The Beginning

di Morena Sparrow Rogers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Beginning ***
Capitolo 2: *** Il Té Delle 5 ***



Capitolo 1
*** The Beginning ***


The Beginnings: Alyssa's Story

Capitolo primo: Il galà


Era un giorno come gli altri, noioso come gli altri, ma, d'altronde, non poteva che esserlo, per una ragazza di corte.
Passavo interi pomeriggi sotto una quercia secolare nel giardino dell'immensa reggia di mio padre, in una cittadina nei pressi di Londra.
Leggevo storie di grandi amori tra un povero cittadino ed una ricca nobildonna, talvolta il contrario, oppure mi interessavo a storie di pirati. Per quanto odiassi questi ultimi per le orribili e spregevoli azioni che compivano, mi piaceva molto leggere questi racconti, racconti di libertà. Proprio mentre ero completamente immersa nella lettura ed ero persa nei miei pensieri, udii una voce dietro di me. Era Josephine, una serva, emigrata dalla Francia nel 1729, l'anno in cui nacqui, e che fin da quando ricordavo si era sempre presa cura di me come se fossi una figlia.
«Alyssa» si fermó affaticata dalla lunga corsa. «Signorina, dovete andare. Sapete che questa sera vostro padre ha dato un grande galà, dovete prepararvi. Vi divertirete tantissimo, vedrete.» finì lei ancora affannata.
«Oh Josephine, se per te divertimento vuol dire starsene seduta ad un tavolo e sentire uomini parlare di economia e politica estera, beh sappi che non lo è.»
Mentre Josephine stava per riaprire bocca, arrivò mio padre che, con viso falsamente preoccupato, mi portó in gran fretta nel suo studio.
Non avevo mai avuto così tanta paura di lui... aveva il viso cupo, buio. Sapevo che probabilmente mi avrebbe picchiata così abbassai la testa.
«Alyssa, tu... tu non devi fare più niente! Non vedi che ore sono?! Tra un'ora avremo i più importanti rappresentanti dell'Inghilterra nel nostro salone. E tu? Invece di prepararti adeguatamente, tu perdi tempo nel leggere storie che non ti apparterranno mai! Storie di pirati... briganti... poveracci!» finì lui.
In quel momento, avrei voluto fosse stato stroncato da un infarto fulmineo. Avrei voluto gridargli in faccia quanto fosse difficile sopravvivere senza che qualcuno pensi veramente a me. Ma stetti zitta.
Forse per la mia fanciullezza, forse per via delle novelle che tanto amavo, ma io speravo che un giorno qualcuno sarebbe venuto a salvarmi e che mi avrebbe portata via da colui che non reputavo nemmeno mio padre.
Ma presi il fiato e lo feci.
«Voi... voi pensate che sia facile? Pensate che solo perché abbiamo soldi, ricchezza e potere, io sia felice? No. No, non posso crederci. Voi non siete mio padre! Non lo siete mai stato veramente. Mi vergogno di essere il sangue del vostro sangue. E ora picchiatemi! Frustatemi, perché no? Tanto per voi la mia morte sarà indolore.»
A quelle parole, lui mi torse violentemente il braccio, mi fece cadere sul pavimento e mi ritirò su per i capelli. Io gridavo, piangevo in silenzio.
E infine mi lasció a terra, viva da fuori ma inerme dentro.

