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di Bu12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***



Capitolo 1
*** prologo ***


                                               Image and video hosting by TinyPic

 

Eleta dormiva un sonno leggero nel suo letto e tra le braccia calde teneva in fasce un essere  fragile come il vetro, una bellissima bambina, Selene, che dormiva beata. Improvvisamente la giovane donna sentì una vibrazione alle orecchie che la fece svegliare, inizialmente non se ne preoccupò ma aprì comunque gli occhi insonni con la paura che cresceva dentro di lei, pian piano quella vibrazione si trasformò in un leggero colpo e allora Eleta capì. Un botto, e un altro ancora, non come una cosa che cade a terra, ma come un colpo duro che si ode a chilometri di distanza, non prometteva niente di buono. Guardò per un istante la bambina che dormiva senza preoccupazioni. Voleva avere anche lei una figura protettiva e rassicurante cui aggrapparsi, decise di tenere i pensieri a dopo e si girò dall'altra parte del letto: suo marito non c'era e a quel punto i dubbi diventarono certezze. Alzandosi si legò i capelli corvini in una coda lunga e prendendo la bambina in braccio, si avviò verso la cucina della piccola casa di legno in cui la stava aspettando suo marito. Lui le cinse i fianchi guardandole gli occhi color nocciola e la portò fuori casa guardandosi bene attorno.
« Aro, sta succedendo? Inizia la guerra? ». rispose lei con respiro affannato, incespicando nella lunga vestaglia celeste. La sua voce era  disperata perché aveva paura di quello che sarebbe successo... dopo.
« Non preoccuparti, continua a correre e pensa alla bambina ».
Aro la stava portando per una serie di cunicoli della città, ma Eleta non sapeva dove stessero andando. Tutto quello che sapeva, quello che Aro le aveva detto quando sarebbe arrivato il momento, era che l'avrebbe portata in un luogo che non conosceva nessuno e lui sarebbe andato a combattere, nonostante le proteste di Eleta. 
I colpi sulle mura della città si facevano sempre più forti e ogni volta si poteva udire il suono di qualcosa che si spezzava. Le mura stavano per cedere, per le strade si preparavano i soldati per combattere e gli allarmi sovrastavano qualsiasi altro altro rumore. 
Selene iniziava ad agitarsi tra le braccia di Eleta, che ormai aveva  preso il sentiero che conduceva alla foresta insieme a Aro. Eleta era stremata, ma continuava a correre spinta dal desiderio di sopravvivere e di stare per sempre insieme a Aro, adesso poteva sentire indistintamente le urla dei nemici che avevano sfondato l'enorme portone, il rumore del ferro che si scontrava era subito seguito da un tonfo di corpi abbattuti, Eleta non avrebbe potuto definire di chi fossero i corpi caduti, in quanto non conosceva la forza dei soldati nemici. 
Aro correva ininterrottamente nel bosco più fitto, trascinandosi con sé la povera donna sfinita, ma improvvisamente Eleta ebbe l'impressione che Aro rallentasse, aggrappandosi alla speranza di potersi fermare da un momento all'altro. Fortunatamente l'uomo si fermò definitivamente davanti a... niente. Eleta non vide nessun posto in cui rifugiarsi e a quel punto non seppe più cosa voleva fare Aro, che però era chino su una sporgenza del terreno che aveva un buco sopra. Aro si chinò sulla sporgenza coperta di erba e infilò le mani nel buco che a malapena ci stavano, improvvisamente quella fessura iniziò ad allargarsi e Aro non mostrava il minimo segno di sforzo. Poi quando il buco fu abbastanza grande da far passare una persona Aro si alzò in piedi.
« Coraggio, scendi. Fidati di me ». Disse Aro a Eleta, implorante.
« Aro, che cos'è tutto questo? », chiese Eleta indicando la buca nel terreno. Sapeva che doveva nascondersi ma sotto terra non l'avrebbe mai immaginato, con tutti i nascondigli esistenti nella foresta. Selene iniziava ad agitarsi tra le braccia della madre, e le sue guance rosse iniziarono ad inumidirsi. Doveva prendere una decisione all'istante se voleva proteggere lei stessa e la sua famiglia.  
« Eleta, presto ti racconterò tutto, ti spiegherò tutto quello che vuoi, ma devi fidarti di me e nasconderti in quella buca. Capisci che non c'è tempo? Stanno venendo qui! », Eleta non aveva mai sentito una voce così implorante di Aro, che le aveva preso le spalle fissandola intensamente negli occhi. Eleta non poteva più obbiettare; percepiva il rumore della guerra che si faceva ogni minuto più violenta, e il tonfo dei piedi che calpestavano il terreno verso di loro. Strinse più forte la bambina a sé, prima di darla in braccio a Aro. 
Si calò lentamente, chiuse gli occhi e, come un bambino, si addormentò.

