Modern!AU con magia, merthur, fluff, mpreg.
Questa è la seconda mpreg che
pubblico, a distanza di un mese dalla prima.
Onestamente non era prevista, perché le mpreg
che ho in bozza fanno parte di un altro progetto, ma
questo seguito mi è stato chiesto a gran voce, quindi ho cercato di
accontentarvi, per ringraziarvi della calorosa risposta e del vostro
entusiasmo.
Ho deciso, quindi, di trasformare la one-shot in una piccola raccolta di momenti su Arthur e
Merlin con il loro bambino.
Come la precedente, questa piccola fic
è solo una grande coccola e il rating è accessibile a tutti. Ma
se invece non gradite l’argomento, forse è meglio salutarci alla prossima
storia, senza rammarico.
Altrimenti, buona lettura!
Dedicato a Filippo,
per festeggiare il suo primo mesiversario di vita!
A tutte le persone che
ignoravo amassero le mpreg!
E ovviamente a chi ha
commentato il precedente capitolo: FlameOfLife, Morganalastrega, Lucylu, _Jaya, Rosso_Pendragon, Hamlet_, melleth, areon, elfin emrys,
misfatto, strangerinthistown, Raven Cullen, crownless, aria, chibimayu, Sheireen_Black 22, Burupya, violaliena, Yuki e katia emrys.
That’s wonderful
(Including
Early Rising at Midnight)
Gabriel.
Con un unico pensiero nella mente, Merlin si mosse nel letto
con cautela.
Da un mese a quella parte, aveva smesso di girarsi sul lato
sinistro per dormire. Ma, se anche in gravidanza aveva prestato attenzione ad ogni minimo spostamento, adesso si era fatto ancora più
accorto e sollecito. Era diventato un gesto istintivo e consolidato.
Gabriel.
Ancora nel dormiveglia, allungò piano una mano per sentire
il cuoricino del suo bambino, ma trovò solo il freddo cotone delle lenzuola e
di colpo spalancò gli occhi – il sonno passato all’istante, anche se non
dormiva decentemente da mesi, e sicuramente aveva accumulato, negli ultimi
trenta giorni, un debito di ore insonni da far concorrenza al Debito Pubblico
di qualche Stato del Terzo Mondo.
Anche Arthur non c’era,
registrò, scacciando con forza la voce suadente che lo invitava con le sue
lusinghe a cedere e ad approfittarne, finché
poteva. Ma il suo encomiabile senso del dovere –
istinto parentale, o masochismo (come
preferiva chiamarlo Gwaine) – lo costrinse a
racimolare ogni grammo di energia e a risollevarsi dal confortevole giaciglio,
fino a strisciare lentamente nella stanza accanto.
Per strada, raccolse una delle piccole coperte del loro incomparabile
tesoro e se l’adagiò sulle spalle, per combattere la
frescura e i brividi che gli facevano accapponare la pelle.
Appoggiato contro lo
stipite della porta, Merlin osservò silenziosamente ciò che di più prezioso aveva.
Arthur, sdraiato sulla sedia a dondolo, canticchiava una
ninna nanna e cullava il loro bambino, mentre il famelico – dispotico – principino della casa
suggeva rumorosamente la sua doverosa dose di latte dal biberon.
Merlin poteva sentire il ‘Glu glu’ ingordo fin da lì.
Un sorriso gli fiorì
sulle labbra.
“Ehi…” soffiò alla fine, raggiungendoli.
Arthur sollevò lo sguardo dal neonato e ricambiò il sorriso.
Benché apparisse spettinato, trasandato, e con delle
occhiaie da far spavento ad un morto per tutte le ore
di sonno perse, era ancora l’uomo più bello che avesse mai visto e Merlin se ne
innamorò, se possibile, ancora un po’ di più.
Lo raggiunse, chinandosi a lasciargli un bacio sulla tempia,
con una carezza, mentre il compagno si lasciava avvolgere dal suo abbraccio.
“Ti ho svegliato?” domandò, con una punta di rammarico nello
sguardo.
“No,” negò Merlin. “Sentivo solo la
vostra mancanza…” motivò, offrendogli un’altra carezza lieve.
“Il giovanotto si è ridestato affamato e speravo di poterti
risparmiare almeno questa levataccia…” si giustificò, sbadigliando senza
pudore.
“Bel gesto,” riconobbe,
lisciandogli la zazzera bionda completamente in disordine. “Grazie”.
Arthur mugolò in apprezzamento, chinando la testa verso la
sua mano, finché con un sonoro ‘pop’ il loro vorace bambino rese
noto di aver terminato la sua poppata notturna, staccandosi dalla
tettarella.
“Ruttino?” propose Merlin, facendosi passare il caldo
fagotto che adagiò sulla spalla, mentre cominciava a girare in tondo nella
stanza e batteva dolcemente sulla schiena del figlio. “Regali un ruttino a
papà, eh?” lo incitò, venendo ricompensato poco dopo
da un sonoro rutto che confermò la buona digestione.
Arthur catturò il suo sguardo ed entrambi risero,
ironizzando sulla finezza del loro pargolo.
“Bravissimo, tesoro!” lo lodarono tuttavia, ricevendo in
cambio un’altra dimostrazione di bravura.
“Troppa grazia, stasera!” ridacchiò Merlin, cambiando
posizione per farlo riaddormentare, mentre Arthur tirava la cordicella del
carillon sopra il canterano e una dolce melodia si diffondeva nell’aria.
“Ehi, non cedere lì!” lo ammonì Merlin, quando lo vide
riadagiarsi sulla sedia a dondolo. “Vai a letto, Arthur. Domani
sarà dura in ufficio…”
A malincuore, il suo uomo si risollevò e seguì il saggio
consiglio.
