Twins di LimoneMenta (/viewuser.php?uid=462638)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Waffles ***
Capitolo 3: *** Crisi ***
Capitolo 4: *** Gelato ***
Capitolo 5: *** Foglie ***
Capitolo 6: *** Natale ***
Capitolo 7: *** Bacio ***
Capitolo 8: *** Cane ***
Capitolo 9: *** Compleanno ***
Capitolo 10: *** Baita ***
Capitolo 11: *** Auto ***
Capitolo 12: *** Zio ***
Capitolo 13: *** Sonno ***
Capitolo 14: *** Anello ***
Capitolo 15: *** Pianoforte ***
Capitolo 16: *** Limone ***
Capitolo 17: *** Horror ***
Capitolo 18: *** Neve ***
Capitolo 19: *** Hotel ***
Capitolo 20: *** Intervista - Extra ***
Capitolo 21: *** Litgio ***
Capitolo 22: *** Disco ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Federico
sa cos’è l’Amore, quello con la A
maiuscola: per lui ha un nome, e si chiama Edoardo. Edo ha
vent’anni, i capelli
castano cioccolato e un sogno in testa: il suo sogno è
Federico.
Anche lui,
però, ne ha uno: poter gridare al mondo quanto è
forte, quanto è grande l’amore
che prova per l’altro ragazzo. Ma non può. Non
può perché Edo è suo fratello.
Gemello. Ma lui lo ama, ama quelle fossette che gli si formano quando
ride e lo
chiama “vecchio”, benché ci siano solo
quattro minuti l’uno dall’altro, il suo
naso rosso per il freddo quando è inverno e nevica, le
maglie sudate che
abbandona ovunque in giro dopo le partite di calcetto, i suoi muscoli
che si
tendono quando fanno l’amore, proprio come in quel momento.
Edo è seduto
sopra
di lui, si dondola avanti e indietro, reclina la testa e apre la bocca
con un
gemito strozzato, stringendo tra le dita i suoi capelli, quasi come se
volesse
strapparglieli via tutti. Poi i loro occhi si ritrovano e Fede non
resiste più,
si lascia andare dentro di lui e Edo lo stringe forte tra le cosce,
come se non
volesse vederlo andare via. Poi cadono sul letto, ansanti, stremati, e
il più
grande inizia a coccolare il fratello lasciando una dolce scia di baci
sul suo
corpo soffice, partendo dalla guancia, scendendo giù per il
collo, il petto e
la pancia, quella pancetta morbida che Edo non sopporta ma che a lui fa
impazzire. La trova estremamente erotica, adora ricoprirla di piccole
macchiette rosse. E poi c’è l’inguine.
Dio, quell’inguine. Prende un respiro
profondo, aspirando il più possibile di quel profumo dolce.
Struscia il naso
contro la pelle calda, sente le mani dell’altro farsi strada
fra i suoi
capelli, accarezzarli con lentezza.
Fede ama quella porzione di corpo troppo
spesso coperta: adora riempirla di baci, accarezzarla con la lingua,
stuzzicarla con piccoli morsi e sentire Edo tremare sotto di
sé. Affonda
il viso in quell’angolino bollente e
pensa che non se ne staccherebbe più, se potesse, vivrebbe
solo per quello. O
forse è già così.
In bilico tra il malincuore per il dover lasciare
un posto
così perfetto e l’impazienza di riappropriarsi
delle sue labbra un po’
screpolate, Fede si allunga sul suo corpo, optando per la seconda
scelta, che
ora trova perfetta. Edo lo avvolge in un istante, lo stringe talmente
forte da
fargli male, strofina il bacino contro il suo, facendolo boccheggiare.
E lui ci
ricasca, si fa fregare ancora: si spinge nel suo corpo, affonda le
unghie nella
sua carne, sente suo fratello graffiargli la schiena, trattenere il
fiato e
afferrare il lobo di un orecchio tra i denti.
Hanno sempre
fame l’uno
dell’altro, come se qualcuno dovesse arrivare
all’improvviso e separarli per
sempre. Il silenzio li circonda, oltre a loro non
c’è nessuno in quel
piccolissimo appartamento di città che ora è il
loro nido.
Ma è solo tra le
braccia di Edoardo che Federico si sente davvero a casa.
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Capitolo 2 *** Waffles ***
2.
WAFFLES
Dorme.
Federico guarda suo fratello mentre dorme,
coperto dal peso del suo corpo nudo. Ha paura di fargli male, ma Edo
non ha
voluto che uscisse da lui, si è addormentato stringendolo
ancora dentro di sé,
in una guaina calda e protettiva. Adesso ha gli occhi chiusi, le ciglia
lunghe
che gli sfiorano le guance, i capelli sparati in tutte le direzioni sul
cuscino. Le sue labbra sono leggermente schiuse, Fede si china a
sfiorarle con
le proprie, le bacia, le morde. Sa che Edo ama tutte quelle attenzioni
e ne
approfitta per sfilarsi da lui. Sa anche che inevitabilmente si
sveglierà, per
questo si sdraia accanto a lui, fissandolo in attesa. E quando
l’altro apre gli
occhi il suo cuore salta un battito, o forse due, o tre... Non ha mai
visto
nulla di più caldo di quegli occhi di ghiaccio che lo
guardano con un amore
così grande da farlo piangere di gioia. Sono due fratelli di
vent’anni che si
amano da quando sono nati e che vivono nella menzogna. Abitano in un
buco
vicino al centro di Torino, totalmente arredato con i mobili
dell’Ikea, che
osano chiamare casa. All’inizio è stato difficile
per entrambi riconoscere che anche
in città (soprattutto in città) esiste una cosa
chiamata civiltà e che quindi
non si può vivere mangiando ogni sera pizza o cinese
d’asporto e lasciare
calzini sporchi in ogni angolo. Vivevano in campagna, in mezzo alle
colline e
alla tranquillità, prima che Fede decidesse di iscriversi ad
Architettura e Edo
a Medicina. Vuole diventare ostetrico, ispirato da quello che gli
evitò il soffocamento
a neppure un minuto di vita, causa un giro di cordone ombelicale
intorno al
collo. Suo fratello è sicuro che ci riuscirà,
è certo che entrambi faranno
strada e arriveranno al successo, che diventeranno quello che hanno
sempre
sognato. Ma non potranno mai rivelare al mondo chi sono davvero. I loro
genitori non avranno mai dei nipotini da viziare
e men che meno li vedranno stare con altre
persone. Non conosceranno mai l’amore indistruttibile che li
unisce, non capirebbero,
ne sarebbero disgustati, furibondi e li rifiuterebbero. E
così loro sono
costretti a nascondersi, a vivere al buio la loro storia, a sostenersi
in
segreto. Ma va bene, finché sono insieme possono affrontare
qualsiasi
cosa.
«Buongiorno».
La
voce di Edo lo strappa da quei brutti pensieri che gli affollano la
testa. Suo
fratello lo guarda con un sorriso assonnato, poi si stiracchia, il
corpo nudo e
snello illuminato dalla luce che filtra attraverso la finestra, i
muscoli
guizzanti sotto la pelle rosea. È perfetto «Buongiorno»
risponde. Si alza e fa una pernacchia sulla sua pancia,
mentre l’altro sbuffa infastidito. Sente il suo sguardo su di
sé scivolargli
lungo la schiena e fermarsi proprio sulle natiche. Ridacchia: Edo ama
il suo
sedere, quando fanno l’amore le sue mani vanno sempre ad
artigliarsi lì e non
si spostano più. Durante il giorno ogni scusa è
buona per dargli una palpatina o
per poterlo accarezzare, più o meno maliziosamente; non
riesce proprio a
resistergli.
«Fai i waffles!» gli urla mentre lui si allontana
in tutta la sua nuda
gloria.
«A
pranzo? Guarda che è mezzogiorno passato» risponde
tirando comunque fuori gli
ingredienti per prepararli. Alla fine cederà alla sua
richiesta, lo sa già.
«Guarda
che si possono mangiare anche salati».
Fede sogghigna, conoscendo la passione di suo fratello per
i dolci. «E
tu li mangeresti? Davvero rinunceresti ad un waffle con la nutella per
uno
salato?»
Un paio di mani gli massaggiano le cosce nude, mentre dei denti
cominciano a mordicchiargli l’attaccatura tra spalla e collo.
«Uhm, forse per
questo...»
Fede
si rigira fra le sue braccia, mandando mentalmente al diavolo i
waffles, poi
scoppia a ridere. Suo fratello lo guarda decisamente seccato.
«Be’, che hai da
ridere ora?»
«Niente – risponde tra le lacrime – Ma
quello è il mio maglione?» chiede
indicandolo.
Edo si
stringe in un golf di lana blu, effettivamente un po’ troppo
largo per lui, e
mordicchia i bordi delle maniche. «Sì, e quindi?
Fa freddissimo» risponde
mimando un brivido.
«Edo?»
«Sì?»
«Siamo
al trenta di settembre. Non fa così
freddo» dice alzando un sopracciglio. Suo fratello
è la creatura più freddolosa
del pianeta e lui ne approfitta sempre per prenderlo in giro. E poi per
scaldarlo.
«Se tu sei una stufa impostata sui quaranta
gradi tutto l’anno io-umpf».
Fede lo zittisce aggredendo le sue labbra a suon di morsi. Scorre con
le mani
lungo il profilo del suo corpo, scoprendo con piacere che il maglione
è l’unico
indumento che indossa. Sorride nel bacio. «Certo che hai
freddo, se sotto il
maglione sei nudo» dice con aria da vecchio saggio.
«Tu sei completamente
nudo» gli fa notare Edo.
«La cosa forse ti disturba?» chiede con la faccia
di chi la sa
lunga.
«Sì – la risposta lo stupisce
– Perché te ne stai lì a pavoneggiarti
invece di preparare quei santissimi waffles!»
**********
Sono
venuti bene i waffles, pensa Fede. Sono
morbidi e caldi, perfetti nella loro forma. Avrebbe preferito mangiare
i suoi
al naturale, senza aggiunta di salse strane, ma mangiare e baciarsi
allo stesso
tempo non è la cosa più furba del mondo. Oh,
be’, poco importa: Edo gli è
seduto in braccio e si diverte a mescolare i loro waffles passandoli da
una
bocca all’altra. Ha riempito il suo di così tanta
cioccolata che sarebbe
bastata per mezzo chilo di dolciumi, ma Fede combatte la nausea e sta
al gioco.
La sedia su cui sono poggiati ogni tanto scricchiola facendo pensare ad
un
possibile crollo, ma ci badano poco, preferiscono dondolare avanti e
indietro,
sfregando i loro corpi l’un con l’altro. Il blu del
suo maglione dona
particolarmente a suo fratello; deve farglielo mettere più
spesso.
«Hai un
baffo di cioccolata» ridacchia il più piccolo.
«Dove?» chiede laccandosi il labbro inferiore.
«Proprio qui» e si china, succhiando
quello superiore. È un bacio lungo,
bagnato, che supera la bocca e raggiunge distese intere di pelle.
È un bacio
dove si dice tutto e niente, dove ci si arrabbia e ci si consola a
vicenda,
dove si scherza e dove si perde la ragione, dove gemiti e ansimi
diventano un
tutt’uno. Edo allunga un braccio per afferrare il bicchiere
di latte con cui volevano
accompagnare i waffles, giusto per fare una colazione leggera. Ne beve
un po’;
ne tiene un sorso in bocca e la spinge nella sua, che lo manda
giù come se
fosse un nettare divino, mentre una goccia gli scappa giù
per il mento,
perdendo immediatamente l’aspetto di latte. E Dio,
è quasi osceno vedere suo
fratello chinarsi su di lui e leccarla via con la lingua, sentire i
loro bacini
sfiorarsi e cercarsi.
«Ti
prego, dimmi che non devi studiare nessuna malattia strana
oggi» chiede con gli
occhi lucidi di desiderio. La sua mano scende giù,
giù, ancora più giù...
«Non
devo studiare nessuna malattia strana».
«Davvero?» chiede tornando per un attimo serio.
Passerebbe tutta la vita
a far colazione con suo fratello,
ma
devono impegnarsi davvero, se vogliono diventare indipendenti dai
genitori il
prima possibile.
«Dovrei ripassare
Anatomia, però - un sorrisino malizioso si fa strada sul suo
volto – Potresti
darmi una mano, se ti va».
Fede non risponde, preferisce guardare il
contrasto che la pelle di Edo
crea con il blu del maglione, mentre inarca la schiena e chiude gli
occhi con
un forte gemito.
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Capitolo 3 *** Crisi ***
3.
CRISI
Quando
Federico torna a
casa quel pomeriggio, si ritrova davanti ad una scena che ha visto
già troppe
volte e che spera sempre di non vedere più. Edo se ne sta
rannicchiato a terra,
incastrato nella nicchia tra il divano del salotto e la parete, dove
fino a
poco tempo prima si trovava un appendiabiti. Che in quel momento
è abbandonato
sul pavimento. Lascia andare la porta con una spinta, fregandosi del
forte
boato che questa produce quando si richiude. Vedere suo fratello in
quelle
condizioni è l’unica cosa che possa davvero
ferirlo, che possa renderlo
vulnerabile. Ogni lacrima, ogni fremito, ogni singhiozzo è
come una coltellata
dritta al cuore. Lo raggiunge in un paio di falcate, tirandoselo in
grembo e
stringendolo fra le braccia. Sente il dolore dell’altro
bagnargli la maglia,
stretta fra le sue mani tremanti.
«Ci divideranno, Fede, ci separeranno
e non ci permetteranno più di stare insieme! Non voglio
perderti, non voglio!»
La voce di Edoardo è interrotta da violenti singhiozzi e ad
ogni intervallo si
alza di un’ottava, mentre viene scosso da violente spasmi.
Non è la prima volta
che ha una crisi del genere e spesso nascono da cazzate insignificanti.
Come
quella volta che, a quindici anni, era tornato a casa in lacrime per
aver preso
l’ennesima insufficienza in Storia. Poi però era
peggiorato, fino a
scaraventare un bicchiere contro il muro, in preda al terrore che
qualcuno un
giorno li avrebbe separati. Quali collegamenti facesse tra una storia e
l’altra
Fede no l’aveva mai capito.
Gli
stringe il viso tra le mani, portandolo ad appoggiare la fronte contro
la sua.
«Guardami, Edo. Guardami! – esclama scuotendolo
– Nessuno potrà mai portarmi
via da te, hai capito? Nessuno!»
Edo scuote la testa, lo colpisce ripetutamente al petto.
«Loro ci
separeranno, ci divideranno! Come faremo da soli? Io non posso stare
senza di
te, non sono capace, io...»
Fede sorride
amaramente: e lui, lui cosa
potrebbe
fare senza suo fratello? Morirebbe, ecco cosa. «Ehi,
ascoltami - cerca di usare
un tono pacato, per calmarlo, nonostante la presa ferrea in cui
è imprigionato
– Non sono un veggente e non posso assicurarti che nessuno ci
separerà mai – in
quel momento pensa che probabilmente non uscirà vivo da
quella morsa letale – Ma
ti posso giurare, io ti giuro su
ciò
che preferisci che se un giorno non dovessimo più essere
insieme, comunque non
ti lascerò mai. Intesi?»
Sente il naso
freddo dell’altro strusciarsi contro il suo collo in un muto
cenno d’assenso.
«E poi, mi vedi ogni
volta che ti guardi allo specchio! Non ti stufi mai?»
ridacchia nervoso. Cerca
di alleggerire un po’ l’atmosfera tesa che
c’è, ma sa che non è ancora
abbastanza. In tutta risposta, Edo gli aggredisce le labbra, mordendole
e
tirandole.
«Mai,
mai, mai...» bisbiglia sulla sua pelle, riprendendo la
domanda. Fede sorride a
quelle parole, ripetute contro il suo orecchio come una litania, le
mani
intrecciate fra i suoi capelli. Gli avvolge le braccia intorno alla
vita e lo
tira su, permettendogli di circondarlo con le gambe lunghe. Mentre si
dirige
verso la loro camera gli accarezza ripetutamente la schiena, senza
staccarsi
dalla sua bocca, neppure quando vanno a sbattere contro lo stipite
della porta.
Lo sdraia sul letto, lasciandogli un morbido bacio sulla fronte, sulla
punta
del naso (cosa che lo fa sbuffare) e sul mento.
Lo sveste lentamente,
sfiorandogli a lungo la pelle calda con labbra, per fargli capire che
lui è lì.
Tutto gli abiti spariscono, prima la felpa grigia (che tra
l’altro è sua), poi
la maglietta e i jeans strappati. Fa altrettanto con i suoi, per poi
sdraiarsi
su di lui e coprirlo interamente. Quando era venuta fuori la prima
crisi, aveva
pensato che Edo potesse sentirsi soffocare, così stretto tra
il suo corpo e il
materasso, e che preferisse aver maggior libertà di
movimento possibile. Ma
l’altro aveva confessato che solo in quel modo si sentiva
davvero al sicuro,
protetto, perciò Fede gli si era premuto ancora un
po’ più addosso,
abbracciandolo forte.
E come
allora, non ci sono né gemiti né versi
d’altro tipo, solo labbra che si
scontrano, mani intrecciate fra i capelli e il corpo di Edoardo che
accoglie il
suo in un tacito ringraziamento. L’aria è colma di
sospiri e di “ti amo”
bisbigliati, morsi sulla pelle, scritti con le unghie
ininterrottamente. E da
lì poi è tutto in discesa, un qualcosa di vissuto
infinite volte eppure sempre
nuovo, magico. Un cercarsi, trovarsi, mettersi a nudo e salvarsi.
Insieme.
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Capitolo 4 *** Gelato ***
4.
GELATO
«Mi
dici dove mi stai portando?» si lagna Edo. È
la quinta volta che lo chiede e Fede sogghigna divertito. Non
risponderà
neppure adesso. «Se
non me lo dici immediatamente non mi muovo più da
qui!» Suo fratello
si ferma in mezzo alla via, pestando i piedi per terra come un bambino.
Ha le
guance e il naso rossi per il freddo di dicembre e i capelli pieni di
neve.
Trema come una foglia, nonostante sia coperto da testa a piedi con una
quantità
spropositata di vestiti.
«Beh, se
fai un paio di passi alla tua sinistra siamo arrivati» rivela
finalmente con un
sorriso da un orecchio all’altro. Edo ruota la testa di
novanta gradi, poi
spalanca gli enormi occhi azzurri con sorpresa.
«Mi hai portato in gelateria? A dicembre?»
commenta guardandolo come se fosse impazzito durate la notte. Forse
è stato
tutto quel movimento sotto le coperte ad averlo mandato fuori di
testa...
«Questa mattina hai
detto che avevi voglia di gelato e così ho pensato che ti
sarebbe piaciuto. O
no?» Sa bene quanto sia freddoloso suo fratello e lui odia il
gelato
confezionato, perciò ha pensato che quella fosse la
soluzione perfetta. Edo gli
si avvicina con gli occhi che scintillano, incapace di credere che Fede
l’abbia
portato lì solo per una suo piccolo capriccio.
«Ma... Fiorio?
È la gelateria più cara di tutta
Torino!» Si morde il
labbro inferiore con insicurezza, dondolandosi da un piede
all’altro: ha freddo
e muore dalla voglia di entrare, ma
allo stesso tempo non vuole essere sempre accontentato,
perché lo fa sentire
troppo viziato. Federico infila una mano nella tasca del suo piumino
alla
ricerca delle sue dita, che poi stringe attraverso la stoffa dei guanti.
«Fai meno storie e entriamo, su». Gli scocca un
bacio sulla punta del
naso e lo spinge all’interno della cremeria, circondandogli
la vita con un
braccio.
«Buonasera - li saluta la voce gentile di un cameriere
– Posso
aiutarvi?»
«Salve, ho chiamato
questa mattina per prenotare un salotto». Attende che il
cameriere controlli la
lista delle prenotazioni crogiolandosi nel piacere che gli provoca
vedere la
faccia stupefatta di Edo.
«Il Signor Federico?»
Lui
annuisce con un sorriso.
«E quando l’avresti prenotata,
scusa?» domanda
il più piccolo bisbigliando al suo orecchio.
«Mentre
tu eri sotto la doccia a pulirti dai “residui” di
stanotte» sussurra di
rimando, accarezzandogli una coscia. Fa un cenno al cameriere, che li
invita a
seguirlo, portandoli all’interno del salottino e lasciandoli
poi soli. È un
ambiente molto ristretto, con appena lo spazio necessario a contenere
le due
poltroncine imbottite e il tavolino sui cui sotto posati dei
menù. Le pareti
sono rivestite di morbida tappezzeria bordeaux che dà al
tutto un’aria molto
barocca. Fede si butta a peso morto su una poltroncina e afferra subito
un menù
sfogliando una pagina dopo l’altra. Dopo poco alza lo sguardo
su suo fratello,
che è ancora in piedi e lo fissa in silenzio.
«Che
c’è?» chiede alzando un sopracciglio.
Edo apre e richiude la bocca un paio di
volte, prima di decidersi a rispondere. «È che...
tu fai sempre così tanto per
me e io... io a volte mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi tutto questo». Accompagna la
confessione
con un gesto del braccio, per poi chinare la testa. Fede sospira, si
alza e lo
prende per mano, sedendosi sull’altra poltrona e
trascinandoselo in braccio. «Tutto
questo... è solo la centesima
parte di quello che vorrei poterti dare, per il solo fatto che esisti e
che sei
qui, con me». Mentre parla gli toglie il cappello, gli
accarezza i capelli
spettinati e gli libera il collo dalla pesante sciarpa di lana,
scoprendo la sua
pelle nivea. Prima che l’altro possa ribattere gli cattura le
labbra,
stringendoglisi addosso. Quando si separano, pochi secondi dopo, sono
entrambi
senza fiato.
«Forza, alzati, prima che questa poltrona cada
a pezzi. Questo sì che sarebbe caro da pagare!»
dice dandogli una leggera pacca
sul petto. Edo fa quello che gli dice, non senza essersi prima tolto il
piumino, che tutto ad un tratto riscalda persino troppo. Non ha neanche
il
tempo di prendere uno dei menù, che il cameriere bussa piano
alla porta ed
entra nella stanzetta. «Siete pronti per ordinare?»
«Per me una
coppa Hawaii, per favore» risponde prontamente il
più piccolo. Fede sorride:
sapeva quello che avrebbe preso prima ancora di entrare nella
gelateria. È da
quando ha sette anni che sceglie sempre lo stesso.
«Lo stesso per me» anticipa il cameriere, che
annuisce cordiale e li
lascia soli. Nei cinque minuti che aspettano per avere la loro
ordinazione e
nel tempo che passa per consumarla nessuno dei due parla
più. Si fissano negli
occhi, si tengono per mano, si imboccano a vicenda, Edo stende una
gamba sulle
sue cosce e Fede gliela accarezza lentamente, con aria rilassata. Poi
però
scoppia a ridere, cogliendolo talmente di sorpresa che per poco
l’altro non si
infila l’ultimo cucchiaino di gelato su per il naso.
«Ma che ti prende?» chiede
strabuzzando gli occhi. L’altro si limita a fare
il giro del tavolino e a
sederglisi in grembo. «Sei sporco di gelato»
sussurra poggiandogli una mano
sulla coscia.
«Dove?» riesce solo a chiedere Edo con
voce
improvvisamente roca.
«Proprio qui» e gli lecca velocemente il naso, per
poi dargli un piccolo
morso.
«Ahia!»
Okay, forse non così piccolo.
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Capitolo 5 *** Foglie ***
Saaaalve!
Piccola premessa, anche se a me non piace particolarmente inserire le
note
prima/dopo i vari capitoli, ma... ho notato che in diversi seguono
questa
storia e ci terrei a precisare che è quella a cui sono
sicuramene più legata.
Però ho notato che in pochi lasciano un loro commento, tanto
che nello scorso
capitolo nessuno lo ha fatto, e
mi piacerebbe
davvero molto cosa pensate di questa storia... detto ciò,
ringrazio tantissimo
in anticipo chiunque abbia voglia di rispondere alla mia piccola
richiestuccia!
Buona lettura <3
5.
FOGLIE
Fa
persino troppo caldo, per essere una giornata
d’autunno. Federico ha abbandonato la giacca in auto, ma a
quanto pare non è un
grosso problema. La temperatura è buona anche con solo una
felpa addosso. È una
pomeriggio perfetto: poche ore prima ha dato un esame che si
è rivelato molto
più facile del previsto, perciò punta almeno ad
un ventotto, in giro non c’è
quasi nessuno e suo fratello è allegro come un bambino.
Sorride senza neppure
accorgersene. Il suo piccolo. Sta saltando in mezzo alle foglie, cadute
dagli
alberi di quel viale poco frequentato. Accanto a lui, un cane dal pelo
chiaro
cerca di copiare i suoi movimenti, rendendosi (se possibile) ancora
più
ridicolo. Dal lato opposto della strada, una ragazza in tenuta da
jogging si
avvicina sorridendo, prima di stringere le labbra ed emettere un lungo
fischio.
«Marley,
come!»
Il
cane smette di malvoglia di saltellare e dà una rapida
leccata alla mano di
Edo, che lo guarda con occhi tristi mentre raggiunge la padrona.
«Mi
stavo divertendo» si lamenta quando lui gli è
vicino.
«Ho notato». Nello stesso istante in
cui Edo si sta voltando, una foglia
si stacca dal suo ramo e finisce proprio sulla testa del ragazzo. Fede
scoppia
a ridere.
Cosa c’è?»
Lui non
risponde, si limita a cingergli la vita con un braccio e ad afferrare
la foglia
fra le dita, rigirandola fra i loro nasi. È rossa da un lato
e gialla
dall’altro, eppure perfettamente simmetrica. In un certo
senso, è identica a
loro: uguali fuori, ma completamente diversi dentro. Uno passionale,
testardo,
pronto a tutto per difendere il proprio amore, rosso. L’altro
solare, vivace,
sempre pieno d’energia nonostante la propria
fragilità... giallo.
«È bellissima - Edo ne
sfiora attentamente i bordi frastagliati, quasi come se avesse paura di
romperla – Ti assomiglia, sai?»
Fede ride e lo stringe un po’ di più.
«Anche a te». Strofinano i nasi l’
uno contro l’altro, prima di unire le bocche in un bacio
pieno di
dolcezza.
«Se la
pulissimo bene, potremmo incorniciarla. È così
particolare» propone Edo dopo
che si sono separati. Lui ci pensa un attimo, poi storce il naso.
«Credo di
avere un’idea migliore».
*****
È
da poco passata la mezzanotte, quando Federico
decide che è troppo stanco per continuare a leggere. Suo
fratello ha già ceduto
al sonno e ora dorme beato sul suo petto, la bocca spalancata e un
rivoletto di
saliva che gli inumidisce la maglia del pigiama. È
così sereno, senza
preoccupazioni. Gli accarezza i capelli un po’ troppo lunghi,
ma che a lui piacciono,
perché sono caldi e morbidi. Prima di spegnere la luce, posa
sul comodino quel
libro vecchio e rattoppato che ha scovato in un mercatino delle pulci,
e da cui
ora sbuca il gambo di una foglia rossa e gialla.
