La mia casa è dove sei tu

di Dram66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Attraversò il corridoio. Aveva messo a letto Bra e passando davanti alla camera di Trunks  vide che c’era la luce accesa ed era ancora alzato a studiare. Entrò nella loro camera da letto. Bulma era stesa sul letto, con addosso solo una maglietta, di quelle larghe, sfibrate, col logo della Capsule Corporation. Era sdraiata sul fianco, con un braccio sotto il cuscino: era profondamente addormentata. Lavorava duramente, alzandosi all’alba e passando tutto il giorno in laboratorio e in azienda, tra riunioni e brevetti di nuovi macchinari. Probabilmente era rientrata dopo cena, avendo solo bevuto caffè nel corso di tutta la giornata, e mentre lui metteva a letto la bambina e finiva i suoi allenamenti, si faceva una doccia e,distrutta, si lasciava cadere sul letto, addormentandosi poco dopo.
Vegeta la guardò. La trovò bellissima. Si domandò come avesse fatto ad attraversare le mille galassie dell’universo, visitare milioni di pianeti, entrare in contatto con centinaia di popolazioni aliene, affrontare numerosi nemici compiendo innumerevoli atrocità e malvagità, per poi trovare lei, lì su quel pianeta minuscolo e acquoso, che lo amava con tutta sé stessa, senza mai aver posto domande o divieti. Era perfetta per lui, sarebbe stata perfetta per qualsiasi uomo. Era perfetta.
Si stese anche lui sul letto e la abbracciò da dietro, stringendola tra le sue braccia. Sentiva il suo respiro, il petto che piano si sollevava e piano scendeva, la sua schiena contro il suo petto duro e muscoloso. Affondò il naso tra i suoi capelli e chiuse gli occhi. Pensò che alla fine era proprio lì dove voleva stare, con lei, i loro fogli, la loro casa. Pensò che era quella la vita per lui. Pensò che l’avrebbe amata per sempre. In qualsiasi luogo dell’universo e del tempo. In qualsiasi dimensione.
 
Si svegliò e aprì un poco gli occhi. C’era troppa luce nella stanza, forse Bulma aveva tirato le tende facendo entrare i raggi del sole. Allungò un braccio dall’altra parte del letto e la trovò vuota: sua moglie doveva già essersi alzata e a giudicare dalla freddezza della lenzuola era accaduto da un pezzo.
Alla fine li aprì del tutto. Li spalancò,spaventato, e si guardò attorno, confuso e col fiatone. Quella non era camera sua. Si trovava in un ambiente molto più ampio e sontuoso: drappi erano appesi alle pareti, il letto, molto basso, rasoterra, era avvolto da lenzuola nere, decisamente diverse da quelle bianche a fiorellini che aveva scelto Bulma. Si alzò, concitante, ansante e confuso, iniziò a correre per la camera.
“Bulma!Bulma!”. Era da solo. Vide una finestra che affacciava su un balcone e uscì. Di fronte a lui si stendeva una landa rossa e desolata, un deserto con solo qualche pianta,poca vegetazione, al di sotto della terrazza, poi il nulla. “Bulma! Bulma!” continuava a urlare ma non rispondeva nessuno. Cadde in ginocchio con viso tra le mani, la testa gli stava esplodendo, non capiva più nulla. Dove si trovava? Dove era Bulma? E i ragazzi, che ne era dei ragazzi? Gli mancava il respiro e gli bruciavano gli occhi. Non era più a casa sua, non era più con sua moglie e non sapeva dove si trovasse. “Bulma.. Bulma..”
 
Non sapeva che lontano da lì, mille galassie più lontano, su un pianeta piccolo e acquoso, una ragazza si era appena svegliata e aveva aperto gli occhi un po’ confusa e con una strana sensazione nel petto. Si era guardata per un attimo attorno e poi aveva sorriso e si era voltata ad abbracciare il marito, un uomo altroe coi capelli scuri ed una vistosa cicatrice sul viso.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Questo potrei dire che è un capitolo esplicativo, forse a livello narrativo e di ‘azione’ non accade nulla ma introduce e spiega il mondo in cui si trova Vegeta. Più avanti si entrerà nel fitto della trama.
Enjoy! J
 
 
Era rimasto seduto per terra, con la schiena appoggiata al letto, per almeno un’ora. Continuava a pensare a e ripensare, ripercorreva ogni istante della sera prima per cercare di capire cosa fosse accaduto, perché si era svegliato in un luogo che non conosceva, da solo e senza la sua famiglia.
Un rumore lo destò dai suoi pensieri. Una porta dall’altra parte dell’enorme stanza si era aperta e Vegeta non poté credere ai suoi occhi quando vide l’individuo che era appena entrato. Alto, muscoloso, massiccio e con una folta capigliatura nera, indossava un’armatura bianca che copriva il petto, guanti e stivali dello stesso colore e sotto una tuta blu. Dietro di lui una coda lunga si muoveva pigramente nell’aria. Era un sayan. Solo in quel momento,tremante, portò la mano dietro la schiena,verso il fondo e toccò una lunga e sottile appendice pelosa e nervosa: aveva la coda. La testa stava per scoppiargli.
“Altezza, vostro padre il Re richiede la vostra presenza nella sala del Consiglio.”
Non parlava la lingua terrestre, parlava in una lingua che Vegeta conosceva e mai avrebbe pensato di poter udire o parlare ancora, la lingua sayan.
Vegeta lo guardava come si osserva il demonio. Avrebbe voluto urlare ma non un fiato gli uscì. Continuava a fissarlo e l’uomo, un attendente, iniziò a sentirsi imbarazzato e indeciso sul da farsi. Erano risaputi il mutismo e la laconicità del Principe, ma mai lo aveva trovato così imbambolato e inebetito.
“Altezza..vi sentite bene?”
Finalmente Vegeta riuscì a parlare e rispose nella sua lingua. “Dove mi trovo?”
L’attendente si trattenne dal ridere, certo che quelli della Prima Classe erano proprio strani!
“Mio signore..state male forse?..Vi trovate nei vostri appartamenti..”
“I miei..appartamenti?” Vegeta si guardò intorno: solo ora notava che quella dove si trovava era soltanto una delle stanze dell’enorme ambiente. “Su..su quale pianeta mi trovo?”
Ora l’attendente aveva timore di potergli davvero scoppiare a ridere in faccia, e sarebbe stato grave, visto che era noto il poco senso dell’umorismo del Principe.
“Altezza, probabilmente siete stanco per via delle numerose fatiche dell’ultimo periodo. Vi trovate a casa, sul vostro pianeta, su Vegeta.”
Sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Su Vegeta? Vegeta non esisteva più da decenni ormai, Freezer lo aveva spazzato via insieme a tutti i suoi abitanti.
“E lord Freezer? Dov’è lord Freezer?”
“Altezza..” l’attendente lo guardò perplesso “non so di cosa stiate parlando. Non esiste alcun lord..Freezer, avete detto? Nessun lord con questo nome che io conosca, mio signore.”
Freezer non era mai esistito. Il tiranno che aveva distrutto il suo pianeta e il suo popolo,che lo aveva ridotto al rango di mercenario, non era mai esistito. Era sul suo pianeta e nessuno lo aveva reso servo e costretto a vagare per l’universo a caccia di pianeti e schiavi. Non era stato mandato sulla Terra. La Terra.. Bulma..
“E la Terra? Kaharot si trova lì?”
Il sayan lo guardò ancora dubbioso. “Non ha mai sentito un pianeta con questo nome, sono sicuro che non è nei nostri domini. E..Kaharot..è forse uno dei vostri soldati?”
Niente Freezer,niente Goku, niente Terra: tutto era come se Vegeta non fosse mai stato colonizzato dal tiranno e i bambini della Terza Classe, alla quale apparteneva Kaharot, non venissero spediti su pianeti lontani. Era tutto molto diverso da come se lo ricordava.
“Altezza, mio signore, come vi ho detto vostro padre vi aspetta..”
“Sì..sì.. ho capito, mi sistemo e arrivo.”
L’attendente girò sui tacchi e fece per uscire, ad aspettarlo fuori dagli appartamenti.
“Ah..tu..qual è il tuo nome?”
“Zukko, mio signore.. sono vostro attendente da due Grandi Lune..” rispose il sayan,un po’ deluso.
Due Grandi Lune, significava da due anni.
Con gesti da automa prese una tuta nera appoggiata su quello che sembrava un divanetto e si vestì velocemente, indossò gli stivali bianchi e rimase indeciso sul lungo mantello bianco che stava appeso al muro, sinceramente non riusciva a ricordare se suo padre indossasse il mantello in tutte le occasioni, ma alla fine lasciò perdere e uscì dalla porta. Zukko lo condusse per lunghi corridoi e gli fece fare numerose scale per poi aprire un pesante portone fuori dal quale stavano due guardie.
“Maestà, il Principe è qui.” Seduto in fondo ad un lungo tavolo c’era suo padre. Era più vecchio di come se lo ricordava, la barba aveva cominciato ad ingrigirsi e qualche ruga solcava il suo volto. Si alzò dal suo posto e sorridendo camminò incontro al figlio, spalancando le braccia.
“Figlio mio! Sono tornato adesso Coruscant, ora è nostro!” Dalla tavola si alzarono dei mormorii di soddisfazione. “Siediti, dobbiamo chiarire il punto della situazione e mettere a fuoco le nostre ultime conquiste e pianificarne di nuove.”
Vegeta si sedette al tavolo,alla destra di suo padre e osservò gli altri uomini, quattro guerrieri sayan, e notò con un certo stupore che uno di loro era Nappa. Non ricordava che fosse una Prima Classe.
“Nell’ultima Luna abbiamo conquistato Nevenior, le sette lune di Mabesh e Coruscant” disse l’uomo seduto alla sinistra di suo padre “Dal primo abbiamo tratto un gran numero di schiavi che possiamo rivendere alla galassia dei Mercanti, oppure utilizzare per i lavori alle miniere di Coruscant, lì gli abitanti erano troppo deboli, sono stati eliminati. Dalle lune di Mabesh ricaveremo roccia-sale per il carburante delle navicelle.”
“Bene Cavage, molto bene” asserì soddisfatto il Re.
“Gli alchimisti dicono che entro la prossima Luna saranno pronti altri due tipi di navicelle, più veloci e grandi” disse un guerriero con la barba grigia seduto in fondo al tavolo.
Vegeta rimase sorpreso da quanto aveva detto: chi erano gli alchimisti? Non ricordava niente del genere nella sua infanzia.
“Ottimo, ottimo” il Re continuava a scuotere il capo soddisfatto, poi volse la testa verso Vegeta. “E inoltre tra nove Lune sarà il tuo momento per ottenere un erede”. A quel termine Vegeta rivide il volto di suo figlio Trunks, lo sguardo duro e fiero col suo stesso piglio e i modi gentili.
“Un erede?”
“Certo,lo avevamo concordato da tempo, ormai hai l’età giusta e tra qualche Grande Luna probabilmente mi sostituirai al trono, dovrai già avere un erede che sia in grado di stare sulle zampe per allora”
Vegeta abbassò lo sguardo,non sapendo come reagire.
“E’ la nostra tradizione: io ho avuto la mia Regina e tu avrai la tua.”
Vegeta sapeva  della loro tradizione:al Re, o al Principe, veniva assegnata la vergine di più alto lignaggio e di sangue più puro, con la quale avrebbe concepito l’erede primogenito, questo bastava alla ragazza per darle il titolo di Regina, un accoppiamento freddo e distaccato con l’unico scopo di ottenere un figlio. Le sayan erano estremamente fertili ed un solo accoppiamento bastava a generare un figlio. Dopodichè la Regina incontrava il ‘marito’ solo nelle occasioni ufficiali e di prestigio, ma tenendosi sempre a distanza e mai avvicinandosi o parlandosi: questa era la tradizione delle vergini di alto lignaggio, dal momento che le poche,pochissime guerriere sayan erano sterili e non procreavano durante la loro vita, dedicandosi solo al combattimento. Tutte queste cose Vegeta le aveva apprese dal suo mentore nella sua infanzia, dal momento che Freezer aveva già smantellato il regno di suo padre e sciolto completamente i riti e le tradizioni sayan.
“Se non c’è altro..”
“Maestà” lo interruppe Nappa “mio signore, le riserve idriche stanno quasi terminando, il pianeta Ice ormai è prosciugato e tra qualche Luna potremmo avere problemi..”
Ice, il pianeta di Freezer, era stato conquistato dai sayan?
“Ordinate agli alchimisti di iniziare la ricerca di una nuova fonte idrica, ditegli di cercare oltre le Galassie della Nebbia, quella zona inesplorata dovrebbe avere molte risorse.”
A quel punto a riunione si sciolse, Vegeta si alzò e uscì dalla stanza, spaesato.
“Altezza, i vostri allenamenti..”
“Parlami degli alchimisti.”
“Mio signore?” Zukko ora lo guardava preoccupato. Era al servizio del Principe Vegeta da due Grandi Lune e mai si era rivolto direttamente a lui o gli aveva posto domande.
“Sì, sì.. chi..cosa fanno gli alchimisti?”
“Gli alchimisti..bè..lo sapete, loro scoprono le cose. O le inventano. Le navicelle, le battle suits, le medicine, scoprono le rotte per nuovi pianeti..”
“Sono scienziati?”
Zukko rifletté per un istante “Non conosco questa parola, mio signore. Ma senza di loro, le nostre conquiste nello spazio non sarebbero state possibili. Ringraziamo ogni giorno il dio Khal che il vostro antenato, Vegeta il Saggio, sia stato abbastanza lungimirante da capire che non bisognava eliminare i cuccioli deboli, ma istruirli per costruire una nostra tecnologia.”
Vegeta capì che quello era stato il discrimine, che era lì, con quel suo antenato di cui ignorava l’esistenza, che erano cambiate le cose: i bambini troppe deboli per diventare guerrieri e inadatti al combattimento non venivano eliminati, ma istruiti, diventavano scienziati e permettevano ai guerrieri di diventare più forti e di lanciarsi nello spazio aperto alla conquista di nuovi pianeti, così Ice era stato colonizzato, forse molto prima dell’esistenza di Freezer e di suo padre Cold.
Vegeta si avviò velocemente verso quelli che erano i suoi appartamenti.
“Altezza, i vostri allenamenti!”
Non gli rispose nemmeno e corse via.
Rientrò nella sua stanza e si sedette sul letto. Doveva essere tutto un sogno, ormai ne era certo. Era tutto frutto della sua fantasia e della sua immaginazione,era un sogno ne era sicuro. Doveva stare tranquillo e non agitarsi, perché adesso avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe ritrovato nella sua camera da letto, con la voce stridula e acuta di Bulma che lo rimproverava perché si era svegliato tardi ed era toccato a lei fare tutto, oppure si sarebbe svegliato con la vocina di sua figlia che gli chiedeva se poteva aprirle il cartone del succo di frutta, che lei era piccola e non ci riusciva. Sì, sì, ora si sarebbe svegliato e tutta quella follia sarebbe scomparsa, era tutto un sogno e non doveva preoccuparsi. Lentamente chiuse gli occhi e scivolò in un sonno profondo.
 
Quando si svegliò era di nuovo nella stessa stanza:stessi drappi, stesse lenzuola, stesso letto e stessi appartamenti. Era ancora su Vegeta. Una morsa gli strinse il cuore. Era in trappola.
           
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Forse ho un po’ divagato in questo capitolo, ma mi piace arricchire la narrazione. Probabilmente non aggiornerò per qualche giorno(causa esami) anche perché per il prossimo capitolo mi servirà un po’ di tempo visto che sarà..importante!!
Enjoy!
 
 
Le giornate passavano lente. Trascorreva il suo tempo tra continui allenamenti, riunioni del Consiglio e qualche spedizione su pianeti facilmente conquistabili. Viveva come avvolto da una nebbia e si muoveva e girava come un automa. Andava a dormire la notte con la speranza di svegliarsi di nuovo a casa sua e apriva gli occhi la mattina con la delusione di essere ancora su quel pianeta. Non osò mai dire chi fosse veramente, né che lui non era il Principe che loro si aspettavano fosse, lo avrebbero preso per pazzo e forse anche si sarebbero sbarazzati di lui, poiché da come poteva ricordare, i sayan non andavano tanto per il sottile. Non provò mai nemmeno a scappare,anche se il pensiero lo ossessionava ogni giorno, perché le coordinate del pianeta erano diverse da quelle che ricordava e attorno non c’erano punti di riferimento che conoscesse. Si era chiuso in un mutismo strano addirittura per lui, scambiava qualche parola solo col suo attendente Zukko e da lui aveva appreso molto su quella sua nuova civiltà e sul proprio passato. Aveva appreso che era l’unico erede, che una volta che il primogenito era sopravvissuto nelle prime cinque Grandi Lune di età non c’era bisogno che il Re cercasse un altro figlio; aveva appreso che sua madre, la Regina Zaffhera, era ancora viva ma lui la vedeva solo nelle occasioni ufficiali, dopo aver trascorso i primi anni d’infanzia con lei nel suo gineceo. Aveva trascorso la sua adolescenza sul pianeta Apharios, una colonia sayan con una gravità molto più elevata rispetto a Vegeta, ideale per la formazione marziale dei guerrieri, ed era stato istruito lì dal suo mentore Oonis, un vecchio alchimista sayan, sulla storia del suo popolo, sulle stelle e sulla capacità di far funzionare le macchine.
Adesso, raggiunte le trenta Grandi Lune di età, era pronto per avere un erede. Al solo pensiero tremava di rabbia. Era in un luogo dove era giunto contro il suo volere, era al posto di un altro, in un’altra dimensione, e si domandava se questo principe Vegeta ora fosse al posto suo, in casa, accanto a sua moglie, coi suoi figli. O forse aveva distrutto tutto, aveva devastato il pianeta Terra perché non capiva dove si trovasse, e non riusciva ad apprezzare la dolcezza di Bra, l’acume di Trunks e l’infinito amore di Bulma. Mille pensieri e più di questo tipo lo assillavano nelle settimane che trascorse su Vegeta.
A sei settimane da che si era svegliato lì, ricorse la festa per ricordare la salita al trono di suo padre, sessanta Grandi Lune prima. I festeggiamenti in realtà consistevano solo una competizione di lotta tra i guerrieri più capaci di tutte e tre le Classi: era l’unico giorno che non vedeva distinzioni di rango tra i sayan. Il Re, il Principe, i loro dignitari,il sommo Alchimista e anche la Regina con alcune componenti più nobili del suo gineceo assistevano alla lotta dagli spalti dell’Arena del Re. Era una lotta all’antica, come si lottava ai tempi di Vegeta il Primo: niente sfere di energia, niente volo, niente armature, solo pugni,schiaffi,calci.
Vegeta era seduto sul palco d’onore, accanto a suo padre, mentre dalla parte opposta dell’arena stava seduta sua madre, Zaffhera. Non l’aveva mai vista nella sua infanzia, doveva essere morta quando lui era poco più che neonato. Era una bellissima donna, con lunghi capelli neri intrecciati da conchiglie e campanelli, avvolta da un peplo verde che le lasciava scoperte le braccia. Era una donna ancora giovane, doveva essere poco più che una ragazzina quando lo aveva dato alla luce. Si chiese come sarebbe stato parlarle, si chiese se l’avesse mai amato, e pensava all’amore totale che Bulma provava nei confronti di Trunks e Bra. La cultura sayan era diversa e non prevedeva cose come l’affetto.
Si erano già susseguiti numerosi combattimenti quando nell’arena entrò una figura che Vegeta faticò a riconoscere, e solo quando si posizionò sotto il palco d’onore per il saluto al Re capì di chi si trattasse: era Goku. Vegeta si sporse leggermente dalla sua seduta e chiamò a sé Zukko, che accorse dal Principe.
“E’ Kaharot, il figlio più giovane di Bardak il Ribelle” rispose Zukko alla domanda su chi fosse quel combattente.
“Bardak il Ribelle? Che significa?”
Zukko ormai si era abituato a rispondere alle domande ovvie poste dal Principe nell’ultimo periodo. “Accadde quando vi trovavate su Apharios, durante la vostra istruzione. Bardak era un guerriero di Terza Classe, riunì i malumori che serpeggiavano tra i suoi compagni e fomentò una rivolta. Durò qualche settimana e riuscirono perfino ad entrare a palazzo, tramite alcuni passaggi segreti, e tuttora non si sa come abbiano fatto ad entrare da lì, quasi nessuno sa dove si trovino questi passaggi. Alla fine la rivolta fu sedata e Bardak il Ribelle fu giustiziato da vostro padre.”
“Perché la Terza Classe si ribellò?”
Zukko sembrò in difficoltà a rispondere,era una Seconda Classe e sebbene vivesse a contatto con persone di rango più elevato, si sentiva molto più vicino ai suoi fratelli di classe inferiore.
“Parla, sii sincero Zukko”
“La Terza Classe è sempre stata utilizzata come avanguardia, carne da macello per missioni suicide, poca o nulla ricompensa e compiti massacranti. I guerrieri erano stanchi e Bardak capeggiò questa rivolta. Era sempre stato diverso Bardak, più pensieroso, più magnanimo e controcorrente: pensate altezza che volle portare con sé nel suo alloggio la madre dei suoi due figli, viveva con lei, assolutamente al contrario di ciò che vuole la tradizione!.. Ad ogni modo tutto si placò quando morì e Radish e Kaharot, i suoi figli, sono ottimi soldati, disciplinati e leali, nessuna pena per loro, come prevede la nostra legge: le colpe dei padri non ricadono sui figli.”
Vegeta osservava il combattimento. L’avversario non era molto capace e Kaharot non ebbe difficoltà a metterlo al tappeto. Non era potente come il Kaharot che conosceva Vegeta, ma comunque molto forte.
Dopo aver liberato il campo dallo sconfitto, altri due combattenti entrarono nell’arena. Alla vista di uno dei due avversari dalla folla si sollevarono un gran vociare e risa scomposte: era una ragazzina, minuta e dalla muscolatura compatta e nervosa, con capelli corti e nerissimi.
“Solo una femmina nel torneo di questa Grande Luna! Distruggila Salod!!!” urlò Nappa, seduto qualche posto più in là di Vegeta.
Le cose però non andarono come Nappa sperava e la ragazzina con pochi colpi mise al tappeto il guerriero Salod. Dalla folla si levarono grida di gioia e stupore, e persino il Re si alzò dalla sua seduta e con aria divertita si sporse dalla balaustra.
“Come ti chiami guerriera?”urlò.
“Rapaney, maestà” si inchinò la ragazzina.
“Bene Rapaney, ti farò un dono per questa tua impresa, hai sconfitto un guerriero molto potente e più grosso di te, chiedimi qualsiasi cosa e cercherò di soddisfare la tua richiesta.”
Sul viso della ragazzina comparve un ghigno compiaciuto. “Vorrei far parte del vostro esercito scelto, maestà”. I dignitari e molti dei soldati scoppiarono a ridere, una femmina nell’esercito scelto del Re, che follia!
“Non posso soddisfarti in questo, guerriera, il mio esercito è già formato e lo è da parecchie Grandi Lune ormai.” Il Re dubitò un attimo pensieroso. “Potrai far parte di quello del Principe mio figlio, se vorrai. Il suo esercito scelto non è ancora del tutto formato, del resto non lo sarà finche non sarà re.”
“Sarà un onore per me servire il Principe, maestà”
Vegeta guardò suo padre ed acconsentì col capo, poi guardò la ragazzina: nonostante l’aspetto era molto forte e dal momento che non si occupava di queste cose, non gli importava di chi facesse parte del suo esercito scelto, per la sua testa vagavano ben altri pensieri.
L’unica cosa che poteva fare era conservare dentro di sé il ricordo di Bulma e dei loro figli e sperare con tutto sé stesso che stessero bene e non lo avessero dimenticato. Prima o poi avrebbe trovato il modo di tornare a casa.
 
Era sera e stava appoggiato alla balaustra del grande terrazzo che dava sulla Pianura Rossa che si estendeva per quasi tutto il pianeta. La luna, la dea Maek, era quasi piena: era diversa dalla luna della Terra, più grande e molto più chiara, bianca. Ricordò che spesso Bulma insisteva affinchè andassero sul tetto della Capsule per osservare la luna piena; lui la definiva come una sciocca romanticheria terrestre, ma alla fine acconsentiva sempre, anche solo per poterla vedere sorridere, e per poter vedere la luna specchiarsi e riflettere nei suoi occhi azzurri e dolci. Gli mancava da morire. Facendo i conti,tra pochi giorni sarebbe stato il suo compleanno. Gli mancava, gli mancava.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ecco un nuovo capitolo. Pian piano ci addentriamo nel pieno della trama.. Abbiate pazienza! ;)
Enjoy!
 
