Fear is the key

di NerdiaInArkham
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hogwarts chiude i battenti ***
Capitolo 2: *** Charlie fa da guida ai Cacciatori e alla Cacciatrice ***



Capitolo 1
*** Hogwarts chiude i battenti ***


 
Hogwarts chiude i battenti
 
 
 
 
I motivi non erano chiari, dissero James, Albus e Lily una volta a casa, l’unica cosa  sicura era che i dissennatori si facevano sempre più vicini ai confini di Hogwarts, tanto che i ragazzi potevano vederli vagare spettrali in lontananza durante gli allenamenti di Quidditch. La cacciatrice del Tassorosso era caduta dal manico di scopa rompendosi una gamba per lo spavento, affermò Lily, con gli occhi stralunati.
  A Harry questo ricordò troppe cose. Il suo terzo anno ad Hogwarts, in modo particolare. Non si stupì che la McGranitt avesse fatto chiudere tutto. Forse lo sarebbe stato per poco, magari solo il tempo di rendersi conto che era una cosa di poco conto.
  In cuor suo, almeno, Harry lo sperava.
  «I centauri ne sanno qualcosa, sicuramente.» affermò James, annuendo.
  «Come fai a dirlo, tesoro?» gli chiese Ginny, seduta al tavolo con i figli. Il sole le faceva brillare i capelli rossi, tanto da farli sembrare dipinti d’oro. A quella luce perfino le prime rughe del suo viso agli occhi di Harry sparivano, e tornava ad essere la splendida ragazza dai capelli rossi con cui Harry aveva attraversato molte volte i corridoi di Hogwarts.
  Ora, però, anni dopo, la vedeva preoccupata. Poche volte era stata preoccupata tanto da far brillare in quel modo gli occhi, come se fosse sul punto di piangere. Forse lo vedeva solo Harry, eppure lui sapeva sempre esattamente cosa provava. Eppure continuava a fare di tutto per aiutare gli altri.
  Era fatta così, poteva essere spaventata, preoccupata, triste ma non lo dava a vedere, e continuava a dare il suo appoggio agli altri, specie se quegli “altri” erano i suoi figli.
  Era una sua bellissima qualità.
  «È perché i centauri sanno sempre tutto.» rispose al suo posto Lily, scrollando le spalle, ma continuando a dondolare le gambe sotto il tavolo. Era un’abitudine che non si era mai tolta, ma che la faceva sembrare così piccola, così innocente e tenera, agli occhi dei genitori e anche dei fratelli.
  «Potrebbe non essere così stavolta,» rispose Ginny giocando con il manico della tazza da tè scheggiata. «siete sicuri di non aver visto nulla? Proprio nulla
  «Tesoro» la chiamò Harry, voltandosi verso di lei. Le rivolse uno dei suoi classici sorrisi sbilenchi che la moglie sapeva interpretare sempre alla perfezione. Sono solo ragazzini, sembrava dirle, cosa vuoi che sappiano?.
  L’unico a stare zitto in quel momento era Albus, troppo intento a giocare con la manica della sua felpa nera come se fosse la cosa più interessante del mondo.
   Harry sapeva bene che si sentiva a disagio a parlare della sua scuola. Per via delle sue amicizie. Tutto perché il primo anno, di ritorno a casa per le vacanze invernali, quando gli chiesero se avesse fatto amicizia con qualcuno, lui rispose che aveva stretto una forte amicizia solo con un ragazzino, che il primo giorno aveva salvato da un gruppo di bulli.
  Stando al racconto di Albus, degli spacconi di Grifondoro avevano accerchiato il ragazzino con la sola intenzione di fargli male, urlandogli insulti pesanti. Albus, coraggiosamente, si era parato davanti a lui, salvandolo da un pestaggio certo. Fu così che Albus Severus Potter e Scorpius Malfoy erano diventati amici inseparabili.
  Scorpius era sempre lasciato da solo, nessuno voleva passare del tempo con lui per lo stesso motivo che avrebbe giustificato quel pestaggio il primo settembre: proveniva da una famiglia di maghi oscuri. Ma ad Albus non importava, il suo amico era simpatico, e nonostante tutto quello che dicevano gli altri Serpeverde o i compagni Grifondoro, Scorpius era un ragazzino timido, che non avrebbe fatto male a una mosca.
  Quando lo raccontò a casa, durante la cena di Natale, tutti si ammutolirono. A sua madre cadde la forchetta, suo zio Ron si strozzò con il vino, suo padre quasi ruppe gli occhiali che stava pulendo con la stoffa del gilet. Senza contare il resto della famiglia, suo fratello lo guardò con gli occhi sgranati, ai nonni sembrava stesse per venire un infarto, Rose si colpì la fronte, poi lo guardò con uno sguardo da “te l’avevo detto di non dirlo. Forse gli unici che ebbero una reazione “normale” furono sua zia Hermione, che gli indirizzò un impercettibile sorriso, e Teddy, che ridacchiò e alzò il pollice destro, mettendo in mostra un anello nero.
  «ALBUS!» esclamò lo zio Ron tossendo, mentre il cugino Hugo gli batteva la mano sulla spalla. «Dimmi che scherzi, ti prego!»
  «Ron!», esclamò la zia Hermione.
  «O ci sono due Scorpius Malfoy o è proprio il figlio di Draco, Hermione.»
  «E DOV’È IL PROBLEMA?!» gridò lei. Suo marito si ammutolì, come il resto della fami-glia. Nessuno aveva mai visto zia Herm alzare la voce. Ed era terrorizzante, davvero terrorizzante.
  Più tardi Harry dovette spiegargli il perché di quella reazione, dell’astio della famiglia verso i Malfoy e del fatto che non scorresse buon sangue tra lui e il padre di Scorpius. Dopo quell’episodio, però, Albus non riuscì più a parlare  di Hogwarts e dei suoi amici in presenza della famiglia.
  Comunque, anche in quel momento, in cui si parlava di Hogwarts e lui era completamente in silenzio, Harry preferì non invitarlo a dire qualcosa. Era Lily a parlare sempre, era la più attenta, non per niente era stata smistata in Corvonero.
 
