Non vorrei mai essere nei tuoi panni

di Rozen Kokoro
(/viewuser.php?uid=130365)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


*getta questa Jasico in un mare di Solangelo*
Non posso veramente credere di aver scritto una cosa così... demente. No, sul serio, mi sono fatta vedere solo una volta nel fandom di pjo con una cosa stupidissima e ora ritorno con una cosa ANCORA PIU' STUPIDA. Mi vergogno dello sclero assurdo che è questa ficcy(?). Ma ehi, prima o poi scriverò una Jasico vera e propria, magari angst... oppure lemon....... no ok, ammetto che loro due riesco a vederli solo in contesti dementi. Riuscirei addirittura a scrivere una lemon demente per questi due. Li adoro proprio per questo, in fondo! Pensare a loro mi mette giuoia (?). Spero che leggendo questa fic vi possa scappare un piccolo sorriso! In fondo l'ho scritta per divertire, così come io mi sono divertita ad immaginarli in una situazione così assurda. Infatti a volte potrebbero essere OOC! Tra l'altro questa fic inizialmente doveva essere mooolto più corta ma... non lo è. Accade(?). Così ho deciso di dividerla in due capitoli. Voglio dedicare questa storiella ad Aki, che inoltre ringrazio per averla betata, e alla mia Baka, compagna di scleri sulla Jasico - e colei che mi ha dato questa idea mooolto tempo fa. Buona lettura ~ (non uccidetemi pls) 
fonte immagine



 
Non vorrei mai essere nei tuoi panni
(eppure...)

Capitolo I
 
La vita sul Monte Olimpo non era sicuramente uno spasso per la maggior parte degli dèi. Era scandita da riunioni, litigi vari, noiose discussioni fra Zeus ed Eolo sulle condizioni meteo nel mondo dei mortali, pettegolezzi sui semidei sparsi sulla Terra.
Si svolgevano feste e banchetti di gran sfarzo, ma la maggior parte delle volte si concludevano con tavoli ribaltati, folgori lanciate da Zeus e con un Ares piuttosto esaltato che distruggeva ogni oggetto alla portata delle sue possenti mani. Insomma, più le divinità greche erano separate, più vivevano in pace e tranquillità.
Una di loro spesso ritagliava il suo prezioso tempo – se così si poteva definire – per osservare il mondo degli umani e sconvolgerlo con i suoi piccoli scherzetti, giusto per scacciare la noia. Pensiero alquanto egoistico, ma gli Dèi non avevano mai pensato ad altro se non che a loro stessi.
Il giardino di Afrodite era ornato da piccole rose rosse, che si intrecciavano con le gambe del suo tavolino in marmo e che davano all’aria un profumo così forte da far arricciare il naso. La dea sorseggiava silenziosamente il suo tè mattutino, una fragranza inglese molto dolce che aveva sempre adorato.
Mentre le sue labbra rosee e carnose si bagnavano dell’aroma, i suoi occhi color cielo osservavano attraverso il riflesso di un piccolo specchio la vita al Campo Mezzosangue. La Casa di Afrodite era impegnata nel trucco e parrucco, come d’abitudine la mattina, e ciò non faceva altro che rendere fiera la loro madre divina. I suoi erano figli diligenti, sempre pronti a seguire le mode del momento, a corteggiare, a diffondere amore nell’aria.
Certo, la vista dei suoi dolci figlioli deliziava il suo sguardo, ma ciò non bastava a saziare la sua noia divina – qualsiasi essere umano non si sarebbe certamente annoiato sul Monte Olimpo – quindi decise di sconvolgere almeno per un giorno la vita di due poveri malcapitati.
“Il piccolo Di Angelo mi ha sempre affascinato… vuole allontanare l’amore, ma è rimasto intrappolato nella sua stessa rete.” Sospirò la bellissima donna, facendosi aria con un ventaglio fatto di piume di pavone. “Voglio divertirmi con lui. In fondo, le persone più serie sono quelle più spassose!” Esclamò, lasciandosi scappare una piccola risatina.
L’immagine passò a Jason Grace che, come Nico, ancora dormiva beatamente fra le coperte della Casa di Zeus. Afrodite ebbe un lampo di genio, che le fece dipingere sul volto un sorriso a trentadue denti – che tra l’altro nascondeva un pizzico di malizia.
“Oh, i nostri piccoli semidei ancora dormono… Beh, al risveglio avranno una bella sorpresa. E non vedo l’ora di gustarmela.” Ridacchiò con la sua voce melodiosa e schioccò le dita, prima di poggiare lo specchio sul tavolino e riprendere a sorseggiare il suo tè con un sorriso soddisfatto.
Oh, sarebbe stata una giornata davvero interessante.
 
 
Nico Di Angelo non era mai stato un amante del risveglio mattutino, forse per via della sua pigrizia che spesso tendeva a nascondere agli occhi altrui. O forse perché la maggior parte delle volte passava le notti in bianco, quindi il problema neppure gli si presentava davanti agli occhi.
La sua sveglia – in realtà non proprio sua, dal momento che sembrava come se qualcuno avesse cambiato la sua suoneria – trillò per tutta la stanza vuota, visto che lui era l’unico ad abitarla. Mugugnò qualcosa, prima di spegnere quel suono assordante con un colpo di mano.
Stranamente le sue braccia minute erano più pesanti del solito.
Ma non si concentrò particolarmente molto su quel dettaglio irrilevante, preso com’era a sbadigliare e ad aprire lentamente gli occhi. Inquadrò il soffitto, solitamente scuro, che questa volta ai suoi occhi appariva come un mosaico, che sembrava richiamare il cielo. Altro particolare che decise di ignorare volutamente, forse perché la mattina in suo cervello non era in grado di ragionare molto.
Poggiò i piedi nudi sul pavimento in legno e si passò una mano fra i folti capelli scuri… No, non erano più folti, ma piuttosto corti e meno crespi del solito. Spalancò leggermente gli occhi, finalmente sveglio e parecchio turbato. Ok, meglio non ignorare questo particolare.
Scattò in piedi, in cerca dello specchio per controllare che qualcuno non gli avesse tagliato la densa chioma ispida, ma si accorse che il suo corpo era decisamente più pesante e che la sua testa non era più così tanto distante dal soffitto. Deglutì, mentre il cuore gli tamburellava in gola come impazzito, e cercò freneticamente intorno a lui una parete lucida da poter usare come specchio. L’unica cosa che gli si presentò di fronte fu la statua di Zeus che lo guardava con severità, mentre gli puntava contro la sua folgore.
