Twins

di LimoneMenta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Waffles ***
Capitolo 3: *** Crisi ***
Capitolo 4: *** Gelato ***
Capitolo 5: *** Foglie ***
Capitolo 6: *** Natale ***
Capitolo 7: *** Bacio ***
Capitolo 8: *** Cane ***
Capitolo 9: *** Compleanno ***
Capitolo 10: *** Baita ***
Capitolo 11: *** Auto ***
Capitolo 12: *** Zio ***
Capitolo 13: *** Sonno ***
Capitolo 14: *** Anello ***
Capitolo 15: *** Pianoforte ***
Capitolo 16: *** Limone ***
Capitolo 17: *** Horror ***
Capitolo 18: *** Neve ***
Capitolo 19: *** Hotel ***
Capitolo 20: *** Intervista - Extra ***
Capitolo 21: *** Litgio ***
Capitolo 22: *** Disco ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Federico sa cos’è l’Amore, quello con la A maiuscola: per lui ha un nome, e si chiama Edoardo. Edo ha vent’anni, i capelli castano cioccolato e un sogno in testa: il suo sogno è Federico.                                                                                                                                                       Anche lui, però, ne ha uno: poter gridare al mondo quanto è forte, quanto è grande l’amore che prova per l’altro ragazzo. Ma non può. Non può perché Edo è suo fratello. Gemello. Ma lui lo ama, ama quelle fossette che gli si formano quando ride e lo chiama “vecchio”, benché ci siano solo quattro minuti l’uno dall’altro, il suo naso rosso per il freddo quando è inverno e nevica, le maglie sudate che abbandona ovunque in giro dopo le partite di calcetto, i suoi muscoli che si tendono quando fanno l’amore, proprio come in quel momento.                                             Edo è seduto sopra di lui, si dondola avanti e indietro, reclina la testa e apre la bocca con un gemito strozzato, stringendo tra le dita i suoi capelli, quasi come se volesse strapparglieli via tutti. Poi i loro occhi si ritrovano e Fede non resiste più, si lascia andare dentro di lui e Edo lo stringe forte tra le cosce, come se non volesse vederlo andare via. Poi cadono sul letto, ansanti, stremati, e il più grande inizia a coccolare il fratello lasciando una dolce scia di baci sul suo corpo soffice, partendo dalla guancia, scendendo giù per il collo, il petto e la pancia, quella pancetta morbida che Edo non sopporta ma che a lui fa impazzire. La trova estremamente erotica, adora ricoprirla di piccole macchiette rosse. E poi c’è l’inguine. Dio, quell’inguine. Prende un respiro profondo, aspirando il più possibile di quel profumo dolce. Struscia il naso contro la pelle calda, sente le mani dell’altro farsi strada fra i suoi capelli, accarezzarli con lentezza.                                                                      Fede ama quella porzione di corpo troppo spesso coperta: adora riempirla di baci, accarezzarla con la lingua, stuzzicarla con piccoli morsi e sentire Edo tremare sotto di sé.  Affonda il viso in quell’angolino bollente e pensa che non se ne staccherebbe più, se potesse, vivrebbe solo per quello. O forse è già così.                                                                                                                                                                              In bilico tra il malincuore per il dover lasciare un posto così perfetto e l’impazienza di riappropriarsi delle sue labbra un po’ screpolate, Fede si allunga sul suo corpo, optando per la seconda scelta, che ora trova perfetta. Edo lo avvolge in un istante, lo stringe talmente forte da fargli male, strofina il bacino contro il suo, facendolo boccheggiare. E lui ci ricasca, si fa fregare ancora: si spinge nel suo corpo, affonda le unghie nella sua carne, sente suo fratello graffiargli la schiena, trattenere il fiato e afferrare il lobo di un orecchio tra i denti.                           Hanno sempre fame l’uno dell’altro, come se qualcuno dovesse arrivare all’improvviso e separarli per sempre. Il silenzio li circonda, oltre a loro non c’è nessuno in quel piccolissimo appartamento di città che ora è il loro nido.                                                                                          Ma è solo tra le braccia di Edoardo che Federico si sente davvero a casa.

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Capitolo 2
*** Waffles ***


2.   WAFFLES

Dorme. Federico guarda suo fratello mentre dorme, coperto dal peso del suo corpo nudo. Ha paura di fargli male, ma Edo non ha voluto che uscisse da lui, si è addormentato stringendolo ancora dentro di sé, in una guaina calda e protettiva. Adesso ha gli occhi chiusi, le ciglia lunghe che gli sfiorano le guance, i capelli sparati in tutte le direzioni sul cuscino. Le sue labbra sono leggermente schiuse, Fede si china a sfiorarle con le proprie, le bacia, le morde. Sa che Edo ama tutte quelle attenzioni e ne approfitta per sfilarsi da lui. Sa anche che inevitabilmente si sveglierà, per questo si sdraia accanto a lui, fissandolo in attesa. E quando l’altro apre gli occhi il suo cuore salta un battito, o forse due, o tre... Non ha mai visto nulla di più caldo di quegli occhi di ghiaccio che lo guardano con un amore così grande da farlo piangere di gioia. Sono due fratelli di vent’anni che si amano da quando sono nati e che vivono nella menzogna. Abitano in un buco vicino al centro di Torino, totalmente arredato con i mobili dell’Ikea, che osano chiamare casa. All’inizio è stato difficile per entrambi riconoscere che anche in città (soprattutto in città) esiste una cosa chiamata civiltà e che quindi non si può vivere mangiando ogni sera pizza o cinese d’asporto e lasciare calzini sporchi in ogni angolo. Vivevano in campagna, in mezzo alle colline e alla tranquillità, prima che Fede decidesse di iscriversi ad Architettura e Edo a Medicina. Vuole diventare ostetrico, ispirato da quello che gli evitò il soffocamento a neppure un minuto di vita, causa un giro di cordone ombelicale intorno al collo. Suo fratello è sicuro che ci riuscirà, è certo che entrambi faranno strada e arriveranno al successo, che diventeranno quello che hanno sempre sognato. Ma non potranno mai rivelare al mondo chi sono davvero. I loro genitori non avranno mai dei nipotini da viziare  e men che meno li vedranno stare con altre persone. Non conosceranno mai l’amore indistruttibile che li unisce, non capirebbero, ne sarebbero disgustati, furibondi e li rifiuterebbero. E così loro sono costretti a nascondersi, a vivere al buio la loro storia, a sostenersi in segreto. Ma va bene, finché sono insieme possono affrontare qualsiasi cosa.                                                          
«Buongiorno».                                                                                                                                 
La voce di Edo lo strappa da quei brutti pensieri che gli affollano la testa. Suo fratello lo guarda con un sorriso assonnato, poi si stiracchia, il corpo nudo e snello illuminato dalla luce che filtra attraverso la finestra, i muscoli guizzanti sotto la pelle rosea. È perfetto  «Buongiorno» risponde. Si alza e fa una pernacchia sulla sua pancia, mentre l’altro sbuffa infastidito. Sente il suo sguardo su di sé scivolargli lungo la schiena e fermarsi proprio sulle natiche. Ridacchia: Edo ama il suo sedere, quando fanno l’amore le sue mani vanno sempre ad artigliarsi lì e non si spostano più. Durante il giorno ogni scusa è buona per dargli una palpatina o per poterlo accarezzare, più o meno maliziosamente; non riesce proprio a resistergli.                                                                                                             
«Fai i waffles!» gli urla mentre lui si allontana in tutta la sua nuda gloria.                                           
«A pranzo? Guarda che è mezzogiorno passato» risponde tirando comunque fuori gli ingredienti per prepararli. Alla fine cederà alla sua richiesta, lo sa già.                                        
«Guarda che si possono mangiare anche salati».                                                                           
Fede sogghigna, conoscendo la passione di suo fratello per i dolci. «E tu li mangeresti? Davvero rinunceresti ad un waffle con la nutella per uno salato?»                                                
Un paio di mani gli massaggiano le cosce nude, mentre dei denti cominciano a mordicchiargli l’attaccatura tra spalla e collo. «Uhm, forse per questo...»                                          
Fede si rigira fra le sue braccia, mandando mentalmente al diavolo i waffles, poi scoppia a ridere. Suo fratello lo guarda decisamente seccato. «Be’, che hai da ridere ora?»                      
«Niente – risponde tra le lacrime – Ma quello è il mio maglione?» chiede indicandolo.                 
Edo si stringe in un golf di lana blu, effettivamente un po’ troppo largo per lui, e mordicchia i bordi delle maniche. «Sì, e quindi? Fa freddissimo» risponde mimando un brivido.                                                                                                                                        
«Edo?»                                                                                                                                                
«Sì?»                                                                                                                                                     
«Siamo al trenta di settembre. Non fa così freddo» dice alzando un sopracciglio. Suo fratello è la creatura più freddolosa del pianeta e lui ne approfitta sempre per prenderlo in giro. E poi per scaldarlo.                                                                                                                 «Se tu sei una stufa impostata sui quaranta gradi tutto l’anno io-umpf». Fede lo zittisce aggredendo le sue labbra a suon di morsi. Scorre con le mani lungo il profilo del suo corpo, scoprendo con piacere che il maglione è l’unico indumento che indossa. Sorride nel bacio. «Certo che hai freddo, se sotto il maglione sei nudo» dice con aria da vecchio saggio.                        
«Tu sei completamente nudo» gli fa notare Edo.                                                                             
«La cosa forse ti disturba?» chiede con la faccia di chi la sa lunga.                                            
«Sì – la risposta lo stupisce – Perché te ne stai lì a pavoneggiarti invece di preparare quei santissimi waffles!»

**********

Sono venuti bene i waffles, pensa Fede. Sono morbidi e caldi, perfetti nella loro forma. Avrebbe preferito mangiare i suoi al naturale, senza aggiunta di salse strane, ma mangiare e baciarsi allo stesso tempo non è la cosa più furba del mondo. Oh, be’, poco importa: Edo gli è seduto in braccio e si diverte a mescolare i loro waffles passandoli da una bocca all’altra. Ha riempito il suo di così tanta cioccolata che sarebbe bastata per mezzo chilo di dolciumi, ma Fede combatte la nausea e sta al gioco. La sedia su cui sono poggiati ogni tanto scricchiola facendo pensare ad un possibile crollo, ma ci badano poco, preferiscono dondolare avanti e indietro, sfregando i loro corpi l’un con l’altro. Il blu del suo maglione dona particolarmente a suo fratello; deve farglielo mettere più spesso.                                        
«Hai un baffo di cioccolata» ridacchia il più piccolo.                                                                               
«Dove?» chiede laccandosi il labbro inferiore.                                                                                     
«Proprio qui» e si china, succhiando quello superiore. È un bacio lungo, bagnato, che supera la bocca e raggiunge distese intere di pelle. È un bacio dove si dice tutto e niente, dove ci si arrabbia e ci si consola a vicenda, dove si scherza e dove si perde la ragione, dove gemiti e ansimi diventano un tutt’uno. Edo allunga un braccio per afferrare il bicchiere di latte con cui volevano accompagnare i waffles, giusto per fare una colazione leggera. Ne beve un po’; ne tiene un sorso in bocca e la spinge nella sua, che lo manda giù come se fosse un nettare divino, mentre una goccia gli scappa giù per il mento, perdendo immediatamente l’aspetto di latte. E Dio, è quasi osceno vedere suo fratello chinarsi su di lui e leccarla via con la lingua, sentire i loro bacini sfiorarsi e cercarsi.                                        
«Ti prego, dimmi che non devi studiare nessuna malattia strana oggi» chiede con gli occhi lucidi di desiderio. La sua mano scende giù, giù, ancora più giù...                                                                                                                                  
«Non devo studiare nessuna malattia strana».                                                                             
«Davvero?» chiede tornando per un attimo serio. Passerebbe tutta la vita a far colazione con suo fratello, ma devono impegnarsi davvero, se vogliono diventare indipendenti dai genitori il prima possibile.                                                                                                     
«Dovrei ripassare Anatomia, però - un sorrisino malizioso si fa strada sul suo volto – Potresti darmi una mano, se ti va».                           Fede non risponde, preferisce guardare il contrasto che la pelle di Edo crea con il blu del maglione, mentre inarca la schiena e chiude gli occhi con un forte gemito.

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Capitolo 3
*** Crisi ***


3. CRISI

Quando Federico torna a casa quel pomeriggio, si ritrova davanti ad una scena che ha visto già troppe volte e che spera sempre di non vedere più. Edo se ne sta rannicchiato a terra, incastrato nella nicchia tra il divano del salotto e la parete, dove fino a poco tempo prima si trovava un appendiabiti. Che in quel momento è abbandonato sul pavimento. Lascia andare la porta con una spinta, fregandosi del forte boato che questa produce quando si richiude. Vedere suo fratello in quelle condizioni è l’unica cosa che possa davvero ferirlo, che possa renderlo vulnerabile. Ogni lacrima, ogni fremito, ogni singhiozzo è come una coltellata dritta al cuore. Lo raggiunge in un paio di falcate, tirandoselo in grembo e stringendolo fra le braccia. Sente il dolore dell’altro bagnargli la maglia, stretta fra le sue mani tremanti.                                                                                                
«Ci divideranno, Fede, ci separeranno e non ci permetteranno più di stare insieme! Non voglio perderti, non voglio!» La voce di Edoardo è interrotta da violenti singhiozzi e ad ogni intervallo si alza di un’ottava, mentre viene scosso da violente spasmi. Non è la prima volta che ha una crisi del genere e spesso nascono da cazzate insignificanti. Come quella volta che, a quindici anni, era tornato a casa in lacrime per aver preso l’ennesima insufficienza in Storia. Poi però era peggiorato, fino a scaraventare un bicchiere contro il muro, in preda al terrore che qualcuno un giorno li avrebbe separati. Quali collegamenti facesse tra una storia e l’altra Fede no l’aveva mai capito.           
Gli stringe il viso tra le mani, portandolo ad appoggiare la fronte contro la sua. «Guardami, Edo. Guardami! – esclama scuotendolo – Nessuno potrà mai portarmi via da te, hai capito? Nessuno!»                                                                                                                      Edo scuote la testa, lo colpisce ripetutamente al petto. «Loro ci separeranno, ci divideranno! Come faremo da soli? Io non posso stare senza di te, non sono capace, io...»                        
Fede sorride amaramente: e lui, lui cosa potrebbe fare senza suo fratello? Morirebbe, ecco cosa. «Ehi, ascoltami - cerca di usare un tono pacato, per calmarlo, nonostante la presa ferrea in cui è imprigionato – Non sono un veggente e non posso assicurarti che nessuno ci separerà mai – in quel momento pensa che probabilmente non uscirà vivo da quella morsa letale – Ma ti posso giurare, io ti giuro su ciò che preferisci che se un giorno non dovessimo più essere insieme, comunque non ti lascerò mai. Intesi?»                                
Sente il naso freddo dell’altro strusciarsi contro il suo collo in un muto cenno d’assenso.                          
«E poi, mi vedi ogni volta che ti guardi allo specchio! Non ti stufi mai?» ridacchia nervoso. Cerca di alleggerire un po’ l’atmosfera tesa che c’è, ma sa che non è ancora abbastanza. In tutta risposta, Edo gli aggredisce le labbra, mordendole e tirandole.                       
«Mai, mai, mai...» bisbiglia sulla sua pelle, riprendendo la domanda. Fede sorride a quelle parole, ripetute contro il suo orecchio come una litania, le mani intrecciate fra i suoi capelli. Gli avvolge le braccia intorno alla vita e lo tira su, permettendogli di circondarlo con le gambe lunghe. Mentre si dirige verso la loro camera gli accarezza ripetutamente la schiena, senza staccarsi dalla sua bocca, neppure quando vanno a sbattere contro lo stipite della porta. Lo sdraia sul letto, lasciandogli un morbido bacio sulla fronte, sulla punta del naso (cosa che lo fa sbuffare) e sul mento.
Lo sveste lentamente, sfiorandogli a lungo la pelle calda con labbra, per fargli capire che lui è lì. Tutto gli abiti spariscono, prima la felpa grigia (che tra l’altro è sua), poi la maglietta e i jeans strappati. Fa altrettanto con i suoi, per poi sdraiarsi su di lui e coprirlo interamente. Quando era venuta fuori la prima crisi, aveva pensato che Edo potesse sentirsi soffocare, così stretto tra il suo corpo e il materasso, e che preferisse aver maggior libertà di movimento possibile. Ma l’altro aveva confessato che solo in quel modo si sentiva davvero al sicuro, protetto, perciò Fede gli si era premuto ancora un po’ più addosso, abbracciandolo forte.            
E come allora, non ci sono né gemiti né versi d’altro tipo, solo labbra che si scontrano, mani intrecciate fra i capelli e il corpo di Edoardo che accoglie il suo in un tacito ringraziamento. L’aria è colma di sospiri e di “ti amo” bisbigliati, morsi sulla pelle, scritti con le unghie ininterrottamente. E da lì poi è tutto in discesa, un qualcosa di vissuto infinite volte eppure sempre nuovo, magico. Un cercarsi, trovarsi, mettersi a nudo e salvarsi. Insieme.
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Capitolo 4
*** Gelato ***


4. GELATO

«Mi dici dove mi stai portando?» si lagna Edo. È la quinta volta che lo chiede e Fede sogghigna divertito. Non risponderà neppure adesso.  «Se non me lo dici immediatamente non mi muovo più da qui!» Suo fratello si ferma in mezzo alla via, pestando i piedi per terra come un bambino. Ha le guance e il naso rossi per il freddo di dicembre e i capelli pieni di neve. Trema come una foglia, nonostante sia coperto da testa a piedi con una quantità spropositata di vestiti.                                              
«Beh, se fai un paio di passi alla tua sinistra siamo arrivati» rivela finalmente con un sorriso da un orecchio all’altro. Edo ruota la testa di novanta gradi, poi spalanca gli enormi occhi azzurri con sorpresa.                                                                                      
«Mi hai portato in gelateria? A dicembre?» commenta guardandolo come se fosse impazzito durate la notte. Forse è stato tutto quel movimento sotto le coperte ad averlo mandato fuori di testa...                                                                           
«Questa mattina hai detto che avevi voglia di gelato e così ho pensato che ti sarebbe piaciuto. O no?» Sa bene quanto sia freddoloso suo fratello e lui odia il gelato confezionato, perciò ha pensato che quella fosse la soluzione perfetta. Edo gli si avvicina con gli occhi che scintillano, incapace di credere che Fede l’abbia portato lì solo per una suo piccolo capriccio. «Ma... Fiorio? È la gelateria più cara di tutta Torino!» Si morde il labbro inferiore con insicurezza, dondolandosi da un piede all’altro: ha freddo e muore dalla voglia di entrare, ma allo stesso tempo non vuole essere sempre accontentato, perché lo fa sentire troppo viziato. Federico infila una mano nella tasca del suo piumino alla ricerca delle sue dita, che poi stringe attraverso la stoffa dei guanti.                                                                                           
«Fai meno storie e entriamo, su». Gli scocca un bacio sulla punta del naso e lo spinge all’interno della cremeria, circondandogli la vita con un braccio.                                                                                                                                 
«Buonasera - li saluta la voce gentile di un cameriere – Posso aiutarvi?»                                 
«Salve, ho chiamato questa mattina per prenotare un salotto». Attende che il cameriere controlli la lista delle prenotazioni crogiolandosi nel piacere che gli provoca vedere la faccia stupefatta di Edo.                                                                                                          
 
«Il Signor Federico?»                                                                                                                 
Lui annuisce con un sorriso.                                                                                                  
«E quando l’avresti prenotata, scusa?» domanda il più piccolo bisbigliando al suo orecchio.                                                                                                                        
«Mentre tu eri sotto la doccia a pulirti dai “residui” di stanotte» sussurra di rimando, accarezzandogli una coscia. Fa un cenno al cameriere, che li invita a seguirlo, portandoli all’interno del salottino e lasciandoli poi soli. È un ambiente molto ristretto, con appena lo spazio necessario a contenere le due poltroncine imbottite e il tavolino sui cui sotto posati dei menù. Le pareti sono rivestite di morbida tappezzeria bordeaux che dà al tutto un’aria molto barocca. Fede si butta a peso morto su una poltroncina e afferra subito un menù sfogliando una pagina dopo l’altra. Dopo poco alza lo sguardo su suo fratello, che è ancora in piedi e lo fissa in silenzio.                                                                                                               
«Che c’è?» chiede alzando un sopracciglio. Edo apre e richiude la bocca un paio di volte, prima di decidersi a rispondere. «È che... tu fai sempre così tanto per me e io... io a volte mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi tutto questo». Accompagna la confessione con un gesto del braccio, per poi chinare la testa. Fede sospira, si alza e lo prende per mano, sedendosi sull’altra poltrona e trascinandoselo in braccio. «Tutto questo... è solo la centesima parte di quello che vorrei poterti dare, per il solo fatto che esisti e che sei qui, con me». Mentre parla gli toglie il cappello, gli accarezza i capelli spettinati e gli libera il collo dalla pesante sciarpa di lana, scoprendo la sua pelle nivea. Prima che l’altro possa ribattere gli cattura le labbra, stringendoglisi addosso. Quando si separano, pochi secondi dopo, sono entrambi senza fiato.                                                                                              
«Forza, alzati, prima che questa poltrona cada a pezzi. Questo sì che sarebbe caro da pagare!» dice dandogli una leggera pacca sul petto. Edo fa quello che gli dice, non senza essersi prima tolto il piumino, che tutto ad un tratto riscalda persino troppo. Non ha neanche il tempo di prendere uno dei menù, che il cameriere bussa piano alla porta ed entra nella stanzetta. «Siete pronti per ordinare?»                                                                     
«Per me una coppa Hawaii, per favore» risponde prontamente il più piccolo. Fede sorride: sapeva quello che avrebbe preso prima ancora di entrare nella gelateria. È da quando ha sette anni che sceglie sempre lo stesso.                                                                            
«Lo stesso per me» anticipa il cameriere, che annuisce cordiale e li lascia soli. Nei cinque minuti che aspettano per avere la loro ordinazione e nel tempo che passa per consumarla nessuno dei due parla più. Si fissano negli occhi, si tengono per mano, si imboccano a vicenda, Edo stende una gamba sulle sue cosce e Fede gliela accarezza lentamente, con aria rilassata. Poi però scoppia a ridere, cogliendolo talmente di sorpresa che per poco l’altro non si infila l’ultimo cucchiaino di gelato su per il naso.                                    
«Ma che ti prende?» chiede strabuzzando gli occhi. L’altro si limita a fare il giro del tavolino e a sederglisi in grembo. «Sei sporco di gelato» sussurra poggiandogli una mano sulla coscia.                                                                                                                     
«Dove?» riesce solo a chiedere Edo con voce improvvisamente roca.                                         
«Proprio qui» e gli lecca velocemente il naso, per poi dargli un piccolo morso.                            
«Ahia!» Okay, forse non così piccolo.

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Capitolo 5
*** Foglie ***


Saaaalve! Piccola premessa, anche se a me non piace particolarmente inserire le note prima/dopo i vari capitoli, ma... ho notato che in diversi seguono questa storia e ci terrei a precisare che è quella a cui sono sicuramene più legata. Però ho notato che in pochi lasciano un loro commento, tanto che nello scorso capitolo nessuno lo ha fatto,  e mi piacerebbe davvero molto cosa pensate di questa storia... detto ciò, ringrazio tantissimo in anticipo chiunque abbia voglia di rispondere alla mia piccola richiestuccia! Buona lettura <3

5. FOGLIE

Fa persino troppo caldo, per essere una giornata d’autunno. Federico ha abbandonato la giacca in auto, ma a quanto pare non è un grosso problema. La temperatura è buona anche con solo una felpa addosso. È una pomeriggio perfetto: poche ore prima ha dato un esame che si è rivelato molto più facile del previsto, perciò punta almeno ad un ventotto, in giro non c’è quasi nessuno e suo fratello è allegro come un bambino. Sorride senza neppure accorgersene. Il suo piccolo. Sta saltando in mezzo alle foglie, cadute dagli alberi di quel viale poco frequentato. Accanto a lui, un cane dal pelo chiaro cerca di copiare i suoi movimenti, rendendosi (se possibile) ancora più ridicolo. Dal lato opposto della strada, una ragazza in tenuta da jogging si avvicina sorridendo, prima di stringere le labbra ed emettere un lungo fischio.                                                                                                                                         
«Marley, come                                                                                                                               
Il cane smette di malvoglia di saltellare e dà una rapida leccata alla mano di Edo, che lo guarda con occhi tristi mentre raggiunge la padrona.                                                                      
«Mi stavo divertendo» si lamenta quando lui gli è vicino.                                                                                                
«Ho notato». Nello stesso istante in cui Edo si sta voltando, una foglia si stacca dal suo ramo e finisce proprio sulla testa del ragazzo. Fede scoppia a ridere.                                             
Cosa c’è?»                                                                                                                                 
Lui non risponde, si limita a cingergli la vita con un braccio e ad afferrare la foglia fra le dita, rigirandola fra i loro nasi. È rossa da un lato e gialla dall’altro, eppure perfettamente simmetrica. In un certo senso, è identica a loro: uguali fuori, ma completamente diversi dentro. Uno passionale, testardo, pronto a tutto per difendere il proprio amore, rosso. L’altro solare, vivace, sempre pieno d’energia nonostante la propria fragilità... giallo.                                       
«È bellissima - Edo ne sfiora attentamente i bordi frastagliati, quasi come se avesse paura di romperla – Ti assomiglia, sai?»                                                                                                  
Fede ride e lo stringe un po’ di più. «Anche a te». Strofinano i nasi l’ uno contro l’altro, prima di unire le bocche in un bacio pieno di dolcezza.                                                                                   
«Se la pulissimo bene, potremmo incorniciarla. È così particolare» propone Edo dopo che si sono separati. Lui ci pensa un attimo, poi storce il naso. «Credo di avere un’idea migliore».

*****

È da poco passata la mezzanotte, quando Federico decide che è troppo stanco per continuare a leggere. Suo fratello ha già ceduto al sonno e ora dorme beato sul suo petto, la bocca spalancata e un rivoletto di saliva che gli inumidisce la maglia del pigiama. È così sereno, senza preoccupazioni. Gli accarezza i capelli un po’ troppo lunghi, ma che a lui piacciono, perché sono caldi e morbidi. Prima di spegnere la luce, posa sul comodino quel libro vecchio e rattoppato che ha scovato in un mercatino delle pulci, e da cui ora sbuca il gambo di una foglia rossa e gialla.