Quando i Potter si congedarono da quella breve riunione, Harry si diresse nel suo studio. La scrivania era piena di scartoffie che si era portato a casa dal lavoro e che non aveva alcuna voglia di mettere a posto. Sembrava strano, ma anche quello dell’Auror era un mestiere che comportava diversi fogli da firmare, timbrare e catalogare. Spesso Harry si fermava a pensare che in quanto Ministro della Magia, Hermione avesse quelle scartoffie fino al collo.
  Si sedette alla scrivania e cominciò a prendere fogli a caso e dargli uno sguardo, quando incappò in alcuni ritagli di giornale che Hermione gli aveva mandato via gufo. Lesse i titoli.
 
DISSENNATORI A HOGWARTS: COSA STA SUCCEDENDO?
La preside della scuola esprime la sua titubanza a riguardo
 
 
I CONFINI MAGICI STANNO CEDENDO?
Secondo alcune teorie, le barriere che dividono il nostro mondo da quello babbano si stanno indebolendo
 
E da qui in poi Hermione aveva cerchiato i titoli.
 
ALTRI MONDI OLTRE AL MONDO MAGICO E BABBANO: FANTASCIENZA?
Alcuni tra i maghi più influenti del Ministero della Magia esprimono la propria opinione
 
 
IL MINISTRO DELLA MAGIA AFFERMA DI’ CREDERE ALL’ESISTENZA DI’ ALTRI MONDI MAGICI
Il Ministro della Magia Granger presenta il suo pensiero riguardo le ultime teorie riguardo all’indebolimento dei confini magici ai giornalisti
 
 
LE BARRIERE STANNO CEDENDO, MA PERCHÉ?
Sembra ormai una certezza la vulnerabilità dei nostri confini, ma a cosa è dovuta?  Alcuni hanno ipotizzato un collegamento tra gli altri mondi e gli eventi degli ultimi giorni
 