Nella dormiveglia Eleta Tese l'orecchio per sentire se la guerra imperversava ancora all'esterno, ma non udì alcun tipo di suono se non quello dei corvi che gracchiavano. Si decise a uscire: spostò Selene sul braccio  sinistro mentre allungò quello destro e raccolse nella mano una zolla di terra. Con una mano iniziò a togliere terra dal piccolo forellino iniziale e quando fu abbastanza grande appoggiò la bambina sul prato e subito dopo si arrampicò anche lei. Inizialmente non avvistò alcun soldato aggirarsi nei dintorni, così, con la bambina in braccio, andò alla ricerca di cibo commestibile. L'aria era impregnata dell'odore del sangue che le faceva arricciare il naso, ma non voleva badarci, poiché pensava che in quell'odore ci fosse anche il sangue di Aro. Pensare che fuori da quella foresta non ci fosse più la terrorizzava, e ancor di più quel silenzio che aleggiava su tutta Endor. Si fece forza ad avanzare e già dopo qualche metro trovò dei frutti che crescevano su un albero, erano frutti particolari, il cui succo era molto buono. Selene mangiò e subito dopo i suoi occhi neri si chiusero per addormentarsi. Eleta guardò beata Selene, che non si preoccupava minimamente di quello che era accaduto.Eleta decise di tornare in città per vedere cosa era successo. Avevano vinto e tutti erano tornati alla vita normale o il nemico li aveva conquistati? 

Raggiunta la città Eleta vide una cosa che non avrebbe dovuto vedere, che segnava la fine della sua vera vita. Una lacrima cadde dai suoi occhi e cadde sulla guancia di Selene perfettamente tonda. In quella lacrima si immaginò il mondo devastato, che non esisteva più appena fu assorbito dalla guancia di Selene. Una distesa di corpi che nuotavano in mezzo al sangue, periti durante la battaglia. 
Aro.
Corse per tutta la città urlando il suo nome, disperata, fino a quando trovò il corpo. Pallido come un cencio, sdraiato su un fianco. Mise Selene sulla fascia avvolta intorno al collo, in modo da avere le mani libere, e con esse mise Aro con la schiena a terra. Gli accarezzò una guancia delicatamente, e con quel semplice gesto dimostrò tutto il suo amore per Aro: colui che l'aveva amata per tutta la vita, l'aveva sostenuta e protetta.

« Hei, tu! » gridò una voce alle spalle di Eleta.
Lei si voltò e vide due uomini armati con ciascuno un cavallo nero.
« Non devi essere qui. Sono tutti morti. » disse uno di loro, avvicinandosi a Eleta con la spada alta.
« Andatevene! Chi siete? » disse Eleta.
« Noi siamo i soldati del "nemico", come lo chiamate voi. E siamo qui per uccidere coloro che sono sopravvissuti. Come te. »
Eleta si alzò e cominciò a correre. Doveva salvare Selene, fuggire lontana.
« Fhin! » ordinò l'uomo che si era avvicinato a Eleta. Il soldato montò a cavallo e si precipitò all'inseguimento di Eleta.
Eleta correva e ormai si ritrovava nella foresta, sapeva che non si sarebbe salvata ma Selene doveva vivere. A un tratto udì qualcuno che la chiamava con una voce fioca, all'inizio pensò che si trattasse di un'immaginazione, poi si voltò di lato e scorse un uomo mezzo nascosto da un albero. La pelle di Eleta fu percorsa da brividi, nonostante la lontananza scorse nel profondo dei suoi occhi, il bisogno di dare aiuto. Fu come una magia, lo scalpiccio degli zoccoli del soldato si facevano più forti e questo portò Eleta ad agire. Raggiunse l'uomo e gli mise tra le braccia Selene, che dormiva tranquilla. 
Lei e l'uomo si scambiarono uno sguardo intenso, che rappresentò per loro una conversazione. La donna diede un bacio in fronte a Selene e le mise nella piccola mano un ciondolo.
Si allontanò cercando di trattenere le lacrime.
Fece di tutto per scampare al cavaliere.
 

