La perfezione del caos

di Alise13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quattro amiche e un giro di giostra ***
Capitolo 2: *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 3: *** La memoria del cuore ***
Capitolo 4: *** Trappola onirica ***



Capitolo 1
*** Quattro amiche e un giro di giostra ***


Salve a tutti! Questa è la mia prima ff su questo fantastico gruppo, quindi siate clementi e spero davvero che vi piaccia questo primo capitolo! E' diciamo introduttivo, più narrativo che descrittivo, spero con tutto il cuore che vi intrighi come storia! Se vi va lasciate qualche commento che non dispiace mai XD Buona lettura un bacio :*

 
 
1° CAPITOLO

QUATTRO AMICHE E UN GIRO

DI GIOSTRA



Erano passati già due mesi dall’inizio dell’università e tutto stava andando bene. I corsi erano interessanti, le lezioni affascinanti e la vita al campus era una frenetica corsa che non finiva mai.
Era una serata come un’altra e mi ero data appuntamento con le amiche per andare a fare un giro da qualche parte. Non c’era molto da fare lì, ma anche solo chiacchierare con loro mi faceva stare bene. Eravamo state accettate tutte alla stessa università, ma seguivamo corsi molto diversi ed eravamo state smistate in dormitori separati. Mi era stata assegnata una coinquilina che come hobby faceva la fashion blogger, uno scherzo del destino visto che per me la moda era un tasto dolente. Si chiamava Jane ed era una di quelle persone che non avevano peli sulla lingua che vomitava addosso a chi aveva davanti tutto quello che pensava, adoravo questa sua caratteristica, ma quando mi faceva le sue paternali sull’importanza dei vestiti nell’armadio di una ragazza, solitamente, me ne andavo rifugiandomi in caffetteria.
Mi infilai un paio di jeans e una maglia bianca larga. Ero abbastanza timida sul mio aspetto fisico per quanto Jane mi ripetesse che ero una bella ragazza e che dovevo valorizzarmi di più, odiavo le mie forme e facevo di tutto per nasconderle. Mi ricordava molto mia madre anche lei mi ripeteva le stesse cose, era buffo pensavo che, andando all’università mi sarei liberata di quelle paternali sul mio armadio ma Jane faceva le veci di mia madre a pieni voti. Quando venne a trovarmi fecero subito amicizia e si coalizzarono contro di me istituendo il giorno dello shopping quando mia madre veniva a trovarmi.
Ero leggermente in ritardo, colpa della lettura del momento che mi impiegava la maggior parte delle giornate. Nessuna delle mie amiche capiva questo mio bisogno di leggere, odiavano quando gli davo buca perché non riuscivo a smettere di farlo, ma non mi importava, adoravo i libri. Le avventure raccontate in quelle pagine mi facevano sognare e vivere emozioni che purtroppo nella vita reale erano pura fantasia.
Quelli che più adoravo erano i grandi classici, ma un’autrice in particolare mi era rimasta nel cuore, Jane Austen. Erano troppi i motivi per cui adoravo le sue storie e per un certo verso mi ci rivedevo in lei. Anch’io non credevo nel lieto fine, ma vedere i suoi personaggi che nonostante le grandi difficoltà lo ottenevano mi dava speranza. Chissà forse anch’io un giorno avrei lottato per un grande amore. Risi a quel pensiero. Che stupidaggine, io non mi sarei mai innamorata, quei drammi li lasciavo volentieri alle mie pazze amiche.
Saltai in macchina lanciando la borsa sul sedile del passeggero.
Pochi isolati ed arrivai davanti al dormitorio della mia più cara amica. Lei era già fuori che mi aspettava. Controllai l’orologio sperando di non averla fatta aspettare troppo, ma quando si avvicinò la vidi sorridere e mi rilassai allentando la presa sul volante, contenta che non mi facesse una ramanzina sui miei ritardi.
«Sono troppo felice per sgridarti» mi disse divertita spostando la mia borsa ai suoi piedi.
«Chi devo ringraziare?» le risposi ridendo.
«Jordan» fece un piccolo ghigno divertito.
«Che cavolo dici?» ero euforica e senza accorgermene sobbalzai sul seggiolino.
Francis era la classica brava ragazza, con ottimi voti, una famiglia perfetta alle spalle e due fratelli più grandi iperprotettivi. Aveva i capelli biondi che le arrivavano poco sotto il seno. Sembravano come un fascio di grano d’orato. Non era magra, ma nemmeno in carne era una via di mezzo, ma che le donava. Il suo viso a cuore emanava sempre un’estrema dolcezza.
«Dopo mi sentirà Jo per non avermi detto nulla»
Rise.
«Non lo torturare Sash, è colpa mia, volevo raccontartelo prima io» a quella giustificazione decisi che avrei posticipato la tortura alla prossima volta. Jordan altro non era che il mio caro amico di infanzia che prevedibilmente si era invaghito della mia migliore amica non appena gliela presentai due anni prima.
Lei non lo guadava con gli stessi occhi che lui riserbava a lei, ma con il tempo conoscendolo e con qualche mia spinta, aveva imparato ad apprezzarlo.
«Racconta!» le ordinai.
«Prepotente» disse lei fingendosi offesa.
«Dai non tenermi sulle spine» implorai maledicendo la mia curiosità.
