c' era nei suoi occhi la sua stessa vita ...)
Don't hang your head in sorrow
And please don't cry
I know how you feel inside    (sapeva come si sentiva ... sapeva di esserne la causa ... Faceva male ...)
I've I've been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know
   (riaprì gli occhi, aveva bisogno di vederla ...)
Don't you cry tonight I still love you baby
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight There's a heaven above you baby    (un braccio che si tendeva verso l' alto, verso quel                                                                                                     Paradiso promesso ...)
And don't you cry tonight

Give me a whisper    (il suo respiro ... Lo desiderava ...)
And give me a sigh
Give me a kiss before you tell me goodbye
   (un suo bacio ...  prima di quell' inevitabile addio ...)
Don't you take it so hard now
And please don't take it so bad
I'll still be thinkin' of you And the times we had... baby   (il tempo ... Maledetto e benedetto assieme ...)

And don't you cry tonight
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight There's a heaven above you baby
And don't you cry tonight    (non piangere ... Avrebbe desiderato non piangesse mai ... E lo sapeva impossibile ...)

And please remember that I never lied    (era vero ... Ma il non mentirle non gli aveva impedito di ferirla ...)
And please remember How I felt inside now honey
You gotta make it your own way
But you'll be alright now sugar
   (sì ... Sarebbe stata bene ... Lo sperava così ardentemente da sentirne dolore ...)
You'll feel better tomorrow
Come the morning light now baby
   (il sole sarebbe sorto di nuovo ... desiderava che non la trovasse sola ... seppure                                                         facesse male ...)

And don't you cry tonight
And don't you cry tonight
An don't you cry tonight There's a heaven above you baby
And don't you cry
Don't you ever cry
Don't you cry tonight Baby maybe someday
   (un giorno ... Egoisticamente sperava di non vederle, quelle lacrime )
Don't you cry
Don't you ever cry
Don't you cry tonight



Non appena la voce di Bill si spense, gli strumenti dei ragazzi presero il sopravvento, più forti, più potenti, invasero l’ arena, graffiandola, avvolgendola, struggenti ed intensi.
Nic, in piedi sotto il palco, il viso rivolto verso il ragazzo che sopra di lei le tendeva la mano.
Gli sfiorò appena le dita e lui scese accanto alla ragazza, una domanda fin troppo chiara nei suoi occhi limpidi.
- … Nic, ti prego … Fatti abbracciare … Ne ho un così disperato bisogno … -.
Ma non osava parlare.
La risposta era altrettanto cristallina negli occhi intensi della ragazza, ma lei non gli dette il tempo di scorgerla.
Abbassò lieve gli occhi, fece quel passo che la divideva da lui, gli posò la fronte e le mani sul petto ascoltando il battito del suo cuore, soffiò il suo nome sulla sua gola : << … Bill … Abbracciami, ti prego … >>.
E le braccia di lui si chiusero attorno al suo corpo, strette, come se volesse renderla parte di sé stesso, come se stesse godendo di un istante che troppo a lungo gli era stato negato, che lui stesso si era negato, come se …
Si aggrappasse alla vita.
E lo stava facendo.
Lei era la sua vita.
E lui l’ amava.
Nic respirava a fatica, per l’ ennesima volta.
Ma seppe che, seppure non avesse respirato mai più, quello era esattamente ciò che desiderava.
Perdere il respiro e sé stessa tra le braccia di Bill.
Continuarono a muoversi piano, seguendo la musica o forse solo il ritmo dei loro respiri irregolari o il battito dei loro cuori che si era fuso in uno unico.
<< … Nic … Mi dispiace … Mi dispiace di averti fatta stare male … Mi dispiace di averti tradita … Mi dispiace di averti prima esclusa dalla mia vita e poi di aver cercato di allontanarti … Non era quello che desideravo avevo solo … Paura … >>.
La voce di Bill, del suo piccolo angelo dalle ali spezzate, l’ aveva accarezzata dolorosamente.
Lei fremette di rabbia e amore.
Il destino aveva deciso di spezzare le sue ali, ma sino all’ ultimo respiro, fino all’ ultimo fremito delle sue ciglia, lei sarebbe stata le sue ali.
Lei lo amava.
Strinse forte gli occhi per impedire a quelle lacrime di cadere, non poteva permettere che Bill credesse di nuovo di starle facendo del male.
<< Nic, per favore … Apri gli occhi … Ho bisogno di vederli … Ho bisogno di vederli sempre … >>.
E lei li aprì e li volse a lui, a quel suo bel viso, a quei suoi stessi occhi dolci a cui lei aveva dovuto rinunciare così a lungo.
E di nuovo i loro sguardi si fusero, perdendosi l’ uno nell’ altro.
Occhi nocciola, ambrati, meravigliosamente caldi e accoglienti, imploranti un perdono che già possedevano.
Occhi blu, intensi, immensi, invitanti come le profondità marine, che concedevano quel perdono che non avevano mai preteso di dover accordare.
Non c’ era nulla da perdonare.
Solo dolore passato da dimenticare e dolore futuro da affrontare e amore da donare.
Non poteva resistere, lei avvicinò la bocca a quella del ragazzo, le labbra impercettibilmente si mossero sfiorando quelle del ragazzo :
<<  Non mi allontanare di nuovo Bill, ti prego …Non mandarmi via ...  >>.
Un sospiro che spense sulla bocca di lui, accarezzando piano quelle labbra che aveva ardentemente desiderato e alle quali aveva dolorosamente rinunciato per troppo tempo.
Adesso non poteva più aspettare.
Aveva bisogno di quel bacio.
Per un istante la paura prese nuovamente il sopravvento su di lui, per un istante pensò che la stava condannando e che non aveva alcun diritto di farlo.
Ma fu solo un istante.
Il corpo morbido di lei che aderiva perfettamente al suo, il respiro sulle sue labbra e l’ amore che lo invadeva generoso e tiranno allo stesso tempo.
No, non l’ avrebbe allontanata da sé.
Non sapeva per quanto ancora avrebbe visto sorgere il sole, ma senza di lei sarebbe stato inutile e senza senso.
Era lei la sua luce e la sua forza.
Lei.
Le sfiorò il viso in punta di dita, allontanandola solo per poter vedere ancora una volta quegli occhi che adesso lo imploravano, la timorosa incertezza che vi lesse lo trafisse, torturandolo, gli spezzò il cuore.
E, trattenendo il respiro, la baciò.
Lasciò scivolare la mano sulla gola di lei, fin dietro alla sua nuca sottile, stringendola a sé.
Lei, stupita e senza respiro passò le braccia attorno alla vita di lui, sulla sua schiena avvolgendolo in un abbraccio disperatamente felice.
Un bacio dolce e appassionato. Un bacio di chi ha fame. Un bacio che era tutto.
Tutto quello che desideravano.
Le mani di lei scivolarono fino ad impigliarsi nei capelli ancora bagnati di lui, intrecciandovi le dita, assaporandolo con ogni centimetro del suo corpo.
Lui, il respiro soffocato sulla bocca piena e morbida, si dissetava del suo sapore e della sua dolce sensualità.
Separarsi non fu semplice, ma affrontarono quell’ istante consci che, non appena i loro occhi si sarebbero dischiusi, si sarebbero persi in quelli dell’ altro.
Ancora stretti l’ uno all’ altra, il viso appoggiato al petto del ragazzo, senza riuscire a separarsi da lui, Nic lo sentì sussurrare.
<< .. Nicola … >> .  << … Dimmi … >>. Rispose lei lasciando che la mano del ragazzo le alzasse il volto verso il proprio.
<< … Io … Ti amo …  >>.
Quella lacrima che aveva strenuamente lottato per trattenere a sé cadde rapida e leggera dai suoi occhi.
Nic non aveva nemmeno avuto il tempo di rendersi conto che sarebbe sfuggita che già si era posata sulle sue labbra che ancora sapevano di lui.
Il mondo svanì per quei due ragazzi fragili e forti che si ritrovavano, ritrovando anche l’ intensa, irrefrenabile paura di perdersi ed il coraggio e la promessa di lottare insieme fino alla fine.

Sul palco tre ragazzi stavano immobili, gli strumenti ancora vicini, restii ad abbandonarli, restii ad abbandonare quell’ immagine dolce e dolorosa che si svelava sotto i loro occhi.
Pensieri nascevano e morivano, tumultuosi e fragili.
Simili eppure differenti.
In pochi minuti si erano scatenati eventi che avrebbero modificato le loro vite per sempre.
Ognuno d loro era coinvolto in misura differente, in differente maniera.
E tutti ne erano perfettamente, dolorosamente consapevoli, mentre in silenzio accettavano tutto ciò che questo avrebbe significato.

Poco distante un freddo uomo d’ affari stava inutilmente cercando di mantenere un certo decoro.
Ma era fin troppo facile dimenticarsi di essere un maturo professionista di quasi quarant' anni, davanti alla fragile eppure apparentemente indistruttibile forza dei suoi ragazzi a malapena ventenni.



 
























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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Quattordicesimo capitololo QUESTO AVREBBE DOVUTO  ESSERE UN UNICO CAPITOLO, MA...
FORSE ERA LA TENTAZIONE DI POSTARE DATO CHE ERANO DUE SETTIMANE CHE NON POSTAVO NULLA... E POI... SE FOSSE STATO UNO UNICO SAREBBE STATO TROPPO "PIENO DI ROBA"... n_____n ...
NON HO NULLA DA DIRE SU QUESTO CAPITOLO... QUINDI PASSO DIRETTAMENTE A RINGRAZIARE CHI, ANCORA, OSTINATAMENTE, SEGUE QUESTA STORIA...
DA CINQUE MESI, QUASI... INSOMMA... E' TANTO NO? n___n''''
PER CUI, NON APPENA SARA' CONCLUSA, ERIGERO' UNA STATUA IN ONORE DELLE MIE LETTRICI!
LAYLA :  GRAZIE! SONO CONTENTA CHE ANCORA RIESCI A SOPPORTARE QUESTO "DOLOROSO POLPETTONE ROMANTICO"! n____n''' ... E' VERO, SI SONO IMPICCIATI UN PO' TUTTI, MA DEL RESTO TUTTI, CHI PIU' CHI MENO, LI VOLEVANO ANCORA INSIEME... ADORABILI IMPICCIONI! *____* ... ( E COME HAI VISTO E MI HAI AUGURATO, CE L' HO FATTA ANCHE CON QUESTO CAPITOLO, CHE AVREI DESIDERATO FOSSE UNO SOLO, PER LA VERITA'... =___='''... MA FA NULLA...) E GRAZIE PER I COMPLIMENTI SULLA DESCRIZIONE DEL PRE LIVE E DEL LIVE STESSO! ERO UN PO' IN ANSIA PER QUELLA PARTE... n___n
CASSANDRA :
CHE DIRE? GRAZIE PER LA PAZIENZA ED IL SUPPORTO MORALE! MI FA IMMENSAMENTE PIACERE CHE TU RIESCA A RITROVARE IL "TUO" BILL NEL "MIO"... QUINDI... IL "NOSTRO" BILL! n___n''' (SEEEEEEE... ç_ç) E NON IMMAGINI NEMMENO IL PIACERE CHE HO PROVATO QUANDO, NELLA TUA RECENSIONE, HAI CHIAMATO LA MIA NIC CON IL SUO NOME, NICOLA... AMO QUESTO NOME, E VEDERLO "RICONOSCIUTO" E' UNA GIOIA! E BEN LIETA CHE  "IL BUON VECCHIO DAVE" (n___n) TI RISULTI PIACEVOLE E COERENTE CON LA STORIA, ESSENDO ENTRATO UN PO' IN SORDINA, IN EFFETTI... MA MI E' PIACIUTO MOLTO SCRIVERE DI LUI. QUINDI, PER L' ENNESIMA, SCONTATISSIMA VOLTA, GRAZIE!
UN GRAZIE ANCHE ALLA ELENA CHE, PER "VIE TRAVERSE", MI DA UGUALMENTE IL SUO SUPPORTO! GRAZIE! *__*
E GRAZIE A CHIUNQUE PASSA DA QUESTE PARTI!
FINITO! E ORA... BUONA LETTURA!
A PRESTO... !



Nic non credeva quasi a quello che era successo.
Stava seduta sul sedile posteriore della macchina, vagamente pensava che gli altri potevano essere intenti ad osservarla, ma non le importava.
E poi erano i suoi amici.
Cosa avrebbe mai dovuto temere?
Era certa che Georg e Gustav fossero contenti per loro e Tom … Tom.
Non voleva pensarci.
E non voleva chiedersene il perché.
Adesso, tutto il suo mondo iniziava e finiva in quella mano che stringeva piano tra le dita, in quel capo lievemente posato sul suo seno, in quel respiro leggero, in quegli occhi chiusi.
Bill si era addormentato sereno, stretto dolcemente a lei, raccolto in lei, come un gattino fiducioso.
Lei aveva le dita tra i suoi capelli umidi, li accarezzava piano, facendoli scivolare dolcemente tra le sue dita, delicatamente, per non svegliarlo.
Lo amava.
Lo amava tanto da sentirsi scoppiare il cuore.
Le lacrime minacciavano di sfuggire ai suoi occhi, dove lei gelosamente le custodiva, impedendosi di sbattere le ciglia, per non lasciarle andare.
Il buio li circondava, le luci dei lampioni scivolavano veloci sul volto pallido di Bill.
Era stanco.
Troppo stanco.
Lei avrebbe forse potuto arrabbiarsi con David per l’ aver messo in piedi quell’ ultimo show che sembrava aver prosciugato ogni energia dal fragile corpo che stringeva delicatamente a sé.
Ma non lo fece.
Con quale coraggio avrebbe potuto farlo?
Sapeva perfettamente quanto Bill stesso tenesse a quel concerto, quanto ci tenessero tutti, quanto tutti si fossero impegnati per ottenere quel fantastico risultato.
Ed era molto fiera di lui, di tutti loro.
Ed era grata a David per l’ impegno ed il lavoro che aveva impiegato e svolto.
Ognuno di loro si era impegnato al massimo, nessuno si era risparmiato.
Si, era davvero fiera di loro.
E felice di come la serata era andata e si era conclusa.ù
Avrebbe solo voluto che Bill avesse un aria meno distrutta.
Non riusciva a distogliere gli occhi da lui, da ogni centimetro di lui.
La linea del naso che intravedeva appena, le ciglia scure, la curva della spalla che proseguiva nel braccio che le cingeva la vita, leggero, le gambe rannicchiate.
L’ amava.
Non avrebbe saputo dire quanto.
Sapeva che “troppo” non sarebbe mai stato abbastanza, ma lo stesso quell’ amore era abbastanza da sentirsi quasi incapace di tenerlo tutto dentro di sé.
Avvolta dal buio, ascoltava i battiti del proprio cuore e il respiro di Bill, era circondata dal silenzio ed alzò un attimo gli occhi su i suoi compagni di viaggio.
Dormivano tutti, chi più chi meno profondamente.
Tom, sul sedile di fronte, sul lato opposto, la testa appoggiata al finestrino, un espressione strana ma rilassata sul volto.
Lei avrebbe desiderato sorridere, ma c’ erano troppe cose irrisolte, e quell’ abbraccio spinto dall’ emozione che si erano scambiati quella notte …
Non voleva pensarci e distolse lo sguardo.
Lo posò su Georg.
Stava dormendo anche lui, le braccia incrociate sul petto spazioso, la testa leggermente piegata di lato, rilassata sul poggiatesta.
Questa volta Nic sorrise serena e il suo sorriso venne intercettato e riflesso nei profondi, buoni occhi scuri di Gustav che la stava fissando da qualche minuti.
Sono felice per voi ma … non sarà facile, lo sai, vero?
Ecco cosa dicevano quegli occhi e quel sorriso un po’ triste.
-  … Sì, lo so Gus … E sono immensamente grata e felice di avervi al mio fianco … Sempre … Grazie …  -.
Avrebbe voluto dirglielo, ma sapeva che con il suo Gus non servivano le parole, lui accennò un breve consenso con la testa.
Aveva capito.
Nic non ne dubitava affatto.
Poi, dopo aver soffocato un grosso sbadiglio, anche Gustav chiuse gli occhi per riposare qualche minuto.
Nic volse lo sguardo sullo specchietto retrovisore, certa di trovarvi riflessi gli occhi di David, che sapeva, la stavano fissando già da un po‘.
Ed infatti erano lì, stanchi, un po’ rossi, ma attenti e pronti ad accogliere i suoi.
Sorridenti.
Era stata severa con lui, e se ne vergognava.
Dopotutto aveva avuto ragione.
Era solo troppo concentrata sulle sue ferite, e su quelle di Bill, per potersene accorgere o trovare il coraggio di ammetterlo.

Poco dopo dovette svegliare Bill e Tom.
Erano a casa.
Il moro, un micetto insonnolito, si stropicciò gli occhi dando il colpo di grazia al suo trucco già in parte colato per via dell’ ultima performance sul palco, e aprì gli occhi luminosi, cercando immediatamente, istintivamente, lei.
La trovò.
-  … La ho sempre trovata al mio fianco … Sono fortunato …  -.
<<  Siamo arrivati …  >> Gli disse lei sottovoce, sorridendo un sorriso timido.
Bill sapeva che c’ era qualcosa, qualcosa che lui doveva dire.
Pensava non ce ne fosse bisogno, ma sapeva di doverlo fare.
Avevano superato l’ ostacolo più grande, ma ce ne erano altri più piccoli, avrebbero dovuto procedere a piccoli passi.
Ed il primo spettava a lui.
<<  Vuoi .. Rimarrai con me, stanotte? …  >>.
Timido, quasi impacciato.
<<  … Mi piacerebbe, sì … Se tu lo desideri …  >>.
Si sentiva maledettamente stupida.
Ma sapeva che sarebbe accaduto.
-  … Piccoli passi, non … Piccoli passi … Non avete tempo da perdere … Ma dovrete procedere con cautela …  -   Si disse la ragazza e gli sorrise, prendendolo per mano.
<<  Devo fare una cosa … Puoi svegliare Tom, e aspettarmi dentro?  >>.
Gli chiese lui, una leggera nota ansiosa nella voce.
Non avrebbe voluto stare lontano da lei nemmeno per un solo istante.
Ma c’ era qualcuno che meritava le sue scuse.
Nic tentennò.
Non era sicura di volere avvicinarsi a Tom.
Ma annuì piano ed entrò nuovamente nella macchina dove, ormai, era rimasto solo il giovane rasta, avvicinandosi a carponi sul sedile.
Improvvisamente,forse sentendosi fissare o sentendo muoversi qualcosa accanto a lui, Tom aprì gli occhi voltandosi rapido verso di lei e ritrovandosi così, a pochi centimetri dai suoi, quegli occhi blu che lo tormentavano.
Da parte sua Nic si era ritrovata a trattenere il respiro.
Di nuovo quegli occhi, di nuovo troppo vicini.
Chi li avesse visti dal di fuori, avrebbe potuto equivocare.
Lei stava a quattro zampe sul sedile di fianco ad un ragazzo che la fissava intensamente, forse ancora leggermente intontito dal brusco risveglio, i nasi che quasi si sfioravano.
Se non fosse stato tutto molto triste, confuso e complicato, forse lei ne avrebbe riso.
Ma non aveva voglia di ridere.
Voleva solo scappare.
Veloce e lontano.
<<  Siamo arrivati …  >> Gli disse piano.
<<  Potevi aprire la portiera invece di gattonarmi addosso e farmi prendere un colpo!  >>.
Disse lui con tono maleducato, per dissipare quell’ atmosfera strana che si era creata e che lo soffocava, per allentare la tensione che gli impediva quasi di respirare.
Lei si risentì di quella rispostaccia, fece retromarcia ed uscì.
Una volta con i piedi a terra e ad una debita distanza dal ragazzo, gli rispose acida :
<<  Certo! Ti eri addormentato appoggiato alla portiera … La prossima volta, dovesse capitare, apro di scatto e ti faccio finire con quella faccia da schiaffi che ti ritrovi, dritto sulla ghiaia … Ti starebbe proprio bene!  >>.
Poi tese la mano verso di lui, con un gesto sbrigativo.
<<  Dammi le chiavi … bill ha detto di aspettarlo dentro  >>.
Il cuore di Tom mancò un battito.
Quasi intimidito, borbottando chiese <<   Ma … Tu … Tu ti fermi a dormire da noi?…  >>.
-  … Non me lo dire … Non dirmelo … Sono uno stronzo … Sono un idiota … Sono la peggiore persona sulla faccia della terra, ma … Non dirmelo …  - .
<<  Certo  >> Rispose lei sicura.
<<  Avrei dovuto chiederlo a te, se potevo? … Bill mi ha chiesto di restare con lui e gli ho detto di sì …  >>.
Un tono duro, tagliente.
Voleva ferirla.
Voleva ferirla per ferire sé stesso.
Voleva ferirla perché lei lo detestasse, se non lo stesse facendo già abbastanza, per quello che aveva fatto.
<<  Non me ne frega un cazzo di quello che fai, lo sai, vero?  >>.
Il viso stranito della ragazza lo ferì.
No, non poteva farle male.
Non troppo almeno.
<<  E poi  >>  Le disse scontroso  <<  E’ anche casa tua … Lo è sempre stata e non ho mai avuto nulla da ridire … A proposito …  >>  Aggiunse precedendola in casa  <<  Sono contento per te e Bill  >>.
E, detto questo, si era diretto su per le scale, in silenzio, e si era richiuso la porta della sua stanza alle spalle con un leggero tonfo che risuonò nel silenzio ella casa vuota, lasciandola da sola, nell’ atrio, ad ascoltare il silenzio e ad ignorare quei pensieri che tentavano, invano, di invadere la sua mente.
Nic sospirò e tornò fuori a vedere dove fosse Bill.
Lo vide avvicinarsi a david e non volle intromettersi, decidendo di sedersi sugli scalini davanti casa ad aspettarlo.

Il ragazzo stava in piedi davanti all’ uomo che lo fissava sornione.
Nonostante ciò che gli aveva detto Bill avesse fatto male, sapeva che il giovane cantante davanti a lui soffriva altrettanto per averle dette. Aveva imparato a conoscerlo. Adesso il ragazzo se ne stava fermo, curandosi solo dei suoi lucidi stivali a punte, strisciandoli appena, chiaro segnale dell’ imbarazzo che provava.
<<  Allora, Bill …  >> Sospirò il manager.
<<  E’ tardi e sarebbe meglio che, sia tu che io, ce ne andassimo a riposare … Domani avremo tempo per parlare …  >>.
<<  No!  >>.
Bill alzò gli occhi all’ improvviso, sebbene avesse dormito fino a pochi minuti prima, adesso erano ben svegli e fissi sul volto dell’ uomo.
<<  Devo dirtelo adesso, David, io … Sono stato un cretino … Ho detto delle cose che non pensavo, a cui non credevo … Alle quali non ho mai creduto a cui non credo neanche adesso … Ero solo … >>.
Il ragazzo aveva abbassato pudico gli occhi, vergognandosi delle parole che aveva rivolto al suo manager qualche ora prima e che ricordava perfettamente.
Alzò nuovamente gli occhi, timido.
<<  Ero stanco Dave e, per quello che riguarda Nic …  >> Sorrise mesto <<  … Non è stato facile … Mai … E non lo sarà … ma adesso è di nuovo con me ed io mi sento … Meglio … Mi mancava, sai? Ho fatto un po’ di casini … E mi sono sfogato con te, anche se non avrei dovuto … Tu avevi ragione, lo so anche io, e ce l’ hai ancora … Sebbene io sia felice, credo che sarebbe stato meglio se ti avessi dato retta, se l’ avessi lasciata andare, se l’ avessi lasciata libera invece di pretenderla, egoisticamente, per me …  >>
<<  … Facendole così del male …  >>  Concluse l’ uomo.
<<  Bill …  >>.  Un sospirò sfuggì alle labbra di David.
Non era arrabbiato né esasperato, solo molto triste e maledettamente inerme davanti a quel cucciolo ferito e dall’ espressione colpevole ed indifesa.
<<  Bill. Lei voleva stare con te. Non credo che abbia mai desiderato altro. Io … Ho un po’ esagerato le cose ieri sera, semplicemente perché desideravo che vi trovaste. Ero , egoisticamente  >>  Gli fece un po’ il verso.
<<  Stanco di quella situazione, stanco di vedervi stare male, stanco di vedere il vostro amore schiacciato dalla paura, dalle incertezze, dai vostri sbagli …  >>.
Bill lo osservava, gli occhi grandi sul suo volto sottile, sembravano enormi.
<<  Ma Dave io … Noi, non abbiamo molto tempo …  >>.
Aveva solo sussurrato e David pregò che non fosse una lacrima quella che aveva intravisto cadere rapida dal volto chino del ragazzo.
Non lo avrebbe potuto sopportare.
Gli alzò il viso.
In quel momento gli parve così indifeso che avrebbe voluto …
Non lo sapeva nemmeno lui cosa avrebbe voluto. Ricacciò indietro la rabbia.
<<  Bill senti … Un incedente, qualsiasi cosa … Potrebbe capitare a tutti …   >>.
<<  Questo non è un incidente, David … Questa è una certezza  >>.
Il tono rancoroso del ragazzo non era rivolto all’ uomo davanti a lui, ma a quel destino … Alla sua stupidità …
<<  Pensa a quanta gente perde il proprio compagno o la propria donna … Per un caso … Un pazzo ubriaco, una rapina, un incidente sul lavoro … So che non è la stessa cosa Bill … Non sono del tutto idiota, ma … Insomma … Voi avete dalla vostra parte la consapevolezza. Potete decidere di non sprecare il vostro tempo. Essere consapevoli è importante, esserlo assieme è una fortuna …  >>.
Una scintilla di speranza brillò negli occhi di Bill spezzando il cuore dell' uomo.
<<  Non importa quello che hai detto … So che non era il piccolo, dolce, gentile Billie a parlare  >>.
Lo prese un pochino in giro, sorridendogli.
Il ragazzo lo abbracciò di slancio.
<<  Grazie David … E no, tu non sei mio padre … I padri ci vengono imposti e spesso capitano anche quegli sbagliati … Noi ci siamo trovati, scelti … Sei molto di più Dave … Grazie. Di tutto >>.
Trentasette anni.
Trentasette anni e sentirsi così maledettamente in balia dei sentimenti, del dolore, dell’ amore provocato da quel ragazzino allampanato che era Bill Kaulitz.
Trentasette anni e avere ancora voglia e bisogno di piangere come un bambino.
Trentasette anni e non aver ancora imparato ad affrontare la vita.
O la morte.
Trentasette anni e ritrovarsi impreparato a quell’ abbraccio, a quella voce, a quell’ aura che aleggiava intorno a Bill, da sempre.
<<  Ok … Adesso vai dentro … Asciugati per bene e parla con Nic … E riposati, mi raccomando  >>.
Gli disse, ricacciando il magone, riprendendo in mano il suo ruolo di manager serio ed autoritario.
<<  Va bene, va bene … Rompiscatole di un manager …  >>. Bill sorrise triste.
Non era più il loro manager .
I Tokio Hotel non esistevano più da un paio d’ ore.
No.
Ma David sarebbe sempre stato molto di più.
Sempre.
Si volse e rientrò, ancora perso nei suoi pensieri, rischiando di inciampare nelle lunghe gambe della ragazza seduta sui gradini.
<<  Nic … Cosa ci fai qui?  >>. Le chiese.
<<  Credo di avere anche io qualcosa da fare … Puoi aspettarmi un istante?  >>.
Bill sorrise e comprese che, la sera precedente, lui non era stato l’ unico ad essersi sentito rivolgere una ramanzina da David e ad averlo trattato male.
Se David si era rivolto a Nic come aveva parlato a lui, Bill avrebbe potuto benissimo immaginare che la ragazza gli avesse potuto mollare una sberla.
Non era tipo da passare sopra a certe accuse o a certi atteggiamenti.
Sogghignò.
Si immaginava perfettamente la scena.

<<  Dave … Te ne stai andando? …  >>.
La voce bassa e carezzevole della ragazza giunse alle orecchie dell’ uomo melodiosa e timida.
-  … Eccone un’ altra … - Sospirò sorridendo tra sé e sé.
Decise di prenderla un po’ in giro.
<<  No … Stavo salendo in macchina in attesa di qualcun’ altro che volesse parlare con me … Adesso manca solo il Kaulitz malvagio … Ho già, magnanimamente, concesso il mio perdono a Bill … Per questa notte credo che potrebbe bastare … Il confessionale riapre domani nel tardo pomeriggio …  >>.
Si volse verso la ragazza e si accorse che non aveva alcuna voglia di scherzare, sebbene un timido sorriso fosse dipinto su quelle belle labbra.
<<  David io volevo solo … Chiederti scusa, tutto qui … Mi sono comportata come una stronza isterica …  >>.
L’ uomo l’ abbracciò.
<<  E’ tutto a posto, Nic … và da Bill, credo che lui abbia più bisogno del tuo perdono di quanto tu possa avere bisogno del mio …  >>.
Nic sgranò gli occhi, stupita, forse ferita.
Sicuramente triste.
<<  Non ho nulla da perdonare a Bill … Voglio stare con lui … E di certo non voglio farlo soffrire … >>.
Il manager deglutì.
Sapeva che quell’ accusa era stato proprio lui a muoverla contro di lei il giorno prima.
<<  Lo so, quindi vai e stai tranquilla … Ieri sera c’ erano in ballo molte cose e tutte si sono risolte nel migliore dei modi …  >>.
David pensò per un fuggevole attimo a Tom e, corrugando appena la fronte, si chiese se fosse del tutto vero.
Ma scacciò quel pensiero.
Altre cose dovevano succedere e sarebbero successe.
E lui non si sentiva affatto pronto ad affrontarle.
Sciolse la ragazza da quell’ abbraccio e la sospinse dolcemente verso la porta.
<<  Buonanotte Nic …  >>.
<<  Buonanotte David e … Grazie  >>.
L’ uomo risalì in macchina e posò stancamente la testa al sedile.
-  … Grazie a voi, ragazzi …  -.

Non appena entrarono in casa, in quella sala silenziosa, Bill e Nic si resero conto che il sonno, seppure ancora presente, aveva lasciato il posto ad una sorta di imbarazzo che impediva loro di essere totalmente sé stessi.
Nic propose una cioccolata calda e poco dopo Bill si era accoccolato, abbracciandosi le ginocchia, su uno sgabello della cucina, osservandola muoversi per la cucina in maniera dolcemente naturale.
Infine si ritrovarono seduti davanti a due tazze fumanti e profumate, osservandosi timidi, cercandosi lievi l’ uno negli occhi dell’ altra, cercando di ritrovarsi.
Entrambi troppo intenti nei propri pensieri, sussultarono quando sentirono Tom scendere le scale e prendere le chiavi del suo suv senza dire una parola.
<<  Tomi … Dove stai andando? Sono le due di notte …  >>.
L’ espressione leggermente ansiosa di Bill si riflesse negli occhi chini e falsamente indifferenti di Nic che lo osservava di sottecchi in attesa di quella risposta.
Fin troppo ansiosa di sentirla.
Il rasta distolse gli occhi da suo fratello, da Nic … Non riusciva a guardarli.
E si odiava per questo.
Odiava non capire esattamente cosa sentiva, non riuscire a definirlo, non riuscire a dormire nel tentativo di farlo.
O nel tentativo di ignorarlo.
-  … Non resterò qui ad aspettare che voi due risolviate i vostri problemi … Non posso … Bill, mi dispiace … E non so nemmeno esattamente il perché, cazzo! … Nic io … - .
Scosse la testa e rispose con noncuranza.
<<  Il sonno mi è passato … Credo che andrò da qualche parte a cercare qualcuna con cui festeggiare l’ ottima riuscita della serata … Ci vediamo domani ok? Buonanotte  >>.
E, senza attendere risposta, si diresse verso la porta.
<<  Potresti festeggiare con noi, non credi? Chiamiamo Gustav e Georg e …  >>.
Bill era preoccupato per lui, l’ ansia nella voce dolce di suo fratello glielo confermava dolorosamente.
Si detestò, ma non poteva restare, non quella notte.
<<  No. Credo che Hagen e Gusty potrebbero decidere di fustigarci sulla pubblica piazza e poi darci in pasto alle fans senza pietà se li svegliassimo adesso, dopo questo memorabile concerto e dopo le settimane snervanti che gli abbiamo fatto passare per prepararlo … Davvero … Ho voglia di uscire … Di andare a bere qualcosa e prendere una boccata d’ aria e poi … Credo che voi dobbiate festeggiare da soli … Buonanotte  >>.
Sfuggì gli sguardi dei due ragazzi ed uscì lasciandosi alle spalle le loro espressioni solo leggermente imbarazzate.

