A Frozen Tale

di SaraJLaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Lettera ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I


Il vento freddo faceva vorticare i fiocchi di neve che cadevano dal cielo, formando delle spirali bianche che impedivano di vedere al di là del proprio naso. L'inverno aveva raggiunto il regno di Arendelle e tutti gli abitanti si adoperavano per recuperare legna abbastanza secca e vestiti pesanti. L'unica persona che si trovava a suo agio era la regina Elsa, la quale camminava tra la neve senza sentire la morsa del freddo, coperta solo dal bellissimo abito di cristalli creato da lei stessa un anno prima. I giorni in cui l'intero fiordo era stato ricoperto di ghiaccio in piena estate erano solo un ricordo lontano, sostituito ormai da una sensazione di pace e tranquillità che Elsa non credeva avrebbe mai provato nella sua vita. Almeno non da quando, a soli otto anni, era stata costretta a isolarsi e chiudersi in sé stessa a causa dei suoi poteri. Quando con la mente tornava a quei momenti pieni di tristezza, Elsa sentiva il suo cuore stringersi in una morsa di autentico dolore, dovuto alla mancanza della persona che più contava per lei: Anna, la sua sorellina. Durante il grande inverno, la principessa era partita per andarla a cercare, incurante del freddo, era quasi morta per lei ed Elsa, grazie all'amore, era riuscita a controllare i suoi poteri. Da allora, le due sorelle erano inseparabili e ad entrambe sembrava di sognare, tanto era stato il desiderio di stare insieme di nuovo.

Quel giorno Elsa stava tornando al castello e le continue raffiche di vento scompigliavano i suoi bellissimi capelli biondi raccolti in una treccia e il lungo velo azzurro del vestito svolazzava disordinatamente dietro la schiena. Per evitare quei piccoli inconvenienti, Elsa mosse leggermente la mano destra per far calmare la tempesta e contemporaneamente formò uno strato di ghiaccio sotto i suoi piedi, per evitare di sprofondare nella neve a ogni passo. Ormai prossima ai grandi portali del palazzo reale, la sovrana scorse una figura accovacciata contro un albero e si rese subito conto dei forti tremolii che la scuotevano; si affrettò nella sua direzione, e mentre l'aiutava a mettersi in piedi, s'accorse che la persona in questione era una donna di qualche anno più grande di lei.

<< Venite con me, forza! >> disse con voce chiara e decisa. L'altra ragazza annuì a scatti e si fece accompagnare fin dentro il palazzo. Una volta lì, Elsa ordinò alla servitù di occuparsi di quella povera donna affinché non morisse di freddo; la regina stava per andare via quando una mano le afferrò con sorprendente forza il polso e si voltò sorpresa verso la ragazza che, notò, aveva dei lunghi capelli ramati e dei grandi occhi verdi. Il tutto la rendeva incredibilmente familiare.

<< E-e così, s-sei tu la f-famosa... Elsa. >> disse la giovane, che si sforzò moltissimo per battere il meno possibile i denti. La sovrana la vide allontanarsi e a sua volta si diresse dalla parte opposta, verso la grande biblioteca.

Mentre camminava, le sembrava di sentire una strana sensazione, un'inquietudine dovuta alle parole di quella donna, soprattutto al modo in cui le erano state rivolte: nonostante i forti tremori, Elsa aveva distinto chiaramente il risentimento nella sua voce, ma ciò che più l'aveva turbata erano gli occhi, così familiari e pieni di rabbia. Quando giunse in biblioteca, la regina era ancora immersa in quei pensieri e non si accorse della presenza di Anna, che leggeva un libro comodamente sdraiata su uno dei divani in velluto rosso. La sorella più giovane però vide l'altra entrare e subito si mise a sedere composta, sfogliando le pagine del tomo che teneva in grembo e ridacchiando tra sé, specialmente quando Elsa la trovò e si portò una mano al petto per lo stupore, visto che era convinta di essere sola.

<< Anna, che ci fai qui? >> domandò la sorella maggiore mentre scuoteva leggermente la testa, facendo finta di niente.

<< Sto leggendo! È questo che si fa in biblioteca, o no? >> rispose l'altra, divertendosi nel vedere Elsa cercare di apparire imperturbabile sempre e comunque. La giovane sorrise brevemente e andò a sedersi accanto ad Anna. Amava la neve, il freddo e la sensazione di libertà che il suo potere le dava, ma si rendeva conto che niente era paragonabile all'intimità di quelle stanze in cui solo di recente aveva messo nuovamente piede e alla piacevole sensazione dei camini accesi che illuminavano le pareti, formando curiose ombre intorno agli oggetti; lo sguardo della regina cadde su una scatola di cioccolatini, quasi completamente vuota, poggiata sul tavolino da tè di fronte al divano e guardò la sorella con un sopracciglio alzato e le labbra strette, come se stesse cercando di non ridere. La principessa conosceva quell'espressione e sorrise. << Serviti pure! >>

Elsa mangiò due cioccolatini, masticando lentamente, assaporando il gusto del cioccolato fondente e della menta, tenendo però lo sguardo fisso nel vuoto, chiaramente distratta da qualcosa nella sua testa; Anna se ne accorse e poggiò una mano sulla spalla della sorella, sorprendendosi ancora una volta di quanto la sua pelle fosse piacevolmente fresca al tatto. << Elsa? Stai bene? >>

La giovane si voltò verso di lei, sorrise e coprì la mano di Anna con la propria, stringendola leggermente. << Non preoccuparti, stavo solo pensando. >>

La principessa annuì e spostò una ciocca ribelle di capelli rossi dietro l'orecchio. << Ti va di parlarne? >>

<< Magari è una sciocchezza, ma non so. Ricordi il bosco a est del castello? >>

<< Intendi quello dove vai praticamente ogni giorno? >>. Sapeva che la sorella si recava in quel luogo isolato per esercitare il suo potere, senza perdere familiarità con esso.

<< Sì. Poco fa, mentre tornavo qui, ho trovato una donna appoggiata contro un albero. Stava congelando e l'ho portata nel palazzo, così Gerda e Kai avrebbero potuto aiutarla. Pare che mi conosca, o comunque abbia sentito parlare di me. Non ci siamo mai incontrate, ne sono sicura, ma è come se l'avessi già vista. Strano, vero? >>

La sorella più piccola aggrottò le sopracciglia, non capendo dove l'altra volesse arrivare. << LE hai salvato la vita, ma cosa ti turba così tanto? >>

<< Penso che ce l'abbia con me per qualche motivo, anzi è come se mi odiasse. >>

Anna sbuffò, divertita dall'eccessiva apprensione della sorella. << Elsa, come può odiarti se non vi conoscete neanche? >>

La giovane regina fissò lo sguardo su un punto imprecisato della stanza e strinse le braccia intrno a sé, come faceva sempre quando qualcosa non andava. << So che non ha senso, ma avresti dovuto vedere i suoi occhi. >>

<< Quella donna stava per morire! Non sappiamo cosa le sia passato per la testa mentre era in quelle condizioni. >>

Due grandi occhi blu-ghiaccio la fissarono dubbiosi. << Tu credi? >>

La principessa si alzò per inginocchiarsi di fronte alla sorella, prendendole le mani e stringendole con forza. Quella era una situazione alquanto insolita: di solito era Elsa, riflessiva, diplomatica e controllata, a cercare di consolare e rassicurare la turbolenta e impacciata Anna. << È impossibile provare odio nei tuoi confronti e non lo dico solo perché siamo sorelle. Tutto il regno ti ama e l'unico folle a non farlo era Hans. >> Entrambe assunsero istintivamente un'espressione ostile al ricordo del principe che aveva cercato di ucciderle e di usurpare il trono di Arendelle.

Due discreti colpi alla porta ruppero il silenzio che si era venuto a creare e subito Gerda apparve sulla soglia; si profuse in un profondo inchino e si avvicinò alle due sorelle, rivolgendosi alla regina. << Chiedo scusa ma volevo informare Vostra Maestà delle condizioni della donna che avete portato qui. >>

Elsa si sporse leggermente in avanti, curiosa. << Dimmi pure. >>

<< È bastato un bagno caldo e un paio di coperte per rimetterla in sesto. Si è ripresa del tutto. >>

La sovrana fece un cenno di approvazione verso la governante e si alzò in piedi. << Molto bene. Portami da lei per favore, vorrei parlarle. >>

<< Come desiderate, Vostra Maestà. >>

Anna si alzò a sua volta e trattenne la sorella per un braccio. << Lo so che ti ho appena detto di non preoccuparti ma se non ti senti tranquilla... >>

Elsa la interruppe, abbracciandola, sorridendole poi dolcemente quando si separarono. << Va tutto bene, sul serio. Voglio solo chiederle come sta e perché si trovava fuori con questo freddo. Assicurarmi che il mio popolo stia bene è un mio dovere. >>

La principessa annuì e la sorella maggiore ammiccò, seguendo poi Gerda lungo il corridoio, senza riuscire a evitare che quella strana e infondata inquietudine l'attanagliasse di nuovo.






Buonasera! :)

Qualche mese fa mi sono appassionata alla serie tv Once Upon A Time (*-*) e dalla quarta stagione saranno presenti anche i personaggi di Frozen, altro film che amo tantissimo (*-*)

La regina Elsa è il mio personaggio preferito e mi sono chiesta: cosa accadrebbe se, per un motivo X, arrivasse nel nostro mondo? E non a Strorybrooke, dove è normale vedere la magia dietro ogni angolo, ma in una città normalissima, con persone normalissime. Come reagirebbe Elsa? Chi potrebbe incontrare? Così ho buttato giù qualche idea e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre, mi piacerebbe sapere quali sono le vostre impressioni e ricevere consigli e/o critiche da voi, sono sempre utilissimi :)

Vorrei ringraziare Hendy per avermi dato un sacco di ottimi suggerimenti sia per questa parte sia per lo sviluppo futuro della storia. Mi fa diventare matta però è una grande ;) XD


Alla prossima!

Sara




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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II


Victoria aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu il soffitto riccamente adornato. Il suo corpo percepì immediatamente la morbidezza setosa delle lenzuola che l'avvolgevano e il calore emanato dal camino che si trovava di fronte a lei. Lasciò vagare lo sguardo per la stanza: oltre al letto enorme e all'imponente camino, vi era un grande armadio, una serie di bauli e il pavimento in marmo era appena visibile attraverso i tappeti persiani che lo ricoprivano. La ragazza cercò di mettersi seduta, e dopo vari tentativi, ci riuscì; sentiva ancora il freddo che le irrigidiva le ossa ma le sue condizioni erano nettamente migliorate rispetto a qualche ora prima. Se non ci fosse stata Elsa, sicuramente sarebbe morta in quel bosco e il pensiero la fece sorridere amaramente, visto che doveva la sua vita alla persona che più odiava al mondo. In quel momento udì bussare con discrezione, e dopo qualche istante vide la regina entrare nella stanza: non poté evitare di provare invidia e al tempo stesso meraviglia di fronte alla giovane donna, la cui bellezza avrebbe fatto impallidire qualsiasi persona sulla faccia della terra. Elsa si fermò accanto a un poltrona posta al lato destro del letto e sorrise timidamente a Victoria.

<< Mi fa piacere che vi siate svegliata. Vi ho fatto visita due ore fa ma dormivate e non ho voluto disturbarvi. >>

Victoria fece un leggero cenno col capo e si poggiò ai cuscini. << Siete molto gentile a preoccuparvi per me, Vostra Maestà. >>

Elsa annuì e indicò la poltrona. << Posso sedermi? >>

Incredibile. La regina di Arendelle, e padrona di quel castello, chiedeva il permesso a lei, una sconosciuta. << Certo. >>

Dopo essersi accomodata, la sovrana drappeggiò con cura l'abito azzurro arricchito con cristalli di ghiaccio, affinché non si formassero pieghe, e prese per prima la parola. << Dunque... Oh, perdonatemi, qual è il vostro nome? >>

<< Mi chiamo Victoria, Vostra Maestà. >>

<< È un piacere conoscervi. Perdonate la mia indiscrezione ma volevo chiedervi cosa ci facevate nel bosco durante quella tempesta di neve. Vedete, non è stato prudente. >>

L'altra donna inspirò profondamente e si passò una mano tra i lunghi capelli ramati, per poi riportare lo sguardo alla sua interlocutrice. << Stavo venendo qui ad Arendelle quando il tempo è peggiorato. >>

<< Capisco, e per quale motivo eravate nei pressi del palazzo? >> domandò Elsa.

Victoria la guardò direttamente negli occhi, e la sua voce era piena di odio quando rispose. << Per conoscere voi, la regina di ghiaccio. >>

Vide la giovane aggrottare impercettibilmente le sopracciglia e rivolgerle un sorriso tirato, vagamente infastidito. << La regina di ghiaccio? È così che mi chiamano ora? >>

<< Oh no, questo è un soprannome che ha sempre usato mio fratello. Sapete, lui vi ha conosciuta tempo fa e mi ha parlato di voi, una volta. Anche se non in termini entusiastici, devo dire. >>

Elsa si schiarì la gola e inclinò leggermente la testa di lato, studiando la donna di fronte a sé. << Me ne rammarico. Qualunque sia la ragione, di certo arrecare danno a vostro fratello non era nelle mie intenzioni. >>

Victoria scosse la testa e la sua espressione si indurì ancora di più. << Io ne dubito, Maestà. >>

Elsa cominciava a perdere la pazienza, lo si capiva dal leggero rossore che ricopriva le sue guance pallide e dallo sguardo, che avrebbe potuto gelare chiunque. << Chi è vostro fratello? >>

<< Davvero non lo avete capito? Eppure vi reputo una donna piuttosto intelligente. >> disse Victoria, provocandola.

Osservò la giovane studiare il suo volto, i suoi lineamenti, soffermandosi in particolar modo sugli occhi e notò che la consapevolezza si stava facendo lentamente strada in lei, fino a farla impallidire. Quando parlò, la sua voce era poco più di un sussurro.

<< Hans. >>

Nella stanza calò un silenzio carico di tensione, rabbia, paura e l'ospite ghignò nel constatare che persino lo stoico contegno di Elsa potesse vacillare.

<< Ebbene? Siete ancora certa che non fosse nelle vostre intenzioni? >>

La regina si arrabbiò nuovamente ma rimase al suo posto, stringendo i pugni fino a quando le nocche non diventarono bianche. << Ha cospirato contro Arendelle per impadronirsi del trono e non credo che questo lo renda meritevole della mia compassione. >>

Quella volta fu Victoria a perdere la pazienza. << Hans è il fratello a cui sono più legata e voi lo avete fatto imprigionare senza pensarci due volte! È vero, ha sbagliato, ma lui era venuto qui per sposare voi! Se gli aveste dato una possibilità, tutto questo non sarebbe successo! >>

Elsa la fissò, incredula. << Lo state davvero giustificando? Ha tentato di uccidermi, e soprattutto ha quasi ucciso mia sorella! >>

<< Non mi è permesso vederlo, sapete? I miei fratelli lo hanno fatto rinchiudere in una prigione lontana dalle Isole del Sud, in modo che nessuno possa fargli visita. Avete la minima idea di cosa significhi stare lontana dal vostro stesso sangue? >> domandò Victoria, la cui voce tremava e gli occhi si erano riempiti di lacrime.

Elsa annuì e il suo volto si riempì di tristezza, come se stesse ricordando qualcosa che le faceva male. << Vi assicuro che lo capisco fin troppo bene. >>

La principessa delle Isole del Sud si asciugò le lacrime con gesti impazienti, l'ombra di un sorriso le piegava le labbra, un sorriso che però non coinvolgeva gli occhi. << Credetemi, so molte più cose di voi di quanto immaginiate. E per questo ho trovato un modo per farvela pagare. >>

La regina scattò in piedi, furibonda. Dalle sue mani sprizzavano scintille ghiacciate e fiocchi di neve cominciarono a cadere nella stanza. << Adesso basta! Non tollero simili minacce in casa mia! Fuori! >> urlò.

Victoria scoppiò a ridere, prendendosi gioco dell'altra. Scese dal letto, lentamente, e camminò fino ad arrivare di fronte a Elsa. Era un po' più bassa rispetto alla sovrana ma non si fece intimorire affatto. << Certo Maestà, ai vostri ordini, ma ricordate: vi relegherò in un luogo in cui non solo sarete lontana da vostra sorella, ma dove vi crederanno pazza se racconterete la vostra storia. Rimpiangerete i giorni in cui vi vi potevate nascondere dietro una porta. >>

Elsa la guardò con tutto l'odio di cui era capace e si avvicinò ancora di più, sovrastando l'altra. Il suo tono di voce era gelido come il ghiaccio. << Qui l'unica pazza siete voi. >>

<< Vedremo, Vostra Maestà, vedremo. >> disse Victoria, e con queste parole si volatilizzò dalla stanza in un attimo, circondata da una nube di fumo nero e denso, lasciando la regina in preda all'angoscia e alla paura.






Buonasera :)

TA-DAAA finalmente abbiamo saputo chi è questa donna misteriosa! Certo che buon sangue non mente eh? Tale e quale a quel simpaticone di Hans -.- Come sempre, a voi i commenti sul capitolo! :)

Alla prossima!

Sara


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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III


Quella notte Elsa non riusciva a chiudere occhio e non faceva altro che agitarsi nel letto, inquieta, aspettando il sonno che tuttavia si ostinava a non arrivare. Non riusciva a evitare che i suoi pensieri tornassero alle parole di Victoria, alla sua minaccia insensata ma allo stesso tempo così spaventosamente reale.

Vi relegherò in un luogo in cui non solo sarete lontana da vostra sorella, ma dove vi crederanno pazza se racconterete la vostra storia. Rimpiangerete i giorni in cui vi vi potevate nascondere dietro una porta.”

Era possibile una cosa del genere? Quella donna sapeva praticare la magia, ma fino a che punto poteva spingersi? Esisteva davvero un altro mondo? Più gli interrogativi aumentavano, più tutta quella storia le sembrava assurda.

La regina aveva paura per se stessa ma soprattutto per Anna, che era all'oscuro di tutto; a cena non aveva sollevato l'argomento con lei e Kristoff, preferendo non farli preoccupare inutilmente, e quindi si era limitata a mangiare in silenzio, immersa nei suoi pensieri. Sua sorella le aveva lanciato degli sguardi preoccupati dall'altra parte del tavolo, ma ogni volta lei le aveva sorriso, portandosi un dito all'altezza della tempia per farle capire di avere mal di testa. Sembrò sufficiente per tranquillizzarla, ed era l'unica cosa che contava.

Elsa scansò le coperte con un gesto irritato e scese dal letto, avvicinandosi alla grande finestra dalla quale poteva vedere tutto il regno. Aprì i grandi vetri e permise all'aria fredda di accarezzare il suo corpo, sperando che servisse a tranquillizzarla. Ovviamente fu inutile. Perché era così agitata? Perché dava tanto peso a parole dettate dal risentimento e dal desiderio di vendetta? Le tornarono di nuovo in mente quegli occhi, capaci di incantare e al tempo stesso incenerire chiunque, così simili a quelli di Hans. Elsa chiuse i propri e chinò la testa appena ricordò che quell'uomo era stato a un passo dall'uccidere Anna, approfittando dell'incidente avvenuto qualche ora prima nel suo castello di ghiaccio. Era senza scrupoli, non gli importava di nessuno se non di se stesso e della sua sete di potere e ovviamente non aveva avuto remore nel lasciare Anna da sola, fredda come il ghiaccio, in una stanza priva di qualsiasi fonte di calore. Elsa aprì nuovamente gli occhi e tornò in camera, indossò una vestaglia e si diresse verso la stanza di sua sorella. Aprì la porta, cercando di non far rumore, e si avvicinò al letto. Anna dormiva profondamente ma per fortuna Kristoff era girato dall'altra parte. La scosse con delicatezza, e quando la più piccola aprì gli occhi, le fece cenno di non parlare e di seguirla. Insieme scesero i grandini della grande scalinata che portava alla sala da ballo, quella dove da piccole giocavano con la neve. Anna si posizionò al centro della stanza, in attesa, alternando sbadigli e sorrisi stanchi, ma i suoi occhi brillavano già per il divertimento che sapeva sarebbe arrivato.

<< Fai la magia! >>

La regina sorrise subito appena riconobbe la frase che la sorellina era solita dire quando erano piccole e l'accontentò: con movimenti aggraziati delle mani, ricoprì il pavimento con un sottile strato di ghiaccio e dal soffitto cominciarono a cadere soffici fiocchi di neve che in breve tempo formarono una distesa bianca e uniforme. Anna alzò le braccia e iniziò a scivolare sul ghiaccio, senza mai smettere di ridere. Elsa sapeva quanto l'altra si divertisse in quei momenti e niente le dava più gioia che vedere la sua adorata sorella felice. Ma c'era dell'altro: sapeva che quello era l'espediente più efficace per non pensare, per evitare che la sua mente si inoltrasse in luoghi oscuri, fatti di paura e preoccupazione.

<< Lo facciamo un pupazzo di neve? >> chiese Elsa, inginocchiandosi e accumulando neve davanti a sé.

<< Aspettami! >> rispose Anna, la quale si mise seduta accanto all'altra e l'aiuto a definire le forme del pupazzo.

Quando terminarono, la principessa si alzò e si allontanò un po', chinandosi poi per raccogliere della neve e lavorandola per darle una forma sferica. Prese bene la mira e la lanciò contro Elsa, colpendola su un braccio. La bionda si girò, fingendosi scioccata, ma gli occhi le brillavano.

<< Mai sfidare qualcuno che può controllare il ghiaccio. >> disse Elsa con finto tono di rimprovero, agitando lentamente le mani finché non apparve una palla di neve, pronta per essere lanciata.

Anna la guardò, fingendosi terrorizzata. << Oh-oh. >>

Le due ragazze giocarono e si rincorsero fin quando entrambe non caddero a terra, stremate e senza fiato. La più giovane strinse la mano dell'altra, aspettando che la guardasse. << Cosa c'è che non va? >>

Elsa sgranò gli occhi, non aspettandosi quella domanda. Abbassò lo sguardo e sentì un nodo in gola. Senza pensarci due volte, si gettò tra le braccia che Anna aveva aperto nel frattempo, e pianse sommessamente. Si lasciò cullare dalla sorellina, che le accarezzava con delicatezza i lunghi capelli biondi, ma poi si scostò, asciugando le lacrime con il dorso delle mani.

<< Come facevi a sapere? >> chiese Elsa con la voce ancora incerta.

<< Ti conosco e so che quando mi svegli nel cuore della notte per giocare con la neve è perché c'è qualcosa che ti tormenta. >>

La bionda annuì e piegò le ginocchia, cingendole con le braccia. << Si tratta di quella donna, Victoria. È la sorella di Hans. >>

<< Che cosa?! >> esclamò la principessa e la sua voce rimbombò in tutta la sala. << Che cosa vuole?! >>

Le labbra di Elsa si piegarono di un tenero sorriso alla vista di Anna arrabbiata, ma subito tornò seria. << Ha detto che vuole farmela pagare, perché secondo lei è colpa mia se Hans ora è in prigione. >>

<< Colpa tua? Ha cercato di ucciderci! >>

<< Lo so, è quello che le ho detto anch'io! Ma non lo so, è accecata dall'odio e dal dolore. >>

Anna rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di calmarsi e assimilare tutto. << D'accordo, ci odia, ma in che senso ti ha minacciato? Ha cercato di farti del male? >>

Elsa strinse ancora di più le braccia intorno alle ginocchia, l'angoscia stava per divorarla di nuovo. << Pratica la magia. Non mi ha fatto nulla ma penso che voglia lanciare una sorta di maleficio. Mi relegherà in un mondo dove non potrò dire chi sono perché altrimenti tutti penserebbero che io sia pazza. >>

La principessa rifletté un attimo sulle sue parole e poi scosse la testa in un cenno di diniego. << Io non le credo! Andiamo, un altro mondo? Ti voleva spaventare e ci è riuscita. Non darle retta. >>

<< E se fosse vero invece? >> domandò Elsa, con un filo di voce.

<< Non devi... >>

<< Rispondimi! >>. Quella era la prima volta in cui la regina alzava la voce con sua sorella, ma in quel momento era troppo preoccupata per pensare a delle scuse. << Rispondimi. >> disse nuovamente, con calma.

Anna inspirò e la guardò negli occhi. << Victoria pratica la mia oscura, vero? Kristoff sa qualcosa al riguardo, visto che è cresciuto con i troll e Gran Papà. Mi ha raccontato che quel tipo di magia può fare quasi tutto, e che un sortilegio oscuro non può essere fermato. Al massimo si può cercare di fare qualcosa dopo, per annullarne l'effetto. Sempre che esista un modo, e soprattutto, sempre che esista un sortilegio del genere. >>

Elsa cominciò a respirare affannosamente e subito il ghiaccio sotto di loro divenne più spesso e la neve cadde più fitta. << L'importante è che tu stia bene, il resto non conta. >>

<< Stammi a sentire. >> disse Anna con decisione, posando le mani sulle spalle dell'altra e stringendole. << Lei non ti farà niente, hai capito? E se tutta questa storia fosse vera, io farò di tutto per trovare una soluzione e riportarti qui. Lo prometto. >>

Le due ragazze si abbracciarono, cercando di non pensare, provando a non farsi assalire dalla paura di essere separate ancora una volta.



**


Victoria si trovava nel giardino accanto alla sala da ballo e aveva assistito al dialogo tra le due sorelle. Provava soddisfazione nel vedere Elsa così impaurita, fragile, come del resto era sempre stata. Una debole. Sapeva che agli occhi di chiunque le sue motivazioni potevano apparire prive di senso, ma nessuno poteva capire il suo dolore, nessuno poteva sapere quanto fosse dura stare lontano da quel fratellino che aveva cresciuto, al quale era stata accanto quando gli altri fratelli facevano finta che non esistesse. Aveva faticato per riuscire a padroneggiare le arti oscure, e finalmente, aveva la possibilità di mettere in pratica ciò che aveva imparato. Secondo Victoria, vivere venendo continuamente giudicata fino a essere ritenuta pazza era terribile, e dopo varie ricerche, aveva scoperto quel maleficio e aveva pensato che fosse perfetto per Elsa. Si domandava se la regina sarebbe riuscita a tenere sotto controllo i suoi poteri o se la paura di quel nuovo mondo l'avrebbe sopraffatta. Chissà come avrebbero reagito gli abitanti di quel posto, visto che lì non esisteva la magia. Sorrise, ancora soddisfatta di sé, e spalancò la porta a vetri, entrando così nella sala. Elsa e Anna si voltarono di scatto verso di lei e vide la bionda diventare più pallida del solito.

<< Le mie scuse, ragazze, ho interrotto qualcosa? Adoro le chiacchierate tra sorelle ma, ahimè, il dovere chiama! >>

Anna scattò in piedi, e la guardò con tutto l'odio possibile. Le faceva quasi tenerezza. << Sta' lontana da mia sorella! >>

Victoria scoppiò a ridere e questo fece infuriare ancora di più la ragazza, che cercò di avvicinarsi. Tuttavia, una mano le afferrò il polso ed Elsa si posizionò davanti alla sorella, proteggendola col proprio corpo.

<< Lo ammetto, siete adorabili. Potrebbe dispiacermi separarvi. >> disse Victoria, assumendo una finta espressione contrita.

<< Vuoi farmela pagare? Va bene ma non fare del male ad Anna, ti prego. >>

<< Ma guarda, guarda. Elsa di Arendelle mi sta pregando, incredibile! Non dimenticherò mai questo giorno, poco ma sicuro. >>

Aveva appena finito di parlare quando vide Elsa aprire le mani, pronta ad attaccarla con delle steli di ghiaccio, e decise di dare il via allo spettacolo. Pronunciò la formula del sortilegio e subito, a mezz'aria, si aprì un vortice bianco, di circa tre metri di diametro; appena pronunciò il nome della sua nemica, la ragazza cominciò a essere trascinata da una forza invisibile che l'attirava verso il vortice. Entrambe le ragazze gridarono disperate e Anna cercò di trattenere la sorella, ma non era abbastanza forte, non poteva esserlo.

<< Resisti! >> urlò la principessa, stringendo i denti.

Elsa scosse la testa, si era accorta che stava trascinando la più piccola con sé. Piangeva, e dopo aver lanciato un ultimo, disperato sguardo ad Anna, lasciò la presa e venne inghiottita dalla luce bianca, che subito si richiuse.

<< Elsa! >> urlò la rossa e scoppiò a piangere accasciandosi a terra.

Anche gli occhi di Victoria erano pieni di lacrime ma lei, al contrario, era felice perché la sua vendetta era riuscita. Decise di andare via, non aveva più niente da fare lì, il suo dovere era compiuto. Preparati al vero tormento, mia cara regina di ghiaccio, pensò mentre veniva avvolta da una nube oscura.




**



La gola le bruciava a forza di urlare ma non riusciva a fare altro mentre era circondata da quella luce che la spingeva verso l'ignoto. D'un tratto vide sotto di sé una distesa di neve ma, con la poca lucidità che le era rimasta, allungò una mano per aggiungerne dell'altra, per essere sicura di non farsi male. Come previsto, atterrò a grande velocità, e nonostante lo strato aggiuntivo, l'impatto si fece sentire eccome; rimase immobile per un attimo, valutando eventuali danni, ma si alzò appena constatò che non ce n'erano e si guardò intorno per capire dove fosse finita. A giudicare dall'altezza del sole, doveva essere mattina, un paio d'ore dopo l'alba. Si trovava in un grande spazio aperto, un campo, sul retro di quella che Elsa supponeva fosse una casa, anche se piuttosto strana. Era simile a quelle che si trovavano ad Arendelle ma le finestre, la piccola porta a vetri, persino il giardino, tutto era diverso. La regina vide una donna uscire dall'abitazione, e constatò che indossava degli abiti decisamente maschili: pantaloni, stivali alti fino al ginocchio e un curioso mantello corto con le maniche. Teneva in mano un oggetto piccolo, bianco, rettangolare che portò all'orecchio e, con grande stupore di Elsa, cominciò a parlarci. La vedeva muovere la bocca e fare delle pause, come se stesse ascoltando ciò le diceva quella scatoletta. La ragazza scappò via terrorizzata e giunse sul ciglio della strada, e quello che vide la sconvolse ancora di più: sembravano delle carrozze, dato che all'interno vi erano delle persone, ma non potevano esserlo perché erano troppo basse, e soprattutto, non c'erano cavalli a trascinarle ma si muovevano da sole. Elsa tremava, ma non per il freddo. Avvertì il solito formicolio alle mani, quello che precedeva la fuoriuscita di ghiaccio quando era particolarmente nervosa o spaventata. Si allontanò dalla strada e tornò al campo dove era caduta, e si fermò. Chiuse gli occhi, cercò di regolarizzare il respiro, ma nella mente le domande non facevano che aumentare, così come la confusione. Dove mi trovo? Chi sono queste persone? Celare. Domare. Anna sta bene? Anna! Strinse ancora di più gli occhi e così permise al suo potere di manifestarsi e alle sue lacrime di bagnarle il viso contratto dal dolore.





BOOM!!!

Elsa è arrivata nel nostro mondo e... non ci capisce più niente! Tutto le appare strano, e alla fine del capitolo, non riesce a controllarsi. Avrà gelato di nuovo tutto quanto? Staremo a vedere ;) Anna aveva cercato di rassicurarla, ma purtroppo Victoria ha mantenuto la sua promessa e ora la nostra regina dovrà imparare a gestire i suoi poteri in questo nuovo mondo che la circonda.