Mi raccontò dettagliatamente il loro primo bacio, una cosa molto tenera, niente che non mi aspettassi da quello sdolcinato di Jordan. L’aveva portata a cena fuori e dopo aver fatto il galantuomo pagando il conto l’aveva riportata al dormitorio. F mi aveva raccontato che lui aveva cominciato a parlare a ruota libera in preda ad un attacco di ansia, ma lei lo aveva zittito nell’unico modo che conosceva, baciandolo. Lo sentì sciogliersi sotto le sue labbra guidando le sue braccia sui suoi fianchi. Il bacio fu appassionato e bello, diverso da quello che aveva sempre conosciuto F che nonostante la prima impressione da angelo era una che prendeva l’iniziativa senza pensarci troppo.
«Sono felice per voi» squittì.
«Ovviamente non ti ruberò il tuo amato amico, ma ti toccherà condividerlo qualche volta» mi avvertì lei, sapendo che io e Jordan ci vedevamo spesso per parlare, a volte rimaneva anche a dormire in camera mia, nonostante questa cosa fosse contro il regolamento del dormitorio, ma finché a Jane andava bene continuavamo con i nostri pigiama party.
Ci mettemmo a ridere e per il resto del viaggio ascoltammo la musica a tutto volume cantando e fingendoci due perfette cantanti. Era il nostro momento. Adoravamo entrambe gli Imagine Dragons, io in particolare mi perdevo in sogni ad occhi aperti ascoltando le loro canzoni. Adoravo l’indi rock.
«Sai vero che Taylor sarà in ritardo?» Disse F guardando l’orologio dell’auto.
«Lo so bene. Quella ragazza è un caso perso, i miei cinque minuti di ritardo a paragone con la sua mezz’ora non sono niente»
Lei si portò una mano alla fronte, per poi sprofondare in uno stato di rassegnazione, misto a depressione.
Quando arrivammo davanti al suo di dormitorio nell’ala ovest, ovviamente trovammo suo padre che gentilmente ci informò che stava uscendo. Suo padre era la persona più buona che io avessi mai conosciuto. Si spaccava la schiena per la figlia e la moglie, non era uno zerbino, era semplicemente la persona più altruista di questo mondo. Era venuto a farle un saluto prima che cominciasse il fine settimana e sicuramente Tay l’aveva sfruttato per farsi risistemare la camera.
«Grazie signor Hashword» feci un cenno con il braccio.
«Di nulla! Mi raccomando state attente »
«Non si preoccupi le controllo io» dissi fiera del mio ruolo di ragazza con la testa sulle spalle. Ero decisamente la più controllata del nostro piccolo gruppo.
Passarono venti minuti buoni e poi quella ritardataria senza speranza uscì lamentandosi.
«Sono un disastro!» urlò entrando in macchina e sbattendo forte il mio povero sportello.
«Ehi!» ringhiai
«Non te la rifare con il mio sportello»
«Scusa» borbottò lei per essere stata ripresa.
«Guardate qua» e agguantò le ciocche nere che le ricadevano sulle spalle.
«Che hanno di sbagliato?» Chiesi mettendo in moto e avviandomi verso l’ultima fermata. Mi sentivo un pulmino scuola in dei momenti, ma sinceramente era la parte che preferivo.
«Sembrano paglia e sono...» fece una lunga pausa «arricciati» lo disse disgustata. Era una cosa inaccettabile per lei. I capelli erano una parte fondamentale e i suoi allo stato naturale erano un ammasso in forme di ricci, per questo, ogni santo giorno che dio metteva in terra lei li piastrava con cura, ma delle volte il risultato non era quello sperato.
«Perché non sono come i tuoi F?» Disse lei accarezzando le ciocche dei biondi capelli. Emanava una strana aurea mentre sfiorava quei fili dorati, sembrava Gollum con l’anello del potere.
«Mi spaventi delle volte» le rispose F riprendendosi il ciuffetto di capelli.
Tay si buttò rassegnata sui seggiolini e cominciò a guardare fuori dal finestrino. Qualche volte la controllavo dallo specchietto e ridevo cercando di non farmi vedere da lei.
«La nostra diva è in una fase critica»
«Mi annoio» mi corresse lei. «Dopo aver raccattato Hannah dove andiamo?»
«In un posto, lo conosce Hanna quindi non iniziare con le domande, o almeno aspetta lei perché ne so quanto te»
Sbuffò teatralmente mentre Francis rideva divertita.
Era una ragazza viziata Tay e molto altezzosa, ma aveva un cuore dolce sotto quella corazza burbera.
Hanna ci corse incontro, mettendosi in mezzo di strada e allargando le mani come a far barriera.
«Sono proprio curiosa di sentire l’ultima» Disse con finto interesse Tay. La cosa buffa è che Hannah era amica sua, insomma inizialmente, ed era stata lei ad integrarla nel nostro gruppetto, né io e né F la volevamo, era la versione stupida di Tay che per quanto facesse la vip, aveva dei valori alla base, mentre Hannah no, diciamo che la sua passione erano i ragazzi e il bere. Non so bene perché l’avevamo fatta entrare a tutti gli effetti nel gruppo, ma dovevo ammettere che mi facevo sempre un sacco di risate quando c’era lei, ma c’è differenza tra ridere con una persona e ridere di lei.
Senza nemmeno aspettare che mi fermassi si buttò dentro la macchina investendo Tay e urlando:
«Parti, parti!»
