High School Central Park

di FrancyC_01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dannazione! Possibile essere in ritardo anche il primo giorno di liceo? Tutta colpa di quella dannatissima sveglia!
Skipper si infilò in fretta la divisa scolastica e si precipitò giù per le scale il più velocemente possibile. Prese una brioche da mangiare per strada e con quattro mandate secche chiuse la porta dietro di lui. Come al solito i suoi genitori non erano in casa: suo padre era un noto broker di Wall Street mentre sua madre era un'avvocato presso un famoso studio legale di Manhattan. Era sempre stato così: i suoi si svegliavano prima di lui per andare al lavoro e capitava spesso che non li vedesse neanche a cena. Quando era più piccolo ci pensava la sua adorata nonna ad occuparsi di lui, ma da quando lei era morta aveva imparato a cavarsela da solo. Sapeva che nonostante le loro assenze gli volevano bene, ma purtroppo la loro indifferenza nei suoi confronti l'aveva sempre fatto sentire un peso, spingendolo a chiudersi in se stesso e a non fidarsi di nessuno. D'altra parte avevano sempre cercato di sostituire il loro affetto riempiendolo di regali, ed essendo una famiglia benestante non era mai stato un problema dargli tutto ciò che voleva. Ma lui non era mai stato un bambino viziato, anche perché nessun giocattolo avrebbe potuto dargli ciò che lui desiderava veramente: una carezza, un complimento, il bacio della buona notte e una famiglia riunita attorno a un tavolo per il pranzo della domenica.
Mentre camminava a passo spedito per arrivare in tempo per la prima campanella, non faceva a meno di chiedersi come sarebbe stata la sua nuova scuola. La High School Central Park era un rinomatissimo istituto privato con ottime referenze. Si diceva che offrisse moltissime opportunità didattiche e che frequentandolo era più facile essere ammessi a grandi università, del calibro di Yale e Harvard. Skipper però non puntava ad istituti così prestigiosi, anche se suo padre avrebbe voluto che un giorno il figlio diventasse avvocato o banchiere, per onorare la tradizione della famiglia McGrath.
Il ragazzo aveva frequentato le scuole più prestigiose di New York fin da quando aveva tre anni, ma lui era sprezzante nei confronti di quegli ambienti di lusso. I successi voleva guadagnarseli, peccato che i suoi genitori non l'avevano mai capito. Così eccolo lì, in ritardo già il suo primo giorno da liceale.
Finalmente raggiunse l'istituto e non potè fare a meno di ammirarne l'esterno: la costruzione era maestosa, ricordava la facciata di una casa barocca. Impressionante era il contrasto con lo sky line della città che incominciava ad estendersi a pochi metri di distanza. Il cortile era affollato da ragazzi in divisa che chiacchieravano e ridevano tra loro. Notò con un pizzico di delusione un gruppo di ragazzi della sua età, anche loro primini, che si davano amichevoli pacche sulle spalle. Lui non aveva mai avuto amici. Per lui un amico era sempre stato un nemico che non ti aveva ancora attaccato alle spalle. Però era sempre così solo, nessuno gli aveva mai chiesto di passare la pausa pranzo o la ricreazione insieme. Un po' era anche colpa sua, era così scostante e triste e nessuno vuole un compagno di giochi così.
Era talmente rapito dalla visione della facciata che non si accorse di un ragazzo che gli stava venendo addosso. Skipper perse l'equilibrio e entrambi finirono per terra. Il ragazzo si alzò per primo e dai suoi occhi azzurri si capiva benissimo che era mortificato -"Oh cielo, stai bene? Mi dispiace un sacco, credevo di stavo correndo e non ti ho visto!"-  gli porse la mano per aiutarlo ma Skipper si tirò in piedi da solo, visibilmente infastidito  -"Se volevi spaccarmi qualche osso sappi che ci sei quasi riuscito"-  rispose seccamente; poi si accorse che lo sconosciuto ci era rimasto male -"Scusami, non volevo essere così acido. La giornata è incominciata male"- dopo le sue scuse il ragazzo sembrava più rilassato -"Figurati, in fin dei colpi è colpa mia. Ho perso l'autobus e ho dovuto prendere la metro. Comunque piacere, Soldato Stuart"- gli porse per la seconda volta la mano, sorridendogli. Era poco più basso di lui ma entrambi avevano gli occhi di un meraviglioso azzurro cielo e i capelli corvini, solo che Soldato aveva dei lineamenti molto più belli dei suoi. In sintesi, era un ragazzo molto carino.