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Capitolo 6 *** Natale ***
6.
NATALE
«Non
preoccuparti, mamma, ci arrangeremo...
L’importante è che voi troviate un posto dove
stare finché non riuscite a
tornare... D’accordo, chiamate quando sapete qualcosa...
Sì, ve lo saluto... vi
saluta anche lui... Vi vogliamo bene anche noi... Buon Natale...
ciao». Edo
chiude la telefonata con un profondo sbuffo, poi si lascia cadere a
peso morto
sul divano del salotto. Federico compare dalla cucina con uno
strofinaccio fra
le mani, lo guarda con aria infastidita. «Allora?»
«Sono
bloccati all’aeroporto di Londra. Gli aerei non volano per
colpa della neve e
sicuramente non ce la faranno a tornare in tempo per Natale»
risponde. L’altro
si avvicina, gli solleva le gambe e se le poggia in grembo,
massaggiando
lentamente le piante dei piedi. «Ti dispiace?»
Edo alza le spalle. «Mi sarebbe piaciuto festeggiare tutti
insieme, ma
non importa. Sarà per l’anno prossimo. E a
te?»
Fede lo fissa a lungo negli occhi.
«No».
«Immaginavo.
Be’, ti salutano tanto». Mentre parla gli accarezza
il petto con un piede, in
un piccolo gesto di conforto. L’altro glielo bacia da sopra
il calzino azzurro.
«Ricambia».
«Già fatto».
**********
Edoardo
è andato in chiesa. È la mattina di Natale
e, anche se ormai la sua fede è meno di zero, gli piace
vedere le emozioni che
provano le persone quando si ritrovano per pregare Dio e lodarlo. Il
vecchio
che lo ringrazia per aver riunito la sua famiglia in quel giorno
così speciale,
l’uomo che invoca aiuto perché non sa
più come mantenere i propri figli, la
ragazza che si accarezza il ventre sperando in un futuro felice per
quella
creatura che deve ancora nascere... Gli piace accendere una piccola
candelina e
ascoltare la gente che canta. A volte, però, tutto questo
è troppo e lui scappa
via. Vaga senza meta per la strada innevata, osservando i ritardatari
correre
avanti e indietro per i preparativi dell’ultimo minuto.
Federico, invece, odia
profondamente questo giorno, ne ha ricordi terribili. Quando era
piccolo era
costretto a trascorrere le feste con la famiglia al completo, senza
potersi
comportare liberamente (per quanto potesse essere libero) con suo
fratello.
Inoltre, doveva sorbirsi tutte le volte quella lagna di sua zia che non
faceva
altro che dire quanto fossero uguali
loro due. Vecchia idiota. E poi, ogni anno ricevevano gli stessi
regali: quasi
sempre vestiti, diversi giusto per il colore. L’unica nota
positiva in quella
giornata inutile erano i regali che si scambiavano lui e suo fratello.
Edo gli
comprava sempre un libro o qualche fumetto, perché conosceva
i suoi gusti
meglio di lui; e in cambio riceveva un’enorme scatola di
gelatina alla frutta,
che amava alla follia e attendeva per tutto l’anno. Poi,
però, facevano sempre
a metà e ne mangiavano fino a scoppiare. Fede nascondeva
gelosamente tutte le
monetine rubacchiate dalla borsa della madre, pur di potergliela
comprare. Lo
stesso faceva suo fratello dalle tasche del padre.
Gliele
ha comprate anche quest’anno, le gelatine, ma da un
po’ di tempo, sotto quel
gusto dolce e fruttato per cui sono tanto famose,
c’è anche una nota amara che
altera le loro abbuffate. Nessuno dei due ne parla, ma entrambi
l’avvertono e
percepiscono la sua presenza. In realtà, Fede è
molto contento che non debbano
trascorrere le feste con i genitori; non è mai successo
prima. Però Edo ci
teneva molto, era pur sempre un’occasione per rivederli.
All’improvviso,
un’idea gli balena in testa e, mentre afferra la giacca,
prega che suo fratello
prolunghi ancora un po’ il suo vagare senza meta. In fondo,
se devono
trascorrere questo Natale da soli, che almeno lo ricordino come il loro Natale.
**********
Poco
meno di due ore dopo, Federico non sta più
nella pelle e non vede l’ora che Edo faccia ritorno. E
proprio mentre sta
compiendo l’ennesimo saltello sul posto, la porta si apre e
l’altro fa
finalmente il suo (tanto agognato) ingresso in casa. Il suo sguardo,
perso in
chissà quali pensieri, si riempie di meraviglia, quando nota
l’opera del
fratello.
Qua e
là, sparsi per i vari angoli del salotto, ci sono piccoli
mucchietti di palline
natalizie di tutti i colori, mentre la lampada e i mobili sono
circondati di
festoni luccicanti e fili di lucine. Edo scoppia a ridere:
l’attaccapanni è
messo a testa in giù, come un treppiedi, e la base funge da
sostegno ad un
piccolo abete (vero!) addobbato malissimo. Sotto di esso, un grosso
paco
rettangolare mostra fiero il suo grosso fiocco rosso. A terra, una
coperta
riveste il pavimento e sopra di essa sono poggiati diversi piatti ed
una
bottiglia di vino. Una lieve sinfonia natalizia aleggia nella stanza,
accompagnata da un dolce aroma di cannella.
«Ti
piace?» Federico compare dalla loro camera da letto, le
guance rosse per
l’imbarazzo e l’aspettativa. Edo non sa come
rispondere, perciò non lo fa: si
limita a far scivolare la giacca a terra e a saltargli in braccio, per
poi
incollarsi alla sua bocca con foga. Gli tira i capelli, morde le sue
labbra,
gli riempie il collo di tanti piccoli segni rossi. È mentre
gli sta sollevando
la maglia, che Fede stringe i suoi polsi e, con un ultimo morso, lo
allontana.
«Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per quello - ha il fiato
corto e la voce
roca, carica di desiderio - Ma prima mettiamo qualcosa sotto i denti,
d’accordo?»
Edo annuisce un po’
controvoglia, respirando pesantemente. Si accovaccia a terra, a gambe
incrociate, e attende che il fratello gli sia di fronte,
dall’altro lato della
coperta.
«Mi sono
dovuto arrangiare con i confezionati del supermercato, ma credo siano
buoni lo
stesso». Mentre parla, Fede mostra uno dopo l’altro
i vari piatti, che rivelano
prima del roastbeef, poi dei panini con il salmone, infine dei
vol-au-vent
dolci.
«È tutto perfetto». Lo
dice e lo pensa davvero. Se anche il cibo facesse schifo e invece di
“White
Christmas” lo stereo stesse riproducendo “Gangnam
Style”, sarebbe comunque
tutto fantastico, perché Federico lo ha organizzato per lui. Trascorrono il pranzo in
silenzio, guardandosi a lungo
negli occhi, imboccandosi ogni tanto a vicenda e bevendo direttamente
dalla
bottiglia. Quando il pasto è finito, il più
grande si alza e porta via i
piatti, ignorando i tentativi del fratello di dargli una mano e
costringendolo
a restare al suo posto. Al suo ritorno, prima si sedersi, afferra il
regalo
sotto l’albero e glielo porge con un sorriso.
«Aspetta,
vado a prendere il tuo» lo ferma Edo facendo per alzarsi, ma
lui scuote la
testa. «Me lo darai dopo, adesso stai qui con me. Immagino
comunque di sapere
cosa sia, no?»
L’altro annuisce e prende con mani tremanti il pacchetto: sa
già
cosa contiene, ma il significato che ha per lui è
così importante che ogni
volta gli salgono le lacrime agli occhi. E poi eccola lì,
quella grossa scatola
di latta colorata piena di gelatine. La apre e ne afferra una
arancione, ne
morde metà e infila l’altra fra le labbra di suo
fratello. Arancia, la loro
preferita: amara come la loro storia, dolce come l’amore che
provano l’uno
verso l’altro. Ne assaggiano ancora qualcuna, prima che Fede
ne prenda una
rossa e se la infili tra le labbra, poi gli fa segno con un dito di
avvicinarsi.
Edo non se lo fa ripetere due volte, si lancia su di lui e preme
la bocca sulla sua. Sente l’altro spezzare la caramella con i
denti e spingerne
una parte con la lingua calda nella sua bocca. Uhm, ciliegia... non
è un gusto
che lo fa impazzire, lo trova un po’ troppo stucchevole,
ma... be’, il modo in
cui suo fratello gli accarezza il palato con la lingua... quello
sì che lo fa
impazzire. Si sfilano velocemente le maglie, mordendosi e succhiandosi
ogni
angolo di pelle raggiungibile. Fede lo fa stendere sulla coperta, poi
gli
lascia una scia di baci bagnati lungo il corpo, partendo dalla fronte
fino ad
arrivare alla vita morbida. Gli slaccia i pantaloni con una lentezza
estenuante, tanto che Edo, guance rosse e occhi lucidi, è
convinto di perdere
la testa. Gli massaggia le cosce, gli sfiora le ginocchia... Con lo
stesso
ritmo, Fede gli porta via anche i boxer, per poi sfilarsi in fretta i
propri
vestiti. Ammirano entrambi l’uno il corpo nudo
dell’altro, che per quanto
possano sembrare simili, nascondono un’infinità di
minuscole differenze che
solo loro conoscono. La luce gialla delle lampade rende la loro pelle
dorata,
invitante. Potrebbero restare a guardarsi per sempre, a saggiare la
consistenza
dei propri muscoli sotto i polpastrelli. Senza staccare lo sguardo dal
suo, che
lo fissa con una tale fiducia da farlo piangere di gioia, Federico
dà un bacio
all’inguine di Edo e afferra la scatola di gelatine,
aprendola con uno scatto.
Ne tira fuori una manciata d gelatine che sparge su tutto il suo corpo
morbido
e trepidante. Una sul collo del piede, una sulla coscia,
sull’ombelico e sullo
sterno, come se volesse ricoprirlo completamente. E poi, sempre dal
basso verso
l’alto, le porta via con i denti. Mentre lo fa gli bacia le
caviglie, stringe
forte le cosce con le mani larghe, dà una lenta leccata alla
carne tenera
dell’ombelico. Traccia una lunga scia di baci lungo tutta la
pancia, fino a afferrare
la caramella sullo sterno. Edo trema quando lui posa le labbra su un
capezzolo
e inizia a torturalo con i denti. E all’improvviso, Fede lo
sente stringergli
le gambe intorno alla vita, lo sente avvolgerlo con le braccia. Il
più piccolo
gli si aggrappa, lo tiene stretto e quasi lo obbliga
ad entrare dentro di sé, come se fosse l’unica via
di
salvezza da quel mondo che spesso sembra sbagliato. Forse lo sono anche
loro,
ma adesso non vuole pensarci, vuole solo stringersi intorno a suo
fratello,
godere delle sue spinte sempre più forti e veloci e fargli
capirà che mai
nessuno al mondo potrà amarlo quanto lui. E questo Federico
lo sa.
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Capitolo 7 *** Bacio ***
7.
BACIO
Federico
apre gli occhi con un grugnito infastidito. Come al solito suo fratello
si è
dimenticato di tirare giù la tapparella prima di andare a
dormire. O magari lo
ha fatto apposta. Già, più probabile. Per un
motivo o per un altro, comunque,
la luce del sole illumina tutta la stanza, puntando dritto dritto sulla
sua
faccia. Nonostante ciò, si stiracchia con aria appagata,
nascondendo un sorriso
nel cuscino e
rigirandosi tra le
lenzuola pulite e calde per la presenza dei loro corpi. Edo dorme
ancora,
sdraiato sulla pancia, un braccio sotto la testa e l’altro
sullo stomaco del
fratello in gesto protettivo. Russa. E sbava come un cammello. Ed anche
per
questo che Fede lo ama alla follia. Un altro motivo è quel
culo da urlo che si
ritrova e che al momento si mostra in tutta la sua meritata gloria
sbucando da
sotto il lenzuolo. Ne traccia il profilo con un dito, partendo dalla
base del
collo e percorrendo la schiena lungo la curva flessuosa. Poi, senza
neanche
pensarci, dà un morso a quella carne bianca e soffice.
«Ehi!» Edo salta in piedi sul materasso, lanciando
la testa indietro con
una risata.
«Sapevo che non stavi
dormendo davvero. Non russavi abbastanza forte» lo prende in
giro Fede. Gli
strofina un paio di volte i polpacci, accarezzando la peluria morbida.
Ne
ammira il corpo nudo illuminato dal chiarore del mattino;
è...
indescrivibile.
«Non è vero, io non
russo!» protesta il più piccolo ancora ridendo;
poi si lascia cadere sul suo
bacino a peso morto, strappandogli un gemito di protesta. Oltre a non
essere
esattamente un peso piuma... be’, sono entrambi nudi.
«E
come punizione per la tua bugia dovrai darmi un bacio».
Mentre lo sgrida, gli
passa un dito lungo il contorno delle labbra, incantandosi a fissarle.
Fede
sogghigna serafico. «No».
«E perché no?» chiede
Edo con tono lagnoso. Lui gli accarezza le cosce lisce, poi
più su, passando
per le natiche sode, la linea curva della schiena...
«Perché
adesso
facciamo... la lotta!» Prima che l’altro possa
protestare, lo afferra per i
fianchi morbidi e lo trascina sotto di sé, dando inizio ad
una lotta a colpi di
cuscini e di solletico. Edo cerca di difendersi, ma il corpo del
fratello lo
tiene ben saldo contro il letto, perciò l’unica
cosa che riesce a fare è
contorcersi sotto di lui come un’anguilla. La sua risata
è così meravigliosa
che Federico potrebbe stare ad ascoltarla per ore ed ore e riconoscerla
fra
mille. Potrebbe anche restare a guardare le sue guance che diventano
rosse come
delle fragole per le troppe risate. «Basta! Basta, ti prego!
– Edo fatica
persino a respirare; è completamente senza fiato –
Adesso mi dai quel benedetto
bacio, per favore?» chiede dopo che lui ha smesso finalmente
di
torturarlo.
«Se proprio ci tieni...» lo provoca Fede con un
sorrisino sornione.
«Oh
sì, ci tengo proprio» gli risponde il fratello un
istante prima di premere la
bocca sulla sua. E poi è tutto un vortice di labbra
screpolate, lingue calde e
bagnate e briciole di felicità che si trovano solo in
momenti come questi.
Angolino (raro) dell'autrice:
Allora, prima di tutto: salve a
tutti! :3
So che di rado scrivo le note, perchè non mi
piacciono granchè, ma qui dovevo inserirle per forza. In
effetti il capitolo è corto, ma diciamo che si tratta di un
contentino prima del prossimo, che sarà davvero (ma dico
davvero) pieno di fluff. Ci tengo anche a specificare che sono molto
insicura sui miei scritti e sul mio metodo di scrittura,
perciò mi farebbe piacere anche solo un commentino breve per
sapere cosa ne pensate. Detto tutto ciò, dò un
bacio a tutti <3
- Rebecca
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Capitolo 8 *** Cane ***
8.
CANE
Edo
cammina più in fretta che può, odia essere fuori
casa da solo mentre fa buio,
ma questo pomeriggio si è concentrato così tanto
sui libri che non si è accorto
di quanto fosse tardi finché una sua compagna di corso non
lo ha salutato
andando via. Sono quasi le nove, Federico lo ha già chiamato
quattro volte e
lui non ha risposto neppure ad una, perché il suo
maledettissimo telefono ha
deciso di esalare l’ultimo respiro proprio mentre lui
controllava le chiamate
perse. Grazie a Dio è riuscito a recuperare un paio di Twix,
una di quelle
schifezze tutte zuccheri e conservanti che si trovano ai distributori
automatici e che fanno impazzire suo fratello. Tiene stretta la
barretta di
cioccolato, pronto ad usarla come un’esorcista usa il
crocefisso. Saltella un paio
di volte sul posto, in attesa che il semaforo diventi verde e che lo
lasci fare
ritorno alla sua umile dimora. Quando finalmente l’omino
verde inizia a
lampeggiare, un flebile lamento arriva alle sue orecchie, quasi
completamente
nascosto dal rumore delle auto che attraversano le pozzanghere. Edo si
guarda
intorno, ma non vede nulla. È già sulla seconda
striscia pedonale, quando lo
sente di nuovo: manda mentalmente al diavolo la sua paura per il buio e
torna
indietro, pensando che Federico lo ucciderà comunque, cinque
minuti di ritardo
in più o in meno. Quel lamento, che gli sembra sempre
più una richiesta
d’aiuto, si fa ancora più insistente, tanto che
lui lo usa come strada per
rintracciare il proprietario. E poi eccolo lì, nascosto
dietro un cassonetto
strabordante, zuppo come un pulcino. Be’, non che le sue
dimensioni siano tanto
più grandi. Ha il pelo marrone scuro (quasi sicuramente per
lo sporco
dell’asfalto), le orecchie abbassate e lo sguardo implorante.
Sdraiato accanto
all’esserino, c’è il corpo di un altro
cane dalla stazza un po’ più grossa
completamente immobile. Non ci vuole molto ingegno per capire che la
sua mamma
se n’è andata per sempre.
«Povero piccolo» sussurra
Edo, accovacciandosi e allungando lentamente una mano verso di lui.
L’altro arretra
spaventato, schiacciandosi contro il corpo freddo della madre. Il pelo
sporco e
bagnato si scontra con la sua mano calda e asciutta, e non ci vuole
molto prima
che vi si spinga contro. Gli accarezza le dita con la testolina
tremante, e Edo
va in brodo di giuggiole.
«Vieni qua, cucciolotto». S i
sfila la sciarpa dal collo e l’avvolge intorno al cagnolino,
che vi si
rannicchia rabbrividendo. Federico ballerà la polka sulla
sua tomba, ne è
certo, ma lo sguardo indifeso del piccolino lo ha già
convinto a tenerlo con
sé, indipendentemente da quello che dirà suo
fratello. Lancia un ultimo sguardo
al corpo senza vita della madre, ma non c’è
più nulla che possa fare per lei,
se non coprirla con un telo di plastica che spunta dal cassonetto. Poi
stringe
più forte il fagottino tremante e aspetta che il semaforo
torni verde.
* * *
Quando
finalmente il suono della chiave che gira nella serratura
interrompe il
silenzio dell’appartamento, Federico scatta in piedi e getta
il cellulare sul
divano, la settima chiamata a suo fratello ancora aperta. Edo fa il suo
ingresso respirando velocemente, il fiato corto e la pelle del collo
livida.
«Perché non
rispondevi al telefono?» chiede Fede ad un passo da
afferrarlo per le spalle e
scuoterlo come uno shaker.
«Il
cellulare è morto mentre stavo
per richiamarti».
«Perché
hai il fiatone?»
«Perché
ho corso» risponde il più piccolo alzando gli
occhi al cielo, preparandosi
all’imminente terzo grado. Imminente... è
già iniziato.
«E per
quale motivo? E la
tua sciarpa che fine ha fatto?» Gli si avvicina lentamente,
notando solo ora il
rigonfiamento sul suo petto.
«Prometti
che non ti arrabbi?» lo supplica suo fratello.
Lui solleva un sopracciglio. «Quando fai
così mi spaventi - mormora
cauto. Tenta di non dire nulla, ma lo sguardo supplice
dell’altro lo incastra.
Come sempre – Promesso».
Edo
lo guarda preoccupato, poi tira giù la lampo della giacca ed
estrae un fagotto
rosso scuro. La sua sciarpa. Fede lo fissa con le sopracciglia alzate,
senza
capire, finché dal groviglio di stoffa non sbuca una
testolina marroncina.
«Quello è... un cane». Parla lentamente,
come se davanti avesse un bambino a
cui spiegare che quello che ha in mano non è un giocattolo.
Edo
annuisce. «Già».
«Noi non abbiamo cani». «Lo so, ma non
potevo lasciarlo là fuori... è
così piccolo, la sua mamma è morta, non ha
più nessuno e-»
«Frena un momento – lo interrompe lui
alzando una mano – che hai detto
di sua madre?»
L’altro parla a singhiozzi, gli occhi pieni di lacrime pronte
a
scorrere giù per le sue guance arrossate.
«È morta – ripete – E lui ora
è solo
al mondo... Pensaci, amore... noi ci sosteniamo a vicenda, ci siamo
sempre
l’uno per l’altro... noi siamo una famiglia. Ma
lui? Non ha più nessuno che lo
protegga come faceva la sua mamma, come fai tu con me... tu mi
abbandoneresti
mai?»
Fede è
incredulo: adesso suo fratello piange e assomiglia a quel piccolo
esserino che
si dispera con lui, contagiato dalla sua tristezza. E così
cede, come al
solito. Trae un lungo sospiro d’arresa e chiede:
«Come vuoi chiamarlo?»
Silenzio.
Totale e profondo silenzio. Poi Edo spalanca la bocca, posa con
delicatezza
sciarpa e cagnolino su una sedia e gli corre incontro, saltandogli in
braccio.
Ha fatto la cosa giusta, si dice Fede. Sarà un casino
crescerlo, prendersene
cura, ma le labbra dell’altro sulle sue sono la conferma di
ciò che pensa.
Adesso si gode semplicemente il bacio, la bocca calda di Edo sul collo,
le sue
mani grandi sul petto che si alza e si abbassa sempre più
velocemente. Quando
si staccano lo vede sporgere il labbro inferiore, con aria pensierosa.
«Veramente, non so se sia maschio o femmina».
Lui
scoppia a ridere, dandogli poi una strizzata al fondoschiena.
«Controlliamo
subito». Libera il cagnolino dall’intreccio di
sciarpa, gli fa un paio di
carezze sulla schiena e lo solleva velocemente in aria, mentre quello
sgambetta
terrorizzato. «Allora?»
Edo
lancia un’occhiata imbarazzata alla pancia
dell’animale. «Femmina» afferma
sicuro. Allunga le braccia e la prede con un sorriso, coccolandola come
un
neonato. «Che ne dici di farle un bagno? – chiede -
Giusto per vedere davvero
il colore del pelo».
Fede
strabuzza gli occhi. Non ne usciranno vivi.
* * *
«Tienila
ferma!»
«Ci sto provando!» La piccolina
guaisce disperatamente, dimenandosi nel tentativo di sfuggire al
bagnoschiuma
profumato che le imbratta il pelo. È terrorizzata, e di
certo l’acqua nera che
riempie il lavandino non facilita le cose. Smette di tremare solo
quando Edo la
avvolge in un asciugamano morbido e messo a scaldare sul termosifone.
La
stringe al petto nudo e le gratta le orecchie, tranquillizzandola poco
a
poco.
«Sei davvero sexy»
commenta Fede con interesse, ammirando il suo corpo umido per gli
schizzi
d’acqua volati ovunque durante la battaglia. Edo non
risponde, si limita a
diventare rosso come un pomodoro maturo, poi gli lascia una carezza
sulla
pancia e si dirige in salotto. Lui, invece, va in cucina, pregando che
sia
avanzato del latte dalla colazione di quella mattina. In qualche modo
dovranno
pur sfamare quel piccolo demonio. Quando finalmente il latte
è tiepido, gli
sorge un tremendo dubbio: dove metterlo? Non hanno certo biberon in
casa.
«Versalo
nella borraccia della bici». Edo lo guarda con aria
compiaciuta, mentre la
piccola palla di pelo, dopo aver provato a reggersi in piedi, si lascia
cadere
decisa con il sederino a terra. Ridono entrambi e Fede fa come
l’altro gli ha
detto. Sente poi le labbra del fratello lasciargli un bacio sulla
guancia.
«Questo
è per te - lo
vede porgergli un pacchettino dorato, la scritta rossa Twix a caratteri cubitali al
centro - Volevo farmi
perdonare per il ritardo, ma mi sa che a questo punto non
basta».
Fede utilizza tutto il suo
autocontrollo per non saltargli addosso, perché il binomio
cioccolata e Edoardo
sono la rappresentazione del sesso puro. Invece, opta per afferrare il
dolce,
infilarselo in tasca e sussurrare all’orecchio di suo
fratello: «Ti farai
perdonare più tardi», accompagnando il tutto con
una carezza lasciva sul suo
inguine. Poi, come se non fosse successo nulla, afferra la cagnetta per
la
collottola e si butta sul divano. Edo resta incantato dalla scena: suo
fratello, stravaccato e senza maglia, che dà il biberon
improvvisato alla
piccolina, mentre questa tira il latte con aria soddisfatta.
È uno spettacolo
meraviglioso. Senza fare rumore, si siede accanto a lui e lascia una
carezza su
una di quelle minuscole zampette pelose. È un esserino
microscopico, ma vorace
come un dinosauro; ci mette pochissimi minuti a finire tutta la
borraccia. Minuti
che loro passano a guardarla con aria rapita. Persino suo fratello, che
le ha
sorretto la testolina per tutto il tempo, ora la fissa con un sorriso
imbambolato che neppure si accorge di avere. In meno di cinque minuti,
la
piccoletta ha divorato tutto, fatto quello che sembrava un ruttino e si
è messa
a dormire. Russando. Un cane che russa e fa i ruttini. Fede scuote la
testa.
«Aveva
fame il demonio» commenta con un fischio.
«Già. Sbaglio o sta
russando?»
Lui annuisce con un ghigno. «In effetti, ti
assomiglia».
L’altro lo guarda indignato. «Io non russo! Per
caso vuoi riprendere il
discorso dell’altro giorno?»
Fede
scoppia a ridere. «No, no, per carità, sono troppo
stanco. E non abbiamo
neppure cenato - tira un sospiro esausto, poi, senza guardarlo, gli
prende la
mano e intreccia le dita alle sue – Come vuoi
chiamarla?»
Edo la guarda a lungo, tanto che suo fratello crede che non
l’abbia sentito,
ma alla fine le accarezza la pancina e bisbiglia
«Lope».
L’altro aggrotta
le sopracciglia. «Come?»
«Lope.
Come Love e Hope
insieme. Ma in italiano non rende bene, perciò
direi che è
meglio in inglese».
«Perché proprio così?»
Edo gli stringe forte la mano, per poco non fa scricchiolare le ossa.
«Perché tutto ciò che abbiamo. Amore e
Speranza – gli dà un bacio veloce sulla
guancia – Siamo una famiglia vero? Io, te e... Lope. Se ti
piace, ovvio».
Fede gli
pizzica il naso, poi poggia la testa sul suo petto.
«Sì, mi piace. Io, te e
Lope».
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Capitolo 9 *** Compleanno ***
9.
COMPLEANNO
Federico
apre gli occhi con un grugnito, la
vibrazione del cellulare che rimbomba insistente nelle tempie. La sera
prima ha
impostato la sveglia alle sette del mattino, cosa che per lui
è un vero
sacrilegio, se si considera che è domenica. Ah, cosa non si
fa per amore. Si
stiracchia lentamente, attento a non svegliare suo fratello, che dorme
beato di
fianco a lui. Resta fermo così, a godersi la pelle calda
della sua schiena che
gli sfiora ritmicamente il braccio, mentre si alza e si abbassa, si
alza e si
abbassa...