*
C’era voluta una mezz’ora abbondante perché il loro
angioletto volasse nel mondo dei sogni.
Ma quando fu certo che Gabriel stesse
dormendo, Merlin si mosse silenziosamente verso la culla accanto al letto
matrimoniale e lì lo depose.
Non era il lettino della sua cameretta – che Arthur aveva
insistito per montare di persona e che quasi gli era
costato due dita –; quella era una situazione provvisoria, per i primi mesi, il
primo dei mille diktat su cui avevano
giurato di non cedere (e su cui poi avevano ceduto), perché sì, ormai avrebbero
consumato il pavimento nell’eterno andirivieni fra le stanze e la privazione
del sonno era una delle più antiche ed efficaci torture e il piccolo despota li
aveva marcati stretti, finché non avevano capitolato. Almeno, in quel punto,
poteva essere controllato a vista… Ma non era servito poi molto, perché Gabriel
non amava stare lì, nella culla, non quando poteva essere coccolato al sicuro
fra i suoi due papà.
Merlin pregò che la quiete durasse almeno per un pisolino
decente, si lasciò cadere a peso morto sul materasso e agognò un’ora di pace
nel buio dell’oblio.
Arthur fu lesto ad abbracciarlo, tirandoselo addosso per
regalargli un momento di coccole private.
“Ti avevo detto di non aspettarmi…” mugolò sottovoce, e
tuttavia grato di quella premura rigenerante.
“Non riesco più a dormire, se tu non ci sei…” confessò
l’altro, in un bisbiglio, lasciandogli una scia di baci nell’incavo del collo,
che lo fecero rabbrividire di piacere.
“Non ci credo”, lo smentì. “Siamo così stanchi che potremmo
dormire anche in piedi, con o senza l’altro vicino…”
A quelle parole, lo sentì ridacchiare contro la tenera carne
del suo orecchio – uno di quei punti che un tempo avrebbero
acceso i loro preliminari.
“Cosa c’è?” domandò, sbadigliando.
“Ti ricordi quando stavamo in giro tutta la giornata e
andavamo a letto a mezzanotte e facevamo l’amore fino all’alba?”
“Nh…”
“Era meno di un anno fa”.
“Ti sbagli. Era
di sicuro in un’altra vita”, contestò. “In questa, voglio solo dormire per
due ore prima della prossima poppata”, pregò, come il più fervente dei
religiosi. “Niente più vita spericolata. Niente più
sesso. Se mi tocchi con un dito, mordo. Sappilo. Voglio dormire. Voglio solo dormire.
Lo sapevi che dormire otto ore è più eccitante e
appagante del sesso?” domandò retorico.
“Sì, beh… ma non sarà così per sempre… Gabriel crescerà, prima o poi…”
“È il poi che mi
preoccupa…”
“D’accordo. Allora concentriamoci sull’adesso”, propose Arthur, cedendo su ogni ulteriore
assalto. “Buonanotte, finché dura…”
“Anche a te…” bisbigliò Merlin, augurandosi nuovamente che
il loro amato tiranno dormisse almeno un po’, senza tuttavia farsi molte
illusioni al riguardo.
Difatti, poco dopo, la luce tenue dell’abat-jour si mise a
tremolare, come se ci fosse stato un calo di corrente elettrica,
ma Merlin sapeva – per esperienza – che era un segnale ben diverso.
Tentò di ignorare il richiamo, finché non percepì un mugolio
scontento che cresceva d’intensità mentre la lampadina cambiava colore,
diventando incandescente.
I piccoli aeroplanini, sospesi
sopra la culla, si muovevano volteggiando impazziti.
Era straordinario come
la sua magia fosse già così forte. E anche se questo avrebbe complicato il
loro essere genitori, Merlin non poteva che sentirsi orgoglioso per avere un
figlio così talentuoso.
“D’accordo. D’accordo. Hai vinto tu…” capitolò, sporgendosi oltre la sponda per sbirciare
nel paniere di vimini.
Gabriel, sul punto di mettersi a piangere, smise all’istante
di agitarsi, come intravide la sua figura nell’ombra e udì la voce familiare.
Merlin lo prese in braccio, rimproverandolo blandamente. E
il neonato si mise a gorgogliare felice, atterrando esattamente dove voleva
essere. Al centro del lettone.
Sbadigliando assonnato con la sua boccuccia a cuoricino, si
aggrappò con i piccoli ditini al pigiama del suo papà. Un momento dopo, con
l’altra manina, sfiorò i capelli dell’altro papà. E allora poteva star sicuro e
cadere nuovamente nel suo piccolo mondo dei sogni incantati.
Arthur si accoccolò meglio per facilitargli la presa e
allungò un piede per accarezzare quello di Merlin. In un attimo, le loro gambe erano
intrecciate, mentre i loro corpi creavano un nido d’amore.
E tutti si addormentarono felici.
-
Fine -
Disclaimers: I personaggi, citati in questo racconto, non
sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro da parte mia.
Ringraziamenti:
Alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D
A Laura, per il suo entusiasmo! <3
Note: Il
titolo, per quelli che – come me – litigano con la lingua inglese, si traduce
in: “È meraviglioso (Compresa la levataccia a mezzanotte)”. XD
La parola “diktat” è di origine tedesca, si traduce con ‘dettato’, e si usa generalmente in campo militare per chiarire
quella serie di condizioni non negoziabili, imposte con la forza, in modo anche
drastico su chi le subisce.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
- Waiting for
You cap. 7 è stata aggiornata pochi giorni fa.
- Linette cap. 85 arriverà
a breve.
- C’è una shot Arthur!topo che
attende di essere postata da secoli…
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
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elyxyz