 
Era appena tornato da Parvenial,un pianeta conquistato da poco. Era stato lì per dirigere i lavori di smistamento degli abitanti assoggettati, suo padre preferiva mandarlo di persona per cose del genere, in modo da renderlo più responsabile sui suoi futuri compiti  e doveri da Re.
Si era sistemato nei suoi appartamenti, facendo un lungo bagno e cercando di rilassarsi. Aveva posto a guardia fuori dalle sue porte, oltre a Zukko,la giovane Rapaney, con l’ordine di non fare entrare nessuno per nessun motivo; solo Zukko avrebbe potuto entrare, ma esclusivamente per ragioni importanti o gravi: non voleva essere disturbato da nessuno,aveva bisogno di pensare.
Erano tre mesi ormai che si trovava lì ed erano tre mesi che si scervellava a capire quale fosse il motivo per cui si fosse svegliato in quel posto. Ripensava all’ultimo giorno passato a casa sua.
Si era alzato presto, alle cinque, dopo aver dato un bacio sulla spalla a Bulma, che ancora dormiva: lei si sarebbe svegliata un’ora più tardi e dopo poco sarebbe corsa in ufficio, dopo una doccia veloce e dopo averlo brevemente incontrato in cucina.
“Tornerò tardi, oggi mi aspetta una giornata infernale.”
“Come al solito” sorrise un poco lui.
“Mi dispiace” sorrise di rimando lei “C’è l’ultima acquisizione aziendale settimana prossima, poi sarò libera come l’aria” si sporse per dargli un bacio, sulla guancia, breve, appena sfiorato, accennato, come un’abitudine. Era l’ultimo bacio che lei gli avesse dato.
Vegeta era profondamente cambiato nel corso degli anni: non venerava più smodatamente la solitudine, idolatrando sé stesso e i suoi bisogni, al primo posto lui e poi di nuovo lui. Ora non più, pensava a Bulma,la amava, gli dispiaceva vederla lavorare così tanto ed arrivare a casa la sera stremata, senza nemmeno poter passare un po’ di tempo coi suoi figli, una cosa alla quale lei teneva molto, e lui lo sapeva. Si preoccupava per Trunks ormai adolescente, per i suoi voti a scuola e per le compagnie che frequentava. E si preoccupava per Bra, la sua piccola e dolce Bra, un po’ strana e dal carattere particolare, introversa, come lui.
Seduto sul letto, ripensava alla sua vita, a quella vera,quella di prima che ormai poteva rivivere solo in sogno o nei suoi pensieri, stava quasi perdendo la speranza di poterla riavere.
Zukko entrò nella stanza: “Altezza, suo padre vi attende alla riunione del Consiglio.”
Alla tavola c’erano tutti,tranne suo padre, che entrò pochi istanti dopo scortato da un guerriero enorme e con una lunga barba, Egplo, la sua guardia personale.
“Possiamo iniziare. Nappa, come procede l’estrazione di roccia-sale sulle lune di Nabesh?”
“In maniera eccellente, maestà. A breve arriveranno nuovi rifornimenti qui su Vegeta e gli alchimisti saranno pronti a brevettare i nuovi prototipi di navicelle con questa roccia-sale.”
“Perfetto. Cavage, cosa mi dici del nuovo pianeta conquistato aldilà della galassia della Nebbia, ne trarremo sufficienti risorse idriche?”
“Maestà, è un pianeta praticamente interamente d’acqua, dalle scorte quasi inesauribili, poiché tendono a rigenerarsi periodicamente. La maggior parte dell’acqua è salata e bisognerà renderla  potabile, ma non sarà un problema. La popolazione era assai numerosa, gli abitanti lo chiamano pianeta Terra”.
Fu come se si fosse svegliato dopo un lungo sonno, la nebbia si dissolse. Come quando Bulma gli schioccava le dita vicino all’orecchio dopo che si era addormentato sul divano, un colpo che lo fece svegliare ad un tratto e all’improvviso vide una grande casa bianca…
“Abbiamo già provveduto per quanto riguarda la popolazione..”
..un giardino, pieno di piante e di gatti..
“..c’è stata un po’ di resistenza, qualche abitante di forza mediocre si è opposto, ma è stato annientato..”
..una biciclettina rosa con le rotelline appoggiata fuori dalla porta di servizio e una motocicletta grigia e nera..
“..la maggior parte della popolazione, quella inutile e improduttiva, è stata eliminata, il restante è stato trasferito qui, sia quelli con un discreto livello di forza che quelli..”
..una donna con un costume da bagno rosso stesa su una sdraio..
“..con un livello mentale elevato, probabilmente alchimisti del luogo.”Scienziati.
Un altro colpo più forte, sudava freddo e si schiarì diverse volte la voce.
“Li avete portati dove? Qui su Vegeta? Quanti sono?” quasi urlava, concitato.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui. Cavage lo guardò stranito: “Altezza..li abbiamo trasferiti qui sul pianeta, sì, e tra le varie epurazione ne saranno rimasti..non lo so, forse qualche centinaio di migliaia, un numero consistente mio signore, ci frutteranno parecchio. E’ Pumpkis ad occuparsi degli schiavi ora.”
“C’è.. qualche donna tra i loro alchimisti?”Aveva la gola secca e cercava di nascondere il tremore alle mani.
“Un centinaio, direi. Quali sono i vostri interessi, mio signore?”
Gli occhi di tutto il Consiglio e di suo padre erano puntati su di lui, interrogativi.
“Curiosità..per la galassia dei Mercanti” mugugnò.
La riunione andò avanti per un po’, ma Vegeta non udì una parola: forse lei era lì, sul suo stesso pianeta, a poca distanza da lui; impaurita, spaventata, avrebbe voluto correre fuori per il palazzo a cercarla.
Una volta che tutto fu finito e tutti si furono alzati, si precipitò da Zukko. “Trovami questo Pumpkis, subito, corri!”
 
L’avrebbe rivista. Lei era lì, se lo sentiva, doveva essere lì. Si sarebbero abbracciati e baciati a lungo, avrebbero passato ore a guardarsi negli occhi e poi avrebbero preso una navicella e se ne sarebbero andati nell’angolo più sperduto dell’universo, lontano da questo folle pianeta e da tutta questa pazzia. Chissà se anche Bulma stava quasi per impazzire per la lontananza, non sapendo cosa fosse successo.
Rapaney lo stava scortando fino all’hangar di detenzione, dove erano tenuti i prigionieri appena arrivati da un altro pianeta. Pumpkis era stato condotto negli appartamenti del Principe da Zukko e Vegeta gli aveva ordinato di riunire tutte le donne nell’hangar: l’avrebbe ritrovata, sarebbe stata di nuovo sua.
“Altezza” si inchinò Pumpkis all’arrivo del Principe “ho eseguito il vostro ordine, queste sono tutte le donne dal livello mentale elevato sopravvissute”.
Vegeta stava scendendo dalla scala che portava al piazzale dove le donne, con mani legate e disposte in fila, erano state riunite. C’erano donne di tutte le età e le razze: molte piangevano,alcune pregavano; certe avevano lividi sul viso e su tutto il corpo.
Fece pochi scalini lanciando occhiate tra quella folla quando la vide: in mezzo a tutte le altre,coi polsi legati e lo sguardo basso. Il cuore stava per esplodergli; il pianeta Vegeta avrebbe potuto saltare in aria in quell’istante e lui non se ne sarebbe nemmeno accorto. Mentre finiva di scendere i gradini e percorreva la distanza che li separava, immaginava cosa sarebbe successo di lì a poco: lui si sarebbe piazzato di fronte a lei, senza dire una parola e lei avrebbe alzato lo sguardo e si sarebbero parlati solo con gli occhi. Portami via amore mio,riportami a casa, torniamo a casa, voglio stare con te,dove saranno i nostri figli? Che posto è questo? Mi sei mancato tantissimo amore mio,ritorniamo a casa. Ho freddo, non voglio stare qui. Riportami a casa.
Col cuore che batteva all’impazzata Vegeta si fermò davanti a lei, gli occhi fissi sul suo capo,pieni di speranza ed amore. Ma Bulma teneva lo sguardo basso e spaventato,una lunga treccia azzurra le scendeva dalla spalla, indossava dei jeans e una canottiera grigia e sgualcita. Non alzava gli occhi su di lui. Passarono interminabili secondi in cui Vegeta continuava a fissarla quando lei finalmente alzò gli occhi,con uno sguardo sospettoso ed interrogativo, e lo fissò . Vegeta si sentì morire: Bulma lo guardava dritto negli occhi, lo guardava, sì, ma non lo vedeva. Lo osservava come si osserva un completo estraneo, e per giunta un estraneo che ti fa paura. Vegeta continuava a fissarla e a parlarle con gli occhi,Sono io amore mio, sono io. Bulma amore mio non mi riconosci?Perchè mi guardi così? Sono io, sono io!
Il suo sguardo la metteva a disagio, si sfregò i polsi legati e abbassò di nuovo il capo.
“Altezza..” La voce di Rapaney lo riportò lì nell’hangar, dove Bulma era solo una donna spaventata, strappata con la forza da casa sua e portata in un luogo che non conosceva, con persone che parlavano una lingua che non conosceva e di fronte ad un uomo che non conosceva.
“Riportate queste donne nell’area di detenzione tranne..” cercò di inventarsi una scusa il più in fretta possibile “tranne questa, sento che ha un potenziale mentale più elevato rispetto alle altre, voglio capire come potrà tornarci utile: portatela nei miei appartamenti.”
Pumpkis lavorava agli smistamenti di schiavi da dieci Grandi Lune e aveva avuto a che fare con alchimisti di altri pianeti migliaia di volte, e sapeva riconoscere un potenziale mentale sopra la media quando ne incontrava uno: la femmina terrestre che il Principe aveva indicato doveva essere molto intelligente, ma non più di tutte quelle altre femmine; però il Principe aveva dato un ordine e non si discutono gli ordini del futuro Re. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
Capitolo più lungo. La prima parte è narrata dal punto di vista di Bulma, il resto ancora da Vegeta. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Enjoy!
 
Era in una stanza molto grande, smisurata, molto decorata. Alle pareti erano appesi drappi color porpora che cadevano mollemente dal soffitto e toccavano la pavimentazione. Il resto delle pareti, o quel poco che si poteva osservare tra i drappi, era percorso da caratteri alfabetici che non riconosceva. Si trovava in un’ampia stanza da letto, intuì vedendo un pesante e largo materasso appoggiato per terra e avvolto da lenzuola nere, o da un colore che ricordava quello dei drappi alle pareti. Accanto a lei c’era un pesante tavolo di un materiale che poteva ricordare il marmo, grigio con striature gialle e istoriato, uguale, ma molto più piccolo, a quello che si trovava nella stanza che aveva attraversato per giungere lì, una specie di anticamera, sulla quale si affacciavano numerosi altri ambienti, separati solo da dei tendaggi di un tessuto molto soffice, quasi trasparente; niente porte ad eccezione del pesante portone di ingresso, constatò.
La stanza nella quale si trovava ora dava su un grande e spazioso balcone, almeno da quanto poté scorgere nella posizione in cui si trovava. L’ambiente era illuminato da lampade appese alle pareti, sopra i drappi.
Bulma era stata portata lì dopo che l’uomo bruno, quello che l’aveva osservata a lungo nell’hangar dove si trovava con le altre prigioniere, aveva detto qualcosa nella sua lingua secca ed aspra e allora,ammanettata, era stata portata via dal vecchio gigante che le aveva riunite lì. Il suo sguardo le era pesato addosso come un macigno: la metteva fortemente a disagio, sembrava volesse scavarle dentro e parlarle con gli occhi. Ne aveva paura, come di tutti quegli alieni con la coda che si trovavano lì, eppure stranamente per un solo secondo mentre ricambiava il suo sguardo, il cuore mancò un battito e sentì un calore esploderle dentro, come se tutta l’agitazione e la paura fossero implose e collassate e dentro di lei non fosse rimasta che una immensa,grande calma data dalle cose che conosciamo e ci sono familiari, perché per un solo secondo, un solo breve eppure lunghissimo secondo, a Bulma parve di conoscere quell’uomo.
Ora era lì con lui nella stanza, alle sue spalle il gigante carceriere, un altro uomo e quello che poteva sembrare un ragazzino smilzo, o no, forse era una ragazza. Parlavano tra loro in quella lingua dura e l’uomo bruno non smetteva di toglierle gli occhi di dosso, continuava a fissarla, a scrutarla negli occhi, come fosse sempre sul punto di rivolgerle la parola. Dopo breve tempo smisero di parlare, l’uomo bruno si voltò e uscì dalla stanza, non prima di averle lanciato l’ennesima occhiata, alle sue calcagna uscirono anche il gigante e l’altro uomo. L’unica che si attardò ad uscire fu la ragazzina dal volto ambiguo, Bulma non riusciva davvero a capire se si trattasse di un maschio o di una femmina: notò che era vestita in modo diverso rispetto agli altri, le sue gambe sottili e muscolose venivano lasciate scoperte dalla tuta e portava i capelli, neri come una colata di petrolio, talmente corti da poter intravedere la cute in controluce, il corpo era secco e nervoso e nemmeno un accenno di seno si intuiva sotto quella che doveva essere un’armatura, ma il viso aveva tratti delicati e affusolati con zigomi alti e sporgenti e i tondi occhi neri erano incastonati tra folte ciglia scure. La ragazzina la osservò ancora per poco e poi seguì gli altri fuori dal portone,chiudendolo alle sue spalle.
Bulma era sola. Il tempo di un battito d’ali di farfalla e le sue gambe si mossero veloci e agili e si diressero verso il balcone, unica via di fuga che aveva notato. Si affacciò dalla balaustra e vide che si trovava ad un’altezza considerevole e che se avesse saltato si sarebbe ammazzata; sotto il balcone si trovava un giardino rigoglioso, racchiuso da un pesante muro di cinta e aldilà di quello uno sconfinato deserto rosso. Le venne a mancare la saliva per l’agitazione, quando notò che in un angolo appena sotto il terrazzo si arrampicava un pesante ramo di un qualche albero del giardino. Aveva le mani legate, ma con la forza della disperazione pensò comunque che poteva usarlo per calarsi nel giardino: scavalcò la balaustra e con attenzione scese lungo il possente ramo appartenente ad un albero molto grande,dalla corteccia ruvida e, ringraziò Bulma, piena di appigli, che le facilitarono la discesa nonostante le mani legate.
Con un balzo si ritrovò nel giardino, ora doveva solo trovare un modo per oltrepassare il muro di cinta. Pensava e si muoveva alla cieca:l’importante era scappare,non importa dove. Il muro era troppo alto e liscio da scalare, così pensò di arrampicarsi su un altro albero vicino al muro e che lo superava in altezza:una volta in cima avrebbe saltato e forse la sabbia dall’altra parte avrebbe attutito la caduta. Senza pensare ulteriormente, corse rapida, restando accucciata e giunse vicino all’albero. Iniziò ad arrampicarsi, ma con difficoltà poiché il tronco di questo albero era più liscio e regolare rispetto a quello di prima e i polsi legati le limitavano i movimenti. Impiegò molto tempo a raggiungere la cima dell’albero e stava per buttarsi dall’altra parte quando ad un tratto si fermò, un pensiero, su qualcosa o qualcuno, l’aveva bloccata e la faceva tentennare. Poi un dolore accecante la colpì alla schiena e la fece urlare dal male. Lasciò andare la presa e cadde.
 
L’aveva ritrovata. Ma non era lei. O meglio, era ancora Bulma , ma non la Bulma che aveva conosciuto e di cui si era innamorato. Forse quella non esisteva più,o non era mai esistita. Era un’estranea, una donna che lo guardava con occhi pieni di terrore e diffidenza. Però pensò che anche la prima volta che si videro lei lo temeva. E se erano riusciti ad innamorarsi nello loro dimensione ci sarebbero riusciti anche in questa. Speranze, speranze; allora era il ramingo Principe Vegeta, superstite di una civiltà estinta, bisognoso di un luogo in cui stare e di qualcuno che si occupasse delle sue ferite, fisiche e morali, e che paura poteva fare alla scaltra e intraprendente Bulma questo principe bastonato che si leccava le ferite? Ora era diverso:su di lui pesava la discendenza di un regno che aveva conquistato ed assoggettato metà dell’Universo, aveva un posto dove stare ed era circondato da persone crudeli e valorose al suo servizio, non era solo. Ma lo era comunque. Sarebbe riuscita lo stesso Bulma, a vedere chi era realmente al di fuori di tutta questa falsa e opaca copertina?Lo sperava ma non sapeva se sarebbe mai accaduto. Doveva comunque metterla al sicuro, le doveva almeno questo, per l’amore che aveva provato e che Vegeta continuava a provare.
Proprio per questo stava correndo di nuovo all’hangar dei terrestri, pensando a suo suocero e sua suocera, cercandoli per poterli mettere al sicuro, anche se con ben poche speranze: forse suo suocero in quanto scienziato era stato risparmiato , ma per la madre di Bulma.. doveva comunque provarci.
Era quasi arrivato quando Rapaney lo chiamò a gran voce alle sue spalle e giunse da lui concitata.
“Altezza! La prigioniera.. la terrestre.. ha provato a scappare, ma è stata scoperta e fermata! Mio signore, con tutto il rispetto, non credo sia stata una buona idea..”
“Chi l’ha scoperta? Che è accaduto?”
Rapaney spiegò quanto era successo: Salod, il guerriero con cui lei aveva combattuto nel torneo in onore del Re, era di ronda nei Giardini del Principe quando vide una femmina su un albero che cercava di saltare il muro di cinta, e con una rapida sfera di energia la bloccò.
“E’..ancora viva?” chiese Vegeta con un nodo alla gola.
“Quell’imbecille di Salod è stato abbastanza prudente da non fare stupidaggini, quindi il colpo era lieve. E’ stata una fortuna per quella prigioniera che ci fosse lì quell’idiota,se fossi stata al suo posto, non sarei stata clemente, avrei punito istantaneamente la fuga”sogghignò con fare crudele.
Vegeta ringraziò mentalmente Salod perché si trovasse lì in quel momento.
“E io ti avrei fatta giustiziare” le sibilò il Principe “ non osare mai più rivolgerti a me con tale libertà e sfrontatezza e non provare mai più a contraddire i miei ordini:la prigioniera deve restare sana e salva a qualsiasi costo. Non tollero insulti del genere.”
Rapaney abbassò il capo e arrossì violentemente. “Chiedo perdono altezza.”
Vegeta si voltò e la superò. “Vai tu a cercare Pumpkis al posto mio e conducilo nei miei appartamenti, io torno indietro.”
Quella ragazzina era tanto leale quanto avventata e avrebbe potuto essergli d’aiuto quanto poteva metterlo nei guai. Corse a perdifiato di nuovo verso i suoi appartamenti e si precipitò all’interno.
Bulma era sdraiata su quella che sembrava una lunga sdraio e accanto a lei si trovavano Zukko e Salod. Il guerriero si inginocchiò quando lo vide entrare.
“Altezza, mio signore.”
“Cosa è successo?” Bulma era priva di sensi.
“E’ accaduto poco fa,durante il mio turno di guardia,ho visto questa femmina su un albero, è chiaro che voleva scappare, nessuno se ne sta sulla cima di un albero così per fare, e nessuno che non sia un sayan autorizzato vaga liberamente per i vostri giardini, mio signore.” Salod fece una pausa e sollevò il mento, fiero. “Ho capito subito la situazione, doveva essere una prigioniera pronta a fuggire e ho pensato che sua altezza volesse giustiziarla di persona” Adesso il guerriero sorrideva, i pugni poggiati sui fianchi. “La sfera di energia che ho sferrato è la più debole che io abbia mai generato, glielo giuro altezza, ho avuto difficoltà a trattenermi! Questi terrestri sono troppo deboli,inutili, andrebbero eliminati tutti. L’ho soltanto intontita, ma si merita di peggio.”
Dovrei ucciderti adesso con le mie stesse mani, pensò Vegeta. In quell’istante Bulma iniziò ad agitarsi e a mugugnare. Vegeta si inginocchiò accanto a lei e allungò una mano per sfiorarle il viso, ma subito la ritirò, conscio che sarebbe stato un errore.
“I miei.. i miei..” Bulma sussurrava e parlava a stento.
“Cosa starà dicendo?” borbottò Zukko.
“I miei.. i miei figli.. i miei figli..”
Oh Bulma, amore mio, pensò Vegeta, i nostri figli non ci sono, sono lontani da qui, in un’altra dimensione, in un altro mondo, mancano tanto anche a me, chissà se riusciremo a rivederli..
“I miei figli..i miei figli..” E all’improvviso Vegeta capì, si bloccò e quasi smise di respirare: Bulma non stava parlando dei loro figli, ma stava parlando dei suoi figli, quelli avuti da qualcun’altro, da un altro uomo.
In quel momento nella stanza entrò Rapaney seguita dal vecchio Pumpkis.
“C’erano dei bambini, dei cuccioli con lei quando è stata portata su Vegeta?” si rivolse il Principe al vecchio, il quale stette pensieroso per un po’.
“Sì,può darsi..un paio.. ecco sì,sì adesso ricordo.” Il vecchio Pumpkis aveva una memoria di ferro, poteva ricordarsi di ogni singolo prigioniero. “Sì, era stretta a due cuccioli prima che separassimo i prigionieri in categorie, adesso che mi ci fate pensare altezza, li ricordo perfettamente.”
Vegeta girò lo sguardo verso Bulma, che piano piano stava riprendendo conoscenza.
“Trovali e portali qui con lei.” L’affermazione destò degli sguardi perplessi e dubbiosi nei presenti: perché mai il Principe poteva tenere così tanto all’incolumità di una prigioniera terrestre e ai suoi cuccioli?
“Lo farò,altezza” si inchinò Pumpkis prima di congedarsi “sempre che,certo..siano ancora vivi.”
Vegeta lo guardò gelidamente “Trovali!” ringhiò.
Pumpkis e Salod uscirono e Vegeta rimase nella stanza con Zukko e Rapaney, mentre Bulma stava quasi per svegliarsi.
“Altezza..” cominciò timoroso Zukko “come sapevate che stava parlando dei suoi cuccioli? Avete già appreso il linguaggio terrestre? Vi hanno aiutato i tarvisiani?”
Tarvis era un pianeta colonizzato da secoli dai sayan: la popolazione, dei piccoli esserini bianchi dalla grande testa a cappella di fungo, era tutta di sesso femminile e si riproduceva per partenogenesi. Erano di forza fisica nulla, ma dalle grandi capacità psichiche: erano in grado di apprendere e padroneggiare dopo pochi secondi un linguaggio alieno ed avevano sviluppato un metodo per insegnare con facilità ai sayan una qualsiasi lingua, molto più velocemente di quanto potevano fare loro da soli. Erano molto utili agli abitanti di Vegeta, li utilizzavano come traduttori ed insegnanti, ed anche come personale di servizio domestico per i sayan di Prima Classe e a volte di Seconda, e per i ginecei, inoltre avevano la qualità di essere estremamente leali e devoti nei confronti di chi servivano, dunque orecchie discrete e bocche mute.
“Non sono affari tuoi questi, Zukko” lo raggelò Vegeta. “Come può aver fatto a scappare?”
“Ho controllato:c’è un grande ramo di un albero del vostro giardino altezza, che arriva fino al balcone,deve essere scesa da lì” rispose zelante Rapaney. Doveva farsi perdonare per l’insolenza di poco prima.
Vegeta spostò di nuovo lo sguardo su Bulma, ormai sveglia, che li guardava in modo ancora più spaventato di prima, se possibile.
“Devo andare a parlare con il sommo alchimista” disse il principe “restate di guardia fuori dalla porta e non provate ad importunarla o a spaventarla” ordinò.
Si diresse verso la porta “E tagliate quel maledetto ramo,prima che provi a scappare di nuovo.”
 
Maestro Calabacìn era Sommo Alchimista da tantissimi anni. Durante i  mesi trascorsi su Vegeta, il Principe aveva avuto modo di conoscerlo e parlargli:era un uomo saggio e sempre pronto ad ascoltare chiunque avesse un consiglio da dargli,  spesso seguendolo. Il colloquio con lui fu breve ed efficace: Vegeta gli disse che recentemente aveva avuto modo di venire a conoscenza della tecnologia terrestre, che sebbene non avanzata per i viaggio spaziali e i grandi spostamenti, era progredita in quella quotidiana e assai pratica. Vegeta ricordava bene le capsule Hoi-Poi di Bulma, in grado di ridurre qualsiasi oggetto, persino un edificio, alle dimensioni di una minuscola capsula,in grado di stare in una mano; anche la scienza medica era molto all’avanguardia, come quella chimica, elettrica e meccanica. Vegeta parlò in modo convincente, travestendo i suoi ricordi da osservazioni riportate dagli esploratori mandati in avanscoperta sulla Terra e Maestro Calabacìn, uomo curioso e ben disposto, acconsentì a ricevere un gruppo di alchimisti terrestri, che Vegeta chiamò scienziati, ed osservare la loro scienza e il loro modo di lavorare con la mente e le loro conoscenze, ma tutto questo solo dopo aver avuto il permesso del Re. Vegeta se ne andò dalle stanze dell’alchimista che era ormai sera e avrebbe dovuto correre da suo padre a chiedere un’udienza d’emergenza per ottenere il suo consenso. Gli pareva un ostacolo insormontabile, ma si convinse che portandogli la forte convinzione e predisposizione del Sommo Alchimista avrebbe ceduto.
Avrebbe dovuto correre da suo padre, ma un pensiero e una voglia lo spinsero verso i suoi appartamenti, aveva voglia di vederla e una volta soli avrebbe anche potuto parlarle.
Giunse alle porte dei suoi appartamenti, Rapaney e Zukko erano fuori di guardia. “Altezza, Pumpkis ha trovato i due cuccioli” disse quest’ultimo “Li ha portati qui, sono dentro adesso.”
Aprì la porta, piano e con delicatezza la richiuse per non fare rumore. Sentiva delle voci provenire dalla stanza in cui Bulma era stata lasciata, voci di bimbi, risa,singhiozzi,pianti. Si avvicinò piano all’entrata della camera e si mise ad osservare, facendo capolino da dietro il muro e spiando attraverso la tenda.
Bulma era in ginocchio al centro della stanza, piangeva e rideva allo stesso momento, e stringeva a sé due bambini che la baciavano e la abbracciavano. Mamma, mamma, la chiamavano. Erano due maschietti mori e dalla carnagione olivastra, uno doveva avere sette anni circa e l’altro quattro o cinque. “Yamko!” diceva lei abbracciando il più grande, “Rhaego!” si rivolgeva all’altro.  “E papà?Papà?” chiedevano i due bambini senza ottenere risposta. Piangevano e ridevano, si abbracciavano, parlavano contenti e quasi felici,ma nonostante i sorrisi e la visibile felicità nell’abbracciare i suoi figli, Bulma aveva una sguardo triste.
Vegeta si sedette per terra appoggiando la schiena al muro e continuò ad ascoltarli finché i due bambini, esausti, tacquero addormentandosi. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Nuovo capitolo! La trama si scioglie e Bulma avrà un ruolo più centrale da ora in avanti.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Enjoy!
 