 
  Harry dispose in un secondo gli articoli in ordine cronologico. Si spostò con un dito la montatura degli occhiali  su per il naso, e prese tra le dita il primo foglio, quando sentì qualcosa alle sue spalle.
  «Harry Potter?» chiese una voce melliflua dietro di lui.
  Per un attimo Harry ebbe paura a voltarsi, e si ritrovò a sudare freddo.
Che diavolo…?
  Si voltò lentamente, gli occhi verdi sgranati.
  Un uomo era in piedi davanti a lui. Alto, con i capelli castano scuro e gli occhi blu. Indossava un lungo trench beige, una camicia bianca, dei pantaloni neri e una cravatta blu. 
  «Harry…. Potter?» chiese di nuovo, intonando il suo cognome con un po’ di insicurezza, come se stesse dubitando seriamente di chi si trovasse davanti.
  Harry continuava a guardarlo con gli occhi sgranati. Sbatteva le ciglia nella confusione più totale. Non aveva l’aspetto di un mago, come aveva fatto a entrare in casa sua? Era entrato dalla finestra? No, fuori discussione, era al secondo piano, e avrebbe sentito dei umori strani, no? E poi la finestra era chiusa.
  «Devo aver sbagliato.» grugnì l’uomo. «Le mie scuse.»
  «No!» riuscì a gracchiare Harry, più forte di quanto volesse.
  «Sei tu Harry James Potter, quindi.» l’uomo in impermeabile parve sollevato.
  Harry fece scorrere le dita alle tasca dei suoi pantaloni, afferrando saldamente la bacchetta. «Sì.» disse «E tu chi saresti?»
  L’uomo fece un passo in avanti, e Harry sfoderò prontamente la bacchetta, ma lui non parve spaventato della cosa. Tese la mano in un gesto formale, ma molto rigido e titubante, come se stesse ancora imparando come presentarsi alla gente. «Il mio nome è Castiel» si presentò. «Sono qui per parlarti, una mia amica mi ha detto che sei una persona giusta.» poi guardò la sua mano, ancora tesa e pronta a stringere quella di Harry. «Si usa anche qui stringere la mano per presentarsi?»
  Harry si passò la bacchetta da una mano all’altra, stringendo la mano di Castiel. Con la sua incertezza aveva un che di bambinesco. «Sì» disse distrattamente. «Esattamente chi sei tu?»
  «Credo di averlo già detto. Sono Castiel, un angelo del Signore.»
  «Un… cosa?!» esclamò Harry. «Un angelo?»
  «Sì.» disse lui pacatamente, annuendo. «Sono qui per parlarti di quello che sta succedendo alla magia presente nei nostri mondi.»
  «Cosa? Cosa? Cosa?  Tu ne sai qualcosa?» esclamò Harry, cominciando a sentire l’impugnatura della bacchetta più scivolosa e umida. Castiel annuì.
  «Sta succedendo ovunque, anime sottratte al Purgatorio, agli Inferi, al Paradiso. Crowley è fuori di sé. Qualcuno parla anche di morti completamente scomparsi dalla faccia del Tartaro. Purtroppo non posso esserne certo, non ho molti collegamenti lì. »
  «Inferno? Paradiso? Tartaro?» farfugliò Harry. «Aldilà?»
  «In un certo senso i morti stanno tornando a camminare sulla terra.» affermò Castiel. «E stanno succedendo cose strane, tipo, in questo mondo, dissennatori che tornano a manifestarsi, giusto?»
  «Come fai a…?»
  «Sono un angelo. Comunque, tutti sono decisi a scoprire cosa sia che lo sta provocando.»
  «Aspetta… tutti?» Harry si sentiva solo più confuso di prima, ma in pochi secondi riuscì a prendere coscienza di due cose: quello che stava succedendo nel Mondo Magico era solo una piccola conseguenza di ciò che stava succedendo negli altri mondi e che… i morti stavano ritornando nel mondo dei vivi.
  Fred.
  Sirius.
  I suoi genitori.
  Tonks e Lupin.
  Tutti quei pallidi corpi che aveva visto cadere il giorno della battaglia di Hogwarts. Quelle  persone che facevano ancora capolino dei suoi incubi, con le orbite vuote, con le labbra schiuse in un grido o che chiedevano vendetta.
  E Voldemort.
  Si passò una mano sulla cicatrice. Strano che non gli avesse fatto male negli ultimi giorni. Strano, allora, che non gli bruciasse, se Voldemort era di nuovo vivo.
  «Devi aiutarci,» disse Castiel «potrebbe essere la fine. Qualcosa di molto grande, un grande male si sta annidando da qualche parte, e tutti devono aiutare a fermarlo. Tu sei un mago molto potente, e potresti essere fondamentale.» le parole dell’an-gelo fecero riflettere Harry. Qualcosa di grande, qualcosa di malvagio. Qualcosa peggiore perfino di Voldemort.
  Castiel gli porse un foglio. «Ti prego di pensarci. Qui ci sono i numeri telefonici della mia amica Charlie Bradbury e di un investigatore con cui ho parlato prima di venire qui. Si trova a Londra, e credo che non riceva gufi.»
  Harry prese il foglio, gli diede un’occhiata veloce e fece un cenno a Castiel, come per assicurargli che lo avrebbe fatto.
  Poi sentì qualcuno urlare il suo nome. Era Teddy, che arrancava per le scale facendo il rumore di una mandria di bufali.
  «Ci vedremo, Harry Potter.» lo salutò Castiel, e scomparve in un attimo, con un rumore come di un frusciare d’ali.
  «Harry!» Teddy spalancò la porta ansimando. I capelli azzurri più scompigliati del solito e gli occhi sbarrati. «Ti prego, scendi giù. Sono arrivati George, Ron, Hermione… e…» prese un bel respiro, passandosi le dita tra i capelli, lasciandosi scappare un’imprecazione. «Scendi, muoviti!»   
 
