Sono solo parole

di niire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo Newt ***
Capitolo 2: *** Solo una Luce nell'Osurità ***
Capitolo 3: *** Solo un Ricordo svanito nel Nulla ***
Capitolo 4: *** Solo un Granello di Sabbia nel Deserto ***
Capitolo 5: *** Solo Lacrime di Nulla ***



Capitolo 1
*** Solo Newt ***


Solo Newt
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito.
(Giorgio Caproni) 
 
La senti, non ti dà pace, è un punto fermo nella tua vita di sofferenza.
Credevi sarebbe stato più facile controllarla, possederla.
La percepisci mentre s’impossessa del tuo corpo, della tua mente, portandoti così alla pazzia, conducendoti a un’esistenza di tormento.
Facendoti diventare suo schiavo.
 
Perché, alla fine, cosa rimarrà di te?
 
Non lo sai, non l’hai mai saputo.
Sin dal tuo arrivo alla Radura, non hai ricordato nulla di te stesso o della tua vita, e, anche quando ne hai avuto la possibilità, hai rifiutato.
Perché da loro non vuoi niente; non chiederai favori a coloro che ti hanno tolto tutto, che ti hanno privato persino della tua dignità.
Della dignità di morire rimanendo te stesso.
No. Ti hanno sottratto anche questo, facendoti perire come un qualunque Spaccato.
Come un Mostro.
Perché è questo che vuoi: morire.
Sai di dover porre fine alla tua vita, è giusto così, non puoi rischiare di far male a qualcuno, a loro.
Le uniche persone che, nella tua vita intrisa di tenebre, hanno portato una scintilla di luce.
 
Cosa succederà dopo la tua morte?
 
Vorresti poter dire di saperlo, di conoscere la risposta, ma mentiresti.
Fingi di essere a conoscenza del fatto che i tuoi amici saranno felici, che troveranno, finalmente, la pace, ma non possiedi tale certezza.
Mancherai loro, di questo sei sicuro, eppure ciò non ti fa cambiare idea.
Preferisci saperli felici, seppur senza di te, piuttosto che al tuo fianco, ma in pericolo.
Loro staranno bene.
È questo che mediti, mentre, con le mani fra i crini biondi, cerchi di riordinare i tuoi pensieri.
Stai impazzendo, ne hai la certezza.
Un rumore improvviso ti fa alzare il capo.
Eccoli, sono arrivati.
Sapevi che sarebbero venuti.
Perché ormai non sei che un mostro, privo di controllo, e i mostri vanno tenuti in gabbia.
Vanno resi inoffensivi.
Strappi un pezzo di carta dal quaderno dove, solitamente, scribacchiavi nei momenti di noia, e afferri un pennarello nero.
Ti tremano le mani, hai paura.
Paura di impazzire.
Di diventare uno Spaccato e, dopotutto, anche di morire.
 
Sarai più felice, fra gli altri Spaccati?
 
Ti ripeti che sì, sarà così, ma non ne sei certo.
Ogni parte di te freme: è il momento.
Il momento di abbandonare tutte le persone che ami.
Addio, questa è l’unica parola che fa capolino nella tua mente.
Un altro rumore si scaglia nella Berga, infrangendo l’aria asciutta, fattasi sempre più soffocante.
Socchiudendo gli occhi, che senti diventare umidi, scrivi poche righe.
 
Sono riusciti a entrare. Mi stanno portando a vivere con gli altri Spaccati.
È meglio così. Grazie per la vostra amicizia. Addio.*

 
Un tonfo ti fa trasalire.
Sono entrati.
Appoggiando il fogliettino dove loro possano trovarlo, aspetti che ti portino via.
Che ti portino fra gli altri Spaccati.
Eppure, nonostante tu sappia di essere diventato, ormai, un mostro, non riesci ad accettarlo.
Tu non lo sei.
Non lo sarai mai.
Tu sei solo Newt.
Che questo sia il tuo vero nome, o uno inventato dalla C.A.T.T.I.V.O., non t’importa.
 
******
Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio – cinque relazioni” indetto da rhys89 sul forum di EFP.
* Tratto da "The Maze Runner - La Rivelazione".