Skipper gli tese la sua -"Skipper McGrath, piacere. Sei in prima vero?"- -"Esatto. Però la mia carriera da liceale non è iniziata un granché bene"- si misero a ridere. Skipper era colpito da quel ragazzo così genuino, semplice e modesto. -"Di dove sei, Soldato?"- -"Brooklyn. Ho vinto una borsa di studio ed eccomi qua"- Skipper era stupito: la HSCP era scettica ad accettare allievi da distretti che non fossero Manhattan o Staten Island. -"E tu Skipper?"- -"Manhattan, abito qui vicino, ma questo non mi ha impedito di arrivare tardi"- si misero a ridere per la seconda volta in dieci minuti. A Skipper non era mai successo, figuriamoci con un ragazzo conosciuto da neanche un quarto d'ora. Furono interrotti dalla campanella e come per magia tutti gli studenti si riversarono sugli scalini. Nella folla i due amici si persero di vista. Mentre veniva catapultato in corridoi sconosciuti, Skipper non fece a meno di chiedersi dove fosse Soldato. Anche se non se ne rendeva conto, si era già affezionato a quel ragazzo che in quindici minuti era riuscito a scalfire la sua corazza da duro, diventando la cosa più vicina ad un amico che avesse mai avuto.


Nota dell'autrice:
ciao a tutti! È la prima volta che pubblico su questo sito, quindi è probabile che mi siano scappati degli errori. Comunque invito tutti quelli che leggeranno questa storia a recensire. Spero che vi piaccia!
L'autrice

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Skipper era riuscito a sopravvivere alle lezioni di chimica e inglese. Durante la lezione di chimica un ragazzo dal nome strano, forse polacco, aveva mischiato qualche sostanza creando un intruglio che poi era scoppiato. Per fortuna il professore aveva deciso di chiudere un occhio sull'accaduto, essendo solo il primo giorno.
Certo che quel tipo era strano: portava degli occhiali tondi che durante l'esplosione si erano appannati oscurandogli la vista, la cravatta allentata e spostata verso sinistra e il suo zaino era decorato da formule chimiche che Skipper non conosceva. L'aveva perso di vista al suono della campana ma ripensando al suo incidente non poteva fare a meno di ridere.
Durante inglese non aveva notato nessuno di particolare e adesso si stava dirigendo  verso l'aula di storia. Appena entrato vide che Soldato era seduto al secondo banco e, contento di averlo trovato, andò a sedersi vicino a lui. Quando l'altro lo vide si illuminò -"Skipper! Meno male che ti ho trovato! Siediti vicino a me!"-  Skipper notò che un paio di ragazze stavano guardando il suo amico con vivo interesse -"Hey! Ti sei accorto di aver già fatto colpo?"- con un gesto gli indicò le due ammiratrici che si affrettarono ad abbassare lo sguardo, imbarazzate. Soldato arrossì  -"Non è vero, non sono così appariscente"- -"Se lo dici tu. Comunque, che lezioni hai seguito stamattina?"- -"Inglese e..... educazione fisica"- disse, con uno sguardo terrorizzato -"Come mai fai quella faccia?"- -"Odio educazione fisica, sono una schiappa"- -"Capito. No io invece chimica e inglese. A chimica c'era un tipo strano, ha creato una sostanza chimica che poi è scoppiata"- -"Parlando di tipi strani, ad educazione fisica c'era un ragazzo grande e grosso che però faceva fatica a parlare. Mi sa che ha qualche handicap, però sembrava simpatico. Mi sarebbe piaciuto scambiare due parole ma è andato via subito. Peccato. Dov'è il tuo armadietto?"- -"Ala est, armadietto 14C"- -"Il mio è il 16C!"- in cuor suo Skipper era contento. Almeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare durante i cambi d'ora. Non proseguirono la conversazione perché la professoressa era entrata e aveva già rimproverato la classe. Storia passò in fretta e in men che non si dica Soldato e Skipper stavano dirigendosi verso l'ala est. Mentre camminavano notarono due ragazze che chiacchieravano. Erano una strana coppia: una era alta, bionda e da ogni fibra del suo corpo traspariva eleganza. Aveva un neo sotto l'occhio sinistro e questo non faceva che aumentare la sua sofisticatezza, mentre l'altra era più bassa, mora e dall'aria sbarazzina. Erano molto carine entrambe, ognuna a modo suo. Avevano gli armadietti vicini ai loro, probabilmente dall'altra parte del corridoio. Skipper fu il primo a fare commenti -"Sembrano simpatiche"- -"Già, anche a me. Dai, andiamo a parlare con loro!"- Skipper era stupito dalla spontaneità dell'amico e prima di riuscire a fermarlo si stava già fiondando nella loro direzione. -"Ciao! Siete di prima anche voi?"- le due si girarono, stupite da quell'approccio così spontaneo. Rispose la mora -"Sì! Come ti chiami?"