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Capitolo 6
*** Natale ***


6. NATALE

«Non preoccuparti, mamma, ci arrangeremo... L’importante è che voi troviate un posto dove stare finché non riuscite a tornare... D’accordo, chiamate quando sapete qualcosa... Sì, ve lo saluto... vi saluta anche lui... Vi vogliamo bene anche noi... Buon Natale... ciao». Edo chiude la telefonata con un profondo sbuffo, poi si lascia cadere a peso morto sul divano del salotto. Federico compare dalla cucina con uno strofinaccio fra le mani, lo guarda con aria infastidita. «Allora?»                                                                                              
«Sono bloccati all’aeroporto di Londra. Gli aerei non volano per colpa della neve e sicuramente non ce la faranno a tornare in tempo per Natale» risponde. L’altro si avvicina, gli solleva le gambe e se le poggia in grembo, massaggiando lentamente le piante dei piedi. «Ti dispiace?»                                                                                                                             
Edo alza le spalle. «Mi sarebbe piaciuto festeggiare tutti insieme, ma non importa. Sarà per l’anno prossimo. E a te?»                                                                                                        
Fede lo fissa a lungo negli occhi. «No».                                                                           
«Immaginavo. Be’, ti salutano tanto». Mentre parla gli accarezza il petto con un piede, in un piccolo gesto di conforto. L’altro glielo bacia da sopra il calzino azzurro. «Ricambia». 
«Già fatto».

**********

Edoardo è andato in chiesa. È la mattina di Natale e, anche se ormai la sua fede è meno di zero, gli piace vedere le emozioni che provano le persone quando si ritrovano per pregare Dio e lodarlo. Il vecchio che lo ringrazia per aver riunito la sua famiglia in quel giorno così speciale, l’uomo che invoca aiuto perché non sa più come mantenere i propri figli, la ragazza che si accarezza il ventre sperando in un futuro felice per quella creatura che deve ancora nascere... Gli piace accendere una piccola candelina e ascoltare la gente che canta. A volte, però, tutto questo è troppo e lui scappa via. Vaga senza meta per la strada innevata, osservando i ritardatari correre avanti e indietro per i preparativi dell’ultimo minuto. Federico, invece, odia profondamente questo giorno, ne ha ricordi terribili. Quando era piccolo era costretto a trascorrere le feste con la famiglia al completo, senza potersi comportare liberamente (per quanto potesse essere libero) con suo fratello. Inoltre, doveva sorbirsi tutte le volte quella lagna di sua zia che non faceva altro che dire quanto fossero uguali loro due. Vecchia idiota. E poi, ogni anno ricevevano gli stessi regali: quasi sempre vestiti, diversi giusto per il colore. L’unica nota positiva in quella giornata inutile erano i regali che si scambiavano lui e suo fratello. Edo gli comprava sempre un libro o qualche fumetto, perché conosceva i suoi gusti meglio di lui; e in cambio riceveva un’enorme scatola di gelatina alla frutta, che amava alla follia e attendeva per tutto l’anno. Poi, però, facevano sempre a metà e ne mangiavano fino a scoppiare. Fede nascondeva gelosamente tutte le monetine rubacchiate dalla borsa della madre, pur di potergliela comprare. Lo stesso faceva suo fratello dalle tasche del padre.                                                       
Gliele ha comprate anche quest’anno, le gelatine, ma da un po’ di tempo, sotto quel gusto dolce e fruttato per cui sono tanto famose, c’è anche una nota amara che altera le loro abbuffate. Nessuno dei due ne parla, ma entrambi l’avvertono e percepiscono la sua presenza. In realtà, Fede è molto contento che non debbano trascorrere le feste con i genitori; non è mai successo prima. Però Edo ci teneva molto, era pur sempre un’occasione per rivederli. All’improvviso, un’idea gli balena in testa e, mentre afferra la giacca, prega che suo fratello prolunghi ancora un po’ il suo vagare senza meta. In fondo, se devono trascorrere questo Natale da soli, che almeno lo ricordino come il loro Natale.

**********

Poco meno di due ore dopo, Federico non sta più nella pelle e non vede l’ora che Edo faccia ritorno. E proprio mentre sta compiendo l’ennesimo saltello sul posto, la porta si apre e l’altro fa finalmente il suo (tanto agognato) ingresso in casa. Il suo sguardo, perso in chissà quali pensieri, si riempie di meraviglia, quando nota l’opera del fratello.                          
Qua e là, sparsi per i vari angoli del salotto, ci sono piccoli mucchietti di palline natalizie di tutti i colori, mentre la lampada e i mobili sono circondati di festoni luccicanti e fili di lucine. Edo scoppia a ridere: l’attaccapanni è messo a testa in giù, come un treppiedi, e la base funge da sostegno ad un piccolo abete (vero!) addobbato malissimo. Sotto di esso, un grosso paco rettangolare mostra fiero il suo grosso fiocco rosso. A terra, una coperta riveste il pavimento e sopra di essa sono poggiati diversi piatti ed una bottiglia di vino. Una lieve sinfonia natalizia aleggia nella stanza, accompagnata da un dolce aroma di cannella.                                                             
«Ti piace?» Federico compare dalla loro camera da letto, le guance rosse per l’imbarazzo e l’aspettativa. Edo non sa come rispondere, perciò non lo fa: si limita a far scivolare la giacca a terra e a saltargli in braccio, per poi incollarsi alla sua bocca con foga. Gli tira i capelli, morde le sue labbra, gli riempie il collo di tanti piccoli segni rossi. È mentre gli sta sollevando la maglia, che Fede stringe i suoi polsi e, con un ultimo morso, lo allontana. «Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per quello - ha il fiato corto e la voce roca, carica di desiderio - Ma prima mettiamo qualcosa sotto i denti, d’accordo?»                                           
Edo annuisce un po’ controvoglia, respirando pesantemente. Si accovaccia a terra, a gambe incrociate, e attende che il fratello gli sia di fronte, dall’altro lato della coperta.                   
«Mi sono dovuto arrangiare con i confezionati del supermercato, ma credo siano buoni lo stesso». Mentre parla, Fede mostra uno dopo l’altro i vari piatti, che rivelano prima del roastbeef, poi dei panini con il salmone, infine dei vol-au-vent dolci.                               
«È tutto perfetto». Lo dice e lo pensa davvero. Se anche il cibo facesse schifo e invece di “White Christmas” lo stereo stesse riproducendo “Gangnam Style”, sarebbe comunque tutto fantastico, perché Federico lo ha organizzato per lui. Trascorrono il pranzo in silenzio, guardandosi a lungo negli occhi, imboccandosi ogni tanto a vicenda e bevendo direttamente dalla bottiglia. Quando il pasto è finito, il più grande si alza e porta via i piatti, ignorando i tentativi del fratello di dargli una mano e costringendolo a restare al suo posto. Al suo ritorno, prima si sedersi, afferra il regalo sotto l’albero e glielo porge con un sorriso.                                                                                                                                                                                            
«Aspetta, vado a prendere il tuo» lo ferma Edo facendo per alzarsi, ma lui scuote la testa. «Me lo darai dopo, adesso stai qui con me. Immagino comunque di sapere cosa sia, no?» 
L’altro annuisce e prende con mani tremanti il pacchetto: sa già cosa contiene, ma il significato che ha per lui è così importante che ogni volta gli salgono le lacrime agli occhi. E poi eccola lì, quella grossa scatola di latta colorata piena di gelatine. La apre e ne afferra una arancione, ne morde metà e infila l’altra fra le labbra di suo fratello. Arancia, la loro preferita: amara come la loro storia, dolce come l’amore che provano l’uno verso l’altro. Ne assaggiano ancora qualcuna, prima che Fede ne prenda una rossa e se la infili tra le labbra, poi gli fa segno con un dito di avvicinarsi. 
Edo non se lo fa ripetere due volte, si lancia su di lui e preme la bocca sulla sua. Sente l’altro spezzare la caramella con i denti e spingerne una parte con la lingua calda nella sua bocca. Uhm, ciliegia... non è un gusto che lo fa impazzire, lo trova un po’ troppo stucchevole, ma... be’, il modo in cui suo fratello gli accarezza il palato con la lingua... quello sì che lo fa impazzire. Si sfilano velocemente le maglie, mordendosi e succhiandosi ogni angolo di pelle raggiungibile. Fede lo fa stendere sulla coperta, poi gli lascia una scia di baci bagnati lungo il corpo, partendo dalla fronte fino ad arrivare alla vita morbida. Gli slaccia i pantaloni con una lentezza estenuante, tanto che Edo, guance rosse e occhi lucidi, è convinto di perdere la testa. Gli massaggia le cosce, gli sfiora le ginocchia... Con lo stesso ritmo, Fede gli porta via anche i boxer, per poi sfilarsi in fretta i propri vestiti. Ammirano entrambi l’uno il corpo nudo dell’altro, che per quanto possano sembrare simili, nascondono un’infinità di minuscole differenze che solo loro conoscono. La luce gialla delle lampade rende la loro pelle dorata, invitante. Potrebbero restare a guardarsi per sempre, a saggiare la consistenza dei propri muscoli sotto i polpastrelli. Senza staccare lo sguardo dal suo, che lo fissa con una tale fiducia da farlo piangere di gioia, Federico dà un bacio all’inguine di Edo e afferra la scatola di gelatine, aprendola con uno scatto. 
Ne tira fuori una manciata d gelatine che sparge su tutto il suo corpo morbido e trepidante. Una sul collo del piede, una sulla coscia, sull’ombelico e sullo sterno, come se volesse ricoprirlo completamente. E poi, sempre dal basso verso l’alto, le porta via con i denti. Mentre lo fa gli bacia le caviglie, stringe forte le cosce con le mani larghe, dà una lenta leccata alla carne tenera dell’ombelico. Traccia una lunga scia di baci lungo tutta la pancia, fino a afferrare la caramella sullo sterno. Edo trema quando lui posa le labbra su un capezzolo e inizia a torturalo con i denti. E all’improvviso, Fede lo sente stringergli le gambe intorno alla vita, lo sente avvolgerlo con le braccia. Il più piccolo gli si aggrappa, lo tiene stretto e quasi lo obbliga ad entrare dentro di sé, come se fosse l’unica via di salvezza da quel mondo che spesso sembra sbagliato. Forse lo sono anche loro, ma adesso non vuole pensarci, vuole solo stringersi intorno a suo fratello, godere delle sue spinte sempre più forti e veloci e fargli capirà che mai nessuno al mondo potrà amarlo quanto lui. E questo Federico lo sa.

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Capitolo 7
*** Bacio ***


7. BACIO

Federico apre gli occhi con un grugnito infastidito. Come al solito suo fratello si è dimenticato di tirare giù la tapparella prima di andare a dormire. O magari lo ha fatto apposta. Già, più probabile. Per un motivo o per un altro, comunque, la luce del sole illumina tutta la stanza, puntando dritto dritto sulla sua faccia. Nonostante ciò, si stiracchia con aria appagata, nascondendo un sorriso nel cuscino  e rigirandosi tra le lenzuola pulite e calde per la presenza dei loro corpi. Edo dorme ancora, sdraiato sulla pancia, un braccio sotto la testa e l’altro sullo stomaco del fratello in gesto protettivo. Russa. E sbava come un cammello. Ed anche per questo che Fede lo ama alla follia. Un altro motivo è quel culo da urlo che si ritrova e che al momento si mostra in tutta la sua meritata gloria sbucando da sotto il lenzuolo. Ne traccia il profilo con un dito, partendo dalla base del collo e percorrendo la schiena lungo la curva flessuosa. Poi, senza neanche pensarci, dà un morso a quella carne bianca e soffice.                                                                                                             
«Ehi!» Edo salta in piedi sul materasso, lanciando la testa indietro con una risata.                             
«Sapevo che non stavi dormendo davvero. Non russavi abbastanza forte» lo prende in giro Fede. Gli strofina un paio di volte i polpacci, accarezzando la peluria morbida. Ne ammira il corpo nudo illuminato dal chiarore del mattino; è... indescrivibile.                                               
«Non è vero, io non russo!» protesta il più piccolo ancora ridendo; poi si lascia cadere sul suo bacino a peso morto, strappandogli un gemito di protesta. Oltre a non essere esattamente un peso piuma... be’, sono entrambi nudi.                                              
«E come punizione per la tua bugia dovrai darmi un bacio». Mentre lo sgrida, gli passa un dito lungo il contorno delle labbra, incantandosi a fissarle.             
Fede sogghigna serafico. «No».                                                                                                                
«E perché no?» chiede Edo con tono lagnoso. Lui gli accarezza le cosce lisce, poi più su, passando per le natiche sode, la linea curva della schiena...       
«Perché adesso facciamo... la lotta!» Prima che l’altro possa protestare, lo afferra per i fianchi morbidi e lo trascina sotto di sé, dando inizio ad una lotta a colpi di cuscini e di solletico. Edo cerca di difendersi, ma il corpo del fratello lo tiene ben saldo contro il letto, perciò l’unica cosa che riesce a fare è contorcersi sotto di lui come un’anguilla. La sua risata è così meravigliosa che Federico potrebbe stare ad ascoltarla per ore ed ore e riconoscerla fra mille. Potrebbe anche restare a guardare le sue guance che diventano rosse come delle fragole per le troppe risate. «Basta! Basta, ti prego! – Edo fatica persino a respirare; è completamente senza fiato – Adesso mi dai quel benedetto bacio, per favore?» chiede dopo che lui ha smesso finalmente di torturarlo.                                                                                                                                    
«Se proprio ci tieni...» lo provoca Fede con un sorrisino sornione.                                                                                        
«Oh sì, ci tengo proprio» gli risponde il fratello un istante prima di premere la bocca sulla sua. E poi è tutto un vortice di labbra screpolate, lingue calde e bagnate e briciole di felicità che si trovano solo in momenti come questi.

Angolino (raro) dell'autrice:

Allora, prima di tutto: salve a tutti! :3                                                                                                                                                                                                                                                                        So che di rado scrivo le note, perchè non mi piacciono granchè, ma qui dovevo inserirle per forza. In effetti il capitolo è corto, ma diciamo che si tratta di un contentino prima del prossimo, che sarà davvero (ma dico davvero) pieno di fluff. Ci tengo anche a specificare che sono molto insicura sui miei scritti e sul mio metodo di scrittura, perciò mi farebbe piacere anche solo un commentino breve per sapere cosa ne pensate. Detto tutto ciò, dò un bacio a tutti <3 
- Rebecca

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Capitolo 8
*** Cane ***


8. CANE

Edo cammina più in fretta che può, odia essere fuori casa da solo mentre fa buio, ma questo pomeriggio si è concentrato così tanto sui libri che non si è accorto di quanto fosse tardi finché una sua compagna di corso non lo ha salutato andando via. Sono quasi le nove, Federico lo ha già chiamato quattro volte e lui non ha risposto neppure ad una, perché il suo maledettissimo telefono ha deciso di esalare l’ultimo respiro proprio mentre lui controllava le chiamate perse. Grazie a Dio è riuscito a recuperare un paio di Twix, una di quelle schifezze tutte zuccheri e conservanti che si trovano ai distributori automatici e che fanno impazzire suo fratello. Tiene stretta la barretta di cioccolato, pronto ad usarla come un’esorcista usa il crocefisso. Saltella un paio di volte sul posto, in attesa che il semaforo diventi verde e che lo lasci fare ritorno alla sua umile dimora. Quando finalmente l’omino verde inizia a lampeggiare, un flebile lamento arriva alle sue orecchie, quasi completamente nascosto dal rumore delle auto che attraversano le pozzanghere. Edo si guarda intorno, ma non vede nulla. È già sulla seconda striscia pedonale, quando lo sente di nuovo: manda mentalmente al diavolo la sua paura per il buio e torna indietro, pensando che Federico lo ucciderà comunque, cinque minuti di ritardo in più o in meno. Quel lamento, che gli sembra sempre più una richiesta d’aiuto, si fa ancora più insistente, tanto che lui lo usa come strada per rintracciare il proprietario. E poi eccolo lì, nascosto dietro un cassonetto strabordante, zuppo come un pulcino. Be’, non che le sue dimensioni siano tanto più grandi. Ha il pelo marrone scuro (quasi sicuramente per lo sporco dell’asfalto), le orecchie abbassate e lo sguardo implorante. Sdraiato accanto all’esserino, c’è il corpo di un altro cane dalla stazza un po’ più grossa completamente immobile. Non ci vuole molto ingegno per capire che la sua mamma se n’è andata per sempre.                                                                                                             
«Povero piccolo» sussurra Edo, accovacciandosi e allungando lentamente una mano verso di lui. L’altro arretra spaventato, schiacciandosi contro il corpo freddo della madre. Il pelo sporco e bagnato si scontra con la sua mano calda e asciutta, e non ci vuole molto prima che vi si spinga contro. Gli accarezza le dita con la testolina tremante, e Edo va in brodo di giuggiole.                  
«Vieni qua, cucciolotto». S i sfila la sciarpa dal collo e l’avvolge intorno al cagnolino, che vi si rannicchia rabbrividendo. Federico ballerà la polka sulla sua tomba, ne è certo, ma lo sguardo indifeso del piccolino lo ha già convinto a tenerlo con sé, indipendentemente da quello che dirà suo fratello. Lancia un ultimo sguardo al corpo senza vita della madre, ma non c’è più nulla che possa fare per lei, se non coprirla con un telo di plastica che spunta dal cassonetto. Poi stringe più forte il fagottino tremante e aspetta che il semaforo torni verde.

* * *

Quando finalmente il suono della chiave che gira nella serratura interrompe il silenzio dell’appartamento, Federico scatta in piedi e getta il cellulare sul divano, la settima chiamata a suo fratello ancora aperta. Edo fa il suo ingresso respirando velocemente, il fiato corto e la pelle del collo livida.                   
«Perché non rispondevi al telefono?» chiede Fede ad un passo da afferrarlo per le spalle e scuoterlo come uno shaker.                                                          
«Il cellulare è morto mentre stavo per richiamarti».                                                                                             
«Perché hai il fiatone?»                                                                                                          
«Perché ho corso» risponde il più piccolo alzando gli occhi al cielo, preparandosi all’imminente terzo grado. Imminente... è già iniziato.                       
«E per quale motivo? E la tua sciarpa che fine ha fatto?» Gli si avvicina lentamente, notando solo ora il rigonfiamento sul suo petto.                                               «Prometti che non ti arrabbi?» lo supplica suo fratello.                                                              
Lui solleva un sopracciglio. «Quando fai così mi spaventi - mormora cauto. Tenta di non dire nulla, ma lo sguardo supplice dell’altro lo incastra. Come sempre – Promesso».                                                                                                                               
Edo lo guarda preoccupato, poi tira giù la lampo della giacca ed estrae un fagotto rosso scuro. La sua sciarpa. Fede lo fissa con le sopracciglia alzate, senza capire, finché dal groviglio di stoffa non sbuca una testolina marroncina. «Quello è... un cane». Parla lentamente, come se davanti avesse un bambino a cui spiegare che quello che ha in mano non è un giocattolo.                                                                                                                                  
Edo annuisce. «Già».                                                                                                                  
«Noi non abbiamo cani». «Lo so, ma non potevo lasciarlo là fuori... è così piccolo, la sua mamma è morta, non ha più nessuno e-»                                       
«Frena un momento – lo interrompe lui alzando una mano – che hai detto di sua madre?» 
L’altro parla a singhiozzi, gli occhi pieni di lacrime pronte a scorrere giù per le sue guance arrossate. «È morta – ripete – E lui ora è solo al mondo... Pensaci, amore... noi ci sosteniamo a vicenda, ci siamo sempre l’uno per l’altro... noi siamo una famiglia. Ma lui? Non ha più nessuno che lo protegga come faceva la sua mamma, come fai tu con me... tu mi abbandoneresti mai?»                                                                                                                               
Fede è incredulo: adesso suo fratello piange e assomiglia a quel piccolo esserino che si dispera con lui, contagiato dalla sua tristezza. E così cede, come al solito. Trae un lungo sospiro d’arresa e chiede: «Come vuoi chiamarlo?»                                                                                 
Silenzio. Totale e profondo silenzio. Poi Edo spalanca la bocca, posa con delicatezza sciarpa e cagnolino su una sedia e gli corre incontro, saltandogli in braccio. Ha fatto la cosa giusta, si dice Fede. Sarà un casino crescerlo, prendersene cura, ma le labbra dell’altro sulle sue sono la conferma di ciò che pensa. Adesso si gode semplicemente il bacio, la bocca calda di Edo sul collo, le sue mani grandi sul petto che si alza e si abbassa sempre più velocemente. Quando si staccano lo vede sporgere il labbro inferiore, con aria pensierosa. «Veramente, non so se sia maschio o femmina».                                                                                   
Lui scoppia a ridere, dandogli poi una strizzata al fondoschiena. «Controlliamo subito». Libera il cagnolino dall’intreccio di sciarpa, gli fa un paio di carezze sulla schiena e lo solleva velocemente in aria, mentre quello sgambetta terrorizzato. «Allora?»                              
Edo lancia un’occhiata imbarazzata alla pancia dell’animale. «Femmina» afferma sicuro. Allunga le braccia e la prede con un sorriso, coccolandola come un neonato. «Che ne dici di farle un bagno? – chiede - Giusto per vedere davvero il colore del pelo».                             
 Fede strabuzza gli occhi. Non ne usciranno vivi.

* * *

«Tienila ferma!»                                                                                                                                 
«Ci sto provando!» La piccolina guaisce disperatamente, dimenandosi nel tentativo di sfuggire al bagnoschiuma profumato che le imbratta il pelo. È terrorizzata, e di certo l’acqua nera che riempie il lavandino non facilita le cose. Smette di tremare solo quando Edo la avvolge in un asciugamano morbido e messo a scaldare sul termosifone. La stringe al petto nudo e le gratta le orecchie, tranquillizzandola poco a poco.                                                                                      
«Sei davvero sexy» commenta Fede con interesse, ammirando il suo corpo umido per gli schizzi d’acqua volati ovunque durante la battaglia. Edo non risponde, si limita a diventare rosso come un pomodoro maturo, poi gli lascia una carezza sulla pancia e si dirige in salotto. Lui, invece, va in cucina, pregando che sia avanzato del latte dalla colazione di quella mattina. In qualche modo dovranno pur sfamare quel piccolo demonio. Quando finalmente il latte è tiepido, gli sorge un tremendo dubbio: dove metterlo? Non hanno certo biberon in casa.                                                                                                 
«Versalo nella borraccia della bici». Edo lo guarda con aria compiaciuta, mentre la piccola palla di pelo, dopo aver provato a reggersi in piedi, si lascia cadere decisa con il sederino a terra. Ridono entrambi e Fede fa come l’altro gli ha detto. Sente poi le labbra del fratello lasciargli un bacio sulla guancia.                  
«Questo è per te - lo vede porgergli un pacchettino dorato, la scritta rossa Twix  a caratteri cubitali al centro - Volevo farmi perdonare per il ritardo, ma mi sa che a questo punto non basta».                                                                                                                                              
Fede utilizza tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso, perché il binomio cioccolata e Edoardo sono la rappresentazione del sesso puro. Invece, opta per afferrare il dolce, infilarselo in tasca e sussurrare all’orecchio di suo fratello: «Ti farai perdonare più tardi», accompagnando il tutto con una carezza lasciva sul suo inguine. Poi, come se non fosse successo nulla, afferra la cagnetta per la collottola e si butta sul divano. Edo resta incantato dalla scena: suo fratello, stravaccato e senza maglia, che dà il biberon improvvisato alla piccolina, mentre questa tira il latte con aria soddisfatta. È uno spettacolo meraviglioso. Senza fare rumore, si siede accanto a lui e lascia una carezza su una di quelle minuscole zampette pelose. È un esserino microscopico, ma vorace come un dinosauro; ci mette pochissimi minuti a finire tutta la borraccia. Minuti che loro passano a guardarla con aria rapita. Persino suo fratello, che le ha sorretto la testolina per tutto il tempo, ora la fissa con un sorriso imbambolato che neppure si accorge di avere. In meno di cinque minuti, la piccoletta ha divorato tutto, fatto quello che sembrava un ruttino e si è messa a dormire. Russando. Un cane che russa e fa i ruttini. Fede scuote la testa.                                                                              
«Aveva fame il demonio» commenta con un fischio.                                                                        
«Già. Sbaglio o sta russando?»                                                                                                      
Lui annuisce con un ghigno. «In effetti, ti assomiglia».                                                                  
L’altro lo guarda indignato. «Io non russo! Per caso vuoi riprendere il discorso dell’altro giorno?»  
Fede scoppia a ridere. «No, no, per carità, sono troppo stanco. E non abbiamo neppure cenato - tira un sospiro esausto, poi, senza guardarlo, gli prende la mano e intreccia le dita alle sue – Come vuoi chiamarla?»                                                                                                                                      
Edo la guarda a lungo, tanto che suo fratello crede che non l’abbia sentito, ma alla fine le accarezza la pancina e bisbiglia «Lope».                             
L’altro aggrotta le sopracciglia. «Come?»                                                                                      
«Lope. Come Love e Hope insieme. Ma in italiano non rende bene, perciò direi che è meglio in inglese».                                                                                                                                     
«Perché proprio così?»                                                                                                                      
Edo gli stringe forte la mano, per poco non fa scricchiolare le ossa. «Perché tutto ciò che abbiamo. Amore e Speranza – gli dà un bacio veloce sulla guancia – Siamo una famiglia vero? Io, te e... Lope. Se ti piace, ovvio».                                                                                                   
Fede gli pizzica il naso, poi poggia la testa sul suo petto. «Sì, mi piace. Io, te e Lope».