Aspettò con pazienza finchè i due bambini non si addormentarono. Sentì le loro voci spegnersi lentamente e Bulma che sussurrava dolci paroline per accompagnarli nel sonno.
Attese ancora qualche istante e poi si alzò ed entrò nella camera:i ragazzini erano stesi sul letto nero e dormivano profondamente, Bulma era seduta lì accanto sul pavimento, che continuava ad accarezzarli e contemplarli, non staccandogli gli occhi di dosso. Vegeta avanzò nella stanza con passo leggero ma Bulma lo sentì e sussultò leggermente nel girare la testa e nel vederlo. Si fissarono per lunghi, apparentemente interminabili istanti, occhi negli occhi, un silenzio tra loro carico di attese e parole.
“Grazie” mormorò Bulma.
Vegeta continuava ad osservarla, indeciso sul da farsi. Forse si sarebbe spaventata se avesse osato rivolgersi a lei nella lingua terrestre, e di dirle la verità neanche a parlarne, lo avrebbe preso per folle e ne avrebbe avuto ancora più paura. Che fare?
Di scatto le voltò le spalle e chiamò, in lingua sayan, i piccoli tarvisiani al suo servizio e comandò loro di portare da bere e da mangiare. I piccoli servitori dalla testa a fungo furono celerissimi a portare il cibo mentre Bulma, con sguardo stanco ma attento, osservava i loro gesti fluidi e minuscoli. Sistemarono accanto a lei un basso tavolinetto di legno scuro sul quale posizionarono un vassoio con un bicchiere e una brocca piena di vino dolce e un piatto con due grossi frutti rossi e del pane nero, poi si congedarono silenziosamente. Vegeta sistemò due grandi cuscini poco distante da lei e sedette. Bulma passava nervosamente lo sguardo dal vassoio a lui, combattuta tra la fame e il timore che potesse accadere qualcosa a lei o ai suoi figli. Vegeta intuì la sua paura e molto lentamente,con un gesto della mano, le indicò il vassoio per invitarla a mangiare. Dopo ancora qualche istante di indecisione Bulma si fiondò con rapidità su uno dei due grossi frutti rossi, mordendolo vigorosamente e lasciando che il succo le colasse sul mento e poi più giù verso i seni. Vegeta la osservava in silenzio. Afferrò la brocca e senza usare il bicchiere, bevve due lunghi sorsi di vino, per poi tornare all’attacco dei frutti e infine del pane. Il vino dolce stava iniziando a darle alla testa, soprattutto per averlo bevuto in fretta e con avidità.
“Ti ringrazio, avevo molta fame” disse ancora, ma con la certezza che lui non capisse.
Fu allora che Vegeta parlò. “Prego.”
Bulma sgranò gli occhi e incassò leggermente la testa nelle spalle. “Tu.. parli la mia lingua? Mi capisci?”
“Sì.” Vegeta non staccava gli occhi dai suoi, un po’ incerti e annebbiati dall’alcool e dalla stanchezza.
“Come..come fai..”ciondolò il capo la ragazza.
“ Come ti senti?”
Bulma alzò il viso con gli occhi lucidi. “Stanca..molto stanca.. Eravamo a casa, era un giorno normale, uno come tutti gli altri. La vita viene sconvolta sempre nei giorni normali, quelli più noiosi addirittura, sennò non diremmo ‘sconvolgere la vita’” parlava molto velocemente e farfugliando un po’, la stanchezza e il vino l’avevano sciolta ma parlava a sé stessa più che al suo interlocutore “ero a casa, stavo finendo di pulire la cucina dopo pranzo, c’era Rhaego con me, era seduto al tavolo e stava colorando il suo album, non so dove fosse il piccolo Yamko, ma dove era? Ah sì, era in camera sua, l’avevo sgridato perché non aveva rimesso a posto i giocattoli usati la mattina, aveva il broncio, e mio.. mio..” due grosse lacrime le scesero gravi dagli occhi “..lui era in garage, stava pulendo la sua motocicletta. Quanto può essere noioso il sabato pomeriggio? E’ quel momento della settimana in cui non sai cosa fare e ti dedichi alle attività più inutili per far passare il tempo. Poi sentii uno schianto e la casa tremò. Non era un terremoto, era come se qualcosa di enorme e pesantissimo fosse precipitato al suolo, anzi non una, ma più e più cose fossero precipitate al suolo. E tutto continuava a tremare. Ho preso Rhaego in braccio e sono andata di sopra a prendere Yamko..e poi?Dio, non ricordo.. Oh sì, sono tornata di sotto e stavo per uscire dalla porta sul retro quando li ho visti” lo fissò negli occhi“Vi ho visti.”
“Io non c’ero” le disse dolcemente Vegeta.
“Non ricordo..” riabbassò il capo e riprese il suo racconto “ erano tanti,tanti..e attorno a loro le case esplodevano e gli edifici crollavano come castelli di carte. Non riuscivo a muovermi. La signora del palazzo di fronte, quella che indossava sempre capelli buffi che facevano tanto ridere Rhaego, era a terra,distesa sulla schiena immobile e fissava il cielo:le usciva del sangue dalla bocca; e poi c’era Dan, uno dei fattorini che lavora per me, in un angolo,senza gambe; e corpi, corpi ovunque, ammucchiati, da soli, morti, tutti morti, tutti morti. I miei genitori erano usciti per fare la spesa..”
Vegeta abbassò il capo: non sarebbe riuscito a ritrovarli, temette.
“Siamo rientrati in casa e abbiamo corso verso la porta d’entrata, e allora io l’ho visto. Era in mezzo alla strada e di fronte a lui ce n’era uno enorme, gigantesco. Non urlai e non dissi nulla o i bambini se ne sarebbero accorti e lo avrebbero visto. Lui lo ha colpito ma quello pareva non avesse sentito niente, rimase immobile. Era un bravo guerriero lui, era fortissimo.. ma quello ha allungato una mano sul suo petto e..” Bulma iniziò a piangere più forte e si tappò la bocca con una mano per non svegliare i bambini coi suoi singhiozzi. “Me lo hanno ammazzato come un cane.” sussurrò.
“Lui..chi?”
Bulma lo osservò di nuovo con gli occhi arrossati e pieni di lacrime. “Yamko,mio marito”.
Vegeta aveva capito fin dall’inizio che non poteva che trattarsi di lui, eppure quando lo sentì uscire dalla sua bocca una vampata di calore e di rabbia lo investì violentemente, salvo poi pentirsene subito. Come poteva provare rabbia per un uomo morto? Era lui ad essere con Bulma in quella stanza, non il terrestre.
“Ti hanno fatto del male?” Questa era la domanda che Vegeta aveva più timore di porre: non era una consuetudine dei sayan quella di violentare le prigioniere, i sayan non spargevano figli bastardi in giro per l’universo, ma la sua mente era cambiata, aveva vissuto molto tempo tra i terrestri che in certi casi sapevano essere più subdoli e crudeli, e il timore che qualcuno le facesse del male si era instillato in lui dal momento in cui l’aveva amata e aveva iniziato la sua vita con lei.
Bulma scosse il capo. “No, non mi hanno toccata.. Yamko..Yamko..come un cane, ti hanno ammazzato come un cane.. davanti a noi, davanti a me.. Quando ci hanno portati fuori di casa e ci hanno riunito in mezzo alla strada, siamo passati davanti a lui, era lì per terra,aveva un buco nel petto, si vedeva l’asfalto all’interno, e aveva gli occhi chiusi. Lo hanno visto..lo hanno visto anche loro. Non so se Rhaego ha capito, ma Yamko,lui è grande ed è intelligente, lui avrà capito di certo, lo avrà visto, come può non averlo visto,era lì di fronte a noi. Yamko..” la sua voce era un sussurro, la testa pesante le cascava sul petto e non smetteva di piangere.
Vegeta avrebbe voluto fiondarsi da lei e prenderla tra le sue braccia e asciugarle tutte quelle lacrime e stringerla,stringerla,stringerla, ma sapeva da sé che non era una buona idea: lui era uno come tutti gli altri, uno di quelli che le aveva ammazzato il marito davanti ai figli e l’aveva portata via da casa sua; non l’aveva fatto a lei, ma lo aveva fatto a tante altre persone su altri pianeti. Si sentì sporco.
“Ho sonno..”
Vegeta si alzò e si avvicinò per aiutarla a stendersi sul letto ma lei indietreggiò e sollevò una mano per proteggersi il viso. Triste si bloccò e lasciò che fosse lei da sola a sistemarsi accanto al figlio più piccolo sul letto. Chiuse gli occhi e nel giro di poco si addormentò. Era notte fonda ormai.
 
Vegeta si era sistemato nella sua stanza,molto più grande ed adiacente a quella dove sia trovava Bulma insieme ai suoi figli. Non riuscì a chiudere occhi, continuava a ripensare a quanto aveva detto, al suo racconto. Col trascorrere degli anni sulla Terra si era reso conto del male che aveva commesso nel suo passato come mercenario di Freezer, si era ammansito e aveva realizzato ciò che era stato: un assassino. Aveva sviluppato quella che i terrestri chiamavano ‘coscienza’ e con essa il senso di colpa per le sue passate malefatte. Ma solo ora si era reso conto della crudeltà e del dolore causato: quando le parole erano state pronunciate da lei, erano uscite da quella bocca, dalla sua bocca. Era profondamente scosso e il senso di colpa lo tormentava; negli ultimi mesi non aveva compiuto nessuna brutalità del genere, la vita era più raffinata in quella dimensione: i reali non si sporcavano troppo le mani, quello era un compito della Classi inferiori.
Le ore passavano e lui si rigirava nel letto inquieto, tendendo l’orecchio per cercare di sentire se dalla camera di Bulma provenivano gemiti o singhiozzi. Il sole, il dio Khal, stava appena spuntando quando si preparò per lasciare i suoi appartamenti, non prima di avere ordinato ai piccoli tarvisiani di fornire qualsiasi cosa di cui avessero bisogno i terrestri, cibo,un bagno caldo, vestiti nuovi. Fuori dalla sua porta c’era Zukko di guardia, che lo salutò con un profondo inchino. Con passo svelto si diresse verso l’ala est dell’immenso palazzo, verso l’hangar dei prigionieri: voleva fare un ultimo tentativo per cercare di trovare il dottor Brief e sua moglie, anche se aveva un brutto presentimento. Trovò Pumpkis nello stanzino antistante l’entrata dell’hangar, ora sbarrata.
“Apri il portone, voglio vedere gli alchimisti terrestri, tutti stavolta, uomini e donne, e anche i terrestri presi come..”
“Altezza” lo interruppe il vecchio “sono desolato ma non c’è più nessuno. Sono stati eliminati tutti, ordini superiori.”
Vegeta trasalì, ma non mostrò alcun segno di stupore. “Ordini? E da chi? Tutti eliminati? Tutti i terrestri?”
“No, mio signore, solo i loro alchimisti, gli altri sono stati inviati come schiavi su Manex, per l’estrazione di carbone” Pumpkis percepiva che qualcosa turbava il Principe “Gli ordini sono giunti direttamente dal Consiglio, da parte di Cavage, il secondo di vostro padre, ma pare che il comando l’abbia impartito il Re”.
Vegeta fumava di rabbia: ogni speranza di trovare lo scienziato era perduta e anche quella di attuare il suo piano, mettere Bulma e altri terrestri in una posizione sicura e poco soggetta a vessazioni e dolore.
Pieno di furore spinse Pumpkis contro la parete e si precipitò dalla parte opposta del palazzo, verso gli appartamenti di suo padre.
Al di fuori dalla sua porta si trovavano Eggplo, la guardia personale del Re, e un altro sayan robusto e con due lunghi baffi neri a forma di manubrio, quasi buffi se non fossero stati quelli dell’uomo con lo sguardo più truce del pianeta Vegeta.
“Sua maestà si è appena svegliato, altezza. Sta recitando le sue preghiere propiziatorie al dio Khal.” lo bloccò Eggplo.
“Prega, Principe” ripetè l’altro guerriero.
Senza nemmeno ascoltarli li scostò con una manata ed aprì i pesanti portoni decorati da disegni rappresentanti grosse scimmie dal muso allungato che ballavano in cerchio tra loro. Il Re si trovava nel suo piccolo tempio, inginocchiato davanti ad un grosso e pesante disco dorato issato sulla parete: il dio Khal,il Sole.
“Padre!Padre!”
Il Re sollevò il capo lentamente. “Figlio. Hai interrotto le mie preghiere, non è di buon auspicio”
“Gli scienziati, gli alchimisti terrestri, sei stato tu ad ordinare di sterminarli?”
“Di eliminarli, sì” il Re calcò sulla differenza dei verbi “non ci sarebbero stati di alcun aiuto.”
“Ieri sera ho parlato con il Sommo Alchimista, Maestro Calabacìn, gli ho parlato della tecnologia terrestre e si è dimostrato molto ben predisposto nell’accogliere i terrestri e a lavorare con loro, ci sarebbero stati preziosi!” urlò Vegeta.
Re Vegeta scosse il capo ridacchiando “Il vecchio Calabacìn è sempre troppo ben predisposto verso chiunque, non ha la fermezza e il senso pratico necessari ad un vero guerriero sayan” fissò determinato il figlio “o ad un re”
“ La loro tecnologia è futile e frivola, priva di alcun interesse per noi e le nostre mire espansionistiche. Robaccia utile ai domestici, niente che può riguardarci” riprese il Re “Siamo un popolo fiero e autarchico, bastiamo a noi stessi, non abbiamo alcun bisogno dei loro alchimisti”
Vegeta digrignò i denti, pensando ai tarvisiani e a tutte le popolazioni sottomesse e schiavizzate dai sayan. Autarchici? Facile definirsi così, se nessuno può replicare.
“Questo è quanto. Ti aspetto nel gymnasium per gli allenamenti e non scordarti la riunione del Consiglio. Puoi andare, sei congedato.”
Vegeta uscì con stizza, senza replicare per paura di esplodere dalla rabbia. Un solo pensiero lo consolava: Bulma e i suoi figli erano al sicuro nei suoi appartamenti, Rapaney e Zukko avevano l’ordine preciso di non fare entrare nessuno nelle stanze e nemmeno di farli uscire. Era l’unica scienziata terrestre rimasta, doveva proteggerla e pensare a come sfruttare la situazione.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Nuovo capitolo! Scusate se vi ho fatto attendere così tanto! Spero possa piacervi e fatemi sapere cosa ne pensate!
Enjoy!
 
“Mamma che cos’è questo? Posso mangiarlo? Sarà dolce?” Rhaego fissava con golosità il vassoio stracolmo di frutti rossi, grossi come il pugno di una mano.
“Posso mamma, eh posso?” Fresco di bagno, indossava una tuta nera, con stivaletti bianchi; a differenza  della divisa del guerriero sayan, che prevedeva l’armatura al di sopra , aveva un lungo telo bianco che andava a coprire le spalle e poi qualche giro più in basso il torace, fino alla vita, il tutto fermato da una spilla rotonda e dorata: l’abbigliamento degli alchimisti. Era stato Vegeta stesso ad ordinare ai tarvisiani di confezionare questo abbigliamento per i bambini, nonostante ora Rhaego non indossasse il lungo peplo bianco.
“Sì, Rhaego, prendine uno” Bulma stava finendo di asciugare Yamko dopo il suo bagnetto.
Stava frizionando con un telo la nera e folta zazzera del bambino quando lui le porse una domanda, a bassa voce per non farsi sentire dal fratellino: “Papà?”. Lo sguardo del piccolo era triste e consapevole: già sapeva la risposta.
“Non è questo il momento tesoro” Bulma si rabbuiò.
Avevano passato giorni di terrore e di angoscia, strappati da casa loro, e come aveva previsto, Yamko aveva perfettamente capito cosa era accaduto al padre. Solo da poche ore si trovavano in una situazione confortevole e apparentemente priva di pericoli: Bulma era sempre attenta e sospettosa, specie nei confronti di quei piccoli alieni bianchi che andavano e venivano per le stanze a gran velocità e portavano vassoi pieni di cibo e brocche d’acqua e pesanti vasche colme d’acqua calda e vestiti e teli bianchi immacolati e lozioni profumate e sapone. Sebbene così piccoli riuscivano a trasportare pesi considerevoli senza fatica, camminando a passi corti, svelti e silenziosi. Parlavano la loro lingua con un tono di voce sottile e acuto, quasi infantile e delicato; si erano mostrati amichevoli e gentili, e Rhaego li trovava divertenti. Bulma invece li osservava con diffidenza e rispondeva in modo brusco alle loro domande ‘Va bene questo vestito, mia signora? Vi porto dell’acqua, mia signora?Vi aiuto col bagno, mia signora?’
Sebbene la loro disponibilità e gentilezza Bulma temeva che potessero rivelarsi pericolosi; non riusciva a temere invece l’uomo che li aveva ospitati in quelle stanze: il suo sguardo non sembrava minaccioso, solo estremamente triste e scoraggiato, come di un uomo che ha perso tutto e non ha più nulla.
Bulma aveva davvero perso tutto,tutto tranne i suoi figli, l’unica cosa che le restava: aveva perso la sua casa, il suo lavoro, i suoi amici,i suoi genitori e soprattutto Yamko, suo marito. Ripensò a come si erano conosciuti: lei una sciocca ragazzina che andava alla ricerca di misteriose sfere leggendarie per esprimere un futile desiderio, e lui, predone del deserto che l’aveva fatta innamorare con i suoi occhi neri come la più tenebrosa delle notti; inutile dire che quando si erano incontrati, Bulma aveva dimenticato completamente quelle sfere e abbandonato la ricerca delle altre e si era portato il brigante in città. Ora avrebbe voluto piangerlo e soffrire per lui, essere fragile, solo una piccola donna con un immenso dolore dentro, ma doveva essere forte per il suo Rhaego e il suo Yamko, non poteva permettersi di lasciarsi andare: piangere e abbassare la guardia poteva essere sconveniente.
Ricordava il loro ultimo giorno insieme: un tranquillo sabato, dove nessuno dei due lavorava e potevano dedicarsi l’uno all’altra e ai figli, come desideravano entrambi per tutta la settimana. Era il loro momento speciale, importante, espressamente da condividere con i bambini. Poi tutto sparito, tutto andato. Ogni cosa. Ripensò agli occhi dell’uomo e provò una profonda tristezza: non credeva fosse pericoloso.
La sera precedente le aveva parlato, non in quella lingua spigolosa e rude con cui parlavano tutti gli altri alieni con la coda, ma nella sua lingua, in modo gentile e con un leggero accento esotico. Le aveva dato da mangiare e nonostante la vista stanca e annebbiata da quel vino dolce e fruttato, si era accorta di come lui la guardasse:rapito e concentrato, occhi negli occhi come aveva già fatto. Per un istante a Bulma passò per la testa che la desiderasse.
Aiutò Yamko a vestirsi, poi lisciò il sari dalle tonalità viola che le lasciava una spalla scoperta: i piccoli alieni bianchi l’avevano aiutata col bagno, pronti e servizievoli, dopodiché l’avevano aiutata ad indossare l’abito, una tunica color prugna e poi un lungo telo di colore più scuro che la avvolgeva con più giri finendo per coprirle una sola spalla, infine le pettinarono i lunghi capelli e li acconciarono in una treccia laterale che disposero poi attaccata alla nuca,sopra la fronte.
Le creature le avevano spiegato che quelli erano un tipo d’acconciatura e d’abbigliamento tradizionali delle donne sayan di Prima Classe, le più nobili, ed era stato il Principe Vegeta ad ordinare che fosse vestita così.
“Il Principe Vegeta?L’uomo di ieri sera?”. Quel nome le frullò per la testa,come se si fosse liberato da un angolino remoto della sua mente,come se fosse rimasto imprigionato lì da tanto tempo; la cosa la lasciò dubbiosa e stranita.
“Ha ordinato altro, questo principe Vegeta?” chiese stizzita.
“Sua altezza desidera che rimaniate qui negli appartamenti del Principe, mia signora. Voi e i piccoli cuccioli,mia signora”
Bulma intese che quel ‘desidera’ era da considerare come ‘ordina’,ma non replicò: forse lei e i bambini erano al sicuro lì dentro, e poi avrebbe avuto modo di ideare un modo per scappare.
Un tarvisiano si mise a soffiare bolle di sapone da un fischietto e Rhaego, seduto su un piccolo pouf, si mise a ridere e a battere le mani. Bulma lo guardò e per la prima volta dopo molti giorni, sorrise.
 
Vegeta tornò nelle sue stanza che era quasi notte. La sua giornata, iniziata molto presto, era trascorsa tra allenamenti, riunioni del consiglio e supervisione dei giovani guerrieri, ma in testa aveva un solo pensiero, poter vederla e stare con lei: non gli importava nemmeno più che lei non sapesse chi era e lo considerasse un estraneo, gli bastava guardarla. Magari, un giorno, avrebbe avuto il coraggio di raccontarle la sua storia.
Si affacciò alla camera dove dormivano i bambini con Bulma: li intravide sotto il velo del basso letto a baldacchino, i due ragazzini e la loro mamma sdraiata accanto a loro. Li osservò per qualche istante e gli ritornò alla mente un ricordo, dolce ma che gli lasciò l’amaro in bocca: era un pigro pomeriggio di inizio estate e Trunks dormicchiava sulla chaise longue in terrazza, Bulma passò di lì con Bra, che aveva un anno circa, in braccio, cullandola. Con fare spiritoso e con qualche gridolino di scherno, si sdraiò accanto a Trunks, che in dormiveglia mugugnò qualche parola di protesta: stava crescendo e da ometto ormai quale era, non apprezzava più le coccole della mamma, ma nonostante questo si spostò un po’ di lato per lasciare posto alla mamma e alla sorellina, che dopo poco si addormentarono a loro volta. Vegeta aveva terminato i suoi allenamenti ed era andato a farsi una doccia,poi stupito per l’insolito silenzio che regnava in casa, aveva iniziato a girare per l’appartamento per capire dove tutti fossero finiti. Attraversato il salone si affacciò sulla terrazza e li vide: si appoggiò alla porta finestra e si mise ad osservarli e senza che se ne accorgesse un lieve sorriso gli increspò le labbra. Per un istante fu combattuto tra la voglia di sdraiarsi insieme a loro e il suo orgoglio e come di consueto, vinse quest’ultimo. Ora, dopo tanto tempo, si pentì amaramente di non essersi sdraiato con loro.
Lanciò un ultimo sguardo e poi fece per uscire.
“Aspetta” bisbigliò Bulma sollevandosi dal letto e scendendo. Posò i piedi scalzi sul pavimento e fece qualche passo leggero verso di lui, arrestandosi a poca distanza.
“Volevo ringraziarti”sussurrò guardandolo negli occhi “Per..il cibo e i vestiti..e per permetterci di rimanere qui..”
Vegeta la osservò da capo a piedi: indossava uno dei tipici vestiti delle donne sayan e lunghi capelli era acconciati attorno al capo. Parlando si attorcigliava le mani con fare nervoso. Doveva esserle passata un po’ di paura, ma parlare con lui la metteva ancora a disagio.
“Io..non capisco perché tu faccia tutto questo per me..per noi” disse ancora.
Vegeta andò a sedersi su qualche cuscino poco distante dal letto e Bulma si accomodò accanto a lui.
“E’ una storia complicata..”disse lui a bassa voce “non credo vorresti sentirla..o che tu possa credermi”
“Perché?Come mai?” Gli occhi di lei lo guardavano con curiosità e piano piano le stavano sparendo sia i residui di paura che il disagio, e stava ricominciando a parlare a ruota libera. “Scusa.” Chiuse gli occhi imbarazzata “ Sto ricominciando a parlare a vanvera, non dovrei fare tutte queste domande. Non dovrei parlare così..con te. Io mi sento strana quando ci sei tu, mi sento a mio agio, ed è strano lo so perché dovrei avere timore di te e non dovrei nemmeno starti così vicina,io..”
Vegeta non capì più niente e in uno slancio si protese verso le sue labbra: fu un bacio rapido, veloce ed impaurito ed inaspettato. Bulma rimase paralizzata e quando Vegeta si staccò, i suoi occhi erano spalancati e rimase ammutolita dalla sorpresa.
“Scusami..io..scusa..” Aveva rovinato tutto, per un semplice secondo di debolezza aveva mandato il suo piano all’aria. Si sentì morire dentro.
“Non capisco cosa mi sia preso..mi dispiace..non doveva finire così, non è andato niente come avevo programmato, noi non dovevamo essere qui, noi..”
“Noi?” lo interruppe Bulma “Cosa stai dicendo?”
Vegeta piantò gli occhi in quelli della donna. Erano chiari, limpidi, puri; forse non si meritava di ricevere il suo fardello, non meritava di ascoltare la sua triste storia. Ma il suo sguardo era quello di Bulma, della sua Bulma, e le parole uscirono da sole.
“Forse mi prenderai per un pazzo, e forse lo sono diventato davvero.” Cominciò “ Io non appartengo a questo posto, questa non è casa mia e questa non è la mia gente, forse geneticamente lo sarà, ma non sono cresciuto qui con loro, questo non è il mio posto, il mio posto è con te, molto lontano da qui.”disse tutto d’un fiato, in un sussurro.
“Cosa intendi dire?” gli occhi di Bulma erano lucidi e lo sguardo attento e ansioso, come se sapesse già le parole che stava per sentire, pensò Vegeta.
Non aveva più nulla da perdere ormai. “Mi sono svegliato qui una mattina, mentre la sera mi ero addormentato in un altro luogo, casa nostra, sulla Terra, nella Capsule Corporation. Questo pianeta, questa civiltà, dal mondo da cui provengo io sono andati distrutti moltissimi anni fa, e mi hanno costretto a vagare per l’universo facendo cose orribili, orribili, e poi io ho trovato te, e tu mi hai accolto in casa tua, mi hai dato un tetto, una casa, e nonostante ti abbia fatto soffrire tantissimo all’inizio, tu mi hai perdonato, e noi abbiamo una famiglia e..”
Bulma lo guardava con aria stranita e confusa. “Io e te..abbiamo una famiglia?”
“Trunks è il più grande” continuò il sayan con tono più calmo “ è studioso, ma si allena sempre con costanza e diventa ogni giorno più forte. E’ molto organizzato, ci stupiamo sempre di come riesca a destreggiarsi tra la scuola, gli allenamenti, gli amici e..le ragazze” rise “e sempre con ottimi risultati.”
A Bulma scappò un sorriso.
“E poi..c’è Bra. E’ piccola, fisicamente è uguale a te, ma tu e Trunks dite sempre che è musona tale e quale a me. E’ molto dolce e sensibile..ha bisogno che qualcuno si occupi di lei.”
Per qualche secondo calò il silenzio.
“Mi è sempre piaciuto il nome Bra” disse Bulma ad un tratto.
E allora Vegeta iniziò a raccontarle tutto per filo e per segno, con calma e senza tralasciare nessun avvenimento: da quando era arrivato sulla Terra con Nappa, al pianeta Namecc, a Freezer, i cyborg, Cell, Majin Bu, stupendosi molto che nessuno di questi nemici si fosse mai fatto vivo, un universo di pace era quello da cui proveniva lei. Raccontò di Goku, di Junior, Crilin, il Genio delle Tartarughe, C-18, Chichi, Gohan, Goten, Mister Satan, e anche di Yamko, del Yamko del suo mondo, e delle sfere del drago, del Supremo, poi raccontò tutto di loro, di come si erano innamorati, del primo bacio, della prima volta che fecero l’amore, ma raccontò anche di quando lui l’aveva fatta soffrire e aveva sbagliato, doveva sapere tutto, nel bene e nel male.
Fu un discorso interminabile, ogni volta che sembrava concluso alla mente di Vegeta si affacciavano fatti, persone, che sembravano assolutamente importanti e da raccontare e Bulma ascoltò tutto questo in silenzio.
“Lo so che forse non mi credi.. ma questa è la mia storia. Quindi si direbbe che entrambi siamo stati strappato da casa nostra e catapultati in un luogo che non ci appartiene.”
Lo sguardo di Bulma vagava per la stanza dubbioso e vagamente scettico.
“E se fosse tutta una trappola?” disse gelida, fissandolo con sfida “Per farmi abbassare la guardia e farmi fidare di te?”
“Mi dispiace, mia signora, che tu possa pensare una cosa del genere” rispose lui chinando il capo, affranto. “Non ho secondi fini, se non quello di tenerti al sicuro coi tuoi figli e farvi stare bene.”
Lo sguardo della donna si rabbonì “Sai, io non ho paura di te.”
“Non devi averne.”
Bulma si mise in ginocchio e si avvicinò di più a lui. “Quanto mi hai raccontato era così..reale, come se potessi toccarlo, come se potessi viverlo. Come se non avessi vissuto nessun altra vita se non quella.”
Il suo viso era a poche spanne da quello di Vegeta. Il suo profumo di essenze gli inebriava i sensi e lo indeboliva. La sua bocca, la sua bocca così carnosa e piena era lì, vicina, così vicina che Vegeta non resistette e si avvicinò di nuovo a lei, colmando quella distanza con un altro bacio. Fu più lungo stavolta, e meno spaventato. Poi Bulma si staccò bruscamente.
“Io sono sposata” e a quella parola si incupì “Cioè lui..io..è comunque mio marito..è accaduto da così poco tempo,io non posso..eppure..”bisbigliava, confusa e incerta.
Alzò gli occhi e Vegeta vide uno sguardo nuovo, indomito e coraggioso.
“Io..dovrei sentire dolore, dovrei essere triste, dovrei..odiarti..ma non ci riesco. Non sento nulla di tutto questo, io non mi sento nemmeno in colpa. Io vedo solo te, io voglio solo te” Bulma prese il suo viso tra le mani e ricambiò il bacio con più passione, il respiro corto ed agitato. Vegeta la baciava e la accarezzava, come se fosse stata l’unica cose che avesse mai voluto fare nella vita.
Era il destino, pensò, il destino voleva che stessero insieme e il resto non importava.
Bulma si staccò dal bacio ansimante, e gettò uno sguardo titubante dietro di sé, verso i bambini che continuavano a dormire pacifici. Allora Vegeta si alzò e prendendola per mano, continuando a baciarla, la condusse nell’altra camera da letto.
 