Lasciandogli
un bacio sulla spalla, scivola lentamente via dal letto, sgattaiolando
verso il
bagno per potersi finalmente svuotare la vescica. Sta per esultare per
la sua
mancanza di rumore, quando con il piede colpisce lo spigolo della
porta. Ovviamente
con il mignolo.
«Ahia! Ma porca di quella...»
interrompe l’imprecazione giusto per paura
di svegliare Edoardo, che invece grugnisce un po’ e si rigira
tra le lenzuola.
Benedetti lui e il suo sonno a prova di cannonate, pensa saltellando su
un
piede. Orientandosi alla cieca tra le varie costellazioni che gli sono
improvvisamente apparse davanti agli occhi, riesce finalmente a
raggiungere
l’dorato gabinetto, su cui si lascia cadere con uno sbuffo,
supplicando non sa
nemmeno lui quale dio che la giornata non continui così.
Poco secondi dopo, un
lieve zampettío precede l’ingresso in bagno di una
piccola palletta di pelo,
che si siede sul suo tappetino assorbente e lo guarda
incuriosita.
«Che bellezza,
pipì in compagnia... Ciao Lope» ironizza alzando
gli occhi al cielo. In tutta
risposta, la cagnolina tira fuori la lingua rosa e sgambetta via,
lasciando sul
tappetino una minuscola chiazza gialla. Quando Federico la raggiunge in
cucina,
dopo aver afferrato al volo un paio di boxer, lei è
già davanti alla ciotola,
scodinzolando in attesa della colazione.
«Ti toccherà aspettare ancora un
po’ per quella, nanetta». Mentre parla, ragiona su
cosa deve ancora preparare.
Tutto, insomma. Si dà un paio di schiaffetti sulle guance,
nel vano tentativo
di cacciare via il sonno. «Svegliati, Fede, su».
Per prima cosa: la torta. La tira fuori dal forno in cui l’ha
nascosta
il pomeriggio prima, che ha trascorso pregando come un dannato che il
fiuto di
suo fratello non la intercettasse. Quando si tratta di dolci, si
trasforma in
un segugio da primo premio. Ma grazie al cielo è
sopravvissuta alle sue
grinfie, quindi deve solo più farcirla con la crema alle
fragole (che gli hanno
fatto patire le pene dell’inferno, prima che riuscisse a
trovarle... mica
facile ai primi di marzo), quella per cui Edo va matto. Lope nel
frattempo tenta
in tutti i modi di issarsi sulla sedia, perciò
l’afferra e la posa sul tavolo,
prima che si rompa l’osso del collo. «Stai ferma
lì» le intima nel momento
stesso in cui lei avvicina il nasino umido alla scodella di crema. Come
il
bravo bimbo ubbidiente che lui non è mai stato, la piccola
si accuccia accanto
alla scodella e segue i suoi movimenti in silenzio. Tempo cinque minuti
e si è
già riaddormentata, lasciandogli tutta la calma di cui ha
bisogno. Dopo aver
farcito e decorato il dolce con la glassa azzurra, decide che
è ora di decorare
anche la casa. Tira fuori dall’armadio tutti gli addobbi che
i loro genitori
usavano quando erano piccoli, partendo dalla scritta Tanti
Auguri di cartoncino colorato fino a piatti e forchettine di
plastica blu. Del perché siano a casa loro, però,
non ne ha la più pallida
idea. È la cosa più infantile che abbia mai
fatto, ma sa che suo fratello ne
sarà felicissimo e tanto basta. Poi tocca alla parte
“adulta”: decorare il
bagno. Candele, musica e fiori nella vasca. L’acqua
l’aggiungerà all’ultimo
momento, perché se dovesse aspettare il risveglio di Edo,
avrebbe tutto il
tempo di gelare. E chi le sente le sua urla, poi. Mentre guarda
l’opera
conclusa, inizia a immaginare come sarà la loro giornata e
un brivido gli
percorre il basso ventre. Forse è meglio non immaginare
troppo. Se qualcuno
glielo dovesse chiedere (ma non crede succederà mai), non si
farebbe alcun
problema ad ammettere che il sesso con Edo è fantastico. E
che lui ama da
impazzire farlo nella vasca. C’è un qualcosa
nell’essere circondati dall’acqua
calda, nell’avere la pelle scivolosa e profumata che lo
eccita in maniera incredibile.
Poi
c’è il fare l’amore; che è
tutta un’altra storia. È l’unico momento
in cui si
mette davvero a nudo, in cui getta
via la maschera e mostra tutto
ciò
che prova. E solo suo fratello piò vederlo così,
è un diritto che spetta solo a
lui. Si ritrova a sorridere e a mangiucchiarsi le unghie, pensando alle
emozioni che prova quando accade.
Lancia
un’occhiata all’orologio appeso alla parete: sono
solo le otto e mezza e Edo
dorme ancora, perciò va a recuperare Lope, che ora dorme a
pancia all’aria in
mezzo al tavolo e la sistema nella sua cuccia ai piedi del letto. La
piccola si
rigira nella copertina rossa e continua a sonnecchiare tranquilla. Dopo
averle
fatto una carezza, Fede lascia che il suo sguardo scorra lentamente sul
corpo
nudo del fratello, che a forza di rigirarsi fra le lenzuola, si
è completamente
scoperto, per la gioia dei suoi occhi. Lo percorre in tutta la sua
lunghezza,
partendo dai capelli spettinati e scendendo verso le braccia ancorate
al
cuscino, le spalle muscolose, la curva della schiena e quella piccola
voglia di
melone sulla natica destra, finendo con le cosce sode. Scuote la testa
con un
sospiro: ma come fa la gente a dire che loro due sono uguali? Nessuno
nota le
differenze che hanno scoperto loro con il passare degli anni?
Probabilmente
no.
Il
più silenziosamente possibile, si sfila i boxer e si sdraia
accanto al ragazzo,
strofinandosi contro il suo corpo caldo. Copre entrambi con il lenzuolo
bianco
e gli avvolge la vita con le braccia, affondando la testa
nell’incavo del suo
collo e respirando forte il suo profumo. Sa di latte. Edo sa di latte e
di
bambino; è un profumo dolcissimo. Gli accarezza i piedi con
i suoi e gli si
appiccica il più possibile. Suo fratello mugola piano,
rigirandosi nell’abbraccio
con un sorriso assonnato. «Buongiorno» mormora
ancora ad occhi chiusi.
«Ciao. Scusa, non volevo svegliarti. Dormi
ancora un po’, vuoi?»
suggerisce Fede massaggiandogli piano la schiena.
«No, voglio le coccole. Mi fai le coccole, per
favore?» chiede l’altro
sporgendo il labbro. Sa come essere letale anche appena sveglio, quando
vuole
qualcosa. Lui annuisce con un sorriso rassegnato e lo spinge sotto di
sé,
cominciando a baciargli prima il collo, poi il petto, la pancia... Edo
sospira
contento e gli infila le mani tra i capelli, accarezzandogli la cute.
«È
davvero piacevole andare a dormire nudi, sai?»
«Sono pienamente d’accordo con
te». Gli piace coccolare suo fratello,
riempirlo di baci e stringerlo forte quando sono a letto.
L’assenza del pigiama
glielo permette ancora di più.
«Aspetta un attimo... ma oggi è il quattro
marzo!» esclama Edo, saltando
a sedere con uno scatto improvviso e impedendogli di raggiungere la sua terra promessa. Fede sbuffa, poi gli
si siede in grembo con un ghigno malizioso. «Oh,
già».
«Dimmi cos’hai programmato
per la giornata, avanti!» il più piccolo batte le
mani eccitato e poi lo abbraccia
per i fianchi, dondolando avanti e indietro. Lui decide di tenerlo un
po’ sulle
spine, tentando di ignorare la frizione fra i bacini che provoca il
loro
dondolio.
«Sarà molto movimentata, stanne certo
– risponde lasciando scorrere le
mani sulla sua v inguinale – A partire da ora»
conclude afferrando in mezzo
alle gambe.
Edo
boccheggia, piantandogli le unghie nella carne.
«Be’... buon compleanno...
allora» sussurra fra un gemito e l’altro.
«Anche
a te, fratellino». E dall’espressione del ragazzo,
è sicuro che sarà il miglior
compleanno di sempre.
La
torta per Edo
Il
bagno
|
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Capitolo 10 *** Baita ***
10.
BAITA
«Mi
dici dove stiamo andando?»
«No».
«Uffa» Edo si
lagna per la quarantesima volta nell’arco di
un’ora. Non ha la più pallida idea
di dove suo fratello lo stia portando; sa solo che quando si
è svegliato,
quella mattina, l’ha trovato intento a chiudere una valigia e
urlargli addosso
(con un sorriso) di darsi una mossa. Che bel risveglio. Poi gli ha dato
ben cinque minuti per alzarsi,
lavarsi i
denti e vestirsi. Ecco perché si è infilato i
pantaloni sul pianerottolo e ha
fatto colazione in ascensore. E adesso eccoli lì, in viaggio
verso non si sa
dove, da più di un’ora e con Lope che scalpita per
uscire dalla sua gabbietta.
È stufo di non saper dove stanno andando, perciò
decide di passare alle maniere
forti. Non lo fa spesso, ma quando ci vuole, ci vuole! Mentre suo
fratello canta
a squarciagola Let It Snow di
Michael
Bublé, lui allunga silenziosamente una mano verso la sua
coscia; in viso
un’espressione innocente come quella di un bambino. La lascia
lì qualche
secondo, poggiata placidamente come in un gesto d’affetto di
cui Federico non
sospetta affatto. Poi, però, inizia ad accarezzarla e a
risalire sempre più su,
stringendo un po’ la presa sul muscolo coperto dai jeans.
Fede smette di
cantare e serra la mascella, ma fa finta di nulla. La mano intanto va
su, su,
fino a sistemarsi proprio in mezzo alle gambe.
«Edo...» boccheggia suo fratello. Lui sporge il
labbro. «Che c’è? La mia
mano se ne sta lì, buonina buonina... – e stringe
forte la presa sul suo
rigonfiamento – o forse no» afferma con un ghigno
serafico, che poco si adatta
alla sua figura di bravo ragazzo. Federico stringe le nocche sul
volante, tanto
che queste diventano bianche per lo sforzo. «Non ti
dirò nulla» dice con voce
rauca. Sanno entrambi quanto poco riesca a resistere quando
è Edo a prendere
l’iniziativa.
«Sei proprio sicuro?» chiede lui
sbattendo le ciglia. Poi inizia a
massaggiare lentamente, molto lentamente, troppo
lentamente il rigonfiamento di Fede, che ora ha la faccia
paonazza, ma che
continua a tenere la bocca chiusa. Anzi, ha persino serrato le labbra.
Dalla
radio arrivano le parole di Peacock di
Katy Perry... che coincidenza. Senza togliersi il ghigno soddisfatto
dal viso,
Edo sfila il bottone dei jeans dall’asola, infilando le dita
nei boxer del
fratello e saggiando con i polpastrelli la carne calda e dura.
All’improvviso
l’auto sterza, con profondo disappunto di Lope, che guaisce
confusa, e finisce
su una stradina laterale infilata in mezzo agli alberi.
«Dove siamo finiti?» chiede Edo
aggrottando le sopracciglia.
«Dove nessuno può
vederci e denunciarci per atti osceni in luogo pubblico»
risponde suo fratello
gettandoglisi addosso. L’altro sorride soddisfatto: fra meno
di dieci minuti,
suo fratello avrà cantato.
*
* *
Federico
ha ripreso a cantare allegramente con la
radio a tutto volume, Lope lo accompagna ululando come una sirena
dell’autoambulanza e Edo ha la stessa espressione di un
bambino messo in
punizione. Oltre ad avere il fondoschiena che brucia come se si fosse
seduto
sul gas acceso. E non è riuscito ad estorcere a suo fratello
neppure mezza
informazione! Quasi sicuramente Lope è rimasta traumatizzata
da ciò che li ha
visti fare sul sedile posteriore, dato che adesso si nasconde sotto le
zampette
morbide. Mentre sta riflettendo su quanto la loro sveltina sia stata
appagante,
Edo nota una piccola casetta di legno in fondo alla stradina.
«Eccoci arrivati» dichiara Fede
fingendo di ignorare la sua bocca
spalancata dalla sorpresa. «Q-quella è... una
baita?» chiede incredulo uscendo
dall’auto.
«Già, ed è tutta nostra. Per una
settimana intera» gli risponde suo
fratello tirando fuori Lope dalla sua gabbietta e guardandola
scorrazzare
entusiasta nel prato. La piccola corre in mezzo all’erba,
insegue gli insetti e
si nasconde in mezzo alle aiuole che circondano la casa. È
un edificio
dall’aspetto molto caratteristico, su due piani, con un
campanaccio sulla porta
di legno e piccoli balconi sotto le finestre per poter sistemare in
vasi di
fiori. A lato c’è un minuscolo stagno,
più simile ad una pozzanghera in realtà,
tutto ricoperto di foglie rotonde e verdi. Edo avverte suo fratello
abbracciarlo da dietro, le mani calde infilate sotto la maglietta e
aperte
sulla pancia e le labbra a sfiorargli il collo.
«Ti piace?»
bisbiglia dandogli un bacio dietro l’orecchio. Lui annuisce,
appoggiando la
testa sulla sua spalla. Una settimana; soltanto loro due, Lope e una
casa
sperduta tra le montagne. Perfetto.
*
* *
«Ti
ho mai detto che ti amo?»
Edo
è nudo, sdraiato sul corpo del fratello, e gli accarezza
lentamente il petto.
Le fiamme divampano allegre nel camino, riscaldando e illuminando tutta
la
stanza. Lope sonnecchia davanti al fuoco, è tra le braccia
di Morfeo già da un
paio d’ore. Quando sono entrati in salotto e Edo ha visto il
caminetto, lo ha
subito costretto ad accenderlo e a preparare il pranzo, mentre lui
disfaceva la
valigia. Poi, approfittando delle ore più calde, sono andati
a fare una
passeggiata lungo un sentiero nascosto nel bosco. Alla fine del loro
giretto, sono
tornati e prima di cenare si sono fatti una doccia, insaponandosi a
vicenda e
ridacchiando come due bambini. E adesso eccoli lì, intenti a
scambiarsi baci e
coccole sul divano del salotto.
«Grazie»
mormora Edo sul suo collo. A volte lui stesso si stupisce di quanto
possa
amarlo, ma, in fondo, come potrebbe essere il contrario? Suo fratello
si
preoccupa così tanto per lui, si assicura sempre che stia
bene, fa in modo che
sappia che non è mai da solo, che lui
c’è...
«Per cosa?» gli chiede Fede inclinando
di lato la testa, senza smettere
di massaggiargli la schiena e le spalle. Lui non risponde, si limita a
scuotere
il capo, facendogli segno di non parlare e posandogli un dito sulle
labbra.
Lascia che le sue dita vaghino fra le linee dei pettorali, molto
più
pronunciati dei suoi, senza mai staccare lo sguardo dal suo. Federico
si alza a
sedere e gli tira gentilmente i capelli, per avvicinarlo a
sé e baciarlo. Si
mordono, si baciano, si cercano
e si
trovano; graffiano e sfiorano ogni lembo di pelle che riescono a
raggiungere,
dondolandosi l’uno contro l’altro sempre
più velocemente. Poi Federico porta le
mani sui suoi fianchi, lo solleva un po’ e
s’insinua dolcemente dentro di lui,
abbracciandolo forte. E in quel momento Edo si chiede cosa ci sia di
più bello,
di più vero e di più giusto dell’essere
protetti da qualcuno che ti ama più
della sua stessa vita e che fa del tuo benessere il suo unico scopo
nella vita.
Angolino
Autrice (se così si può chiamare):
Allora,
innanzitutto volevo ringraziare quelle
pazze 17 persone che seguono questa storia, le 7 che l’hanno
messa fra le
preferite e l’unica (un bacio solo per te!) che
l’ha inserita fra le seguite.
Un abbraccio va alla mia topina Alixsoldier che mi sostiene in
continuazione.
Ti beterò il capitolo prima possibile, promesso!)
Vorrei mandare un abbraccio
enorme a Lilyy, Angelo Nero e di nuovo Alixsoldier, che puntualmente ad
ogni capitolo
spuntano con una recensione più bella dell’altra.
Grazie ragazze <3
Infine
un bacione grande grande ad Angelo Nero, che non si sa come ha previsto questo
capitolo. Spero con tutto il cuore che ti piaccia <3
Grazie a chiunque legga
questa storia, mi rende davvero felice.
Con amore, Ice
|
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Capitolo 11 *** Auto ***
11. AUTO
Quando suo fratello ha detto che ci avrebbe messo solo cinque minuti,
Federico ha subito capito come sarebbe andata a finire. E infatti
eccolo lì, appoggiato al cofano dell’auto nel
cortile del loro condominio, aspettando che Edoardo riemerga dagli
Inferi. O almeno che esca di casa prima che faccia notte. E sono solo
le quattro del
pomeriggio.
Con la mano accarezza pensieroso la carrozzeria della sua piccola.
Vecchia carretta su quattro ruote. Quella macchina è stata
il regalo dei genitori per il loro diciottesimo compleanno, una
minuscola Fiat Panda azzurro cielo di seconda mano. Hanno avuto una
fortuna sfacciata a trovare un’auto del genere: prima di
diventare loro era appartenuta ad un vecchietto di
settant’anni per gamba che aveva tirato le cuoia neppure un
anno dopo averla comprata. E aveva macinato così pochi
chilometri che probabilmente gli unici viaggi compiuti erano stati al
supermercato una volta al mese. E poi il rivenditore gli ha regalato
anche i tappetini nuovi. Ricorda ancora l’espressione
scioccata di suo fratello quando aveva staccato il fiocco rosso dal
parabrezza, la stessa che probabilmente doveva avere lui: un misto di
incredulità, felicità e sollievo. Federico aveva
capito subito il perché di quel sentimento:
quell’auto rappresentava, nel suo piccolo, una via di fuga da
quel mondo che li soffoca con i suoi pregiudizi. Era bastato un solo
sguardo per decidere che a guidare sarebbe stato quasi sempre Fede, e
lui ne era orgoglioso, perché Edo odia andare in macchina
con qualcuno che non ritiene in grado di guidare. Piuttosto se la fa
tutta a piedi. Con lui, invece, aveva persino ceduto al sonno, cosa che
non si era mai sognato di fare nemmeno quando alla guida
c’erano i suoi genitori. In quelle occasioni si appoggiava a
lui, quello sì, a volte si sdraiava, ma l’unico a
ronfare era sempre stato
Federico.
Il loro primo viaggio era stato qualcosa di indimenticabile: erano
partiti di notte e avevano viaggiato fino all’alba, per poi
fermarsi in collina e guardare il sole sorgere, seduti sul cofano con
una birra tra le mani. Poi si erano addormentati sui sedili posteriori
ed erano rimasti lì fino a pomeriggio inoltrato. Con
quell’auto vanno spesso a trovare i nonni materni, che li
ospitano per un paio di giorni e poi riempiono lor il bagagliaio di
cibarie per essere sicuri che mangino bene anche a casa. Ci sono stati
(e ce ne saranno ancora) gli infiniti giri notturni per il centro della
città che non hanno mai una meta precisa se non il ritorno a
casa. Non sa spiegarsi quando e perché abbiano avuto inizio,
ricorda solo che una notte Edo lo ha svegliato (probabilmente dopo aver
avuto un incubo) e gli ha chiesto di portarlo a fare un
giro.
Poi ci sono state le volte che, in quella macchina, hanno fatto
l’amore. Gemiti, sussurri, promesse e parole dolci hanno
riempito l’abitacolo. Certo, ci sono state parecchie
sveltine, come quella durante il viaggio verso la baita che ha lasciato
la piccola Lope traumatizzata a vita. Hanno fatto così tanto
esercizio e assunto le posizioni più assurde che potrebbero
cercare lavoro come contorsionisti in un
circo.
Fede scoppia a ridere: in qualche modo devono pur arrangiarsi su quei
sedili così stretti. Finiscono sempre col farlo seduti o con
le gambe contro il finestrino, ma in fondo, è la posizione
che preferisce. Non è sempre comoda, però: una
volta Edo ha persino battuto la testa contro il tettuccio.
Be’, in quel caso, le risate hanno aggiunto solo
più eccitazione, al contrario di quello che aveva temuto sul
momento.
Il portone del condominio si apre mentre lui sta ancora ridendo e suo
fratello lo raggiunge di corsa, preceduto da quella nanetta malefica di
Lope che sgambetta tirando con forza il collare rosa. In un attimo
strabuzza gli occhi: rosa? Ma che
diavolo...?
Sorride, mentre Edo gli lascia un bacio veloce sulla guancia e si scusa
per il ritardo. A volte è una tale primadonna.
Angolino Autrice:
Alloooora, capitolo molto extra lampo perché volevo farvi sapere
che ho messo le foto in ogni capitolo e vorrei sapere che ne pensate!
Angelo nero, Alixsoldier e Lilyy, aspetto le vostre recensioni con le gambe che
tremano perché sono sempre le migliori, perciò
fatevi sentire presto!
Bacionissimi, Ice <3
|
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Capitolo 12 *** Zio ***
Angolino
Autrice:
Allora...
oggi il mio piccolo angolino è per
dirvi....
1) Buon San
Valentino (in ritardo) amori miei!!
2)
Volevo aggiornare ieri per l’occasione, ma io e il mio
computer siamo arrivati
quasi a lasciarci, perciò...
3)
Ho pensato di aggiungere questo capitolo perché mi sembra il
più adatto all’occasione,
e spero davvero che vi piaccia.
4)
Per chi non lo sapesse, oggi è (credo) la FESTA DEI SINGLE!!
Come me!! Anche
se... ;)
5)
Un mega bacio a tutti e tanta tanta tanta cioccolata virtuale (per
corrompervi
e avere più recensioni :D).
Angelo
(mio) Nero, conto su di te!
Auguri
a tutti!!! <3
12.
ZIO
Dopo
esser rimasto qualche istante a fissare il
portone di casa, Massimo infila la chiave argentata nella serratura e
la gira
il più silenziosamente possibile, sperando che nessuno se ne
accorga. È passato
un po’ di tempo dall’ultima volta che ha messo
piede in quella casa, e
all’epoca non era ancora stata terminata, eppure è
proprio come se l’era
aspettata. Semplice, incasinata e perfetta per due ragazzi di
vent’anni. Sta
per dirigersi nella camera di Federico e Edoardo, quando una piccola
palletta
di pelo barcolla nella sua direzione. Sgrana gli occhi, incredulo: da
quando in
qua i suoi nipoti hanno un cane? E perché non glielo hanno
detto? Si china per
osservare meglio quel piccolo scherzo della natura: è
così dolce. E
addormentato, molto addormentato, visto che traballa un po’
sul poso e poi
crolla a sedere, sbadigliando ripetutamente. Di sicuro non corre il
rischio che
si metta ad abbaiare. Non è per nulla diffidente, anzi, si
abbandona
soddisfatta alle sue carezze, ricompensandolo con una leccatina sul
palmo della
mano. Massimo ne approfitta per dare una sbirciata alla medaglietta che
porta
al collo: «Lope». Mormora leggendo
l’incisone. Poi la guarda confuso: «Quindi
sei maschio o femmina?»
Lope
si limita a scuotere la coda con entusiasmo, inclinando di lato la
testolina.
Non potendo ricevere una risposta, l’uomo la solleva per le
zampe senza tante
cerimonie e «Femmina» decreta. La prende in braccio
cullandola come un neonato,
cosa che la cucciola sembra gradire parecchio, e riprende la ricerca
dei suoi
nipoti. Decide di ignorare il paio di boxer che fa capolino dal bagno,
si
infila nella camera da letto e... eccoli lì, i suoi due
ometti. Lope scalpita
come una dannata per la voglia di gettarsi in mezzo a loro e dare il
buongiorno, perciò Massimo la spinge fuori dalla stanza e
chiude la porta, con
grande disappunto della bestiola, che inizia a guaire e a grattare le
unghie
sul pannello liscio.
«Scusa
piccola, è solo per poco». Si rialza e resta letteralmente incantato a fissare i due
ragazzi: stanno dormendo
come due sassi, un groviglio di corpi impossibile da separare. Edoardo
ha la
testa appoggiata sulla pancia del fratello, usandola a mo’ di
cuscino; un
rivoletto di bava che scende dalle labbra, le braccia strette intorno
alla sua
vita e le gambe nascoste dalle lenzuola. Federico è steso
sotto il ragazzo, le
mani coperte dal cuscino e la bocca spalancata. Con le gambe abbraccia
l’altro
appena sotto il sedere, in un chiaro (e piuttosto insolito) gesto
d’affetto. In
effetti non sono proprio un bello spettacolo, conciati e soprattutto incastrati così, ma Massimo
riesce a
scorgere comunque l’amore e il senso di protezione che
provano l’uno per
l’altro. Il fatto che sotto il lenzuolo siano nudi,
perché lui è sicurissimo
che siano nudi, non lo sconvolge affatto. Le estati in cui erano
piccoli, non
era strano vederli scorrazzare per il prato come mamma li ha fatti.
Fortuna che
vivevano in una fattoria in piena campagna. Sono così belli
che si potrebbe
fermarsi a guardarli per ore, ma Lope continua ad accanirsi contro la
porta
come un’indemoniata e, rischiando di svegliare i due padroni.
E quel privilegio
oggi spetta a lui. Prende una lunga boccata d’aria, poi urla
con tutto il fiato
che ha in corpo: «Buongiorno!» e tira via il
lenzuolo (abbastanza inutile, in
effetti). I due saltano a sedere confusi e parecchio terrorizzati, e
Massimo
nota con una punta d’orgoglio come Federico sia subito
scivolato davanti al
fratello per difenderlo, un’espressione di pura sfida sul
volto. Poi però,
mette bene a fuoco la sua faccia e spalanca la bocca,
sorpreso.
«Zio Max?»
chiede allibito. Edo assume la sua stessa espressione e per un momento
Massimo
trova che siano proprio identici, ma poi scuote la testa. Quei due non
potrebbero essere più diversi. Il più piccolo
recupera un paio di boxer dal
fondo del letto e li infila frettolosamente, senza accorgersi di averli
indossati
al contrario. In meno di un secondo gli salta in braccio e lo stritola
in una
morsa letale, un sorriso a trentadue denti che lui non può
fare a meno di
ricambiare. Federico invece, si alza lentamente, completamente a suo
agio nella
propria nudità, e va ad aprire la porta a Lope, che adesso
è passata
all’attacco a suon di testate. La nanetta entra nella camera
a passo di carica
e gli mordicchia immediatamente le caviglie con aria offesa. Max
conosce bene
la diffidenza di Federico verso la propria famiglia, quindi si limita a
stringere più forte Edo e ad arruffargli i capelli.
L’altro sembra un po’
titubante, ma poi gli dà un paio di pacche sulla spalla, che
lui ricambia
felice.
«Cosa ci fai qui, zio Max?» chiede Edo ritornando a
terra.
«Ero
di passaggio e ho pensato di venire a farvi gli auguri di buon compleanno di
persona».