Senza farmelo ripetere due volte, colta da un’ondata di adrenalina pigiai il gas sgommando sull’asfalto liscio. Non facevo queste cose e ciò mi sconvolse.
Con la coda dell’occhio vidi F che si reggeva come una nonnetta alla maniglia della portiera con gli occhi sgranati.
«Ma che cavolo di problemi hai si può sapere?» Urlò Tay contro Hannah.
Hannah si buttò due o tre volte lo sguardo dietro per poi rilassarsi e fare un bel sorrisetto.
«Su, racconta!» la incalzò Tay incrociando le braccia al petto.
«Ma niente. Mat mi ha beccata mentre baciavo il suo amico Scott e si è infuriato» parlava di quelle cose come se fossero sciocchezza. Dovevo ammettere che si, lei era una ragazza facile, ma il suo ragazzo che nonostante tutti i tradimenti ancora ci stava era una cosa assurda.
«Delle volte mi fa pena Mat. Non capisco proprio perché continui a star con te» le disse F in tutta tranquillità. Le due non andavano particolarmente d’accordo, ma si sopportavano, però, quando si affrontavano questi discorsi F veniva pervasa dal fuoco della giustizia.
«Perché mia ama» cantilenò lei cercando il lucidalabbra nella piccola borsa. Era vestita in moda molto provocante, shorts di jeans attillati e una canotta nera un po’ troppo scollata che lasciava intravedere il pizzo celeste chiaro del reggiseno. I suoi capelli castani a caschetto incorniciavano il viso tondo troppo truccato.
F stava per controbattere, ma per mia fortuna Tay le tirò una ginocchiata nella schiena attraverso il sedile.
«Hannah dimmi un po’ dov’è questo posto che non so la strada» Cercai di attirare la sua attenzione che ormai si era focalizzata sullo specchietto che teneva tra le mani. Dopo vari giri e una buona mezz’ora arrivammo in un piccolo parcheggio pieno di macchine.
Fermai l’auto. Era un locale dallo stile molto particolare. Senza che ce ne accorgemmo Hannah era già scesa dalla macchina e con fare sculettoso si stava avviando all’ingresso dell’edificio.
«Secondo voi qua ci vengono le sette sataniche a fare i loro riti?» Chiese seria Tay, che non ritrovava in quel posto un barlume di stile come lo intendeva lei.
«Dice che qua escono dei suoi amici e che ci teneva a farceli conoscere» cercai di spiegarle, sperando che non mi facesse riprendere subito l’auto. Conoscevo il posto di nome il “Jump-pub” sapevo che ci venivano organizzate delle feste molte animate, questo grazie a Jane che era sempre informata sulle ultime tendenze del campus.
«Se sono strani scappiamo via» disse Ty rivolgendosi a F che le fece un cenno del capo ridendo dello sguardo disgustato dell’amica. Nel nostro gruppo io ero la più controllata, mentre F era la coraggiosa, Tay la vip e Hannah.. lei era Hannah, non serviva aggiungere altro.  Scendemmo dall’auto e ci incamminammo  verso Hannah che ci aspettava al confine. Quando varcai il portone di legno scuro vidi molte persone intente a bere birra e a fumare, altri erano appollaiati su sgabelli altissimi che si baciavano un po’ troppo appassionatamente. Quasi nessuno lì dentro aveva l’età per bere, ma a quanto pareva non era un problema. Vidi un ragazzo venirci incontro euforico.
«Sei venuta!» Esclamò il biondino avvicinandosi ad Hannah. La abbracciò e poi guardò noi.
«Sono le tue amiche?» Chiese curioso.
«Si, te le presento, vieni» Disse lei raggiungendoci.
«Sasha, Tylor e Francis» disse lei sbrigativa indicandoci.
Lui si sporse avanti stringendoci la mano.
«Piacere io sono Niall» disse facendo un ampio sorriso. Era un bel ragazzo era innegabile, ma quello che mi sorprese di più fu vedere F arrossire quando il suo sguardo si posò su di lei. Porca merda pensai, per arrossire così… Scossi la testa forse mi stavo sbagliando a lei piaceva Jo.
«Piacere» dissi cercando di rompere un po’ il ghiaccio.
«Non mi avevi detto di avere delle amiche così carine» disse educatamente, più per essere galante che per altro.
«Giù le zampe Niall» lo rimproverò lei scherzosamente. Quel posto era affollatissimo, studenti ubriachi, fatti o con gli ormoni impazziti si divertivano in ogni angolo. Non pensavo che Hannah conoscesse qualcuno che frequentava quel posto, ma forse non avrei dovuto stupirmi visto che si trattava di lei che andava al college più per le feste che per studiare.
«Guardate un po’ chi ha portato Hannah» Gridò Niall verso un gruppetto che se ne stava appollaiato in quello che sembrava un piccolo salottino, da come la gente se ne stava alla larga sembrava una zona vip.
«Carne fresca» esclamò un ragazzo dai capelli neri ridendo. Tay e F si irrigidirono infastidite.
Diciamo che non erano proprio il tipo di compagnia che di solito frequentavamo. Vidi la montagna di bottiglie di birra ammassate lì vicino. Erano ancora piene. La serata doveva essere all’inizio.
Un ragazzo con i capelli castano chiaro incrociò il mio sguardo.
«Prendete pure, non fatevi problemi» e indicò le birre. Senza farmelo ripetere due volte ne afferrai una e la passai a F che la guardò con aria languida.