Quando riaprì gli occhi, il dio Khal stava spuntando e Bulma dormiva, nuda, tra le sue braccia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo abbastanza lungo e vario e molto esplicativo(c’è poca azione,insomma). In mente ho tutto un mio progetto che si protrarrà un po’ e che andrà anche a coinvolgere nuovi personaggi e le loro vicende. Vorrei precisare una cosa però,che forse deluderà un pochino(..ma chi?!): Vegeta e Bulma non torneranno nell’altra dimensione, ora la loro vita e lì e lì resteranno (..ma chissà..?).
Come al solito fatemi sapere cose ne pensate e siate clementi!questo capitolo è un po’ particolare!!
Enjoy!
 
Era seduta sul pouf al centro della stanza, gambe distese e intenta a rammendare la tuta nera che Yamko aveva rotto giocando con suo fratello nei giardini. Da qualche giorno potevano uscire dagli appartamenti del Principe e recarsi nei giardini per stare un po’ all’aria aperta, nonostante fosse sempre torrida. I bambini giocavano fra loro o provavano ad allenarsi, ricordando gli insegnamenti impartiti dal padre sulla Terra, mentre Bulma passeggiava o si sedeva su una panca di granito ad osservarli.
Cucire la rilassava: i tarvisiani, verso i quali ora era meno diffidente, avevano pregato la loro signora per lasciare che fossero loro ad occuparsi dei rammendi ma Bulma aveva insistito. In questo modo rifletteva meglio, era sempre stata una che riordinava i pensieri tenendo occupate le mani: l’ozio la rendeva confusa e insicura.
Quanto era successo qualche settimana prima aveva dell’incredibile per Bulma. Non avrebbe mai e poi mai pensato che sarebbe finita tra le braccia, anzi nel letto, di Vegeta. Quel pianeta torrido e desertico la rendeva strana, più disinibita e incosciente. Non conosceva quell’uomo, non sapeva ancora se fidarsi di lui allora, eppure la sola vista le faceva sciogliere le ginocchia e sentire farfalle nello stomaco. Al pensiero di Yamko le si riempivano gli occhi di lacrime: si sentiva in colpa nei suoi confronti per quanto era accaduto, per quanto fosse accaduto in fretta, però mentre accedeva di sensi di colpa non ve n’erano stati nemmeno l’ombra dentro Bulma. Era sicura che avrebbe sempre amato suo marito, il padre dei suoi figli, ma allo stesso tempo qualcosa di magnetico ed irresistibile la attraeva,non solo fisicamente, verso l’alieno moro, e non c’era scampo. Quando la toccava, quando la baciava, ogni cosa perdeva valore, anche i giuramenti del suo matrimonio e l’amore per suo marito. Lui era morto, Bulma l’aveva visto coi suoi occhi e non l’avrebbe più rivisto, a meno che quelle sfere del Drago che aveva cercato da ragazzina funzionassero davvero come aveva detto Vegeta; lei però sapeva, nel profondo del suo cuore, che non rivoleva indietro Yamko. Lo avrebbe sempre amato,certo, ma ciò che la legava al sayan era più profondo ed ancestrale, erano predestinati ad amarsi, Bulma lo aveva capito dal lungo racconto fatto dal Principe e da quella prima notte che avevano trascorso insieme: non avrebbe più voluto nemmeno tornare sulla Terra, ormai un mucchio di sassi disabitati, il suo posto era lì con Vegeta, la sua casa era con lui.
E di nuovo le si riempivano gli occhi di lacrime: era il senso di colpa, per qualcosa di fatale ed inevitabile a cui lei non poteva porre rimedio.
La notte precedente, mentre giacevano insieme al buio, Vegeta le aveva parlato.
“Mi sento un mostro” disse “ per quello che abbiamo fatto, per come è iniziata. E’ colpa mia: tu eri confusa e in lutto e io ne ho approfittato sapendo come erano le cose tra noi. Mi dispiace, mi dispiace davvero.”
“Non devi.” Sospirò pesantemente “Non sono una ragazzina impaurita. Sono una donna e una madre, e sono cosciente delle mie azioni e delle conseguenze, per quanto” sospirò di nuovo “ho agito senza pensare, lo ammetto, di istinto, senza riflettere e come se non ci fosse un futuro. In quel momento non ero più Bulma, moglie di Yamko, madre di Yamko e Rhaego, ma ero solo..tua. E’ una cosa che nemmeno io so spiegarmi, non sono una donna di quel genere.” Gli occhi azzurri vagavano nel buio “Spero solo che Yamko, ovunque si trovi, possa perdonarmi. E che in un futuro possano farlo anche i miei figli.”
“Loro sono al sicuro qui. Non gli accadrà mai nulla di male, te lo prometto” Vegeta le prese una mano e la baciò. I mesi precedenti di solitudine ed incertezza avevano spazzato via parte dell’orgoglio e della vergogna nei suoi confronti, si sentiva più libero e disinvolto nei suoi riguardi.
“Come stanno? Non sono riuscito a stare molto con loro, temo di fargli paura.”
“Rhaego sembra felice. E’ piccolo, non credo abbia capito la situazione. Sta sempre dietro a una di quei piccoli alieni bianchi, Irri mi pare si chiami. Ride, scherza, gioca, è felice insomma. Per Yamko è più dura, ha visto il padre morto e sa che non tornerà più nulla come prima. I suoi occhi sono cambiati.” La voce di Bulma si incrinò lievemente “Sono tristi.”
“Mi dispiace” . Vegeta balbettò poche parole dopo, piene di insicurezza. “Io..vorrei..cioè potrei..vorrei poter stare con loro..insomma, aiutarli..a crescere..” Sospirò con decisione “So bene che non potrò mai sostituire loro padre, e non ci proverò mai, ma vorrei poter esserlo per loro, vorrei farli crescere,prendermi cura di loro, insegnargli a combattere, perché vedi io..”  Ti amo. Non le disse quelle parole,le pensò soltanto. Era riuscito solo un paio di volte, quando era con la Bulma dell’altra dimensione, a dire che l’amava e sempre di notte, credendo, o sperando, che lei dormisse; le pensava di continuo, ma puntualmente gli morivano in gola.
Bulma lo accarezzò leggermente, la mano delicata e morbida sulla mascella appuntita e ruvida.
“Lo so” disse soltanto.
 
Le settimane passavano e Vegeta trascorreva sempre più tempo con Bulma e i suoi figli. Nonostante non avessero una gran libertà di movimento, confinati com’erano nei seppur grandi appartamenti del Principe e nei giardini sottostanti, Vegeta cercava di dar loro una vita che potesse definirsi in un qualche modo ‘normale’. Bulma si occupava della loro istruzione, cercando di riprenderla da dove era stata interrotta sulla Terra e Vegeta stava anche pensando di affiancargli un maestro alchimista, per fargli apprendere tutto quanto concernesse il pianeta Vegeta e il popolo sayan. Ma soprattutto il principe aveva cominciato ad allenarli: personalmente, tutti i giorni, in un angolo dei giardini, al riparo da occhi indiscreti. Sapeva che Yamko era un guerriero mediocre, ma era stato comunque bravo a gettare le basi e Vegeta contava che con il suo allenamento sarebbero diventati bravi guerrieri, seppur non all’altezza dei sayan.
Ciò che più lo preoccupava era Bulma: sapeva che non poteva lasciarla per sempre con le mani in mano e permettere che un’intelligenza come la sua si occupasse solo dell’educazione dei suoi figli era un gran spreco. Vegeta era determinato a farla entrare nell’ordine degli Alchimisti, si sarebbe rivelata utile,ne era certo, e allo stesso tempo la metteva in una posizione inattaccabile. Ma re Vegeta era stato chiaro ed irremovibile, ‘Non ci servono i terrestri e la loro futile tecnologia’,sterminandoli tutti; il giovane era convinto che si sbagliasse, e cercava di fare pressioni sul resto del consiglio, come su Cavage o su Nappa, e maestro Calabacìn continuava ad interpellare il Re in merito, asserendo che il Principe aveva ragione, e la tecnologia terrestre non era affatto sciocca, ma molto utile, soprattutto nel campo della medicina e della chimica, dove i sayan erano un po’ ignoranti, e sarebbe stato prezioso sfruttare quell’unica scienziata terrestre rimasta. In realtà il vecchio maestro aveva intuito che dietro le intenzioni del Principe si celava qualcosa d’altro, ma temeva che domandarlo esplicitamente avrebbe offeso ed irritato sua altezza.
 
Era intenta a scrivere e a riordinare fogli quando qualcuno si schiarì la voce brevemente. Bulma alzò lo sguardo dalle sue carte e si ritrovò la guerriera che spesso scortava il Principe, in piedi sulla soglia della sua stanza. Si fissarono per qualche istante, Bulma non sapeva in che lingua rivolgersi a lei: da un paio di settimane Vegeta le aveva affiancato un giovane maestro alchimista di nome Gurka, discepolo diretto del Sommo Alchimista Calabacìn, un ragazzo molto sveglio e di larghe vedute, per aiutarla con l’istruzione dei bambini e per insegnarle la lingua sayan e tutto ciò che riteneva fosse importante conoscere sulla loro civiltà. Era una lingua difficile, molto complessa e dai suoni aspri e articolati, ma Bulma era un’allieva svelta e sapeva già biascicare qualche parola e qualche frase. Ciononostante non sapeva se la giovane guerriera avesse la pazienza di interpretare i suoni strani che le uscivano dalla bocca.
“Devo portare Principe alla riunione del Consiglio” esordì Rapaney in una sgrammaticata lingua terrestre.
Bulma la guardò di sottecchi “Il Principe non è qui.”
Rapaney strabuzzò gli occhi “No, lui qui. Devo portarlo al Consiglio, è mio compito!” disse divenendo rossa in volto.
“Bè, mi dispiace ma non è qui, non ancora almeno. Potresti aspettarlo, magari si farà vedere.”
La guerriera rimase in piedi, dritta e rigida, spostando di tanto in tanto il peso da una gamba all’altra. Bulma le indicò dei cuscini poco distante da dove si trovava.
“Accomodati, siediti” disse dolcemente
“No”
“Potrebbe volerci molto, forse dovresti..”
“No”
Bulma stirò le labbra seccata, scuotendo leggermente il capo e ritornando ad osservare i suoi fogli.
“Come ti chiami?”
La ragazza rimase dubbiosa un attimo, forse non aveva capito la domanda.
“Rapaney, figlia di Rettich”disse infine con fierezza.
“E’ un piacere conoscerti Rapaney, io mi chiamo Bulma” disse gentilmente. Era la prima volta da che era lì che parlava con una persona del suo stesso sesso, dal momento che non considerava veramente femmine le piccole tarvisiane. Inoltre il giovane maestro Gurka era molto gentile e paziente, ma estremamente ligio al dovere e poco propenso a fare banalmente ‘quattro chiacchiere’.
“Io qui per princ..”
“..per il principe Vegeta, lo so Rapaney” Bulma scosse di nuovo il capo, sorridendo “Ma mi farebbe davvero piacere se tu potessi sederti un istante qui vicino a me.”
La giovane la fissò coi suoi grandi occhi tondi poi decise di assecondare la terrestre e si sedette a gambe incrociate sui suntuosi e voluminosi cuscini.
“Sei una guardia Rapaney?Vedo che sei sempre fuori dal portone e accompagni il principe ai suoi impegni”
Il viso di Rapaney si arrossò di sgomento “Io sono guerriera!” disse fiera battendosi un pugno sul petto. “Io sono nell’esercito scelto di sua altezza!E sua guerriera personale! Non domestica!” digrignò i denti.
Bulma trattenne un sogghigno. “Non volevo offenderti, guerriera”
Restarono in silenzio per qualche minuto, mentre Bulma risistemava le sue carte e Rapaney, che tornava ad un colorito più roseo e meno congestionato, la osservava.
“Sei alchimista, mia signora?” mormorò indecisa la sayan.
Bulma scoppiò in una risata “Alchimista? Oh no, sono soltanto un’ingegnere.”
Rapaney la osservava, non capendo.
“Una scienziata?” provò Bulma.
“Cos’è scienziata?”
La terrestre cercò di trovare le parole “Una scienziata dunque..sì, praticamente un’alchimista, ecco” sbuffò infine.
Rapaney assentì in silenzio, pensierosa.
“Tanti parlano di te, mia signora” decise di dire.
“E cosa dicono, guerriera?” Maestro Gurka in uno dei loro incontri le aveva fatto intendere che molto guerrieri della Prima Classe trovavano sconveniente che il Principe tenesse nelle sue stanze una donna aliena. ‘Concubina’ la chiamavano, usando un termine straniero alla lingua sayan, che indicava usanze sessuali dei pianeti vicini a Vegeta, considerati molli di indole e libertini, il contrario di quello che erano i sayan.
“Loro..che tu non sei..che tu sei male,che potresti rovinare Principe”
“Perché dovrei rovinare Vegeta?”
“Uomini sayan non tengono donne vicino a loro. Come dio Khal non tiene dea Maek vicino a sé” Lo sguardò di Rapaney vagò nella stanza “Uomo e donna si vedono solo per fare cuccioli, ma non vivono vicini. Rende debole guerriero. Non è nella nostra tradizione” Bulma aveva appreso che la tradizione era estremamente importante per il popolo sayan: non si cambiavano rituali vecchi di migliaia di anni.
“Anche tu pensi che io sia il male?”la stuzzicò Bulma.
Rapaney sbiancò, boccheggiando d’indecisione. “Io..”poi scosse il capo “Principe Vegeta è più forte che mai. Lui non è diventato debole, quindi io non credo così. Io penso quello che voglio, non quello che altri mi dicono di pensare”
A Bulma piacque quella risposta e pensò che forse la giovane guerriera Rapaney le sarebbe potuta essere di grande aiuto in futuro.
 
Vegeta stava compiendo i suoi allenamenti nel gymnasium reale, quando Zukko entrò scortando un alchimista tutto trafelato e rosso in volto.
“Altezza” si inginocchiò “un grave problema. L’ultima spedizione tornata da Kalkantus, a ovest della galassia delle Tempeste, stanno morendo, tutti, una qualche malattia, qualcosa che non conosciamo, sono già morti in quaranta e anche gli altri sono messi male.”
Vegeta afferrò un panno e si ripulì il sudore dal viso e dalle spalle.
“Pensavo voleste essere informato, mio signore” concluse l’alchimista.
Il pianeta Kalkantus si trovava nell’occidente della galassia delle Tempeste, una delle più pericolose dell’universo, in quanto continuamente flagellata da intemperie e temporali, e di conseguenza il pianeta non era da meno: rovesci ininterrotti che per un abitante del pianeta Vegeta,dove non piove mai, era un evento spaventoso.
Paludi e stagni coprivano l’intera superficie del pianeta, abitato da piccoli alieni anfibi che tra loro si chiamavano kalikali. Le temperature oscillavano dal freddo pungente e umido al caldo più soffocante  e piovigginoso che potesse esistere. Il contingente di guerrieri sbarcato per la conquista si era trovato in un ambiente ostile e malsano. Non c’era da stupirsi che si fossero per la quasi totalità ammalati,dal momento che il fisico dei sayan non era adatto ad un ambiente umido, e pianeti del genere nell’universo da loro fino ad allora esplorato e conquistato,non esistevano.
Vegeta ordinò dall’alchimista di farsi portare al Iatreio,l’infermeria, in modo da poter osservare di persona la situazione.
“Altezza, non credo sia una cosa saggia,abbiamo constatato che è qualcosa di contagioso!”disse preoccupato il giovane maestro
“Un re che non osserva da vicino il rischio non è un vero re”disse con determinazione.
Le suppliche dell’alchimista e gli avvertimenti di Zukko non furono sufficienti a fargli cambiare idea, così Vegeta venne condotto nel Iatreio accompagnato dai borbottii di disapprovazione degli altri due.
C’era una distesa di brandine, con qualche alchimista dotato di una maschera con un piccolo foro sul mento e sulle guance,per limitare un possibile contagio via aerea, che si aggirava tra le brande.
“Quali sono i sintomi?”
“La temperatura del corpo è molto,troppo elevata, i guerrieri bruciano nei loro letti,in un inferno di fuoco e calore, la vista è annebbiata e il corpo non controlla più le sue più degradanti funzioni. E delirano, delirano senza pace. Molti sono morti, prosciugati in un bagno di sudore ed evacuazioni. Terribile,terribile morbo!”l’alchimista mi mise le mani sul volto.
Dalla descrizione dei sintomi a Vegeta parve una banale infezione intestinale, aggravata certo dalla febbre, forse contratta per via degli sbalzi di temperatura sul pianeta.
Ad un tratto il sayan vide un volto noto tra i malati.
“Ma..che diavolo ci fa Rapaney lì? Non è stata su Kalkantus!”
“E’ contagiosa, mio signore, molto contagiosa!” berciò il maestro.
Zukko abbassò lo sguardo. “Sua sorella Rave faceva parte della spedizione. Mi disse che sarebbe andata a trovarla al suo ritorno,deve essersi ammalata così.”
Vegeta tenne sotto controllo la malattia per due giorni, consultandosi anche con Bulma e alla fine decretò che si trattava di un’infezione all’intestino aggravata dalla febbre:nulla di grave, ma che se non curata per molto tempo, privando il malato del giusto cibo e delle dovute attenzioni, poteva evidentemente rivelarsi letale. Fu quando capì di cosa si trattava che Vegeta si illuminò: Bulma sapeva certamente come si curava e se non ricordava male la donna gli aveva detto che alla Capsule Corporation avevano anche un piccolo laboratorio di farmaceutica.
Così dopo molto tempo Bulma riuscì finalmente ad uscire dagli appartamenti del Principe e venne portata al Locus degli Alchimisti, il loro quartier generale. Lì maestro Calabacìn la accolse con le dovute cortesie e lui e gli altri maestri ascoltarono molto attentamente quanto doveva essere fatto per guarire i guerrieri malati. Con le cure giuste e con le medicine confezionate da Bulma, nel giro di un mese tutti i sayan infettati si rimisero prontamente. Gli alchimisti ribattezzarono le medicine Cura della Scienziata e la voce sull’alchimista terrestre che aveva guarito una cinquantina di guerrieri si sparse velocemente.
 
Qualche giorno dopo Bulma si riposava in quelle che ormai erano le sue stanze su una chaise longue rossa.
“Mia signora”
“Rapaney!Spero tu ti sia rimessa al meglio!Il principe non è qui, è ad allenarsi al gymnasium..”
“Io so” la giovane guerriera si avvicinò.
“Sei vera alchimista,hai salvato molte vite, ti ringrazio.”disse arrossendo un po’.
Bulma sorrise “Non c’è di che, Rapaney, ho fatto solo quanto era in mio potere.”
“Hai salvato miei compagni, mia sorella e me” la ragazza si morse le labbra “Nessuno ha mai fatto niente per me. Mia madre morta quando io sono nata e padre grande guerriero ma conosco solo il nome. Io e Rave cresciute da sole.”
Bulma si rattristò per la storia di Rapaney.
“Io ti ringrazio” la guerriera posò un ginocchio a terra mentre la terrestre la osservava stupita “Io leale al principe Vegeta, ma tu salvato mia vita. A te devo la mia fedeltà. A te devo la mia vita.”
Da quel giorno anche Bulma ebbe il suo piccolo esercito scelto.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Chiedo perdono per la lunga assenza, ma sono stata in vacanza e sono stata presa dallo studio e dagli esami.. Inoltre questo capitolo è piuttosto importante ai fini della narrazione e ci tenevo che uscisse quantomeno decente!
Sono disponibilissima per spiegazioni e chiarimenti.
Enjoy!
 
“La rifrazione della lente è corretta, bisogna solo ricalibrala, così dovrebbe funzionare.” Bulma rigirò fra le mani il cannocchiale e poi lo porse a maestro Calabacìn, che curioso lo accostò ad un occhio.
“Oh, ma è tutto così piccolo e lontano..”
Bulma scoppiò a ridere e si sporse verso l’anziano alchimista. “No, sommo maestro, da quest’altra parte” disse girando in maniera corretta l’arnese.
La parlata di Bulma nella lingua Sayan era notevolmente migliorata, grazie all’aiuto di Vegeta e maestro Gurka, sebbene a volte commettesse ancora degli errori. Calabacìn invece parlava una perfetta lingua terrestre, con il leggero accento esotico che contraddistingueva anche Vegeta, ed era solito sfoggiarla con quella che ormai era la sua discepola preferita. Il Sommo Alchimista e la scienziata terrestre si confrontavano sul piano della scienza e della tecnologia, e l’uno imparava dall’altro; scortata da Rapaney, ormai Bulma andava e veniva con la massima libertà dal Locus degli Alchimisti, e la maggior parte di loro, i più esperti e sapienti discorrevano volentieri con lei e la trattavano con rispetto: il Locus era il luogo del sapere e della conoscenza, nessun pregiudizio, almeno in teoria, doveva scalfire le sue antiche ed erudite pareti. Ma i novizi, i nuovi adepti alchimisti spesso le lanciavano occhiate di diffidenza e scortesia: la loro mente non era ancora colta ed aperta e vedere una femmina nel Locus, e per giunta aliena, quale sciagura!
Maestro Calabacìn l’aveva accolta nel suo solarium privato e le aveva cortesemente offerto un infuso bollente di fiori rossi del deserto: l’anziano sapiente disprezzava il vino e sosteneva che il caldo andasse combattuto con bevande altrettanto calde.
“Abbiamo oggetti simili, ma sarebbe impensabile poterli trasportare: tu stessa hai visto che sono fissi e sono collocati nel nostro Osservatorio” asserì il vecchio osservando il cannocchiale “Ritengo che questo possa diventare un oggetto prezioso e molto utile nell’equipaggiamento di uno dei nostri guerrieri, grazie Bulma.”
La scienziata preferiva non pensare che quell’oggetto avrebbe potuto aiutare i Sayan a sottomettere nuovi pianeti: si sentiva colpevole quanto loro.
Maestro Calabacìn afferrò una tazza di terracotta e bevve due lunghi sorsi di infuso.
“Mi sembri assorta Bulma,che c’è? E’ accaduto forse qualcosa che ti ha turbato, mia signora?”
Bulma rimase silenziosa per qualche istante, indecisa se rivelare al vecchio saggio i suoi dubbi e i suoi pensieri.
“Maestro..non mi è accaduto nulla,nulla di grave..quantomeno non a me. Ma vedo tutti i giorni prigionieri e schiavi andare e venire per il palazzo e per il pianeta, vedo che vengono strappati dalle loro case, come me e i miei figli, sebbene a noi sia toccata una sorte decisamente migliore, vedo che vengono maltrattati e sfruttati, che vengono sterminati a centinaia e migliaia e spediti in luoghi remoti e costretti ai lavori più duri, vedo popoli che vengono totalmente eliminati in nome del progresso e della prosperità dei Sayan e poi vedo questo luogo, un luogo di saggezza e cultura, dove i migliori Alchimisti si incontrano e tra loro discutono non solo di scienza, ma anche di etica e filosofia, e allora mi chiedo, come è possibile che queste stragi accadano e voi non facciate niente per fermarle?” Le labbra di Bulma tremavano e i suoi occhi erano fissi sul volto del vecchio che teneva la sua tazzina di fronte alla bocca, la quale si allargò poi in un sorriso sardonico.
“Sul tuo pianeta esiste la schiavitù, mia signora, Bulma?”
“Certo che no!”rispose con fierezza.
“Però scommetto che è esistita.”
Bulma si fece scura in volto. “Io..immagino di sì. Sì, è vero. Ma tanto tempo fa..il vostro pianeta è antico quasi quanto il nostro, tu stesso me lo hai insegnato, quindi non vedo..”
“Il nostro pianeta lo è” la interruppe placidamente “ma non la nostra civiltà. Sai che secoli fa i cuccioli che non nascevano adeguatamente forti venivano eliminati? Barbarie sì, ma fu solo grazie a Vegeta il Saggio che si iniziò a farli sopravvivere. Hai mai sentito l’espressione ‘barba di Khal’?”
Barba di Khal era un modo colorito per indicare la dinastia regnante dei Sayan, i Vegeta, e veniva dalla leggenda che raccontava la nascita del primo Re Vegeta, anche se i sayan la utilizzavano abitualmente come intercalare.
“Me ne ha parlato maestro Gurka.”
“I re precedenti a Vegeta il Saggio erano anch’essi ‘barba di Khal’, sayan migliori degli altri, più forti ed intelligenti, ma nonostante questo i nostri cuccioli venivano sterminati lo stesso”le spiegò Calabacìn in tono dolce “C’è bisogno di tempo affinché le cose cambino, del giusto tempo.”
“E non è forse giunto questo tempo?”lo incalzò Bulma “Maestro, guardami! Sono una terrestre, un’aliena, vuoi forse dire che per questo valgo meno di te? Perché la mia razza non è forte o spietata come la tua?”
Il sorriso dell’anziano era pieno di comprensione “No, mia signora, affatto. Nessuno qui degli altri maestri crede di essere migliore di te, anzi tutti ti ammirano; noi qui nel Locus, non crediamo che la razza Sayan sia superiore.”
Bulma lo guardò stupita “Ma..allora..perchè non fate qualcosa? Sei nel Consiglio, i maestri sono personalità importanti, perché non convincete il Re e il resto del popolo?”
“Un popolo che non crede nemmeno nell’uguaglianza in sé stesso? Un sayan di Prima Classe non crede di essere uguale a uno di Terza, come un guerriero maschio non crede di essere di pari valore ad un guerriero femmina: si credono migliori. Ora dunque , come credi che potrei convincere uno di questi individui che un qualsiasi alieno di una qualsiasi galassia sia uguale a lui?” Lo sguardo del vecchio si riempì di dolce tristezza “Non sempre è bene dire ciò che si pensa, mia signora”
Bulma incrociò le braccia e sollevò il mento con fierezza .“Il principe Vegeta cambierà le cose, lo farà, con le buone o con le cattive.”
Calabacìn sorrise di nuovo “No mia signora, non accadrà, è troppo presto. Certe guerre non si combattono né con la forza né con le parole, ma con il tempo. Ci vorrà tempo, il tempo giusto e la persona giusta, quella più adatta.”
 