«Ma è stato
due mesi fa!» protesta il più piccolo con un falso
broncio. Lui scoppia a
ridere. «Be’, questi sono dettagli. Allora
– si sfrega le mani con un ghigno –
direi che c’è qualche novità,
giusto?» chiede alludendo al piccolo demonio
peloso che continua a torturare indisturbato i piedi del padrone. Edo
si china
a raccoglierla e le porge le dita che lei comincia a mordicchiare
contenta.
«Lei è Lope – la presenta sollevandola
in alto – di’ “ciao”,
Lope». Per tutta
risposta lei gli azzanna la mano.
«Ahia!» strilla lui
lanciandola sul letto e provocando le risate di tutti.
«Edo l’ha
trovata tre mesi fa vicino ad un cassonetto e da allora sta con
noi» spiega
Fede.
«Be’, allora
immagino che voi due andiate molto d’accordo, avete entrambi
caratteri...
compatibili, uhm?» allude sollevando un sopracciglio.
L’altro apre la bocca
pronto a ribattere, ma Max non gli lascia il tempo e procede:
«In fondo, è
meglio così. Tu sei testardo e irruente, mentre Edo
è più sereno e paziente. Vi
completate a vicenda, ed è una cosa molto rara. È
bello vedervi ancora insieme»
confessa con un sorriso, poi aspetta la reazione del maggiore. Fede
apre e
chiude la bocca un paio di volte, incerto su cosa dire. Alla fine
abbassa le
spalle e espira pesantemente, limitandosi ad un
«Grazie» sussurrato.
Edo
osserva la scena in totale tensione, la mascella serrata e le mani
sudate. Poi
però esclama: «Vieni, zio Max, andiamo a preparare
la colazione. E tu vestiti»
aggiunge in tono dolce rivolto al fratello. Prima di uscire dalla
camera gli
lascia un lungo bacio sulle labbra. Le mani di Federico si agganciano
subito ai
suoi fianchi per avvicinarlo di più e Max nota con gioia
come la sua espressione
costantemente diffidente svanisca poco a poco.
*
* *
«Allora
ragazzi... come state?» chiede Max
intingendo un pezzo di brioche nel cappuccino rigorosamente senza
zucchero.
«Bene, tutto sommato.
L’università è stancante e vivere da
soli non è
così facile come sembrava, ancora meno da quando
c’è Lope, ma...»
«Ma siete insieme» completa lui. Con
la coda dell’occhio vede Federico
prendere la mano del fratello e l’altro ricambiare la
stretta. Poi il più
grande gli accarezza il collo e lo avvicina a sé in un
chiaro invito. Edo
tituba un po’, ma alla fine si lascia andare e gli permette
di baciarlo,
nonostante la timidezza che prova per la presenza dello zio.
È un bacio
semplice, una leggera pressione di labbra, ma poco a poco si trasforma,
diventando ogni secondo più passionale. Max non distoglie lo
sguardo, anzi, ne
approfitta per leggere le emozioni che passano sui volti dei ragazzi:
la
preoccupazione e l’ansia di Edo, l’irruenza e
l’istinto di protezione di
Federico. Quando si separano il più piccolo ha le guance
rosse, sia per la foga
del bacio che per l’imbarazzo, e comincia a balbettare,
finché non si allontana
dalla cucina borbottando qualcosa riguardo una lunga doccia fredda.
L’altro
ride, ma quando poi si accorge di essere rimasto da solo
s’irrigidisce sul
posto e lo fissa diffidente. E in quel momento che Massimo capisce
quanto in
realtà siano entrambi
l’uno
dipendente dall’altro.
«Allora, come sta Adriana?» domanda infine il
ragazzo.
Lui ci mette un attimo di troppo a capire che Federico gli sta
chiedendo
notizie di sua moglie e non riesce a nascondere la sorpresa in tempo.
«Bene,
grazie. Ormai è entrata nel nono mese e non vede
l’ora di partorire. L’attesa
sta stancando tutti, a dir la verità, e lei non ne
può più».
«Sono contento
per voi... avete già scelto il nome, vero?»
«Be’, noi abbiamo deciso quello del primo,
perciò ci sembrava carino
lasciar scegliere ad Andrea il nome del fratellino. A lui piace
“Alberto”,
perciò credo che la scelta ricadrà su
questo».
«Alberto... è un bel nome. Ha buon
gusto il ragazzo per avere solo...»
Federico aggrotta la fronte, rendendosi improvvisamente conto di non
ricordarsi
l’età del cuginetto. Se ne vergogna un
po’, ma Max sorride tranquillamente e
gli viene in aiuto.
«Otto anni, come voi quando...» blocca
la frase a metà, rendendosi
contro tardi di aver parlato troppo. L’altro infatti stringe
i pugni sul
tavolo, fino a rendere le nocche bianche come il latte. La mascella si
contrae
e lo sguardo diventa duro, impenetrabile.
«Come noi quando, per la prima volta, ci
hai visto mentre...» non riesce a continuare, gli si forma un
groppo in gola.
L’atmosfera si fa pesante e il silenzio che aleggia stanza
è così soffocante
che Max reciterebbe anche la lista della spesa, pur di mettergli fine.
Prende
un lungo respiro, con la consapevolezza che sia arrivato il momento di
fare un
certo discorso troppo a lungo rimandato al nipote.
«Ascolta,
Federico... quel giorno io non ho visto nient’altro se non la
conferma di ciò
che sospettavo da sempre. Ti ricordi cos’è
successo?» chiede con
gentilezza.
«Potrei mai dimenticarlo? – le sue mani iniziano a
tremare – Tutta colpa
di quella stupida gara di palleggi. Io e Edo avevamo litigato per la
palla,
volevamo entrambi la stessa. Alla fine, io ero andato
dall’altro lato del
cortile e mi ero messo a guardarlo a braccia conserte –
ride – Ci amavamo
già all’epoca, ma restavamo comunque dei bambini.
Edo aveva cominciato a
giocare da solo all’ombra di un albero, lanciando in aria la
palla e
riprendendola al volo. Poi però, questa finì
troppo in alto e rimase incastrata
tra i rami. Lo vidi girarsi verso di me per chiedermi aiuto, ma io
finsi di non
aver seguito la scena e lo ignorai. Che grandissima testa di
cazzo».
Max
sorrise. «Già allora eri orgoglioso e testardo
come un mulo. Cosa successe dopo
che decidesti di ignorarlo?»
«Perché me lo chiedi? La storia la
sai anche tu».
«Sì, ma...
vorrei conoscere il tuo punto di vista, se non è un
problema». Immagina che al
ragazzo non faccia piacere ricordare un evento così
traumatico, per quanto lui
gli abbia assicurato che non è così,
perciò non insisterà troppo.
«No, non lo è, ma... be’,
non è che ci sia poi molto altro da dire. Edo
decise di arrampicarsi sull’albero per recuperare il pallone
ed io mi feci
subito prendere dall’ansia. Mi ero già
completamente scordato del nostro
litigio, l’unica cosa che mi preoccupava in quel momento era
che lui non si
facesse male. Gli corsi incontro per fermarlo e andare al suo posto, ma
non
arrivai in tempo e lui cadde».
«Non
fu un gran volo, in realtà» commenta Max.
«No, affatto. Più che altro scivolò
lungo il tronco della pianta e ci lasciò attaccato un intero
strato di pelle – Fede
scoppia a ridere e finalmente quell’aria turbata, che lo
avvolge da quando è
iniziata la conversazione, scompare – Aveva graffi ovunque,
ma nulla di serio.
Il peggio fu che si spaventò moltissimo e scoppiò
a piangere. Entrambi sappiamo
bene che cosa mi succede se Edo piange». La sua mascella
s’irrigidisce.
«Sì. Non nascondo che mi sia venuto
un colpo quando vi ho visti
accovacciati in mezzo al prato. Il mio cuore deve aver perso parecchi
battiti».
Fede sorride amaramente. «Dovevi essere
disgustato, vero?»
L’altro lo guarda sconvolto. «Disgustato? No! Non potrei mai
essere disgustato da
voi due. Siete i miei nipoti, siete... come figli, per me. Posso esser
stato
sorpreso, in principio. Spaventato, forse. Ma mai disgustato, Federico,
mai.
Quando vi ho visti baciarvi, quando vi ho... scoperti,
mi sono sentito come mi fosse stato affidato un segreto di stato.
Perché non
avrei mai, mai rivelare una cosa
del
genere». Gli trema la voce e sente gli occhi pizzicare alla
sola idea di poter
commettere un atto del genere ai ragazzi. Solo in quel momento capisce
come
Federico l’abbia sempre considerato una minaccia; e questo lo
ferisce
moltissimo.
«Perché non lo
hai fatto?»
Lui sorride. «Non
credo che
qualcuno debba o possa distruggere
un
amore così forte. E il vostro... quello sì che
è Amore. La cura con cui hai
pulito con la tua maglietta la ferita al ginocchio di tuo fratello, il
modo in
cui l’hai cullato fra le braccia, i baci con cui
l’hai letteralmente ricoperto
per consolarlo... be’, credo che solo una persona
profondamente innamorata si
sarebbe comportata così. E il modo in cui Edoardo si
aggrappava a te era la
dimostrazione che anche lui provava le stesse cose».
S’interrompe quando si
accorge che delle lacrime rigano il volto del ragazzo. È
così straziante
vederlo in quello stato.
«Vedi, Federico, io sono dell’idea che
ognuno debba essere libero di
poter fare, di provare, di amare chi
e cosa vuole, finché questo non danneggia nessuno. Patteggio
per il “vivi e
lascia vivere”, se preferisci vederla così. Ma nel
vostro caso... se mai
qualcuno dovesse scoprirlo, dovesse provare a separarvi, io non vi
lascerei da
soli. Sarei con voi, combatterei con voi. Perché meritate,
perché il vostro amore merita tutto il meglio che questo
mondo può offrire. E spero
con tutto il cuore che riusciate ad ottenerlo». Detto questo
si alza e va a
sedersi accanto al nipote, che ormai ha aperto i rubinetti e non
accenna a
chiuderli. Federico gli poggia la testa in grembo e gli circonda la
vita con le
braccia, lasciando che lunghi singhiozzi silenziosi scuotano il suo
corpo.
“Sembra un bambino” pensa Max accarezzandogli i
capelli con movimenti
lenti e costanti. Lo culla come anni prima ha fatto lui con suo
fratello, come
quando era piccolo e il mondo appariva più semplice. O
forse, lo era davvero.
Dietro la porta della cucina, Edoardo, guarda suo fratello piangere e
piange
con lui, certo che l’altro avverta la sua presenza.
|
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Capitolo 13 *** Sonno ***
13.
SONNO
«Hai
perfettamente ragione, Robert. Bene, dopo
questa lunga ed entusiasmante chiacchierata direi di salutare Robert
Downey Jr
e augurare a tutti una buona serata!» la voce di David
Letterman si
affievolisce, circondata da un mare di applausi.
«Sì, ‘notte»
mormora Federico assonnato spegnendo con uno scatto secco la
televisione. Si volta
e fa per tirare una pacca sulla gamba di Edo, ma si accorge (appena in
tempo)
che il fratello si è addormentato. Fede si blocca a
mezz’aria, restando
incantato a guardarlo: così rannicchiato
nell’angolo del divano, le braccia
sotto la testa a mo’ di cuscino e il corpo nascosto dalla
coperta di pile...
sembra proprio un bambino. Ha le guance rosse e i capelli spiaccicati
sulla
fronte; il petto si alza e si abbassa lentamente, scandendo il tempo
come un
orologio a pendolo. Federico si accovaccia davanti a lui e lo guarda
con
un’aria sognante che neppure si accorge di avere. Ma cosa ha
fatto lui di così
buono per meritarsi un angelo del genere? Gli passa lentamente le dita
fra i
capelli, scostandoli dalla fronte e saggiandone la consistenza morbida.
Con i
polpastrelli traccia linee immaginarie e quasi impalpabili sul suo
viso,
sfiorando le guance, disegnando le sopracciglia, percorrendo il profilo
del
naso e il contorno delle labbra, lasciando ovunque una scia
interminabile di
piccoli baci. Gli sfiora più volte la bocca con la propria,
lasciando che il
sapore della pizza mangiata a cena si posi sulla sua lingua. Vorrebbe
approfondire il bacio, ma in quel caso lo sveglierebbe e lui non
potrebbe più
adorarlo come sta facendo adesso. Dio, è talmente bello che
quasi gli viene da
piangere, ma si limita a nascondere il viso nell’incavo del
collo, che è caldo
e soffice e profuma come sempre di latte. Respira a fondo e a lungo,
perché di
Edo non ne ha mai abbastanza. Quando crede che possa bastare (almeno
fino al
giorno successivo) si alza e prova a disincastrarlo dal bozzolo di
coperte in
cui si è avvolto, senza fare movimenti troppo bruschi. Lo
prende tra le braccia
e lo tira su con uno sbuffo. Non è troppo pesante e di certo
non è ingrassato,
ma ha comunque il suo peso. Lo trasporta in camera come una sposa,
ridacchiando
sommessamente. Se solo potesse vedersi in quel momento, Edo
diventerebbe rosso
come un pomodoro. Lo posa delicatamente sul letto, evitando di colpire
Lope che
sonnecchia al fondo del materasso e non nella sua cuccia, dove le hanno
detto
mille volte di andare. Non appena tocca il lenzuolo, Edo si rannicchia
su se
stesso alla ricerca di calore.
«No, Edo, aspetta! Come faccio a spogliarti...»
Fede sbuffa, strofinandosi stancamente le tempie. Quasi quasi avrebbe
preferito
svegliarlo. Per prima cosa, si sveste in fretta, poi passa a suo
fratello. Gli
sfila calzini e pantaloni della tuta con facilità, poi, con
un paio di manovre
da vero esperto, porta via il maglioncino beige. Resta per un
attimo
imbambolato a fissarlo. Suo fratello indossa solo i boxer, e lui non sa
se
debba toglierglieli o lasciarglieli addosso... Oh, al diavolo, pensa
scuotendo
la testa. Non riesce a dormire se non può sentirlo proprio ovunque, e se suo fratello dovesse avere
freddo dovrà solo
stringersi di più a lui. E poi quelle mutande a pois
disco-dance non si possono
proprio vedere. Facendo attenzione a non toccarlo in zone troppo
sensibili, lo
libera da quell’ultimo indumento ingombrante e si concede
solo un secondo per
ammirarlo, per imprimersi la sua immagine nella mente. Gli farebbe una
foto, se
questo non lo facesse sentire poi un pervertito. In realtà
ne ha già una,
scattata di nascosto durante una torrida mattina d’estate.
Nell’immagine, suo
fratello sta dormendo sereno, coperto solo da un lenzuolo bianco, che
crea uno
splendido contrasto con la sua pelle abbronzata. Erano in vacanza ad
Ibiza e
stranamente la pelle di Edoardo, invece di diventare rossa come una
fragola (come
spesso accadeva), aveva assunto un appetitoso
color caramello, che gli aveva fatto venire letteralmente
l’acquolina in bocca.
Quando è annoiato, ha nostalgia di suo fratello o
semplicemente vuole vederlo,
tira fuori quella foto dal portafoglio e la osserva.
Con un sorriso, si sdraia accanto al fratello e copre entrambi con il
piumone. In un istante, Edo si srotola dalla sua posizione fetale e si
gira
verso di lui, incastrandosi fra le sue braccia e infilando la testa
sotto la
sua. Fede lo stringe forte, infila una gamba in mezzo alle sue e gli
lascia una
carezza sul fianco, per poi spegnere la luce. Nascosto dal buio, lascia
un
leggero bacio sulle sue labbra soffici e con un sospiro felice, chiude
gli
occhi.
Angolino Autrice:
Ultimamente ho preso l'abitudine di inserire questo angolino, cosa che prima non mi piaceva :)
Comunque... Ciao a tutti! Come state? Oggi è il 1° marzo, manca poco alla primavera (e alla stagione degli amori!!) eio sono molto contenta di ciò <3
So che questo capitolo è un po' cortuccio (e che avrei dovuto inserirne un altro, ma voi questo non lo sapete, quindi schhh *mette un dito sulla bocca*). Ieri sera, però, è successo questo (e io ovviamente ho spiato tutto dalla cucina) e da ottima amica che sono ho subito scritto questa cosina qua. Vi piace?
Un bacione a tutti quelli che leggono, recensiscono o semplicemente sorridono mentre legono una delle mie ennesime schifezzuole <3
P.S. specialmente ad Angelo Nero, che nell'ultima recensione ha sclerato per colpa mia e di S. valentino, e a lilyy che si è spaventata per il mio possibile divorzio con il computer (tranquilla, ci siamo chiariti!) |
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Capitolo 14 *** Anello ***
14.
ANELLO
Ogni
volta che esce dall’università, Federico ama
passeggiare tra le bancarelle di via Po, sbirciare fra i banchi di
abiti etnici
e bigiotteria fatta a mano che si alternano lungo la strada.
C’è un tratto
particolare, poi, che lui chiama “la via dei libri”
e in cui si perde spesso e
volentieri. In quel punto si vendono soltanto libri, dai classici
romanzi rosa
ai dizionari piemontese-napoletano, per arrivare infine ai
più tranquilli
manuali di giardinaggio. Sono per la maggior parte usati e quindi a
metà prezzo
(o anche meno), ed è proprio da lì che arrivano i
due terzi dei libri che
possiede.
Si ferma a curiosare davanti ad un banchetto che offre una vasta scelta
di classici per pochi spiccioli, ma tra tutti i titoli esposti, non ce
n’è
nessuno che lui non abbia già. Dopo aver fatto un cenno di
saluto a Gianni, il
proprietario tutto pancia e barba del banco, si volta per tornare a
casa.
«Guarda,
giovanotto, guarda che meraviglia!»
Fede si osserva intorno per capire chi lo stia chiamando, quando poi
nota una stramba vecchietta dietro una bancarella minuscola.
Più un tavolo, in
effetti. Ha lunghi capelli bianchi sparati in ogni direzione, vestiti
larghi e
indossati troppe volte e una luce un pochino inquietante negli occhi
(ma solo
un pochino). Però ha un sorriso contagioso , senza qualche
dente, e un’aria
simpatica. Si avvicina ricambiando il sorriso e dà una
sbirciata alla merce
esposta: ci sono collane, bracciali, anelli e orecchini di legno e di
metallo.
In un angolo ci sono anche portafogli e porta-tabacco in pelle
colorata, ma lui
non fuma ed è troppo affezionato al suo vecchio portafoglio
della “Seven”.
Regalo di Edo, ovviamente. Si sofferma, piuttosto, ad osservare gli
anelli da
uomo. Non sono molti come quelli femminili, ma ce
n’è un paio in particolare
che ha attirato il suo sguardo. Sono semplici, argentati e con una
sottile
fascia nera in mezzo. Starebbero bene a lui e suo fratello, anche se
entrambi
non portano mai gioielli. Senza neanche rendersene conto, si perde ad
immaginare
come sarebbe avere qualcosa da poter indossare entrambi che mostri
segretamente
la loro unione. Sa che è un pensiero da verginella alle
prime armi, ma adesso
che li ha visti si sente quasi febbricitante dall’emozione. E
poi, c’è anche
un’altra idea, tanto folle quanto meravigliosa... e quasi
doloroso da
ammettere, ma quei due anelli sembrano proprio delle fedi. Nuziali. Matrimonio.... il solo pensiero
gli riempi gli occhi di
lacrime e le mani di sudore, e lui non ha la più pallida
idea di cosa stia facendo,
ma si vede allungare un braccio e chiedere: «Quanto costano
quelli?»
La vecchietta ne prende uno in mano e lo guarda deliziata,
accarezzandolo con le dita come se fosse unico al mondo.
«Sono belli, vero?
Sono sei euro al singolo, dieci al paio. Questo tipo di modello si
vende molto
in coppia – racconta aprendosi in un sorriso sdentato
– Vedi, le due fascette
argentate ai lati rappresentano la persona che lo indossa, mentre la
fascetta
nera la persona a cui si regala il gemello. - alla parola gemello, Fede sussulta lievemente
– Le prime due circondano la
terza come per proteggerla, per difenderla... proprio come fanno
entrambe le
parti di una coppia».
«È una storia bellissima»
sussurra lui. La donna gli tende l’anello con sguardo
incoraggiante,
invitandolo a provarlo. Mentre lo infila al dito le sue mani tremano, e
per un
attimo lui resta scioccato. È perfetto.
«Prendo
anche l’altro, quello uguale» dice cercando di non
balbettare troppo. Le porge
la banconota con ansia, mentre la vecchietta sistema il secondo anello
in una
soffice scatolina nera. Non vede l’ora di metterci le mani
sopra.
«Quello
lo tieni addosso o lo mettiamo nella scatola?»
Fede ci pensa un po’ su, poi decide: «Lo
tengo». Afferra rapidamente il
pacchetto e saluta con un gesto veloce, affrettandosi a fare ritorno.
Gianni,
pigramente adagiato sul suo sgabello, scuote la testa con un risolino,
domandandosi chi possa essere la fortunata.
*
* *
Sono
quasi le otto e Federico non riesce a credere
di volerlo fare davvero. Ha messo in ordine tutto
l’appartamento, preparato la
cena con tanto di candele e fatto almeno una decina di docce fredde.
Non ne può
più. Tanto per aumentare la sua ansia, Edoardo decide di
entrare in casa
proprio in quel momento, la felpa aperta e gli auricolari appesi dietro
alle
orecchie come solo lui fa.
«Ehi!» si salutano in sincrono. Non è la
prima volta che succede, perciò
entrambi sorridono e in meno di un secondo le loro labbra sono
attaccate. A
contatto con la sua bocca e il suo calore, Fede si rilassa un
po’, stringendo
il fratello tra le braccia. Sta per approfondire il bacio, quando
qualcosa
picchietta contro la sua fronte. Un dito di Edo, che ora lo guarda con
aria
corrucciata. «Che cos’hai? Sembri
nervoso».
Fede sorride. Non può nascondergli niente. «Nulla
di che, sono solo un
po’ stanco» mente, sperando che se la beva. La
scatolina con l’anello è nascosta
nella sua tasca e sembra pesare ogni secondo di più.
Edo gli accarezza una guancia con aria premurosa. «Allora
mettiamoci a
tavola, va bene?»
Lo
guarda posare lo zaino a terra, fare un paio di grattini a Lope e
sfilarsi le
scarpe, mostrando un paio d calzini immacolati. Entra in cucina con
aria
tranquilla, forse pensando a quale tipo di pizza tirare fuori dal
freezer...
poi resta a bocca aperta.
«E questo? Ho dimenticato qualcosa da festeggiare?»
Dalla sua
espressione si capisce benissimo che è confuso e preoccupato
di aver scordato
qualcosa d’importante.
«No – risponde lui scuotendo la testa e
asciugandosi nervosamente le
mani sui pantaloni – volevo solo farti una
sorpresa».
Lo
sguardo di Edo si riempie di dolcezza, mentre si avvicina e gli posa le
mani sui
fianchi per baciarlo teneramente. «Ecco perché sei
così stanco. Grazie». Poi lo
prende per mano e lo trascina a tavola. La cena trascorre in silenzio,
interrotta solo da brevi commenti del più piccolo su come le
candele rosse
diano un’aria tremendamente romantica e su quanto siano buoni
gli gnocchi al
formaggio. Lui risponde sempre a monosillabi o con sorrisini accennati
e non tocca
quasi nulla. È mentre stanno mangiando il dolce (classica
torta alle mele)
che Edo posa la sua
fetta e lo guarda
spazientito. «Okay, adesso basta. È tutta la sera
che sei agitato e non mangi
nulla – gli prende una mano e la porta alle labbra
– Dimmi cosa ti succede, ti
prego». Ha lo sguardo implorante e sinceramente preoccupato,
e Fede si chiede
per l’ennesima vola nella vita che cosa abbia fatto per
meritare un dono del
genere. Poi si alza in piedi, accorgendosi soltanto in quel momento che
le sue
gambe tremano come budini, e s’inginocchia davanti a lui.
L’altro gli posa
subito le mani sulle spalle e inizia a massaggiargliele. Non sospetta
nulla,
altrimenti non sarebbe così rilassato. Probabilmente crede
che lui non si senta
bene, il che non è del tutto sbagliato. Potrebbe svenire da
un momento
all’altro, per quanto ne sa.
“Okay, o la va o la spacca” pensa prendendo un
respiro profondo e
chiudendo gli occhi. Poi parla, e lascia che tutto ciò che
prova, tutto ciò che
nel sente cuore si riversi fuori.
«Senti, Edo... Sai che non sono bravo con le
parole, ma credo che oggi mi tocchi fare un’eccezione.
– le sopracciglia di suo
fratello si incurvano verso l’alto e lui è certo
di essere sul punto di morire
– Noi siamo fratelli, ma questo non ci ha mai impedito di
amarci. Ci siamo
sostenuti a vicenda sin dalla nascita, ci siamo amati, a volte forse
anche
odiati – l’altro ridacchia, ma i suoi occhi sono
già pieni di lacrime – Però
siamo ancora qui, dopo ventun anni siamo ancora insieme. E io spero che
questo
duri fino alla fine, quando saremo dei vecchietti rugosi e balbuzienti
e
giocheremo a carte nel cortile di un ospizio –
“okay, questo non è propriamente
romantico...” – Tutto questo è per
chiederti se tu... hai voglia di... – prende
un lungo respiro ed estrae la scatolina nera, aprendola davanti a lui
– Be’,
sì, ecco... mi vuoi sposare?» Il peso che ha sullo
stomaco preme così forte che
fra non molto vomiterà quel poco che ha mangiato. Lui
però stringe le labbra e
aspetta. Aspetta una risposta, una crisi isterica, un
qualsiasi cenno di vita da parte di Edo, che invece sembra
paralizzato. È quasi tentato di scuotergli una mano davanti
agli occhi, quando
questi sbatte le palpebre ripetutamente, come se non avesse capito la
domanda.
“Ti prego, ti prego, fa’ che abbia
capito...”
«C-cosa?»
“Ecco... Non ci credo, non ci
posso credere!” Fa un profondo sospiro.
«Ti ho appena chiesto di sposarmi.
Sempre se ti va, ovvio». L’aria si riempie di
silenzio per quelle che a lui
sembrano ore, poi Edo scuote la testa, come se si stesse riprendendo da
una
trance.
«Sì, quello
l’avevo capito».
«Ah».
“E allora perché non rispondi? Eh?” Sta
per venirgli una crisi di nervi, ne è
sicuro.
«Fede, noi siamo due maschi». Parla con cautela,
come per paura di
contagiarlo con la sua improvvisa tristezza. Il fatto è che,
in Italia, per
molti l’amore fra due uomini è ancora uno
scandalo. Ma Fede non è disposto a
mollare.
«Mi sono sempre
considerato Edo-sessuale. Sai com’è, sei sempre
stato l’unico che abbia mai
amato». Non è difficile per lui ammetterlo. Edo
è e sarà sempre il suo unico
amore, e questo lui lo sa. E da come lo guarda, è certo che
anche l’altro provi
lo stesso. La bocca di Edo si stiracchia in un sorriso amaro.