Guidava piano, concentrato sui suoi pensieri.
-  … E’ ora di finirla Tom … Di finirla di sentirsi in questo fottuto modo! Sei un idiota colossale! Lei lo ama, cazzo! Tu non sai nemmeno cosa sia l’ amore … E Bill è tuo fratello e tu … Tu sei uno stronzo Tom! … Smettila immediatamente di rimuginare su cose che nemmeno sai, trovati una bella ragazza con la quale divertirti  e dimentica tutto il resto! Sbronzati e godi di questa notte … E torna in te! … Che cazzo ti prende?!? Tu sei il SexGott … E sono mesi che non ti diverti come si deve! …  -.
Giunto davanti ad un pub posteggiò la macchina ed entrò nel locale fumoso, alla moda, pieno di donne sexy e apparentemente disponibili, che lo circondarono immediatamente, alcune persino abbandonando l’ uomo con le quali erano sedute sui morbidi divanetti di pelle.
Ne scelse una, una tizia dai capelli color rosso mogano, ricci, lunghi, che le ricadevano sul seno minuto, fasciata da un abitino argentato che risaltava le gambe lunghe ma metteva anche, penosamente, in evidenza l’ assenza di fianchi.
Magrissima e dall’ aria scocciata, lo aveva puntato con sguardo accattivante ed allo stesso tempo freddo, così diverso, così completamente diversa lei, da …
-  …  No Tom! Piantala e lasciati catturare da quella stangona … Sono quelle come lei le donne giuste per te … Non te lo dimenticare mai … Mai!  - .
Vuotò il suo bicchiere di vodka liscia e la fissò intensamente.
Lei lo aveva scelto.
Lui sarebbe stato la sua preda.
Ne sembrava convinta mentre si avvicinava a lui e con espressione trionfante lo seguiva, trascinata per un braccio senza troppi preamboli, in uno dei privè del locale.
Tom non voleva perdere tempo quella notte.
Voleva essere la sua preda e lasciarle credere che fosse stata lei a vincere quella battaglia nemmeno cominciata, lasciando che lei continuasse ad ignorare che la preda era solo un suicida e che era stato lui a permetterle di catturarlo di essere il suo scacciapensieri e la sua carnefice.
Almeno per una notte.
Per quella notte.
Per qualche ora almeno.
Sotto le mani fin troppo esperte, Tom lo notò perfettamente e non gli fece poi così piacere, la sua pelle si scaldò, il respiro si fece affannoso, le mani veloci e bramose su di lei …
Il suo corpo ricordò esattamente quali erano i gesti, come doveva comportarsi.
E, con gesti privi di passione, meccanici e vuoti, Tom fu nuovamente  ciò che era sempre stato per tutti.
Anche per sé stesso.

Erano le cinque del mattino quando rientrò piano in casa.
Si sentiva sporco.
Voleva solo farsi una doccia, ingoiare un paio di quelle maledette pillole e dormire fino alla sera seguente.
Notandola, si avvicinò alla lampada accanto al divano per spegnerla, pensando che, troppo presi da altro, Bill e Nic, l’ avessero dimenticata accesa; ma quello che vide gli confermò per l’ ennesima volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto fosse idiota.
Raggomitolati sul divano, avvolti in quella orribile coperta arancione e azzurra, i due ragazzi, ancora completamente vestiti, erano stretti dolcemente addormentati l’ uno tra le braccia dell’ altra.
Bill, il viso sul petto di lei, respirava tranquillo, doveva aver pianto, una riga di mascara scivolava dall’ angolo dell’ occhio fino alla maglietta chiara di Nic, lei teneva le labbra sui capelli del ragazzo.
Tom immaginò avessero parlato così per tutta la notte, lui ascoltando le sue parole ed il battito del suo cuore, lei aspirando il suo profumo, sussurrandogli dolcemente tra i capelli.
Si sentì un deficiente.
Era scappato temendo chissà cosa.
Aveva dimenticato le parole che suo fratello gli aveva detto, le paure che gli aveva confessato.
Non sarebbe stato semplice per loro superare quell’ ostacolo.
E lui …
Lui si permetteva di pensare a sé stesso, di comportarsi in quel modo, di provare quelle cose …
Lui.
L’ idiota.
Osservandoli Tom decise che era ora di cambiare, di dimenticare quello che sentiva, costasse quello che costasse, del resto, nemmeno lui sapeva esattamente dare un nome e d una forma concreta a quelle sensazioni …
Sapeva solo che erano sconosciute e … Sbagliate.
Salì in camera sua, sentendosi come un intruso ad osservare i due ragazzi così da vicino, si gettò sul letto ancora vestito, chiudendo gli occhi ed abbandonandosi alla stanchezza che invadeva ogni fibra del suo corpo e della sua mente.
-  … Domani sarà tutto diverso …  - .
E con quell’ ultimo pensiero si addormentò.

La mattina dopo Bill si svegliò al dolce contatto delle labbra di Nic.
Erano fresche, sentiva il suo profumo.
Dischiuse gli occhi e la vide, così vicina a lui gli occhi socchiusi.
Si ritirò di scatto.
L’ espressione ferita della ragazza giunse come una pugnalata.
<<  B … Buongiorno …  >>. Balbettò confuso.
Nic sospirò.
Voleva quel bacio, ne aveva bisogno.
Temeva che, quello della notte prima, fosse stato solo un sogno.
Ma adesso, il suo sogno, era lì davanti a lei, aveva dormito tra le sue braccia ed ora la fissava con un’ espressione confusa, forse ancora un po’ assonnata, gli abiti stropicciati e i capelli deliziosamente in disordine.
<<  Buongiorno Bill … Ti va di fare colazione? Magari riusciamo anche ad attirare quel bradipo di Tom, sempre ammesso che sia tornato …  >>.
Corrugò appena la fronte, non lo aveva sentito rientrare ma il motivo poteva semplicemente essere il fatto che era davvero troppo stanca la notte prima, e troppo coinvolta da quello che stava succedendo per preoccuparsi di qualcosa che fosse altro che Bill.
Si diressero in cucina e cominciarono a preparare la colazione.
Bill dispose tazze e posate sul tavolo.
Ogni volta che, per sbaglio, passandole accanto la sfiorava, un brivido gli percorreva la schiena ed un leggero imbarazzo coloriva il suo viso sottile.
Poco dopo erano seduti a tavola, nuovamente l’ uno di fronte all’ altra, nuovamente tesi ed imbarazzati, nuovamente silenziosi.
Qualsiasi cosa si fossero detti la notte precedente, adesso stava nascosta, avvolta dalla sottile nebbia che aveva avvolto le loro menti stanche, echi di parole risuonavano nelle loro menti che non erano state abbastanza lucide per poter conservare nitidi i ricordi.
Tom li trovò così quando mise piede nella cucina che profumava di caffè e cioccolata, in silenzio, ognuno concentrato sulla propria tazza di cereali, che Bill stava mangiando svogliatamente, osservando d sottecchi la ragazza che fingeva di non guardarlo.
Sorrise amaramente tra sé il rasta, ben consapevole di quale sarebbe dovuto essere il contegno che avrebbe dovuto mantenere.
Aveva dormito solo poche ore e si chiese se sarebbe stato in grado di mantenere fede ai suoi propositi.
<<  Buongiorno … C’è qualcosa per colazione? O vi siete sbafati tutto?  >>. Cercò di scherzare.
Nessuno di loro tre ne aveva molta voglia.
<<   Buongiorno Tomi … Sì, vieni al posto mio, io vado di sopra a fare una doccia  >>.
Il moro si era alzato dallo sgabello con un sorriso rivolto a Tom ed aveva tolto la sua scodella di cereali per posarne una pulita di fronte al fratello.
Era stato un gesto semplice, naturale, ma agli occhi dei due ragazzi era stato doloroso.
Bill e Tom non avevano mai avuto problemi a servirsi delle stesse posate o a mangiare l’ uno dal piatto dell’ altro.
Bill sorrise ad entrambi e si diresse in camera.

Tom adesso osservava sfacciatamente Nic che non aveva detto ancora nulla e stava concentrata solo sulla tazza di caffè fumante che aveva davanti.
Il ragazzo sapeva quello che avrebbe dovuto fare, doveva recuperare il loro vecchio rapporto, quello fatto di battutine e frecciatine al vetriolo.
Ma non era semplice.
Lui ricordava perfettamente il momento in cui, quel tipo di rapporto era andato a farsi benedire, per lasciare il posto a qualcosa di differente.
Quella notte, la notte in cui Nic aveva scoperto, e anche lui, che Bill la aveva tradita.
Quella notte, che aveva passato accanto a lei, permettendole di sfogare le sue lacrime, cercando di asciugarle, senza sapere come sfiorarla per non ferirla.
Quella notte in cui aveva dormito al suo fianco con le scarpe sopra la sua coperta nuova.
E quel bacio lieve, posato sulla sua guancia la mattina dopo.
Forse era stato quello il momento.
Certo, avevano ancora riso e scherzato, dopo, e litigato.
Del resto era nella natura del loro rapporto bisticciare e punzecchiarsi.
Ma eras stato diverso.
Ed, unito a ciò che era successo dopo, aveva portato a questo.
A questo silenzioso imbarazzo, a questo tumulto che sentiva dentro e che strenuamente combatteva senza definirlo davvero nemmeno a sé stesso.
Sapeva che doveva farlo, sapeva di doverla allontanare, ma trattarla male era immensamente difficile, soprattutto ora che vedeva il dolore e l’ insicurezza palesarsi così nitidi negli occhi della ragazza.
<<  Vedrai che si risolverà tutto … devi solo dargli tempo …  >>. Disse.
<<  Non ne abbiamo di tempo, Tom …  >>.
La voce di lei era suonata fin troppo dura alle orecchie del ragazzo, così come la rabbia repressa nello sguardo e nella voce di lei.
-  … Perché ce l’ hai con me, ragazzina? Cosa ti ho fatto? …  -.
Se lo chiese, Tom, ma popi pensò che non lo avrebbe chiesto a lei.
L’ essere attaccato per primo gli risparmiava il dover trovare un motivo per ferirla.
Avrebbe semplicemente mantenuto quel tono ed il resto sarebbe venuto da sé.
<<   Già  >>. Rispose freddo, alzandosi per posare la scodella nel lavandino piazzandosi arrogante davanti a Nic che si era alzata a sua volta ed ora lo fronteggiava.
<<  Ma, al momento, è l’ unica cosa che tu possa fare … A meno che tu non decida di salire di sopra, e saltargli addosso mentre si fa la docce …  >>.
Non riuscì a terminare la frase.
Una mano rapida ed improvvisa, giunse a colpire il suo viso.
<<  Sei un bastardo, Tom! Come ti permetti? Come ti permetti di insinuare che io voglio solo ..  >>.
Era talmente furiosa che le parole incespicavano sulle sue labbra.
<<  … Sei tu il puttaniere che non riesce a tenersi addosso i pantaloni, ricordatelo bene, Tom!  >>.
Poi lo fissò con disprezzo.
<<  Sei solo uno stronzo! Vaffanculo!  >>.
Gli volse le spalle e corse di sopra, chiudendo dietro di sé la porta della stanza degli ospiti e dando sfogo a quelle lacrime che le bruciavano il volto.
Così come bruciavano le parole di Tom.
Era stato volgare e fuori luogo, ma …
Lei desiderava Bill.
Non poteva certo negarlo.
Desiderava un suo bacio, una conferma a quello della notte precedente, un punto da dove ricominciare, fosse stato anche solo per un giorno ancora.
-  … Dio, ti prego, fa che non sia un solo giorno … Ho bisogno di tempo … Non sono ancora pronta …  -.
Pensò soffocando u singhiozzo.
Non era mai stata una grande credente, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa in quel momento.
Semplicemente non sapeva cosa fare.

Tom era rimasto in piedi in mezzo alla cucina, la mano posata sulla guancia che ancora gli doleva dopo la sberla potente della ragazza.
Un lieve sorriso sulle labbra.
-  … Era ora … Adesso sarà tutto più semplice …  -.
Si sedette fissando un punto impreciso davanti osé, seguendo il corso confuso di pensieri labili come sospiri.

Ignaro di tutto ciò che stava succedendo in cucina, Bill stava fermo sotto il getto d’ acqua della doccia, lasciando che portasse via la schiuma e quel senso di malessere che avvertiva all’ altezza dello stomaco.
Improvvisamente sgranò gli occhi, aprì veloce il vetro del box e si gettò sul lavandino.
Un conato di vomito lo costrinse a liberarsi lo stomaco di quel poco che aveva mangiato.
Alzò il viso respirando affannosamente, osservando con sguardo leggermente offuscato il suo riflesso allo specchio :
Gli occhi leggermente gonfi ed arrossati, gocce d’ acqua che scivolavano sulla sua pelle scossa da  brividi persistenti.
-  … Dio, no … Ho bisogno di tempo … Non sono ancora pronto … -.
Chiuse gli occhi, cercando di riacquistare il controllo su sé stesso, e su quel corpo che sembrava non volergli più appartenere e che, nonostante io, lui sentiva maledettamente suo.

Quando mise piede in cucina, battè la mano sulla spalla di Tom che, solo allora, parve riprendersi e si voltò verso di lui, improvvisamente ben vigile, notando, sotto il trucco, gli occhi leggermente lucidi del suo gemello.
<<  Tutto bene, Bill?  >>.
<<  Sì, grazie Tomi … E tu? Sembravi essere partito per SexGottlandia … Hai passato una bella nottata poi?  >>. Chiese il moro sorridendo, alludendo agli incontri amorosi, se così si fossero potuti definire, di Tom, cercando di ritrovare quelle sciocche conversazioni che avevano sempre fatto e che gli avrebbero permesso di trovare una sorta di normalità in quella mattina che aveva volto decisamente al peggio, per lui.
Tom sorrise malizioso, intuendo il bisogno di leggerezza del fratello.
<<  Certo, Billie, come al solito! Una bella stangona con i capelli color mogano e le tette troppo piccole per i miei gusti, ma niente male direi … Era un’ esperta, ci sapeva fare la ragazza!  >>. Rise.
<<  Sei sempre lo stesso, Tom! Non cambierai mai!  >>. Rise Bill.
Poi aggiunse serio.
<<  O forse … Forse un giorno cambierai … Quando avrai trovato il giusto motivo per farlo … lo vorrei tanto, sai? … Spero che lo vedrai, quando ti si paleserà davanti, Tom ..  >>.
Concluse in un sussurrò, tenendo gli occhi bassi.
Tom deglutì a fatica.
Il pomo di Adamo si mosse lento su e giù.
Adesso era il suo turno di dire qualcosa.
Aveva capito che non avrebbe dovuto impicciarsi, le cinque dita che ancora bruciavano sulla sua pelle, glielo ricordavano, ma doveva dirlo.
<<  Bill, senti … Lo so bene che non sono affari miei, ma … Credo che tu e Nic dobbiate affrontare “quella” cosa …  >>.
Sorrise intenerito del lieve rossore sul viso di suo fratello.
Bill era sempre stato restio a parlarne apertamente e sapeva che adesso, per lui, la cosa era anche più complicata.
<<  … So che non è semplice per te, ma … Sei un ragazzo e la ami … E anche lei ti ama, Bill … Ti ama dannatamente, e … Ti desidera, direi … Come credo che anche tu la desideri … Non buttare via il tuo tempo … Anche perché sarebbe maledettamente egoista, visto che non è solo tuo … Avete superato un ostacolo ieri … Supererete anche gli altri … Abbi fiducia in lei … Te lo ho già detto … Devi crederci e fidarti … Non è una stupida Bill … Lei sa … Permettile di essere felice … E … Permettilo a tè stesso …  >>.
Aveva sussurrato, un nodo che gli stringeva la gola  che soffocava le parole che faticavano ad uscire.
Si avvicinò a Bill e lo abbracciò, stretto.
<<  Fallo per me … Sii felice … Promettimelo …  >>.
Bill si allontano di poco, solo per poter specchiare i suoi occhi in quelli identici del fratello.
<<  … Non posso …  >>. Bisbigliò.
<<  E allora … Promettimi che ci penserai …  >>.
Per tutta risposta Bill lo abbracciò nuovamente, nascondendo il viso sulla sua gola, soffocando un singhiozzo privo di lacrime.

Non aveva sentito cosa si erano detti.
Non aveva osato muovere un solo passo.
E adesso stava lì immobile, con una voglia insopportabile di piangere, ad osservare quei due ragazzi abbracciarsi, come se stessero cercando la forza, forse la salvezza l’ uno nell’ altro.
Tanto Bill, quanto Tom.
Erano persi.
Entrambi.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
CHI SEGUE QUESTA STORIA ED HA AVUTO "LA SFORTUNA" DI PARLARE UN PO' CON ME ( X°D!), AD OGNI AGGIORNAMENTO O AD OGNI RIGA CHE SCRIVO  (EBBENE SI', C'E' ANCHE QUALCUNO CHE DEVE SOPPORTARE TUTTO QUESTO n_______n''') SA CHE QUESTO E' L' ULTIMO CAPITOLO DELLA PRIMA PARTE DI QUESTA STORIA ... NON ANCORA CONCLUSA ...
RILEGGENDO HO IMMAGINATO CHE POTESSE FINIRE COSI' MA NON ERA COSI' CHE ERA NATA ...
GIA' DALLA NASCITA DELL' IDEA DI QUESTA STORIA SENTIVO CHE NON AVREI SOPPORTATO UN FINALE TALMENTE TRAGICO DA NON LASCIARE INTRAVEDERE ALMENO UN PICCOLO SPIRAGLIO DI LUCE ...
QUESTO CAPITOLO NON MI SODDISFA AFFATTO, O PER LO MENO NON DEL TUTTO...
E CREDO CHE SIA IL PRIMO ED ULTIMO CAPITOLO COSI' INCREDIBILMENTE (PER I MIEI STANDARD) LUNGO...
NON SAPREI COME DEFINIRLO O COSA AGGIUNGERE, PER CUI PASSO DIRETTAMENTE AI RINGRAZIAMENTI :
XOXO_VALY : BEN FELICE DI RITROVARTI! ^^... PUR NON CREDENDO NECESSARIO ESSERE "ADORATA" DA TE, CREDIMI, MI FA UN IMMENSO PIACERE! E COME POTREBBE ESSERE DIVERSAMENTE? SI' LE COSE TRA BILL E NICOLA SEMBRANO SISTEMARSI ALMENO IN PARTE DATO CHE LA FELICITA' E' NEGATA LORO DAL PRINCIPIO, E TOM ... ADORO TOM IN QUESTA STORIA E ADORO SCRIVERE DI LUI... AMO BILL E SPESSO SCRIVENDO "SONO STATA MALE"  IO STESSA (DELLA SERIE : IL MASOCHISMO NON HA MAI FINE! MA QUANTO CI PIACE DARCI LA ZAPPA SUI PIEDI DA SOLE? n___n'''') EPPURE TOM MI HA FATTO SPESSO UNA TENEREZZA INFINITA ... AMARE VUOL DIRE LASCIARE ANDARE, FORSE E' VERO ... MA CREDO ANCHE CHE SIGNIFICHI ESSERE PRESENTI SENZA CHIEDERE NULLA IN CAMBIO... CHISSA'... DELIRI DOVUTI ALL' ORA TARDA, EVIDENTEMENTE! COMUNQUE... TI RINGRAZIO PER LE TUE BELLE PAROLE... (ANCHE IO ADORO QUESTO DAVID POCO MANAGER E MOLTO AMICO, ENTRATO NELLA STORIA INASPETTATAMENTE .. n__n) ... SPERO DI RITROVARTI... IL PROSSIMO CAPITOLO E' STATO PEGGIO DI UN PARTO PLURIGEMELLARE, EMOTIVAMENTE PARLANDO, E SPERO DI SAPERE COSA NE PENSERAI...  n____n
KY : CHE DIRE? TU SEI QUELLA POVERETTA CHE HO CITATO PRIMA, QUELLA CHE SI DEVE SOPPORTARE ME CHE LE LEGGE OGNI MALEDETTA SINGOLA RIGA... BENEDETTA PAZIENZA... GRAZIE n___n
LADYCASSANDRA : EBBENE ... DI NUOVO IN CRISI D' ISPIRAZIONE QUANDO SI TRATTA DI RINGRAZIARE TE...
MILLEMILA I  MOTIVI PER RINGRAZIARTI ...
PER LA BUONA IDEA RIGUARDANTE DIANE, ALLA BELLISSIMA GIORNATA PASSATA CON TE, AL TUO SUPPORTO PERENNE SU QUESTE PAGINE VIRTUALI, AL TUO SORRISO, AI TUOI ABBRACCI VIRTUALI...
INSOMMA... SONO CONTENTA CHE IL PRECEDENTE TI SIA PIACIUTO, SEBBENE PRIVO DI CHISSA' QUALI FATTI ... BILL E NIC E LA LORO (MIA, NOSTRA ^^) ADORABILE ORRENDISSIMA COPERTA, E DAVID E QUELL' ABBRACCIO CHE HO ADORATO SCRIVERE, E TOM ... BHE', BASTA DAI, ANCHE PERCHE' ALLA FINE LE COSE SONO SEMPRE LE STESSE, ORMAI LO SAI CHE ADORO SCRIVERE DI QUESTO ADORABILE, TORMENTATO RAGAZZO ... n______n
QUESTO CAPITOLO E' UN PO' STRANO AI MIEI OCCHI ED ASPETTO CON ANSIA DI  POTERLO VEDERE ATTRAVERSO I TUOI, DI OCCHI (DATO CHE IN GENERE E' ANCHE MIGLIORE! XD!), PER CUI A PRESTO, TESORO! UN BACIO GRANDE!
E UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A TUTTI COLORO CHE LEGGERANNO!
BUONA LETTURA E ALLA PROSSIMA! KISSES.



Il suono del campanello la colse di sorpresa distraendola da quella sorta di apatia che si era inconsciamente autoimposta per evitarsi, caritatevolmente, di pensare.
Era passata una settimana da quell’ ultimo concerto, da quella discussione con Tom, da quella sua ammissione con sé stessa del desiderio che provava per Bill …
Ma le cose non si erano mosse in nessuna direzione.
Quella mattina Bill aveva detto che sarebbe andato lui, assieme a Tom, a fare la spesa, adducendo come scusa che la trovava stanca … e lasciandola sola, dopo averle sfiorato le labbra con un bacio leggero ed un sorriso, a chiedersi se in realtà non volesse semplicemente allontanarsi da lei, e … Tom.
Tom passava fuori casa tutte le notti, ma di giorno era sempre presente e sempre accanto a Bill in maniera più o meno evidente, e la ignorava totalmente mascherando quel disinteresse palese con sorrisi tanto educati quanto vuoti, insignificanti, privi di qualsiasi calore.
“  Puoi passarmi il sale  “ o “  Hai visto la mia maglietta  “ erano diventate praticamente le sole parole che lui  dicesse rivolgendosi direttamente a lei.
Eppure, lei sola sembrava essersene accorta.
-  … Non me ne frega un cazzo! … Lasciamo perdere che è meglio …  -.
Pensò adesso sconfitta dagli eventi, dal tempo, dal destino, mentre si alzava per andare ad aprire la porta.
Sì, pur senza saperlo forse, Bill aveva centrato il punto della situazione …
Era stanca.
Ma non avrebbe ceduto nemmeno un centimetro della strada che la aveva portata a quella mattina per tutto l’ oro del mondo.
Niente valeva più del sorriso di Bill …
Del suo amore.
Ancora soprappensiero aprì la porta e i due occhi abbaglianti che si ritrovò di fronte, inaspettati, la stordironò un po’.
-  … Georg? …  -.
<<  Buongiorno … Ho sentito Bill poco fa e mi ha detto che eri sola … Ma se disturbo …  >>.
Nic sorrise un sorriso sincero, grande, che rifletteva la luce degli occhi di lui, poi lo attirò in un affettuoso abbraccio ed in casa.
<<  Tu non disturbi mai, Hagen! E poi quei due mi hanno lasciata tutta sola …  >>.
Rise facendolo accomodare e offrendogli una birra, prendendone a sua volta una per sé.
Il silenzio era sceso di nuovo, imbarazzante e con quella maledetta capacità di amplificare il rumore lieve dello sguardo di Georg fisso su di lei.
<<  Bill ti ha chiesto di venire qui perché era … Preoccupato per me? …  >>.
<<  Non lo so … Dovrebbe esserlo? …  >>.
La differenza negli atteggiamenti dei due ragazzi era palese.
Nic aveva parlato a capo chino come se avesse effettivamente qualcosa di cui si sentisse colpevole, con voce sottile.
Da parte sua, Georg, aveva risposto immediatamente, la testa alta, la voce ferma.
E si sentiva uno straccio.
Aveva risposto prontamente, muovendo veloce i neuroni e le labbra in un sincrono perfetto ed impeccabile.
Anni di interviste condite da domande spesso imbarazzanti e a tradimento, lo avevano allenato a questo.
Aveva imparato cosa e come rispondere ed aveva aggiunto quell’ utile insegnamento alla sua altrettanto utile abitudine di osservare le persone che gli stavano attorno, alla sua naturale predisposizione ad osservare i gesti, gli sguardi, quei piccoli particolari che rivelavano ciò che la gente intendeva, molto più delle parole stesse.
Questo gli aveva sempre permesso di risultare, con Gustav, quello più pacato, più serio, meno propenso a lasciarsi andare alle emozioni.
Lo aveva fatto anche adesso.
Aveva soffocato quel fiotto di sentimenti che gli era salito nel petto ed aveva risposto automaticamente alla ragazza, nel modo che riteneva essere quello giusto da usare con lei, quello che, almeno secondo il suo giudizio, poteva essere il migliore dato l’ evidente bisogno della ragazza di ricevere una scrollatina, un imput per iniziare a parlare con qualcuno di quello che stava succedendo …
Esattamente come gli aveva detto, al telefono quella mattina, Tom …
Sì perché, se in quel momento c’ era qualcuno che avrebbe dovuto sentirsi colpevole, se colpa potesse definirsi l’ immenso affetto che lo legava a quei ragazzi, tutti e tre, non era certo Nic, ma lui stesso.
L’ integerrimo Georg che stava mentendo con una facilità ed una trasparenza, sebbene potesse sembrare un paradosso, che lo avrebbero agghiacciato, in un altro momento.
Lui non mentiva.
Non ai suoi amici.
E quella giovane donna ormai, forte e fragile, che gli stava seduta di fronte lo era.
Ma il momento era quello e non un altro.
Lei era una delle persone che amava di più al mondo.
Ma amava anche Bill, troppo fragile per chiedere il suo aiuto, e Tom, troppo orgoglioso per permettere a Nic di sapere quanto si preoccupasse per lei.
-  … Ma non è semplice orgoglio, vero Kaulitz? …  - .
Pensò adesso il ragazzo castano rivolgendo col pensiero una domanda alla quale, il Kaulitz in questione, non avrebbe risposto nemmeno sotto tortura.
Ma era riuscito a superare quell’ orgoglio almeno per permettersi di telefonargli.
Georg sospirò frustrato.
Quando quella mattina Tom, sussurrando, gli aveva chiesto di andare a parlare con Nic, lo aveva anche pregato di lasciare credere alla ragazza che fosse stata un’ idea di Bill …
E lui aveva accettatto.
La fretta nella voce del ragazzo che evidentemente non poteva stare molto al telefono e la sottile nota ansiosa nell’ attesa di una sua risposta affermativa, lo avevano convinto ad annuire e a rassicurare il giovane rasta che aveva ripreso a respirare e gli aveva soffiato un rapido “  Grazie  “ prima di chiudere la chiamata.
Così adesso se ne stava a guardare Nic che non aveva ancora alzato gli occhi dal morbido tappeto scuro.

Lei cominciava a sentirsi trapanare il cranio da quello sguardo e, soprattutto, sentiva la frustrazione crescerle dentro.
Presto avrebbe raggiunto le sue labbra ed allora sapeva che non avrebbe più potuto controllarla.
<<  Georg io … Io non lo so se deve preoccuparsi o meno!  >>.
Aveva esclamato all’ improvviso, come ritrovando d’ un tratto la voce, perdendola un attimo dopo per tornare a sussurrare.
<<  Le cose vanno bene … Cioè … Semplicemente non vanno …  >>.
Lei si morse le labbra.
Sapeva che, affermare che le cose andassero bene, poteva sembrare quasi una presa in giro, una grottesca parodia, ma sapeva che se c’ era qualcuno che potesse capire ciò che aveva inteso dire, questo era Georg che si era alzato e si era seduto sul bracciolo della poltrona dov’ era seduta la ragazza, permettendole così di appoggiare la testa sul suo fianco, rilassandosi contro di lui.
La sentì sospirare stancamente, poi riprese a parlare.
<<  Io non so cosa dirti, Georg, e davvero vorrei non doverlo ammettere …  Bill si è offerto spontaneamente di andare a fare la spesa … Sembrava quasi che volesse … Allontanarsi da casa, da me, capisci? Almeno per un po’… Forse … Senza rendermene conto ho iniziato a soffocarlo … O … Non so …  >>.
Il dolore e l’ incertezza nella voce tremula di lei spinsero Georg a stringere forte le mani, facendo sbiancare le nocche, per impedirsi di prenderla tra le braccia e rassicurarla e dirle che tutto andava bene, che tutto sarebbe andato bene.
Non poteva mentirle così spudoratamente.
Continuò semplicemente ad ascoltarla.
<<  … Le cose tra noi sono … Statiche, direi … Non peggiorano, ma nemmeno migliorano e questo è … Dannatamente frustrante … E Tom …  >>.
La ragazza si irrigidì un attimo, corrugando la fronte.
<<  Si comporta in maniera strana … Abbiamo litigato, qualche giorno fa ma di solito, per quanto possano essere dure le parole che ci rivolgiamo, tutto torna a posto in pochi giorni … Invece adesso … Se Bill si prende qualche ora di distacco da me, lui mi ignora direttamente … E’ freddo e scostante, non mi parla praticamente più se non per delle banalità ed allo stesso tempo riesce a rendere la cosa talmente normale da non permettere agli altri di vederla … Ma io … Io lo sento … Sento il suo distacco e … Non lo capisco, e non capire mi fa incazzare Georg! Ho già tanti di quei problemi che non so come affrontare né tantomeno come risolvere e lui … Invece di essere d’ aiuto me ne crea altri, fa battute idiote ben consapevole del loro potere distruttivo su di me e poi … Poi la notte non rimane mai a casa … E se Bill si sentisse male? Non ci pensa? … No! Lui non ci pensa! Sta fuori fino all’ alba a fare chissà cosa con chissà chi! E poi gira per casa come uno zombie, per stare con Bill! … Sarà una settimana che non dorme decentemente e che non passa una notte nel suo letto! …  >>.
Un fiume in piena, ecco cosa sembrava adesso Nic.
Gli argini avevano ceduto, travolti dalla rabbia e dalla foga della frustrazione.
Si era discosta da Georg e adesso stava seduta sul bordo della poltrona come se si trovasse su delle puntine, quasi fosse pronta a scattare in piedi ed a lanciare la prima cosa che si trovasse tra le mani per terra, solo per sfogarsi.
Georg sorrise mesto …

<<  E’ già tutto così terribilmente difficile e doloroso e faticoso Tom … Ti prego non ti ci mettere anche tu … >>

Quelle parole gli salirono alla memoria.
Era sera, lei stava in lacrime tra e sue braccia, sul viso pallido aveva ancora i segni delle dita di Bill che la avevano colpita forte.
Quelle parole erano quelle che Nic aveva rivolto a Tom quando l’ aveva strappata dalle sue braccia, quando l’ aveva accusata ingiustamente, di avere una qualche relazione con lui, Georg.
Le ricordava.
Ricordava la rabbia e la frustrazione che c’ era nella voce di Nic ed il dolore stupito sul volto del giovane rasta quando si era reso conto di essere solo l’ ennesimo, inutile, problema nella sua vita.

