Please, don't take my sunshine away;

di alix katlice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Please, don't take my sunshine
away;





 






Prologo

 

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 






Il ragazzo seduto sugli spalti aveva un cappello di lana in testa.
Thomas si diede mentalmente dello stupido: di tante cose su cui avrebbe dovuto concentrarsi... e lui cosa faceva? Notava il cappello di lana sulla testa del ragazzo sconosciuto seduto sugli spalti.

Tentò di darsi una spiegazione logica, tanto per non darsi per spacciato come caso psichico grave.
Era una giornata fredda, ma non così fredda da portare un cappello di lana.
Ecco! Ecco la stranezza. Quel particolare doveva averlo attirato e incuriosito. Ecco, problema risolto.
Thomas si diede nuovamente dello stupido quando, al quinto giro di corsa e alla seconda volta che passavano davanti al ragazzo sconosciuto, la sua attenzione venne richiamata da un nuovo particolare.
Il ragazzo con il cappello di lana in testa era seduto a gambe incrociate e, su di esse, teneva un album da disegno. Da lontano non poteva capirlo bene, ma sembrava avesse anche una matita in mano, il polso che si muoveva frenetico.
Concentrati. Su, Thomas, concentrati!
Era questo ciò che Thomas cominciò a imporsi: concentrazione.
Minho, accanto a lui, sembrava non aver ancora notato le seghe mentali del suo amico (per fortuna): quella mattina erano stati gli unici due ad approvare la proposta di allenarsi anche il mercoledì pomeriggio, e quindi erano stati anche gli unici due a farlo.
In realtà lui il mercoledì pomeriggio era solito restarsene a casa a guardare film d'azione con Chuck, il suo fratellastro, ma Minho era il suo migliore amico e non se l'era sentita di dargli una sola di dimensioni cosmiche come quella: quindi, per queste motivazioni, Thomas si trovava un mercoledì pomeriggio di fine inverno a correre con Minho mentre, dandosi dell'idiota, continuava a chiedersi chi caspio fosse il ragazzo seduto sugli spalti.
Non che ci fosse qualcosa di male, al contrario! Era piacevole avere uno spettatore, per una volta. Solitamente ai loro allenamenti si presentavano solo Teresa e Brenda (che lo aspettavano per passare con lui il resto della giornata) oppure Frypan e Winston (che erano più amici di Minho che suoi, ma erano dei tipi simpatici).
Ma quello... quella era un'anomalia. Il ragazzo misterioso -come Thomas aveva deciso di soprannominarlo nella sua mente, non aveva fatto cenno di conoscerli. Si era semplicemente seduto lì mentre loro erano al terzo giro di corsa e aveva tirato fuori quell'album da disegno.
Poi più nulla.
Thomas si accorse che Minho stava tentando di comunicargli un qualcosa solo quando quest'ultimo allungò il braccio e gli diede una gomitata nelle costole (senza preoccuparsi di non fargli male, ovviamente).
« Per quale caspio di motivo continui a fissare gli spalti? » gli domandò con il suo solito tatto.
Thomas sollevò leggermente le spalle, scrollandole, mentre continuava a correre. Non aveva abbastanza forza per parlare, il fiato corto e la gola che gli bruciava, ma sentiva comunque l'impellente bisogno di dire a Minho cosa c'era che lo infastidiva. Preoccupava. O forse incuriosiva.
Insomma, non sapeva bene cosa, ma la presenza del ragazzo misterioso gli provocava una strana sensazione... che doveva risolvere.
Appena si avvicinarono di nuovo agli spalti lui rallentò fino a fermarsi del tutto.
« Va bene, per oggi basta » gli concesse Minho, fermandosi assieme a lui e avvicinandosi ai loro borsoni gettati per terra vicino agli spalti.
Thomas lo seguì subito dopo aver lanciato una veloce occhiata al ragazzo misterioso.
Minho stava già bevendo a grandi sorsi, quando lo raggiunse: aspettò che finisse, poi si fece passare la boccetta e finì l'acqua. Era una bella sensazione, bere dopo un allenamento: una delle migliori, a pensarci bene.
Gli dava un'idea di quanto si fosse impegnato e sforzato.
Thomas si rese improvvisamente conto di quanto fossero vicini al ragazzo misterioso, ora. Poteva vedere con chiarezza i capelli sotto il cappello di lana: erano biondi e arrivavano fino a poco sopra le spalle. Aveva una matita dietro l'orecchio ed era concentrato sul suo album da disegno.
Dopo una breve analisi della situazione, Thomas decise che avrebbe chiesto a Minho informazioni sul ragazzo.
« Chi è quello? » domandò allora.
Il suo amico si voltò immediatamente, cercando con lo sguardo colui a cui si riferiva Thomas (doveva non aver notato il ragazzo misterioso). Quando però lo vide, il suo sguardo si illuminò in un modo che Thomas non aveva mai e poi mai visto.
Minho cominciò a salire velocemente le scale, dirigendosi verso il ragazzo.
« Ehi! » gridò, e Thomas pensò che stavano per fare un'altra delle loro epiche figure di merda.
« Ehi, testa di caspio! » gridò nuovamente.
Al secondo grido il ragazzo misterioso alzò il viso leggermente confuso, espressione che però si tramutò velocemente in una sorridente, come se avesse riconosciuto la voce. Lo osservò mentre si alzava in piedi, senza curarsi dell'album da disegno che era caduto a terra, e mentre si dirigeva verso Minho.
Appena i due furono a pochi centimetri l'uno dall'altro, successe una cosa piuttosto strana.
Minho e l'altro ragazzo si abbracciarono.
« Potevi avvertirmi che eri tornato, eh? Sei un idiota, una telefonata non costa poi così tanto » Thomas sentì dire da Minho, mentre si avvicinava, perplesso.
« Volevo farti una sorpresa, amico » disse il ragazzo, passando un braccio attorno alle spalle di Minho e stringendolo leggermente.
Okay, Thomas era molto confuso. Da ciò che sapeva Minho non aveva amici che vivevano all'estero, o che si erano trasferiti: insomma, il suo gruppo era sempre stato composto da lui, Brenda, Jorge e Teresa, a cui poi Thomas si era aggiunto poco più di due anni prima, quando si era trasferito in città.
« Thomas » lo chiamò Minho « questo è Newt. »
Newt. Bel nome.
« Grazie » disse Newt, allungando una mano -segno che aveva detto ad alta voce ciò che pensava.
Thomas la strinse, mentre osservava il sorriso allegro di Newt e i capelli scompigliati che sbucavano da sotto il cappello, la matita infilata all'orecchio.
Quel ragazzo gli piaceva. Non riusciva bene a capire come mai, ma aveva qualcosa che lo affascinava e lo metteva a proprio agio allo stesso tempo.
« Andiamo, cretino... » disse Minho a Newt, facendo cenno anche a Thomas di seguirli « dobbiamo recuperare parecchio tempo. »


 

Seduti al bar risedente proprio davanti la scuola, Thomas potè scoprire diverse cose riguardo l'interessante nuovo arrivato.
Prima fra tutte, era un artista. Questo in realtà non l'aveva detto proprio chiaramente, e già prima avrebbe dovuto capirlol, ma Thomas (mentre Newt e Minho parlavano di un qualcosa che non stava proprio capendo) potè notare che nella borsa a tracolla di pelle da cui spuntava fuori l'album da disegno c'erano anche delle scatole di pastelli a cera e matite colorate. In più, Newt continuava a tenere la matita dietro l'orecchio ed il cappello anche se nel bar non era affatto necessario.

La seconda cosa che riuscì a scoprire fu che Newt era un tipo a cui non piaceva poi così tanto fare del sarcasmo (come invece si sarebbe aspettato, visto che era amico di Minho). Faceva battute, rideva, parlava un sacco: ma non diceva mai nulla di cattivo o crudele contro chicchessia.
Thomas fu affascinato fin troppo da quel particolare: gli sembrava che Newt fosse un tipo a cui piaceva ridere ed essere allegro, ma non sulle sofferenze altrui.
E questo lo portava a pensare che di sofferenza ne avesse passata parecchia lui stesso.
Di questo punto ne ebbe la conferma quando, circa una mezz'ora dopo il loro arrivo al bar, improvvisamente il silenzio cadde fra gli altri due ragazzi.
Thomas -che non stava ascoltando ciò di cui stavano parlando, si trovò a domandarsi quale fosse stata la domanda che aveva causato quell'improvviso calo dell'allegria.

Newt teneva lo sguardo basso, sulle proprie mani intrecciate poggiate sul tavolo.
Minho, invece (Minho che non si vergognava e preoccupava mai di nulla) sembrava dispiaciuto. Allungò una mano e sfiorò la spalla di Newt, che alzò lo sguardo e sorrise, dicendo che non importava: ma era piuttosto chiaro che con quel sorriso si era chiuso ancor di più in se stesso.
La terza e ultima cosa che carpì da quel pomeriggio fu che Newt era stato il migliore amico di Minho, prima, quando abitava in città: poi si era trasferito due anni prima (poco prima che Thomas arrivasse) e non si era fatto più sentire.
Ma ora era tornato.
A fine pomeriggio, Thomas capì che quello sarebbe stato un grosso cambiamento.