Un ringraziamento speciale a Hendy, che continua a farmi impazzire però mi ha dato ottimi suggerimenti, quindi la perdono u.u

Grazie a tutti e ci vediamo alla prossima! :)

Sara


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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV


Jane amava le vacanze natalizie, perché vedere le case e le strade illuminate da quelle piccole luci colorate le trasmetteva un senso di gioia e serenità. E soprattutto non doveva andare a scuola; si divertiva in classe con i suoi amici ma preferiva svegliarsi presto, mangiare al volo un toast con sopra marmellata di fragole e poi fare una passeggiata in centro. Anche se aveva solo tredici anni, non le dispiaceva uscire senza i suoi compagni di classe e i suoi genitori glielo permettevano perché lì si conoscevano tutti e il quartiere era tranquillo. In particolare, Jane adorava recarsi nel bar più bello della città e ordinare il suo “pasto” preferito: un muffin ai mirtilli e una tazza di cioccolata calda con panna. Trascorreva tutta la mattinata lì, visto che il proprietario era il suo vicino di casa, chiacchierando con lui o con i vari clienti che conosceva.

Quella mattina era appena uscita e si stava incamminando verso il centro, coperta dalla testa ai piedi a causa del freddo che, improvvisamente, aumentò. Si strinse ancora di più nel cappotto e accelerò il passo, sorpassando la schiera di case che si trovavano alla sua sinistra. Distrattamente, lanciò loro un'occhiata e aveva appena superato l'ultimo edificio quando vide qualcosa di strano: lì, nello spiazzo sul retro dell'abitazione, c'era qualcuno. Ma che ci fa lì? Jane, che era sempre stata una ragazzina curiosa, si avvicinò e si nascose dietro un albero, studiando la persona che si trovava a una cinquantina di metri da lei: era una donna, sembrava molto giovane, aveva dei lunghi capelli biondi che le ricadevano sulla schiena e indossava una vestaglia di velluto blu scuro. Come diavolo le è saltato in mente di uscire con solo quella cosa addosso? Si accorse che la ragazza aveva le spalle incurvate, come se fosse sul punto di piangere, visto anche le sue mani erano strette a pugno. Jane stava per fare il primo passo quando la neve sotto i suoi piedi si trasformò improvvisamente in ghiaccio, il quale ricoprì anche i tronchi degli alberi circostanti; la temperatura sembrò abbassarsi ulteriormente e un vento gelido cominciò a soffiare, facendole lacrimare gli occhi. Si rese conto che tutto quel ghiaccio proveniva dalle mani della sconosciuta, i cui palmi ora erano rivolti verso il basso. Era come se il freddo si fosse materializzato e fuoriuscisse dalla pelle. Jane sbatté le palpebre più volte, credendo di essere nel bel mezzo di un'allucinazione, ma era tutto così reale da far quasi paura. Non riusciva a capire come una cosa del genere fosse possibile, eppure le scappò una risatina nervosa, nonostante l'assurdità di quello che aveva davanti. Mi sembra di vedere Frozen, magari adesso comparirà Olaf! Jane tornò a guardare la donna. Un momento... Aveva i capelli biondi, chiarissimi, la vestaglia sembrava effettivamente aveva un taglio piuttosto antiquato, per non parlare del fatto che stava congelando tutto.

Non è possibile, non è possibile, non è....

<< Oh mio Dio! >>

La ragazzina si coprì la bocca con entrambe le mani quando si rese conto di aver urlato ma ormai era troppo tardi. La donna strinse di nuovo i pugni e drizzò la schiena, girandosi poi lentamente verso Jane, che a mala pena riusciva a respirare. La vide camminare con grazia nella sua direzione, come se a terra non ci fosse quello strato di ghiaccio scivoloso, e si fermò davanti a lei, con un misto di apprensione e terrore sul volto pallido.

<< S-stai bene? >> le chiese con voce incerta, tesa come una corda di violino.

<< Ehm sì, non mi hai fatto male. >> rispose, continuando a fissarla incredula. Aveva notato un leggerissimo accento mentre l'altra parlava, un accento che somigliava molto a quello dei paesi scandinavi.

La ragazza annuì, sorridendo timidamente, ma nei suoi occhi c'era ancora paura. Sapeva che Jane l'aveva vista. La più giovane si fece coraggio e si schiarì la gola prima di parlare, sperando di non aver sognato tutto e di non risultare quindi un'idiota.

<< Non devi preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro... E-Elsa. >>

La vide rimanere a bocca aperta e fare istintivamente un passo indietro, chiaramente sconvolta, e sentì distintamente il suo respiro farsi più agitato.

Allora è vero, non sto sognando!

<< Come fai a conoscere il mio nome? >> domandò la giovane. La sua voce era poco più di un sussurro.

Jane ci pensò su un attimo, ma decise di lasciar perdere. Troppo complicato. << Te lo spiego un'altra volta, ok? È una lunga storia. >>

Elsa annuì leggermente e abbassò lo sguardo, incrociando le braccia davanti a sé. << Dove siamo? >>

<< Contea di Monmouth, nel New Jersey >> spiegò la ragazzina con entusiasmo, << che a sua volta fa parte degli Stati Uniti d'America. >>

La più grande la guardò con diffidenza. << Capisco, ed è grande questo regno? >>

L'altra scoppiò a ridere ma si bloccò immediatamente appena si ricordò chi aveva di fronte. È pur sempre una regina, comportati come si deve almeno con lei! << Ehm no, è una repubblica federale. In realtà, volevo chiederti... >>

<< Sì? >>

<< Come hai fatto ad arrivare qui? Non che mi dispiaccia, anzi, è un sogno che si avvera! Tu, in carne e ossa, che parli con me! Ok basta, sto esagerando. >>

Elsa le sorrise, sempre con timidezza, ma subito il suo voltò diventò nuovamente triste. << Te lo spiegherò un'altra volta. Ma resterò qui per un po', anche se non so quanto di preciso, e... >>

<< E ti serve una mano, vero? >>

Jane sapeva che la regina non poteva farcela da sola, quanto meno all'inizio.

<< Ecco, io... Sì. >> ammise sospirando la bionda.

<< Bene, ti aiuterò io! La scuola è chiusa per due settimane, quindi ho parecchio tempo libero. Prima di tutto dobbiamo trovarti dei vestiti però, non puoi andare in giro in camicia da notte e vestaglia, no? >>

Elsa inarcò interrogativamente un sopracciglio, ma non protestò. << In effetti l'ultima cosa che mi serve è attirare l'attenzione. >>

<< Appunto. Conosco il negozio dove possiamo andare, sai, la proprietaria è la madre di una mia amica e non mi fa mai pagare nulla! Possiamo prendere tutto quello che vuoi. >>

La ragazza sorrise, divertita. << Andrà benissimo. >>

Jane la guardò soddisfatta ma subito assunse un'espressione riflessiva. << Ti serve un posto per dormire. Dietro casa ho un cottage che uso l'estate per dormire con le mie amiche, lo puoi usare. C'è tutto quello che serve, non dev- >>

Jane si bloccò appena sentì le mani dell'altra stringere le sue con gentilezza, e dopo un attimo di esitazione, osò alzare lo sguardo per vedere la regina sorriderle con gratitudine. << Non so davvero come ringraziarti. Perché sei così buona con me? >>

<< Diciamo che sono una tua, ehm, ammiratrice? E poi mi fa piacere aiutarti. Però andiamo adesso, prima che il negozio si riempa di clienti. >>

Elsa annuì e la seguì silenziosamente, ignara dei pensieri della più giovane.

Ok, stai calma Jane. È solo shopping... Con la regina Elsa. Non posso stare calma, no.





**


Elsa continuava a guardarsi allo specchio, corrugando le sopracciglia. Non aveva mai indossato dei pantaloni, neanche per andare a cavallo. L'indumento le calzava a pennello, come tutti gli altri del resto, ma non riusciva a smettere di rimuginare su quanto stesse comoda. Si trovava nel camerino del negozio suggerito da Jane, la quale stava aspettando seduta su una delle poltroncine imbottite, sommersa dai vestiti che aveva personalmente scelto per lei. Le aveva detto di prendere calzini, scarpe, pantaloni, maglioni e tante altre cose di cui non ricordava il nome. La regina indossò il cappotto e guardò ancora una volta il suo riflesso; era tutto così nuovo per lei, e non si trattava solo degli abiti. Da quel poco che aveva potuto vedere, lì tutti si parlavano o salutavano come se si conoscessero, anche se in realtà erano degli sconosciuti gli uni per gli altri. Ne aveva avuto una dimostrazione poco prima.


Erano appena entrate nel negozio, e con sollievo, notarono che non c'era nessuno, eccezion fatta per il commesso che si trovava dietro a un bancone, il quale sorrise subito a Jane.

<< Ma guarda chi si vede! Che ci fai qui così presto? >>

<< Ciao Colin! Ero in giro e ne ho approfittato per venire a comprare qualcosa. C'è la signora Nyland? >>

<< No, farà tardi stamattina. Allora, cosa ti serve? >>

Jane fece un sorrisetto e indicò Elsa. << Veramente i vestiti sono per la mia amica. >>

Il commesso evidentemente non si era accorto della ragazza, e appena spostò lo sguardo su di lei, spalancò la bocca senza troppe cerimonie. Elsa lo osservò mentre la fissava dalla testa ai piedi, impunemente, e sentì le guance diventare bollenti per l'imbarazzo e il fastidio. Decise di parlare per togliersi di dosso quegli occhi neri così sfacciati.

<< Ho bisogno di, ecco, rinnovare il mio guardaroba. >>

Colin si passò una mano tra i capelli castani e sfoderando un sorriso che, in teoria, avrebbe dovuto conquistarla. Ma la regina rimase impassibile.

<< Puoi prendere tutto quello che vuoi, tesoro. >>

A Elsa per poco non uscirono gli occhi dalle orbite. << Come prego?! >>

In quel momento Jane la prese per un braccio e la trascinò tra i vari stand di abiti, allontanandola da Colin il più possibile. << Sta' calma, non è successo niente. >> bisbigliò con calma la ragazzina.

<< Mi ha- >> cominciò a dire Elsa, ma abbassò di colpo la voce quando si accorse di aver quasi urlato, << Mi ha chiamato tesoro! Come osa? >>

Jane assunse un'espressione divertita, ma cercò di non ridere. << Ok, piccola informazione su questo mondo: qui è normale avere confidenza con gli sconosciuti, specialmente se si tratta di un ragazzo che si trova davanti una bella ragazza. Capito? >>

La sovrana corrugò le sopracciglia, sempre più dubbiosa, ma si limitò ad annuire.



<< Elsa? Tutto bene lì dentro? >>

La sovrana sobbalzò sentendo la voce di Jane che la chiamava, talmente era immersa nei suoi pensieri. << Sì, sto uscendo. >>

Sospirò. Che lo spettacolo abbia inizio.

Appena scostata la tendina, Elsa vide la sua giovane amica seduta lì di fronte e la sentì trattenere il respirò. Non poté fare a meno di ridacchiare alla vista dello sguardo meravigliato di Jane.

<< Sono presentabile? >>

<< Decisamente sì! Aiutami a portare queste cose, Colin le metterà nelle buste. >>

Portarono i vestiti sul bancone dove si trovava il commesso, e lui subito sistemò tutto in alcune sacche nere rettangolari con delle corde come manici. Queste si chiamano buste, d'accordo.

<< Ecco fatto. Ci vediamo Jane. >> disse il ragazzo, sorridendo.

<< Grazie, salutami la signora Nyland! >>

<< Ok! >>

Mentre uscivano dal negozio, Elsa si schiarì la gola per richiamare l'attenzione della più piccola, che si girò con il suo perenne sorriso stampato in faccia. Per un attimo, la domanda che voleva porle sparì dalla sua mente, rimpiazzata da una considerazione: si rese conto, e non era la prima volta, che Jane somigliava molto a sua sorella, sia fisicamente sia per il modo di comportarsi. Lei aveva i capelli scuri ma gli occhi erano verdi come quelli di Anna e aveva anche delle graziose lentiggini che le ricoprivano il naso e le guance; erano talmente simili che a volte era stata sul punto di chiamarla col nome di sua sorella, ma era sempre riuscita a bloccarsi in tempo. Aveva notato quella somiglianza appena si era avvicinata a lei, nel campo, e le era servita tutta la sua forza di volontà per non abbracciarla.

Elsa scosse leggermente la testa e continuò a fissare Jane, che dal canto suo la guardava come se aspettasse una risposta.

<< Scusami, hai detto qualcosa? >>

Lei rimase interdetta. << Ti ho chiesto perché mi hai chiamata. Stai bene? >>

La ragazza si toccò la fronte con una mano, lasciandosi sfuggire uno sbuffo divertito. << Sto bene. È da prima che volevo farti una domanda. Cosa significa “ok”? >>

Jane sorrise. << Un altro modo per dire che qualcosa va bene. >>

<< Oh. Devo imparare tutte queste co- Stai morendo di freddo, vero? >> chiese la regina, notando che l'altra tremava leggermente. << Dove possiamo andare? >>

La più giovane sorrise di nuovo e ammiccò. << Vieni, andiamo al bar del mio vicino di casa. Prepara la cioccolata calda più buona del mondo! >>

Elsa la seguì in silenzio, sentendo gli angoli della bocca curvarsi in su, nonostante il senso di malinconia che provava in quel momento. Anche a lei piace il cioccolato, proprio come ad Anna.







Buonasera gente!!!!

In questo capitolo troviamo un nuovo personaggio,Jane,che aiuterà Elsa in questa situazione del tutto fuori dall'ordinario. Come avete visto, Elsa si rende conto che questa ragazzina somiglia molto a sua sorella Anna e questo la rattrista :( Ovviamente,Jane è scioccata nel trovarsi davanti proprio la regina di ghiaccio e direi che ha reagito fin troppo bene, no? Io sarei rimasta lì, impalata per qualche secondo, e poi avrei cominciato a dare di matto XD Elsa deve imparare piano piano tutto quello che c'è da sapere sul nostro mondo, anche le più piccole cose, visto che lei è abituata a tutt'altro. La scena con il commesso? Mentre la immaginavo non facevo altro che ridere XD L'ho chiamato Colin in onore del mio amato Colin O'Donoghue, che interpreta Capitan Uncino in Once Upon A Time *-* e per quanto riguarda il suo modo di fare, mi sono ispirata al personaggio di Flynn Rider di Rapunzel ^-^ Anyway, adesso le nostre ragazze stanno andando in questo bar e Jane conosce il proprietario. Come sarà quest'uomo? Avrà un ruolo in questa storia? Se vorrete, lo scoprirete nel prossimo capitolo ;)

Grazie ancora una volta a tutti voi :)

Sara


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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V


Era esausta. Da quando il portale si era chiuso, trascinando con sé Elsa, non aveva più smesso di piangere. Aveva paura per sua sorella, il terrore che le potessero fare del male le spezzava il cuore e sapere di non poterle essere accanto non faceva altro che aumentare l'angoscia che provava.

Dove sei? Stai bene?

Non faceva altro che chiederselo e intanto la stoffa del cuscino su cui la sua testa era poggiata, già umida per le tante lacrime versate, tornava a bagnarsi. Inspirò a fondo, cercando di calmarsi, e subito avvertì un lieve sentore di menta; appena riconobbe il profumo, così dolce e delicato, circondò il cuscino con le braccia e lo strinse sé.

Elsa...

Le sembrava di essere tornata nel passato, quando trascorreva giornate intere davanti la porta di quella stanza, pregando la sorella di uscire per giocare con lei. Per tredici anni si era sentita sola, vuota, perennemente insicura, e da quando avevano ricominciato a parlarsi tutto era migliorato, tutto era più bello. Ma le era stata portata via di nuovo e quella sicurezza che aveva acquisito grazie alla presenza della sorella al suo fianco era scomparsa, lasciando il posto alla paura e dalla tristezza. Sempre stringendo il cuscino al petto, si mise a sedere e fece vagare lo sguardo per la stanza, così piena di oggetti che le ricordavano Elsa: la spazzola con la quale pettinava i suoi lunghi capelli biondi, lo specchio nel quale si guardava prima di uscire, il grande armadio pieno di vesti da notte e abiti eleganti, i libri che voleva leggere erano poggiati sulla piccola scrivania di mogano vicino alla finestra. Era tutto così ordinato, così tipico di lei che Anna si maledisse per non avere la forza di fermare le lacrime che le riempirono di nuovo gli occhi.

Che devo fare?

Sentì bussare alla porta e subito cercò di asciugarsi le guance come meglio poté. << Avanti. >>

Vide Kristoff entrare e subito si rilassò un po', soprattutto quando lui le sorrise. Si avvicinò al letto e si mise seduto accanto lei, passandole un braccio intorno alle spalle. Anna poggiò la testa contro la sua spalla e i due giovani rimasero in silenzio per qualche minuto; il ragazzo la baciò con tenerezza sulla fronte, stringendola ancora di più, e la principessa girò la testa per incontrare i suoi occhi scuri, pieni di apprensione.

<< Scusami se non sono tornata in camera ma avevo bisogno di stare qui. >> disse Anna con voce bassa e incerta.

<< Sapevo dove trovarti. Non ti devi scusare, capito? >> disse lui a sua volta, sorridendole ancora.

Anna gli accarezzò una guancia e avvicinò il suo volto per un lieve bacio sulle labbra, abbandonandosi poi nuovamente all'abbraccio di Kristoff. Erano sposati da poco meno di un anno ma ancora non era abituata all'intensità del sentimento che provava per quell'uomo timido, impacciato e un po' maldestro che l'aveva condotta fino alla Montagna del Nord per trovare Elsa e l'aveva riportata di corsa ad Arendelle per salvarla, convinto che Hans fosse il suo vero amore, disposto quindi a rinunciare a lei nonostante l'amasse da impazzire. La sua vita era così perfetta...

<< Kristoff? >>

<< Uhm? Dimmi. >>

Anna si scansò e si mise seduta di fronte al marito, guardando le mani che teneva strette in grembo. << Ho paura. >>

<< Non permetterò che quella donna ti faccia del male. >> disse lui con decisione.

<< Non ho paura per me, ma per mia sorella. >> ribatté la ragazza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Kristoff si passò una mano dietro la nuca, in evidente imbarazzo per non aver capito subito cosa intendesse la moglie. << Sì, ehm, certo. Be', è lo stesso. >>

In un giorno qualunque, Anna avrebbe riso ma in quel momento riuscì solo a mettere insieme un sorriso tirato, triste, più per educazione che per divertimento. Sospirò e si alzò dal letto, cominciando poi a camminare nervosamente per la stanza.

<< Non faccio altro che pensare a Elsa, io non- Come faccio a stare ferma qui senza fare niente?! >> esclamò Anna, con voce sempre più alta, in preda al panico. << E se avesse bisogno di aiuto o fosse ferita? Per quello che ne sappiamo potrebbe anche essere morta! E se lo fosse davvero, non- non posso perdere mia sorella! >>

Kristoff si alzò di scatto per avvicinarsi alla ragazza che intanto aveva ricominciato a singhiozzare, gli occhi sbarrati erano pieni di terrore.

<< Anna calmati- >>

<< Come faccio a stare calma, Kristoff?! >> gli urlò contro la principessa, per poi abbandonarsi del tutto a un pianto disperato. Il suo dolore era insopportabile ma anche la rabbia, che cominciò a riversare sul marito appena questi tentò di abbracciarla. Gli colpiva il petto e le braccia con le mani strette a pugno.

<< L'ho persa di nuovo, lo capisci? L'hanno portata via davanti ai miei occhi e io non sono stata capace di salvarla! Dovrei essere laggiù con lei, non qui a prendere a pugni te! >> e con quelle ultime parole smise di colpire Kristoff e si coprì il volto con le mani mentre lui la stringeva a sé. Rimasero in quel modo per qualche minuto, finché i singhiozzi della ragazza non si placarono ed entrambi sedettero di nuovo sul bordo del letto, ciascuno immerso nei propri pensieri. A un tratto Kristoff si alzò e si colpì la fronte con una mano, come se gli fosse appena venuta in mente un'idea importante a cui prima non aveva pensato.

<< Quanto sono stupido! Preparati per uscire! >> esclamò, incamminandosi verso la porta.

Anna lo osservava senza capire. Andare dove? << Perché? >>

<< Come perché? Andiamo da Gran Papà, lui saprà cosa fare e ci aiuterà. >> le rispose Kristoff con un sorriso pieno di speranza.

Il volto di Anna si illuminò all'istante e subito corse all'armadio e tirò fuori il primo abito che le capitò. Lo sapevo! Esisterà di sicuro un contro incantesimo, c'è sempre una scappatoia! La sua mente era veloce come i suoi gesti, e in meno di cinque minuti era pronta e si stava dirigendo con il marito alle stalle per prendere Sven. Non avevano tempo da perdere, così partirono a tutta velocità verso la dimora dei Troll, la famiglia acquisita di Kristoff. Mentre cavalcavano illuminati dalle prime luci dell'alba, Anna sentiva il proprio cuore battere all'impazzata, animato dalla possibilità di poter fare qualcosa per aiutare sua sorella. Nonostante avessero trascorso la maggior parte della loro vita separate, lei la conosceva e sapeva che Elsa la stava aspettando, sperando che la sua sorellina la salvasse dal quel posto orrendo in cui si trovava.

Ti riporterò da me, resisti.

Anna poggiò la testa contro la schiena del marito e sospirò, distrutta a causa della notte insonne; il battito regolare del suo cuore riuscì a rilassarla e la principessa di Arendelle chiuse gli occhi e si addormentò, vinta dalla stanchezza.



**


I raggi del sole illuminavano la valle dove vivevano i Troll, ormai tutti trasformati in rocce come ogni mattina al sorgere del sole, ma Gran Papà era ancora sveglio. Sapeva che i principi stavano arrivando e così aveva fatto in modo di ritardare la trasformazione di qualche ora, per poter essere d'aiuto a Kristoff e Anna, senza riuscire a evitare di preoccuparsi per la gravità della situazione che si era venuta a creare. Sentì il rumore di un animale lanciato al galoppo provenire dagli alberi e scese così dal grande sasso su cui era rimasto seduto fino a quel momento. Erano lì, Kristoff e Anna a cavallo di Sven; il principe lo salutò con un cenno della testa e si voltò per scuotere dolcemente la ragazza, che evidentemente si era addormentata durante il viaggio. I giovani smontarono dalla renna e si avvicinarono a lui tenendosi per mano. Anna non ce la faceva più: i capelli erano raccolti in una treccia disordinata, il volto coperto di lentiggini era più pallido del solito, ma ciò che più impressionò Gran Papà furono gli occhi: circondati da profonde occhiaie, gonfi per via delle lacrime, le iridi verde acqua, che il vecchio Troll ricordava essere pieni di luce, tradivano tutta la tristezza e la paura che la giovane provava per sua sorella.

Povera ragazza.

Gran Papà decise di non indugiare oltre, e appena i due umani si inginocchiarono di fronte a lui per arrivare più o meno alla sua altezza, iniziò a parlare con calma. << So cosa è capitato alla regina Elsa e non so dirvi quanto mi dispiaccia. >>

Anna gli sorrise con gratitudine. << Non si può fare nulla? >>

<< Già, non so, un incantesimo per spezzare quello che Victoria ha lanciato? >> intervenne Kristoff per enfatizzare la richiesta della moglie.

Il Troll abbassò la testa e la scosse. << Temo di no. Questa è magia oscura e io non posso distruggerla perché è completamente opposta alla mia. >>

Alzò lo sguardo e vide Anna corrugare le sopracciglia, chiaramente contrariata.

<< Tuttavia posso placare le tue ansie. >>

Kristoff si chinò in avanti e lo incitò a parlare. << Che intendi? >>

<< Posso fare in modo di collegarmi a Elsa ma non per molto. È un incantesimo faticoso e io non sono più forte come una volta. >>

<< Voglio solo sapere come sta, niente di più. Ti prego, Gran Papà! >> lo supplicò la ragazza, congiungendo le mani davanti a sé.

Gran Papà annuì e chiuse gli occhi. Dimenticò ciò che lo circondava e si concentrò solo sui propri respiri e sul battito del cuore; con la mente cominciò a pensare intensamente alla regina di Arendelle, cercando di individuare la sua essenza. Si stava sforzando, era più difficile di quanto ricordasse, ma ormai era vicino e riusciva a captare qualcosa: paura e insicurezza soprattutto. Rimase in quello stato per qualche altro istante e poi riaprì gli occhi, trovando i due ragazzi nella stessa posizione di prima, immobili come due statue.

<< Allora? >> chiese impazientemente Anna con voce piena di aspettativa.

<< Elsa è spaventata ma sta riuscendo a controllare i suoi poteri meglio di quanto pensassi. Però ripeto, è terrorizzata, anche se non lo vuole dare a vedere. >> disse Gran Papà, ma appena vide l'espressione afflitta di Anna si affrettò ad aggiungere, << Non è in pericolo, tua sorella sta bene. >>

Sia lei sia Kristoff tirarono un sospiro di sollievo ma la principessa si accigliò subito, consapevole del fatto che la questione era tutt'altro che risolta. << Ma come facciamo a riportarla qui? >>

<< Con la magia non si può fare nulla. A meno che... >> cominciò a dire Gran Papà, interrompendosi. La magia oscura provocava distruzione, dolore, morte e solo una cosa era capace di porre fine al suo effetto.

<< Dovete uccidere Victoria. >>

<< Aspetta, che? >> disse Kristoff, sicuro di aver capito male.

<< Non impazzisco per certe cose, figlio mio, ma a in questo caso è l'unica soluzione che avete. Il maleficio che ha scagliato sulla regina è prevalentemente generato dall'odio che quella donna prova nei suoi confronti. È un sentimento che fa parte di lei, quindi uccidendola metterete fine a tutto. >> spiegò il vecchio saggio con la sua solita calma.

Osservò Anna pensare alle sue parole per poi scattare in piedi, come rinvigorita, gli occhi erano accesi da una determinazione incredibile.

<< Lo farò. Ucciderò quella strega così Elsa potrà tornare qui! >>

Kristoff si alzò in piedi a sua volta e toccò la spalla della moglie con una mano. << Di certo non sarà facile. Le Isole del Sud sono lontane e comunque non sarà una passeggiata trovarla e ucciderla. D'inverno è impossibile arrivarci a cavallo, quindi dovremmo andare via mare e ci vorrà molto. >>

Anna si girò verso di lui, incenerendolo con lo sguardo. << Vuoi venire con me o no? Se hai tanta paura, posso anche andare da sola a salvare mia sorella! >>

<< Ma io.. >>

<< Posso fare un incantesimo alla nave per farla viaggiare più velocemente. Arrivereste alle Isole del Sud nel giro di un mese, di meglio non posso fare, e Anna...>> disse Gran Papà con dolcezza, volendo evitare un litigio tra i due sposi.

<< Sì? >>

<< Kristoff si sta preoccupando per te. Non te la prendere. >>

Vide il ragazzo annuire energicamente, rincuorato dalle sue parole. << Infatti! Non andrai da nessuna parte da sola! >>

Anna sospirò e sorrise imbarazzata al marito, prendendogli la mano e allacciando le dita alle sue per un attimo, inginocchiandosi poi di fronte a Gran Papà. << Non so davvero come ringraziarti. >>

Il Troll scosse la testa. << Non devi ringraziarmi, bambina mia. Ti avverto. Non sarà facile, non dovrai vedertela solo con Victoria ma con tutti gli altri fratelli, ma fatti aiutare da chiunque possa farlo, anche da chi non ti aspetteresti. >>

La principessa annuì e lo abbracciò. Gran Papà ricambiò la stretta ma le sue braccia a mala pena arrivavano alle spalle della ragazza, che si rialzò e si incamminò con Kristoff verso Sven. Prima di andare via, entrambi lo salutarono e partirono al galoppo verso il bosco.

Il sole era ormai sorto del tutto e per Gran Papà era giunto il momento di riposare insieme ai suoi figli. Si lasciò andare e mentre sentiva il suo corpo trasformarsi in roccia, chiuse gli occhi, contento di aver dato un minimo di speranza ad Anna.

Spero solo che possa finalmente vivere in pace con sua sorella.






AAAALLELUIA!!!!!!!!!!!!!!

Finalmente ho pubblicato il nuovo capitolo, mamma mia XD Mi ero bloccata, di brutto, ma la Hendy mi ha dato una mano a prendere in mano la situazione e darmi una mossa. Grazie Siiiissss!!! <3

Anna, come avrete notato, è distrutta. Poooovera, pensare a lei che piange mi spezza il cuore :( Per fortuna c'è Gran Papà che risolve tutto, cioè, dice cosa bisogna fare. La soluzione dei loro problemi è tutt'altro che vicina! Vogliamo parlare di Kristoff? Ahahaah Non mi è molto simpatico come personaggio e penso che si sia notato. L'ho fatto apparire dolce sì, ma anche tanto stupido XD Ok, basta.

Il prossimo capitolo sarà moooooooolto interessante, quindi STAY TUNED se volete ;)

Alla prossima!!!

Sara

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI


Il bar che si trovava in centro, proprio davanti al parco, era il più bello e il più frequentato della città. Fondato nel 1976, il locale era completamente arredato con mobili in legno, dall'aspetto antico, anche se in realtà era stato rimodernato da pochi anni. Si entrava da una grande porta a vetri e subito si veniva investiti dal profumo di caffè e dolci appena fatti, sulla sinistra poi vi erano tavoli e sedie in legno scuro situati vicino alle vetrate dalle quali si poteva guardare il parco e sulla destra c'era il bancone dove si preparavano gli ordini. C'erano tre camerieri, tutti studenti universitari che lavoravano lì per pagarsi gli studi. Si chiamavano John, Elizabeth e Georgina e adoravano il loro capo. Tutti adoravano Christian.

Suo padre era il proprietario del bar ma due anni prima aveva deciso di andare in pensione, così aveva lasciato tutto a suo figlio. Christian, ma tutti erano abituati a chiamarlo Chris, aveva ventiquattro anni ed era un ragazzo solare, gentile e responsabile: si era diplomato a sedici anni con il massimo dei voti e laureato in architettura ma era felice di gestire quel posto in cui adorava fare i compiti da bambino, appena uscito da scuola. Avere tre ragazzi che lavoravano per lui gli permetteva di non servire sempre ai tavoli, anche se a volte i clienti lo chiamavano per approfittarne e fare quattro chiacchiere; amava divertirsi ma era comunque una persona tranquilla, non aveva mai assunto droghe e aveva fumato solo qualche sigaretta quando era particolarmente nervoso per qualche esame. Aveva successo con le ragazze, anche grazie al suo bell'aspetto, ma ancora non aveva trovato quella giusta, il grande amore. Sapeva di essere giovane e di avere tempo, ma a volte l'idea di innamorarsi perdutamente lo stuzzicava e si ritrovava a chiedersi come sarebbe stato. Conosceva praticamente tutte le ragazze della sua età ma nessuna di loro aveva catturato il suo cuore e dubitava che potesse succedere. Non sapeva però che tutto ciò che desiderava stava per arrivare.

Era seduto a uno dei tavoli e beveva una spremuta d'arancia quando Jane, la figlia dei suoi vicini, entrò nel bar. Era affezionato alla ragazzina e si divertiva a chiacchierare del più e del meno con lei, che dimostrava di avere più cervello dei suoi coetanei. Quel giorno portava con sé delle buste piene, così come la ragazza che era con lei; si accomodarono al solito tavolo che occupava Jane, uno di quelli addossati contro la vetrata e le vedeva parlare di qualcosa di divertente, a giudicare dall'espressione felice della ragazzina. Christian terminò di bere e si alzò per avvicinarsi alle due clienti. Appena Jane lo vide, lo salutò con un grande sorriso che lui ricambiò subito.