«Io passo» dissi porgendo la bottiglia a Tay che non si fece pregare. Cominciarono a sorseggiare le bibite, tutte tranne me che se me ne stavo piantata a terra con la voglia di tirare fuori dalla borsa il mio libro e leggere.
Mentre hannah e Tay parlavano con i ragazzi io mi avvicinai un po’ di più a F.
«Tutto bene?» Le domandai.
Mi fece un cenno del capo in assenso.
«E te?»
«Non sono il genere di serate che preferisco. »
Presi il telefono e scrissi a Jordan, sperando mi potesse tenere compagnia.
«Come sta Jordan?» Mi domandò F mandando giù un altro sorso di birra. Sapeva che quando non mi sentivo a mio agio mi attaccavo a lui, era sempre stato così dalla notte dei tempi.
«Non mi ha ancora risposto» sospirai. Dopo qualche minuto il telefono suonò. Lessi il messaggio e poi mi rivolsi a F.
«Sta bene, è a casa a guardare un film»
«Avengers 2?» Mi domandò certa della risposta. Feci un cenno del capo ridendo.
«Adora quel film» e gli occhi le si illuminarono.
Jordan era un anno più grande di noi e purtroppo non aveva abbastanza soldi per frequentare l’università. Dopo il liceo si era rimboccato le maniche e si era trovato un lavoro in un supermarket nella nostra piccola città natale.
Una voce ci strappò alla nostra conversazione.
«Louis, Zayn venite, cominciamo!» Disse Niall.
Tay aveva palesemente perso la testa per quei due ragazzi, la vidi passare il suo sguardo prima su uno e poi sull’altro. Era schizzinosa come tutte le principessine, ma quando si trattava di bei ragazzi, anche se non era spinta come Hannah perdeva la testa.
«Io sono Taylor» cinguettò lei verso il ragazzo dai capelli neri e dallo sguardo magnetico.
«Piacere» disse lui «Sono Zayn» e prese a sorseggiare una birra. Hannah gli si buttò addosso sedendosi sulle gambe. Tipico atteggiamento di Hannah, ma Tay non si fece intimorire e non gli staccò gli occhi di dosso, battendo le ciglia in modo molto provocante.
Niall si sedette vicino e mi fece un sorriso.
«Ciao» la sua voce era cordiale e molto dolce.
«Ciao» dissi io di rimando non prestandogli molta attenzione.
Vidi F con le guance un po’ arrossate per l’alcol storcere il naso. Era la mia migliore amica la conoscevo bene e c’era qualcosa che non andava.
«Tutto bene?» Le chiesi un po’ preoccupata.
«Si» fece una pausa incerta «Tutto bene» disse più a se stessa che a me, ma lasciai correre, sapevo che non mi avrebbe detto nulla in quel momento, quindi con le chiavi in mano della mia bellissima ford focus grigia mi avviai all’uscita.
Tay mi guardò accigliata.
«Dove stai andando?»
«Alla macchina» le dissi «devo fare una chiamata» cercai di spiegare prima che Ty facesse qualche commento.
Senza pensarci due volte tornò al gruppetto di ragazzi che tanto le piacevano.
Senza quel baccano e il puzzo di fumo mi sentii libera, assaporai a pieni polmoni l’aria fresca, era un autunno caldo, ma la sera la temperatura scendeva, un fattore meteorologico che apprezzavo molto, essendo sempre stata un amante del freddo.
A parte Jordan non frequentavo molti ragazzi, anzi nessuno se si escludevano i compagni di corso con cui scambiavo qualche conversazione e stare lì in quel locale mi metteva a disagio.
Avevo un blocco profondo verso il genere maschile, sarei stata un bel soggetto da analizzare per uno psicologo.
Stai bene?
Mi scrisse Tay. Sorrisi per quel gesto dolce così poco da lei.
Benissimo tranquilla goditi la serata J              
Ok capo!
Entrai in macchina e chiusi lo sportello, lasciandomi andare sul sedile del guidatore. Un colpo mi fece sussultare. Un ragazzo si era buttato sul mio cofano baciando appassionatamente una biondina minuta. Li vidi contorcersi sulla mia povera macchina finché lui non la prese per le cosce portandosela in collo e sbattendola, di nuovo, sul mio cofano. Ero scioccata, paralizzata, avrei voluto urlargli di smetterla, ma non sapevo davvero che fare. Lo vidi appoggiare la ragazza sul cofano e baciarla ripetutamente, le sue mani che affondavano nelle sue curve e le mani di lei che bramose gli tiravano i capelli, finché, mentre la baciava sul collo, non alzò gli occhi verso la mia direzione. Per un secondo mi sentì sollevata che si fosse accorto della mia presenza, ma ero stata troppo ottimista. I suoi occhi verdi brillarono maliziosi nella notte, stava continuando il suo giochetto e nel frattempo guardava me con un ghigno divertito dipinto sulla bocca ero inorridita.
Arrivata al punto di rottura misi le chiavi nel quadro e accesi la macchina, vidi la ragazza avvinghiarsi al ragazzo e senza pensarci cominciai a pigiare lo spruzzino dell’acqua per i vetri, non era abbastanza per bagnarli, ma era stata sufficiente per farli scendere dal mio povero cofano.
«Brutta stronza!» ringhiò la biondina guardandosi i vestiti.
Non potevo vedere il mio sguardo, ma sapevo che rispecchiava a dovere il mio stato d’animo. Incazzata, ecco come mi sentivo.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e si leccò le labbra, guardandomi con aria di sfida.
«Andiamo Harry.» La ragazza lo prese per un braccio e cercò di trascinarlo via.