- -"Soldato, e lui è il mio amico Skipper"- Skipper era paonazzo. Era il suo primo giorno e stava già facendo una figuraccia con due tipe che manco conosceva -"Io sono Marlene e lei è la mia amica Doris, piacere di conoscervi"- si scambiarono delle strette di mano e Skipper non poté fare a meno di notare gli occhi di Marlene. Erano molto particolari, quasi gialli. Distolse subito lo sguardo. Finalmente riuscì a parlare -"Il piacere è tutto nostro. Come va?"- -"Bene grazie. Andrebbe meglio se Doris non continuasse a lagnarsi"- Doris la fulminò con lo sguardo -"Non permetterti! È un problema serio il fatto che i miei mi abbiano proibito di fare shopping dopo la scuola. A Manhattan ci sono un sacco di negozi e io volevo andare da Tiffany!"- Marlene alzò gli occhi al cielo -"Vedete, Doris è dipendente dallo shopping. Non fateci caso"- la conversazione fu interrotta dal ragazzo strano che Skipper aveva incontrato a chimica che sbraitava perché non riusciva ad aprire il suo armadietto, il 13C. Il gruppetto si diresse verso di lui -"Serve aiuto?"- -"Sì! È da mezz'ora che provo ad aprirlo e 'sto coso non si apre!"- Skipper osservò la serratura -"Dammi la combinazione"- -"7580"- Skipper provò. In effetti non si apriva -"Dammi il foglietto"- il ragazzo glielo diede. Skipper lo lesse: c'era scritto 8075. Provò la sequenza di numeri e finalmente si aprì -"Come hai fatto!?"- -"La combinazione era 8075"- il ragazzo era stupito. Lesse il biglietto e in effetti dovette dargli ragione. -"Ma allora perché ero convinto fosse 7580?"- -"Se non lo sai tu!"- ci fu un attimo di silenzio e poi tutti scoppiarono a ridere. -"Io sono Skipper e loro sono Soldato, Marlene e Doris. Tu sei quello che a chimica a fatto scoppiare la provetta vero?"- il ragazzo abbassò gli occhi imbarazzato -"Sì, sono io. Kowalski, piacere"- -"Russo?"- chiese Doris incuriosita. Quando Kowalski la guardò arrossì ancora di più. Rimase con la bocca aperta e poi, finalmente, rispose -"No, polacco. Mia madre era un'immigrata di Varsavia. Mio padre e lei si sono conosciuti qui a New York"- -"Perché era? Hanno divorziato?"- -"No, è morta quando avevo cinque anni"- l'atmosfera si fece pesante. Adesso era Doris quella imbarazzata -"Oddio scusami! Non volevo essere inopportuna"- Kowalski in quel momento capì che a quella ragazza avrebbe perdonato qualunque cosa -"Tranquilla, non potevi saperlo"- Marlene, per alleggerire la tensione, propose al gruppo di pranzare insieme. Tutti accettarono di buon grado. Le due ragazze si diressero verso il bagno e i tre rimasero da soli. Fu Soldato a rompere il ghiaccio -"Non vi sembra anche a voi di trovarvi in un film americano? Manca solo il trio di cheerleader perfide e il ricco e spocchioso e siamo a posto"- tutti scoppiarono a ridere. Skipper rispose -"Forse lo spocchioso c'è già"- stava indicando un ragazzo alto, biondo con i denti perfetti che veniva nella loro direzione. Era attraente e somigliava a Big Jim. Camminavano di fianco a lui due tizi più bassi: uno era grassottello e insignificante dall'aria annoiata mentre l'altro era mingherlino e rivolgeva al biondo uno sguardo adorante. Erano ridicoli e Soldato e Kowalski dovettero mettersi la mano sulla bocca per cercare di soffocare una risata  Big Jim passò davanti a loro e, accorgendosi delle facce divertite, rivolse uno sguardo sprezzante nella loro direzione. Questo però servì solo ad aumentare la loro ilarità. Soldato riuscì finalmente a parlare -"È nel mio corso di educazione fisica, si chiama Julien. Quello grassottello si chiama Maurice mentre il mingherlino Mortino. Mortino fa paura, è praticamente ossessionato da Julien"- -"Wow, le stranezze sono di casa alla High School Central Park!"- -"Già!"- Kowalski sembrava un po' triste dopo l'ultima battuta -"Sentite ragazzi, io ho un amico che si chiama Rico. È grande e grosso ma ha un handicap: non riesce a parlare molto bene ed è per questo che fa fatica a farsi degli amici. Ci conosciamo da una vita e anche se all'inizio incute un po' di timore, è un bravissimo ragazzo. Vi dispiace se pranza anche lui con noi?"- -"Niente affatto Kowalski. È sempre bello conoscere persone nuove"- rispose Soldato sorridendo. La campanella suonò e i ragazzi si dovettero separare per seguire corsi diversi. Skipper era sorpreso da se stesso: in una mattina aveva parlato con più persone che in tutta la sua vita. Certo, lui era un animo solitario, ma dovette riconoscere che era bello poter parlare e scherzare con qualcuno. Per la prima volta nella sua vita sapeva di potersi fidare di qualcuno, sapeva di avere degli amici.