<< Mattiniera anche durante le vacanze, eh? >>

<< Sai che mi annoio in casa! >> rispose lei ridacchiando.

<< Lo so, lo so. Che ti porto? Il solito? >> domandò lui, inarcando un sopracciglio e sorridendo con fare complice.

<< C'è bisogno di chiedere? >> disse Jane, utilizzando il suo stesso tono di voce.

Christian si voltò verso la ragazza che sedeva alla sua destra per chiederle cosa desiderasse ma le parole gli morirono in gola appena mise gli occhi su di lei: aveva la carnagione chiara, come se fosse di porcellana, con un sottilissimo strato di lentiggini a mala pena visibili sul suo naso delicato, le ciglia formavano una leggera ombra sulle sue guance, tanto erano lunghe e i capelli, lunghi e di un biondo chiarissimo, erano legati in una treccia che le scendeva sulla spalla sinistra. La trovò stupenda, la più bella ragazza che avesse mai visto, e la sua idea venne confermata da due penetranti occhi blu ghiaccio che lo stavano fissando curiosi. Christian si schiarì la gola e cercò di apparire il più disinvolto possibile, anche se gli sembrò un compito piuttosto arduo.

<< E a te cosa porto? >>

La giovane sbatté le ciglia più volte, corrugando leggermente le sopracciglia, e lesse distrattamente il menù che aveva tra le mani.

<< Una... Una cioccolata calda, per favore. >> disse educatamente, mantenendo poi lo sguardo fisso sulla superficie del tavolo.

<< Va bene. >> disse a sua volta il ragazzo, allontanandosi per andare a preparare ciò che gli era stato ordinato. Durante i pochi minuti che gli occorsero non fece altro che pensare al volto di quella ragazza, così bella e timida e si accorse di sorridere quando gli tornò in mente la sua voce, dolce ma con una punta di sensualità che tuttavia non doveva essere intenzionale, anzi. Gli era parso di captare anche un leggero accento che gli ricordava quello dei ragazzi che aveva conosciuto quando era in Norvegia, durante uno dei viaggi studio per l'università. Una volta terminato, Christian portò il vassoio verso il tavolo e distribuì le due tazze di cioccolata calda e il muffin che tanto piaceva alla ragazzina.

<< Grazie! >> esclamò Jane, mentre la sua amica si limitò ad annuire.

Sorrise a entrambe e tornò dietro al bancone, asciugando dei bicchieri per tenersi occupato.

È nuova qui, di sicuro. Potrei chiederle di uscire, per farle visitare la città magari. Non sarà un appuntamento ma allora potrei approfittarne per chiederle di vederci di nuovo.

Quei pensieri cominciarono a passargli per la mente, e per la prima volta sentì di essere assalito da un certo nervosismo.

Le farebbe piacere? Direbbe di sì o mi manderebbe al diavolo?

Lanciò uno sguardo al tavolo e proprio in quel momento Jane si alzò in piedi, allontanandosi per rispondere a una telefonata, probabilmente di una sua amica di scuola. La ragazza misteriosa era rimasta lì, con la schiena talmente dritta da non toccare neanche lo schienale della sedia, intenta a sorseggiare lentamente e con grazia la sua cioccolata calda. Christian inspirò profondamente e camminò nella sua direzione.

Ora o mai più.

<< Ciao. >> disse con più entusiasmo di quanto volesse in realtà.

Lei lo guardò, con un evidente miscuglio di curiosità e fastidio, e gli fece con educato cenno col capo. << Salve. >>

Salve? Decise di non commentare.

<< Prima non mi sono presentato. Sono Christian, ma tutti mi chiamano Chris. >> e tese una mano verso di lei.

La giovane spostò lo sguardo prima sulla mano, poi di nuovo su lui, tendendo la sua e dando una stretta decisa ma al tempo stesso delicata. << Piacere di conoscerti Christian. >>

Il ragazzo rimase sorpreso che l'altra avesse ignorato il nomignolo che gli era stato affibbiato anni prima, come se in un certo senso volesse distinguersi da tutti gli altri e mantenere le formalità. Doveva ammettere che questo atteggiamento lo intrigava. Inoltre, notò quanto la sua mano fosse tutto tranne che calda. Non era ghiacciata ma la sua pelle era piacevolmente fresca, abbastanza da non essere sgradita anche in pieno inverno.

<< E tu come ti chiami? >> le chiese appena lei sciolse la stretta.

<< Elsa. >>

Era un nome bello e perfetto per lei, anche se vagamente familiare. Non riusciva a ricordare dove lo avesse già sentito, però. Le sorrise e lei abbassò subito lo sguardo sulla tazza di cioccolata che teneva tra le mani. Decise di iniziare la conversazione.

<< Sei norvegese, vero? >> disse con nonchalance ma subito se ne pentì, perché Elsa saltò visibilmente sulla sedia e le sue mani tremarono vistosamente, tanto che un po' di cioccolata cadde sul suo maglione azzurro, all'altezza dello stomaco.

<< Oddio mi dispiace! Ti sei scottata? >> chiese Christian, sinceramente preoccupato.

<< No, non è niente. >> rispose, cercando di pulirsi con un fazzoletto di carta.

<< Aspetta. >>

Corse al bancone, prese una pezza pulita e la bagnò, tornando poi subito da lei. Appena si accorse che si stava avvicinando, e molto, Elsa gli lanciò un'occhiata di rimprovero; Christian era sicuro che se fosse stato un bambino probabilmente sarebbe scoppiato a piangere di fronte a quegli occhi ma si impose di essere un perfetto gentiluomo.

<< Sta' tranquilla, voglio solo aiutarti. >> le disse sorridendo.

Evidentemente era stato abbastanza convincente, perché la ragazza si limitò a guardarlo e lo lasciò fare. Christian afferrò con la mano sinistra il lembo del maglione e lo tirò, strofinando poi la pezza bagnata con la destra; era in ginocchio ed Elsa aveva la testa leggermente piegata in avanti, come per controllarlo, e proprio quella vicinanza gli permise di respirare il suo profumo.

No, non è un profumo, è solo l'odore della sua pelle. Sembra... Menta?

<< Hai un buon odore. >> e subito si morse la lingua e si prese mentalmente a pugni per aver detto una cosa del genere a una ragazza timida e riservata come Elsa che, ovviamente, lo fissò sconcertata.

<< G-grazie. >> sussurrò, incerta.

Continuarono a fissarsi per qualche istante, Christian era perso in quelle iridi di un blu incredibile, mai visto prima, e dovette fare uno sforzo per smettere di guardare la ragazza di fronte a sé, che ricambiava il suo sguardo con timidezza e un pizzico di... Curiosità?

Sorrise, ancora imbarazzato ma felice di non essersi beccato uno schiaffo e si alzò in piedi.

<< Il maglione è pulito, niente più cioccolata. >>

Elsa annuì ancora una volta, spostando poi la sua attenzione al parco che si vedeva dalla vetrata. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e scosse la testa, ridacchiando tra sé mentre tornava dietro al bancone.

Non è andata così male.



**


Jane aveva appena terminato di parlare al telefono con Cindy, una sua compagna di classe, e stava tornando verso il suo tavolo quando si bloccò, osservando il breve momento tra Elsa e Christian; all'inizio aveva sinceramente temuto per l'incolumità del suo amico, non sapendo come l'altra avrebbe potuto reagire, ma subito dovette ricredersi. Quando si sedette di nuovo di fronte a Elsa, poteva giurare di sentire il suo cervello lavorare a pieno regime. Stava ancora guardando le auto e le persone che affollavano la strada: Jane se lo dimenticava spesso ma tutto ciò che per lei era normale, per la regina era nuovo e forse spaventoso. Vide Elsa lanciare delle occhiate veloci a Christian e sorrise al pensiero che, probabilmente, potesse essere interessata a lui. E ne avrebbe avuto tutte le ragioni: era alto più di un metro e ottanta, aveva il fisico atletico grazie agli anni di pallanuoto, i capelli castano scuro erano perennemente spettinati e gli ricadevano disordinati sulla fronte e gli occhi, color nocciola, si illuminavano ogni volta che sorrideva. Era decisamente un bel ragazzo, Jane doveva ammetterlo. Ed era sicura che anche la sua nuova amica non fosse immune.

<< Allora... >> cominciò, seguendo distrattamente con l'indice destro una venatura del legno del tavolo. << Cosa ne pensi di Christian? >>

Elsa la guardò, inarcando un sopracciglio e sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. << L'ho trovato sfacciato e inopportuno. >>

Jane sbuffò divertita, sapendo a cosa si riferisse. << Ho visto cosa è successo con la cioccolata. Non l'ha fatto apposta, dai. Ma cosa ti ha detto? >>

La ragazza incrociò le braccia al petto, alzando il mento con altezzosità. << Mi ha detto “Sei norvegese, vero?”. Così, dal nulla. >>

L'altra la guardò sempre più confusa. << Be', in effetti hai un accento strano e lui è stato in Norvegia qualche anno fa, che c'è di male? >>

Elsa aggrottò leggermente le sopracciglia, forse un po' sorpresa, ma non intendeva cedere. << Accento o meno, non è bello prendersi certe libertà con gli sconosciuti. Questo mondo è davvero strano. >>

<< Perché non uscite insieme un giorno? Vi divertireste! >> propose Jane cambiando argomento, anche se di poco.

La regina sgranò leggermente gli occhi e poi scosse la testa. << Non è il caso. >>

<< Per quale motivo, scusa? Gli sei piaciuta subito, è così evidente! Se ti vergogni posso parlarci io! >>

Elsa afferrò con forza il bordo del tavolo con entrambe le mani e la guardò negli occhi. << No. Sono pericolosa, tutto questo mi sta mettendo alla prova e non so quanto riuscirò a controllarmi prima di crollare. Hai visto cosa ho fatto in quel campo? Quello è niente in confronto all'inverno che ho lanciato su Arendelle. Se davvero mi conosci, dovresti saperlo. >>

<< E allora perché parli con me? >> chiese Jane, che stava cominciando ad arrabbiarsi.

<< Infatti non dovrei. >> rispose l'altra con durezza.

<< Ma non dovresti dire la verità a Christian, solo uscirci un pomeriggio e- >>

<< Ho detto di no! >>

La voce di Elsa era bassa ma fredda, gelida, come l'aria all'interno del bar, la cui temperatura era scesa di colpo. Gli altri clienti rabbrividirono, Jane compresa, soprattutto quando notò lo strato di ghiaccio che si era formato sul tavolo, lì dove erano strette le mani della regina.

La ragazza si alzò di scatto e afferrò il cappotto, senza infilarlo, e tutte le buste di vestiti, raggiungendo l'uscita con lunghe e veloci falcate. Appena chiuse la porta alle sue spalle, la temperatura all'interno del locale tornò normale e tutti tirarono istintivamente un sospiro di sollievo. Jane non osava muoversi, continuava a fissare il punto in cui pochi secondi prima le mani di Elsa avevano generato il ghiaccio dal nulla.

<< Hey, tutto bene? >> si sentì chiedere da Christian.

<< Sì, è tutto ok. >> rispose, sperando di essere stata abbastanza convincente.

Si sentiva in colpa, mortificata per come Elsa le aveva risposto e sapeva di non poterla biasimare. Aveva altro per la testa e di certo non voleva perdere tempo con sciocchezze del genere. Però ci era rimasta male lo stesso. Sentì un nodo in gola e il forte desiderio di piangere ma subito riuscì a controllarsi, dato che non voleva attirare l'attenzione di Christian, che poi lo avrebbe riferito alla madre. Girò la testa e vide Elsa al parco, seduta su una panchina, perfettamente immobile; inspirò profondamente e si alzò, salutò il suo amico e si incamminò verso l'altro lato della strada, decisa a chiedere scusa alla regina di ghiaccio.






Buongiorno a tutti!!!

A esattamente una settimana di distanza, ecco il nuovo capitolo! Vi rivolgo la stessa domanda di Jane: cosa ne pensate di Christian? Piace? Non piace? Vorrei tanto saperlo :) Elsa alla fine si è un po' arrabbiata e ha lasciato Jane lì da sola....... Ma tanto faranno pace, don't worry ;) Come sempre, fatemi sapere le vostre impressioni se vi va :)

Alla prossima!!!

Sara



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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

 

Seduta su una delle panchine del parco, Elsa si rese pienamente conto di quanto fosse grave la situazione in cui si trovava. Era sola. Per quanto quella ragazzina, Jane, avesse cercato di aiutarla e di starle vicino, sapeva che sarebbe stato solo questione di tempo prima che le cose precipitassero; per tutta la mattina aveva sentito le sue mani più fredde del solito, segno che i poteri premevano per manifestarsi sotto la furia delle sue emozioni in subbuglio, e ne aveva avuto la dimostrazione poco prima, nel bar, quando il tavolo si era ricoperto di ghiaccio nei punti in cui le sue mani erano poggiate e la temperatura della stanza era scesa sensibilmente sotto lo zero. Anche in quel momento, mentre stringeva i pugni fino a far diventare le nocche bianche, sentiva che riuscire a respirare con normalità le risultava un'impresa tutt'altro che facile, soprattutto perché aveva paura di perdere il controllo in quel luogo affollato.

Quando mi sento così Anna è con me. Anna aiuta. Cosa devo fare?

Elsa chiuse gli occhi, cercando di non abbandonarsi alla disperazione più di quanto non stesse già facendo, ma li riaprì quando sentì qualcuno sedersi accanto a lei. Era Jane.

Che ci fa ancora qui?

<< Va' via. >> la implorò la regina con un tono risoluto che tuttavia lasciava trasparire stanchezza e paura.

La ragazzina la guardò per un secondo e, senza esitazione, poggiò una mano sul suo avambraccio, stringendolo appena con fare rassicurante.

<< Non ti lascio sola. A meno che tu non lo voglia, ovviamente, ma so che in fondo essere completamente sola quaggiù è l'ultima cosa che vuoi. Non ci vuole un genio per capirlo, sai? >>

Elsa sentì la sua bocca aprirsi leggermente per lo stupore. Come faceva una persona appena incontrata a conoscerla così bene?

<< Perché non hai paura di me? >>

<< Non lo so. Insomma, non sei cattiva e di certo non ti diverti ad andare in giro congelando tutto quello che incontri. Tu hai sempre visto i tuoi poteri come una maledizione mentre Anna ti ha fatto capire che non lo sono affatto. Diciamo che io la penso come lei. >> concluse Jane sorridendo.

La giovane la fissò, combattuta tra il desiderio di credere con tutta se stessa a quelle parole e la voglia di scappare. Ma fece tutt'altra cosa.

<< Quando mi hai incontrata questa mattina hai detto di conoscermi, e ora hai parlato come se conoscessi anche mia sorella. Com'è possibile? >>

A Jane scappò un risatina imbarazzata e le sue guance assunsero improvvisamente una tonalità rosata. << Ecco, hanno fatto un film su di voi... >>

<< Un cosa? >> domandò la regina sconvolta.

<< Un film è... Allora, be'... >>

Chiaramente non sapeva come spiegarsi e l'espressione della più grande si faceva sempre più confusa.

<< Oh ecco! Un film è come un libro, però è animato! Ci sono persone in carne è ossa! Come a teatro! >> esclamò la ragazzina, felice di aver trovato una spiegazione abbastanza soddisfacente.

Elsa inarcò un sopracciglio e la guardò con sospetto, sollevata per aver capito a grandi linee cosa intendesse. Si voltò verso le persone che camminavano tra i viali del parco, incuranti del freddo, e per la prima volta nella sua vita si chiese come fosse vivere al di fuori del suo palazzo, come una persona qualunque, che si deve guadagnare il pane ogni giorno. Cosa sapeva fare? Suonare il pianoforte, parlare molte lingue, era ferrata su tutto ciò che riguardava politica ed economia... Il problema era che non si trovava ad Arendelle. In quel posto, gli Stati Uniti, era tutto diverso e il solo pensiero di quanto l'espressione “un pesce fuor d'acqua” le calzasse a pennello le fece tremare i polsi. Un momento.

<< Jane? >>

La persona in questione alzò lo sguardo da terra. << Sì? >>

<< Tu... Insomma, qui si usa leggere i libri? >>

Elsa si rese conto di quanto la sua domanda fosse ridicola appena vide Jane trattenere a stento una risata. Arrossì di colpo ma l'altra non fece nulla per metterla ulteriormente in imbarazzo.

<< Leggiamo libri, sì. Perché? >> le chiese incuriosita.

<< Pensavo che avrò bisogno di un lavoro ma, come potrai immaginare, non so fare nulla qui e così mi domandavo se magari potessi trovare qualcosa in una biblioteca. >>

Jane ci pensò su per un po' e poi schioccò le dita, come se le fosse venuto in mente qualcosa. << La libreria qui dietro, ma certo! Sapevo che cercavano una commessa, forse non l'hanno ancora trovata! >>

Il volto di Elsa si illuminò. << Perfetto! E dove si trova? >>

<< Proprio dietro di noi, attaccata al bar di Christian. E a proposito di questo... >>

<< Cosa? >> domandò la ragazza.

<< Scusa per prima. Sono stata una stupida, non avrei dovuto insistere in quel modo. Mi dispiace. >> disse Jane, sinceramente mortificata.

Elsa le sorrise dolcemente e posò una mano sulla sua, stringendola. << Volevi solo essere gentile. Quella che dovrebbe scusarsi sono io, direi. Ormai è passato, non pensiamoci più. Mi accompagni in questa libreria? >>

Jane annuì energicamente e si alzò in piedi. Entrambe afferrarono di nuovo le buste di vestiti e attraversarono la strada; giunte davanti all'insegna LEAH'S BOOK SHELTER, Elsa sentì immediatamente una sensazione di sicurezza, neanche lei sapeva spiegarne il motivo. Forse era tutto dovuto al nome del negozio.

Rifugio. Proprio quello che mi serve.

Jane aprì la porta, provocando il tintinnio di una piccola campanella sopra lo stipite. La regina si guardò intorno con occhi avidi: addossate alle pareti vi erano scaffali pieni di libri di ogni genere, e ce n'erano talmente tanti che per arrivare a quelli più in alto bisognava utilizzare una scala di legno che si spostava grazie alle rotelle. L'unica fonte di luce naturale era una grande finestra vicino alla porta, il che serviva a creare un perenne stato di penombra e intimità; a sinistra si trovava la cassa e in fondo al locale c'era una piccola stanza, evidentemente l'ufficio della proprietaria, e accanto a questo c'era una scala che portava a una porta, anch'essa in legno. L'ambiente era accogliente, senza dubbio, e a Elsa piacque molto. Sperava di fare una buona impressione sulla proprietaria, che proprio in quel momento emerse da dietro uno degli scaffali. Era una signora sui sessantacinque anni, bassina, vestita con abiti pesanti che la facevano sembrare più robusta di quanto in realtà fosse. I capelli bianchi erano tenuti insieme con uno chignon e i vivaci occhi verde-azzurri la fissavano curiosi, accompagnati da un sorriso cordiale.

<< Buongiorno, posso aiutarvi? >> domandò con gentilezza.

Elsa si sentì spingere leggermente in avanti da Jane e si schiarì la gola prima di parlare. Niente nervosismo, era pur sempre una regina!

<< Sì, mi chiedevo se ha ancora bisogno di una commessa. >>

La signora rise e annuì. << Oh un aiuto mi servirebbe eccome! L'età comincia a farsi sentire e non riesco ad arrampicarmi su quella scala come una volta. Hai il curriculum? >>

<< Il curriculum? In realtà no... Ma posso dirle tutto a voce, le va bene? >> propose la ragazza, presa in contropiede. Sapeva cosa significasse quella parola perché aveva studiato il latino, ma non credeva che qualcuno glielo avrebbe chiesto.

<< Ma certo, non c'è problema. >>

Il mio nome è Elsa, ho ventidue anni e sono la regina di Arendelle. Controllo il ghiaccio e la neve, ho quasi ucciso mia sorella Anna è quasi morta e ora sono stata mandata qui con una maledizione dalla sorella del mio peggior nemico.”

Fece un respiro profondo. << Mi chiamo Elsa, ho ventidue anni e non ho mai lavorato in una libreria, ma imparo in fretta e le posso assicurare che metto sempre la massima serietà in tutto ciò che faccio. So che non è molto ma ho davvero bisogno di questo lavoro. >>

Evidentemente era riuscita a fare una buona impressione nonostante la sua esperienza lavorativa fosse inesistente, perché la proprietaria le sorrise con ancora più calore. << Si vede che sei una brava ragazza, Elsa. Si nota dai tuoi occhi, sai? Sei assunta, la paga è di cinquanta dollari a settimana. So che non è molto ma con tutti questi computer e cellulari sta diventando sempre più difficile fare affari. Quasi dimenticavo, io sono la signora Wright ma puoi chiamarmi Leah se vuoi. >>

Elsa sorrise. << La ringrazio molto, signora Wright! >> e si girò verso Jane per constatare che anche la sua amica era felicissima per lei.

Leah scoppiò a ridere, schermendosi. << Non devi ringraziarmi, sono sicura che sarai bravissima. Ma dimmi, sei nuova qui? Non ti ho mai vista in giro. >>

<< Sono arrivata oggi. >> rispose la regina con un sorrisetto.

<< Hai già un posto dove stare? Perché lì in cima alle scale c'è un piccolo appartamento con tutto il necessario, puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. >>

<< Va benissimo, grazie. >> accettò Elsa immediatamente, sentendo Jane trattenere il respiro e poi attirare la sua attenzione toccandole il braccio.

<< Non vieni a stare nel cottage nel mio giardino? >> le chiese sottovoce.

<< Meglio rimanere per conto mio, Jane. Andrà tutto bene, possiamo vederci tutti i giorni. >> la rassicurò Elsa, ammiccando, tornando poi a guardare il suo neo datore di lavoro.

<< Se vuoi posso mostrarti l'appartamento, così puoi posare anche quelle buste. Venite. >>

Tutte e tre salirono i gradini fino alla porta di legno, che la signora Wright aprì subito. La stanza era piccola ma abbastanza spaziosa, un lato del letto era rivolto verso la parete, accanto si trovava la finestra, addossato alla parete di fronte alla porta c'era un grande armadio con vicino un tavolo con due sedie, tutto in legno, quella che doveva essere la cucina e a destra vi era la porta del piccolo bagno, completo di vasca.

<< Mi piace. >> commentò Elsa rivolgendosi a Leah, che le sorrise compiaciuta.

<< Vi lascio sistemare i vestiti allora, inizi a lavorare dopo pranzo se vuoi. >>

<< Certo, grazie signora Wright. >>

Lei e Jane tolsero gli articoli dalle buste e poi si sedettero sul letto.

<< Come ti sembra tutto questo in confronto ad Arendelle? >> chiese la ragazzina.

<< È tutto più... Piccolo, come una miniatura. Però mi abituo in fretta, per fortuna. >>

<< Già, è una fortuna. Stai bene? Te la senti di rimanere sola e di lavorare proprio oggi? >>

Elsa le sorrise, contenta che Jane si preoccupasse per lei. << Sì, altrimenti non avrei accettato. E poi è meglio che inizi da subito a fare i conti con questa realtà, tanto vale iniziare a lavorare già da oggi. Andrà tutto bene, sono calma adesso. >>

Si salutarono e la ragazza si guardò intorno ancora una volta. Doveva cercare di non pensare ad Anna, al regno, a Victoria. Doveva combattere e se non poteva utilizzare la magia per tornare a casa, be', avrebbe fatto di tutto per non farsi schiacciare dalla paura e per vivere quella nuova vita che aveva davanti a sé.

 

 

**

 

 

Alle cinque del pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero, Christian entrò in libreria portando una tazza di tè caldo alla signora Wright. La donna aveva l'abitudine di andare al bar per berlo ma, da quando era sola al negozio, non ne aveva modo, così il ragazzo da allora si era preso l'impegno di portarle la sua bevanda preferita ogni giorno, alle cinque, perché la signora Wright era di origine inglese.

<< Signora? >> disse affacciandosi alla porta del piccolo ufficio.

<< Ah Chris, puntuale come sempre. Grazie. >> rispose Leah con tono allegro, cominciando a soffiare sul liquido bollente. << Comunque da domani potrò tornare al bar, proprio stamattina ho assunto una ragazza che terrà d'occhio il negozio mentre sono via. >>

Christian annuì soddisfatto. << Era ora! Si sente la sua mancanza lì dentro. Elizabeth e Georgina stanno ancora aspettando le sue famose lezioni sul lavoro a maglia. >>

<< Da domani potremo cominciare. >> ribatté la signora, ammiccando.

<< Be', la lascio al suo lavoro. Buona serata! >> disse il ragazzo, chiudendo la porta dietro di sé.

Stava guardando distrattamente dei libri mentre camminava, così non si rese conto di avere una persona davanti fin quando non andò a sbatterle contro. Istintivamente allungò un braccio per impedirle di cadere e restò di stucco quando si rese conto che stava praticamente abbracciando Elsa, la ragazza incontrata quella mattina e alla quale non aveva smesso di pensare per tutto il giorno. Teneva il braccio intorno alla sua vita ed Elsa lo guardava con gli occhi sbarrati, le guance rosse per l'imbarazzo.

Christian non si mosse, né lo fece lei. << Ciao. >> le disse dolcemente, contento di averla rivista.

<< Ciao. >> rispose Elsa, continuando a guardarlo negli occhi e deglutendo.

<< Mi dispiace, ero distratto e non ti ho vista. >>

<< Non fa niente, anzi se potessi... >>

Il giovane capì subito e si affrettò a fare un passo indietro, riuscendo a vederla sospirare di sollievo. Addirittura?

Elsa si era cambiata, non indossava più il maglione, ma una semplice maglietta bianca a maniche corte. Ma non ha freddo? I capelli erano ancora raccolti nella treccia che le scendeva lungo la spalla sinistra, anche se meno ordinata rispetto alla mattina, e indossava gli stessi jeans che mettevano in risalto le sue gambe lunghe e snelle. Ok, basta, la stai fissando troppo.

<< Allora, sei alla ricerca di un libro? >> chiese, sperando di deviare il discorso e anche i suoi pensieri.

<< In realtà lavoro qui. >> rispose lei, guardandolo timidamente da sotto le lunghe ciglia.

<< Oh. >> fu tutto quello che riuscì a dire.

Elsa lavorava lì? Accanto al suo bar? Non riusciva a credere alla sua fortuna: aveva temuto di non vedere più quella bellissima ragazza che lo aveva letteralmente stregato e non solo l'aveva incontrata per la seconda volta in meno di ventiquattro ore, ma addirittura poteva avere una scusa per vederla tutti i giorni.

<< Vuoi che ti porti qualcosa? Non so, un'altra cioccolata calda magari? >>

La ragazza inarcò entrambe le sopracciglia e Christian sentì il cuore impazzire quando vide comparire sul suo volto un sorrisetto divertito.

<< Dopo l'incidente di questa mattina direi che è meglio evitare la cioccolata per un po'. >>

Christian rise al ricordo. << Sì, è meglio. Ti avevo innervosita in qualche modo? >>

<< No, no. >> disse Elsa, scuotendo la testa. << Mi hai solo colta di sorpresa, non credevo che avresti riconosciuto il mio accento. >>

<< Ho capito, è tutto apposto allora. Vuoi qualcos'altro? Tè? Caffè? >>

<< Caffè? >> ripeté Elsa corrugando la fronte.

<< Sì. Non ti piace? >>

<< Non l'ho mai assaggiato a dire il vero. >>

Non aveva mai bevuto il caffè? Wow. Forse...

<< Devi assolutamente rimediare, Elsa, è un rito di passaggio. Facciamo così: domani, mentre Leah sarà al bar, verrò qui e ti porterò il caffè espresso italiano. È il più buono che ci sia. >>

Si era spinto troppo oltre? Aveva male interpretato il comportamento di Elsa? Se gli avesse risposto di no avrebbe rinunciato, ma sperava con tutto il cuore che accettasse di passare un po' di tempo con lui, da soli.

La ragazza lo guardò, prendendo in considerazione la sua proposta, e poi annuì. << Va bene. >>

Christian non era mai stato così felice. << Grande! Voglio dire, bene. Allora... A domani. >>

<< A domani. >> disse Elsa con voce bassa, come se non volesse farsi sentire.

Lui le sorrise, lei ricambiò con timidezza. Mentre tornava al bar, Christian sentiva che le guance gli facevano male a forza di sorridere. Mentre lavorava e anche più tardi, mentre era a letto ad aspettare un sonno che non accennava ad arrivare, continuò a pensare a Elsa e a quanto desiderasse che fossero già le cinque di pomeriggio dell'indomani.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII


Elsa trovò incredibile come il tempo passasse in un lampo quando aveva qualcosa da fare. Anche ad Arendelle era sempre sommersa dal lavoro ma lì le lancette dell'orologio sembravano immobili, mentre nella libreria della signora Wright era l'esatto contrario. Era il suo secondo giorno come dipendente e avvertiva la fatica, lei che non aveva mai sollevato nulla di più pesante dei paramenti d'oro nel giorno dell'incoronazione due anni prima. Le facevano male i muscoli delle braccia e la schiena a forza di spostare scatoloni pieni di libri ma il suo orgoglio le aveva impedito di lamentarsi e di certo non lo avrebbe fatto neanche in futuro, tanto meno di fronte a Leah. Inoltre, trascorrere le ore lì dentro le aveva permesso di farsi un'idea più o meno chiara su cosa leggessero le persone in quel mondo e quindi su come vivessero. La sezione dei romanzi era la sua preferita e aveva letto tutti i titoli nella speranza di riconoscerne qualcuno, senza risultati però. C'erano poi gli scaffali dedicati ai libri di cucina, ai saggi, alle biografie e, ciò che più incuriosì la regina, fu trovare un intero ripiano dedicato ai libri per bambini, con pagine colorate e scritti con un linguaggio semplice e giocoso. In un momento di pausa durante quel primo pomeriggio, Elsa stava sfogliando uno di quei libri quando il suo sguardo cadde su uno in particolare: al centro della copertina era raffigurata una renna con un pupazzo di neve sulla testa, a sinistra una giovane fanciulla bionda con un vestito azzurro, dietro di lei un ragazzo massiccio dai capelli altrettanto biondi, mentre sulla destra c'erano una ragazza con i capelli rossi legati in due trecce e accanto a lei un giovane con abiti eleganti.

Tutti somigliavano molto a...

Non può essere!

Elsa prese il libro e con le mani che tremavano lo aprì, sfogliando le pagine. I nomi dei personaggi saltarono subito ai suoi occhi: Elsa, Anna, Hans, Kristoff, Olaf e Sven.

Siamo noi. È la nostra storia. Non è possibile, non è...

La sua vista si oscurò per un attimo, il libro cadde a terra e dovette allungare una mano contro il muro per non finire anche lei sul pavimento. Sentiva la testa girare e tremava visibilmente, eppure lo sguardo andò a finire nuovamente su quelle pagine.

Com'è possibile? Sanno chi sono? Ecco perché Jane mi ha riconosciuta ieri nel bosco, perché ha detto di aver visto quel... Film? E ci sono anche libri per bambini!