*


Corsi in camera piangendo, ed appena entrata mi buttai sul letto a baldacchino color cipria. Mi sentivo morta.
Appoggiai la guancia sul cuscino e chiusi gli occhi gonfi per qualche momento. Stavo proprio per addormentarmi, quando sentii qualcuno bussare alla porta.
Mi alzai coprendo il cuscino zuppo di lacrime e sporco del sangue che usciva dal mio labbro inferiore. Mi asciugai le guance con un asciugamano ripescato dalla toeletta e mi dipinsi la bocca di un rossetto rosso per coprire il labbro screpolato.
Fuori, continuavano a bussare.
«Alyssa, tesoro, sei in camera?»
«Sì, Josephine, aspetta un attimo.» mormorai io, mentre finivo di coprire quell'orrido spettacolo.
«Su, Alyssa, devo darvi una cosa.»
Mi aggiustai in fretta i capelli per poi aprire la porta.
«Tieni, cara, questo è per te.» esclamò lei sorridendomi, mentre mi porgeva un abito di broccato color rosso scuro, davvero stupendo.
«... Era mio.» continuó, abbassando il capo. Il suo volto mi lasciava scorgere molto malcelato dolore, in lei.
La guardai sorridendo ed anche lei mi sorrise.
«Grazie mille Josephine, lo trovo meraviglioso. Ora potete andare, lo indosserò da sola.»
«Aspettate, Alyssa, fatemi cambiare la federa al cuscino.» disse lei.
Alzai lo sguardó, e mentre si avvicinava al letto la fermai. «No! No, non preoccuparti sono pulite le federe, ora va' pure.»
«Ma signorina...» tentò di replicare.
«Ho detto vai
La donna chiuse la porta dietro di sé, ed io tirai un profondo respiro di sollievo.
Indossai il vestito aggiungendo una collana di perle, dono di mia madre, e finii di truccarmi quando sentii bussare di nuovo alla porta.
«Josephine, ma mi hai sentita? Ti ho detto di non preoccuparti, sono pulite le federe...»
Aperta la porta, alzai lo sguardo, e sull'ingresso vidi mio padre accompagnato da un altro uomo. Era giovane e ancora più basso di me, e lasciava alquanto a desiderare in fatto di bellezza.
«Oh, padre...» dissi io imbarazzata per via dei due sguardi puntati su di me.
Lui mi sorrise e, facendo segno verso l'uomo che aveva accanto, me lo presentò.
«Alyssa, figlia adorata, ho l'immenso onore di presentarti Cuttler Beckett.»






























Salve a tutti!
Questo era il primo capitolo della mia fanfiction, intitolata così perché racconta la storia di un personaggio totalmente inventato da me (certo, grazie alla mia saga preferita che é Pirati Dei Caraibi, credo l'abbiate capito).
Come dicevo prima, questa ff é "l'inizio" della storia di Alyssa, già protagonista di un'altra mia ff scritta a parte.
Spero tanto che vi piaccia perché, sinceramente, ci tengo un bel po'.
Fatemi sapere cosa ne pensate! :)
Vi saluto,
Morena Sparrow c:

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Capitolo 2
*** Il Té Delle 5 ***