«Siamo
fratelli».
“Oh, ma la vuoi piantare?” «Prima o poi
l’Italia allargherà le proprie
vedute. Certo, per allora potremmo già essere morti, ma sono
abbastanza
ottimista al riguardo».
«Anche all’incesto?» Ora la sua
confusione si è trasformata in palese
scetticismo.
“E
che cazzo!” «Non vedo perché no. Ora,
hai finito di trovare pretesti per
prolungare il mio tormento interiore o preferisci
continuare?» chiede sull’orlo
dell’esasperazione. L’altro sorride.
«Sì».
«Sì, cosa? Sì, vuoi continuare
o sì, hai finito?»
Edo solleva le sopracciglia su e giù, allusivamente. E lui
all’improvviso capisce. “Oh. Oh!” Il suo
cuore (che fino a due secondi prima
viaggiava alla velocità di un treno sulla Torino-Savona)
cessa definitivamente
di battere.
«Dillo» ordina sul punto di un collasso. Il sorriso
di suo fratello,
invece, potrebbe illuminare l’intero appartamento.
«Adesso».
“Okay, forse questo era un po’ troppo minaccioso...
Nah”.
Edo annuisce come una foca nevrotica.
«Sì, Federico, voglio
sposarti».
«Oh, grazie a Dio!» Con le dita che tremano, toglie
l’anello dalla
scatola e lo infila al suo anulare. È perfetto. Suo fratello
spalanca la bocca
sorpreso. «Ne hai uno uguale!»
Lui scoppia a ridere. «Le
fedi si portano in due, no?» E dopo aver detto questo,
scollega definitivamente
il cervello e si lancia addosso a Edo, sedendoglisi in grembo. Gli
chiude le
mani a coppa intorno al viso e punta lo sguardo dritto nel suo.
«Ti amo».
«Ti amo»
è la risposta forte, sicura e sincera dell’altro.
E non gli serve più
nient’altro, gli basta incollare le labbra alle sue e
stringersi forte a lui.
Gli sembra incredibile come le loro bocche si modellino perfettamente
l’una
sull’altra, come si attraggano più di due
calamite. Il suo cuore ricomincia
poco a poco a battere e si adatta al ritmo di quello di Edoardo, dando
inizio
ad una danza antichissima. Il fiato comincia a mancare, i polmoni
bruciano, ma
lui stringe fra le dita i
capelli del
fratello e continua a baciarlo, desiderando di non dover mai smettere.
Poi,
però, Edo gli posa le mani sulle guance e lo allontana un
po’, giusto lo spazio
necessario per respirare di nuovo. Ma lui non ne ha abbastanza, non ne
avrà mai abbastanza.
Passa ad attaccare il
collo, mordendo, succhiando e leccando ogni piccola macchia rossa che
lascia al
suo passaggio. Le mani s’infilano sotto la maglietta di Edo e
iniziano ad accarezzare
la pelle calda. Massaggia i muscoli tesi e si sofferma con i
polpastrelli sui
punti più sensibili, godendo dei versi che escono dalla
bocca dell’altro.
«Quindi adesso siamo sposati?» prova a chiedere Edo
tra un gemito e l’altro,
tentando (con grande difficoltà) di restare lucido.
Lui lo guarda interrogativo.
«Voglio dire, da adesso siamo marito e marito o
qualcuno deve tenere la
cerimonia?»
«Non
credo che qualcuno abbia il potere di unire ufficialmente in matrimonio
due
fratelli. Ma possiamo chiedere allo zio Max se può fare da
ufficiante, se vuoi»
conclude Fede stringendosi nelle spalle. Edo sbuffa. «Nah,
sarebbe troppo
strano».
Lui
solleva un sopracciglio. «Perché noi ti sembriamo
normali, vero?»
L’altro non
risponde, preferisce lanciargli una delle sue rare occhiate maliziose e
chiede:
«Perché non la piantiamo di tirarla per le lunghe
e non ci godiamo la nostra
prima notte di nozze, maritino
mio?»
Fede
si sente invadere di gioia e d’orgoglio a quelle parole (e
anche di un po’
d’eccitazione, se deve essere sincero). Ma mentre si
spogliano, Fede si chiede
se loro due siano davvero normali,
se
non siano dei mostri contr natura. Se uscissero allo scoperto, se
mostrassero
al mondo il loro amore, nessuno li considererebbe più
normali, li
circonderebbero di odio, li definirebbero pazzi o persino malati, succhierebbero via la loro
felicità. Ma a lui non
interessa, non ha bisogno di mostrarsi. Gli basta sapere di poter avere
Edoardo
accanto a sé fino alla fine dei suoi giorni, di poterlo
stringere fra le
braccia e ogni notte, di poter condividere con lui ogni attimo di gioia
e di
dolore. Perché per lui è questa la
normalità, lo è sempre stata. E da adesso in
poi, è sicuro che sarà così per sempre.
*
* *
«Ma
andiamo anche in luna di miele?» chiede Edo
mentre tenta (inutilmente) di recuperare fiato. Fede scoppia a ridere,
il petto
che vibra di felicità. «Certo, non appena finisce
la sessione estiva degli
esami, d’accordo?» È sdraiato a pancia
in su, il corpo del fratello abbandonato
sul suo, mentre lui gli accarezza lentamente la schiena umida di
sudore.
Saranno quasi due ore che si rotolano nel letto.
«E dove andiamo?» domanda il più piccolo
con l’aria eccitata di un bambino,
poggiando le mani sul suo petto e sollevandosi per guardarlo meglio.
«Ovunque tu voglia» risponde Fede con
lo sguardo carico d’amore.
«Allora
mi piacerebbe vedere le Barbados, le Fiji o la California... o magari
visitare le
città d’arte come Vienna,
Berlino, Mosca... potresti trovare un sacco di roba utile per
Architettura, non
pensi? O magari potremmo tornare alla Canarie e fermarci in
quell’albergo a
Fuerteventura in cui siamo stati da piccoli! Oppure potremmo... che
c’è?»
chiede interrompendo i suoi viaggi mentali e notando solo in quel
momento
l’espressione corrucciata di suo fratello.
«Be’,
ecco... sarebbe bellissimo, ma... qualcosa di più
accessibile alle nostre
finanze? Sai che ti porterei anche sulla Luna se potessi, ma al momento
non
navighiamo propriamente nell’oro... e non possiamo neanche
chiedere troppi
soldi ai nostri genitori» esclude rabbuiandosi un
po’.
Sorprendentemente, Edo
lo guarda con un sorriso da un orecchio all’altro, poi si
lascia cadere i nuovo
su di lui, affondando la testa nell’incavo del suo collo.
«Vorrà dire che mi
accontenterò di qualche giorno in un Bed&Breakfast a
Genova... Ma voglio
andare a vedere l’acquario, sia ben chiaro!»
esclama con aria imperiosa. Fede
lo abbraccia forte in vita. «Tutto quello che vuoi, amore mio
– poi lo trascina
sotto di sé, allargandogli gentilmente le gambe e
infilandovisi in mezzo – Ma
adesso, ti dispiacerebbe concedermi un viaggio di sola andata per il
Paradiso,
per favore?» sussurra sulle sue labbra, mordicchiandogliele
piano.
Edo sospira
di piacere e con uno scatto affonda i talloni nelle sue natiche.
«Nient’affatto... tu sei sempre il
benvenuto».
Angolino autrice:
Tattarataaaaan! Siete tutti
virtualmente invitati a nozze! Prima di tutto, voglio dirvi che questa
one-shot è stata furiosamente scritta la notte del
matrimonio, dopo che la sottoscritta ha ricevuto la notizia... allora,
in realtà "Fede" mi ha detto soltanto che tale sera avrebbe
chiesto a "Edo" di sposarlo... io l'ho immaginato così.
Quindi, auguri agli sposiiiii!!!
Inoltre, ho una proposta da farvi: ho intenzione di pubblicare un
capitolo-intervista ai veri fratelli, quindi sarebbe bellissimo se vi
uniste a me per far loro delle domande... potrete chiedrgli qualunque
cosa (credo) e io proverò a inserirla nell'intervista! Detto
questo, scappo a cenare! Un bacione a tutti! (Oh, come sono contenta!!
*lancia confetti a destra e sinistra*)
P.S. Ci tenevo a dirvi che le ultime frasi (quelle sul paradiso, per intenderci) sono state realmente pronunciate e ascoltate dalle mie povere orecchie. .. il brutto di andare in vacanza insieme :D
|
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Capitolo 15 *** Pianoforte ***
15.
PIANOFORTE
Federico
guarda suo fratello che dorme disteso
accanto a lui. Ci mette sempre poco ad addormentarsi, soprattutto se
hanno
appena finito di fare l’amore. Gli piace coccolarlo,
accompagnarlo tra le
braccia di Morfeo e bearsi del suo respiro rilassato. È
mentre gli sta
accarezzando i fianchi che una lieve melodia di pianoforte si diffonde
nell’aria. È la signora che abita al piano
superiore: ogni sera, prima di
andare a dormire, si siede sullo sgabello di legno laccato e suona
qualcosa con
quel magnifico strumento. Ogni volta che si incontrano, la donna
raccomanda
loro (ripetutamente) di avvisarla nel caso in cui la musica diventi un
problema, ma tutte le volte loro rispondono con un sorriso assicurano che non
c’è nulla di rilassante
prima di andare a dormire. Quella vecchina è di una tale
dolcezza: dopo la
morte della figlia, uccisa troppo presto da una malattia senza cura,
neppure
suo marito ha avuto la forza di continuare a vivere. Così,
quel pianoforte è
tutto ciò che le rimasto, e se anche non li lasciasse
dormire, loro non se la
sentirebbero mai di privarla di quell’unico attimo di
serenità.
Fede si volta a guardare suo fratello, suo marito,
che come al solito sta sbavando su di lui. Anche Edo suonava,
una volta, ed era piuttosto bravo, ad essere sinceri. Aveva iniziato
grazie al
proprietario della fattoria accanto alla loro e se ne era appassionato
sempre
di più. Ogni tanto andavano a giocare con la figlia del
vicino e Edo finiva
sempre per appiccicarsi a quello strumento: aveva cinque anni e si
divertiva ad
improvvisarsi pianista di salotto. Poi, a nove anni, iniziò
a fare sul serio.
Quasi tutti i giorni si recavano (sempre insieme, ovviamente) alla
fattoria per
le lezioni. La loro mamma aveva insisto perché smettesse,
pensando di dare
troppo fastidio all’uomo, ma quando aveva compreso la
passione di Edoardo aveva
desistito. Aveva anche tentato di pagare il vicino, ma lui non aveva
mai voluto
nulla in cambio, se non che Federico assistesse ai progressi di suo
fratello.
Lui l’aveva trovato strano, ma aveva accettato di buon grado,
per la gioia di
Edo. Avevano tredici anni, quando il più piccolo gli
dedicò per la prima volta
un brano, e lui si commosse così tanto che corse a
nascondersi nella stalla
insieme alle mucche e pianse come un bambino. Edo ci restò
talmente male che
non gli parlò per tutta la sera, convinto che lui non avesse
apprezzato. Quando
Fede invece gli spiegò ciò che era successo, ne
fu così felice che dal quel
giorno gli suonò quel brano ad ogni lezione. Era il Nocturne op.9 n.2 di Chopin.
Continuò a suonare fino all’ultimo
anno di liceo, quando poi decise di dedicarsi completamente allo
studio.
Federico ripensò a lungo ai pomeriggi trascorsi in quella
fattoria, lui
sdraiato sul divano ad ascoltare suo fratello che suonava per lui. Poi
arrivò
il momento di iscriversi all’università e se
dimenticò anche lui. Fede sospira.
Come gli piacerebbe poter ascoltare Edo suonare ancora una volta, anche
solo
più una. Se solo avessero un pianoforte...
All’improvviso, l’idea arriva
così forte da farlo quasi saltare a sedere e lui si tira una
manata sulla
fronte per non averci pensato prima. Suo fratello borbotta un
po’ nel sonno per
il suo repentino cambio di posizione, ma lui gli chiude la bocca con un
bacio e
lo stringe un po’ di più. Edo sospira con
soddisfazione.
*
* *
Quando
Federico rientra in casa, suo fratello è
seduto in cucina con una fetta biscottata fra i denti. Ha i capelli
spettinati,
gli occhi ancora gonfi di sonno e i pantaloni del pigiama (che in
realtà non
usano) al contrario. Con un tiro da giocatore professionista, lancia “La
Stampa”, fresca fresca d’edicola,
esattamente al centro del tavolo.
«Pfao» bofonchia
Edo cercando di non far cadere la fetta biscottata dalla bocca. Fede
gli dà un
bacio sulla fronte, rubandogli poi metà della colazione
direttamente dalle
labbra.
«Pfehi!» protesta l’altro con la bocca
piena.
Lui gli strizza l’occhio. «Uhm, marmellata
d’arance... la mia
preferita».
Edo deglutisce rumorosamente, quasi strozzandosi con il
boccone. «E
secondo te perché ho messo quella?» chiede con gli
occhi che lacrimano per lo
sforzo. Lui resta per un attimo immobile, sorpreso dalla domanda, poi
gli si
getta addosso e lo bacio a lungo, spettinandogli i capelli
(già spettinati).
Infine, si stacca dal fratello e scoppia a ridere. L’altro lo
guarda come se
fosse impazzito, sorridendo stupito. «Ma che ti prende?
Perché sei così
allegro?»
«È
una bella giornata, ieri mi sono sposato con l’uomo migliore
del mondo, amo mio marito e mio
marito ama me... cosa
potrei volere di più?» risponde con tono semplice,
prendendo posto di fronte a
lui. Edo aggrotta la fronte, sempre più confuso, poi decide
di lasciar perdere
(aiutato anche dall’esser stato chiamato marito...
non ci è ancora abituato).
«A proposito, dov’è
Lope?»
domanda il più grande guardandosi intorno.
«Sui miei piedi. Me li sta scaldando».
Lui si abbassa sotto il tavolo,
trovandoci una piccola palletta di pelo che scodinzola vivace.
«Ciao nana malefica!»
«Non è malefica!» lo sgrida suo
fratello, indignato.
Fede alza le spalle con indifferenza. «Potrei scaldarteli io,
i piedi»
propone sollevando allusivamente le sopracciglia. Edo scatta a sedere,
per
afflosciarsi subito dopo con una smorfia di dolore. «No,
grazie. Devo ancora
smaltire ieri sera».
«Sono stato bravo, eh?»
Suo fratello diventa
rapidamente viola per l’imbarazzo. Afferra un plumcake (con
tanto di involucro)
e glielo infila in bocca, rischiando di soffocarlo. «Tieni,
mangia e
taci».
«Ti fa male?»
chiede Fede con un sorrisino soddisfatto, dopo aver ingoiato
metà brioche per
volta.
L’altro non risponde subito, ma abbassa lo sguardo e
borbotta.
«Brucia... un po’».
Lui ridacchia,
poi, alla sua occhiata offesa, alza le mani in segno di resa.
«Va bene, va
bene! Mi dispiace, uhm? Però adesso vai a vestirti,
forza» dice alzandosi da
tavola e cominciando a sparecchiare.
Edo
guarda con malinconia il suo caffelatte. «Perché?
Dove andiamo?» domanda
alzandosi e spostando delicatamente Lope con un piede.
«Dalla signora Parisi» risponde Fede
dirigendosi in camera da
letto.
«A fare cosa?»
Lui gli lancia un paio di jeans dritto in faccia. «Lo
vedrai».
*
* *
«Ragazzi!»
«Buongiorno, Signora Parisi. Come
sta?» chiede Edoardo con un sorriso
educato.
«Benissimo, grazie. Ma prego, entrate, entrate!»
Per poco non li
afferra per le braccia e non li trascina nel salotto. Fede si guarda
intorno
incuriosito: è stato una volta sola in
quell’appartamento, quando lui e suo
fratello si sono trasferiti in quel palazzo. A proposito di suo
fratello... lo
osserva con la coda dell’occhio, un ghigno mal nascosto sul
volto. Lo sguardo
di Edo scorre fra i mobili dallo stile classico fino a soffermarsi sul
sovrano
del salotto: un maestoso pianoforte a coda firmato Yamaha. Grazie al
cielo la
casa è composta da due appartamenti, o non ci sarebbe mai
entrato. Entrambi
conoscono la triste storia che lo accompagna: quello strumento
apparteneva alla
figlia della Signora Parisi, prima che la ragazza morisse per un grave
tumore
al pancreas.
«È tutto
vostro, ragazzi. Vi lascio soli, ho qualche commissione da fare. Se
aveste
bisogno di me, il mio numero è sulla lavagnetta»
spiega indicando l’oggetto
appeso a fianco al citofono. Poi si infila un cappello ed esce di casa,
regalando
loro un rapido sorriso in segno di saluto.
Edo
spalanca la bocca. «È tutto nostro cosa?»
«Il piano, tesoro» bisbiglia Fede fissandolo
intensamente negli occhi.
L’altro assottiglia lo sguardo, stringendo le palpebre in due
fessure.
«Stamattina sei venuto qui, vero?»
Lui annuisce lentamente.
«Perché?»
«Perché
voglio sentirti suonare ancora – risponde semplicemente
– Sarò egoista, ma
voglio sentirti suonare ancora una volta, fosse anche
l’ultima. Voglio vederti
seduto su quel fottuto divanetto, voglio sdraiarmi su quel divano e
chiudere
gli occhi, mentre tu suoni quel benedetto pianoforte. Voglio vedere
quelle tue
meravigliose dita scivolare su quei tasti e suonare quella
fottutissima melodia». È solo alla fine del
discorso che si
accorge di aver alzato un po’ troppo la voce. Edo gli si
avvicina con aria
grave, così tanto che i loro nasi si sfiorano e i respiri
accelerati di
entrambi si mescolano fra di loro. Una sua mano va a posarsi sulla
pancia di
Fede. Lui resta immobile e in silenzio, poi ,finalmente, lo vede posto
sul
divanetto e sfiorare i tasti con i polpastrelli, quasi avesse paura di
scottarsi. Sta
già pregustando la prima
nota, quando suo fratello si volta verso di lui e «Siediti.
Dietro di me»
aggiunge agitato. Lui non se lo fa ripetere due volte, lo raggiunge
velocemente
e si sistema alla bell’e meglio, affiancando le gambe alla
sue. Poggia le mani
sul suo petto, massaggiandoglielo piano, e nasconde la nuca fra le sue
scapole,
prendendo lunghi e lenti respiri.
«Solo
per te». La voce di Edo arriva cupa e un po’
tremante, ma Fede riesce a
percepire la nota di sollievo che fino ad un minuto prima non
c’era. D’istinto,
la presa delle sue mani si fa un po’ più stretta.
E finalmente, leggera e
potente come solo un battito d’ali può essere, la
prima nota si libera
nell’aria. E Federico ricorda.
“
«Fa’ sentire a tuo fratello come sei diventato
bravo». La voce dell’uomo è calda e
gentile, l’affetto che prova per i due gemelli
chiaro e palpabile. Un ragazzino allampanato, con i capelli sparati in
ogni
direzione, sorride e si dondola sul posto, incerto s seguire il
consiglio o
meno. Un altro ragazzo quasi identico a lui gli si avvicina,
spingendolo poi
verso un maestoso pianoforte a coda. Si scrutano a lungo, come se si
stessero
parlando immersi nel silenzio, poi il secondo va a sdraiarsi sul divano
del
salotto e chiude gli occhi. Una musica lenta e trascinante si diffonde
nell’ambiente. Edoardo, il ragazzo seduto al piano, volta la
testa verso il
gemello, lasciando che l’aria soddisfatta del suo volto lo
ispiri. Federico se
ne accorge, perché apre gli occhi e punta le iridi castane
nelle sue. Le note
ormai escono da sole e si tingono d’amore, così
potenti da distruggere
qualsiasi cosa e ricostruirla più solida di prima.
Così potenti da renderla
indistruttibile. E non c’è più nulla
intorno a loro, non c’è più nessuno,
soltanto lui e suo fratello che suona come se fosse al cospetto del re
e non di
fronte ad un comunissimo tredicenne.”
Senza
neppure accorgersene, Federico allunga la
mano e suona l’ultima nota, che vibra nell’aria e
li abbandona poco a poco al
silenzio. Edo gli prende entrambe le mani e le guida appena sotto
l’orlo della
maglietta, per poi posare le proprie sulle cosce del fratello. Fede non
aspetta
un secondo di più e inizia ad accarezzargli la pancia con i
polpastrelli,
sfiorando di tanto in tanto l’ombelico. Non appena
l’altro posa la testa sulla
sua spalla, lui attacca le labbra al suo collo e lo bacia
ripetutamente, tracciando
una lunga scia dal mento alla guancia, passando per la mascella. Edo
respira
pesantemente, dei silenziosi singhiozzi che gli scuotono il petto.
Prima che
uno dei due possa accorgersene, entrambi cominciano a piangere, e le
loro
lacrime scorrono via come piccole stille di malinconia. Fede raccoglie
quelle
di suo fratello con le labbra, ricoprendo il loro percorso di infiniti
baci
bagnati.
«Ti amo» gli mormora lento all’orecchio,
respirando forte il profumo dei
suoi capelli. È solo un bisbiglio, un veloce sussurro
d’amore celato ad occhi
indiscreti. Ma Edo capisce, lui capisce sempre; gli afferra una mano e
ne bacia
ogni nocca. Perché il vero amore è fatto di
piccoli gesti, piccole note di
quotidiano affetto che lo rendono la melodia più vera e
antica del mondo.
Angolino
Autrice:
Ciauuuu!
Come state?! Vi prego, non uccidetemi! So
che non ho pubblicato l’intervista, ma pensavo di aggiungerla
come extra verso
il 20° capitolo :D Così, nel frattempo, chi volesse
altre domande ha ancora
tempo!
Baci a tutti <3
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Capitolo 16 *** Limone ***
Dedicata a Fede
e anche un po’ a me,
perché
entrambi andiamo matti per il limone.
16.
LIMONE
«Bevila».
«Nooo».
«Tutta».
«Ti
prego...»
Il più grande incrocia le braccia
e si appoggia al tavolo della cucina, fissandolo
spazientito. «No, puoi
supplicare quanto vuoi, non mi interessa. Hai voluto esagerare e adesso
ne
paghi le conseguenze».
«Ma acqua e limone mi fa schifo! Ed è
pure calda!» si lamenta Edo.
«Avevi
solo da pensarci prima di ingozzarti di schifezze fino a farti venire
la
diarrea. E comunque acqua e limone non fa schifo. Piuttosto, ringrazia
che
abbia diluito il succo».
«Sì,
grazie tante... Per te non è un problema berlo, tanto tu ti
droghi di limone».
«Non mi drogo di
limone... Bevi».
«Oh,
avanti, tutto ma non questo! Non posso prendere dei normalissimi
fermenti
lattici?»
«No».
Federico prende la tazza di ceramica blu e la spinge più
vicino all’altro. Edo
la fissa storcendo il naso, ne annusa diffidente il contenuto e
l’ allontana
subito con aria disgustata, versandone un po’ su ripiano del
tavolo. «Non ce la
faccio, non ce la faccio...»
Lope
(benedetta lei e la sua innocenza), fino a quel momento sdraiata
accanto alla
tazza, si solleva sulle zampette corte e infila curiosa la linguetta
nel
liquido caldo. Entrambi i fratelli si fermano a guardarla, in attesa.
La
cagnolina s’immobilizza per un istante, poi inizia a
starnutire e a barcollare,
accompagnando il tutto con un sacco di smorfie. Fede abbassa le spalle,
sconsolato, mentre il più piccolo solleva un pugno in stile
Freddie Mercury.
«Ah-ah! Visto? Visto? Neppure lei lo sopporta!»
«È un cane!
È normale che non le
piaccia!»
Edo perde tutta la sua aria vittoriosa, sostituendola con una
più
disperata. «Ma non piace neppure a me...»
Il viso di Fede si rilassa un po’, la sua
espressione si addolcisce.
«Vuoi che ti aiuti?»
Suo
fratello annuisce, abbassando la testa come un cagnolino abbandonato.
«Va bene».
Sorridendogli incoraggiante, il più grande si alza e si va a
piazzare dietro il
suo sgabello, stringendogli le spalle.
Edo si sporge all’indietro, guardandolo
al contrario con occhi sofferenti. «Bevo?»
Lui annuisce.
«Poi
però mi dai una caramella?»
«No! Al
massimo ti dò un bacio» risponde con dolcezza,
accarezzandogli i capelli.
L’altro si stringe nelle spalle, accontentandosi. Alla fine,
solleva la tazza,
la porta alle labbra e comincia ad inghiottirne il contenuto. Prova a
metterci
il minor tempo possibile, tanto che un rivoletto d’acqua gli
cola giù dal
mento. Fede gli tappa il naso con due dita, immaginando la smorfia
disgustata
del fratello. Quando finalmente Edo posa la scodella (con gran
disprezzo di
Lope, che se ne allontana immediatamente), Fede gli si siede in grembo
e gli
lecca lascivamente il mento, portando via quella goccia fuggiasca. Poi
incolla
le labbra alle sue, accarezzandole con la lingua e assaporandone il
sapore
aspro. Si accerta di arrivare in ogni angolo della sua bocca,
così da
cancellare più tracce possibili di limone. Quando si
separano, Edo lo fissa
languidamente, ansimando un po’. «Wow... non mi
aspettavo un bacio del
genere».
Lui
ghigna. «Sei buono, anche più del solito. Dovresti
bere il limone più spesso».
«Scordatelo!»
>Angolino
dell’autrice
(quella
povera donnina):
Allora...
Innanzitutto, scusate per l’ora, ma tecnicamente sono ancora
in tempo limite
E poi... lo
so, è corto. Mi dispiace tanto, il fatto è che in
questo periodo sta diventando
sempre più difficile andare avanti con la scrittura, per
quanto io le dedichi
tempo (arrivando anche a non seguire le lezioni e a far finta di
prendere
appunti) e abbia un sacco di ispirazione quotidiana, perciò
stavo pensando che
potrei (forse, non ho ancora deciso) aggiornare mensilmente.
Ovviamente, l’intervista
verrà pubblicata comunque appena pronta – non fra
molto, quindi. Scusate il tono poco allegro, ma sono
stanchissima. Perciò
ora vado a nanna, ma mi farebbe piacere domani leggere e rispondere a
quelle
meravigliose recensioni che mi lasciate sempre... se anche qualcuno che
non si
è mai fatto sentire prima lascia un piccolo commentino, mi
(ci) fa solo piacere
Un bacio a tutti <3 (e
buonanotte!)
|
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Capitolo 17 *** Horror ***
17.
HORROR
«Dai, dai, dai!»
Edo saltella per il salotto microscopico, sventolando in
aria la custodia di un DVD.
«Ti
ho già detto di no».
«Per favooore!»
«No».
«Ma a te
piacciono i film horror!»
«Non mi interessa».
«Ma
che male c’è se ne guardiamo uno
insieme?»
Federico solleva un sopracciglio, come a chiedere se sia serio.