Ancora scossa, Elsa si chinò, e senza rialzarsi iniziò a leggere con occhi avidi. Occhi che tuttavia divennero immediatamente pieni di lacrime appena si rese conto che la storia narrata era uguale a quella che avevano vissuto lei e sua sorella nella realtà. Vedere il loro passato impresso sulla carta riportava la sua mente a quegli anni bui, quando con tutta se stessa desiderava aprire quella porta e dire ad Anna che le voleva bene e che avrebbe tanto voluto passare le giornate intere con lei se solo i suoi poteri non fossero stati fuori controllo. Ricordava la sofferenza quando provava a toccare un oggetto senza i guanti e quello subito si ghiacciava. Ricordava il dolore per la morte dei suoi genitori, il dispiacere per non essere andata al loro funerale, la tristezza nel sentire la voce di Anna implorarla di uscire da quella stanza, e soprattutto, mai e poi mai avrebbe potuto dimenticare l'orribile sensazione di vuoto nel suo cuore quando l'amata sorella, per proteggerla, si era sacrificata diventando interamente di ghiaccio. Le lacrime iniziarono a scendere lungo le sue guance ma si affrettò ad asciugarle col dorso della mano, volendo evitare che la signora Wright le facesse delle domande alle quali non avrebbe saputo rispondere. Almeno non in quel momento. Rimise il libro al suo posto e si preparò a sistemare una pila di quaderni per la scuola quando Leah si avvicinò, toccandole gentilmente una spalla. Elsa sussultò al contatto, non era abituata a essere toccata da altri al di fuori di Anna, ma sfoderò lo stesso il miglior sorriso che riuscì a mettere insieme, sperando che la donna non notasse che aveva pianto.

<< Elsa perché hai quegli occhi rossi? >> le domandò subito la signora, preoccupata.

Ecco, appunto.

<< Oh nulla, sul serio! È la... Polvere! Sì, mi fa sempre questo effetto. >>

La scusa doveva sembrare credibile perché Leah annuì e le sorrise.

<< Per un attimo ho pensato fosse qualcosa di grave, per fortuna è solo quello il motivo. Ora vado al bar, te la senti di rimanere sola? >>

Elsa annuì. << Certo, vada pure. >>

La signora Wright tornò in ufficio per prendere la borsa e saluto la ragazza prima di chiudere la porta alle sue spalle. Il pensiero di quella donna così energica seduta a bere il tè in compagnia di altre persone la faceva sorridere inspiegabilmente. Poi quel bar era così accogliente, davvero un bel luogo per-

Bar. Christian.

Guardò le lancette dell'orologio che segnavano le 16.53 e sbarrò gli occhi.

Tra poco sarà qui!

Il tempo era passato troppo velocemente.

Elsa non sapeva spiegarselo ma all'improvviso si sentì nervosa. Non le era mai capitato prima, be', non le era mai capitato di sentirsi così al pensiero di trovarsi alla presenza di un uomo. Era una regina, tutti i dignitari era uomini, santo cielo!

Ma Christian non sa chi sei, non siete ad Arendelle e sarete qui dentro completamente soli.

Non doveva agitarsi, non ne aveva motivo. Era solo un caffè, giusto? Allora perché sentiva il cuore battere velocemente e le guance diventare bollenti? Fece in modo di ricoprire i palmi delle mani con un sottile strato di ghiaccio e li posò sul viso, provando subito sollievo. Peccato che non potesse utilizzare lo stesso metodo per il cuore.

Controllati!

Si tenne occupata per non pensare, ma quando le sembrava di essere più calma sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi subito dopo. Era nascosta dietro lo scaffale che si trovava al centro del negozio e non osava uscir fuori.

Magari è solo la signora Wright che ha dimenticato qualcosa.

<< Elsa? >> chiamò una voce bassa, baritonale, che di certo non apparteneva a una donna.

La ragazza fece un respiro profondo e si affacciò, facendo finta di essere impegnata; quando gli occhi di Christian incontrarono i suoi, vide il ragazzo deglutire e sorriderle prima di poggiare su un tavolino il grande vassoio che aveva in mano. Elsa si avvicinò a lui, camminando molto lentamente per prendere tempo, e gli rivolse un sorriso imbarazzato.

<< Come stai? >> le chiese il ragazzo e sembrava che gli interessasse davvero.

<< B-bene, grazie.. E tu? >>

Le labbra di Christian si piegarono in un sorriso carico di dolcezza.

<< Adesso sto bene. >>

L'intensità del suo sguardo era tale che Elsa si schiarì la gola e portò l'attenzione sul vassoio lì vicino.

<< Allora, cosa hai portato? >> domandò con sincera curiosità.

<< Come ti dicevo, espresso italiano appena fatto. Visto che non lo hai mai assaggiato ho pensato di portare anche del latte per renderlo più sopportabile e anche qualche brioche. Che ne dici? >>

Elsa non poté fare a meno di sorridere all'entusiasmo e alla premura del ragazzo di fronte a lei e, per la prima volta, si rese davvero conto di quanto fosse bello: era più alto di lei, tanto che era costretta ad alzare un po' la testa per guardarlo in faccia, aveva un fisico atletico ma non in modo eccessivo, quando sorrideva il suo volto si illuminava e gli occhi, color nocciola con delle pagliuzze verdi, riuscivano ad essere più espressivi delle parole stesse. Non si era mai soffermata su quel tipo di pensieri, la vita che conduceva ad Arendelle non glielo aveva mai permesso, a causa dei suoi poteri prima e dei suoi innumerevoli impegni in quanto regina poi. Però lì, nella libreria, seduta su una pila di libri, si stava godendo il primo vero momento di pace da quando aveva oltrepassato il portale, e al momento quella pace consisteva nel guardare Christian versare un liquido scuro in una tazzina bianca e aggiungere poi dello zucchero.

<< Ecco qua. Attenta che scotta. >> disse il ragazzo, ammiccando.

Elsa prese la tazzina e subito le sue narici vennero invase dal buonissimo aroma del caffè. Chiuse gli occhi per un attimo, assaporandolo, soffiò leggermente e poi bevve un sorso. Sbatté le palpebre e arricciò le labbra, sorpresa dal sapore forte della bevanda.

Ma come fanno a bere una cosa del genere?

Elsa guardò Christian, che aveva osservato il suo cambio d'espressione ridacchiando, e per un secondo lo fulminò con lo sguardo, lasciandosi poi andare a un sorrisetto divertito.

<< Credo che dovrai aggiungere il latte. >>

Senza dire un parola, Christian prese la tazzina, aggiunse un goccio di latte e la restituì, assicurandosi che la sua mano entrasse in contatto con quella di Elsa. La regina per poco non fece cadere tutto a terra, visto che non si aspettava che le dita del ragazzo sfiorassero la sua pelle con un tocco leggero che tuttavia lei sentì. Lo sentì eccome. Scosse la testa impercettibilmente e assaggiò di nuovo il caffè, trovando che fosse molto meglio grazie all'aggiunta del latte e annuì in segno di approvazione.

<< E così ti piace il caffè macchiato. Almeno so cosa prepararti quando verrai al bar o quando verrò a trovarti io qui. >> disse Christian.

<< In effetti non è per niente male. Ne posso avere ancora? >> domandò Elsa con uno sguardo che ricordava quello di una bambina la mattina di Natale.

Lui inarcò un sopracciglio e strinse le labbra per trattenere una risata.

<< Sai perché le persone bevono il caffè? Per restare svegli. Tu non solo non l'avevi mai bevuto ma se ne prendessi un altro passeresti la notte in bianco e probabilmente anche quella dopo. >>

Elsa sentì le guance diventare bollenti per l'imbarazzo, e prima che potesse rendersene conto scoppiò a ridere, portando subito una mano davanti alla bocca com'era sua abitudine fare. Anche Christian si lasciò andare e insieme risero fin quando a entrambi non vennero i crampi alla pancia.

<< Allora, Elsa... >>

Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome aveva fatto correre un brivido lungo la schiena della ragazza.

Che mi succede?

<< Perché hai sempre le mani fredde? Cioè, non proprio fredde, diciamo fresche. >> chiese Christian mentre si poggiava contro il tavolino su cui si trovava il vassoio.

Elsa, che intanto aveva iniziato a mangiare una brioche, per poco non si strozzò.

<< Io... Veramente non lo so, le ho sempre avute così da quando ero piccola. >>

Di certo non posso dirgli il vero motivo.

<< Capisco. Io sono il contrario invece, sai? Ho sempre le mani bollenti, anche quando fuori c'è la neve come in questi giorni. >>

Elsa sentì di arrossire di nuovo.

Sì, ho notato.

Non rispose e si limitò a mangiare in silenzio. Christian inclinò la testa di lato e la osservò.

<< Ho detto qualcosa che ti ha dato fastidio? >> domandò con dolcezza.

<< Sì, no, voglio dire... Io... No, sul serio. Tranquillo! >> si affrettò a rispondere.

Bene, e da quando parlo in questo modo? Anna è così, non io!

<< Mi stavo solo chiedendo... Se hai fratelli o sorelle? >>

Christian le sorrise, sollevato.

<< No, sono figlio unico. Tu? >>

<< Ho una sorella di tre anni più piccola, si chiama An- >>

Lui inarcò le sopracciglia, curioso.

<< An- ? >>

Non dire la verità.

<< Annabelle. >>

Aveva sempre odiato dire bugie, soprattutto perché le ricordavano quanto aveva dovuto mentire in passato proprio a sua sorella. Christian le credette e si voltò per prendere un piattino.

<< Qui c'è un'altra brioche, te la lascio. Torno al bar, non voglio disturbarti più di quanto abbia già fatto. >> le disse mentre sistemava tutto.

Elsa si sentì improvvisamente triste perché le piaceva stare in sua compagnia e l'idea che andasse via le dispiaceva più di quanto si aspettasse. Alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi che chiaramente lasciavano capire la sua voglia di restare. Anche Elsa lo voleva e, per una volta e senza pensarci troppo, si concesse di lasciarsi andare.

<< Sono stata bene con te. >> mormorò, coprendosi immediatamente la bocca con la mano appena realizzò cosa significassero quelle parole.

Christian le sorrise teneramente.

<< Anch'io sono stato bene con te. Magari... >>

La regina aspettò che continuasse, col fiato sospeso.

<< Magari? >>

<< Non so, potremmo vederci una sera e fare una passeggiata per il centro. >>

Elsa capì che era proprio quello che intendeva Jane: Christian le aveva chiesto di uscire con lui. La ragazzina le aveva spiegato che in quel mondo, a differenza di Arendelle, quando un uomo propone a una donna di vedersi significa che c'è dell'interesse. Elsa era ancora convinta di essere pericolosa e la scoperta di quel libro su lei e la sua storia ancora la turbava perché non voleva che le persone, e Christian specialmente, la considerassero un mostro. Ma c'era una parte di lei, minuscola e ignorata per tutto il tempo, che le urlava di accettare; aveva passato poco tempo con quel ragazzo bello e gentile, eppure sentiva di potersi fidare e di potersi concedere un pizzico di libertà. Si era ripromessa di non lasciarsi travolgere dal corso degli eventi che l'avevano portata lì ed era convinta che, alla fine, una serata con un amico non le avrebbe di certo fatto male.

Fu per queste ragioni che sorrise e annuì energicamente, per la gioia di Christian.

<< Una splendida idea. >>

Lui sembrò sollevato, e una volta preso in mano il vassoio si diresse verso la porta, seguito da Elsa che lo aiutò tenendola aperta.

<< Grazie per il caffè, sei stato molto gentile. >> gli disse sorridendo ancora una volta.

Christian non rispose subito e sembrò perso nei suoi pensieri per un attimo, ma quando la ragazza stava per domandargli se stesse bene, lui la sorprese chinandosi in avanti per posare un bacio delicato sulla sua guancia. Elsa arrossì e si schiarì la gola quando l'altro si allontanò; le sorrise, ammiccando anche, e tornò al bar.

La giovane si accorse di aver trattenuto il respiro solo quando sentì i polmoni bruciare per la mancanza d'ossigeno e si passò nuovamente una mano ghiacciata sulla fronte per calmarsi, ma appena le tornava in mente la morbidezza della labbra di Christian sulla sua pelle, il calore alle guance ritornava.

Chissà come sarebbero quelle labbra sopra le mie... Ma che stai dicendo?!

Elsa scosse la testa e tornò al suo lavoro. Mai aveva pensato una cosa del genere.

Non è che tu abbia conosciuto tanti uomini in vita tua, le fece notare la vocina nella sua testa.

La regina fece un respiro profondo e continuò a sistemare sugli scaffali i libri che erano rimasti a terra, senza però riuscire a togliersi di dosso quella sensazione di impazienza e quel sorrisetto che, aveva il presentimento, non sarebbe scomparso tanto facilmente.




Ciao ragazzi!!!

Eccoci qua con l'ottavo capitolo! :) Alloooora, che dire, questo capitolo finora è il mio preferito perché, come abbiamo visto, Elsa sta cominciando a lasciarsi andare e non solo ha ammesso di aver passato un bel pomeriggio con Christian, ma ha anche accettato di uscire con lui! Quanto sono cariiiiiini *-* (perdonatemi se ogni tanto la fangirl che è in me impazzisce ^^). Anyway, come sempre, mi piacerebbe conoscere i vostri pareri sul capitolo :)

Grazie e alla prossima!

Sara

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX


Nubi nere coprivano il cielo e il continuo scrosciare della pioggia rendeva impossibile vedere al di là di un paio di metri. Lampi illuminavano a giorno le case e i tuoni che seguivano facevano tremare le pareti degli edifici, compreso il palazzo reale. Onde altissime smuovevano le acque del mare che circondava le Isole del Sud e non facevano altro che rendere ancora più cupa l'atmosfera del regno. La dimora dei principi si stagliava alta e imponente rispetto alle altre abitazioni e le mura di pietra scura incutevano terrore a chiunque osasse avvicinarvisi, specialmente durante giorni di pioggia come quello.

Victoria osservava dalla finestra della sala da pranzo le torri che si stagliavano contro il cielo nero mentre mangiava pigramente delle fragole, il cui colore era molto simile a quello delle sue labbra; quella grande stanza le era sempre piaciuta, sin da quando era bambina, sia perché era uno dei luoghi in cui lei e i suoi dodici fratelli si riunivano sia perché, quando il re Gustav non era in viaggio, ogni pasto diventava un gioco. A Victoria mancava terribilmente suo padre, anche se non aveva mai versato una lacrima per lui, neanche durante il funerale. Era convinta che mostrarsi debole fosse un modo come un altro per invitare il proprio avversario ad approfittare di lei, e quando anche Hans le era stato portato via si era mostrata forte ma risoluta nel voler vendicare l'ingiustizia da lui subita. Aveva rischiato, aveva trascorso quei due anni ad esercitarsi e alla fine era riuscita a padroneggiare la magia oscura, acquisendo un potere tale da lanciare un sortilegio di quella portata sulla regina di Arendelle.

Elsa.

Era tutta colpa sua. Sapeva che suo fratello aveva sbagliato a comportarsi in quel modo, ne era consapevole, ma conosceva Hans come nessun altro ed era convinta che il ragazzo avesse agito in quella maniera solo e soltanto per ambizione, per dimostrare a lei e agli altri fratelli di poter regnare, di essere qualcosa di più invece del “tredicesimo in linea di successione.” Hans e Victoria ne avevano parlato così tante volte che la ragazza ancora ricordava le sue parole.

<< Loro si sbagliano! Tutti quanti! >>

<< E cosa vorresti fare, Hans? >>

<< Andrò ad Arendelle e sposerò la regina Elsa, o al massimo sua sorella. >>

Victoria aveva scosso la testa, sconsolata di fronte alla testardaggine di suo fratello.

<< Hans, ti prego, anche se riuscissi a sposare la principessa Anna aspetta che Elsa abdichi, non fare sciocchezze. >>

Le labbra del principe si erano piegate in un ghigno e aveva guardato negli occhi sua sorella.

<< Lo sai che la pazienza non è il mio forte, Vic. >>

Victoria sospirò al ricordo della loro ultima conversazione prima che Hans si mettesse in viaggio per il regno di Arendelle. Oh, se solo le avesse dato retta! Ma non importava, la principessa aveva tutto sotto controllo.

Non preoccuparti fratello mio, ti ho vendicato.

Nonostante avessero madri differenti i due ragazzi si somigliavano molto, visto che erano identici al re Gustav. Inoltre avevano due caratteri molto simili grazie ai quali il loro rapporto era sempre stato speciale e di questo gli altri fratelli ne erano invidiosi, quindi spesso si prendevano gioco di loro, anche pubblicamente ma mai di fronte al re. Con lui i tredici principi sembravano delle persone completamente diverse e questo, agli occhi di Victoria, era un buon motivo per amare i pranzi e le cene in compagnia del loro amato genitore. Quando il maggiore dei fratelli, re Elias, aveva fatto imprigionare Hans senza concedere a nessuno la possibilità di vederlo, Victoria era distrutta. Ancora soffriva per la morte del padre e aveva dovuto sopportare anche la perdita del fratello a cui era più legata; aveva bisogno di dare la colpa a qualcuno, di trovare un responsabile per tutto quel dolore e, a suo parere, quel qualcuno era proprio la regina di ghiaccio.

Victoria sorrise compiaciuta al suo riflesso mentre pensava alla ragazza.

Chissà come se la sta cavando.

Con un movimento secco della mano si aprì una sorta di specchio rotondo, circondato da denso fumo viola, che mostrava Elsa che camminava per strada. La principessa inarcò un sopracciglio, stupita dall'apparente spensieratezza della giovane, ma non se ne preoccupò più di tanto.

Prima o poi raggiungerai il limite, è solo questione di tempo.

Si affrettò a far scomparire lo specchio con un altro gesto secco quando sentì la porta aprirsi. Nel palazzo nessuno sapeva del sortilegio o della sua magia. Si voltò e vide il principe Fredrik avvicinarsi: di quattro anni più grande, lui e Victoria avevano la stessa madre ma non avevano nulla in comune oltre al colore dei capelli. Il principe si avvicinò alla sorella tenendo le mani dietro la schiena, fermandosi accanto a lei per seguire il suo sguardo al di fuori della finestra.

<< Cosa ci fai qui? Non è ora di cena. >> cominciò lui, voltandosi nella sua direzione.

<< Avevo fame e volevo stare da sola, quindi se non ti dispiace... >> rispose Victoria senza guardarlo.

Fredrik sbuffò spazientito.

<< Ti sembra questo il modo di rivolgerti a tuo fratello? A forza di stare con quel ragazzino sei diventata irrispettosa come lui. >>

La ragazza si girò di scatto, livida di rabbia.

<< Smettila di dare sempre la colpa ad Hans per ogni cosa! Tu e gli altri credete che sia lui il responsabile di tutto ciò che è brutto o sbagliato, magari è responsabile anche di questo temporale, vero? >>

<< Attenta a come parli, Victoria. >>

La voce bassa e tesa di suo fratello la fece zittire. Nonostante la sua impetuosità, quell'uomo era riuscito sempre a incuterle un certo timore, sin da quando erano piccoli.

<< Non lo difendere sempre. Per colpa sua la vergogna si è abbattuta sul nostro regno. Sapevi che nessuno è più disposto a fare affari con noi dopo quello che è successo un anno fa? Ti sei mai preoccupata delle conseguenze invece di stare dalla parte di quello sciagurato? Se nostro padre vedesse... >> disse con rabbia Fredrik, riportando poi lo sguardo verso la pioggia battente.

Victoria sentiva un nodo in gola ma si impose con tutte le sue forze di non cedere.

<< Una seconda possibilità era tutto ciò che chiedevo per lui. >> sussurrò.

<< Una sec- Una seconda possibilità?! >>

Il principe alzò di colpo la voce, spaventando la sorella.

<< Il regno è in crisi per colpa sua e tu vuoi dargli un'altra occasione?! È già un miracolo che la regina Elsa non abbia congelato le Isole del Sud invece di Arendelle! Ma ora sarai contenta, immagino. >>

Il cuore della ragazza perse un colpo.

<< Contenta di cosa? >>

<< Oh, non hai saputo la notizia? Sua maestà è scomparsa nel nulla, non si hanno notizie di lei da giorni. Pare sia stata vittima di una qualche magia. Se non fossi sicuro che tu non hai poteri, sicuramente saresti la prima di cui sospetterei e ti consegnerei alla principessa Anna per farti giustiziare. >>

Victoria sentì il suo sangue defluire completamente dal volto. Lui, suo fratello, le aveva detto davvero quelle parole con una tale serietà? Se lei avesse confessato tutto, davvero avrebbe lasciato che ad Arendelle facessero di lei ciò che volevano, anche ucciderla?

<< Mi dispiace per lei ma, a quanto pare, non sempre le cose vanno come noi vogliamo. >>

Prima che Fredrik avesse modo di replicare, la principessa si precipitò fuori e corse lungo i corridoi fino a raggiungere la sua camera.

Ho bisogno di Hans, devo parlargli, devo sapere che sta bene! Ma come faccio?

Victoria non sapeva dove si trovasse la prigione ma improvvisamente ricordò una tecnica piuttosto complessa che aveva imparato tempo prima. Aprì l'armadio e prese un lungo mantello col cappuccio, che si gettò sulle spalle prima di posizionarsi al centro della stanza. Chiuse gli occhi e, molto lentamente, riuscì a concentrarsi fino a connettere la sua mente con quella di Hans, tanto da poter vedere con i suoi occhi la cella in cui era rinchiuso, anche solo per un attimo. Ma era più che sufficiente. Victoria sorrise con soddisfazione e subito venne circondata da una nube viola, pronta a raggiungere il suo adorato fratello.





Salve gente!

Ho deciso di dedicare questo capitolo a Victoria perché era da un po' che non avevamo sue notizie. Mi sono soffermata sul suo rapporto con i fratelli, introducendo il personaggio del principe Fredrik, facendo anche qualche digressione sulla sua infanzia. Alla fine, utilizzando una tecnica simile a quella di Gran Papà, Victoria è riuscita a scoprire dove si trova Hans. Come andrà l'incontro tra i due fratelli dopo un anno di lontananza? Se vorrete, lo vedremo nei prossimi capitoli :)

Come sempre, mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni, lo sapete bene ;)

A presto!

Sara

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X


<< Insomma com'è andata l'altro giorno in libreria? >>

<< Le hai chiesto di uscire? >>

<< Vi siete già baciati? >>

Christian sentiva la testa girare, tempestato com'era dalla miriade di domande sfacciate di Elizabeth e Georgina. Lanciò alle ragazze un'occhiata disperata prima di iniziare ad asciugare i bicchieri che aveva appena lavato.

<< Non vi pago per farmi l'interrogatorio! >> esclamò, fingendosi arrabbiato ma fallendo miseramente.

<< Oh ma dai! Sappiamo che ci vuoi bene. >> replicò Elizabeth mentre gli dava un pugno scherzoso sul braccio.

<< Sai che a noi puoi dire tutto, quindi parla! >> disse a sua volta Georgina, inarcando un sopracciglio.

Il loro capo, consapevole del fatto che non avrebbe avuto scampo, sospirò e un sorriso gli prego le labbra appena ripercorse con la mente il pomeriggio trascorso in libreria.

<< Non ci siamo baciati e vorrei chiederle di uscire, farle vedere un po' la città. Però non voglio affrettare le cose. >>

Georgina gli toccò la spalla per attirare la sua attenzione.

<< Che vuoi dire? >>

Christian lasciò vagare lo sguardo per il locale mentre pensava alle parole giuste.

<< Per qualche motivo Elsa è, non so, speciale e non voglio rovinare tutto. Non è come tutte le altre. >>

<< Oh mio Dio. >> disse Elizabeth, sorpresa. << Chris, ti stai innamorando di lei? >>

<< Innamorando? No! Voglio dire... Penso che potrei. >> rispose il ragazzo, abbassando lo sguardo.

Georgina rise e si avvicinò a Elizabeth, allontanandola dal retro del bancone.

<< Parli del diavolo... >>

Christian inizialmente non capì, ma quando seguì lo sguardo delle sue amiche il cuore cominciò a battere più velocemente perché, lì nel bar, era appena entrata la ragazza di cui aveva appena confessato di potersi innamorare.

Elsa si stava avvicinando e i suoi penetranti occhi blu ghiaccio erano incatenati ai suoi e lo osservavano con incertezza e al tempo stesso divertimento. Mentre la ragazza veniva verso di lui, Christian si ritrovò a pensare che mai si era sentito così emozionato, felice, impaziente e nervoso in presenza di una donna, nonostante si fossero frequentati pochissimo; proprio per quel motivo voleva procedere per gradi, desiderava conoscere quella giovane misteriosa, indipendentemente dalla piega che avrebbe eventualmente preso il loro rapporto. In cuor suo sperava di non metterla mai in imbarazzo o di comportarsi male, anche involontariamente.

Magari respirare e non sembrare un idiota totale sarebbe un buon inizio.

<< Ciao Christian. >>

Venne riportato alla realtà dalla dolcezza della sua voce, che aveva accarezzato il suo nome come un guanto di velluto. Lo stava osservando con un sorrisetto divertito e la testa inclinata di lato, in attesa di una risposta. Lui non era una persona timida ma con Elsa si sentiva strano, come se effettivamente si trovasse in presenza di una ragazza che era qualcosa di più di quel che dava a vedere. Dato che il silenzio stava diventando imbarazzante, Christian sfoderò il suo onnipresente sorriso e chinò leggermente la testa in avanti, come per accennare un piccolissimo inchino.

<< Buongiorno. È da un po' che non ci si vede. >>

Elsa rise coprendo istintivamente la bocca con una mano.

<< Non ci vediamo solo da due giorni, non è così tanto in fondo. >>

Christian posò le mani sul bancone e vi si appoggiò, assumendo una posa rilassata. Guardò la ragazza negli occhi e parlò con una sincerità che, per un attimo, sorprese anche lui.

<< Vero, ma sono stati due giorni dannatamente lunghi. >>

Elsa, chiaramente, non si aspettava quelle parole e abbassò lo sguardo mordendosi il labbro, ma poi alzò nuovamente la testa e gli sorrise timidamente mentre anche lei, con i gomiti però, si poggiava al bancone. Era la prima volta in cui non la vedeva con la schiena perfettamente dritta.

<< Per fortuna ora sono qui. >> disse la ragazza, continuando a sorridere. << Potrei avere un caffè, per favore? >>

Christian annuì e si mise subito all'opera; mentre aspettava che la tazzina si riempisse la sua attenzione venne momentaneamente catturata da Georgina ed Elizabeth, che gli facevano cenni di approvazione e lo incoraggiavano ad approfondire la conversazione. Lui rise e scosse la testa mentre si voltava verso Elsa per porgerle il caffè, nel quale versò un goccio di latte.

<< Come mai ridevi? >> chiese la giovane, aggiungendo lo zucchero.

<< Nulla, è solo che... >> si interruppe e decise di mettere in imbarazzo le sue amiche. Si chinò ancora di più in avanti, tanto che venne investito dal dolcissimo profumo di menta che caratterizzava Elsa. Inspirò profondamente, approfittandone, ma si affrettò a parlare quando vide le sue guance diventare rosse. << Vedi le due cameriere? Ecco, mi stavano incoraggiando a chiederti di uscire. >>

Elsa si voltò verso di lui e inarcò un sopracciglio, fingendosi seria, ma era evidente che stava trattenendo un sorriso. Eppure sembrava anche nervosa.

<< E se fossi io a chiederti di uscire? >>

Christian era talmente immerso nel colore dei suoi occhi e incredibilmente consapevole di trovarsi molto vicino a lei che ci mise un attimo di troppo a rendersi conto di cosa aveva appena udito.

Non ci credo!

<< Tu lo stai chiedendo a me? >> domandò sconcertato.

<< S-sì... Sono nuova qui e non ho visto granché, quindi pensavo che potresti farmi da guida. Sempre che a te vada bene, ovviamente. Cioè non vorrei- >>

Christian interruppe il suo fiume di parole poggiando una mano sulla sua bocca, accorgendosi che anche il suo respiro era freddo, proprio come la sua pelle. Quel gesto istintivo era molto intimo, se ne rese conto subito, ma rimase piacevolmente sorpreso nel constatare che Elsa non lo aveva allontanato. Anzi, era immobile come una statua e nei suoi occhi si poteva leggere lo stupore. Inoltre, Christian era divertito dalla sua paura di un rifiuto.

Come se potessi dirle di no.

<< Sarei felicissimo di accompagnarti, non temere. >> le sussurrò, abbassando la mano.

Elsa sembrò visibilmente sollevata e gli sorrise, iniziando poi a bere il suo caffè. Le sue guance erano più rosee del solito.

<< Domani è domenica e non apro il bar nel pomeriggio. Ti passo a prendere alle tre? >>

La giovane annuì.

<< Va bene, dove mi porti? >> domandò Elsa, posando la tazzina vuota sul piattino.

Christian assunse un'espressione enigmatica e la guardò negli occhi.

<< Ti piacerà, fidati, è un posto speciale. Però indossa vestiti comodi. >>

Si fissarono per qualche secondo, senza dire una parola, l'uno perso negli occhi dell'altra. Elsa si schiarì la gola e scese dallo sgabello.

<< Devo tornare a lavoro adesso, grazie per il caffè. Ehm... Quanto ti devo? >>

Christian rise e scosse la testa.

<< Non mi devi nulla! Questo e altro per voi, vostra maestà. >>

La sua reazione lo lasciò senza parole: la ragazza aveva alzato di colpo lo sguardo dal portafogli che aveva in mano e lo guardava con occhi sconcertati. Ma c'era qualcos'altro. In parte sembrava che a Elsa avesse dato fastidio quell'appellativo e in parte sembrava che fosse quasi abituata a essere chiamata in quel modo.

Forse perché effettivamente si comporta come una regina e quindi è una specie di soprannome?

Annuì frettolosamente, rossa in viso, e si affrettò verso l'uscita.

<< Ok, allora ci vediamo domani! >>

<< Ciao... >> disse il ragazzo quando ormai la porta del bar era chiusa.

Subito Elizabeth e Georgina si avvicinarono, fissando anche loro l'ingresso.

<< Che le hai detto per farla scappare così? >> gli chiese Elizabeth.

Christian sbatté le palpebre, tornando alla realtà.

<< Non ne ho idea. >>




**




Jane era seduta sul letto del piccolo appartamento sopra la libreria e aspettava che Elsa uscisse dal bagno; era lì dentro da quasi mezz'ora, cioè più o meno da quando la ragazzina era andata a trovarla prima che uscisse con Christian. Dire che sembrava terrorizzata dall'imminente appuntamento sarebbe stato un eufemismo.

<< Andrà tutto bene, Elsa, fidati! >> ripeté Jane per l'ennesima volta.

La voce dell'altra arrivò attutita dietro la porta del bagno.

<< E se dovessi agitarmi all'improvviso? Se perdessi il controllo e- >>

<< -qualcuno si facesse male? >> finì Jane per lei.

Proprio in quel momento Elsa aprì la porta e rimase sulla soglia, guardandola con un sopracciglio inarcato.

La più piccola alzò le mani come per difendersi.

<< Hey, l'hai ripetuto così tante volte che ormai ho imparato le parole a memoria! >> si giustificò.

La regina sospirò e camminò verso il letto, sedendosi accanto a lei. Aveva indossato dei semplici jeans neri, un paio di stivali dello stesso colore e una camicia bianca; Jane, mentre sceglieva i vestiti, le aveva fatto notare che effettivamente erano troppo leggeri vista la neve e la temperatura all'esterno.

Il freddo non mi ha mai dato fastidio, le aveva risposto Elsa ammiccando.

Restarono in silenzio per qualche secondo e Jane riusciva a sentire il nervosismo della sua amica crescere con l'avvicinarsi dell'ora stabilita.

<< Non sei mai uscita con un ragazzo, vero? >> domandò la ragazzina, sperando di riuscire in qualche modo a calmarla.

Elsa la guardò e scosse la testa, sorridendo appena.