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Capitolo 9
*** Compleanno ***


9. COMPLEANNO

Federico apre gli occhi con un grugnito, la vibrazione del cellulare che rimbomba insistente nelle tempie. La sera prima ha impostato la sveglia alle sette del mattino, cosa che per lui è un vero sacrilegio, se si considera che è domenica. Ah, cosa non si fa per amore. Si stiracchia lentamente, attento a non svegliare suo fratello, che dorme beato di fianco a lui. Resta fermo così, a godersi la pelle calda della sua schiena che gli sfiora ritmicamente il braccio, mentre si alza e si abbassa, si alza e si abbassa...                             
Lasciandogli un bacio sulla spalla, scivola lentamente via dal letto, sgattaiolando verso il bagno per potersi finalmente svuotare la vescica. Sta per esultare per la sua mancanza di rumore, quando con il piede colpisce lo spigolo della porta. Ovviamente con il mignolo.                                                                                       
«Ahia! Ma porca di quella...» interrompe l’imprecazione giusto per paura di svegliare Edoardo, che invece grugnisce un po’ e si rigira tra le lenzuola. Benedetti lui e il suo sonno a prova di cannonate, pensa saltellando su un piede. Orientandosi alla cieca tra le varie costellazioni che gli sono improvvisamente apparse davanti agli occhi, riesce finalmente a raggiungere l’dorato gabinetto, su cui si lascia cadere con uno sbuffo, supplicando non sa nemmeno lui quale dio che la giornata non continui così. Poco secondi dopo, un lieve zampettío precede l’ingresso in bagno di una piccola palletta di pelo, che si siede sul suo tappetino assorbente e lo guarda incuriosita.       
«Che bellezza, pipì in compagnia... Ciao Lope» ironizza alzando gli occhi al cielo. In tutta risposta, la cagnolina tira fuori la lingua rosa e sgambetta via, lasciando sul tappetino una minuscola chiazza gialla. Quando Federico la raggiunge in cucina, dopo aver afferrato al volo un paio di boxer, lei è già davanti alla ciotola, scodinzolando in attesa della colazione.              
«Ti toccherà aspettare ancora un po’ per quella, nanetta». Mentre parla, ragiona su cosa deve ancora preparare. Tutto, insomma. Si dà un paio di schiaffetti sulle guance, nel vano tentativo di cacciare via il sonno. «Svegliati, Fede, su».                                                             
Per prima cosa: la torta. La tira fuori dal forno in cui l’ha nascosta il pomeriggio prima, che ha trascorso pregando come un dannato che il fiuto di suo fratello non la intercettasse. Quando si tratta di dolci, si trasforma in un segugio da primo premio. Ma grazie al cielo è sopravvissuta alle sue grinfie, quindi deve solo più farcirla con la crema alle fragole (che gli hanno fatto patire le pene dell’inferno, prima che riuscisse a trovarle... mica facile ai primi di marzo), quella per cui Edo va matto. Lope nel frattempo tenta in tutti i modi di issarsi sulla sedia, perciò l’afferra e la posa sul tavolo, prima che si rompa l’osso del collo. «Stai ferma lì» le intima nel momento stesso in cui lei avvicina il nasino umido alla scodella di crema. Come il bravo bimbo ubbidiente che lui non è mai stato, la piccola si accuccia accanto alla scodella e segue i suoi movimenti in silenzio. Tempo cinque minuti e si è già riaddormentata, lasciandogli tutta la calma di cui ha bisogno. Dopo aver farcito e decorato il dolce con la glassa azzurra, decide che è ora di decorare anche la casa. Tira fuori dall’armadio tutti gli addobbi che i loro genitori usavano quando erano piccoli, partendo dalla scritta Tanti Auguri di cartoncino colorato fino a piatti e forchettine di plastica blu. Del perché siano a casa loro, però, non ne ha la più pallida idea. È la cosa più infantile che abbia mai fatto, ma sa che suo fratello ne sarà felicissimo e tanto basta. Poi tocca alla parte “adulta”: decorare il bagno. Candele, musica e fiori nella vasca. L’acqua l’aggiungerà all’ultimo momento, perché se dovesse aspettare il risveglio di Edo, avrebbe tutto il tempo di gelare. E chi le sente le sua urla, poi. Mentre guarda l’opera conclusa, inizia a immaginare come sarà la loro giornata e un brivido gli percorre il basso ventre. Forse è meglio non immaginare troppo. Se qualcuno glielo dovesse chiedere (ma non crede succederà mai), non si farebbe alcun problema ad ammettere che il sesso con Edo è fantastico. E che lui ama da impazzire farlo nella vasca. C’è un qualcosa nell’essere circondati dall’acqua calda, nell’avere la pelle scivolosa e profumata che lo eccita in maniera incredibile.                                                                                      
Poi c’è il fare l’amore; che è tutta un’altra storia. È l’unico momento in cui si mette davvero a nudo, in cui getta via la maschera e mostra tutto ciò che prova. E solo suo fratello piò vederlo così, è un diritto che spetta solo a lui. Si ritrova a sorridere e a mangiucchiarsi le unghie, pensando alle emozioni che prova quando accade.        
Lancia un’occhiata all’orologio appeso alla parete: sono solo le otto e mezza e Edo dorme ancora, perciò va a recuperare Lope, che ora dorme a pancia all’aria in mezzo al tavolo e la sistema nella sua cuccia ai piedi del letto. La piccola si rigira nella copertina rossa e continua a sonnecchiare tranquilla. Dopo averle fatto una carezza, Fede lascia che il suo sguardo scorra lentamente sul corpo nudo del fratello, che a forza di rigirarsi fra le lenzuola, si è completamente scoperto, per la gioia dei suoi occhi. Lo percorre in tutta la sua lunghezza, partendo dai capelli spettinati e scendendo verso le braccia ancorate al cuscino, le spalle muscolose, la curva della schiena e quella piccola voglia di melone sulla natica destra, finendo con le cosce sode. Scuote la testa con un sospiro: ma come fa la gente a dire che loro due sono uguali? Nessuno nota le differenze che hanno scoperto loro con il passare degli anni? Probabilmente no.                                                                           
Il più silenziosamente possibile, si sfila i boxer e si sdraia accanto al ragazzo, strofinandosi contro il suo corpo caldo. Copre entrambi con il lenzuolo bianco e gli avvolge la vita con le braccia, affondando la testa nell’incavo del suo collo e respirando forte il suo profumo. Sa di latte. Edo sa di latte e di bambino; è un profumo dolcissimo. Gli accarezza i piedi con i suoi e gli si appiccica il più possibile. Suo fratello mugola piano, rigirandosi nell’abbraccio con un sorriso assonnato. «Buongiorno» mormora ancora ad occhi chiusi.                                                            
«Ciao. Scusa, non volevo svegliarti. Dormi ancora un po’, vuoi?» suggerisce Fede massaggiandogli piano la schiena.                                                                  
«No, voglio le coccole. Mi fai le coccole, per favore?» chiede l’altro sporgendo il labbro. Sa come essere letale anche appena sveglio, quando vuole qualcosa. Lui annuisce con un sorriso rassegnato e lo spinge sotto di sé, cominciando a baciargli prima il collo, poi il petto, la pancia... Edo sospira contento e gli infila le mani tra i capelli, accarezzandogli la cute. «È davvero piacevole andare a dormire nudi, sai?»                                                                                                
«Sono pienamente d’accordo con te». Gli piace coccolare suo fratello, riempirlo di baci e stringerlo forte quando sono a letto. L’assenza del pigiama glielo permette ancora di più.                                                                                      
«Aspetta un attimo... ma oggi è il quattro marzo!» esclama Edo, saltando a sedere con uno scatto improvviso e impedendogli di raggiungere la sua terra promessa. Fede sbuffa, poi gli si siede in grembo con un ghigno malizioso. «Oh, già».                                                                                                                               
«Dimmi cos’hai programmato per la giornata, avanti!» il più piccolo batte le mani eccitato e poi lo abbraccia per i fianchi, dondolando avanti e indietro. Lui decide di tenerlo un po’ sulle spine, tentando di ignorare la frizione fra i bacini che provoca il loro dondolio.                                                                                                     
«Sarà molto movimentata, stanne certo – risponde lasciando scorrere le mani sulla sua v inguinale – A partire da ora» conclude afferrando in mezzo alle gambe.           
Edo boccheggia, piantandogli le unghie nella carne. «Be’... buon compleanno... allora» sussurra fra un gemito e l’altro.                                                             
«Anche a te, fratellino». E dall’espressione del ragazzo, è sicuro che sarà il miglior compleanno di sempre.

La torta per Edo

 

Il bagno

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Capitolo 10
*** Baita ***


10. BAITA

«Mi dici dove stiamo andando?»                                                                                                     «No».                                                                                                                                         
 
«Uffa» Edo si lagna per la quarantesima volta nell’arco di un’ora. Non ha la più pallida idea di dove suo fratello lo stia portando; sa solo che quando si è svegliato, quella mattina, l’ha trovato intento a chiudere una valigia e urlargli addosso (con un sorriso) di darsi una mossa. Che bel risveglio. Poi gli ha dato ben cinque minuti per alzarsi, lavarsi i denti e vestirsi. Ecco perché si è infilato i pantaloni sul pianerottolo e ha fatto colazione in ascensore. E adesso eccoli lì, in viaggio verso non si sa dove, da più di un’ora e con Lope che scalpita per uscire dalla sua gabbietta. È stufo di non saper dove stanno andando, perciò decide di passare alle maniere forti. Non lo fa spesso, ma quando ci vuole, ci vuole! Mentre suo fratello canta a squarciagola Let It Snow di Michael Bublé, lui allunga silenziosamente una mano verso la sua coscia; in viso un’espressione innocente come quella di un bambino. La lascia lì qualche secondo, poggiata placidamente come in un gesto d’affetto di cui Federico non sospetta affatto. Poi, però, inizia ad accarezzarla e a risalire sempre più su, stringendo un po’ la presa sul muscolo coperto dai jeans. Fede smette di cantare e serra la mascella, ma fa finta di nulla. La mano intanto va su, su, fino a sistemarsi proprio in mezzo alle gambe.                                                                                        
«Edo...» boccheggia suo fratello. Lui sporge il labbro. «Che c’è? La mia mano se ne sta lì, buonina buonina... – e stringe forte la presa sul suo rigonfiamento – o forse no» afferma con un ghigno serafico, che poco si adatta alla sua figura di bravo ragazzo. Federico stringe le nocche sul volante, tanto che queste diventano bianche per lo sforzo. «Non ti dirò nulla» dice con voce rauca. Sanno entrambi quanto poco riesca a resistere quando è Edo a prendere l’iniziativa.                                                                 
«Sei proprio sicuro?» chiede lui sbattendo le ciglia. Poi inizia a massaggiare lentamente, molto lentamente, troppo lentamente il rigonfiamento di Fede, che ora ha la faccia paonazza, ma che continua a tenere la bocca chiusa. Anzi, ha persino serrato le labbra. Dalla radio arrivano le parole di Peacock di Katy Perry... che coincidenza. Senza togliersi il ghigno soddisfatto dal viso, Edo sfila il bottone dei jeans dall’asola, infilando le dita nei boxer del fratello e saggiando con i polpastrelli la carne calda e dura. All’improvviso l’auto sterza, con profondo disappunto di Lope, che guaisce confusa, e finisce su una stradina laterale infilata in mezzo agli alberi.                                                                              
«Dove siamo finiti?» chiede Edo aggrottando le sopracciglia.                                                       
«Dove nessuno può vederci e denunciarci per atti osceni in luogo pubblico» risponde suo fratello gettandoglisi addosso. L’altro sorride soddisfatto: fra meno di dieci minuti, suo fratello avrà cantato.

* * *

Federico ha ripreso a cantare allegramente con la radio a tutto volume, Lope lo accompagna ululando come una sirena dell’autoambulanza e Edo ha la stessa espressione di un bambino messo in punizione. Oltre ad avere il fondoschiena che brucia come se si fosse seduto sul gas acceso. E non è riuscito ad estorcere a suo fratello neppure mezza informazione! Quasi sicuramente Lope è rimasta traumatizzata da ciò che li ha visti fare sul sedile posteriore, dato che adesso si nasconde sotto le zampette morbide. Mentre sta riflettendo su quanto la loro sveltina sia stata appagante, Edo nota una piccola casetta di legno in fondo alla stradina.                          
«Eccoci arrivati» dichiara Fede fingendo di ignorare la sua bocca spalancata dalla sorpresa. «Q-quella è... una baita?» chiede incredulo uscendo dall’auto.                                                     
«Già, ed è tutta nostra. Per una settimana intera» gli risponde suo fratello tirando fuori Lope dalla sua gabbietta e guardandola scorrazzare entusiasta nel prato. La piccola corre in mezzo all’erba, insegue gli insetti e si nasconde in mezzo alle aiuole che circondano la casa. È un edificio dall’aspetto molto caratteristico, su due piani, con un campanaccio sulla porta di legno e piccoli balconi sotto le finestre per poter sistemare in vasi di fiori. A lato c’è un minuscolo stagno, più simile ad una pozzanghera in realtà, tutto ricoperto di foglie rotonde e verdi. Edo avverte suo fratello abbracciarlo da dietro, le mani calde infilate sotto la maglietta e aperte sulla pancia e le labbra a sfiorargli il collo.                                 
«Ti piace?» bisbiglia dandogli un bacio dietro l’orecchio. Lui annuisce, appoggiando la testa sulla sua spalla. Una settimana; soltanto loro due, Lope e una casa sperduta tra le montagne. Perfetto.

* * *

«Ti ho mai detto che ti amo?»                                                                                                       
Edo è nudo, sdraiato sul corpo del fratello, e gli accarezza lentamente il petto. Le fiamme divampano allegre nel camino, riscaldando e illuminando tutta la stanza. Lope sonnecchia davanti al fuoco, è tra le braccia di Morfeo già da un paio d’ore. Quando sono entrati in salotto e Edo ha visto il caminetto, lo ha subito costretto ad accenderlo e a preparare il pranzo, mentre lui disfaceva la valigia. Poi, approfittando delle ore più calde, sono andati a fare una passeggiata lungo un sentiero nascosto nel bosco. Alla fine del loro giretto, sono tornati e prima di cenare si sono fatti una doccia, insaponandosi a vicenda e ridacchiando come due bambini. E adesso eccoli lì, intenti a scambiarsi baci e coccole sul divano del salotto.                                                                                                                                  
«Grazie» mormora Edo sul suo collo. A volte lui stesso si stupisce di quanto possa amarlo, ma, in fondo, come potrebbe essere il contrario? Suo fratello si preoccupa così tanto per lui, si assicura sempre che stia bene, fa in modo che sappia che non è mai da solo, che lui c’è...                                                                                                                                          
«Per cosa?» gli chiede Fede inclinando di lato la testa, senza smettere di massaggiargli la schiena e le spalle. Lui non risponde, si limita a scuotere il capo, facendogli segno di non parlare e posandogli un dito sulle labbra. Lascia che le sue dita vaghino fra le linee dei pettorali, molto più pronunciati dei suoi, senza mai staccare lo sguardo dal suo. Federico si alza a sedere e gli tira gentilmente i capelli, per avvicinarlo a sé e baciarlo. Si mordono, si baciano, si  cercano e si trovano; graffiano e sfiorano ogni lembo di pelle che riescono a raggiungere, dondolandosi l’uno contro l’altro sempre più velocemente. Poi Federico porta le mani sui suoi fianchi, lo solleva un po’ e s’insinua dolcemente dentro di lui, abbracciandolo forte. E in quel momento Edo si chiede cosa ci sia di più bello, di più vero e di più giusto dell’essere protetti da qualcuno che ti ama più della sua stessa vita e che fa del tuo benessere il suo unico scopo nella vita.

 

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice (se così si può chiamare):

Allora, innanzitutto volevo ringraziare quelle pazze 17 persone che seguono questa storia, le 7 che l’hanno messa fra le preferite e l’unica (un bacio solo per te!) che l’ha inserita fra le seguite. 
Un abbraccio va alla mia topina Alixsoldier che mi sostiene in continuazione. Ti beterò il capitolo prima possibile, promesso!) 
Vorrei mandare un abbraccio enorme a Lilyy, Angelo Nero e di nuovo Alixsoldier, che puntualmente ad ogni capitolo spuntano con una recensione più bella dell’altra. Grazie ragazze <3 
Infine un bacione grande grande ad Angelo Nero, che non si sa come ha previsto questo capitolo. Spero con tutto il cuore che ti piaccia <3 
Grazie a chiunque legga questa storia, mi rende davvero felice. 
Con amore, Ice

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Capitolo 11
*** Auto ***


11. AUTO
Quando suo fratello ha detto che ci avrebbe messo solo cinque minuti, Federico ha subito capito come sarebbe andata a finire. E infatti eccolo lì, appoggiato al cofano dell’auto nel cortile del loro condominio, aspettando che Edoardo riemerga dagli Inferi. O almeno che esca di casa prima che faccia notte. E sono solo le quattro del pomeriggio.                                 
Con la mano accarezza pensieroso la carrozzeria della sua piccola. Vecchia carretta su quattro ruote. Quella macchina è stata il regalo dei genitori per il loro diciottesimo compleanno, una minuscola Fiat Panda azzurro cielo di seconda mano. Hanno avuto una fortuna sfacciata a trovare un’auto del genere: prima di diventare loro era appartenuta ad un vecchietto di settant’anni per gamba che aveva tirato le cuoia neppure un anno dopo averla comprata. E aveva macinato così pochi chilometri che probabilmente gli unici viaggi compiuti erano stati al supermercato una volta al mese. E poi il rivenditore gli ha regalato anche i tappetini nuovi. Ricorda ancora l’espressione scioccata di suo fratello quando aveva staccato il fiocco rosso dal parabrezza, la stessa che probabilmente doveva avere lui: un misto di incredulità, felicità e sollievo. Federico aveva capito subito il perché di quel sentimento: quell’auto rappresentava, nel suo piccolo, una via di fuga da quel mondo che li soffoca con i suoi pregiudizi. Era bastato un solo sguardo per decidere che a guidare sarebbe stato quasi sempre Fede, e lui ne era orgoglioso, perché Edo odia andare in macchina con qualcuno che non ritiene in grado di guidare. Piuttosto se la fa tutta a piedi. Con lui, invece, aveva persino ceduto al sonno, cosa che non si era mai sognato di fare nemmeno quando alla guida c’erano i suoi genitori. In quelle occasioni si appoggiava a lui, quello sì, a volte si sdraiava, ma l’unico a ronfare era sempre stato Federico.                                                           
Il loro primo viaggio era stato qualcosa di indimenticabile: erano partiti di notte e avevano viaggiato fino all’alba, per poi fermarsi in collina e guardare il sole sorgere, seduti sul cofano con una birra tra le mani. Poi si erano addormentati sui sedili posteriori ed erano rimasti lì fino a pomeriggio inoltrato. Con quell’auto vanno spesso a trovare i nonni materni, che li ospitano per un paio di giorni e poi riempiono lor il bagagliaio di cibarie per essere sicuri che mangino bene anche a casa. Ci sono stati (e ce ne saranno ancora) gli infiniti giri notturni per il centro della città che non hanno mai una meta precisa se non il ritorno a casa. Non sa spiegarsi quando e perché abbiano avuto inizio, ricorda solo che una notte Edo lo ha svegliato (probabilmente dopo aver avuto un incubo) e gli ha chiesto di portarlo a fare un giro.                                                                                                           
Poi ci sono state le volte che, in quella macchina, hanno fatto l’amore. Gemiti, sussurri, promesse e parole dolci hanno riempito l’abitacolo. Certo, ci sono state parecchie sveltine, come quella durante il viaggio verso la baita che ha lasciato la piccola Lope traumatizzata a vita. Hanno fatto così tanto esercizio e assunto le posizioni più assurde che potrebbero cercare lavoro come contorsionisti in un circo.                                                                        
Fede scoppia a ridere: in qualche modo devono pur arrangiarsi su quei sedili così stretti. Finiscono sempre col farlo seduti o con le gambe contro il finestrino, ma in fondo, è la posizione che preferisce. Non è sempre comoda, però: una volta Edo ha persino battuto la testa contro il tettuccio. Be’, in quel caso, le risate hanno aggiunto solo più eccitazione, al contrario di quello che aveva temuto sul momento.                                                                          
Il portone del condominio si apre mentre lui sta ancora ridendo e suo fratello lo raggiunge di corsa, preceduto da quella nanetta malefica di Lope che sgambetta tirando con forza il collare rosa. In un attimo strabuzza gli occhi: rosa? Ma che diavolo...?                                
Sorride, mentre Edo gli lascia un bacio veloce sulla guancia e si scusa per il ritardo. A volte è una tale primadonna.

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice:
Alloooora, capitolo molto extra lampo perché volevo farvi sapere che ho messo le foto in ogni capitolo e vorrei sapere che ne pensate!
Angelo nero, Alixsoldier e Lilyy, aspetto le vostre recensioni con le gambe che tremano perché sono sempre le migliori, perciò fatevi sentire presto!
Bacionissimi, Ice <3

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Capitolo 12
*** Zio ***


Angolino Autrice:

Allora... oggi il mio piccolo angolino è per dirvi....                                                                  
1) Buon San Valentino (in ritardo) amori miei!!                                                                           
2) Volevo aggiornare ieri per l’occasione, ma io e il mio computer siamo arrivati quasi a lasciarci, perciò...                                                     
3) Ho pensato di aggiungere questo capitolo perché mi sembra il più adatto all’occasione, e spero davvero che vi piaccia.                                                                
4) Per chi non lo sapesse, oggi è (credo) la FESTA DEI SINGLE!! Come me!! Anche se... ;)                                                                                                          
5) Un mega bacio a tutti e tanta tanta tanta cioccolata virtuale (per corrompervi e avere più recensioni :D).                                                                             
Angelo (mio) Nero, conto su di te!                               
Auguri a tutti!!! <3



12. ZIO

Dopo esser rimasto qualche istante a fissare il portone di casa, Massimo infila la chiave argentata nella serratura e la gira il più silenziosamente possibile, sperando che nessuno se ne accorga. È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ha messo piede in quella casa, e all’epoca non era ancora stata terminata, eppure è proprio come se l’era aspettata. Semplice, incasinata e perfetta per due ragazzi di vent’anni. Sta per dirigersi nella camera di Federico e Edoardo, quando una piccola palletta di pelo barcolla nella sua direzione. Sgrana gli occhi, incredulo: da quando in qua i suoi nipoti hanno un cane? E perché non glielo hanno detto? Si china per osservare meglio quel piccolo scherzo della natura: è così dolce. E addormentato, molto addormentato, visto che traballa un po’ sul poso e poi crolla a sedere, sbadigliando ripetutamente. Di sicuro non corre il rischio che si metta ad abbaiare. Non è per nulla diffidente, anzi, si abbandona soddisfatta alle sue carezze, ricompensandolo con una leccatina sul palmo della mano. Massimo ne approfitta per dare una sbirciata alla medaglietta che porta al collo: «Lope». Mormora leggendo l’incisone. Poi la guarda confuso: «Quindi sei maschio o femmina?»                                                                    
Lope si limita a scuotere la coda con entusiasmo, inclinando di lato la testolina. Non potendo ricevere una risposta, l’uomo la solleva per le zampe senza tante cerimonie e «Femmina» decreta. La prende in braccio cullandola come un neonato, cosa che la cucciola sembra gradire parecchio, e riprende la ricerca dei suoi nipoti. Decide di ignorare il paio di boxer che fa capolino dal bagno, si infila nella camera da letto e... eccoli lì, i suoi due ometti. Lope scalpita come una dannata per la voglia di gettarsi in mezzo a loro e dare il buongiorno, perciò Massimo la spinge fuori dalla stanza e chiude la porta, con grande disappunto della bestiola, che inizia a guaire e a grattare le unghie sul pannello liscio.                                                          
«Scusa piccola, è solo per poco». Si rialza e resta letteralmente incantato a fissare i due ragazzi: stanno dormendo come due sassi, un groviglio di corpi impossibile da separare. Edoardo ha la testa appoggiata sulla pancia del fratello, usandola a mo’ di cuscino; un rivoletto di bava che scende dalle labbra, le braccia strette intorno alla sua vita e le gambe nascoste dalle lenzuola. Federico è steso sotto il ragazzo, le mani coperte dal cuscino e la bocca spalancata. Con le gambe abbraccia l’altro appena sotto il sedere, in un chiaro (e piuttosto insolito) gesto d’affetto. In effetti non sono proprio un bello spettacolo, conciati e soprattutto incastrati così, ma Massimo riesce a scorgere comunque l’amore e il senso di protezione che provano l’uno per l’altro. Il fatto che sotto il lenzuolo siano nudi, perché lui è sicurissimo che siano nudi, non lo sconvolge affatto. Le estati in cui erano piccoli, non era strano vederli scorrazzare per il prato come mamma li ha fatti. Fortuna che vivevano in una fattoria in piena campagna. Sono così belli che si potrebbe fermarsi a guardarli per ore, ma Lope continua ad accanirsi contro la porta come un’indemoniata e, rischiando di svegliare i due padroni. E quel privilegio oggi spetta a lui. Prende una lunga boccata d’aria, poi urla con tutto il fiato che ha in corpo: «Buongiorno!» e tira via il lenzuolo (abbastanza inutile, in effetti). I due saltano a sedere confusi e parecchio terrorizzati, e Massimo nota con una punta d’orgoglio come Federico sia subito scivolato davanti al fratello per difenderlo, un’espressione di pura sfida sul volto. Poi però, mette bene a fuoco la sua faccia e spalanca la bocca, sorpreso. 
«Zio Max?» chiede allibito. Edo assume la sua stessa espressione e per un momento Massimo trova che siano proprio identici, ma poi scuote la testa. Quei due non potrebbero essere più diversi. Il più piccolo recupera un paio di boxer dal fondo del letto e li infila frettolosamente, senza accorgersi di averli indossati al contrario. In meno di un secondo gli salta in braccio e lo stritola in una morsa letale, un sorriso a trentadue denti che lui non può fare a meno di ricambiare. Federico invece, si alza lentamente, completamente a suo agio nella propria nudità, e va ad aprire la porta a Lope, che adesso è passata all’attacco a suon di testate. La nanetta entra nella camera a passo di carica e gli mordicchia immediatamente le caviglie con aria offesa. Max conosce bene la diffidenza di Federico verso la propria famiglia, quindi si limita a stringere più forte Edo e ad arruffargli i capelli. L’altro sembra un po’ titubante, ma poi gli dà un paio di pacche sulla spalla, che lui ricambia felice. 
«Cosa ci fai qui, zio Max?» chiede Edo ritornando a terra.                                                                                                                         
«Ero di passaggio e ho pensato di venire a farvi gli auguri di buon compleanno di persona».                                   
«Ma è stato due mesi fa!» protesta il più piccolo con un falso broncio. Lui scoppia a ridere. «Be’, questi sono dettagli. Allora – si sfrega le mani con un ghigno – direi che c’è qualche novità, giusto?» chiede alludendo al piccolo demonio peloso che continua a torturare indisturbato i piedi del padrone. Edo si china a raccoglierla e le porge le dita che lei comincia a mordicchiare contenta. «Lei è Lope – la presenta sollevandola in alto – di’ “ciao”, Lope». Per tutta risposta lei gli azzanna la mano.                       
«Ahia!» strilla lui lanciandola sul letto e provocando le risate di tutti.                                    
«Edo l’ha trovata tre mesi fa vicino ad un cassonetto e da allora sta con noi» spiega Fede.                 
«Be’, allora immagino che voi due andiate molto d’accordo, avete entrambi caratteri... compatibili, uhm?» allude sollevando un sopracciglio. L’altro apre la bocca pronto a ribattere, ma Max non gli lascia il tempo e procede: «In fondo, è meglio così. Tu sei testardo e irruente, mentre Edo è più sereno e paziente. Vi completate a vicenda, ed è una cosa molto rara. È bello vedervi ancora insieme» confessa con un sorriso, poi aspetta la reazione del maggiore. Fede apre e chiude la bocca un paio di volte, incerto su cosa dire. Alla fine abbassa le spalle e espira pesantemente, limitandosi ad un «Grazie» sussurrato. 
Edo osserva la scena in totale tensione, la mascella serrata e le mani sudate. Poi però esclama: «Vieni, zio Max, andiamo a preparare la colazione. E tu vestiti» aggiunge in tono dolce rivolto al fratello. Prima di uscire dalla camera gli lascia un lungo bacio sulle labbra. Le mani di Federico si agganciano subito ai suoi fianchi per avvicinarlo di più e Max nota con gioia come la sua espressione costantemente diffidente svanisca poco a poco.

