Come as you are

di comewhatmay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** and if...? ***
Capitolo 2: *** Drain you ***



Capitolo 1
*** and if...? ***


Ricordava, ricordava come se fosse ieri.
Ricordava i suoi insegnamenti, il suo modo di parlare, il suo modo di gesticolare. Impresso nella sua mente rimaneva il suo profumo, il suo profumo di gioventù e voglia di vivere, il suo profumo di libertà e indipendenza.
Ricordava quando salutava sua madre la mattina presto e andava in bici assieme a lui, tornando il tardo pomeriggio, quando il sole calava e la città iniziava a spegnersi.
Ricordava quando cadeva sul terreno polveroso tipico della periferia, quando si sbucciava entrambe le ginocchia e lui gli diceva che non era niente, che sarebbe passato.
Subito le sue parole riuscivano a infondergli un inspiegabile senso di sicurezza e fiducia, eliminando nella sua mente ogni possibile dubbio.
Aveva sempre pensato che, non si sa in quale modo, loro due fossero collegati, ma non da un legame sottile, da qualcosa che, alla fine, avrebbe sempre portato uno all'altro. Non avrebbe mai potuto spiegarsi il perché, ma lo sapeva.

Lo sapeva e basta.

Una cosa su tutte, però, era quella che ricordava meglio di lui: la sua voce.
L'aveva sentita così tante volte che, se fosse diventato un giorno sordo, sarebbe stato l'unico suono che su tutti avrebbe saputo ricordare. L'aveva ascoltata sotto qualunque sfumatura: spensieratezza, serietà, dolore. Ricordava quanto riuscisse a calmarlo, a dar ogni risposta a qualunque sua domanda, a dargli uno scopo, a farlo vivere.

Era l'ennesima giornata che si alzava pensando a lui. Pensò che avrebbe dovuto darci un taglio.
Si preparò in tutta fretta, come se ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Indossò la sua giacca preferita a quadri blu e neri, infilò i soliti jeans neri con catena laterale, allacció le sue Vans. Infilò le cuffiette, scelse playlist 'Nirvana' avviando la riproduzione casuale e partì.   

***

Un'altra noiosissima e inutile, quanto scontata, giornata di scuola passò.
Roxas non ne poteva più. Tornò a casa e si lanciò letteralmente a peso morto sul suo materasso. Quel secondo anno di liceo non ne voleva sapere di passare.
Era alquanto seccante sperare che potesse passare più in fretta e notare invece che, più si sperava, più lentamente in tempo scorreva.
Sbuffando, si sedette poi sulla sedia difronte alla scrivania, prese uno dei fogli a caso nel tiretto, con l'intento di terminare uno dei suoi numerosissimi lavori incompiuti, e lo appoggiò dinanzi a sé.
Ciò che vide non fece altro che aggravare la sua giornata e farlo rimanere perplesso. Quello che aveva sotto gli occhi era un suo vecchissimo disegno, dai tratti consumati dal tempo.
Non aveva mai capito cosa avesse provato a imprimere tre anni fa su quel foglio. Ciò che riusciva ormai a captare rimanevano soltanto quella scia di scacchi innaturalmente ondulata che si snodava attorno ad un qualcosa di molto confuso. Nonostante i lievissimi e invisibili tratti, Roxas sapeva che quel qualcosa doveva per forza avere un tocco di rosso.
Si maledí mentalmente. Non avrebbe dovuto ancora conservare quelle scartoffie.
La sua voglia di disegnare andò a farsi benedire. Si rigettó sul letto e, senza alcun stupore, non gli restò altro da fare sennon guardare il soffitto vuoto.
Perché ormai, di Roxas, non rimaneva un briciolo d'anima.

"Mi raccomando, Roxas. Mi prometti che combatterai?'

***

Passarono giorni, settimane, mesi. E Roxas, assieme alla sua vita, rimaneva lo stesso. Apatico, solo. Se qualcuno gli si avvicinava era solo per chiedergli di copiare i compiti.
Roxas non obbiettava, non diceva nulla. Rimaneva lì, impassibile ad osservare come gli altri scopiazzavano qua e là in fretta dal suo quaderno, e da lontano poteva sentire i cuori altrui battere all'impazzata a causa dell'annunciato imminente arrivo della professoressa.
Si chiese come fosse anche provare un minimo di emozione, gradevole o non che fosse. Si rispose che non ne aveva la minima idea e che non avrebbe neanche aver voluto in realtà essere al corrente della risposta.
L'ora di matematica passò e Roxas non si degnó neanche di far finta di essersene accorto. Non gli importava.
In quel momento avrebbe solo voluto tornare a casa, starsene disteso a pancia in sú sul suo letto a guardare il soffitto, ascoltando i Three Days Grace e i Nirvana che parlavano per lui, magari col volume al massimo, tanto sua madre ormai era sparita nel nulla e i vicini di casa non erano un problema. Non si sarebbe curato delle lamentele di nessuno. Questo era il suo obiettivo, e anche ciò a cui pensò fino alla fine delle lezioni.
La campana suonò e, messo lo zaino sulle spalle, uscì dall'edificio scolastico.
Stava, come di consuetudine, avviarsi verso casa, ma si bloccò improvvisamente, come sa qualcosa lo tenesse immobile.
La figura che vide fuori, appoggiata al cancello verdognolo della scuola, lo lasciò sconvolto. O doveva essere un miraggio, oppure un'ossessione, visto quante volte aveva pensato a lui in quei giorni.
Ma non poteva esser davvero la persona che stava sperando che fosse. Non poteva esser lì, non avrebbe avuto alcun senso. Sicuramente si sarebbe trattato di un sosia. Beh, di spalle, non è troppo difficile scambiare una persona per un'altra.
Roxas pensò in quel momento di aver toccato il fondo e di esser diventato matto d'un tratto.