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Capitolo 2
*** Solo una Luce nell'Osurità ***


Solo una Luce nell'Oscurità 
Perché la luce sia splendente, ci deve essere l'oscurità.
(Francis Bacon)

Non riesci a credere a ciò che sta succedendo davanti ai tuoi occhi.
Hai urlato, gridato.
Hai lottato, fra le braccia di Thomas, nel tentativo di liberarti dalla sua presa, ma inutilmente.
È doloroso, è tremendamente doloroso guardare il corpo di Alby, sovrastato dai Dolenti, perire sotto i tuoi occhi.
Ti senti impotente, maledettamente sporco.
È colpa tua.
L’hai lasciato morire.
Lui.
Lui che, sin dal tuo arrivo alla Radura, è stato come un padre, per te, ha appena perso la vita, e tu, inane, sei rimasto immobile a guardare.
Era il tuo unico appiglio, una delle poche persone di cui sai, e hai sempre saputo, di poterti fidare.
Senti le mani di Thomas tenerti ancora per le braccia, ma inutilmente: ormai hai smesso di dimenarti.
Ti accasci all’indietro, un dolore immenso, malato, ti attraversa il petto.
Il dolore della consapevolezza di non poter fare più nulla.
È realmente questo ciò che vi aspetta?
Chissà, forse Alby ha ragione.
 
Ne vale davvero la pena, dopotutto?
 
Sai che non c’è tempo.
Non potete fermarvi, non per donare ad Alby un ultimo pensiero, una degna sepoltura, ma il desiderio di abbandonarti al suolo, battere i pugni su quella roccia scura, fino a che il sangue scarlatto non imbratterà i tuoi abiti – sciupati e ormai privi di quel colore limpido che anni or sono li caratterizzava – è più allettante dell’idea di continuare il cammino, indirizzati verso una meta priva di certezze.
Gli occhi di Alby sono una tortura, che compare talvolta socchiudi le palpebre.
Il suo sguardo da leader ti perfora l’anima, ed è dannatamente doloroso.
Le sue iridi scure, ormai, sono solo una debole luce nell’oscurità, e vederli ora, vitrei e privi di qualsiasi sentimento, non è che l’ennesima pugnalata al tuo cuore.
E non sei sicuro di poter reggere un altro colpo.
Non più.
 
Rivedrai mai più quella luce che, dal primo momento in cui hai messo piede nella Radura, ti ha indicato la retta via?
 
Non lo sai, e la cosa è insopportabile.
Sei sempre stato un ragazzo a cui piaceva avere tutto sotto controllo.
Un po’ come lui.
Lui con le sue regole rigide e i suoi rimproveri inflessibili.
Gli stessi rimproveri che, però, a te risparmiava; perché tu eri il suo braccio destro.
Ma non solo.
Tu eri anche il fratellino a cui lui si provvedeva di insegnare come diventare un adulto.
Ricordi ancora quando, dandoti una severa pacca sulla spalla, ti mise in mano della legna, ordinandoti di accendere un fuoco.
Eri ancora un ragazzino, e non avevi idea di come si facesse, ma Alby contava sul fatto che ce l’avresti fatta.
E infatti fu così.
Tu accendesti quel fuoco.
Eppure non lo facesti per te.
No. Lo facesti con il solo scopo di vedere quella tenue luce infiammare i suoi occhi.
La luce dell’orgoglio.
La stessa luce che si rispecchia negli occhi di un padre che ammira il figlio.
Perché forse non ricordi più i tuoi veri genitori, ma ti ricorderai di lui.
 
******
Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio – cinque relazioni” indetto da rhys89 sul forum di EFP.

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Capitolo 3
*** Solo un Ricordo svanito nel Nulla ***


Solo un Ricordo svanito nel Nulla
Abbi cura dei tuoi ricordi, perché non puoi viverli di nuovo.
(Bob Dylan) 

Gli occhi bruciano. 
Le mani tremano.
Forse si tratta semplicemente dell’Eruzione, che di attanaglia le viscere, prepotente, o magari sono i sensi di colpa che, inarrestabili, crescono in te.
Non hai certezze a riguardo, ma non t’importa.
 
Che differenza fa, ora che sei rimasto solo?
 