nda: ciao a tutti. ;) che ne pensate come primo capitolo? vi prego di lasciare una recensione anche sugli aspetti negativi, se sarete così gentili da recensire posso ricambiarvi il favore tramite una richiesta. baci. bu12

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Capitolo 2
*** 1 ***


                                               Image and video hosting by TinyPic

1

 

Selene era rimasta a casa come tutti i pomeriggi e Lhir era uscito con la sua solita sacca in spalla andando in chissà quale posto. Così per tredici anni. Selene per tredici anni era rimasta confinata tra quelle quattro mura aspettando suo padre Lhir mentre preparava la cena, e nessun accenno a dove andava, tutti i giorni.

Selene sospirò a questo pensiero mentre mescolava i pezzi di verdura in una scodella, subito dopo versò il brodo della minestra in un piatto e lasciò far fumare sul tavolo la cena di quella sera. Sul tavolo c'erano due piatti e una persona, osservò tristemente Selene. Era come se scrivesse tutti i giorni la stessa pagina di un libro destinato a non finire mai, ma Selene decise che uno di quei giorni lo avrebbe seguito, svelando definitivamente il suo segreto.

Si accasciò su una sedia. Aspettando, e poco dopo si addormentò.

 

Avvertì qualcuno che la scuoteva chiamandola in un sussurro, le si svegliò di soprassalto e quando aprì gli occhi si trovò davanti un volto coperto di una corta barba ispida, due occhi marroni color cioccolato e una zazzera di capelli scuri. Lhir, che le sorrideva con in mano il piatto di minestra sotto la faccia di Selene.

«Senti ma che ti è preso?» scoppiò subito Selene arrabbiata, ma nonostante questo si tuffò subito tra le braccia di Lhir, abbracciandolo stretto. Aveva un suo modo di arrabbiarsi con suo padre, perché non poteva arrabbiarsi davvero con Lhir.

«Lo sai, sono andato a lavorare. Scollati, ti prego.» disse Lhir cercando di allontanare Selene.

«Certo.» mormorò la ragazza abbassando gli occhi. Altra solita risposta di tutti i giorni. Ma poteva ancora tentare un'altra possibilità. «che giorno è oggi?»

«Non lo so...» disse Lhir alzandosi e posando la minestra sul tavolo della cucina, quando si voltò verso la sedia Selene non c'era più e subito dopo si sentì una porta sbattere.

 

Selene prese una chiave arrugginita da un cassetto e chiuse la porta della stanza a chiave, la buttò di nuovo il fondo al cassetto e, pestando un libro abbandonato a terra che le aveva regalato Lhir, si buttò sul letto con le coperte a coprirla tutta. Maledizione, maledizione...

«Maledizione!» urlò alla fine.

Come poteva non ricordarselo, come?

Udì qualcuno che bussava rumorosamente alla porta ma Selene non si mosse, seguì un lungo silenzio senza che succedesse qualcosa e per un attimo credette che Lhir se ne fosse andato. Rimase con il fiato sospeso appena sentì il cigolio della porta e alcuni passi che provenivano verso di lei, poi i passi si allontanarono e la porta cigolò di nuovo.

Selene uscì rapidamente dalle coperte guardandosi intorno chiedendosi come Lhir avesse fatto ad entrare, quando il suo sguardo si soffermò sula scrivania vide un pacco regalo con l'incarto riciclato e un biglietto con su scritto buon compleanno che occupava tutto il foglio, in un angolo c'era scritto invece usa il regalo quando te lo dirò io. Prese il regalo e lo scartò rivelando un bellissimo libro spesso, con la rilegatura in pelle, circondato da borchie ai lati; al centro, scritte in oro, si riconoscevano alcune lettere ma buona parte di esse erano cancellate e non si riusciva a leggere il titolo per intero. Selene fece per aprirlo ma si bloccò appena si ricordò che non doveva aprirlo, allora si recò in cucina con il libro in mano e su una sedia trovò Lhir girato di spalle mentre sorseggiava rumorosamente la zuppa ormai fredda, che era la cena di quel giorno. Selene si avvicinò a lui avanzando a piccoli passi, ma solo quando arrivò a meno di un pollice di distanza da Lhir si accorse di essere andata addirittura più veloce di quanto avesse pensato e il cuore le balzò in gola.