Nico gemette, precipitandosi fuori dalla sua cabina ancora in pigiama. Le sue gambe erano veloci e agili, degne del miglior corridore del Campo. I suoi passi pesanti solcavano il terreno e l’erbetta che ricopriva il paesaggio, abbracciato dai tenui raggi mattutini del sole. Ansimava, ma non tanto per la fatica, quanto per l’ansia e l’incredulità. Insomma, non era da tutti giorni svegliarsi e avere l’impressione di non trovarsi nel proprio corpo.
In men che non si dica arrivò sulle sponde di un piccolo laghetto, dove le ninfe erano solite passare il loro tempo e giocare insieme ai satiri. Puntò il suo sguardo sullo specchio dell’acqua cristallina e dal riflesso poté perfettamente distinguere dei tratti delicati, che avrebbe saputo riconoscere ovunque:  occhi color ghiaccio, corti capelli biondo grano, la cicatrice sul labbro superiore.
Nico si trattenne dal cacciare un urlo. Quello non era lui, nessun particolare rimandava alle caratteristiche che lo avevano sempre contraddistinto da tutti gli altri semidei. Si era svegliato nel corpo di Jason Grace, ed era perfettamente consapevole di non trovarsi in uno dei suoi soliti sogni, che molto spesso avevano raggiunto anche i limiti dell’assurdo.
“Che… che…” Balbettò, guardando con riluttanza le sue mani e la scritta SPQR che aveva tatuata sul braccio. Sembrava tutto così assurdo che faticava a crederci, eppure sapeva che quella era la realtà. Un brutto scherzo, qualcosa di sovrannaturale al quale ovviamente non sarebbe mai riuscito ad opporsi. Forse quegli egoisti degli Dèi si erano messi a giocare con lui, non aveva altre spiegazioni! Magari Ecate, la dea della magia…
“NICO?!” Urlò una voce molto familiare al suo orecchio destro. Nico vacillò e per poco non cadde dentro il lago, ma fortunatamente nel corpo di Jason riusciva più facilmente a mantenere l’equilibrio. Voltò lo sguardo, ancora sconcertato, e gli sembrò di guardarsi allo specchio.
C’era se stesso di fonte a lui. Insomma, non proprio se stesso, ma il suo corpo che sembrava essere guidato da un’altra persona. Sbatté diverse volte le palpebre, perplesso, cercando di ragionare e concentrarsi per poter analizzare approfonditamente la situazione. Essendo ancora mattina, tuttavia, sarebbe stato chiedere troppo al suo cervello.
“N-non dirmi che sei tu, Grace.” Balbettò, con un briciolo di speranza nel suo tono. Oddio, stava parlando con la voce di Jason!
“Certo che sono io!” Scattò in piedi Jason, reggendosi a malapena sulle gambe del Di Angelo, abituato con la sua vecchia corporatura. A Nico faceva un effetto stranissimo vedere se stesso guidato da un'altra persona, come se avesse perso totalmente la sua identità. “Santi numi, che diamine è successo?! Mi sono svegliato nella tua cabina… E mi sono ritrovato nel tuo corpo!” Urlò Jason.
Era piuttosto inusuale vedere Nico agire così teatralmente, tant’è che si attirò molti sguardi dei vari semidei sparsi per il campo. Anche lo stesso Signor D, dall’alto della sua sede regale, osservava con una certa curiosità la scena.
Nico si sentì molti sguardi puntati addosso, così decise di risolvere la questione in un luogo decisamente più nascosto da occhi indiscreti. Afferrò Jason – o se stesso? Non ci stava capendo più di tanto – e lo trascinò dietro alla sua cabina, solitamente nascosta dall’ombra di un pino. Il vento muoveva le fronde degli alberi, regalando una piacevole frescura all’atmosfera; in quel posto il sole filtrava difficoltosamente dai rami e l’ombra impediva ai due ragazzi di essere visti.
Nel corpo di Jason, Nico si rese finalmente conto di quanto fosse piccolo in confronto a lui. La sua figura si stagliava su quella dell’altro, incutendo quasi timore. Jason era un bellimbusto piuttosto amichevole, ma con il carattere di Nico poteva diventare un degno candidato alla leadership di una banda gangster.
“Grace, senti-“ Nico venne interrotto.
“Ti ho detto di non chiamarmi Grace!” Protestò Jason, puntando i pugni suoi fianchi. Com’era possibile che facesse caso a quell’insulso particolare anche in una situazione del genere?!
“E va bene, Jason!” Urlò, col rischio di farsi scoprire. In fondo non era molto conveniente per entrambi farsi beccare in un luogo così appartato. Se ci fosse stato Percy, le battutine si sarebbero sprecate – o peggio ancora Leo! “Qui la cosa si fa seria. Non so come sia accaduto questo scambio di corpi, forse siamo stati colpiti da qualche maledizione strana…”
Il suo sguardo era cupo, fissava un punto imprecisato della foresta, cercando di sforzarsi per arrivare ad una soluzione. Jason intanto cercava di sposarsi le folte ciocche di capelli da davanti gli occhi, senza ottenere grandi risultati. Si chiese come facesse Nico a vedere attraverso quella barriera di capelli color petrolio. “Ne dovremmo parlare con Chirone, ma ieri a cena aveva detto che oggi sarebbe andato a trovare la sua famiglia…. I Party Pony, o come si chiamano.”
Nico imprecò in greco, mentre si torturava il labbro inferiore. Camminava con una certa frenesia, avanti e indietro, tanto da lasciare un solco nel terriccio ancora umido.  “Quanto dovrebbe restare fuori? Chiedere al Signor D è fuori discussione.”
“Dovrebbe tornare stasera… mi pare. Sempre che il loro party hard non duri fino a domani mattina…” Questa notizia scoraggiò parecchio Nico, che continuava ad imprecare, tanto che sarebbero scese tutte le divinità dall’Olimpo, compreso suo padre.
Ma era sicuro solo di una cosa: nessuno doveva venire a conoscenza dell’accaduto. Dentro quel Campo si sarebbe creato sicuramente il caos e Nico non si sarebbe mai azzardato a smuovere la pace che vigeva lì dentro. Non tanto per gli altri quanto per lui stesso – non amava essere al centro dell’attenzione.
“Finché non tornerà Chirone, dobbiamo fare finta di niente. E’ meglio non creare casini.” I suoi occhi color ghiaccio fecero un giro di ricognizione lì intorno, per controllare che nessuno li stesse osservando. Si chinò su Jason, decisamente più basso di lui, e lo fulminò con lo sguardo. “Non devi parlarne neanche con Piper. Dobbiamo fingere di agire come l’altro… io mi sforzerò di comportarmi come te.” Disse Nico, con un certo disgusto.