Le settimane passavano. Vegeta poteva dire dopo molto tempo di essere felice: lui e Bulma erano davvero fatti per stare insieme,il destino li aveva plasmati per appartenersi, ed anche il rapporto coi due bambini andava di giorno in giorno migliorando,e sebbene Yamko fosse ancora molto diffidente nei suoi confronti,il piccolo Rhaego si sentiva a proprio agio nei confronti del principe, a tal punto che un giorno, mentre interagiva con lui,sovrappensiero lo aveva addirittura chiamato ‘Papà’; Vegeta aveva sorriso e lasciato che il piccolo andasse a nascondersi, rosso in volto per la vergogna, tra le sottane di sua madre. Rhaego lo coinvolgeva nei suoi giochi e nelle sue fantasie di bambino e partecipava volentieri agli allenamenti, rivelandosi molto forte per la sua età. Yamko invece non gli parlava quasi mai e lo guardava sempre di sottecchi. Un giorno erano nel suo piccolo gymnasium personale quando Vegeta gli chiese di unirsi al combattimento insieme a suo fratello. Il bambino rimase immobile, con lo sguardo torvo. “Hai ucciso mio padre” disse e se ne volò verso gli appartamenti. A nulla valsero le mille spiegazioni di Bulma, Yamko rimase immobile a letto per tre giorni senza mangiare, ostinato a non voler nemmeno vedere Vegeta, come se si trattasse di una questione d’onore,in segno di protesta. All’alba del quarto giorno, più che l’onor poté il digiuno e il bambino si alzò dal letto affamato e riprese gli allenamenti con il principe e il suo fratellino, senza più parlare di suo padre e della sua morte. Ma lo sguardo torvo rimase.
Una mattina Vegeta aprì gli occhi. Erano nella loro stanza da letto, i drappi molli alle pareti, il basso letto dalle lenzuola scure, il tavolino di granito in centro alla stanza. Un’altra giornata iniziava, uguale e noiosa a tutte quelle che l’avevano preceduta. Ma la sensazione di Bulma che dormiva tra le sue braccia alleviava le sue preoccupazioni; sentiva il suo seno contro il suo braccio e questa sensazione gli provocò la pelle d’oca. Abbassò il volto e si chinò a baciarli. La donna emise un gemito assonnato e Vegeta sorrise.
Lasciò le sue stanza scortato da Zukko, dirigendosi verso la prima riunione del Consiglio della giornata. Nel salone ci trovò Nappa, Cavage,il secondo di suo padre, il Somma Alchimista Calabacìn che lo salutò con un inchino e un sorriso malizioso, il vecchio Kolben e Poreo, il guerriero più o meno dell’età di suo padre, con una grossa cicatrice che gli solcava a metà il volto.
Il Re entrò con ampie falcate seguito dall’inseparabile Egplo, che si posizionò in piedi, in posa marziale, alle spalle del suo trono. Solo dopo che il Re si fu seduto, tutti gli altri si accomodarono attorno al tavolo, Vegeta alla sua destra e Cavage alla sua sinistra.
“Nappa, un breve aggiornamento sulle nuove conquiste”
Era chiaro che Nappa non avesse ben chiaro il concetto di brevità, dal momento che parlò per oltre mezz’ora, annoiando evidentemente il resto del Consiglio e provocando un timido sbadiglio nell’anziano Kolben.
“Bene, Nappa, basta così” lo interruppe Re Vegeta mentre Nappa stava iniziando a elencare i vegetali commerciabili proveniente dal lontano pianeta Mecron 6.2e qualcosa.
“Maestà” esordì Cavage schiarendosi la voce timoroso “vi ricordo..il momento..l’unione..”disse lanciando occhiate in tralice a Vegeta.
“Giusto, Cavage” Si voltò verso il Principe “Il momento è giunto, figlio mio”
Vegeta lo guardò dubbioso “Quale momento?”
“Quello di avere un erede”
Per un attimo Vegeta vide solo buio. Poi lampi e fiamme rosse, scrutando negli occhi di suo padre che lo guardava serio e determinato.
“Hai l’età per ottenere un erede, futuro Principe dei Sayan, e futuro Re.”
“Barba di Khal..” mormorò sognante e fiero Nappa.
Vegeta non aveva parole.
“La futura Principessa è la figlia di Poreo, Aubergine è il suo nome.  E’ la fanciulla più pura e di alto lignaggio del gineceo di Prima Classe. E’ forte di corpo e di spirito, vi darà un erede degno, vostra altezza” disse Cavage.
“Mia figlia è stata allevata per diventare Regina, mi è stato assicurato e giurato sugli dèi dalla madre e dalle sue tutrici” asserì orgoglioso Poreo “Vi darà un figlio maschio forte, barba di Khal. Non potete sapere quale onore sia questo per me, vostra altezza.”
Le voci dei presenti si mescolarono, congratulandosi col principe per il suo futuro erede,e con Poreo, futuro nonno di un molto futuro Re. L’unica voce che non si unì al coro fu quella del vecchio maestro Calabacìn, che scrutava Vegeta con i suoi occhi neri e saggi.
“Padre..”sussurrò infine Vegeta “Io..vorrei parlarti. Da solo.” E si voltò a fissare i presenti, con uno sguardo glaciale e tetro che li indusse a lasciare la sala senza nemmeno aspettare il congedo dal Re.
“Anche tu” disse rivolto a Egplo, il quale aspettò il permesso reale e poi uscì.
“Padre, io non credo che sia ancora il mio tempo per avere un erede” disse deciso e tutto d’un fiato.
Re Vegeta scoppiò in una risata “Non dire sciocchezze!Il tuo tempo è giunto! Hai l’età che avevo io quando ebbi te. E’ l’età che tutti i Vegeta avevano quando generarono un erede. Non si spezza una tradizione vecchia di secoli e secoli.”
“Potrei aspettare” tentò il Principe “finchè non sarò Re. Il tuo regno non si è ancora concluso, padre, e non si concluderà ancora per molto tempo. Perché affrettare le cose, non ve n’è ragione.”
Lo sguardo del Re si incupì e si fece più duro. “No. Questo è il mio comando e tu devi obbedire. Nella dinastia dei Vegeta si comanda uno alla volta e questo non è ancora il tuo turno.” Il tono del Re non ammetteva repliche, ma Vegeta non si diede per vinto.
“No. Si tratta di me, padre, del mio futuro. Voglio scegliere personalmente la compagna con la quale generare un erede, non voglio una qualsiasi ragazzina spaventata. Il tempo scorre e cambia le tradizione, specie quelle desuete.”
Lo sguardo del Re si rabbuiò e si fece ancora più duro e tetro.
“Ho saputo una cosa” disse “una cosa molto sconveniente su di te..e su una prigioniera terrestre.” Vegeta sentì il sangue gelarsi nelle vene.
“Questa terrestre vive nei tuoi appartamenti coi suoi infimi cuccioli.. ti stai facendo deridere da tutta la Prima Classe, ringrazia il dio Khal che questa notizia non si sia diffusa anche nelle altre classi o la reputazione della nostra dinastia finirebbe nel fango, Vegeta! Stai gettando disonore su tutti noi!” ruggì sua maestà.
“Io comprendo che aver vissuto per molto tempo su Apharios, un pianeta diverso, dalle tradizioni libertine e cortigiane, possa averti influenzato..ma sei il Principe dei Sayan! Abbandona tali turpitudini e rientra nei ranghi della nostra cultura e tradizione! Caccia la terrestre!”
Il fatto che suo padre avesse scoperto che Bulma e i suoi figli vivevano insieme a lui, invece di essere stati eliminati o inviati come schiavi su un qualche pianeta lontano, ammutolì Vegeta. Forse se avesse assecondato suo padre nella faccenda dell’erede, avrebbe potuto anche chiudere un occhio sulla sua convivenza con Bulma.. Ma il pensiero di.. lo faceva fremere di rabbia e ingiustizia.
“Tra due giorni avrai l’incontro con tua madre la Regina per la sua tradizionale benedizione e il giorno seguente l’unione con Aubergine nel Tempio Chiuso della dea Maek. Questo è quanto, nulla di più sarà detto. Ti congedo” così concluse il Re che gli voltò le spalle.
Vegeta uscì sbigottito dalla stanza. Doveva pensare ad un piano, doveva assolutamente parlarne con Bulma.
 
Rientrò a sera tarda, dopo aver pensato e ripensato tutto il giorno a un sotterfugio e a una via di fuga per farla franca.
Yamko e Rhaego dormivano nella loro stanza, esausti dopo la giornata di allenamenti, giochi e lezioni con Gurka. Bulma invece era distesa sul loro letto,nella loro stanza privata, ancora sveglia.
“Pensavo rientrassi prima” sorrise “Mi sei mancato”.
Vegeta si sedette sul bordo del materasso dandole le spalle, non sapendo da che parte cominciare.
“Che cos’hai?” disse la donna aggrottando la fronte “Sei triste?” Si sollevò e andò ad abbracciarlo da dietro, stando inginocchiata sul letto “Parlami” sussurrò dolcemente.
“Dobbiamo andarcene” disse Vegeta nel suo tono più tetro “Dobbiamo partire, partire per un qualche pianeta il più lontano possibile da qui. Ruberò una navicella, dell’oro, saremo ricchi, chiederemo asilo, non ci troveranno, sì questo è l’unico modo..” biascicò vinto dalla disperazione.
Bulma lo prese per le spalle e lo girò verso di lei. “Che cosa stai dicendo?” chiese in tono secco.
“Mi odierai” Vegeta respirò profondamente e poi le spiegò quanto era stato detto al Consiglio quella mattina, le disse del suo erede, della futura Principessa, che suo padre aveva scoperto di loro due e che gli aveva ordinato di obbedire.
“Ma io non voglio, non posso, sarebbe..sarebbe tradirti, andare con un’altra donna, io non voglio” in un impeto di insolita passionalità prese il volto di Bulma tra le mani “E’ te che amo, è solo te che voglio” e la baciò.
Bulma si sciolse velocemente dalla sua presa e lo fissò negli occhi. Era sconvolta, il volto terreo e gli occhi lucidi.
“Andarcene?” disse in un filo di voce.
“Domani, domani notte, oppure stanotte stessa. Ce ne andremo ai confini dell’universo e anche oltre, se necessario, non ci..”
“Ci troveranno” disse Bulma tra le lacrime “Ci troveranno sempre, lo sai. Non c’è modo di scappare.”
Vegeta contrasse i muscoli “Lo ucciderò. Ucciderò mio padre, domani,stanotte. Diventerò Re e cambierò la legge, ti prenderò in moglie e diventerai Regina e nostro figlio sarà Principe e Re”
C’è bisogno di tempo affinché le cose cambino, del giusto tempo.Le parole pronunciate da Calabacìn si affacciarono alla mente di Bulma con prepotenza, facendole tollerare quello che altrimenti non avrebbe mai voluto nemmeno considerare, lasciandole intuire l’unica, dolorosa soluzione possibile.
“No, ti uccideranno a loro volta e allora a cosa sarà servito? Sarà la catastrofe, la rivoluzione: si ammazzeranno tra loro per potere diventare Re, e tutto quello che abbiamo ora, quel poco, che è meglio di niente, sarà svanito nel nulla e non ne rimarrà nemmeno il ricordo” scosse il capo Bulma
“A volte..bisogna scendere a compromessi” concluse guardandolo.
Vegeta sgranò gli occhi “No..non puoi dirlo..no,non è così che devono andare le cose..no!”
“Amore mio..” replicò Bulma piangendo “Non lo voglio nemmeno io,meno di te..per nulla al mondo, il solo pensiero di te..e un’altra..mi viene il voltastomaco. Ma non capisci? E’ l’unico modo per far sì che tutto resti com’è. Sarà una volta sola, un’unica maledettissima volta.” Calde lacrime scendevano sulle gote arrossate della donna, che accostò la fronte a quella di Vegeta, i visi vicinissimi.
“E’ quello che devi fare” disse ad occhi chiusi “quello che loro si aspettano da te.”
Compromesso. Un dannato compromesso. Vegeta la abbracciò e lasciò che qualche lacrima di rabbia e rassegnazione scorresse dai suoi duri occhi neri.
 
Per i due giorni successivi provarono ad evitarsi il più possibile: Vegeta cercava di tenersi impegnato tutto il giorno e lo stesso per Bulma,coi suoi figli e nel Locus degli Alchimisti. Si incontravano solo la sera, nella loro stanza, quando si mettevano a letto e si davano le spalle, dopo essersi scambiati poche parole. Niente odio e rancore, solo un grande imbarazzo,tristezza e disillusione.
La vigilia dell’unione nel Tempio Chiuso di Maek, Vegeta si recò nel Gineceo Reale per l’incontro con la Regina Zaffhera: era tradizione che il Principe alla vigilia della sua unione con la futura Principessa ricevesse la benedizione della Regina nel suo gineceo personale.
Dovette attraversare tutto il palazzo per giungere di fronte all’enorme portone istoriato d’oro, raffigurante immagini della dea Maek e del suo sposo Khal. All’esterno, due guerriere dalla corporatura robusta si inchinarono alla sua vista e lo introdussero nel Gineceo. Era la prima volta che Vegeta entrava lì: sotto ai suoi occhi si aprì uno splendido e rigoglioso giardino artificiale, con piante e vegetazione proveniente da ogni pianeta conquistato dai Sayan, un tripudio di colori e profumi emanati dai più diversi fiori, e pseudo-uccelli colorati che cantavano e svolazzavano fra i rami; fontane di marmo mandavano allegri getti di acqua fresca e pulita. In mezzo a tutto questo, in piedi accanto ad una panca di legno scuro, lo aspettava la Regina. Vegeta non l’aveva mai vista da vicino e pur non riuscendo a darle un’età, constatò che era ancora giovane: la pelle era olivastra e liscia, il naso dritto e perfetto, gli occhi grandi e di un nero profondo e ricco; indossava un abito blu scuro drappeggiato sui fianchi che come di consueto lasciava scoperta una spalla, i capelli acconciati in una voluminosa crocchia che faceva ricadere una sola ciocca nera, che dalla nuca si appoggiava ad una spalla.
Lo sguardo era altero e freddo, ma quando lo vide si sciolse in un sorriso.
“Figlio mio” allargò le braccia e quando Vegeta si avvicinò lo avvolse in un abbraccio, baciandolo su entrambe le guance.
“Madre” esordì timidamente lui, pronto a recitare la formula di rito “Giungo a te, mia Regina, per ricevere la tua benedizione prima della mia entrata al Tempio Chiuso, per generare un Principe dei Sayan. Che le tue parole siano la voce della sposa e madre di tutti noi Maek, che permetta alla Principessa di dare alla luce un erede degno,colui che un giorno governerà su noi Sayan, figli di Khal e della sua sposa, protetti di Vegeta.”
La Regina sfoderò un sorriso accondiscendente, come se Vegeta non avesse che pronunciato una filastrocca stupida.
“Siediti Vegeta, ti prego” disse indicando il posto vuoto sulla panca accanto a lei.
Vegeta obbedì.
“Sono lieta di vederti, sono lieta di apprendere che sei cresciuto sano e forte e coraggioso, me ne compiaccio”disse la Regina
“Sono stata costantemente informata delle tua azioni e dei tuoi trionfi sul campo di battaglia, in politica e..non solo
Fece una pausa per osservarlo meglio e sorrise “Ma guardati: fino a ieri non eri che un neonato rosso e urlante, e ora sei un uomo, un guerriero fatto e finito, che sta per concepire l’erede” disse sardonica
Vegeta chinò il capo tristemente.
“Accadrà domani?”chiese Zaffhera.
Il principe annuì con lo sguardo basso.
“Mi sembri triste” continuò guardandolo con uno sguardo strano e curioso. “Qualcosa ti turba? Cosa rende così triste questa unione?” lo fissò con un lampo di malizia negli occhi “Hai paura che qualcuno possa ricavarne dolore?”
Vegeta alzò lo sguardo verso di lei, non sapendo come rispondere.
Zaffhera sorrise soddisfatta “Figlio mio, le notizie corrono veloci in questo palazzo. So che nei tuoi appartamenti vive una terrestre insieme ai suoi cuccioli, so che hai richiesto espressamente che venissero condotti da te, e so che loro vogliono stare lì” l’acqua della fontana continuava a sprizzare allegramente “Quello che non so è il perché di tutto questo. Vedi, sono molto curiosa e negli anni ho imparato ad aprire la mia mente ed a..come dicono gli alchimisti?ah già, emanciparmi. Non credo alle sciocchezze che girano sulla tua cattiva condotta e sulla tua dubbia moralità, perciò voglio che sia tu a spiegarmi.” Poi attese in silenzio una risposta.
Vegeta era totalmente disarmato, non aspettandosi certo un discorso del genere: dalle poche occasioni in cui aveva visto sua madre, Vegeta aveva dedotto che fosse una donna priva di nerbo e sottomessa al destino suo e di tutte le sayan, incapace di articolare un ragionamento come quello appena espresso. Gli eventi lì dentro stavano prendendo una piega del tutto inaspettata.
“Non potresti capire, madre”
La Regina sorrise di nuovo “So che sei diverso da tutti loro, Vegeta, non credevo sarebbe stato possibile in mano a quelli, ma è così, io lo so,lo vedo nei tuoi occhi”  disse quasi commossa “Sei come me. La Madre ha ascoltato le mie preghiere e non ti ha reso cinico e brutale come loro
“Io la amo” disse tutto d’un fiato, non essendo certo che sua madre conoscesse il significato di quella parola, che Vegeta aveva pronunciato nella lingua dei tarvisiani, essendo la parola amore assente nel lessico sayan.
Zaffhera appoggiò una mano sulla sua guancia “Lo so, figlio, so che significa. Mi dispiace tanto, ma questa unione deve compiersi lo stesso,loro non accetteranno un rifiuto, devi farlo comunque, è il tuo dovere, è il tuo destino.”
Vegeta fu sorpreso che sua madre lo avesse capito.
“Pregherò la dea madre Maek affinché sia un maschio degno e adatto, come vogliono loro” disse infine.
 
Il giorno dell’unione giunse. Vegeta si alzò in silenzio, sapendo comunque che Bulma era sveglia,ma non disse niente e uscì.
Zukko lo attendeva fuori dalla porta e lo scortò fino alla sala del Trono, dove avrebbe ricevuto le delegazioni dei Guerrieri e dei Sapienti, pronti a dargli la loro benedizione e a porgergli i loro migliori auguri. Lì sedette al posto dove solitamente stava suo padre e attese. Prima entrarono i tre Guerrieri, ognuno proveniente da una Classe diversa, che recitarono le formule beneauguranti di rito, poi fu la volta dei tre Sapienti. Al termine di questo, pranzò in modo frugale insieme ai suoi commilitoni, quelli coi quali aveva compiuto la sua prima conquista. Il resto del pomeriggio lo dedicò alla preghiera nel tempio di Khal, dove venne incensato da un maestro e dove si inginocchiò tre volte, una per il dio, una per Maek e una per Vegeta, la sua terra. Dopodiché Zukko tornò a prenderlo e lo scortò alla porta di Khal, quella destinata all’uomo,del Tempio Chiuso. Fuori lo aspettavano suo padre, il Sacerdote Tommat e il Sommo Alchimista Calabacìn, che lo fissava triste.
Il Sacerdote recitò le sue invocazioni e preghiere, l’alchimista procedette alle abluzioni e suo padre gli diede la sua benedizione. Dall’altra parte del tempio, alla porta di Maek, Aubergine era al cospetto della Regina, di tutto il suo Gineceo e di quello della Prima Classe e della Sacerdotessa Kelj, che innalzava le sue preghiere alla dea madre.
Al termine dei rituali, che durarono abbastanza a lungo, e al sorgere della luna, la dea, Vegeta fu lasciato solo davanti alla porta. Probabilmente la ragazza era già dentro ad aspettarlo. Le mani gli sudavano ed aveva le palpitazioni. Fece un respiro profondo ed entrò.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo abbastanza lungo, che forse deluderà qualcuno. Ma non demordete, sono un’amante dei lieto fine! Ringrazio chi ha commentato i mie precedenti capitoli e vi invito a continuare a farlo!
Enjoy!
 
“Ho sentito dire che il Principe l’ha rifiutata perché ha le gambe storte”
“Sciocca, non è vero: l’ha resa Principessa,ma prima l’ha derisa per quella sua faccia tutta storta”
“Dicono che sia sterile.”
Aubergine era seduta su una panca nel giardino artificiale di quello ormai diventato il suo gineceo, intenta a ricamare con fili d’oro un lungo scialle verde scuro.
Sentiva tutti i pettegolezzi e i bisbigli alle sue spalle, ma li ignorava: era pura invidia, poiché lei sarebbe stata Regina e quelle gelose prive di una nobiltà e di un lignaggio come il suo, no.
 Aubergine era davvero bella, sapeva di esserlo e nessuno avrebbe potuto farle cambiare idea: pelle bronzea e liscia, due lunghe gambe sottili e seni sodi che si ergevano sopra una vita sottile e due fianchi prosperosi. Un viso delicato, ma dal mento un po’ sfuggente e labbra sottili, con due occhi allungati e un po’ distanti tra loro, ma non per questo la nuova Principessa si credeva meno bella, anzi pensava che quel suo viso particolare fosse un modo per distinguersi dalla massa di ragazze dal volto regolare e dai lineamenti fini che pullulavano nei ginecei di Prima Classe. I capelli erano talmente scuri che parevano quasi striati del blu della notte. Somigliava molto a sua madre Nar e,dicevano, anche a suo padre Poreo, uno dei componenti del Consiglio del Re, un grande guerriero e un uomo molto saggio e accorto. Le sue due tutrici, Ziem e Niak, l’avevano istruita sin da cucciola nell’arte del ricamo, del canto e della musica, della conversazione e delle buone maniere; un tarvisiano le aveva insegnato tutte le lingue che potevano essere utili a una ragazza del suo alto lignaggio, un Maestro Alchimista l’aveva resa edotta nella storia e cultura Sayan, insegnandole a leggere,scrivere, fare di conto e anche leggere le carte spaziali; la Sacerdotessa Col,predecessore di Kelij, l’aveva istruita sulla dottrina e la teologia, insegnandole le preghiere e il culto di Khal e Maek, i due dei grandi, e di Vegeta e gli Spiriti, gli dei minori, ma non per questo meno importanti. Quando poi, alla comparsa del suo primo mestruo, era stata scelta dalla Sacerdotessa e dai maestri come futura Principessa, le avevano insegnato i rituali dell’Unione e i suoi futuri compiti da Regina. Era diventata perfetta, Aubergine, un modello di virtù e femminilità Sayan, come volevano loro. Era fiera di sé e del suo aspetto. Ma tutta questa fierezza, poi era svanita nel Tempio Chiuso di Maek davanti al silenzio e all’indifferenza del Principe alla sua perfezione. Timida e arrossendo un po’, avvolta nella sua bianca vesta, pronta per essere tolta, Aubergine aveva recitato i saluti di rito e aveva aspettato una reazione dal suo Principe. Ma l’uomo non aveva detto una parola e aveva avanzato verso di lei con fare meccanico e dolente: per Vegeta avrebbe potuto essere bassa, grassa, tozza e sgraziata, il suo sguardo non sarebbe certo mutato, per lui era come trasparente, inesistente. Ad Aubergine sembrò che tutta la sua bellezza, tutti quegli anni, da che le erano cresciuti i seni, in cui sua madre e le sue due tutrici l’avevano preparata per diventare un giorno Regina, fossero stati sprecati e gettati nel vento. Poiché quella sera, nel Tempio, il Principe non c’era: assente e freddo, aveva compiuto il suo dovere e se ne era andato in fretta e furia senza guardarla.
Giorni prima le sue compagne di gineceo più anziane, quelle già madri o che lo stavano per diventare, le avevano raccontato a suon di risatine lussuriose e commenti piccanti, quello che doveva aspettarsi dalla sua unione col Principe. Aubergine non aveva avuto nulla di tutto quello che le sue amiche le avevano predetto. Sapeva ovviamente che il destino di una Regina, sebbene più nobile e invidiabile, era molto più solitario rispetto a quello di una comunissima donna sayan: se il Re e la Regina si incontravano solo una volta per concepire l’erede, o in casi disgraziati una seconda volta, le altre donne incontravano i loro compagni molto più spesso e per generare più figli, creando una sorta di complicità e affiatamento,tanto che Aubergine aveva sentito persino storie su un guerriero che aveva iniziato a vivere insieme alla sua compagna!, e si univano con lo stesso uomo anche quando la donna partoriva una figlia femmina; se era la regina a dare alla luce una cucciola, veniva deposta a favore di una nuova.
Ma Aubergine era sicura che il figlio sarebbe stato maschio, come era sicura di essere incinta, anche se il Sommo Maestro Alchimista Calabacìn e la Sacerdotessa Kelij non l’avessero confermato ancora ufficialmente. Sarebbe stato maschio, e sarebbe stato un grande Re, colmo d’ogni tipo d’onore e così lei stessa avrebbe avuto molto onore e ne avrebbe arrecato altrettanto al suo nobile padre, nonostante quel suo padre l’avesse visto solo due volte in vita sua, una volta da cucciola e la seconda qualche giorno prima dell’unione.
Che le altre invidiose parlassero pure alle sue spalle e si inventassero storie stupide sulla sua purtroppo triste e squallida unione: un giorno lei sarebbe stata la Regina Aubergine.
 