 

*



Minho non voleva dirgli nulla.
Dopo averlo accompagnato a quella che doveva essere casa sua, anche se a guardarlo non si sarebbe mai detto che vivesse in una villetta a tre piani, lui e Minho si erano diretti al suo appartamento per provare a studiare qualcosa.
La cosa ovviamente era finita con diverse bottiglie di birra accanto al materasso del letto e Minho talmente ubriaco da non potersi alzare. Fortunatamente sua madre e Chuck non erano a casa, quel pomeriggio.
Insomma, l'unica cosa a cui Thomas riusciva a pensare era Newt.
Newt era diverso da chiunque altra persona avesse mai incontrato.
Sin dal primo momento in cui lo aveva guardato, Thomas aveva capito che in lui c'era qualcosa di profondamente... sbagliato. Non sbagliato per forza in senso cattivo, ma c'era qualcosa di sbagliato.
I capelli biondi lunghi fino alle spalle, arruffati, gli occhi scuri e grandi, le mani dalle dita affusolate, erano stati vari i particolari che avevano attirato la sua attenzione: ma era la sua voce ciò che lo aveva convinto che Newt era diverso.
Quel pomeriggio aveva riso, ma mai fino alle lacrime. Aveva parlato, aveva parlato parecchio, ma gli era sembrato sempre che in un certo senso si controllasse, che stesse attento a ciò che voleva dire in ogni momento.
Era rimasto subito incuriosito da quel ragazzo, che nascondeva la corporatura relativamente esile sotto un maglione troppo grande e i capelli arruffati sotto un cappellino di lana che non aveva mai tolto: era rimasto incuriosito e toccato, perché fra le tante persone che aveva conosciuto da quando si era trasferito nella nuova città nessuno lo aveva mai attirato come quel tipo. Nè Minho o Teresa -che poteva considerare i suoi migliori amici, nè Brenda -con cui aveva avuto persino una breve storia per un periodo, nè Jorge, Aris, Sonya, Harriet, Gally, Frypan e Winston -gli amici di Teresa e Minho a cui si era unito, il gruppo in cui si era sentito accettato.
Era una sensazione nuova e forte. Una sensazione che lo scombussolava.
Per tutto il tragitto verso casa sua aveva provato a farsi dire qualcosa da Minho, qualsiasi cosa, ma non era riuscito a convincerlo: forse era anche per questo che lo aveva fatto bere. Forse.
Insomma, fatto sta che da ubriaco Thomas riuscì a estorcergli qualche informazione, ma tutte cose che già sapeva.
Newt aveva vissuto lì. Si era trasferito un mese prima dell'arrivo di Thomas. Erano amici d'infanzia, loro (e mentre lo diceva ridacchiava istericamente). Poi, quando l'argomento si era spostato sul settore molto più interessante riguardante cose un po' più personali, aveva farfugliato un qualcosa sul fatto che Newt fosse uno schizzato del caspio, ed era scoppiato a piangere.
Minho.
Incredibile, ma vero.
Aveva chiesto scusa al muro, e prima che Thomas potesse anche solo chiedergli di che cavolo stava parlando Minho si era addormentato.

 

 


 




Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Doveva essere una one-shot. Una piccola e semplice one-shot di 5'295 parole. Poi però i miei zii qualche giorno fa mi hanno detto "perché non la spezzi e la trasformi in una long?": ci ho pensato, ho fatto alcuni aggiustamenti, ed ora eccovi a voi il prologo! Come se non avessi abbastanza long da aggiornare, ahhahahha (perdonatemi per questo, ma all'ispirazione non si resiste.)
Quindi questa è una buona notizia: la long è già scritta, completamente. Dovrò fare qualche altro aggiustamento, aggiungere o togliere pezzi, ma diciamo che è completa :3 Saranno al massimo una decina di capitoli, penso, ma spero che vi piacerà come sta piacendo a me scriverla <3
Bene, non ho molto da dire! Stavolte il Newtmas (otp) è davvero il fulcro della storia. Compariranno anche gli altri, perché adoro scrivere riguardo a qui pive come gruppo di amici caciaroni, ma principalmente sarà tutto incentrato su Newt e Thomas.
E approposito... MA AVETE VISTO IL QUASI BACIO FRA DYLAN E THOMAS???? Thomas lo stava per fare! Stava per baciarlo! Mannaggia a Dylan che si è tirato indietro >.<
Un' ultima cosa: sarà una long un po' diversa da 
Semplici problemi { per semplici adolescenti } (da cui peraltro vi invito a passare xD). Innanzitutto la storia non è una raccolta, ed in più avrà toni più pesanti e seri dell'altra. Saranno trattate alcune tematiche delicate (spero di riuscire a farlo in modo adeguato :3). E non sarà comica! Magari in alcuni momenti sì, ma per il resto tenderà al serio e, verso la fine, al più completo angst <3
Vabbe, ora vi lascio, non voglio rompere più di tanto. Le recensioni sono sempre ben accette, e niente, spero che il prologo vi abbia incuriosito e che continuerete a leggermi :*Ci si sente al prossimo aggiornamento! Miao!p.s: il banner l'ho fatto io e la fan art l'ho trovata su tumblr... se sapete l'autore ditemelo pls, che metto subito i crediti, che io proprio non mi ricordo :(

Alice.

 

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo ***



Please, don't take my sunshine
away;




 






Primo Capitolo
 

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 

 

Un cappello di lana.
Un maledetto cappello di lana.
Quel maledetto cappello di lana.
Thomas si maledì mentalmente: perché caspio tutto cominciava sempre con un cappello di lana?
Anche il mercoledì precedente la prima cosa che aveva notato in Newt era stato quel particolare capo d'abbigliamento: ed ora, mentre camminava spedito per i corridoi della scuola per non arrivare tardi ad Inglese, vide il medesimo cappello e non ebbe alcun dubbio nell'affermare che quello dovesse essere per forza Newt.
Si ritrovò ad essere parecchio sorpreso, a dirla tutta.
Sì, Newt era tornato, aveva sedici anni e a scuola doveva andarci; il fatto era che Thomas non pensava che sarebbe tornato alla loro scuola.
Non che ci fosse qualche problema! Anzi, quando lo vide, il cuore di Thomas cominciò a battere forsennatamente, senza che lui riuscisse bene a spiegarsi il perché.
Sta di fatto che era sorpreso, non se lo aspettava e, soprattutto, quando si ritrovò davanti al ragazzo, scivolò in un profondo imbarazzo (immotivato, oltretutto!).
« Ehi! Thomas, giusto? » gli domandò lui, sorridente.
Le opzioni erano due: o rispondeva, sperando di riuscire a mettere in fila almeno un paio di parole di senso compiuto, oppure la conversazione poteva procedere grazie ai cenni. Propense per la seconda, e annuì.
« Fantastico. Senti, io ora dovrei avere Inglese, non è che sai dov'è? » gli chiese allora, sempre con quell'espressione allegra.
Thomas era troppo concentrato sul non fare una figura di merda, ma riuscì comunque a rispondere.

« Ci sto andando anch'io, puoi venire con me » disse, poche e sicure parole.
Vai, Thomas, ce la puoi fare!
« Cacchio, grazie! Andiamo allora » esclamò lui, e si mise accanto a Thomas, pronto a seguirlo, la borsa a tracolla di pelle piena di quelli che non erano sicuramente libri di scuola e le dita strette attorno al maglione, come se fosse nervoso.
Thomas prese un profondo respiro e decise che non si sarebbe lasciato sopraffarre da... da qualunque emozione fosse quella che stava sentendo.


Appena entrati in classe, Thomas si sorprese per la seconda volta nell'arco di dieci minuti.
Non appena il bel viso di Newt fece capolineo nella classe, immediatamente il solito chiacchiericcio cessò, lasciando il posto ad un silenzio pesante.
Fu Brenda a rompere quel silenzio: Thomas l'aveva osservata per qualche secondo ed aveva potuto constatare che era caduta in uno stato di profondo shock non appena aveva visto il ragazzo biondo.
Si riprese in fretta, però, e scatto in piedi per gettarsi su Newt: il ragazzo l'abbracciò, stringendola a sè, ed anche se non si vedevano da più di due anni a Thomas sembrò comunque esagerato il modo in cui gli occhi di Brenda si velarono di lacrime.

Immediatamente a lei seguirono, nell'ordine: Minho (che si limitò ad una pacca sulla spalla e ad un abbraccio), Frypan, Winston, Aris, Sonya e Harriet. Il resto della classe se ne stava seduto, senza fiatare, e Thomas (mentre i suoi amici salutavano uno ad uno il nuovo arrivato) poté notare che fissavano tutti Newt con uno sguardo strano. Come se fossero sorpresi e leggermente spaventati allo stesso tempo.
Notò anche che Teresa si comportava in modo strano.
Abbracciò Newt, con cortesia e nulla più, e si stava trattenendo dal chiedere qualcosa a Minho, qualcosa che la stava rendendo nervosa: ne era più che sicuro, dal modo in cui lei guardava nella direzione del ragazzo ogni volta che poteva.

La festa finì non appena la prof entrò in classe.
« Che sta succedendo, qui? » chiese, con un'espressione corrucciata in volto che mantenne finché non vide Newt.
A quel punto Thomas aveva voglia di urlare: che caspio succedeva a tutti? Cosa cavolo era successo a Newt?
Il volto della prof si rilassò immediatamente e assunse un'espressione dolce.
« Newt, è passato del tempo dall'ultima volta che ti ho avuto come alunno, eh? » domandò lei, tenendo fisso lo sguardo sul ragazzo.
E fu lì che Newt fece una cosa, quella cosa che fece capire a Thomas che era completamente fottuto.
Sorrise. Lo faceva sempre, a pensarci, ma in quel momento sorrise alla professoressa, e fu un misto fra un sorriso malinconico ed uno accattivante. Probabilmente nessuno degli altri compagni ebbe la stessa reazione, ma Thomas si sentì come se gli si fosse spezzato il cuore, dolorosamente.
Era un bel sorriso (ma Newt era tutto bello, pensò con lieve imbarazzo): aveva qualcosa di triste e qualcosa di malizioso che gli fece rivoltare le budella nello stomaco.
La prof sorrise di rimando e gli disse di sedersi all'unico banco libero dell'intera classe, ovvero quello davanti a Thomas.
Capì di essere davvero fottuto nello stesso instante in cui la prof apriva il registro e cominciava con l'appello, e Newt si infilava una matita all'orecchio e con un'altra cominciava a scarabocchiare su un foglietto di carta, linee che pian piano prendevano la forma di un corvo da un occhio solo.
Osservò per tutta l'ora il movimento delicato della mano del ragazzo, non curandosi affatto di ciò che stava succedendo in classe: le uniche cose che esistevano erano le dita ipnotiche ed il polso di Newt.