-...Axel? -

La figura in questione si girò verso di lui e Roxas seppe in quel momento che il presentimento che da giorni lo tormentava si era appena concretizzato.
Quando vide i suoi occhi smeraldo, capì che, assolutamente, non si trattava di alcun suo sosia.

Buonasera carissima lettrice! Allora, sono consapevole che il primo capitolo è abbastanza corto ma volevo prima vedere se la fic interessa o intriga. Non vorrei che finisse come altre mie fic buttate al vento ^^' ma pensiamo positivo, perchè adesso sono più che motivata a scrivere!
Qualunque errore, vi prego di perdonarmi... per me è abbastanza tardi e sto morendo di sonno ewe e cosa più tragica... sono collegata dal cellulare.
Lasciate un commentino se vi va, o qualsias i cosa.
Detto questo, alla prossima! ♡

comewhatmay

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Capitolo 2
*** Drain you ***


Roxas pow

- Rox! -

Sgranai gli occhi e rimasi per un tempo indefinito immobile. Pensai ancora di essere sotto effetto di qualche allucinazione e che un giorno o l'altro sarei finito in un manicomio, di questo passo. Sbattei un paio di volte le palpebre, mentre una parte di me sperava che la figura che mi si poneva davanti fosse reale e un'altra, più remota, desiderava che questa si dissolvesse nell'aria come per magia. Non seppi spiegarmi quei due voleri così contrapposti della mia anima.
Ero ancora lì imbambolato, mentre la mia mente cercava qualcosa di opportuno da dire in quel momento. Ero sotto il completo blackout fisico e mentale.

- A-Axel...? -

  Alla fine optai per la cosa più stupida tra tutte: chiamare ancora una volta il suo nome in cambio di qualche frase che avesse potuto rispondere parzialmente anche a una sola delle numerosissime domande che mi inondavano il cervello.
Axel gettò molto sgarbatamente la sigaretta ormai arrivata al filtro per terra, poi s'incamminò nella mia direzione. Potevo sentire il sangue scorrere impazzito fin nelle orecchie.
Notai subito che c'era qualcosa che non andava. I suoi occhi rivelavano un insolito bagliore, che non seppi spiegarmi. Chiara fu la mia situazione: le cose che sapevo spiegarmi in quel momento erano davvero ben poche.
Erano "soltanto" tre anni che non lo vedevo eppure mi sembrava passata una vita, sembrava un'altra persona. È questa l'impressione che mi diede fin da subito, e non ne compresi il motivo.

- Non guardarmi così. -

Il corpo di Axel era interamente fasciato da indumenti neri, a cui si aggiungeva una giacca smanicata di jeans con tanto di borchie sulle spalle e una maglia con la scritta 'Metallica'. Quei colori scuri non facevano altro che accentuare il suo già particolarissimo color di capelli. Non lo avevo mai visto così prima di allora.

 - Scusa, ma sai com'è, è passato così tanto tempo e arrivi qui senza avvisare. -

Ironizzai, con quella nota amara che da un paio d'anni caratterizzava ogni mia frase. Non ne conobbi il motivo, ma il mio cervello mi impose di mettermi sulla difensiva, anche se si trattava di Axel. Mai contraddirlo, o se ne pagheranno le conseguenze.

- Oh, da quando siamo diventati così acidi? -

Axel rise, piano. Il mio cervello m'impose di guardare da un'altra parte, perché esso conosceva la risposta ma riteneva che sarebbe stato meglio se l'avesse riservata a sè stesso. E anche io, anche Roxas preferiva ignorarla e far finta di nulla. Non sapevo assolutamente quali parole far uscire dalla mia bocca, mentre la mia mente si rivelava alquanto affaticata in quel momento, a causa di quell'inaspettato "sovraccarico" di... sensazioni. Il mio cervello non era più abituato.