The Beginnings - Alyssa's Story

Capitolo secondo: Il tè delle cinque



Beckett aveva lo sguardo perso a fissare le mattonelle di liscio marmo del pavimento delle mie stanze. Persino portando i tacchi, l'uomo mi arrivava all'altezza del seno, ed era per quello che non si era ancora azzardato a guardare dinanzi a sé.
Nonostante tutto, prese comunque coraggio e mi venne incontro, posizionandosi leggermente di fianco alla mia figura. Mi prese la mano destra, e la accarezzó lentamente con i polpastrelli.
Ero davvero imbarazzata. Insomma, mi faceva un po' ribrezzo che quell'uomo, un perfetto sconosciuto, mi sfiorasse in quel modo. Ma accennai comunque un sorriso sforzato, anche se leggermente disgustato.
«Signorina Swann, è un vero onore conoscervi.» disse lui, lasciandomi finalmente la mano, che distesi lungo il mio fianco destro.
«Tutto il piacere è mio, signor Cutt...»
«Alyssa» mi interruppe mio padre. «Il nostro Cuttler è uno dei maggiori rappresentanti della Compagnia delle Indie Orientali. Sicuramente te ne rammenterai, non è vero? Ma certo che sì, te ne ho parlato così tante volte negli ultimi mesi...»
Entrambi mi guardarono come cercando approvazione nel mio sguardo. Ma non fu quello che diedi loro.
«Padre, no, voi non mi avete mai parlato di Cutler Beckett negli ultimi mesi, e, anzi, non lo avete nemmeno mai nominato. E, sinceramente, non credo affatto che la Compagnia delle Indie Orientali possa rientrare negli interessi di una ragazza di soli sedici anni quale sono io...»
Ma fui subito fermata da mio padre, molto innervosito dalla mia risposta irriverente.
«Una ragazza di sedici anni in cerca di marito, vuoi dire.»
«No, per niente. Una ragazza di sedici anni, e basta. Ed ora, scusatemi, ma c'è un ballo nel nostro salone e non vorrei perdermelo. Padre, poco fa non avevate detto che eravamo in ritardo?»
Lui abbassó lo sguardo ricordandosi improvvisamente tutto quello successo prima.
«Quindi, io andrei. Con permesso.» conclusi con un piccolo inchino, come mi era stato insegnato.
Chiusi la porta, ma dentro la mia stanza mio padre e Beckett continuarono a parlare tra loro, ed io, appoggiata alla serratura, ascoltai tutto.
«Scusatela, signor Cuttler. È solo una ragazzina impertinente, non sa quello che dice. Ma sono certo che voi la saprete educare come una buona moglie, e che ella imparerà a servirvi molto bene.»
«Non ne dubito... in fondo, è una ragazza stupenda.» finì Beckett.
Allora capii tutto. Volevano davvero darmi in sposa a quel, come si puoteva definire, tappo?
E realizzai che ormai ero solo un oggetto nelle mani di mio padre. Chissà quali gloriosi profitti avrebbe tratto dalla nostra unione.
Scesi in fretta le scale che portavano al grande salone, colmo di gente raffinata, musicisti e camerieri.
Le stesse persone di sempre. Le stesse storie di sempre.
Passavo da una persona all'altra usando le uniche parole di circostanza che potevano dirsi.
«Grazie di essere venuti, ora accomodatevi, mio padre arriverà tra un momento.»
E magari aggiungevo falsi complimenti sulle signore agghindate come bomboniere o bambole di porcellana.
Mi guardai intorno cercando di scovare le mie gradite compagnie, quelle che potevano definirsi amicizie, ma mentre camminavo un ragazzo fu spinto contro la mia spalla.
«Ehi! Mi avete fatto male!» gridai io, con un tono leggermente isterico, a dire il vero.
«Scusate, signorina... ma lasciate che mi presenti, il mio nome è James Norrington. Posso sapere il vostro?»
Non gli risposi in tempo perché mio padre mi prese a braccetto per portarmi da quelli che sembravano essere dei promettenti gentiluomini, tra cui, immancabilmente, si trovava anche Beckett.
«Alyssa, dato che oggi siete in vena di conoscenze, posso presentarvi uno dei miei più fedeli capitani, uno dei migliori della Compagnia: Louis Mac Mahon.» mi accolse lui.
Abbassai lo sguardo, preparandomi a sfoggiare uno di quei sorrisi finti. Ma, evidentemente, esitai un po' troppo.
«Su, Alyssa!» disse mio padre, spingendomi. Ma invece di finire nelle braccia di quel Louis, mi ritrovai tra quelle di un altro uomo.
Alzai lo sguardo e mi trovai faccia a faccia con un altro capitano. Restammo a guardarci perlopiù abbracciati per qualche secondo, così ebbi tutto il tempo di scrutarlo.
Era un uomo forse anche troppo affascinante, alto, ben piazzato e con i capelli lunghi e bruni, proprio come i miei. E in quei suoi occhi, marroni anch'essi, vidi il mare. Era strano, sì, ma non gli avrei mai più voluto staccare lo sguardo di dosso.
«Allora? Cosa vogliamo fare?» esordì mio padre, tossicchiando imbarazzato. Come sempre, doveva rovinare i miei momenti più belli.
A malincuore, mi staccai dall'uomo su cui ero caduta, che sorrise sia a me che a mio padre.
«Scusate, signore, sono stata così sbadata...» mormorai io sorridendo tra me e me.
«Non preoccupatevi, Miss.» mi prese la mano delicatamente piegandosi un po'. «Il mio nome Jack Sparrow. Capitano, se permettete.» e mi bació la mano. Mio padre sbuffò, spazientito.
«Il mio nome è Alyssa Swann... ah, e non chiamatemi Miss, davvero. Dopotutto, mi avete appena salvata da una brutta caduta, signor Sparrow...»
Lui mi sorrise.
Ed io gli sorrisi di nuovo.