Quella seraera rientrato di corsa, ma cercando di non sbattere il portone per non svegliare i bambini. La notte era chiara e piena di stelle e la finestra aperta permetteva di vedere bene anche all’interno di ambienti bui e privi di luce. Si affacciò alla camera di Rhaego e Yamko e vide che assieme a loro dormiva, o quanto meno fingeva di farlo, anche Bulma,il volto più pallido del solito e gli occhi gonfi e arrossati. Chiamò due tarvisiani e ordinò loro di preparare una vasca con dell’acqua bollente, poi comandò che si congedassero. I due piccoli alieni bianchi poco dopo trasportarono una pesante vasca di metallo nella stanza del Principe, poi se ne andarono. Dalla vasca usciva del vapore denso. Vegeta si spogliò e buttò i vestiti in un angolo, poi si immerse: l’acqua era ustionante e la pelle cominciò ad arrossarsi violentemente subito dopo che fu entrato. Afferrò uno straccio e cominciò a sfregarsi con foga, insistentemente e ossessivamente. Le spalle, il petto, le gambe. Strofinò il sesso più e più volte, fino a farsi male. Era sporco, sporco, sporco. Colpevole, colpevole, colpevole. Aveva pensato troppo alle conseguenze, avrebbe dovuto prendere la prima navicella e andarsene lontano, sarebbe stato meglio morire piuttosto che questo, e invece si era fatto prendere dal timore e dal senso della responsabilità. Che gli era successo? Da quando lui provava timore?Paura? Era stata lei a convincerlo, era stata lei a dirgli di restare e di farlo, era colpa sua, tutta colpa sua! Era colpa sua se ora si sentiva colpevole, se si sentiva sporco, ingiusto, un traditore, era lei, lei,lei,lei! E ora che sarebbe accaduto? Oh sì, Vegeta lo sapeva già:lei lo avrebbe rifiutato, avrebbe cominciato a disprezzarlo ed a odiarlo, maledetta stupida, e tutto questo sarebbe stato vano, vano! Provava una rabbia cieca, contro se stesso, contro suo padre, contro Calabacìn, che sapeva non aveva fatto niente per aiutarlo, ma soprattutto contro di lei, contro Bulma! Per salvarla aveva fatto tutto questo, per lei aveva sparso il suo seme in un’altra donna e ora per lei si sentiva l’uomo più spregevole in tutto l’universo proprio per questo, ma era stata Bulma a spingerlo a farlo, lei aveva detto che non avevano nessuna via di fuga, e lui si era arreso, si era rammollito e non aveva cercato altre soluzioni. Perché doveva sentirsi responsabile per uno sbaglio commesso da lei?
L’acqua si stava raffreddando e la sua pelle era rossa e segnata a forza di sfregare e perdeva sangue da un braccio, probabilmente una cicatrice fresca non del tutto guarita si era riaperta. Imprecò tra i denti e uscì dalla vasca, si asciugò e indossò i vestiti da notte che i tarvisiani avevano posto sul letto. Bastò un fischio affinchè i piccoli servitori comparissero e portassero via la vasca, augurando un buon riposo al Principe.
Si stese e rimase immerso nell’oscurità, dando le spalle alla porta e continuando nel suo vorticare di pensieri rabbiosi. Aveva già capito che non sarebbe riuscito a chiudere occhio e la cosa era solo un pretesto per farlo imbestialire ancora di più. Traditore,traditore, era tutta colpa sua, sua, di Bulma, di Bulma! I denti digrignavano dalla tensione e dal nervoso, tanto che non sentì i leggeri passi dei piedi nudi della terrestre che si avvicinavano al letto. Si accorse della sua presenza solo quando sentì il materasso piegarsi sotto il suo peso e quando la sentì rannicchiarsi alla sua schiena. La rabbia crebbe e si voltò, pronto a vomitarle addosso una valanga di accuse e colpe per liberare la sua coscienza ingiustamente macchiata.. ma incontrò un paio di occhi dolenti e innamorati, arrossati dal troppo pianto e dalla troppa angoscia e il cuore di Vegeta si liberò all’istante di tutto l’odio che aveva accumulato e si rese conto che erano solo due anime rattristate che si cercavano l’un l’altra. Senza dire nulla, la avvolse tra le sue braccia e si addormentò respirando l’odore dei suoi capelli.
 
Dopo tre settimane Maestro Calabacìn e la Sacerdotessa Kelij annunciarono che la Principessa Aubergine era incinta e l’erede ci sarebbe stato. Il popolo festeggiò per due giorni l’annuncio, il Re fece rientrare i guerrieri dalle missioni e organizzò un torneo di lotta per l’evento. Ogni giorno durante il Consiglio, il Maestro Calabacìn informava i membri sulle condizioni di salute della Principessa, sempre ottime.
Vegeta e Bulma avevano ritrovato la serenità. Dopo i primi giorni di imbarazzo e titubanze, la vita era tornata normale come prima, anche se il pensiero che il nascituro poteva essere femmina angosciava la donna:non voleva si ripetesse di nuovo quanto era accaduto nelle settimane precedenti.
Vegeta era tornato ai suoi impegni istituzionali e Bulma aveva ripreso a recarsi nel Locus ogni giorno, conferendo con Calabacìn, che le riservava sempre innumerevoli cortesie e sguardi tristi e consapevoli.
Amava molto conversare con Rapaney, che nonostante rimanesse formale e con piglio marziale, era ormai diventata una sua buona amica. Purtroppo la guerriera era presente meno spesso di quanto Bulma avrebbe voluto, dal momento che comunque rimaneva sempre una guardia del Principe, nonostante le avesse giurato fedeltà. La scienziata sentiva la necessità di ulteriore compagnia, aldilà di quella dei suoi figli, o di quella insolita e sterile dei tarvisiani, oppure di quella colta e disponibile, ma sempre diffidente degli Alchimisti, eccezion fatta del Sommo Maestro.
“Ti senti sola?” le chiese un giorno Vegeta.
“Solo un po’” gli confessò.
Il Principe prese le mani tra le sue e sorrise “Non deve essere facile rimanere sempre segregata negli appartamenti o nel Locus, vorrei poterti dare più libertà di movimento.”
“Non è per lo spazio”disse lei “anche se potessi vagare per tutto il pianeta dubito che qualcuno si fermerebbe a parlare con me” ammiccò “Credo che non siano in molti qui a vedermi di buon occhio, oltre a Rapaney e Calabacìn..e ovviamente te” poi scoppiò a ridere “Almeno credo!”
Vegeta rise e poi la baciò. Avrebbe voluto accontentarla, ma poteva essere rischioso e comunque non era un bisogno impellente.
Un paio di settimane dopo stavano passeggiando insieme nei suoi giardini privati. Era da qualche giorno che notava come un’ombra di dubbio e preoccupazione nello  sguardo di Bulma, ma non capiva il motivo. Si fermarono e si sedettero insieme su una panca, Bulma sdraiata e con la testa appoggiata alle gambe di Vegeta. Erano in silenzio,ognuno immerso nei propri pensieri, circondati dai rumori della natura.
“Sono incinta”
Per un istante Vegeta pensò di non capito bene, ma quando Bulma lo ripeté, non si stupì più del dovuto, considerando che la maggior parte delle volte che facevano l’amore, vinti dalla passione, non stavano molto attenti.
“Sei arrabbiato?”chiese Bulma.
“Io..no. Non sono arrabbiato. Ma sarà difficile. Un figlio.. I maestri sanno che hai due figli, cosa penseranno quando ti vedranno con il pancione e poi con un altro bambino? Capiranno e si verrà a sapere. Saremo di nuovo in pericolo.”
La donna fece spallucce “Ci ho riflettuto un po’ e ho pensato che in fondo nessuno sa quanto duri la gestazione di una donna terrestre, sebbene biologicamente la mia razza e la tua siano praticamente uguali. Potrebbe durare un anno, o anche più,e così..potrebbe essere di Yamko” Bulma si morse il labbro nel pensare al primo marito. “Forse i maestri capiranno che c’è qualcosa che non va, ma sono sicura che maestro Calabacìn terrà le cose sotto controllo, mi vuole bene il vecchio, mi aiuterà. Potrà crescere con Rhaego e Yamko. Oppure potrei creare il mio piccolo gineceo a razze miste e farlo crescere con cuccioli e cucciole sayan” scherzò Bulma strizzando l’occhio.
Fatta eccezione per l’ultima affermazione,il resto poteva funzionare, era vero che Calabacìn aveva un debole per Bulma ed era un uomo molto emancipato e saggio,quindi sì, li avrebbe aiutati. E per la coda avrebbe potuto asportarla una volta nato il bambino, come in  passato era stato fatto con Trunks e Bra. In passato..in un’altra vita.
 
Decisero di non dire niente, la gravidanza sarebbe stata evidente solo in stato avanzato, e allora avrebbero lasciato che fosse maestro Calabacìn a trovare una spiegazione plausibile con gli altri maestri. Probabilmente avrebbe regnato l’omertà: tutti avrebbero saputo, ma sarebbero rimasti in silenzio; in fondo gli alchimisti, grazie alla loro cultura e lungimiranza, erano più tolleranti e vedevano le cose sotto una luce diversa, per cui non avrebbe dato loro fastidio se il futuro Re avesse avuto un figlio illegittimo, su altri pianeti cose del genere accadevano continuamente.
Vegeta capì che per Bulma sarebbe stato un periodo complesso e che per quanto lui poteva starle vicino, aveva bisogno di qualcuno di comprensivo che la aiutasse e fosse sempre con lei.
Rompendo le regole, si recò nuovamente nel gineceo di sua madre.
“Altezza..è una novità..le tradizioni non prevedono..” bofonchiò la guardia fuori dal gineceo.
“Sono il Principe, ogni cosa mi è lecita” rispose Vegeta incrementando l’aura e usando un tono minaccioso. La guardia non ebbe altra scelta se non quella di farlo entrare.
Sua madre era seduta sul bordo di una fontana, seduti ai suoi piedi tre bambine e un maschietto molto piccolo: stava insegnando loro una filastrocca sui capelli neri e folti della dea Maek, che un giorno si impigliarono nei rami di un albero; tutti e quattro i bambini ridevano divertiti. Quando Zaffhera si accorse della sua presenza, la sua bocca si spalancò in un sorriso dolcissimo e meravigliato, scoprendo un’arcata di denti bianchissimi e perfetti.
“Principe Vegeta.. Figlio mio” disse la Regina e i bambini si girarono stupiti e con la bocca aperta in direzione di Vegeta, prima di dileguarsi intimoriti.
“A cosa devo la tua insolita e non convenzionale visita?”
“Ho bisogno di un favore, madre” disse Vegeta con fare circospetto.
La Regina lo scrutò a lungo “Un favore? Che tipo di favore?”
“Ho bisogno che tu mi affidi una persona di tua fiducia,una persona saggia e che tu sai di larghe vedute e che sia..discreta. Una femmina. Una fantesca, che sappia almeno un po’ la lingua terrestre”
Zaffhera osservò il figlio e incrociò le braccia “Perché?”
Perché la donna che amo aspetta un figlio da me e ha bisogno delle cure e attenzioni che io non posso darle.
“Ti credevo una regina discreta e amante delle novità” scherzò Vegeta.
La donna non mostrò apprezzamento per la battuta e rimase con le braccia incrociate e lo sguardo fisso ad attendere una risposta.
“Mi serve una fantesca.. per la terrestre. Lei..potrebbe non stare bene nelle prossime lune” confessò Vegeta, cercando di far capire a sua madre la situazione.
La Regina continuava a fissarlo ma il suo sguardo ora si era rabbonito.
“Morka” disse infine “è una delle più anziane del mio gineceo. Ha avuto numerosi figli e tre di questi sono alchimisti. Il suo compagno è morto in una lite con un altro guerriero che sosteneva che gli alchimisti sono solo mezzi sayan; lei lo ha pianto molto. Apprezza la compagnia delle altre razze e dei tarvisiani e parla abbastanza bene la lingua terrestre. E sa stare zitta” sorrise Zaffhera “E’ una brava sayan e mi mancherà molto. Dì alla tua terrestre di trattarla con rispetto.”
“Sarà fatto, madre” chinò il capo Vegeta.
La regina lo abbracciò e tese la bocca verso il suo orecchio “Prego affinché tuo figlio nasca in salute” sussurrò “Affinché tutti e due nascano in salute”.
 
Morka si rivelò davvero una donna gentile e rispettabile. Intuì subito la condizione di Bulma e non ebbe paura a parlarne con lei e ad aiutarla manifestamente.
“Mia signora aspetta cucciolo, mia signora deve stare seduta e riposare. Non andare da acidi sapientoni, vecchio Calabacìn verrà da voi, voi riposare”
 Si dimostrò gentile e benevola nei confronti di Yamko e Rhaego, iniziando a chiamarli ‘miei spiritelli’ per l’esuberanza e la simpatia; da parte loro i due fratelli non ebbero difficoltà ad affezionarsi alla fantesca.
Nonostante le raccomandazioni di Morka, Bulma decise di recarsi ancora al Locus, almeno finchè non le fosse spuntata la pancia.
L’anziana donna la sgridava quando la vedeva uscire, ma Bulma era felice lo stesso che lei ci fosse.
Un giorno erano sedute entrambe nei giardini, Bulma intenta a leggere delle carte e Morka a ricamare.
“Voi non pregare mai, mia signora. Pregare fa bene, dèi ascoltano preghiere.”
“Sulla Terra esistevano dèi diversi da qui, Morka. E comunque non pregavo nemmeno quelli”
La vecchia scosse il capo. “Male. Dèi ascoltano, dèi aiutano. Non fa male pregare. Io posso insegnare”
Bulma aveva appreso che la religione era  fondamentale su Vegeta e maestro Gurka le aveva insegnato le divinità e la loro mitologia. Tutti, dal Re al Sommo Alchimista, al soldato di Terza Classe più infimo, erano ricolmi di una devozione al limite del fanatismo.
“Va bene Morka, insegnami a pregare”
Morka prese le mani di Bulma tra le sue. “Ti insegno preghiera speciale per Madre Maek” disse strizzando l’occhio “ti insegno preghiera di donne.”
Ed elevò in lingua sayan una litania dalla parole semplici che Bulma ripeté senza difficoltà:
Dolce Madre, fonte di pietà,
Risparmia i nostri figli dalla guerra, noi ti preghiamo.
Ferma le lotte e ferma i conflitti,
Lascia che abbiano giorni migliori.
Dolce Madre, forza delle donne,
Aiuta le nostre figlie in questa tribolazione,
Calma il furore e lenisci la furia,
Insegna a tutte noi una via più gentile.
Dolce Madre, fonte di pietà,
Risparmia i nostri figli dalla guerra, noi ti preghiamo.
Ferma le lotte e ferma i conflitti,
Lascia che abbiano giorni migliori. *
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Ho tratto e modificato leggermente questa preghiera da ‘Il Trono di spade- La regina dei draghi’ di George R.R. Martin: è la litania che Sansa canta al Mastino

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Eccoci qui! Ringrazio le persone che recensiscono ogni capitolo, mi fa piacere pensare che la mia storia possa piacere a qualcuno! ^.^
Spero che questo capitolo non vi deluda, forse non era al massimo della forma quando l’ho scritto! In particolare perdonatemi per le misure di tempo e spazio:sono un po’ a casaccio, in fisica sono sempre stata una frana! Spero che comunque non si notino e non diano fastidio alla lettura. Fatemi sapre che ne pensate!
Enjoy!
 
Bulma era al sesto mese di gravidanza. La pancia era ben visibile e rotondetta e le forme della donna si erano ammorbidite. Morka aveva iniziato a farle indossare abiti più larghi e comodi, a farle mangiare solo carni e frutti rossi e a darle un bicchiere di sidro alle mandorle astaree tutte le sere. La buona sayan si prendeva cura teneramente di Bulma e Vegeta era felice di vedere che la sua donna trovava un aiuto anche al di fuori di lui.
Nei mesi precedenti le visite al Locus avevano preso a diradarsi e un giorno Bulma,ormai troppo grossa per uscire senza destare pensieri, non sapendo come annullare il suo incontro con il Sommo Maestro Alchimista fece sapere a Calabacìn che sarebbe stata disposta a riceverlo negli appartamenti del Principe. Pensò che tale arroganza avrebbe fatto desistere l’anziano saggio, che invece si presentò alla sua porta nel giorno in cui di solito si incontravano nel solarium dell’alchimista.
“Mia signora” esordì Rapaney “il Sommo Maestro Alchimista è qui per voi”
L’anziano avanzò sorretto da un bastone. Bulma era seduta su un pouf insieme a Morka e stavano ricamando quando Calabacìn entrò e la vide. Bulma si alzò in segno di rispetto, sorreggendosi la pancia e osservò, parzialmente divertita e impaurita, la reazione del maestro: l’alchimista sbarrò per una frazione di secondo gli occhi per poi allargare il viso in un sorriso sornione e compiaciuto.
“Mia signora, Bulma, vi trovo bene..in forma”
“La gravidanza.. noi terrestri..abbiamo periodi molto lunghi..il mio defunto marito,lui è..” balbettò Bulma insicura.
“Oh sì, certo, sicuramente” le strizzò l’occhio il maestro.
Morka prese un altro pouf e fece accomodare il sapiente, poi si allontanò per andare a controllare i bambini che giocavano nei giardini.
“Allora le voci erano giuste: una sayan al vostro servizio” esordì Calabacìn lisciandosi la barbetta bianca.
“Lei non è la mia serva. E’ una mia amica, mi sta solo dando una mano: il Principe ha pensato potesse essermi d’aiuto.” Bulma chinò il capo “E’ stato molto gentile da parte sua.”
Il maestro continuava a guardarla.
“Si direbbe vi tratti come una regina..e non una regina sayan.”
Bulma lo fissò: lo sguardo del maestro era preoccupato e divertito allo stesso tempo.
“Stanno ponendosi delle domande Bulma, mia signora. Il Re, il Consiglio e la Prima Classe. Si chiedono come mai il Principe non vi abbia eliminata o inviata su un qualsiasi pianeta a svolgere il vostro lavoro da schiava. Si chiedono come mai tenga la scienziata terrestre nei suoi appartamenti, insieme ai suoi cuccioli. E tra qualche mese, si porranno molte altre domande, credo”accennò al pancione di Bulma.
“Incolpano il Principe di concubinato e lo accusano di essere un sovversivo, di disgregare le tradizioni.”
“Rapaney mi ha già detto queste cose tempo fa.”rispose seccata la donna.
“Tempo fa,sì. E le cose non sono cambiate, anzi. Mia signora, io non comprendo, purtroppo per me, quello che c’è tra voi e sua altezza, e mi rendo conto che il Principe, nonostante la sua maschera di diffidenza, sia diverso da tutti i suoi simili e da come era fino ad una Grande Luna fa, ma tutto questo può essere rischioso per voi.”
Calabacìn interruppe il discorso e fissò intensamente Bulma, che lo ascoltava dolente.
“Vegeta è un pianeta pericoloso per i forestieri, mia signora, e sia voi che il Principe lo siete, mi è chiaro. Avete due possibilità: restare e farvi inserire nel più infimo gineceo di Terza Classe, così da nascondervi da occhi indiscreti, oppure.. fuggire.”
Fuggire. Bulma ci aveva pensato e ripensato da che era arrivata lì, anche dopo che si era scoperta innamorata di Vegeta. Ma fuggire dove: la Terra era ridotta ad un cumulo di sassi e schiavi, e lo spazio era talmente sconfinato e misterioso da non sapere dove sbattere la testa. Avrebbero rubato una navicella, preso Yamko e Rhaego e fuggiti su un altro pianeta, il più lontano possibile dal pianeta dei sayan. E poi, come sarebbero sopravvissuti? Con che risorse? Vegeta facendo il mercenario e lei la serva, sempre braccati e col timore che li trovassero? Era questa dunque la libertà che si meritavano, loro, fuggitivi e traditori?
Bulma chinò il capo e scosse lentamente la testa.
“Non ci riusciremo. Ci troveranno, ovunque andremo: Vegeta è il principe e deve stare al suo posto, e io al mio. Mi uccideranno, uccideranno i miei figli. E se anche non ci trovassero, come potremmo sopravvivere? In quale modo un principe fuggiasco e una scienziata esule possono sopravvivere in mezzo all’universo?”
Calabacìn ascoltò con attenzione. Il vecchio aveva lo sguardo buono e triste, era davvero sincero nel condividere il dolore e la preoccupazione di Bulma: la sua vita era stata consacrata alla conoscenza e all’ampliare la mente, studiando nuove culture e nuove vite, ma mai si era trovato tanto partecipe dei sentimenti di un’altra persona.
“Non dovete temere per questo, mia signora. Ci sono tutte le basi perché voi e il Principe possiate andarvene senza essere seguiti. Lasciate fare a me, mi occuperò di tutto, anche del vostro sostentamento, non parlatene con nessuno, nemmeno con Vegeta. Lasciate che vi aiuti, e che tutta la conoscenza e l’intelligenza accumulata negli anni da un povero vecchio, non lo siano state invano.”
 