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Capitolo 2
*** Il buongiorno si vede dal mattino ***


2° capitolo

  Il buongiorno

si vede dal mattino


                                                                                                         
 "Non c'era bisogno di   chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei."
Lev Nikolaevic Tolstoj
 


«Dormigliona sveglia!»
La voce squillante di Jane mi rimbombava fastidiosamente nelle orecchie. Cercai di scacciare lei e i suoi gridolini mattutini, ma i miei buffi colpi di mano andarono a vuoto, colpendo solo l’aria. La sentì spostarsi ridacchiando. Quando mi prese per un piede e cercò di tirarmi giù dal letto capì cosa la divertisse tanto. Mi sembrava di essere in uno di quei film horror in cui la povera vittima viene trascinata nella bocca dell’inferno, mentre con le unghie cerca di attaccarsi al terreno, ecco la scena ricordava molto una di quelle. Presi il cuscino e glielo tirai contro, fortunatamente, questa volta il colpo andò a segno e la sentì sborbottare qualcosa dopo che mi ebbe preso a cuscinate. Gli strappai l’arma di mano e con gli occhi ancora chiusi me lo portai con un gesto rapido sopra alla testa. La sentì buttarsi a sedere sul mio letto, come un sacco di patate, sfinita per le imprese compiute.
«Sai vero che farai tardi a lezione?» Non la vedevo, ma sapevo benissimo che se ne stava lì sul letto con le mani sui fianchi, con i suoi capelli ramati perfettamente sistemati e la bocca dipinta di rosso arricciata.
«mmm» Riuscì ad emettere solo quel suono strozzato.
La sentì afferrare il cuscino e sollevarlo dalla mia testa, quando mi stropicciai gli occhi vidi che l’orologio segnava le 8.
«O mio Dio!» Balzai velocemente in piedi inciampando nel lenzuolo che inevitabilmente mi fece ruzzolare a terra. I capelli mori mi ricaddero sul viso togliendomi la vista.
La risata di Jane era di puro divertimento.
«Ahia!» Mi lamentai massaggiandomi la caviglia che aveva appena fatto un movimento che nessuna caviglia avrebbe mai dovuto fare. Gli occhi verde acqua si riempirono di lacrime per il dolore.
«Tutte le mattine la stessa storia» si lamentò Jane che con sguardo comprensivo contemplava la mia faccia da cucciolo bastonato. Avevo un grosso difetto ero una dormigliona, adoravo godermi la mattina, andare a lezione, ma il risveglio era un trauma.
«Se ti prepari entro dieci minuti andiamo a fare colazione insieme»
Senza farmelo ripetere due volte mi alzai szoppicando.
«Corro. Aspettami!» Le urlai mentre entravo in bagno.
«Considerando la tua capacità di stare su due zampe, eviterei di correre» mi urlò divertita.
Mentre mi facevo una rapida doccia, la sentì entrare in bagno, per passare un po’ di tempo davanti allo specchio. Quella ragazza aveva dei seri problemi di narcisismo, stava più tempo a specchiarsi che a fare qualsiasi altra cosa, ogni superficie a con riflesso era una scusa per guardarsi, cellulare, vetrine, finestre…
«Oggi ti unirai al corso di letteratura avanzata giusto?» La sua voce era distorta, ovattata a causa dell’acqua che mi cadeva sulla testa e nelle orecchie, ma capì quanto bastava per poterle rispondere.
«Si, perché il corso base è poco stimolante, quindi visto che me ne hanno dato l’opportunità pensavo di provare a frequentarlo»
Uscì dalla doccia fasciandomi il corpo con un asciugamano con un simpatico Snoopy raffigurato sopra.
«Orrendo» disse disgustata indicandolo con il tubetto del rimmel.
«Non offendere Snoopy» le dissi palesemente offesa portandomi le braccia al ventre, come a proteggerlo. «E comunque mica ci devo uscire»
«Si, ma se per tua fortuna riuscissi a farti vedere, in asciugamano, da un bel ragazzo, il poveretto scapperebbe a gambe levate per la tua mancanza di sexappeal»
«Ma che compagna di stanza carina che ho trovato!»
«Dove ne ritrovi un’altra che ti butta di sotto dal letto la mattina?» Risi sapendo che nonostante le nostre differenze Jane teneva davvero a me e che non mi poteva capitare persona migliore.
Dopo essermi preparata alla velocità della luce e aver subito una veloce ramanzina sul mio abbigliamento ci avviammo verso la caffetteria ancora in orario. La felpa rossa era troppo grande e mi arrivava a mezza coscia, il colore era spento a causa degli svariati lavaggi. Adoravo quella felpa ed era perfetta per quella mattinata nuvolosa.
Il caffè del chiosco vicino al nostro dormitorio era il migliore di tutto il campus, una miscela che ti svegliava dopo il primo sorso. Non mi stupì trovare una piccola fila di studenti impazienti di ricevere la loro dose di caffeina.
«Ancora mi chiedo come tu faccia a bere il caffè nero e senza zucchero, è una schifezza!»
«Ma che senso ha bersi un caffè che non sa di caffè?» dissi indicando il suo bicchierone pieno di latte, panna e dio sapeva cosa ci aveva fatto mettere. Diciamo che era l’unica cosa calorica che si permetteva di ingurgitare, quindi come diceva lei, doveva essere fatto per bene quello sgarro al rigido regime alimentare a cui si sottoponeva.
Dopo poco ci dividemmo e io mi avviai verso il nuovo corso. L’aula non fu difficile da trovare ed era situata nel dipartimento di lettere, che già conoscevo. Era un edificio che amavo, era in pietra rossa e l’entrata era incorniciata da un bellissimo arco a volta circondato da edera color verde smeraldo.
L’aula era praticamente vuota, un ragazzo dai capelli neri corvini sedeva nella seconda fila.
Quando mi avvicinai il suo viso mi parve familiare.
«Ehi» disse lui stupito sorprendendomi a fissarlo.
«Ehi» dissi di rimando imbarazzata, rimanendo in piedi impalata come una stupida. Era davvero un bel ragazzo con uno sguardo magnetico e un filo di barbetta che gli incorniciava i lineamenti duri.
«Non ti ricordi eh» disse alzando un sopracciglio.
«Ci siamo già incontrati?» dissi onestamente.
«Al pub, sono un amico di Hannah»
 Ora ricordavo, avevo visto quel ragazzo, ma non ricordavo il nome.
«Sono Zayn» disse sorridendo porgendomi la mano. Era davvero bello.
«Sono Sasha, ma puoi chiamarmi Sash» e strinsi la sua mano, aveva una stretta solida, forte.
«Siediti qua se vuoi» e spostò la giacca lasciandomi il posto accanto a lui.
«Grazie»
Era cortese e galante.
Mentre l’aula si riempiva, cominciai a parlare con Zayn che si rivelò essere una persona davvero interessante. Lo avevo giudicato male, o almeno lo avevo classificato in modo errato. Aveva una maglietta nera che lasciava trasparire i numerosi tatuaggi. Era un contrasto interessante, la sua passione per la letteratura inglese e la facciata da ribelle. Risi più volte alle sue battute, mi stavo davvero divertendo e l’ansia che di solito mi assaliva quando parlavo con i ragazzi in quel momento sembrava un ricordo lontano.
Quello che sarebbe accaduto da lì a poco però sarebbe rimasto impresso nella mia mente per molto tempo. Un uomo giovane, il professore, entrò in aula. Aveva dei bellissimi capelli castano chiaro e un paio di occhiali da vista che rendevano il suo viso giovanile più serio.
«Buongiorno ragazzi» disse, sfoderando un sorriso sghembo.
«O merda!» Dissi sobbalzando sulla sedia.
Zayn mi guardò come se fossi un alieno.
«Che hai?» Mi chiese preoccupato, mentre gli sguardi dei compagni che mi avevano sentita tornavano sul professore che aveva attirato l’attenzione di tutte le ragazze in aula.
«Niente. Scusa.» mentì.
Conoscevo il professore. Avevo riconosciuto i suoi occhi verdi, inconfondibili. Era il fottuto stronzo che si era avvinghiato alla bionda sul mio cofano. Merda, era un professore e avrei potuto giurare che la ragazza distesa sulla mia macchina fosse una studentessa. Non poteva essere, il mio insegnante ero un fottuto donnaiolo che se la faceva con le studentesse. Per tutta la durata della lezione pregai che non mi guardasse, che non mi riconoscesse, non volevo aver problemi. Eppure quel professore così giovane che stava parlando con passione ai suoi alunni non assomigliava per niente alla persona che avevo visto qualche sera prima. Possibile che mi stessi sbagliando?
 