Nota dell'autrice:
Ciao a tutti! Come vedete in questo capitolo leggermente più lungo ho introdotto quasi tutti i personaggi principali nella loro versione liceale. Grazie a tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo e spero continuerete a farlo anche con i prossimi! Baci :-*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quel giorno a pranzo Skipper si divertì un mondo. Kowalski aveva presentato loro Rico: all'inizio sembrava un po' imbarazzato, probabilmente a disagio per il fatto che non poteva comunicare normalmente, ma poi man mano che il discorso proseguiva riusciva ad inserirsi, facendo versi che prontamente Kowalski traduceva. Scoprirono che era un ragazzo simpatico e forte, anche perché aveva dovuto affrontare l'handicap fin da quando era piccolo e non era stato facile. 
Skipper scoprì che i suoi nuovi amici abitavano tutti a New York, ma le loro estrazioni sociali erano diversissime: Soldato, come aveva già scoperto, era di Brooklyn e non avrebbe potuto frequentare la HSCP se non fosse stato per una borsa di studio ottenuta per i suoi ottimi risultati scolastici; Kowalski e Rico erano di Staten Island e i loro padri erano titolari di un'impresa edile che guadagnava miliardi, ecco spiegato come facevano a conoscersi; Marlene era del Queens e anche lei aveva ottenuto una borsa di studio mentre Doris era di Manhattan e viveva con la cameriera e il fratello gemello Francis perché i suoi genitori erano in politica e viaggiavano per il mondo tutto l'anno. 
Mentre tornava a casa alla fine della giornata Skipper si chiese come avrebbe fatto a risprofondare nel silenzio. Naturalmente a casa non c'era nessuno e lui si buttò sul divano sfinito. Era molto contento di come era andato il suo primo giorno.
Il display del suo telefono si illuminò: un messaggio di Soldato. Gli aveva scritto se poteva fargli un favore: controllargli gli orari dei bus che partivano da Brooklyn e arrivavano a Manhattan. Skipper lo fece con piacere: aveva capito che Soldato era un tipo distratto ma incredibilmente buono e innocente. Era un ragazzo che aveva dovuto lottare per ottenere quello che voleva. Sapeva che suo padre guidava la metropolitana mentre la madre insegnava nell'asilo del loro quartiere. Erano due persone gentili e umili che, da bravi genitori, l'avevano sempre sostenuto nelle sue scelte. Soldato era legatissimo alla sua famiglia, che aveva dovuto fare numerosi sacrifici per pagargli le rette scolastiche. La borsa di studio era stata una manna dal cielo. 
Sapeva anche che per lui il pranzo della domenica era sacro e quando aveva scoperto che Skipper non ne aveva mai fatto uno come si deve aveva insistito per invitarlo a casa sua quel fine settimana. Quella domenica avrebbe conosciuto la famiglia del suo nuovo amico ed era un po' agitato. Non era mai stato a casa di amici, ma sapeva che doveva comportarsi educatamente, per non fare brutta figura. Soldato gli aveva detto che sua madre ci teneva molto alle buone maniere.
Mentre gli inviava gli orari sentì la porta aprirsi. Con sua grande sorpresa si accorse che era sua madre. Skipper si alzò per andargli incontro e quando lei se ne accorse gli sorrise -"Ciao tesoro, come è andata la giornata?"- -"Bene mamma, grazie. Come mai sei tornata così presto?"- -"Perché volevo vederti e passare un po' di tempo con te"- ma la sua espressione preoccupata e il fatto che fosse nervosa tradiva tutto -"Non è vero mamma. Non mentire. Perché sei qui?"- -"Sto cercando un documento importantissimo, devo presentarlo ad una causa"- Skipper sospirò. Se c'era una cosa che odiava di più dell'indifferenza dei suoi era il fatto che gli mentissero. Mentre guardava sua madre cercare il documento capì che gli faceva pena. Era così dedita al lavoro che non si accorgeva di tutte le cose belle che esistevano al di fuori del suo ufficio. Uguale suo padre, che lui considerava un uomo freddo e insensibile.