*

Il gran galà organizzato da mio padre in ben due mesi di tempo finì verso le tre dopo la mezzanotte, o almeno così fu per me.
Questo perché ero piuttosto stanca, ed oltre modo annoiata dai discorsi che i nostri ospiti trattavano.
Da questo grande evento, mio padre avrebbe sicuramente tratto molti profitti.
Non c'era cosa che facesse che non aveva dietro un guadagno. C'era da aspettarselo, da lui, che mi aveva promessa ad un uomo che nemmeno conoscevo solamente per ottenere ancor più potere di quanto già non avesse.
Passarono giorni, e passarono settimane. Le settimane peggiori della mia vita, o, almeno, le più noiose che ricordassi. Il mio promesso sposo era infatti come diventato una zecca fastidiosa.
Ogni pomeriggio veniva a farmi visita, ed ogni volta dovevo sopportarlo. Una cosa alquanto difficile viste le tematiche attorno cui ruotavano le nostre conversazioni. Politica inglese, francese, politica interna, politica estera... solamente politica.
Oppure cercava di avvicinarmi con i soliti regali frivoli. Mazzi di fiori, vestiti, gioielli. Come se non ne avessi avuti abbastanza in vita mia.
Un pomeriggio me ne stavo seduta in giardino, su una delle due poltrone di vimini con accanto un elegante tavolino. Erano quasi le cinque, l'ora del tè, o detta anche l'ora dell'Inferno, per me. Sì, perché Cuttler Beckett arrivava sempre alle cinque, per il tè. Non c'era giorno in cui lo facesse con un minuto di ritardo.
Mai.
Così, mi rintanai nel salone all'ingresso della villa, più piccolo e intimo del salone dove mio padre organizzava gli incontri mondani, e mi sedetti sul divano dal tessuto rosso.
Le cameriere portarono il tè accompagnato da alcuni pasticcini alla crema e biscotti al burro.
Era ormai un quarto d'ora dopo le cinque, un ritardo davvero innammissibile, per un uomo sempre preciso e puntiglioso Beckett. Questo mi portò a sperare che per una volta mancasse all'appuntamento e mi lasciasse in pace.
Poi, sentii qualcuno bussare alla porta.
«Oh, santo cielo.» sbuffai. Mi ero illusa. Era arrivato.
Annie, una delle cameriere, aprì il portone e fece la riverenza, ma non fu Cuttler ad entrare.
Vestito di tutto punto con la divisa ufficiale della Marina Militare Britannica, entrò Jack Sparrow.
Scese i gradini che portavano al salone e mi venne incontro.
«Miss.» mi sfioró la mano con le labbra. «È davvero un piacere, per me, rincontrarvi.»
«Tutto il piacere é mio, Capitan Sparrow.» gli risposi. «A cosa devo la vostra visita?»
«A nulla in particolare, a dire il vero. Vengo solo a portarvi la rammaricante notizia che il signor Cuttler non può venire da voi, questo pomeriggio. Ma penso ve ne sarete già avveduta da una ventina di minuti, oramai.» disse lui. E io colsi la palla al balzo.
«In questo caso, posso portarvi a fare un giro nel giardino della villa? Siccome il mio fidanzato non arriverà, non vedo perché sprecare una così bella giornata di sole qui al chiuso.»
«Ma certamente, Miss.» annuì, lasciandosi prendere a braccetto.
Lo portai a fare una camminata per gli immensi prati che costeggiavano la casa di mio padre. Passeggiammo a lungo sotto il primo sole di maggio, finché non arrivammo alla panchina sotto la mia amata quercia secolare.
«Sediamoci.»
Lui si sedette ed io lo imitai.
«Perché mi avete portato proprio qui?» chiese lui avvicinandosi a me.
«È il mio posto preferito in assoluto.» risposi io, allontanandomi da lui di qualche centimetro, imbarazzata.
«Questo? Scherzate, Alyssa? Il mondo è così vasto e questa panchina è il vostro posto preferito? Insomma... lo trovo strano.»
«No, Capitano» presi un respiro. «Questo è l'unico posto in cui stia davvero bene... voi siete così fortunato a lavorare su una nave, ai Caraibi... quanto vorrei vedere quei posti...»
«E, dato che amate tanto questa panchina, ditemi, ci siete venuta anche con il vostro fidanzato?» domandò lui. Io mi alzai di scatto e nascosi il viso fra le mani. Anche lui si alzó.
«Ah, capisco... non lo amate, non è vero? Vi capisco e compatisco, allora.»
Dopo qualche attimo di incertezza, risposi.
«Certo che non lo amo, Jack. E come potrei? Mio padre mi ha praticamente regalata a quell'uomo.» mi voltai verso di lui.