* * *

«Allora ragazzi... come state?» chiede Max intingendo un pezzo di brioche nel cappuccino rigorosamente senza zucchero.                                     
«Bene, tutto sommato. L’università è stancante e vivere da soli non è così facile come sembrava, ancora meno da quando c’è Lope, ma...»                                   
«Ma siete insieme» completa lui. Con la coda dell’occhio vede Federico prendere la mano del fratello e l’altro ricambiare la stretta. Poi il più grande gli accarezza il collo e lo avvicina a sé in un chiaro invito. Edo tituba un po’, ma alla fine si lascia andare e gli permette di baciarlo, nonostante la timidezza che prova per la presenza dello zio. È un bacio semplice, una leggera pressione di labbra, ma poco a poco si trasforma, diventando ogni secondo più passionale. Max non distoglie lo sguardo, anzi, ne approfitta per leggere le emozioni che passano sui volti dei ragazzi: la preoccupazione e l’ansia di Edo, l’irruenza e l’istinto di protezione di Federico. Quando si separano il più piccolo ha le guance rosse, sia per la foga del bacio che per l’imbarazzo, e comincia a balbettare, finché non si allontana dalla cucina borbottando qualcosa riguardo una lunga doccia fredda. L’altro ride, ma quando poi si accorge di essere rimasto da solo s’irrigidisce sul posto e lo fissa diffidente. E in quel momento che Massimo capisce quanto in realtà siano entrambi l’uno dipendente dall’altro. 
«Allora, come sta Adriana?» domanda infine il ragazzo. Lui ci mette un attimo di troppo a capire che Federico gli sta chiedendo notizie di sua moglie e non riesce a nascondere la sorpresa in tempo. «Bene, grazie. Ormai è entrata nel nono mese e non vede l’ora di partorire. L’attesa sta stancando tutti, a dir la verità, e lei non ne può più».                                
«Sono contento per voi... avete già scelto il nome, vero?»   
«Be’, noi abbiamo deciso quello del primo, perciò ci sembrava carino lasciar scegliere ad Andrea il nome del fratellino. A lui piace “Alberto”, perciò credo che la scelta ricadrà su questo».                                                                      
«Alberto... è un bel nome. Ha buon gusto il ragazzo per avere solo...» Federico aggrotta la fronte, rendendosi improvvisamente conto di non ricordarsi l’età del cuginetto. Se ne vergogna un po’, ma Max sorride tranquillamente e gli viene in aiuto.                                                
«Otto anni, come voi quando...» blocca la frase a metà, rendendosi contro tardi di aver parlato troppo. L’altro infatti stringe i pugni sul tavolo, fino a rendere le nocche bianche come il latte. La mascella si contrae e lo sguardo diventa duro, impenetrabile.                         
«Come noi quando, per la prima volta, ci hai visto mentre...» non riesce a continuare, gli si forma un groppo in gola. L’atmosfera si fa pesante e il silenzio che aleggia stanza è così soffocante che Max reciterebbe anche la lista della spesa, pur di mettergli fine. Prende un lungo respiro, con la consapevolezza che sia arrivato il momento di fare un certo discorso troppo a lungo rimandato al nipote.                                                                             
«Ascolta, Federico... quel giorno io non ho visto nient’altro se non la conferma di ciò che sospettavo da sempre. Ti ricordi cos’è successo?» chiede con gentilezza.                                  
«Potrei mai dimenticarlo? – le sue mani iniziano a tremare – Tutta colpa di quella stupida gara di palleggi. Io e Edo avevamo litigato per la palla, volevamo entrambi la stessa. Alla fine, io ero andato dall’altro lato del cortile e mi ero messo a guardarlo a braccia conserte – ride – Ci amavamo già all’epoca, ma restavamo comunque dei bambini. Edo aveva cominciato a giocare da solo all’ombra di un albero, lanciando in aria la palla e riprendendola al volo. Poi però, questa finì troppo in alto e rimase incastrata tra i rami. Lo vidi girarsi verso di me per chiedermi aiuto, ma io finsi di non aver seguito la scena e lo ignorai. Che grandissima testa di cazzo».                      
Max sorrise. «Già allora eri orgoglioso e testardo come un mulo. Cosa successe dopo che decidesti di ignorarlo?»                                         
«Perché me lo chiedi? La storia la sai anche tu».                                                                                                              
«Sì, ma... vorrei conoscere il tuo punto di vista, se non è un problema». Immagina che al ragazzo non faccia piacere ricordare un evento così traumatico, per quanto lui gli abbia assicurato che non è così, perciò non insisterà troppo.                                                              
«No, non lo è, ma... be’, non è che ci sia poi molto altro da dire. Edo decise di arrampicarsi sull’albero per recuperare il pallone ed io mi feci subito prendere dall’ansia. Mi ero già completamente scordato del nostro litigio, l’unica cosa che mi preoccupava in quel momento era che lui non si facesse male. Gli corsi incontro per fermarlo e andare al suo posto, ma non arrivai in tempo e lui cadde».                                                                                  
«Non fu un gran volo, in realtà» commenta Max. «No, affatto. Più che altro scivolò lungo il tronco della pianta e ci lasciò attaccato un intero strato di pelle – Fede scoppia a ridere e finalmente quell’aria turbata, che lo avvolge da quando è iniziata la conversazione, scompare – Aveva graffi ovunque, ma nulla di serio. Il peggio fu che si spaventò moltissimo e scoppiò a piangere. Entrambi sappiamo bene che cosa mi succede se Edo piange». La sua mascella s’irrigidisce.                                    
«Sì. Non nascondo che mi sia venuto un colpo quando vi ho visti accovacciati in mezzo al prato. Il mio cuore deve aver perso parecchi battiti».              
Fede sorride amaramente. «Dovevi essere disgustato, vero?»                                                                                
L’altro lo guarda sconvolto. «Disgustato? No! Non potrei mai essere disgustato da voi due. Siete i miei nipoti, siete... come figli, per me. Posso esser stato sorpreso, in principio. Spaventato, forse. Ma mai disgustato, Federico, mai. Quando vi ho visti baciarvi, quando vi ho... scoperti, mi sono sentito come mi fosse stato affidato un segreto di stato. Perché non avrei mai, mai rivelare una cosa del genere». Gli trema la voce e sente gli occhi pizzicare alla sola idea di poter commettere un atto del genere ai ragazzi. Solo in quel momento capisce come Federico l’abbia sempre considerato una minaccia; e questo lo ferisce moltissimo.              
«Perché non lo hai fatto?»                                                                                                            
Lui sorride.  «Non credo che qualcuno debba o possa distruggere un amore così forte. E il vostro... quello sì che è Amore. La cura con cui hai pulito con la tua maglietta la ferita al ginocchio di tuo fratello, il modo in cui l’hai cullato fra le braccia, i baci con cui l’hai letteralmente ricoperto per consolarlo... be’, credo che solo una persona profondamente innamorata si sarebbe comportata così. E il modo in cui Edoardo si aggrappava a te era la dimostrazione che anche lui provava le stesse cose». S’interrompe quando si accorge che delle lacrime rigano il volto del ragazzo. È così straziante vederlo in quello stato.                  
«Vedi, Federico, io sono dell’idea che ognuno debba essere libero di poter fare, di provare, di amare chi e cosa vuole, finché questo non danneggia nessuno. Patteggio per il “vivi e lascia vivere”, se preferisci vederla così. Ma nel vostro caso... se mai qualcuno dovesse scoprirlo, dovesse provare a separarvi, io non vi lascerei da soli. Sarei con voi, combatterei con voi. Perché meritate, perché il vostro amore merita tutto il meglio che questo mondo può offrire. E spero con tutto il cuore che riusciate ad ottenerlo». Detto questo si alza e va a sedersi accanto al nipote, che ormai ha aperto i rubinetti e non accenna a chiuderli. Federico gli poggia la testa in grembo e gli circonda la vita con le braccia, lasciando che lunghi singhiozzi silenziosi scuotano il suo corpo.                                                               
“Sembra un bambino” pensa Max accarezzandogli i capelli con movimenti lenti e costanti. Lo culla come anni prima ha fatto lui con suo fratello, come quando era piccolo e il mondo appariva più semplice. O forse, lo era davvero. Dietro la porta della cucina, Edoardo, guarda suo fratello piangere e piange con lui, certo che l’altro avverta la sua presenza.

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Capitolo 13
*** Sonno ***


13. SONNO

«Hai perfettamente ragione, Robert. Bene, dopo questa lunga ed entusiasmante chiacchierata direi di salutare Robert Downey Jr e augurare a tutti una buona serata!» la voce di David Letterman si affievolisce, circondata da un mare di applausi.                                    
«Sì, ‘notte» mormora Federico assonnato spegnendo con uno scatto secco la televisione. Si volta e fa per tirare una pacca sulla gamba di Edo, ma si accorge (appena in tempo) che il fratello si è addormentato. Fede si blocca a mezz’aria, restando incantato a guardarlo: così rannicchiato nell’angolo del divano, le braccia sotto la testa a mo’ di cuscino e il corpo nascosto dalla coperta di pile... sembra proprio un bambino. Ha le guance rosse e i capelli spiaccicati sulla fronte; il petto si alza e si abbassa lentamente, scandendo il tempo come un orologio a pendolo. Federico si accovaccia davanti a lui e lo guarda con un’aria sognante che neppure si accorge di avere. Ma cosa ha fatto lui di così buono per meritarsi un angelo del genere? Gli passa lentamente le dita fra i capelli, scostandoli dalla fronte e saggiandone la consistenza morbida. Con i polpastrelli traccia linee immaginarie e quasi impalpabili sul suo viso, sfiorando le guance, disegnando le sopracciglia, percorrendo il profilo del naso e il contorno delle labbra, lasciando ovunque una scia interminabile di piccoli baci. Gli sfiora più volte la bocca con la propria, lasciando che il sapore della pizza mangiata a cena si posi sulla sua lingua. Vorrebbe approfondire il bacio, ma in quel caso lo sveglierebbe e lui non potrebbe più adorarlo come sta facendo adesso. Dio, è talmente bello che quasi gli viene da piangere, ma si limita a nascondere il viso nell’incavo del collo, che è caldo e soffice e profuma come sempre di latte. Respira a fondo e a lungo, perché di Edo non ne ha mai abbastanza. Quando crede che possa bastare (almeno fino al giorno successivo) si alza e prova a disincastrarlo dal bozzolo di coperte in cui si è avvolto, senza fare movimenti troppo bruschi. Lo prende tra le braccia e lo tira su con uno sbuffo. Non è troppo pesante e di certo non è ingrassato, ma ha comunque il suo peso. Lo trasporta in camera come una sposa, ridacchiando sommessamente. Se solo potesse vedersi in quel momento, Edo diventerebbe rosso come un pomodoro. Lo posa delicatamente sul letto, evitando di colpire Lope che sonnecchia al fondo del materasso e non nella sua cuccia, dove le hanno detto mille volte di andare. Non appena tocca il lenzuolo, Edo si rannicchia su se stesso alla ricerca di calore.                                                                                  
«No, Edo, aspetta! Come faccio a spogliarti...» Fede sbuffa, strofinandosi stancamente le tempie. Quasi quasi avrebbe preferito svegliarlo. Per prima cosa, si sveste in fretta, poi passa a suo fratello. Gli sfila calzini e pantaloni della tuta con facilità, poi, con un paio di manovre da vero esperto, porta via il maglioncino beige. Resta per un attimo imbambolato a fissarlo. Suo fratello indossa solo i boxer, e lui non sa se debba toglierglieli o lasciarglieli addosso... Oh, al diavolo, pensa scuotendo la testa. Non riesce a dormire se non può sentirlo proprio ovunque, e se suo fratello dovesse avere freddo dovrà solo stringersi di più a lui. E poi quelle mutande a pois disco-dance non si possono proprio vedere. Facendo attenzione a non toccarlo in zone troppo sensibili, lo libera da quell’ultimo indumento ingombrante e si concede solo un secondo per ammirarlo, per imprimersi la sua immagine nella mente. Gli farebbe una foto, se questo non lo facesse sentire poi un pervertito. In realtà ne ha già una, scattata di nascosto durante una torrida mattina d’estate. Nell’immagine, suo fratello sta dormendo sereno, coperto solo da un lenzuolo bianco, che crea uno splendido contrasto con la sua pelle abbronzata. Erano in vacanza ad Ibiza e stranamente la pelle di Edoardo, invece di diventare rossa come una fragola (come spesso accadeva), aveva assunto un appetitoso color caramello, che gli aveva fatto venire letteralmente l’acquolina in bocca. Quando è annoiato, ha nostalgia di suo fratello o semplicemente vuole vederlo, tira fuori quella foto dal portafoglio e la osserva.                                                                                                        
Con un sorriso, si sdraia accanto al fratello e copre entrambi con il piumone. In un istante, Edo si srotola dalla sua posizione fetale e si gira verso di lui, incastrandosi fra le sue braccia e infilando la testa sotto la sua. Fede lo stringe forte, infila una gamba in mezzo alle sue e gli lascia una carezza sul fianco, per poi spegnere la luce. Nascosto dal buio, lascia un leggero bacio sulle sue labbra soffici e con un sospiro felice, chiude gli occhi.

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice: Ultimamente ho preso l'abitudine di inserire questo angolino, cosa che prima non mi piaceva :) Comunque... Ciao a tutti! Come state? Oggi è il 1° marzo, manca poco alla primavera (e alla stagione degli amori!!) eio sono molto contenta di ciò <3 So che questo capitolo è un po' cortuccio (e che avrei dovuto inserirne un altro, ma voi questo non lo sapete, quindi schhh *mette un dito sulla bocca*). Ieri sera, però, è successo questo (e io ovviamente ho spiato tutto dalla cucina) e da ottima amica che sono ho subito scritto questa cosina qua. Vi piace? Un bacione a tutti quelli che leggono, recensiscono o semplicemente sorridono mentre legono una delle mie ennesime schifezzuole <3 P.S. specialmente ad Angelo Nero, che nell'ultima recensione ha sclerato per colpa mia e di S. valentino, e a lilyy che si è spaventata per il mio possibile divorzio con il computer (tranquilla, ci siamo chiariti!)

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Capitolo 14
*** Anello ***


14. ANELLO

Ogni volta che esce dall’università, Federico ama passeggiare tra le bancarelle di via Po, sbirciare fra i banchi di abiti etnici e bigiotteria fatta a mano che si alternano lungo la strada. C’è un tratto particolare, poi, che lui chiama “la via dei libri” e in cui si perde spesso e volentieri. In quel punto si vendono soltanto libri, dai classici romanzi rosa ai dizionari piemontese-napoletano, per arrivare infine ai più tranquilli manuali di giardinaggio. Sono per la maggior parte usati e quindi a metà prezzo (o anche meno), ed è proprio da lì che arrivano i due terzi dei libri che possiede.                                                              
Si ferma a curiosare davanti ad un banchetto che offre una vasta scelta di classici per pochi spiccioli, ma tra tutti i titoli esposti, non ce n’è nessuno che lui non abbia già. Dopo aver fatto un cenno di saluto a Gianni, il proprietario tutto pancia e barba del banco, si volta per tornare a casa.      
«Guarda, giovanotto, guarda che meraviglia!»                                                                                                    
Fede si osserva intorno per capire chi lo stia chiamando, quando poi nota una stramba vecchietta dietro una bancarella minuscola. Più un tavolo, in effetti. Ha lunghi capelli bianchi sparati in ogni direzione, vestiti larghi e indossati troppe volte e una luce un pochino inquietante negli occhi (ma solo un pochino). Però ha un sorriso contagioso , senza qualche dente, e un’aria simpatica. Si avvicina ricambiando il sorriso e dà una sbirciata alla merce esposta: ci sono collane, bracciali, anelli e orecchini di legno e di metallo. In un angolo ci sono anche portafogli e porta-tabacco in pelle colorata, ma lui non fuma ed è troppo affezionato al suo vecchio portafoglio della “Seven”. Regalo di Edo, ovviamente. Si sofferma, piuttosto, ad osservare gli anelli da uomo. Non sono molti come quelli femminili, ma ce n’è un paio in particolare che ha attirato il suo sguardo. Sono semplici, argentati e con una sottile fascia nera in mezzo. Starebbero bene a lui e suo fratello, anche se entrambi non portano mai gioielli. Senza neanche rendersene conto, si perde ad immaginare come sarebbe avere qualcosa da poter indossare entrambi che mostri segretamente la loro unione. Sa che è un pensiero da verginella alle prime armi, ma adesso che li ha visti si sente quasi febbricitante dall’emozione. E poi, c’è anche un’altra idea, tanto folle quanto meravigliosa... e quasi doloroso da ammettere, ma quei due anelli sembrano proprio delle fedi. Nuziali. Matrimonio.... il solo pensiero gli riempi gli occhi di lacrime e le mani di sudore, e lui non ha la più pallida idea di cosa stia facendo, ma si vede allungare un braccio e chiedere: «Quanto costano quelli?»                                               
La vecchietta ne prende uno in mano e lo guarda deliziata, accarezzandolo con le dita come se fosse unico al mondo. «Sono belli, vero? Sono sei euro al singolo, dieci al paio. Questo tipo di modello si vende molto in coppia – racconta aprendosi in un sorriso sdentato – Vedi, le due fascette argentate ai lati rappresentano la persona che lo indossa, mentre la fascetta nera la persona a cui si regala il gemello. - alla parola gemello, Fede sussulta lievemente – Le prime due circondano la terza come per proteggerla, per difenderla... proprio come fanno entrambe le parti di una coppia».                                                                  
«È una storia bellissima» sussurra lui. La donna gli tende l’anello con sguardo incoraggiante, invitandolo a provarlo. Mentre lo infila al dito le sue mani tremano, e per un attimo lui resta scioccato. È perfetto.                                                                                   
«Prendo anche l’altro, quello uguale» dice cercando di non balbettare troppo. Le porge la banconota con ansia, mentre la vecchietta sistema il secondo anello in una soffice scatolina nera. Non vede l’ora di metterci le mani sopra.                                                                                                                                             
«Quello lo tieni addosso o lo mettiamo nella scatola?»                                                                     
Fede ci pensa un po’ su, poi decide: «Lo tengo». Afferra rapidamente il pacchetto e saluta con un gesto veloce, affrettandosi a fare ritorno. Gianni, pigramente adagiato sul suo sgabello, scuote la testa con un risolino, domandandosi chi possa essere la fortunata.

* * *

Sono quasi le otto e Federico non riesce a credere di volerlo fare davvero. Ha messo in ordine tutto l’appartamento, preparato la cena con tanto di candele e fatto almeno una decina di docce fredde. Non ne può più. Tanto per aumentare la sua ansia, Edoardo decide di entrare in casa proprio in quel momento, la felpa aperta e gli auricolari appesi dietro alle orecchie come solo lui fa.                                                                                   
«Ehi!» si salutano in sincrono. Non è la prima volta che succede, perciò entrambi sorridono e in meno di un secondo le loro labbra sono attaccate. A contatto con la sua bocca e il suo calore, Fede si rilassa un po’, stringendo il fratello tra le braccia. Sta per approfondire il bacio, quando qualcosa picchietta contro la sua fronte. Un dito di Edo, che ora lo guarda con aria corrucciata. «Che cos’hai? Sembri nervoso».                                                                    
Fede sorride. Non può nascondergli niente. «Nulla di che, sono solo un po’ stanco» mente, sperando che se la beva. La scatolina con l’anello è nascosta nella sua tasca e sembra pesare ogni secondo di più.                                                                                                        
Edo gli accarezza una guancia con aria premurosa. «Allora mettiamoci a tavola, va bene?»                                                                             
Lo guarda posare lo zaino a terra, fare un paio di grattini a Lope e sfilarsi le scarpe, mostrando un paio d calzini immacolati. Entra in cucina con aria tranquilla, forse pensando a quale tipo di pizza tirare fuori dal freezer... poi resta a bocca aperta.                       
«E questo? Ho dimenticato qualcosa da festeggiare?» Dalla sua espressione si capisce benissimo che è confuso e preoccupato di aver scordato qualcosa d’importante.                  
«No – risponde lui scuotendo la testa e asciugandosi nervosamente le mani sui pantaloni – volevo solo farti una sorpresa».                                                         
 
Lo sguardo di Edo si riempie di dolcezza, mentre si avvicina e gli posa le mani sui fianchi per baciarlo teneramente. «Ecco perché sei così stanco. Grazie». Poi lo prende per mano e lo trascina a tavola. La cena trascorre in silenzio, interrotta solo da brevi commenti del più piccolo su come le candele rosse diano un’aria tremendamente romantica e su quanto siano buoni gli gnocchi al formaggio. Lui risponde sempre a monosillabi o con sorrisini accennati e non tocca quasi nulla. È mentre stanno mangiando il dolce (classica torta alle mele) che  Edo posa la sua fetta e lo guarda spazientito. «Okay, adesso basta. È tutta la sera che sei agitato e non mangi nulla – gli prende una mano e la porta alle labbra – Dimmi cosa ti succede, ti prego». Ha lo sguardo implorante e sinceramente preoccupato, e Fede si chiede per l’ennesima vola nella vita che cosa abbia fatto per meritare un dono del genere. Poi si alza in piedi, accorgendosi soltanto in quel momento che le sue gambe tremano come budini, e s’inginocchia davanti a lui. L’altro gli posa subito le mani sulle spalle e inizia a massaggiargliele. Non sospetta nulla, altrimenti non sarebbe così rilassato. Probabilmente crede che lui non si senta bene, il che non è del tutto sbagliato. Potrebbe svenire da un momento all’altro, per quanto ne sa.                                                  
“Okay, o la va o la spacca” pensa prendendo un respiro profondo e chiudendo gli occhi. Poi parla, e lascia che tutto ciò che prova, tutto ciò che nel sente cuore si riversi fuori. 
«Senti, Edo... Sai che non sono bravo con le parole, ma credo che oggi mi tocchi fare un’eccezione. – le sopracciglia di suo fratello si incurvano verso l’alto e lui è certo di essere sul punto di morire – Noi siamo fratelli, ma questo non ci ha mai impedito di amarci. Ci siamo sostenuti a vicenda sin dalla nascita, ci siamo amati, a volte forse anche odiati – l’altro ridacchia, ma i suoi occhi sono già pieni di lacrime – Però siamo ancora qui, dopo ventun anni siamo ancora insieme. E io spero che questo duri fino alla fine, quando saremo dei vecchietti rugosi e balbuzienti e giocheremo a carte nel cortile di un ospizio – “okay, questo non è propriamente romantico...” – Tutto questo è per chiederti se tu... hai voglia di... – prende un lungo respiro ed estrae la scatolina nera, aprendola davanti a lui – Be’, sì, ecco... mi vuoi sposare?» Il peso che ha sullo stomaco preme così forte che fra non molto vomiterà quel poco che ha mangiato. Lui però stringe le labbra e aspetta. Aspetta una risposta, una crisi isterica, un qualsiasi cenno di vita da parte di Edo, che invece sembra paralizzato. È quasi tentato di scuotergli una mano davanti agli occhi, quando questi sbatte le palpebre ripetutamente, come se non avesse capito la domanda. “Ti prego, ti prego, fa’ che abbia capito...”                 
 «C-cosa?»                                                                                                                                 
“Ecco... Non ci credo, non ci posso credere!” Fa un profondo sospiro. «Ti ho appena chiesto di sposarmi. Sempre se ti va, ovvio». L’aria si riempie di silenzio per quelle che a lui sembrano ore, poi Edo scuote la testa, come se si stesse riprendendo da una trance.               
«Sì, quello l’avevo capito».                                                                                                        
«Ah». “E allora perché non rispondi? Eh?” Sta per venirgli una crisi di nervi, ne è sicuro. 
«Fede, noi siamo due maschi». Parla con cautela, come per paura di contagiarlo con la sua improvvisa tristezza. Il fatto è che, in Italia, per molti l’amore fra due uomini è ancora uno scandalo. Ma Fede non è disposto a mollare.                                                                             
«Mi sono sempre considerato Edo-sessuale. Sai com’è, sei sempre stato l’unico che abbia mai amato». Non è difficile per lui ammetterlo. Edo è e sarà sempre il suo unico amore, e questo lui lo sa. E da come lo guarda, è certo che anche l’altro provi lo stesso. La bocca di Edo si stiracchia in un sorriso amaro. 
«Siamo fratelli».                                                               
“Oh, ma la vuoi piantare?” «Prima o poi l’Italia allargherà le proprie vedute. Certo, per allora potremmo già essere morti, ma sono abbastanza ottimista al riguardo».                      
«Anche all’incesto?» Ora la sua confusione si è trasformata in palese scetticismo.                          
“E che cazzo!” «Non vedo perché no. Ora, hai finito di trovare pretesti per prolungare il mio tormento interiore o preferisci continuare?» chiede sull’orlo dell’esasperazione. L’altro sorride. «Sì».                                                                                                                               
«Sì, cosa? Sì, vuoi continuare o sì, hai finito?»                                                                           
Edo solleva le sopracciglia su e giù, allusivamente. E lui all’improvviso capisce. “Oh. Oh!” Il suo cuore (che fino a due secondi prima viaggiava alla velocità di un treno sulla Torino-Savona) cessa definitivamente di battere.                                                                            
«Dillo» ordina sul punto di un collasso. Il sorriso di suo fratello, invece, potrebbe illuminare l’intero appartamento.                  
«Adesso». “Okay, forse questo era un po’ troppo minaccioso... Nah”.                                               
Edo annuisce come una foca nevrotica. «Sì, Federico, voglio sposarti».                                                     
«Oh, grazie a Dio!» Con le dita che tremano, toglie l’anello dalla scatola e lo infila al suo anulare. È perfetto. Suo fratello spalanca la bocca sorpreso. «Ne hai uno uguale!»                    
Lui scoppia a ridere. «Le fedi si portano in due, no?» E dopo aver detto questo, scollega definitivamente il cervello e si lancia addosso a Edo, sedendoglisi in grembo. Gli chiude le mani a coppa intorno al viso e punta lo sguardo dritto nel suo. «Ti amo».                                     
«Ti amo» è la risposta forte, sicura e sincera dell’altro. E non gli serve più nient’altro, gli basta incollare le labbra alle sue e stringersi forte a lui. Gli sembra incredibile come le loro bocche si modellino perfettamente l’una sull’altra, come si attraggano più di due calamite. Il suo cuore ricomincia poco a poco a battere e si adatta al ritmo di quello di Edoardo, dando inizio ad una danza antichissima. Il fiato comincia a mancare, i polmoni bruciano, ma lui stringe fra le dita  i capelli del fratello e continua a baciarlo, desiderando di non dover mai smettere. Poi, però, Edo gli posa le mani sulle guance e lo allontana un po’, giusto lo spazio necessario per respirare di nuovo. Ma lui non ne ha abbastanza, non ne avrà mai abbastanza. Passa ad attaccare il collo, mordendo, succhiando e leccando ogni piccola macchia rossa che lascia al suo passaggio. Le mani s’infilano sotto la maglietta di Edo e iniziano ad accarezzare la pelle calda. Massaggia i muscoli tesi e si sofferma con i polpastrelli sui punti più sensibili, godendo dei versi che escono dalla bocca dell’altro. «Quindi adesso siamo sposati?» prova a chiedere Edo tra un gemito e l’altro, tentando (con grande difficoltà) di restare lucido.                                                                                              
Lui lo guarda interrogativo.                                                                                                    
«Voglio dire, da adesso siamo marito e marito o qualcuno deve tenere la cerimonia?»                     
«Non credo che qualcuno abbia il potere di unire ufficialmente in matrimonio due fratelli. Ma possiamo chiedere allo zio Max se può fare da ufficiante, se vuoi» conclude Fede stringendosi nelle spalle. Edo sbuffa. «Nah, sarebbe troppo strano».                                          
Lui solleva un sopracciglio. «Perché noi ti sembriamo normali, vero?»                                
L’altro non risponde, preferisce lanciargli una delle sue rare occhiate maliziose e chiede: «Perché non la piantiamo di tirarla per le lunghe e non ci godiamo la nostra prima notte di nozze, maritino mio?»                                                                                                                 
Fede si sente invadere di gioia e d’orgoglio a quelle parole (e anche di un po’ d’eccitazione, se deve essere sincero). Ma mentre si spogliano, Fede si chiede se loro due siano davvero normali, se non siano dei mostri contr natura. Se uscissero allo scoperto, se mostrassero al mondo il loro amore, nessuno li considererebbe più normali, li circonderebbero di odio, li definirebbero pazzi o persino malati, succhierebbero via la loro felicità. Ma a lui non interessa, non ha bisogno di mostrarsi. Gli basta sapere di poter avere Edoardo accanto a sé fino alla fine dei suoi giorni, di poterlo stringere fra le braccia e ogni notte, di poter condividere con lui ogni attimo di gioia e di dolore. Perché per lui è questa la normalità, lo è sempre stata. E da adesso in poi, è sicuro che sarà così per sempre.