Il Lanciagranate ti sfugge dalle mani e cade a terra con un tonfo.
Un tonfo sordo.
Muto.
Abbassi lievemente il capo e lo fissi, senza dire nulla.
Non vuoi infrangere l'apparente silenzio.
Non sei sicuro di aver fatto la cosa giusta, obbligando i tuoi amici ad andarsene.
Ora, sei combattuto, perché vedere la rassegnazione negli occhi di Minho ti ha fatto sanguinare il cuore.
Può, un cuore, sanguinare?
Ti rispondi di sì, perché lo percepisci chiaramente, lo senti sprofondare sempre di più in quell’oscurità che da tempo lo circonda.
 
E Minho si è davvero arreso?
 
Forse.
In questo momento, ti sembra quasi di rivedervi.
Voi due, nella Radura.
Lui che ti dà un leggero pugno sulla spalla, prima di sfrecciare nel Labirinto, e tu che gli sorridi, per poi seguirlo.
Ma si tratta di un sorriso che nasconde fin troppe cose.
 
Eppure, fra amici non dovrebbero esserci segreti, vero Newt?
 
E lui, Minho, ti conosceva talmente bene da comprendere che qualcosa non andava.
 
Stringi i pugni, mentre la schiena del ragazzo dalla pelle olivastra si allontana, fino a sparire dalla tua visuale.
E, in questo momento, ti sembra di vivere un déjà-vu.
Rivedi Minho andarsene, per entrare nel Labirinto, e poi rivedi te stesso che, con le lacrime che spingono per uscire, gli rivolgi un ultimo sguardo.
Perché quello avrebbe dovuto essere l’ultimo.
Avevi progettato tutto.
La tua morte avrebbe lasciato di te solo un lontano ricordo.
Perché non potevi più proseguire così.
Non potevi vivere nel terrore di perdere coloro che amavi.
Eppure, qualcosa andò storto.
O, magari, andò tutto come doveva andare.
Perché tu, lì, sull’orlo che divideva la vita dalla morte, chiudesti gli occhi e vedesti il volto di Minho, del tuo migliore amico, che ti sorrideva.
 
E poi, come andò a finire?
 
Non lo sai con certezza.
In questo momento, non lo ricordi.
Tutto ciò che occupa la tua mente è una nuvola di fumo, indefinita e opprimente.
Ti manca l’aria.
Stringi gli occhi, risenti nelle orecchie la voce di Alby, disperata.
Le urla strazianti dei Radurai, e, nella confusione, riconosci quelle di Minho.
Del resto, non hai memoria.
In quell’oblio indefinito, distingui solo il momento in cui hai aperto gli occhi e hai visto i suoi, che ti fissavano, impazienti.
Prima, ne hai letto all'interno la paura.
La paura di perdere il suo migliore amico.
Poi, ne hai letto il perdono.
Perché lui ti perdonò, ti perdonò quando scoprì le tue intenzioni, quel giorno, nel Labirinto.
E tu – nonostante il lieve zoppicare – ti avvicinasti a lui e, in un muto grazie, avvolgesti le braccia attorno al suo busto.
Non necessitavate di parole.
Uno sguardo, non vi serviva altro.
 
Riapri gli occhi.
Le mani hanno smesso di tremare.

 
******
Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio – cinque relazioni” indetto da rhys89 sul forum di EFP.

Note:
* Innanzitutto, non so se si capisce con chiarezza, la OS è ambientata nel momento in cui Newt è stato portato fra gli altri Spaccati e, dopo essere andati a cercarlo, i suoi amici – fra cui naturalmente Minho – sono stati cacciati dal biondo. Il fatto che il tutto sia abbastanza impreciso, e che non sia perfettamente distinguibile la collocazione temporale – ad eccezione del fattore Lanciagranate, con il quale Newt li minaccia – è voluto, poiché rispecchia la percezione da parte di Newt nel capire ciò che lo circonda, e si va quindi a creare un filo parallelo rispetto alla mente del Neo Spaccato, che è confusa anche nei ricordi.
* I ricordi – anche se mi pare si comprenda – si riferiscono al tentativo di suicidio da parte di Newt. Ecco, qui non mi pare venga specificato se il biondo finisce in coma - come ho inteso io, poiché parlo del suo risveglio, ma mi pareva “scontato”, quindi l’ho inserito.
* Ho immaginato che Minho e Alby sapessero del tentato suicidio di Newt, anche se questo non viene mai specificato.