Finalmente sua madre trovò il documento -"Eccolo!"- poi si girò nella direzione di Skipper -"Non devo tornare subito in ufficio, se vuoi possiamo fare una passeggiata"- Skipper era sorpreso: forse era veramente interessata alla sua vita scolastica -"Volentieri mamma"-.
Camminando per Central Park lui le raccontò dei suoi nuovi amici, delle lezioni che aveva seguito e dell'impressione che la scuola gli aveva fatto. Sua madre ascoltava e sorrideva -"Sono contenta che tu ti sia fatto degli amici, Skipper. Sembrano bravi ragazzi. Ti va di invitarli un giorno così li incontriamo anche io e tuo padre?"- ok, adesso non la riconosceva proprio più -"Va bene mamma. A proposito, domenica pranzo a casa di Soldato"- -"Va bene, noi saremo fuori tutto il giorno"- adesso era tornata in lei -"devo tornare in ufficio. Tu torni a casa o rimani fuori?"- -"Torno a casa, devo fare i compiti"- arrivati a casa lei gli diede un bacio e poi ritornò al lavoro. Adesso Skipper non sapeva che fare. In realtà aveva già fatto i compiti durante l'ora di francese e adesso si ritrovava disoccupato. Provò a guardare la tv ma non c'era niente, come al solito. Riuscì a tirare l'ora di cena e dopodiché andò in camera sua. Passò tutta la sera a guardare lo sky line illuminato. Era la sua visione preferita in assoluto. Chissà come sarebbe stato se ci fossero state ancora le Torri Gemelle. Skipper provò un'ondata disgusto verso quei terroristi che avevano ucciso migliaia di innocenti. Il suo sogno era quello di difendere più persone possibili. Da grande non voleva diventare banchiere o avvocato: voleva fare qualcosa di utile per evitare che cose come quell'attentato si ripetessero. Mentre pensava a queste cose gli arrivò un messaggio: stavolta era di Marlene. Gli aveva augurato la buona notte e lui fece lo stesso. Dopo averlo letto si sentì tranquillo, in pace con se stesso. Non gli era mai successo, ma almeno quella notte andò a dormire felice.



Nota dell'autrice:
Ciao a tutti, in questo capitolo conosciamo qualcosa in più sui protagonisti e sulla madre di Skipper. Povero ragazzo! Non ci si può stupire se lui è quello che è! Baci :-*

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Era arrivata domenica e Skipper era più felice che mai. Era la prima volta che aveva dei veri amici e incominciava a chiedersi come avesse fatto a sopravvivere tutti quegli anni senza.
Però era anche vero che alla HSCP c'erano anche persone veramente insopportabili, come Julien, il ragazzo più popolare della scuola. Era spocchioso, narcisista e viziato.
Veniva da una delle famiglie più influenti di New York ed era abituato ad ottenere sempre ciò che voleva.
La cosa più insopportabile era il disprezzo che nutriva nei confronti di tutti quei ragazzi che erano alla HSCP per una borsa di studio, quindi non ricchi di famiglia. Li stuzzicava dicendo che non era il loro ambiente e avrebbero dovuto frequentare qualche scuola per poveracci. La sua vittima preferita era Soldato che ci rimaneva male ogni volta. All'ennesimo insulto Skipper era intervenuto in difesa dell'amico, scontrandosi apertamente con Julien. Era successo a pranzo: Julien si era seduto con i suoi zerbini al tavolo di fianco al loro e aveva incominciato a parlare a voce alta dicendo che Soldato era un disperato e che suo padre era un avanzo di galera, cosa assolutamente falsa. Skipper non ci aveva visto più dalla rabbia ed era andato da lui gridandogli in faccia che non aveva il diritto di comportarsi così e che i suoi genitori erano persone rispettabilissime. Julien, non abituato a risposte a tono, incominciò a insultare pesantemente anche Skipper, dicendogli che non meritava di essere figlio dei suoi genitori (due persone in carriera) dal momento che non aveva ancora deciso cosa fare della sua vita. Anche se non lo diede a vedere, questa affermazione l'aveva ferito. In suo soccorso arrivarono anche gli altri, compreso Soldato che dimostrò una grinta pazzesca, dicendo a Julien che non avrebbe dovuto insultare senza conoscere. Julien aveva dovuto arrendersi e al suono della campanella era filato dritto nell'ala nord, al suo armadietto, seguito dai suoi paggi. 