Angolo autrice:

Buona sera!! Ecco qua il secondo capitolo! Il professore sarà la stessa persona che Sash ha visto qualche sera prima? E se così fosse lui la riconoscerà? Di sicuro sarebbe una situazione scomoda da gestire, specialmente per una persona come la nostra protagonista. Al prossimo capitolo e se vi va lasciate un commento che fa sempre piacere leggere le opinioni di chi legge e parlare della storia. Un bacio.

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Capitolo 3
*** La memoria del cuore ***


3° capitolo

La memoria del cuore


“L'inferno è la sofferenza di non poter più amare.“
Fëdor Michajlovic Dostoevskij


Passai l’intera lezione a nascondermi dietro al libro di Dostoevskij “I fratelli Karamazov”. Non avevo mai apprezzato così tanto quel grosso volume come in quel momento. Qualche volta mi ritrovai a sbirciare da sopra le pagine per studiare la persona che stava parlando con ardore ai suoi alunni. Sembrava così solare, allegro, niente della persona che avevo visto quella sera traspariva da quel sorriso buono, non almeno il ghigno che mi aveva riserbato quella volta, stavo seriamente prendendo in considerazione anche l’ipotesi del bipolarismo. Scossi la testa frustrata. Forse le mie facoltà mentali mi stavano abbandonando, l’aveva detto Jane che seguivo troppi corsi e sarei finita per esaurirmi e come se non bastasse mi stavo perdendo una lezione a cui tenevo particolarmente. Fortunatamente riuscì a passare inosservata agli occhi del professore, ma sfortunatamente non a quelli di Zayn che se la rideva vedendomi contorcere sulla sedia.
Riguardai meglio il viso del professore, forse mi ero sbagliata e lui non era chi pensavo fosse, era plausibile come conclusione alla fine era buio quella sera e non avevo messo bene a fuoco il ragazzo con gli ormoni alle stelle. Un flashback del quasi atto sessuale mi si materializzò nella mente, lui che la prendeva per le cosce e la solleva da terra, le mani di lei che annaspavano disperate lungo tutto il corpo del ragazzo epr poi impigliarsi saldamente tra i suoi capelli, i loro baci travolgenti. Al ricordo feci una faccia disgustata e cercai di levarmi quelle immagini da soft porno dalla mente. Quando la lezione finì, salutai il mio nuovo amico Zayn che avevo fatto divertire per tutta la lezione con i miei colpi di testa e mi diressi verso il corso successivo. Non so cosa successe di preciso, ma non arrivai mai alla lezione di storia contemporanea, camminando soprappensiero mi ritrovai in uno spiazzo verde dietro il dipartimento. Non c’era anima viva, solo qualche panchina di pietra sparsa per il piccolo cortile circondato da mura di pietre, erano alte e mi davano un senso si protezione. L’erba era ben curata e di un verde luccicante, qualcuno se ne prendeva cura con amore. L’edera si arrampicava sui muri formando delle venature che davano un senso di antico e misterioso al piccolo luogo. Un grosso salice piangente si stagliava in un angolo, i rami che ricadevano verso il basso creavano una cupola verde chiara, decisi di rifugiarmici all’interno. Avevo mille pensieri che mi frullavano in testa, eppure l’unica cosa a cui riuscivo a pensare erano gli occhi del professore. Quel verde acqua mi annebbiava la mente. Scossi la testa, ma perché pensavo a lui? Dovevo raccontare quello che mi stava succedendo a qualcuno. Presi il telefono e senza pensare digitai i numeri a memoria. L’apparecchio fece qualche squillo e poi una voce rispose.
«Ehi, ma tu non dovresti essere a lezione?» La voce di Jordan era sempre un tocca sana per me, era la mia copertina di Linus.
«Dovrei, ma non ho la testa oggi» sbuffai.
«Oh-oh, conosco questa voce, che è successo?»
«Qualcosa di molto strano e devo assolutamente parlarne con qualcuno o impazzirò» lo sentì ridere dall’altro capo del telefono.
«Stasera da te?»
«mmm» mugolai per dissentire.
«Ora?» Disse ridendo.
«Se proprio insisti» risi. Sapevo che gli stavo chiedendo un grosso favore, ma avevo bisogno di lui ero un’egoista del cavolo.
«Sento se Jeff se la cava da solo qua in negozio e parto subito. Ci vediamo tra una mezzoretta al chiosco dei caffè?»
«Perfetto! Grazie mille Jo, ti devo un favore enorme, mi farò sdebitare!»
«Me ne devi tanti, ma prima o poi li riscuoterò e per te sarà la fine» fece quella sua risata malefica che mi faceva tanto ridere.
«Ho paura, ma accetto le conseguenze delle mie azioni!» Lo salutai e riattaccammo.
Quando vidi Jordan gli corsi incontro e lo abbracciai, era una settimana che non vedevo il mio riccioluto migliore amico e mi era mancato davvero tanto. Era sempre stato la mia colonna portante, ero abituata a vederlo tutti i giorni. Fin da quando eravamo piccoli aveva la strana abitudine di entrare in camera mia dalla finestra arrampicandosi sull’albero di fronte. Mia madre si era sempre chiesta perché non passasse dalla porta come tutte le persone normali, e gliel’aveva chiesto anche varie volte, ma lui le rispondeva sempre che era un’entrata troppo figa per non farla, che era il mio eroe e non poteva sfigurare e come poteva mia madre lamentarsi di un così galantuomo?