* * *

«Ma andiamo anche in luna di miele?» chiede Edo mentre tenta (inutilmente) di recuperare fiato. Fede scoppia a ridere, il petto che vibra di felicità. «Certo, non appena finisce la sessione estiva degli esami, d’accordo?» È sdraiato a pancia in su, il corpo del fratello abbandonato sul suo, mentre lui gli accarezza lentamente la schiena umida di sudore. Saranno quasi due ore che si rotolano nel letto.                                                                                                                                         
«E dove andiamo?» domanda il più piccolo con l’aria eccitata di un bambino, poggiando le mani sul suo petto e sollevandosi per guardarlo meglio.                                                    
«Ovunque tu voglia» risponde Fede con lo sguardo carico d’amore.                                                 
«Allora mi piacerebbe vedere le Barbados, le Fiji o la California... o magari visitare  le città d’arte come Vienna, Berlino, Mosca... potresti trovare un sacco di roba utile per Architettura, non pensi? O magari potremmo tornare alla Canarie e fermarci in quell’albergo a Fuerteventura in cui siamo stati da piccoli! Oppure potremmo... che c’è?» chiede interrompendo i suoi viaggi mentali e notando solo in quel momento l’espressione corrucciata di suo fratello.                                                                    
«Be’, ecco... sarebbe bellissimo, ma... qualcosa di più accessibile alle nostre finanze? Sai che ti porterei anche sulla Luna se potessi, ma al momento non navighiamo propriamente nell’oro... e non possiamo neanche chiedere troppi soldi ai nostri genitori» esclude rabbuiandosi un po’. 
Sorprendentemente, Edo lo guarda con un sorriso da un orecchio all’altro, poi si lascia cadere i nuovo su di lui, affondando la testa nell’incavo del suo collo. «Vorrà dire che mi accontenterò di qualche giorno in un Bed&Breakfast a Genova... Ma voglio andare a vedere l’acquario, sia ben chiaro!» esclama con aria imperiosa. Fede lo abbraccia forte in vita. «Tutto quello che vuoi, amore mio – poi lo trascina sotto di sé, allargandogli gentilmente le gambe e infilandovisi in mezzo – Ma adesso, ti dispiacerebbe concedermi un viaggio di sola andata per il Paradiso, per favore?» sussurra sulle sue labbra, mordicchiandogliele piano. 
Edo sospira di piacere e con uno scatto affonda i talloni nelle sue natiche. «Nient’affatto... tu sei sempre il benvenuto».

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Tattarataaaaan! Siete tutti virtualmente invitati a nozze! Prima di tutto, voglio dirvi che questa one-shot è stata furiosamente scritta la notte del matrimonio, dopo che la sottoscritta ha ricevuto la notizia... allora, in realtà "Fede" mi ha detto soltanto che tale sera avrebbe chiesto a "Edo" di sposarlo... io l'ho immaginato così. Quindi, auguri agli sposiiiii!!!                                                                                                                   Inoltre, ho una proposta da farvi: ho intenzione di pubblicare un capitolo-intervista ai veri fratelli, quindi sarebbe bellissimo se vi uniste a me per far loro delle domande... potrete chiedrgli qualunque cosa (credo) e io proverò a inserirla nell'intervista! Detto questo, scappo a cenare! Un bacione a tutti! (Oh, come sono contenta!! *lancia confetti a destra e sinistra*) P.S. Ci tenevo a dirvi che le ultime frasi (quelle sul paradiso, per intenderci) sono state realmente pronunciate e ascoltate dalle mie povere orecchie. .. il brutto di andare in vacanza insieme :D

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Capitolo 15
*** Pianoforte ***


15. PIANOFORTE

Federico guarda suo fratello che dorme disteso accanto a lui. Ci mette sempre poco ad addormentarsi, soprattutto se hanno appena finito di fare l’amore. Gli piace coccolarlo, accompagnarlo tra le braccia di Morfeo e bearsi del suo respiro rilassato. È mentre gli sta accarezzando i fianchi che una lieve melodia di pianoforte si diffonde nell’aria. È la signora che abita al piano superiore: ogni sera, prima di andare a dormire, si siede sullo sgabello di legno laccato e suona qualcosa con quel magnifico strumento. Ogni volta che si incontrano, la donna raccomanda loro (ripetutamente) di avvisarla nel caso in cui la musica diventi un problema, ma tutte le volte loro rispondono con un sorriso  assicurano che non c’è nulla di rilassante prima di andare a dormire. Quella vecchina è di una tale dolcezza: dopo la morte della figlia, uccisa troppo presto da una malattia senza cura, neppure suo marito ha avuto la forza di continuare a vivere. Così, quel pianoforte è tutto ciò che le rimasto, e se anche non li lasciasse dormire, loro non se la sentirebbero mai di privarla di quell’unico attimo di serenità.                                             
Fede si volta a guardare suo fratello, suo marito, che come al solito sta sbavando su di lui. Anche Edo suonava, una volta, ed era piuttosto bravo, ad essere sinceri. Aveva iniziato grazie al proprietario della fattoria accanto alla loro e se ne era appassionato sempre di più. Ogni tanto andavano a giocare con la figlia del vicino e Edo finiva sempre per appiccicarsi a quello strumento: aveva cinque anni e si divertiva ad improvvisarsi pianista di salotto. Poi, a nove anni, iniziò a fare sul serio. Quasi tutti i giorni si recavano (sempre insieme, ovviamente) alla fattoria per le lezioni. La loro mamma aveva insisto perché smettesse, pensando di dare troppo fastidio all’uomo, ma quando aveva compreso la passione di Edoardo aveva desistito. Aveva anche tentato di pagare il vicino, ma lui non aveva mai voluto nulla in cambio, se non che Federico assistesse ai progressi di suo fratello. Lui l’aveva trovato strano, ma aveva accettato di buon grado, per la gioia di Edo. Avevano tredici anni, quando il più piccolo gli dedicò per la prima volta un brano, e lui si commosse così tanto che corse a nascondersi nella stalla insieme alle mucche e pianse come un bambino. Edo ci restò talmente male che non gli parlò per tutta la sera, convinto che lui non avesse apprezzato. Quando Fede invece gli spiegò ciò che era successo, ne fu così felice che dal quel giorno gli suonò quel brano ad ogni lezione. Era il Nocturne op.9 n.2 di Chopin. Continuò a suonare fino all’ultimo anno di liceo, quando poi decise di dedicarsi completamente allo studio. Federico ripensò a lungo ai pomeriggi trascorsi in quella fattoria, lui sdraiato sul divano ad ascoltare suo fratello che suonava per lui. Poi arrivò il momento di iscriversi all’università e se dimenticò anche lui. Fede sospira. Come gli piacerebbe poter ascoltare Edo suonare ancora una volta, anche solo più una. Se solo avessero un pianoforte...               
All’improvviso, l’idea arriva così forte da farlo quasi saltare a sedere e lui si tira una manata sulla fronte per non averci pensato prima. Suo fratello borbotta un po’ nel sonno per il suo repentino cambio di posizione, ma lui gli chiude la bocca con un bacio e lo stringe un po’ di più. Edo sospira con soddisfazione.

* * *

Quando Federico rientra in casa, suo fratello è seduto in cucina con una fetta biscottata fra i denti. Ha i capelli spettinati, gli occhi ancora gonfi di sonno e i pantaloni del pigiama (che in realtà non usano) al contrario. Con un tiro da giocatore professionista, lancia  “La Stampa”, fresca fresca d’edicola, esattamente al centro del tavolo.                            
«Pfao» bofonchia Edo cercando di non far cadere la fetta biscottata dalla bocca. Fede gli dà un bacio sulla fronte, rubandogli poi metà della colazione direttamente dalle labbra. 
«Pfehi!» protesta l’altro con la bocca piena.                                                                                 
Lui gli strizza l’occhio. «Uhm, marmellata d’arance... la mia preferita».                                    
Edo deglutisce rumorosamente, quasi strozzandosi con il boccone. «E secondo te perché ho messo quella?» chiede con gli occhi che lacrimano per lo sforzo. Lui resta per un attimo immobile, sorpreso dalla domanda, poi gli si getta addosso e lo bacio a lungo, spettinandogli i capelli (già spettinati). Infine, si stacca dal fratello e scoppia a ridere. L’altro lo guarda come se fosse impazzito, sorridendo stupito. «Ma che ti prende? Perché sei così allegro?»                                                                                            
«È una bella giornata, ieri mi sono sposato con l’uomo migliore del mondo, amo mio marito e mio marito ama me... cosa potrei volere di più?» risponde con tono semplice, prendendo posto di fronte a lui. Edo aggrotta la fronte, sempre più confuso, poi decide di lasciar perdere (aiutato anche dall’esser stato chiamato marito... non ci è ancora abituato).                                                                                                                                    
«A proposito, dov’è Lope?» domanda il più grande guardandosi intorno.                                                         
«Sui miei piedi. Me li sta scaldando». 
Lui si abbassa sotto il tavolo, trovandoci una piccola palletta di pelo che scodinzola vivace.                         
«Ciao nana malefica!»                                                                                                            
«Non è malefica!» lo sgrida suo fratello, indignato.                                                                   
Fede alza le spalle con indifferenza. «Potrei scaldarteli io, i piedi» propone sollevando allusivamente le sopracciglia. Edo scatta a sedere, per afflosciarsi subito dopo con una smorfia di dolore. «No, grazie. Devo ancora smaltire ieri sera».                                             
«Sono stato bravo, eh?»                                                                                                               
Suo fratello diventa rapidamente viola per l’imbarazzo. Afferra un plumcake (con tanto di involucro) e glielo infila in bocca, rischiando di soffocarlo. «Tieni, mangia e taci».                 
«Ti fa male?» chiede Fede con un sorrisino soddisfatto, dopo aver ingoiato metà brioche per volta.                                                                                                                            
L’altro non risponde subito, ma abbassa lo sguardo e borbotta. «Brucia... un po’».      
Lui ridacchia, poi, alla sua occhiata offesa, alza le mani in segno di resa. «Va bene, va bene! Mi dispiace, uhm? Però adesso vai a vestirti, forza» dice alzandosi da tavola e cominciando a sparecchiare.                                                                                            
Edo guarda con malinconia il suo caffelatte. «Perché? Dove andiamo?» domanda alzandosi e spostando delicatamente Lope con un piede.                                                           
«Dalla signora Parisi» risponde Fede dirigendosi in camera da letto.                                   
«A fare cosa?»                                                                                                                           
Lui gli lancia un paio di jeans dritto in faccia. «Lo vedrai».

* * *

«Ragazzi!»                                                                                                                                          
«Buongiorno, Signora Parisi. Come sta?» chiede Edoardo con un sorriso educato. 
«Benissimo, grazie. Ma prego, entrate, entrate!» Per poco non li afferra per le braccia e non li trascina nel salotto. Fede si guarda intorno incuriosito: è stato una volta sola in quell’appartamento, quando lui e suo fratello si sono trasferiti in quel palazzo. A proposito di suo fratello... lo osserva con la coda dell’occhio, un ghigno mal nascosto sul volto. Lo sguardo di Edo scorre fra i mobili dallo stile classico fino a soffermarsi sul sovrano del salotto: un maestoso pianoforte a coda firmato Yamaha. Grazie al cielo la casa è composta da due appartamenti, o non ci sarebbe mai entrato. Entrambi conoscono la triste storia che lo accompagna: quello strumento apparteneva alla figlia della Signora Parisi, prima che la ragazza morisse per un grave tumore al pancreas.              
«È tutto vostro, ragazzi. Vi lascio soli, ho qualche commissione da fare. Se aveste bisogno di me, il mio numero è sulla lavagnetta» spiega indicando l’oggetto appeso a fianco al citofono. Poi si infila un cappello ed esce di casa, regalando loro un rapido sorriso in segno di saluto.                                                                                    
Edo spalanca la bocca. «È tutto nostro cosa                                                                            
«Il piano, tesoro» bisbiglia Fede fissandolo intensamente negli occhi. 
L’altro assottiglia lo sguardo, stringendo le palpebre in due fessure. «Stamattina sei venuto qui, vero?»           
Lui annuisce lentamente.                                                                                                                     «Perché?»                                                                                                                                                
«Perché voglio sentirti suonare ancora – risponde semplicemente – Sarò egoista, ma voglio sentirti suonare ancora una volta, fosse anche l’ultima. Voglio vederti seduto su quel fottuto divanetto, voglio sdraiarmi su quel divano e chiudere gli occhi, mentre tu suoni quel benedetto pianoforte. Voglio vedere quelle tue meravigliose dita scivolare su quei tasti e suonare quella fottutissima melodia». È solo alla fine del discorso che si accorge di aver alzato un po’ troppo la voce. Edo gli si avvicina con aria grave, così tanto che i loro nasi si sfiorano e i respiri accelerati di entrambi si mescolano fra di loro. Una sua mano va a posarsi sulla pancia di Fede. Lui resta immobile e in silenzio, poi ,finalmente, lo vede posto sul divanetto e sfiorare i tasti con i polpastrelli, quasi avesse paura di scottarsi.  Sta già pregustando la prima nota, quando suo fratello si volta verso di lui e «Siediti. Dietro di me» aggiunge agitato. Lui non se lo fa ripetere due volte, lo raggiunge velocemente e si sistema alla bell’e meglio, affiancando le gambe alla sue. Poggia le mani sul suo petto, massaggiandoglielo piano, e nasconde la nuca fra le sue scapole, prendendo lunghi e lenti respiri.                                
«Solo per te». La voce di Edo arriva cupa e un po’ tremante, ma Fede riesce a percepire la nota di sollievo che fino ad un minuto prima non c’era. D’istinto, la presa delle sue mani si fa un po’ più stretta. E finalmente, leggera e potente come solo un battito d’ali può essere, la prima nota si libera nell’aria. E Federico ricorda.

“ «Fa’ sentire a tuo fratello come sei diventato bravo». La voce dell’uomo è calda e gentile, l’affetto che prova per i due gemelli chiaro e palpabile. Un ragazzino allampanato, con i capelli sparati in ogni direzione, sorride e si dondola sul posto, incerto s seguire il consiglio o meno. Un altro ragazzo quasi identico a lui gli si avvicina, spingendolo poi verso un maestoso pianoforte a coda. Si scrutano a lungo, come se si stessero parlando immersi nel silenzio, poi il secondo va a sdraiarsi sul divano del salotto e chiude gli occhi. Una musica lenta e trascinante si diffonde nell’ambiente. Edoardo, il ragazzo seduto al piano, volta la testa verso il gemello, lasciando che l’aria soddisfatta del suo volto lo ispiri. Federico se ne accorge, perché apre gli occhi e punta le iridi castane nelle sue. Le note ormai escono da sole e si tingono d’amore, così potenti da distruggere qualsiasi cosa e ricostruirla più solida di prima. Così potenti da renderla indistruttibile. E non c’è più nulla intorno a loro, non c’è più nessuno, soltanto lui e suo fratello che suona come se fosse al cospetto del re e non di fronte ad un comunissimo tredicenne.”

Senza neppure accorgersene, Federico allunga la mano e suona l’ultima nota, che vibra nell’aria e li abbandona poco a poco al silenzio. Edo gli prende entrambe le mani e le guida appena sotto l’orlo della maglietta, per poi posare le proprie sulle cosce del fratello. Fede non aspetta un secondo di più e inizia ad accarezzargli la pancia con i polpastrelli, sfiorando di tanto in tanto l’ombelico. Non appena l’altro posa la testa sulla sua spalla, lui attacca le labbra al suo collo e lo bacia ripetutamente, tracciando una lunga scia dal mento alla guancia, passando per la mascella. Edo respira pesantemente, dei silenziosi singhiozzi che gli scuotono il petto. Prima che uno dei due possa accorgersene, entrambi cominciano a piangere, e le loro lacrime scorrono via come piccole stille di malinconia. Fede raccoglie quelle di suo fratello con le labbra, ricoprendo il loro percorso di infiniti baci bagnati.                                                                                                             
«Ti amo» gli mormora lento all’orecchio, respirando forte il profumo dei suoi capelli. È solo un bisbiglio, un veloce sussurro d’amore celato ad occhi indiscreti. Ma Edo capisce, lui capisce sempre; gli afferra una mano e ne bacia ogni nocca. Perché il vero amore è fatto di piccoli gesti, piccole note di quotidiano affetto che lo rendono la melodia più vera e antica del mondo.

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice:

Ciauuuu! Come state?! Vi prego, non uccidetemi! So che non ho pubblicato l’intervista, ma pensavo di aggiungerla come extra verso il 20° capitolo :D Così, nel frattempo, chi volesse altre domande ha ancora tempo!                                                                                  
Baci a tutti <3

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Capitolo 16
*** Limone ***


                                                                                                                                    Dedicata a Fede e anche un po’ a me,                                                                                                                                                                                                                    perché entrambi andiamo matti per il limone.

16. LIMONE

«Bevila».                                                                                                             «Nooo».                                                                                                                                                                  «Tutta».                                                                                                                                                                                                                                                   «Ti prego...»                                                                                                                                                                                                                                             Il più grande incrocia le braccia  e si appoggia al tavolo della cucina, fissandolo spazientito. «No, puoi supplicare quanto vuoi, non mi interessa. Hai voluto esagerare e adesso ne paghi le conseguenze».                                                                                                                                                                                                    
«Ma acqua e limone mi fa schifo! Ed è pure calda!» si lamenta Edo.                                                                                                                                                
«Avevi solo da pensarci prima di ingozzarti di schifezze fino a farti venire la diarrea. E comunque acqua e limone non fa schifo. Piuttosto, ringrazia che abbia diluito il succo».                                        
«Sì, grazie tante... Per te non è un problema berlo, tanto tu ti droghi di limone».                          
«Non mi drogo di limone... Bevi».                                                                                            
«Oh, avanti, tutto ma non questo! Non posso prendere dei normalissimi fermenti lattici?»                   
«No». Federico prende la tazza di ceramica blu e la spinge più vicino all’altro. Edo la fissa storcendo il naso, ne annusa diffidente il contenuto e l’ allontana subito con aria disgustata, versandone un po’ su ripiano del tavolo. «Non ce la faccio, non ce la faccio...»                                   
Lope (benedetta lei e la sua innocenza), fino a quel momento sdraiata accanto alla tazza, si solleva sulle zampette corte e infila curiosa la linguetta nel liquido caldo. Entrambi i fratelli si fermano a guardarla, in attesa. La cagnolina s’immobilizza per un istante, poi inizia a starnutire e a barcollare, accompagnando il tutto con un sacco di smorfie. Fede abbassa le spalle, sconsolato, mentre il più piccolo solleva un pugno in stile Freddie Mercury. «Ah-ah! Visto? Visto? Neppure lei lo sopporta!»                                                                                               
«È un cane! È normale che non le piaccia!»                                                                             
Edo perde tutta la sua aria vittoriosa, sostituendola con una più disperata. «Ma non piace neppure a me...»                                 
Il viso di Fede si rilassa un po’, la sua espressione si addolcisce. «Vuoi che ti aiuti?»              
Suo fratello annuisce, abbassando la testa come un cagnolino abbandonato.                                 
«Va bene». Sorridendogli incoraggiante, il più grande si alza e si va a piazzare dietro il suo sgabello, stringendogli le spalle. 
Edo si sporge all’indietro, guardandolo al contrario con occhi sofferenti. «Bevo?»                                                                                                                  
Lui annuisce.                                                                                                                            
«Poi però mi dai una caramella?»                                                                                            
«No! Al massimo ti dò un bacio» risponde con dolcezza, accarezzandogli i capelli. L’altro si stringe nelle spalle, accontentandosi. Alla fine, solleva la tazza, la porta alle labbra e comincia ad inghiottirne il contenuto. Prova a metterci il minor tempo possibile, tanto che un rivoletto d’acqua gli cola giù dal mento. Fede gli tappa il naso con due dita, immaginando la smorfia disgustata del fratello. Quando finalmente Edo posa la scodella (con gran disprezzo di Lope, che se ne allontana immediatamente), Fede gli si siede in grembo e gli lecca lascivamente il mento, portando via quella goccia fuggiasca. Poi incolla le labbra alle sue, accarezzandole con la lingua e assaporandone il sapore aspro. Si accerta di arrivare in ogni angolo della sua bocca, così da cancellare più tracce possibili di limone. Quando si separano, Edo lo fissa languidamente, ansimando un po’. «Wow... non mi aspettavo un bacio del genere».                                                                              
Lui ghigna. «Sei buono, anche più del solito. Dovresti bere il limone più spesso».              
«Scordatelo!»

Image and video hosting by TinyPic >Angolino dell’autrice (quella povera donnina):

Allora... Innanzitutto, scusate per l’ora, ma tecnicamente sono ancora in tempo limite 
E poi... lo so, è corto. Mi dispiace tanto, il fatto è che in questo periodo sta diventando sempre più difficile andare avanti con la scrittura, per quanto io le dedichi tempo (arrivando anche a non seguire le lezioni e a far finta di prendere appunti) e abbia un sacco di ispirazione quotidiana, perciò stavo pensando che potrei (forse, non ho ancora deciso) aggiornare mensilmente. Ovviamente, l’intervista verrà pubblicata comunque appena pronta – non fra molto, quindi. Scusate il tono poco allegro, ma sono stanchissima. Perciò ora vado a nanna, ma mi farebbe piacere domani leggere e rispondere a quelle meravigliose recensioni che mi lasciate sempre... se anche qualcuno che non si è mai fatto sentire prima lascia un piccolo commentino, mi (ci) fa solo piacere  
Un bacio a tutti <3 (e buonanotte!)

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Capitolo 17
*** Horror ***


17. HORROR

«Dai, dai, dai!» Edo saltella per il salotto microscopico, sventolando in aria la custodia di un DVD.                                     
«Ti ho già detto di no».                                                                                                           
«Per favooore!»                                                                                                                       «No».                                                                                                                                             
«Ma a te piacciono i film horror!»                                                                                           
«Non mi interessa».                                                                                                                   
«Ma che male c’è se ne guardiamo uno insieme?»                                                                                                    
Federico solleva un sopracciglio, come a chiedere se sia serio. «Ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che ne abbiamo visto uno?»      
 
«No» mente suo fratello con uno sbuffo, voltando la testa dall’altra parte.                          
«Te la sei fatta addosso» risponde Fede con un ghigno perfido.                                              
«Non è vero!» lo strillo del più piccolo è così forte che per poco non spacca il bicchiere di aranciata che il più grande sta bevendo. E che per la cronaca, è di plastica.     
«Oh sì, invece».                                                                                                               
«Eravamo piccoli».                                                                                                             
«Avevamo quindici anni».                                                                                                             
 
«Non me la sono fatta addosso» borbotta Edo abbassando gli occhi. 
Fede gli si avvicina e lo imprigiona fra le sue braccia, accostando le labbra al suo orecchio e sussurrando roco «Non penso che basti stringerti la mano di nascosto per farti venire nelle mutande, o sì? – Edo diventa rosso come un pomodoro, il fiato improvvisamente più corto – E poi, l’odore era inconfondibile» aggiunge con il suo solito sorrisino bastardo.                                 
«Ma... ma... io» Edo incespica e non riesce a dire nulla. 
All’improvviso, a Fede viene in mente un’idea tanto crudele quanto geniale. E la mette subito in atto. «Non riusciresti a vederne neppure metà». Lo sta istigando, e se quel ragazzo è davvero suo fratello, è certo che abboccherà.                                                                       
«Scommettiamo!» Bingo. Più facile del previsto. 
«Ci sto!» esclama prima che l’altro possa ripensarci. E a vedere da come la sua faccia sta diventando rossa, deve aver già cominciato. 
«Uhm... okay, se vinco io, tu dovrai... dovrai... – la sua espressione si fa più concentrata – lavare le mie mutande per un mese!» propone trionfante. Fede lo guarda come se fosse un bambino on cui si deve pazienza. Non che la cosa si allontani molto dalla realtà.                                                                               
«Lo faccio già. Da due anni. E ti lavo tutto, non solo le mutande, tesoro».                                    
Edo lo guarda imbronciato. «Io però pulisco il bagno tutte le settimane».                               
«Vero, e te ne sono infinitamente grato – fa una piccola pausa – Allora? La penitenza?» 
L’altro solleva lo sguardo e lo pianta nel suo, un’improvvisa scintilla folle negli occhi. «Mi lascerai preparare la cena per un’intera settimana».                         
Fede lo fissa terrorizzato. «No!» Conosce bene la sua passione per i nuovi esperimenti culinari, come conosce bene il fallimento che puntualmente arriva ogni volta, essendo sempre lui la cavia. Sicuramente lui non è no chef stellato, ma almeno sa preparare un piatto di pasta senza farla bruciare. Edo no.           
«Sì, invece. Sono libero di scegliere quello che voglio».                                                                                            
Lui ci pensa un po’ su, poi si apre nel migliore dei suoi sorrisi malefici. «D’accordo».             
Suo fratello socchiude le palpebre, sospettoso. «Conosco quello sguardo e non mi piace». 
Lui gli si fa più vicino, fino a scontrare il proprio bacino con il suo. «La tua bocca. Dove voglio io – e Edo sa esattamente dove la vuole – in qualsiasi momento io voglia. Questa è la penitenza nel caso in cui tu perda». La sua voce è solo un sussurro sul collo dell’altro, che trema impercettibilmente. 
«In qualsiasi momento?»                                                     
«Già». La sua mano scende lungo il braccio del fratello e in una carezza lenta e rilassante, gli sfiora l’interno e torna su.               
«Anche subito prima di un esame?»                                                                                         
Fede gode della sua aria preoccupata. «Prega che non ne abbia voglia in quel momento – poi si sposta di scatto – andata?»      
«Andata. Ma...» Edo si acciglia.        
«Cosa?»                                                                                                                                           
«Se dovessi perdere... mi consoli lo stesso?»