“Guarda che non è facile essere te! Devo mettere il broncio tutto il tempo, tipo così?” Jason fece una smorfia, che si avvicinava parecchio allo sguardo accigliato perennemente dipinto sul volto di Nico. “Comunque sarà divertente essere te.”
Nico roteò gli occhi, scocciato. “Ah, non fare cose imbarazzanti. Per favore.”
“Ti sembro tipo da cose imbarazzanti, amico?” L’altro scoppiò a ridere. “Del tipo calarmi i pantaloni?” Ma a quella domanda si illuminò improvvisamente, come se si fosse ricordato tutt’ad un tratto di un particolare di fondamentale importanza. “Ehi, voglio vedere che mutande porti!”
Nico sbiancò, prima di assumere sulle sue guance diverse tonalità di porpora. “C-che fai, idiota!” Tentò di fermarlo, ma Jason si era già calato i pantaloni del pigiama del suo compagno. Studiò i boxer color nero con dei piccoli teschi disegnati sopra – l’abbigliamento del Di Angelo non comprendeva molte varianti.
“Ti vergogni sempre negli spogliatoi, mi avevi messo curiosità! Nascondi sempre così tanti misteri… Magari anche le tue mutande nascondevano qualche segreto!” Fece per calarsi anche quell’ultimo pezzo di stoffa con un’espressione molto ingenua stampata sul viso, ma Nico lo bloccò in tempo.
“Con questo intendevo cose imbarazzanti.” Gli sibilò a pochi centimetri dal volto, tanto che Jason deglutì per lo spavento. Nico era parecchio inquietante anche nelle sembianze del Grace, il che lo fece turbare ancora di più.
Il figlio di Ade si allontanò da lui, per poi guardare il cielo privo di nuvole dove splendeva già alto il sole. Facendo qualche calcolo, devono essere su per giù le undici di mattina, pensò. “Mi vado a cambiare, fallo anche te… Non voglio essere ricordato come Il Semidio che girava in pigiama.” Disse, acido, lanciando occhiatacce a Jason come per intimargli di tirarsi su i pantaloni. “L’appuntamento è a mezzogiorno al laghetto. Non fare tardi o ti fulmino.” Sghignazzò, prima di allontanarsi di lì e sparire nel nulla.
Jason rimase piuttosto interdetto, per poi mettere un’espressione accigliata – ben riuscita sul volto del Di Angelo. “Ma quella era la mia battuta!”
 
Jason ovviamente non si presentò all’appuntamento. Chissà per quale assurdo motivo, Nico ne aveva il sentore; d’altronde conosceva fin troppo bene il figlio di Giove e sapeva che avrebbe fatto sicuramente qualche stupidata delle sue. Camminava avanti e indietro di fronte al laghetto, irrequieto come se fosse stato rinchiuso in un recinto. Molti semidei l’avevano salutato allegramente, dandogli qualche pacca sulla schiena e cercando di instaurare un dialogo con lui… o, meglio, con Jason Grace.
Non si era ancora abituato a stare nel corpo di quel semidio super palestrato, anzi lo trovava piuttosto scomodo e ingombrante. Però doveva ammettere di sentirsi decisamente meglio, più in salute e in forze: l’unico lato positivo di quello scambio di corpi.
Aveva riflettuto a lungo sulla causa di quell’avvenimento e non era riuscito a darsi una minima risposta plausibile e spiegabile scientificamente. Del resto, nel mondo dei semidei non esistevano spiegazioni razionali: le cose che avvenivano, per quanto strane che fossero, erano solo opera dei loro genitori. E così doveva essere anche in quel caso.
Nico scosse la testa, cercando di riprendersi. Era stufo di aspettare Jason – benché fossero passati appena dieci minuti –, così decise di raggiungerlo in camera e trascinarlo fuori da lì tirandolo per le orecchie. Oppure l’avrebbe fulminato come aveva promesso un’ora prima. L’idea allettò il Di Angelo, tanto da spingerlo ad avviarsi a grandi falcate verso la sua – teoricamente – cabina.
La vide all’orizzonte, spiccava in mezzo al panorama verde e luminoso del Campo Mezzosangue e creava disarmonia con le altre abitazioni che la circondavano, dal momento che era piuttosto cupa e sinistra. Preso da una certa impazienza, aumentò il passo tanto da arrivare a correre. Il vento si scontrava con il suo viso, muovendo leggermente i suoi capelli color grano e regalandogli una sensazione di piacere e freschezza.
Molte ragazze del Campo, vedendolo passare di lì, arrossirono e lo seguirono con lo sguardo, ammaliate dalla sua bellezza; peccato che Nico non ci avesse fatto minimamente caso. Anzi, quando si accorse dei loro sguardi languidi e sognanti, rivolse a loro un’espressione di puro disgusto, mista a fastidio. Le giovane semidee indietreggiarono e bisbigliarono fra di loro, profondamente turbate dall’aura cupa che aleggiava intorno al loro Superman Biondo. Solo una, però, non si lasciò intimorire dal suo sguardo.
“Jason, dove corri?” Una voce allegra raggiunse le sue orecchie, distogliendo Nico dal suo obiettivo. Si fermò, piuttosto infastidito, e cercò di inquadrare la figura che si era piazzata di fronte a lui: pelle ambrata, treccina fra i capelli… Oh, ma certo, era la fidanzatina di Jason, Piper McLean. A questo pensiero sospirò rumorosamente.
“Ho degli impegni urgenti.” Disse semplicemente, piuttosto freddo. Poi si diede dell’idiota da solo. Doveva comportarsi esattamente come Jason, altrimenti la sua fidanzatina se ne sarebbe accorta all’istante! L’idea di far litigare quella coppietta rose e arcobaleni per un attimo balenò nella sua mente, ma fece in modo di scacciarla alla velocità della luce. Non era geloso, solo che non amava molto assistere alle loro continue effusioni pubbliche… Era così preso dai suoi pensieri da non accorgesi neanche che Piper aveva iniziato a tirarlo via di là.
“D-dove mi stai portando?” Domandò Nico, piuttosto sbigottito. Certamente non si aspettava una reazione del genere alla sua freddezza. Puntò i talloni per terra per fermarla e riuscì parzialmente nel suo intento. La figlia di Afrodite si voltò verso di lui, facendo un sorrisetto piuttosto ambiguo.