«Alyssa... se potessi, mi piacerebbe portarvi via da questo posto.»
Io lo guardai sbalordita.
Pensavo a Beckett, che per fare colpo su di me spendeva fior di quattrini, e a Jack, che con qualche parola già era riuscito a farmi sognare.
«Lo faresti davvero per me? Daresti il tuo onore per salvare me? Oh, ma nessuno puó salvarmi, Jack... credo che la mia unica salvezza sarà la morte. Almeno quella mi renderà finalmente libera.»
«Alyssa, non pensare alla morte, gioia. Sono il Capitan Jack Sparrow, dolcezza: tutto mi é possibile.» disse lui, aprendo le braccia.
Alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi.
«Davvero?»
«Davvero. Non vorrei vedere mai nessuno rinchiuso in un simile manicomio a cielo aperto.»
«Grazie, Jack. Credo che tu mi abbia fatto passare uno dei pomeriggi migliori, di questi tempi.»
Gli strinsi la mano, ma lui lasciò la presa.
«Ora devo andare, Alyssa» cominció a camminare.
«Quando tornerai?» chiesi io a voce alta.
«Quando mi pare!» disse lui ridendo. «A presto, dolcezza!»
Corsi in camera mia e mi stesi sul letto a pancia in su.
Fissavo il mio lampadario di cristallo pensando a Jack e alle sue belle parole. Ma potevo davvero fidarmi di lui?
Il giorno dopo, alla stessa ora, io lo aspettavo in salotto, ma al suo posto arrivò il mio promesso. E capii che sarebbe passato un bel po' di tempo prima che lo avessi potuto rivedere.
Passarono i giorni, ed io continuavo ad aspe ttare una sua visita. Cominciavo a preoccuparmi. Così presi una penna, il calamaio e la carta da lettera, e scrissi.
Caro Jack,
non sapevo cosa fare, ma alla fine ho deciso di scriverti.
Volevo sapere come stavi, perché sono passati più di dieci giorni dalla tua visita alla villa.
Ho riflettuto a lungo sull'accaduto, e ho capito che per me sarebbe davvero impossibile riuscire ad andarmene di qui.
Perciò non so davvero se per noi sia lecito vederci ancora.
Tu cosa ne pensi? Sei d'accordo con me?
È come se sentissi che posso fidarmi ciecamente di te, e allo stesso tempo no.
Fammi comunque avere tue notizie al più presto.
Tua, Alyssa Swann.
Stavo per incartare la lettera e aggiungervi il francobollo locale, quando sentii bussare alla porta. In preda al panico, la accartocciai, nascondendola dietro la schiena e mi alzai dal mio scrivano.
«Avanti!»
In camera mia entrarono Jack Sparrow, Cuttler Beckett e mio padre.
«Ja...! Ehm, Signor Sparrow. Buongiorno, padre. Salve, Cuttler.»
Jack accennò un sorriso.
«Alyssa» disse mio padre. «È con immenso piacere che ti annuncio che Cuttler Beckett ed il Signor Sparrow partiranno tra pochi giorni per i Caraibi, ove svolgeranno una missione anti pirateria, e mi è sembrato...».
Anche se con imbarazzo, dovevo ammettere che mi ero persa guardando gli occhi castani di Jack, senza dar conto alle parole che uscivano dalla bocca di mio padre.
Non capivo più niente.
«Alyssa, mi stai ascoltando?»
Scossi un po' la testa, come per riprendermi. «Ovviamente, padre!»
Lui mi rimproverò, lanciandomi uno sguardi gelido, e continuò. «Dicevo, ho pensato che sarebbe molto interessante se tu partissi con loro. Sono tutti capitani eccellenti, non correresti alcun pericolo, e inoltre dici sempre che ti piacerebbe viaggiare il mondo... beh, hai tutto il mio consenso. Allora, figlia adorata, vuoi andare nei Caraibi?»
Spalancai gli occhi e sorrisi. Non potevo crederci.
«Sì! certamente!» risposi io, accettando senza nemmeno riflettere, euforica. «Quando si parte?» chiesi poi, entusiasta.
«Fra tre giorni esatti, mia cara.» mi rispose Beckett.








































Buonsalve gente!
Finalmente sono tornata dal mare ed ho potuto pubblicare il 2° capitolo. Yuppy yay.
Almeno per ora qualcosa sembra andar bene ad Alyssa, soprattutto dopo aver incontrato Jack.
Ma resta comunque quel nanetto malefico di Beckett. Chissà cosa succederà ai Caraibi... beh, lo scoprirete nei prossimi capitoli. Grazie a tutti i lettori e ai recensiori :)
Spero tanto di riuscire a pubblicare presto il 3° e non farvi aspettare molto.
Vi porgo i miei ossequi,
Morena Sparrow c:

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