 

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Capitolo 4
*** Solo un Granello di Sabbia nel Deserto ***


Solo un Granello di Sabbia nel Deserto
La vita sembra troppo breve per spenderla ad odiare e a tener conto dei torti altrui.
(Charlotte Bronte)

Solitamente, chi chiude gli occhi lo fa per non vedere nulla.
Per restare solo.
Lui e l’immensità delle tenebre.
 
Perché, allora, con te non funziona?
 
Ogni volta che le palpebre cedono, sotto la pressione degli sforzi, non è il buio ad accogliere, con celata malizia, la tua mente.
Forse, un po’ invidi gli Spaccati che, in questo momento, dormono sparsi chissà dove nella Zona Bruciata. Ai tuoi occhi, sembrano così tranquilli.
Rassegnati, probabilmente.
Stringi fra le dita un pugno di sabbia, poi strisci la suola della scarpa, logora e consunta sulla punta, sul terreno, in un gesto nervoso.
Il suolo sul quale siedi è duro, ma non importa.
Scruti con attenzione le tue dita, socchiudendo lievemente le palpebre, quasi rimirassi la più pregiata fra le opere.
Sono lunghe e sottili, sporche di terra e incise di minuscole cicatrici.
Tiri le labbra in quello che dovrebbe essere un amaro sorriso e sospiri.
Probabilmente, anche tu non sei altro che detriti e polvere.
O almeno per Janson, lo sei.
 
E lo odi, per questo?
 
«Sì», quasi fatichi nel riconoscere la tua voce, fiacca e spezzata dalla stanchezza.
Janson è la C.A.T.T.I.V.O.*, ed essa non rappresenta che perdita e dolore.
Lasci cadere la poca sabbia che ancora stringi, e la guardi fluttuare, trasportata dal vento quasi impercepibile. Minuscoli frammenti di polvere e terra si spargono sulle tue scarpe, e tu, quasi senza rendertene conto, avvicini un po’ il viso, per osservarli meglio.
 
Dunque, è questo che sei? Il nulla?
 
Stranamente non ti dispiace, affatto.
Solo il più tronfio fra i vanitosi oserebbe paragonare se stesso, un semplice puntino, all’infinito.
Sbuffi, poggiando rudemente la schiena alla parete alle tue spalle  e ti passi una mano sul collo.
Lì dove quella scritta nera incide la tua pelle pallida, penetrandoti, dolorosamente, nelle ossa.
A cosa serve? Semplice: a renderti suo.
Gli appartieni.
Appartieni a tutti loro.
 
Non hai mai odiato nessuno in vita tua, eppure ora lo stai facendo.
O così credi.
Certo, hai detestato per un breve periodo un ragazzino nella Radura, un certo Wyatt, ma quello non era che fastidio, nulla di più; ne sei certo.
 
O forse, hai già odiato qualcuno a tal punto, ma non lo ricordi?
 
Probabile.
Eppure, tutto ciò ti sembra nuovo.
Non riconosci la rabbia che ti attanaglia lo stomaco, né il prurito alle mani, che le fa pizzicare dolorosamente.
Ora, vorresti prendere a pugni il muro, eppure qualcosa te lo impedisci.
Non ti abbasserai al suo livello.
No, non lo farai.
Quando poi riabbassi lo sguardo sui tuoi piedi, la sabbia che li ricopriva non c’è più. È volata via.
Sospiri ancora – lo fai sempre più spesso, ultimamente – e ti porti le mani ai capelli.
 
Farai anche tu la stessa fine?
 
Volerai via come un granello di sabbia nel deserto, durante una tormenta, inesorabilmente.
Un minuscolo chicco, irriconoscibile.
Perché in un’omogenea distesa di sabbia, niente è più se stesso.
Tutto sembra uguale.
Nessuna eccezione.  

 
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Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio – cinque relazioni” indetto da rhys89 sul forum di EFP.