 Ero cresciuta così, con un migliore amico che aveva lo scopo di salvarmi dalla mia infinita tristezza. La mia infanzia non era stata proprio rosa e fiori, all’età di dieci anni mentre stavo tornando a casa con mio padre, fummo coinvolti in un incidente stradale, un auto guidata da un ragazzo ubriaco ci aveva presi in pieno. Ricordavo ancora il rumore dei vetri che si frantumavano, le lamiere che si piegavano come plastica sotto la pressione dell’impatto. Non sarei dovuta sopravvivere all’incidente, ma successe perché mio padre si gettò su di me facendomi scudo con il suo corpo. Ne uscì con svariate ossa rotte e un’emorragia interna, ma lui, mio padre, non ce la fece. Mia madre era distrutta, si amavano davvero, anche dopo anni di matrimonio si guardavano ancora come se fosse il primo giorno e mi sentivo in colpa per averle portato via il suo grande amore, perché era colpa mia se era morto, io lo avevo costretto ad uscire di casa di sera per portarmi a comprare un gelato, ero io quella che aveva protetto con il suo corpo. Non ho mai superato la perdita e per qualche anno tra la riabilitazione e gli psicologi riuscì ad imparare a gestire il dolore. Jordan era il mio vicino di casa, conosceva mio padre ed era davvero affezionato a lui. Suo padre era scappato con un’altra donna abbandonando sua madre con un figlio da crescere e mio padre era l’unica figura maschile che avesse mai conosciuto, ci portava sempre al parco a giocare a basball, fottball e qualsiasi cosa ci passasse per la testa. Era un uomo fantastico e quando se ne andò, Jordan non pianse si fece forza e mi fece una promessa: mi avrebbe protetta al posto suo, che glielo doveva per tutto l’amore che gli aveva dato, anche se non era costretto a farlo. Si sarebbe preso cura di me diventando il mio eroe. Dovevo davvero tanto a quel piccolo ragazzino riccioluto maldestro che tutte le sere si arrampicava per controllare che stessi bene.
 L’incidente non solo mi aveva lasciato un vuoto interiore incolmabile e delle cicatrici ormai sbiadite sul corpo, ma mi aveva anche lasciato degli orribili incubi che mi perseguitavano tutte le notti, rivivevo l’incidente, volta dopo volta, sera dopo sera. Ad un certo punto credetti di impazzire, avevo paura di addormentarmi e stavo anche giorni senza dormire, impaurita. Mia madre non sapeva più cosa fare, correva disperata fino alla mia camera scuotendomi in lacrime quasi ogni notte. Voleva che smettessero, che smettessi di torturarmi, mi ripeteva che none era stata colpa mia, ma io sapevo di meritare quella tortura, sapevo che era la mia giusta condanna. Con il tempo gli incubi rimasero, ma la frequenza con cui si presentavano era diminuita.
«Caffè nero senza zucchero» Jordan mi porse il contenitore di caffè caldo fumante distogliendomi da quei pensieri.
«Grazie» dissi grata. «Caffè» sospirai. Ne avevo davvero bisogno.
Ci sedemmo ad un tavolo di plastica bianca con un buffo ombrello blu piantato al centro.
«Racconta! Sono tutto orecchie» e mi sorrise. Senza farmelo ripetere gli raccontai della serata, del pub e del finale, di come mi fossi ritrovata in aula con un professore che assomigliava davvero tanto a quel ragazzo che si era rotolato sul mio cofano.
«Non ci credo!» Esclamò rapito dal mio racconto. «Stai scherzando?»
«No, ti giuro. Non so proprio come comportarmi. E se fosse lui? E se mi riconoscesse e mi facesse scontare in aula lo scherzetto degli schizzini?»
«Bè, lui si stava rotolando sulla tua macchina con una studentessa, se fosse lui non penso che rischierebbe di farsi denunciare all’università. Non credi?» Effettivamente ero in vantaggio io e non poteva penalizzarmi in aula.
«Hai ragione. Sono una stupida. Mi sono fatta tanti problemi per nulla»
«Sai che mi devi chiamare anche per la più piccola cavolata. Io correrò sempre da te. Sei la mia famiglia» e mi strinse la mano che avevo appoggiato sul tavolo.
«A proposito di persone importanti» e gli tirai uno schiaffo sulla mano che aveva appoggiato sulla mia.
«Ahi!» disse dolorante massaggiandosi la parte lesa. «E questo per che cos’era?»
Alzai un sopracciglio e sussurrai «Francis»
Lo vidi diventare rosso dalla vergogna, per quanto volessi fare la finta seria e fargli pesare quell’omissione non ce la feci e buttando leggermente indietro la testa risi di gusto guardando la sua faccia sparire in un immersione in extremis nel caffè.
«Non fare il timidone» lo schernì.
«Non faccio il timidone»
«Allora come vanno le cose con F?»
«Lei che ti ha detto?»
«No,no caro, non ti dirò niente, io sono l’ascoltatrice delle parti, non voglio avere nessun ruolo attivo nella vostra relazione, sarebbe una cosa strana visto che siete entrambi miei amici»
«Ma a me vuoi più bene» disse sicuro della sua risposta. Era vero volevo più bene a lui, ma non per cattiveria, Jordan era come un fratello per me, mentre F era la mia migliore amica, era proprio diverso il rapporto di base che mi legava a loro.
Parlammo per ore di lui e F, lo aggiornai sulle ultime pazzie di Hannah e della sua fuga disperata da Mat che l’aveva ribeccata con un altro, ma questa volta con uno dei suoi migliori amici.
«Cosa?» Disse lui strabuzzando gli occhi. «Sapevo che era un caso critico quella ragazza, ma ero ancora convinto che avesse una coscienza, un’anima e invece si è fumata anche quella. Pazzesco!» Adoravo raccontare le cose a Jordan, mi dava sempre troppa soddisfazione.
«E Mat ci sta ancora?»
Feci di si con il capo.
«Però ho saputo da Tay che ha massacrato di botte l’amico. Se non fossero intervenuti gli altri lo avrebbe ucciso»
«Proprio non capisco» disse abbandonandosi sulla sedia di plastica che dondolò per quello slancio. «Perché punire così l’amico e continuare insieme alla ragazza? Comunque penso seriamente che non sia umana, non penso abbia un cuore che batte nel petto, ma cavolo, io l’avrei lasciata già da tempo!»
«Sono d’accordo con te, qualsiasi persona sana di mente lo sarebbe, solo che Mat è perdutamente innamorato di lei. E’ un bestione dal cuore d’oro e secondo Tay ha visto qualcosa di buono in Hannah e spera che un giorno metta la testa apposto»
«Illuso» sentenziò Jo e non potevo dargli torto. Come si poteva amare così tanto una persona da perdonarle tutto il dolore che gli procurava? Non si stancava di non essere ricambiato? Che Hannah non lo rispettasse? Erano domande senza risposta per me, l’amore era un mistero, un casino allucinante che non si sistemava mai, peggiorava e basta con il passare del tempo. Non sarei mai caduta nella trappola.