* * *

«Ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio... io non ho paura, assolutamente no...»                          
Fede alza gli occhi al cielo, poi, spazientito, allunga una mano e afferra quella di Edo, cercando di calmarlo. Non l’avesse mai fatto... suo fratello, rannicchiato in un angolo del divano, gli si stringe così forte da fargli lacrimare gli occhi. E tutto per uno stupido pagliaccio psicopatico che sta per dissanguare un ragazzino nelle docce della scuola. «No!»                                                                                                                                      
Non ha neanche finito di pensarlo, che Edo gli salta in braccio e si fa più piccolo che può, cominciando a tremare come una foglia.                                      
«Okay, adesso basta» decide Fede allungandosi per prendere il telecomando.                           
«No, no, ce la faccio, ce la faccio» cantilena suo fratello dondolandosi avanti e indietro sul suo grembo. 
Lui solleva un sopracciglio, scettico. «Stai scherzando? Per poco non te la fai addosso. Di nuovo» e, con gesto secco, spegne il televisore.                                 
«Non sto per farmela addosso!» esclama Edo staccandosi indignato dal suo petto.                
«Poco ci manca... Tra l’altro, evito di farti notare come Lope si sia addormentata dalla noia dopo aver guardato più di metà senza battere ciglio» ribatte con un ghigno serafico tirandoselo di nuovo contro il petto.                                                                                            
«Ma è un cane!»                                                                                                                            
«E con questo che vuoi dire? Che non è abbastanza intelligente per capire un film? La prendo come un’offesa!»                    
«Ma sta’ zitto... E comunque, grazie per aver evitato di ricordarmelo» bofonchia il più piccolo sopra la sua maglietta consumata.                                                                           
«Non c’è di che». Restano un po’ in silenzio, cullandosi a vicenda, accompagnati dal lieve russare di Lope, che sonnecchia tranquilla sotto il tavolino del soggiorno.    
«Ehi» bisbiglia poi Edo, picchiettando con un dito sui suoi pettorali.                             
«Dimmi» lo incoraggia Fede baciandogli una tempia.                                                            
L’altro arrossisce violentemente. «Ho perso la scommessa, vero?»                                                                    
«Già».                                                                                                                                   
«Quindi devo fare la penitenza?»                                                                                               
Lui gli solleva il mento con due dita, guardandolo dritto negli occhi. «Sai che non sei costretto, se non vuoi».   
Edo, se possibile, diventa ancora più rosso. «Perché? Non è... lo sai... la prima volta che... io... hai capito, no?»                                       
Fede scoppia a ridere. «Sì. Si, ho capito – poi si fa serio. Molto serio – Ma non voglio che tu lo faccia  per colpa di una stupida scommessa, io... voglio che tu lo faccia solo perché ti va... se ti va. Intesi?»                                                                                                        
L’altro annuisce, un sorrisetto timido tra le guance infuocate. «Intesi. Ma per me non è un problema... mi piace, anche se non lo faccio spesso – la sua espressione è così tenera che Fede vorrebbe mangiarselo tutto – Basta che non sia davvero prima di un esame!»                                                                                       
Lui scuote una mano con finta indifferenza. «Tanto non penso di resistere fino ad allora».              
Suo fratello lo guarda con occhi sgranati. «Ma il prossimo esame è fra due giorni!» 
Fede lo guarda con il tipico sorrisino del predatore, e adesso sì che Edo dovrebbe avere paura. «Appunto».

 

Image and video hosting by TinyPic Angoletto Autrice:

Ciau ragazzi :D 
Allora, avevo questo capitoletto in attesa e u minuto di tempo libero dallo studio (lo odio!!) quindi sono riuscita a rispettare ancora una volta il termine che mi ero imposta per la pubblicazione... spero davvero che vi piaccia, anche perché se non riesco a trovare un po’ di tempo, trascrivere a computer ­– perché sì, io scrivo ancora a mano, come ai vecchi tempi – e soprattutto pubblicare sarà davvero difficile. 
Scusate, non volevo deprimervi, mi dispiace tanto. Comunque farò il possibile, come sempre :D 
Un bacio enorme e un abbraccio davvero, davvero lungo <3

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Capitolo 18
*** Neve ***


18. NEVE

«Edo...»                                                                                                                                
«Mmm...»                                                                                                                               
«Edoo...» Federico prova a svegliare suo fratello e a riportarlo nel mondo dei viventi cominciando a riempire la sua schiena con una lunga, lenta scia di baci soffici. Si stende su di lui, gli accarezza le braccia lisce e strofina il naso nell’incavo del suo collo, mordicchiandolo e soffiando sulla pelle calda. Edo mugugna un po’, infilando fra i borbottii anche quello che sembra un «Buongiorno» strascicato, per poi stiracchiarsi e sorridere assonnato.                                                                                    
«Sei sveglio, finalmente?» bisbiglia lui al suo orecchio.                                                                
Il più piccolo rotola sulla schiena, solleva le mani sopra la testa e gli circonda la vita con le gambe, creando una piacevole frizione tra i loro bacini. «Lo sono adesso», poi alza la testa e gli cattura le labbra con le sue in un bacio scivoloso. Fede si sorprende di tanta intraprendenza, ma ne approfitta subito, sfiorandogli il petto con il proprio e muovendosi su e giù. Edo, stranamente, lo lascia fare, anzi, aumenta la presa con le gambe. Lui spinge più forte e più veloce con il bacino, spostandosi a succhiargli il collo con avidità. 
«Ti-ti sei accorto che ti stai muovendo come se stessimo... sì, insomma... hai capito» mormora tra un respiro pesante e l’altro. 
Fede grugnisce in assenso, le mani premute sul retro delle sue cosce calde. Sente suo fratello sfregarsi contro di lui, la bocca schiusa per lasciar uscire una serie di gemiti sommessi. Le braccia del più piccolo si avvolgono intorno al suo collo, le labbra lasciano tracce sconnesse sul suo viso. È quando comincia a spingere il fondoschiena contro il suo bacino, che Fede decide di fermarlo. «Ehi, aspetta, aspetta...»                                                                                        
L’altro lo guarda stralunato, tentando di riconnettere tutti i cavi del cervello che aveva già scollegato. «Cosa c’è? Non... non mi vuoi?» La sua paura è palpabile, tanto che Federico si maledice mentalmente per avergli fatto pensare una cosa del genere. 
«No! No, no, assolutamente – lo bacia forte per rimarcare il concetto – Ma fuori c’è una sorpresa per te e non voglio aspettare troppo per mostrartela».                             
Edo spalanca gli occhi, stupito. «Una sorpresa? Fuori? Per me?» 
Fede strofina una guancia sul suo sterno, sorridendo per la riuscita del suo piano. «Già – racchiude un capezzolo di Edo tra le labbra, sfiorandolo appena con la punta della lingua. Edo trattiene il fiato – Ma sai... – scende velocemente lungo il suo addome, coccolando la pelle calda – magari cinque minuti ce li possiamo concedere, che ne dici?» domanda con voce roca, soffiando piano sulla piega dell’inguine.                                                                                   
«Duro così poco?» rantola l’altro stringendo il lenzuolo nei i pugni.                                                                      
«Oh – il ghigno malizioso di Fede rasenta quasi l’inquietante – Anche meno». E l’ultima cosa che vede, prima di affondare il viso tra le sue cosce, è Edo che spalanca la bocca e inarca la schiena.

* * *

«Oddio... sto andando a fuoco».                                                                                               
Fede gli bacia la pancia con un sorriso, poi gli infila delicatamente un paio di boxer. «Vestiti, forza. Devi vedere la tua sorpresa».                                                        
L’altro gonfia le guance e sbuffa senza forze, sollevandosi a sedere e strappandogli la felpa rossa di mano.                                                                                               «Quella sarebbe mia» dice lui inarcando un sopracciglio.                                                         
Edo gli sorride allegro, tentando di infilare l’indumento. «Non più!» esclama soddisfatto mentre cerca di districarsi dal groviglio di stoffa. Quando finalmente ci è riuscito (indossandola al contrario e solo dopo esser stato aiutato dal fratello) allarga le bracca e si fissa allo specchio. «Mi sta bene!»                
Fede deglutisce a vuoto, fissandolo famelico. «Sei bellissimo... Fai venire voglia di strappartela di dosso» dice squadrandolo dal basso verso l’alto, soffermandosi a lungo sule cosce lattee.                                                                                                                          
«Ma smettila» lo rabbonisce dolcemente Edo. In quel momento, la porta si socchiude e una piccola testolina pelosa, completa di orecchiette rosa e nasino nero a punta, fa capolino con aria assonnata.                                                                                                  
«Ciao piccola mia!» esclama Edo prendendola in braccia e grattandole la pancina.                   
«Ma non ero io il tuo piccolo, una volta?»                                                                                     
L’altro gli scocca un bacio all’angolo della bocca, accarezzandogli il petto nudo. «No, io sono il tuo piccolo».                                                            
«Vero – gli morde gentilmente le labbra – Vuoi vedere la tua sorpresa?»                            
Il più piccolo s’illumina e comincia a saltellare sul posto. «Certo!»                                             
Fede gli copre gli occhi con le mani e, spingendolo con il bacino, lo porta davanti al balcone. «Tienili chiusi» ordina prima di sollevare la serranda. Lope, ancora in braccio a Edo, inizia a sgambettare allegra minacciando di gettarsi a terra e costringendolo ad aprire gli occhi. 
«Ehi, ferma! Lope... cos-? – poi guarda fuori dalla finestra – Oddio... ma nevica!» Senza neppure ricordarsi di essere mezzo svestito, si lancia sul balcone, saltando come un bambino in mezzo allo spesso strato di neve.                                                                                          
«Edo! Torna dentro, fa troppo freddo per te!» lo richiama inutilmente Fede.                          
«Cosa me ne importa del freddo, Fede! Sta nevicando! Lope! Vieni qui, guarda! La neve!» esclama rivolto alla cagnetta che, invece, se ne sta sull’uscio indecisa se raggiungere o no il padrone. La piccola infila per la prima volta il nasino nella neve, curiosa, e le dà una leccatina veloce. Poi salta subito su, sorpresa di scoprirla bagnata (e soprattutto fredda) e scappa velocemente dentro casa, al calduccio. Edo scoppia a ridere e prende suo fratello per mano, trascinandolo con lui sotto i grossi fiocchi che cadono dal cielo. Fede scuote la testa, arrendendosi come sempre all’ingenuità del più piccolo e, piedi e petto nudi, lo raggiunge, imprigionandolo immediatamente tra le braccia muscolose.                              
«Fede?» bisbiglia Edo sulla sua bocca.                                                               
«Dimmi».                                                                                                                              
«Facciamo il pupazzo di neve?»                                                                                                     
«Certo».                                                                                                                                 
Passa un momento in cui Edo gli circonda le guance con le mani, poi... «Fede?»                    
«Cosa?» borbotta lui fingendosi scocciato.                                                                              
«Ho freddo» mormora l’altro sporgendo il labbro inferiore come un bimbo. Federico non risponde, ma lo solleva e se lo carica in braccio, nascondendo le dita sotto la sua felpa e poggiando la fronte contro la sua. «Edo?»                                                                                 
«Sì?»                                                                                                                                 
«Ti amo».

 

Image and video hosting by TinyPic >Angolino angoletto Autrice:

Parto col dire che mi dispiace moltissimo. Davvero. Avevo detto che forse la pubblicazione dei capitoli sarebbe passata da ogni due settimane a un mese, ma non credevo sarebbe successo davvero. E invece... Mi piange davvero il cuore, ma –ehi!- alla fine eccomi qui! 
Questo capitolo è praticamente identico ad un fatto realmente accaduto questo inverno – a parte i dialoghi, direi, perché non si sentivano :3 
Ecco cosa succede quando sei in vacanza – e soprattutto di secondo nome fai “Stalker” ;P 
Un bacio enorme a chiunque stesse aspettando questo capitolo, a chi lo recensirà e anche a quelli che semplicemente aranno una sbiciata. Grazie <3

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Capitolo 19
*** Hotel ***


19 HOTEL

«È andata bene, no?»                                                                                                 
«Sì». Quando tornano da una visita ai genitori, Federico non è mai particolarmente loquace. Non più del solito, almeno. Ogni volta che vanno  trovarli devono mantenere un atteggiamento distaccato, comportarsi come ogni altra coppia di fratelli farebbe. Non come vorrebbero loro, quindi. Quest’ultimo incontro, in realtà, è stato più facile del solito: la loro zia, Adriana, ha da poco partorito, perciò i discorsi si sono rivolti principalmente al pargoletto che, per tutta la durata della cena, ha placidamente ronfato  nella sua culla di seconda mano.                                                                                                                   
«È tutto ok?» chiede Edo poggiandoli una mano sulla gamba. 
Fede rilassa un po’ la presa sul volante, evitando di ridurlo in un mucchietto di atomi vaganti. È sempre un po’ nervoso dopo questi incontri. Solo un pochino. «Sì – risponde portandosi la mano del fratello alle labbra e baciandone il dorso – ma sono preoccupato per tutta questa grandine... se continua così, non arriveremo mai a casa». 
Edo sa che non è solo questo a turbarlo, ma lascia correre, certo che verrà tutto fuori quando saranno avvolti dal calduccio del loro letto. Con un sospiro, volge lo sguardo fuori dal finestrino: in effetti, quella che è partita come una leggera spruzzata di grandine, ora si sta facendo un po’ troppo violenta. Un po’ tanto, ad essere sinceri. Abbassa il vetro e allunga una mano fuori: in un paio di secondi si ritrova a stringere una manciata di chicchi di grandine grossi come ceci. La getta a terra con un’aria un po’ schifata, poi richiude il finestrino e infila le dita congelate fra le cosce, tentando di riscaldarle.                                                           
«Al prossimo incrocio svolto a sinistra: poco più avanti c’è un Motel. Ci fermiamo lì». La voce di Fede, che ha osservato tutto con la coda dell’occhio, arriva fredda e autoritaria, ed Edo sa benissimo cosa questo significhi: non ammette repliche. 
«Ma Fede-»                                                                                                                                
«No. Non ho alcuna intenzione di finire fuori strada e schiantarmi contro un albero» lo ferma subito l’altro. «Ma Lope...»              
«Lope è dalla signora Parisi, Edo. Questo vuol dire che le probabilità che muoia di fame sono del tutto assenti e quelle che abbia fatto una decina di bagni molto alte. Starà benissimo» conclude avvertendo la sua preoccupazione. «D’accordo...» mormora Edo poco convinto. Si tortura le mani quando suo fratello, invece di proseguire dritto, svolta a sinistra per raggiungere il Motel. Quando scendono dall’auto, il freddo e l’acqua li travolgono in pieno, penetrando fin nelle ossa. Si guardano intorno con diffidenza: le luci al neon dell’edificio spiccano tra il buio della sera come la luce alla fine di un tunnel. Una delle lettere rosse dell’insegna trema minacciando di spegnersi da un momento all’altro, un’imposta vittima del vento imperioso sbatte ripetutamente contro il muro e la grondaia sembra aspettare solo loro per cadere e colpirli sulla testa. Considerando tutto questo e sommandolo all’aria colma di cigolii e crepitii e all’aria transilvanica... sembra di stare proprio nel film “Non aprite quella porta”. Che in questo caso consisterebbe in quella del Motel.                                                                                          
«Bene – conclude Edo battendo le mani – Si torna a casa» e fa dietrofront per rientrare in macchina. Non riesce a fare neppure un passo, perché suo fratello lo afferra per la giacca e lo trattiene con aria impassibile, costringendolo ad una buffa camminata sul posto. «Frena, caro, dove credi di andare?»                 
«Ti prego! – implora Edo saltellando sul posto – Grandina, sono bagnato come un pulcino e sto morendo di freddo. E quel hotel mi fa una paura del diavolo» ammette con un brivido involontario.                                                                                                             
«Non c’è niente di cui aver paura, pulcino mio» risponde lui scompigliandogli i capelli fradici. L’altro lancia un’occhiata poco convinta all’edificio fatiscente. 
«Sicuro?» chiede mordendosi un labbro. Fede non risponde, ma se lo tira addosso e gli attacca la bocca con la sua, stringendoselo contro quasi fino a soffocare. Gli morde le labbra, gli passa la lingua sui denti e gli solletica il palato, dando il via ad uno scambio di saliva vissuto mille e mille volte ma pur sempre nuovo.                                 
«Wow, un bacio sotto la pioggia... romantico» commenta Edo strofinandogli il naso sotto il collo.                                                                                                          
«Oh, certo, davvero romantico rischiare di prendersi una polmonite – ribatte Fede con tono sarcastico – Andiamo dentro, avanti».

* * *

Il motel è carino, davvero. Cade a pezzi, ma è carino e pulito. Il bancone dell’ingresso deve avere almeno settant’anni (portati molto male), le poltroncine sembrano appena uscite da una zuffa – persa – con un gruppo di gatti randagi, i quadri sono così storti che solo un miracolo può tenerli su e la moquette rossa – per quanto pulita – dev’essere ancora più vecchia del bancone. L’ambiente è illuminato da una soffusa luce gialla che lo rende caldo e accogliente, benché questo possa sembrare improbabile. Il tutto è completato da un’adorabile vecchina vestita quasi in stile ottocentesco che li guarda con un sorriso un po’ inquietante. Solo un pochino. Edo rabbrividisce e si aggrappa alla mano del fratello, nascondendosi dietro la sua schiena. 
«Benvenuti, miei cari – li saluta la donnina – Oh, poveri bambini, ma siete tutti bagnati! Entrate, prego» li invita con un gesto della mano. La sua voce è così acuta che Federico per poco non scoppia a riderle in faccia, domandandosi come faccia suo fratello ad averne paura.                                    
«Salve, signora. Siamo rimasti bloccati qua fuori per la grandine e abbiamo pensato di prendere una camera per la notte, se ce ne sono ancora di libere» spiega con calma.                               
«Oh, ma certo, ma certo. Datemi pure le vostre giacche, ragazzi, le metterò  ad asciugare accanto alla stufa» propone tendendo le braccia in avanti.                                                              
«Grazie molte, è davvero gentile». Federico si sfila velocemente la giacca e la consegna alla donna, facendo lo stesso con quella di Edo. L’anziana signora esce dalla stanza sciabattando allegramente e lasciandoli soli i mezzo all’atrio.                                                   
«Non è normale che non ci sia nessuno in giro in questo motel» è la prima cosa che butta fuori Edo rabbrividendo impaurito.                  
«Sarà semplicemente pieno di giovanotti come la padrona di casa a cui piace andare a nanna presto».                                                                                                      
«Questa storia mi sa troppo di Hansel e Gretel» rivela il più piccolo.                                      
«In quel caso, tu sei Gretel» lo provoca lui.                                                                           
«Nessun problema». 
La risposta arriva così inattesa che Fede aggrotta le sopracciglia: se Edo no si arrabbia o indigna ad una su provocazione, allora c’è qualcosa che non va. «Ehi – gli bacia un orecchio – va tutto bene, eh?»                                                                       
L’altro annuisce, un po’ più sereno.                                                                                                 
«Ecco fatto – esclama la donna tornando nell’atrio – Ora vediamo cosa posso fare per voi, d’accordo?»                                  
«Certo, grazie» concorda Fede con un sorriso.                                                                     
«Bene, per cominciare, io sono Madame Colette» si presente la vecchina.                                 
«Oh, francese! Noi siamo Federico e Edoardo».                                                                                  
La donna annuisce tirando fuori da dietro il bancone uno spesso – e polveroso – libro che si rivela essere il registro delle prenotazioni. «Vediamo, vediamo... Ah, ecco: ho una camera libera al primo piano. – indica le scale con una mano - La preferite matrimoniale, vero?» domanda con semplicità. Entrambi sbarrano gli occhi, presi in contropiede. 
«V-va bene una qualunque» mormora Fede tentando nel frattempo di riprendersi un po’.                                                                                                            
«Allora questa è la chiave! È l’ultima matrimoniale che mi è rimasta». 
Mentre ringrazia, Federico sente suo fratello borbottare fra sé e sé... sicuramente chiedendosi in quanti abbiano avuto il coraggio di fermarsi lì dentro.  
«Buona notte» augura loro la donna con un inquietante sorriso a trentadue denti. 
«Buona notte» rispondono loro in coro avviandosi verso la camera da letto. I gradini delle scale sono così alti e stretti che Federico prende per mano suo fratello e fa attenzione che non inciampi. Si china per evitare lo spigolo del soffitto basso che mira proprio alla sua fronte – ma chi diavolo ha dato il consenso ad usare un posto così sgangherato per ospitare della gente? – ma si scorda di avvisare Edo, che ovviamente ci sbatte contro neanche avesse preso la rincorsa. 
«Ahia! – strilla portandosi una mano alla fronte e guardandolo con gli occhi lucidi – Ahia» ripete mentre una lacrima solca la sua guancia. Fede impreca sotto voce e se lo stringe immediatamente al petto, baciandogli più volte la parte lesa. «Scusami amore, mi sono dimenticato di avvisarti. Mi dispiace tanto – lo bacia velocemente sulle labbra – È passato?»                                                                                 
«No» mugugna Edo contro la sua maglia.
Lui scoppia a ridere e lo riempie di piccoli bacetti su tutto il viso. «Entriamo, su». Infila la chiave nella serratura e gira a destra. Niente.                                     
«Ma che-?» Prova a spingere la porta con una spalla, ma questa non si muove.                           
«Tutto bene?» chiede Edo sbirciando da sopra la sua spalla.                                                     
«Come no...» risponde lui scuotendo la chiave con forza. Dopo cinque minuti di tentato – e riuscito – scasso, finalmente la porta si apre, cigolando come in un film dell’orrore di quarta categoria. 
«Be’, almeno si è aperta - commenta Edo guardandosi furtivamente intorno – Vai prima tu» dice poi al fratello prendendolo per mano. L’altro fa per ribattere, ma alla fine si rassegna e fa un passo nella stanza. E non ci trova nulla di spaventoso. L’ambiente è piccolo, spoglio ma tutto sommato pulito. In un angolo, un armadio di almeno cent’anni per anta – e non ne ha solo due – minaccia di cadere a pezzi sotto l’assalto delle termiti. Alla parete accanto, una scrivania di mogano con una gamba diversa dalle altre fa a pugni con la sedia in stile shabby-chic accanto. Al centro della camera troneggia un letto in ferro battuto – dall’aria un po’ più solida del resto della mobilia – affiancato da due comodini da notte che assomigliano troppo alle cassette di frutta del mercato. A completare il tutto c’è un grosso crocefisso – storto – appeso proprio sopra la testiera del letto.                                                                                                 
«Mi fa sentire un po’ osservato – commenta Edo sporgendo il labbro inferiore, mentre il più grande chiude la porta – Ma non importa: prima ci addormentiamo, prima ce ne andremo da questo posto» conclude con un’alzata di spalle. 
«Sai, conosco un altro modo per far passare in fretta il tempo» bisbiglia Federico al suo orecchio abbracciandolo da dietro. Lentamente, lascia scivolare una mano sotto il maglioncino del fratello e ne vezzeggia la pancia, solleticando la pelle calda. Edo poggia la testa sulla sua spalla e comincia a respirare pesantemente, gli occhi chiusi e il petto che si alza e si abbassa velocemente. 
«Lo vuoi fare qui?» chiede sorpreso rigirandosi nell’abbraccio e strusciandosi contro di lui. Fede sogghigna contro il suo collo.           
«Non l’abbiamo mai fatto in un motel... potremmo aggiungerlo alla lista» mormora seducente sfilandogli il maglioncino.                                                    
«Tu hai una lista dei posti dove abbiamo fatto sesso? Davvero?» chiede Edo guardandolo ora sbalordito.                                       
 
«Vuoi seriamente parlarne adesso?» ribatte lui sfilandogli la cintura e abbassandogli i pantaloni.                              
«Magari più tardi» è la risposta affamata del più piccolo che, ormai rimasto in boxer, gli salta i braccio e gli aggredisce il volto a suon di baci. Mentre gli sfila la maglia, avverte Fede togliersi scarpe e jeans alla velocità della luce.                                                        
«Abbiamo fretta, eh?» sghignazza Edo succhiando un angolo della sua spalla. L’altro gli stringe le natiche da sopra la stoffa delle mutande, portandolo a gemere oscenamente
«Non sei mai così intraprendente... meglio approfittarne, no?» ribatte mordicchiandogli un capezzolo. Poi, cogliendolo di sorpresa, lo butta di peso, portandosi immediatamente sopra di lui. E lì, il disastro. Come se fossero sotto la guida di un direttore d’orchestra – incapace – le molle del materasso danno il via ad un concerto di cigolii e rumori sinistri che si diffondono nell’aria ad ogni loro minimo movimento.                                                     
«Sta scherzando?» sbotta Federico fissando il letto con aria stralunata.                             
«Non importa, continua» sussurra languidamente Edo sollevando il bacino e sfregando con insistenza contro quello del fratello. L’altro si china su di lui e comincia a ricoprire la pelle del suo collo di piccole leccatine. Fede sente le mani del più piccolo scivolare sulla sua schiena, afferrare i suoi boxer e trascinarli giù, aiutandosi con i piedi. Lui si solleva sulle ginocchia per sfilarseli, e subito ricomincia l’allegra sinfonia di cigolii.            
«Non è possibile...» bofonchia lasciandosi cadere sul corpo nudo di suo fratello, che immediatamente lo avvolge con le sue gambe lunghe. Quando finalmente la stridula serenata finisce, un pacifico silenzio li avvolge, permettendo loro di avvertire meglio la presenza dell’altro. Ad un certo punto, Fede sente Edo tremare sotto di sé. 
«Stai ridendo?» domanda guardandolo sbalordito. Per tutta risposta, l’altro continua a ridere ancora più forte. 
«Non ci credo... ogni singola, maledetta molla di questo fottuto letto cigola più di un vecchio cancello arrugginito e tu ridi                                                                   
Edo nasconde la faccia nell’incavo del suo collo e vi deposita tanti piccoli bacini.                      
«Non riuscirai a cavartela così facilmente» mugugna Fede con un tono molto meno duro rispetto a quello che avrebbe voluto.                                           
 
«Okay, magari sì... - esala quando l’altro gli mordicchia il lobo di un orecchio – Dimmi tu se uno deve andare in bianco per un letto che cigola» borbotta. L’altro gli bacia scherzosamente il naso. «Hai davvero una lista di tutti i posti in cui l’abbiamo fatto?» chiede dubitoso.              
«Oh sì – ghigna lui – È tutto qui» rivela picchiettandosi un dito contro la tempia.                 «Davvero?»                                                                                                                                                                 
«Già. E c’è anche una dei posti e delle posizioni in cui vorrei farlo – Edo rabbrividisce – Vuoi sentirne qualcuno?» Senza aspettare un cenno d’assenso di suo fratello, si allunga sul suo corpo – strusciandocisi sopra a dovere -  e mormora con voce bassa e roca ogni punto della lista. Parola dopo parola, per Edo diventa sempre più difficile riuscire a stare fermo. Si contorce come un’anguilla, mentre cerca un po’ di sollievo contro il corpo di Fede e il suo viso raggiunge una tonalità vermiglia.   
«Scommetto che il punto tre ti piace, non è vero?»