Era arrivato in anticipo rispetto a tutti gli altri e la sala del Consiglio era vuota. Sul grande tavolo era stesa una carte spaziale delle conquiste più recenti e nel mezzo del foglio brillava un puntino azzurro, la Terra. Allungò la mano e sfiorò delicatamente quel punto, vinto da un moto di nostalgia.
“Mi eviti da due giorni” le aveva detto quella sera mentre erano appoggiati alla ringhiera della terrazza al terzo piano della Capsule Corporation.
“Vai via, voglio stare da sola.”
“Smettila. Parlami.”
“..Non so cosa fare.”
La scoperta risaliva a due giorni prima, di mattina. Bulma si stava preparando per uscire, quando Vegeta entrò in bagno per lavarsi i denti. Lei canticchiava mentre indossava il reggiseno e il resto della biancheria e Vegeta si spazzolava i denti, ma ad un tratto sentì una presenza, una nuova e minuscola presenza che proveniva..direttamente dalla pancia di Bulma.
“Bulma..” disse Vegeta interrompendo il suo canticchiare.
“Cosa c’è?” Lui lanciò uno sguardo eloquente alla sua pancia e Bulma capì. “Oh no..di nuovo!No, no, no!” Il test di gravidanza risultò positivo e non ci furono più dubbi.
“Che cosa faremo?” disse ancora Bulma, mentre le brezza serale le scompigliava i capelli corti.
“Che vuol dire cosa faremo?”
“Oh Vegeta, non prendermi in giro, lo sai cosa intendo. Il nostro rapporto è talmente.. fragile, lo è sempre stato, soprattutto adesso, dopo quello che è accaduto al Torneo di arti marziali. Abbiamo appena deciso di riprovarci e di rimettere insieme i pezzi e adesso questo..sei già andato fuori di testa quando sono rimasta incinta di Trunks, questa cosa..non so cosa potrebbe succedere, tu sei pronto, io sono pronta.. Forse è l’occasione per rendersi conto che non ancora una volta non siamo pronti, non lo saremo mai..e stare insieme..forse non ha senso..”
“Basta, zitta” l’aveva interrotta Vegeta. Bulma lo aveva guardato con fare interrogativo. Le labbra sottili di Vegeta si contrassero in una piega ancora più dura del solito, segno che stava per dire qualcosa che non avrebbe voluto e che lo imbarazzava enormemente.
“Balliamo lo stesso noioso balletto da anni ormai: uno di noi si arrabbia o si rassegna e minaccia di mollare tutto e l’altro è troppo testardo per andargli dietro, ma sai che c’è? Ora è diverso: siamo due persone adulte, siamo sposati, abbiamo delle responsabilità. Ho sbagliato in passato, lo so, e tu mi hai perdonato. E nemmeno stavolta sarà facile, nessuno ha detto che lo sarà, ma siamo adulti, quindi basta scappare e prendiamo in mano la situazione.”
Bulma ristette, stupita da quanto aveva appena sentito. “Quindi.. secondo te dovremmo tenerlo?”
“Ho detto che dobbiamo prendere in mano la situazione e assumerci le nostre responsabilità.”
Bra sarebbe arrivata sette mesi dopo, rendendo tutti, specialmente Vegeta, più felici che mai. Ricordi..
In quel momento maestro Calabacìn entrò nella sala, sorretto dal suo bastone.
“Che ci fate qui?”chiese sorpreso Vegeta
“Altezza, siete anche voi in anticipo” disse ridendo e inchinandosi il maestro.
Vegeta non rispose nulla e tornò a posare gli occhi sulla carta.
“Ogni tanto un Sommo Alchimista ha il compito di presenziare alle riunioni del Consiglio” Vegeta continuò a non parlare e a fissare la mappa.
“I vostri occhi sono pensierosi” continuò il vecchio “Cercate qualcosa?”
“Una strada per casa” disse infine Vegeta sovrappensiero.
“Una via di fuga dunque” riprese il vecchio.
Vegeta alzò lo sguardo ed incontrò quello divertito dell’alchimista: si era lasciato scappare troppo, doveva essere più cauto.
“Siete diverso, principe,non so quando è accaduto, ma vi comportate come se questo non fosse il vostro posto, come se voleste andarvene”
“Non posso andarmene.” replicò Vegeta con un tono di stizza.
“Oh, ma la vostra presenza qui non è più necessaria” disse Calabacìn in tono calmo.
Vegeta lo osservò senza capire.
“Ricordo di aver letto un qualche antico documento, recentemente. Il figlio del re Vegeta il Furioso, morì improvvisamente, lasciando una principessa incinta del suo erede.” disse guardando Vegeta.
“Morì..ovviamente ciò che il popolo e tutti sanno è che morì, ma sui documenti segreti che solo pochi possono consultare, la storia è molto diversa: il Principe Vegeta il Rinnegato scappò dopo aver rubato gran parte del Tesoro Reale e se ne andò via nell’angolo più remoto dell’universo. Venne inseguito e ricercato per qualche tempo, ma alla fine il Re ordinò di desistere, e proclamò che dopo la sua morte e fino all’età adatta del principino, sarebbe stato il Sommo Maestro Alchimista a fare da reggente. Da quel momento la regge reale è così, anche se molti se lo dimenticano: sono necessari solo due Vegeta allo stesso tempo, il terzo è,come dire, superfluo.” Calabacìn fece un gesto vago con la mano “Come vedete, un principe non è del tutto necessario se questo volesse..una via di fuga”
Vegeta rimase stupito a fissarlo. Lo stava aiutando, gli aveva detto che poteva fuggire e andarsene con Bulma, gli aveva mostrato una via di fuga.
In quel momento nella stanza entrarono gli altri membri del Consiglio seguiti dal Re e da Egplo.
“Grazie” mormorò all’alchimista prima di prendere posto alla seduta.
Re Vegeta sedette con piglio severo al suo scranno e aspettò che tutti si accomodassero. Dopo i soliti aggiornamenti sulla salute della Principessa e sulle novità dette da Nappa, il Re si schiarì la voce.
“Stasera stessa intendo partire alla conquista di Huppe, nella galassie di Beste.”
Il Consigliò mormorò.
“Maestà” intervenne Cavage “non è rischioso da parte vostra esporvi così?”
“Già! Barba di Khal, non è possibile maestà, lasciate ai soldati lavori così umili!” incalzò Kolben, bofonchiando.
Re Vegeta lo fulminò con lo sguardo. “Conquistare e combattere è l’essenza del popolo sayan, forse voi altri lo avete dimenticato. Non è un lavoro umile, è ciò che da secoli e secoli i sayan fanno per vivere. Mi prudono le mani a starmene sempre qui a far niente,specialmente a sentire il vostro berciare senza senso. La mia decisione è presa. La conquista non sarà di lunga durata, gli esploratori ci hanno informato che si tratta di una popolazione dalla forza media, non ci vorrà molto. Cavage, lascio a te e al Principe il comando. Il Consiglio è sciolto.”
Tutti si alzarono, lanciandosi sguardi sospettosi e bisbigliando tra loro. Il Re prima di uscire afferrò Vegeta per un braccio e lo portò in disparte.
“Faccio molto affidamento su di te, figlio, questo è il banco di prova per vedere che re sarai un giorno.”
Vegeta annuì in modo serio.
“E ancora una cosa.. so che la terrestre e i suoi cuccioli sono ancora nei tuoi appartamenti. Mi stai deludendo tantissimo. Cacciala o lo farò io stesso con la forza! Vedi di farli sparire entri il mio ritorno!”
Entro il tuo ritorno padre, io sarò lontano anni luce da qui.
 
L’allontanamento di suo padre era l’occasione giusta per pianificare la loro fuga. Decise di informare Bulma solo a cose fatte: non voleva preoccuparla e sapeva che lei, per eccessiva angoscia, avrebbe provato a dissuaderlo.
Suo padre partì quella sera insieme a tre plotoni di cinquanta soldati l’uno e avrebbe raggiunto il pianeta nel giro di tre ore. Lì si sarebbe fermato quattro giorni, quanto aveva preventivato per la conquista del pianeta Huppe.
Vegeta non perse tempo e il giorno seguente la partenza andò a colloquio con maestro Poivren, l’esperto di geografia stellare.
Convincendolo che stesse ponendo certe domande solo per studio ed erudizione, l’alchimista parlò, fra le altre cose, di un pianeta che gli era stato descritto casualmente da maestro Calabacìn solo qualche ora prima: si chiamava Vìz, un pianeta piccolo, simile alla terra, diviso in tre continenti che regnavano in pace tra loro, due repubbliche e una diarchia, molto dediti al commercio infragalattico; gli abitanti erano morfologicamente molto simili ai terrestri e ai sayan, sebbene molto più alti e magri, dalla pelle pallida e così sottile da poter intravedere le vene, e parlavano una lingua molto semplice, a detta di maestro Poivren. Era una zona franca, adatta per rifugiarvisi, e infatti vi si trovavano alieni provenienti dalle galassie vicine che cercavano rifugio lì, gli autoctoni li accettavano con facilità, specie se portavano con sé molta ricchezza. E, cosa che piacque molto a Vegeta, si trovava a centinaia di migliaia di anni luce dal pianeta dei sayan, ci sarebbero voluti cinque mesi di viaggio per raggiungerlo, ma Vegeta non ne era preoccupato.
Vìz sarebbe stata la loro nuova casa, sarebbero vissuti felici e al sicuro, crescendo Yamko, Rhaego e il nascituro. Per un istante pensò all’altro figlio, al figlio di Aubergine, ma scacciò velocemente quel pensiero dalla mente, come si scaccia una mosca fastidiosa dal naso: quello sarebbe stato il nuovo Principe e, ironia della sorte, gli avrebbe permesso la fuga che solo qualche mese prima gli sarebbe stata impossibile.
Decisa la destinazione occorreva procurarsi il capitale.
Vegeta si recò dall’alchimista che si occupava del conio e ordinò di portare nel suo gymnasium personale entro il giorno dopo un quarto del Tesoro Reale. Il maestro accettò l’ordine senza battere ciglio e senza sembrare insospettito. “Non informate nessuno, né il Consiglio né il Sommo Alchimista” gli disse Vegeta. Maestro Calabacìn lo avrebbe aiutato, ma tenerlo all’oscuro era un modo per proteggerlo.
La sera se ne andò a dormire soddisfatto ed ebbe la tentazione di dire a Bulma quanto stava per accadere, ma riuscì a contenersi: la fuga era pianificata per la notte seguente, con la luna nera.
Al mattino Vegeta stava percorrendo il corridoio che lo conduceva al gymnasium, scortato da Zukko.
“Procurami una navicella silenziosa, una che sia adatta ai lunghi viaggi e riempila con viveri e altri beni adatti ad un viaggio lungo mesi. Fa che sia pronta per stanotte, quando il palazzo e il pianeta è immerso nel silenzio e nel sonno.”
Zukko lo guardò perplesso “Altezza, è forse in programma una spedizione molto lontano?”
Vegeta ghignò, pensando che mancavano ancora poche ore e poi avrebbe attuato il suo piano.
Ad un tratto in fondo al corridoio apparvero tre guerrieri, dalla uniformi logore e sporche. Quando lo video gli corsero incontro a gran velocità.
Mi hanno scoperto!
Ma una volta di fronte a lui, si inginocchiarono e il più alto in grado sollevò il viso per parlare.
“Il Re è morto! Evviva il Re”
“Evviva il Re!”
“Evviva il Re!”
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Nuovo capitolo!Commentate e fatemi sapere il vostro parere!^^
Enjoy!
 
Fiamme. Fiamme che si alzano nel cielo, che danzano e vorticano trasportate dal vento. Scintille bruciano e zampillano nell’aria, illuminando la notte nera e senza luna. Lingue scarlatte e dorate che si intrecciano ed abbracciano in un amplesso caldo ed avvolgente.
Un folto gruppo di guerrieri circonda la pira, primo fra tutti il Sacerdote, alla sua destra il Re. Poco più in là, circondata da una dozzine di donne avvolte da abiti neri, la Regina Madre e la Sacerdotessa, e ancora più lontana, insieme al suo gineceo, la nuova Regina.
La salma del vecchio Re arde e l’aria si riempie di odore di carne bruciata, denso fumo nero si alza nella notte mentre la Sacerdotessa e le donne intonano un canto per accompagnare il vecchio Re tra gli Spiriti, coloro che hanno originato l’universo e coloro che ne accolgono la fine.
Al termine il Sacerdote intona l’ultima preghiera e si rivolge poi alla folla, guerrieri e donne di Prima Classe ed alcuni esponenti della Seconda.
“Figli di Vegeta, figli di Khal e Maek, popolo Sayan, re Vegeta è accolto tra gli Spiriti e re Vegeta è accolto tra noi, come padre e sovrano di tutti” la voce tonante riecheggiava nel tempio.
“Barba di Khal, barba di Khal!” urlava la folla, donne e uomini.
Il Sacerdote pose la mano sulla fronte di Vegeta, invocando gli dei e pregando ad alta voce in modo solenne. Vegeta con la coda dell’occhio sbirciò nella direzione di sua madre, che lo guardava con aria triste.
Vegeta dubitava che la sua tristezza fosse da attribuire alla morte di suo padre, non correva il minimo affetto tra i due, non c’era mai stata confidenza; era triste per lui, perché sapeva che ora non aveva via di scampo né fuga. Ora era Re.
Quando il Sacerdote levò la mano i sayan liberarono un urlo di gioia ed acclamazione.
“Vegeta! Vegeta! Barba di Khal! Barba di Khal!”
La folla lo fissava, sua madre lo fissava, la nuova Regina lo fissava. Avrebbe voluto sparire sotto terra, quello non era il suo posto, il suo posto era nella grande casa bianca con il giardino pieno di piante e gatti, la biciclettina rosa e il motorino grigio, e la donna con il costume rosso stesa sulla sdraio a prendere il sole..
Fin da bambino aveva pensato che sarebbe diventato un grande Re, il Re dei Sayan, il suo sogno era diventare migliore di tutti, migliore di suo padre, ma poi quel sogno gli era stato portato via ed era finito sulla Terra, il posto più detestabile dell’universo con le persone più detestabili che potesse immaginare. Ma negli anni quella era diventata casa sua, la sua famiglia, il suo posto. Calzava a pennello con quel mondo, il suo mondo.
E quello in cui si trovava ora, semplicemente non gli apparteneva e lo temeva.
Il tempio gremito gridava il suo nome e Vegeta lo guardava. Il suo popolo. Eppure erano tutti estranei ai suoi occhi. L’unico viso che avrebbe voluto vedere non c’era, chiuso nei suoi appartamenti. Una piccola parte di sé avrebbe voluto che Bulma fosse lì con lui, ad essere anche lei acclamata Regina. Ma Bulma non era sayan e Bulma rimaneva la scienziata terrestre che nessun guerriero avrebbe mai elogiato.
Tommat il Sacerdote invocò di nuovo gli dei per l’ultima benedizione, la folla ripeteva la sua preghiera. Vegeta scorse i loro visi, uomini, donne, vecchi, il suo popolo, un popolo che lui non voleva, ma che ora doveva governare volente o nolente: non sarebbe riuscito a scappare ora, servivano due Vegeta, e lui era il primo, era il Re. Ma avrebbe cambiato le cose, avrebbe cambiato le leggi, le tradizioni. Ciò che il Re dice,è legge, perché non avrebbero dovuto obbedirgli? Avrebbe cambiato il consiglio, si sarebbe circondato solo di persone fidate.. ma di chi poteva davvero fidarsi?
 
Le cerimonie e i riti a cui il nuovo Re doveva sottoporsi erano infiniti: il saluto ai soldati, le preghiere nei tempi, le visite ai villaggi di donne e soldati ritirati nel deserto, i ricevimenti a corte dei funzionari dei loro alleati commerciali, i viaggi sui pianeti più vicini a salutare le truppe, le benedizioni nei ginecei, i saluti al Locus, al Iatreio e ai due Sacerdoti.
La visita al Locus fu quella che più di tutti lo stupì e lo rallegrò. Ci si era recato con Zukko e Rapaney, che aveva definitivamente nominato ufficiali del suo Esercito Scelto e si era ritrovato davanti tutti gli Alchimisti, che lo attendevano in semicerchio all’entrata del Locus, e si inchinarono al suo ingresso. E con sorpresa vide che tra i maestri in prima fila, accanto a maestro Gurka e al sommo Calabacìn, c’era Bulma, splendida col suo pancione nel suo ampio vestito bianco  bordato d’azzurro, con un velo che le copriva il capo, sorridente e felice. Più tardi gli disse che era stato maestro Calabacìn a chiederle di unirsi a loro, poiché ormai, a tutti gli effetti, era anche lei un’Alchimista. Non tutti i membri del Locus erano contenti della sua presenza lì, confessò Bulma, ma rispettavano tutti il Sommo Alchimista e nessuno osò contraddirlo, poiché doveva esserci sicuramente un motivo valido se aveva invitato lì la terrestre.
Vegeta ne fu davvero contento: se il suo regno doveva essere all’insegna del cambiamento, l’accettazione semi ufficiale di Bulma tra gli alchimisti era un buon inizio.
Al termine di tutte le cerimonie, si tenne la prima seduta del Consiglio di Vegeta come nuovo Re.
I componenti erano ancora gli stessi: Cavage, il secondo di suo padre, Nappa, Poreo e Kolben.
Vegeta fu scortato da Zukko e prese posto a capotavola, osservando gli altri che si sedevano e attendevano che il Re parlasse.
Rimase qualche secondo in silenzio e li osservò uno per uno: Nappa aveva lo sguardo vacuo e ottuso, il suo unico merito era di essere un grande guerriero, feroce e ubbidiente, che molto aveva conquistato e distrutto per la causa sayan; Kolben era il più anziano assieme a maestro Calabacìn, pieno di esperienza, ma lento e spesso si assopiva durante le sedute; Poreo aveva lo sguardo mite e paziente, era un grande guerriero, ma prima di tutto un abile stratega, riflessivo e poco avventato; Cavage era superbo, altero e arrogante, Vegeta poteva chiaramente leggere nei suoi occhi neri che si aspettava la rinomina a secondo del Re, o addirittura di spadroneggiare al posto di Vegeta mettendogli i piedi in testa,e si sbagliava di grosso.
“Intendo rinnovare il Consiglio.”
Tutti si guardarono tra loro, non capendo.
“Maestà..cosa intendete dire, barba di Khal?”
“Che intendo scegliere e nominare personalmente i miei consiglieri. Intendo destituirvi e nominare nuove persone a me fidate. Il vostro incarico è terminato con la morte di mio padre.”
Tutti i consiglieri si voltarono verso Cavage, che si schiarì la voce prima di parlare.
“E’ perfettamente in vostro potere farlo, altezza. Tuttavia vi ricordo che, sebbene non ufficialmente, le cariche sarebbero vitalizie, dunque sarebbe insolito nominare nuovi consiglieri. Inoltre..perché prendere persone nuove e inesperte, quando potete avvalervi di tutta la nostra esperienza..”
“Io sono nuovo e inesperto” lo incalzò Vegeta.
Cavage lo fissò, gli occhi accorti e accondiscendenti. “Barba di Khal, non intendevo affatto darvi nell’inadatto, ciò che ho appena detto non ha nulla a che fare con i Re, voi siete figli diretti del dio Khal, siete superiori.” Il sorriso untuoso e subdolo di Cavage non ammorbidì Vegeta.
“Sei il primo che intendo sostituire, Cavage.” Vegeta fu secco e rapido.
Tutto il consiglio trattenne il fiato e Cavage lo fissò boccheggiando.
“Altezza, ho servito vostro padre re Vegeta per tantissimi anni, la mia vita è stata dedicata al bene del popolo Sayan, voi non potete!” battè furiosamente un pugno sulla tavola, incrinandola.
“Intendo nominate Zukko come mio secondo” continuò Vegeta con tono glaciale.
Zukko voltò rapido il viso verso Vegeta. “Maestà, io non ne ho l’esperienza, io sono solo un guerriero del vostro esercito..Mi avete appena nominato ufficiale!”
“Un ufficiale solo basta e avanza e Rapanay sarà la mia guardia personale finchè non troverò qualcuno che possa sostituirla, di modo poi di lasciarla al suo compito di primo ufficiale.”
Cavage divenne rosso in volto, trattenendo a stento la rabbia.
Nappa fece un verso di disgusto “Puah, ma è solo una Seconda Classe!”
“E vale tre volte te, Nappa, sei destituito. Così come te, Kolben, sei troppo vecchio, ti consiglio di andare a stare in un villaggio nel deserto insieme ad altri guerrieri ritirati.” Il vecchio Kolben non fece particolari obiezioni, forse era addirittura contento di essersi tolto di torno una tale responsabilità e un impegno così gravoso.
Vegeta passò gli occhi su Poreo. Sebbene di Aubergine non gliene importasse nulla, non poteva licenziare dal Consiglio il padre della sua Regina: persino lui si rendeva conto che sarebbe stato un passo azzardato, e già destituendo Cavage aveva osato troppo.
“Poreo tu rimarrai al mio servizio, in quanto padre della Regina e nonno del futuro Principe.”
“Vostra Maestà non rimarrà deluso” chinò il capo Poreo con il solito fare mansueto.
“Altezza,voi..” tentò di nuovo Cavage.
“Maestà” lo guardò spazientito Vegeta “chiamami Maestà, sono re adesso.”
Cavage battè di nuovo un pugno sulla tavola, questa volta spaccandola in due, ed uscì dalla sala furente.
 
Il gesto di Vegeta era stato avventato. Aveva riflettuto a lungo sulla possibilità di cambiare i membri del Consiglio, tuttavia, oltre a Zukko, non aveva in mente nessuno di adatto per poterli sostituire.
Zukko non accolse il suo nuovo incarico con l’entusiasmo che Vegeta si sarebbe aspettato. Lo attendeva un compito impegnativo e di sicuro non avrebbe ricevuto molta collaborazione dagli altri sayan di Prima Classe: il suo ceto di appartenenza sviliva tutte le sue capacità ai loro occhi.
L’unico che in questo momento poteva consigliare Vegeta era Poreo, l’unico che sapesse cosa era meglio fare.
“Vorrei nominare degli alchimisti come consiglieri” gli disse un giorno Vegeta. Pensò che gli alchimisti, persone di fiducia del Sommo Maestro, gli avrebbero arrecato meno problemi, e con loro nel Consiglio, sarebbe stato più facile promuovere i cambiamenti di legge e tradizione che aveva in mente.
“Non sono sicuro che sia una buona idea, maestà” disse invece Poreo.
“Tu e Zukko siete guerrieri, quindi non vedo perché non nominare degli alchimisti come altri due consiglieri, ci sarebbe parità, in questo modo.” Vegeta non era del tutto sicuro di potersi fidare di Poreo, ma doveva tentare.
“Maestà, sua sapienza il Sommo Maestro Alchimista Calabacìn presiede già, di tanto in tanto, alle sedute del Consiglio. Credo che una mossa del genere, nominare due alchimisti.. sia pericolosa. I guerrieri di Prima Classe insorgerebbero, e voi capite che stanno già tollerando un Seconda Classe come vostro secondo..nonostante io sappia che Zukko è un ottimo guerriero ed è molto capace.” Poreo aveva parlato con semplicità ma con chiarezza. Era stato sincero ma determinato, e Vegeta si rendeva conto che aveva perfettamente ragione.
Doveva agire con cautela, passo dopo passo, una cosa alla volta, i cambiamenti, le riforme, sarebbero venuti col tempo capì, non tutti erano pronti.
Vegeta si ritrovò soddisfatto del consiglio di Poreo e pensò che forse aveva fatto una mossa avventata a nominare Zukko suo secondo.
 
Bulma era sempre più grossa e la gravidanza volgeva ormai al termine. Era talmente grande che spesso Morka doveva aiutarla ad alzarsi dal letto, a lavarla e a farle indossare i vestiti, che ormai avevano le dimensioni di una tenda. Sperava soltanto di non aspettare due gemelli.
“Prega, mia signora. Prega che dea madre Maek ti aiuti con il parto e tenga lontani gli Spiriti.” le diceva Morka.
Un giorno poi si fermò a fissarla e scosse lievemente il capo “Sì signora, devi pregare molto, se esce come te, non avrà vita facile”
Bulma capì e provò davvero a pregare, più volte al giorno: pregò la dea Maek, il dio Khal, gli dèi che aveva sulla Terra e tutti gli dèi di cui era a conoscenza perché il bambino non assomigliasse a lei, ma avesse i colori scuri di Vegeta, capelli e occhi neri come le tenebre; così sarebbe stato più facile per lui mischiarsi insieme ai sayan. Si sentì stupida, perché sapeva perfettamente che il bambino sarebbe uscito con colore di capelli che la genetica prevedeva, a prescindere da qualsiasi dio, ma pregare le teneva impegnata la mente e soprattutto la distraeva dai primi dolori causati dal termine della gravidanza.
Stava per cenare insieme ai suoi figli e a Morka una sera, Vegeta era assente perché era impegnato con dei soldati appena tornati da una spedizione e sarebbe rientrato a notte fonda, probabilmente.
In mano aveva un piatto di legumi quando una fortissima fitta al ventre glielo fece cascare di mano e la fece urlare. Subito si portò le mani alla base della pancia ed essendoci già passata due volte, capì che era giunto il momento.
Morka capì al volo, fece allontanare i due bambini e chiamo due tarvisiani, perché la aiutassero a sistemare Bulma sul letto.
Le contrazioni erano sempre più forti e ravvicinate e Bulma faticava a respirare. Sentiva delle forti spinte al basso ventre e Vegeta non era lì con lei. Strinse i denti.
“Vegeta.. chiamate Vegeta..” mugugnò cercando di non urlare.
Morka la lasciò un attimo e chiamò Rapaney, spiegandole la situazione.
Vegeta era nella sala del Consiglio e stava terminando di parlare con gli ufficiali della spedizione. Rapaney entrò di corsa, spintonando le guardie all’ingresso, si avvicinò al Re e bisbigliò poche parole al suo orecchio. Vegeta sbiancò e fissò la guerriera, che annuì silenziosamente.
“Devo andare.” disse all’ufficiale e lo lasciò lì.
Correva lungo i corridoi per raggiungere gli appartamenti, con Rapaney al suo fianco, quando da un corridoio laterale sbucò un sayan, un maestro.
“Maestà, maestà! Una notizia!..”
Vegeta nemmeno gli badò e continuò a correre.
Quando entrò nelle sue stanze trovò Bulma in un bagno di sangue e sudore.
Morka era ai suoi piedi, che armeggiava in mezzo alle gambe della donna aiutata da una tarvisiana, mentre una seconda detergeva il sudore dalla fronte della puerpera.
Il parto stava giungendo al termine, Vegeta si avvicinò.
Bulma spostò gli occhi su di lui, quando uno spasmo la fece sollevare bruscamente.
“Vegeta!” Lui le prese la mano e per un istante, un infinito istante si guardarono negli occhi ed esistevano solo loro due. Bulma chiuse gli occhi e rovesciò il capo all’indietro, nello stesso istante in cui un prorompente vagito esplose nella stanza.
Una creaturina, piccola, bagnata e raggrinzita, urlava a pieni polmoni, con la sua sottile coda marrone che ondeggiava. I tarvisiani non fecero trapelare alcuno stupore, al contrario di Morka, che sgranò gli occhi e fissò sbalordita e consapevole il Re. Vegeta le strappò dalle mani il fagottino bagnato. “Ashāt”,zitta, le intimò in dura lingua sayan. Con un rapido movimento, strappò con forza la coda della neonata, lasciando per terra un moncherino sanguinante che i tarvisiani, celeri, fecero sparire. Fasciò delicatamente la parte sanguinante e mise l’infante in braccio a Bulma. Entrambi erano raggianti ed estasiati.
Dopo svariati minuti in cui i due erano in contemplazione, Rapaney si affacciò alla porta.
Un maestro richiedeva di parlare immediatamente con il Re.
Vegeta lo accolse sulla porta.
“Maestà, che grande notizia! E’ nato! Il principe Vegeta è nato!”.
Proprio in quel momento, in due ali diverse e lontane del palazzo, due bambini nati nello stesso istante, il cui destino sarebbe stato legato a doppio filo, piangevano insieme il loro ingresso alla vita.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Scusatemi per l’immenso ritardo, ma nel frattempo mi sono laureata :D. Dunque capitolo un po’ più corto di quanto mi era preventivata, ma adesso arriva la parte tosta(intrighi, complotti politici ecc..). Scommetto che non vi piacerà la Bulma di questo capitolo, ma purtroppo le persone non sono sempre uguali a sé stesse, cambiano, non sempre in meglio, e spesso vengono influenzate da ciò che vivono e hanno o vogliono come..il potere.
Spero di aggiornare il prima possibile!
Enjoy!
 