 

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Capitolo 2
*** Charlie fa da guida ai Cacciatori e alla Cacciatrice ***


Charlie fa da guida ai Cacciatori e alla Cacciatrice



Perché Castiel prendeva tutto alla lettera? E perché Charlie lo assecondava?

  Dean tagliò un pezzo della crostata di mele col dorso della forchetta. «Quindi, ripetimi un po’…»

  Charlie alzò gli occhi dal computer portatile. «Ti ho già spiegato dove è andato Castiel.»

   «Mi spieghi come sia possibile?» Dean si infilò un altro pezzo di crostata in bocca. «Cazzo, sono personaggi di fantasia. Li hai visti in tv.»

  Suo fratello gli rifilò un’occhiata accigliata. «Tecnicamente Harry Potter è un libro.» affermò.

   «E poi questa storia di andare a chiamare un altro cacciatore» li ignorò Dean,e continuò a parlare a bocca piena. «Per caso Cas dubita di noi?»

   «Andiamo, Dean!» esclamò Charlie, passando il computer a Sam. «Non fare il coglione. Ha detto così perché crede che abbiamo bisogno di aiuto, e non ha neanche sbagliato.»

  Dean continuò imperterrito a ruminare la sua crostata. «Ma questa storia degli altri mondi...»

  Charlie parve offendersi. «Credevi che esistesse Oz prima che ci andassi io?»

  «Be’, no, ma è un’altra storia. Cazzo, quello si è messo a cercare Harry Potter.»

  «Dean, se non è ancora tornato vuol dire che probabilmente la sua missione non è così impossibile.» disse Sam, senza staccare gli occhi dal PC e con una certa allegria nella voce, come se ci sperasse davvero.

  «O forse si è ritrovato in uno strip club e sta cercando di far convertire le lap-dancer.» Dean si alzò dal tavolo mettendo in bocca l’ultimo pezzo di crostata e dirigendosi verso il cestino, accanto alla porta di legno del motel. «Può essere tutto.»