Borbottò qualcosa di incomprensibile, rilevò lei stessa, ma nonostante ciò Lhir si girò sorridente.

«Prego. Hai letto il biglietto vero? È importante che tu lo apra solo quando te lo dirò io, capito?» Selene annuì. Ma la cosa che non capiva era il perché non poteva aprire il libro. Cosa ci vedeva Lhir di così pericoloso in quelle pagine?

Ma non voleva disubbidire a suo padre, quindi decise di aspettare.

«Ti prometto che non lo aprirò fino a quando non me lo dirai tu. Ma cosa c'è in questo libro? Non capisco.» chiese Selene, contemplando tutti i particolari del tomo che teneva nelle mani.

«Tutto a suo tempo, Selene.» Lhir arruffò i capelli corvini di Selene, e lei capì che il discorso era chiuso.

«Ehm... Lo so che è tardi, ma posso allenarmi da Evio?» la voce di Selene era incerta e tremante. Ma lei aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo. Evio era il suo allenatore in tecniche di combattimento e uso delle armi. Selene usava principalmente la spada e l'arco. Di allievi pressoché della sua età, nella scuola di Evio, ce n'erano pochi, ma Selene non aveva amici e le piaceva allenarsi principalmente in solitario, malgrado Evio la spronasse ogni giorno a farsi nuovi amici.

«Certo, io sarò qui ad spettarti»


nda: scusate per la luuuuunga attesa. questo capitolo è corto ma serve per far capire i rapporti tra Selene e suo padre. vi prego recensiteeeee!
grazie in anticipo
bu12

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Capitolo 3
*** 2 ***


                                               Image and video hosting by TinyPic


2


Selene si diresse sconsolata verso la scuola di Evion. Era desiderosa di sfogarsi contro qualcuno; i rapporti con suo padre erano peggiorati, se era ancora possibile. Lhir era ancora più assente in casa e Selene era ancora più sola.

Attraversò la Piazza Piccola in cui si teneva il mercato, ormai deserta: al centro di Zakania vi erano tre piazze circolari, una di seguito all'altra. La piazza Piccola era la prima, la Piazza Grande era la più importante, nel cui centro vi era la statua del fondatore di Zakania; e infila la Piazza Media circondata dai palazzi più importanti.

Selene attraversò le prime due, mentre si guardava intorno, meravigliata da tanto lusso. I palazzi erano riccamente decorati di blu e oro , ornati di colonne, ma non sembravano far parte di Zakania, perché tutte le altre abitazioni della gente comune erano costruite in legno.

Una volta arrivata alla Piazza Media, dalla parte opposta a essa vide la scuola di Evion, sempre aperta a tutti.

Entrò dl portone principale, e Selene si sentì dentro una sensazione di vuoto. Tutto era buio e silenzioso e Selene si sentiva come una formica sull'uscio della porta, in confronto alla sala immensa circondata di porte.

Nell'aria, solo il suo respiro.

Si fece forza, inspirando aria gelida, e entrò nella stanza degli allenamenti da una porta qualsiasi della sala grande. Quella stana le dava un senso di calore e familiarità, mentre ogni volta che entrava nella sala grande avvertiva un senso di inquietudine: forse erano le statue d'oro che raffiguravano eroi morti, o forse era l'imponente trono vuoto appartenente al proprietario della scuola.

Selene non sapeva dirlo.

Fissò i suoi pensieri solo sull'allenamento. Alle pareti della stanza era appesa ogni sorta di arma, dai piccoli coltelli alle asce più grandi, era impossibile allenarsi provando a una a una tutte quelle armi. Selene, come di consueto, cercò la spada che usava sempre lei per allenarsi, controllò più volte le armi alle pareti, ma non c'era.