La chiamarono Danerys. Aveva la pelle candida come il latte e folti capelli d’ebano. E due prepotenti e folgoranti occhi azzurri, di un turchese accecante e brillante.
A Bulma sarebbe piaciuto chiamarla Bra, ma Vegeta dissentì: sarebbero stato ingiusto, pensava, lui riteneva di avere cinque figli, Trunks, Bra e la nuova arrivata, più i due figli di Bulma.
La donna riuscì a riprendersi piuttosto velocemente dal parto, grazie all’assistenza di Morka. L’anziana sayan aveva visto la coda e aveva capito perfettamente che il padre della piccola Danerys era re Vegeta, ma non ne parlò mai e continuò a comportarsi correttamente e si affezionò alla piccola mezzo sayan come si era affezionata a Yamko e Rhaego. D’altra parte i due bambini si innamorarono perdutamente di quella che consideravano a tutti gli effetti la loro sorellina, anche se Yamko di tanto in tanto, si fermava a fissarla in una maniera strana e con un’ombra misteriosa negli occhi. Bulma e Vegeta avevano deciso non dire nulla sulla paternità della cucciola, lasciando intendere che fosse figlia del terrestre Yamko, poiché, come Bulma aveva previsto, nessuno a parte lei conosceva i tempi di gravidanza di una donna terrestre.
Probabilmente riuscirono ad ingannare tutti, tranne maestro Calabacìn. Fece visita a Bulma negli appartamenti reali qualche settimana dopo il parto. Danerys era uno splendore e impressionò anche l’anziano maestro che la osservava con occhi pacifici e assuefatti.
“Bulma, mia signora, questa cucciola è la più bella che io abbia mai visto! E i suoi occhi..oh, i suoi occhi sono più luminosi del sole e misteriosi come la luna. Bella, stupenda..” Sollevò lo sguardo malizioso sulla scienziata “Assomiglia molto più a voi..che al padre”
Bulma strinse al petto la bambina, nascondendola dallo sguardo del maestro sayan.
“Non potete saperlo, non avete conosciuto mio marito” disse con un filo di voce incerta.
Maestro Calabacìn rise scuotendo il capo e se ne andò.
Le celebrazioni per la nascita del principe Vegeta durarono tre settimane. Furono organizzati tornei e banchetti per festeggiare l’erede, i soldati tornarono da pianeti lontani e il Re permise ai guerrieri di avere degli incontri extra con le loro compagne e i loro figli. Quando Vegeta emanò il decreto, Poreo storse il naso, dicendo che non sarebbe stato di buon auspicio per il principino rompere una tradizione proprio nei festeggiamenti per la sua nascita, ma Vegeta decise di fare di testa sua: se il popolo sayan non conosceva certe esigenze, le avrebbe create, instillando piano piano il desiderio per qualcosa che fino a poco prima non conoscevano, cioè affetto e famiglia.
Durante la cerimonia della Presentazione, vide il principe per la prima volta. Per Vegeta non era che questo, il Principe, non suo figlio, ma semplicemente la ragione grazie alla quale sarebbe potuto scappare fino alla morte di suo padre, e poi la ragione per la quale era intrappolato lì, nel suo ruolo di Re. Non lo considerava nemmeno figlio suo.
Il tempio di Maek era gremito di persone che non si sarebbero dileguate come l’ultima volta che Vegeta era stato lì: numerosi ginecei di Prima Classe e alcuni di Seconda, molto guerrieri, Maestri e i due sacerdoti, Kelij e Granat, che aveva sostituito il sacerdote Tommat alla sua morte, avvenuta solo qualche giorno prima.
Vegeta era seguito dal suo Consiglio, il Sommo Maestro Alchimista Calabacìn e numerosi guerrieri, quando di fronte a sé si presentò la regina Aubergine attorniata dalle donne del suo gineceo, avvolta in un abito bianco pieno di pizzi e merletti con un velo bordato di rosso che le copriva il capo, con in braccio un fagottino, che urlava a pieni polmoni. Vegeta allungò il collo per scorgerlo meglio, quando Aubergine, secondo la tradizione, si inginocchiò, sollevando l’infante al di sopra della sua testa: il principe Vegeta se ne stava lì, che sgambettava furiosamente e continuava ad urlare e frignare, congestionato in volto, la coda marrone  che si agitava convulsamente. Vegeta trattenne una smorfia di disgusto, la sua Danerys era così bella, pacifica, non piangeva mai e lo scrutava sempre con occhi intelligenti.
Si rincuorò solo del fatto che non ci avrebbe avuto molto a che fare in futuro.
 
Il potere lo logorava. Non aveva la stoffa per fare il Re, si rese conto amaramente. Proponeva sempre idee che il suo Consiglio tendeva a bocciare o a rivedere e modificare, col risultato che raramente le sue proposte divenivano legge. Era snervante. Zukko si era rivelato inesperto e inadatto al ruolo di secondo, che venne assunto ufficiosamente da Poreo, che conosceva i giri del potere e gli umori della Prima Classe.
Si stupì di non aver più visto Cavage dal giorno in cui lo aveva cacciato dal Consiglio: si aspettava rappresaglie e scenate, ma nulla accadde. Sparito nel nulla, persino Poreo e Calabacìn non sapevano che fine avesse fatto.
“Forse ha deciso di unirsi ad una missione senza avvisare nessuno, per dimenticare..sapete, la cocente delusione per aver perso il suo posto nel Consiglio, maestà” suggerì un giorno il vecchio sapiente.
“No” rispose subito Poreo “Cavage non è un tipo che dimentica o perdona” guardò Vegeta negli occhi “Non lo farà” Vegeta annuì in modo grave e ordinò a Zukko di scoprire dove si trovasse Cavage e di tenerlo sott’occhio.
Aveva mille preoccupazioni, il solo momento in cui si rilassava era nei suoi appartamenti, con Bulma e la loro piccola.
“Maestro Calabacìn è stato qui oggi” disse una sera la donna.
“Mi ha fatto una proposta”
Vegeta sogghignò “Mi sembra un po’ troppo anziano per fare ancora pensieri di questo tipo”
“Sciocco” rise Bulma schiaffeggiandogli il braccio “Mi ha chiesto di diventare un’alchimista. Cioè, di entrare a far parte a tutti gli effetti del Locus. Dice che sarebbe un’innovazione e che sarebbe..conforme alla nuova linea politica instaurata, bè, da te.”
Vegeta la fissò a lungo, aprendo e chiudendo più volte la bocca, non trovando le parole.
“Forse non è una buona idea” disse infine
“Ma perché?” Bulma era delusa, lo si capiva chiaramente. In un pianeta lontano e straniero aveva trovato un luogo dove si sentiva accettata e dove la apprezzavano per le sue conoscenze. Diventare un membro a tutti gli effetti di quel gruppo di sapienti l’avrebbe resa davvero felice e soddisfatta di sé stessa, senza contare che si sarebbe sentita maggiormente integrata.
“Forse è troppo. Per ora. Non so se i sayan saranno d’accordo. Sei un’aliena, e donna per giunta, nemmeno le donne sayan diventano alchimista, perché tu sì?” Nella mente di Vegeta, in un luogo molto nascosto e soffocato, emergeva un nome, un nome che gli faceva sorgere cattivi pensieri.
Bulma si alzò in piedi e incrociò le braccia di fronte a lui. Era bellissima. Il lungo abito porpora le fasciava i fianchi e le metteva in risalto il decolleté per via del lungo scialle che le stringeva la vita e i capelli erano raccolti in una voluminosa crocchia che le liberava un lungo boccolo adagiato su una spalla.
“Dici che vuoi cambiare tutto, che vuoi rivoluzionare questa società e questo popolo, ma cosa hai fatto finora? Cosa? Qualche giorno in cui i soldati potevano vedere le loro compagne? Questo tu lo chiami cambiamento? Loro non si sono nemmeno resi conto che quello era un cambiamento, e nemmeno lo hanno apprezzato:il giorno seguente ognuno è tornato alla sua attività e non ci hanno più pensato. Devi fare qualcosa di grande, qualcosa che smuova, che stupisca. Sei il Re, puoi fare tutto, hai il potere di scegliere e imporre, fallo!”
“Non è così facile!” alzò la voce Vegeta “La Prima Classe mi è tutta contro, boriosi conservatori, non posso fare di testa mia!”
“Ho detto che sei il Re” disse pacatamente Bulma alzando un sopracciglio “Puoi decidere la vita..e la morte.” Detto ciò uscì dalla stanza.
Il giorno dopo Vegeta approvò la decisione del maestro Cabalacìn di nominare Bulma alchimista, cosa che avvenne qualche giorno dopo, con una cerimonia privata nel Locus.
Di Cavage nessuna traccia. Né Zukko, né Poreo riuscirono a carpire informazioni su dove fosse . “Probabilmente lo nascondono” disse il padre della regina “Sa che se lo trovassimo inizieremmo a tenerlo sotto sorveglianza. Non è una buona cosa, Cavage è vendicativo, sono certo che sta tramando qualcosa”
E forse tu gli stai dando una mano, pensò Vegeta. Non era del tutto certo di potersi fidare di Poreo, né di nessun altro. E con grande rammarico si rese conto che ultimamente non poteva fidarsi nemmeno di Bulma. Era solo.
 
Indossò un abito di pesante velluto nero bordato porpora dalle lunghe e ampie maniche rosso fuoco, i capelli erano mossi e sciolti, cadendo sulle spalle. Diede un bacio alla sua piccola e salutò i figli più grandi facendo alcune raccomandazioni a Morka e poi uscì, scortata da Rapaney, dirigendosi al Locus: era da più di una settimana che vi ci si recava come Alchimista. Gli altri sapienti indossavano la tuta nera e avvolgevano il busto in un lungo drappo bianco appuntato con una spilla dorata, ma lei aveva deciso di non indossare niente di tutto ciò e continuare a vestirsi normalmente: le piacevano gli abiti che indossavano le nobili donne sayan, quelle di Prima Classe, abiti dalle stoffe pregiate e finemente ricamati e cuciti; le donne di Seconda Classe vestivano in modo più modesto, lo aveva visto in Morka, con colori sobri e tagli degli abiti molto meno fantasiosi e più regolari; non aveva idea, in effetti, di come vestissero le donne di Terza Classe.
Lungo il tragitto ne approfittò per chiacchierare con Rapaney: Vegeta le aveva detto che il miglior modo per rimanere aggiornata sugli umori della gente e su quanto accadeva fuori da palazzo fosse parlare con le guardie e i guerrieri.
“Che si dice tra i soldati, mia valorosa amica? Qualche notizia sulle idee del popolo?Come considerano il nostro Re?”
Rapaney rispose con sguardo fisso “Niente di particolare, mia signora. Il Re è molto amato, noi tutti lo amiamo.”
“Certo, noi tutti amiamo il Re” rispose Bulma con tono accondiscendente “Ma sei sicura che proprio tutti la pensino così?”
Rapaney arrossì “Mia signora..io non credo..non posso riferire ogni cosa a chiunque chieda”.
“Ora è ad un membro del Locus che ti rivolgi, ad un’alchimista” Bulma si fermò e costrinse anche l’altra ad imitarla, parlandole con tono duro e sprezzante “Ricordati che un alchimista è superiore per prestigio ad una guardia. Impara a stare al tuo posto, guerriera”
La giovane arrossì, la terrestre non si era mai rivolta a lei con un tono così brusco. Fino a qualche tempo fa avrebbe reagito, ma ora la donna era davvero un’alchimista e quanto diceva era vero.
“Mia..signora..il Re è davvero benvoluto da Terza e Seconda Classe..anche se potrebbe esserlo di più..”
“E la Prima?” la incalzò Bulma.
“La Prima Classe..a molti di loro non è piaciuto come il Re si è comportato con Cavage e gli altri membri del consiglio. Cavage era molto potente. La Prima Classe non ha apprezzato..loro..bisbigliano..bisbigliano sempre, mia signora”
A Bulma non piacquero quelle parole. Se si fosse organizzato un complotto per detronizzare Vegeta, la prima in pericolo sarebbe stata lei, coi suoi figli. Era in una posizione molto pericolosa.
 
Morka era intenta a cucire due lembi di stoffa per poter fasciare la piccola Danerys, che riposava in una culla di vimini intrecciati poco più in là. Rhaego era seduto in un angolo che giocava con il caleidoscopio costruitogli dalla madre, rimanendo incantato dai colori contenuti in esso, e Yamko si aggirava inquieto per la stanza, producendo con una mano lievi sfere di energia che richiudeva e annullava subito dopo.
Ad un tratto il suo sguardo si posò sulla culla della piccolina. Si avvicinò e si mise a fissarla: la bambina dormiva beata succhiandosi il pollice della mano destra e i capelli castano scuro erano diventati molto folti.
Yamko non aveva una gran esperienza di bambini, ma dedusse che doveva essere molto bella, Morka lo diceva, Rhaego lo diceva, la sua mamma lo diceva e anche il Re Vegeta, l’uomo che li aveva accolti e lì e viveva con loro, lo diceva. Tutti lo dicevano. Ad un tratto ripensò al suo papà. Quella bambina non gli somigliava molto. La mamma diceva sempre che lui e Rhaego assomigliavano in tutto e per tutto al loro padre, ma quella bambina era davvero un’altra cosa.
In silenzio e senza pensare, prese la bambina dalla culla e la tenne fra le mani: la creaturina aprì gli occhi e senza piangere gli sorrise, spalancando la bocca sdentata.
Poi Yamko si diresse verso il balcone.
Morka alzò lo sguardo e con un urlo piombò su di lui, strappandogli la bambina dalle mani prima che la facesse scivolare nel vuoto.
“Yamko! Cosa pensavi di fare? Perché, barba di Khal? Povera cucciola,povera la tua sorellina! Oh, per la santa madre Maek, perché?”
Yamko la fissò a lungo negli occhi. “Lei non è mia sorella.” disse gelido.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Il palazzo reale e consigliare era un dedalo di corridoi e androni, cunicoli, passaggi segreti e sotterranei. La struttura era enorme, occupata praticamente dall’intera popolazione sayan: l’intera Prima Classe e quasi la maggioranza della Seconda, senza contare i numerosi servi, guardie e addetti alla manutenzione alla vita quotidiana del palazzo; un edificio immenso la cui costruzione si perdeva nella notte dei tempi e il cui labirinto di gallerie e scavi non era conosciuto alla perfezione nemmeno dai regnanti.
Era facile quindi trovare un posto isolato e sicuro dove riunirsi in segreto senza essere scoperti. Si trovavano parecchi livelli sotto il suolo, in una galleria umida, buia e fredda. Solo le torce infuocate illuminavano le tenebre più profonde che occhio di uomo avesse mai sperimentato in quel palazzo.
Lök, figlio di Vitlök, era un generale di Prima Classe, un sayan sui trentacinque anni che aveva perso un occhio nella conquista di uno dei tanti pianeti presi negli ultimi anni dai sayan, nemmeno lui si ricordava più quale; era stato un soldato ubbidiente e solerte, pronto sempre ad eseguire gli ordini senza fare domande, ma pieno di iniziativa, cosa che lo aveva aiutato a compiere una carriera militare rapida arrivando fino ai vertici del comando. Come suo padre prima di lui, aveva servito nell’esercito di Cavage prima che diventasse secondo del vecchio re Vegeta, lasciando i campi di battaglia per dedicarsi a guerre molto più pericolose, quelle della politica. Lök lo ricordava come il miglior generale che potesse esistere, un vecchio leone, scaltro, abile, uno stratega, era stato un suo soldato e lo sarebbe sempre stato; per questo non aveva esitato quando gli era pervenuto un messaggio da parte di Nappa, che lo invitata ad incontrare Cavage in una galleria sotterranea.
La torcia illuminava il suo percorso e lo fece giungere ad un crocicchio.
“Chi va là?” gridò minacciosa una voce.
“Sono Lök, figlio di Vitlök. Ho ricevuto il messaggio”
Da dietro l’angolo sbucò il possente sayan calvo, che riaccese la torcia, momentaneamente spenta, con una sfera di energia. Dopo di lui sbucarono altri tre guerrieri che Lök, figlio di Vitlök, non conosceva.
“Ti hanno seguito?” chiese Nappa sospettoso.
“No, nessuno badava a me. Me ne andavo per i fatti miei.”
“Fa un freddo della malora qua sotto” disse uno dei due guerrieri, che era Afal, figlio di Piro “Quando arriva Cavage, per tutti gli Spiriti?”
“Sta arrivando” mormorò l’altro guerriero, Birne, figlio di Apfel, indicando una luce in fondo al tunnel.
La luce si avvicinava e rivelava i volti di chi giungeva insieme ad essa: a portare la torcia si rivelò essere Boon, uno dei figli del vecchio Kolben, un giovane di circa vent’anni d’età, mentre alla sua destra camminava, fiero e dritto, Cavage.
Il viso del sayan sembrava invecchiato di dieci anni, ma non il suo spirito, lo si poteva capire con una sola occhiata, senza che egli parlasse.
“Mio signore” disse Nappa chinando il capo.
“Siamo tutti qui?” chiese Boon.
“Sì, siamo tutti qui” rispose Nappa guardando Cavage.
“Siamo solo in sei” storse il naso il giovane.
“Più che sufficienti” disse atono il vecchio guerriero “Questo è solo l’inizio, altri si uniranno a noi”
Un improvviso silenzio calò nel piccolo gruppo, mentre Lök, Afal e Birne si guardavano dubbiosi tra loro. Alla fine Lök prese la parola.
“Mio signore, mi sembra evidente che Nappa e il giovane Boon siano a conoscenza delle vostre intenzioni, ma io e i miei compagni ne siamo ancora all’oscuro: ho ricevuto un messaggio che mi permetteva di presentarmi davanti a voi, riempiendomi di gioia, e appena possibile sono corso all’incontro, confortato nel sapere che eravate ancora vivo e felice di potervi vedere ancora fiero e potente, anche dopo che il giovane re vi ha ingiustamente cacciato; sono stato un vostro soldato e vi ricordo con affetto e fedeltà”.
“Anche io conservo un buon ricordo di te, generale” lo interruppe Cavage non abbandonando il suo tono di voce glaciale.
Lök arrossì “Vi ringrazio. Vi seguirei in capo all’universo, per qualsiasi motivo, ma spero che voi abbiate abbastanza fiducia in noi per rivelarcelo, questo motivo.”
Cavage sollevò appena un sopracciglio “E’ per tale ragione che vi ho convocati”.
L’umidità colava dalle pareti e condensava i respiri.
“Voglio detronizzare il re”
Nappa e il giovane Boon si guardarono complici attendendo una reazione degli altri tre, ma Cavage non fu altrettanto paziente e non l’attese.
“E’ evidente che questo giovane re è uscito di senno e intende rovesciare un impero costruito nei secoli, con tradizioni che poggiano su pietre e leggi più antiche del tempo: io non posso permetterlo. Il suo comportamento è inaudito: ha smembrato il suo consiglio rimpiazzandolo con elementi inesperti e indegni, pretende di sciogliere tradizioni e crearne di nuove, mischia le Classi dando ai più infimi compiti di cui non sono lontanamente degni e disonora tutti noi intrattenendosi con un’aliena e permettendole di entrare nel Locus, tutto questo è troppo!”
“E’ la femmina la causa di tutto ciò” ringhiò Nappa.
“Sì, da quando si è insediata negli appartamenti di re Vegeta sta tutto andando alla malora, l’ha corrotto con le sue carni!” rincarò la dose il giovane Boon.
“Le mie spie mi hanno riferito che la donna ha dato alla luce un cucciolo..chi credete che sia il padre? Infangare così la nobile stirpe che ho servito per tutta la mia vita, con un abominio! E’ giunto il tempo che tutto questo finisca!” disse sprezzante Cavage.
Lök, Afal e Birne avevano ascoltato in silenzio. Poi Birne si inginocchiò.
“Farò qualsiasi cosa voi mi ordinerete per riportare onore alla gloriosa stirpe dei Sayan”. Lök e Afal lo imitarono, inginocchiandosi e ripetendo le stesse parole.
Cavage ghignò compiaciuto.
“Come agiremo?” chiese allora Nappa.
“Per prima cosa bisogna eliminare la femmina e i suoi patetici cuccioli, poi eliminare il Re e tutto il Consiglio e infine i suoi sostenitori, parzialmente già annientati dalla perdita del loro Re” spiegò Cavage pronunciando l’ultima parola con disprezzo.
“E gli alchimisti? Sapete che maestro Calabacìn è molto affezionato al Re e alla sua concubina terrestre” lo interruppe Afal.
Dal petto di Cavage proruppe una risata, simile ad un ruggito. “Che paura potrà mai farci quel vecchio bisbetico? La sua forza è pari a zero, come quella di tutte le femminucce che chiamiamo Alchimisti: eliminato Vegeta, ridimensioneremo anche il loro ruolo” sorrise perfido.
“Ma Boon ha ragione, mio signore: siamo soltanto in sei, e per quanto potenti siamo non siamo abbastanza numerosi per eliminare tutti questi traditori” disse Birne.
“Non preoccuparti, ho già numerosi contatti e molti altri si uniranno a noi” rispose Cavage con calma.
“E il principe?” intervenne Boon.
“Diventerò Reggente finchè il principe Vegeta non avrà raggiunto l’età per poter diventare Re, ma sempre sotto la nostra egida”.
“Barba di Khal, possa la stirpe dei Vegeta tornare gloriosa a splendere” mormorò in preghiera Afal.
In Lök si mosse un dubbio “Non sarà un sacrilegio uccidere un Re? La tradizione vuole che ci siano sempre due Vegeta nel palazzo, non potrebbe fare arrabbiare gli dèi tutto ciò?”
Cavage lo guardò come se avesse fatto la domanda più stupida dell’universo.
“Devono esserci due Vegeta è vero, ma se uno dei due è indegno del suo compito può e deve essere rimosso. Non devi temere l’ira futura degli dèi, Lök: essi sono già arrabbiati”.
 
“Maestà, Maestro Calabacìn vi attende.” Rapaney era comparsa nel gymnasium a ricordargli l’appuntamento con l’anziano sapiente. Vegeta si deterse il sudore dalla fronte e si allontanò nello spogliatoio per lavarsi ed indossare gli abiti reali.
La guerriera lo attendeva all’uscita e lo scortò fino al Locus.
Il Locus era un palazzo dentro al palazzo: la porta tramite cui si accedeva all’ambiente era modesta, non molto grande e quasi mai sorvegliata, ma l’interno era enorme, dai soffitti ampi e ariosi, pieni di scaffali ricolmi di papiri, pergamene e manoscritti, con lunghissime tavole a cui i maestri sedevano e studiavano le loro carte; esisteva un laboratorio, pieno di macchinari e strumenti dall’aria misteriosa e un enorme telescopio rivolto verso le stelle, sempre operativo. Mentre gli alloggi dei maestri erano dislocati per tutto il palazzo, come quelli dei soldati, gli appartamenti del Sommo Alchimista si trovavano proprio lì nel Locus, insieme al suo studio. Vegeta aveva ricevuto l’invito di recarsi presso il Maestro qualche giorno prima, senza dare la motivazione di questa richiesta. Passando per le sale gli alchimisti si inchinavano alla vista del Re, mormorando qualche parola di ossequio.
Vegeta varco la soglia dello studio e si lasciò scappare un sorriso: Bulma era seduta accanto a Calabacìn. Indossava un abito color lavanda dalle maniche a campana che le lasciava le spalle scoperte, con un profondo spacco, i capelli a treccia sulla testa che le incorniciavano il viso ed era bellissima.
“Maestà, è un onore ricevervi nei miei modesti alloggi” disse Calabacìn alzandosi e inchinandosi. Bulma fece lo stesso imitando il Maestro, con un sottile sorriso di ironia che le attraversava le labbra.
“Sono lieto che abbiate accettato la mia richiesta, gli Alchimisti hanno molto a cuore il loro Re e vederlo che si aggira per il Locus, li riempirà di gioia e rinnovata fedeltà” sorrise benevolo il vecchio. Vegeta annuì compiaciuto.
“La mia cara Bulma qui, mi stava illustrando un nuovo metodo per.. per..oh, per fare cosa, mia cara?”
“Per produrre energia elettrica, mio signore” disse sicura di sé Bulma.
“Produrre energia elettrica! Questa sì che è magia nera!” rise Calabacìn.
Vegeta ghignò e fissò intensamente Bulma. Dopo le divergenze di qualche giorno prima si erano riappacificati e tra loro le cose andavano meravigliosamente.
“Energia elettrica? Sembra interessante” rispose il Re con fare beffardo.
“La nostra cara amica è piena di risorse e molto saggia, maestà” Calabacìn si inchinò ulteriormente.
Imbarazzato, Vegeta si schiarì la voce, lasciando intendere al vecchio che il tempo dei salamelecchi era terminato e forse era il caso di riferirgli il motivo per cui lo aveva invitato lì.
L’anziano alchimista fece cenno al Re di accomodarsi dopodichè si sedette a sua volta, ma solo dopo che anche Bulma riprese a sedere. Il Sommo Maestro fece vagare lo sguardo nella stanza per qualche secondo, visibilmente indeciso sull’esordio del suo discorso.
“Maestà.. alcuni..alcuni discepoli mi hanno riferito..delle cose” balbettò “Siete sicuramente a conoscenza di un certo malcontento che circola per il vostro popolo, specie nella Prima Classe”. Capendo che il discorso verteva su problemi di politica, Bulma fece per alzarsi e lasciarli soli nella stanza, ma Vegeta con un cenno della mano la bloccò e la fece risedere.
“Sì, lo so” rispose Vegeta gelido.
“Questo palazzo è vasto, ma le voci circolano velocemente, così come i sussurri. I tarvisiani non riveleranno mai ciò che ascoltano, ma la stessa cosa non vale per gli alchimisti o i servi” Calabacìn si tormentò la mani: stava girando attorno al succo del discorso, non sapendo come arrivarci. “Sono riuscito ad instaurare un rapporto di lealtà con praticamente tutti i miei discepoli e tutto ciò che loro ascoltano e sanno, anch’io lo so”.
Vegeta lo fissava imperscrutabile. Il vecchio sbuffò e scosse la testa, sporgendosi improvvisamente in avanti.
“Sta per accadere qualcosa, maestà. Dovete tenere gli occhi aperti, dovete capire di chi fidarvi. Questo palazzo è popolato da serpi pronte a mordervi, siamo in tempi bui, dovete essere pronto quando accadrà”.
Vegeta era immobile, il respiro mozzato. “Accadrà cosa?”
Calabacìn si sporse ancora, sempre più vicino al viso dell’uomo e fissò i suoi occhi in quelli del Re.
“Una battaglia”.
 
 
 

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