<< Ad Arendelle non si esce con qualcuno, a meno che non lo si voglia sposare. Ma non è questo il problema. >> rispose, abbassando poi lo sguardo sulle mani che teneva strette a pugno contro le ginocchia.

Jane azzardò sfiorarle leggermente il braccio.

<< E qual è? >>

<< Io non... >> cominciò la più grande ma si bloccò e chiuse gli occhi; fece un respiro profondo e poi li riaprì, fissando la parete di fronte a sé.

<< Mi sento in colpa. >> sussurrò.

Jane stava per chiederle il motivo ma venne interrotta da Elsa.

<< Dovrei fare qualcosa per tornare a casa, cercare una soluzione e invece cosa faccio? Una passeggiata con un uomo che conosco appena! Anna starà facendo di tutto per aiutarmi ed è così che la ripago? E poi sono pericolosa Jane, lo sai anche tu. Lo ero ad Arendelle, figuriamoci qui. Sarei solo un mostro. >>

Aveva parlato con durezza ma su quell'ultima parola, mostro, la sua voce si era ridotta a un bisbiglio appena percettibile, come se volesse rivolgersi più a se stessa che alla persona accanto a lei. Jane provò una profonda tristezza per la considerazione che Elsa aveva di sé, sicuramente dovuta a tutti gli anni trascorsi in solitudine, con un potere più grande di lei. L'unica persona che le aveva dato la forza di combattere era stata proprio sua sorella Anna e la distanza che le separava non faceva che affliggere la giovane regina, nonostante cercasse in tutti i modi di reagire e non darlo a vedere.

Elsa aveva paura.

<< Senti, tutto questo è nuovo per te e ti senti in colpa perché te ne stai qui con le mani in mano. Ma guarda in faccia la realtà. Cosa puoi fare, eh? Qui non c'è la magia, i tuoi poteri funzionano solo perché fanno parte di te, perché ci sei nata. Effettivamente non c'è nulla che tu possa fare, devi solo affidarti ad Anna, e mentre sei qui puoi cercare di distrarti, magari facendo una bella passeggiata con un ragazzo a cui piaci molto. >> disse Jane, facendo l'occhiolino alla fine.

Elsa la guardò dubbiosa.

<< Io gli piaccio? Dici? >>

La più giovane scoppiò a ridere, stupita che ancora non lo avesse capito.

<< Anche un cieco se ne accorgerebbe! Quando entri nel bar i suoi occhi si illuminano e quando vai via diventa triste! >>

<< Comunque sia, non posso permettermi questo genere di cose. Almeno credo... >> replicò la regina, che scattò in piedi appena sentì bussare alla porta della libreria.

<< Oddio, è qui. >>

Il nervosismo nella sua voce era palpabile e Jane si affrettò a indossare cappotto e guanti, aspettando che Elsa facesse lo stesso con le mani che tremavano leggermente. Sentì che la temperatura nella stanza era diminuita di un paio di gradi.

<< Hey. >> disse Jane per richiamare l'attenzione della ragazza.

Lei si girò mentre sistemava le pieghe del cappotto nero che aveva appena indossato.

<< Sì, dimmi. >>

Si avvicinò e prese le mani fredde della giovane tra le sue, che invece erano coperte dai guanti.

<< Prometti di passare un bel pomeriggio con Christian e di non pensare a niente se non a divertirti? >> chiese la ragazzina.

Elsa le sorrise e annuì.

<< Te lo prometto. Grazie. >>

Jane ricambiò il sorriso e la trascinò fuori dall'appartamento. Insieme attraversarono la libreria e uscirono in strada, dove Christian stava aspettando. Jane studiò il ragazzo e notò che era davvero bello, più del solito: indossava un paio di jeans, scarponi pesanti, un maglione nero a collo alto e un giubbotto corto dello stesso colore. Come aveva detto a Elsa, i suoi occhi brillarono appena si posarono sulla ragazza e Jane le lanciò un'occhiata, contenta di vedere che anche lei era molto felice di vederlo.

<< Allora buona giornata ragazzi! Ciao! >> esclamò la ragazzina e si incamminò subito verso casa, senza dare loro il tempo di rispondere e senza riuscire a contenere un sorriso.

Anche tu meriti di essere felice Elsa.






Buonasera fanciulli!!

Chiedo scusa per il ritardo con cui pubblico questo nuovo capitolo ma in questi giorni ho iniziato a vedere una nuova serie tv (oltre alle tre che seguo già) e sono stata un po' presa XD Capitemi ^^ Allora, lentamente le cose tra Elsa e Christian si stanno evolvendo, nonostante tutte le incertezze della nostra Ice Queen :) Meno male che c'è Jane che la fa ragionare!!!

Fatemi sapere cosa ne pensate ragazzi, lo sapete che ci tengo tanto :)

Sara


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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


A/N

Volevo puntualizzare una cosa su cui non mi sono soffermata finora: tra il nostro mondo e Arendelle il tempo non scorre allo stesso modo. Non parliamo di anni ma solo di giorni. Tenetelo a mente anche per i prossimi capitoli :) Enjoy!



Capitolo XI


Il sole era tramontato già da un pezzo e l'enorme distesa d'acqua sembra un tutt'uno con il cielo privo di nuvole. C'era un silenzio quasi irreale, interrotto solo dallo sciabordare lieve delle onde contro i fianchi della nave. Il veliero aveva lasciato il porto di Arendelle da ormai dieci giorni e, aiutato dalla magia, si avvicinava sempre di più a destinazione.

Anna era in piedi sul ponte, a prua, e fissava l'orizzonte che si estendeva davanti a lei, come se in quel modo potesse accelerare i tempi e raggiungere le Isole del Sud che, lo sapeva bene, erano ancora lontane. Il vento le scompigliava i lunghi capelli rossi, mandando delle ciocche a coprirle gli occhi ma a lei non importava, si limitò a stringere ancora di più il mantello intorno a sé. Da qualche giorno ormai toccava a mala pena cibo e dormiva lo stretto necessario, se non di meno o affatto; il colloquio con Gran Papà le aveva dato speranza e, per la prima volta, le aveva offerto una soluzione concreta. Ma quella sensazione era durata ben poco. Col passare del tempo Anna aveva cominciato a ragionare con lucidità e piano piano si rese conto delle implicazioni di tutta quella faccenda: avrebbe dovuto uccidere Victoria. La principessa era disposta a tutto per riavere sua sorella ma... Togliere la vita a una persona? Ne sarebbe stata capace? Il solo pensare che forse non ne sarebbe stata in grado la faceva arrabbiare, e sapere che effettivamente quel timore avrebbe potuto rivelarsi fondato le spezzava il cuore. In parte tutto ciò, in un certo senso, le sembrava che mettesse in dubbio la profondità del suo amore per Elsa ed era quello il motivo per cui ultimamente riusciva appena a chiudere occhio la notte: non sapere se avrebbe avuto il coraggio di uccidere Victoria significava forse che sua sorella non era così importante per lei? Perché Elsa non sarebbe più tornata ad Arendelle senza la morte di quella donna. Anna emise un verso carico di frustrazione e rabbia mentre poggiava le mani sulla balaustra in legno. Non si era accorta che stessero tremando violentemente.

Che cosa devo fare?

Quella domanda era diventata un vero e proprio tormento, e quando credeva di aver finalmente trovato la risposta, tutto era precipitato di nuovo. Era talmente presa da quello che le passava per la testa che non si era accorta del marito che era uscito dalla loro cabina e saltò vistosamente quando lui le sfiorò la spalla. Si girò di scatto ma si rilassò subito appena lo riconobbe e gli lanciò uno sguardo mortificato; Kristoff scosse la testa e l'abbracciò da dietro, e Anna si abbandonò contro il suo petto.

<< Fa freddo qui fuori. >> disse, stringendola a sé.

Anna fece una risatina priva di qualunque traccia di ilarità.

<< Questo non è niente. Sono stata congelata, ricordi? >>

Sentì Kristoff annuire e poggiare il mento sulla sua spalla.

<< Già. >>

Proprio quel gesto, nella sua estrema semplicità, le ricordò una cosa.


<< Elsa, quegli ambasciatori resteranno altri due giorni e io ho bisogno di te adesso! >> aveva esclamato Anna, lamentandosi.

Elsa, in piedi dietro alla sua scrivania nello studio, aveva distolto lo sguardo dai fogli che aveva in mano e guardò la sorella fingendosi arrabbiata, quando invece era evidente che si stava trattenendo dal sorridere.

<< Cosa ci sarà mai di tanto urgente da farmi cancellare un incontro con tre anziani e noiosissimi ambasciatori? >> chiese con finto tono drammatico.

La principessa si avvicinò e le prese la mano, trascinandola fuori dalla stanza fino alla sua camera da letto. Per tutto il tempo le ragazze non avevano fatto altro che ridere.

<< Vuoi smettere di fare la misteriosa? >> domandò Elsa, guardando la sorella.

Anna le fece cenno di aspettare e raggiunse l'armadio, dal quale tirò fuori un bellissimo vestito di seta bianca. Il suo abito da sposa, stupendo nella sua semplicità. La ragazza lo adagiò sul letto e si girò verso la regina.

<< Anna, è meraviglioso. >>

La più piccola sorrise.

<< Lo è, vero? Però non so, è come se mancasse qualcosa e pensavo che magari tu potessi dare un tocco di... magia. >>

Elsa inarcò un sopracciglio e si avvicinò a lei, studiando l'abito; allungò le mani di fronte a sé e con dei lievi movimenti delle dita fece in modo di ricoprire i bordi con dei piccoli cristalli di ghiaccio. Anna ne rimase affascinata e osservò il vestito a bocca aperta. Elsa si spostò dietro di lei e l'abbracciò, senza mai smettere di sorridere.

<< Ti piace? >>

<< Adesso è davvero perfetto. Grazie. >> sussurrò Anna.

La regina poggiò il mento sulla sua spalla e sospirò, felice.

<< Non c'è di che sorellina. >>


Dopo anni e anni di separazione, ogni piccolo gesto e ogni momento, anche se apparentemente insignificante, aveva un valore inestimabile per lei. Subito gli occhi di Anna si riempirono di lacrime, e nonostante i vari tentativi, non riuscì a trattenerle e le lasciò scorrere sulle guance, subito seguite da un singhiozzo disperato. Kristoff, preoccupato, si mise di fronte a lei e la strinse ancora di più contro il suo petto. La ragazza pianse, come se effettivamente servisse a qualcosa ma sapeva che era tutto inutile.

<< Ho p-paura Kristoff, n-non so che f-fare. >>

<< Cerca di non piangere, ti prego. Adesso sappiamo cosa fare, no? Presto tutta questa faccenda sarà finita e riporteremo Elsa qui da noi. >>

Anna continuò a singhiozzare ancora per qualche minuto fino a quando non rialzò la testa e guardò il marito con i suoi occhi verdi pieni di lacrime, che si affrettò ad asciugare. Un sorriso triste e stanco si fece strada sul suo volto.

<< È assurdo. Io sono qui a lamentarmi quando invece è lei quella che si trova da sola in un luogo lontano e magari anche spaventoso. Vorrei solo non dover uccidere Victoria. >>

Il ragazzo corrugò le sopracciglia.

<< Credevo che fossi disposta a farlo per Elsa. >>

<< Lo so! Ma, sul serio, pensi davvero che riuscirei a ucciderla senza battere ciglio? >> chiese con una certa irritazione.

Kristoff le accarezzò una guancia e posò un lieve bacio sulla sua fronte.

<< Non ho detto questo. Senti, quando arriveremo alle Isole del Sud cercheremo di parlare con lei prima di fare qualcosa di drastico, d'accordo? Potremmo chiedere anche ai suoi fratelli di sostenerci. Magari tutti insieme riusciremo a farle cambiare idea. >>

Anna abbassò lo sguardo.

<< Come se fosse possibile... >>

<< Faremo tutto il necessario. Avrai tua sorella, te lo prometto. >>

La principessa annuì e lo abbracciò di nuovo, non prima di avergli dato un bacio sulle labbra.

<< Ti amo. >>

Kristoff poggiò una guancia sui capelli della moglie.

<< Ti amo anch'io. >>





Holaaaa!!!

Questo è un capitolo sostanzialmente privo di azione, molto più concentrato sui pensieri della nostra Anna che, in effetti, non vedevamo da un po'. Vi è piaciuto il flashback? L'idea di inserirlo mi è venuta così di punto in bianco. Mi farebbe davvero moooooolto piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo :)

Love y'all,

Sara

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII


Elsa guardava con curiosità il paesaggio che la circondava mentre viaggiava in auto. Non si era mai allontanata molto dalla zona in cui viveva e quindi tutto ciò che vedeva le sembrava incredibile: persone che viaggiavano su delle strane biciclette senza pedali, ragazzi che si mettevano in posa aspettando che qualcun altro scattasse una foto (Jane le aveva dato qualche dritta), auto che sfrecciavano accanto a quella in cui si trovava lei. Si voltò alla sua sinistra e osservò Christian: guidava tenendo lo sguardo fisso sulla strada ma evidentemente si era accorto degli occhi di Elsa, perché si girò verso di lei e sorrise, ammiccando. La ragazza fece a sua volta un sorrisetto imbarazzato e tornò a guardare il panorama dal finestrino, ricordando il momento prima di partire.

Appena Jane li ebbe lasciati soli, i due ragazzi si guardarono e si salutarono timidamente, come dei bambini. Elsa non aveva idea di come comportarsi e Christian voleva impegnarsi a essere un perfetto gentiluomo.

<< Ciao. >> disse lei, infilando le mani nelle tasche del cappotto.

<< Ciao. >> rispose il giovane, sorridendo e avvicinandosi poi a un veicolo che Jane aveva chiamato “macchina”.

Christian aprì lo sportello sul lato destro e con un braccio l'invitò a entrare, senza mai smettere di sorriderle, ma Elsa rimase immobile nella sua incertezza.

<< Hey, tutto bene? >> le chiese Christian, avvicinandosi a lei e sfiorandole il braccio con una mano.

Di certo non poteva dirgli che non aveva mai viaggiato in macchina, così si abbandonò a una risatina imbarazzata e scosse la testa come se nulla fosse.

<< Certo! Sono solo curiosa di vedere dove mi porterai! >> rispose con forse troppo entusiasmo, ma Christian fece finta di niente e le indicò con un cenno l'auto.

<< Vedrai, non essere impaziente. >>

Elsa si accomodò al posto del passeggero e chiuse lo sportello, subito imitata da Christian. Seguendo i suoi movimenti, la ragazza agganciò quella che doveva essere una cintura di sicurezza e aspettò che la macchina partisse. Ostentava tranquillità ma dentro moriva di curiosità mista a un pizzico di paura; saltò impercettibilmente quando il motore venne avviato e fece un respiro profondo per ricomporsi. Sapeva di risultare ridicola, e il solo pensiero che Christian potesse ritenerla tale non faceva altro che aumentare la sua ansia. Tuttavia Elsa inspirò a fondo e guardò la città attraverso il finestrino alla sua destra, convinta che nonostante quel piccolo momento d'imbarazzo, la giornata con Christian sarebbe stata fantastica.

<< Ti va un po' di musica? >> domandò Christian, riportando la regina al presente.

<< Uhm... Sì, perché no? >>

Il ragazzo annuì e cominciò a premere dei pulsanti; dopo qualche secondo, il suono di un pianoforte si diffuse nel piccolo abitacolo, seguito da una voce maschile.

Cause all of me loves all of you

All your curves and your edges

All your perfect imperfections

Elsa chiuse gli occhi, abbandonandosi a quella stupenda melodia e al significato profondo di quelle parole.

<< È bellissima. >> mormorò, dopo aver aperto di nuovo gli occhi.

Christian continuò a fissare la strada, mordendosi il labbro sovrappensiero e si voltò nella sua direzione, guardandola con un'intensità che per un attimo le bloccò il respiro in gola.

<< È vero... Ma c'è di meglio qui al momento. >>

Prima che Elsa potesse registrare il significato di quella frase appena sussurrata, Christian posò la sua mano destra su quella della ragazza, rendendo chiaro il messaggio. Il contrasto tra la sua pelle calda contro la propria, che era invece sempre fredda, provocò una strana sensazione nella giovane regina, una vera e propria morsa allo stomaco che però, stranamente, era piacevole. Tuttavia scostò la mano di scatto, in un modo che sorprese e fece corrugare le sopracciglia a Christian, che le parve mortificato.

<< Ho fatto qualcosa di male? Scusa, non volevo darti fastidio. >>

Elsa si era resa conto di non aver agito correttamente nel momento stesso in cui aveva ritirato la mano dalla sua stretta delicata, così decise di rimediare e pensò che si sarebbe comportata meglio con lui. Sapeva di piacergli, Jane glielo aveva fatto notare, ma si era resa conto anche da sola che il suo interesse era palese e poi chi voleva prendere in giro? Anche lei provava qualcosa per quel ragazzo bello e gentile, un cavaliere dalla scintillante armatura che viveva in un mondo dove, chiaramente, la cortesia era una merce piuttosto rara.

<< Non ha fatto nulla di sbagliato, anzi... >> si interruppe per un attimo e poggiò la mano su quella che Christian teneva sul cambio. << Non me lo aspettavo ma di certo non mi ha dato fastidio. >>

Il ragazzo guardò brevemente le loro mani e portò poi lo sguardo su Elsa, sorridendole con sollievo.

<< Ok allora. >> e passò con gentilezza il pollice sul dorso, ignaro di quanto quel tocco così semplice stesse facendo battere furiosamente il cuore di Elsa, che ricambiò il suo sorriso senza la minima esitazione.

Rimasero in silenzio per il resto del viaggio, che tuttavia durò molto poco. Christian parcheggiò la macchina nel grande spiazzo, dove se ne trovavano molte altre, di fronte a un grande edificio che sembrava fatto di...

<< Ghiaccio?! >> praticamente urlò Elsa, sconvolta.

Christian ridacchiò di fronte alla sua espressione e le diede una spinta giocosa con la spalla, ma la ragazza non riusciva a emergere dal suo stato di totale stupore.

Come può esistere un palazzo di ghiaccio qui?! Qualcun altro... No, non è possibile... Qualcun altro ha i miei stessi poteri?!

<< Chi l'ha costruito? >> chiese con un filo di voce. Le sue mani erano strette a pugno lungo i fianchi e sentiva che i palmi stavano diventando decisamente freddi. Sapeva cosa significasse.

<< Sinceramente non l'ho mai capito ma so che ci sono dei macchinari che impediscono al ghiaccio di sciogliersi. L'hanno costruito in pochissimo tempo, i soldi li ha messi un privato che voleva regalare un castello di ghiaccio alla figlia come quello del film dove la regina congela tutto. >>

Fiocchi di neve cominciarono a cadere e il freddo divenne ancora più pungente. Elsa inspirò lentamente a fondo più e più volte, cercando di non dare nell'occhio ma sapeva che tutto ciò era necessario; da quando aveva scoperto per caso quel libro in cui era raccontata la storia sua e di Anna, era consapevole che in quel mondo la conoscessero meglio di quanto pensasse ma di certo nessuno poteva lontanamente immaginare che la regina Elsa fosse reale, e soprattutto che si trovasse di fronte a un'enorme scultura di ghiaccio che un uomo aveva fatto costruire per la figlia con l'intenzione di imitare proprio il suo castello. Il pensiero, in un'altra situazione, l'avrebbe fatta ridere ma in quel momento era troppo occupata a non congelare Christian, che le si parò davanti e poggiò le mani sulle sue spalle, piegandosi leggermente sulle gambe per guardarla meglio negli occhi.

<< Hey. Stai bene? >>

Elsa annuì energicamente, sperando di risultare credibile, e fece un altro respiro profondo. Gli sorrise perché in fondo era vero, stava bene, e non avrebbe permesso che un finto castello di ghiaccio le rovinasse l'umore. Per quel motivo non si sottrasse quando le mani di Christian scesero lungo le sue braccia per fermarsi alle mani che, con gentilezza, aprì per stringerle tra le sue. In silenzio si avvicinarono all'entrata e Christian pagò i biglietti, ma mentre si avviavano alla porta che li separava dalla zona fredda si bloccò a metà strada e indicò il suo cappotto.

<< Avrai freddo con solo quello addosso. Tieni. >> e tirò giù la zip del suo giubbotto imbottito.

<< No, no, non mi serve. Sto bene e poi saresti tu a morire di freddo! >> si affrettò a dire Elsa.

Lui sorrise e fece per sfilarsi l'indumento.

<< L'importante è che tu stia bene, e poi ho due maglioni sotto. >>

La ragazza lo fermò poggiando le mani sul suo petto e subito un brivido le percorse la schiena, ma di certo non era per il freddo. Christian la guardò, stupito come lo era lei da tanta confidenza, eppure a nessuno dei due dispiaceva.

<< Insisto. >>

In quella singola parola Elsa racchiuse tutta la sicurezza che riuscì a mettere insieme ed evidentemente fu sufficiente perché Christian, dopo averla guardata negli occhi per qualche altro secondo, annuì e si sistemò di nuovo il giubbotto sulle spalle ed Elsa tolse le mani dal suo petto forte, sentendo subito la mancanza del calore che avvertiva nonostante gli strati di lana che la separavano dalla sua pelle. Si sentì arrossire al pensiero di quanto doveva essere forte e scattante il suo fisico. La sua mente non si era mai avventurata in certe riflessioni.

Finalmente entrarono all'interno del castello vero e proprio: le pareti, il pavimento e il soffitto erano fatti di ghiaccio che aveva delle brillanti sfumature di azzurro e rosa che rendevano inutile qualsiasi altra forma di illuminazione. C'erano dei piccoli divanetti, anch'essi ghiacciati, e un piano bar ricoperto di brina dietro al quale una ragazza serviva da bere agli altri ospiti. Elsa si guardava intorno, sorpresa di come fossero riusciti a costruire una cosa del genere; non sentiva freddo, visto che la più rigida delle temperature non le dava fastidio, e con la coda dell'occhio notò che però Christian aveva la punta del naso leggermente arrossata, anche se non tremava, e stava osservando il castello con curiosità. Fece scivolare una mano nella sua e subito due profondi occhi color nocciola incontrarono i suoi.

<< Prendiamo qualcosa da bere? >> gli chiese mentre già lo trascinava verso il bancone.

<< Cosa vuoi? >>

<< Quello che prendi tu. >>

Christian fece un cenno con la mano per chiamare la barista che si avvicinò subito, sorridendogli.

<< Cosa ti porto? >> gli chiese, provocante, chinandosi un po' in avanti.

Lui non sembrò farci caso e ordinò due pepsi. La ragazza annuì e si voltò per prendere dei bicchieri fatti di ghiaccio e versarci del liquido scuro, senza smettere di lanciare sguardi piuttosto eloquenti a Christian, che tuttavia la ignorò per tutto il tempo. Ma Elsa, nonostante la totale indifferenza del ragazzo, era piuttosto infastidita dal comportamento dalla barista che, secondo il cartellino attaccato alla giacca termica, si chiamava Sharon.

<< Ecco a te. >> disse, facendo ovviamente finta che lei non esistesse, poggiando le bevande sul bancone.

Entrambi sorseggiarono la pepsi e dopo un po' Christian si alzò in piedi, rivolgendosi a Sharon.

<< Dove sono i bagni? >>

<< In fondo a quel corridoio, a destra. Posso accompagnarti se vuoi. >>

Non ci posso credere, pensò Elsa. Cominciò a battere le dita sulla superficie del bancone, andando a inspessire impercettibilmente il ghiaccio che lo ricopriva.

Christian scoppiò a ridere appena ebbe udito la proposta sfacciata della barista e scosse la testa.

<< No, grazie. >> disse poi si girò verso la ragazza alla sua sinistra e si chinò verso di lei, che subito trattenne quando le sue labbra le sfiorarono l'orecchio.

<< Torno subito. >>

<< O-ok. >> balbettò lei, guardandolo mentre si allontanava.

Riportò l'attenzione alla bevanda che non aveva mai bevuto fino a quel momento.

Il caffè, la macchina e ora questo. Quante cose nuove sto conoscendo grazie a lui. E vogliamo parlare del sorriso sciocco quando lo vedo o mi rivolge la parola? Non mi sono mai sentita così.

Sorrise a quei pensieri ma subito tornò seria quando si accorse che Sharon stava fissando il punto in cui Christian si era diretto. Sentiva di avercela con lei nonostante non la conoscesse, e il modo in cui si comportava in presenza del ragazzo la infastidiva. E molto anche.

Lascialo stare.

<< Certo che il tuo ragazzo è proprio bello. >> disse di punto in bianco, mandando su tutte le furie la regina. Ovviamente aveva dato per scontato che i due stessero insieme e sapeva che aveva ragione riguardo alla sua bellezza ma il fatto che manifestasse apertamente il suo interesse per lui, con aria civettuola e malizia che sprizzava da tutti i pori, la fece innervosire. Doveva fare qualcosa, senza però perdere la sua dignità e cadere nel ridicolo.

Inarcò un sopracciglio, come faceva sempre, e sorrise alla ragazza, fingendo complicità, ma quando parlò il suo tono era talmente gelido che il posto dove si trovavano a confronto era caldo come un forno.

<< Sì, il mio ragazzo è davvero perfetto. >>

Sharon abbassò lo sguardo e fece in modo di non rialzarlo più, specialmente quando Christian tornò dal bagno e terminò la sua pepsi.

I due ragazzi ripresero a camminare per i corridoi e scesero una rampa di scale che, per la gioia di Elsa, portava a una pista di pattinaggio. Sentì le sue labbra piegarsi in un grande sorriso e si girò verso Christian, lanciandogli uno sguardo speranzoso. Lui scosse la testa e sorrise imbarazzato.

<< Non sono capace, mi dispiace. Vai tu, ti guarderò da qui. >>

<< Neanche per sogno! Dai vieni, ti insegno come si fa. >>

Lui ci pensò su un attimo e infilò le mani in tasca.

<< Ci ho provato tante volte ma non sono mai riuscito a fare più di due metri in piedi. >>

<< Mia sorella sa pattinare perché gliel'ho insegnato io. E se ci è riuscita lei di sicuro puoi farcela anche tu! >> disse la regina, afferrandolo per un braccio senza dargli tempo di rispondere.

Affittarono due paia di pattini e si diressero poi verso la pista, Elsa camminando con sicurezza, chiaramente felice, e Christian con passo incerto ma allo stesso tempo divertito. Appena le lame dei pattini toccarono il ghiaccio, il ragazzo dovette tenersi alle barriere per non scivolare e subito le sue guance si colorarono di rosso per la vergogna; Elsa rise ma si affrettò a coprire la bocca con una mano mentre lo raggiungeva, prendendogli le mani.

<< Piega un po' le gambe e chinati leggermente in avanti. Scivola lentamente, un piede alla volta. >> spiegò con calma e Christian apprese subito, riuscendo a percorrere qualche metro in avanti mentre lei procedeva all'indietro senza mai lasciargli le mani. Però teneva ancora lo sguardo fisso sui piedi.

<< Non guardare a terra. >>

<< Non è facile! >> sbuffò lui.

<< Guarda me, tieni gli occhi fissi su di me. >>

Christian fece come gli era stato detto e subito i loro sguardi si incatenarono, mentre entrambi scivolavano con facilità sul ghiaccio, senza cadere e senza incertezze. Risero insieme ed Elsa lasciò le sue mani, constatando che riusciva a tenersi in equilibrio senza problemi. Come se fossero d'accordo si fermarono e si avvicinarono l'uno all'altra, senza mai perdersi di vista. Il cuore impazziva nel petto di Elsa e il modo in cui Christian la osservava le faceva girare la testa e sentire le gambe deboli. Istintivamente portò entrambe le mani sul suo torace e sentì quelle del ragazzo poggiarsi sui suoi fianchi. Nonostante gli abiti, la pelle bruciava in quei due punti e si rese conto che non voleva perdere quel contatto per nulla al mondo. Gli occhi di Christian brillavano, intensi e profondi, come se volessero conoscere i segreti più profondi della sua anima ed Elsa si sentì di nuovo debole quando lui cominciò a chinare la testa verso di lei, con una lentezza esasperante. La ragazza schiuse le labbra, passandovi la lingua per inumidirle e Christian seguì quel piccolo movimento con quella che poteva essere definita solo fame. Chiusero gli occhi, i loro volti erano talmente vicini che Elsa poteva sentire il suo respiro sulla propria bocca e si ritrovò a pensare che desiderava quel bacio più di ogni altra cosa al mondo. Proprio in quel momento però, qualcuno passò velocissimo vicino a loro, sfiorandoli appena, e tutti e due aprirono di scatto gli occhi e si guardarono intorno spaesati; Elsa riportò poi l'attenzione su Christian, che le sorrise e la prese per mano, portandola alla bocca per lasciare un bacio leggero come l'aria sul palmo. La ragazza sospirò con un pizzico di frustrazione al pensiero che quelle labbra sarebbero state poggiate sulle sue se non fossero stati interrotti così bruscamente.

<< Andiamo? >> le chiese.

Elsa annuì, non fidandosi della sua capacità di formulare una frase di senso compiuto. Si sedettero sugli spalti che circondavano la pista, si tolsero i pattini e li riconsegnarono, avviandosi poi verso l'uscita; mentre camminavano, Christian prese la mano di Elsa, la strinse e la ragazza fece scivolare le dita tra le sue, intrecciandole con una naturalezza disarmante, come se lo facessero da una vita. Durante il viaggio di ritorno i ragazzi non si scambiarono molte parole, preferendo rimanere in un piacevole silenzio, interrotto ogni tanto da risatine sommesse ogni volta che l'uno sorprendeva l'altra a osservarlo e viceversa.

Una volta arrivati di fronte alla libreria, Christian scese subito dalla macchina e si affrettò ad aprire lo sportello dal lato del passeggero, piegandosi in un inchino aggraziato.

<< Prego, Vostra Maestà. >> disse con un finto accento inglese.

Elsa sorrise sia per quello sia per l'appellativo e afferrò la mano che le porgeva. L'accompagno all'interno del locale, fino in cima alle scale, dove entrambi si sorrisero imbarazzati, incerti su cosa fare o dire.

<< Allora... >>

<< Allora... >>

Parlarono insieme e subito scoppiarono a ridere, alleggerendo così l'imbarazzo che si era venuto a creare. Elsa portò una mano alla bocca, come al solito, ma smise immediatamente di ridere quando Christian le strinse il polso con delicatezza e l'allontanò.

<< Non nasconderti. Sei così bella quando ridi. >> e le baciò quella stessa mano, prima sul dorso, poi su ogni nocca, senza mai perdere di vista quegli occhi blu ghiaccio che lo osservavano rapiti.

<< Ho passato una bella giornata con te. >> le disse quando ebbe finito.

<< Anch'io sono stata bene. Dovremmo vederci ancora. >> replicò la ragazza con una sicurezza che sorprese anche lei.

E se non vuole un altro appuntamento? Non avrei dovuto darlo per scontato!

<< Mi piacerebbe moltissimo. >>

Appena terminata la frase, Christian si chinò e chiuse la distanza che c'era tra loro, baciandola. La prima cosa che Elsa notò, oltre al suo cuore che stava per esplodere, fu la morbidezza e il calore delle sue labbra, così dolci ma allo stesso tempo decise contro le proprie. La regina non aveva mai baciato nessuno, quindi non sapeva cosa aspettarsi esattamente, ma sapeva che di certo che non sarebbe potuto essere più perfetto di così. Quando si separarono, Elsa rimase con gli occhi chiusi mentre aspettava che di calmarsi, e quando li riaprì vide che Christian le sorrideva con gli occhi che ancora gli brillavano.

<< Le ginocchia... Le ginocchia si piegano. >> mormorò lei, arrossendo.