Adesso la cosa si stava ripetendo.
Cercando di stare lontano da lei per non crearle problemi e per salvaguardare anche un po’ sé stesso, stava, involontariamente certo, ma inesorabilmente, creando ancora più dubbi, incertezze e problemi a Nic.
Sembrava che Tom non trovasse il modo giusto per affrontare quella cosa, che non sapesse da quale parte prendere la ragazza, senza ferirla in qualche modo.
C’ erano troppi sentimenti in ballo.
Per primi quelli di Bill.
Georg sapeva che Tom avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Qualsiasi.
Ma, qualunque cosa facesse, sembrava esserci sempre qualcuno che finiva col soffrire, inevitabilmente.
Sospirò, Georg, e prese una decisione che non sapeva se essere quella giusta, ma che credeva essere l’ unica che potesse prendere in quel momento.
Si massaggiò le tempie con le dita, premendo forte, osservando le spalle della ragazza e chiedendosi quale reazione avrebbe dovuto aspettarsi da lei.
-  … O la và o la spacca, Hagen … Coraggio …  -.
Aveva promesso a Tom che non avrebbe rivelato alla ragazza che era stato lui a mandarlo lì, ma non gli aveva mai promesso di tacere su tutto.
Sapeva che la rabbia di Nic nascondeva le sue incertezze, le sue insicurezze ed il suo affetto, i suoi timori e quel suo non capire.
E parlò.
Lo fece per entrambi.
<<  Sai? Credo che non dovresti accanirti così su Tom … Insomma …  >>.
Aveva parlato sottovoce, afferrandola delicatamente per un polso e facendola nuovamente sedere accanto a lui, circondandole le spalle con un braccio, attirandola a sé.
<<  Sappiamo tutti benissimo come è fatto … A volte sa essere proprio …  >>.  
<<  … Stronzo! …  >>. Concluse lei.
Georg sorrise.
<<  Sì, diciamo di sì … Ma è Tom … E quello che stiamo vivendo tutti quanti … Bhè, per voi due è più difficile … Credimi … Per lui lo è … E non sa come comportarsi … E sbaglia … Tom non è mai stato una fonte di saggia delicatezza, no? … Ma tu … Non dovresti provare tanto rancore nei suoi confronti … A volte riesce persino a fare qualcosa di buono, no?  >>.
La ragazza, ancora concentrata sulle parole di Georg, ancora intenta a soppesarle e a trovarle maledettamente vere, non appena quell’ ultima frase si spense alzò su di lui due grandi occhi dall’ espressione perplessa.
Come aveva previsto, Tom non le aveva detto nulla né lei, troppo presa dalla magia di quel momento, aveva chiesto qualcosa.
Toccava a lui.
<<  Sai quando, alla fine del concerto, abbiamo iniziato a suonare “Don’t Cry”?  >>.
Mille immagini, mille ricordi di ogni singolo istante salirono alla mente e negli occhi di Nic, torturandola e scaldandole il cuore.
Sì, lo ricordava.
Lo ricordava perfettamente.
Osservò il ragazzo, spronandolo, con lo sguardo, a continuare.
<<  Bhé … E’ stato Tom … Cioè … E’ stata un’ idea di Tom quella di mettere Bill davanti al fatto compiuto, di costringerlo a cantare per te quella canzone … Bill non lo sapeva, ed io e Gustav siamo stati avvisati solo la sera stessa, poco prima del concerto … Tom è venuto da noi e ci ha detto che, non appena l’ arena sarebbe stata vuota, avremmo dovuto iniziare a suonare e che Bill avrebbe cantato, anche se fosse stato necessario doverlo prendere a calci per farglielo fare … Fortunatamente non è servito …  >>. Cercò di sorridere.
Ma Nic non stava sorridendo né vide il suo sorriso.
Stava fissando quegli occhi verdi come se stesse cercando di capire se lui le stesse mentendo o meno, ma erano sinceri, ed il suo cuore mancò un battito.
Tom …
Era stato Tom a permettere che le cose tra di loro si sbloccassero definitivamente …
Era stato Tom a regalarle quei minuti così belli, intensi e dolci …
Era stato Tom …
Lo stesso Tom che solo poche ore più tardi l’ aveva maltrattata e che la mattina seguente si era permesso, dopo essere sparito tutta la notte, di azzardare delle allusioni sulla sua vita privata, ferendola in maniera così meschina …
Tom …
Perché lo aveva fatto?
Perché sapeva ferirla in quel modo così profondo ed essere allo stesso tempo così attento ai suoi desideri, così deciso a realizzarli?
E perché non glielo aveva detto? …
Avrebbe potuto ringraziarlo …
Adesso sapeva di non poterlo più fare.
Sapeva, sebbene non l’ avesse detto chiaramente, che quella di Georg era stata una confidenza, sapeva che quel muro freddo che si era alzato tra lei e Tom le avrebbe impedito di mostrargli la sua gratitudine, ora.
Le sembrava di girare in cerchio, senza andare da nessuna parte.
Apriva un piccolo varco nel muro che la separava da Bill e sembrava innalzare quello che, inaspettatamente, si era creato tra lei e Tom.
Chiuse gli occhi, sconfitta.
<<  Cosa devo fare, Georg? … Amo Bill e non posso dimostrarglielo, e Tom … Cosa devo fare con loro? …  >>.
<<  Non lo so …  >>.
E, finalmente arrendendosi a quel desiderio che già si era impossessato di lui, la strinse a sé.
Sapeva che era arrivato il momento.
Mentre la teneva stretta tra le braccia poteva sentire  tutto il suo dolore, la sua rabbia che adesso era rivolta tutta solo verso sé stessa ed alla sua incapacità di vivere tutto questo, tutta la sua frustrazione.
La sentiva tremare piano, fragile tra le sue braccia, le lacrime che gli bagnavano leggere la maglietta.
Georg imprecò piano tra i denti.
Era tutto maledettamente ingiusto.

Quando i gemelli rientrarono dal supermercato trovarono Georg seduto comodamente sul loro divano.
<<  Stiamo  aspettando anche Gustav e Diane … Pranzeremo tutti assieme e poi … Bhé … Georg pensava che forse … Potremmo andare da vostra madre … Sì insomma …  >>.
Nic arrossì appena ma Bill le si avvicinò stringendole piano la mano nella sua.
<<  Sì … E’ giusto farlo Nic … >>.
Dopo di che si diresse in camera sua  in silenzio e chiamò David.
<<  Pronto Dave, ti disturbo?  >> .
La voce sottile e dolce di Bill giunse ben gradita all’ orecchio dell’ uomo.
Era qualche giorno che non lo vedeva, che non stava un po’ con quelli che sarebbero rimasti i Suoi ragazzi, per sempre.
<<  Affatto Bill … Dimmi pure? … Tutto bene?  >>.
Chiese leggermente preoccupato, sebbene la voce del ragazzo non celasse apparentemente nessuna traccia di stanchezza.
Dall’ altra parte del telefono Bill sorrise con un moto d’ affetto per quello che sarebbe rimasto per sempre il Loro manager.
<<  Tutto bene Dave, ma … Andremo a trovare mia madre oggi pomeriggio e … Devo parlarle … Non posso permetterle di continuare a pensare male di Nic … Lei non ha nessuna colpa di quello che è successo … Vorrei … Voglio che … Quando sarà il momento, possano contare l’ una sull’ altra … Sono le due donne più importanti della mia vita …  >>.
Dall’ altra parte del telefono David deglutì rumorosamente …
-  … Quel momento … Quando arriverà saremo tutti soli, Bill … Anzi … Saremo tutti senza di te … Cristo!  -.
Imprecò fra sé e sé l’ uomo, poi, ripreso il controllo, si passò una mano sul viso stancamente.
<<  A che ora devo essere da voi?  >>.
<<  Per le due … E … Grazie Dave …  >>.
-  … Prego …  -.

Quando alle due in punto il campanello suonò fu Bill, incredibilmente già pronto, ad andare ad aprire la porta e ad accogliere con un grande abbraccio l’ uomo che si trovò di fronte.
David aveva l’ aria leggermente stanca, quella di chi non fa un sonno decente da un sacco di tempo ma dorme ad intervalli irregolari, ritrovandosi poi più stanco di prima, ma aveva addosso una camicia in perfetto accordo con i suoi occhi chiari, un paio di jeans neri e degli stivali lucidi, i capelli castano chiaro lasciavano cadere un ciuffo ribelle sulla sua fronte.
Era maledettamente attraente, con quello sguardo sereno e quel mezzo sorriso sulle labbra.
-  … Che si sia fatto bello per distrarre la mamma? … -.
Pensò Bill trattenendo a stento una risatina che gli fremette sulle belle labbra.

Nessuno dei ragazzi era tranquillo, tantomeno David, ma tutti salirono in macchina e si diressero al virtuale patibolo che li attendeva, ognuno con differenti pensieri per la testa, ognuno differentemente preoccupato, tutti con la speranza che, questa volta, le cose andassero per il verso giusto.
Gustav teneva Diane per mano, cercando nei suoi occhi il coraggio per affrontare di nuovo quella donna.
Il ricordo della loro ultima conversazione lo tormentava : non che fosse stato maleducato o che avesse detto qualcosa di male, poiché ogni parola che era uscita dalle sue labbra era stata sincera, era il riflesso di ciò che pensava e non se ne pentiva, ma …
Era andato a testa alta contro una donna forte quale era Simone, una donna che aveva cresciuto in qualche modo da sola i suoi figli e che aveva affrontato una prematura separazione da loro quando gli aveva permesso di realizzare il loro sogno, che aveva sopportato  lunghi mesi di lontananza e che adesso stava facendo i conti con qualcosa di immensamente più grande di lei che gli stava strappando, giorno dopo giorno, il suo figlio minore, il suo cucciolo, dalle mani.
Credeva di capire perfettamente quello che provava poiché tutti loro stavano affrontando quei giorni, trascinandoseli addosso come un fardello di cui avrebbero fatto decisamente a meno, e la rispettava per questo, ma non riusciva a sopportare l’ idea che lei potesse accusare così ingiustamente chi aveva la semplice colpa di amare tanto quanto lei suo figlio, solo per poter trovare un capro espiatorio per quella condanna che pendeva su tutti loro, minacciosa e sempre più vicina.
Maledettamente vicina.
Diane aveva parlato a lungo con il suo ragazzo di quello che era successo e adesso credeva di percepire tutta la sua tensione in quella mano che era scivolata leggera a cercare la sua e che adesso la stringeva con forza, così come la vedeva nella mano appena incerta di Bill che si posava leggera sui capelli di Nic accarezzandoli piano, negli occhi verdi di Georg che non abbandonavano il finestrino alla sua destra, perdendo lo sguardo sul paesaggio che scivolava veloce al di là del vetro …
Veloce, perché Tom, lo sguardo duro fisso sulla strada, pigiava maledettamente sull’ acceleratore.
-  … Sarà un casino, me lo sento … La mamma non sarà contenta di sapere che il suo bambino si è comportato come … Bhé … Come si sarebbe potuta aspettare da me … E non le piacerà nemmeno dover ammettere di aver sbagliato a giudicare Nic … Non riesco davvero ad immaginare come possa evolversi questa giornata, ma prima arriviamo prima ci toglieremo questo sassolino dalla scarpa … Sassolino, poi … Lasciamo perdere che è meglio …  -.
Giunti a casa della donna si ritrovarono tutti davanti alla porta.
Un fronte compatto ed unico a difesa di quella ragazza che stava a testa alta, lo sguardo fermo apparentemente per nulla preoccupata da ciò che la attendeva.
-  … Del resto le cose non potrebbero peggiorare ulteriormente …  -.
Sospirò tra sé e sé la ragazza.

Aprendo la porta, Simone non sospettava di trovarsi di fronte quei ragazzi, ma sorrise e li fece accomodare, lanciando uno sguardo poco sereno verso Gustav e Nic.
Non aveva dimenticato l’ arringa che il ragazzo aveva tenuto in difesa di lei l’ ultima volta che si erano incontrati.
Si sedettero in silenzio sul divano mentre Simone scomparve in cucina a preparare un caffè.
Bill si alzò, deciso a seguirla ma la mano di suo fratello si posò incerta sul suo braccio così come incerto era lo sguardo che gli rivolse.
<<  Sei sicuro di voler andare adesso? Forse … Forse dovresti aspettare un po’ …  >>.
Tutta l’ urgenza di risolvere quella situazione, che aveva sentito crescergli dentro mentre si recavano dalla madre, pareva essere sparita di fronte allo sguardo freddo della donna che aveva trafitto la ragazza.
Tom avrebbe voluto proteggerla e avrebbe voluto proteggere suo fratello.
Li amava ma sapeva che quell’ amore non era del tutto innocente, per lo meno non quello che sentiva di provare per Nic …
Una fitta allo stomaco lo piegò e lo spinse a lasciar andare il braccio di suo fratello che, comunque, pareva piuttosto deciso a chiarire quella situazione con la mamma.
Tom posò uno sguardo ansioso su David che con un breve cenno del capo si alzò per seguire il ragazzo in cucina, con l’ espressione di chi sta per affrontare qualcosa di poco piacevole.
David conosceva ormai da abbastanza tempo Simone da sapere che per Bill non sarebbe stato semplice ammettere le sue colpe con lei …
E non lo sarebbe stato nemmeno per lui.
Aveva da sempre appoggiato i due ragazzi, sapendo che si amavano, mentre Simone aveva ostacolato i due giovani fin dall’ inizio di tutto quel casino …
Ai suoi occhi qualche colpa la aveva anche lui, dopotutto.

<<  Mamma … Possiamo parlare un attimo, per favore? …  >>.
Bill, lo sguardo fisso sulla schiena della donna che voltava loro le spalle e la presenza rassicurante di David alle proprie, attendeva che la madre gli rispondesse.
Ma quando si voltò a fissarlo in quegli occhi nocciola così simili ai suoi, Bill credette di sapere che non sarebbe stato affatto semplice.
<<  Mamma … Devi smetterla di essere arrabbiata con Nic … Non ha colpa di quello che è successo, di quello che succederà …  >>.
Simone ebbe un lieve tremito lungo la schiena.
Non aveva mai affrontato apertamente quel discorso con suo figlio …
Il suo rapporto con quella ragazza, la malattia …
Non lo riteneva in grado di poterlo fare …
Per lei, Bill, era ancora il suo cucciolo che aveva sempre bisogno dell’ appoggio di qualcuno per andare avanti, forte ma bisognoso della presenza di qualcuno per poterla utilizzare …
Come da piccolo, quando c’ era Tom sempre con lui …
Certo doveva ammettere che suo figlio era cambiato, era cresciuto …
Che entrambi i suoi bambini forse non lo fossero poi più così tanto …
Per un fuggevole istante il pensiero della donna andò a Tom che, l’ ultima volta che si erano visti, sembrava essere deciso ad accollarsi una colpa non sua pur di difendere quella ragazza, per difendere Nic …
Il Tom che conosceva lei non lo avrebbe mai fatto …
O per lo meno non il Tom che lei credeva di conoscere …
Il pensiero di aver perso qualcosa di loro in quegli ultimi tempi, la colse all’ improvviso e non fu una cosa gradevole.
E adesso stava fissando gli occhi di Bill, così esteriormente tranquillo e deciso che la fissava serio.
<<  Mamma … Ci sono cose che … Che non ti ho detto … Cose di cui mi vergogno tanto mamma, di cui mi vergogno abbastanza da desiderare di poter tornare indietro e comportarmi in maniera differente … E non solo per quello che succederà mamma …  >>.
Simone aveva abbassato gli occhi.
<<  … Bill … Ti ho detto di smetterla …  >>. Gli disse sottovoce.
Il ragazzo si sentiva maledettamente in colpa per il dolore che stava infliggendo a sua madre ma non poteva fermarsi, non adesso.
<<  … Mi dispiace ferirti mamma, ma … Succederà …  >>.
Le alzò il viso e non appena incrociò il suo sguardo le sorriso mesto.
<<  … Succederà mamma e nessuno può farci nulla, ma …  >>.
Bill continuava a fissarla intensamente e la fece sedere al tavolo ella cucina, sedendovisi a sua volta di fronte, David accanto a lui, silenziosa, rassicurante presenza che lui sentiva salda e sicura al proprio fianco.
<<  Mamma … Ho tradito Nic … E non sto parlando di uscire con un’ altra ragazza, parlo di andare a letto con un’ altra donna senza preoccuparmi di non essere talmente ubriaco da poter rendermi conto di chi sia la donna con me … Quella donna era malata mamma ed io sono stato un’ idiota … Non mi sono preoccupato delle protezioni necessarie e … Il destino, o quello che ti pare, ha fatto il resto … Morirò mamma e non è colpa di Nic ... Avevamo litigato non ricordo nemmeno più per cosa ed io, invece di parlare con lei, ho fatto la cosa più stupida che potessi fare … Convinto di avere ragione mi sono allontanato da lei, uscendo a bere tutte le sere, fino alla notte in cui mi sono portato in casa una perfetta sconosciuta che … Bhè lo sai no? Nic ci ha visti assieme, mamma … E il suo sguardo quella notte è ciò che mi ha fatto più male in tutta la vita … E mi ha lasciato … Perché l’ avevo tradita, non perché fossi malato … Al contrario … Quando ha saputo la verità da Tom, mi è stata accanto mamma, ha dimenticato le mie colpe per stare con me … Sono stato io a non volerla più al mio fianco … E questo la ha fatta soffrire maledettamente … Voleva aiutarmi, voleva stare con me, ma io avevo troppa paura di ferirla e di soffrire … Capisci mamma? Avevo paura di farla soffrire perché non avrei sopportato la sua sofferenza, per il semplice fatto che mi avrebbe fatto troppo male … Sono stato egoista fino all’ ultimo con lei mamma … E me ne vergogno, ma … Ma  questo non significa che io abbia mai smesso di amarla … E adesso stiamo di nuovo insieme anche se le cose non sono semplici, mi sembra sempre di camminare sul maledetto filo del maledetto rasoio mamma e non so per quanto potremmo stare insieme, ma non voglio, non posso, rinunciare a lei … E non voglio ferire te … Se sei arrabbiata con Nic per il fatto che non sia stata con me , allora devi smetterla … Vorrei che tu potessi vedere che meravigliosa, coraggiosa ragazza è ed è sempre stata, e quanto bene mi faccia averla con me … Vorrei … Vorrei che voi poteste contare l’ una sull’ altra quando sarà il momento … >>.
Simone aveva ascoltato la voce flebile di Bill raccontarle qualcosa che lei non aveva nemmeno sospettato, qualcosa che non avrebbe voluto ascoltare nemmeno adesso, poiché era la prova lampante ed evidente di quanto si fosse sbagliata, perché significava non avere più nessuno su cui scaricare la rabbia e la frustrazione per ciò che stavano vivendo.
Che cosa avrebbe dovuto fare ora?
La “vittima” sfortunata di quella storia non era poi così innocente e quella che lei credeva essere il “boia crudele” era in realtà solo una ragazzina ferita, non carnefice ma vittima anch’ essa, che aveva dovuto affrontare qualcosa per la quale di certo non era pronta, e lei …
Lei, troppo accecata dal dolore e dalla rabbia aveva giudicato senza riflettere, aggiungendo delle difficoltà ad una situazione che di semplice non aveva proprio nulla.
Bill, il suo Bill, quel cucciolo che era anche un giovane uomo ormai, stava con gli occhi chini sulle sue mani, fissandole come se le odiasse, come se avessero fatto qualcosa che lui non poteva sopportare, e lei non sapeva cosa dirgli.
Alzò lo sguardo su David, uno sguardo implorante e sconfitto.

L’ uomo era stato seduto in silenzio per tutto il tempo …
Pronto ad intervenire, se Bill ne avesse avuto bisogno, si era reso conto che il ragazzo aveva affrontato la situazione contando solo su se stesso, ed aveva ascoltato ogni parola uscita dalle sue labbra arrivare dritta al suo cuore come una pugnalata.
Aveva ammesso in maniera così spontanea ogni suo errore, senza risparmiarsi nulla, senza cercare di alleggerire le sue colpe.
Era stato diretto e sincero e questo aveva spiazzato la donna che adesso lo stava osservando cercando in lui delle risposte che non sapeva dargli.
Il silenzio era pesante eppure sapevano che non sarebbero potuti restare in quella cucina per sempre.

Nella sala intanto i ragazzi erano rimasti in silenzio in attesa del ritorno di Bill o di qualche urlo da parte della donna che li avrebbe avvisati che il momento della ritirata era giunto.
Erano tutti tesi, gli occhi incollati alla porta dietro la quale i tre erano spariti.
Nic non credeva di poter sopportare oltre e si alzò decisa ad entrare in quella cucina ma la mano di Tom si mosse  nuovamente altrettanto rapida quanto lo era stata nel posarsi sul braccio del suo gemello.
Gli occhi nocciola che Nic incrociò, abbassando i propri sul ragazzo seduto sul divano che adesso la tratteneva, la colpirono in profondità e si ritrovò a fissarli in silenzio per un lungo istante prima di parlare.
<<  Devo andare da lui, Tom …  >>.
Si allontanò dal ragazzo avvertendo un piccolo fremito fastidioso.
Era la prima volta, da mesi ormai, che Tom mostrava di preoccuparsi per lei, e avrebbe voluto capire cosa gli stesse succedendo, cosa stesse succedendo al loro rapporto che, sebbene fosse stato un po’ burrascoso fin dall’ inizio, in quegli ultimi tempi sembrava aver subito un mutamento di cui lei non riusciva ad individuare la causa.
Il pensiero che quel momento passasse per non tornare, le dispiaceva terribilmente, ma non poteva rimanere lì a cercare di capire …
Doveva andare da Bill.
Subito.

Fece capolino timidamente dalla porta della cucina e quello che vide le strinse il cuore.
Era felice di vedere Bill stretto tra le braccia di sua madre.
Era giusto.
Sapeva quanto al ragazzo facesse male l’ aver litigato con lei ed era contenta che si fossero ritrovati …
Non le importava se Simone la avrebbe mai perdonata e non le importava …
Quella donna era stata dura con lei ma, per quanto le dispiacesse, era la semplice manifestazione dell’ amore che provava per suo figlio e, per quanto lei stesse male, non credeva di poter immaginare il dolore che poteva provare una madre nel vedere la vita di suo figlio scivolare via  non potendo far nulla per fermarla …
Represse a stento una lacrima e stava per lasciare silenziosamente la stanza quando la voce della donna la bloccò sulla soglia.
<<  … Nicola …  >>.
Bill e David uscirono dalla stanza.
<<  … Credo di potervi lasciare da sole …  >>. Le sorrise Bill, un espressione un po’ orgogliosa e molto triste nei begli occhi lucidi.

Senza avere il tempo di preoccuparsi del fatto di essere rimasta da sola con la donna si ritrovò stretta tra le sue braccia, soffocata in un abbraccio che non aveva mai creduto, fino a quel momento, di desiderare e che le avrebbe potuto fare così bene.
Nonostante tutto l’ essere giudicata colpevole da Simone le era pesato e, adesso, era grata a Bill per averle permesso di ricevere quel perdono seppure per una colpa che non aveva.
Ma non importava.
Lo desiderava e basta.
Immaginava cosa aveva dovuto ammettere il ragazzo per convincere la madre.
-  …  Grazie, Bill …  -.
<<  … Nic, io …  >>. In quel momento le parve che la donna assomigliasse terribilmente al figlio.
<<  Non c’è nulla di cui si debba scusare … La capisco … E’ … Difficile …  >>.
<<  Non credo che possa esserci qualcosa di peggiore da affrontare … Ma … Nessuna di noi due sarà sola …  >>.
Una dichiarazione di pace, di amicizia, un perdono totale.
Era il loro inizio, sebbene fosse giunto così maledettamente vicino alla fine.

Tornarono verso casa di Nic, lei doveva recuperare delle cose e rassicurare la nonna sull’ esito di quella temuta visita alla madre di Bill.
Quando vi arrivarono trovarono una sorpresa ad attenderli …
Nel piccolo giardino era posteggiata un’ altrettanto piccola utilitaria lilla, il colore preferito di …
<<  … Diane? …  >>.
Quel nome era bruciato sulle labbra della ragazza , mentre un tremulo sorriso stentava a posarvisi alla vista dell’ amica che aveva quasi rischiato di dimenticare, troppo sommersa dai suoi casini per preoccuparsi per lei che sapeva trovarsi in Inghilterra a studiare …
Questo la fece sentire maledettamente in colpa.
Sentiva di non meritare quel sorriso che adesso lei le rivolgeva.
Ma non lo aveva davvero fatto.
Non l’ aveva dimenticata mai del tutto.
E adesso stava lì davanti a lei, i lunghi boccoli biondo scuro posati leggeri su una spalla, un abito viola che esaltava la sua morbida femminilità e aveva negli occhi un’ espressione strana.
Sembrava combattuta tra l’ incertezza e la timidezza, e la voglia di abbracciarla, sembrava quasi che temesse la sua reazione e la osservava di sottecchi in attesa di un suo movimento che sembrava non arrivare.
Nic sembrava paralizzata, fu Tom a darle una gomitata leggera al fianco, svegliandola da quell’ apparente torpore e permettendole di sentire la mano di Bill che gentilmente la sospingeva verso l’ amica.
Lei si voltò verso il ragazzo moro e gli sorrise; un piccolo sorriso che si riflesse sul volto di Bill  ed entrambi si conficcarono nel cuore di Tom.
-  … Quel sorriso avrebbe dovuto essere per me … -. Sgranò gli occhi shoccato.
Provava ribrezzo e disprezzo per quel pensiero, e per molti altri pensieri … Per sé stesso …
E questo non gli piaceva …
Non gli piaceva la sensazione di sentirsi miserabilmente indegno e sporco agli occhi di suo fratello che lo fissavano ignari …
Non solo non gli piaceva …
Non poteva sopportarlo.
-  … Fai schifo Tom … Schifo …  -. Continuava a ripetersi fissando, rimanendo impassibile, Nic …
Si odiava ed odiava lei …
La odiava per quello che gli faceva sentire, la odiava per aver risvegliato in lui sentimenti  che nemmeno credeva di poter avere o di saper provare, la odiava per quel suo modo di muoversi, quel suo maledetto modo di sorridere …
La odiava per quel suo modo di tacere con Gustav, di parlare con Georg, di litigare con lui e …
Di amare Bill …
E la odiava per quei suoi maledettissimi occhi blu che gli avevano sconvolto la ragione rendendolo indegno di Bill, che lo avevano costretto a mettere in dubbio l’ unica certezza della sua vita, il suo rapporto con il suo gemello …
-  … NO!  - Qualcosa dentro di lui urlò, dolorosamente feroce.
-  … No, quello non lo hai messo in dubbio … Mai … Hai solo messo in dubbio il tuo ruolo, quello che tu sei o dovresti essere … Maledizione!  -.
Il giovane rasta aprì gli occhi giusto in tempo per vedere le due ragazze stringersi in un breve, timido abbraccio prima di separarsi e perdersi l’ una nello sguardo dell’ altra.
Nic era immersa nello sguardo di Diane e la ragazza bionda poteva perdersi in quello di Nic, in quegli occhi blu così profondi.
Quegli stessi occhi in cui avrebbe voluto essere lui a specchiarsi, in quel blu che non aveva visto mai, prima, in nessuno dei mari che aveva sorvolato, in nessuno dei cieli che aveva solcato, né in nessuno degli sguardi che aveva incontrato sul suo cammino o tra le sue lenzuola …
Mai …

Ignare dei pensieri che invadevano l’ animo di Tom, le due ragazze erano intente l’ una nell’ altra, scoprendosi e ritrovandosi con stupita gioia ed emozione che si rinnovavano ad ogni istante.
<<  Nic …  >>
<<  Diane …  >>.
Un abbraccio, forte, sugellò quel ritrovarsi.
La mora non staccò un solo momento lo sguardo dall’ amica mentre questa, un po’ impacciata, un po’ emozionata ed un po’ addolorata per via di tutto quello che la nonna di Nic le aveva raccontato pregandola di tornare, salutava i quattro ragazzi.
E sorrise, Nic, constatando che ciò che aveva solo intuito qualche anno prima, sembrava essere ancora lì, immutato.
Diane infatti sembrava incantata davanti ad un paio di occhi scuri che la guardavano con una lieve tenerezza, nei quali lei stessa aveva infinite volte trovato rifugio e silenziosa, calda comprensione.
Da parte sua Gustav sembrava rapito dalla vista di lei, trovandola ancora bella e dolce come la ricordava.