Image and video hosting by TinyPic >Angolino Autrice:

Ecomiiii! Buonasera a tutti! Vorrei immediatamente scusarmi con tutti per l’enorme e imperdonabile ritardo, ma tra scuola e il lavoro (che è cominciato lunedì... neanche un attimo di tregua!) riuscire a respirare è già un’impresa. Ma almeno, lavoriamo tutti e tre nello stesso posto, quindi ho sempre una buona dose d’ispirazione!
Sì, lo so che Edo è sempre più intraprendente (come lo definisce Fede) ma che ci posso fare? Personalmente, a me piacciono anche così... cambiano, ma sono ogni giorno più innamorati di prima!                                                                                                                     
Ho notato che lo scorso capitolo ha avuto meno recensioni rispetto al solito e spero che questo non abbia a che fare con il ritardo negli aggiornamenti (meglio sapere che siete troppo occupati a prendere il sole in spiaggia... almeno voi non sgobbate al caldo della città!) Che fate di bello in questo periodo? Raccontatemi tutto - sono curiosissima – e ditemi come vi sembra il capitolo!                                                                                                
Vi lascio, perché siamo da poco tornati tutti e tre a casa e non vedo l’ora di fare una doccia... Loro due credo abbiano altri progetti, visto come si stanno assalendo sul – mio – letto. Perciò, che loro si sfoghino pure, a voi un mare di baci e scuse!                                   
P.S. Il prossimo capitolo è quello dell’intervista!!

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Capitolo 20
*** Intervista - Extra ***


20. INTERVISTA

E rieccomiii! Sono tornata solo per quei pazzi che ancora ci seguono (ce ne sono davvero?) So di essere stata assente per un bel pezzo, ma tra il lavoro e lo studio c'era da impazzire! Inoltre, domani parto e vado in vacanza-lavoro per un beeeel po', quindi sarà difficile aggiornare a breve... Ma! Ho deciso di scrivere un capitolo su un episodio avvenuto pochi giorni fa, quindi... a (spero) presto!!
Per gentilissima concessione dei reali gemelli FEDO (Fede+Edo, che comunque non vedevano l’ora... uno, almeno) ho il piacere e l’onore di pubblicare un’intervista fatta proprio da voi (adorati pazzi) che seguite questa storia ♥                                                           
Spero vi diverta/emozioni/commuova com’è successo a me... Buona lettura!                                                                                         
P.S. Di fianco alle domande troverete il nome di chi l’ha posta (escluse le mie che sono state lasciate in bianco) e, sempre tra parentesi, troverete anche diversi miei commenti... scusate, non sono riuscita a trattenermi!                                                                                                                       
N.d.A.I. (I=Importante!): Per motivi di Privacy, non tutto quello che è qui riportato corrisponde alla realtà. In tal caso, alcune cose si rifanno alla storia, e sono contrassegnate da un asterisco *

* NOME?                                                                                                                                    
F: 
Federico                                                                                                                           
E: Edoardo                                                                                                                       

(R: Rebecca)

* ETÁ?                                                                                                                              
F&E: 21 anni.                                                                                                                        
F: 
Mi pare un po’ ovvio...                                                                                                    
E: (alza la mano) Ma io sono più piccolo!                                                                          

F: 
Non si direbbe, sai? (ghigna)                                                                                                  
E: (fa una linguaccia al fratello :P)

* ALTEZZA?                                                                                                                               
F: 1, 91 (notare l’un centimetro, mi raccomando...)                                                              
E: (sbuffa e guarda male suo fratello) 1,85...                                                                             
F: (scoppia a ridere)                                                                                                                     
E: Stronzo 
(pardon, vogliate scusare il linguaggio...)

* ASPETTO FISICO?                                                                                                             
F: 
Occhi e capelli castani.                                                                                                        
E: Capelli castani, occhi castani.

CUCCHIAIO GRANDE O PICCOLO?                                                                                         
F: Grande, ovvio. (e perché, scusa?)                                                                                       
E: (rivolto a Federico) Che cosa emozionante...       
                                                                   
F: 
Zitto che ti piace.                                                                                                               
E: (sbuffa e alza gli occhi al cielo)

COLORE PREFERITO? (nel caso qualcuno non l’avesse ancora capito)                                
F: 
Blu... in tutte le sue sfumature                                                                                    
E: (parlando del fratello) Dipende dal suo umore... Per me giallo o rosso!

DOLCE O SALATO?                                                                                                                 
F: 
Salato, ovvio (ovviamente u.u)                                                                                          
E: E i TWIX dove li metti?                                                                                                
F: (sogghigna) Non vuoi davvero saperlo... (oddio...)                                                                            
R: Edo?                                                                                                                           

E: Dolce!                                                                                                                                                        

F: 
A livelli diabetici...

* CORSO DI STUDI?                                                                                                             
F: 
Architettura                                                                                                                      
E: Progetterà la prossima casa per le vacanze al mare della Regina Elisabetta... sempre che per allora sia ancora viva, però... 
(qui io mi sono sciolta... dovevate vedere la sua aria così orgogliosa!)                                                                                                                                 
F: 
(sorride intenerito) Non esagerare...                                                                                     
E: No, no, chi esagera... Io invece diventerò Ostetrico! Non vedo l’ora!

MARE O MONTAGNA?                                                                                                       
F: 
Montagna, direi...                                                                                                                 
E: Mare!                                                                                                                                

F: 
Ripensandoci, direi mare.                                                                                          
E: (lo guarda confuso) E perché?                                                                                           

F: 
(ghigna) Ti sei mai visto allo specchio in costume da bagno? Ecco perché.

HOBBY E SVAGHI?                                                                                                            
F: 
Lettura e palestra in casa... ultimamente anche la cucina.                                                 
E: (annuisce convinto) È vero, prepara un sacco di roba buona!                                                 
F: 
Anche perché se dovessi mangiare quello che cucini tu – le rare volte che lo fai – a quest’ora sarei già tre metri... sotto terra (ghigna... e io pure, ad essere onesti!)    
E: Ehi!                                                                                                                                 
R: Edo? (cercando di respirare tra un risata e l’altra)
                                                          
E: Nuoto – ma solo al mare – e calcetto.

NUMERO FORTUNATO? (ragazzi, questa è da diabete, siete avvisati...)                                
F: Due                                                                                                                                      
E: Uno                                                                                                                                     

R: perché?                                                                                                                         

E: (arrossendo come un pomodorino maturo) Lui è nato per primo...
                                    
F: 
(alza le spalle, ma guarda da un’altra parte) Stesso motivo...                                           
R: (sviene...)

* CHE AUTO AVETE?                                                                                                                                               
E: Una azzurra e un po’ scassata!                                                                                                                                               

F: 
Intendeva il modello... e poi non è scassata!                                                                          
E: Un pochino sì... e comunque non mi ricordo il modello (sorride imbarazzato...)                       

F: (si dà una manata sulla fronte) 
Lasciamo perdere...

FILM: COMMEDIA, ROMANTICO, HORROR O AZIONE?                                                     
F: 
Horror o azione                                                                                                               
E: Che noioso che sei... Commedia, ma mi piacciono anche i cartoni animati!  
                                
F: 
Sei proprio un bambino...                                                                                                            
E: (gli fa la linguaccia... 
dicevamo?)

PERCHÉ A EDO PIACCIONO I BOXER COLORATI? (ANGELO NERO)                                                            
F&R: (Scoppiano a ridere)                                                                                                            
E: Facile... perché quelli neri li mette mio fratello!                                                               

F: 
(scuote la testa) Oddio...                                                                                               
R: (muore dalle risate!)

EDO HA DAVVERO I BOXER A POIS? (LIQUID_SUN)                                                           
F: Oh, sì...                                                                                                                              
E: Non proprio come quelli del capitolo – quelli sono orribili – ma sì, sono azzurri a pois bianchi.                                                                                                       
F: (ghigna) Ci fossero solo quelli...                                                                                   
E: (imbarazzato) È che mio zio, dopo aver visto quelli a pois, ha cominciato regalarmi boxer davvero bizzarri - e imbarazzanti – tra cui un paio con i cuori, con i quadrifogli, con in cravattino stile smoking in rilievo e...                                                                             

F: E...                                                                                                                                      
E: (rosso come un pomodoro) E con le cerniere sui lati... per toglierli più in fretta.                       
F: (muore dalle risate sotto il tavolo)

AVETE MAI BATTUTO LA TESTA MENTRE...? (ANGELO NERO)                                                 
E: Oh... sì.                                                                                                                           

F: È stato davvero esilarante!                                                                                             

E: Parla per te... quella maledetta mensola mi ha lasciato un bernoccolo grosso come una pigna!                                                                                                   
F: (Sparisce di nuovo sotto il tavolo piangendo dal ridere)                                                              
E: Ma che idiota...

EDO HA SEMPRE... IL RUOLO PASSIVO? (ANONIMO)                                                                               
F: (Scoppia a ridere)... ancora)                                                                                               

E: (Dopo essersi ripreso da un possibile infarto) Ma che razza di domande sono?!                   

F: (Tra un soffocamento e l’altro) In effetti... A te la risposta, caro.                                  

E: Ma vai a c****e... 
(scusate, ma non mi andava di scrivere certe parole... tanto l’avete capita tutti ;P)                                                                                         
R: Edo...                                                                                                                           
E: Allora... Sì, ce l’ho sempre io quel ruolo. Oddio... (arrossisce... ancora!)                                  
F: Una volta gli ho proposto di provare a fare cambio, ma...                                                 

E: Ecco, non si tratta solo di una questione di “piacere”: quando succede-                      

F: Spesso quindi... (notare la nonchalance)                                                                           

E: Taci...dicevo, quando succede, avverto un senso di protezione, di sicurezza – e anche di abbandono, ad essere onesti – del tutto diverso dal solito... Sento tutto l’amore, l’attenzione e la preoccupazione che ci mette Fede... Sono io a non voler fare cambio, perché non sono sicuro di riuscire a farlo sentire come lui fa con me... È una cosa unica.                                                                                                                                          

F: E io, semplicemente, rispetto la sua decisione.                                                                        

R: Wow... (scusate, ma ci voleva)

FEDE È GELOSO DI LOPE? (LIQUID_SUN)                                                                                          
F: Devo essere sincero?           
                                                                                                    
E: Certo!                                                                                                                               

F: Tu taci.         
                                                                                                                  
E: (sbuffa)                                                                                                                                   

F: Onestamente, no. Mi è capitato all’inizio, quando Lope era la novità del momento e tutte le attenzioni di Edo erano concentrate su di lei. Ma mano a mano è diventata parte delle nostra vita quotidiana, così quella – poca – gelosia che c’era è svanita. Tanto, un cane non potrà mai sostituirmi, vero? (sguardo minaccioso al fratello)                                        

E: (ghignando) Ma certo che no!                                                                                                 

EDO È LARRY SHIPPER? (ANGELO NERO)                                                                                            
E: Non è esattamente così...                              
                                                                 
F: (con molta aria di chi la sa lunga... neanche fosse il loro vicino di casa) È che quei due si mangiano con gli occhi. Ed è inutile negare, è davvero palese.

VI SFIDATE MAI AI VIDEOGIOCHI? (LIQUID_SUN)                                                                                       
E: (quasi mettendosi a piangere) Sì...                                                                                          

F: (con aria mooolto soddisfatta) Inutile dire che lo batto ogni volta (cattivo, Fede, cattivo!)                                                                                                    

E: (sollevando un dito) Ma...!                                                                                                                                      
F: Sì, sì, a Cooking Mama vinci sempre tu...    
                                                                      
E: (pugno in aria stile Freddie Mercury)

QUAL È IL VOSTRO SOGNO PIÙ ASSURDO? (ANGELO NERO)                                         
F: Se con sogno intendi desiderio... Guidare un’Aston Martin, direi. O incontrare Robbie Williams. Una delle due.  
                                                                     
E: (rivolto al fratello) Nulla di che, quindi. A me piacerebbe vedere l’aurora boreale o far nascere una coppia di gemelli. Considerando quanto sono freddoloso, è molto più probabile che avvenga prima la seconda.

VI PIACCIONO I CANDITI? (LIQUID_SUN)                                                                                                      
F: Per niente.                                                                                                                          
E: Certo che sì! Ecco un altro lato positivo dello stare insieme: a Natale, quando si mangia il Panettone, ho sempre una montagna di canditi extra tutti per me!

QUAL È LA VOSTRA CANZONE PREFERITA? (ANGELO NERO)                                               
R: Posso dire anche io la mia? 
Per me, “The Flood” dei Take That.                                               
F: “We might fall”, di Ryan Star.                                                                                             

E: “Perdere l’amore”, di Massimo Ranieri... sono una persona molto romantica! Immaginati mentre la balli fra le braccia della persona che ami... (occhi a cuore)             
F: (prova a nascondersi, ma sorride)

MI ADOTTATE? (LIQUID_SUN)                                                                                               
E: (ridendo) Sì!                                                                                                                              

F: Volentieri, ma direi di no. 
                                                                                                   
E: (un po’ irritato) E perché no, scusa?                                                                                                               

F: (con molta pazienza) Dove la mettiamo?!

LA NEVE HA UN SIGNIFICATO PARTICOLARE PER VOI? (ANGELO NERO)                      
F: No...                                                                                                                                   

E: Solo che posso fare un sacco d pupazzi!

SE POTESTE DECIDERE DI NON ESSERE FRATELLI, PRENDERESTE QUESTA DECISIONE? (TRISLOT)                                                                                                         
F: 
Assolutamente no. Benché fra di noi ci sia molto di più di un legame fraterno, questo è ciò che siamo. Fratelli. Non potrei mai rinunciare al mio fratellino, sarebbe come rinunciare ad una parte di me. I gemelli - quelli omozigoti - dovrebbero essere in realtà un feto solo, che per qualche motivo – perdonate se non me lo ricordo, l’ho studiato parecchio tempo fa - ha subíto una divisione cellulare. Dovevamo essere una cosa sola. Ma ad essere sinceri, lo siamo ancora.                                                 
E: Onestamente, non credo che sarei diventato ciò che sono ora se non ci fosse stato lui, mio fratello. È soltanto grazie a lui se oggi sono quello che sono. La forza e la sicurezza che mi dà lui non potrebbe darmela nessun altro. In fondo, è a questo che servono i fratelli maggiori!

C’ È UNA CITAZIONE A CUI SIETE PARTICOLARMENTE LEGATI? (ANGELO NERO) 
F: “Qualunque cosa distrugga la Libertà non è Amore. Deve trattarsi di qualcos’altro, perché Amore e Libertà vanno a braccetto, sono le due li di uno stesso gabbiano”. È una citazione di Osho. Trovo che sia una giusta rappresentazione di noi due.                                                                                                    
E: “Essere amati da qualcuno ci rende forti; amare profondamente qualcuno ci rende coraggiosi” di L. Tze. Credo che esprima al meglio ciò che sento quando lui è con me.                                                                                                                      
R: (in questa domanda mi sono voluta inserire anch’io – perdonatemi – perché ho letto da poco una frase che mi ha molto colpita – e ovviamente mi ha fatto pensare a loro). “L’Amore non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire; non è un appartamento «chiavi in mano», ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare”. Non so, mi sono venuti in mente loro.                                                                                                
F: Credo di capire perché...

QUANDO AVETE CAPITO DI AMARVI DAVVERO? (WHITE DEMON)                                                                   
F: 
Per me non c’è mai stato un momento preciso.                                                              
E: Nemmeno per me.                                                                                                             
F: Inizi ad amare tuo fratello nel momento stesso in cui nasce, probabilmente anche prima. Poi, però, cominci a preoccuparti per lui e ad esserne geloso, molto più rispetto alle normali coppie di fratelli. Ti fai prendere dall’ansia quando lui non ti è vicino, metti il suo bene davanti ad ogni altra cosa. Lui è così piccolo, indifeso, un misto fragilissimo di dolcezza e ingenuità, tanto che vorresti proteggerlo, vorresti difenderlo dalla crudeltà del mondo esterno, vorresti addirittura nasconderlo. Ti accorgi che non è più il comportamento di due fratelli, ma quello di una coppia di innamorati. Ed è in questo momento che ti chiedi se queste sensazioni siano normali, se siano davvero giuste... ma qualunque sia la risposta, hai finalmente capito di esserti innamorato alla follia. E nulla conta più.                                                        
E: Sin da piccolo, ho fatto di mio fratello il mio eroe. Non c’era – e non c’è tuttora – nessuno migliore di lui. Mi consolava quando ero triste, mi incoraggiava ad affrontare le mie paure, mi rimproverava quando ero in torto – e lo fa ancora adesso. Poi crescemmo e iniziammo a vivere sul serio la nostra vita. Amici, scuola, cotte adolescenziali (degli altri)... Stavamo già insieme, ma nessuno dei due aveva davvero capito cosa fosse l’Amore; eravamo troppo piccoli, benché ci amassimo già. In pratica ci amavamo ma non l’avevamo capito. Vivevo col terrore che mio fratello potesse abbandonarmi per mettersi con qualche ragazzina ossigenata e coperta da chili di trucco come facevamo i nostri amici. La prima volta che immaginai mio fratello fidanzato con qualcuno... ebbi la mia prima crisi di panico. Non avevo neppure quattordici anni. Così capii che Federico non era solo più un fratello per me. Me ne ero innamorato. E questo sentimento cresce ogni giorno di più: forte, vivo e soprattutto...                                

F: Vero.                                                                                                                                     
E: (gli stringe una mano) Già.

SE DOVESTE DESCRIVERVI A VICENDA CON UNA PAROLA SOLA, QUALE SAREBBE? E COME LI DESCRIVEREBBE L’AUTRICE? (WHITE DEMON)                                                                                            
F: Difficile da dire... In tutta onestà, direi che la parola giusta sarebbe “mio”. Edoardo è mio fratello, ma è anche il mio unico amore, il mio compagno di vita, la mia spalla su cui piangere, il mio fifone, la mia roccia. Puoi sicuramente dire che sia un rompipalle, non lo metto in dubbio... ma resterà comunque il mio rompipalle. (sorride)                                                                                                                
E: (sorvolando sul “rompipalle”...) Capita raramente che tra fratelli si condivida lo stesso pensiero, figuriamoci fra gemelli. Ma ogni tanto capita anche a noi, perciò direi anch’io “mio”. Perché è proprio come Federico ha descritto me. Ma nel caso in cui io non possa utilizzare la stessa parola – nessuno l’ha specificato – allora non credo di poterlo descrivere con una parola. Una sola non basta, e non ce n’è nessuna in grado di farlo.                                                                                                           

R: Non so se io possa farlo o no, ma devo comunque: per descrivere Federico e Edoardo vorrei riprendere quello che ha detto quest’ultimo. Non si possono descrivere due fratelli, due gemelli con una parola sola, perché sono due persone distinte, ma allo stesso una cosa sola. Provano emozioni diverse, compiono azioni diverse, hanno corpi e anime diversi. Ma sono una cosa sola. Per quanto io mi sforzi, non penso che esista una parola che spieghi tutto questo.

DA DOVE E DA CHI NASCE L’IDEA DELLE STORIE? (ANGELO NERO)                                   
F: Prova a indovinare...                                                                                                           

E: Da Rebecca, ovvio! Solo a lei poteva venire in mente una roba del genere!       
                            
R: In effetti, è stata proprio mia. Ogni giorno vivevo – e vivo ancora – una delle storie d’amore più belle che io avessi mai visto, quindi ho pensato “E se la vivessero anche altri?” Ho cercato un modo per far sì che ciò si avverasse senza metter loro due a rischio e da lì è nata l’idea. Ci ho lavorato un po’ su, ho creato i primi capitoli e ho aspettato. Per il messaggio che manda, questa storia sta avendo un grande successo. Non conta tanto il numero di persone che la leggono, quanto più quello di gente che comprende cos’è l’Amore.

COME AVETE REAGITO QUANDO R. VI HA PROPOSTO DI SCRIVERE UNA STORIA SU DI VOI? (WHITE DEMON)                                     
E: È stato uno shock!                                                                                                            
F: 
Totale.                                                                                                                           
E: Cinque minuti dopo, però, io ero entusiasta! 
                                                                    
F: 
Io per niente (guastafeste...)                                                                                                           
E: Aveva paura che si potesse in qualche modo risalire a noi.
                                                   
F: 
Poi R. ci ha spiegato tutta la procedura di sicurezza che avrebbe messo in atto (nomi finti, età false, etc...) e mi sono tranquillizzato un po’ (leggere: per niente)  
E: Soprattutto per il messaggio che porta questa storia... è troppo importante.

VI IMBARAZZA SAPERE CHE QUALCUNO LEGGE DELLA VOSTRA VITA PRIVATA (MOMENTI INTIMI INCLUSI)? (WHITE DEMON)                                                    
F: Non particolarmente: dopotutto, se qualche lettore dovesse incontrarci, sicuramente non ci riconoscerebbe. Potremmo scontrarci fra i reparti del supermercato e non capire chi è l’altro... Per i “momenti intimi”... be’, tutti quanti li abbiamo. Non vedo cosa ci sia di imbarazzante. È un po’ come stare in “Paranormal Activity” (?): tutti sanno che ci sei, nessuno ti ha mai visto.                                                                                                         
E: Tu e i tuoi paragoni coni film horror... Per me, invece, è abbastanza imbarazzante: quando giro per strada ho quasi il terrore che qualcuno inizi ad urlare: «Ehi, quello è Edo!» come se fossi una specie di vip/scoop... non siamo nulla del genere. (sorride)

COME VI SIETE CONOSCIUTI VOI TRE? (ANGELO NERO)                                                 
R: Be’, conoscerci è stato facile, diventare amici ancora di più! Il luogo in cui da piccola andavo in vacanza durante l’estate era frequentatissimo dalle famiglie con figli più o meno grandi. I gemelli, poi, erano conosciuti da tutti: in quel periodo erano molto noti per il loro comportamento un po’ troppo... birichino!                                                 
E: (nasconde la faccia fra le mani) Non farmelo ricordare...                                                   
F: (gli massaggia la schiena, fintamente comprensivo) Povero piccino...                
                                                                               
E: Zitto!                                                                                                                            

R: Non si direbbe, ma all’epoca erano delle vere pesti! (scoppiano tutti a ridere)    
               
E: Ehi, parla per te! Io ero un bravissimo bambino, ma non potevo lasciare che quell’idiota di mio fratello finisse da solo nei guai...                                                              
F: (ghignando) Certo che no...                                                                                            
R: Vero. Da parte mia, neanche io ero una santarellina: ero piccola, ma cazzuta! - perdonate il francesismo – Rimasi colpita quando li vidi in “azione”: più grandi, sfrontati e sempre in cerca di guai. Quello che mi affascinò maggiormente, però, fu il loro legame: erano davvero uniti, legati da una complicità sconosciuta che bramavo anch’io – Fortuna che poi non l’ho ottenuta, non del tutto, almeno! – Mi presero sotto la loro ala e divennero il “compagno di giochi” che desideravo da tempo: un unico compagno, perché quando erano (sono) insieme, diventavano una persona sola. Facevamo il paio! Poi, da quell’anno, diventammo inseparabili... e lo siamo ancora adesso, giusto?  
F&E: Giusto! 
(aww, li amoo!)

* COME HA SAPUTO REBECCA DI VOI DUE? (WHITE DEMON)                                                     
F: (sbuffando) No, non di nuovo...                                                                                         

E: Se ci pensi, è un racconto ridicolo!                                                                                   

F: Oh sì, un vero spasso...                                                                                                 

R: Zitti voi, la domanda è mia! (u.u) Be’, bella domanda, complimenti... Quando è successo, noi tre ci conoscevamo già da qualche anno e da parecchio tempo avevamo iniziato a frequentarci anche al di fuori dell’estate. Non è accaduto tanto tempo fa, a pensarci bene. Era quasi finito l’inverno, così avevamo approfittato di un weekend per trascorrere un paio di giorni in montagna. Semplicemente, non mi hanno sentita rientrare in casa, così li ho beccati mentre si sbaciucchiavano allegramente contro il frigo. Mi dispiace solo per le mele che avevo in mano, si sono ammaccate tutte.                                                                                                       
E: Ma se lo racconti così non è divertente!                                                                              
F: Non lo è stato, infatti...                                                                                                    
R: Decisamente no... (Per motivi di privacy, ho dovuto modificare gli avvenimenti raccontati. Ho cercato di renderli il più possibile vicini alla realtà)

COME L’HA PRESA REBECCA DOPO AVERVI SCOPERTO? (ANGELO NERO)                        
R: Uh, mamma...                                                                                                                        

E: Tutto sommato, alla grande!                                                                                           

F: Come no...                                                                                                                             

E: Scusa, se guardi come va adesso... 
(qui ho tagliato il loro battibeccare, tanto non serve a nulla u.u)                                  
R: Come l‘ho presa? Eh... sul momento malissimo: scoppiai a piangere e mi rinchiusi in camera per tutto il resto della serata, nonostante i loro tentativi di farmi uscire. Ci ragionai su parecchio e giunsi alla conclusione che, se era questo che loro volevano, io non avrei potuto fare nulla, se non appoggiarli. E così faccio ancora adesso. In effetti, la cosa non mi stupì poi più di tanto. Alla fine, il loro segreto divenne anche il mio. La mattina dopo, quando entrai in cucina, li trovai intenti a bisbigliare su quanto era accaduto. Ci squadrammo per diversi secondi, poi, senza dire una parola, ci abbracciammo e piangemmo per dieci minuti buoni... che scena da filmetto di quarta categoria (ridacchia).                                                                     
F: Detta così, è proprio strappalacrime... (guarda suo fratello) Ma stai piangendo? 
         