  «Anche che le anime scompaiano dall’Inferno.» aggiunse Charlie, con un sorrisetto soddisfatto, accomodandosi meglio sul divano molle, accanto a Sam, sfogliando distrattamente la sua copia di Lo Hobbit per l’ennesima volta. «Ehi, quindi potrebbe esserci la Terra di Mezzo, da qualche parte.»

  «Non usare la logica con me, ragazzina.» Dean le puntò il dito contro.

  Charlie non gli rispose, era troppo impegnata a leggere per l’ennesima volta qualche pagina, Sam era intento a ricercare chissà cosa da quel portatile.

  Crowley aveva fatto irruzione nella stanza non più di tre quarti d’ora prima, con il suo classico “Salve, ragazzi” all’improvviso, e aveva cominciato a inveire contro Castiel chiedendogli tutto ciò che sapesse riguardo alla scomparsa delle anime dall’Inferno.

  Inutile dire che Dean non sapesse neanche quello di cui stesse parlando. Fino a poco prima pensava di averle viste tutte.

  Crowley allora prese un caffè (lo rubò a Sam, fregandosi anche la tazza con il logo del motel stampato sopra) e, con calma, spiegò che qualcosa stava facendo in modo che gradualmente ogni anima dell’Inferno tornasse da dove era venuta. E indovina-te? Succedeva anche in altri inferni.

  Dean fu abbastanza scioccato dallo scoprire che l’Inferno era collegato con un altro tipo di aldilà: il Tartaro, l’inferno degli antichi greci. E chissà quanti altri. Ma in quel momento Crowley parlò solo del Tartaro, del fatto che fosse andato a parlare con il capo lì e che voleva sapere se anche in Paradiso stesse succedendo la stessa cosa, perché anche dai Campi Elisi (la versione greca del Paradiso, a quanto capì Dean) le anime facevano ciao e che, ovviamente, non stava urlando in faccia a Castiel, ma gli stava semplicemente chiedendo se sapesse qualcosa della situazione del Paradiso.

  Insomma, quando Crowley capì che Cas era, come lo aveva definito Dean, più inutile di un bambino in un trench, levò le tende con un “Alce, Scoiattolo, buon proseguimento”.

  Ma, ovviamente, quando gli saltava in mente di venire fuori? Per una volta che Charlie era con loro. E lei si mise a parlare con Castiel e a farsi mille film mentali.

  Se c’è il Tartaro, diceva, che non è l’aldilà di questo mondo, vuol dire che ci sono altri mondi, no?

  Castiel si limitava ad annuire.

  Ma è ovvio!, continuava a dire, facendo avanti e indietro sul pavimento già di per sé consumato, Sai che vuol dire? Eh? EH?

   Spesso quella ragazza faceva davvero paura.

  Insomma, per farla breve, Charlie trascinò Castiel nella sua spirale di follia nerd, per poi farlo uscire solo dopo avergli fatto il lavaggio del cervello.

  Da inutile bambino in trench Cas era passato alla modalità Salvare il mondo. Per cui, di punto in bianco ci dice qualcosa come “Vado a cercare personaggi immaginari per salvare i mondi immaginari dei lepricani, delle fate che Dean ha cotto nel microonde e dei My Little Pony, perché me lo ha detto Charlie, e perché . Ah, e dato che sono un angelo responsabile, paranoico e iperprotettivo vi chiamo un altro cacciatore per pararvi le beneamate chiappe nel caso voi decidiate di toppare giusto questa volta.”

  Qualcosa che faceva molto male interruppe bruscamente i pensieri di Dean.

  Sentì suo fratello e Charlie che urlavano il suo nome, la porta dietro di sé che si spalancava, poi qualcosa che lo colpiva alla schiena e il pavimento che aveva deciso di dargli un bacio, quasi rompendogli il setto nasale.

  Mentre era ancora confuso dall’improvviso affetto del parquet, qualcuno, qualcosa lo prese per le spalle e lo rivoltò come una bambola. Quando spalancò gli occhi, Dean si trovò davanti una ragazza.