Quando, dopo una piacevole cena con la nonna, si ritrovarono sole in camera di Nic, tra le due ragazze cadde un silenzio imbarazzante.
Lei aveva molte cose da raccontare all’ amica, quelle stesse mura, la coperta sul letto sopra la quale aveva dormito abbracciata a Tom, la foto di lei e Bill che si baciavano, ne erano la testimonianza tangibile.
Nic chiuse gli occhi.
A volte, pur non avendo mai realmente desiderato allontanarsi da quella casa e da tutto quello che rappresentava e racchiudeva, quella stanza, la storia che celava in ogni singolo oggetto, la sua, la opprimeva terribilmente.
Aprì gli occhi e vide Diane intenta ad osservare quella fotografia.
Trattenne il fiato.
La sua amica sapeva che lei e Bill stavano assieme.
Era tutto il resto, il precipitare delle cose, che era difficile da spiegare …
La terra che le era franata sotto i piedi e lei non aveva potuto fare nulla per evitare il disastro, anzi, lo aveva involontariamente provocato e se ne sentiva maledettamente colpevole …
Si chiese quanto di tutta quella storia, Diane sapesse, avendo parlato solo con la nonna.
Nemmeno la donna era al corrente di certi particolari …
La voce di Diane la distrasse dai suoi pensieri.
<<  Mi dispiace Nicola … Mi dispiace tanto …  >>.
La bionda si sentiva maledettamente stupida, ma cos’ altro avrebbe potuto dirle?
Quella foto bellissima, sebbene non perfetta nella sua evidentemente amatoriale imperfezione, le aveva straziato il cuore.
Nic sembrava così felice e coinvolta, abbandonata alla gioia di quell’ istante, da averne sentito quasi dolore.
Nic sospirò …
Dispiaceva anche a lei, Dio solo sapeva quanto …
E sapeva che questo non cambiava, non avrebbe potuto, le cose …
Ma sapere Diane accanto a sé, sapere che c’ era, che capiva quello che provava, sapere di poter contare su di lei, era per Nic una certezza che la consolava e mitigava i suoi timori.
Era davvero importante per lei.
Sorrise a Diane.
<<  Lo so … Grazie …  >>.
E, assieme al mesto sorriso della sua amica che la colpì dritto al cuore, talmente era palese il sentirsi inutile della ragazza che le stava di fronte con gli occhi bassi, si rese conto, dolorosamente che, sebbene lei non avesse detto tutto alla nonna, la donna sembrava sapere più di quanto non volesse farle pesare.
<<  … Ho molte cose da dirti Di, se vorrai ascoltarle …  >>.
<<  Certo… Del resto sono sempre sopravvissuta alle nostre nottate insonni …  >>.
Cercò di sorridere lei.
Nic sospirò passandosi stancamente una mano tra i corti capelli corvini.
<<  Non sarà una passeggiata Diane … Ci sono cose che …  >>.  Abbassò gli occhi timorosa.
<<  Cose che non sono semplici da spiegare, né da ammettere, per me …  >>. Un sussurro.
Diane spense la luce, si avvicinò all’ amica, si sedette sul letto appoggiando la schiena alla parete e lasciando che Nic posasse la testa sul suo grembo e in un mite sussurro, cominciasse a narrare quella storia che aveva solo intravisto tra le parole della nonna e che, attraverso la voce bassa eppure limpida di Nic, rivestita delle sue emozioni, la rendeva così incredibilmente, crudelmente reale.
Sapeva che al buio le sarebbe stato più semplice evocare quelle immagini nella sua memoria e descrivergliele.
Non era più solo una storia.
Era la vita di quella ragazza che era diventata una giovane donna, che era la sua amica e che in un tempo relativamente breve aveva visto la sua vita sconvolta ed aveva dovuto affrontarla nel miglior modo possibile.
Distraendosi per un solo istante dalla voce di Nic, lei rivolse un pensiero grato a quei ragazzi che sapeva esserle stati accanto.

Ascoltò, Diane, ascoltò in silenzio, rispettando le sue pause, i suoi silenzi tanto quanto le sue parole, i suoi timidi sorrisi tanto quanto le sue lacrime, le sue parole dure tanto quanto quelle fragili.
E, mentre le parole scivolavano lei sentiva nascere in sé delle idee, delle immagini che Nic sfiorava appena, probabilmente senza rendersene conto, parlando, ma che a lei sembravano terribilmente chiare seppure decisamente complicate.
E tutte avevano un solo nome.
Tom …
Diane era confusa.

Le settimane passavano relativamente tranquille.
Diane aveva trovato una sua collocazione nella vita di quei ragazzi, seppure non fosse stato semplice.
Le cose erano diverse da come le ricordava e non si trattava solo della malattia di Bill …
Era qualcosa di più sottile, a volte le sembrava di camminare su un campo minato, cercando di evitare i punti di detonazione, ma forse era semplicemente stata influenzata dal racconto che Nic le aveva fatto due settimane prima.
Vedeva chiaramente la freddezza di Tom nei confronti della sua amica e la tristezza negli occhi seri di Georg, anche quando sorrideva, l’ indecisione di Bill e la sua dolcezza quando prendeva timidamente tra le braccia Nic e la baciava piano e la struggente gioia che pervadeva il viso della ragazza quando questo accadeva.
Diane assorbiva tutto questo come una spugna, quasi senza riuscire a sopportarlo.
Per fortuna c’ era Gustav.
Adesso, stesa sul divano a casa della nonna di Nic, mentre osservava il cielo splendente fuori dalla grande vetrata del salotto, il suo pensiero si volse a quella sera brillante di stelle …

<<  Ti fermerai qui per un po’?  >>.
La voce di Gustav l’ aveva colta di sorpresa ma la sua risposta era stata serena ed immediata.
<<  Sì … Ho deciso di staccare un po’ la spina …. Un anno sabbatico, come si suol dire e poi … Poi potrò studiare anche qui in Germania no? Volevo vedere un po’ di mondo, ma casa mia mi è mancata … Sì … Resterò a tempo indeterminato, credo …  >>.
Gli sorrise.
Gustav le piaceva, le era sempre piaciuto.
Così timido ma anche così semplice.
E lei amava le cose semplici, quelle senza troppe complicazioni, quelle limpide.
E amava le persone che rispecchiavano queste caratteristiche.
Gustav era assolutamente una di queste.
Quel sorriso un po’ timido ma terribilmente dolce e consolante, quegli occhi sinceri e profondi, due cioccolatini che lei avrebbe voluto assaggiare ogni giorno.
<<  Sono contento che tu rimanga … Ha fatto bene a Nic riaverti nella sua vita … E sarà ancora più importante averti nei giorni che verranno … Non sarà semplice …  >>.
Aveva detto Gustav adombrandosi appena.
Voleva bene a Nic e non lo nascondeva mai.
Limpido.
<<  Sarà un vero casino temo … E … Ho paura che non avrà alcuna importanza chi le sarà accanto quel giorno …  >>.
Diane aveva espresso quella paura a Gustav in maniera semplice e spontanea.
Temeva davvero che, quando quel momento sarebbe giunto a spezzare definitivamente il cuore della sua amica e quei fragili equilibri che tutti cercavano di mantenere, non avrebbe avuto davvero importanza chi le sarebbe rimasto accanto …
Lei sarebbe stata sola.
Conosceva Nic, sapeva che sarebbe crollata.
Quel giorno, tutta la sua forza, la sua tenacia, la sua volontà sarebbero cadute, perse come il suo Amore, i suoi sogni …
La sua stessa vita.
Una lacrima cadde dal viso di Diane.
<<  Vorrei … Vorrei che non dovesse soffrire, Gustav …  >>.
Ma Gustav non le rispose.
Le asciugò quella lacrima e la baciò, poi, posando ad occhi chiusi la fronte sulla sua, le sussurrò piano.
<<  Nemmeno io … Vorrei che nessuno soffrisse … Ed invece soffriremo tutti … E sarà più di un dolore ad attanagliare diversamente i nostri differenti cuori … Siamo tutti maledettamente fragili e giorno dopo giorno veniamo divorati dall’ ansia e dalla paura della sofferenza futura e da quella presente … Vorrei …  >>.
Aprì gli occhi e li perse in quelli profondi della ragazza che lo ascoltava senza quasi nemmeno respirare.
<<  Vorrei poter fare qualcosa e so di non potere fare nulla … E’ così maledettamente frustrante …  >>.
<<  Tu fai tanto ogni giorno Gustav … Tutti voi lo fate … Nic lo sa e vi vuole bene … Nessuno di voi avrà alcuna colpa quando questa storia finirà … Nessuno …  >>. Il pensiero della ragazza volse per un istante a Tom per tornare immediatamente a Gustav.
Fu lei a baciarlo e da quella sera divennero silenziosamente inseparabili, avevano cominciato a condividere quel dolore ma anche i momenti allegri ed i loro stessi sorrisi.

Il suono del cellulare riportò Diane alla realtà.
Era un ricordo triste ma così dolce che le stringeva il cuore, Gustav le aveva dimostrato di avere bisogno di lei e lei non desiderava altro che poter essere il porto calmo dove lui potesse rifugiarsi dopo la tempesta di quei giorni.
<<  Pronto?  >>.
<<  Fatti bella … Questa sera i ragazzi vogliono uscire …  >>.
Nic sorrideva dall’ altra parte della cornetta.
In effetti in quei giorni la tempesta sembrava essersi placata un po’ ma Diane aveva un brutto presagio : sapeva che più la quiete era rassicurante peggiore sarebbe stata la bufera che inevitabilmente ne sarebbe seguita.
Ma Nic sembrava davvero allegra e lei non volle deluderla.

Quella sera passarono a prenderla con il solito imponente suv di Tom.
Quell’ auto la metteva in soggezione ma doveva ammettere che era anche comodissima.
Georg era seduto accanto a Tom, dietro c’ erano Gustav, Bill e Nic silenziosi ma sorridenti, lei con la testa appoggiata sulla sua spalla, lui il viso nei suoi capelli.
Gustav scese ad aprirle la portiera posandole un breve bacio sulla guancia mentre saliva alla quale lei rispose con un sorriso radioso.
Avrebbe voluto baciarlo in ben altra maniera ma …
Sospirò.
Si sentiva maledettamente in colpa per quella felicità che non riusciva a reprimere ed esibirla davanti a quei due ragazzi non le era facile.

Arrivati al locale entrarono senza alcuna difficoltà, prendendo possesso del privè che avevano prenotato nella zona V.I.P.
<<  Vi trattate bene, vedo  >>. Sorrise Diane.
<<  Certo! Ti sembriamo adatti a rispettare quella enorme fila fuori dal locale?  >>.
Le rispose Tom sornione adocchiando già qualche ragazza particolarmente affascinante e poco vestita.
<<  Non sia mai detto che Tom Kaulitz scenda dal maledetto piedistallo e si comporti come un comune essere umano!  >>.
Aveva risposto Nic mantenendo lo sguardo volutamente distante dal ragazzo che le rivolse un’ occhiata poco serena e si diresse immediatamente al bar seguito da Georg.
<<  Spero avrete un po’ di pazienza, pare che ci sia un po’ di calca >>.
Sospirò il ragazzo allontanandosi alla ricerca di Tom.

<<  Ti va di farmi ballare, Gustav?  >>. Chiese Diane.
Bill scoppiò in una risata argentina che fece immediatamente alzare gli occhi estatici di Nic su di lui.
Era così bello quando rideva in quel modo.
<<  Gus è quasi peggio di Tom, sulla pista da ballo … Per lo meno mio fratello si limita di a fare da supporto alle varie ragazze che gli si strusciano addosso, astenendosi da quelle che sarebbero mosse devastanti per la vista di noi poveri esseri umani non abituati a vedere certe cose oscene, ma Gus … Le rare volte che si riesce a trascinarlo in mezzo alla pista da ballo rasenta addirittura il ridicolo! >>.
<<  Cosa ci posso fare io se sono portato per i lenti?  >>.
Borbottò il biondo un po’ imbronciato, facendo sorridere le due ragazze.
Nic si sporse verso di lui.
<< Tesoro … Bill esagera sempre … Non è vero, lo sai! E poi … Diane è brava … Ti basterà assecondare lei! E la prossiam volta … Si va tutti in balera a danzare con quei simpatici vecchietti! Ci sono stata un paio di volte ad accompagnare la nonna e ti assicuro che lì non bisogna agitarsi come degli invasati!  >>.
Diane sorrise all’ idea di quei quattro ragazzi imbambolati in mezzo alla pista di una balera mentre attorno a loro arzille coppie di ultrasessantenni ballavano dei vecchi valzer.
<<  Dai, su pigrone! Abbandona questo invitante morbido divanetto e fai ballare la tua ragazza!  >>.
Diane aveva trascinato Gustav in piedi ma non abbastanza velocemente da impedire a Bill e Nic di notare un lieve rossore sulle sue guance.
Sorrisero.
<<  Sono contenta per loro … >>.
Sospirò Nic seguendo con gli occhi i due ragazzi tra la folla fino a quando non sparirono dalla sua vista.
<<  Anche io …  >>. Rispose Bill.
<<  Sembrano così sereni …  >>.
Quella breve allusione aleggiò su di loro impedendo ad altre parole di colmare quell’ improvviso vuoto che si era creato.
<<  Vado … Vado un attimo al bagno … Torno subito …  >>. Nic si era alzata e si era allontanata.
-  … La ho fatta andare via, sono un idiota … Perché non riesco mai a tacere?  -.
La osservava allontanarsi, l’ orlo morbido della gonna breve che volteggiava attorno alle sue gambe fasciate fin sopra il ginocchio da un paio di anfibi pieni di catenelle che ondeggiavano tintinnando lievi ad ogni suo passo, il corpetto stretto con i laccetti che glielo stringevano sul busto mettendo in dolce evidenza la vita sottile e il seno generoso seppure non troppo abbondante.
Quella sera era proprio bellissima, luminosa, sorridente, aveva un’ aria così tenera eppure terribilmente sexy.
Sorrise un po’ amaro fra sé e sé.
Il suo corpo sembrava non riuscire ad ignorare quello di Nic e lui lo sentiva maledettamente forte quella sera, quel desiderio di lei.
Conficcò le belle unghie nella pelle morbida del divano e chiuse gli occhi cercando di riconquistare un minimo di autocontrollo, ma quando li riaprì il viso che si trovò di fronte a pochi centimetri dal suo lo fece rabbrividire.
Due occhi verde scuro erano fissi su di lui e il volto pallido era coperto in parte da  lunghi capelli rossi, labbra scarlatte e sottili che gli sorridevano subdole.
<<  Ciao … Ci incontriamo di nuovo … Mi sei mancato sai?  >>.
Bill era rimasto immobile, i grandi occhi nocciola sgranati su quel volto che, nonostante l’ alto tasso alcolico che aveva avuto in corpo in quei giorni, non era riuscito a dimenticare …
Come avrebbe potuto …
Era colpa di quella donna che adesso gli stava sfacciatamente di fronte se la sua vita aveva cominciato a sgretolarsi sotto i suoi piedi, se aveva perduto la ragazza che amava, il suo lavoro …
Se presto avrebbe perso la sua vita …
Un conato di vomito gli salì alla gola.
Il ragazzo lo trattenne a stento, maledicendo la sua incapacità di reagire di fronte alle sue paure e restava ad osservarla in silenzio.
Era impressionantemente magra …
Per un attimo si chiese se anche lui aveva quell’ aspetto malato, se Nic lo vedesse come lui adesso stava vedendo quella donna.
Rimase a fissarla senza parlare.

Nic stava tornando verso il privè dove aveva lasciato Bill quando, da lontano, vide che il ragazzo non era solo e si fermò ad osservare quella figura china su di lui.
Con un brivido che le percorse la schiena Nic si accorse di poter vedere, attraverso la stoffa sottile dell’ abito della sconosciuta, le ossa delle scapole e dei fianchi …
E di riconoscere quei rossi capelli fiammeggianti.
In un istante si ritrovò nel salotto dei gemelli, il sapore di cenere che le invadeva la bocca, gli occhi fissi su Bill e quella sconosciuta stesi sul divano …
Era lei … Ne era sicura.
Si avvicinò con passo incerto ai due, la risata derisoria della ragazza che stava a pochi centimetri da Bill e lui, immobile, i grandi occhi sgranati su quel viso che, nonostante tutto lei non era riuscita a dimenticare.
<<  Bill …  >>.
La voce flebile si rivolse al ragazzo che volse lentamente gli occhi su di lei.
Nic avrebbe voluto non vederli, quegli occhi che, spaventati, la fissavano imploranti.
-  … Non è come credi Nic … Nicola, ti prego …  -.
-  … Lo so …  -.
Spostando poco gentilmente quella donna, Nic tese una mano verso Bill che la afferrò in silenzio, con gratitudine, così come si accoglie la mano di chi ti sta salvando dall’ affogare.
Non appena la mano di Bill sfiorò la sua Nic la strinse forte.
<<  Andiamo a ballare, vuoi?  >>. Gli sorrise, poi si volse alla sconosciuta.
Avrebbe voluto prendere a schiaffi quella sgualdrina che la guardava con sufficienza.
Ma Nic sapeva di aver vinto.
Non poteva cambiare il futuro che li attendeva, ma amava Bill ed era amata da lui e lei era forte di questo amore.
<<  Per quello che riguarda te credo proprio che dovresti andartene, questo è un privè e se sarai ancora qui quando torneremo provvederò a farti sbattere fuori dal locale … Potrei farlo io stessa ma non vali abbastanza da spingermi ad abbassarmi tanto da occuparmi di te. Non vali niente …  >>.
Poi si voltò e si allontanò in silenzio stringendo la mano del ragazzo.
Le erano costate quelle parole, sebbene sapesse che lei le meritava.
Non era da lei umiliare le persone, non era da lei riuscire a sopportare la vista della donna che le aveva rovinato la vita negandogli quel futuro, che aveva sempre sognato, con Bill.
Giunta in mezzo alla pista da ballo si sentì incredibilmente stanca e, mentre attorno a loro uomini e donne di ogni età si dimenavano al ritmo di quella musica sincopata che ne lei ne Bill amavano particolarmente, abbandonò la testa sulla spalla del ragazzo, aggrappandosi a lui.
Si muovevano lenti, maledettamente in disaccordo con i suoni che li circondavano, i corpi allacciati, stretti l’ uno all’ altra, i battiti dei loro cuori che rimbombavano nelle loro orecchie.
<<  Bill … Bill andiamo a casa … Portami via di qui, ti prego …  >>.
Il ragazzo la prese per mano e la guidò fino alla porta del locale, aiutandola ad indossare la sua giacca.
<<  Aspettami qui … Arrivo subito  >>.
<<  Bill …  >>.
Il ragazzo si volse nuovamente verso di lei.
Avrebbe voluto dirgli che lo amava, che aveva avuto una dannata paura quando lo aveva visto con lei, che voleva essere sua …
<<  Fai in fretta …  >>. Gli sorrise.

Si muoveva cercando di evitare braccia e gambe di quegli invasati, strizzava gli occhi cercando, in mezzo alla folla, suo fratello ed i suoi amici.
Una volta giunto al privè riservato incontrò Tom e Georg.
<<  Tom … Potresti darmi le chiavi del tuo suv? Nic vuole andare a casa …  >>.
Il giovane rasta si era ripromesso di non immischiarsi più nel rapporto tra Nic e suo fratello, ma lo stesso non potè evitarsi quella fulminea stretta allo stomaco.
<<  Georg, amico, credi di potermi ospitare questa notte?  >>.
Chiese nascondendo dietro un’ aria sorniona quell’ attimo di debolezza.
<<  Tom! Non serve … Cioè … >>. Decise di non mentirgli.
<<  Ho incontrato quella donna, ricordi? …  >>.
Teneva il volto basso, coperto ancora dalla vergogna, quella stessa vergogna che aveva provato allora, sentendosi in colpa come allora.
<<  Quella?!?  >>. Tom era allibito ed il suo pensiero schizzò rapido a Nic.
<<  Lei la ha vista?  >>. Chiese poi.
<<  Sì … Le ha detto il fatto suo ma … Non credo che adesso stia bene, insomma … Non è stato gradevole … Per nessuno di noi …  >>.
-  … No … Non lo deve essere stato affatto … Cazzo!  -.
Tom avrebbe voluto farsi dire dove era quella donna, avrebbe voluto prenderla a schiaffi, forse, vendicare qualcosa che non avrebbe comunque potuto avere indietro …
La vita di suo fratello, la propria …
Quella di tutti loro …
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Bill rivolse al fratello un sorriso triste.
<<  Non servirebbe a nulla Tom … E poi … Non credo che potresti farle più male di quello che si è fatta da sola … Aveva dei segni sulle braccia magre ed era … Scheletrica … Non vivrà a lungo per potersi redimere e non lo farà …  >>.
Un brivido gli percorse la schiena e, di nuovo, quella sgradevole sensazione di essere lui stesso, come quella donna, un semplice scheletro ambulante in attesa di essere sepolto, lo colse alla sprovvista piegandolo quasi su sé stesso.
<<  Bill … Ehy … Va tutto bene …  Tieni, portala a casa e stai tranquillo … Io e Georg volevamo comunque divertirci questa notte, vero amico?  >>.
Il ragazzo castano si vide trafiggere da due occhi nocciola che imploravano di essere assecondati.
<<  Certo! Questa notte la città è nostra, fratello!  >>.
Tom gli sorrise grato dell’ entusiasmo con il quale l’ amico aveva mentito per lui, poi abbracciò suo fratello con un sussurro solo per lui.
<<  Portala a casa e stalle vicino … E smettila di allontanarla Bill … Le fai male … Più di quanto lei possa sopportarne, temo …  >>.
Lo fissò in quegli occhi così identici ai suoi, cercando di trasmettere al suo fragile gemello un po’ di quel coraggio che sembrava mancargli totalmente.
Bill gli sorrise senza dire una sola parola, poi corse all’ uscita del locale dove Nic, immobile così come lui l’ aveva lasciata, strava attendendo il suo ritorno.
Vederla ed amarla fu un tutt’ uno; così piccola, fargile, spaventata quasi, con quell’ ombra negli occhi luminosi …
Avrebbe voluto farla felice, avrebbe dato qualsiasi cosa per farla felice.
Avrebbe dato la sua stessa vita.
Ma non poteva offrirle qualcosa che non gli apparteneva più.
La prese per mano e le aprì la portiera dell’ auto aspettando che si accomodasse prima di richiuderla e salire a sua volta, mettere in moto e dirigersi sicuro verso casa.

Erano soli,  si erano tolti solo le scarpe poi, ancora vestiti, si erano sdraiati sul grande letto della camera di Bill, lui con la schiena appoggiata al muro, lei, il viso sul petto del ragazzo, rannicchiata contro di lui, ascoltando i battiti del suo cuore e sentendo i fremiti leggeri che le dita di lui donavano alla pelle nuda delle sue braccia.
Erano stati in silenzio a lungo, la sveglia digitale sul comodino segnava ormai l’ una passata ma lei non si sentiva stanca.
Non riusciva a dimenticare l’ espressione persa di Bill davanti a quella donna, quella che aveva negli occhi quando li aveva posati su di lei.
Salvami.
Ecco cosa dicevano quegli occhi.
Salvami.
<<  Nic …  >>. La voce sottile di Bill la fece sobbalzare.
<<  Dimmi …  >>.
<<  Io sono … Sono come lei? …  >>.
La ragazza credette di capire cosa intendesse Bill, il suo Bill così naturalmente bello e comunque preoccupato di apparire al meglio ed il suo riuscire ad esere perfetto anche quando indossava una semplice tuta ed un paio di enormi occhiali.
Sorrise mesta.
Quella donna era orribile, così magra e sciupata da farle venire i brividi, mentre Bill …
I brividi che provava ogni volta che lo guardava erano ben diversi …
Lei non sapeva come potesse essere possibile, ma lui era sempre bello.
Forse era dimagrito molto, era vero, ma nulla riusciva ad offuscare la sua fulgida bellezza, la luce dei suoi grandi occhi nocciola, la luminosità del suo sorriso, la sinuosa linea asciutta del suo corpo da gatto, elegante e sensuale.
<<  Bill, tu …  >>. Le parole faticavano ad uscire dalle sue labbra.
Lei lo amava e lo desiderava.
Forse il suo parere non era del tutto obiettivo.
<<  Non sei come lei … Tu sei … Bhé … Forse non sono la persona più adatta a dare un parere del genere sai? Sono facilmente influenzabile dal fatto che …  >>.
Abbassò timida lo sguardo.
<<  Che io … Io ti amo Bill …  >>.
<<  Proprio per questo il tuo è l’ unico parere di cui mi interessa … Non vado in giro fermando ogni ragazza che incontro chiedendole se mi trova sexy o cose simili o a cercare di capire se mi guardano con … Disgusto … Non me ne importerebbe nulla … Ma tu … Se sapessi che tu mi guardi in quel modo ne morirei Nicola … Non voglio la tua pietà … Non la potrei sopportare …  >>.
A quelle parole la ragazza aveva alzato uno sguardo disperatamente innamorato e carico di desiderio su di lui, guardandolo da sotto in su, poi si era messa in ginocchio davanti a lui a cavalcioni sulle sue gambe, avvicinandosi al suo bel viso, posandogli le labbra sull’ orecchio, sussurrandogli piano.
<<  Bill … Questo è l’ effetto che mi fai …  >>.
Gli aveva preso una mano e se la era portata sul seno, ad incontrare il suo capezzolo al di sotto della stoffa leggera.
Un gemito soffocato le era sfuggito dalle labbra.
<<  … Ti amo e … Ho bisogno di te, Bill …  >>.
Poi si era ritratta, era scivolata fino ai piedi del letto, tendendogli una mano e lo aveva fatto sedere sul bordo del materasso, rimanendo ferma davanti a lui che aveva abbassato lo sguardo sui suoi piedi scalzi, senza riuscire a guardarla.
Ne aveva quasi paura.
Sapeva quanto Nic fosse bella, quanto lo era ai suoi occhi e credeva di non riuscire a sopportare tale visione.
Nic invece lo guardava intensamente, cercando di indurlo ad alzare gli occhi su di lei; aveva desiderato tanto quel momento e adesso non voleva perderne neppure un solo istante, seppure non fosse semplice.
Era passato molto, troppo tempo dall’ ultima volta che lui l’ aveva sfiorata e adesso c ‘ era un velo di pudore nei suoi occhi blu, una sottile incertezza.
Era tutto un po’ strano e diverso, era come riscoprirsi, ricominciare da capo.
Cercare di catturare e trattenere lo sguardo sfuggente di Bill non era semplice per lei.
Ma non sarebbe tornata indietro.
Non avrebbe potuto neanche volendolo.
E lei non lo voleva.
Fece alzare Bill, trascinandolo piano per le mani per poi posarle sui lacci che pendevano inermi sul suo seno.
<<  Scioglili Bill …  >>.
La sua voce calda sulla gola.
Bill afferrò piano i lacci e li sciolse così come lei gli aveva detto.
Le sue dita si muovevano lente ed attente, sfiorando appena la sua pelle candida di tanto in tanto, procurandole dei brividi in tutto il corpo.
Erano così vicini, così vicini che lui sentiva chiaramente i battiti frenetici del cuore della ragazza, che non aveva staccato gli occhi di suoi nemmeno per un solo istante e che tratteneva il respiro nell’ attesa che lui la liberasse di quella stoffa ormai troppo scomoda perché lei la potesse sopportare sulla sua pelle.
C’ era una sola cosa che desiderasse su quella pelle ed erano le mani di Bill, le sue belle mani, dalle lunghe dita affusolate, le sue unghie che la sfioravano appena facendola rabbrividire o che premevano su di lei, lasciandole quei piccoli segni della sua passione, del suo desiderio di lei.
Finalmente quel corpetto cadde a terra offrendo al ragazzo la vista di quel petto candido e nudo davanti a sé.
Arrossì un poco, Bill, desiderando sfiorarlo ed allo stesso tempo avendone quasi paura.
Lei gli si era avvicinata e stava posando la sua bocca morbida sulla sua gola.
Sentì quelle labbra calde risalire fino alle sue labbra, fermarsi un istante prima di posarsi sulle sue, schiudersi e sussurrare.
<<  Dimmi che lo vuoi anche tu, Bill … Dimmelo ti prego …  >>.
<<  .. Io … Lo sai Nicola … Lo sai che ti voglio …  >>.
La voce roca del ragazzo si fuse al respiro di lei.
<<  … Dimmelo lo stesso …  >>.
<<  … Ti voglio …  >>.
Quelle parole morirono sule labbra di Nic, nella sua bocca, nel tocco leggero della sua lingua sulle sue labbra.
Bill le morse piano il morbido, carnoso labbro inferiore, lei giocò con il pearcing sulla sua lingua, poi fece scivolare le mani sulla camicia che Bill aveva indossato quella sera, sbottonandola e facendola scivolare sulle sue spalle, lungo le sue braccia fino a lasciarla cadere per terra, senza mai staccare la bocca da quella di lui.
Non voleva interrompere quel contatto dolce ed ardente.
Adesso Bill sentiva sul proprio petto il seno della ragazza, sentiva il proprio corpo seguire il lento ritmo che lei aveva imposto a quell’ abbraccio, le posò le mani sulla schiena per poi lasciarle scivolare lente sui suoi fianchi, dove si fermarono, attirandola maggiormente a sé, allineando i loro bacini sollevandola appena essendo lei un po’ più bassa.
Con un gemito soffocato sulla sua bocca, Nic posò le mani sui bottoni dei jeans di Bill, aprendoli ad uno ad uno, insinuandovi le dita, cercando la sua pelle, mentre lui le aveva sfilato la gonna breve …
Ma quando le mani di lei furono troppo vicine a lui, Bill si irrigidì improvvisamente, allontanandola con un gesto brusco da sé.
E rimasero così, il respiro breve e affannato, i cuori che battevano forte.
Bill la stava guardando, implorando con lo sguardo il suo perdono.
-  … Dio è così … Bella … Ed io la amo …  -.
Lei lo stava guardando sgomenta eppure apparentemente consapevole, il petto che si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro che stentava a tornare regolare, le labbra morbide, del tutto prive del dolce lucidalabbra rosato, ora erano rosse di passione, il viso colorito dal desiderio, la pelle candida percorsa da fremiti che non riusciva a controllare …
<<  Io … Non possiamo Nic … Io sono …  >>.
<<  Il mio ragazzo Bill, ecco cosa sei … E non ti obbligherò a fare nulla che tu non ti senta di voler affrontare, ma … Adesso vado di sotto a bere qualcosa e … A guardare qualcosa in tv, se non ti spiace .. Non ho molto sonno …  >>.
Raccolse la camicia di Bill e se la infilò stringendola attorno al suo corpo, poi si voltò ed uscì dalla stanza, trattenendo a stento quelle calde lacrime che sentiva nascere dai suoi occhi.
Non era semplicemente il suo corpo ad esere frustrato da quella situazione.
Anche il suo cuore ne era uscito sconfitto.
Sapeva che lasciarlo solo, adesso, non era la cosa più giusta da fare, era consapevole dell’ egoismo del suo gesto, ma …
Nonostante si sentisse in colpa non credeva sarebbe potuta rimanere in quella stanza con lui, adesso.

Bill era solo, solo con il suo desiderio di lei insoddisfatto, solo con quel cuore che batteva ancora semplicemente grazie a lei, solo con i suoi pensieri che giravano confusi nella sua testa senza soffermarsi ad una attenta analisi.
-  … Non c’è nulla da analizzare Bill … Lei ti voleva, voleva fare l’ amore con te e tu la hai respinta … Di nuovo … Quante volte ancora hai intenzione di ferirla? E quante volte ancora riuscirai a sopportare di allontanarla da te? … Maledizione …  -.
Si stese sul letto.
Avrebbe potuto ovviare da solo alla soddisfazione del suo corpo frustrato ma il suo cuore doleva più della sua carne ed il pensiero di lei in salotto, sul divano da sola lo tormentava.

Quando scese le scale e la vide, il profilo dolce illuminato dalla luce del grande schermo del televisore, un nodo si formò nella sua gola.
Aveva indossato una maglietta sopra ai boxer e pensò che lei invece, con addosso la sua camicia che arrivava a coprirle le cosce solo per metà, fosse davvero tenera e bellissima.
Si sedette accanto a lei senza guardarla più.
<<  … Mi dispiace …  >>.
<<  Anche a me … Non avrei dovuto arrivare fino a quel punto, avrei dovuto capire prima che non era il momento giusto …  >>.
Averla così vicina e sentirla così distante, per colpa sua, per colpa delle sue paure, era insopportabilmente doloroso ...
Bill si avvicinò a lei.
<<  … Ti va di abbracciarmi, Nic? Per favore …  >>.
Non poteva sopportarlo.
La voce dolce di Bill che le chiedeva di abbracciarlo, di proteggerlo, di amarlo.
Avrebbe desiderato piangere, ma si limitò a cingerlo tra le braccia, quel suo piccolo micetto affranto.
Si detestava, Nic, detestava il desiderio che provava verso quel ragazzo stretto a lei, avrebbe voluto poterlo amare come lui desiderava essere amato.
Evidentemente non ne era in grado e questo la mortificava.