«Come è possibile?» esclamò lei, e la sua voce rimbombò per tutta la stanza.

«Che cosa?» fece una voce.

Non era la voce di Selene, da dove veniva? Lei avanzò nella stanza e scorse un ragazzo che doveva avere all'incirca la sua età, e in mano teneva la sua spada preferita. Inizialmente non aveva notato il ragazzo.

«Che ci fai qui? Quella è la mia spada!» sbottò Selene.

Glada – il nome della spada- non era mai stata in mano ad un'altra persona che non fosse stata lei, forse perché faceva paura alle altre persone, anche se non sapeva il motivo.

Il ragazzo dai capelli sudaticci attaccati come onde color miele alla fronte, le si avvicinò lentamente.

«Questa non è la tua spada, perché era attaccata alla parete come tutte le altre. Mi stavo solo... allenando un po'» all'ultima frase sembrò un po' imbarazzato, forse non era abituato a fasi vedere in pubblico mentre si allenava.

A Selene seccava quel ragazzo. Aveva toccato la sua spada! Lei aveva questo difetto, che la portava spesso a litigare con gli altri ragazzi. Si pungolò con un dito sulla gamba per non perdere il controllo, ma non ce la fece e si avventò su di lui prendendo la rincorsa e puntando a prendergli la spada. Gli volle far credere che si volesse buttare su di lui per poi soffiargli la spada, ma lui la alzò e Selene, prima di finire infilzata, si buttò alle sue spalle e gli prese Glada, con sua sorpresa.

Selene gli puntò la spada contro, soddisfatta, mentre lui sembrava paralizzato. Con gli occhi spalancati.

«Togliti quel sorriso dalla faccia.»disse il ragazzo, inarcando le sopracciglia.

Adesso sembrava così indifeso che Selene abbassò la spada che gli puntava contro. Voleva dirgli che le dispiaceva ma non le uscirono le parole di bocca. Si guardarono come cane e gatto per qualche secondo, poi scoppiarono a ridere insieme e la tensione di Selene si calmò, come se con quella risata tutto il peso sulle sue spalle le si fosse tolto, provando una sensazione di sollievo.

«Grid» si presentò il ragazzo, tendendo la mano.

«Selene» e lei gliela strinse.

Tutti e due si sedettero con la schiena contro il muro. Selene non sapeva cosa dire, Grid era il primo ragazzo con cui stringeva conoscenza. Non sapeva come comportarsi e le guance le si colorarono di un tenue rossore. Sperò che Grid non la vedesse.

Restarono immobili per qualche secondo, ma quel silenzio era frustrante, Selene alzò la spada dritta davanti ai suoi occhi e ne osservò tutti i dettagli: l'impugnatura era nera, percorsa da venature dorate che confluivano in una pietra bianca incastonata. La lama era anch'essa nera, leggermente scheggiata ai lati, ma la superficie liscia riluceva come cristallo.

Per Selene, la spada era un po' lunga da maneggiare perfettamente, ma un giorno, Evion, si presentò a Selene brandendo una bellissima spada, dicendo che Glada era la spada che più calzava a Selene. Lei non poteva desiderare di meglio e, dopo mesi di allenamento, riuscì a combattere con Glada molto meglio delle sue aspettative.

«Tu vieni tutti i giorni qui ad allenarti?» chiese Selene.

«No, altrimenti mia madre lo scoprirebbe. Lo sa solo mio padre, perché lui vuole che io impari le arti del combattimento in un futuro in cui ce ne sarà bisogno. Ma non mi piace mentire.» Selene capì che Grid non ne voleva parlare. Ma Selene dovette chiedergli una cosa che la incuriosì.

«Ma qui non succede mai niente. A cosa ti serve allenarti? Io lo faccio solo per passatempo.»

Grid sembrò stranito dalla domanda di Selene.

«Ma da quanto tempo sei in questa città?»

«Da tredici anni. Sono nata e cresciuta qui. Perché me lo chiedi?»

«No, è... è impossibile! Vuoi dire che tu non hai assistito a nessuna delle invasioni da parte degli Eraldy?» Grid era al limite dell'incredulità. Ma Selene non capiva.

«No. Chi sono gli... Eraldy?» chiese Selene.