- Son tre anni che non ci vediamo. -

La mia bocca e la mia voce si allearono infamamente contro di me, mentre il mio cervello mi rimproverava duramente. Fortunatamente fu Axel a riprendere la parola, forse scorgendo appena il mio caos interiore, o forse solo per caso. Chi diamine poteva saperlo?

- Hai detto bene, sono tre anni.  -

Sapevo che aver parlato senza attendere alcun segnale dal mio subconscio sarebbe stato fare un passo falso, o almeno lo sarebbe stato in gran parte. Sperai solo di non fare altri passi falsi e di seguire solo le istruzioni che il mio cervello mi avrebbe dettato, anche se ero consapevole del fatto che esso mi avrebbe imposto di essere più diffidente. Ma troppo tardi!
Senza ombra di dubbio, era colpa di tutte quelle emozioni che mi assalirono in quei pochi secondi. Ripeto: non ero più abituato! Le ultime che avevo percepito, assai remote, non avevano nulla a che fare con quelle di quel momento.
Axel mi sorrise, un sorriso strano, un sorriso intriso da qualcosa che non seppi spiegarmi. Un sorriso che d'ingenuo non aveva proprio nulla.
Una voce sconosciuta interruppe i nostri fugaci sguardi, fortunatamente.

- Ax, datti una mossa! -

Il diretto interessato gettò un'occhiata al ragazzo che lo aveva appena richiamato. Era alto e biondo, vestito allo stesso modo di Axel: jeans neri strappati e giacchetta nera borchiata. Un tipo che mai avevo visto prima di allora.  
Axel voltò il capo e annuì nella sua direzione, poi si rivolse nuovamente verso di me.

- A quanto pare devo proprio andare. Sei cresciuto tanto, Roxas. Ci si vede. -

  Prima che potessi aggiungere qualsiasi cosa, Axel si allontanò da me e raggiunse una moto nera e saltò su, poi partì velocissimo, assieme al suo amico.
Mentre tutti gli altri studenti si rivestavano al di fuori dell'edificio scolastico, io rimanevo lì, imbambolato, con la testa ancora rivolta verso il punto in cui Axel era sparito. Ancora non ero del tutto sicuro che mi fosse realmente apparso davanti.
Dopo un numero impreciso di spallate che incassai, la mia mente si risvegliò, seguita subito dopo dal mio corpo. Tutto quello che potevo fare, era tornare a casa. E dovevo tornarci, anche di corsa. Il bisogno di riflettere sul recente dialogo si faceva sempre più impellente.

Appena arrivato, gettai letteralmente lo zaino sul divano e corsi in camera mia. Sentivo un'adrenalina incontrollabile scorrermi nelle vene. Neanche il mio cervello era stato capace di controllarla e volgerla a suo favore.
Accesi lo stereo e con una certa fretta che raramente m'apparteneva, inserii un disco a caso dalla pila ordinata sulla scrivania. Partì 'Drain you' dei Nirvana, mentre collassavo sul materasso.

'One baby to another says I'm lucky to have met you
I don't care what you think unless it is about me
It is now my duty to completely drain you
I travel through a tube and end up in your infection'

Cacciai fuori un respiro più pesante degli altri, mentre avvertivo il corpo pesante come se avessi appena terminato di correre una maratona. Ugualmente pesante si fece la mia testa. Sentivo il cervello implorare pietà, ma a quanto pare non gliel'avrei concessa ancora per molto.
Cosa ci faceva Axel lì? La sua presenza era l'ultima cosa in cui avrei potuto credere qualche tempo fa. Non nego che, io, Roxas, non riuscivo a trovare la questione un dispiacere.
Non riuscivo però a spiegarmi perchè, o meglio, il mio cervello non trovava una spiegazione plausibile. Che Axel fosse tornato per visitare un suo famigliare? Da escludere. Fu proprio lui ad essersi allontanato dalla propria casa tre anni fa. Opzione da scartare. Che dovesse recuperare qualcosa di importante? Non ne avevo la minima idea.
Quello era solo uno dei tanti quesiti nella mia testa. Il primo, quello che premeva di più, quello che aveva bisogno urgentemente di una risposta era un altro.
Cosa diamine era successo ad Axel?

Buonasssera gente! ♡ Anzi,dovrei dire,buonanotte, visto l'orario.
Perdonate i tempi tra un aggiornamento e l'altro,oltre che la cortezza dei capitoli,insomma... perdonate tutta la fic e la sottoscritta ahahahaha :')
Dati i miei problemi con i capitoli kilometrici (per esempio quello di iniziare una fic e non finirla) preferisco scrivere capitoli brevi ma intensi (non che questi primi due lo siano stati molto, ma ho bisogno di un po' per avviare la storia cwc)
Grazie a tutti coloro che leggono, inseriscono la fic tra seguite e ricordate e un grazie in particolare alla bravissima autrice Faithgrace che ha recensito il primo capitolo! ♡
A presto careee~

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