Bill era immobile da molti minuti, Nic credette che si fosse addormentato, quando la mano che leggera scivolava sulla sua gamba la fece sobbalzare leggermente, trattenendo il fiato.
Anche Bill aveva smesso di respirare.
Stretto a lei aveva sentito il desiderio invadergli il petto e la sua mano adesso stava muovendosi leggera sulla sua pelle fino sotto la sua camicia che lei indossava, raggiunse il ventre morbido della ragazza per risalire a fermarsi sopra il suo seno, racchiudendolo all’ interno della sua grande mano che tremava appena al contatto con la sua pelle liscia e fresca.
Era titubante, Bill, ma un gemito soffocato dalle labbra di lei lo spinse ad alzare gli occhi sul suo viso.
Nic teneva gli occhi chiusi, le labbra dischiuse la testa reclinata all’ indietro offrendo a lui la pelle candida e sottile della sua gola.
Vi posò le labbra piano, sfiorandola con la lingua fino a risalire al suo orecchio.
<<  Andiamo di sopra, vuoi?  >>.
Lei aprì gli occhi improvvisamente lasciando che il ragazzo potesse annegarvi dentro, trascinato dalla passione che li accendeva.
Salirono le scale senza interrompere quel contatto visivo, occhi negli occhi, lei camminava all’ indietro guidata dalle mani di Bill che la sospingeva piano verso la porta della loro stanza e poi fino al bordo del letto fino a spingervela sopra delicatamente, per poi sdraiarsi  sopra di lei leggero e timidamente appassionato.
Si reggeva sulle braccia, le mani sul cuscino accanto al viso di lei, gli occhi nei suoi e poi …
Poi le loro labbra che si sfioravano dapprima delicatamente poi con sempre maggiore desiderio, le mani di lei che scivolavano sulle sue spalle, graffiandogli piano la schiena …
Una mano che si allungava a spegnere la lampada sul comodino, la luce della luna che invadeva la stanza ed illuminava le dita di Bill che, senza riuscire a staccarsi da lei, cercavano un preservativo nel cassetto …
Una silenziosa preghiera nella mente di Bil, il viso imperlato di gocce di sudore che scivolavano sulla linea dritta del suo naso, lungo la mascella, che si confondevano sulla pelle di Nic.
-  … Fa che non le succeda niente, ti prego … Non sono il migliore dei credenti ma lei … Lei è la cosa più sacra della mia vita … Proteggila …  -.
Non sapeva bene nemmeno lui a chi si stesse rivolgendo, sapeva solo che lei doveva vivere e che non era riuscito ad impedirsi di sentirla di nuovo sua, di essere di nuovo suo …
Una volta ancora si perse in lei, nel suo respiro e nei suoi gemiti caldi che lambivano la sua pelle e le sue orecchie raggiungendo il suo cuore.
La amava.
Null’ altro aveva senso.

La matina dopo aprire gli occhi e trovare Bill stretto a lei fu il regalo più bello che Nic avesse mai ricevuto.
Stretto al suo seno, la candida pelle nuda che sfiorava la sua, i suoi capelli che le solleticavano il naso, il suo profumo che la inebriava e i ricordi, le sensazioni, della notte appena trascorsa tra le sue braccia …
Non credeva possibile di potersi sentire ancora così viva e felice e appagata …
Ma lo era.
Sapeva che il dolore sarebbe tornato ad affacciarsi al suo cuore e la verità alla sua mente, presto …
Fin troppo presto, ma adesso non voleva pensarci.
Voleva solo stringerlo forte a sé, non lasciarlo andare non separarsi da lui per un solo istante.
Poi pensò che forse sarebbe stato piacevole per lui svegliarsi e trovare la colazione ad aspettarlo con lei, pensò che le sarebbe piaciuto baciare le sue labbra ancora profumate di caffè e zucchero a velo …
Sorrise e scese in cucina per tornare poco dopo in camera con un grande vassoio.
Bill aveva abbracciato il cuscino, aveva disteso le lunghe gambe e teneva una mano abbandonata accanto al bel viso.
Sembrava un bambino.
Lei gli accarezzò piano i capelli sparsi sul cuscino soffocando un urlo disperato al pensiero di quando non avrebbe potuto farlo più, asciugandosi piano gli occhi.
Non voleva che lui la vedesse piangere.
Poi gli posò un bacio delicato sulla tempia ed uno sulle labbra.
Bacio al quale lui rispose quasi immediatamente seppure ancora assonnato.
Le sorrise sulle labbra.
<<  Buongiorno …  >>.
Lei sorrise a sua volta allontanandosi da lui per guardarlo stroppicciarsi gli occhi ed arricciare il naso in un grande sbadiglio.
Si sedettero sul letto e fecero colazione assieme, in silenzio, lentamente, osservandosi sorridenti.
<<  Ti amo, lo sai vero?  >>. Le chiese lui.
<<  Sì lo so .. Ma tu fingi di non saperlo e continua a dirmelo …  >>. Gli sorrise lei.

Improvvisamente Bill si irrigidì.
- … No … Non questa mattina ti prego …  -.
Ma dovette ugualmente correre in bagno, lasciando la ragazza perplessa sul letto, lanciandole un breve sorriso di scusa.
Non appena si fu richiuso la porta alle spalle, aprì rapido il rubinetto della doccia, sperando che il rumore dell’ acqua potesse impedirle di sentire, poi si chinò veloce e si liberò lo stomaco, tremando maledettamente, cercando di fare meno rumore possibile.

Nic chiuse gli occhi e, questa volta, non potè impedire alle lacrime di cadere sul suo viso.
Bill stava vomitando, il suo stomaco non riusciva più a trattenere troppo cibo.
-  … Bill … Dio perché? Perché ci stai facendo questo? … -.
Avrebbe voluto imprecare ma sapeva che non sarebbe servito a nulla …
Lei non era una buona credente, credeva in qualcosa al disopra delle meschinità dell’ uomo, ma troppe domande le avevano più volte invaso la mente per poter credere ad un qualsiasi Dio.
All’ improvviso prese la sua decisione, gettò le gambe giù dal letto, si asciugò gli occhi ed entrò con passo deciso nel bagno, arrivando silenziosa alle spalle di Bill che era ancora chino sul water.
Gli scostò piano i capelli dal viso trattenendoglieli indietro sulle spalle.
A quel contatto fresco sulla sua fronte lui alzò il viso di scatto, gli occhi sgranati.
<<  … Mi dispiace Nicola io … Non volevo che tu …  >>.
<<  Non è certo colpa tua Bill … E poi … Io voglio stare con te … E non solo per ridere o per fare l’ amore, io … Io voglio esserti vicina sempre … E voglio che tu ti possa fidare di me, che tu mi stia vicino .. Bill … Non mandarmi via, ti prego …  >>.
Lui si alzò in silenzio, si avvicinò al lavandino, si sciacquò la bocca ed il viso stravolto, poi si volse verso di lei.
<<  Avrei voluto essere in grado di evitarti almeno questo ma … Grazie … Grazie per essere ciò che sei …  >>.
La abbracciò stretta soffocando un singhiozzo e le sue paure nei capelli di lei.
Sì, avrebbe voluto risparmiarle almeno quel dolore, ma sentiva di aver bisogno di lei.
Aveva troppa paura per poter affrontare tutto questo da solo.

Quando quel pomeriggio si trovarono tutti a casa dei gemelli nessuno dei ragazzi potè ignorare i sorrisi felici ed innamorati sulle labbra di Bill e Nic.
Georg abbracciò la ragazza non appena mise piede in casa.
-  … Sembra così .. Felice …  - .
Ed anche lui lo era, così come lo erano Gustav e Diane e Tom.
Il ragazzo aveva accettato di seguire Bill in cucina quando questi gli aveva chiesto di aiutarlo, immaginando che volesse parlargli e,quando furono soli, lo abbracciò forte.
<<  Grazie Tomi … Di esserci sempre per me e di … Infondermi quel coraggio che mi è sempre mancato … Ieri notte noi …  >>. Arrossì appena e seppe che suo fratello aveva capito.
<<  … Sono così felice Tom … Non so quanto tempo mi resti ma … Lo sto vivendo e viverlo, questo tempo che mi resta, è l’ unica cosa che io desideri davvero fare … Viverlo con voi … Con lei … >>.
Tom sorrise lo stesso identico sorriso di Bill.
Era contento e, con un po’ di sorpresa, si rese conto che quel sorriso nato sulle sue labbra era sincero.
Era davvero felice per lui e per Nic.

Seguirono giorni sereni, alternati a momenti tristi, momenti di sconforto, quello sconforto che attanagliava il cuore di tutti loro ma che permetteva loro di sorridere ancora, di gioire ancora, di divertirsi ancora, di abbracciarsi ancora, di dimostrarsi ancora quell’ affetto che li legava indissolubilmente e che li avrebbe legati sempre.
Per sempre.

Nessun destino, per quanto crudele, avrebbe potuto distruggere quello che loro avevano creato.
Loro lo stavano combattendo strenuamente e ci furono giorni talmente luminosi da illuderli di aver vinto …

Ma quel destino, una notte, venne a presentare il conto a quei sei ragazzi seduti in sala ad ascoltare quella che ormai, in maniera differente, era diventata la Loro canzone : la colonna sonora della loro disperazione ma anche della loro forza, della loro speranza, della loro fiducia.

E, in un solo istante, si resero conto che, da quel momento in poi, avrebbero dovuto dar fondo ad ogni minima scorta di quella forza, speranza e fiducia.

Tom adesso stava seduto esattamente di fronte alla stanza di quella clinica dove avevano portato Bill, gli occhi fissi sulla porta e tutto quello che riusciva a rivedere erano gli occhi immensi di Nic che si erano alzati, terrorizzati su di lui solo poche ore prima, ore che sembravano una maledetta etrnità …
Proprio su di lui.
<<  Non respira …  >>. La voce che tremava, la disperazione, l’ incredulità.
La corsa folle fino alla clinica, lo sguardo severo del medico.
-  … Lo so che abbiamo fato una cazzata dottore, ma adesso pensi a lui, pensi a Bill … Ce lo restituisca …  -.
Era un pensiero patetico ed inutile e lui lo sapeva.
Ogni suo respiro bruciava nella sua gola e nei suoi polmoni, sulle sue labbra.
-  … Bill … Bibi, cucciolo … Non lasciarmi … Non lasciarci … Ti prego …  -.

Georg stava fisando fuori dalla finestra quel cielo terso di stelle, un’ espresione indecifrabile sul viso, Gustav teneva stretta Diane a sé, così come Gordon stava stringendo sua madre, e suo padre continuava ad andare avanti ed indietro nel corridoio.
Non lo aveva nemmeno salutato.
David stava seduto tra lui e Nic.
Nessuno di loro tre avrebbe potuto sopportare un contatto con nessuno in quel momento.

Poi il medico era uscito ed aveva chiesto ai suoi genitori di entrare, così come a David ed infine Nic.

Passarono molti minuti in cui rimase dentro quella stanza da sola, prima che anche loro fossero chiamati ad entrare.



Adesso Tom si sentiva un’ ombra racchiusa tra altre ombre.
La volta scura del soffitto della piccola cappella pesava sopra di lui, soffocandolo.
Stava dritto, lo sguardo fisso su quella bara aperta dentro cui giaceva il corpo di suo fratello …
Aveva un’ espressione così serena, sembrava quasi esserci un’ ombra di sorriso su quelle belle labbra …
Non riusciva a distogliervi lo sguardo …
Lo fissava talmente intensamente da riuscire a credere che lui avrebbe davvero potuto alzarsi e sorridergli e parlargli …
-  … La tua voce … Il nostro sogno … Bill … -.
I pensieri si inseguivano impazziti nella sua testa.
Accanto a lui sua madre, il volto rigato da silenziose lacrime, e Nic dall’ altra parte, il piccolo volto impassibile, gli occhi asciutti, le palpebre immobili.
Non stava guardando Bill, ma teneva lo sguardo ostinatamente fisso alle spalle del sacerdote davanti a loro, posato sul grande crocifisso senza davvero vederlo.
Tom sentì qualcuno chiedere proprio alla ragazza se voleva dire qualche parola e la vide muoversi meccanicamente verso l’ altare, chinarsi accanto alla bara e sussurrare qualcosa sul viso di suo fratello, per poi girarsi e camminare decisa verso la porta della piccola cappella, la lunga gonna nera che fluttuava attorno alle sue caviglie, gli anfibi che spuntavano appena dall’ orlo, la testa alta, gli occhi grandi puntati sul cielo terso di quella mattina di sole, i brevi capelli appena mossi da un soffio di aria leggera che entrava dalle porte aperte …
Sentiva, in quel silenzio innaturale, il rumore dei suoi passi leggeri, il fruscio della gonna e, nemmeno per un solo istante, giudicò quel suo gesto, quel suo andarsene da lì …
Non stava fuggendo.
Non era fuggita mai quando avrebbe potuto farlo, quando fuggire avrebbe potuto significare smettere di soffrire …
Ma adesso …
Adesso non c’ era più nulla che la tenesse inchiodata in quella piccola cappella …
Rendersene conto non fece bene al cuore del ragazzo, perché lui lo sentiva lancinante come non mai, quel maledetto bisogno di lei che si fondeva, confondendovisi ed amplificandolo, al dolore per la morte del suo gemello …
-  … Bill  … -.
Avrebbe desiderato chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.
Ed un attimo dopo Nic era scomparsa dalla sua vista.

Nessuno di loro salì sul pulpito per parlare.
Di quel ragazzo si sapeva già tutto quello che c’ era da sapere e quello che sapevano solo loro, di lui, lo avrebbero custodito nel loro cuore per sempre, non lo avrebbero svenduto.
Mai.

La ragazza non era presente quando la bara scese e venne coperta.
Ad ogni palata di terra che copriva quella bara lucida Tom sentiva sprofondare un po’ il proprio cuore.
Lo stava seppellendo assieme a lui.
Riusciva ancora ad intravedere, tra le lacrime che gli rigavano il volto, quella rosa bianca che lui stesso vi aveva posato sopra, in incredibile contrasto con il nero lucido della cassa che stava scomparendo …
Forse il suo corpo sarebbe stato prigioniero sotto quei tre metri di terra ma lui sapeva che la sua anima era destinata alla libertà, alla luce, all’ Eternità.
Alla fine si lasciò cingere dalle braccia di sua madre che gli si era avvicinata aggiustandogli timidamente la cravatta nera sulla camicia candida e poi non era riuscita a trattenere quell’ abbraccio che l’ aveva avvolto, così dolorosamente forte da fargli tremare il cuore.

Nic era salita sulla macchina di Georg e stava in silenzio ad ascoltare i battiti del suo cuore.
-  … Non è possibile … Non è possibile che batta ancora …  -.
Le dolci note struggenti di “Don’t cry” invadevano l’ abitacolo e penetravano il suo cuore quasi senza che lei se ne rendesse conto.

Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
And please don’t cry

I’ ve been there before
Somethin’ is changin’ inside you
And don’ t you know
Don’ t you cry tonight
I still love you baby
Don’t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
Give a whisper
And give me a sight
Give me a kiss before you tell me goodbye
Don’ t you take it so hard
And please don’ t take it so bad
I’ ll still be thinkin’ of you
And the times we had … Baby
And don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
And please remember that
I never lied
And please remember
How I felt inside now … Honey
You gotta make it your own way
But you’ ll be allright now … Sugar
You’ ll feel better tomorrow
Come the morning light now … Baby
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
There’a a Heaven above you baby
And don’ t you cry
Don’ t you  ever cry
Don’ t you cry tonight  …
Baby … Maybe someday …
Don’ t you cry
Don’ t you ever cry
Don’ t you cry …
Tonight …

Un urlo improvviso uscì dalle sue labbra così simile a quello che Tom aveva lasciato libero quel giorno alla clinica …
Non voleva pensarci.
Posò la fronte sul cruscotto chiudendo gli occhi, riprendendo fiato e poco dopo si accorse di non essere sola.
Georg, il bel viso tirato, l’ espressione addolorata nei suoi occhi verdi lucidi di lacrime, la stava osservando in silenzio.
Ma lei non voleva guardarlo, non voleva vedere nulla, avrebbe voluto poter chiudere gli occhi su quel cielo limpido e non riaprirli mai più.
Quel sole così splendente la feriva.
L’ ultima vibrazione della calda voce di Axl si spense ed il silenzio cadde pesante su di loro.
<<  … C’ è troppa luce … Il cielo è troppo azzurro … Non va bene così …  Non dovrebe essere così … Non voglio …  >>.
Georg strinse i denti in silenzio.
Capiva cosa la ragazza intendesse dire.
Sarebbe stato più semplice piangere se la pioggia avesse confuso le lacrime sui loro volti, se si poteva trovare riflesso il proprio dolore in un cielo nero e senza vita né speranza.
Invece …
Invece quella mattina il sole splendeva in un cielo che a Georg non era mai sembrato così azzurro, nuvole leggere si spostavano veloci spinte dal vento che accompagnava il volo degli uccelli e portava il suono del loro cinguettare fino a loro, nascosti sui rami degli alberi in quel piccolo cimitero invaso dalla luce del sole.
Bill aveva deciso di lasciarli in una splendida giornata di fine estate.
Era insopportabile tutta quella vita, quel colore, quando loro si sentivano così maledettamente vuoti.
-  … Non è giusto, lo so … Ma cosa potrei mai dirle …? …  -.
Georg si torturava le labbra quando la mano della nonna di Nic bussò piano sul finestrino richiamando l’ attenzione della ragazza.
Quella piccola donna dall’ espressione così addolorata e stanca.
Nic fece per scendere dall’ auto di Georg ma lui le posò una mano sul braccio.
Lo scatto nervoso di lei per allontanarsi fece male al ragazzo, nonostante capisse e condividesse il dolore di lei.
<<  Ok, Nic d’accordo … Non ti toccherò più ma … Credo che Tom abbia bisogno di te, adesso … Di un tuo abbraccio, di sapere che ci sei …  >>.
La ragazza chiuse gli occhi.
Tom …
Tom che, nel bene e nel male, era sempre stato presente durante tutta la sua storia con Bill …
Era grazie a lui se lo aveva conosciuto, era stato lui a scattare loro quella fotografia che lei aveva fatto in mille pezzi ormai, era stato lui a starle accanto quando Bill l’ aveva tradita, era stato lui a dirle la verità sulla malattia di Bill, era stato lui a farli ritrovare alla fine del loro ultimo concerto …
Era stato lui a fare molte altre cose, alcune l’ avevano ferita, altre le erano state di conforto …
Ma c’ era sempre stato …

<<  Mi dispiace Georg … Non credo proprio che possa essergli di alcun aiuto .. Non posso aiutare proprio nessuno … Non ci sono mai riuscita …  >>.
-  … Nicola … Non dire così … Non è vero … Non lasciarlo solo …  -.

Ma Nic era già scesa dall’ auto e adesso stava accanto alla nonna, lo sguardo basso, non guardava nessuno dei suoi amici negli occhi né Gordon o Simone …
Non avrebbe potuto.
Sentiva gli occhi di Georg ancora fissi sulla sua schiena, e quelli di Diane che sapeva essere pieni di lacrime, stretta a Gustav.
Il suo Gus che sapeva avrebbe desiderato abbracciarla.
E poi …
Tom …
No.
Non poteva …
Dopo che la nonna ebbe salutato tutti salirono su un taxi dirette all’ aeroporto.
Sarebbero partite.
Alla ragazza non importava dove sarebbero andate.
Voleva solo andarsene via da lì.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16 E' BREVE, LO SO, ME NE RENDO CONTO, MA QUESTO E'... RINGRAZIO CHI STA SEGUENDO QUESTA STORIA MA, ADESSO NON SAPREI COSA DIRVI... LA MALATTIA MENTALE HA PRESO IL SOPRAVVENTO E RILEGGERE QUESTO CAPITOLO PER POSTARLO E' STATO UN PO'...  DOLOROSO ...  A PRESTO ...


… Tom si chiese da quanto tempo la ragazza non toccasse cibo e soprattutto, cercò di ricordare quanto tempo fosse passato dall’ ultima volta che l’ aveva vista piangere …
Non lo ricordò.
Anche la sua mente non era al massimo della lucidità.
Averla rivista, la sera prima, solo di sfuggita, mentre si recava a casa di sua madre per la solita cena settimanale assieme a Georg Gustav e Diane, lo aveva spiazzato.
Erano passati quattro anni e troppe cose lo legavano a quella figuretta smunta e pallida che stava ferma accanto a sua nonna, gli occhi bassi, l’ espressione spenta sul viso incredibilmente magro e pallido che creava un insopportabile contrasto con gli insolitamente lunghi capelli corvini che la ricoprivano fino a metà schiena come un oscuro sudario.
Era rimasto immobile, indeciso se scendere o meno dalla macchina di Georg, insicuro di sé, della sua capacità di affrontare quel fantasma che sembrava essere riapparso dal nulla al solo scopo di tormentarlo, con quella valanga di ricordi legati ad ogni minimo particolare del suo corpo che lui stava osservando, travolgendolo impietosa.
Quel profilo dolce, il collo esile, le mani piccole ma dalle dita affusolate, la pelle chiara …
E quegli occhi blu che lui ricordava perfettamente in ogni minima sfumatura.
-  … Non può essere lei … E’ in Italia, non può essere tornata … Nic … Nicola perché sei tornata? …  -.
Si chiese disperato Tom.
Vederla lo stava dilaniando dentro, riportando in superficie sentimenti che credeva di aver dimenticato.
In quegli anni in cui erano sfumati nel dolore della solitudine, aveva quasi creduto di non averli nemmeno mai provati, e adesso …
Adesso erano lì davanti a lui ed avevano un viso, pallido e chino, avevano un corpo esile eppure dolce come ricordava, avevano delle labbra morbide come lui sapeva essere seppure le avesse sfiorate una sola volta, avevano due occhi luminosi che adesso non lo guardavano, avevano un nome dolce che non sfiorava le sue labbra da così tanto tempo … Nicola …
-  …  Fa male Nic … Fa male e io non posso sopportarlo …  -.
Lei non poteva udire quella domanda inespressa, quella preghiera struggente, ma qualcosa dovette sentirlo perché, in quel preciso istante, alzò gli occhi spenti e vuoti su di lui, solo su di lui, per una breve frazione di secondo, tornando immediatamente ad osservare quel “wilkommen” sullo zerbino davanti alla porta della casa di sua madre.
E Tom perse il filo dei suoi pensieri, rimanendo sgomento davanti al vuoto che aveva intravisto dentro quegli occhi che lui sapeva bene, essere stati pieni di sentimenti.
Rabbia, gioia, dolore, ironia, passione, tenerezza, furia … Vita.
Adesso erano vuoti.
Osservandola attentamente le parve che tutto il corpo della ragazza fosse vuoto, privo di volontà.
Un fantoccio senza anima.
Un burattino mosso da un diabolico burattinaio che traeva piacere dalla loro sofferenza tirando quei fili avvinti, stretti, attorno ai loro cuori.
Il ragazzo deglutì a fatica.
Lui non era stato il solo ad averla perduta, dopotutto, quell’ Anima.

Adesso salì sulla sua auto, rinunciando all’ idea di ricordare, dato che sembrava del tutto inutile sforzarsi.
Spense come ogni giorno il cervello per un po’ ed iniziò a fare tutti quei gesti ormai automatici : mani cacciate infondo alle tasche, alla ricerca della fottuta chiave che non trovava mai, salire in macchina, posizionare la cintura di sicurezza, mettere in moto, accelerare …
La stessa strada, percorsa ogni maledetto giorno da quattro anni …
Avrebbe potuto percorrerla ad occhi chiusi, ma seppure la tentazione a volte fosse grande, decise di non sfidare la sorte …
Per l’ ennesima volta si chiese cosa lo trattenesse, cosa lo tenesse ancora maledettamente attaccato alla vita, quando la parte migliore di sé non c’ era più …
Pensava spesso a questo, a come potesse sopravvivere giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno …
Anni che gli si erano trascinati addosso, anni vissuti per inerzia, anni privi di scopo e volontà.
Forse lo aveva fatto per sua madre …
Forse semplicemente era stato troppo vigliacco …
Adesso, con l’ immagine di Nic che faticava ad abbandonare i suoi ricordi, si chiese vigliaccamente se non l’ avesse fatto anche per lei …
Se fosse stato così avrebbe dovuto provare schifo per sé stesso …
Come aveva potuto custodire quella speranza, la speranza di rivederla tornare, tornare da lui, quando la speranza aveva abbandonato suo fratello e tutti loro, anni prima? …
Viale, ghiaia che rimbalzava sui parafanghi mentre frenava, un mazzo di fiori comprato sempre alla solita, vecchia bancarella, più per abitudine che altro.
Poi quello stretto corridoio tra le lapidi che i suoi occhi non vedevano.
Non erano importanti per lui.
A volte, una piccola voce dentro di sé, gli diceva che era uno stronzo egoista, che avrebbe dovuto avere più rispetto per quel luogo, che avrebbe dovuto vergognarsi.
Ma ricacciava quella voce da dove era venuta, da un posto impreciso dentro di lui, un posto che lui non ricordava di avere.
Il suo sguardo era fisso in quel punto lontano, quello più in disparte, riparato da un grande salice piangente le cui fronde sfioravano il prato della zona più selvaggia di quel piccolo anonimo cimitero.
Osservava quella lapide ingrandirsi di più ad ogni passo e deglutì a fatica.
Spesso la notte faceva quell’ incubo …
Si ritrovava a camminare su quello stesso vialetto, si avvicinava passo dopo passo e la lapide diventava ad ogni passo più grande, in maniera innaturale.
Quando alla fine la raggiungeva, si rendeva conto che era immensa : copriva il sole, il cielo, ogni cosa intorno spariva inghiottita da quel nero lucido, l’ aria diventava fredda e pesante ed opprimeva i suoi polmoni …
Un terremoto improvviso squassava la terra e la lapide crollava schiacciandolo inesorabilmente …
Si risvegliava di soprassalto, un urlo di puro terrore stretto nella gola, sudato e tremante, ed ogni volta si accorgeva che, a schiacciarlo a terra, a togliergli il respiro, non era quella lapide ma la morte di Bill.
Era la semplice consapevolezza che non avrebbe mai più sentito la sua voce melodiosa e la sua risata cristallina, che non lo avrebbe rivisto mai più.
E in quelle notti, desiderando ardentemente la morte, la fine di quel dolore straziante che lo lacerava, ripeteva un gesto che era stato del suo gemello.
Prendeva fiato, premeva il viso contro il cuscino ed iniziava ad urlare, più forte che poteva, sentendo la gola in fiamme, sentendosi il cuore in frantumi, l’ anima spezzata ed ormai incompleta, e desiderando con tutto sé stesso di poterseli strappare dal petto.
Entrambi.
Le lacrime inondavano la federa candida e la voce diventava roca, e lui rimaneva stremato, inerme prostrato ai piedi di quel dolore che stringeva, stringeva forte le sue viscere in una morsa gelida che gli procurava dei continui conati di vomito, con gli occhi chiusi ed una preghiera chiusa in fondo alla gola …
O forse era una bestemmia …
In ogni caso non raggiungeva mai le sue labbra.
Ogni notte, con la testa che gli scoppiava, allungava la mano al buio fino ad incontrare quelle piccole pillole che gli avrebbero permesso di riposare e si addormentava sfinito, pensando che da quel maledetto giorno, lui aveva perso non solo suo fratello, ma la sua metà perfetta, la sua anima gemella, il suo amico e confidente, l’ unica persona che lo accettasse sempre e comunque, nonostante i suoi infiniti difetti …
Aveva perso la sua ragione di vita.
Quell’ incubo, quelle notti, la feroce consapevolezza della stanza vuota accanto alla sua che lo assaliva con freddi artigli di ghiaccio tagliente, lo stavano facendo impazzire …

Tornò al presente.
Era arrivato di fronte alla lapide e questa non era enorme, era sempre la stessa : nera, di vetro spesso e, come sempre, vi si sedette di fronte a gambe incrociate, lo sguardo fisso sull’ immagine che gli sorrideva serena.
Non gli importava se c’ era il sole o piovesse, non gli importava se poi i sedili della sua macchina erano uno schifo, non gli importava se la gente lo credeva pazzo.
Lui, ogni giorno, si sedeva esattamente come si era seduto migliaia di volte nella loro camera, sul letto di Bill che era diventato il loro posto preferito dove parlare, confidarsi e chiacchierare, di fronte a suo fratello, sin da quando erano bambini.
Lo fece anche quel giorno.
Posò i fiori in modo che non coprissero l’ immagine di Bill, si sedette incrociando le lunghe gambe e, proprio come quando erano bambini, iniziò a raccontargli quello che gli era successo in quelle ultime ventidue ore lontano da lui : da quello che aveva sognato la notte precedente all’ aver notato una nuova pianta nella bancarella davanti al cimitero.
Sorrise ripensando a quando aveva davanti Bill, vivo, con quel ciuffo ribelle sugli occhi, i capelli cortissimi sulla nuca, che sbuffando a metà tra lo spazientito ed il divertito, lo apostrofava :

… <<  Sai Tomi ? Non c’è alcun bisogno che tu mi descriva che faccia aveva la prof di lettere.
C’ ero anche io in classe, se non lo hai dimenticato … >>.
A quel punto, in genere, il ragazzino biondo si zittiva, metteva un po’ di broncio.
<<  Già, è vero … Allora ti lascio in pace e me ne vado nel mio letto … >>.
E allora, Bill lo afferrava per un braccio, lo trascinava sul letto assieme a lui e incominciava a pizzicarlo e a fargli il solletico, chiedendogli di restare con una tenera espressione da cucciolo mortificato.
<<  E’ vero che ero lì, ma mi fai morire dal ridere quando lo racconti … Nessuno imita la professoressa meglio di te ! >>.
E finivano, puntualmente, a rotolarsi dalle risate.
Più di una volta caddero dal letto, facendo un casino infernale e costringendo la povera Simone ad accorrere nella stanza per accertarsi che, anche per quella volta, nessuno di quei due terribili piccoli uragani che erano i suoi figli, si fosse rotto qualcosa.
E lui, Tom, per fare ridere la madre e non farli sgridare, si esibiva in quella sua perfetta imitazione, causa delle risate e della successiva caduta dal letto e la serata finiva sempre in maniera piacevole, con la madre che, dopo averli baciati entrambi con un‘ espressione orgogliosa trattenuta a stento in fondo ai suoi occhi di mamma, dava loro la buonanotte e sbuffava alzando gli occhi al cielo sorridendo a Gordon che li osservava fiero e sornione sulla soglia della stanza …

Di ritorno da quel flashback, lo fece anche lui, adesso.
Alzò gli occhi al cielo alla ricerca di qualcosa o forse solo per ricacciare indietro quelle lacrime che erano salite ai suoi occhi e chiedevano di avere libero sfogo.
Quando si sentì più tranquillo, tornò a posare gli occhi sull’ immagine sorridente del fratello, aveva qualcosa da raccontargli oggi, qualcosa che non fossero le sue giornate vuote di lui e dei sogni che erano stati i loro
Qualcosa che non poteva tacergli.
<<  Sai ? Ieri ho rivisto Nic … E’ cambiata, non è più la ragazzina di quattro anni fa … Nessuno di noi lo è più, in effetti … Ma non vedendola per tutto questo tempo mi ha fatto uno strano effetto … E’ dimagrita tanto … Troppo … Porta i capelli neri lunghissimi a coprirle il viso quasi per intero. Veste di nero dalla testa ai piedi e parla pochissimo … Ci ha a malapena salutati, sfuggendo i nostri sguardi e … Non sorride. Non sorride mai … A dire la verità, questo me lo ha detto la mamma, lei e la nonna di Nic hanno parlato molto e credo che quella simpatica vecchina le abbia confidato tutte le sue preoccupazioni su Nic … Pare che non mangi decentemente da un sacco di tempo e che non abbia mai pianto …  Mai … Sembra assurdo … O almeno lo sembra a me … >>.
Disse Tom abbassando lo sguardo e la voce.
Certo, per lui era una cosa assurda il comportamento della ragazza, per lui, a cui sembrava di non aver fatto altro in quegli ultimi quattro anni.
Quattro anni …
Forse non erano molti ma erano sembrati eterni e forse lo erano stati.
Almeno per lui.
Adesso ne aveva ventiquattro, ma si sentiva terribilmente vecchio …
No.
Non vecchio.
Stanco.
<<  Sai?  >> .
Riprese volgendo nuovamente gli occhi a quelli identici che lo fissavano immobili eppure così …
Vivi.
<<  Venendo qui, questa mattina, stavo cercando di ricordare l’ ultima volta che la ho vista piangere, ma non mi è venuto in mente … >>.
Il ragazzo smise immediatamente di parlare e di respirare …
Il ricordo si affacciò improvvisamente  alla sua memoria, straziandolo.
Tom rivide quella scena come se l’ avesse davanti agli occhi in quello stesso istante …