«Sono la peggior feccia che esista. Loro sono il Nemico. “Eraldy” significa demone in lingua antica, sono sette, ma manca l'ottavo per completare uno dei loro loschi piani. Assediano Zakania e le altre terre da... tredici anni, circa.» Grid guardò Selene, spaventato.

Tredici anni? No, io non c'entro niente con questa storia. Pensò Selene. Ma non ne era sicura anche lei.

«Scusami, ma adesso devo andare.» cercò di liquidarlo con quelle semplici parole. Fece per alzarsi, ma la mano fredda di Grid la bloccò. A questo contatto Selene sussultò e tese la mano.

Grid lo notò.

«Scusami.» disse lui, togliendo subito la mano, imbarazzato. «Non te ne andare. Vuoi allenarti con me?» Selene leggeva davvero degli occhi di Grid di passare altro tempo con lei.

Selene decise. Una decisione che sbagliò a prendere, ma Selene non lo sapeva ancora.

Lei voleva dimenticare tutto: voleva che quella coincidenza dei tredici anni non riguardasse lei. Voleva che gli Eraldy non esistessero. Voleva che le discussioni con suo padre non ci fossero mai state.

Alzò la spada, impugnandola saldamente, e decise di non pensare a niente. «In guardia!»

Grid prese un'altra spada e, insieme, iniziarono il duello. Ma un muto terrore aleggiava nella stanza, e nessuno voleva ammetterlo.

 

ANGOLO AUTRICE: ciaoo, che ne pensate come capitolo? Le pronunce sono: Selene- Selène. Grid- Grìd. Evion- èvion. Eleta- Elèta.

Vi prego di lasciare una recensione, please! Ci tengo, anche per sapere gli aspetti negativi della storia. Andando avanti le vicende saranno più interessanti. Grazie a chi ha recensito, a chi continua a farlo, e a chi recensirà.

Bu12

 

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Capitolo 4
*** 3 ***


                                               Image and video hosting by TinyPic

 

Selene ritornò turbata da quella serata con Grid, intanto si erano promessi di incontrarsi ancora. Per la strada di ritorno passò tutto il tempo a rimuginare su quello che le aveva detto Grid. Forse erano state solo coincidenze che gli Eraldy attaccavano Zakania e le altre terre da tredici anni, ovvero la sua età. Suo padre Lhir non le aveva mai detto niente in proposito, ma la cosa più strana era che lei non aveva mai visto o sentito un'incursione da parte degli Eraldy. Com'era possibile?

Piano piano, qualcosa emerse dall'angolo più buio della sua mente, e a quel punto capì tutto o in parte.

All'improvviso, molte volte Lhir la prendeva brutalmente per il braccio e la conduceva per le scale di una botola nascosta. Nel sottosuolo era stata costruita una cantina, e Lhir ci teneva scorte di cibo e acqua. Lui lasciava Selene in cantina, avendo a disposizione tutte quelle provviste, mentre Lhir la rinchiudeva e se andava.

Dopo ore ritornava a prendere Selene, come se non fosse accaduto nulla. Selene gli aveva chiesto perché l'aveva rinchiusa, ma Lhir era sempre stato vago sulle risposte. Dopo anni, imparò a non fargli più domande.

La prima volta, Selene fu disperata; pensò che Lhir l'avesse abbandonata senza alcuna spiegazione, e pianse disperatamente.

Selene sentì la rabbia montarle dentro, al ricordo di quello che le era successo, come un fuoco interno alimentato sempre di più.

Selene era stanca di vivere nel segreto, nel buio più assoluto, e voleva... no, pretendeva delle risposte da suo padre!

Accelerò il passo, i pugni serrati,e in pochi minuti arrivò di fronte a casa sua. Il silenzio regnava in tutta la città.

Si avvicinò di qualche passo a casa sua e quello che vide la fece rimanere senza fiato. Suo padre... come aveva potuto?!

Selene si sentì tradita, tutte le sue certezze barcollarono alla vista di quello. Pensava che non l'avrebbe mai più rivisto.

Lei aveva un ciondolo. Un ciondolo magico, era uno smeraldo a cui era attorcigliato un drago argentato. Quell'oggetto era molto caro a lei, ce l'aveva da tutta la vita e lo considerava il suo portafortuna, ma non sapeva come fosse diventato suo, ce l'aveva da bambina.