*


Tempo tre settimane e Newt si era ri-ambientato quasi alla perfezione.
Thomas sin da quando li aveva visti interagire aveva capito che il ragazzo non avrebbe avuto nessun problema: si vedeva che era mancato a tutti quanti.
La cosa che gli faceva più piacere era che, al contrario di quanto si sarebbe aspettato, nessuno dei suoi amici lo escludeva. Insomma, non è che prima l'avessero mai fatto, ma pensava che visto che un tangibile ricordo dei vecchi tempi (quelli in cui Thomas ancora non c'era) era tornato allora i suoi amici si sarebbero persi a ricordarli.
Invece, non successe nulla di tutto questo, anzi.
Del passato non parlava mai nessuno, nemmeno per sbaglio. Nessun rimando a eventi trascorsi, nessunissimo accenno a battute fatte prima. Nulla di nulla, quasi come se tutti stessero davvero tanto attenti a non dire niente.
L'unico a cui sembrava venire spontanteo era Newt, e la cosa aveva un nonsoché di tragi-comico.
Comunque, le cose procedevano. Le uscite ora comprendevano anche Newt e Thomas riusciva persino a parlare con lui senza arrossire o impicciarsi con le parole.
Un bel traguardo davvero, considerando qual'era stato il punto di partenza.
Ci era voluto un po', a dir la verità. Le prime volte era stato difficilissimo ed era stato tutto il tempo vicino a Minho per non ritrovarsi in situazioni imbarazzanti. Poi si era reso conto che doveva solo rilassarsi e far finta che non provasse qualche tipo di fortissima attrazione verso quel ragazzo, quindi le cose erano diventate più semplici.
In più, dopo aver capito quel piccolo stratagemma per non sclerare, aveva scoperto che Newt sapeva benissimo come metterlo a suo agio.
Un altro punto a suo favore.

Tutto era filato liscio, sì.
Fino ad un certo punto.

« Minho, chiudi quella cacchio di bocca! » esclamò Newt, tirando verso colui a cui si era rivolto una scarpa spuntata fuori da chissà dove.
Sdraiato sul letto di Teresa, Minho sembrò non reagire alla provocazione e continuò a parlare.

« Perché nessuno mai mi asseconda? Le mie idee non sono così male » disse, scuotendo la testa sconsolato mentre Sonya rideva, seduta ai piedi del letto.
Teresa e Brenda erano in cucina a preparare dei biscotti che poi avrebbero amabilmente condiviso con gli altri; Harriet ed Aris si erano sistemati nel balconcino di camera di Teresa e stavano fumando (Thomas non aveva la più pallida idea se fosse solo fumo o proprio erba); Newt si era appollaiato sulla scrivania, tirando a terra tutti i libri e i quaderni dell'amica.
Thomas, invece, se ne stava tranquillo seduto vicino a Sonya.
« Lo sarebbero se non coinvolgessero la distruzione completa dell'appartamento di mio padre » mormorò Sonya, probabilmente per non farsi sentire, ma il fine orecchio di Minho captò comunque la frase.
« Le feste non sono autodistruttive. Dai, giuro che poi ti aiutiamo a sistemare tutto » promise il ragazzo, sollevandosi sui gomiti per riuscire a guardarla.
Sonya voltò il viso e si ritrovarono a fissarsi intensamente negli occhi per qualche secondo. Probabilmente lei stava pensando a quanto avrebbe dovuto prenderlo sul serio.
Decise di fidarsi, perché annuì con rassegnazione.
« Evvai! Il prossimo week-end ci si diverte. Newt, tu ci sei? »
L'attenzione fu spostata verso il ragazzo, che però stava guardando... Thomas.
« Solo se viene anche Tommy » disse, facendogli l'occhiolino.
Ora.
Quella cosa era illegale. Qualcuno avrebbe dovuto arrestarlo seduta stante. Era tutto così... così sbagliato. Non aveva il diritto di farlo sentire così! Forse era stata la frase, forse l'occhiolino, forse il fatto che nessuno lo chiamava con un soprannome (apparte Teresa che si era appropriata di Tom).
Sta di fatto che Thomas non riuscì a non arrossire.
« Sì, penso di esserci » riuscì a dire.
Newt sorrise, stavolta rivolto verso Minho.
« Allora è andata. Contate anche su di me e su Tommy! »
Cosa aveva fatto di sbagliato per meritarsi quello?

Tommy. Oramai aveva deciso di chiamarlo così.
Per Newt non sembrava una gran cosa. Il soprannome era venuto fuori da solo, e secondo lui era un bel soprannome. Basta. Fine del discorso.
Ed ogni volta era una nuova stilettata al cuore petto.
Tommy era un soprannome solo suo. Minho lo chiamava testa di caspio, gli altri lo chiamavano Thomas, Teresa lo chiamava Tom. Newt si era appropriato di quel Tommy, e Thomas si sentiva come se, prendendo quel soprannome, si fosse preso anche una prima parte di lui.

 

 

 




Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Questo è davvero un aggiornamento record secondo i miei soliti standard. Infatti, non è un capitolo molto impegnativo xD Cominciamo un po' a vedere come si sviluppa la situazione, ma nulla di ché, insomma. Solo Thomas che si trova perennemente imbarazzato di fronte a Newt <3 e il resto dell'allegra compagnia che nasconde un qualcosa. Questo si era capito sin dal prologo, ma va bene dai xD Dunque, già il prossimo capitolo dovrebbe essere un po' più movimentato, visto che abbiamo in programma una festa a casa di Sonya :3 eheheh. Va bene, ora vi lascio, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e un bacio a tutti :*


Alice.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***



Please, don't take my sunshine
away;


 






Secondo Capitolo

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 

 



Tre giorno dopo il fatidico "occhiolino" e due giorni prima dell'ancor più fatidica festa, Newt non si presentò a scuola.
Thomas si rese conto che era una cosa di cui preoccuparsi quando guardò interrogativamente Minho entrare in classe visibilmente turbato e agitato: il fiato corto, le nocche pallide, sembrava che avesse corso.
Lo seguì con lo sguardo mentre si sedeva al suo banco, quasi gettando lo zaino per terra e lasciandosi cadere sulla sedia a peso morto: che cavolo è successo?, avrebbe voluto chiedergli, ma il suo sguardo e il modo in cui continuava a guardare fisso sul banco lo convinsero ad abbandonare quel proposito.
La mancanza di Newt a scuola fu notata anche dagli altri, cosa di cui Thomas si accorse in meno di cinquanta minuti: Brenda si muoveva sulla sedia, come se si sentisse a disagio. Quasi tutta la classe continuava a guardare interrogativamente Minho, che però non spostava lo sguardo dalla lavagna (ed era già strano che seguisse una lezione, figurarsi concentrarsi su di essa.) Teresa guardava fisso il pavimento e si arrotolava una ciocca di capelli neri attorno ad un dito, segno che era nervosa e che non voleva darlo a vedere.
Ad un certo punto, persino la prof. di mate sembrò accorgersi e preoccuparsi per l'assenza di Newt.
Si fermò di scatto, interrompendo a metà la frase che stava pronunciando e facendo scorrere lo sguardo sull'intera classe, per poi solo alla fine soffermarsi su banco vuoto di fronte a quello di Thomas.
« Newt? » domandò, ad un qualcuno d'indefinito.
Minho scosse piano la testa, prima di rispondere.
« Non risponde al cellulare e non entra su Whatsapp da ieri sera. »
Calò il silenzio, interrotto solo qualche secondo dopo dal suono della campanella: la porta della classe si spalancò e, la prima cosa che Thomas vide fu un cappello di lana.
« Scusi, prof., mi si era scaricato il cellulare e la sveglia non è suonata! » esclamò l'oggetto delle preoccupazioni di tutti, sorridendo amabilmente e procedendo verso il suo banco.
Si sedette sotto lo sguardo allibito di tutti, e sembrava davvero non rendersi conto di quello che attorno a lui stava succedendo: sembrò risvegliarsi solo quando quell'inquietante silenzio fu rotto dall'esclamazione spezzata di dolore di Minho.
« Idiota! » sibilò Teresa dietro di lui, mentre Minho si massaggiava la testa e lei abbassava la mano.
Lo sguardo di Newt passò velocemente fra i due: osservava incuriosito l'espressione scocciata di Teresa e quella colpevole di Minho. Poi, il suo viso cambiò.
Si rese conto che qualcosa non andava e i suoi occhi si fecero spenti, tristi.
« Cosa succede? » domandò, ma Thomas capì subito che -qualunque cosa fosse successo, Newt aveva intuito giù tutto.
« Niente, niente » liquidò la questione Brenda, con un gesto della mano.
« Eravamo solo... » provò a dire Aris, che però fu subito zittito dalle occhiataccie che gli furono rivolte.
« Eravate solo cosa? » domandò Newt.
E Thomas provò una sensazione orribile, che si augurò non tornasse mai più. Si sentì gli occhi pizzicare e si sentì come se qualcuno lo avesse mandato a terra con un calcio e gli stesse premendo il piede sul petto: si sentì così al guardare l'espressione di malinconica consapevolezza e delusione negli occhi di Newt.
Come se si fosse fidato dei suoi amici e loro, preoccupandosi (di cosa, poi? per cosa?) lo avessero deluso.
Mortificato, Newt voltò il capo e per tutto il resto della giornata non parlò a nessuno
Neppure a Thomas.
*


Thomas non capiva cosa fosse successo e non riusciva a spiegarselo: era frustrante, perché di lì a poco -circa una ventina di minuti, Newt e gli altri sarebbero passati a prenderlo per andare all'appartamento di Sonya, per la famosa festa.
Non sapeva come comportarsi. Nei due giorni precedenti nessuno aveva fatto cenno a cosa fosse successo in classe, eppure Thomas si sentiva come se quel particolare fosse molto importante.
Si era rassegnato, Newt gli piaceva. Gli piaceva il suo sorriso e il modo in cui parlava, gli piacevano i suoi occhi e le sue mani, gli piaceva e lo interessava: aveva capito, anche, che Newt era un' enorme enigma da risolvere, e sentiva che quel particolare, quello che nessuno voleva rivelargli, era il tassello più importante di quell'enorme puzzle.
Tante cose le aveva capite osservandolo, ma tante altre erano ancora da scoprire.
E quella? Quella era la più importante. Quello era il suo obiettivo.
Thomas prese un respiro profondo guardandosi allo specchio, e decise.
Il campanello suonò con venti minuti di ritardo, ma lui non si sentì comunque ancora pronto.


