When love is real, it finds a way

di SunlitDays
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Closure ***
Capitolo 2: *** To Live and Die Like A Hero ***



Capitolo 1
*** Closure ***


Titolo: Closure
Ship: Poseidone/Sally, Paul/Sally in background
Rating: giallo
Wordcount: 961 (fdp)
NdA: scritta per la Sally/Poseidone e Sally/Paul Week della #PJShipWeeksITALIA con il prompt di M I K I: Poseidone è un rompiscatole. Dopo aver conosciuto Paul non fa altro che apparire nell'appartamento in cui Sally e Paul vivono, facendo stupide, inopportune, invadenti domande. "Ma sei sicura che quel tizio lì ti meriti?"
L'intenzione è quella di scrivere almeno una fic per ogni Week, ma ho già saltato la prima quindi non ci conto molto XD
Ho sempre pensato che Sally avesse bisogno di una closure dalla storia di Poseidone. Nel mio headcanon, in realtà, ciò avviene dopo che Percy e Annabeth cadono nel Tartaro. Ho sempre immaginato Poseidone che va da Sally per darle la triste notizia e Sally che urla: e tu perché sei qui o non da loro? Ma per ragioni di prompt, questa fic è ambientata da qualche parte tra La Battaglia del Labirinto e Lo Scontro Finale.
Il titolo della raccolta, When love is real, it finds a way”, è una citazione di Avatar — The Last Airbender, che mi ha suggerito Alexiel Mihawk, dato che io volevo usare una cosa banalissima come PJ Ship Weeks Italia LOL


«Ma sei sicura che quel tizio lì ti meriti?»

 

Durante i suoi trentacinque anni di vita, Sally Jackson aveva dato più volte prova di essere una persona dalla pazienza infinita.

Non tutti i sedicenni avrebbero rinunciato facilmente a una vita sociale per accudire un parente malato, non tutte le donne avrebbero accettato di subire gli abusi di un uomo per amore di un figlio, e non tutte le madri erano tagliate per crescere un semidio dalla spiccata abilità di mettersi nei guai.

Cavolo, a volte si chiedeva come avesse fatto a non perdere la ragione. Per quanto ne sapeva, la maggior parte dei genitori mortali che avevano messo al mondo un mezzosangue erano morti o pazzi.

Ma c’era qualcosa in un pretenzioso e insistente dio che avrebbe fatto scattare anche i nervi di un santo.

Inizialmente, e quasi si vergognava ad ammetterlo, si era sentita lusingata dalle continue attenzioni e preoccupazioni di Poseidone. In fondo, si trattava sempre di uno dei Tre Pezzi Grossi, nonché l’uomo di cui era stata innamorata da ragazza.

Dopo l’imbarazzante quindicesimo compleanno di Percy, in cui, come una ragazzina di fronte a una star del cinema, Sally aveva balbettato ed era arrossita, Poseidone aveva preso l’abitudine di presentarsi nei momenti più disparati, e ponendole domande inopportune che spesso rasentavano il ridicolo.

«Quanti anni ha?»

«Preferisce il ketchup o la maionese?»

«Che numero di piede porta?»

«È disposto a praticarti sesso orale?»

Qualche settimana dopo, Sally aveva scoperto qual era il limite della sua pazienza.

 

«Che cavolo ti importa?!» sbottò. Dentro di sé, un campanello d’allarme suonava per avvertirla di abbassare i toni, che quello lì è un dio molto potente, chissà cosa potrebbe fare se dovesse arrabbiarsi, e tuo figlio non può permettersi di perdere i suoi favori…

Una ruga al centro della fronte di Poseidone si piegò pericolosamente. «Credo sia mio diritto assicurarmi che l’uomo con cui… ti stai divertendo sia un buon esempio per mio figlio.»

Sally sbuffò. «Ah! Quindi ora sei diventato improvvisamente un padre amorevole?»

Gli occhi del dio lampeggiarono. «Ti avverto, Sally...»

«Dove sei stato per tutti questi anni, eh?» strillò lei, e la rabbia era così intensa che si chiese fugacemente da quanto tempo covasse tutto questo rancore. «Dov’eri quando il peggiore degli uomini viveva sotto lo stesso tetto di tuo figlio? Dov’eri quando tuo figlio si sentiva inadeguato, quando era nei guai, o in pericolo, quando desiderava solo l’abbraccio di suo padre?» Improvvisamente si sentì solo svuotata. Quando continuò, la sua voce era bassa e stanca. «Dov’eri quando mi sentivo sola e terrorizzata?»

«Sally… »

Lei alzò una mano per fermarlo. «Lo so. Non te ne ho mai fatto una colpa. Conosco le regole. Ma perché adesso, Poseidone? Perché proprio ora che sono felice?»