… Lei stava seduta sul letto di Bill, la schiena appoggiata al muro di quella maledetta stanza bianca e asettica, dove avevano dovuto riportarlo.
Ormai sconvolto dalla polmonite, il ragazzo riusciva sempre meno a respirare da solo, aveva bisogno di quelle cure.
Non appena entrato, con passo reso incerto dalla paura e dal dolore per ciò che avrebbe visto, si rese conto che era l’ amore a regnare in quella stanza.
Bill aveva la testa appoggiata sul grembo della ragazza, e la guardava con infinito amore.
Aveva mandato a chiamare loro tre, aveva già parlato con i loro genitori, con Gordon e David … Loro aveva voluto vederli per ultimi.
Quando entrarono nella stanza e si fermarono sulla soglia, Nic alzò lo sguardo su di loro, uno sguardo sperduto, ferito, lo sguardo di chi non sapeva più come affrontare la disperazione che le attanagliava il cuore e l’ anima.
I tre ragazzi si avvicinarono quando Bill si accorse di loro e voltò il viso, fissandoli.
<<  Gustav … Georg .. Vi ringrazio per quello che avete fatto per me … Non solo avete permesso che il nostro sogno si realizzasse, ma mi siete stati Amici ed io sono orgoglioso di esserlo stato per voi, vi ho avuti sempre al mio fianco … E di questo vi sono molto grato … Vorrei che le vostre vite fossero felici, sempre …  >>.
Fece un sorriso stanco.
<<  Potete promettermelo, ragazzi ?  >>.
I due giovani erano sconvolti dal dolore e dall’ amore e dall’ ingiustizia della vita …
Gli sorrisero tra le lacrime che premevano loro agli occhi, che vi sfuggivano incontrollabili.
<<  Si Bill … Non è proprio una promessa, ma ti assicuro che ci proveremo … Davvero …  >>.
Georg.
Fu il primo ad abbracciarlo.
Lo strinse forte a sé.
<<  Ti voglio bene …  >>.
Subito dopo fu il turno di Gustav che lo abbracciò forte.
<<  Ti voglio bene …  >>.
<<  Anche io vi voglio bene …  >>.
Quella stessa frase nacque spontanea anche dalle labbra del batterista, che poco dopo, aveva raggiunto Georg pochi passi indietro, senza distogliere lo sguardo dall’ amico.
Avere avuto fra le braccia quel fragile fiore spezzato sembrava aver esaurito tutto il loro coraggio.
Bill spostò gli occhi su Tom.
La vista di quel ragazzo dall’ aria scontrosa, il cappellino calcato sugli occhi tempestosi, identico a quello che era stato da piccolo, gli strinse il cuore.
-  … Non lo vedrò mai più …  -.
Il dolore era assordante, inibiva ogni altra sensazione, rimanendo la sola cosa che lui riuscisse a percepire.
Tom.
 Bill non temeva la morte.
Era il non vivere a spaventarlo.
Era l’ idea di perderli e di perdere la possibilità di avere del tempo con loro.
<<  Tom … Tomi … Non ti avvicini nemmeno ? …  >>.
Chiese Bill, un tremito nella voce che tradiva il suo dolore.
<<  Non farmi questo, Tom … Non avercela con me, ti prego …  >>.
Nic, che non aveva spostato gli occhi da Bill per un solo istante, li alzò improvvisamente su di lui.
E lui li sentì.
Su di sé, dentro di sé, quegli occhi blu così profondi e così disperati, persi, terrorizzati.
Lo stava implorando con lo sguardo, lo stava supplicando di non farsi pregare da suo fratello, gli stava dicendo silenziosamente che quello non era il momento per il suo stupido orgoglio …
-  Orgoglio!  -.  Pensò il biondo in un impeto di rabbia.
-  Ma cosa cazzo ne sanno loro … !  -.
Sentiva la furia montargli dentro, le lacrime riempirgli gli occhi, ma le ricacciò.
<<  Avercela con te ? … Non dovrei avercela con te?!? Cristo Bill! Mi stai lasciando! Te ne stai andando senza di me, dove io non posso seguirti!  >>.
<<  E mai vorrei che tu lo facessi Tom …  >>.
Rispose il ragazzo stancamente.
<<  Tu … Tu non puoi farlo ecco!  >> Esclamò il biondo, cocciuto.
Come se dire quelle parole potesse in qualche modo renderle reali, possibili …  
<<  Io non sarò più nulla senza di Te! … Io e Te siamo una cosa sola, non mi puoi lasciare qui da solo … La notte mi porterà via …  >>.
La voce del giovane rasta si incrinò.
<<  Ma non sarai solo … Loro saranno con te, e la mamma, Gordon e papà, a modo suo…  >> Sorrise stancamente.
<< … Non sarai solo, Tom …  >>.
Tom si era avvicinato ed era caduto sulle ginocchia, accanto al letto di Bill, lo abbracciò, nascondendo il viso e la sua debolezza sul petto del fratello, lasciandosi cullare dal suo debole respiro.
<<  No, sarà peggio che essere solo … Sarò … Sarò senza di Te …  >>.
Il corpo del ragazzo era scosso da violenti singhiozzi, la voce gli tremava forte.
Bill gli posò una mano sui capelli, accecato dal dolore e dall’ amore per quel suo forte ed insieme fragile fratello, gli alzò il viso, accarezzandolo.
<<  No, Tom, tu sei tutto quello che sono io, tutto quello che mi scorre nelle vene … Non te lo dimenticare, mai … Non sarai solo, Tom … Te lo prometto … Io sarò sempre accanto a te, dentro di te, in tutto ciò che farai, in tutto ciò che sarai, in tutto ciò che diventerai … Te lo prometto, devi fidarti di me …  >>.
Voleva consolare il suo gemello e …
Sé stesso.
Sapere che qualcosa di lui sarebbe rimasto in vita attraverso suo fratello era terribilmente, dolorosamente consolante.
Tom alzò gli occhi sul viso del gemello , aveva l’ aria stanca, l’ aveva sempre avuta, ma non aveva mai smesso di lottare, lo aveva fatto anche per lui, perché sapeva che non era pronto.
Tom si sentì un egoista.
Doveva lasciarlo andare.
<<  No, Bill, non ce l’ ho con te … Perdonami per quello che ti ho detto … Ti prego …  >>.
<<  Ho già dimenticato …  >>.
Gli sorrise, un sorriso dolcissimo.
Lacrime amare e ardenti ardevano sulla pelle dei tre ragazzi che, silenti, assistevano a qualcosa di così grande, di così vero, di così intenso da non poterlo quasi sopportare.
Ma per Tom, gli occhi asciutti di suo fratello, la sua calma, furono un duro colpo.
Proprio lui che avrebbe avuto il diritto di avere paura era l’ unico a non aver versato una sola lacrima, seppure i suoi dolcissimi occhi di quel caldo nocciola ambrato fossero lucidi.
Tom era orgoglioso di lui … E lo amava.
Il cuore sembrava scoppiargli nel petto.
<<  Ti voglio bene Tomi …  >>.
<<  Ti voglio bene Billie …  >>.
Lo dissero insieme e si sorrisero il loro identico sorriso, guardandosi in quei loro identici occhi nocciola, caldi e intensi.
Bill avvicinò nuovamente il volto a quello del fratello, sfiorandogli l’ orecchio, in un sussurro solo per lui.
<<  Stalle accanto … Non lasciarla sola, ti prego …  >>.
Una preghiera.
Tom sollevò gli occhi stupiti in quelli del fratello.
Si sentì maledettamente in colpa, ebbe paura che …
Ma quello che si trovò davanti era uno sguardo sereno, un sorriso celato all‘ interno di esso, pienamente consapevole di quello che aveva detto, sincero.
Tom si alzò e si avvicinò agli altri che erano rimasti accanto al letto.
Nessuno di loro aveva il coraggio di staccare lo sguardo dal quel ragazzo inerme tra le lenzuola.

Bill voltò lo sguardo, e lo posò su Nic.
Qualcuno aveva acceso lo stereo, “Don’t Cry” avvolse quel momento con le sue note di pura struggente malinconia, ferendolo eppure, stranamente, consolandolo.
La loro canzone.
Bill allungò una mano, sfiorò con la punta delle dita l’ ennesima lacrima che era scesa dagli occhi di lei, chiedendosi come qualcosa di così fragile e delicato potesse essere la manifestazione di un sentimento così forte e intenso e grande, come quella semplice goccia d’ acqua salata, così facile da dissolvere con un semplice gesto lieve, potesse ferire e fare così male e gli sembrò assurdo, inconcepibile.
Si chiese come potesse rigarle così delicatamente la pelle bruciandola al suo passaggio e come potesse qualcosa che nemmeno gli apparteneva, straziargli l’ anima con quel dolore insopportabile …
-  Ma forse mi sbaglio  -.  Pensò tristemente il ragazzo sentendosi colpevole e vigliacco.
-  … Quella lacrima mi appartiene e pesa così tanto perché porta con sé i miei errori i miei sbagli, le mie colpe, il dolore che io ho inflitto …  -.
Strinse gli occhi forte, come quando, da bambino, non voleva rendere reale quello che non gli piaceva, sperando di farlo sparire semplicemente impedendosi di vederlo …
Non riusciva a sopportare la vista di quella innocua goccia d’ acqua che gli ricordava tutti i suoi fallimenti …
-  Non voglio vederla … Non voglio che lei pianga …  -.
E, forse solo in quel momento, si rese conto che non lo faceva per lei ma per sé stesso …
-  Egoista sino alla fine … Non riesci proprio a riscattarti …  -.
<<  … Bill …  >>.
Un sospiro.
<<  Apri gli occhi, ti prego … Ho bisogno di vederli …  >>.

Forse anche lei era un po’ egoista …
E Tom, che non voleva lasciarlo andare via, e Georg e Gustav, che non riuscivano a fargli quella semplice promessa …
Forse, alla fine, tutti loro lo erano.

Ma loro …
Loro avrebbero avuto il tempo per riscattarsi, mentre lui, lui no …
Lui aveva terminato il suo tempo.
<<  Bill … Ti prego …  >>.
Di nuovo la sua voce, la sua supplica, il suo devastante dolore così tangibile da togliergli il respiro con la sua sola presenza, il suo bisogno che rispecchiava così perfettamente il proprio … Aprì gli occhi e lo vide.
Vide il dolore, la sofferenza, la disperazione, i sogni infranti, la speranza che, combattendo anche contro l’ ineluttabilità della verità, lei aveva sempre conservato e protetto e nutrito in fondo al suo cuore, l’ incredulità, le lacrime e, al di sopra di tutto questo, vide l’ Amore …
Il suo Amore per lui …
Vide il suo sorriso dolce che le tremava sulle labbra morbide, vide il riflesso della felicità che avevano condiviso e seppe che qualcosa di buono lo aveva fatto anche lui, per lei …

E lì, in quegli occhi che riflettevano la sua sconfitta più grande ma anche la sua più importante e dolce vittoria, trovò il suo riscatto …

<<  Non piangere piccola … Ti prego, non piangere …  >>.
E, nell’ istante in cui quelle parole sfiorarono le sue labbra, fu lui a non riuscire a trattenere le lacrime.
Calde e incontrollabili nacquero dai suoi occhi accarezzandogli lentamente il viso sottile e pallido, posandosi leggere sulle sue labbra.
La strinse forte a sé, affondando il viso nel suo corpo caldo.
<<  Credimi … Domani starai meglio, te lo prometto … Fidati di me, Nicola …  >>.
Un sospiro, faticava a parlare tanto.
<<  Mi dispiace Nicola … Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto … Per quello che ti sto facendo …  >>.
Lei sorrise, quel sorriso che sapeva lui amava, bagnandolo di calde lacrime.
<<  Cucciolo … Ti dispiace di avermi fatta stare bene? Di avermi regalato la felicità, di avermi fatta sentire innamorata e amata e felice e viva? Di avermi regalato il tuo Amore? Credi che ci sia qualcosa di meglio che avrei potuto desiderare? … Non c’è, Bill … Io volevo te … E ti ho avuto … Qualsiasi sia il mio destino, non mi importa, non potrei davvero chiedere di più alla vita …  >>.
Bill, con le lacrime che ancora scendevano sul viso, la guardò negli occhi, quei meravigliosi occhi blu che lui amava.
<<  Ti amo, Nicola … Ti amo tanto … Ti amerò per sempre …  >>.

I loro respiri si fusero in uno, le loro labbra si unirono.
Le loro lingue si sfiorarono cercandosi.
Non era un bacio.
Non era un addio.
Non era un arrivederci.
Era solo l’ espressione dell’ Amore che sentivano dentro.
Erano solo Loro.

Stava finendo.
Il tempo a sua disposizione si stava esaurendo …
Bill sapeva di averlo consumato, bruciato, correndo …
Correndo per raggiungere il suo sogno, il Loro sogno, correndo per renderlo reale, correndo per cogliere ogni singolo istante e vivendolo fino in fondo …
Aveva corso ed aveva raggiunto tutto quello che desiderava …
E poi …
Aveva raggiunto lei …
Il suo tempo stava finendo, quei secondi li sentiva sfuggire via, scivolare tra le sue dita come i capelli di seta di quella ragazza, la sua ragazza, la sua Nic … Nicola …
-  … Ho vissuto … E ho avuto il suo Amore … Sono felice, solo … Ho freddo e paura …  -.

<<  Abbracciami, Nicola, per favore …. Non lasciarmi solo … Fa così … Freddo …  >>.
La voce rotta dal pianto di Bill fu una pugnalata per quei quattro cuori già messi a dura prova.
<<  Restate tutti … Vi prego …  >>.
I tre ragazzi si avvicinarono e si sistemarono attorno a lui sul letto, abbracciando il suo corpo, cercando di dargli forza e coraggio, di trasmettergli il loro calore e di fargli sentire che erano lì con lui …
Nic, il cuore gonfio d’ amore per quei ragazzi, grata fino a starne male, per la loro presenza, per il loro stesso amore nei confronti di Bill …
Strinse sul suo seno la testa del ragazzo, il respiro nei suoi capelli.
<<  … Ti amo Bill …  >>.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso, quel viso che l’ aveva  benedetta e maledetta insieme e che l’ avrebbe torturata  per il resto della sua vita.
<<  … Ti amo Nicola …  >>.
Bill la strinse un po’ di più a sé, assorbendo il calore del suo corpo morbido, strinse la mano a suo fratello, li accarezzò ancora una volta tutti con lo sguardo, sorrise.
<<  … Vi amo tutti …  >>.
Un sospiro.
L’ ultimo.
Bill chiuse gli occhi, per non riaprirli mai più.

Rimasero fermi così ancora per qualche minuto, poi Tom si alzò, uscì in fretta dalla stanza, corse nel parco della clinica e urlò.
Il viso rivolto al cielo, la pioggia che si confondeva alle sue lacrime, che lo bagnava inzuppandogli i vestiti.
Non c’era una preghiera in quell’ urlo, nemmeno una domanda.
Solo dolore.
Pochi istanti dopo si trovò a terra, la ghiaia che feriva le sue ginocchia, stretto tra le braccia di Nic, sentiva il suo profumo, il suo calore, la sua voce dolce che pronunciava il suo nome.
Ma soprattutto, attraverso la fitta cortina del suo dolore poteva ancora sentire il dolore della ragazza, le sue lacrime, il suo respiro affannato.
-  … Nic … Nicola …  -.
Nascose il viso sul suo collo e pianse.
Georg e Gustav stavano ai loro lati, due statue di sale, pietrificati, distrutti e sconfitti dal dolore.

Tom tornò improvvisamente alla realtà.
Il cuore gli batteva nel petto come impazzito.
L’ aria faticava ad entrare ed uscire dai polmoni.
Sudava freddo …
Erano quattro anni, quattro interminabili anni, che non pensava a quel giorno.
Non voleva ricordare il giorno in cui suo fratello, il suo gemello, gli aveva detto addio, aveva detto addio a tutti loro, aveva detto addio a Nic.
E quello era il motivo per cui non ricordava quando Nic avesse pianto l’ ultima volta …
Era stato quel giorno, con Bill stretto tra le braccia e quel <<  Ti Amo  >> lieve  che bruciava sulle labbra …
Quella era stata l’ ultima volta che Nic aveva pianto.
E improvvisamente il solo ricordo di quelle lacrime, bruciò sulla sua pelle e nel suo cuore quasi più delle proprie.
Si alzò da terra e si spolverò la ghiaia dai pantaloni, barcollando leggermente.
Quel ricordo lo aveva spiazzato, così improvviso ed inaspettato …
Non era pronto ad affrontarlo e tanto meno a sopportarlo.
Lo aveva evitato per così tanto tempo …
Riviverlo, gli aveva chiuso lo stomaco in una morsa d’ acciaio e fatto venire nausea.
Osservò ancora qualche istante l’ immagine sorridente del fratello.
<<  Ciao Bill, a domani …  >>. Disse piano.
Poi si voltò ed allontanò in silenzio, salutò distrattamente l’ anziano alla bancarella dei fiori, salì in macchina e si diresse verso casa.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17 ALLORA... ECCOMI DI NUOVO QUI PER LA GIOIA DELLA MIA LETTRICE PREFERITA!
MANU, COSA POSSO DIRTI CHE GIA' NON SAI (DATO CHE SAI ANCHE COME PROSEGUIRA' QUESTA STORIA CHE ORMAI E' GIUNTA AGLI SGOCCIOLI...) POSSO SOLO RINGRAZIARTI, COME SEMPRE... (MAMMA MIA... MI ANNOIO DA SOLA A VOLTE! X°D!)... MA QUESTO E'! GRAZIE... PER LE BELLE PAROLE, PER L' INCORAGGIAMENTO COSTANTE, PER LA TUA MAIL CHE HA CHETATO UN PO' LE MIE ANSIE (ASSURDO, MA ANCORA ADESSO IL CAPITOLO PRECEDENTE MI "PREOCCUPA" ç_ç) PER ESSERCI SEMPRE... (ANCHE PER QUELLO CHE RIGUARDA ALTRE STORIE "INEDITE"... MI SA CHE TI STO STRESSANDO ASSAI! X°D!)
DI QUESTO CAPITOLO NON SAPREI DAVVERO COSA DIRE... LE COSE SI SONO EVOLUTE UN PO' PER I FATTI LORO, GUIDATE DAL MIO SEMPLICE DESIDERIO DI UN HAPPY ENDING... QUINDI... BUONA LETTURA SANTA RAGAZZA E A PRESTO!


Una volta arrivato a casa, trovò ad attenderlo una sorpresa, sorpresa che non seppe se giudicare lieta o meno.
Si sentiva confuso e tutto quello gli sembrava strano e … Fuori luogo.
Sedute sul divano, assieme a sua madre, c’ erano due donne : una molto anziana, l’ altra molto giovane.
Tom pensò che non fosse stata una buona idea riportare Nic in quella casa, che aveva condiviso con lui e Bill fino a qualche anno prima.
Troppi anni prima o, forse, non abbastanza.
La madre lo abbracciò.
<<  Tom, tesoro, non saluti le nostre ospiti?  >>. Sul viso un’ ombra di speranza.
-  … Ospiti … Questa casa è tanto sua quanto mia …  -.  Riflettè afflitto il rasta osservando Nic.
<<  Ho pensato che avremmo potuto pranzare tutti assieme … Ho chiamato anche Georg e Gustav …  >>.
-  Brava mamma …  -.  Pensò ingenerosamente il ragazzo.
-  Proprio una bella rimpatriata di fantasmi … Fantasmi di ciò che siamo stati, di ciò che rimpiangiamo ... Di ciò che non saremo mai più …  -.
Ma sapeva di essere ingiusto nei confronti di sua madre, sapeva che non l’ aveva fatto con l’ intenzione di ferire nessuno, non era certo colpa sua se erano ancora tutti così maledettamente fragili.
Lui personalmente si sentiva di cristallo, come se il minimo soffio d’ aria avesse potuto mandarlo in frantumi o, per lo meno, mandare in frantumi quella parvenza di normalità che si era faticosamente creato e che aveva ostentato negli ultimi quattro anni, con gli altri e con sé stesso.
Lo stesso sorrise alla madre e si chinò a baciare la guancia di quella che, ricordava, essere un’ adorabile vecchina, seppure adesso sembrasse davvero molto più vecchia e più stanca.
Poi si ritrovò di fronte Nic.
Lei si era educatamente alzata, la sua testa sfiorava appena il mento del ragazzo e adesso lui la stava osservando dall’ alto, notando che lei non sembrava desiderare affatto un contatto più ravvicinato di quello, con lui, nè un contatto visivo.
Tom si scostò da lei, assecondando quella sua muta richiesta, dopotutto gli sembrava anche più fragile di lui e aveva un’ aria così distante, distaccata.
Ma forse, quella, era la sua maschera, la sua parvenza di normalità.
<<  Ciao  >>. Le disse piano, senza sfiorarla se non con lo sguardo e sentendo ugualmente dolore, cos’ altro poteva dirle?
Era tutto davvero molto penoso : loro due, in quella stessa stanza, davanti a quello stesso camino, tra quegli stessi muri che avevano visto i loro sorrisi, il sorriso di Bill, la sua felicità di essere di nuovo a casa, di sentire di nuovo Nic tra le sue braccia.
Per un attimo il ragazzo avrebbe voluto chiederle scusa.
-  Scusa per cosa, poi?  -.  
Pensò.
Ma non lo sapeva.
Avrebbe solo voluto trovare una parola, anche una soltanto, che potesse avere un qualche senso per lei, per loro, per quella situazione.
Ma non c’ era.
E la sua vista lo stava straziando.
Così, cercò una scusa per potersi allontanare da lei, si scusò dicendo che sarebbe andato a rendersi presentabile.
Lo sguardo di Nic era ancora fisso dov’ era quando lui era entrato nella stanza, come se, guardare qualcosa che non fossero le sue scarpe, potesse farle male.

Come se guardare lui potesse farle male.

Sotto il getto dell’ acqua calda che accarezzava la sua pelle, Tom pregò che riuscisse a lavare via anche quella sensazione di freddo disagio che regnava in quella casa e nel suo cuore.
Mentre si rivestiva, sentì suonare alla porta.
Lui non aveva mai smesso di frequentare Georg e Gustav, ma Nic sì …
Li aveva rivisti solo di sfuggita il giorno prima, dopo quattro anni e, quando li aveva incontrati, non gli era sembrata troppo entusiasta.
Sentiva che molti equilibri, fin troppo labili, erano in pericolo quel giorno.
Scese rassegnato nella sala e li trovò esattamente come si era aspettato di trovarli, in piedi ad osservare ognuno qualsiasi cosa che non fosse l’ altro.
Gustav teneva per mano Diane, loro si erano ritrovati ed erano rimasti uniti, la tragedia aveva rafforzato il loro legame, aiutandoli a trovare conforto l’ uno nell’ altra …
Per un istante si chiese come mai non fosse successo a lui e Nic.
Ma il suo riflesso sul vetro delle grandi finestre, gli ricordò il motivo …
Il sorriso di Bill, gli stessi occhi …
Nic non sopportava quella vista.
Si calcò un po’ di più il cappellino sulla fronte desiderando, per la prima volta in vita sua, di non assomigliare tanto a suo fratello, per poi scusarsi immediatamente con lui.
-  Scusa Bill … Scusami, solo che … Mi fa male sapere di ferirla solo per il semplice motivo di esistere, di essere quello che sono …  -.
Strinse con rabbia i pugni e se li ficcò in fondo alle tasche dei jeans enormi.
Si sedettero a tavola, il silenzio che calò su di loro era davvero imbarazzante, Tom si dispiacque del fatto che nemmeno la vista della sua migliore amica riuscisse a scuotere Nic, la stessa Diane ne sembrava terribilmente dispiaciuta e se ne stava in disparte ad osservare la ragazza, cercando di reprimere il suo evidente desiderio di abbracciarla.
Gordon chiacchierò di tutto un po’ e, data la situazione, Tom dovette ammettere che fu davvero brillante o che, per lo meno, ce l’ avesse messa tutta per esserlo, cercando di intavolare un discorso con la nonna di Nic, che rispondeva cortesemente.
Ma la discussione non prendeva il volo.
Sì, era decisamente penoso.
Alla fine del pranzo, Nic, con un filo di voce, chiese se poteva andare in bagno.
<<  Conosco la strada …  >>.
Quella semplice frase, un lieve tremito nella sua voce, ebbero la sconvolgente forza di farlo soffrire  come se avesse appena preso un pugno dritto nello stomaco, alzò uno sguardo perso sui suoi amici, Gustav e Diane guardavano verso le scale, gli occhi di Georg erano tristi, terribilmente consapevoli e rassegnati.
Passarono molti minuti e, non vedendola tornare, Tom salì a vedere se avesse bisogno di qualcosa.
Ma quello che vide servì solo a spezzargli il cuore …

Nic se ne stava immobile davanti alla camera di Bill, gli occhi chiusi, la fronte appoggiata alla porta …
La accarezzava piano con la mano, come se contenesse qualcosa di molto prezioso, come se fosse una cosa viva.
Non piangeva.
Per un attimo Tom aveva desiderato che lo stesse facendo, che prendesse a calci quella maledetta porta, solo per essere sicuro che in lei ci fosse ancora qualcosa di umano.
Non che la credesse un mostro, ma il fatto che non avesse mai pianto, lo turbava molto.
Soffocando l’ istinto di avvicinarsi a lei, le voltò le spalle, non voleva violare la sua intimità, tornò in sala e disse :
<<  Va tutto bene, scenderà tra un attimo  …  >>.
Ma l’ occhiata che lanciò ai suoi tre amici fece comprendere loro che no, non andava tutto bene.

Tornata Nic, Simone servì il caffè ed un dolce, il preferito della ragazza.
Quello di Nic rimase intoccato, come tutto il pranzo, del resto.
La ragazza non aveva toccato cibo, ci aveva solo giocherellato con la forchetta.
Alla fine le due donne si alzarono, la nonna salutò e ringraziò la mamma per l’ ottimo pranzo e aggiunse, rivolgendo lo sguardo su sua nipote.
<<  Siamo tornate a stare nella nostra vecchia casa, sa, sono anziana e preferisco stare in casa mia … E penso faccia bene anche a Nic …  >>.
-  Certo!  -  Pensò Tom con un moto d’ ira.
-  Gli fa bene di sicuro stare nella sua vecchia camera, quella in cui ha vissuto tutta la sua storia con Bill, in quello stesso letto che ha diviso con Lui …  -.
Un attimo di dolore gli attraversò il petto a questo pensiero, poi la rabbia tornò padrona dei suoi sentimenti, invadendo la sua mente.
-  … E parlano di lei come se lei non fosse presente …  -.
Ma la cosa sembrò non sfiorare la ragazza che stava sulla porta, gli occhi bassi, il viso nascosto dai lunghi capelli neri.
Non appena se ne furono andate, Georg ruppe il silenzio.
<<  … Nic … Non sta bene, mi pare …  >>.
Tom si girò di scatto verso il ragazzo, aggredendolo, sfogando la rabbia che sentiva dentro, contro l’ amico.
<<  Cazzo Georg! Che fine osservatore, che grande psicologo che il mondo si è perso! No che non sta bene! Non sta bene affatto! La nonna se la porta dietro come un cagnolino al guinzaglio, spostandola come si sposta un soprammobile per spolverare, parla di lei come se non fosse presente! E poi la riporta qui, in questa casa … Come potrebbe stare bene?!?  >>.
Lo sfogo del ragazzo era stato accolto dagli occhi spalancati di Gustav e Diane, Georg invece, aveva lo sguardo sereno.
-  Mi chiedevo da un sacco di tempo quando Tom sarebbe esploso … Avrei dovuto immaginare che l' inconsapevole detonatore sarebbe stata lei ...  -.
<<   Mi dispiace  >>. Disse la voce triste della madre alle sue spalle.
<<  Sia la nonna che io credevamo che potesse esserle d’ aiuto tornare qui … Fuggire non serve a nulla, Tom … Speravamo che la scuotesse dalla sua apatia … Inoltre, credo che dovresti essere un po’ più generoso verso quella donna … Ha una certa età, Nic è la sua sola famiglia e lei la ama immensamente, così come ha voluto bene a Bill e ne vuole a tutti voi … Non è stato facile per lei vedere degenerare la situazione, vedere Nic stare ogni giorno più male, sentirla ogni giorno più lontana … E questi ultimi quattro anni non sono stati semplici nemmeno per lei … A volte, troppo coinvolti dal nostro dolore tendiamo ad ignorare quello degli altri …  >>.
A Tom la rabbia cadde rapida come era arrivata, si avvicinò alla madre e la abbracciò.
Anche lui stava ignorando il dolore di sua madre e dei suoi amici.
<<  No, scusa tu … Non volevo prendermela con te o con la nonna di Nic, né tantomeno con Georg …  >>.
Disse avvicinandosi al ragazzo.
Un rapido abbraccio anche all’ amico.
<<  Scusate, è … E’ questa situazione che mi fa saltare i nervi …  >>.

Detto questo salì diretto in camera sua, ma si ritrovò ad aprire quella stessa porta che poco prima Nic stava sfiorando.
Vi posò la mano sopra, come a voler ritrovare il calore della mano della ragazza, poi l’ aprì e, poco dopo, era sul letto del fratello, il viso premuto sopra il cuscino, un urlo soffocato che usciva dalle sue labbra, in quel gesto di sfogo che era stato anche del suo gemello.
<<  Perché la hai lasciata sola, Bill ? Perché ci hai lasciati tutti ? … Non ce la facciamo senza di te … Nessuno di noi … Io non ce la posso fare da solo …  >>.
Lacrime.
Si chiese quante ancora ne avrebbe dovute versare, quante ancora ne possedesse.
Sperò che prima o poi potessero finire.

Nel frattempo Nic stava seduta accanto alla nonna, guardando distrattamente fuori dal finestrino.
Ricordò di aver percorso quella strada da sola una notte e che, quella notte, i ricordi invadevano la sua mente vividi come appena vissuti.
In quel momento invece la sua mente era vuota, non credeva nemmeno di avere mai avuto dei ricordi, né di aver mai vissuto nemmeno uno di quei momenti che ora sembravano essere dissolti nel nulla che la avvolgeva e invadeva..
Tutto si perdeva in un’ immagine sfocata, senza contorni né contenuto.
Il nulla.
Sentiva solo vagamente lo sguardo preoccupato della nonna fisso su di lei.
Avrebbe voluto voltarsi verso di lei, dirle ciò che voleva sentirsi dire da tre anni, dirle che andava tutto bene, che lei stava bene.
Ma non ci riusciva.
Non poteva.
Le faceva male sapere che si preoccupava per lei, ma non era in grado di porre rimedio al dolore di nessuno.
Nemmeno al proprio.