Arrivando lì con la macchina di Jorge (che era il fidanzato di Brenda e l'unico fra tutti loro ad avere la patente) si scoprì che la "festicciola fra amici" di Minho gli era sfuggita dalle mani e non era riuscito a gestirla: il risultato era stato che da casa di Sonya usciva ed entrava gente che Thomas non aveva mai e poi mai visto.
Entrarono alla ricerca di Minho, che trovarono intento a pomiciare con una ragazza bionda: quando Teresa lo afferrò per una spalla e lo strattonò all'indietro, facendogli perdere l'equilibrio, il ragazzo finalmente si accorse di loro.
« Buonasera a tutti, bei pive! » esclamò lui, con uno strano luccichio negli occhi e barcollando leggermente.
« Cristo, non sono nemmeno le dieci e già sei ubriaco? » lo rimbrottò Teresa, osservando con sguardo truce la ragazza carina che si stava dileguando in fretta.
« Abbiamo giocato a non mi ricordo cosa... » mormorò Minho, imbronciato.
Ci fu qualche secondo di silenzio, e Thomas capì che la metà di loro stava per proporre di andarsene.
Poi intervenne Newt, e Thomas non riuscì a comprendere se si sorprese più per questo fatto o più per ciò che disse.
« Vabbè, oramai siamo quì » cominciò, guardando un punto indefinito sulla parete « tanto vale divertirsi » concluse poi, e soffermò il proprio sguardo su Thomas.
« Va bene, va bene: restiamo » concesse Teresa alla fine, e i suoi amici si sparpagliarono velocemente nell'appartamento.

La musica era assordante.
Il ritmo pulsava nelle vene di Thomas, facendogli girare la testa: ma da quanto tempo era entrata tutta quella gente?
Quasi non si riusciva a respirare.
Thomas avrebbe tanto voluto trovare un posto tranquillo, solo per qualche minuto, per permettere alla testa di riprendersi, ma in ogni dannato angolo c'era una coppietta
intenta a strusciarsi l'una sull'altro: non voleva nemmeno provare a vedere se le camere erano libere (aveva visto Minho trascinarsi in una di esse con la ragazzina bionda) e fuori in giardino l'aria era pervasa dall'odore di erba.

Si trascinò diverse ore dietro a Brenda e Teresa, bevendo tutto d'un fiato i bicchierini che di tanto in tanto si ritrovava fra le mani.
Alle 02:54 di quella mattina, Thomas si trovava schiacciato fra Newt e il bracciolo del divano, gli altri seduti a cerchio davanti a loro: Brenda, Jorge, Teresa, Aris, Winston e un paio di altre ragazze che Thomas non conosceva erano intenti a giocare a quello che sembrava il gioco della bottiglia.
Newt, accanto a lui, continuava a partecipare passivamente al coro di risate, afferrando di tanto in tanto un bicchierino pieno di un qualche super-alcolico e buttandolo giù tutto d'un colpo.
Giunse il turno di Teresa e, quando la bottiglia si fermò su Brenda, ci fu un coro di risate e incoraggiamenti: le due ragazze si avvicinarono con riluttanza -in particolare Teresa, che continuava a lanciare occhiate inceneritrici ai presenti, e fu nel momento in cui le loro labbra si incontrarono che il filo dei pensieri di Thomas (pensieri impregnati di confusione e nulla) fu bruscamente tagliato.
« Ti godi lo spettacolo? » domandò Newt, un mormorio vicinissimo al suo orecchio.
Il suo respiro sul collo lo fece rabbrividire, portandolo poi a voltarsi e ad allontanarsi di qualche centimetro per non trovarsi a distanza ravvicinata con quello che ormai considerava un amico.
« N-no, no, stavo solo pensando » rispose lui.
Newt era ubriaco. Sorrideva troppo e aveva gli occhi troppo lucidi.
« A cosa? »
Thomas si sforzò di ricordare. La sua mente era come un enorme buco vuoto, e l'unica parola che gli venne in mente...
« Pensavo a te » disse, prima di riuscire a trattenersi. Si diede mentalmente della testa di caspio e sperò che quelle tre parole fossero state mal interpretate.
« A me? » chiese Newt per conferma.
Quando Thomas annuì, non riuscendo ad impedirselo, Newt si avvicinò leggermente.
« A che cosa pensavi di me? »
« Al fatto che c'è qualcosa di sbagliato in te » rispose lui.
Si rese conto delle parole pronunciate solo quando lo sguardo di Newt cambiò di nuovo, e diventò molto più simile a quello che aveva spezzato il cuore a Thomas, quando Newt era arrivato alle nove e tutti si erano preoccupati.
Per lui non era una cosa negativa, davvero, ma quasi di sicuro a Newt era sembrata una cosa brutta, una cosa cattiva da dire.
« No, aspetta... » disse Thomas, sporgendo il busto verso l'altro ragazzo.
Perse l'equilibrio -probabilmente a causa dell'alcool, e si ritrovò con una mano sulla gamba di Newt e con una che teneva stretto il suo polso.
« Non intendevo quello, non sbagliato nel senso di brutto, capito? Sbagliato nel senso di fuori dal comune, non era una cosa brutta, non volevo ferirti » disse, le parole che uscivano veloci dalle sue labbra a capofitto.
Newt lo guardò, con gentilezza. Lo sguardo (quello deluso e mortificato) rimase, ma la sua nuova espressione calmò Thomas e lo fece rilassare. Non capì come, ma si ritrovò ad essere ancora più vicino a lui.
« Tommy, non preoccuparti. Non mi hai ferito, davvero, ho capito cosa intendevi. »
Improvvisamente Newt si alzò. Scivolò via dalla presa di Thomas e, nel farlo, gli lasciò una leggera carezza sul braccio, carezza che Thomas avrebbe potuto interpretare come casuale se non avesse notato gli occhi di Newt che seguivano con attenzione quel movimento, come se si dovesse trattenere dal fare solo quello.
Si alzò e tutta l'attenzione dei presenti nella stanza -che si erano ridotti di molto rispetto a prima, si catalizzò su di lui.
« Newt, ehi, dove vai? » domandò Brenda.
« In bagno, ho bisogno di bere. »
Thomas notò lo sguardo d'intesa che Brenda e Teresa si scambiarono: fu certo che l'avesse notato anche Newt e che ne fosse infastidito.
« Ti accompagno » disse allora Aris, alzandosi senza barcollare.
« Non ne ho bisogno, ce la faccio, non sono così ubriaco. »
« Non c'è problema, davvero, ti accompagno: il bagno è al piano di sopra e... » e Aris smise di parlare.
Newt lo stava fissando con una rabbia nuova, che sembrava quasi sul punto di esplodere.
« Ho detto che non ne ho bisogno » ripeté, scandendo bene ogni parole.
« Newt... » mormorò Brenda, che si era tirata anche lei in piedi ed affiancava Aris.
« NO! » esclamò improvvisamente il ragazzo, e tutte le voci si zittirono.
Newt sembrava davvero sconvolto, e la cosa peggiore era che Thomas non riusciva neppure a capire quale fosse il problema.
« Sono stanco, cacchio, sono così stanco dei vostri sguardi! Dovete smetterla di guardarmi e provare pena, dovete finirla! » gridò, mentre gli occhi gli si inumidivano
« Non me ne andrò in bagno a tagliarmi le vene, se è di questo che avete paura. Non mi legherò uno stramaledetto cappio al collo e non lascerò nessun bigliettino di addio. Basta, vi prego, basta. Dovete smetterla di preoccuparmi se entro in seconda ora, perché è una cosa normalissima, ed io non sono malato. Sono normale, sono un ragazzo normalissimo, come voi. Porca puttana ho sedici anni come voi. Non voglio la pietà di nessuno... » finì il discorso con un mormorio, come se tutta l'energia di prima fosse stata risucchiata.

I suoi amici lo fissarono con gli occhi sbarrati quando fece qualche passo all'indietro e si lasciò cadere sul divano dove prima lui e Thomas erano seduti, e si portò le ginocchia al petto nascondendo il viso.
Nessuno osò muoversi per un intero minuto.

Newt aveva sbroccato per un qualcosa che ancora Thomas non capiva e i suoi amici lo avevano cacciato in giardino per parlarne.
Queste erano le uniche due certezze di Thomas, che osservava il cielo privo di stelle e si stringeva nel suo cappotto: la notte era fredda e buia, e Thomas non aveva nessun pensiero felice a cui aggrapparsi.
Suicidio. La parola vorticava pericolosamente nella sua testa, ma Thomas ancora non capiva: forse a causa dell'alcool, forse perché Newt era sempre cosi maledettamente sorridente e Thomas non riusciva proprio ad immaginarselo un Newt triste, senza voglia di vivere.
La sua solitudine fu interrotta da Minho, che aprì la porta e gli rivolse un sorriso di scuse (cosa molto strana per i suoi standard): Thomas capì quando vide dietro all'amico il familiare cappello di lana e il gigantesco maglione caratteristico di Newt.
« Questa testa di caspio vuole parlare con te » gli disse. Fece passare Newt, che si sedette accanto a Thomas, tanto vicino che le loro spalle si sfioravano, e poi se ne andò.
Passò qualche minuto nel silenzio.
« Sai, Tommy, tu mi piaci » disse ad un certo punto l'altro, muovendosi leggermente per poter guardare Thomas negli occhi.
« Perché sei un tipo intelligente. Capisci e comprendi le cose senza immischiarti. Mi piaci un sacco, davvero... »
La conversazione stava assumendo toni surreali. Thomas se ne rese conto, ma il momento era così bello, e il freddo era così pungente, che avvertì il bisogno di sentirlo. Senza alcun preavviso, afferrò la mano di Newt e la strinse, forse un po' troppo forte.
Il giorno dopo se se ne fosse ricordato sarebbe caduto nel più profondo imbarazzo, di sicuro; il fatto era che in quel momento non gliene importava affatto.
Voleva sentirlo, e anche se stringergli così la mano poteva sembrare infantile e senza senso, Thomas si sentì meglio.
Quasi aveva paura che l'altro lo avrebbe allontanato: per questo si sorprese quando Newt sorrise e gli passò un braccio dietro alle spalle e lo avvicinò, in un semi-abbraccio.
« Ed hai ragione » aggiunse, dopo qualche secondo, « c'è qualcosa di veramente sbagliato in me. »

 


 


Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Eeeee, lo so, ho aggiornato un po' in ritardo D: la scuola mi ha tenuto impegnatissima, davvero :(
Ma ora sono quì :D E con un capitolo di ben ottocento parole più lungo del normale, incredibile!
Dunque, non ho molto da dire. Aggiungo solo che questo è un capitolo piuttosto importante, perché si comincia a capire cos'é successo ed è su questo che si baserà il rapporto fra Newt e Thomas, almeno per un primo periodo *messaggi criptici modalità attiva*
Bene, non ho null'altro da dire! Grazie per le persone che leggono, recensiscono, preferiscono, ricordano e seguono, e grazie anche ai lettori silenziosi!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi mando un bacio :*
Alla prossima!