Lui distolse lo sguardo e adesso sembrava solo un uomo di mezza età. «Per tutti questi anni vi ho guardato da lontano. Ho osservato i progressi di Percy, tutte le vostre difficoltà. Quando mi era possibile vi mandavo un piccolo aiuto. Probabilmente non te ne sei mai accorta.»

«Quel biglietto vincente della lotteria trovato per caso proprio quando eravamo sotto sfratto e disperati, per esempio?»

Poseidone sembrava sorpreso. «So che non era molto, ma non potevo rischiare che i miei fratelli vi notassero.»

«Lo so. E so che non è l’unica cosa che hai fatto per noi. È solo che… non sono arrabbiata con te, Poseidone, davvero, è solo che a volte mi sentivo così sola.» La voce improvvisamente le mancò e dovette voltarsi dall’altra parte per non fargli vedere le lacrime. Era come se anni di solitudine e frustrazione si fossero concentrati tutti in un solo istante. Per quanta forza Sally potesse vantare di avere, anche lei aveva avuto i suoi momenti di debolezza, in cui la disperazione era troppo forte e la tentazione di portare Percy al Campo Mezzosangue in anticipo quasi insormontabile.

Sentì la leggera pressione della mano del dio sulla spalla. «Quando vi ho visti, lì, seduti vicini intorno al tavolo, con due dei miei figli felici e sorridenti davanti a una torta… Beh, spesso noi dei siamo un po’ troppo possessivi e territoriali.»

Lei sorrise e si voltò. «Non devi preoccuparti, sai? Per Percy sarai sempre tu suo padre, e per me… beh, sei il padre di mio figlio, il mio primo amore, il mio primo...» arrossì.

Poseidone rise e gioviali rughe si arricciarono intorno ai suoi occhi luminosi. «Amante?» suggerì.

«E,» continuò lei puntandogli un dito contro. «Io e Paul non ci stiamo solo divertendo

Lui fece un inchino galante. «Chiedo umilmente perdono per averlo insinuato.» Poi sorrise con dolcezza e le accarezzò il mento con un dito. «Tu sei una regina tra i mortali, Sally Jackson. Non smetterò mai di ammirarti da lontano.»

«Non adularmi, dio del mare. Non sono più una diciottenne influenzabile, sai?»

«No, sei una donna ora, la più forte, la mia maestosa, la più bella.»

Il suo viso era pericolosamente vicino e, per un istante, Sally temette di non avere la prontezza di spirito di allontanarsi, ma lui si limitò a lasciarle un lento e dolce bacio sulla fronte.

«Credo che abbia approfittato anche troppo della tua ospitalità. Sarà meglio che vada.» Si allontanò di un paio di passi, poi si voltò e aggiunse: «Ah! Quando lo Stoccafisso troverà il coraggio di farti quella domanda, fammi un favore e tienilo un po’ sulle spine.»

«Quale domanda?» Ma Poseidone era già sparito in una nuvola di aria salmastra.

Si lasciò cadere all'indietro sul divano. Si sentiva svuotata ma stranamente serena. Si rese conto che aveva avuto bisogno di quella discussione, di una chiusura che mettesse la parola fine a quella che era stata prima una fantastica storia d'amore e poi un dramma.

Quando Paul le avrebbe fatto la famosa domanda, lei avrebbe saputo cosa rispondere.

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Capitolo 2
*** To Live and Die Like A Hero ***


Titolo: To Live and Die Like A Hero
Ship: Charlie/Silena
Rating: verde
Warning: what if…? in cui Silena e Charlie non sono morti.
Wordcount: 876 (fdp)
Note: scritta per la Charlie/Silena Week della #PJShipWeeksITALIA indetta dal campmezzosangue, con il prompt di kuma_cla “what if in cui nessuno dei due muore” e il bonus suggerito da Franziska Urbinati “Clarisse guarda film splatter e di tanto in tanto se ne esce con qualche commento sarcastico sotto forma di consiglio.”


Le storie più belle sono anche le più tragiche: l’eroe muore di una morte gloriosa e con essa tutte le gesta poco lusinghiere vengono messe da parte e dimenticate a favore dell’ultimo, coraggioso, atto eroico. Poco importa se in vita era un poco di buono.

Silena spesso vorrebbe essere morta.

Vorrebbe essere l’eroe che è deceduto per la patria piuttosto che l’ex spia sopravvissuta; la donna che ha portato alla morte di tanti semidei, che ha sfregiato e mutilato il suo ragazzo e poi gli ha voltato le spalle. Il fatto che alla fine abbia combattuto al fianco dei suoi compagni, a conti fatti, non cambia nulla: Silena è una traditrice e, a differenza di molti, è viva.