E: Solo un pochino 
(tesoro <3)

AVETE MAI LETTO LIBRI/VISTO FILM CHE TRATTINO D’INCESTO? (LILYY)                     
E: No... Ad essere sincero, non leggo molto. Solitamente, i libri che preferisco sono quelli che mi legge mio fratello. E questo tipo di film non è facilissimo da trovare... se vuoi un bel finale.                                                                                                                                    

F: Direi che la stessa cosa si può dire anche dei libri... perciò no.    
                                    
E: Di recente, però, una delle persone che segue questa storia 
– che sarebbe poi la stessa che ha posto questa domanda – ce ne ha consigliato uno davvero molto bello. Faccio pubblicità, ma tutti i meriti per il suggerimento vanno a lei: il film si intitola “Do Começo ao Fim”. È in portoghese, ma su You-tube si trova anche diviso in sette parti con i sottotitoli in inglese. È stato davvero un buon consiglio, e mi piacerebbe vederne altri con un finale di questo tipo.

AVETE MAI AVUTO VOGLIA DI TRASFERIRVI ALL’ESTERO O IN UN’ALTRA CITTÀ O SIETE TROPPO AFFEZIONATI A TORINO? (ANGELO NERO)                           
F: Per dire la mia, sì ci ho pensato. Cambiare città o stato sarebbe perfetto per non avere troppi problemi... Non mi piace nascondermi e odio doverlo fare, ma è necessario. Però non credo che cambierei città: qui siamo abbastanza lontani da casa nostra, possiamo vivere la nostra vita “abbastanza tranquilli”.                                           
E: Assolutamente no! Mi agita già il fatto di vivere a più di un’ora di macchina da casa, figurati cambiare stato! (che mammone...)

I VOSTRI GENITORI CHIEDONO MAI DELLA VOSTRA VITA PRIVATA? (ANGELO NERO)                                                   
F: A volte. Ci domandano se non ci sia qualche ragazza carina nel nostro corso, se non abbiamo ancora avuto nessun incontro speciale...                  
E: Nulla che non si possa liquidare ribattendo che la scuola ci assorbe troppo e che ci penseremo più avanti nel tempo...                                                               
F: Non accadrà mai.                                                                                                                
E: Decisamente no.

I VOSTRI GENITORI SONO MAI VENUTI/VENGONO MAI A TROVARVI A SORPRESA? (ANGELO NERO)                                                                                      
E: Oddio, no! Per fortuna, non hanno la chiave di casa!                                                              

F: E comunque, vivono lontano da noi, sarebbe problematico: pensa se dovessero venire a trovarci senza dire nulla e noi non fossimo a casa... dovrebbero farsi un altro lungo viaggio per tornare indietro. È molto più comodo per tutti avvisare prima.

 I GENITORI DI REBECCA SANNO DELLA VOSTRA RELAZIONE? (ANGELO NERO)              
F: In teoria no...                                                                                                                   

R: Ma sicuramente sospettano qualcosa... non sembrano farsi troppi problemi, però: sanno che io ho una mente molto aperta e provano a fare lo stesso con la propria. Onestamente, credo che il mio modo di vedere certe cose abbia influenzato in minima parte anche loro... e questo non può che essere un bene. (modalità fiera: on!)       
E: In pratica, direi che se dovessero scoprire tutto non la prenderebbero poi male... (modalità fiduciosa: on!)

QUAL È STATA LA VOSTRA PEGGIORE LITIGATA E COME L’AVETE RISOLTA? (ANGELO NERO)   
E: Oh...                                                                                                                                      
F: Già, oh... (rivolto al fratello) Vuoi che risponda io?                                                                             
E: Sì, per favore...                                                    
                                                                    
F: Ok... È successo qualche tempo fa: avevamo diciannove anni ed io ero andato a fare il tifo per Edo ad una delle sue partite di calcetto. Avevano vinto e lui era il ritratto della gioia. Quando uscimmo dal campo iniziò a piovere, ma a noi non interessava: eravamo troppo presi dall’euforia per accorgercene. Forse fu per quello che Edo fece quella proposta, forse per altro, non lo so...                                                                                             

E: Ti prego...                                                                                                                      

F: Disse che magari avremmo potuto raccontare di noi due ai nostri genitori, che forse non si sarebbero arrabbiati...                                                                
E: Fede, io...                                                                                                                           
F: (gli prende la mano) Ehi, va tutto bene.                                    
E: (annuisce)                                                                                                                    
F: Quando capii che stava parlando sul serio, rimasi paralizzato. Gli risposi che mai, nella vita, avrei fatto una cosa del genere. Parlai senza riflettere, troppo preso dalla paura per fermarmi a ragionare su come quelle parole avrebbero agito su mio fratello. Lui si arrabbiò moltissimo, come mai credo abbia fatto, e cominciò ad urlare e a gridare che ciò di cui aveva sempre avuto paura alla fine era diventato reale. Diceva che non lo amavo davvero, che per me lui era sempre e solo stato un giocattolo, che di lui non me ne fregava nulla, perché altrimenti l’avrei sostenuto.                                                                              

E: (piangendo) Mi dispiace, mi dispiace...                       
                                                                                                          
F: (prendendo il viso del fratello tra le mani) Lo so. 
Edoardo, lo so. In quel momento, però, non ci ho visto più. Quelle parole mi fecero così male, ma così tanto male-        
E: Questo lo so (abbozza un sorrisetto)                                                                                     
F: (sorride) Certo che lo sai: sei il mio gemello. Il punto è che tutto ciò su cui avevo basato la mia esistenza, tutto ciò che era da sempre stato la mia ragione di vita... mi si rivoltava contro. E nel peggiore dei modi. Non lo biasimo, non potrei: tra i due, sono sempre stato io il più razionale e, di conseguenza, il più forte. Edo è più emotivo, si lascia trascinare dai sogni e dai sentimenti, ma a volte finisce male. Tutti abbiamo un lato oscuro, che è più o meno nascosto in base alla persona. E così come tutti, anche Edo ce l’ha, e ogni tanto viene fuori. Solo che il mio esce molto più spesso. Quella sera non ci pensai, ero accecato dalla rabbia: così iniziai a colpirlo. Edo è magrolino, ma ha riflessi pronti e muscoli nascosti. In pochi secondi ce le stavamo dando di santa ragione, rotolandoci in mezzo al prato di un parchetto e sotto la pioggia. Ma veloce come era arrivata, la rabbia svanì, e restammo solo noi due stanchi, infangati e senza fiato.                                                                                          
R: Come avete fatto pace?                                                                                                              
F: La maggior parte delle coppie si riappacifica con una sana nottata a rotolarsi fra le coperte... noi no. Be’, anche, ma quello dopo.
                                             
E: (arrossisce e si stringe a Fede)                                                                                              
F: Semplicemente, ci guardammo, ci prendemmo per mano e ci stringemmo l’uno all’altro. Non penso di aver mai dato un bacio disperato come quello.

DIRETE MAI AI VOSTRI GENITORI DI VOI? (WHITE DEMON)                                                   
E: No                                                                                                                                      
F: Edo...                                                                                                                              

E: No (stringe i pugni)

COME STATE DOPO IL MATRIMONIO? TUTTO A POSTO? (ANGELO NERO)                                 
F: Tutto come prima.                                                                                                                

E: (gli tira uno scappellotto) Maleducato! Scusate, è solo che dopo che gli è stata fatta una domanda un po’ troppo personale diventa emotivamente stitico. Stiamo benone e, onestamente, io sono al settimo cielo! Lui anche, solo che non lo dà a vedere. Al di fuori le cose non sono cambiate per nulla, ma noi siamo sposati e... siamo felici!

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Capitolo 21
*** Litgio ***


21. LITIGIO

 

“Vai, vai, vai...” pensa Federico senza mai staccare gli occhi di dosso a suo fratello. Lo osserva correre nel campetto insieme agli altri giocatori, i capelli tenuti indietro da una fascia e la maglia ricoperta di sudore. Mancano pochi secondi alla fine della partita, ma Edoardo ha la palla in mezzo ai piedi e punta dritto verso la porta, i compagni intorno a lui a fargli da scudo. È solo un’amichevole fra polisportive, ma per il più piccolo è comunque importante, soprattutto ora che il gol decisivo è il suo. Fede si storce le dita, agitato, mentre guarda suo fratello avvicinarsi al limite dell’area di tiro, caricare e...    
«Sì!» Prima ancora di accorgersene è già in piedi a saltare, urlare ed esultare insieme a quella che crede sia la ragazza di un altro giocatore. Edo resta immobile davanti alla porta con le mani nei capelli, incredulo, finché la squadra al completo non gli salta addosso, seppellendolo sotto un ammasso di corpi sporchi e sudati. Fede prega che abbia abbastanza forze per riuscire ad rialzarsi, ma poi vede i suo compagni sollevarlo sopra le loro teste e trascinarlo negli spogliatoi, lanciandolo un paio di volte in aria. Con un sorriso ebete che non riesce a togliersi dalla faccia, Fede si dirige fuori dagli spalti, immergendosi nel buio della notte. C’è un leggero venticello un po’ più fresco del solito, così si toglie la sciarpa e se l’avvolge intorno al polso, pronto a sistemarla intorno al collo del fratello. Si appoggia ad un muretto e aspetta sereno, sperando che Edo non ci metta troppo. Qualche minuto dopo, una testolina bagnata sbuca dagli spogliatoi, scuotendosi e spargendo goccioline d’acqua a destra e sinistra   
«Se poi stai male, io non ti curo» ironizza Fede accennando ai capelli bagnati.                      
«Oh, ma cosa me ne importa! Ho fatto gol! Ho fatto il gol finale! Dio, non ci credo! Tu l’hai visto, vero? Eh?
Eh?» Edo saltella sul posto mentre lui gli sistema la sciarpa con un sospiro rassegnato. 
«Certo che ti ho visto, ero lì apposta! – fa un cenno ai compagni di Edo che stanno lasciando la polisportiva – Sei stato bravissimo» dice accarezzandogli una guancia. L’altro sorride e si strofina contro il palmo della sua mano. «Grazie».                 
«Tagliamo per il parco, vuoi?» propone lui.                                                                            
Edo storce i naso. «Ma è buio».                                                                                                       
«Sì, ma lì non c’è nessuno» ribatte strizzandogli l’occhio. Poi lo prende per mano, ignorando le sue deboli proteste, e lo trascina fra gli scivoli e le altalene. Camminano lentamente, nonostante l’aria fresca, cullati dalla voce entusiasta di Edo, che non la smette di parlare della partita. Poi, ad un tratto, si fa improvvisamente silenzioso e la sua presa diventa più stretta. Fede aggrotta le sopracciglia, in allerta.                                  
«Sai, stavo pensando...» inizia suo fratello agganciando lo sguardo a terra. Lui si ferma. 
«Che magari potremmo... sì, ecco, dire di noi... ai nostri genitori». 
Fede si sente mancare. Nel senso che il suo cuore ha smesso di battere e il suo cervello si è scollegato. Si rifiuta di assimilare ciò che ha appena detto il più piccolo. Si sente ghiacciare fino al midollo, e il freddo della notte non c’entra nulla. La testa gli gira come se li avessero appena colpo il cervelletto con una mazza da baseball rivestita in marmo.                                              
«Stai scherzando». Non è una domanda, non ha il coraggio di farla.                                        
«No, io... ho p-pensato c-che...» Edo balbetta e sicuramente non è un bene.                      
«Come puoi pensare una cosa del genere? – poco a poco, Fede sente la paura montargli dentro – Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo diciannove anni trascorsi a nasconderci, a proteggerci! Non hai imparato nulla?»                                                                                            
Edo stringe la mascella, gli occhi pieni di lacrime. «I-io credevo c-che... che tu avresti capito... c-che...»                                                                                          
«Capito? Capito cosa?» domanda confuso.                                                                                   
«Che sono stufo di nascondermi! Che non ne posso più!»                                                                                     
«Pensi che non lo sappia? Credi che non sia stufo anche io? Eh?» sibila furioso.                 
«No - è la risposta che arriva dura e sofferta – No. Se tu fossi stufo come dici, allora mi capiresti, sapresti di cosa sto parlando. E se tu mi amassi davvero, mi appoggeresti, faresti di tutto per supportarmi e aiutarmi. Ma per te io sono solo un giocattolo, vero? Un divertimento finché non sceglierai una di quelle sgualdrinette da quattro soldi che ti vengono dietro». Le sue parole sono tremanti e piene di terrore. Neppure lui crede a quello che sta dicendo, ma sta finalmente buttando fuori tutte le sue paure, tutto ciò che negli anni lo ha terrorizzato. 
Fede, però, non ci pensa, è troppo infuriato per fare anche un solo pensiero razionale. Così sferra il primo pugno. Forte, preciso e dritto verso lo zigomo destro di suo fratello. Lo schiocco delle sue nocche contro l’osso lo riempie di sensazioni, dall’immediato senso di colpa alla pura soddisfazione che solo una bella scazzottata sa dare. Edo lo guarda sbalordito, stupefatto dalla sua azione, ma lui non ci bada, carica di nuovo e colpisce una seconda volta, sempre nello stesso punto. «Io non ti amo, eh? Sei solo un giocattolo per me, uh? Brutto figlio di puttana!»                   
Quando meno se lo aspetta, un pugno veloce e deciso si abbatte contro il suo labbro , provocandogli un lungo taglio sul labbro inferiore. Fede avverte il gusto del sangue sulla punta della lingua e si passa una mano sulla bocca, sconvolto. In pochi secondi, i due fratelli danno il via ad una delle risse peggiori che si siano mai viste: si afferrano per i capelli, si tirano pugni nello stomaco e cadono a terra, rotolandosi fra le foglie secche cadute al suolo. Si ritrovano uno sdraiato davanti all’altro, tenendo entrambi le mani strette intorno al collo del fratello. Quando capiscono che non c’è alcun modo per continuare a darsele di santa ragione in quella posizione, si lasciano andare, all’unisono, respirando pesantemente. Fede guarda il petto di Edoardo alzarsi e abbassarsi velocemente, i vestiti sporchi e il sangue quasi rappreso fuori dal naso. Poi, ignorando il dolore lancinante che si espande allo stomaco, gli si siede a cavalcioni e si china su di lui, infilando la lingua nella sua bocca e tirandogli i capelli con forza. Edo risponde subito al bacio, gli infila le mani sotto la giacca e si aggrappa a lui.                                           
«Non provare mai più a dire che non ti amo – mormora Fede mordendogli a sangue un labbro – Chiaro?»                            
Edo annuisce lentamente e chiude gli occhi, due piccole lacrime che scorrono lungo le sue guance. «Mi dispiace – geme – Non dicevo sul serio, mi dispiace, mi dispiace...» 
Fede non lo lascia continuare, gli tappa la bocca con una mano e lo costringe a fissarlo negli occhi. «Ti amo. E te lo ripeterò ad ogni ora del giorno, se vorrai, ti sveglierò la notte per dirtelo e ti chiamerò a lezione per ricordartelo, se sarà necessario» dichiara solenne. L’altro nega convinto con il capo, poi afferra la sua mano e se la scosta dalla bocca. «Non serve. Lo so, so che mi ami. Come io amo te. Ma sarebbe carino se tu me lo dicessi qualche volta in più, in effetti. Non di notte, però. Di notte preferisco dormire e-» 
Fede lo zittisce di nuovo, stringendogli le labbra fra due dita. «Sei tutto sporco». Sorride.                  
«Anche tu». Lui ride ed è una risata liberatoria, triste e felice, leggera e pesante allo stesso tempo. Poi si alza in piedi, gli tende una mano e lo aiuta ad alzarsi. Lo aiuta, lo sostiene, come ha sempre fatto e come sempre farà. Edo dà uno scrollone ai vestiti, si toglie le foglie secche dai capelli guardandole con la sua solita aria da bambino. E Fede non resiste più: lo afferra per il colletto della felpa lo spinge indietro fino a sbattere contro un muretto, ignorando l’aria stupita dell’altro. Approfitta delle sue labbra aperte per la sorpresa e approfondisce immediatamente il bacio, accarezzandogli il palato e tracciando ogni dente con irruenza. Infila le mani sotto i vestiti del fratello, premendo i palmi sulla pelle calda del suo petto. Edo solleva le braccia e le posiziona dietro il suo collo, accostando la bocca al suo orecchio e gemendo senza ritegno. «Ti voglio». Le sue mani scivolano sul collo del maggiore, lungo gli avambracci e puntano dritto ai lacci della sua tuta. Dopo aver trafficato scoordinatamente con il nodo riesce finalmente a scioglierlo e ad intrufolarsi sotto la stoffa, afferrando le natiche del fratello, strizzandole forte. Fede boccheggia, soprattutto quando le mani si spostano pigramente in avanti a iniziano a sfregare con insistenza. Fede sta per sciogliersi sul posto, ma un barlume di lucidità lo attraversa e lui afferra il polso del minore, bloccandone il percorso dentro i suoi boxer. 
«Non qui» ansima sul collo del più piccolo tentando di riprende fiato e di non lasciarsi andare lì sul posto. 
«Perché?» chiede Edo con aria imbronciata – Non c’è nessuno, è troppo tardi» prova a dissuaderlo strofinandogli le labbra dietro l’orecchio. Fede non risponde, ma lo prende per i capelli e lo stacca da sé, appropriandosi della sua bocca per un profondo ma rapido bacio.                                   
«Non qui» ripete. Si riallaccia in fretta i pantaloni, evitando di sfiorare zone ora ipersensibili. Poi accarezza suo fratello lungo i fianchi, afferrandolo sotto le cosce e prendendoselo in braccio. Mentre si avviano verso casa gli massaggia vigorosamente il fondoschiena, premendo contemporaneamente il bacino contro il suo. Edo piagnucola per il piacere e si contorce fra le sue braccia.                                                                     
«Vediamo se resisti fino a casa». E mai quella parola è parsa più rassicurante. Casa.

Image and video hosting by TinyPic Angolo dell'autrice (se così si può ancora chiamare):
Vi prego, non seppellitemi  viva. Mea culpa, lo so benissimo. Aggiornare è stato davvero un casino tra la scuola, il lavoro e una nuova Shot  (andate a darle un'ochiata se vi va, si intitola il corpo umano - come il libro di Paolo Giordano. Infatti parla di due personaggi di quel romanzo).

Inoltre, per scrivere quell'intervista ci ho messo anima e corpo (e sangue), ma ad essere sincera sono arrivate molte meno recensioni di quelle che mi aspettavo, e questo mi ha demoralizzata un po'. Comunque, adesso sono tornata con un capitolo molto fluff e mooooolto angst (sigh). Spero vi sia piaciuto lo stesso, nonostante la massiccia dose di autolesionismo che mi sono inferta per scriverlo. Ascoltare quanto è successo in prima persona è stata un'esperienza davvero triste, ma fa comunque parte della loro storia.
Un enorme abbraccio a chi ancora segue questa storia - fatevi sentire se ci siete! - e ancora una valanga di scuse.  <3

P.S. Allora, per chi non l'avesse capito questo è il litigio di cui si parla nell'intervista.

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Capitolo 22
*** Disco ***


22. DISCO

 

Luci, fumo, buio. Corpi sudati che scivolano l’uno sull’altro, musica assordante e la libertà di essere che si mescola con l’alcool dei drink. Federico odia i luoghi troppo affollati, ma le discoteche – quelle gay in particolare – hanno sempre avuto un fascino irresistibile su di lui, lo seducono con i loro colori scioccanti e con i bassi che rimbombano nella testa fino a svuotarla da ogni pensiero. Gli ci è voluta tutta la giornata per convincere Edoardo ad uscire di casa e andare a ballare – suo fratello si lascia spesso intimidire dalla sfrontatezza dei frequentatori di certi locali (fatto alquanto inverosimile considerando il suo carattere decisamente estroverso) – ma ne è valsa la pena. Non c’è niente di meglio per liberare la mente e sconnettere il cervello. Un paio di drink lo rilassano abbastanza da lanciarsi in pista e le mani di Edo aggrappate alla sua canottiera gli mandano una scarica costante di energia che lo attraversa da testa a piedi. Sono giovani, attraenti e attirano decine di sguardi eccitati pronti a spogliarli di ogni vestito – e se possibile non solo con gli occhi.                               
Una scintillante quanto finta signora avvolta in un pacchianissimo abito di paillettes - decisamente troppo aderente per nasconderne le forme mascoline – gli lancia un’occhiata maliziosa da sotto le palpebre ricoperte di ombretto scuro e si lecca le labbra. Si muove sui tacchi vertiginosi con una sicurezza tale da credere che facciano parte del suo stesso corpo. Chissà dove le avrà comprate... un paio di tacco quattordici numero quarantacinque non si trovano ovunque.                                                                  
«Ciao, bellezza» sussurra seducente all’orecchio di Fede. Con un mano ingioiellata  lo accarezza per tutta la lunghezza del braccio, mostrando le unghie accuratamente decorate. Con un sorriso divertito, Fede pensa a come una perfetta manicure possa nascondere un bel gancio destro.                                                                     
«Ma tesoro, perché nascondere tutto questo ben di Dio qui sotto?» domanda scioccata la dama palpeggiandogli gli addominali. Poi, prima che lui possa dire qualcosa, afferra i lembi della sua canottiera e la sfila via, squittendo soddisfatta.                                                           
«Così va molto meglio, no?» chiede rivolgendosi ad un confuso Edo.                                         
«Oh sì» concorda Federico che ne approfitta subito per afferrare le mani di suo fratello e piazzarsele sul petto, passando subito dopo a divorargli la bocca. Il più piccolo non perde tempo e corre immediatamente a stringergli i capelli, ricambiando il bacio. La loro spettatrice deve capire l’antifona, perché alza gli occhi al cielo (o alle luci stroboscopiche, come si preferisce) e se ne va, puntando un’altra vittima. Fede massaggia lentamente i bicipiti di suo fratello – che si lascia scappare un gemito – per poi scendere verso la schiena. «Che ne dici se leviamo anche questa?» gli mormora mordendogli scherzosamente il mento. L’altro è in sua totale balia, perciò lascia che lui gli strappi via l’indumento e lo getti sul primo divanetto disponibile, dimenticandosene all’istante.

* * *

È passata poco più di un’oretta ormai, ed Edo, che sta ballando poco distante da lui, inizia a mostrare i primi segni di stanchezza. Prova a nasconderlo, stuzzicando il fratello con dei tentativi mal riusciti di muovere i fianchi in modo seducente o attirandolo a sé per i passanti dei jeans, ma Fede lo conosce bene e se ne accorge lo stesso. È proprio nel momento in cui sta per proporgli di far ritorno a casa, che un tizio dall’aria disgustosamente perversa punta suo fratello come se stesse andando a caccia. E avesse appena trovato la preda perfetta. È un tipo sulla cinquantina, con i capelli bianchi e separati in ciocche spesse – troppo gel – una pancia prominente e un pacchianissimo diamante all’orecchio. Prova a muoversi a tempo di musica, ma per lo più gironzola intorno a Edo, ignorando – volutamente? – le occhiatacce che gli manda Federico. Il più piccolo si accorge troppo tardi dell’uomo, tanto da ritrovarselo ad un palmo di naso mentre gli palpeggia una natica. Fede nota immediatamente i tremori che invadono le gambe e le mani di suo fratello e non perde altro tempo: con una mano spinge via il porco e incastra l’altra con quella di Edo, tirandoselo addosso.                         
«Stagli alla larga, pervertito del cazzo» gli ringhia contro prima di assestargli un bel sinistro dritto sul naso, che produce un suono viscido e incredibilmente giusto. D’un tratto la musica – se così si può chiamare – è troppo frastornante, l’aria si fa irrespirabile e tutto diventa semplicemente troppo. Deve pensarla allo stesso modo anche Edo, perché i suoi occhi incominciano a coprirsi di una patina lucida e il respiro si fa più pesante. 
«No, no, no...» borbotta Federico sollevando il corpo immobile di suo fratello e uscendo dal locale a passo di carica. Ci manca solo una crisi di panico all’una del mattino... L’aria fredda li investe in pieno, superandoli e portando via un po’ del terrore del più piccolo, che si accascia sul suo corpo e resta lì, inerme.                  
«Sono qui, piccolo mio... sono qui». Fede ripete queste parole più e più volte, mentre con una mano sostiene la schiena del fratello e con l’altra gli accarezza la testa. 
«Sono qui» mormora ancora quando Edo incolla le labbra al suo petto e le preme forte contro la pelle sudata, giusto per rendersi conto che lui è lì davvero.

 

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Allora... mamma mia, non avrei mai pensato di scrivere una cosa del genere, ma tant’è... 
Questo è l’ultimo capitolo che ho scritto finora. Per intenderci, ogni volta che pubblico un capitolo ne ho sempre almeno uno di riserva, ma adesso no. Non sto dicendo che non scriverò mai più, ma adesso sono focalizzata su un altro “progetto” e Twins sta diventando difficile da seguire. 
Chiedo un enorme favore a chi segue questa storia da tempo: non toglietela dalla “cartella” delle storie seguite. Per il non credo pubblicherò altro su questi due, ma non si può mai dire. Io non metto la parola “conclusa” alla descrizione della storia, non me la sento. Non l’ho mai fatto – se non con le OS - e non comincerò ora. 
Voglio ringraziare tutti quelli che l’hanno seguita/favorita/ricordata – Angelo Nero, Lilyy, Alixsoldier, un grazie speciale è tutto vostro. La storia non finisce con questo capitolo perché dubito che la “vera storia” finirà mai. Magari tra qualche settimana, due mesi o un anno ci rivedremo con un’altra loro avventura. Nel frattempo... al prossimo capitolo!

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