Alice.





 
 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo ***



Please, don't take my sunshine
away;




 






Terzo Capitolo

 

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 

 




« Andiamo, chiunque pensi che Colpa delle Stelle sia un libro migliore di Cercando Alaska non è degno di considerarsi fan di John Green! »
Thomas poggiò la fronte sul palmo della mano, il gomito che scivolava sulla superficie fredda del tavolo. Non sapeva come, non sapeva perché, ma si era ritrovato da solo con Newt e Teresa in mensa: sarebbe stato piacevole se fossero stati soli, lui ed il ragazzo, -insomma, Newt era fantastico, ma con Teresa?
Teresa era la sua migliore amica, certo, ma quando si cominciava a parlare di libri diventava un caso irrecuperabile.
Comunque, Thomas riusciva ugualmente a vedere il bicchiere mezzo pieno in quella situazione. Ascoltare Newt parlare di un qualcosa che amava -perché si vedeva che amasse davvero tanto leggere, era un'esperienza meravigliosa.

Il modo in cui i suoi occhi si illuminavano mentre parlava era assolutamente bellissimo e devastante. Gesticolava più del solito e parlava con un tono animato da una sorta di gioia che Thomas non sapeva come classificare.
« Così si parla, cacchio! Certo, John Green non è che scriva capolavori, ma hai letto Will ti presento Will? È mille volte meglio di Colpa delle Stelle, eppure cos'è che le ragazzine di oggi idolatrano? Hazel Grace Lancaster e quella mezza sega di Augustus Waters. Ma ti sembra normale? »
Continuarono così per altri dieci minuti, fino a che finirono per parlare di una serie di libri con protagonista un tipo chiamato Percy Jackson che, a quanto dicevano quei due, era assolutamente shippabile con un certo Nico di Angelo, figlio del Dio dei Morti. Rassicurante.
Poi, la conversazione si spostò verso i grandi classici e Thomas cominciò a pensare che sarebbero rimasti lì per tutta l'ora di buco che seguiva.
Teresa lo guardò. Ci fu un momento ben distinto in cui il suo sguardo si posò su Thomas e lui fu certo che avesse capito tutto -era stato troppo lento a distogliere la sua attenzione da Newt, merda!, perché la ragazza si convinse che coinvolgerlo nella conversazione dovesse essere una buona idea.
Lui, che di libri in vita sua ne aveva letti a malapena dieci (compresi quelli assegnati per le vacanze dalla scuola).
« Allora, Tom, il tuo libro preferito? »
In difficoltà. Si trovava in difficoltà, perché lui non amava affatto leggere e non voleva deludere Newt. Perché non si poteva parlare di serie tv? Lui amava le serie tv e i film d'azione.
« Okay, Teresa, niente libro preferito. Hai letto il Signore delle Mosche? »
« Ehm... no. »
A quella risposta Teresa cominciò a ridacchiare. Newt, che intanto aveva sgranato gli occhi, si tolse il cappello di lana che teneva perennemente in testa (doveva essere grave, si era tolto il cappello!) e si passò una mano fra i capelli.
« Oddio. Dobbiamo assolutamente rimediare. Oggi pomeriggio, casa mia, le cinque in punto. È una minaccia. Vieni o ti lincio, Tommy » e accompagnato da quelle parole se n'era andato, afferrando tutta la sua roba alla rinfusa e lasciando Teresa e Thomas da soli.
« Cosa? » domandò Thomas, che non capiva ancora bene cosa fosse successo.
« Penso che ti abbia appena dato un appuntamento » disse Teresa confermando i suoi sospetti.
Gli batté la mano sulla spalla un paio di volte e se ne andò.
Thomas comprese appieno cosa fosse appena successo solo dopo qualche minuto di shock emotivo: a quel punto, cominciò a ringraziare chiunque avesse scritto il Signore delle Mosche.

 

*



Thomas si trovava davanti casa di Newt alle cinque meno venti.
Un comportamento da ragazzina alla prima cotta, continuava a ripetersi, scuotendo la testa ed indeciso sul da farsi: aspettare da solo, seduto sul marciapiede, per un altra mezz'ora almeno? oppure farsi avanti e suonare il campanello, per risultare poi decisamente troppo interessato a quell'incontro del tutto inaspettato?
Era vero, non se lo aspettava. Uscire da solo con Newt, andare a casa sua... sì, erano diventati parecchio amici, ma quello? Quello era il paradiso!
Thomas, troppo preso da questi pensieri, non si accorse che il diretto interessato stava camminando dritto verso di lui.
« Ehi, Tommy! » esclamò ad un certo punto, tanto forte da far sobbalzare Thomas.
« Newt! »
« Cacchio, scusa per averti fatto aspettare, sei qui da tanto tempo? In casa non c'è nessuno.... »
Thomas pensò che doveva esserci qualcuno che gli voleva davvero molto bene, lassù.
« No no, sono arrivati da due minuti. Nulla di cui scusarsi » disse allora, sorridendo.
Newt ricambiò il sorriso e tirò fuori dalla tasca della giacca un paio di chiavi.
« Beh, allora entriamo. »


La casa di Newt era un posto pulitissimo ed ordinatissimo, il che gli fece pensare che dovevano avere una domestica.
« I tuoi non ci sono? » domandò Thomas a scopo informativo, mentre Newt lo faceva accomodare in salone.
« No, i miei... lavorano molto. Sono sempre in giro per il mondo, a conferenze e incontri » rispose il ragazzo in tono atono.
Thomas si sentì in colpa: era chiaro che nella famiglia di Newt ci fosse qualcosa di strano, perché aveva dovuto fare una domanda che riguardava proprio quell'ambito?
Newt, come se avesse letto i suoi pensieri (o più semplicemente la sua espressione da cane bastonato) si voltò verso di lui e sorrise.
« Non preoccuparti! Non ci faccio nemmeno caso oramai, non è importante. »
Le parole dell'amico avevano parzialmente rassicurato Thomas. Si sedette sul divano, incuriosito dal fatto che Newt non l'avesse portato nella sua camera.
« Aspetta, vado a prendere il libro. »
Newt tornò dopo nemmeno un minuto, si sedette accanto a Thomas e cominciò a leggere.
 

*


« Thomas, ma mi stai ascoltando? »
Teresa lo stava guardando con un espressione inquietante, come se stesse meditando se ucciderlo o uccidersi.
Dove si trovava? Ah, sì! In classe. Bene, ora era connesso.
« Scusa, ho la testa un po' fra le nuvole. »
« Sì, questo lo vedo. Ti ho chiesto com'è andata ieri! »
Thomas sorrise involontariamente. Era proprio a quello che stava pensando prima. Era rimasto tutto il pomeriggio a casa di Newt, a farsi cullare dalla sua voce: non gli era mai piaciuto leggere, ma quel libro lo aveva... stregato? Incantato? Lo aveva affascinato a tal punto che quando Newt aveva chiuso e poggiato il libro sul tavolino di fronte a loro, Thomas, con la testa poggiata sulle gambe dell'amico, aveva protestato: "ma è già finito?". La risposta era stata che erano le nove e Thomas sarebbe dovuto tornare a casa.
Ci pensava da ore. Quasi non era riuscito a dormire, per colpa di quel ragazzo. Si era sentito così bene, sereno, con le farfalle nello stomaco per l'intero pomeriggio ma felice.
E, in più, non vedeva l'ora di uscire di nuovo con Newt. Questo era un problema, perché non sapeva bene come comportarsi: farsi avanti ed invitarlo ad andare, per esempio, al cinema? O aspettare che fosse lui a fare il primo passo? Newt si era reso conto della sua cotta per lui? Se sì, era un problema? Ricambiava i suoi sentimenti? Lo considerava un semplice amico?
Non aveva risposta a nessuna di queste domande. Nel pomeriggio aveva scritto a Teresa ed entrambi erano giunti alla conclusione che fosse meglio aspettare, e vedere come Newt si sarebbe comportato.



Quattro giorni dopo l'uscita per il Signore delle Mosche, Newt l'aveva invitato ad andare con lui ad un concerto. Thomas ovviamente aveva accettato, anche se non era tipo da concerto (ma ci andava con Newt, non poteva mancare).
Non si era aspettato nulla di simile.
Il posto era un locale minuscolo, dove suonava un gruppo metal capeggiato da un ragazzo dai capelli lunghi e la voce graffiante: non era il genere di Newt, Thomas l'aveva capito subito (dal modo in cui l'altro muoveva cautamente il piede al ritmo della musica, senza sbilanciarsi troppo) ma in un certo senso si vedeva che lo affascinava. E poi Thomas aveva capito, dopo un paio di canzoni, con Newt totalmente immerso nel ritmo pulsante: era la musica.
La musica doveva essere proprio importante per quella testa di caspio, come i suoi libri.
L'aveva assecondato sempre, nelle seguenti due settimane, ovviamente: Newt proponeva e lui lo seguiva. Non era importante dove andavano o chi suonava: l'importante era la musica e stare con Newt.