Selene sapeva che quel ciondolo era magico. Da piccola, quando ancora non lo sapeva, aveva quel ciondolo al collo e, illuminandosi, Selene creò un cerchio di fuoco davanti alla sua faccia. Fu meravigliata di sé stessa, ma ancora non conosceva i pericoli di quel ciondolo. Lhir si infuriò, e spiegò a Selene che non doveva mai indossarlo al collo, altrimenti si sarebbe attivato e, non potendo bloccare il ciondolo, esso avrebbe causato delle conseguenze irreparabili.

Lhir sosteneva che la magia era malvagia, e altrettanto il suo ciondolo. Voleva che Selene lo distruggesse, ma dopo tante insistenze, lei riuscì a tenerlo rinchiuso in uno scrigno, promettendo che non lo avrebbe mai usato.

Lhir. Lhir aveva al ollo quel ciondolo, più luminoso che mai e sprigionava una forza tale da poter risucchiare tutte le sue forze, ma lui sembrava gestire bene il potere del ciondolo, Selene lo percepiva. Lei aveva un legame con quel ciondolo che non sapeva spiegare.

Si acquattò vicino alla finestra in modo da poter vedere quello che Lhir stava facendo, senza farsi scoprire.

Era in piedi in mezzo alla stanza, con le braccia alzate a guardare in alto. Sembrava molto provato. Recitava una cantilena e il suo corpo emanava una luce verde, proseguì a recitare la stessa melania per qualche minuto, poi, improvvisamente, lui alzò la voce e una barriera azzurrognola circondò la casa. Selene sussultò, era incredula, con la bocca spalancata e il respiro pesante. Allungò un braccio per toccare la barriera, ma questi divenne invisibile e lei ritrasse immediatamente il braccio, spaventata.

Si giro di nuovo verso la finestra e non vide più Lhir, a quel punto si precipitò in casa sbattendo la porta, senza pensare più a niente e trovò suo padre steso a terra, privo di sensi.

«Papà!» urlò Selene, piangendo.

Gli sollevò la testa, sperando che si riprendesse, e gli accarezzò una guancia.

Perché lui aveva fatto tutto quello? Cos'era quella barriera? Selene non lo sapeva, ma voleva scoprirlo.

Corse fino al lavello, bagnò una pezza di acqua fresca e l'appoggiò sulla fronte di Lhir, premendo. In quel momento sperava solo che suo padre si riprendesse; respirava, ma debolmente. Selene, seppure con fatica, depose Lhir sul letto, e sperò, tenendogli la mano stretta.

Poco dopo si accorse che Lhir aveva ancora quel ciondolo al collo,e glielo sfilò. Splendeva ancora di una luce tenue, che andava affievolendosi.

Lo contemplò per qualche secondo, aveva csì tante domande che non riusciva più a pazientare. Si mise il ciondolo al collo e questi prese a brillare fulgido, per un momento Selene ebbe paura, ma si sforzò di non badarci.

Andò in camera sua e aprì il cassetto in cui aveva riposto il libro che le aveva regalato Lhir, e lo aprì.

Subito si sentì avvolgere da un'energia che quasi la fece svenire, e una fitta dolorosa la costrinse a chiudere il libro. L'energia svanì.

Selene aveva il fiato grosso, aveva avuto paura. Ecco perché Lhir aveva insistito tanto perché lei aspettasse ad aprirlo: non era ancora pronta a sopportare una tale forza.

Selene strinse forte il ciondolo, c'era magia nell'aria, era forte, potente e Selene temeva quello che sarebbe successo.

Chiuse gli occhi e pianse.

 

ANGOLO AUTRICE: Heilà! Come va? Vi piace questo capitolo? Come sta procedendo la storia? Sono curiosa di sapere i vostri pareri, quindi fatevi avanti. Come vedete Selene sta soffrendo molto... poverina, andando avanti troverà la pace o sarà peggio? Chi lo sa! Spero che la storia vi incuriosisca e che vi invogli a proseguire con la lettura. Fatemelo sapere gentilmente in una recensione. Accetto qualsiasi tipo di critica.

Baci baci

bu12

 

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