Christian rise e le accarezzò una guancia, sfiorando la pelle con il pollice.

<< Ti confesso un segreto. >> disse sottovoce, avvicinandosi poi al suo orecchio con fare cospiratorio. << Anche le mie. >>

Elsa scoppiò a ridere e si voltò verso di lui, che stava ridendo a sua volta.

<< Ci vediamo domani? >>

Lei annuì e si alzò sulla punta dei piedi per dargli un bacio veloce sulle labbra.

<< Ci vediamo domani. >>

Christian aspettò che aprisse la porta e la salutò facendole l'occhiolino prima di scendere le scale. Elsa chiuse a chiave e poggiò la fronte contro la superficie di legno, trovandola piacevolmente fresca contro la sua pelle bollente; con un dito si sfiorò le sua labbra e pensò a quelle di Christian, che si erano subito adattate alle sue come se fossero state fatte per unirsi. Sorrise felice e quella sensazione di leggerezza ed eccitazione non l'abbandonò per tutta la notte, impedendole di chiudere occhio e facendola fremere al pensiero che il giorno dopo avrebbe visto di nuovo il suo cavaliere.





Si sono baciatiiii!!!!!!!!!!! Finalmente!!!!!! Chiedo scusa per il ritardo ma in questo periodo sto preparando due esami contemporaneamente e quando arrivo alla sera non ho la forza di mettermi a scrivere :( Ma eccomi qua con questo nuovo capitolo ^^ Allora la canzone che Elsa e Christian ascoltano in macchina, per chi non lo sapesse, è “All of me” di John Legend (meravigliosa *.*) e per il castello di ghiaccio mi sono ispirata all' Ice Club di Roma (quando ero lì dentro speravo tanto di incontrare Elsa,ma non sono stata fortunata ._.)

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, sarebbe davvero importante :)

Un bacioooo!!!

Sara

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Capitolo XIII


Era una splendida mattinata e il sole riscaldava con i suoi raggi la pelle di Christian mentre si dirigeva con passo svelto verso la libreria. Le sue labbra erano piegate in un sorriso che, dalla sera prima, non accennava ad andarsene; era impaziente di rivedere Elsa e il ricordo della sua bocca fredda e timida contro la propria non faceva altro che renderlo ancora più desideroso di stringerla tra le braccia. In poco tempo era diventata una presenza costante nella sua vita e non poteva non ritenersi fortunato nel constatare che anche lei provava qualcosa nei suoi confronti, che non l'avesse respinto quando si era avvicinato un po' di più e che volesse trascorrere altro tempo con lui.

Quando aprì la porta della piccola libreria, Christian venne accolto dal sorriso gentile della signora Wright, che stava scrivendo qualcosa su un registro dietro la cassa.

<< Ciao Christian, buongiorno! >> lo salutò con allegria.

<< Buongiorno a lei. Come sta? >>

<< Non c'è male ma sai, è sempre difficile riprendere a lavorare il lunedì! >>

Il ragazzo ascoltò la risposta della signora ma non riuscì a evitare di dondolare con impazienza prima su un piede poi sull'altro, e Leah se ne accorse subito perché gli fece l'occhiolino con aria complice e indicò gli scaffali dietro di sé, dall'altra parte del negozio.

<< Elsa è lì dietro. >>

Christian annuì con riconoscenza e subito si diresse in quella direzione, dove la ragazza stava incollando le targhette con i prezzi sui libri e gli dava le spalle, ignara della sua presenza. Si avvicinò lentamente, senza far rumore e allungò le braccia per coprirle gli occhi con le mani, facendo del suo meglio per non ridere.

Elsa sobbalzò, sorpresa.

<< Ma cosa... >> cominciò a dire.

Il ragazzo sentì subito dopo le sue dita fredde sfiorargli le mani con delicatezza, quasi avessi paura di fargli male; il suo cuore iniziò a battere come impazzito appena Elsa posò le mani sui suoi polsi, stringendoli un po' per scoprire gli occhi e voltarsi verso di lui, sorridendogli immediatamente. Christian rimase ancora una volta abbagliato dalla bellezza della ragazza che si trovava così vicino a lui, tanto che riusciva a sentire il suo respiro freddo sul volto. Ciò però non gli dava fastidio, anzi, gli faceva desiderare ancora di più di baciarla. E così fece.

Chinò la testa e poggiò le labbra su quelle morbide e fredde di Elsa, che dal canto suo strinse le mani di Christian e mosse le braccia facendo in modo che l'abbracciasse da dietro; il giovane mugolò sorpreso, visto che non si aspettava tanta confidenza da parte di Elsa. Schiuse le labbra per accarezzare le sue con la lingua, che incontrò quella della giovane appena lei aprì la bocca, presa in contropiede dalla passione che lentamente si stava impadronendo di entrambi. Christian la strinse ancora di più contro il suo petto e piegò maggiormente la testa per approfondire il bacio, mentre tracciava dei cerchi invisibili sul dorso delle sue mani.

La ragazza fu la prima a interrompere il contatto e si girò fino a trovarsi faccia a faccia con Christian per sfiorargli la linea della mascella con l'indice, provocando un brivido lungo la schiena del ragazzo, il quale le sorrise dolcemente.

<< Buongiorno. >> mormorò.

Lei arrossì di colpo, come se avesse appena realizzato quanto profondo e appassionato fosse stato il loro bacio, ed evitò il suo sguardo mentre sussurrava un timido “buongiorno” in risposta.

<< Hey. >> disse allora Christian, alzandole il volto con un dito sotto il mento fino a incontrare i suoi occhi blu ghiaccio. << Che ti prende? Credevo fossi contenta di vedermi. >> continuò, pizzicandole scherzosamente un fianco e riuscendo a farla ridere un po'.

<< Certo che sono contenta. È solo che... >> e si schiarì la gola, senza proseguire.

Christian rimase in attesa, continuando a fissarla, e inarcò un sopracciglio quando Elsa strinse i pugni e li nascose velocemente dietro la schiena; si chiese cosa potesse averla resa così nervosa e imbarazzata all'improvviso, e allo stesso tempo una parte del suo cervello realizzò quanto la temperatura dell'ambiente fosse scesa di colpo, come se il sistema di riscaldamento avesse smesso momentaneamente di funzionare. Tuttavia tutti quei pensieri scomparvero di colpo appena la sentì sussurrare qualcosa a voce talmente bassa che non riuscì a cogliere neanche una parola.

<< Come? >>

Elsa strinse gli occhi e irrigidì ancora di più spalle e braccia.

<< Non ero mai stata baciata così! >> esclamò, praticamente urlando.

Christian rimase interdetto per un attimo però non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, ma si affrettò a portare entrambe le mani contro la bocca appena la ragazza gli lanciò un'occhiata di rimprovero, risultando però ancora più adorabile.

Quindi quello di ieri è stato il suo primo bacio? Oh oh.

Decise di metterla a suo agio raccontandole un episodio della sua adolescenza di cui non andava fiero. Per niente.

<< Sai che quando sono stato baciato per la prima volta con la lingua sono quasi svenuto? >>

Elsa inarcò un sopracciglio, chiaramente incuriosita, e rilassò un po' le spalle, pur continuando a tenere le braccia strette al petto. Il ragazzo giudicò quel piccolo cambiamento un buon segno e continuò.

<< Avevo quattordici anni ed ero una vera frana. C'era questa ragazza, Emily, che era la più bella del mio anno e avevo una cotta per lei dalle medie. Una sera ci siamo ritrovati a una festa organizzata a casa di un amico in comune , e mentre giocavamo a “obbligo o verità”, lei ha dovuto baciarmi. Per fortuna ero seduto, altrimenti mi sarei ritrovato a terra. >>

Christian sorrise soddisfatto quando Elsa si abbandonò a una risatina divertita e si avvicinò a lui, poggiando le mani sulle sue spalle; nonostante il maglione e il cappotto che indossava, poteva chiaramente avvertire quanto fossero fredde, più del solito.

Ma com'è possibile?

<< Quindi stai dicendo che ho reagito bene? >> gli domandò, mordendosi il labbro inferiore in una maniera che fece ribollire il sangue nelle vene del ragazzo.

<< P-più che bene, sì. >> rispose con qualche difficoltà, piacevolmente distratto dalle sue dita che erano salite per accarezzargli i capelli sulla nuca.

Potremmo inventarci una scusa e andare nel suo appartamento, così... Aspetta, che?! Calmati idiota!

<< Ti chiedo scusa. >> disse la giovane di punto in bianco, e poggiò poi la fronte contro il suo mento.

Christian la strinse immediatamente tra le braccia, preoccupato per quell'improvviso cambiamento.

<< Che hai? >>

<< Non avrei dovuto reagire così, insomma, non fraintendermi... Mi piace baciarti. >>

Lui rimase in silenzio perché sospettava che avesse altro da dire, e infatti aveva ragione.

<< Io... Ci sono così tante cose che non sai di me Christian. Mi rendo conto di comportarmi in modo strano ma non è facile... >>

Colpito dalle sue parole e dalla sua voce triste, piena di dolore, le prese il volto tra le mani e la guardò negli occhi.

<< Che stai dicendo? A tutti può capitare di avere degli sbalzi d'umore, non devi scusarti per questo. >>

Elsa strinse le spalle e si voltò, allontanandosi di qualche passo.

<< Magari fosse così semplice... Credimi. >> mormorò a voce così bassa che sembrava più rivolta a se stessa che a lui.

<< E allora com'è? >> domandò Christian raggiungendola e posandole una mano sul braccio. << Permettimi di aiutarti. >>

Elsa si voltò, le sopracciglia corrugate e le labbra strette in un'espressione di vero e proprio dolore.

Cos'è che non vuoi dirmi?

<< Non posso. >> disse con voce spezzata. Gli occhi le brillavano, ma non di felicità come il giorno prima. Quelle erano lacrime a stento trattenute.

Christian si sentiva impotente di fronte a quello sguardo. Non sapeva cosa le stesse passando per la testa e aveva la netta sensazione che lei avesse paura di spaventarlo, e che in qualche modo stesse anche cercando di fargli capire che avere a che fare con lei fosse tutt'altro che facile. Era come se una parte di lei volesse aprirsi ma l'altra puntualmente le ricordasse che non poteva. Quel conflitto Christian lo stava vedendo avvenire sul suo volto, con quelle labbra strette che combattevano contro la volontà di liberarsi di un peso, gli occhi lucidi che sembravano nascondere un dolore così profondo da rischiare di spezzarla in due.

Io ci sono per te.

Christian l'abbracciò e lei nascose il volto contro il suo collo. Le parlò con calma mentre le accarezzava dolcemente la schiena per tranquillizzarla.

<< Ascoltami bene, perché non te lo ripeterò un'altra volta. Qualunque cosa ti porti dentro l'affronteremo insieme, ok? Sei troppo importante per me e quando vorrai dirmi cosa ti tormenta io ti ascolterò, ma fino ad allora voglio solo passare più tempo possibile con te. Capito? >>

La sentì annuire contro il suo collo e il suo cuore si strinse nel vederla così fragile. Le baciò la tempia e portò poi le labbra contro il suo orecchio.

<< Non devi avere paura, ci sono io con te. >>

Elsa si scostò quel poco che bastava per guardarlo, e prima che potesse dirle qualcos'altro, Christian venne sorpreso dalla foga e l'urgenza delle sue labbra che si muovevano esigenti contro la propria bocca . Lui ricambiò, stringendola contro il suo petto, passando le dita tra i suoi capelli biondi, e ricevette in riposta un sospiro di apprezzamento mentre gli mordeva leggermente il labbro inferiore.

<< Elsa! Puoi venire qui, per favore? >> chiamò la signora Wright.

I ragazzi interruppero il bacio e si sorrisero, sentendosi dei bambini ripresi dai genitori.

<< Arrivo! >> urlò di rimando Elsa, che si sistemò velocemente i capelli prima di guardare Christian di nuovo.

<< Devo andare. >>

Lui annuì e le accarezzò una guancia prima di baciarle la punta del naso.

<< Vuoi venire a cena da me venerdì? >>

Elsa gli regalò un sorriso talmente luminoso che avrebbe potuto illuminare una città intera e si alzò in punta di piedi per baciarlo velocemente sulle labbra.

<< Non vedo l'ora. >> disse con voce bassa e sensuale.

Christian la baciò un'ultima volta e l'accompagnò dalla signora Wright, che squadrò con lo sguardo di chi la sa lunga prima le loro dita intrecciate poi le loro labbra leggermente gonfie.

<< Ci vediamo Leah. >> la salutò il ragazzo.

<< Buona giornata! >> gli rispose, passando delle ricevute a Elsa mentre due clienti entravano nella libreria.

La ragazza guardò Christian ancora una volta e ammiccò sorridendo prima di prestare attenzione a ciò che le veniva detto.

Il ragazzo chiuse la porta alle sue spalle e si avviò verso il bar, sapendo che quella settimana sarebbe passata troppo lentamente. Venerdì avrebbe avuto un'ospite speciale e voleva che tutto fosse perfetto per lei.

Elsa. La mia ragazza.





Buon pomeriggio!!!

Qui sta diventando evidente che presto Christian ed Elsa dovranno fare i conti con la verità. Cominciamo a vedere i primi segnali .-. Anyway, che ve ne pare? Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando! ;)

Un bacione,

Sara

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Capitolo XIV


Sapeva che non sarebbe stato facile. Era consapevole del fatto che vivere in quella maniera riuscisse a piegare anche i più forti. Ma Victoria non avrebbe mai immaginato di trovare Hans in quelle condizioni; lui, il suo amato fratello, sempre sorridente e pieno di vita, sembrava un'altra persona.

Totalmente.

I vestiti sporchi e rovinati che indossava non facevano altro che evidenziare e accentuare la sua magrezza, un costante tremolio scuoteva le sue mani, i capelli erano cresciuti tanto da coprirgli le spalle e ricadere in ciocche scomposte davanti gli occhi privi di luce e cerchiati da profonde occhiaie e i suoi bei lineamenti erano nascosti dalla barba incolta.

La prima volta che lo vide, Victoria scoppiò a piangere e ritornò al castello in un attimo, schiacciata dal dolore immenso di vedere Hans in quello stato. Immediatamente se ne pentì e si affrettò a comparire di nuovo in quella prigione lontana, dove il ragazzo era rimasto immobile a fissare il punto in cui era sparita la sorella; Victoria provò a liberarlo da dietro le sbarre più e più volte, ma non ci riuscì mai. Avrebbe voluto distruggere tutto ciò che la circondava quando Hans le spiegò il motivo:

I nostri cari fratelli hanno fatto lanciare un incantesimo su queste sbarre. Nessuno che abbia il mio stesso sangue può farmi uscire e solo chi lo vuole davvero, quindi senza ricatti o inganni, può liberarmi. Come vedi, sorellina, sono destinato a marcire qui dentro.”

La principessa sapeva che il re e gli altri avevano fatto stregare la prigione perché immaginavano che lei avrebbe cercato di farlo scappare, ma finalmente aveva rivisto il suo fratellino e decise che l'avrebbe aiutato il più possibile.

Cominciò dalle piccole cose, per farlo sentire un po' meglio, come grandi sacche piene di cibo, vestiti puliti, sapone e recipienti d'acqua per lavarsi. Una volta lo fece avvicinare alle sbarre per raderlo e tagliargli i capelli. Giorno dopo giorno Hans ricominciò a sentirsi meglio, più in forze, somigliando di più al giovane principe di un tempo; nessuno dei due si preoccupò mai che qualcuno avrebbe potuto notare i miglioramenti del prigioniero, perché entrambi sapevano che nessuno sarebbe andato a controllare. Il re e gli altri fratelli erano sicuri che Hans non sarebbe mai potuto fuggire.

E Victoria non lo accettò.

Un giorno era seduta fuori dalla cella in cui era rinchiuso il fratello e lo stava osservando mentre mangiava le provviste che gli aveva appena portato. D'un tratto la giovane ruppe il silenzio, parlando più che altro a sé stessa.

<< Non mi piace arrendermi. >>

Hans alzò lo sguardo su di lei e ingoiò prima di rispondere.

<< Neanche a me, però ci sono delle situazioni in cui non si tratta di arresa. >>

<< E di cosa si tratta allora? >> replicò Victoria, sporgendosi leggermente in avanti, come per sfidarlo.

Lui la fissò impassibile, addentò il pezzo di pane che aveva in mano e masticò lentamente, facendo innervosire la sorella.

<< Accettazione, Vic. Bisogna riconoscere una causa persa quando la si ha davanti. >>

La donna si passò entrambe le mani sul volto e fece un respiro profondo. Perdere la pazienza era l'ultima cosa che desiderava, soprattutto quando ancora doveva capire perché il fratello parlasse in quel modo. Fisicamente era tornato più o meno quello di prima, ma era chiaro che dentro di lui qualcosa era cambiato.

<< Sei cambiato, quasi non ti riconosco. >> disse, pensierosa. << Che fine ha fatto il principe disposto a tutto pur di salire al trono? >>

Le labbra di Hans si piegarono in un sorriso triste, amaro, più simile a una smorfia di dolore.

<< Quel principe si è reso conto di aver sbagliato. >>

Victoria rimase interdetta e il ragazzo, non udendo risposta, continuò a parlare.

<< Tu avevi ragione un anno fa, prima che partissi per Arendelle. Mi dicesti di non fare sciocchezze ma io non ti diedi retta ed ecco il risultato. Avrei dovuto saperlo, avrei dovuto ascoltarti ma ero così accecato dall'ambizione e dalla rabbia... >>

La principessa si alzò in piedi e cominciò a camminare lentamente per il piccolo ambiente in cui si trovava. Sì, aveva provato a far ragionare Hans, sapeva che dal suo piano non sarebbe derivato nulla di buono.

Victoria si fermò, dando le spalle alla cella.

Il dolore che aveva provato, e che provava ancora, l'aveva accecata e le rendeva impossibile credere che suo fratello si fosse arreso al suo destino, e soprattutto le impediva di non provare rancore verso la famiglia reale di Arendelle.

Si voltò verso Hans e lo guardò con intensità, le sopracciglia aggrottate, eppure la sua voce quando parlò era incredibilmente calma.

<< In ogni caso tutto questo si sarebbe potuto evitare. Se solo Elsa- >>

Venne interrotta all'improvviso dal principe, che scattò in piedi e si aggrappò alle sbarre della prigione con forza, gli occhi pieni di una furia sconosciuta.

<< No! Non ti devi azzardare a dire una parola contro di lei! >> urlò.

Victoria non si aspettava una tale reazione ma non indietreggiò di un millimetro.

<< E perché? Se ti trovi qui dentro è solo per colpa sua! >>

Hans rafforzò la presa sulle sbarre, tanto che le nocche divennero bianche.

<< L'unico responsabile sono io, capito? Io. Ho ingannato sua sorella, l'ho lasciata a morire in una stanza, ho cercato di uccidere anche Elsa e tu vieni a dirmi che è colpa sua se sono rinchiuso qui dentro?! >> disse con calma, all'inizio, senza riuscire a non alzare la voce ancora una volta man mano che si rivolgeva alla sorella che, dal canto suo, aveva ascoltato senza battere ciglio, decisa più che mai a non mostrare segni di pentimento per ciò che aveva fatto.

<< Di' pure quello che vuoi. Mi sono assicurata che paghi per averti fatto condannare. >> replicò imperturbabile, con anche un pizzico di orgoglio.

Hans poggiò la fronte contro le sbarre, trattenendo il respiro.

<< Non l'hai uccisa, vero? >> chiese con un filo di voce.

Victoria sorrise compiaciuta e scosse la testa.

<< Oh no, secondo me la morte è sopravvalutata. Vedi, pur con tutte le torture possibili, morire è un processo fin troppo veloce. Preferisco qualcosa di più lento, che si protragga nel tempo, che la consumi lentamente nell'anima. >>

Un'altra domanda appena sussurrata giunse alle orecchie della ragazza.

<< Che cosa hai fatto? >>

<< Nei libri di magia oscura ho trovato un incantesimo che ha il potere di catapultare una persona in un mondo diverso dal nostro, una specie di portale del tempo e dello spazio. È intrappolata in questo mondo lontano, da cui non può fuggire, dove non è una regina e dove di certo la magia non esiste. Le ho tolto sua sorella Anna, quindi ciò che più ha di importante al mondo e ora sto aspettando, sai? Per ora se la sta cavando bene ma è solo questione di tempo prima che perda il controllo, e allora Elsa verrà vista da tutti per quello che è. Un mostro. >>

Hans si sedette sulla panca in legno dove dormiva sempre, lo sguardo perso nel vuoto mentre elaborava quel che aveva appena udito.

Victoria sorrise soddisfatta. Sapeva che le decisioni prese e le sue azioni non erano perfettamente razionali, però era comunque compiaciuta della diabolicità del suo piano.

Si avvicinò alla cella e si appoggiò pigramente contro il ferro freddo.

<< Suvvia, fratello. La odiavi, no? >>

Hans alzò la testa per guardarla negli occhi; senza perdere il contatto visivo abbandonò la panca e si avvicinò a lei, fermandosi a poche spanne dal suo volto.

<< L'unico mostro che conosco sei tu. >>

Il significato di quelle parole, la freddezza, il risentimento e la delusione con la quale erano state dette, colpirono Victoria come un pugno allo stomaco. Rimase allibita. Si aspettava la contrarietà, la rabbia anche, ma non di essere chiamata mostro.

<< N-non dici sul serio, vero? >> domandò allora, la voce leggermente incerta per via delle lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi.

<< Sono serio. >> rispose subito Hans, fissandola con implacabile ira. << Non voglio vederti mai più. >>

Il cuore di Victoria perse un colpo.

<< Cosa?! No! >>

Il principe allungò di scatto una mano e afferrò una ciocca di capelli della sorella, tirandole indietro la testa e facendola gemere di dolore.

<< Va' via da qui e non metterci più piede. Mai. >>

Lasciò la presa e le diede le spalle, rimanendo poi immobile.

<< Hans... >>

<< Ti ho detto di andartene. >>

<< I-io... >>

<< Vattene via! >>

Victoria credeva di aver provato il dolore peggiore della sua vita quando Hans era stato portato via un anno prima, credeva che non avrebbe mai più potuto soffrire così tanto.

Si sbagliava.

La voce alta e piena di rabbia del fratello riecheggiava nella prigione di pietra così come riecheggiava nelle pareti del suo cuore.

Si lasciò avvolgere dalla nube che in un attimo la riportò al castello, nella sua stanza; si inginocchiò a terra, priva di forze, privata di tutto. Non aveva più nulla.

Solo dolore.

Consapevolezza di aver perso Hans per sempre. Ed era tutta colpa sua.

Elsa.

Victoria sorrise, perché si rese conto che una sola cosa le era rimasta.

La vendetta.




Sono tornataaaaaaaa!!!!!

Vi chiedo scusa per il mostruoso ritardo, davvero, non ci sono giustificazioni! Finalmente ecco un capitolo interamente dedicato a Victoria e Hans; vi dirò, odio il principino con tutto il mio cuore però alla parte più tenera di me piace pensare che in un'altra vita non si sarebbe mai comportato così. Non so, mi sento di dargli una possibilità, almeno in questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :)

Cercherò di pubblicarne un altro prima della fine dell'anno. Ci proverò, promesso!

Buone vacanze a tutti e buon Natale!!!! :D

Sara




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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Capitolo XV


Quel venerdì era la vigilia di Natale. Le case erano illuminate da lunghi tubi con lucette colorate, i tetti innevati così come i vialetti e nell'aria le voci allegre di bambini e adulti non facevano altro che rendere l'atmosfera ancora più magica. La strada era deserta, tutti erano con le proprie famiglie.

Elsa però era diretta a casa di Christian per cenare con lui. Solo pensare al suo nome le faceva battere il cuore all'impazzata e accelerò il passo per arrivare al più presto alla sua destinazione, stringendo a sé il cappotto nero. Aveva trascorso la bellezza di un'ora e mezza davanti all'armadio, terribilmente indecisa su cosa indossare quella sera; ad Arendelle avrebbe saputo cosa scegliere, ma in quel mondo era tutto così diverso, e per un attimo si era lasciata prendere dallo sconforto e aveva addirittura pensato di non uscire di casa. Poi però si era resa conto dell'assurdità della situazione: lei, una regina, stava per annullare un appuntamento per cosa? Un problema di guardaroba?

Neanche per sogno.

Aveva di nuovo passato in rassegna tutti i suoi vestiti e alla fine aveva fatto la sua scelta: dei pantaloni di pelle nera molto aderenti, scarpe lucide col tacco dello stesso colore e un maglione rosso con una scollatura audace ma nei limiti della decenza. Quando aveva visto il suo riflesso nello specchio, aveva sorriso soddisfatta, soprattutto per la sua scelta di non legare i capelli, che quindi le cadevano sulle spalle in morbide onde. Era uscita di casa in anticipo per essere sicura di non arrivare tardi.

Christian abitava di fronte a Jane, quindi nei pressi del campo in cui era giunta col sortilegio.

Difficilmente avrebbe potuto sbagliare strada.

Il ghiaccio ricopriva l'asfalto lì dove la neve era stata tolta e spostata verso i bordi del marciapiede, e avrebbe causato problemi d'equilibrio a chiunque ma non a Elsa, che camminava con disinvoltura sulla superficie scivolosa.

Intravide l'abitazione di Christian sul fondo della strada e la sua mente cominciò di nuovo a vagare, domandandosi per quale motivo il ragazzo le avesse chiesto di cenare con lui proprio durante la vigilia. Insomma, non aveva una famiglia con cui stare? O degli amici? Sapeva che Christian era una persona estroversa e socievole, di certo avrà ricevuto un sacco di inviti, eppure Elsa era lì, a circa trecento metri dalla sua porta, col cuore a mille e la ormai familiare stretta allo stomaco.

Possibile che voglia davvero stare solo con me?

Elsa scosse la testa, sbuffando spazientita; era inutile ormai porsi tante domande, avrebbe scoperto tutto a tempo debito. Si passò una mano tra i capelli, tirando indietro delle ciocche che erano andate a finire davanti agli occhi.

Fu allora che lo sentì.

Si bloccò di colpo, un brivido di paura le salì lungo la schiena. I suoi occhi saettarono in tutte le direzioni alla ricerca di ciò che, per un attimo, le aveva fermato il cuore. Inspirava piccole quantità d'aria, velocemente, quasi come se il solo respirare fosse una mossa fatale, ma dopo un paio di minuti in assoluta immobilità rilassò le spalle e sciolse lo strato di ghiaccio con cui aveva ricoperto le sue mani, pronta per un eventuale attacco.

Attacco? Jane ha ragione, devo dormire di più. Ci mancavano le allucinazioni.

Cominciò a respirare regolarmente e riprese a camminare.

Elsa.

Si bloccò di nuovo.

Stavolta lo aveva sentito, ne era sicura.

Elsa.

Si guardò ancora una volta intorno ma non vide nessuno, la strada era deserta e illuminata dai lampioni e dalle luci delle abitazioni. Elsa abbassò lo sguardo e vide l'asfalto sotto i suoi piedi sparire sotto uno strato di ghiaccio ancora più spesso, un ghiaccio che sapeva provenire da lei.

Controllati, non lasciare che si mostri.

La regina strinse la mascella con rabbia appena si rese conto di aver ripetuto mentalmente il vecchio mantra che l'aveva accompagnata per tutta la sua vita.

Elsa!

Si voltò di scatto, convinta che ci fosse qualcuno alle sue spalle, ma ovviamente era sola. Non capiva da dove provenisse quella voce che continuava a chiamarla, non aveva idea se fosse frutto della sua immaginazione o se fosse reale, tuttavia la voce che continuava a sussurrare il suo nome le era familiare.

Fin troppo.

Strinse i pugni e accelerò il passo, cercando di non farsi prendere dal panico, ma quella voce continuava a tormentarla.

Le vecchie abitudini rimangono, non è vero? È difficile smettere di scappare.

Elsa la ignorò. Casa di Christian era sempre più vicina, poteva farcela.

Sì, va' pure da quel ragazzo, come se davvero servisse a renderti normale.

Chiuse per un attimo gli occhi ma li riaprì subito, decisa a non lasciarsi andare.

Pensi davvero che tutto questo sia sufficiente? Sei convinta che prima o poi non scoprirà chi sei, che cosa sei?

<< Smettila... >> disse la ragazza a denti stretti. Le sue gambe continuavano a muoversi, ormai si trovava a un centinaio di metri. Era arrivata ormai. << Lasciami stare... >>

Tu lo sai che ho ragione, Elsa.

<< Tu non mi conosci. >> disse con più risolutezza. Sì, lei non la conosceva. Quelle che aveva sentito erano solo chiacchiere, niente di più.

Ma ormai lei era nella sua mente, ed essere nella sua mente significava sapere quali punti toccare per farle male.

Per farla soffrire.

È vero, nessuno ti conosce. Sei sempre stata lontana da tutti, e noi sappiamo perché, chi volevi proteggere.

Elsa non poteva fare altro che proseguire, ma ormai il suo passo era diventato lento e incerto, come se il suo corpo si stesse preparando al dolore che di lì a poco l'avrebbe colpita, un dolore che purtroppo era sepolto in lei, pronto a essere portato alla luce.

Ancora una volta.

<< No... >> implorò, più a se stessa che ad altro.

Vedi, è proprio questo il tuo problema. Più cerchi di proteggerla, più finisci per farle del male. Ricordi il rumore della sua mano contro la porta della tua camera?

La voce di Anna che mi chiedeva di giocare con lei? Come potrei dimenticarla...

Ricordi il giorno in cui ha smesso di cercarti, convinta che tu non le volessi bene?

Avrei dato la mia vita per proteggerla da ciò che ero, e per questo ho dovuto rinunciare a lei. Quando abbiamo parlato durante l'incoronazione, per la prima volta dopo anni, credevo di sognare.

Ma hai rovinato tutto, di nuovo.

Non volevo...

Il punto non è volerlo o meno, Elsa. Tu non meriti l'amore di tua sorella.

<< Non è vero. >> mormorò senza fiato, il peso sul suo cuore diventava sempre più pesante e insopportabile. Il terreno sotto i suoi piedi era ormai coperto di neve, le mani ghiacciate e dei fiocchi di neve avevano cominciato a vorticare intorno a lei, come accadeva ogni volta che era agitata.

Ne sei proprio sicura? Cosa avresti fatto per meritare tanta comprensione?

L'ho protetta da-

No, Elsa. Tu eri ciò da cui doveva stare alla larga. Ma non sei stata attenta, l'hai messa in pericolo quando eravate bambine e anni dopo, nel palazzo di ghiaccio.

<< Fu un incidente! >> esclamò con forza, punta nel vivo. Sapeva che Anna non la incolpava, che l'aveva perdonata, ma era anche consapevole del fatto che per quanto sua sorella cercasse di tranquillizzarla, niente le avrebbe fatto cambiare opinione.

Elsa avrebbe vissuto per sempre con il rimorso, pur continuando a ripetere a se stessa che era stato un incidente.

Calde lacrime si fecero lentamente strada sulle sue guance pallide, private ormai di quella rosea eccitazione che le aveva animate fino a pochi momenti prima, una pelle talmente fredda da trasformare quelle gocce d'acqua in ghiaccio dopo poche frazioni di secondo. Non sapeva cosa fare, sentiva che il suo potere si stava impossessando di lei, che il gelo si faceva letteralmente strada nelle sue vene fino a premere per essere lasciato andare. Ma Elsa resisteva ancora all'impulso. Non voleva essere di nuovo così.

Non sarò più quella di un tempo.