Non sapeva perché Newt avesse deciso di dover passare la maggior parte del tempo con lui.
Prima erano amici, certo, parlavano un sacco. Ma null'altro. Non erano mai usciti da soli, non si erano mai ritrovati da soli in un posto per più di cinque minuti.
Poi, da quella volta in cui Newt lo aveva trascinato a prendere in prestito Il Signore delle Mosche (benedetto sia il libro), dopo la sfuriata alla festa a casa di Sonya, avevano cominciato a frequentarsi.
Avevano cominciato a passare un sacco di tempo insieme, e la cosa peggiore era che la sua attrazione per Newt non era scemata, anzi.
Anzi.
Era aumentata, esponenzialmente, crescendo a tal punto che Thomas non sapeva più come gestire quel sentimento: quando ne parlava con Teresa lei scuoteva la testa e lo prendeva in giro, diceva che si era innamorato. Ma non era così, non proprio. Per lui era stato chiaro sin da subito che non provava per il ragazzo una semplice sentimento d'amicizia... ma innamorarsi? Non era un po' troppo?
Eppure, ciò che pian piano cresceva in lui era un sentimento molto più profondo di una fissa passeggera.
Ed era bellissimo, complicato, confuso: e Thomas non riusciva a capire.

Erano rientrati tardissimo, una sera dopo essere stati ad un concerto, e Thomas era troppo stanco per tornarsene a casa a piedi: allora Newt l'aveva invitato a dormire a casa sua (perché i suoi genitori, come al solito, non c'erano); in più aveva detto che non c'era nessun problema, e Thomas era davvero stanco -e forse anche un po' ubriaco.
Insomma, era entrato e Newt aveva acceso la luce e la sua camera era costellata di quadri dai colori caldi. Su una scrivania Thomas aveva intravisto uno schizzo a matita di un enorme roccia che spiccava sul mare. Gli aveva chiesto chi avesse disegnato tutto quello (l'artista era uno, si vedeva dal tratto sicuro e dagli stessi temi ricorrenti -mare, rosso, fuga, cielo).
E Newt era arrossito leggermente, un particolare che in seguito Thomas ricordò con curiosità, e aveva mormorato un io, prima di tirargli una cuscinata e di ordinargli di dormire.

« Tommy? »
La voce di Newt. Thomas si sollevò, stropicciandosi furiosamente gli occhi e cercando di capire se quel flebile suono non fosse stato solo frutto della sua fantasia. No, invece no. Si trovava nella stanza di Newt e l'amico era seduto accanto a lui, lo sguardo -che riusciva ad intravedere nella penombra della camera, un po' da folle.
« Tutto bene? » gli domandò, quando il biondino non fece segno di voler continuare a parlare.
Che idiota, certo che non va tutto bene. Newt si stava comportando in modo strano, e per un breve secondo Thomas ebbe il timore che fosse a causa sua, perché effettivamente stavano dormendo nello stesso letto ad una piazza e non sapeva se a lui quella cosa andasse bene.
Si rilassò quando sentì la mano di Newt tastare sul materasso, per cercare la sua: quella sensazione di pace durò poco, almeno finché Newt non trovò la sua mano e passò oltre. Passò oltre?
Non fece in tempo a realizzare cosa stesse succedendo che si ritrovò l'amico letteralmente spiaccicato su di sé.
Improvvisamente, sentì tutto e tutto insieme: il calore del corpo di Newt, la sua mano sulla schiena, il suo viso dalle guance umide, che aveva affondato nell'incavo del suo collo. Thomas aspettò qualche minuto in completo silenzio, perché non gli sembrava opportuno dire nulla, e si godette quelle sensazioni.
« Ti ricordi cosa ti ho detto qualche settimana fa, alla festa? Quando ho dato di matto? » mormorò ad un certo punto, mentre pian piano faceva scivolare la mano sotto la maglietta di Thomas e cominciava a disegnare linee immaginarie sulla pelle nuda della sua schiena.
« Mi stai chiedendo una frase in particolare? » chiese lui, tentando di concentrarsi. Era così vicino, e questo lo distraeva.
« "C'è qualcosa di sbagliato in me." Lo avevi detto anche tu prima, ma dopo io l'ho detto sul serio. C'è sul serio qualcosa di sbagliato in me. »
A questo punto Thomas era ancora più confuso: dove voleva andare a parare? Avrebbe finalmente scoperto qualcosa in più sul suo passato, quel passato che tutti sembravano temere? Newt si tirò su di scatto, non lasciando neppure a Thomas il tempo di abituarsi alla mancanza del calore del suo corpo. Si limitò a fissarlo per un po'.
« Penso sia anche per questo che mi piaci tanto. Non volevo dirtelo l'altra volta perché non volevo che tu ti allontanassi da me, che mi guardassi come mi guardano loro » si fermò, riprendendo fiato, e poi continuò « Amo stare con te perché non fai parte di quello che è successo prima. Non voglio mai più parlare del prima. Tutti sembrano non volerselo scordare, e lo so che si preoccupano perché mi amano... ma io non posso vivere così, capito? Con quel peso che mi porta sempre giù, quel peso di cui non riesco a liberarmi. Con te non me ne devo preoccupare, con te è un nuovo inizio, una nuova opportunità. »
Thomas pensò che il suo cuore stesse per scoppiare. Newt non si rendeva conto dell'effetto che quelle parole stavano avendo su di lui, non ne aveva la più pallida idea.
« Cosa ti è successo? » domandò allora, confidando nel fatto che l'amico stesse per rivelargli tutto.
Invece Newt si irrigidì. Thomas ebbe così paura di averlo irritato o messo a disagio che gli afferrò la mano e si avvicinò di nuovo a lui.
« Io non... non voglio parlare di questo. Non è quello che voglio dirti. Non voglio che tu sappia cosa è successo perché ho paura ch- che non mi guardaresti più nel modo in cui mi guardi ora. Avresti lo stesso sguardo di tutti gli altri. Voglio solo che mi perdoni, perché sono solo un egoista del cacchio, ma io... io non ce la faccio. »
Intanto, aveva cominciato di nuovo a piangere. Thomas cominciò ad accarezzargli i capelli con delicatezza. Non voleva dire più nulla. Voleva solo fargli capire che poteva contare su di lui, anche solo come un amico, che non voleva deluderlo.
« Ti amo perché sei l'unico che riesce a farmi respirare, sai, Tommy? Una cosa da egoista, sì, ma è questo quello che sento. »
A quel punto Thomas non riuscì a non irrigidirsi. Conosceva benissimo il concetto di amore di Newt (amore per gli amici, non l'amore di due amanti) ma quelle parole lo avevano comunque colpito. Probabilmente Newt gli stava dicendo tutte quelle cose perché pensava che non se ne sarebbe ricordato, il giorno dopo, a causa della sbronza. Per qualche secondo Thomas ebbe paura che sarebbe andata così: ma poi guardò Newt che si riaccoccolava sul letto, stavolta vicino a lui, e ebbe la certezza che quelle parole sarebbero rimaste con lui per molto tempo.
In quel momento, non gli importava della terribile cosa che era successa a Newt. Voleva solo stare con lui e renderlo felice. Null'altro.



 

Newt era un artista ed amava un sacco di cose.
Thomas pensava che doveva essere una semplice conseguenza logica: era un artista, e perciò amava un sacco di cose. Prestava attenzione ai particolari più invisibili, prendendoli e rendendoli importanti (un po' come lui, insomma, l'aveva preso e gli aveva dato un qualcosa di speciale a cui aggrapparsi). Faceva attenzione ai colori e alle forme, ai suoni e alle parole. Tutto era importante, nulla era da trascurare, e tutto poteva essere bellissimo. Tutto.

Da quando erano diventati amici Thomas aveva cominciato a riflettere sul significato dell'amore.
Non ci aveva mai pensato veramente, l'aveva dato sempre per scontato. Ma ora, più osservava Newt, più si avvicinava a capire cosa potesse essere.
Newt amava Minho, Brenda, Teresa, Aris, Harriet, Sonya, Frypan, Winston e persino Gally (che era davvero antipatico a volte).
Newt amava la musica e amava i libri, amava i suoi quadri e amava la pioggia.
Amava l'odore della benzina e quello di un libro nuovo.
Amava il cielo e i suoi colori al tramonto.
Amava il suo cane (un cucciolo di Border Collie che aveva adottato da poco), amava i suoi genitori (anche se non c'erano mai), amava le parole e il formaggio, amava i suoi amici -di nuovo, perché fra tutto erano loro i più importanti.

Newt amava un sacco di persone ed un sacco di cose, con una forza ed una determinazione che facevano venire a Thomas le farfalle nello stomaco, per quanto erano forti e potenti.
E amava anche Thomas. Quella consapevolezza gli faceva venire il mal di testa.

Era una consapevolezza che avrebbe preferito non avere, perché Newt era un suo amico e Thomas non pensava sarebbe mai potuto essere qualcosa di più: l'unica cosa che lo rincuorava era proprio ciò che più lo faceva soffrire.
Newt lo amava.

 

 

 

 

 


 


p.s: perdonatei il momento fangirl ad inizio capitolo, ma Newt e Teresa che fangirlano su saghe & Co. sono uno dei miei sogni erotici metaforici.


Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Perdonatemi il ritardo ma è stato un periodo difficile per quanto riguarda lo studio!
Comunque :D Nuovo capitolo! Ditemi voi: vi piace? è orribile? Accetto davvero qualunque parere :3
Benebene, non ho nulla da dire! Solo una cosa: spero che si sia capito che i sentimenti di Newt sono... confusi? Diciamo confusi. Va bene, devo andare a studiare, ci si vede al prossimo aggiornamento :*

Alice.

 

 

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo ***



Please, don't take my sunshine
away;





 






Quarto Capitolo

 

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 








 

La mattina seguente, quando Thomas si svegliò, fu avvolto immediatamente da una sensazione di intenso freddo.
Si mise a sedere lentamente, stropicciandosi gli occhi e poi sbadigliando: si strinse nelle lenzuola quando si accorse che la finestra della camera era spalancata e che... Newt non era accanto a lui.