“Oggi sei nervoso, quindi ti porterò in un posto che ti piacerà! Seguimi!” Nico si accorse che Piper stava usando la sua lingua ammaliatrice, ma realizzò questo particolare troppo tardi. Ormai stava seguendo quella ragazza fastidiosa, senza neanche opporsi minimamente alla sua decisione.
Pessima idea.
 
Jason, dal suo canto, se la stava spassando parecchio nel corpo di Nico, forse perché era sempre stato curioso di scoprire i lati più nascosti del figlio di Ade. E con nascosti, beh, intendeva veramente nascosti.
Difatti si trovava ancora in cabina, completamente nudo di fronte allo specchio, ad osservarsi con un certo interesse: era così preso a guardarsi e a mettersi in pose strane da perdere la cognizione del tempo. Certo, Nico era minuto e piuttosto pallido, ma doveva proprio ammettere di trovarlo in qualche modo attraente, forse per via della sua aria un po’ emo e depressa. Jason non si faceva molti problemi ad ammettere a se stesso di essersi sentito attratto sessualmente da Nico, alcune volte, forse perché la considerava una cosa normale fra i ragazzi di quell’età. Oppure semplicemente non si faceva particolari complessi come il Di Angelo.
Fece un paio di giravolte, assunse qualche posa da modello, si palpò anche le natiche da solo! E doveva ammettere che Nico aveva un fondoschiena per niente male… Non era mai riuscito a vederlo attraverso i pantaloni, ma era tondeggiante e sodo, decisamente meglio del suo. E dire che un sacco di ragazze gli facevano i complimenti per il fisico mozzafiato, mentre al contrario criticavano quello del figlio di Ade…
“Ehi, Nico! Ti va di andare a fare un gir-!” Jason era talmente preso dai suoi pensieri che non si accorse di non essere più solo dentro quella cabina. Difatti, non appena si voltò, vide vicino all’ingresso dell’abitazione un Percy piuttosto sbigottito e incredulo.
Rimasero per qualche secondo a fissarsi, in un silenzio tombale, pieno di imbarazzo. Ok, ho fatto una grande cavolata, pensò subito Jason. Nico gli aveva raccomandato di non metterlo in imbarazzo, soprattutto davanti a Percy! Si sarebbe assestato uno schiaffo da solo, se avesse potuto.
“… Beh, fratello, scusa se ti ho beccato in un momento così delicato…” Tentò di scusarsi Percy, grattandosi la nuca. Jason notò il lieve rossore che colorava le sue guance, simbolo di forte disagio. Decise allora di provare a sciogliere quella tensione che si era creata, cercando sempre di mantenere il carattere di Nico. Ma ahimè, era parecchio difficile per Jason.
“No, tranquillo, fratel-… Cioè, volevo dire, Percy! Mi stavo solo un po’ guardando allo specchio… Sai, ogni tanto i veri uomini lo fanno per sentirsi più sicuri.” Jason fece l’occhiolino a Percy e gli diede qualche gomitata, comportamento che fece sbigottire ancora di più il suo amico. “E infatti adesso sono più sicuro, sapendo di avere un culetto così perfetto!”
Calò di nuovo il silenzio fra i due semidei. Jason si rese conto di aver peggiorato ancora di più la situazione, lo leggeva chiaramente nello sguardo di Percy, che sembrava confuso e parecchio dubbioso. Che avesse iniziato a sospettare qualcosa? In fondo il figlio di Poseidone era molto astuto e intelligente, anche se non lo dava a vedere… Nella mente di Jason cominciarono a scorrere immagini che mostravano devastazione, morte, sofferenza e, soprattutto, lo sguardo pieno di furia di Nico, che era capace di mettere inquietudine all’eroe più valoroso presente sulla faccia della terra.
“… Hai ragione, hai proprio un bel culetto!” Sorrise allegramente Percy, mollandogli una piccola pacca su una natica con fare disinvolto, lasciando Jason di stucco. Ok, era davvero un completo idiota. Non si era accorto minimamente del cambiamento improvviso di Nico! Ma decise di non farci caso e di ridacchiare, piuttosto in imbarazzo. Non si riceve tutti i giorni una pacca dal figlio di Poseidone, insomma.
Percy si allontanò leggermente da lui,  passandosi una mano fra i folti capelli corvini con fare quasi splendido, come faceva sempre quando cercava di provocare la sua ragazza Annabeth.
“Beh, amico, ti ero venuto a proporre un giretto con gli altri del campo. Ci sarà anche tua sorella Hazel con Frank, così puoi metterti a parlare con loro! E poi ci sono anche Jason e Piper!” A quelle parole Jason sobbalzò e in un attimo in suo colorito pallido assunse una tonalità ancora più cadaverica. Accidenti, l’appuntamento!
Iniziò a sudare freddo, raccogliendo i suoi vestiti sparsi a destra e a manca in giro per la stanza. Si infilò velocemente le mutande – che per la fretta mise anche al contrario – e si volse a guardare Percy. “C-cosa stanno facendo Nic- Jason e Piper?” Domandò, visibilmente preoccupato.
“Non ne ho idea, Piper l’ha trascinato verso il boschetto… Ma io so che lì c’è un posticino dove si fanno le coccole.” Percy iniziò a sghignazzare e ad ammiccare verso Nico –ovvero Jason, con uno sguardo chiaramente eloquente. Innanzitutto Jason si domandò come facesse Percy a sapere del loro rifugio segreto, dal momento che non ne aveva parlato con nessuno – che li avesse seguiti?, poi si rese conto che quella era la peggior notizia della giornata. Puntò il suo sguardo serio negli occhi cristallini di Percy.
“Devo andare da loro.” Disse, secco. In quel momento si stava comportando davvero come Nico, tanto che lo stesso Percy indietreggiò leggermente.
“M-ma… Magari vogliono la loro privacy…” Balbettò Percy, nel tentativo di fermarlo.
“Non importa, è urgente.” Concluse Jason, finendo di infilarsi le scarpe. Oh, eccome se era urgente! Piper non era di certo poco sveglia come Percy. Si sarebbe subito accorta della freddezza negli atteggiamenti del suo fidanzato.
Uscì in fretta e furia dalla cabina e si diresse a grandi falcate verso il boschetto che si stagliava davanti ai suoi occhi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Non vorrei mai essere nei tuoi panni
(eppure...)

Capitolo II




Nel bosco che si trovava vicino al Campo Mezzosangue vi era una piccola radura, spesso frequentata dalle ninfe che passavano il loro tempo a giocare insieme ai satiri. Era un posto che si poteva definire surreale, per l’aura di pace e tranquillità che aleggiava fra i viali alberati.