Un'altra cosa che dava fastidio a Skipper erano le attenzioni che Julien rivolgeva a Marlene. Lei, però, lo respingeva continuamente, preferendo la compagnia dei suoi amici. Non sapeva perché lo infastidissero, probabilmente perché non voleva che cadesse nella trappola di quel viscido. 
Ma adesso non poteva pensarci: doveva prepararsi per andare a pranzare da Soldato, che abitava sulla venticinquesima strada. Meno male che la metro fermava proprio lì, pensò, mentre faceva il biglietto. Dopo mezz'ora di viaggio finalmente arrivò a destinazione. Subito fuori trovò Soldato che lo aspettava -"Hey Skipper! Ho pensato di venirti a prendere, è difficile trovare casa mia!"- Skipper era contento che fosse venuto: non conosceva molto bene Brooklyn, avrebbe potuto perdersi. Incominciarono a camminare, superando villette a schiera e minimarket. Skipper faceva fatica a tenergli il passo. Ad un certo punto Soldato svoltò in un vicolo cieco: casa sua era la prima sulla sinistra. Era una graziosa villetta con un piccolo giardino che dava sulla strada. Soldato aprì il cancello in ferro battuto e invitò Skipper ad entrare. Ad accoglierli c'era la mamma di Soldato, Eleanor: era una donna molto attraente senza essere provocante. Aveva gli stessi occhi del figlio e lo stesso dolce sorriso. A quanto gli aveva detto Soldato doveva avere circa quarantacinque anni, ma ne dimostrava almeno dieci in meno. I lunghi capelli castani erano raccolti in una treccia appoggiata sulla spalla e sotto in grembiule portava un abitino a fiori che metteva in risalto il suo fisico aggraziato. Soldato fece le presentazioni e Eleanor li condusse in sala da pranzo. La casa era molto accogliente: l'arredamento era classico, le pareti erano dipinte di un bel giallo ocra e tappezzate da foto di famiglia. Era completamente diversa da quella di Skipper, che era super moderna e praticamente vuota. Soldato gli spiegò che suo padre sarebbe tornato a minuti perché aveva il turno del mattino e finiva a mezzogiorno. Avrebbero dovuto aiutare Eleanor ad apparecchiare, cosa che per Skipper era completamente nuova. Si rivelò molto piacevole aiutarla, perché era una persona garbatissima e accomodante, proprio come il figlio. Per Skipper era tutto una novità, abituato com'era a stare da solo. Scoprì che la famiglia Stuart aveva origini inglesi da parte di Eleanor, che era di Liverpool. Soldato aveva anche uno zio, Nigel, che lavorava a Londra e ogni tanto veniva a New York. Era legatissimo al nipote. Le chiacchiere furono interrotte dal ritorno di Michael, il padre di Soldato. Aveva gli occhi stanchi ma sorrideva. Aveva i capelli neri come quelli del figlio e gli stessi lineamenti. Skipper adorava già quella famiglia. Si misero a tavola e vennero servite le portate. Eleanor era una cuoca straordinaria e Skipper gustò il pasto migliore di tutta la sua vita. Dopo pranzo si accomodarono tutti in giardino e continuarono a chiacchierare amabilmente. Skipper lasciò casa Stuart alle quattro. Mentre tornava a casa gli arrivò un messaggio di Soldato, che gli chiedeva se si era divertito. Skipper rispose che era stato un pomeriggio fantastico. Aveva capito che quella era una bella famiglia, unita e allegra anche se modesta. Nemmeno paragonabile alla sua. Capì perché Soldato era così legato ai suoi. Eleanor e Michael si erano interessati alla sua vita più di quanto i suoi genitori non avessero mai fatto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il lunedì alla prima ora Skipper aveva matematica con Marlene. Spesso lei gli teneva il posto e questo gli faceva molto piacere. Quando lui entrò in aula era talmente assorta da un volantino colorato che non si accorse nemmeno del suo arrivo. -"Che stai leggendo?"- lei sussultò -"Buongiorno anche a te Skipper. Stavo guardando questo"- Skipper gli diede un'occhiata: era del musical scolastico. Scoppiò a ridere -"Non dirmi che ti interessa quella roba lì! È una sciocchezza!"- lei gli scoccò un'occhiataccia -"Sì, mi interessa. Mi piacciono i musical e io e Doris vogliamo fare le audizioni"- Skipper era stupito da quella reazione. Non era abituato a vedere Marlene così seccata. -"Ok, scusami, sono stato un cafone. Che spettacolo è?"- -"Grease. Io voglio la parte di Sandy"- -"Punti in alto eh?"- -"Già. Doris invece si accontenta di fare una delle Pink Ladies, le basta ballare. Dovessi vederla"- Doris era un'ottima ballerina. La danza era la sua grande passione, ballava da quando aveva cinque anni. Aveva frequentato corsi di danza moderna e di hip-hop, ma la sua preferita rimaneva la danza classica: sognava di diventare la prima ballerina del Metropolitan Opera House. 