 
Note:
* Una cosa fondamentale, è ricordare che Newt, in questo momento, non ha incontrato nessun rappresentante della C.A.T.T.I.V.O., fatta eccezione per Janson, quindi per il biondo, lui è la C.A.T.T.I.V.O., ed è questo ad alimentare il suo odio, a renderlo il suo nemico da sconfiggere.
 

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Capitolo 5
*** Solo Lacrime di Nulla ***


 
 
Solo Lacrime di Nulla
A volte allontanarsi è l’unico modo di essere lì per qualcuno.
(Wesley Eisold)
 
Stai facendo la cosa sbagliata, lo sai, vero?
 
Le tue dita sfiorano la roccia con delicatezza, quasi potesse infrangersi sotto i tuoi polpastrelli.
Thomas è lì, le spalle lievemente ricurve e i piedi che sfidano il vuoto oltre la scogliera su cui siede.
Ti avvicini un po’, timoroso, e ti sporgi lievemente in avanti, così da poter scorgere il suo profilo, nascosto ai tuoi occhi da un ribelle ciuffo di capelli.
È bello.
Senza pensare – forse, per la prima volta, ci riesci davvero –, fai pressione sulle braccia e ti siedi al tuo fianco.
Sembra preoccupato, anche se ne suoi occhi non puoi evitare di leggere una nota di sollievo.
Le tue dita sfregano nuovamente la pietra, mentre le avvicini alle sue.
Eppure, quando le raggiungi, la tua mano di nulla non riesce ad afferrare la sua di carne e lividi.
 
Non ti sei ancora rassegnato?
 
Sospiri piano ed ecco che i pensieri, che avevi ingannevolmente scacciato, tornano prepotentemente.
Peccato.
«Mi dispiace» sussurri, e fa male.
Sollevi il braccio e gli sfiori la spalla, non puoi farne a meno.
Ma quando le tue dita non riescono a toccarlo, il tuo cuore perde un altro battito – metaforicamente parlando, certo.
 
Perché sei ancora qui? Non esiste, forse, qualcosa dopo la morte?
 
No, non è così.
E lo sai.
Vorresti credere di essere destinato a questo, al rimanere in questo limbo, che divide la vita e la morte, ma non è così.
Perché sarebbe più semplice.
Molto più semplice: non dovresti lasciare i tuoi amici, la tua famiglia.
Certo, loro non potrebbero vederti, ma, dopotutto, che importa?
Almeno, sareste ancora insieme.
Eppure, una parte di te sa che non è questo che lui vorrebbe.
No, Thomas non sarebbe tanto egoista.
Non come…
 
Come te, Newt?
 
Non puoi evitare di pensarlo.
È così, perché negarlo?
Sei spaventato, come lo sei stato poche volte.
Forse temi ciò che ti aspetta dopo.
O magari, semplicemente hai paura che, una volta che te ne sarai andato, loro – lui – si dimenticheranno di te.
Ma tu, Newt, te ne sei già andato.
 
Non troverai mai la pace, se non chiuderai la porta che ancora ti lega alla realtà dei vivi, lo sai, vero?
 
È lui quella porta, ne sei cosciente.
Ma non puoi lasciarlo.
Non ci riesci.
Provi ancora, per l’ultima volta, ad afferrare la sua mano.
E, come sempre, non riesci ad ingannare la crudele realtà.
Non sei un giocatore abbastanza scaltro.
Non lo sei mai stato.
 
Fai la cosa giusta. Lascialo andare.
 
«Io…» provi a dire, ma Thomas non può sentirti.
 
È giusto così.
 
«Ti amo», e odi te stesso, per averci messo troppo tempo a capirlo.
«Ed è per questo che – è difficile, tanto – ti lascio andare», e ora, mentre ti alzi e ti allontani, lo percepisci.
C’è qualcosa di diverso, in te.
Ora puoi andartene.
 
Stai già camminando, quando ti giri per l’ultima volta.
E ne hai la conferma.
Sì, sono lacrime di nulla quelle che solcano rudemente le tue gote.
 
È dunque finita, Newt?
 
******
Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio – cinque relazioni” indetto da rhys89 sul forum di EFP.
* Tratto da "The Maze Runner - La Rivelazione".

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