Per un breve ed iniziale momento, fu travolto dal panico. Poi si rese conto che probabilmente l'amico si era solamente diretto in bagno, o magari in cucina, per fare colazione.
Le sue intuizioni si rivelarono corrette quando, infreddolito e con i piedi nudi, si incamminò verso la cucina e sentì nell'aria l'odore di caffé appena fatto e di pancakes. Ed infatti Newt era lì, che smanettava con padelle e cucchiai, completamente concentrato ed immerso nella cottura. Thomas si sedette al tavolo tentando di far più rumore possibile, per fargli capire di non esser più solo nella stanza.
Quando Newt si voltò, Thomas pensò di star per avere un attacco di cuore. Il suo sorriso era la cosa più bella che avesse mai visto.
« Ben svegliata, Aurora! » esclamò, avvicinandosi e stampando un bacio sulla guancia di Thomas, Thomas che diventò un peperone non appena l'amico si allontanò leggermente, e che tentò per i seguenti due minuti di non guardarlo in faccia.
« Aurora? » domandò, per distrarsi.
« Ma sì, Aurora, la Bella Addormentata. Non dirmi che non hai mai visto la Bella Addormentata nel bosco della Disney, Tommy, perché potrei commettere un omicidio. »
Thomas si limitò a scrollare le spalle e Newt fece finta di star per svenire, appoggiandosi al bancone dei fornelli con una mano e portando l'altra sulla fronte, in un gesto da vero teatrante.
« Cacchio, non ci credo. Abbiamo trovato cosa fare la prossima volta. »
Thomas sorrise ed annuì. Guardare la Bella Addormentata nel bosco non rientrava nella sua top 10 di cose da fare -ma nemmeno nella sua top 20, ma guardarlo con Newt? Acquisiva immediatamente almeno una quindicina di posizioni in più.
Mangiarono i pancakes con lo sciroppo d'acero e Thomas bevve il caffé che Newt gli aveva preparato (cosa che apprezzò davvero molto, visto che l'amico invece beveva solamente latte di mandorla e aveva una repulsione verso anche solo l'odore del caffè). Lo salutò con un abbraccio un po' troppo lungo e con la promessa che l'indomani si sarebbero visti a scuola e che dopo avrebbero guardato la Bella Addormentata nel bosco.
 

*


« Eh andiamo, cosa avete fatto? Siete andati a letto insieme? »
« Che caspio, Teresa, ti ho detto che ci ho solo dormito! »
« Non è possibile, la tensione sessuale è troppa e palpabile. Cosa diamine avete fatto? »
« Scommetto su un bacio. »
« Aris, non ti ci mettere pure tu. »
« Ma che bacio, la vergine santarellina qui secondo me gli ha fatto almeno un pomp-... »
« BRENDA. »
Thomas, in linea di massima, adorava i suoi amici. Quel giorno però Teresa, Brenda ed Aris sembravano essersi coalizzati contro di lui, e provare sentimenti positivi nei loro confronti era difficile.
« Va bene, va bene » concesse alla fine Teresa, mostrando i palmi delle mani agli altri due per concedere a Thomas una tregua « ma almeno ti rendi conto che in questi giorni sembrate una coppietta affiatata? »
Per qualche secondo, lui la guardò perplesso. Osservò anche gli altri due, che erano seduti dall'altro lato del tavolino, e poi tentò di far ordine nei suoi pensieri.
Effettivamente, non avevano torto.
Erano passate due settimane da quella volta dopo il concerto in cui avevano dormito insieme, e da allora si erano visti praticamente tutti i giorni dopo la scuola. In più, il contatto fisico fra loro si era moltiplicato. Spesso Thomas si rendeva conto di star tenendo la mano di Newt e non ricordava quando l'avesse afferrata. Si abbracciavano, si sfioravano, si guardavano. Thomas aveva a casa sua più di tre magliette che gli erano state prestate da Newt in momenti in cui il primo aveva avuto bisogno di un cambio.
« Forse hai ragione » mormorò alla fine Thomas, ancora incerto se potesse essere felice o no per la nuova svolta che il loro rapporto aveva preso.
 

*


Per diverse settimane, tutto era andato per il meglio, invariabile.
Thomas si era reso conto che la sua cotta infantile per Newt si stava pian piano tramutando in qualcosa di più duraturo, un sentimento più viscerale. Non era spaventato dalla faccenda, sin dal primo momento nel profondo aveva saputo che ad un certo punto il cambio sarebbe avvenuto, e stava affrontando tutto con filosofia.
Ne aveva cominciato a parlare con Teresa, cosa che prima si rifiutava di fare. Le chiedeva consigli, le parlava di come si sentiva, accettava opinioni.
I momenti belli erano molti. Thomas pensò in più di un'occasione di star vivendo il momento più felice della sua intera esistenza. Non mancavano nemmeno i momenti brutti, ovviamente: come quella volta quando Newt gli confessò che gli sarebbe piaciuto essere di più.
« Mi piacerebbe poter essere di più, per te. »
Questo Newt glielo disse un giorno di pioggia, mentre si trovavano al parco e si erano rintanati sotto la veranda di un vecchio bar abbandonato. Seduti spalla contro spalla su una panchina verde, osservavano le pozzanghere e le gocce di pioggia cadere in esse, i cerchi concentrici che producevano. Appena Newt parlò, per un po' Thomas non seppe proprio come replicare.
In che senso, mi piacerebbe poter essere di più per te?
« Cosa vuoi dire? » gli domandò, voltando subito lo sguardo al suo viso.
Newt non lo guardava. Aveva gli occhi tristi ed indossava un sorriso spento, canzonatorio.
« Sono polvere. Sono solo polvere. »
Thomas non era proprio una cima, con le metafore. Capì però ciò che stava per accadere grazie al modo in cui Newt torceva le dita e continuava insistentemente a non volerlo guardare in faccia.
« Tu sei una specie di stramaledetto sole ed io sono solo polvere sporca, capisci? »
Thomas continuava a non capire cosa avesse fatto per rendere il suo amico così malinconico, quel pomeriggio, ma più lo guardava più si rendeva conto che probabilmente quello era un suo momento down. Aveva assistito ad alcuni di essi in passato, ma solitamente raggiungevano il loro apice con Newt che si incazzava di brutto con qualcuno, non con Newt che si disperava e farneticava.
Lo rincuorò di poco il pensiero che si stesse comportando diversamente dal solito perché teneva a lui, ma si rese presto conto che non era un pensiero che riusciva a tirarlo su di morale, affatto.
Attese qualche altro secondo in silenzio, per permettergli di parlare.
« Non ti merito, Tommy, è questo quello che voglio dire. Tu sei una bellissima persona ed io... sono una merda, davvero. Faccio soffrire le persone, faccio preoccupare sempre tutti. Vorrei essere di più, per poterti rendere felice come meri-... » e Newt fu costretto ad interrompersi.
Thomas lo aveva afferrato per la maglietta e lo aveva abbracciato, come tante e tante altre volte.
Eppure, Thomas non capì mai il perché, quella volta fu diverso. Newt si aggrappò a lui con disperazione e si strinse al suo petto, quasi come se volesse scomparire (dimenticare, perdonarsi?): e Thomas lo lasciò fare.
 

*





 




Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Io sento che nessuno mi perdonerà mai per i sei mesi di ritardo con cui pubblico questo capitolo, me lo sento davvero. Voglio chiedere scusa, ma è stato un periodo difficile, con la scuola, per me... difficile in generale. Amo scrivere, amo questa storia, ma non riuscivo ad andare avanti (non ne avevo il tempo, la voglia, le forze). Ora però siamo in estate e sono tornata! Manca un capitolo al termine della storia più l'epilogo, e voglio ringraziare tutti quelli che leggeranno silenziosi, recensiranno, preferiranno, ricorderanno e seguiranno la mia storia. Vi ringrazio davvero molto.
Parlando del capitolo, è il più corto che io abbia mai scritto ed anche quello più di passaggio, ma non me la sentivo di ricominciare a pubblicare con un capitolo impegnativo e quindi ecco qui, questi piccoli tre paragrafi un po' sottotono rispetto al solito. Ci ho pensato e ripensato, e sono giunta alla conclusione che va bene così. Questa è una storia di pochi capitoli e molto importante per me, ricominciarla era fondamentale, ricominciarla bene ancor di più: il pensiero di poter scrivere un capitolo lungo e corposo mi piaceva, ma che senso avrebbe avuto produrre un capitolo del genere per poi vedersi come risultato una schifezza?
Quindi, mi son detta. Ricomincia con calma, Alice. Getta le basi. Infatti in teoria questa storia avrebbe dovuto avere solo quattro capitoli. Aggiungendo questo, ci ritroviamo a cinque, più prologo ed epilogo. Ma va bene così!
Okay, la smetto di assillarvi. Un bacio a tutti e alla prossima (che sarà in tempi brevi, spero!).

Alice.

 

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo ***


 

 


Please, don't take my sunshine
away;




 






Quinto Capitolo

 

"You are my sunshine,
my only sunshine,
you make me happy when skies are grey.
You'll never know, dear, how much i love you,
please don't take my sunshine away."

 







 

 
« Potremmo allenarci alle otto invece che alle sei, no? Dalle otto alle dieci il lunedì, mercoledì e venerdì » disse Minho mentre continuava a correre, il fiato corto ma comunque con abbastanza forze da riuscire a formulare frasi di senso compiuto.
Thomas non capiva come facesse. Correre era un piacere, una delle cose che più amava fare, ma gli costava davvero molta fatica. Ogni tanto, aveva l'impressione che il suo migliore amico prendesse qualche tipo di droga.
Allenarsi alle quattro del pomeriggio in una giornata di pieno maggio era stata un'idea oltremodo stupida. Anche se il cielo si stava annuvolando, il vento era ancora caldo. Thomas maledisse quella testa di caspio.
« Sì, decisamente, alle otto va bene » disse ansimando.
« E potremmo così convincere anche Aris ad allenarsi il venerdì, che ne dici? Sonya ed Harriet cominceranno a baciarmi i piedi se glielo levo di mezzo almeno una serata del weekend » aggiunse poi, lasciando Thomas perplesso.
Sonya ed Harriet non avevano mai avuto qualche problema con Aris. O forse sì?
« Perché Sonya ed Harriet dovrebbero baciarti i piedi? Non- non erano le migliori amiche di Aris? »
Minho rise, mentre continuavano a correre.
« Il tuo magico mondo fatto di ragazzi biondi e cuoricini, eh? Si son messe insieme, testa di caspio. »
La notizia venne accolta con felicità: sia Sonya sia Harriet erano sempre state gentili con lui ed anche se non le conosceva bene gli fece piacere stessero insieme. Poi nel
cervello di Thomas venne analizzata la prima parte della frase di Minho.