Cioè non sarai più quella persona che ha gelato il cuore di sua sorella? Non sarai più la ragione per cui Anna si è sacrificata?

<< Basta... >> mormorò la ragazza, avvertendo una fitta al petto mentre con la memoria tornava inevitabilmente a quell'attimo che non potrà mai cancellare, quando aveva preso tra le mani il volto ghiacciato della sua amata sorella e aveva pianto tutte le sue lacrime, maledicendo se stessa per non essere stata in grado di proteggerla. Ricordò il contatto col suo corpo gelato, immobile, privo di vita e l'angoscia che aveva provato nel constatare che Anna, nonostante tutte le volte in cui era stata cacciata via, aveva dato la sua vita per salvarla da morte certa.

Elsa sentì le gambe tremare e istintivamente portò una mano contro la corteccia di un albero lì vicino, che immediatamente venne ricoperto da un sottile strato di brina.

Non ce la faceva più.

Manca poco ormai.

Basta combattere ciò che sei. Per quanto proverai, per quanto fingerai di essere normale, tutti vedranno quello che sei capace di fare, quanta sofferenza puoi infliggere, quanto dolore!

Elsa ormai non sentiva più nulla, solo quella voce che la tormentava e il battere furioso del suo cuore che rimbombava nelle orecchie. La neve intanto cominciò a cadere più fitta, la temperatura si abbassò di colpo e la regina voleva soltanto che tutto finisse.

Lasciami stare.

Alzò la testa e vide delle luci provenire dalla casa di fronte a lei, il luogo in cui avrebbe dovuto trascorrere la vigilia di Natale con l'uomo di cui si stava innamorando per la prima volta nella sua vita.

Christian... Mi dispiace così tanto.

Non ti vorrà più quando scoprirà la verità. Avrà paura di te!

Sei un mostro!

<< BASTA! >>

Aveva urlato con tutto il fiato, la rabbia, il dolore che aveva dentro di sé, sepolti da un anno trascorso tra gli abbracci, i sorrisi e le parole di Anna; ma sua sorella non era lì con lei, non poteva dirle che tutto sarebbe andato per il meglio. Anche perché quello che stava accadendo era l'esatto opposto.

Il ghiaccio, ormai liberato dalla prigione che era il corpo di Elsa, stava ricoprendo l'albero contro il quale era ancora appoggiata, congelandolo dalle radici fino alle foglie che si trovavano alle estremità dei rami più alti, e quella che prima era una nevicata apparentemente normale era diventata improvvisamente una vera e propria bufera.

A Elsa restava solo la speranza che nessuno, soprattutto Christian, avesse visto nulla.

Che cosa ho fatto?

La ragazza cominciò di nuovo a piangere ma si affrettò ad asciugare le lacrime, con rabbia, consapevole che non si fosse ripresa subito non ne sarebbe poi stata capace. Quelle parole l'avevano colpita con durezza, l'avevano fatta sprofondare di nuovo nello sconforto, ma lei non si sarebbe arresa. Non un'altra volta.

Allargò le braccia, rivolgendo i palmi verso l'alto, e prese un respiro profondo.

Non tutto è perduto, puoi farcela. Pensa ad Anna. Puoi ancora rimediare, nessuno si è accorto di te, pensa ad Anna. Pensa ad Anna. Pensa ad Anna.

Sentì immediatamente il suo volto rilassarsi e la tensione abbandonare il suo corpo, e di conseguenza la bufera cessò di colpo, la temperatura si alzò di qualche grado e il ghiaccio lentamente si sciolse, fino a scomparire. Sorrise nel constatare che tutto era tornato come prima.

Quasi tutto.

Ora la porta della casa di fronte a lei era aperta e il proprietario era lì, in piedi. Elsa sentì il sangue defluire dal proprio volto e le sembrò che il cuore avesse smesso di battere.

Christian.

Se ne stava immobile, gli occhi increduli che la fissavano mentre una mano stringeva lo stipite della porta con così tanta forza che le nocche erano bianche. Nel suo sguardo c'erano stupore, confusione, rabbia, tradimento... E poi vide ciò che più temeva, l'emozione che sperava di non leggere mai in quelle iridi scure.

Paura.

Christian l'aveva vista congelare l'albero, far nevicare, bloccare la bufera, sciogliere il ghiaccio e aveva paura di lei.

Le sembrò di trovarsi ad Arendelle, nel cortile del palazzo durante il giorno dell'incoronazione, quando tutti l'avevano guardata con terrore, quando le madri avevano protetto con il proprio corpo i loro figli e il duca di Weaselton le aveva urlato “Mostro! Sei un mostro!”.

E così fece come allora.

Iniziò a correre.

I suoi piedi a mala pena toccavano terra, talmente andava veloce. Nel giro di pochi minuti raggiunse la libreria e l'appartamento in cui viveva. Chiuse a chiave la porta alle sue spalle e si lasciò andare: si strappò il cappotto di dosso, afferrò una delle sedie e la lanciò verso la parete opposta, colpì il muro con un pugno e subito uno spesso strato di ghiaccio ricoprì l'intero appartamento, nascondendo le superfici in legno. Per tutto il tempo Elsa non aveva smesso di piangere e urlare, travolta dalle emozioni che in quelle settimane era riuscita a controllare ma che in quel momento non era più in grado di celare.

La nostalgia di casa, di Anna, del suo mondo, la consapevolezza di aver di nuovo perso il controllo e di essere stata vista da Christian... Tutto era tornato in superficie. Ed Elsa sapeva di non poter fare più nulla.

L'appartamento era ormai identico al palazzo di ghiaccio che aveva creato sulla montagna del Nord ma la regina non provava quel senso di libertà come allora, anzi, si sentiva in trappola..

Forti e incontrollabili singhiozzi scuotevano le sue spalle mentre si lasciava scivolare a terra, ormai esausta, sconfitta.

Ho rovinato tutto.

Continuò a piangere mentre l'inverno più rigido che potesse esistere imperversava nell'appartamento e nel suo cuore.






Povera Elsa :( Ecco il momento che tutti aspettavamo. Era questione di tempo prima che Christian scoprisse la verità su di lei, ma così... Che brutto :( Questo capitolo è stato un partoooo!!!! E vi chiedo scusa per questo mese di attesa, sono stati trenta giorni di fuoco O.O Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre piacere, lo sapete ;)

Un bacione e scusate ancora <3

Sara










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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Capitolo XVI


Christian sorseggiava il suo caffè in cucina mentre osservava la strada dalla piccola finestra sopra il lavandino. Il Natale era la sua festa preferita da bambino perché la mattina, appena si svegliava, correva in salone dove trovava ad aspettarlo tantissimi regali e un piatto pieno di biscotti al cioccolato; i suoi genitori, James e Rose, lo raggiungevano dopo un po' per assistere alla sua gioia. Tutto però era cambiato quando lui aveva dodici anni: a sua madre venne diagnosticato un tumore inoperabile che la uccise nel giro di pochi mesi, lasciando Christian e suo padre nella disperazione.

Da allora niente fu come prima.

Nonostante gli sforzi di James, tutto era ormai intriso di quella tristezza che non li avrebbe mai più lasciati. Gli anni passarono e Christian credeva di aver trovato una sorta di equilibrio, un modo di andare avanti nonostante la perdita della madre: James aveva deciso di andare in pensione, lasciandogli il bar, ma la vita non aveva smesso di metterlo alla prova. Un anno e mezzo dopo suo padre venne colpito da un infarto che lo uccise e quello fu l'ennesimo colpo che Christian dovette sopportare, ma ormai era cresciuto e fu in grado di affrontare quella perdita in modo diverso, buttandosi a capofitto nel lavoro, senza permettersi di lasciarsi andare. Non sono più un bambino, si diceva nei momenti più difficili, quando sentiva di crollare in giorni come il proprio compleanno o a Natale. Sì, sapeva di essere benvoluto dai suoi vicini di casa, dai clienti del bar, ma niente di tutto ciò avrebbe mai potuto sopperire alla nostalgia dei suoi genitori, al loro sguardo pieno d'amore, alla sicurezza che la loro presenza gli dava.

Eppure, proprio quando la sua vita sembrava aver raggiunto una sufficiente stabilità, ecco apparire Elsa.

Al solo pensiero Christian aggrottò le sopracciglia e poggiò la tazza del caffè ormai vuota nel lavandino con irritazione.

Era convinto di essere impazzito. Non poteva esserci altra spiegazione a ciò che aveva visto. Com'era possibile una cosa cosa del genere? Le persone non vanno in giro a congelare tutto o a far nevicare, non poteva essere vero.

Però Christian sapeva di non aver sognato, di non essere ubriaco e di non aver avuto un'allucinazione.

Elsa aveva sprigionato ghiaccio e neve dalle sue mani, non aveva dubbi, e non sapeva come comportarsi e cosa pensare. Ecco perché cercava di portare la mente altrove, di non ritrovarsi davanti il ricordo di quegli occhi blu impauriti in cui aveva visto un dolore autentico, accentuato dalla consapevolezza di averlo sicuramente spaventato. Quello era un suo pregio, il non essere capace di nascondere i propri sentimenti e pensieri; ciò comportava però l'incapacità di accettare le bugie. Non le tollerava. La vita lo aveva messo a dura prova da quando era bambino quindi sapeva di poter affrontare tutto, anche la verità più terribile sarebbe sempre stata meglio di una menzogna. Nel caso di Elsa si trattava più che altro di omissione ma in quel momento non c'era molta differenza. Si sentiva preso in giro, non sui sentimenti di Elsa, perché sapeva che quelli erano sinceri, e non aveva idea di come affrontare la situazione.

Mentre prendeva cappotto e sciarpa per uscire di casa giunse alla conclusione che il tempo avrebbe magari aiutato a vedere il tutto con più obiettività e che magari evitare Elsa sarebbe stato meglio, per quanto difficile gli risultasse. Si diresse subito a casa di Jane per dare gli auguri di buon Natale a lei e ai suoi genitori, come ormai era solito fare a ogni festività; i due coniugi lo accolsero come se fosse effettivamente un membro della loro famiglia e Jane passò quasi dieci minuti a parlare dei fantastici regali che aveva ricevuto quella mattina, ma appena i suoi genitori si scusarono con il loro ospite per andare a rispondere alla miriade di telefonate per gli auguri natalizi, la ragazzina si zittì di colpo e si accertò che i suoi genitori fossero effettivamente lontani prima di riprendere a parlare.

<< Allora?! Com'è andata ieri sera? >> chiese Jane con impazienza.

Christian avrebbe tanto voluto evitare quella domanda ma sapeva che un interrogatorio da parte della sua giovane vicina sarebbe stato inevitabile.

<< Ehm, veramente- >> ma venne interrotto.

<< Elsa ancora non si è fatta sentire stamattina. Le ho regalato un cellulare che mio padre non utilizzava più e ho provato a chiamarla per gli auguri e chiederle di ieri ma non ha risposto. Di solito è più mattiniera di me, il che è tutto dire! Ne sai qualcosa? >> disse con uno sguardo complice che aveva sostituito il cipiglio iniziale.

Christian si passò una mano tra i capelli, come faceva ogni volta che che era agitato o nervoso, e guardò Jane con aria colpevole.

<< In realtà... Diciamo che ieri sera non è andata bene, per niente. >>

<< Che significa? >>

Il ragazzo fece un respiro profondo e raccontò quel che aveva visto la sera prima.

<< Avevo preparato tutto e la stavo aspettando in salotto quando mi è sembrato di sentire la sua voce. Mi sono precipitato ad aprire la porta, convinto di trovarmela davanti, e invece era dall'altra parte della strada e proprio quando stavo per chiamarla la temperatura si è abbassata di colpo e c'era tanta neve, saranno stati come minimo tre metri. Adesso tu mi dirai che è inverno e che tutto questo è normale, ma ti assicuro Jane che non è umanamente possibile che una persona crei del ghiaccio con le proprie mani! >>

Christian era senza fiato, tanto aveva parlato velocemente, e fissava la ragazzina in attesa di una qualche reazione.

Sembrava letteralmente scioccata...

<< L'hai vista usare i poteri?! >>

Ma non per la ragione che si aspettava.

<< Poteri? Di che accidenti stai- Tu lo sapevi? >> le chiese, sempre più confuso.

<< Sono stata io a trovarla quando è arrivata qui. >> spiegò lei con pazienza.

Christian aggrottò le sopracciglia.

<< Arrivata da dove? >>

Jane fece un colpetto di tosse e distolse lo sguardo.

<< Arendelle. >>

<< Che? Arendelle? Che razza di posto è? >>

Vide Jane fissarlo pensierosa, come se fosse alla ricerca delle parole giuste per spiegare qualcosa che, chiaramente, andava al di là di ogni immaginazione. Christian si sentiva stanco, come svuotato, senza la forza di inoltrarsi in una strada che già sapeva essere difficile; si mise a sedere sul divano e alzò lo sguardo sulla ragazzina di fronte a lui, che invece era rimasta in piedi.

<< Adesso mi prenderai per pazza ma devi promettermi che ascolterai tutto senza fiatare, okay? >>

Christian sospirò mentre si passava una mano tra i capelli scuri, spettinandoli leggermente, e incrociò le braccia davanti a sé, in attesa.

<< D'accordo. >>

Christian ascoltò le parole di Jane con attenzione, senza interromperla neanche una volta, e a ogni parola rimaneva sempre più scioccato, sicuro di essere vittima di uno scherzo.

<< Evidentemente qualcosa o qualcuno le ha fatto perdere il controllo ieri sera. >> concluse Jane e si accomodò vicino a Christian, che intanto stava fissando un punto imprecisato della stanza mentre cercava di mettere in ordine la sua testa.

<< Quindi Elsa sarebbe una regina arrivata da questa Arendelle all'improvviso e in più sa controllare neve e ghiaccio? Come quella del film? >>

Jane gli fece l'occhiolino e gli sorrise raggiante.

<< È proprio lei, Chris! >>

Lui si alzò in piedi e cominciò a camminare in lungo e in largo, passando entrambe le mani tra i capelli più e più volte, fino a quando non si fermò per abbandonarsi a una risata nervosa e incredula allo stesso tempo.

<< Ti rendi conto che tutto questo è ridicolo, vero? >>

Jane lo guardò come se gli fossero spuntate le ali.

<< Io direi incredibile. >>

<< Non è possibile, okay? Non può essere la stessa Elsa del film, semplicemente perché non esiste! >>

La ragazzina scattò in piedi e lo raggiunse.

<< E come spieghi la somiglianza allora? E il freddo improvviso quando lei è nelle vicinanze? Ha addirittura l'accento norvegese! >>

Christian inarcò un sopracciglio, come per sfidarla.

<< Coincidenze. >>

<< Anche quello che hai visto ieri sera? Credi sia una coincidenza o un trucco? Non ti sto prendendo in giro Chris, è la verità. >>

I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Gli unici suoni che potevano essere uditi erano le voci dei genitori di Jane che parlavano nell'altra stanza.

Christian sospirò, sconfitto, consapevole che avrebbe anche potuto continuare a negare l'evidenza all'infinito ma lei avrebbe sempre avuto la risposta pronta; si mise di nuovo a sedere accanto alla sua giovane amica e con le mani strofinò gli occhi stanchi prima di alzare lo sguardo.

<< Non ci capisco niente, è tutto così surreale... >> mormorò.

Jane annuì e alzò le spalle.

<< Lo so, ma non è facile neanche per Elsa. Insomma mettiti nei suoi- >>

<< Vorrei solo che me lo avesse detto, okay? È chiedere troppo forse? >> la interruppe Christian con una ritrovata vena di rabbia nella sua voce profonda.

<< No però, come stavo cercando di dirti, mettiti nei suoi panni. Immagina di avere un grande segreto e di andarlo a raccontare a un estraneo! >> rispose Jane a tono, drizzando la schiena.

Christian corrugò le sopracciglia e si fissò le mani, che teneva strette a pugno contro le proprie ginocchia. Era davvero uno sconosciuto? Avevano parlato un po', Elsa gli aveva detto qualcosa su di lei e lui aveva fatto altrettanto. Sì, non si conoscevano da molto e avevano ancora tanto da imparare l'una dell'altro ma comunque c'era qualcosa, un sentimento che stava nascendo nel suo cuore come sicuramente in quello di Elsa e che li legava nonostante lo scarso tempo trascorso insieme.

<< E se ti dicessi che provo qualcosa per lei? >>

Jane poggiò una mano sulla sua spalla per attirare la sua intenzione.

<< Allora aspetta di sentire la sua versione prima di prendere decisioni di cui potresti pentirti. >>

Christian la guardò e per poco non rimase a bocca aperta. Quella ragazzina aveva solo tredici anni, eppure parlava come una donna adulta.

<< Da quando sei diventata così saggia? >> le chiese, alleggerendo l'atmosfera con una risata appena accennata.

<< Ne ho visti di drammi esistenziali tra libri e serie tv. >> rispose sorridendo divertita per tornare poi subito seria. << Sono preoccupata, Chris. Risponde sempre al telefono e dopo quello che mi hai raccontato ho paura che stia davvero male. >>

Al cambio di argomento il volto di Christian si era fatto più cupo a causa del senso di colpa.

<< Magari sta ancora dormendo... >> provò a dire, ma lui stesso si rese conto di quanto fosse ridicolo e lo stesso valeva per Jane.

<< Non ci credi neanche tu. >>

<< No, infatti. Dici che dovrei andare da lei? >>

Jane lo guardò e annuì energicamente.

<< Ha bisogno di te. Ora. >>






I'M BACK BITCHES!!!!!

No, sul serio, è un mese che non pubblico nonostante i miei sforzi e le mie promesse. Avete il sacrosanto permesso di punirmi come meglio credete. Purtroppo tra sessione d'esame all'università e 27635336 serie tv e altrettante ship strappafeels (una fra tutte BRITTANAAAAAA anche se sono ancora alla prima stagione di Glee) il tempo per scrivere è mancato. Però ecco qui il nuovo capitolo e spero che vi piaccia. As usual, fatemi conoscere le vostre impressioni e/o critiche. I'M HERE FOR YOU ALL!!!

Sara


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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Capitolo XVII


La nave proveniente da Arendelle si trovava a un paio di miglia dalla costa e i marinai si stavano febbrilmente preparando per attraccare. Il porto al quale si stavano avvicinando sempre di più era deserto, se non per un paio di vascelli abbandonati che venivano dolcemente cullati dalle onde del mare, creando tuttavia uno scricchiolio sinistro che si adattava in qualche modo al paesaggio circostante: il molo e la piccola stradina sterrata che portava verso il centro abitato erano anch'essi deserti, e al di là del porto erano chiaramente visibili degli scogli altissimi, di almeno cinque metri, che si stagliavano minacciosi sulle acque. Il sole era oscurato da nuvole grigie cariche di pioggia ma il banco di nebbia che circondava il tutto dava l'impressione che il regno delle Isole del Sud non fosse abituato a esserne illuminato molto spesso.

Una volta fissati gli ormeggi e sistemata la stretta passerella in legno sul fianco della nave, la principessa Anna e suo marito Kristoff si accinsero a scendere. Un passo dopo l'altro, la giovane capì immediatamente quanto quel posto fosse diverso: ad Arendelle si poteva chiaramente percepire quel senso di allegria e serenità che aleggiavano per le vie piene di case dai muri colorati e dalle finestre abbellite da fiori di tutti i tipi, nella piazza principale i bambini giocavano chiassosamente e in generale tutto sembrava più vivo.

Invece lì Anna non sentiva nulla, se non il battito frenetico del suo cuore e il rumore del proprio respiro. Ad accentuare l'inquietante sensazione che il regno straniero creava nell'animo dei nuovi arrivati vi era anche il freddo pungente, che penetrava nelle ossa e che portò la principessa a stringersi istintivamente al braccio di suo marito.

Insieme a un gruppo composto da quattro guardie, i due sposi si diressero a passo veloce verso la piazza, intorno alla quale le botteghe dei commercianti erano aperte ma senza clienti al loro interno; Anna intravide un uomo anziano, sui settant'anni circa, vestito con abiti vecchi e logori, camminare lentamente verso la fontana al centro del grande spazio e sedersi sul bordo con aria stanca, e decise di chiedergli indicazioni su come arrivare al castello. Lei e Kristoff si avvicinarono e quest'ultimo si schiarì la gola per richiamare l'attenzione dell'uomo che, tuttavia, non alzò la testa.

<< Scusate. >> disse il ragazzo a voce alta.

Lo sconosciuto alzò lo sguardo, quasi controvoglia, e subito due penetranti occhi verdi si posarono su Anna e la fissarono con tanta intensità che la giovane sentì un brivido tutt'altro che piacevole percorrerle la schiena.

Perché mi sta guardando in questo modo?

Inizialmente Anna pensava che il vecchio fosse solo infastidito da loro due ma c'era qualcosa in quelle iridi profonde che le fece cambiare idea.

<< S-sapreste indicarci la strada per il castello di re Elias? >> chiese la ragazza con un filo di voce.

L'uomo rimase in silenzio, senza accennare ad aprir bocca, poi fece qualcosa all'apparenza insignificante ma che fece aggrottare le sopracciglia ad Anna: alzò la mano destra e tirò indietro il braccio, sfiorando con la punta delle dita la spalla e il collo. Ciò non avrebbe mai attirato l'attenzione della principessa, se non fosse stato per quel breve istante in cui l'uomo si bloccò, come se si fosse reso conto di aver fatto un gesto per abitudine quando invece non avrebbe dovuto. Egli, per allontanare l'attenzione da sé, indicò con la stessa mano una grande strada alla sua sinistra e poi, sempre lentamente, si alzò e si allontanò senza dire una parola.

<< Se qui sono tutti così, potrei quasi capire perché Hans abbia voluto andarsene. >> mormorò Kristoff con una punta di sarcasmo.

Anna si voltò verso di lui e lo guardò con curiosità ma non disse nulla e si limitò a incamminarsi verso la via che era stata loro indicata.

I principi percorsero il sentiero che oltrepassava le abitazioni per inoltrarsi nella foresta, che se possibile era ancora più spaventosa e fredda, ed entrambi rimpiansero di non aver portato dei cavalli con loro sulla nave, ma nella fretta della partenza quello era stato il loro ultimo pensiero. Impiegarono più o meno quaranta minuti per giungere a destinazione, e sia Anna sia Kristoff rimasero a bocca aperta dinanzi all'imponenza litica del palazzo reale, un edificio più grande di quello di Arendelle ma più antico e, a giudicare dalle condizioni, piuttosto mal ridotto.

Appena le guardie vennero a conoscenza dei loro nomi, i due sposi vennero subito fatti entrare nel cortile interno e accompagnati al cospetto del re Elias che, una volta informato della presenza dei due illustri ospiti, li fece accomodare nel suo studio.

Anna era nervosa, non aveva idea di come comportarsi di fronte al monarca di un paese straniero e il motivo per il quale si trovava lì non l'aiutava di certo.

Elsa aveva a che fare con tutto questo, io non- Ma che fai?! Parli di tua sorella al passato, come se fosse morta?!

La ragazza per poco non si schiaffeggiò da sola per la rabbia verso se stessa, ma proprio quel rinnovato vigore e la consapevolezza di essere in una posizione di vantaggio nei confronti delle Isole del Sud per via degli eventi passati le diedero il coraggio e la forza necessaria per alzare la testa con fierezza e affrontare la delicata discussione che l'attendeva.

<< È un onore per me avervi qui, vostra Altezza. >> l'accolse il monarca con un sorriso cordiale, prima di baciarle delicatamente la mano per poi stringere quella di Kristoff.

<< Vorrei poter dire lo stesso, sire, ma purtroppo non sono venuta in vacanza. >> rispose Anna con gentilezza.

Elias annuì e indicò loro le poltrone dall'altra parte della scrivania; una volta accomodati, il re fece lo stesso e poggiò i gomiti sulla superficie in quercia.

<< Allora, cosa vi porta qui? >>

Il cuore di Anna iniziò a battere di nuovo furiosamente e prese un respiro profondo prima di parlare.

<< Si tratta di vostra sorella Victoria. >>

Il re chiuse gli occhi, sospirando, e la principessa immaginò che l'uomo si aspettasse una cosa del genere.

<< Che cosa ha fatto? >>

<< Ecco, lei... Ha lanciato un sortilegio contro mia sorella Elsa, rilegandola in un mondo parallelo al nostro, o almeno questo è quello che ho capito... >> rispose Anna, abbassando la testa al ricordo di quella notte terribile.

<< L'ha uccisa? >> chiese subito il re, sinceramente preoccupato.

Anna scosse la testa.

<< No. Resta il fatto che Arendelle non ha più la sua regina e questo non posso permetterlo. >> disse con voce ferma.

Rimasero in silenzio per alcuni istanti, durante i quali Anna si voltò verso Kristoff, che annuì in segno di incoraggiamento. Lei gli regalò un sorriso appena accennato e si rese conto di essere contenta di averlo con sé.

<< Come posso aiutarvi? >>

Anna riportò l'attenzione su Elias e si schiarì la gola.

<< Non mi aspetto nulla da parte vostra, stiamo parlando di vostra sorella e capisco quanto sia difficile per voi. Vorrei solo che mi diceste dove si trova. >>

<< Non lo so. >>

Le sopracciglia della principessa si inarcarono per via della risposta.

<< Non lo sapete? >> chiese Kristoff, egualmente sorpreso.

<< Mio fratello Fredrik l'ha vista giorni fa e da allora è sparita, nessuno ha più avuto sue notizie, ma l'esperienza mi ha insegnato che è inutile tentare di cercarla. Sa nascondere bene le sue tracce. >>

<< Deve pur esserci un modo per trovarla. >> insistette Kristoff.

La risposta sembrò scontata ad Anna.

<< Hans. >>

Suo marito la guardò con aria interrogativa mentre Elias aveva un'espressione indecifrabile sul suo volto.

<< Cosa c'entra lui? >> domandò il più giovane.

Fu il re a rispondere.

<< Lui e Victoria sono sempre stati molto uniti. Sono i più piccoli e questo li ha portati a supportarsi a vicenda da quando erano dei bambini; quando feci imprigionare mio fratello, Victoria era distrutta e supplicò di dargli un'altra possibilità ma io non ne volli sapere, ovviamente. Così cominciò a dire che era tutta colpa della regina Elsa... Ma non avrei mai pensato che sarebbe arrivata a tanto. >>

Anna si rese conto che la rabbia e il dolore poteva spingere una persona a compiere azioni folli e sapeva che per reagire sarebbe stato necessario comportarsi allo stesso modo.

<< Voglio parlare con Hans. >> affermò con calma e decisione.

Per un secondo i due uomini non risposero, ma quel silenzio fu interrotto da Kristoff, che scattò in piedi.

<< Non se ne parla nemmeno! >> urlò, furioso.

<< Kris- >>

<< Ha cercato di ucciderti! Faremo in un altro modo, non ti avvicinerai a quell'uomo! >>

Anna fece un respiro profondo. Sapeva che avrebbe reagito così ma ormai aveva preso la sua decisione.

<< Se anche ci fosse, comunque ci vorrebbe troppo tempo e per quanto ne sappiamo Elsa potrebbe essere in pericolo. Hans è in prigione, abbiamo le nostre guardie e se anche lui fosse libero, io lo affronterei lo stesso. Stiamo parlando di mia sorella, Kristoff, e io farò di tutto per salvarla, anche rischiare la vita. >> disse con ardore, e quando notò che il ragazzo non sapeva come rispondere, si rivolse al re Elias.

<< So che è difficile, vostra Maestà, ma è tutto ciò che vi chiedo. Per favore. >>

Il sovrano si alzò e fece il giro intorno alla scrivania per fermarsi davanti ad Anna, che si alzò a sua volta quando il re la invitò a farlo; le prese una mano e la strinse tra le sue con gentilezza, e la guardò negli occhi.

<< Le azioni di mio fratello hanno fatto precipitare il nostro regno nella vergogna e nel disonore. Nulla potrà rimediare al dolore che ha provocato sia a voi sia alla regina Elsa. >> e infilò la mano sinistra in tasca per estrarre una chiave in ottone di medie dimensioni, che consegnò ad Anna.

<< Una volta usciti dal portone principale prendete il sentiero che porta verso le montagne. Non è molto lontano da qui. Arriverete a un lago e a qualche miglio vedrete delle grotte. Hans è rinchiuso lì. >>

La principessa gli sorrise e strinse la mano che teneva ancora la sua.

<< Grazie, vostra Maestà. Non lo dimenticherò mai. >>

Il re annuì ma sostenne ancora il suo sguardo. La giovane era sorpresa da quanto simili fossero gli occhi dei tre fratelli che aveva conosciuto: nonostante avessero madri diverse, tutti avevano quelle grandi iridi verdi.

Sembrano quasi...

Il cuore di Anna perse un battito. L'uomo che avevano incontrato in piazza aveva gli stessi occhi. Identici.

Com'è possibile? No, è la mia immaginazione. Non possono essere gli stessi... A meno che-

Tutto diventò chiaro e la ragazza si maledisse per non averlo capito subito. Quel gesto che l'aveva insospettita era esattamente quello che sembrava: quell'uomo voleva spostarsi i capelli dietro l'orecchio. Era abituato a farlo, anche se apparentemente erano troppo corti. Il motivo?

Quella era lei.

Con un incantesimo aveva fatto in modo di non essere riconosciuta e ciò spiegava anche quel comportamento così ostile, soprattutto nei suoi confronti. La paura assalì la principessa, che a malapena riuscì a combattere il desiderio di accasciarsi a terra; sapere quanto quella donna fosse stata vicina, e purtroppo ormai irraggiungibile, fece capire ad Anna che non c'era tempo da perdere. Lei e Kristoff vennero congedati e uscirono dalla stanza, tornando verso il cortile interno, dove uno stalliere portò dei cavalli per loro e per le guardie. Partirono subito al galoppo, percorrendo il sentiero tra gli alberi alti e spogli, arrivando al lago nel giro di dieci minuti; successivamente si diressero verso le grotte e smontarono poi da cavallo per cercare quella in cui Hans era tenuto prigioniero. Insieme alle guardie ispezionarono le pareti di roccia fin quando uno dei soldati non richiamò l'attenzione degli altri: a circa un metro e mezzo da terra, c'era una serratura scura, quasi invisibile.

Anna fece per inserire la chiave ma Kristoff la bloccò afferrandole un braccio.

<< Io e le guardie veniamo con te. >>

<< No, è meglio che mi veda da sola. Se le cose dovessero mettersi male, urlerò. >>

Kristoff stava per replicare ma Anna non gliene diede il tempo, perché si alzò in punta di piedi e lo baciò sulle labbra. Lui la strinse a sé, e in quel bacio i due giovani riversarono tutta la tensione e la paura accumulate in quei giorni; quando si separarono, senza fiato, Anna poggiò la fronte contro quella del marito ed entrambi chiusero gli occhi per calmare i propri cuori.

<< Fidati di me. >>

Si girò nuovamente verso la porta in legno massiccio e infilò la chiave nella serratura, facendola scattare. Fece un respiro profondo ed entrò nello spazio scavato nella roccia, chiudendo la pesante porta alle sue spalle. L'interno era a malapena illuminato da una piccola lampada a olio e la ragazza ci mise un po' ad abituare la propria vista all'ambiente scarsamente illuminato; quando questo accadde, la prima cosa che Anna notò quanto angusto fosse il posto in cui si trovava e la mancanza d'aria per poco non le provocò un capogiro.

<< Chi c'è? >>

Anna trattenne il respiro appena udì quel suono che le ricordò un passato costellato di parole sussurrate e dolci sguardi. La principessa si rese conto di quanto quella voce fosse diversa, di come avesse perso quella spensieratezza che la caratterizzava. Si fece forza e si avvicinò ancora di più.