Il sole filtrava fra le fronde dei rami e si andava a posare sull’erbetta morbida che ricopriva il terreno, i piccoli raggi illuminavano con luce tenue il paesaggio e lo rendevano quasi magico. Era un posto poco conosciuto dai semidei, troppo impegnati nella lotta e negli addestramenti. Solo due ragazzi lo frequentavano assiduamente per avere un po’ di privacy e godersi un posto così romantico.
In quel preciso istante, la coppia si trovava seduta sul tronco di un albero, di fronte ad un piccolo ruscello. Tuttavia qualcosa sembrava diverso, come se mancasse un piccolo particolare per rendere quel momento davvero perfetto.
Piper sembrava non demordere. Più Jason  –o meglio Nico – la allontanava e più lei cercava di avvinghiarsi a lui, di costringerlo a ricambiare le sue coccole. Erano ormai passati quindici minuti da quando si trovavano da soli in quel posto.
Dopo essersi risvegliato dal suo stato di trance, dovuto alla lingua ammaliatrice della ragazza, Nico si rese conto di essersi cacciato in un guaio grande quanto un Gigante Centimane. Capì subito le intenzioni di Piper per poter rimediare alla freddezza del Superman Biondo e decise, sebbene dovesse comportarsi come Jason, di non accettare le sue effusioni. Dunque passò quindici minuti buoni ad allontanarla e a cercare una via di fuga, ma era difficile non cedere alla lingua ammaliatrice della ragazza.
“Per favore, Piper…” La pregò, in preda alla disperazione. Inoltre aveva anche un problema più grave… No, non doveva pensare a quello, doveva prima trovare una soluzione per liberarsi di lei senza ferire i suoi sentimenti – il che era impossibile per il Di Angelo.
Forse qualcuno aveva ascoltato le sue preghiere, magari gli dei avevano provato pietà nei suoi confronti, fatto sta che in quel preciso istante giunse a grandi falcate la soluzione a quasi tutti i suoi problemi. Non appena vide se stesso, ovvero Jason, correre verso di loro, si trattenne a stento dal buttarsi ai suoi piedi in segno di grande riconoscenza. “Jas- volevo dire, Nico! Che ci fai qui?” Chiese, guardandolo intensamente negli occhi, chiedendo chiaramente aiuto con l’espressione. Per fortuna, Jason lo capì al volo.
Fissò Piper con un certo dispiacere, sentendosi tremendamente in colpa al posto di Nico per averla trattata male, poi cercò di riprendersi e ostentare un’espressione seria e fredda.
“Ehm… Jason, ti cercano al campo. E devi anche sbrigarti.” Disse. Lo afferrò per un braccio e cominciò a trascinarlo via di lì, cosa che non fu difficile, poiché Nico non se lo fece ripetere due volte. Piper aveva un’espressione chiaramente ferita, dal momento che non aveva avuto l’occasione di poter tirare su di morale il suo Jason, ma alla fine accettò la cruda realtà: come le diceva sempre il suo ragazzo, il dovere prima del piacere. “D’accordo, Jason. Mi raccomando: quando hai fatto, vai all’officina di Leo. Mi troverai lì!” Gli sorrise, per poi allontanarsi con passi piuttosto pesanti e lenti e rigirandosi spesso a guardarlo.
I due aspettarono che Piper si allontanasse abbastanza, poi tirarono un sospiro di sollievo all’unisono.
“Per caso hai fatto qualcosa a Piper?” Chiese Jason, con un’espressione visibilmente preoccupata.
“Certo che no! Scusa, ma sai anche te che non ho certi gusti.” Sottolineò Nico, con uno sguardo eloquente. Jason sapeva perfettamente di cosa stesse parlando e non ribatté, ma anzi sorrise con fare quasi fraterno. In realtà Jason aveva dei sentimenti contrastanti nei confronti di Nico: lo trovava attraente ma al tempo stesso si sentiva come un fratello maggiore per lui – sebbene il Di Angelo fosse come minimo di sessant’anni più anziano.
“Senti, io ho un problema grave.” I suoi pensieri furono interrotti da quella frase che Nico disse con un tono parecchio nervoso. Oh no, aveva per caso litigato con qualcuno? Aveva fulminato qualche casa? Se il suo amico era così preoccupato doveva per forza essere successo qualcosa di serio.
“Oh dei, n-non farmi agitare…” Balbettò, mordendosi il labbro come era solito fare nei momenti di maggior tensione.
“Calmati, non ho ucciso nessuno.” Possibile che Jason si agitasse sempre quando c’era qualcosa che riguardava lui? Lo considerava davvero così pericoloso? Beh, forse da un lato aveva ragione, ma non era sempre azzardato come molti credevano. “Ho un problema… personale.” Nico arrossì lievemente, deviando lo sguardo. Accidenti, è tremendamente imbarazzante!
Il figlio di Giove rimase qualche secondo a fissarlo con un’espressione confusa sul volto, dal momento che era inusuale vedere Nico agire in quel modo. “Oh, tranquillo fratello! Puoi dirmi tutto. In fondo, adesso ti trovi nel mio corpo e un tuo problema personale è anche il mio, no?” Gli fece l’occhiolino, splendido come sempre.
Questo suo atteggiamento non migliorò molto la situazione, dal momento che Nico sembrò arrossire ancora di più, al tal punto che dovette nascondersi il viso con una mano. “… Bagno…” Bofonchiò, con una voce appena percettibile. Difatti Jason non afferrò subito cosa volesse dire e gli chiese di ripetere.
Il figlio di Ade strinse forte i pugni, innervosito, dal momento che doveva per forza richiedergli quel favore davvero assurdo. “Mi aiuteresti ad andare in bagno?!” Sbottò. Il suo volto raggiunse diverse tonalità di rosso, cosa che sul volto di Jason non sarebbe stata molto inusuale, ma su quello di Nico sarebbe stato un evento più unico che raro da immortalare con una fotocamera.
Calò il silenzio fra i due, scandito solo dal rumore del vento che muoveva le fronde degli alberi e dallo scorrere del piccolo ruscello. L’espressione di Jason era indecifrabile, un misto fra sgomento e confusione, ma al tempo stesso era anche divertita, dal momento che non aveva mai sentito una richiesta più assurda e paradossale di quella.
“Hai scordato come si usa, amico?” Scoppiò a ridere, ma fu subito interrotto dallo sguardo assassino di Nico che poteva raggelare chiunque anche sul volto di un gigante buono come Jason. “Ok ok, sono serio! Ma… non puoi farlo da solo, scusa?”  Inclinò la testa, cercando ancora di trattenere le risate.