  Con in mano un paletto, ma una ragazza. Bionda, con un’espressione dura in volta e gli occhi marroni accigliati.

  «Ma che ca-...»

  «E tu...» disse lei premendogli un braccio sul petto. «Saresti uno dei migliori cacciatori di demoni al mondo?»

  Balzò in piedi e guardò Dean dall’alto in basso, incrociando le braccia al petto, sulla canottiera bianca. «Quell’angelo deve essere davvero innamorato di te.»

  «Aspetta, aspetta... che?» farfugliò Sam, che teneva tra le mani il suo computer come se fosse stata l’unica cosa che valeva la pena salvare in caso di catastrofe.

  Charlie gli tirò una gomitata alle costole. «Oh, andiamo Sam!»

  «Ehi, ehi» gracchiò Dean alzandosi goffamente dal pavimento. «Sembra che l’unico che si sia perso un passaggio qui sono io.» si voltò verso la ragazza, che lo stava ancora squadrando con una certa aria di sfida. « E tu chi sei?»

  «Oh, andiamo Dean!» esclamò Charlie, «Tutti sanno chi è! È morta e risorta almeno due volte, ha evitato l’Apocalisse almeno quanto voi! È la Cacciatrice!»

  «Ha- ha. Molto divertente.» Dean si sforzò di ridacchiare guardando l’amica. «La “Cacciatrice”? Sul serio? E che cosa dovresti essere, una specie di prescelta o roba simile?»

  «Ovviamente.» annuì la bionda, tenendo sempre stretto tra le dita sottili il paletto. «Sono Buffy, la prescelta della mia generazione. Sono io quella che si è gettata nel portale di Gloria per evitarvi la prima Apocalisse degli anni ‘90.»

  «Oh, andiamo ragazzina! Tu? A chi vuoi darla a bere? Potresti essere mia sorella minore, quanto sei alta, 1 e 20?»

  «Ehi.»

  «Scusa, Sam.»

  «Dean, a prescindere dalla statura, sul serio...» intervenne Charlie. «È davvero la Cacciatrice. Sai, quella con l’Osservatore... nata con una missione... allenata per portarla a termine fino alla morte...»

  A quel punto la interruppe un’occhiata sbilenca della ragazza, della “Cacciatrice”, Buffy.

  «Beh...» intervenne Sam, grattandosi  distrattamente la nuca. «Effettivamente ho letto qualcosa in proposito una delle tante volte in cui tu e papà mi avete lasciato in motel.» guardò Buffy, cominciando a gesticolare. «Un buco enorme... dove prima sorgeva una cittadina... come si chiamava?»

  «Sunnydale.» rispose gelida Buffy, stringendo convulsamente le dita contro quel benedetto paletto, fino a rendere le sue nocche pallide, come se Sam avesse toccato un tasto dolente, pieno di ricordi che la Cacciatrice non voleva rievocare. «Ah, ora ho capito.» disse riprendendosi subito dall’attimo di smarrimento, e indicò Sam, voltandosi però verso Dean. «Lui è quello intelligente.»

   Sam ridacchiò.

  «Ma ora spiegatemi come sapete tutto questo sul mio conto.» disse Buffy, e Charlie fece un balzo verso di lei. «Perché io ti ho seguito si dalla prima puntata! Eri fantastica! Assolutamente fantastica!» esclamò, con gli occhi che le brillavano.

  «Puntata?»

  «Me lo faresti un autografo?»

  Proprio in quel momento, Dean sentì un paio di ali sbattere, ed ecco Castiel, in piedi davanti a loro, con un impercettibile sorriso. «Vedo che la Cacciatrice è giunta prima di me.»

  «Sì,» disse Buffy, «dai Winchester. “Due dei cacciatori più forti del mondo”.»

  Castiel si voltò verso Charlie. «Ho fatto come mi hai detto, Charlie, ho incontrato il signor Potter.»