«Ti
ricordi cos’è successo l’ultima volta
che ne abbiamo visto uno?»
«No»
mente suo fratello con uno sbuffo, voltando la testa
dall’altra parte.
«Te la sei fatta
addosso» risponde Fede con un ghigno perfido.
«Non è vero!» lo strillo del
più piccolo è così forte che per poco
non
spacca il bicchiere di aranciata che il più grande sta
bevendo. E che per la
cronaca, è di plastica.
«Oh sì,
invece».
«Eravamo piccoli».
«Avevamo
quindici anni».
«Non
me la sono fatta addosso» borbotta Edo abbassando gli
occhi.
Fede gli si
avvicina e lo imprigiona fra le sue braccia, accostando le labbra al
suo
orecchio e sussurrando roco «Non penso che basti stringerti
la mano di nascosto
per farti venire nelle mutande, o sì? – Edo
diventa rosso come un pomodoro, il
fiato improvvisamente più corto – E poi,
l’odore era inconfondibile» aggiunge
con il suo solito sorrisino bastardo.
«Ma... ma...
io» Edo incespica e non riesce a dire nulla.
All’improvviso, a Fede viene in
mente un’idea tanto crudele quanto geniale. E la mette subito
in atto. «Non
riusciresti a vederne neppure metà». Lo sta
istigando, e se quel ragazzo è
davvero suo fratello, è certo che abboccherà.
«Scommettiamo!» Bingo. Più
facile del previsto.
«Ci sto!» esclama prima
che l’altro possa ripensarci. E a vedere da come la sua
faccia sta diventando
rossa, deve aver già cominciato.
«Uhm... okay, se vinco io, tu dovrai...
dovrai... – la sua espressione si fa più
concentrata – lavare le mie mutande
per un mese!» propone trionfante. Fede lo guarda come se
fosse un bambino on
cui si deve pazienza. Non che la cosa si allontani molto dalla
realtà.
«Lo
faccio già. Da due anni. E ti lavo tutto, non solo le
mutande, tesoro».
Edo lo
guarda imbronciato. «Io però pulisco il bagno
tutte le settimane».
«Vero, e te ne sono infinitamente grato
– fa una piccola pausa – Allora? La
penitenza?»
L’altro solleva lo sguardo e lo
pianta nel suo, un’improvvisa scintilla folle negli occhi.
«Mi lascerai
preparare la cena per un’intera settimana».
Fede
lo fissa terrorizzato. «No!» Conosce bene la sua
passione per i nuovi
esperimenti culinari, come conosce bene il fallimento che puntualmente
arriva
ogni volta, essendo sempre lui la cavia. Sicuramente lui non
è no chef
stellato, ma almeno sa preparare un piatto di pasta senza farla
bruciare. Edo no.
«Sì, invece. Sono libero di scegliere
quello che voglio».
Lui
ci pensa un po’ su, poi si apre nel migliore dei suoi sorrisi
malefici.
«D’accordo».
Suo fratello
socchiude le palpebre, sospettoso. «Conosco quello sguardo e
non mi piace».
Lui
gli si fa più vicino, fino a scontrare il proprio bacino con
il suo. «La tua
bocca. Dove voglio io – e Edo sa esattamente dove la vuole
– in qualsiasi
momento io voglia. Questa è la penitenza nel caso in cui tu
perda». La sua voce
è solo un sussurro sul collo dell’altro, che trema
impercettibilmente.
«In
qualsiasi momento?»
«Già». La sua mano scende
lungo il braccio del fratello e in una carezza
lenta e rilassante, gli sfiora l’interno e torna su.
«Anche subito prima di un esame?»
Fede gode della sua aria preoccupata. «Prega che
non ne abbia voglia in
quel momento – poi si sposta di scatto –
andata?»
«Andata. Ma...» Edo si
acciglia.
«Cosa?»
«Se dovessi perdere... mi consoli lo stesso?»
*
* *
«Ce
la faccio, ce la faccio, ce la faccio... io non ho paura, assolutamente
no...»
Fede alza gli occhi
al cielo, poi, spazientito, allunga una mano e afferra quella di Edo,
cercando
di calmarlo. Non l’avesse mai fatto... suo fratello,
rannicchiato in un angolo del
divano, gli si stringe così forte da fargli lacrimare gli
occhi. E tutto per
uno stupido pagliaccio psicopatico che sta per dissanguare un ragazzino
nelle
docce della scuola. «No!»
Non
ha neanche finito di pensarlo, che Edo gli salta in braccio e si fa
più piccolo
che può, cominciando a tremare come una foglia.
«Okay, adesso basta» decide
Fede allungandosi per prendere il telecomando.
«No, no, ce la
faccio, ce la faccio» cantilena suo fratello dondolandosi
avanti e indietro sul
suo grembo.
Lui solleva un sopracciglio, scettico. «Stai scherzando? Per
poco
non te la fai addosso. Di nuovo» e, con gesto secco, spegne
il televisore.
«Non sto per
farmela addosso!» esclama Edo staccandosi indignato dal suo
petto.
«Poco ci manca... Tra l’altro,
evito di farti notare come Lope si sia addormentata dalla noia dopo
aver
guardato più di metà senza battere
ciglio» ribatte con un ghigno serafico
tirandoselo di nuovo contro il petto.
«Ma
è un cane!»
«E con questo che vuoi dire? Che non è abbastanza
intelligente per
capire un film? La prendo come un’offesa!»
«Ma sta’ zitto... E comunque, grazie
per aver evitato di ricordarmelo»
bofonchia il più piccolo sopra la sua maglietta consumata.
«Non c’è di che». Restano un
po’ in silenzio, cullandosi a vicenda,
accompagnati dal lieve russare di Lope, che sonnecchia tranquilla sotto
il
tavolino del soggiorno.
«Ehi»
bisbiglia poi Edo, picchiettando con un dito sui suoi pettorali.
«Dimmi» lo incoraggia
Fede baciandogli una tempia.
L’altro arrossisce
violentemente. «Ho perso la scommessa, vero?»
«Già».
«Quindi devo
fare la penitenza?»
Lui gli solleva il mento con due dita, guardandolo dritto negli occhi.
«Sai che non sei costretto, se non vuoi».
Edo, se possibile, diventa ancora più rosso.
«Perché? Non è... lo sai...
la prima volta che... io... hai capito, no?»
Fede
scoppia a ridere. «Sì. Si, ho capito –
poi si fa serio. Molto serio – Ma non
voglio che tu lo faccia per
colpa di una
stupida scommessa, io... voglio che tu lo faccia solo perché
ti va... se ti va.
Intesi?»
L’altro annuisce, un sorrisetto timido tra le guance
infuocate. «Intesi.
Ma per me non è un problema... mi piace, anche se non lo
faccio spesso – la sua
espressione è così tenera che Fede vorrebbe
mangiarselo tutto – Basta che non
sia davvero prima di un esame!»
Lui
scuote una mano con finta indifferenza. «Tanto non penso di
resistere fino ad
allora».
Suo fratello lo
guarda con
occhi sgranati. «Ma il prossimo esame è fra due
giorni!»
Fede lo guarda con il
tipico sorrisino del predatore, e adesso sì che Edo dovrebbe
avere paura. «Appunto».
Angoletto
Autrice:
Ciau
ragazzi :D
Allora, avevo questo capitoletto in attesa e u minuto di tempo libero
dallo studio (lo odio!!) quindi sono riuscita a rispettare ancora una
volta il
termine che mi ero imposta per la pubblicazione... spero davvero che vi
piaccia, anche perché se non riesco a trovare un
po’ di tempo, trascrivere a
computer – perché sì, io
scrivo ancora a mano, come ai vecchi tempi – e soprattutto
pubblicare sarà davvero difficile.
Scusate, non volevo deprimervi, mi dispiace
tanto. Comunque farò il possibile, come sempre :D
Un bacio enorme e un
abbraccio davvero, davvero lungo <3
|
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Capitolo 18 *** Neve ***
18.
NEVE
«Edo...»
«Mmm...»
«Edoo...»
Federico prova a svegliare suo fratello e a riportarlo nel mondo dei
viventi
cominciando a riempire la sua schiena con una lunga, lenta scia di baci
soffici. Si stende su di lui, gli accarezza le braccia lisce e strofina
il naso
nell’incavo del suo collo, mordicchiandolo e soffiando sulla
pelle calda. Edo
mugugna un po’, infilando fra i borbottii anche quello che
sembra un
«Buongiorno» strascicato, per poi stiracchiarsi e
sorridere assonnato.
«Sei
sveglio, finalmente?» bisbiglia lui al suo orecchio.
Il più piccolo rotola sulla schiena, solleva le mani sopra
la testa e
gli circonda la vita con le gambe, creando una piacevole frizione tra i
loro
bacini. «Lo sono adesso», poi alza la testa e gli
cattura le labbra con le sue
in un bacio scivoloso. Fede si sorprende di tanta intraprendenza, ma ne
approfitta subito, sfiorandogli il petto con il proprio e muovendosi su
e giù.
Edo, stranamente, lo lascia fare, anzi, aumenta la presa con le gambe.
Lui
spinge più forte e più veloce con il bacino,
spostandosi a succhiargli il collo
con avidità.
«Ti-ti sei accorto che ti stai muovendo come se stessimo...
sì,
insomma... hai capito» mormora tra un respiro pesante e
l’altro.
Fede grugnisce
in assenso, le mani premute sul retro delle sue cosce calde. Sente suo
fratello
sfregarsi contro di lui, la bocca schiusa per lasciar uscire una serie
di
gemiti sommessi. Le braccia del più piccolo si avvolgono
intorno al suo collo,
le labbra lasciano tracce sconnesse sul suo viso. È quando
comincia a spingere
il fondoschiena contro il suo bacino, che Fede decide di fermarlo.
«Ehi, aspetta,
aspetta...»
L’altro lo guarda stralunato, tentando di riconnettere tutti
i cavi del
cervello che aveva già scollegato. «Cosa
c’è? Non... non mi vuoi?» La sua paura
è palpabile, tanto che Federico si maledice mentalmente per
avergli fatto
pensare una cosa del genere.
«No! No, no, assolutamente – lo bacia forte per
rimarcare il concetto – Ma fuori c’è una
sorpresa per te e non voglio aspettare
troppo per mostrartela».
Edo spalanca gli occhi, stupito. «Una sorpresa?
Fuori? Per me?»
Fede strofina una guancia sul
suo sterno, sorridendo per la riuscita del suo piano.
«Già – racchiude un capezzolo
di Edo tra le labbra, sfiorandolo appena con la punta della lingua. Edo
trattiene il fiato – Ma sai... – scende velocemente
lungo il suo addome,
coccolando la pelle calda – magari cinque minuti ce li
possiamo concedere, che
ne dici?» domanda con voce roca, soffiando piano sulla piega
dell’inguine.
«Duro così poco?» rantola
l’altro stringendo il lenzuolo nei i pugni.
«Oh – il ghigno
malizioso di Fede rasenta quasi l’inquietante –
Anche meno». E l’ultima cosa
che vede, prima di affondare il viso tra le sue cosce, è Edo
che spalanca la
bocca e inarca la schiena.
*
* *
«Oddio...
sto andando a fuoco».
Fede
gli bacia la pancia con un sorriso, poi gli infila delicatamente un
paio di
boxer. «Vestiti, forza. Devi vedere la tua
sorpresa».
L’altro
gonfia le guance e sbuffa senza forze, sollevandosi a sedere e
strappandogli la
felpa rossa di mano.
«Quella
sarebbe
mia» dice lui inarcando un sopracciglio.
Edo gli sorride allegro, tentando di infilare l’indumento.
«Non più!»
esclama soddisfatto mentre cerca di districarsi dal groviglio di
stoffa. Quando
finalmente ci è riuscito (indossandola al contrario e solo
dopo esser stato
aiutato dal fratello) allarga le bracca e si fissa allo specchio.
«Mi sta
bene!»
Fede deglutisce a vuoto,
fissandolo famelico. «Sei bellissimo... Fai venire voglia di
strappartela di
dosso» dice squadrandolo dal basso verso l’alto,
soffermandosi a lungo sule
cosce lattee.
«Ma
smettila» lo rabbonisce dolcemente Edo. In quel momento, la
porta si socchiude
e una piccola testolina pelosa, completa di orecchiette rosa e nasino
nero a
punta, fa capolino con aria assonnata.
«Ciao piccola mia!» esclama Edo prendendola in
braccia e grattandole la
pancina.
«Ma non ero io
il tuo piccolo, una volta?»
L’altro gli scocca un bacio all’angolo della bocca,
accarezzandogli il
petto nudo. «No, io sono
il tuo piccolo».
«Vero
– gli morde gentilmente le labbra – Vuoi vedere la
tua sorpresa?»
Il più piccolo
s’illumina e comincia a saltellare sul posto.
«Certo!»
Fede gli copre gli occhi con le mani
e, spingendolo con il bacino, lo porta davanti al balcone.
«Tienili chiusi»
ordina prima di sollevare la serranda. Lope, ancora in braccio a Edo,
inizia a
sgambettare allegra minacciando di gettarsi a terra e costringendolo ad
aprire
gli occhi.
«Ehi, ferma! Lope... cos-? – poi guarda fuori dalla
finestra –
Oddio... ma nevica!» Senza neppure ricordarsi di essere mezzo
svestito, si
lancia sul balcone, saltando come un bambino in mezzo allo spesso
strato di
neve.
«Edo!
Torna dentro, fa troppo freddo per te!» lo richiama
inutilmente Fede.
«Cosa me ne importa
del freddo, Fede! Sta nevicando! Lope! Vieni qui, guarda! La
neve!» esclama
rivolto alla cagnetta che, invece, se ne sta sull’uscio
indecisa se raggiungere
o no il padrone. La piccola infila per la prima volta il nasino nella
neve,
curiosa, e le dà una leccatina veloce. Poi salta subito su,
sorpresa di
scoprirla bagnata (e soprattutto fredda) e scappa velocemente dentro
casa, al
calduccio. Edo scoppia a ridere e prende suo fratello per mano,
trascinandolo
con lui sotto i grossi fiocchi che cadono dal cielo. Fede scuote la
testa,
arrendendosi come sempre all’ingenuità del
più piccolo e, piedi e petto nudi,
lo raggiunge, imprigionandolo immediatamente tra le braccia muscolose.
«Fede?»
bisbiglia Edo sulla sua bocca.
«Dimmi».
«Facciamo il pupazzo di neve?»
«Certo».
Passa un momento in cui Edo gli circonda le guance con le mani, poi...
«Fede?»
«Cosa?»
borbotta lui fingendosi scocciato.
«Ho freddo» mormora l’altro
sporgendo il labbro inferiore come un bimbo.
Federico non risponde, ma lo solleva e se lo carica in braccio,
nascondendo le
dita sotto la sua felpa e poggiando la fronte contro la sua.
«Edo?»
«Sì?»
«Ti
amo».
>Angolino
angoletto Autrice:
Parto
col dire che mi dispiace moltissimo. Davvero. Avevo detto che forse la
pubblicazione dei capitoli sarebbe passata da ogni due settimane a un
mese, ma
non credevo sarebbe successo davvero. E invece... Mi piange davvero il
cuore,
ma –ehi!- alla fine eccomi qui!
Questo capitolo è praticamente identico ad un
fatto realmente accaduto questo inverno – a parte i dialoghi,
direi, perché non
si sentivano :3
Ecco cosa succede quando sei in vacanza – e soprattutto di
secondo nome fai “Stalker” ;P
Un bacio enorme a chiunque stesse aspettando questo capitolo, a chi lo
recensirà e anche a quelli che semplicemente aranno una
sbiciata. Grazie <3
|
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Capitolo 19 *** Hotel ***
19
HOTEL
«È
andata bene, no?»
«Sì». Quando tornano da una visita ai
genitori, Federico non è mai
particolarmente loquace. Non più del solito, almeno. Ogni
volta che vanno trovarli
devono mantenere un atteggiamento
distaccato, comportarsi come ogni altra coppia di fratelli farebbe. Non
come
vorrebbero loro, quindi. Quest’ultimo incontro, in
realtà, è stato più facile
del solito: la loro zia, Adriana, ha da poco partorito,
perciò i discorsi si
sono rivolti principalmente al pargoletto che, per tutta la durata
della cena,
ha placidamente ronfato nella
sua culla
di seconda mano.
«È tutto ok?»
chiede Edo poggiandoli una mano sulla gamba.
Fede rilassa un po’ la presa sul
volante, evitando di ridurlo in un mucchietto di atomi vaganti.
È sempre un po’
nervoso dopo questi incontri. Solo un
pochino. «Sì – risponde
portandosi la
mano del fratello alle labbra e baciandone il dorso – ma sono
preoccupato per
tutta questa grandine... se continua così, non arriveremo
mai a casa».
Edo sa
che non è solo questo a turbarlo, ma lascia correre, certo
che verrà tutto
fuori quando saranno avvolti dal calduccio del loro letto. Con un
sospiro,
volge lo sguardo fuori dal finestrino: in effetti, quella che
è partita come
una leggera spruzzata di grandine, ora si sta facendo un po’
troppo violenta.
Un po’ tanto, ad essere sinceri. Abbassa il vetro e allunga
una mano fuori: in
un paio di secondi si ritrova a stringere una manciata di chicchi di
grandine
grossi come ceci. La getta a terra con un’aria un
po’ schifata, poi richiude il
finestrino e infila le dita congelate fra le cosce, tentando di
riscaldarle.
«Al prossimo incrocio svolto a sinistra: poco
più avanti c’è un Motel.
Ci fermiamo lì». La voce di Fede, che ha osservato
tutto con la coda
dell’occhio, arriva fredda e autoritaria, ed Edo sa benissimo
cosa questo
significhi: non ammette repliche.
«Ma Fede-»
«No. Non ho alcuna intenzione di finire fuori strada e
schiantarmi
contro un albero» lo ferma subito l’altro.
«Ma Lope...»
«Lope è dalla signora Parisi, Edo.
Questo vuol dire che le probabilità
che muoia di fame sono del tutto assenti e quelle che abbia fatto una
decina di
bagni molto alte. Starà benissimo» conclude
avvertendo la sua preoccupazione.
«D’accordo...» mormora Edo poco convinto.
Si tortura le mani quando suo
fratello, invece di proseguire dritto, svolta a sinistra per
raggiungere il Motel.
Quando scendono dall’auto, il freddo e l’acqua li
travolgono in pieno,
penetrando fin nelle ossa. Si guardano intorno con diffidenza: le luci
al neon
dell’edificio spiccano tra il buio della sera come la luce
alla fine di un
tunnel. Una delle lettere rosse dell’insegna trema
minacciando di spegnersi da
un momento all’altro, un’imposta vittima del vento
imperioso sbatte
ripetutamente contro il muro e la grondaia sembra aspettare solo loro
per
cadere e colpirli sulla testa. Considerando tutto questo e sommandolo
all’aria
colma di cigolii e crepitii e all’aria transilvanica...
sembra di stare proprio
nel film “Non aprite quella porta”. Che in questo
caso consisterebbe in quella
del Motel.
«Bene
– conclude Edo battendo le mani – Si torna a
casa» e fa dietrofront per
rientrare in macchina. Non riesce a fare neppure un passo,
perché suo fratello
lo afferra per la giacca e lo trattiene con aria impassibile,
costringendolo
ad una buffa camminata sul posto. «Frena, caro, dove credi di
andare?»
«Ti prego! – implora Edo saltellando
sul posto – Grandina, sono bagnato
come un pulcino e sto morendo di freddo. E quel hotel mi fa una paura
del
diavolo» ammette con un brivido involontario.
«Non c’è niente di cui aver
paura, pulcino mio» risponde lui
scompigliandogli i capelli fradici. L’altro lancia
un’occhiata poco convinta
all’edificio fatiscente.
«Sicuro?» chiede mordendosi un labbro. Fede non
risponde, ma se lo tira addosso e gli attacca la bocca con la sua,
stringendoselo contro quasi fino a soffocare. Gli morde le labbra, gli
passa la
lingua sui denti e gli solletica il palato, dando il via ad uno scambio
di
saliva vissuto mille e mille volte ma pur sempre nuovo.
«Wow,
un bacio sotto la pioggia... romantico» commenta Edo
strofinandogli il naso
sotto il collo.
«Oh, certo,
davvero romantico rischiare di prendersi una polmonite –
ribatte Fede con tono
sarcastico – Andiamo dentro, avanti».
*
* *
Il
motel è carino, davvero. Cade a pezzi, ma è
carino e pulito. Il bancone
dell’ingresso deve avere almeno settant’anni
(portati molto male), le
poltroncine sembrano appena uscite da una zuffa – persa
– con un gruppo di
gatti randagi, i quadri sono così storti che solo un
miracolo può tenerli su e
la moquette rossa – per quanto pulita –
dev’essere ancora più vecchia del
bancone. L’ambiente è illuminato da una soffusa
luce gialla che lo rende caldo
e accogliente, benché questo possa sembrare improbabile. Il
tutto è completato
da un’adorabile vecchina vestita quasi in stile ottocentesco
che li guarda con
un sorriso un po’ inquietante. Solo un pochino. Edo
rabbrividisce e si aggrappa
alla mano del fratello, nascondendosi dietro la sua schiena.
«Benvenuti, miei
cari – li saluta la donnina – Oh, poveri bambini,
ma siete tutti bagnati!
Entrate, prego» li invita con un gesto della mano. La sua
voce è così acuta che
Federico per poco non scoppia a riderle in faccia, domandandosi come
faccia suo
fratello ad averne paura.
«Salve, signora.
Siamo rimasti bloccati qua fuori per la grandine e abbiamo pensato di
prendere
una camera per la notte, se ce ne sono ancora di libere»
spiega con calma.
«Oh, ma certo,
ma certo. Datemi pure le vostre giacche, ragazzi, le metterò ad asciugare accanto alla
stufa» propone
tendendo le braccia in avanti.
«Grazie molte, è davvero gentile».
Federico si sfila velocemente la
giacca e la consegna alla donna, facendo lo stesso con quella di Edo.
L’anziana
signora esce dalla stanza sciabattando allegramente e lasciandoli soli
i mezzo
all’atrio.
«Non è normale che non ci sia nessuno
in giro in questo motel» è la
prima cosa che butta fuori Edo rabbrividendo impaurito.
«Sarà
semplicemente pieno di giovanotti come la padrona di casa a cui piace
andare a
nanna presto».
«Questa
storia mi sa troppo di Hansel e Gretel» rivela il
più piccolo.
«In quel
caso, tu sei Gretel» lo provoca lui.
«Nessun
problema».
La risposta arriva così inattesa che Fede aggrotta le
sopracciglia:
se Edo no si arrabbia o indigna ad una su provocazione, allora
c’è qualcosa che
non va. «Ehi – gli bacia un orecchio – va
tutto bene, eh?»
L’altro
annuisce, un po’ più sereno.
«Ecco fatto – esclama la donna
tornando nell’atrio – Ora vediamo cosa
posso fare per voi, d’accordo?»
«Certo, grazie» concorda Fede con un
sorriso.
«Bene, per cominciare, io sono Madame Colette» si
presente la
vecchina.
«Oh, francese! Noi siamo Federico e
Edoardo».
La
donna annuisce tirando fuori da dietro il bancone uno spesso
– e polveroso –
libro che si rivela essere il registro delle prenotazioni.
«Vediamo, vediamo...
Ah, ecco: ho una camera libera al primo piano. – indica le
scale con una mano -
La preferite matrimoniale, vero?» domanda con
semplicità. Entrambi sbarrano gli
occhi, presi in contropiede.
«V-va bene una qualunque» mormora Fede tentando
nel frattempo di riprendersi un po’.
«Allora questa è la
chiave! È l’ultima matrimoniale che mi
è rimasta».
Mentre ringrazia, Federico
sente suo fratello borbottare fra sé e sé...
sicuramente chiedendosi in quanti
abbiano avuto il coraggio di fermarsi lì dentro.
«Buona notte» augura loro la donna con
un inquietante sorriso a
trentadue denti.
«Buona notte» rispondono loro in coro avviandosi
verso la
camera da letto. I gradini delle scale sono così alti e
stretti che Federico
prende per mano suo fratello e fa attenzione che non inciampi. Si china
per
evitare lo spigolo del soffitto basso che mira proprio alla sua fronte
– ma chi
diavolo ha dato il consenso ad usare un posto così
sgangherato per ospitare
della gente? – ma si scorda di avvisare Edo, che ovviamente
ci sbatte contro
neanche avesse preso la rincorsa.
«Ahia! – strilla portandosi una mano alla
fronte e guardandolo con gli occhi lucidi – Ahia»
ripete mentre una lacrima
solca la sua guancia. Fede impreca sotto voce e se lo stringe
immediatamente al
petto, baciandogli più volte la parte lesa.
«Scusami amore, mi sono dimenticato
di avvisarti. Mi dispiace tanto – lo bacia velocemente sulle
labbra – È
passato?»
«No» mugugna Edo contro la sua maglia.
Lui scoppia a ridere e lo riempie
di piccoli bacetti su tutto il viso. «Entriamo,
su». Infila la chiave nella
serratura e gira a destra. Niente.
«Ma che-?» Prova a spingere la porta
con una spalla, ma questa non si
muove.
«Tutto bene?» chiede Edo sbirciando da sopra
la sua spalla.
«Come no...» risponde lui scuotendo la
chiave con forza. Dopo cinque
minuti di tentato – e riuscito – scasso, finalmente
la porta si apre, cigolando
come in un film dell’orrore di quarta categoria.
«Be’, almeno si è aperta -
commenta Edo guardandosi furtivamente intorno – Vai prima
tu» dice poi al
fratello prendendolo per mano. L’altro fa per ribattere, ma
alla fine si
rassegna e fa un passo nella stanza. E non ci trova nulla di
spaventoso.
L’ambiente è piccolo, spoglio ma tutto sommato
pulito. In un angolo, un armadio
di almeno cent’anni per anta – e non ne ha solo due
– minaccia di cadere a
pezzi sotto l’assalto delle termiti. Alla parete accanto, una
scrivania di
mogano con una gamba diversa dalle altre fa a pugni con la sedia in
stile
shabby-chic accanto. Al centro della camera troneggia un letto in ferro
battuto
– dall’aria un po’ più solida
del resto della mobilia – affiancato da due
comodini da notte che assomigliano troppo alle cassette di frutta del
mercato.
A completare il tutto c’è un grosso crocefisso
– storto – appeso proprio sopra
la testiera del letto.
«Mi fa sentire un po’ osservato
– commenta Edo sporgendo il labbro inferiore, mentre il
più grande chiude la
porta – Ma non importa: prima ci addormentiamo, prima ce ne
andremo da questo
posto» conclude con un’alzata di spalle.
«Sai, conosco un altro modo per far
passare in fretta il tempo» bisbiglia Federico al suo
orecchio abbracciandolo
da dietro. Lentamente, lascia scivolare una mano sotto il maglioncino
del
fratello e ne vezzeggia la pancia, solleticando la pelle calda. Edo
poggia la testa
sulla sua spalla e comincia a respirare pesantemente, gli occhi chiusi
e il
petto che si alza e si abbassa velocemente.