Il Di Angelo voleva sprofondare nel terreno per quanto si sentiva in imbarazzo in quel momento; insomma, oltre a dovergli chiedere quel favore, doveva anche dargli delle spiegazioni! “C-che ti importa! E’ il tuo… gingillo, fallo senza lamentarti.”
“Ma io non capisco per quale assurdo motiv-“
“E va bene! Mi vergogno a guardare e a toccare una cosa che non è mia, ok?!” Lo interruppe urlandogli in faccia, al limite dell’esasperazione. Ora poteva dire con certezza che quello era uno dei giorni peggiori che avesse mai passato all’interno di quel campo, senza contare il fatto di dover condividere quella disgrazia con Jason Grace, la persona più inopportuna fra tutti i semidei – anche se forse era una fortuna che non gli fosse capitato qualcuno come Percy… oppure Leo! Non voleva neanche pensarci.
Calò di nuovo il silenzio, poi Jason fece un sorrisetto malizioso che fece innervosire ancora di più il suo amico. “Oh… ma ceeerto. Hai paura di trovarlo attraente, ammettilo.” Gli diede qualche gomitata eloquente.
“Ti odio.” Sibilò Nico e mancò poco che lanciasse un fulmine dritto su Jason – l’unica cosa a salvarlo  fu il fatto che si trovasse nel suo corpo, altrimenti sarebbe stato incenerito già da un bel pezzo.
“Anche io ti voglio bene, Nico!” Il tono di voce di Jason era pimpante e allegro come al solito e questo fece andare su tutte le furie il suo compagno. “E adesso andiamo in bagno ~” Canticchiò, cominciando a trascinarlo nella parte del boschetto più fitta e buia. Nico sapeva già che era una pessima idea ma non aveva altre soluzioni, purtroppo.
Si nascosero prontamente dietro un cespuglio per non essere osservati da sguardi indiscreti, sebbene quella foresta fosse apparentemente deserta. Ma meglio prevenire, in fondo sarebbe imbarazzante se qualcuno li avesse sorpresi in quella posizione. Nico rimase fermo, come se aspettasse che Jason facesse qualcosa.
“… Puoi almeno calarti la cerniera, eh.” Alzò un sopracciglio il Grace, per poi sghignazzare leggermente. Questo fece avvampare ancora di più l’altro ragazzo.
“Tsk…” Si tolse la cinta dei pantaloni e calò la cerniera, in modo che Jason potesse poi continuare da solo. Nel frattempo aveva chiuso prontamente gli occhi e aspettava in silenzio, con il cuore a mille; in fondo nessun ragazzo aveva mai toccato un punto così delicato e, sebbene si trovasse in un altro corpo, sapeva che non sarebbe stato facile sopportarlo.
Difatti, non appena sentì le mani di Jason, sobbalzò. “Ah! Fai piano!” Esclamò, rossissimo. Ok, forse era un po’ esagerata una reazione del genere, dal momento che quelle che lo stavano toccando erano le sue mani, ma ormai aveva passato così tanto tempo nei panni di Jason che vi si era abituato, a tal punto da considerare il suo corpo originario quasi come quello di un estraneo.
“Sto facendo piano!” Ribatté l’altro, piuttosto a disagio.
“No, l’hai preso con troppa forza!”
“Secondo te non so come prenderlo?”
“Taci!” Erano così presi a battibeccare che non si accorsero di essere osservati da qualcuno. Difatti si voltarono entrambi verso la propria destra e notarono una figura al loro fianco, intenta a fissarli con occhi e spalancati e guance che raggiungevano la tonalità del bordeaux. Nico sarebbe voluto morire all’istante, sprofondare nell’Ade e restare lì per l’eternità, dopo aver riconosciuto la figura che si trovava di fronte ai suoi occhi. Ed era la persona peggiore che potesse capitare lì in quel momento.
“… Beh ragazzi, capisco che vi piaccia la natura, ma potete fare certe cose anche nella vostra camera.” Disse Leo, grattandosi la nuca, visibilmente a disagio. I due al contrario erano rimasti a fissarlo, completamente pietrificati, incapaci di realizzare cosa potesse essere accaduto. Probabilmente Leo era stato richiamato dalle loro grida e incuriosito si era avvicinato a dare un’occhiata.
“Comunque, ehi!, non vi preoccupate.” Si ricompose subito, anzi i suoi atteggiamenti assunsero un certo disinteresse. “Io non sono contro i gay.” Disse, con un piccolo sorriso malizioso stampato sulle labbra, che mostrava una fila di denti bianchi e splendenti.
Quello che seguì furono le urla dei due colti in flagrante. “Ma che stai dicendo, Valdez?! Hai capito male!”
“Non stavamo facendo quello che pensi!!”
“E’ la tua mente perversa che è arrivata a questa conclusione!”
Urlarono all’unisono, tanto che le loro parole diventarono un agglomerato di suoni praticamente incomprensibili per il povero Leo. Difatti questo non li ascoltò minimamente, ma anzi raccolse alcune margherite da terra e le gettò loro addosso, con un sorriso splendente. “Viva l’amore~” Esclamò, allontanandosi sempre più di lì. “Mi raccomando, non tenetelo nascosto a Piper. Poi sapete che si arrabbia!” Concluse con un occhiolino, prima di sparire fra i viali alberati del piccolo boschetto.
Jason e Nico rimasero pietrificati, presi dalla paura e soprattutto dall’imbarazzo. Se Leo avesse parlato a qualcuno di quello che era accaduto… Sarebbe stata davvero la fine. Si guardarono qualche istante a vicenda, poi Nico si allontanò di scatto da lui, tirandosi su la cerniera dei pantaloni; le sue guance avevano raggiunto una tonalità di rosso che sembrava tendere verso il fosforescente.
“E’ colpa tua.” Bofonchiò, guardando Jason con pura rabbia repressa che sarebbe esplosa da un momento all’altro.
“C-colpa mia? Sei tu che hai urlato!”
“Se tu non avessi stretto troppo magari…!” Non ce la faceva più, era davvero al limite dell’esasperazione e sapeva che lo avrebbe portato solo ed unicamente ad un esaurimento nervoso. Così Nico decise di andarsene e di risolvere le cose da solo, come un vero uomo deve fare… un momento. Stava iniziando a pensare come Jason? Era davvero il colmo.