Dopo quel primo incontro ne seguirono altri.
Si ritrovavano a pranzo, insieme ai ragazzi, alla sua migliore amica, quella che avrebbe voluto saper abbracciare, se solo uno spesso vetro freddo non si fosse innalzato tra lei ed il resto del mondo.
-  Sono un mostro  - Pensò scoraggiata la ragazza.
-  Un orrido, spregevole mostro, senza pietà, senza … Vita … Che sa solo far soffrire le persone che più ama al mondo … Faccio schifo …  -.
Ogni volta che si vedevano, la scena si ripeteva identica.
Il silenzio era protagonista assoluto e stavano tutti a guardarsi le scarpe, bevendo il caffè che Simone serviva in sala dopo ogni pranzo.
E, ogni volta, loro se ne andavano sempre in silenzio.
Tom credeva di impazzire, ogni volta cominciava ad urlare.
<<  Giuro che se continua ad esserci questo maledetto silenzio ad ogni maledetto pranzo, salgo sul tavolo e mi metto a strillare!  >>.
<<  Lo stai già facendo, Tom >>. Gli diceva allora uno dei ragazzi  
<<  E non serve a molto, dopotutto …  >>.
<<  Lo so  >>.  
Rispondeva sconfitto il ragazzo, le braccia inermi lungo i fianchi e, come ogni volta, si rifugiava in camera del fratello, esasperato da quella situazione.

Nonostante le cose non migliorassero molto, le due donne continuarono ad accettare quegli inviti e Nic continuò a vedere quelli che erano stati i suoi migliori amici …

In realtà forse qualcosa stava cambiando, dentro di lei.
Avrebbe tanto voluto poterli abbracciare e trovare conforto e riposo per il suo cuore e la sua anima infranti tra le loro braccia, ma la cosa non era così semplice …
Sembrava che quel muro eretto attorno al suo cuore per difendersi dal male, le stesse impedendo di vedere anche il bene, e che non fosse semplice da abbattere …

Soprattutto, avrebbe voluto abbracciare Tom.

Vedeva che il ragazzo soffriva per quella situazione e lei avrebbe voluto aiutarlo.
Le sembrava che sfuggisse il suo sguardo e questo la addolorava seppure, da una parte, le fosse di sollievo non vedere quegli occhi così maledettamente identici a quelli di Bill.
Il suo Bill.
Bill …
Quel nome continuava a rimbombarle nella testa, così come l’ immagine di quel volto, di quegli occhi, di quel sorriso ...
Ma lei non sentiva nulla.
Nulla.
Il vuoto.
Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto sentire qualcosa, qualsiasi cosa.

Tom, steso sul letto di Bill, pensava tra sé e sé che avrebbe dovuto mettere fine a quella situazione.
Del resto, si rendeva conto che a spingerlo non era più solo la situazione in sé, ma qualcosa che sentiva premergli sempre più insistentemente sul cuore, reclamando la sua attenzione.
Quel qualcosa aveva il nome di un sentimento che non credeva di aver mai provato prima che quella ragazza entrasse nelle loro vite, anzi, adesso che lo sentiva così prepotentemente dentro di sé, sapeva per certo di non averlo mai provato.
Quel qualcosa aveva un volto e due profondi occhi blu.
Quel qualcosa aveva un nome … Nic.
Nonostante fosse passato molto tempo ormai, provare quel sentimento lo faceva sentire male, sporco.
-  Come posso fare una cosa del genere a Bill?  -.
Ma, del resto, suo fratello non c’ era più e, quasi giustificandosi, pensò che forse sarebbe stato contento di saperla con lui piuttosto che con chiunque altro.
-  E’ una giustificazione debole e patetica …  -.
Pensò il ragazzo.
Ma non gli venne in mente altro e non riusciva comunque a soffocare quello che sentiva.
Ci stava provando da molto tempo ormai, da quando era riuscito a capire ciò che provava, e non ci era ancora riuscito.
Ora era stufo di provarci.
Prese così una decisione : avrebbe portato Nic nell’ unico posto che credeva potesse infrangere quella sua apatia.

La mattina dopo, non appena Nic e sua nonna arrivarono, scese deciso le scale e, senza nemmeno salutare, prese la ragazza per un braccio e la trascinò fuori, verso la sua auto.
<<  Lasciami  >>. Un impeto di rabbia nella voce della ragazza.
Per un attimo Tom desiderò che lei lo prendesse a schiaffi, che litigasse con lui come avevano sempre fatto, sarebbe stata comunque una reazione, ma la ragazza tornò silenziosa come al solito e si sedette in macchina accanto a lui, lasciandosi guidare priva di volontà.
Pensava di sapere cosa lui volesse fare ma non riusciva a capire se lo desiderasse o meno.
<<  Non ci voglio andare …  >>. Disse con voce flebile.
Ma Tom era deciso, lo sguardo duro fisso sulla strada davanti a lui, dura la voce che le rispose.
<<  Non mi interessa cosa vuoi o non vuoi fare, verrai con me … Adesso basta scappare, sono quattro anni che non ti avvicini a quel luogo e questo non fa cambiare la situazione …  >>.
La voce si alzò ulteriormente una volta fermatosi ad un semaforo e voltatosi verso di lei.
<<  Guardati!  >>. Adesso stava urlando.
<<  Cazzo! Hai un aspetto orribile, non mangi, non dormi, non parli, non ridi e … Cristo ! Non piangi ! …  >>.
Lei lo guardava come se fosse coperto da un velo, stava pensando.
-  Ha ragione … Ha ragione ma io non ci voglio andare, non posso farlo … Non da sola …  -.
Quasi come se le avesse letto nel pensiero il ragazzo, ripartendo e tornando a fissare la strada, stava dicendo sottovoce.
<<  … E poi non sarai sola … Ci sarò io con te …  >>.

Quelle poche parole, quel tono sommesso, un lieve fremito del cuore, qualcosa che lei non provava più da molto tempo …

Non rispose, si voltò verso il finestrino ad osservare quella pioggia sottile ed insistente che rigava il vetro.
Tom fermò la macchina sempre allo stesso posto e, aperta la portiera alla ragazza, attese sotto la pioggia che lei uscisse.
Ma Nic non sembrava intenzionata a farlo.
<<  Non posso …  >>.
Il biondo sentì la rabbia travolgerlo.
-  E no ! Adesso basta ! A costo di trascinarla per i capelli, lei verrà con me!  -.
Pensò cercando di ignorare la sensazione quasi dolce che quelle due semplici parole, “con me” , avevano prodotto in lui.
Si riscosse, prese Nic per un braccio, la fece scendere dall’ auto e la trascinò oltre quel maledetto cancello, lungo quel maledetto viale, fino a quella maledetta lapide che brillava lucida sotto il velo di pioggia che vi si era posato sopra.
La lasciò bruscamente, la ragazza barcollò e cadde sulle ginocchia davanti all’ immagine sorridente di Bill che la fissava …
Sentì qualcosa premergli sulle orecchie e poi le note di una canzone, una canzone che lei non ascoltava più da anni, una canzone che lei amava e che aveva dovuto e voluto escludere dalla sua vita, aveva dovuto farlo per sopravvivere …
E adesso era lì, la stessa di sempre eppure sconosciuta, dolore, lacrime, struggente poesia, sogni e speranze mai svelati, infranti …
I suoi.
Avrebbe voluto fare qualcosa, ma una forza che lei non riusciva a contrastare, la teneva ferma al suolo, sulle ginocchia, gli occhi fissi su quella fotografia …

Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
And please don’t cry
I know how your feel inside now
I’ ve been there before
Somethin’ is changin’ inside you
And don’ t you know
Don’ t you cry tonight
I still love you baby
Don’t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
Give a whisper
And give me a sight
Give me a kiss before you tell me goodbye
Don’ t you take it so hard now
And please don’ t take it so bad
I’ ll still be thinkin’ of you
And the times we had … Baby
And don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
And please remember
That I’ll never lied
And please remember
How I felt inside now … Honey
You gotta make it your own way
But you’ ll be allright now … Sugar
You’ ll feel better tomorrow
Come the morning light now … Baby
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry
Don’ t you  ever cry
Don’ t you cry tonight  …
Baby … Maybe someday …
Don’ t you cry
Don’ t you ever cry
Don’ t you cry …
Tonight …

Era morto, morto …
Ma la sua espressione era così piena di vita, il suo sorriso trasmetteva ancora calore ed era così luminoso, i suoi occhi brillanti …
Poteva quasi sentire il suono di quella risata gioiosa, della sua voce …
Lei sentì il cuore infrangersi ancora una volta, e ancora e ancora …
Si alzò di scatto, si strappò con rabbia quelle cuffie dalle orecchie lanciandole a terra, si voltò verso Tom.
<<  Perché mi stai facendo questo ? Io … Io ti odio … Ti odio!  >>.
Urlava frasi sconnesse e lo stava prendendo a pugni sul petto, con forza.
Il ragazzo stava lì fermo, sentiva quei colpi pieni di rabbia e frustrazione abbattersi su di lui e, seppure facessero male, un sorriso triste gli si dipinse sul volto.
- E’ pur sempre qualcosa … -.
Seguendo un impulso che non riuscì a frenare, la strinse forte a sé.
<<  Nic … >>.
Sussurrò il suo nome con disperazione e desiderio.
La ragazza spalancò gli occhi, si immobilizzò, sentiva il battito del cuore del ragazzo sotto il suo orecchio, aveva un suono così confortante …
Le sue braccia attorno al corpo erano ferme, salde, così calde, di quel calore che le mancava da così tanto tempo, la sua voce che pronunciava il suo nome come fosse una preghiera …

Scoppiò in lacrime, lacrime che bagnavano la maglietta del ragazzo, lacrime che si confondevano con la pioggia e che, finalmente, le rivelavano quel suo dolore per troppo tempo soffocato, lacrime che le spezzavano il cuore e che allo stesso tempo lo curavano.
<<  Era ora, Nic … Era ora …  >>.
Il ragazzo allentò un poco la presa su di lei ma senza riuscire ad allontanarla da sé adesso che finalmente la sentiva fra le sue braccia, le sfiorò il viso, lo alzò verso il suo.
Gli occhi di Nic erano ancora pieni di lacrime ma erano così belli, così intensi …
E lui li desiderava.
Desiderava ogni cosa di lei, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bocca, il suo cuore …
Quel desiderio gli fece male.
Non pensò più a nulla, avvicinò il volto a quello della ragazza e la baciò.
Un bacio dolce, triste.
Casto.
Le loro labbra che si sfioravano, le lacrime che nascevano dagli occhi di Nic ora si confondevano con quelle di Tom.
Lui si staccò a forza da lei, costringendo il suo corpo contro la sua stessa volontà.
<<  Vuoi prendermi a schiaffi?  >>.
Domandò con un sorriso nella voce che non si estese alle sue labbra né ai suoi occhi, forse davvero temeva che lei potesse farlo, nonostante l’ avesse sentita così arrendevole e fragile fra le sue braccia, sotto le sue labbra.
<<  Andiamo a casa …  >>. Solo un sussurro, il capo chino.
Troppo confusa dai suoi stessi sentimenti che lottavano dentro di lei, sconosciuti, dimenticati, eppure così familiari, non riusciva ad alzare gli occhi su di lui, a tenere sotto controllo quel timore e quel dubbio irrazionale che provava.

Si incamminarono in silenzio, senza sfiorarsi, ma dopo pochi passi lei si fermò, tornò indietro e si inginocchiò di fronte alla lapide, fissò la foto di Bill.
-  Bill … Sto facendo la cosa giusta? … E’ giusto che io … Ti dimentichi? …  -.
Quel solo pensiero la straziava.
Non le giunse nessuna risposta, nessun segno che le potesse far capire quale fosse la cosa giusta da fare.
Continuò a guardare quella foto, quegli occhi, quel sorriso e, mestamente, sorrise a sua volta.
-  Forse è la cosa giusta, forse no … Non lo so … Ma so che non ti sto dimenticando … Non ti dimenticherò mai, non posso farlo … Ma … Devo vivere, Bill … Tu lo avresti voluto, tu volevi che noi fossimo felici … Ti avevamo promesso che ci avremmo provato … Non è facile, non lo è mai stato, ma forse è arrivato il momento anche per me di provarci …  -.
Si portò un dito alle labbra, lo baciò, lo posò lieve su quelle labbra che avrebbero sorriso per sempre e che le sue labbra non avrebbero potuto sfiorare mai più, sfiorò quei capelli ricordandone esattamente la morbidezza e le dolci sensazioni che aveva provato e che avrebbe portato con sé  per sempre.
Osservò un’ ultima volta quegli occhi sapendo che, no, non sarebbe stata l’ ultima volta.

A pochi passi da lei, fermo esattamente come lo aveva lasciato, c’ era un ragazzo, che aveva quegli stessi occhi, quello stesso sorriso …
Ed era vivo, ed era lì per lei …
E lei ne aveva un disperato bisogno.
Di lui, dei suoi occhi, del suo sorriso e del suo calore, così simili a quelli di Bill eppure diversi.
Unici.
Non sapeva come avrebbe affrontato questo nuovo capitolo della sua vita, ma era decisa a cominciarlo.
Tornò su i suoi passi, raggiunse Tom senza riuscire a guardarlo in faccia, ma sorrise e gli disse.
<<  Andiamo … >>.
<<  Sì  >>. Rispose il ragazzo e, dentro di sé, rivolse un sorriso a suo fratello.
-  Grazie, Bill …  -.
Sorrise a lui, a sé stesso e alla ragazza che aveva quella dolce aria leggermente imbarazzata e che camminava al suo fianco, sperando di trovarcela il più a lungo possibile.
-  Magari per sempre …  - . Pensò.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso, ma in effetti nessuno di loro due si era aspettato una conversazione brillante, inoltre Tom non riusciva ad interpretare il silenzio della ragazza che gli sedeva accanto, lo sguardo rivolto verso il finestrino.
Non riusciva ad intravedere i suoi occhi né tantomeno i suoi pensieri e questo lo faceva sentire terribilmente a disagio.
-  … Mi ha detto di tornare a casa, è venuta via con me … Idiota! E cosa avrebbe potuto fare? Rimanere in quel cimitero in eterno? …  -.
Sentiva crescergli dentro la rabbia e la frustrazione, il suo solito caratteraccio stava prendendo il sopravvento, di nuovo.
Ma il non sapere  era una tortura.
Lei si era lasciata baciare, ma lui si sentiva meschino …
Aveva approfittato del suo dolore, di un momento in cui lei non avrebbe avuto la forza di reagire.
La voce flebile di lei lo riportò alla realtà :
<<   Vorrei andare a casa mia, ma prima … Vorrei vedere i ragazzi …  >>.
Lui non disse nulla, prese il cellulare componendo immediatamente con trepidazione il numero di Gustav, senza riuscire a smettere di pensare che qualcosa si stava davvero muovendo, e diede appuntamento ai tre amici davanti a casa di Nic.

Quando arrivarono pioveva ancora, ma loro erano in piedi nel piccolo giardino ad aspettarli.
Non appena Nic scese dalla macchina, Diane si staccò da Gustav, le corse incontro sotto la pioggia e, proprio quando stava per fermarsi a qualche passo dall’ amica indecisa se abbracciarla o meno, timorosa di scontrarsi con l‘ apatia di lei, si sentì abbracciare forte dalla ragazza.
<<   Mi dispiace Di, sono stata una stupida e … Cieca, per così tanto tempo … Mi dispiace tanto, ti voglio bene …  >>.
Diane non sapeva se quella che sentiva sul viso fosse la pioggia ma poi capì che erano lacrime, le proprie e quelle della sua migliore amica.
Le sorrise.
<<  Ti voglio bene anche io, tesoro, e sono felice che tu sia tornata da noi … Ora vai da Gustav e Georg … Sei mancata da morire ad entrambi …  >>.
La sciolse dall’ abbraccio e si appoggiò alla macchina accanto a Tom che stava osservando la scena con un sorriso grande e dolorosamente felice sul volto bagnato di pioggia.
Diane si chiese se fosse successo qualcosa.
Anzi, sapeva che qualcosa era successo, perchè il cambiamento avvenuto in Nic non poteva essere una semplice coincidenza...
Qualcuno la aveva riportata da loro e quel qualcuno era quel ragazzo bagnato fino all' osso che stava di fianco a lei.
Gli posò una mano sul braccio e, quando lui abbassò lo sguardo su di lei, potè vedere che quel sorriso si rifletteva luminoso anche nei suoi occhi nocciola.
<<  Grazie, Tom …  >>.
Null’ altro, si voltarono nuovamente ad osservare i ragazzi.
Nic si era avvicinata titubante a Gustav, che aveva gettato a terra l’ ombrello, e si era ritrovata soffocata in un grande caloroso abbraccio.
Nessuna parola, con lui non erano mai servite e Nic fu immensamente felice e grata di poter constatare che le cose non erano cambiate tra di loro.
Ricambiò quell’ abbraccio con altrettanto trasporto, gli posò un bacio sulla guancia.
Gli era mancato tanto.
<<  Grazie, Gus …  >>.
Lui sorrise con la bocca, gli occhi, con tutto il suo caro viso che le era mancato così tanto, poi si staccò da lei e la sospinse gentilmente verso Georg.
Nic si fermò di fronte a lui, lo sguardo speranzoso fisso negli occhi verdi del ragazzo.
Erano così trasparenti, potevano sembrare freddi, ma lei sapeva che sapevano essere caldi e, adesso, desiderava ritrovare quel loro calore.
Lui la fissava con sguardo penetrante, come se volesse percepire quel cambiamento, quella verità che sembrava celata e protetta in lei, poi abbassò l’ ombrello, lo chiuse meticolosamente, lo posò a terra, si rialzò lentamente senza distogliere lo sguardo da lei.
Egoisticamente, forse desiderava quasi punirla per il dolore che aveva causato a tutti loro con la sua assenza ...
<<  Hagen … Abbracciami … Vuoi ?  >>. Chiese timida e speranzosa.
Quelle stesse parole che lui si era già sentito rivolgere, quel tono dolce e disperato, quel soprannome che odiava e che sembrava sempre così dolce tra le labbra di lei.
Non potette resistere  a lungo.
La prese tra le sue forti braccia stringendola sul suo petto compatto.
<<  Mi sei mancata, ragazzina, ci hai fatto preoccupare … Non farlo mai più, non te ne andare mai più da noi …  >>.
La voce di Georg era roca, bassa, piena di dolorosa speranza e …
Paura.
Paura di perderla di nuovo.
Lei lo sentì.
Sentì tutto questo dandosi dell’ idiota e ricambiò quel forte abbraccio con una felicità quasi dolorosa, rise tra le lacrime che di nuovo avevano inondato il suo viso, sembrava che, ora che avevano trovato uno sfogo, non riuscissero più a fermarsi.
<<  Devo andare dalla nonna … Anche lei merita qualche spiegazione … E le mie scuse … Ma ci rivedremo presto, vero ?  >>. Chiese con una palese nota di speranza.
I tre ragazzi annuirono decisi risalendo in macchina, un ultimo gesto e ripartirono.

Tom era sempre fermo appoggiato al cofano del suo suv, completamente bagnato, rivoli di pioggia scendevano lungo i suoi rasta, gli appiccicavano l’ enorme maglietta addosso, lo sguardo fisso a terra, si sentiva decisamente strano : era felice per lei e per i suoi amici ma non riusciva ad allontanare quel piccolo dolore che sentiva farsi spazio dentro di lui.
-  Cosa cazzo ti aspettavi, Tom ? Che si gettasse tra le tue braccia dichiarandoti il suo imperituro amore?  La sua riconoscenza? … Cristo, sei un idiota ! Ha appena detto addio a tuo fratello e quel bacio … Non contava nulla … Del resto tu te ne intendi di baci che non sono importanti … Ne hai ricevuti e soprattutto dati tanti …  -.
Ma quello era stato diverso, almeno per lui.
Cosa fosse significato per lei non volle chiederselo.
Temeva quella risposta.
Non voleva sentirsi dire che era stato solo un sostituto di qualcuno che non c’ era più.
Il dolore per quella possibilità si fuse col rinnovato dolore dell’ assenza di Bill …
La mano di lei lieve sulla sua spalla lo distrasse da quei pensieri.
<<  Grazie Tom …  >>.
<<  Io …  >>. Il dito che sfregava dietro l’ orecchio destro.
<<  Io non ho fatto nulla … Sei stata tu … Sei stata brava … Allora, io vado, ci si vede  >>.
Salì in macchina veloce, prima di cedere alla tentazione di prenderla di nuovo tra le braccia e baciarla.
Questa volta non si sarebbe limitato ad un tenero contatto tra le loro labbra e, questa volta, lei avrebbe potuto respingerlo, trattarlo come aveva sempre fatto ogni volta che aveva tentato di baciarla.
Non avrebbe potuto sopportarlo.
Non era più un ragazzino.
Né fuori né tantomeno dentro.
Troppe cose erano successe da quel primo schiaffo che lei gli aveva dato.
Tante erano cambiate.
Soprattutto era cambiato lui.
Ripartì veloce e Nic, dopo aver visto la macchina sparire dalla sua vista, entrò in casa.


Era tardi e lui non riusciva a decidersi ad andare a letto, c’ era qualcosa che non andava e, sapere di cosa si trattasse, non gli rendeva le cose più semplici.
Si sentiva disperatamente solo e decisamente stupido.
Ma quella casa era maledettamente grande, maledettamente silenziosa e la solitudine, anche quella notte, cominciò a scavargli dentro, come troppe volte aveva già fatto.
Era fredda, nera, assoluta, implacabile, indifferente al grido d’ impotente frustrato rifiuto che echeggiava dentro di lui.
Accese la tv, erano le undici, la notte a quell’ ora non c’ era molto da vedere e il maledetto sonnifero lo occhieggiava dal tavolino, fin troppo invitante ...
Quante volte aveva desiderato dormire tanto, a lungo …
Per sempre? …
Spense nuovamente la tv e si decise a salire le scale e ad andare a dormire, accompagnato dal rumore della pioggia che si era trasformata in un violento temporale.
Lo squillo inaspettato del campanello lo fece bloccare a metà scala.

Chi poteva essere?
 
La sua parte razionale cercava invano di soffocare quel volo della fantasia che si stava impossessando del suo cuore, così disperatamente bisognoso di illusioni, di qualcosa a cui credere, di qualcuno a cui appoggiarsi, a cui aggrapparsi, a cui affidare il proprio cuore e la propria anima spezzati che mai sarebbero tornati integri ...
Di qualcuno da ... Amare ...

Mentre scendeva le scale si disse che non si era mai sentito così, che faceva male quell’ ansia e quel desiderio, ma che era un dolore così dolce …

La vista di lei gli bloccò il cuore nel petto.
 
Stava sulla porta completamente bagnata, i capelli neri come la notte appiccicati al bel viso pallido, gli occhi grandi, profondi, fissi su di lui gli sembrarono leggermente increduli eppure stranamente intensi, le labbra morbide che tremavano appena.
Tom non riuscì a dire nulla, le scostò piano i capelli dal viso con la punta delle dita tremanti, quasi come se temesse di ferirla con un gesto appena più deciso, chiudendo gli occhi a quel semplice contatto con la pelle di lei e, quando li riaprì, vide che anche i suoi erano chiusi.

Sembrava disperatamente persa in quella dolcezza.

La tirò in casa, chiuse la porta e ve la spinse contro, prendendo possesso di quelle labbra, togliendole il respiro assieme alla giacca che lasciò cadere a terra, spogliandola con foga dei vestiti bagnati, accarezzando quel corpo che aveva così fortemente, dolorosamente, desiderato per così tanto tempo.
Quanto non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui.
-  ... Nic ... Nicola ...  -. Non riusciva a pensare ad altro.

Lei non si ritrasse, era esattamente quello che voleva.
Si sentiva trascinare da lui in un’ altra dimensione e si abbandonò completamente a quella sensazione.
La rabbia, la furia dei gesti di Tom erano acqua che dissetava il suo cuore riarso.
Lo voleva.

Lui la prese tra le braccia, la portò in camera sua, la stese sul letto, il respiro breve per lo sforzo ed il desiderio, a stento trattenuto, di lei.
La guardò alla luce dei lampi che squarciavano il cielo, era così bella, così dolcemente bianca la sua pelle bagnata di pioggia, lui le sfiorò la gola con la lingua, sentendone il fresco sapore, scese ancora a sfiorarle il seno, la sentì gemere  e tornò alla sua bocca impossessandosene con forza e desiderio, sentiva le mani di lei che gli sfioravano timide eppure decise la schiena sotto la maglietta, sfilandogliela, di nuovo le sue unghie che ora affondavano nella sua pelle.
<<  … Tom … >>.
Un gemito, una preghiera.
Il ragazzo la fece sua, nulla contava più se non la presenza di quella donna tra le sue braccia, la sentiva tutto intorno a sé, la sentiva dentro di sé, si sentiva in lei …
Non si era mai sentito così, in completa balia del suo cuore e di quella ragazza.
Non lo aveva mai permesso.

Adesso lei stava sdraiata su un fianco senza riuscire a staccare lo sguardo da Tom che era appena rotolato sulla schiena, entrambi avevano ancora il fiato corto.
Era così bello …
Il corpo lucido di sudore, il petto che si alzava ed abbassava al ritmo del respiro, i rasta scomposti sul cuscino, il profilo perfetto …
E quella domanda che le premeva nella gola e che le torturava il cuore.
<<  Posso restare ?  >>. La voce della ragazza risuonò tremula.
Tom si voltò verso di lei tirandosi su un gomito appoggiando la testa alla mano, la guardò accigliato.
<<  Che razza di domande sono?  >>.
La sua voce  risultò più dura di quello che avrebbe voluto, ma non riusciva a nascondere la delusione per i dubbi della ragazza.
<<  Credi davvero che sia stato solo sesso?  >>.
Adesso c’ era del fin troppo palese dolore nella voce del giovane rasta e Nic non seppe cosa dire.
In effetti quella domanda aveva fatto capolino nella sua testa nell’ istante in cui il corpo di Tom si era allontanato dal suo.
Aveva avvertito quel distacco in maniera fisicamente dolorosa, aveva sentito il calore della pelle di lui allontanarsi dalla propria, aveva avuto il peso del corpo di Tom abbandonato su di sé e avrebbe voluto tenerlo così, su di sé, la testa stretta al suo petto ancora per un po’.
Per sempre? ...
Ciò che avevano condiviso era stato sconvolgente, le aveva fatto perdere la cognizione del tempo e della realtà, ma che cos’ era stato?
E lei ?
Lei sapeva cosa avrebbe voluto che fosse?
Tom poteva vedere il dubbio negli occhi della ragazza, stese il braccio verso di lei in un timido eppure deciso invito ad avvicinarsi a lui.
E lei, seppure titubante, lo fece.
Superò quella breve distanza che le era sembrata insormontabile.
Non la distanza tra i loro corpi, quella era davvero minima, ma la distanza dei loro cuori, quella creata dai loro dubbi, dalle loro paure, dalle loro insicurezze ...
Dalle loro colpe ...
Si accoccolò vicino a lui, così stretta al suo petto da poter sentire i battiti del suo cuore, il profumo caldo della sua pelle, il suo respiro tra i capelli, raggomitolata come un gattino.
Lui aspirò il suo odore lieve.
<<  Sì, puoi restare … Vorrei dirti che devi restare, ma non posso obbligarti, seppure vorrei farlo ma … Ma sì, vorrei che tu rimanessi … A due condizioni  >>.
La ragazza smise di respirare.
<<  Per prima cosa vorrei che tu ti tagliassi i capelli, non molto, solo quello che basta per non nascondermi più il tuo viso e poi …  >>.
Prese fiato, la voce si fece un sussurro, il tono leggermente scherzoso di poco prima svanì, quello che stava per dire non lo aveva mai detto prima a nessuna delle donne che avevano condiviso il suo letto e pensò che, qualunque fosse stata la risposta di Nic, nessun’ altra lo avrebbe udito mai più.
<<  Devi promettermi che resterai … Che  non te ne andrai, che non mi lascerai solo, che resterai con me … Per sempre … Io … Non posso permettermi di perdere di nuovo qualcuno di così importante, non ne avrei la forza, io … Ti amo, Nic …  >>.

Lei alzò all’ improvviso il volto verso di lui come se il suo corpo fosse stato attraversato da una scossa elettrica, quello che vide la fece sentire così intenerita e dolorosamente viva, come non si sentiva più da molto, troppo tempo, come pensava non si sarebbe sentita mai più.
Fissò quei meravigliosi occhi nocciola, caldi, intensi, con quella preghiera nascosta eppure così palese e, per un solo istante, le apparvero davanti altri occhi, un’ altra voce che le diceva che l’ avrebbe amata per sempre …
Ma durò poco, un battito di ciglia, una lacrima che scivolava rapida, timorosa di lasciarsi vedere …
E davanti a lei c’ era solo Tom, quello stesso ragazzo che, adesso se ne rendeva conto, le era sempre stato accanto, quello stesso ragazzo che aveva ricevuto i suoi schiaffi, con il quale aveva discusso infinite volte …

Che le era stato accanto quando il mondo le sembrava le stesse crollando addosso e quando era crollato per davvero …

Quello stesso ragazzo che le aveva permesso di rinascere alla vita, quello stesso ragazzo che lei amava.

Non riusciva a capire quando fosse successo ma non desiderava tornare indietro, né trovare una spiegazione a ciò che sentiva :
<<  Ti amo anche io, Tom …  >>.

Il cuore del ragazzo esultò, non ricordava da quanto tempo desiderasse sentire il suono lieve e potente di quelle parole sulla bocca di Nic.
Finalmente riuscì  a prenderla tra le braccia, le sfiorò le labbra con le dita, fece scivolare le mani tra i suoi capelli, sentì la mano di lei posarsi sul suo viso, attrarlo a sé, e la baciò.
Non l’ avrebbe creduto possibile, ma farla nuovamente sua, donarsi completamente a lei, per la seconda volta quella notte, fu ancora più dolce, intenso, meravigliosamente appagante.
C’ era una nuova consapevolezza …

Stavano facendo l’ Amore e lui desiderò che quel momento fragile e forte, non finisse mai.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
Entrò in casa cercando di fare meno rumore possibile, era tardi e immaginò che stessero già dormendo, magari abbracciati nello stesso letto che, seppure stretto, amavano dividere.
Entrò nella camera di suo fratello in punta di piedi, si avvicinò al letto e posò in bacio lieve sui capelli corvini che spuntavano da sotto quella orribile coperta arancione ed azzurra che gli strappò un sorriso che era fin troppo amaro.
-  Come mai è solo?  -. Si chiese corrugando leggermente la fronte.
Scese in sala e si sedette con un sospiro sul divano, di fronte al camino spento in attesa dei ricordi che, in quel periodo, si affacciavano un po’ più prepotenti del solito alla sua mente.
Faticava a rilassarsi, quando sentì due occhi che lo fissavano dal buio, due occhi che lui conosceva molto bene, quegli stessi occhi a cui lui aveva pensato per tutto il giorno, a cui pensava tutti i giorni chiuso in quello studio di registrazione.
Per una strana ironia della sorte si era ritrovato a ricoprire quel ruolo, lo stesso ruolo di quell’ uomo che, assieme agli altri, aveva fatto impazzire tante e tante volte e che, forse senza saperlo, gli aveva insegnato tutto quello che lui stava ora mettendo in pratica.
-  Devo ricordarmi di telefonare a David  -. Pensò con un sorriso grato.
E non solo per ciò che gli aveva insegnato riguardo al lavoro ...
La giovane band di cui era manager e produttore gli dava molte soddisfazioni, ma non poteva certo impedirgli di desiderare ardentemente di tornare a casa per poter trovare quegli occhi.