Marlene ad un certo punto si fece rossa -"Skipper?"- -"Dimmi"- -"Mi aiuteresti a preparare la parte per l'audizione? È giovedì e mi serve qualcuno che faccia Danny Zuko"- -"Ehm, ok, va bene Marlene"- che cosa aveva fatto?! Perché aveva accettato?! Lui non sapeva recitare e l'ultima cosa che voleva fare era rendersi ridicolo davanti a lei! Ma perché gli interessava quello che Marlene pensava? Ok, era sua amica ma non avevano così tanta confidenza! E allora perché l'aveva voluta aiutare? Era confuso, non capiva niente. -"Grazie Skipper"- Marlene aveva un sorriso bellissimo, radioso. Si riscosse subito. Ma che gli succedeva? Per fortuna la lezione cominciò e non fu costretto ad aggiungere nulla. Doveva parlarne con qualcuno. 
A pranzo si sedette con i ragazzi. Doris e Marlene non c'erano, erano andate a fare domanda per il musical. Skipper decise di rivelare loro tutto ciò che provava -"Ragazzi, ho un problema. Marlene mi ha chiesto di aiutarla ad imparare la parte per l'audizione ma io non so nemmeno da dove incominciare. Adesso come faccio?"- -"Ma non potevi dirle di no?"- Kowalski era particolarmente cinico. Soldato sospirò -"Scusami, tu avresti mai detto di no a Doris?"- Kowalski arrossì violentemente: era cotto di Doris dal primo giorno. La cosa era anche evidente -"Suppongo di no. Ma con lei è diverso"- gli altri tre si scambiarono sguardi divertiti. Kowalski non ci sapeva proprio fare con le ragazze. Soldato riprese a parlare -"Senti Skipper, io non sono male a recitare. Ti posso dare una mano, giusto per non farti fare brutta figura"- -"Soldato sei un genio! Grazie!"- Skipper si sentì sollevato: meno male che c'erano i suoi amici. -"Sapete se c'è qualcun'altro che fa domanda per lo spettacolo?"- -"Credo che Julien voglia la parte di Danny Zuko"- Skipper per poco non si strozzò con il sandwich che aveva in bocca. Non poteva farlo! Julien dopo solo una settimana era diventato capo della squadra di football, responsabile dell'annuario scolastico e voleva candidarsi per le elezioni studentesche. Adesso saltava fuori che voleva fare anche il provino per il musical! Il suo egocentrismo gli dava il voltastomaco. La cosa peggiore era che se lui e Marlene avessero ottenuto la parte..... ma che gli interessava? Marlene sapeva badare a se stessa. Se cadeva nella trappola di quel verme era solo colpa sua. Così, anche se la notizia lo aveva turbato, continuò a fare finta di niente fino all'ultima ora, quando incontrò Marlene che gli chiese se potevano provare il pomeriggio seguente a Central Park. Lei gli disse qual'era la parte da preparare e Skipper le assicurò che sarebbe stato pronto. Ora doveva solo esercitarsi con Soldato. Lo invitò a passare da lui dove provarono ininterrottamente per tutto il pomeriggio. Soldato era bravissimo, talmente bravo che Skipper si chiese come mai non facesse le audizioni. Avrebbe ottenuto la parte del protagonista senza problemi.
Il giorno dopo Skipper e Marlene si ritrovarono a Central Park: lui oramai sapeva la parte a memoria e anche lei aveva una recitazione molto fluente. Si vedeva che voleva ottenere la parte della protagonista. 