Angolo autrice:
Buona sera! Se siete arrivate fino a qua vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato! In questo capitolo abbiamo visto un po' meglio il rapporto tra Sash e Jordan e abbiamo dato una sbirciata al passato della protagonista che le ha lasciato un profondo dolore. Spero che questa parte vi sia piaciuta e spero che mi lasciate un commento per farmi sapere la vostra opinione! Che dire ancora? Grazie mille per seguire questa mia storia imperfetta, ma che sto scrivendo con il cuore e con tutto l'impegno! Grazie.

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Capitolo 4
*** Trappola onirica ***


4° capitolo

Trappola onirica

 
  "Tutto quello che vorresti o non vorresti vivere, i tuoi sogni l'hanno già conosciuto."
(Stefano Lanuzza)

 

«E' buono il gelato?» chiese mio padre facendomi un grande sorriso mentre teneva lo sguardo fisso sulla strada.

Feci di si con il capo, mentre mi gustavo quel dolce che tanto amavo.

«Sei una golosona, proprio come tua madre»

E ridemmo all'unisono pensando alla mamma che di notte sgattaiolava sempre a sgranocchiare qualche biscotto al cioccolato.

Poi l'inizio della fine.

«Ma che sta facendo quella macchina?» Portai il mio sguardo sulla strada dinanzi a noi. Un'auto stava sbandando pericolosamente sul ciglio opposto della strada.

Poi la sterzata fatale e ci ritrovammo in uno scontro frontale. Ricordo le urla di mio padre mentre si buttava sopra di me cingendomi con le braccia la parte superiore del corpo.

Quando riaprì gli occhi non riuscivo a respirare, il corpo senza vita di mio padre mi impediva di vedere oltre la sua spalla, cercai di spostarlo, urlando il suo nome. La prima cosa che pensai era che fosse svenuto, ma non rispondeva. La cintura di sicurezza che ancora lo legava mi aiutò a spostarlo sul suo seggiolino, non riuscivo a muovere le gambe, quando le guardai spaventata di cosa potessi vedere le ritrovai schiacciate dalle lamiere.

«Papà! Papà aiuto! Aiutami papà»

Silenzio.

Gli airbag non si erano aperti. Fuori il buio più totale, non una luce, solo buio.

Non riuscivo a piangere solo ad urlare, sentivo il dolore dei tagli sulle braccia percuotermi il corpo, ma nessun altro dolore proveniva dalle gambe.

Sentì dei passi correre verso la nostra direzione. Un ragazzo si era accostato dietro alla nostra macchina.

Cercò di svegliare mio padre battendo i pugni sul vetro, poi vide me e corse dal mio lato. Il vetro dalla mia parte si era spaccato in mille pezzi, come il parabrezza. Alcuni vetri si erano ficcati nella mia carne.

«Ora ti tiro fuori!» Urlò. «Cerca di rimanere sveglia» Gli occhi erano pesanti, sempre più stanchi.

Lo senti tirare lo sportello verso di sé, ma nell'impatto si era accartocciato incastrandosi nelle lamiere.

«Merda!» Urlò.

«Lasciami qua» Boccheggiai sotto shock.

«Non ti preoccupare, ti tiro fuori» disse facendo un sorriso tirato, era spaventato.

Riuscì a far leva in un punto con un bastone. Vidi lo sportello staccarsi e il ragazzo tirarlo via con forza.

«Ce l'ho fatta piccola, ti porto via!»

«Aiuta il mio papà, ti prego, è colpa mia, è colpa mia!»

«Sash! Sash svegliati!»

Le mani di Jane mi percuotevano con forza.

«E' un incubo Sash!»

Aprì gli occhi saltando a sedere sul letto. Avevo il fiatone ed ero completamente sudata. Respiravo a fatica come se un macigno mi si fosse posato sul petto. La gola mi faceva male, dovevo aver urlato per un po'.

«Respira. Va tutto bene. E' tutto finito.» Jane mi stava accarezzando dolcemente la schiena.

«Ci sono io Sash. Sono qui per te»

Le lacrime mi rigarono il viso che affondai nelle mani. Non ce la facevo più volevo che sparissero per sempre quelle immagini. Faceva troppo male, volevo strapparmi il cuore dal petto.

«Scusa» singhiozzai.

«Non ti devi scusare, basta farsi mille colpe» e mi abbracciò stringendomi forte a lei.

«Sono qui per te e non ti lascio»

Mi abbandonai ad un pianto liberatorio, addormentandomi stremata con Jane che si era infilata nel mio letto per vegliare su di me. Mi accarezzo i capelli tranquillizzandomi finché il sonno non mi avvolse nuovamente nel suo manto, lasciandomi ad un sonno senza sogni.

ANGOLO AUTRICE:

Buona sera ragazze/i spero che il capitolo vi sia piaciuto. Non sono ancora entrata nel vivo della storia perché preferisco andarci piano e introdurre un po' di argomenti prima, spero comunque che stuzzichi la curiosità di qualcuno :3
Un bacio <3

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