La giovane donna gli si avvicinò silenziosa come un gatto, con passi felpati e quei movimenti felini che lo facevano impazzire da sempre, si sedette accanto a lui accarezzandogli la nuca, quei rasta biondi non c’ erano più, sostituiti da delle lunghe treccine nere, che lei aveva imparato ad amare quanto i suoi storici rasta, con mano leggera.
<<  Come è andata oggi?  >>.  Gli chiese sussurrando, quasi temesse di spezzare quell' atmosfera quasi irreale.
Lui sorrise, lei sapeva già la sua risposta : per quanto fosse stanco e la giornata fosse stata lunga ed impegnativa, non poteva far altro che darle sempre la solita risposta.
<<  Tutto bene  >>.
Ed era la verità, perché nel momento stesso in cui lei gli poneva quella domanda, guardandolo con quei suoi bellissimi occhi blu, con quel sorriso dolce sulle labbra, la sua giornata diventava meravigliosa.
Quella sera non faceva eccezione, sebbene qualcosa  di inevitabile e di dolorosamente opprimente alegiasse attorno a loro avviluppandoli, loro malgrado, nelle sue spire.
<<  Tutto bene  >> Ripetè senza però riuscire a nascondere un largo sbadiglio.
<< … Bill si è addormentato da solo?  >>.
Le chiese piano, modulando la sua voce profonda.
Lei sorrise di riflesso.
Sebbene avesse solo sei anni, Bill era molto orgoglioso e determinato e aveva promesso che sarebbe andato a letto da solo.
<<  Ci tiene molto a mantenere la sua promessa … E alla tua approvazione, lo sai … Vedrai che domattina te lo racconterà con entusiasmo  >>.
Disse lei in tono dolce ed orgoglioso del suo cucciolo.
Tom sorrise e baciò leggermente le labbra della donna, temendo di conoscere perfettamente il motivo per cui sui suoi occhi fosse sceso quel velo di malinconia e dolore.
<<  Domani …  >>.
Disse lei allontanandosi impercettibilmente dall’ uomo, cosa che però a lui non sfuggì, rinnovando in lui quella piccola fitta di dolore che non era mai riuscito a sconfiggere del tutto.
<<  Domani saranno passati  undici anni da quando è morto … >>.
Parole fredde che pesavano sul cuore, una lacrima solcò il viso della giovane donna che non la asciugò, né, stranamente, lo fece lui.
<<  Lo so …  >>. Rispose Tom semplicemente.

La risposta un po’ fredda ed il suo rispetto verso il proprio piccolo egoistico rifiuto di poco prima, ferirono un po’ Nic.
-  … Cosa pretendi? … Lo hai respinto … Stai soffrendo è vero, ma sta soffrendo anche lui … Dovresti cercare di non dimenticarlo …  -. Eppure, sebbene si ripetesse questa frase ogni anno, ogni anno il dolore riusciva ad allontanarla un po' da lui.
Sarebbe mai riuscita a smettere di fuggire?

Quella sera, mentre, dopo essere passati a controllare per l’ ennesima volta Bill, si stesero nelle lenzuola fresche ma le braccia di Tom non la avvolsero con il loro consueto calore e desiderio ma trovarono la loro giusta collocazione sotto il proprio cuscino, che avvolse, sdraiandosi a pancia in giù, voltando il viso dalla parte opposta a quella della donna che rimase sveglia ancora a lungo, fissando la schiena del suo uomo, la sua pelle leggermente abbronzata, quei movimenti appena percettibili che le svelavano che era ancora sveglio ...
Sapeva che lo sarebbe stato ancora a lungo, proprio come lei, rintanato nel suo dolore, custodendolo gelosamente così come lei faceva con il proprio.
Si chiese come fosse possibile che l’ orgoglio, di entrambi, fosse ancora così maledettamente presente tra di loro.
E dispiacendosene.
Nicola sapeva perfettamente di avere la sua parte di colpe.

La mattina dopo fu il giovane uomo a svegliarsi per primo, si rigirò nel letto, posò lo sguardo su Nic.
-   Dio quanto è bella …   - .
Quella semplice considerazione riusciva a regalargli un sorriso fin dal mattino, trovarla al suo fianco gli permetteva di iniziare ogni giornata nel migliore dei modi.
Non importava se fuori stesse piovendo e il sole non avesse alcuna intenzione di spuntare tra le nuvole dense, lui aveva il suo raggio di sole personale.
Per un attimo non importò nemmeno che giorno fosse.
Era sua.

Si alzò cercando di non svegliarla, sapeva quanto amasse restare a letto fino a tardi, nel fine settimana, e si diresse in cucina a preparare la colazione.
Preparò la caffettiera.
Anche se il caffè lo faceva meglio Nic, il prepararle la colazione nel finesettimana, era diventata una dolce abitudine da ormai molto tempo.
Adesso stava facendo scaldare appena il latte per Bill, aveva preso i suoi cereali preferiti … Sorrise.
Anche suo fratello amava i cereali al mattino, ricordava quanto diventasse intrattabile se scopriva che erano finiti  e quanto il tourbus, in quei casi, diventasse stretto …
Preparò il grande vassoio e si diresse alla loro camera, cercando di non rovesciare nulla, assumendo un’ espressione concentrata che, sapeva, la divertiva sempre molto.
Il sorriso si rinnovò incontrando lo sguardo della giovane donna.

Nic stava sorridendo, la mano posata dolcemente sopra un mucchietto di coperte che celava il corpicino esile di suo figlio.
Si avvicinò al letto rivolgendosi alla giovane donna regalandole un occhiolino d‘ intesa.
<<  … Per fortuna Bill dorme ancora …  >>.
E si sedette leggermente sul suo bambino.
<<  Ehy ! Ehy, io non sto affatto dormendo ! Sono qui ! E mi stai schiacciando … Daiiiiiiii, alzati papà!  >>.
A quella parola il cuore di Tom si gonfiò una volta di più di orgoglio e d’ amore, e sorrise a Nic che lo guardava intenerita.

La ragazza sentiva di amarlo immensamente in quel momento.
Sentiva sempre un po’ più forte quell’ amore quando lo vedeva riflesso negli occhi di Tom nel momento in cui si posavano sul loro cucciolo.

Sì, era diventato padre.
Aveva atteso trepidante in sala d’ attesa di vederlo per la prima volta,  aveva passato notti insonni cercando di far dormire quel fagottino urlante, aveva cambiato pannolini e tutine e rinunciato per un lungo periodo, fin troppo lungo, pensò, ricordando la sua impazienza e il suo desiderio di lei, all’ intimità con la donna che amava.
Aveva, insomma, messo la testa a posto, rinunciando a quello stile di vita che era stato suo e che pure adesso sembrava così lontano, qusi abbandonato in un' altra vita.
Nic non gli aveva mai impedito nulla, non lo tartassava di telefonate, non lo assillava di domande, non gli vietava di uscire con i suoi amici o di rientrare tardi la sera.
Era lui a non desiderarlo più.
Certo, c’ erano state altre serate passate davanti alla play station , serate passate a bere e chiacchierare con Georg e Gustav, passate a suonare con loro, anche …
Ma, in effetti, quelle serate in particolare non erano state molte.
Non sopportava il modo dolce e colpevole in cui lei chiudeva gli occhi per impedirsi di piangere o di lasciar trapelare al di fuori le sue emozioni, o in cui serrava strette le labbra per impedire alle parole di quelle canzoni di posarvisi leggere e dolorose.
Ma arrivava sempre quel momento in cui, alzandosi, si scusava con i suoi amici e tornava a casa, travolto dal desiderio di stare con lei, di stringerla tra le braccia, di sentirla e saperla sua, di sentirsi suo.
Di sapersi e sentirsi vivo, di avere uno scopo.
E non avrebbe potuto desiderare di meglio.

Adesso osservava con quel sorriso storto e sornione, che non lo aveva mai abbandonato, il piccolo Bill davanti a lui.
Il labbro inferiore sporto in fuori in un espressione offesa, si stava rivolgendo alla mamma.
<<  Mammaaaaa! Papà mi schiaccia sempre!  >>.
La donna sorrise, un lieve dolore all’ altezza del cuore.
Quel bambino assomigliava così dannatamente a Bill …
Tanto da fare male, a volte.
Aveva preso tutto, da Tom, in maniera impressionante.
Aveva gli stessi occhi di quel nocciola ambrato, intensi, lo stesso sorriso, la stessa corporatura esile, gli stessi tratti gentili del viso.
Da lei aveva ereditato solo i capelli, di un nero corvino, tagliati corti ma non troppo, ribelli.
Ma a lei non dispiaceva affatto.
Era contenta che assomigliasse a Loro …
Sebbene a volte facesse un po’ male.
Adesso aprì le braccia per accogliere quell’ angioletto offeso, che le ricordava maledettamente Bill quando, scherzoso, cercava il suo appoggio e il suo conforto ogni volta che Tom lo sgridava.
<<  Uff ! E va bene … Mi dispiace cucciolo  >>.
Stava dicendo adesso Tom, sorridendogli e scompigliandogli i capelli.
Sistemò sul letto la colazione e si beò del sorriso grande del suo bambino, ricordando con un tuffo al cuore un altro sorriso che aveva lo stesso identico potere di sciogliergli il cuore.
Mentre facevano colazione, Bill smise un attimo di mangiare e alzò uno sguardo serio e assorto su suo padre.
<<  Hai visto? Ieri sono andato a dormire da solo …  >> Arrossì  leggermente.  
<<  Veramente la mamma mi ha tenuto un po’ compagnia … Ma poi è andata via e io ho dormito tutto solo  >>.
Lo fissava intensamente, in modo così ingenuamente fiducioso e timoroso assieme, in trepidante attesa di un assenso da parte sua, della sua approvazione.
Tom sorrise, volgendo uno sguardo carezzevole a Nic.
Era bello sapere di essere così importante … Per qualcuno.
<<  Ed è stato così terribile ?  >>. Chiese divertito.
<<  No … E poi ho fatto un sogno … Bello …   >>.
I due giovani genitori ora stavano rivolgendo tutta la loro attenzione al bambino che proseguì serio il suo racconto.
<<  Prima era tutto buio ed io ero un po’ spaventato, ma poi è arrivato un signore e subito mi è sembrato papà … Ma aveva i capelli lunghi e neri e gli occhi truccati come la mamma qualche volta e ho capito che era lo zio … Mi ha guardato tanto e io non ho detto niente, poi mi ha posato una mano qui … >>.
E dicendo questo si era portato una piccola manina sul petto, all’ altezza del cuore.  
<<  E mi ha sorriso, mi ha detto che  sono un bravo bambino e che è contento di me, che è orgoglioso che mi chiamo come lui e che mi vuole bene … Prima di andare via mi ha detto con voce dolce che voleva bene anche alla mia mamma e al mio papà, di ricordarvelo e di dirvi che non dovete preoccuparvi di nulla, che lo sapeva e che è  felice che le due persone che ha amato di più al mondo siano insieme , che siano l‘ una per l‘ altro … >>.
Fece una breve pausa, una buffa espressione sul piccolo volto, evidentemente non capendo a fondo il significato di quelle parole che  ugualmente voleva ricordare perfettamente, esattamente come gli erano state rivolte, come se ricordare tutto fosse stato difficile ma immensamente importante.  
<<  Stamattina quasi me lo stavo dimenticando, ma poi mi sono ricordato! Sono stato bravo,
vero?  >>.
Quel visetto ansioso, in attesa di una conferma, bloccò le parole in gola a Tom che lo osservava intensamente, quasi senza vederlo, confondendo quel piccolo volto con un altro volto che vi si sovrapponeva pericolosamente.
Nicola, vedendo che il bambino stava per mettersi a piangere, sorpreso dall’ espressione assente e fredda del padre, lo strinse tra le braccia.
<<  Si cucciolo, sei stato bravissimo …  >>. La voce le tremava appena.
Gli posò un bacio sui capelli corvini e alzò uno sguardo preoccupato su Tom.

Quello che vide, le spezzò il cuore : erano passati molti anni ormai, erano cresciuti, erano maturati, avevano vissuto …
Ma il dolore era ancora lì, nascosto da qualche parte e loro non avrebbero mai potuto sconfiggerlo del tutto, il ricordo di Bill era ancora vivo e nitido nella loro memoria e faceva male e bene in uguale misura.
Nic allungò un braccio verso il giovane uomo, pregandolo con gli occhi di fidarsi di lei, di permetterle di stargli accanto.
Tom si avvicinò, avvolgendo entrambe le persone che amava di più al mondo nelle sue forti braccia, nascondendo il viso sul collo di Nic.

Il rombo di un motore, il campanello.
Tom non si mosse.
<<  Bill, tesoro, vai ad aprire agli zii e a prepararti con Di, ok?  >>. Gli sorrise dolcemente Nic.
Il bimbo sorrise di riflesso, annuì obbediente alla madre lanciando un breve sguardo indagatore al padre, precipitandosi poi giù per le scale.

Nicola rivolse tutta la sua attenzione a Tom.
Sembrava essere il loro destino.
Non passava giorno in cui loro non trovassero un motivo per punzecchiarsi a vicenda, come era sempre stato ma, come sempre, era l’ uno nell’ altro che trovavano il conforto e la forza di cui avevano bisogno.
Adesso, mentre Tom teneva ancora il viso contro la gola di Nic, lei potè sentire una lacrima calda scivolare sulla propria pelle …
Le lacrime di Tom la ferivano, facendola sentire sciocca e inutile.
<<  Tom … Mi dispiace … E mi dispiace non riuscire a fare nulla di più, per te … Se esistesse … Se ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa che io possa fare, per farti stare meglio, lo farei …  Lo sai, vero ? >>.
Ormai le lacrime rigavano anche il suo volto.
Non temeva l’ arrivo improvviso di Bill, era certa che Georg, Gustav e Diane sapessero cosa  stessero affrontando e lo avrebbero intrattenuto loro.

Si sentiva dilaniare dentro …
L’ amore per Tom era qualcosa che ancora non riusciva a spiegarsi.
C’ era ...  Ed era grande e forte, e l’ aveva aiutata a superare tutto …
Tutti gli ostacoli che si era trovata di fronte , tutte le proprie paure e le proprie incertezze …
E l’ aveva aiutata a superare anche le sue, quelle di quel ragazzo che era diventato uomo accanto a lei.
Era cresciuto con lei, al suo fianco, non l’ aveva mai lasciata sola.
Non ricordava il giorno preciso in cui aveva capito di amarlo, di non potersi permettere di perdere anche lui.
A volte si chiedeva se l’ amore che la legava a lui nascesse dal desiderio di ritrovare in lui qualcosa di Bill.
Altre volte credeva che lo avesse iniziato ad amare semplicemente per salvarlo …
O per salvare sé stessa …
Forse  non c’ era nessuna ragione, forse ce ne erano infinite e lei non sarebbe mai riuscita a scoprirle tutte, ma avrebbe avuto la gioia di scoprirne una ogni giorno che avrebbe passato con lui …

Aveva paura di perderlo, questo era certo.

Non era la semplice paura di perdere il suo corpo che ogni notte la scaldava e proteggeva tra le sue braccia, era la distanza che sentiva scavarsi tra di loro a volte, che vedeva nei suoi occhi nocciola che improvvisamente smettevano di sorriderle mostrandole la via …
Aveva temuto più volte che lui decidesse di non tornare da lei …
Come in quel momento.
Lo strinse un po’ più forte, cercando di colmare quel vuoto improvviso, cercando di scacciare quel freddo che rischiava di sopraffarla … 
Di sopraffare entrambi …
... Di riportarlo dentro di sè ...
Si sentiva maledettamente impotente …

Tom, il profumo della pelle di Nic che gli sfiorava il viso, si dette dell’ idiota …
-  Cazzo Tom ! La stai facendo soffrire, la stai facendo sentire inutile … Lei ! Senza di lei tu non saresti sopravissuto … Non saresti niente ora, solo la metà di un’ Anima spezzata … E’ stata lei … E’ lei che devi ringraziare, per tutto quello che sei diventato, per tutto quello che hai … -.
Alzò gli occhi, riluttante a mostrare quel dolore, quella debolezza che ancora non era riuscito a sconfiggere o, per lo meno, ad accettare e superare.
La amava, ohhh sì, aveva riconosciuto quel sentimento da un bel po’ di tempo ormai, anche se esprimerlo ad alta voce …
Bhè, su quello ci stava lavorando esattamente da quando lo aveva capito …
E ormai era passato decisamente molto tempo.
Adesso però  fece forza sul suo orgoglio e fissò i suoi occhi in quelli di Nicola.
<<  Tu  >>.
Le disse severo, ma con l’ amore che trapelava da ogni sillaba.
<<  Tu sei la cosa più bella che potesse capitarmi …  >>.
Il volto ancora segnato dalle lacrime, la voce ferma e sicura di chi sa esattamente quello che sta dicendo.

Nic lo guardava.
Lui, le tracce di quelle lacrime che, ignorando la cocciutaggine di quel ragazzo, erano scese da quegli occhi così intensi, sentendo un calore immenso dentro di sé : partiva dal cuore e si irradiava in tutto il suo corpo, era una gioia quasi dolorosa, tese le braccia verso il giovane uomo.

Tom si ritrovò ad osservare quelle braccia tese come un naufrago guarda alla terra ferma …
Nic era il suo porto sicuro e lui era grato di averlo trovato, raggiunto, conquistato, anche se non era stato facile …
Anche se non era ancora del tutto convinto di averlo fatto davvero suo.
Quel pensiero fece apparire una leggera ruga sulla fronte, ma quelle braccia tese erano un invito troppo allettante, qualcosa a cui lui non avrebbe più saputo rinunciare.
Improvvisamente ricordò che erano passati  sette anni dalla prima volta che glielo aveva detto, quella notte, la notte in cui avevano fatto l’ Amore per la prima volta e sei da quando glielo aveva detto l’ ultima volta, non appena l’ aveva vista con Bill, appena nato, tra le braccia.
Due sole volte, poi non glielo aveva detto più.
I motivi erano almeno tre: pensava che non ce ne fosse bisogno, stavano insieme, e anche lei si era adattata a non usare quelle due semplici parole, i fatti parlavano per loro, poi, e su questo non si discuteva, lui non era mai stato il tipo di uomo che mostrava spesso i suoi sentimenti ed infine …

… Ricordava fin troppo bene che suo fratello, invece, glielo diceva spesso, sempre …
Che erano state le ultime parole che le aveva detto e temeva sempre un po’ di risvegliare in lei ricordi dolorosi …
O di non essere all' altezza ...

Ma adesso si rese conto di essere stato uno stronzo egoista, si rese conto che lei le meritava quelle due parole e si accorse, non senza un po’ di stupore, che anche lui ne aveva bisogno, aveva davvero bisogno di sentirsele dire, di sentirle dalla dolce voce melodiosa di lei …
Ma lei lo aveva assecondato, toccava a lui fare il primo passo, ingoiando il suo stupido orgoglio e quella assurda timidezza che sentiva crescergli dentro.

Ma prima c’ era una domanda, una domanda che non le aveva mai fatto, troppo spaventato dalla risposta, talmente spaventato da preferire ignorarla semplicemente.

Si staccò da lei abbastanza da poter perdere lo sguardo in quei suoi meravigliosi occhi blu.
<<  Nicola …  >>.
La voce dolce, carezzevole, incerta che si posava sulla pelle di lei.
La giovane donna sussultò, lui non l’ aveva mai chiamata così troppo spesso, lo aveva fatto solo … Bill.
Fissò gli occhi in quelli dell’ uomo che aveva di fronte, bellissimi, intensi, dolcissimi occhi nocciola, gli occhi del suo Tom.
<<  Dimmi …  >>. Un soffio.
<<  Tu ti sei … Voglio dire …  >>.
Tom si passò un dito dietro l’ orecchio in quel suo gesto che lei trovava adorabile e che rivelava tutto il suo imbarazzo e quella dolce insicurezza che si imponeva di nascondere.
Lo guardò in attesa.
<<  Tu ti sei mai … Pentita di quello che hai fatto ? Delle decisioni che hai preso?  >>.

Lei sgranò i suoi già grandi occhi con espressione attonita.
<<  E’ questo quello che pensi ? E’ questo quello che hai sempre pensato? Stiamo insieme da sette anni ormai e tu … Tu hai avuto questo dubbio dentro da sempre?   >>.
Nic non sapeva nemmeno più se arrabbiarsi o mettersi a ridere, se prenderlo a sberle o andarsene senza nemmeno degnarlo di una risposta.
Ma poi, lo sguardo un po’ perso e un po’ ansioso e molto dolce di lui la spinse ad abbracciarlo, stretto, così stretto a sé da sentirne male.
<<  Tom … Ho amato molto Bill, è stato il mio primo Amore e una parte di me lo amerà sempre, questo tu lo sai, io sono sempre stata sincera con te, lo hai sempre saputo viste le tue paure, ma … Ma, quell’ amore,  non lo devi temere … Non ho potuto decidere io della fine di quella storia, ma avevo il potere di decidere del mio futuro ... Avrei potuto decidere di rimanere da sola, di fuggire, di dimenticare tutto e tutti … Ma ho deciso di restare, di affrontare il mio passato e soprattutto di vivere il mio futuro. Ed ho deciso di farlo con te … Avevo perso Bill ma avevo trovato te al mio fianco e, dal momento in cui lo ho finalmente capito, non ho desiderato altro … Quel futuro che avevo deciso di affrontare insieme a te si è trasformato nel mio bellissimo presente, ho un bimbo meraviglioso che Amo con tutta me stessa e che mi ricorda in ogni istante quanto sono fortunata, e sono felice che sia tu il padre di quel bambino, ed ho un uomo meraviglioso al mio fianco …
Ho te ,Tom … Amo te, il Tuo sorriso non il riflesso di un sorriso che resterà comunque con noi, del resto sono convinta che nessuno di noi due voglia scacciarlo dalla nostra vita…
Ci siamo trovati, raggiunti, conquistati … Anche in mezzo ai problemi e alle difficoltà che la vita ci ha posto davanti, ed io ne sono infinitamente grata … No, Tom, non mi sono mai, MAI, pentita delle mie scelte, delle mie decisioni, perché si sono rivelate tutte giuste, perfette per me …  >>.

Tom aveva ascoltato ogni singola parola uscita da quelle labbra da cui non riusciva a distogliere lo sguardo.
Il loro muoversi, il suono di quella voce, il significato di quelle parole.
Alla fine, era stata lei la prima a dirlo.
Se ne era nutrito, dissetato, e avrebbe desiderato che quel momento non finisse mai se non fosse stato per l’ urgenza con cui sentiva premergli in gola e nel cuore quelle due semplici parole.
<<  Ti amo …  >>.
La strinse forte tra le braccia, sorrise su suoi capelli.
<<  Respira, Nicola …  >>.  Le disse piano.
E lei lo fece, rilasciò l’ aria che si era bloccata nel suo petto per l‘ emozione e la sorpresa, lui la potè sentire lieve e calda sulla sua gola, assieme ad un timido sorriso che le fremette sulle labbra, poi le alzò il viso e la baciò.

Un bacio, dolce, intenso, profondo, intimo, appassionato … D‘ Amore.

La lingua di lui le sfiorò piano le labbra saggiandone la morbidezza di seta, sentendole presto cedere e schiudersi per lui, sfiorò la lingua di lei, danzarono insieme a tocchi lievi come i fremiti delle ali di una farfalla.
Quel bacio  bruciò poi di passione, le mani di lui, forti e delicate che scendevano lungo la schiena della giovane donna, quelle di lei tra i suoi capelli, stringendolo a sé, poi tornò dolce, le mani di lui sul suo viso, quelle di lei sul suo petto.
Sì, Amore …

<< … Una volta mi dicesti che io non sapevo cosa fosse un bacio, che non lo avei mai saputo … Credi che io possa dire di saperlo, adesso?  >>.
Sorrise vedendo un lieve rossore colorire le guance della giovane donna, segno che anche lei ricordava quel giorno, quelle parole dure che gli aveva rivolto.
<<  Io … Mi dispiace Tom … Ero …  >>.
In imbarazzo. Ecco cos’ era. E lui lo sapeva perfettamente.
-  Non sai cosa dire? … -.
Pensò sorridendo ironico per un attimo tra sé e sé poi, tornato improvvisamente serio, seppe cosa voleva dirle, cosa desiderava sentirsi dire.
<<  … Dimmi solo di sì … Dimmi che adesso lo so, dimmi che lo ho imparato con te …  >>.
Era una richiesta dolcemente infantile.

Il suo Tom, quel ragazzino che aveva dovuto crescere in fretta, per la musica prima, per qualcosa di molto più complicato da accettare dopo, che nascondeva dentro di sé alcuni timori infantili, quelle piccole grandi insicurezze che sarebbero potuti risultare sciocchi agli occhi dei più, ma non ai suoi.
Mai.
E l’ Amore che sentiva dentro le si riversò nel sorriso, negli occhi, nella voce.
<<  … Sì …  >>. Rispose lei.

Amore …

Tom lo sentì, lo invase completamente, lo sentiva con ogni senso, con ogni fibra del suo corpo, gli riempiva il cuore e l’ anima.
Pensò al loro bambino, a Bill che aveva imparato a dormire da solo e pensò che ne era così orgoglioso, pensò alla giovane donna, la Sua Nicola, sua, adesso lo sapeva, che quella notte si sarebbe addormentata tra le sue braccia e rivolse un pensiero grato e così pieno d' amore a quella Metà della sua Anima che un tempo aveva creduto perduta per sempre e che adesso, finalmente, sentiva viva e presente dentro di sé.
-  Grazie Bill …  -.
Prese Nic per mano, accese lo stereo permettendo alle prime note di quella struggente canzone di sempre, di invadere la loro stanza : la voce di Axl era sempre la stessa, stessa la musica potente, stesse le struggenti parole che ora non si limitavano a ferire ma sapevano essere di malinconico sollievo …

Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
And please don't cry
I know how you feel inside 
I’ ve been there before
Somethin’ is changin’ inside you
And don’ t you know
Don’ t you cry tonight
I still love you baby
Don’t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
Give me a whisper
And give me a sight
Give me a kiss before you tell me goodbye
Don’ t you take it so hard now
And please don’ t take it so bad
I’ ll still be thinkin’ of you
And the times we had … Baby
And don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
And please remember 
That I never lied
And please remember
How I felt inside now … Honey
You gotta make it your own way
But you’ ll be allright now … Sugar
You’ ll feel better tomorrow
When the morning light now … Baby
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
There’a a Heaven above you baby
And don’ t you cry
Don’ t you  ever cry
Don’ t you cry tonight  …
Baby … Maybe someday …
Don’ t you cry
Don’ t you ever cry
Don’ t you cry …
Tonight …

Si accostarono alla finestra tenendosi per mano, sperduti e ritrovati,sopravissuti e vivi, sentendo le risate di Bill, Georg, Gustav e Diane risuonare nel giardino e, con Nicola stretta tra le sue braccia si sentì pronto, come non si era mai sentito, ad affrontare il resto dei suoi giorni con la certezza che nulla mancava nella sua vita.


FINE

Ed eccoci giunti alla fine di questa soria ...
Sono passati poco meno di nove mesi da quando ho iniziato a pubblicarla ... Praticamente una gravidanza ^_-) ... Ho avuto dei momenti di nero sconforto, dei momenti in cui la storia non mi convinceva, dei momenti in cui avrei mollato tutto, compreso il p.c giù dal quinto piano, momenti di vuoto totale in cui i miei personaggi (che, ricordo per l' ultima volta, NON MI APPARTENGONO,all' infuori di Nicola e la cui storia (FRUTTO DELLA MIA MENTE BACATA e assolutamente  NON rappresentante ALCUNA verità) NON ho scritto a scopo di lucro), i " miei " personaggi mi lasciavano lì, a fissare quello schermo fastidiosamente troppo bianco, quella pagina vuota ... Ma alla fine ... Alla fine ci sono giunta a questa fine ...
Sarebbe potuta essere diversa, sarebbe potuta essere peggiore o migliore a seconda dei punti di vista di chi legge ... Ma è QUESTA e, alla fine, sono contenta così ...

Questa storia mi mancherà, sebbene in questi nove mesi io sia riuscita a postare altri racconti (che ho ugualmente amato), e ad iniziare altri "progetti a lungo termine", ma ...
Questa storia mi mancherà ... Mi mancheranno le emozioni contrastanti che mi ha suscitato, le immagini che mi ha donato e che ho cercato, con i miei limiti, di riportare a chi si è soffermato su queste righe ...
Lascio con un po' di dispiacere la mia Nicola, così come i "Nostri Ragazzi", sapendo che, in "questo" finale, non sono soli ...
E lascio il piccolo Bill ...
RINGRAZIO tutti coloro che hanno letto, seppure senza lasciare un segno del loro passaggio, RINGRAZIO chi ha inserito la storia tra i preferiti, e RINGRAZIO chi ha recensito.
Concludo ringraziando in particolare : Ky che non ha recensito spesso ma che conosce la storia fin dagli albori, fin dalla nascita della vaga idea, fin dalla prima volta che, ascoltando "Don't Cry" su un treno, mentre un paesaggio triste e spruzzato di neve scivolava fuori dal finestrino, l' immagine di un fragile e forte Angelo dalle ali spezzate mi è apparsa davanti agli occhi, e che da allora ha subito ogni riga ed i diecimila dubbi che mi portava ...
Xoxo-Valy che è stata una presenza altalenante ma importante (come tutti coloro che mi sono stati accanto, per tanto e per poco che sia, in questo viaggio), ringraziandola per le belle parole che mi ha regalato ... Dello scorso capitolo hai scritto che " Se Bill potesse vederli (Tom e Nic) sarebbe contento " ... Se hai letto questo ultimo (sì, questa volta ci siamo! ^_-) capitolo avrai capito che Bill LI VEDE ed è effettivamente contento ... Del resto sono le due persone che ha amato di più ... GRAZIE per il supporto, e anche se non credo sia necessario, prego per le emozioni che ti ho regalato... il regalo più bello è sapere di esservi riuscita! n___n
Lady Cassandra : Bhè ... Tu ci sei sempre stata ... Ho potuto contare su di te, sul tuo appoggio, sulle tue parole, sulla tua presenza, giorno dopo giorno, capitolo dopo capitolo ... Cosa si dice a qualcuno che ha fatto tutto questo per te? Che ti è stata affianco, che ti ha incoraggiata, sostenuta e consigliata? Che ti ha tirato su quando tutto sembrava troppo nero? Semplicemente GRAZIE, parola di cui si abusa spesso ma non ne conosco molte altre o le altre sarebbero troppe da lasciare qui... Grazie, Gemellina, di TUTTO! ... La tua scorsa recensione mi ha letteralmente fatta sciiiiogliiieeereeee... E sono felice che tu abbia percepito la passione con la quale io ho affrontato questa storia ... E sono felice che anche tu, come me (e xoxo-Valy n_n) apprezzi Tom e Nicola assieme ... Credo davvero che meritassero un raggio di sole ... (sebbene come sai, inizialmente non avessi messo in conto di terminarla così, sono felice che durante la "gestazione" le cose si siano evolute in questo modo... n_n) ...  
Bene, dopo questo sproloquio saluto chiunque si trovi a passare da queste parti ...
Grazie a Tutti e a rivederci in un' altra fantasia! Nana.

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