«Lo vuoi fare qui?» chiede sorpreso
rigirandosi nell’abbraccio e strusciandosi contro di lui.
Fede sogghigna contro
il suo collo.
«Non
l’abbiamo mai fatto in un motel... potremmo aggiungerlo alla
lista» mormora
seducente sfilandogli il maglioncino.
«Tu
hai una lista dei posti dove abbiamo fatto sesso? Davvero?»
chiede Edo
guardandolo ora sbalordito.
«Vuoi seriamente parlarne adesso?»
ribatte lui sfilandogli la cintura e
abbassandogli i pantaloni.
«Magari più tardi»
è la risposta affamata del più piccolo che, ormai
rimasto in boxer, gli salta i braccio e gli aggredisce il volto a suon
di baci.
Mentre gli sfila la maglia, avverte Fede togliersi scarpe e jeans alla
velocità
della luce.
«Abbiamo fretta, eh?» sghignazza Edo succhiando un
angolo della sua
spalla. L’altro gli stringe le natiche da sopra la stoffa
delle mutande,
portandolo a gemere oscenamente.
«Non
sei mai così intraprendente... meglio approfittarne,
no?» ribatte
mordicchiandogli un capezzolo. Poi, cogliendolo di sorpresa, lo butta
di peso,
portandosi immediatamente sopra di lui. E lì, il disastro.
Come se fossero
sotto la guida di un direttore d’orchestra –
incapace – le molle del materasso
danno il via ad un concerto di cigolii e rumori sinistri che si
diffondono
nell’aria ad ogni loro minimo movimento.
«Sta scherzando?» sbotta Federico fissando il letto
con aria
stralunata.
«Non importa, continua» sussurra languidamente Edo
sollevando il bacino
e sfregando con insistenza contro quello del fratello.
L’altro si china su di
lui e comincia a ricoprire la pelle del suo collo di piccole leccatine.
Fede
sente le mani del più piccolo scivolare sulla sua schiena,
afferrare i suoi
boxer e trascinarli giù, aiutandosi con i piedi. Lui si
solleva sulle ginocchia
per sfilarseli, e subito ricomincia l’allegra sinfonia di
cigolii.
«Non è possibile...» bofonchia
lasciandosi cadere sul corpo nudo di suo fratello, che immediatamente
lo
avvolge con le sue gambe lunghe. Quando finalmente la stridula serenata
finisce, un pacifico silenzio li avvolge, permettendo loro di avvertire
meglio
la presenza dell’altro. Ad un certo punto, Fede sente Edo
tremare sotto di sé.
«Stai ridendo?» domanda guardandolo sbalordito. Per
tutta risposta, l’altro
continua a ridere ancora più forte.
«Non ci credo... ogni singola, maledetta
molla di questo fottuto letto cigola più di un vecchio
cancello arrugginito e
tu ridi?»
Edo nasconde la faccia nell’incavo del suo collo e vi
deposita tanti
piccoli bacini.
«Non
riuscirai a cavartela così facilmente» mugugna
Fede con un tono molto meno duro
rispetto a quello che avrebbe voluto.
«Okay,
magari sì... - esala quando l’altro gli mordicchia
il lobo di un orecchio –
Dimmi tu se uno deve andare in bianco per un letto che
cigola» borbotta. L’altro
gli bacia scherzosamente il naso. «Hai davvero una lista di
tutti i posti in
cui l’abbiamo fatto?» chiede dubitoso.
«Oh sì – ghigna lui
– È tutto qui» rivela picchiettandosi un
dito contro
la tempia.
«Davvero?»
«Già. E c’è anche una dei
posti e delle posizioni in cui vorrei farlo –
Edo rabbrividisce – Vuoi sentirne qualcuno?» Senza
aspettare un cenno d’assenso
di suo fratello, si allunga sul suo corpo – strusciandocisi
sopra a dovere
- e mormora con
voce bassa e roca ogni punto
della lista. Parola dopo parola, per Edo diventa sempre più
difficile riuscire
a stare fermo. Si contorce come un’anguilla, mentre cerca un
po’ di sollievo
contro il corpo di Fede e il suo viso raggiunge una tonalità
vermiglia.
«Scommetto che il punto tre ti piace, non
è vero?»
>Angolino
Autrice:
Ecomiiii!
Buonasera a tutti! Vorrei
immediatamente scusarmi con tutti per l’enorme e
imperdonabile ritardo, ma tra
scuola e il lavoro (che è cominciato lunedì...
neanche un attimo di tregua!) riuscire
a respirare è già un’impresa. Ma
almeno, lavoriamo tutti e tre nello stesso
posto, quindi ho sempre una buona dose d’ispirazione!
Sì,
lo so che Edo è sempre più intraprendente (come
lo definisce Fede) ma che ci
posso fare? Personalmente, a me piacciono anche così...
cambiano, ma sono ogni
giorno più innamorati di prima!
Ho
notato che lo scorso capitolo ha avuto meno recensioni rispetto al
solito e spero
che questo non abbia a che fare con il ritardo negli aggiornamenti
(meglio
sapere che siete troppo occupati a prendere il sole in spiaggia...
almeno voi
non sgobbate al caldo della città!) Che fate di bello in
questo periodo?
Raccontatemi tutto - sono curiosissima – e ditemi come vi
sembra il capitolo!
Vi
lascio, perché siamo da poco tornati tutti e tre a casa e
non vedo l’ora di
fare una doccia... Loro due credo abbiano altri progetti, visto come si
stanno assalendo
sul – mio – letto. Perciò, che loro si
sfoghino pure, a voi un mare di baci e scuse!
P.S. Il
prossimo capitolo è quello dell’intervista!!
|
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Capitolo 20 *** Intervista - Extra ***
20.
INTERVISTA
E
rieccomiii! Sono tornata solo per quei pazzi che ancora ci seguono (ce
ne sono davvero?) So di essere stata assente per un bel pezzo, ma tra
il lavoro e lo studio c'era da impazzire! Inoltre, domani parto e vado
in vacanza-lavoro per un beeeel po', quindi sarà difficile
aggiornare a breve... Ma! Ho deciso di scrivere un capitolo su un
episodio avvenuto pochi giorni fa, quindi... a (spero) presto!!
Per gentilissima concessione dei reali gemelli FEDO (Fede+Edo, che
comunque non vedevano l’ora... uno, almeno) ho il piacere e
l’onore di pubblicare un’intervista fatta proprio
da voi (adorati pazzi) che seguite questa storia ♥
Spero vi diverta/emozioni/commuova com’è successo
a me... Buona lettura!
P.S. Di fianco alle domande troverete il nome di chi
l’ha posta (escluse le mie che sono state lasciate in bianco)
e, sempre tra parentesi, troverete anche diversi miei commenti...
scusate, non sono riuscita a trattenermi!
N.d.A.I. (I=Importante!): Per motivi di Privacy, non tutto quello che
è qui riportato corrisponde alla realtà. In tal
caso, alcune cose si rifanno alla storia, e sono contrassegnate da un
asterisco *
*
NOME?
F: Federico
E: Edoardo
(R: Rebecca)
*
ETÁ?
F&E:
21 anni.
F: Mi pare un po’
ovvio...
E: (alza la mano) Ma io sono più piccolo!
F: Non si direbbe, sai? (ghigna)
E:
(fa una linguaccia al fratello :P)
*
ALTEZZA?
F: 1,
91 (notare
l’un centimetro, mi raccomando...)
E:
(sbuffa e guarda male suo fratello) 1,85...
F: (scoppia a ridere)
E: Stronzo (pardon, vogliate scusare
il linguaggio...)
*
ASPETTO FISICO?
F: Occhi
e capelli castani.
E: Capelli castani, occhi castani.
CUCCHIAIO
GRANDE O PICCOLO?
F: Grande,
ovvio. (e
perché, scusa?)
E: (rivolto a Federico) Che cosa emozionante...
F: Zitto
che ti piace.
E: (sbuffa e alza gli occhi al cielo)
COLORE
PREFERITO? (nel
caso qualcuno non l’avesse ancora capito)
F: Blu... in tutte le sue
sfumature
E: (parlando del fratello) Dipende dal suo umore... Per me giallo o
rosso!
DOLCE
O SALATO?
F: Salato,
ovvio (ovviamente
u.u)
E: E i TWIX dove li metti?
F: (sogghigna)
Non vuoi davvero saperlo... (oddio...)
R: Edo?
E: Dolce!
F: A
livelli diabetici...
*
CORSO DI STUDI?
F: Architettura
E: Progetterà la prossima casa per le vacanze al mare della
Regina Elisabetta... sempre che per allora sia ancora viva,
però... (qui
io mi sono sciolta... dovevate vedere la sua aria così
orgogliosa!)
F: (sorride
intenerito) Non esagerare...
E: No,
no, chi esagera... Io invece diventerò Ostetrico! Non vedo
l’ora!
MARE
O MONTAGNA?
F: Montagna,
direi...
E: Mare!
F: Ripensandoci,
direi mare.
E: (lo guarda confuso) E perché?
F: (ghigna)
Ti sei mai visto allo specchio in costume da bagno? Ecco
perché.
HOBBY
E SVAGHI?
F: Lettura
e palestra in casa... ultimamente anche la cucina.
E:
(annuisce convinto) È vero, prepara un sacco di roba buona!
F: Anche perché se
dovessi mangiare quello che cucini tu – le rare volte che lo
fai – a quest’ora sarei già tre metri...
sotto terra (ghigna... e io pure, ad essere
onesti!)
E:
Ehi!
R: Edo? (cercando di respirare tra un risata e l’altra)
E: Nuoto – ma solo al mare – e calcetto.
NUMERO
FORTUNATO? (ragazzi,
questa è da diabete, siete avvisati...)
F: Due
E: Uno
R: perché?
E: (arrossendo come un pomodorino maturo) Lui è nato per
primo...
F: (alza le spalle, ma guarda
da un’altra parte) Stesso motivo...
R: (sviene...)
*
CHE AUTO AVETE?
E: Una azzurra e un po’ scassata!
F: Intendeva
il modello... e poi non è scassata!
E: Un pochino sì... e comunque non mi ricordo il modello
(sorride imbarazzato...)
F: (si
dà una manata sulla fronte) Lasciamo perdere...
FILM:
COMMEDIA, ROMANTICO, HORROR O AZIONE?
F: Horror
o azione
E: Che noioso che sei... Commedia, ma mi piacciono anche i cartoni
animati!
F: Sei proprio un bambino...
E: (gli fa la linguaccia... dicevamo?)
PERCHÉ
A EDO PIACCIONO I BOXER COLORATI? (ANGELO NERO)
F&R: (Scoppiano
a ridere)
E: Facile... perché quelli neri li mette mio fratello!
F: (scuote la testa) Oddio...
R: (muore
dalle risate!)
EDO
HA DAVVERO I BOXER A POIS? (LIQUID_SUN)
F:
Oh, sì...
E: Non proprio come quelli del capitolo – quelli sono
orribili – ma sì, sono azzurri a pois bianchi.
F:
(ghigna) Ci fossero solo quelli...
E: (imbarazzato) È che mio zio, dopo aver visto quelli a
pois, ha cominciato regalarmi boxer davvero bizzarri - e imbarazzanti
– tra cui un paio con i cuori, con i quadrifogli, con in
cravattino stile smoking in rilievo e...
F: E...
E:
(rosso come un pomodoro) E con le cerniere sui lati... per toglierli
più in fretta.
F: (muore dalle risate sotto il tavolo)
AVETE
MAI BATTUTO LA TESTA MENTRE...? (ANGELO NERO)
E: Oh... sì.
F: È stato davvero esilarante!
E: Parla per te... quella maledetta mensola mi ha lasciato un
bernoccolo grosso come una pigna!
F:
(Sparisce di nuovo sotto il tavolo piangendo dal ridere)
E: Ma che idiota...
EDO
HA SEMPRE... IL RUOLO PASSIVO? (ANONIMO)
F: (Scoppia a ridere)... ancora)
E: (Dopo essersi ripreso da un possibile infarto) Ma che razza di
domande sono?!
F: (Tra un soffocamento e l’altro) In effetti... A te la
risposta, caro.
E: Ma vai a c****e... (scusate,
ma non mi andava di scrivere certe parole... tanto l’avete
capita tutti ;P)
R: Edo...
E:
Allora... Sì, ce l’ho sempre io quel ruolo.
Oddio... (arrossisce... ancora!)
F: Una volta gli ho proposto di provare a fare cambio, ma...
E: Ecco, non si tratta solo di una questione di
“piacere”: quando succede-
F: Spesso quindi... (notare la nonchalance)
E: Taci...dicevo, quando succede, avverto un senso di protezione, di
sicurezza – e anche di abbandono, ad essere onesti
– del tutto diverso dal solito... Sento tutto
l’amore, l’attenzione e la preoccupazione che ci
mette Fede... Sono io a non voler fare cambio, perché non
sono sicuro di riuscire a farlo sentire come lui fa con me...
È una cosa unica.
F: E io, semplicemente, rispetto la sua decisione.
R: Wow... (scusate, ma ci voleva)
FEDE
È GELOSO DI LOPE? (LIQUID_SUN)
F: Devo essere sincero?
E: Certo!
F: Tu taci.
E: (sbuffa)
F: Onestamente, no. Mi è capitato all’inizio,
quando Lope era la novità del momento e tutte le attenzioni
di Edo erano concentrate su di lei. Ma mano a mano è
diventata parte delle nostra vita quotidiana, così quella
– poca – gelosia che c’era è
svanita. Tanto, un cane non potrà mai sostituirmi, vero?
(sguardo minaccioso al fratello)
E: (ghignando) Ma certo che no!
EDO
È LARRY SHIPPER? (ANGELO NERO)
E: Non è esattamente così...
F: (con molta aria di chi la sa lunga... neanche fosse il loro vicino
di casa) È che quei due si mangiano con gli occhi. Ed
è inutile negare, è davvero palese.
VI
SFIDATE MAI AI VIDEOGIOCHI? (LIQUID_SUN)
E: (quasi mettendosi a piangere) Sì...
F: (con aria mooolto soddisfatta) Inutile dire che lo batto ogni volta
(cattivo, Fede, cattivo!)
E:
(sollevando un dito) Ma...!
F: Sì, sì, a Cooking Mama vinci sempre tu...
E: (pugno in aria stile Freddie Mercury)
QUAL
È IL VOSTRO SOGNO PIÙ ASSURDO? (ANGELO NERO)
F: Se con sogno intendi desiderio... Guidare un’Aston Martin,
direi. O incontrare Robbie Williams. Una delle due.
E:
(rivolto al fratello) Nulla di che, quindi. A me piacerebbe vedere
l’aurora boreale o far nascere una coppia di gemelli.
Considerando quanto sono freddoloso, è molto più
probabile che avvenga prima la seconda.
VI
PIACCIONO I CANDITI? (LIQUID_SUN)
F: Per niente.
E:
Certo che sì! Ecco un altro lato positivo dello stare
insieme: a Natale, quando si mangia il Panettone, ho sempre una
montagna di canditi extra tutti per me!
QUAL
È LA VOSTRA CANZONE PREFERITA? (ANGELO NERO)
R: Posso dire anche io la mia? Per me, “The Flood” dei
Take That.
F: “We might fall”, di Ryan Star.
E: “Perdere l’amore”, di Massimo
Ranieri... sono una persona molto romantica! Immaginati mentre la balli
fra le braccia della persona che ami... (occhi a cuore)
F:
(prova a nascondersi, ma sorride)
MI
ADOTTATE? (LIQUID_SUN)
E: (ridendo) Sì!
F: Volentieri, ma direi di no.
E: (un po’ irritato) E perché no, scusa?
F: (con molta pazienza) Dove la mettiamo?!
LA
NEVE HA UN SIGNIFICATO PARTICOLARE PER VOI? (ANGELO NERO)
F: No...
E: Solo che posso fare un sacco d pupazzi!
SE
POTESTE DECIDERE DI NON ESSERE FRATELLI, PRENDERESTE QUESTA DECISIONE?
(TRISLOT)
F: Assolutamente
no. Benché fra di noi ci sia molto di più di un
legame fraterno, questo è ciò che siamo.
Fratelli. Non potrei mai rinunciare al mio fratellino, sarebbe come
rinunciare ad una parte di me. I gemelli - quelli omozigoti -
dovrebbero essere in realtà un feto solo, che per qualche
motivo – perdonate se non me lo ricordo, l’ho
studiato parecchio tempo fa - ha subíto una divisione
cellulare. Dovevamo essere una cosa sola. Ma ad essere sinceri, lo
siamo ancora.
E: Onestamente,
non credo che sarei diventato ciò che sono ora se non ci
fosse stato lui, mio fratello. È soltanto grazie a lui se
oggi sono quello che sono. La forza e la sicurezza che mi dà
lui non potrebbe darmela nessun altro. In fondo, è a questo
che servono i fratelli maggiori!
C’
È UNA CITAZIONE A CUI SIETE PARTICOLARMENTE LEGATI? (ANGELO
NERO)
F: “Qualunque cosa distrugga la Libertà non
è Amore. Deve
trattarsi di qualcos’altro, perché Amore e
Libertà vanno a braccetto, sono le due li di uno stesso
gabbiano”. È una citazione di Osho. Trovo che sia
una giusta rappresentazione di noi due.
E:
“Essere amati da qualcuno ci rende forti; amare profondamente
qualcuno ci rende coraggiosi” di L. Tze. Credo
che esprima al meglio ciò che sento quando lui è
con me.
R:
(in questa domanda mi sono voluta inserire anch’io
– perdonatemi – perché ho letto da poco
una frase che mi ha molto colpita – e ovviamente mi ha fatto
pensare a loro). “L’Amore
non è un vestito già confezionato, ma stoffa da
tagliare, preparare e cucire; non
è un appartamento «chiavi in mano», ma
una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso,
riparare”. Non so, mi sono
venuti in mente loro.
F:
Credo di capire perché...
QUANDO
AVETE CAPITO DI AMARVI DAVVERO? (WHITE DEMON)
F: Per
me non c’è mai stato un momento preciso.
E: Nemmeno per me.
F: Inizi ad amare tuo fratello
nel momento stesso in cui nasce, probabilmente anche prima. Poi,
però, cominci a preoccuparti per lui e ad esserne geloso,
molto più rispetto alle normali coppie di fratelli. Ti fai
prendere dall’ansia quando lui non ti è vicino,
metti il suo bene davanti ad ogni altra cosa. Lui è
così piccolo, indifeso, un misto fragilissimo di dolcezza e
ingenuità, tanto che vorresti proteggerlo, vorresti
difenderlo dalla crudeltà del mondo esterno, vorresti
addirittura nasconderlo. Ti accorgi che non è più
il comportamento di due fratelli, ma quello di una coppia di
innamorati. Ed è in questo momento che ti chiedi se queste
sensazioni siano normali, se siano davvero giuste... ma qualunque sia
la risposta, hai finalmente capito di esserti innamorato alla follia. E
nulla conta più.
E: Sin da piccolo, ho fatto di mio fratello il mio eroe. Non
c’era – e non c’è tuttora
– nessuno migliore di lui. Mi consolava quando ero triste, mi
incoraggiava ad affrontare le mie paure, mi rimproverava quando ero in
torto – e lo fa ancora adesso. Poi crescemmo e iniziammo a
vivere sul serio la nostra vita. Amici, scuola, cotte adolescenziali
(degli altri)... Stavamo già insieme, ma nessuno dei due
aveva davvero capito cosa fosse l’Amore; eravamo troppo
piccoli, benché ci amassimo già. In pratica ci
amavamo ma non l’avevamo capito. Vivevo col terrore che mio
fratello potesse abbandonarmi per mettersi con qualche ragazzina
ossigenata e coperta da chili di trucco come facevamo i nostri amici.
La prima volta che immaginai mio fratello fidanzato con qualcuno...
ebbi la mia prima crisi di panico. Non avevo neppure quattordici anni.
Così capii che Federico non era solo più un
fratello per me. Me ne ero innamorato. E questo sentimento cresce ogni
giorno di più: forte, vivo e soprattutto...
F: Vero.
E: (gli stringe una mano) Già.
SE
DOVESTE DESCRIVERVI A VICENDA CON UNA PAROLA SOLA, QUALE SAREBBE? E
COME LI DESCRIVEREBBE L’AUTRICE? (WHITE DEMON)
F:
Difficile da dire... In tutta onestà, direi che la parola
giusta sarebbe “mio”. Edoardo è mio
fratello, ma è anche il mio unico amore, il mio compagno di
vita, la mia spalla su cui piangere, il mio fifone, la mia roccia. Puoi
sicuramente dire che sia un rompipalle, non lo metto in dubbio... ma
resterà comunque il mio rompipalle. (sorride)
E: (sorvolando sul “rompipalle”...) Capita
raramente che tra fratelli si condivida lo stesso pensiero, figuriamoci
fra gemelli. Ma ogni tanto capita anche a noi, perciò direi
anch’io “mio”. Perché
è proprio come Federico ha descritto me. Ma nel caso in cui
io non possa utilizzare la stessa parola – nessuno
l’ha specificato – allora non credo di poterlo
descrivere con una parola. Una sola non basta, e non ce
n’è nessuna in grado di farlo.
R: Non so se io possa farlo o no, ma devo comunque: per descrivere
Federico e Edoardo vorrei riprendere quello che ha detto
quest’ultimo. Non si possono descrivere due fratelli, due
gemelli con una parola sola, perché sono due persone
distinte, ma allo stesso una cosa sola. Provano emozioni diverse,
compiono azioni diverse, hanno corpi e anime diversi. Ma sono una cosa
sola. Per quanto io mi sforzi, non penso che esista una parola che
spieghi tutto questo.
DA
DOVE E DA CHI NASCE L’IDEA DELLE STORIE? (ANGELO NERO)
F: Prova a indovinare...
E: Da Rebecca, ovvio! Solo a lei poteva venire in mente una roba del
genere!
R: In effetti, è stata proprio mia. Ogni giorno vivevo
– e vivo ancora – una delle storie
d’amore più belle che io avessi mai visto, quindi
ho pensato “E se la vivessero anche altri?” Ho
cercato un modo per far sì che ciò si avverasse
senza metter loro due a rischio e da lì è nata
l’idea. Ci ho lavorato un po’ su, ho creato i primi
capitoli e ho aspettato. Per il messaggio che manda, questa storia sta
avendo un grande successo. Non conta tanto il numero di persone che la
leggono, quanto più quello di gente che comprende
cos’è l’Amore.
COME
AVETE REAGITO QUANDO R. VI HA PROPOSTO DI SCRIVERE UNA STORIA SU DI
VOI? (WHITE DEMON)
E:
È stato uno shock!
F: Totale.
E: Cinque minuti dopo, però, io ero entusiasta!
F: Io per niente (guastafeste...)
E: Aveva paura che si potesse in qualche modo risalire a noi.
F: Poi R. ci ha spiegato tutta
la procedura di sicurezza che avrebbe messo in atto (nomi finti,
età false, etc...) e mi sono tranquillizzato un po’ (leggere: per
niente)
E:
Soprattutto per il messaggio che porta questa storia... è
troppo importante.
VI
IMBARAZZA SAPERE CHE QUALCUNO LEGGE DELLA VOSTRA VITA PRIVATA (MOMENTI
INTIMI INCLUSI)? (WHITE DEMON)
F: Non
particolarmente: dopotutto, se qualche lettore dovesse incontrarci,
sicuramente non ci riconoscerebbe. Potremmo scontrarci fra i reparti
del supermercato e non capire chi è l’altro... Per
i “momenti intimi”... be’, tutti quanti
li abbiamo. Non vedo cosa ci sia di imbarazzante. È un
po’ come stare in “Paranormal Activity” (?):
tutti sanno che ci sei, nessuno ti ha mai visto.
E: Tu e i tuoi paragoni coni film horror... Per me, invece,
è abbastanza imbarazzante: quando giro per strada ho quasi
il terrore che qualcuno inizi ad urlare: «Ehi, quello
è Edo!» come se fossi una specie di vip/scoop...
non siamo nulla del genere. (sorride)
COME
VI SIETE CONOSCIUTI VOI TRE? (ANGELO NERO)
R: Be’, conoscerci è stato facile, diventare amici
ancora di più! Il luogo in cui da piccola andavo in vacanza
durante l’estate era frequentatissimo dalle famiglie con
figli più o meno grandi. I gemelli, poi, erano conosciuti da
tutti: in quel periodo erano molto noti per il loro comportamento un
po’ troppo... birichino!
E:
(nasconde la faccia fra le mani) Non farmelo ricordare...
F: (gli massaggia la schiena, fintamente comprensivo) Povero piccino...
E: Zitto!
R: Non si direbbe, ma all’epoca erano delle vere pesti!
(scoppiano tutti a ridere)
E: Ehi, parla per te! Io ero un bravissimo bambino, ma non potevo
lasciare che quell’idiota di mio fratello finisse da solo nei
guai... F: (ghignando) Certo che
no...
R: Vero. Da parte mia, neanche io ero una santarellina: ero piccola, ma
cazzuta! - perdonate il francesismo – Rimasi colpita quando
li vidi in “azione”: più grandi,
sfrontati e sempre in cerca di guai. Quello che mi affascinò
maggiormente, però, fu il loro legame: erano davvero uniti,
legati da una complicità sconosciuta che bramavo
anch’io – Fortuna che poi non l’ho
ottenuta, non del tutto, almeno! – Mi presero sotto la loro
ala e divennero il “compagno di giochi” che
desideravo da tempo: un unico compagno, perché quando erano
(sono) insieme, diventavano una persona sola. Facevamo il paio! Poi, da
quell’anno, diventammo inseparabili... e lo siamo ancora
adesso, giusto?
F&E: Giusto! (aww, li amoo!)
*
COME HA SAPUTO REBECCA DI VOI DUE? (WHITE DEMON)
F: (sbuffando) No, non di nuovo...
E: Se ci pensi, è un racconto ridicolo!
F: Oh sì, un vero spasso...
R: Zitti voi, la domanda è mia! (u.u) Be’, bella
domanda, complimenti... Quando è successo, noi tre ci
conoscevamo già da qualche anno e da parecchio tempo avevamo
iniziato a frequentarci anche al di fuori dell’estate. Non
è accaduto tanto tempo fa, a pensarci bene. Era quasi finito
l’inverno, così avevamo approfittato di un weekend
per trascorrere un paio di giorni in montagna. Semplicemente, non mi
hanno sentita rientrare in casa, così li ho beccati mentre
si sbaciucchiavano allegramente contro il frigo. Mi dispiace solo per
le mele che avevo in mano, si sono ammaccate tutte.
E:
Ma se lo racconti così non è divertente!
F: Non lo è stato, infatti...
R:
Decisamente no... (Per motivi di privacy, ho dovuto modificare gli
avvenimenti raccontati. Ho cercato di renderli il più
possibile vicini alla realtà)
COME
L’HA PRESA REBECCA DOPO AVERVI SCOPERTO? (ANGELO NERO)
R: Uh, mamma...
E: Tutto sommato, alla grande!
F: Come no...