“Dove vai?” Gli urlò dietro il figlio di Giove che, per paura di rimanere indietro, cominciò a camminare. Peccato che il suo amico sembrasse accelerare sempre di più il passo, chiaro segno che non voleva essere seguito. Si andava sempre peggio…
“Dove mi pare. E non mi seguire! Ne ho abbastanza!” Esclamò, nero per la rabbia che lo stava divorando, mentre fissava il terreno. Perché doveva capitare a lui? Cosa aveva fatto di male? Non poteva davvero pensare di restare rinchiuso nel corpo del Grace per tutta la vita: sarebbe di sicuro impazzito. E pensare che erano solo passate poche ore da quando si era svegliato in quelle condizioni…
Improvvisamente sentì il terreno mancargli sotto i piedi e una sensazione di vuoto risucchiarlo verso il basso. Non pensava che la foresta finisse con la scogliera. Sentì Jason urlare dietro di lui e sbiancò, costretto ad abbandonarsi alla caduta verso il mare. Sarebbe persino morto in un corpo che non era il suo. Sembrava davvero la fine… Quand’ecco che la sua caduta si interruppe improvvisamente a pochi centimetri dall’acqua. Nico spalancò gli occhi, visibilmente spaventato. Ciò che era accaduto aveva davvero raggiunto i limiti dell’assurdo.
Stava fluttuando in aria, proprio come faceva Jason. In quel momento era una cosa davvero utile, dal momento che gli aveva evitato una brutta caduta in mezzo al mare, tuttavia sorgeva un unico problema: Nico non era mai stato amante delle altezze e, soprattutto, aveva una tremenda paura nel ritrovarsi in aria.
Cominciò a dimenarsi con forza, ma non aveva padronanza dei poteri di Jason e si ritrovò sballottato su e giù, cosa che gli fece venire il mal d’aria, al punto di assumere un colorito verdastro.
“Jason! Dimmi subito come si scende!” Gli ordinò, vedendolo affacciarsi dalla scogliera.
Quest’ultimo sembrava preso dal panico, per paura che Nico potesse andare a sbattere contro uno scoglio. “Cerca di calmarti! Ehm…” Non sapeva come spiegarglielo, in fondo lui l’aveva sempre fatto come se fosse la cosa più naturale del mondo. “P-pensa a qualcosa di pesante! Alla terra, ad una roccia!” Tentò di dire, con una certa titubanza.
“Quando scendo di qui te la tiro io una roccia! Non sei d’aiuto!” Impallidì quando il suo viso si avvicinò pericolosamente ad uno scoglio, ma fortunatamente fu subito sbalzato indietro dai venti. Poi tutt’ad un tratto sentì di nuovo essere risucchiato dal vuoto. Evidentemente il consiglio di Jason aveva aiutato, cosa che invece Nico non si sarebbe mai aspettata.
Finì rovinosamente in acqua. Per fortuna la caduta era durata poco e non c’erano rocce acuminate ad attenderlo alla fine del tuffo. Riemerse dopo qualche secondo, ansimante e completamente zuppo, con un’alga sulla testa come ciliegina sulla torta.
“Tutto ok?” Gli urlò Jason dall’altro, usando le mani come megafono per farsi sentire meglio.
Nico si tolse l’alga dalla testa e lo guardò, al limite dell’esasperazione. Non aveva neanche le forze di rispondergli, voleva solo andare lì e strangolarlo… Ah no, non poteva farlo, trovandosi nel suo corpo.
Iniziò a nuotare verso riva con una certa difficoltà, pur rimanendo a galla.
“Posso consolarmi sapendo che peggio di così non può andare.” Mormorò, deciso a vedere la situazione da un punto di vista forzatamente ottimistico. Poi però vide in lontananza un temporale avvicinarsi, con delle grandi nuvole di un grigio scuro e denso, il tutto accompagnato da un tuono.
“Grazie mille, Zeus.” Bofonchiò e come risposta ricevette un altro tuono.
Sempre molto eloquenti, gli dèi greci.
 
 
E fu così che si concluse quella giornata piovosa al Campo Mezzosangue, dopo aver affrontato mille peripezie, ostacoli e pericoli di ciascun tipo, dopo aver lottato per la propria incolumità e, soprattutto, per difendere il proprio segreto. Le nuvole andavano sempre più lontano, svanivano all’orizzonte e lasciavano spazio al calore del crepuscolo, che con i suoi raggi regalava un caldo abbraccio alle morbide colline del Campo.
Alla notizia del ritorno di Chirone, Jason e Nico tirarono un sospiro di sollievo, dal momento che dentro di loro era rimasto ancora un briciolo di speranza per la loro salvezza. Così si precipitarono immediatamente alla Casa Grande e di certo non erano in condizioni presentabili: passato quel pomeriggio d’inferno, i due erano completamente sporchi di fango, bagnati dalla testa ai piedi e stanchi, molto stanchi. Sembrava quasi che avessero appena finito di lottare con dei Titani.
Chirone rimase a guardarli, confuso. Indossava ancora la maglietta del Party Pony e una coroncina di fiori sulla testa. “Cosa avete fatto voi due?”
Era la domanda che si stavano ponendo tutti in quel momento. Dopo aver scampato una brutta caduta in mare, Nico non era stato in grado di controllare i poteri di Jason e diverse volte si era ritrovato in aria, finendo in mezzo a laghetti, sopra gli alberi, dentro pozzanghere di fango. Una volta iniziato il temporale, non sapeva spiegarsi come, ma era riuscito persino ad attrarre a sé la maggior parte dei fulmini, così buona parte del tempo l’aveva impiegata a schivarli – non sapeva che in realtà non avevano molto effetto su di lui.
Dal suo canto Jason era costretto a tenerlo costantemente d’occhio, molto spesso rischiando di metterci la pelle. Senza contare che anche lui aveva vissuto una brutta esperienza con i poteri di Nico: difatti si era ritrovato spesso di fronte a fantasmi, scheletri parlanti e all’enorme segugio infernale, Mrs. O’Leary. La bestia, capendo subito di non trovarsi di fronte a Nico, aveva tentato di attaccarlo.
Insomma, non era stato un pomeriggio rose e fiori.
“Ehm… troppo lungo da spiegare.” Jason si grattò la nuca, visibilmente a disagio.
Si affrettarono a raccontare a Chirone che si erano risvegliati l’uno nel corpo dell’altro e che non riuscivano a spiegarsi il motivo. Questo lasciò visibilmente sbigottito il centauro, che in un primo momento non seppe darsi una spiegazione. Insomma, non era mai accaduta una cosa del genere al Campo, da quel che ricordava. Cominciò a camminare intorno al tavolo, riflettendo sulla causa e sulla possibile soluzione al problema.