Si divertirono molto e Skipper le offrì un gelato. Adorava la sua compagnia: con lei poteva essere se stesso. Marlene non lo giudicava, anzi, si dimostrava interessata quando lui le raccontava della sua disastrosa situazione famigliare. Quando la accompagnò alla fermata della metro lei lo ringraziò per tutto il suo aiuto e gli diede un bacio sulla guancia. Quando Skipper tornò a casa decise di non lavarsi la faccia: sapeva che se l'avesse fatto l'ultimo segno fisico di quel meraviglioso pomeriggio sarebbe scomparso. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Marlene era riuscita ad ottenere la parte e anche Doris aveva ottenuto un ruolo. Sfortunatamente Julien avrebbe interpretato Danny Zuko: Skipper, Soldato, Kowalski e Rico avevano assistito alle audizioni e avevano dovuto ammettere a malincuore che era stato strepitoso. 
Però Skipper era contento: aveva aiutato Marlene ad avere la parte, era quello che contava.
Subito dopo le audizioni erano andati al caffè "Skyline" (che diventato il loro punto di ritrovo) dove le due amiche avevano offerto un frappè a tutti.
Adesso erano tutti a casa, compresa Doris, che abitava in un lussuoso palazzo del centro di Manhattan. Era felicissima: avrebbe avuto numerosi pezzi di ballo solisti e la professoressa le aveva fatto i complimenti dopo la sua audizione.
Mentre dalla finestra di camera sua osservava la città illuminata pensava a tutti quegli anni passati all'ombra del gemello Frances. Lui era intelligente, carismatico ed il prediletto dei genitori. Avevano sempre frequentato le scuole assieme e l'aveva sempre messa in ombra. Lei, con il suo desiderio di ballare, era sempre stata derisa dai coetanei che la consideravano una frivola buona a nulla. Un po' la tradiva anche la sua bellezza, infatti era associata allo stereotipo della "bella e senza cervello". Ma non era assolutamente vero: Doris era intelligente e acuta. Nessuno della sua famiglia credeva in lei: vedevano in Frances il figlio perfetto e in lei la figlia inutile che  si sarebbe ritrovata un giorno senza un quattrino. 
Quando avevano dovuto decidere la scuola superiore Doris aveva voluto a tutti i costi andare in un istituto diverso da quello del fratello. Quindi, quando lui aveva scelto di frequentare la prestigiosa High School Hoboken lei aveva optato per la scuola rivale, la High School Central Park. In questo modo avrebbe potuto dimostrare a tutti quanto valeva, specialmente ai suoi genitori.
L'unica con cui poteva confidarsi era Marlene: si erano conosciute quell'estate ed erano subito diventate migliori amiche. Era l'unica che la capiva veramente. O forse no. Da quando aveva conosciuto gli altri ragazzi aveva capito che poteva fidarsi di loro, anche perché alcuni vivevano situazioni difficili, come la sua. 
Cercava in tutti i modi di sostituire l'amore parentale con dei fidanzamenti che duravano come minimo un mese. L'ultimo era stato Parker, un amico di suo fratello di cui si era invaghita qualche mese prima. Erano usciti insieme qualche settimana, poi lei lo aveva lasciato prima dell'inizio della scuola. Eppure lui non era ancora uscito dalla sua mente e tutte le volte che pensava a lui sentiva le farfalle nello stomaco. Ma era stata lei a lasciarlo e probabilmente lui non la voleva più nemmeno vedere. 
I pretendenti erano l'unica cosa che a Doris non mancava: ormai aveva capito (come tutti del resto) che Kowalski era cotto di lei. Purtroppo per lui però Doris lo considerava solo come un buon amico.
D'un tratto sentì la porta aprirsi: Frances era tornato a casa. Lo sentii entrare nella sua stanza e parlare al telefono con qualcuno, probabilmente suo padre.
Nonostante fossero gemelli Frances e Doris non avevano nulla in comune: lui non aveva un briciolo della bellezza di lei mentre lei non poteva essere meno interessata alle questioni familiari. Doris non chiamava quasi mai i suoi genitori mentre Frances li sentiva regolarmente. Dopo anni passati a rimanerci male perché i suoi non erano minimamente interessati a quello che faceva ci aveva rinunciato. 
Guardò l'orologio: le 17.30, ora di andare a danza. Il sorriso le venne spontaneo. Aspettava con ansia tutti i giorni quel momento: ballare la faceva sentire bene, in pace con se stessa. Poteva sfogare la sua rabbia verso quegli ingrati dei suoi genitori e verso Frances, che non le dava un attimo di tregua. Perché sapeva di essere brava in quello che faceva, a dispetto di tutti i loro commenti acidi. Sapeva che ballando sarebbe diventata qualcuno ed era l'unica cosa che la faceva andare avanti.

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