<< Vic? Sei tu? >> chiese la voce con più forza e forse un accenno di rabbia.

Anna deglutì e fece un ultimo passo, che le permise di vedere chiaramente quel che era rimasto dell'affascinante principe: un corpo magro, con addosso pochi stracci, le cui braccia erano poggiate sulle ginocchia e la testa era china in avanti. Vista l'assenza di una risposta il giovane alzò lo sguardo, e quella volta fu lui a trattenere il respiro. I suoi occhi verdi erano immersi in quelli dell'ultima persona che avrebbe mai creduto di rivedere, e per un attimo al principe sembrò di avere un'allucinazione.

Ma poi sentì la sua voce.

<< Ciao Hans. >>




Eccociiiii!!!!

Ormai è assodato che mi è fisicamente impossibile pubblicare più spesso e per questo vorrei picchiarmi da sola. Ancora una volta vi chiedo perdono. Vorrei cogliere l'occasione per ringraziarvi, sia per le fantastiche recensioni e sia per seguire questa mia storia che spero continui a piacervi. Sooooo, fatemi sapere cosa pensate di questo nuovo capitolo ambientato nelle Isole del Sud, se vi va!

Un bacio!!

Sara

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Capitolo XVIII


Elsa non sapeva cosa fosse il freddo. A dire la verità, aveva sempre cercato di immaginare quella sensazione ma, quando era piccola, non se ne preoccupava più di tanto. Eppure, mentre era rannicchiata a terra sotto la finestra del piccolo appartamento in cui viveva, le sembrò di capire perfettamente cosa si provasse: delle affilate lame invisibili le trapassavano il cuore, facendolo a pezzi e lasciando nel suo corpo un senso di vuoto e gelo che le impediva muoversi, che le impediva di respirare.

Da quando era tornata lì, non si era più mossa: la schiena era poggiata al muro, con le braccia abbracciava le gambe che erano piegate e la sua testa era china verso il basso, gli occhi chiusi. Il suo corpo era scosso dai singhiozzi e le mani erano strette a pugno, le nocche bianche per lo sforzo; non aveva alzato lo sguardo da quando aveva iniziato a piangere, perché sapeva che cosa avrebbe trovato.

Ghiaccio.

Ancora una volta nella sua breve vita, era circondata dal simbolo della forza, ma che allo stesso tempo era sinonimo di tutte le sofferenze che aveva dovuto patire. Era come se fosse tornata nel suo castello sulla montagna del Nord: in fuga, sola, vittima dei pregiudizi. Quella volta però non si sentiva libera, ma oppressa, e sua sorella Anna non avrebbe bussato alla porta per farle cambiare idea.

Si sentiva così in colpa, così arrabbiata con se stessa per aver creduto di poter avere una vita normale. Purtroppo la realtà si era presentata prepotentemente davanti a lei, come uno schiaffo in pieno viso: per quanto si sforzasse, per quanto provasse a fingere che tutto andasse bene, Elsa sapeva di non appartenere a quel mondo, a quella vita. L'apparente facilità con la quale si era inserita in una routine che credeva potesse appartenerle era, chiaramente, un'illusione, una bugia che aveva continuato a ripetersi per fuggire l'inevitabile: la perdita del controllo.

Quando, poche settimane prima, era stata catapultata in quella piccola città nel New Jersey, si era ripromessa di rimanere alla larga da chiunque in quello che era convinta fosse un vero e proprio inferno; ma vedendosi circondata da persone normali, gentili, identiche a quelle che popolavano il suo regno, aveva cominciato a lasciarsi andare, a permettersi di reagire alle difficoltà semplicemente vivendo. Più e più volte aveva permesso alla giovane Jane di aiutarla e in sua presenza si era sempre sentita capita e, soprattutto, normale, perché lei sapeva chi era davvero e non le importava. Aveva permesso a se stessa di abbassare le proprie difese intorno alle persone che la circondavano e proprio ciò le aveva portato l'ultima cosa che avrebbe mai immaginato di trovare nella sua vita: l'amore.

E quel sentimento poteva essere identificato con un volto, un nome.

Christian.

I singhiozzi che scuotevano Elsa divennero ancora più forti appena la sua mente si soffermò sul ricordo di quegli occhi color nocciola che la guardavano come se al mondo non ci fosse nulla di più prezioso, sul ricordo di quel sorriso timido che si formava sul suo volto appena la vedeva, sul ricordo delle sue labbra che la baciavano con sicurezza e affetto, sul ricordo di come il suo cuore impazziva nel petto appena si trovava in presenza di quel bellissimo ragazzo che l'aveva conquistata con la sua confidenza, gentilezza e sì, anche con una cioccolata calda versata accidentalmente sul maglione.

Purtroppo tutti i bellissimi, seppur pochi, momenti trascorsi insieme dovettero far spazio alle conseguenze di ciò che era successo la sera prima, quando Christian l'aveva vista involontariamente usare i suoi poteri e l'aveva fissata con uno sguardo spaventato, incredulo, uno sguardo che finalmente aveva aperto gli occhi della povera ragazza nel peggior modo possibile.

Lì, in quella stanza che conteneva il più gelido degli inverni, Elsa non aveva idea di come affrontare le conseguenze delle sue azioni, se non fuggendo, come ad Arendelle; si sentiva persa nel tumulto di emozioni che la perseguitavano dalla sera prima.

Victoria ha ragione.


Sono un mostro.


Proprio quando la regina credeva che la situazione in cui si trovava non potesse peggiorare, udì bussare alla porta che si trovava dall'altra parte dell'appartamento. Per un attimo pensò che si trattasse di Jane, ma si rese subito conto che i colpi erano stati troppo forti, e la conferma giunse pochi istanti dopo, quando si sentì chiamare da quella voce che credeva non avrebbe udito mai più.

<< Elsa! >>

La giovane alzò di colpo la testa e i suoi occhi blu si posarono sulla porta, la cui serratura era bloccata dal ghiaccio.

<< Elsa! Fammi entrare. >> disse ancora Christian, bussando nuovamente, anche se con meno forza. << Per favore. >>

La regina sentì le proprie guance bagnarsi con altre lacrime e il cuore spezzarsi nell'udire quel lieve tono di supplica nella voce dell'uomo di cui si era innamorata, ma l'amore che provava per lui era esattamente il motivo per cui non poteva metterlo in pericolo. Almeno, non più di quanto di quanto avesse già fatto.

<< Va' via Christian. >> rispose allora con debolezza.

Parlare le sembrava così faticoso...

<< Non mi muovo da qui finché non mi lascerai entrare. >>

Elsa si rese conto che Christian non avrebbe mai ceduto, perché troppo testardo, proprio come la sua Anna, e quel comportamento la spronò a reagire e a parlare con più determinazione.

<< Non capisci che voglio proteggerti? Perché dovete tutti starmi vicino quando è chiaro che vi metto in pericolo? Prima mia sorella e adesso tu... Lasciatemi in pace, non ho bisogno di nessuno! >>

Sentì Christian sospirare pesantemente e una parte di lei sperò che se ne andasse, che la lasciasse sola, come lo era stata per tutta la vita; ma un'altra parte, quella che la incitava a buttarsi a capofitto in quel nuovo sentimento che si era impossessato del suo cuore, continuò a sperare che non rinunciasse a lei.

<< Ho i miei dubbi al riguardo. >> gli sentì dire prima di vedere la porta venire spalancata con una spallata.

Subito l'aria fredda investì Christian, che di riflesso si strinse ancora di più la sciarpa intorno al collo e socchiuse gli occhi per il fastidio provocato dal gelo; appena i loro occhi si incontrarono, Elsa si alzò di scatto in piedi, pur senza muovere un passo dal suo rifugio sotto la finestra dai vetri ghiacciati.

Continuò a fissare Christian, che lentamente si stava avvicinando, provocando nella ragazza una tensione quasi automatica, un'abitudine vera e propria, che la portò a stringere i pugni e a portarseli al petto.

<< Non capisci che sono qui per aiutarti? >> chiese il ragazzo con voce sorprendentemente ferma, nonostante il suo corpo tremasse per il freddo.

Elsa scosse la testa e abbassò lo sguardo mentre piangeva sommessamente, incapace ormai di sostenere la vista di quegli occhi colmi di preoccupazione.

<< I-Io ti ho m-mentito per tutto questo tempo. >> rispose con aria colpevole, << Non merito il tuo aiuto e-ed è pericoloso p-per te essere qui. Ho quasi ucciso A-Anna, non voglio che succeda anche c-con te. >>

<< Be', è un peccato che la pensi così, perché non c'è altro posto in cui vorrei trovarmi in questo momento se non qui dentro, con te. >>

Christian, dopo aver pronunciato quelle parole così cariche di significato, si avvicinò e subito il corpo di Elsa si tese ulteriormente, portando il ghiaccio che ricopriva l'appartamento a inspessirsi ancora di più.

<< Non si abbandonano le persone che si amano. >>

Gli occhi della ragazza saettarono verso quelli del giovane, che le regalò un sorriso dolcissimo.

<< Tu non sei sola e non lo sarai mai. >>

Anna le aveva ripetuto quelle stesse parole più e più volte ma sentirle dire in quel momento, da un uomo che non era tenuto a starle accanto e che, forse, si era innamorato di lei per quella che era davvero, senza sapere nulla del suo triste e doloroso passato, le fece provare una sensazione strana, nuova, una sensazione che stava cominciando a scaldarle il cuore.

Christian allungò le mani per prendere quelle di Elsa ma lei scosse energicamente la testa e di riflesso si appoggiò ancora di più contro il ghiaccio dietro di lei.

<< N-No, ti prego... >> sussurrò con gli occhi sbarrati, impauriti.

<< Tu non mi farai del male. >> disse a sua volta Christian con decisione nel momento esatto in cui le loro mani entrarono in contatto. Le portò alle labbra e posò un bacio delicato su ognuna, senza mai distogliere lo sguardo da Elsa, che lo guardava con fiato sospeso.

<< Non mi farai del male. >> ripeté il ragazzo con un filo di voce prima di azzerare la poca distanza che era rimasta tra loro.

Nessuno dei due si mosse.

Il tempo parve essersi fermato.

E proprio in quell'istante, minuto, ora in cui rimasero immobili, Elsa cessò di combattere. Si arrese ancora una volta al suo cuore nonostante tutte le paure che la perseguitavano da una vita.

No, non avrebbe mai potuto fargli del male.

La ragazza portò le braccia intorno al suo collo e alzò di più la testa per poter rispondere al bacio, gesto che portò Christian a cingerle fianchi e spalle per stringerla a sé.

Le loro labbra si muovevano con delicatezza ma al tempo stesso passione, desiderose di esprimere sollievo, perdono, fiducia e, soprattutto, amore.

Quando si separarono per riprendere fiato, entrambi si sorrisero e Christian iniziò a baciare ripetutamente le guance della ragazza che teneva fra le braccia, volendo cancellare ogni traccia di lacrime e tristezza dal suo volto; Elsa, colpita dalla sua dolcezza, poggiò la testa contro il suo petto e lo abbracciò forte, venendo subito ricambiata.

<< Mi dispiace tanto. Ci sono tante cose che non sai, devo spiegarti... >> cominciò lei ma venne interrotta da Christian.

<< Non devi scusarti. >>

L'allontanò leggermente da sé per poterla guardare negli occhi e le sorrise mentre le accarezzava una guancia.

<< Te l'ho già detto, ricordi? Qualunque cosa accada, l'affronteremo insieme. >>

Elsa sentì arrivare nuove lacrime e prima che potessero effettivamente scendere, prese il volto del suo uomo tra le mani e lo baciò con fervore, esplorando la sua bocca con la lingua, che subito entrò in contatto con l'altra, provocando un lieve gemito a entrambi.

La passione e il desiderio che provavano l'uno per l'altra cominciò ad affiorare, ad impossessarsi dei loro corpi, e nel giro di pochi attimi la schiena di Elsa fu contro la parete più vicina, le sue gambe strette intorno ai fianchi di Christian, che la teneva sollevata contro il muro senza il minimo sforzo.

Elsa non si era mai sentita così viva, così libera di abbandonarsi agli impulsi carnali del suo corpo; nella sua vita nessuno era mai riuscito a farla sentire così amata e desiderata allo stesso tempo.

La bocca del ragazzo scese a baciarle il collo e la regina istintivamente chiuse gli occhi e tirò indietro la testa, gemendo sommessamente.

<< Mi vuoi? >> chiese lui con voce roca contro la sua pelle, premendo i fianchi contro di lei, per poi alzare lo sguardo e incontrare gli occhi di Elsa, diventati più scuri per il desiderio.

<< Sì. >> rispose senza fiato. << Ora. >>

Poggiandola a terra, Christian riuscì a sfilarle la maglia a maniche corte che indossava e la lanciò in un punto imprecisato dell'appartamento, subito seguita dal cappotto e dalla sciarpa di lui. Quando però Elsa afferrò il bordo del suo maglione e iniziò ad alzarlo per liberarsene, Christian la fermò, sorridendole.

<< Il fatto che tu abbia questi poteri è fantastico, e mi piace, ma non è che potresti... ? >> e si guardò intorno per indicare che l'abitazione era ancora completamente congelata.

Elsa scoppiò a ridere e si rimproverò per non aver pensato che lui non era immune alle temperature rigide; con un gesto della mano, tutto il ghiaccio cominciò a sgretolarsi e ad evaporare, portando la temperatura della stanza a un livello accettabile.

Una volta terminato, Christian venne scosso da un brivido per via cambiamento termico, e così permise alla bionda di sfilargli il maglione.

Elsa non aveva mai visto un uomo a petto nudo e subito, con una curiosità e una confidenza che sorpresero anche lei, andò a percorrere con la punta delle dita le linee dei muscoli scolpiti che aveva davanti; le sue mani erano ancora fredde, come sempre, anche se non come pochi minuti prima, e provocarono altri brividi al giovane, soprattutto quando cominciarono a scendere fino a fermarsi al bordo dei jeans.

La ragazza arrossì di colpo ma si fece coraggio, e il suo sguardo era divertito quando si posò di nuovo sul volto di Christian.

<< Dovrai abituarti al freddo. >> mormorò con una sensualità che non credeva le appartenesse.

Lui sorrise e la baciò velocemente sulle labbra mentre le cingeva i fianchi con le mani e la premeva contro il suo corpo, facendole sentire così quanto la desiderava.

<< Credo proprio di poterlo fare. E ora, mia regina... >> e la prese di nuovo in braccio, portandola sul letto e sdraiandosi poi su di lei.

<< Dove eravamo rimasti? >>






Incredibile, sono tornata! In questo mese è successo DI TUTTO. Esami, problemi in famiglia, dannato blocco dello scrittore... Caos più totale! Ma eccomi qua con quello che penso sia uno dei capitoli più importanti di tutta la storia, una specie di plot twist, se vogliamo. Ora più che mai è importante che mi facciate sapere cosa ne pensate, sia per quanto riguarda il capitolo ovviamente sia per spazzare via gli ultimi rimasugli di blocco ^^

Un bacione e grazie :D

Sara



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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Capitolo XIX



<< Ciao Hans. >>


Un'allucinazione.

Per quanto piacevolmente inaspettata, era pur sempre frutto della sua immaginazione. Doveva esserlo.

Perché non poteva esserci altra spiegazione alla sua presenza in quel posto dove avrebbe trascorso il resto della sua vita.

Eppure, col passare dei secondi, era sempre più convinto che Anna, la ragazza che aveva cercato di uccidere un anno prima, era proprio lì davanti a lui, con i grandi occhi verdi pieni di angoscia e stupore. Evidentemente non si aspettava di trovarlo in quelle condizioni, così diverso da quello che era stato un tempo.

La principessa invece era sempre la stessa, con quelle lentiggini che accentuavano la dolcezza del suo volto, il quale però, in quel momento, tradiva emozioni tutt'altro che piacevoli.

Hans decise di parlare, prima che il disagio per quella situazione diventasse ancora più insopportabile di quanto non fosse già.

<< Ti chiederei cosa ci fai qui ma credo di poterlo immaginare. >>

Anna abbassò per un attimo lo sguardo, osservando le proprie mani che torturavano un lembo del mantello che indossava, per poi rialzarlo per guardarlo negli occhi.

<< Tua fratello mi ha detto che tu e Victoria siete molto legati. >>

Il principe annuì molto lentamente e il fantasma di un amaro sorriso gli piegò le labbra.

<< Lo eravamo. >>

<< Che vuoi dire? >> chiese Anna.

<< Proprio quello che ho detto. Eravamo molto uniti, da sempre, ma le sue deplorevoli azioni di recente mi hanno fatto dubitare di aver mai conosciuto davvero mia sorella. >>

La principessa inarcò un sopracciglio, come faceva quando dubitava di qualcosa.

<< Deplorevoli azioni? Queste parole hanno un non so che di comico, sai, dette proprio da te. >> ribatté la ragazza con una punta di sarcasmo.

Hans sospirò e si alzò in piedi per raggiungere le sbarre che li separavano e vi si appoggiò stancamente; piegò la testa di alto, studiando la persona che aveva davanti a sé, e casualmente lo sguardo cadde sulle dita della mano sinistra di lei, dove era ben visibile una fede nuziale in oro. Per un breve attimo il ragazzo provò una fitta di gelosia, ma non per Anna, piuttosto per la vita che avrebbe potuto avere se avesse dato ascolto a Victoria. Una vita, con moglie e figli, che ormai non aveva più il diritto di pretendere.

Furono quei pensieri così tristi e malinconici che lo portarono a parlare con totale sincerità.

<< Fino a un anno fa mi sono sempre chiesto che senso avesse condannare un uomo a passare il resto della sua vita in prigione. Voglio dire, se la sua colpa è così grave, basterebbe condannarlo a morte e farla finita, no? >>

Anna aggrottò le sopracciglia, chiaramente a disagio, ma Hans non si fermò.

<< Adesso però l'ho capito, sai? In prigione si è soli con i propri pensieri e mi sono reso conto che questo è di gran lunga peggiore della morte. Perché vedi, per lasciare questo mondo non ci vuole nulla, e molte persone preferiscono farla finita piuttosto che subire torture o altro. >>

<< Smettila. >> lo implorò la ragazza, portando però il principe a parlare con ancora più durezza.

<< Invece restare trenta , quarant'anni in un buco scavato nella roccia a pensare e ripensare a ciò che abbiamo fatto è il supplizio peggiore a cui un essere umano possa essere condannato. >>

Hans si fermò per riprendere fiato e si appoggiò ancora più pesantemente contro le sbarre, come per cercare di avvicinarsi di più ad Anna.

<< Mi dispiace per quello che ho fatto. >> concluse con voce più bassa.

Gli occhi della principessa saettarono di nuovo verso i suoi, e al loro interno non vi si leggeva altro che rabbia.

<< Ma come osi? >> domandò, mentre si avvicinava lentamente a lui. << Con quale coraggio ti permetti di dire che ti dispiace? Se non fosse stato per te, io non sarei quasi morta. Se non fosse per te, Elsa non avrebbe rischiato di morire. E soprattutto, se non fosse stato per te, Victoria non l'avrebbe rinchiusa chissà dove, lontana dalla sua famiglia, per vendicarsi della punizione che meriti! >>

Anna non aveva urlato, anzi, ma la forza delle sue parole aveva reso Hans ancora più consapevole di quanto avesse bisogno del suo perdono.

<< Ascolta... >>

<< No, tu ascolta me. >> lo interruppe la ragazza. << Non mi interessa quanto sia terribile vivere così, chiaro? L'unica persona di cui mi importa è mia sorella e voglio riportarla in questo mondo. So che hai visto Victoria, quindi adesso mi dirai tutto quello che sai, così potrai tornare dai tuoi pensieri una volta per tutte. >>

In un'altra situazione, Hans sarebbe rimasto piacevolmente colpito dall'atteggiamento della principessa, ma la realtà era tutt'altra storia.

<< Lo farò, te lo prometto, ma prima lasciami spiegare. Per favore. >>

Anna sbuffò, incredula.

<< Non c'è niente da spiegare. >>

<< E invece sì! Senti, lo so che ho sbagliato, e che io sia dannato se non merito di trovarmi qui dentro. Ma ti posso assicurare che sono consapevole dei miei errori e che darei la mia vita per cancellare il dolore che vi ho inflitto. Voglio aiutarti, Anna, davvero, farò qualsiasi cosa. >>

La ragazza lo guardò negli occhi, dubbiosa, e scosse la testa.

<< Non puoi aspettarti che io ti perdoni. O che lo faccia Elsa. >>

Hans le sorrise. Stranamente, quelle parole gli avevano dato un accenno di speranza.

<< Non ora, e forse mai, ma potrei iniziare a guadagnarmi il vostro perdono. >>

Il cuore gli batteva forte. Anche se sapeva che sarebbe rimasto in quella prigione, il solo pensiero di poter aiutare le sorelle di Arendelle gli aveva conferito una nuova forza, una nuova voglia di dimostrare quanto fosse cambiato.

Vide Anna annuire. Non sembrava del tutto convinta, ma era comunque un inizio.

<< Non ti prometto nulla. Adesso parla. >> disse con più calma.

<< Victoria non mi ha detto nulla in particolare, ma di sicuro nella sua stanza ci sarà qualcosa che possiamo usare contro di lei. >> spiegò Hans, con le sopracciglia aggrottate.

Anna annuì, pensierosa, e lo guardò poi negli occhi con una nuova determinazione.

<< Se ti portassi con me, pensi di potermi essere d'aiuto? >>

<< Le guardie non mi faranno mai avvicinare al palazzo... >> mormorò mestamente il principe.

La ragazza si tolse una forcina dai capelli e si chinò per forzare la serrature delle sbarre; Hans, nonostante la gravità della situazione, non poté evitare un pizzico di divertimento nel vedere la principessa di Arendelle compiere un'azione del genere con tale disinvoltura.

<< Garantirò io per te. >> disse semplicemente e, come per confermare ulteriormente le sue parole, la serratura scattò, permettendo al giovane di uscire.

Poco prima di uscire dalla porta principale, Anna afferrò il braccio di Hans, bloccandolo.

<< Prima di partire ho parlato con i Troll. Pare che l'unico modo per porre fine al maleficio sia uccidere Victoria. >>

Il principe chiuse momentaneamente gli occhi. Sapeva che quel tipo di magia possedeva regole completamente differenti, macabre e pericolose, e una piccola parte di lui aveva sempre saputo che il prezzo da pagare per salvare la regina sarebbe stato uccidere Victoria; ma, come aveva detto ad Anna, in quei mesi lui era cambiato, e se prima non avrebbe mai preso in considerazione un'eventualità così drastica, in quel momento era consapevole della sua necessità.

Quindi, riaprendo gli occhi, poggiò delicatamente una mano sulla spalla della donna di fronte a lui e cercò di tranquillizzarla.

<< Lo so. Dobbiamo fare ciò che è giusto. >>

Con quelle parole si voltò per aprire la pesante porta d'ingresso e subito sentì la vita tornare in lui. Aria pulita, anche se fredda, entrò nei suoi polmoni e il cielo, anche se coperto dalle nuvole, gli sembrava la cosa più bella che avesse mai visto. Fece appena in tempo a godersi quei pochi secondi di libertà prima di venire afferrato per il bavero della camicia e sbattuto contro la parete di roccia accanto.

<< Che diavolo ci fai qui fuori?! >> fu l'urlo di Kristoff, subito seguito da un pugno che gli aprì uno spacco sul labbro inferiore.

<< No, fermo! >> urlò a sua volta Anna, che si mise fra i due uomini.

Hans sputò a terra il sangue che gli si era accumulato in bocca e rialzò poi lo sguardo per vedere la schiena della principessa davanti a lui e Kristoff rosso per la rabbia.

Se non avessero dovuto tornare al palazzo per cercare di uccidere sua sorella, sicuramente avrebbe trovato il tutto alquanto imbarazzante.

<< Come hai potuto farlo uscire! >> continuò furioso il biondo, anche se con voce nettamente più bassa, visto che si stava rivolgendo alla moglie.

<< Ci può essere utile per fermare Victoria! Se torniamo subito al palazzo, potrà dirci se nella sua stanza c'è qualcosa che possa aiutarci! >> disse Anna, cercando di farlo ragionare. << Non lo perderemo mai di vista, e poi ci sono anche le guardie! Ci penseranno loro, ma sono sicura che non ci darà problemi. Vero? >> concluse poi, voltandosi verso il diretto interessato per avere conferma.

<< Certo, nessun problema. >> rispose Hans, annuendo con convinzione.

Le guardie borbottarono fra loro e Kristoff gli lanciò un'occhiata che avrebbe potuto incenerire qualcuno, ma evidentemente il desiderio di salvare la cognata doveva essere la sua priorità, perché si avviò verso il suo cavallo senza dire una parola. Anna lo seguì e salì in sella con lui, per lasciare il proprio ad Hans.

Quando anche i soldati furono pronti a partire, tutti si lanciarono al galoppo verso il palazzo delle Isole del Sud, con il cielo sopra di loro che si faceva ancora più cupo.

Si avvicinava un temporale, quasi fosse un presagio di ciò che li attendeva.


Erano nei pressi delle mura esterne quando iniziò a piovere e appena le guardie di vedetta li videro avvicinarsi, diedero l'ordine di aprire immediatamente i grandi portali per lasciarli passare; una volta scesi da cavallo, Kristoff, Anna e Hans, fradici dalla testa ai piedi, si precipitarono dentro, grati che nessuno li avesse fermati. Il drastico cambiamento del principe rendeva praticamente impossibile riconoscerlo.

Dopo aver salito varie rampe di scale, i tre giovani raggiunsero la camera da letto di Victoria la cui porta, ovviamente, era chiusa a chiave; con un calcio, Hans l'aprì e immediatamente si guardarono intorno per cercare qualunque cosa potesse aiutarli a capire cosa fare. Tutto però sembrava normale, secondo Hans: il grande letto a baldacchino era intatto, negli armadi vi erano solo abiti e sulla scrivania non c'era nulla, tranne fogli bianchi, una piuma d'oca, la boccetta d'inchiostro e un portagioie.

<< Io non vedo niente che sembri un libro di magia. >> constatò con impazienza Anna.

<< Da quello che so, Victoria non ne ha mai avuto uno. >> replicò Hans mentre si piegava per guardare sotto il letto, senza trovare nulla.

La principessa sospirò pesantemente.

<< Come facciamo a cercare qualcosa che non abbiamo idea di come sia fatto? >>

Il giovane cominciava a innervosirsi, sia perché sapeva che la ragazza aveva ragione, sia perché gli sembrava di cogliere una punta di rimprovero nella sua voce.

<< Non lo so, ma non posso pensare con te che non fai altro che parlare. >>

<< Non ti permettere di dirmi quello che posso o non posso fare! Se non fosse stato per te, neanche ci troveremmo qui! >> esclamò Anna con rabbia.

<< Magari avresti dovuto lasciarmi a marcire lì dentro! >>

<< Infatti! >>

<< ZITTI! >>

Hans e Anna si zittirono immediatamente e si voltarono verso Kristoff, che tuttavia si stava guardando intorno, concentrato.

<< Se urlate non riesco a sentire. >>

Il principe piegò la testa di lato.

<< Sentire cosa? >>

Il biondo alzò una mano, e fece un piccolo gesto per indicare la stanza.

<< Questo ronzio. Ascoltate. >>

Hans tese l'orecchio e dopo pochi istanti riuscì chiaramente a udire un rumore continuo, quasi impercettibile, un ronzio appunto a cui non aveva fatto per niente caso.

<< Da dove viene? >> domandò Anna, avvicinandosi a Kristoff.

Lui indicò il portagioie in legno lucido che si trovava sulla scrivania e Hans si affrettò a raggiungere i due sposi.

I tre si guardarono negli occhi, preoccupati, ma consapevoli che il tempo era quanto mai prezioso in quel momento. Hans sentiva il suo cuore battere all'impazzata, non credeva di aver mai provato tanta agitazione in tutta la sua vita, ed era sicuro che anche il cuore di Anna stesse battendo allo stesso ritmo frenetico, se non di più.

Sentì la ragazza inspirare profondamente e tutti trattennero il respiro mentre lei stessa sollevava con delicatezza il coperchio.

Si aspettavano di tutto ma nessuno di loro era preparato a ciò che trovarono lì dentro.


<< Che diamine è quella cosa?! >>








Che sarà mai? Chissà u.u

Anna ha deciso di fidarsi di Hans, anche se non completamente. Vorrei vedere! Kristoff mi fa sempre ridere e lo ritengo un personaggio abbastanza inutile sia in Frozen sia in questa mia storia (chiedo perdono a chi shippa Kristanna u.u) ma almeno stavolta gli ho voluto lasciare un piccolo momento di gloria, e penso che ripeterò l'azione in futuro. Allora, secondo voi cosa hanno trovato in quello scrigno? Cosa nasconde Victoria di così importante? Voi mi direte, “Se è importante, lo lascia in bella vista?”. L'esperienza mi insegna che per nascondere qualcosa, devi metterlo più in mostra possibile; se non fosse stato per il suono e l'udito alquanto prodigioso di Kristoff, non avrebbero mai dato peso a un innocuo portagioie, no? ;)

Fatemi sapere che ne pensate, è sempre importantissimo per me!

Until next time,

Sara




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Capitolo 20
*** Lettera ***


Dear Fellows,

avrete sicuramente pensato che mi fossi persa in un universo parallelo, o che gli alieni mi avessero rapito, o che Mr. Grey mi avesse rinchiusa a vita nella sua stanza dei giochi. Come darvi torto, per due mesi sono sparita! Ma no, eccomi qua e purtroppo non porto buone notizie.

In questo periodo sono stata molto sotto pressione a causa della sessione estiva (chi frequenta l'università come me può capire, e per chi ha la fortuna di non aver ancora messo piede in un ateneo... Diciamo che non voglio spaventarvi), e quindi il mio povero cervello non è stato in grado di creare nulla fino ai primi di luglio. Voi direte, e che problema c'è? Hai finito, quindi riprendi a scrivere! Non è così semplice.

Vi giuro che ci ho provato, ho aspettato pazientemente un'illuminazione divina che mi permettesse di scrivere, ho passato ore davanti al pc o a un foglio per buttare giù qualsiasi cosa ma non c'è stato nulla da fare.

Pertanto, appurato che sono ancora in possesso di tutte le mie facoltà mentali (per modo di dire, ma chi se ne frega!), sono giunta alla conclusione che il problema risiede nella storia stessa: è come se non mi sentissi più in sintonia con la trama e con i personaggi, come se sia giunta per me l'ora di cambiare tutto. In poche parole, devo scrivere qualcosa di nuovo o rimarrò bloccata forever and ever. E noi non vogliamo questo, giusto?

Per ora A Frozen Tale rimarrà in pausa, fin quando non arriverà la sopracitata illuminazione divina o una botta in testa o quello che volete. Qualora nulla di tutto ciò dovesse avvenire, cancellerò definitivamente la fanfiction.

Mi dispiace tantissimo e vi chiedo scusa, sia ai nuovi lettori sia a coloro che hanno seguito dal primo capitolo, recensendo ogni volta. Davvero, mi sento una persona orribile, però spero che concorderete con me nel dire che non sarebbe giusto nei vostri confronti pubblicare qualcosa di superficiale e scritto malamente. E, per dirla tutta, non sarebbe corretto neanche per me, che considero la scrittura un hobby rilassante e che, se forzato, diventerebbe una tortura.

Vi chiedo ancora scusa. Non odiatemi, vi prego. Anche se non vi biasimerei.

Un bacio enorme,

Sara

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