“Avete fatto arrabbiare gli dei, per caso?” Domandò, ricevendo tuttavia risposta negativa. In fondo avevano sempre compiuto delle bravate che avevano infastidito diverse divinità, ma non avevano mai ricevuto una punizione del genere.
Ad un tratto però un angolo della stanza si illuminò, al punto che i presenti dovettero coprirsi gli occhi da quella luce abbagliante. Afrodite amava gli ingressi trionfali come quelli. La sua bellezza doveva accecare tutti, letteralmente.
Posò delicatamente i suoi tacchi sul pavimento di legno e rimase a guardarli, scostandosi da davanti il viso un boccolo di capelli color grano. Era bellissima come sempre, ma sul suo volto era dipinto un sorriso di pura malizia, che tentò di nascondere ai loro occhi con il ventaglio.
“Oh, salve… Miei piccoli semidei.” Disse con voce morbida, avvicinandosi a loro. Chirone fece un piccolo inchino per accoglierla, riverente di fronte alla divinità. Non fu imitato da Jason e Nico, visto che erano fin troppo confusi dalla comparsa imprevista della dea.
“Scusate, miei cari… Il mio era stato solo un semplice scherzetto.” Disse, fingendosi mortificata. “Ma potrà consolarvi il fatto che mi avete reso il pomeriggio meno noioso.” Ridacchiò con fare civettuolo.
Nico rimase allibito di fronte a quelle parole. Quindi era stata lei a macchinare tutto? Era stata lei a rovinare la sua giornata e a mettere a rischio di continuo la sua vita? E tutto questo solo per del divertimento personale. Si sentì ribollire di rabbia, tanto che il suo volto diventò scarlatto. Più giorni passavano, più odiava il mondo dei semidei.
“Tu--!” Fu prontamente bloccato da Jason, anche se ebbe qualche difficoltà nel corpo di Nico.
Decise di intervenire Chirone al riguardo, anche lui piuttosto scosso dalla notizia. “Quindi… Lei sta dicendo che ha creato tutto questo caos solo per del divertimento personale?”
La dea non fece una piega, anzi strinse le spalle con fare noncurante. “Beh, sì! Anche voi umani lo fate, no? Per esempio i miei dolci figlioli spesso fanno degli scherzi telefonici molto simpatici.” E’ sempre stata orgogliosa dei suoi bambini.
Nico stava per ribattere, quando improvvisamente si sentì mancare nel momento esatto in cui la dea scoccò le dita. Fu costretto ad appoggiarsi al muro per non cadere a terra. Si stava sentendo male? Al pensiero entrò nel panico, ma dopo un breve giramento di testa sembrò tornare tutto alla normalità. Letteralmente.
In un primo istante non se ne rese conto, ma non appena vide Jason o, meglio, il corpo di Jason a fianco a sé, si trattene da lanciare un grido di gioia. Finalmente era finito tutto, non doveva più aver a che fare con la fidanzatina rompiscatole, con fulmini, con nulla che riguardasse Jason. Ed era la sensazione più bella che avesse mai provato in questi ultimi tempi.
Afrodite, vedendo i due giovani sorridenti e sollevati, decise che fosse meglio battere in ritirata, prima che quella gioia si trasformasse in furia. “Bene! Ora ho degli impegni urgenti all’Olimpo. E tu, Jason, tratta bene la mia amata figliola!” Li salutò con un cenno della mano e i due fecero appena in tempo a coprirsi gli occhi prima che lei sparisse nel nulla.
Ci fu un momento di silenzio in seguito alla scomparsa della dea, ma qualche istante dopo fu sostituito dalle urla di gioia dei sue semidei.
“Oh, grazie agli dei!” Esclamò Jason, mettendo le mani fra i capelli finalmente suoi.
“No, non ringraziarli, è colpa loro se siamo finiti in questa situazione.” Borbottò Nico. Era visibilmente provato, difatti dovette sedersi su una sedia per poter riprendere le forze. Nel corpo di Jason era decisamente più resistente…
Chirone, che fino a quel momento era rimasto a guardarli in silenzio, si lasciò sfuggire una risatina. “Beh, magari è stata una fortuna, la vostra! Avete avuto occasione di conoscervi meglio. Dovete fare tesoro di questa esperienza.”
Nico alzò un sopracciglio, visibilmente scettico. In realtà lui non vedeva l’ora di dimenticarsi tutto, ma in fondo sapeva di concordare con Chirone. Spesso si vergognava ad ammetterlo, ma gli piaceva trovarsi in compagnia di Jason, dal momento che sembrava essere l’unico a trattarlo come se fosse stato un semidio come tutti gli altri. Nascose un piccolo sorriso, pensando che forse da quel momento il suo rapporto con Jason sarebbe stato un po’ più solido di prima.
“Concordo, Chirone! Infatti non pensavo che Nico potesse avere un culetto così spettacolare! E senza pantaloni e mutande è ancora meglio!” Esclamò Jason, facendogli l’occhiolino.
Il figlio di Ade si pietrificò e decise di rimangiarsi tutto quello che aveva pensato su di lui. Arrivò alla conclusione che era giunto il momento di strangolarlo. “Tu… hai fatto cosa?” Sibilò, avvicinandosi pericolosamente a lui. Aveva decisamente un aspetto inquietante, se non fosse stato per le guance rossissime per l’imbarazzo.
“Ecco… Mi sono ricordato di un impegno…” Mormorò Jason, rabbrividendo. Ok, dire quella cosa di fronte a Nico era stata decisamente una pessima idea.
“Bravo, comincia a scappare.”
E la giornata si concluse nel migliore dei modi, con un Jason spaventato che scappava via verso il crepuscolo, inseguito da un Nico nero di rabbia.

      Ma in fondo, sapevano che non si sarebbero mai stancati l’uno dell’altro.
 

N.A: .... Ehm, sì insomma... eccola qui. E' super random e super scema come vi avevo già detto nel capitolo precedente, ma qui sono arrivata davvero ai limiti dell'assurdo. Comunque! Ormai l'ho scritta e mi dispiaceva non pubblicarla. Mi sono divertita troppo a scrivere la parte di Leo, perché ammettiamolo, tutte noi, fan di questa coppia, avremmo fatto lo stesso al posto suo lol *getta rose sui gay(?)*.
Non aggiungo altro, se non un ringraziamento a tutti quelli che l'hanno letta e recensita e messa fra le seguite! Mi ha fatto davvero piacere che l'abbiate apprezzata <3
Ci si vede alla prossima Jasico demente! (e forse lemon....) ~
Koh~

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3232834