Non è mai stata una combattente, Silena. È un bel viso, una faccia amichevole, un dispensatore di consigli d’amore. Una sciocca ragazzina che si è lasciata convincere da parole soavi e gentili a tradire tutto ciò in cui credeva. Una codarda che, quando ha visto Percy Jackson sorreggere un Charlie con la faccia sfregiata e un braccio in meno, è scappata con la vergogna negli occhi.

Sa cosa si dice di lei al Campo Mezzosangue e sa di meritare ogni epiteto, sa che anni di infelicità non basteranno per espiare le sue colpe.

Sa di non meritare Charles Beckendorf, al contrario di quanto affermi Clarisse.

«Ugh! Clarisse, ti prego! Dobbiamo per forza vederlo?» Silena si copre gli occhi con una mano, mentre, in tv, un personaggio femminile scappa da un uomo in maschera che la insegue.

«Gli splatter sono molto più realistici di quegli stupidi film d’amore che ti ostini a guardare. Ah! Lo sapevo che sarebbe stata la prima a morire. Le bionde tettone senza cervello sono sempre le prime a fare una brutta fine» dice Clarisse.

«Già, ed è proprio quello che merita» esclama Silena con foga.

«E perché dovrebbe meritarlo?»

«Perché è una cheerleader acida e bulla, ecco perché! Il fatto che sia bella non le dà il diritto di credersi migliore degli altri.»

Clarisse sbuffa. «Se per te questi sono motivi validi… No, te lo dico io perché merita la morte: perché ha deciso di scappare invece di prendere la prima arma sottomano e affrontare il suo assalitore. Probabilmente sarebbe morta lo stesso, ma almeno con più stile e senza vergogna.»

 


 

Non è mai entrata nel Bunker 9 da quando Leo Valdez l’ha scoperto. È territorio dei figli di Efesto e Silena preferisce tenersene lontana.

Vede un paio delle sue sorelle uscire ridacchiando ed è felice di vederle di nuovo interagire con il resto del Campo ed è triste perché il motivo per cui per un periodo non sono state ben viste dagli altri è solo colpa sua (Tutte uguali, queste figlie di Afrodite, pensano a una cosa soltanto). Prende mentalmente nota di andare a trovare Piper per ringraziarla di aver ridato onore alla sua cabina.

Ma prima deve mettere le cose a posto con Charlie.

Lui è di spalle e sta martellando su un pezzo di metallo bollente. La luce del fuoco mette in risalto i contorni delle sue spalle larghe e in ombra la sua pelle già scura, e per un attimo Silena torna indietro nel tempo di tre anni, quando l’amore vinceva sempre e la guerra sarebbe finita presto e ti prego ti prego ti prego fa’ che nessuno lo scopra e Charlie era lì e le stringeva la mano e il falò si rifletteva nei suoi occhi neri e le loro labbra s’incontravano per la prima volta.

Si schiarisce la gola e Charlie posa il martello e si volta.

Ha un braccio metallico adesso e una benda che gli copre un occhio. Il lato sinistro del suo volto è deturpato da tanti solchi che s’intersecano tra loro.

Silena resiste al familiare istinto di distogliere lo sguardo.

«Lo so che ti starai chiedendo cosa ci faccio qui. E probabilmente tutto ciò che ho da dire ormai non ha più importanza per te. Ma ce l’ha per me. E anche se sono passati anni… anche se non cambierà niente… volevo dire che mi dispiace. Non ho mai voluto tradirvi. Non ho mai voluto essere la causa della morte di tanti amici. Non ho mai voluto abbandonarti senza una spiegazione. Non meritavi tutto questo. E non è vero… non è vero che ti ho lasciato perché mi vergognavo di farmi vedere in giro con te, come tutti dicono. La verità è che mi vergogno di me stessa. Delle miei azioni. Della mia codardia. Ma sono stanca di scappare e… niente, volevo solo che tu lo sapessi.»

Sta per andarsene ma le parole di Charlie la bloccano sui suoi passi. «Ti va di vedere il mio uccello meccanico?» Arrossisce e si gratta il capo. «Non intendevo in quel senso. È solo una mia ultima invenzione. Ti va di vederla?»

Silena ridacchia e acconsente perché Charlie è sempre quel ragazzo alto e muscoloso con la voce grossa e matura e l’espressione impacciata di tre anni prima e lei è sempre una figlia di Afrodite e certe cose le vede, le sente e forse, pensa, un giorno anche lei potrà morire con stile e senza vergogna.

Le storie più belle sono anche le più tragiche, ma chi l’ha detto che non possono avere un lieto fine?

 

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