E: Scusa, se guardi come va adesso... (qui
ho tagliato il loro battibeccare, tanto non serve a nulla u.u)
R:
Come l‘ho presa? Eh... sul momento malissimo: scoppiai a
piangere e mi rinchiusi in camera per tutto il resto della serata,
nonostante i loro tentativi di farmi uscire. Ci ragionai su parecchio e
giunsi alla conclusione che, se era questo che loro volevano, io non
avrei potuto fare nulla, se non appoggiarli. E così faccio
ancora adesso. In effetti, la cosa non mi stupì poi
più di tanto. Alla fine, il loro segreto divenne anche il
mio. La mattina dopo, quando entrai in cucina, li trovai intenti a
bisbigliare su quanto era accaduto. Ci squadrammo per diversi secondi,
poi, senza dire una parola, ci abbracciammo e piangemmo per dieci
minuti buoni... che scena da filmetto di quarta categoria (ridacchia).
F: Detta così, è proprio strappalacrime...
(guarda suo fratello) Ma stai piangendo?
E: Solo un pochino (tesoro <3)
AVETE
MAI LETTO LIBRI/VISTO FILM CHE TRATTINO D’INCESTO? (LILYY)
E: No... Ad essere sincero, non leggo molto. Solitamente, i libri che
preferisco sono quelli che mi legge mio fratello. E questo tipo di film
non è facilissimo da trovare... se vuoi un bel finale.
F: Direi che la stessa cosa si può dire anche dei libri...
perciò no.
E: Di recente, però, una delle persone che segue questa
storia – che sarebbe
poi la stessa che ha posto questa domanda – ce ne
ha consigliato uno davvero molto bello. Faccio pubblicità,
ma tutti i meriti per il suggerimento vanno a lei: il film si intitola
“Do Começo ao Fim”. È in
portoghese, ma su You-tube si trova anche diviso in sette parti con i
sottotitoli in inglese. È stato davvero un buon consiglio, e
mi piacerebbe vederne altri con un finale di questo tipo.
AVETE
MAI AVUTO VOGLIA DI TRASFERIRVI ALL’ESTERO O IN
UN’ALTRA CITTÀ O SIETE TROPPO AFFEZIONATI A
TORINO? (ANGELO NERO)
F:
Per dire la mia, sì ci ho pensato. Cambiare città
o stato sarebbe perfetto per non avere troppi problemi... Non mi piace
nascondermi e odio doverlo fare, ma è necessario.
Però non credo che cambierei città: qui siamo
abbastanza lontani da casa nostra, possiamo vivere la nostra vita
“abbastanza tranquilli”.
E:
Assolutamente no! Mi agita già il fatto di vivere a
più di un’ora di macchina da casa, figurati
cambiare stato! (che
mammone...)
I
VOSTRI GENITORI CHIEDONO MAI DELLA VOSTRA VITA PRIVATA? (ANGELO NERO)
F:
A volte. Ci domandano se non ci sia qualche ragazza carina nel nostro
corso, se non abbiamo ancora avuto nessun incontro speciale...
E:
Nulla che non si possa liquidare ribattendo che la scuola ci assorbe
troppo e che ci penseremo più avanti nel tempo...
F: Non
accadrà mai.
E: Decisamente no.
I
VOSTRI GENITORI SONO MAI VENUTI/VENGONO MAI A TROVARVI A SORPRESA?
(ANGELO NERO)
E: Oddio, no! Per fortuna, non hanno la chiave di casa!
F: E comunque, vivono lontano da noi, sarebbe problematico: pensa se
dovessero venire a trovarci senza dire nulla e noi non fossimo a
casa... dovrebbero farsi un altro lungo viaggio per tornare indietro.
È molto più comodo per tutti avvisare prima.
I
GENITORI DI REBECCA SANNO DELLA VOSTRA RELAZIONE? (ANGELO NERO)
F: In teoria no...
R: Ma sicuramente sospettano qualcosa... non sembrano farsi troppi
problemi, però: sanno che io ho una mente molto aperta e
provano a fare lo stesso con la propria. Onestamente, credo che il mio
modo di vedere certe cose abbia influenzato in minima parte anche
loro... e questo non può che essere un bene.
(modalità fiera: on!)
E:
In pratica, direi che se dovessero scoprire tutto non la prenderebbero
poi male... (modalità fiduciosa: on!)
QUAL
È STATA LA VOSTRA PEGGIORE LITIGATA E COME L’AVETE
RISOLTA? (ANGELO NERO)
E:
Oh...
F:
Già, oh... (rivolto al fratello) Vuoi che risponda io?
E: Sì, per favore...
F: Ok... È successo qualche tempo fa: avevamo diciannove
anni ed io ero andato a fare il tifo per Edo ad una delle sue partite
di calcetto. Avevano vinto e lui era il ritratto della gioia. Quando
uscimmo dal campo iniziò a piovere, ma a noi non
interessava: eravamo troppo presi dall’euforia per
accorgercene. Forse fu per quello che Edo fece quella proposta, forse
per altro, non lo so...
E: Ti prego...
F: Disse che magari avremmo potuto raccontare di noi due ai nostri
genitori, che forse non si sarebbero arrabbiati...
E:
Fede, io...
F: (gli prende la mano) Ehi, va tutto bene.
E:
(annuisce)
F: Quando capii che stava parlando sul serio, rimasi paralizzato. Gli
risposi che mai, nella vita, avrei fatto una cosa del genere. Parlai
senza riflettere, troppo preso dalla paura per fermarmi a ragionare su
come quelle parole avrebbero agito su mio fratello. Lui si
arrabbiò moltissimo, come mai credo abbia fatto, e
cominciò ad urlare e a gridare che ciò di cui
aveva sempre avuto paura alla fine era diventato reale. Diceva che non
lo amavo davvero, che per me lui era sempre e solo stato un giocattolo,
che di lui non me ne
fregava nulla, perché altrimenti l’avrei sostenuto.
E: (piangendo) Mi dispiace, mi dispiace...
F: (prendendo il viso del fratello tra le mani) Lo so. Edoardo,
lo so. In quel momento, però, non ci ho visto
più. Quelle parole mi fecero così male, ma
così tanto male-
E:
Questo lo so (abbozza un sorrisetto)
F: (sorride) Certo che lo sai: sei il mio gemello. Il
punto è che tutto ciò su cui avevo basato la mia
esistenza, tutto ciò che era da sempre stato la mia ragione
di vita... mi si rivoltava contro. E nel peggiore dei modi. Non lo
biasimo, non potrei: tra i due, sono sempre stato io il più
razionale e, di conseguenza, il più forte. Edo è
più emotivo, si lascia trascinare dai sogni e dai
sentimenti, ma a volte finisce male. Tutti abbiamo un lato oscuro, che
è più o meno nascosto in base alla persona. E
così come tutti, anche Edo ce l’ha, e ogni tanto
viene fuori. Solo che il mio esce molto più spesso. Quella
sera non ci pensai, ero accecato dalla rabbia: così iniziai
a colpirlo. Edo è magrolino, ma ha riflessi pronti e muscoli
nascosti. In pochi secondi ce le stavamo dando di santa ragione,
rotolandoci in mezzo al prato di un parchetto e sotto la pioggia. Ma
veloce come era arrivata, la rabbia svanì, e restammo solo
noi due stanchi, infangati e senza fiato.
R:
Come avete fatto pace?
F: La maggior parte delle coppie si riappacifica con una sana nottata a
rotolarsi fra le coperte... noi no. Be’, anche, ma quello
dopo.
E:
(arrossisce e si stringe a Fede)
F: Semplicemente, ci guardammo, ci prendemmo per mano e ci stringemmo
l’uno all’altro. Non penso di aver mai dato un
bacio disperato come quello.
DIRETE
MAI AI VOSTRI GENITORI DI VOI? (WHITE DEMON)
E:
No
F: Edo...
E: No (stringe i pugni)
COME
STATE DOPO IL MATRIMONIO? TUTTO A POSTO? (ANGELO NERO)
F: Tutto come prima.
E: (gli tira uno scappellotto) Maleducato! Scusate, è solo
che dopo che gli è stata fatta una domanda un po’
troppo personale diventa emotivamente stitico. Stiamo benone e,
onestamente, io sono al settimo cielo! Lui anche, solo che non lo
dà a vedere. Al di fuori le cose non sono cambiate per
nulla, ma noi siamo sposati e... siamo felici!
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Capitolo 21 *** Litgio ***
21.
LITIGIO
“Vai,
vai, vai...” pensa Federico senza mai staccare gli occhi di
dosso a suo
fratello. Lo osserva correre nel campetto insieme agli altri giocatori,
i
capelli tenuti indietro da una fascia e la maglia ricoperta di sudore.
Mancano
pochi secondi alla fine della partita, ma Edoardo ha la palla in mezzo
ai piedi
e punta dritto verso la porta, i compagni intorno a lui a fargli da
scudo. È
solo un’amichevole fra polisportive, ma per il più
piccolo è comunque
importante, soprattutto ora che il gol decisivo è il suo.
Fede si storce le
dita, agitato, mentre guarda suo fratello avvicinarsi al limite
dell’area di
tiro, caricare e...
«Sì!» Prima ancora
di accorgersene è già in piedi a saltare, urlare
ed esultare insieme a quella
che crede sia la ragazza di un altro giocatore. Edo resta immobile
davanti alla
porta con le mani nei capelli, incredulo, finché la squadra
al completo non gli
salta addosso, seppellendolo sotto un ammasso di corpi sporchi e
sudati. Fede
prega che abbia abbastanza forze per riuscire ad rialzarsi, ma poi vede
i suo
compagni sollevarlo sopra le loro teste e trascinarlo negli spogliatoi,
lanciandolo un paio di volte in aria. Con un sorriso ebete che non
riesce a
togliersi dalla faccia, Fede si dirige fuori dagli spalti, immergendosi
nel
buio della notte. C’è un leggero venticello un
po’ più fresco del solito, così
si toglie la sciarpa e se l’avvolge intorno al polso, pronto
a sistemarla
intorno al collo del fratello. Si appoggia ad un muretto e aspetta
sereno,
sperando che Edo non ci metta troppo. Qualche minuto dopo, una
testolina
bagnata sbuca dagli spogliatoi, scuotendosi e spargendo goccioline
d’acqua a
destra e sinistra.
«Se poi stai male, io non ti curo»
ironizza Fede accennando ai capelli
bagnati.
«Oh, ma
cosa me ne importa! Ho fatto gol! Ho fatto il gol finale! Dio, non ci
credo! Tu
l’hai visto, vero? Eh? Eh?» Edo
saltella
sul posto mentre lui gli sistema la sciarpa con un sospiro
rassegnato.
«Certo
che ti ho visto, ero lì apposta! – fa un cenno ai
compagni di Edo che stanno
lasciando la polisportiva – Sei stato bravissimo»
dice accarezzandogli una
guancia. L’altro sorride e si strofina contro il palmo della
sua mano.
«Grazie».
«Tagliamo per il parco, vuoi?»
propone lui.
Edo storce i naso. «Ma è buio».
«Sì, ma lì non c’è
nessuno»
ribatte strizzandogli l’occhio. Poi lo prende per mano,
ignorando le sue deboli
proteste, e lo trascina fra gli scivoli e le altalene. Camminano
lentamente,
nonostante l’aria fresca, cullati dalla voce entusiasta di
Edo, che non la
smette di parlare della partita. Poi, ad un tratto, si fa
improvvisamente
silenzioso e la sua presa diventa più stretta. Fede aggrotta
le sopracciglia,
in allerta.
«Sai, stavo pensando...» inizia suo fratello
agganciando lo sguardo a
terra. Lui si ferma.
«Che magari potremmo... sì, ecco, dire di noi...
ai nostri
genitori».
Fede si sente mancare. Nel senso che il suo cuore ha smesso di
battere e il suo cervello si è scollegato. Si rifiuta di
assimilare ciò che ha
appena detto il più piccolo. Si sente ghiacciare fino al
midollo, e il freddo
della notte non c’entra nulla. La testa gli gira come se li
avessero appena colpo
il cervelletto con una mazza da baseball rivestita in marmo.
«Stai scherzando». Non è
una domanda, non ha il coraggio di farla.
«No,
io... ho p-pensato c-che...» Edo balbetta e sicuramente non
è un bene.
«Come puoi pensare una cosa del genere? –
poco a poco, Fede sente la paura montargli dentro – Dopo
tutto quello che
abbiamo passato, dopo diciannove anni trascorsi a nasconderci, a proteggerci! Non hai imparato
nulla?»
Edo
stringe la mascella, gli occhi pieni di lacrime. «I-io
credevo c-che... che tu
avresti capito... c-che...»
«Capito? Capito
cosa?» domanda confuso.
«Che sono stufo di nascondermi! Che non ne posso
più!»
«Pensi che
non lo sappia? Credi che non sia stufo anche io? Eh?» sibila
furioso.
«No - è la risposta che
arriva dura e sofferta – No. Se tu fossi stufo come dici,
allora mi capiresti,
sapresti di cosa sto parlando. E se tu mi amassi davvero, mi
appoggeresti,
faresti di tutto per supportarmi e aiutarmi. Ma per te io sono solo un
giocattolo, vero? Un divertimento finché non sceglierai una
di quelle sgualdrinette
da quattro soldi che ti vengono dietro». Le sue parole sono
tremanti e piene di
terrore. Neppure lui crede a quello che sta dicendo, ma sta finalmente
buttando
fuori tutte le sue paure, tutto ciò che negli anni lo ha
terrorizzato.
Fede,
però, non ci pensa, è troppo infuriato per fare
anche un solo pensiero
razionale. Così sferra il primo pugno. Forte, preciso e
dritto verso lo zigomo
destro di suo fratello. Lo schiocco delle sue nocche contro
l’osso lo riempie
di sensazioni, dall’immediato senso di colpa alla pura
soddisfazione che solo
una bella scazzottata sa dare. Edo lo guarda sbalordito, stupefatto
dalla sua
azione, ma lui non ci bada, carica di nuovo e colpisce una seconda
volta, sempre
nello stesso punto. «Io non ti amo, eh? Sei solo un
giocattolo per me, uh?
Brutto figlio di puttana!»
Quando meno se lo aspetta, un pugno
veloce e deciso si abbatte contro il suo labbro , provocandogli un
lungo taglio
sul labbro inferiore. Fede avverte il gusto del sangue sulla punta
della lingua
e si passa una mano sulla bocca, sconvolto. In pochi secondi, i due
fratelli
danno il via ad una delle risse peggiori che si siano mai viste: si
afferrano
per i capelli, si tirano pugni nello stomaco e cadono a terra,
rotolandosi fra
le foglie secche cadute al suolo. Si ritrovano uno sdraiato davanti
all’altro,
tenendo entrambi le mani strette intorno al collo del fratello. Quando
capiscono che non c’è alcun modo per continuare a
darsele di santa ragione in
quella posizione, si lasciano andare, all’unisono, respirando
pesantemente.
Fede guarda il petto di Edoardo alzarsi e abbassarsi velocemente, i
vestiti
sporchi e il sangue quasi rappreso fuori dal naso. Poi, ignorando il
dolore
lancinante che si espande allo stomaco, gli si siede a cavalcioni e si
china su
di lui, infilando la lingua nella sua bocca e tirandogli i capelli con
forza.
Edo risponde subito al bacio, gli infila le mani sotto la giacca e si
aggrappa
a lui.
«Non provare mai più a dire che non
ti amo – mormora Fede mordendogli a
sangue un labbro – Chiaro?»
Edo annuisce lentamente e chiude gli occhi, due piccole
lacrime che
scorrono lungo le sue guance. «Mi dispiace – geme
– Non dicevo sul serio, mi
dispiace, mi dispiace...»
Fede non lo lascia
continuare, gli tappa la bocca con una mano e lo costringe a fissarlo
negli
occhi. «Ti amo. E te lo ripeterò ad ogni ora del
giorno, se vorrai, ti
sveglierò la notte per dirtelo e ti chiamerò a
lezione per ricordartelo, se
sarà necessario» dichiara solenne.
L’altro nega convinto con il capo, poi
afferra la sua mano e se la scosta dalla bocca. «Non serve.
Lo so, so che mi
ami. Come io amo te. Ma sarebbe carino se tu me lo dicessi qualche
volta in
più, in effetti. Non di notte, però. Di notte
preferisco dormire e-»
Fede lo
zittisce di nuovo, stringendogli le labbra fra due dita. «Sei
tutto sporco».
Sorride.
«Anche tu».
Lui ride ed è una risata liberatoria, triste e felice,
leggera e pesante allo
stesso tempo. Poi si alza in piedi, gli tende una mano e lo aiuta ad
alzarsi.
Lo aiuta, lo sostiene, come ha sempre fatto e come sempre
farà. Edo dà uno
scrollone ai vestiti, si toglie le foglie secche dai capelli
guardandole con la
sua solita aria da bambino. E Fede non resiste più: lo
afferra per il colletto della
felpa lo spinge indietro fino a sbattere contro un muretto, ignorando
l’aria
stupita dell’altro. Approfitta delle sue labbra aperte per la
sorpresa e approfondisce
immediatamente il bacio, accarezzandogli il palato e tracciando ogni
dente con
irruenza. Infila le mani sotto i vestiti del fratello, premendo i palmi
sulla
pelle calda del suo petto. Edo solleva le braccia e le posiziona dietro
il suo
collo, accostando la bocca al suo orecchio e gemendo senza ritegno.
«Ti
voglio». Le sue mani scivolano sul collo del maggiore, lungo
gli avambracci e
puntano dritto ai lacci della sua tuta. Dopo aver trafficato
scoordinatamente con
il nodo riesce finalmente a scioglierlo e ad intrufolarsi sotto la
stoffa,
afferrando le natiche del fratello, strizzandole forte. Fede
boccheggia,
soprattutto quando le mani si spostano pigramente in avanti a iniziano
a
sfregare con insistenza. Fede sta per sciogliersi sul posto, ma un
barlume di lucidità
lo attraversa e lui afferra il polso del minore, bloccandone il
percorso dentro
i suoi boxer.
«Non qui» ansima sul collo del più
piccolo tentando di riprende
fiato e di non lasciarsi andare lì sul posto.
«Perché?» chiede Edo con aria
imbronciata – Non c’è nessuno,
è troppo tardi» prova a dissuaderlo
strofinandogli le labbra dietro l’orecchio. Fede non
risponde, ma lo prende per
i capelli e lo stacca da sé, appropriandosi della sua bocca
per un profondo ma
rapido bacio.
«Non
qui» ripete. Si riallaccia in fretta i pantaloni, evitando di
sfiorare zone ora
ipersensibili. Poi accarezza suo fratello lungo i fianchi, afferrandolo
sotto
le cosce e prendendoselo in braccio. Mentre si avviano verso casa gli
massaggia
vigorosamente il fondoschiena, premendo contemporaneamente il bacino
contro il
suo. Edo piagnucola per il piacere e si contorce fra le sue braccia.
«Vediamo se resisti
fino a casa». E mai quella parola è parsa
più rassicurante. Casa.
Angolo dell'autrice
(se così si può ancora chiamare):
Vi prego, non
seppellitemi viva. Mea culpa, lo so benissimo. Aggiornare è
stato davvero un casino tra la scuola, il lavoro e
una nuova Shot (andate a darle un'ochiata se vi va, si
intitola il corpo umano - come il libro di Paolo Giordano. Infatti
parla di due personaggi di quel romanzo).
Inoltre, per scrivere
quell'intervista ci ho messo anima e corpo (e sangue), ma ad essere
sincera sono arrivate molte meno recensioni di quelle che mi aspettavo,
e questo mi ha demoralizzata un po'. Comunque, adesso sono
tornata con un capitolo molto fluff e mooooolto angst (sigh). Spero vi
sia piaciuto lo stesso, nonostante la massiccia dose di autolesionismo
che mi sono inferta per scriverlo. Ascoltare quanto è
successo in prima persona è stata un'esperienza davvero
triste, ma fa comunque parte della loro storia.
Un enorme abbraccio a chi ancora segue questa storia - fatevi sentire
se ci siete! - e ancora una valanga di scuse. <3
P.S. Allora, per
chi non l'avesse capito questo è il litigio di cui si parla
nell'intervista.
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Capitolo 22 *** Disco ***
22.
DISCO
Luci,
fumo, buio. Corpi sudati che scivolano l’uno
sull’altro, musica assordante e la
libertà di essere che si mescola con l’alcool dei
drink. Federico odia i luoghi
troppo affollati, ma le discoteche – quelle gay in
particolare – hanno sempre
avuto un fascino irresistibile su di lui, lo seducono con i loro colori
scioccanti e con i bassi che rimbombano nella testa fino a svuotarla da
ogni
pensiero. Gli ci è voluta tutta la giornata per convincere
Edoardo ad uscire di
casa e andare a ballare – suo fratello si lascia spesso
intimidire dalla
sfrontatezza dei frequentatori di certi locali (fatto alquanto
inverosimile
considerando il suo carattere decisamente estroverso) – ma ne
è valsa la pena.
Non c’è niente di meglio per liberare la mente e
sconnettere il cervello. Un
paio di drink lo rilassano abbastanza da lanciarsi in pista e le mani
di Edo
aggrappate alla sua canottiera gli mandano una scarica costante di
energia che
lo attraversa da testa a piedi. Sono giovani, attraenti e attirano
decine di
sguardi eccitati pronti a spogliarli di ogni vestito – e se
possibile non solo
con gli occhi.
Una scintillante quanto finta signora avvolta in un pacchianissimo
abito
di paillettes - decisamente troppo aderente per nasconderne le forme
mascoline –
gli lancia un’occhiata maliziosa da sotto le palpebre
ricoperte di ombretto
scuro e si lecca le labbra. Si muove sui tacchi vertiginosi con una
sicurezza
tale da credere che facciano parte del suo stesso corpo.
Chissà dove le avrà
comprate... un paio di tacco quattordici numero quarantacinque non si
trovano
ovunque.
«Ciao, bellezza» sussurra seducente
all’orecchio di Fede. Con un mano
ingioiellata lo
accarezza per tutta la
lunghezza del braccio, mostrando le unghie accuratamente decorate. Con
un
sorriso divertito, Fede pensa a come una perfetta manicure possa
nascondere un
bel gancio destro.
«Ma tesoro,
perché nascondere tutto questo ben di Dio qui
sotto?» domanda scioccata la dama
palpeggiandogli gli addominali. Poi, prima che lui possa dire qualcosa,
afferra
i lembi della sua canottiera e la sfila via, squittendo soddisfatta.
«Così va molto meglio, no?»
chiede rivolgendosi ad un confuso Edo.
«Oh sì»
concorda Federico che ne approfitta subito per afferrare le mani di suo
fratello
e piazzarsele sul petto, passando subito dopo a divorargli la bocca. Il
più
piccolo non perde tempo e corre immediatamente a stringergli i capelli,
ricambiando il bacio. La loro spettatrice deve capire
l’antifona, perché alza
gli occhi al cielo (o alle luci stroboscopiche, come si preferisce) e
se ne va,
puntando un’altra vittima. Fede massaggia lentamente i
bicipiti di suo fratello
– che si lascia scappare un gemito – per poi
scendere verso la schiena. «Che ne
dici se leviamo anche questa?» gli mormora mordendogli
scherzosamente il mento.
L’altro è in sua totale balia, perciò
lascia che lui gli strappi via
l’indumento e lo getti sul primo divanetto disponibile,
dimenticandosene
all’istante.
*
* *
È
passata poco più di un’oretta ormai, ed Edo, che
sta ballando poco distante da
lui, inizia a mostrare i primi segni di stanchezza. Prova a
nasconderlo,
stuzzicando il fratello con dei tentativi mal riusciti di muovere i
fianchi in
modo seducente o attirandolo a sé per i passanti dei jeans,
ma Fede lo conosce bene
e se ne accorge lo stesso. È proprio nel momento in cui sta
per proporgli di
far ritorno a casa, che un tizio dall’aria disgustosamente
perversa punta suo
fratello come se stesse andando a caccia. E avesse appena trovato la
preda
perfetta. È un tipo sulla cinquantina, con i capelli bianchi
e separati in
ciocche spesse – troppo gel – una pancia prominente
e un pacchianissimo
diamante all’orecchio. Prova a muoversi a tempo di musica, ma
per lo più
gironzola intorno a Edo, ignorando – volutamente? –
le occhiatacce che gli
manda Federico. Il più piccolo si accorge troppo tardi
dell’uomo, tanto da
ritrovarselo ad un palmo di naso mentre gli palpeggia una natica. Fede
nota
immediatamente i tremori che invadono le gambe e le mani di suo
fratello e non
perde altro tempo: con una mano spinge via il porco e incastra
l’altra con
quella di Edo, tirandoselo addosso.
«Stagli alla larga,
pervertito del cazzo» gli ringhia contro prima di assestargli
un bel sinistro
dritto sul naso, che produce un suono viscido e incredibilmente giusto.
D’un
tratto la musica – se così si può
chiamare – è troppo frastornante, l’aria
si
fa irrespirabile e tutto diventa semplicemente troppo. Deve pensarla
allo
stesso modo anche Edo, perché i suoi occhi incominciano a
coprirsi di una
patina lucida e il respiro si fa più pesante.
«No, no, no...» borbotta Federico
sollevando il corpo immobile di suo fratello e uscendo dal locale a
passo di
carica. Ci manca solo una crisi di panico all’una del
mattino... L’aria fredda
li investe in pieno, superandoli e portando via un po’ del
terrore del più
piccolo, che si accascia sul suo corpo e resta lì, inerme.
«Sono qui, piccolo mio...
sono qui». Fede ripete queste parole più e
più volte, mentre con una mano
sostiene la schiena del fratello e con l’altra gli accarezza
la testa.
«Sono qui» mormora ancora
quando Edo incolla le labbra al suo petto e le preme forte contro la
pelle
sudata, giusto per rendersi conto che lui
è lì davvero.
Angolino
autrice:
Allora...
mamma mia, non avrei mai pensato di scrivere una cosa del genere, ma
tant’è...
Questo è l’ultimo capitolo che ho scritto finora.
Per intenderci, ogni volta
che pubblico un capitolo ne ho sempre almeno uno di riserva, ma adesso
no. Non
sto dicendo che non scriverò mai più, ma adesso
sono focalizzata su un altro “progetto”
e Twins sta diventando difficile da seguire.
Chiedo un enorme favore a chi
segue questa storia da tempo: non toglietela dalla
“cartella” delle storie
seguite. Per il non credo pubblicherò altro su questi due,
ma non si può mai
dire. Io non metto la parola “conclusa” alla
descrizione della storia, non me
la sento. Non l’ho mai fatto – se non con le OS - e
non comincerò ora.
Voglio ringraziare
tutti quelli che l’hanno seguita/favorita/ricordata
– Angelo Nero, Lilyy,
Alixsoldier, un grazie speciale è tutto vostro. La storia
non finisce con
questo capitolo perché dubito che la “vera
storia” finirà mai. Magari tra qualche
settimana, due mesi o un anno ci rivedremo con un’altra loro
avventura. Nel frattempo...
al prossimo capitolo!
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