« Era una frecciata? »
« Figurati. »
Continuarono a correre in silenzio per qualche secondo prima che Minho si decidesse a parlare.
« Okay, lo era. È che in queste ultime settimane ti sei un po' estraniato dal gruppo. »
« Se usi la parola estraniato la cosa deve averti colpito parecchio. »
« Se fai del sarcasmo significa che stai svicolando, perché Thomas non fa mai del sarcasmo, quindi, spiega. »
A questo punto Thomas decise che la conversazione stava entrando in territori pericolosi e la sua concentrazione su di essa doveva essere massima: perciò rallentò velocemente e si fermò, per riprendere fiato, proprio davanti agli spalti dove mesi prima aveva visto per la prima volta Newt.
Gli fece uno strano effetto il pensare quanto lontano erano arrivati. Mesi fa erano due estranei, ora... ora cos'erano? Non lo sapeva, ma moriva dalla voglia di capirlo. Se lo immaginò lì, seduto con il suo blocco da disegno in mano, l'espressione concentrata. Gli venne da sorridere.
« Oddio, non sono sicuro di volerlo sapere » gli comunicò Minho con sguardo particolarmente disgustato dall'improvvisa espressione zuccherosa assunta dall'amico.
« Non c'è nulla da spiegare » disse Thomas, voltandosi per guardarlo in faccia « sono innamorato di Newt. »
Il dirlo ad alta voce fu, in un certo senso, un modo per renderlo reale. Minho gli sorrise e gli diede uno scappellotto senza curarsi di non fargli male.
« Bene così! Ci voleva tanto ad ammetterlo? »
Thomas scrollò le spalle e sorrise.


Minho era famoso per le sue feste. Di solito Thomas tendeva a rifiutarsi di andare (l'ultima a cui si era presentato era stata quella a casa di Sonya mesi prima, dove Newt aveva cominciato a sclerare) e perciò non aveva intenzione di presentarsi a quella a cui l'amico l'aveva invitato per il sabato successivo.
Fu però costretto dallo sguardo truce di Teresa che cominciava a fissarlo come se volesse scannarlo vivo.
« Se ti azzardi a lasciarmi sola con questa faccia di caspio giuro che ti diseredo come amico » aveva detto, ed anche se negli ultimi tempi era stato piuttosto distante dai suoi
amici ancora riusciva a capire quando prendere sul serio Teresa. In più, la vedeva in difficoltà. Guardava Minho con uno sguardo che non le aveva mai visto negli occhi. Decise di assecondarla, ed annuì silenziosamente dopo qualche secondo di silenzio, sorridendo al guardare il volto della sua migliore amica rilassarsi.


 
*

 
La sventurata era stata anche quella volta Sonya. Era l'unica del loro gruppo ad avere genitori che spesso erano fuori ed una villa (apparte Newt, ma Newt aveva categoricamente vietato a Minho anche solo di proporre casa sua come luogo per darsi alla pazza gioia).
Quando lui, Teresa, Newt, Aris, Brenda e Jorge arrivarono tutti pigiati nella macchina di quest'ultimo (la scena aveva un qualcosa di familiare) casa di Sonya era già invasa da estranei e (scena ancor più familiare) Minho era già ubriaco e stava pomiciando con una ragazza dai corti capelli rossi.
Teresa arricciò il naso contrariata e assunse un'espressione melanconica. Thomas la osservò, mentre superavano la coppietta e si dirigevano in salone, tentando di capire cosa le stesse succedendo. Si sentì in colpa, per non esserle stato accanto nell'ultimo periodo e per non aver notato l'incupimento della sua migliore amica negli ultimi tempi.
Analizzando la situazione, capì che probabilmente c'entrava Minho. Gli avrebbe parlato, dopo.

Verso le due e mezza metà della gente si era dileguata e (scena familiare ancora una volta) avevano cominciato a giocare al gioco della bottiglia. Nel cerchio vi erano Aris, Teresa, Frypan, Winston, Harriet, Sonya, Gally, Brenda, Newt e Thomas.
Il turno di Thomas arrivò al quarto giro della bottiglia, e puntò su Teresa. Si avvicinò e le stampò un bacio sulle labbra (cosa che avevano già fatto comunque in precedenza) e si sedette di nuovo al suo posto.
Al settimo giro di bottiglia toccò a Gally baciare Thomas, e ci furono qualche proteste dal primo, ma in pochi secondi tutto finì.
Il momento arrivò al quindicesimo giro di bottiglia. Dopo aver scelto Thomas come primo baciatore, la bottiglia cominciò a roteare per designare il suo compagno: girava, girava, girava, Thomas la seguiva con lo sguardo pensando che non si sarebbe fermata più. Poi, cominciò a rallentare, e proprio quando Thomas pensò che si sarebbe fermata su Aris e già si preparava mentalmente ad affrontare quella prova, la bottiglia puntò su Newt.
All'improvviso si sentì le guance e le orecchie andare a fuoco.
Non seppe perché, ma non aveva pensato all'eventualità che accadesse una cosa del genere, non lo aveva neppure sfiorato il pensiero! Si tirò in ginocchio a disagio e guardò Newt, cercando di capire cosa gli stesse passando per la mente, quale fossero i suoi sentimenti, ma non riusciva a recepire nulla. Newt non mandava segnali.
Si avvicinò ben consapevole di avere addosso gli occhi di tutti, ma al momento non importava. Voleva solo capire se Newt volesse quel bacio, o no. Pensava, -sogno utopico!, che sarebbe riuscito a comprenderlo prima di arrivare a pochi centimetri di distanza dal viso di Newt.
Non fu così. Si ritrovò ad osservare i suoi occhi color nocciola e a chiedersi se non dovesse rifiutarsi. Non sembrava contento, non sembrava a suo agio, e l'ultima cosa che voleva era fare qualcosa contro la volontà del suo amico: ma come faceva a capire se stesse sbagliando se lui non gli mandava nessun segnale?
Quindi, decise di andare avanti. Passò la mano fra i capelli di Newt e lo avvicinò a sé, sperando con tutto se stesso che anche lui lo volesse, che i suoi sentimenti venissero ricambiati. Non si era mai sentito così insicuro, a guardare il ragazzo che amava negli occhi e a sperare, pregare, supplicare che Newt tenesse a lui almeno la metà di quanto ci teneva lui.
Fu un bacio troppo lento, un bacio leggero e delicato.
In un'altra situazione, Thomas avrebbe visto i fuochi d'artificio e avrebbe sentito le farfalle nello stomaco volare frenetiche: in quel momento sentiva solo un peso nel petto e la sensazione che ci fosse qualcosa di tremendamente sbagliato.
Quando si separarono, non riuscì a guardarlo negli occhi e si alzò in piedi, scusandosi a mezza voce, per poi dirigersi a passi pesanti in giardino.

« Dio santo, che cos'era tutta quella depressione? Non hai passato le ultime due settimane a parlarmi in continuazione di quanto fossi innamorato di Newt e di quanto volessi stare con lui? Vi siete baciati! »
Teresa aveva deciso di seguirlo e, in quel momento, si trovava seduta davanti a lui, gesticolante.
In realtà, l'ultima cosa di cui aveva voglia Thomas era parlare con lei -con chiunque, in realtà, ma la sua migliore amica stava solo cercando di aiutarlo. Darle contro non sarebbe stato producente.
« Non era una cosa che Newt voleva fare » mormorò, lasciandosi prendere dallo sconforto.
Teresa assunse un'espressione sconvolta.
« Ma che cosa ti passa per la mente? Certo che lo voleva, ti muore dietro dal primo momento in cui ti ha visto. »
Sapeva che era solo un modo per confortarlo, e non ci credette. Non ci credette perché non pensava di meritarsi una persona bella come Newt e non riteneva possibile l'idea che i suoi sentimenti potessero essere ricambiati.
In più, Newt non voleva baciarlo, ed era una cosa chiara quanto il sole.
« Teresa, va bene così. »
« Thomas, non va bene affatto. Siete due deficienti, altroché. Vi sbavate dietro da mesi e non vi siete mai detti nulla a riguardo. Io se fossi in te ci parlerei » disse lei, leggermente frustrata.
Ma no, non poteva essere. Il rifiuto agli occhi di Thomas era apparso chiaro, e non aveva assolutamente nessuna intenzione di imporsi sul ragazzo che amava.
« Vorrei solo rimanere solo » sussurrò dopo qualche secondo di silenzio.
Le si poteva leggere in faccia il disappunto e la voglia di non assecondarlo, ma alla fine Teresa decise di ascoltarlo. Gli poggiò una mano sulla spalla e gli baciò lo guancia: « Andrà tutto bene », mormorò, prima di tornare in casa di Sonya.
Thomas prese un respiro profondo e guardò il cielo, le stelle e l'oscurità della notte. Mentre cominciava a spegnere il cervello, si concesse di sciogliere quel groppo in gola che lo accompagnava da quando aveva baciato Newt, e lacrime salate inumidirono le sue guance.

 

 

 

 

 

 

 




 


 

Alice's Space (ovvero la mente bacata che ha partorito questa storia):
Hello, people! *saluta con la manina*
Chiedo scusa per il ritardo, anche se a conti fatti non è tragico come l'ultimo xD Non vi preoccupate, non abbandono la nave! Dunque, ho una buona notizia dopo un capitolo all'insegna dell'angst: questo non è l'ultimo capitolo! A conti fatti dovrebbero essercene altri due o tre prima dell'epilogo. Questo cambio di rotta è stato causato dalla realizzazione che a questa storia mancava un momento angst (cioé questo che avete appena letto, hehehehehe) e quindi avevo bisogno di più capitoli :3 Comunque, non preoccupatevi: tutto si sistema, non è una storia dal finale tragico xD
Niente, non ho molto da dire! Mi piace molto scrivere le interazioni fra Thomas e Teresa / Thomas e Minho, penso siano la mia BROT3 per eccellenza. Ah, Sonya/Harriet otp<3
Un bacio a tutti, grazie a coloro che leggono, recensiscono, preferiscono, seguono o ricordano! Presto risponderò alle recensioni dello scorso capitolo, ma intanto volevo ringraziare davvero tanto i_l_a_r_i_a_ , che mi ha motivato davvero molto. Grazie mille, davvero, e scusami se non ti ho ancora risposto <3

Un bacio :*

Alice.

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