  Charlie saltò da una parte all’altra della stanza come se avesse le molle sotto le scarpe. «DAVVERO? CHE TI HA DETTO? CHE VI SIETE DETTI?»

  «Gli ho dato il tuo numero e l’indirizzo dell’investigatore che mi hai detto.» rispose pacatamente Castiel. A destra di Dean, Buffy si grattò la testa.

  «OH MIO DIO, HARRY POTTER HA IL MIO NUMERO?»

  «Charlie» Sam tossì. «Calmati, abbiamo del lavoro da fare. Ecco perché Buffy è qui.»

  «E non ricordarmelo!» squittì lei. «Potrei ricominciare.»

  «Cazzo, no!» intervenne Dean, e si rivolse a Castiel. «Piuttosto, hai capito dove dobbiamo andare per saperne qualcosa, di questa storia?»

  «Sì» rispose Castiel, e cacciò un foglietto piegato in quattro dalla tasca dei pantaloni. «Una cittadina, nel Maine. Credo che siano abbastanza esperti riguardo questi eventi.» spiegò il foglio, e lesse. «Dobbiamo recarci a Storybrooke.»

  «Ha detto Storybrooke!, esclamò Charlie, passandosi una mano tra i capelli rossi.

  Dean preferì non farle alcuna domanda. «Okay, partiamo subito, allora.»

  «Direi che è una buona idea.» approvò Buffy.

  «Aspettate, però.» li fermò Castiel. «La città è circondata da un...»

  «Un sortilegio, che per anni ha impedito agli abitanti di uscire.» disse Charlie, con un largo sorriso.

  «Esatto.» mormorò l’angelo, rimettendosi il foglietto nella tasca dei pantaloni.

  «E sei abbastanza informata su questo posto?» intervenne Sam con aria titubante.

  «Scherzi? Potrei dirti dove si trova, chi ci abita e tutte le puntate a memoria,. stronzetto.»

  «Puntate?» mormorò Buffy, grattandosi la nuca.

  «Sì, beh, non ti preoccupare.» la rassicurò Dean. «Ci farai l’abitudine.»

  Quindi non restava loro che partire.

  Dean uscì, seguito dagli altri. «E Castiel, tu viaggi con noi, niente teletrasporto e roba del genere. E ovviamente di siedi dietro.»

  Accarezzò il cofano della sua Impala, come per avvisarla che sarà un lungo viaggio, dal Kansas al Maine, e che avevano appena accettato un caso veramente grosso stavolta.

  «Allora, queste sono le regole.» disse voltandosi indietro, una volta seduto al volante. Sembrava una strana gita di famiglia, Castiel sulla sinistra, seduto composto e rigido come suo solito. Sarebbe rimasto così per tutto il viaggio e lo sapeva benissimo. Buffy a destra, con il volto già puntato contro il finestrino, a scrutare chissà cosa oltre il vetro. Charlie in mezzo, con un sorriso allegro da bambina sul volto e un bagaglio vecchio e scucito pieno di scritte e citazioni di chissà quali libri. «Niente cibo, niente oggetti affilati, non vi azzardate a procurare danni permanenti alla mia bambina, niente cani.» poi posò lo sguardo sui borsoni che Buffy e Charlie avevano sulle gambe. «Una di voi due soffre di mal d’auto, per caso?»

  Charlie alzò titubante la mano. «Quando ero piccola vomitavo sempre, ma sono secoli che non faccio una gita in auto.»

  «Questa non è una gita,» disse Castiel. «è una missione.»

  «Vale lo stesso.» si affrettò a precisare Dean. «Tieniti quel borsone davanti, e se per caso non resisti avvisi, devi assolutamente avvisare, intesi, ragazzina?»

  Lei annuì. «Ma ora ti muovi a partire, stronzetto? Da quando temporeggi così tanto?»

  Sam ridacchiò, e  Dean mise in moto.

  Cinque minuti dopo, fu Charlie a parlare.

  «Qualcuno conosce qualche bel passatempo da viaggio?»

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