Rumpel&Belle 100%

di Saja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 28. Nero ***
Capitolo 3: *** 96. Scelta libera - Forme - ***
Capitolo 4: *** 32. Stelle ***
Capitolo 5: *** 65. Morte ***
Capitolo 6: *** 17. Pioggia ***
Capitolo 7: *** 22. Arancione ***
Capitolo 8: *** 12. Udito ***
Capitolo 9: *** 97. Scelta libera - Ombra- ***
Capitolo 10: *** 13. Tatto ***
Capitolo 11: *** 83. Errore ***
Capitolo 12: *** 85. Vendetta ***
Capitolo 13: *** 24. Marrone ***
Capitolo 14: *** 80. Insaziabilità ***
Capitolo 15: *** 84. Rimpianto ***
Capitolo 16: *** 58. Futuro ***
Capitolo 17: *** 86. Sorte ***
Capitolo 18: *** 90. Incubo ***
Capitolo 19: *** 30. Bianco ***
Capitolo 21: *** 47. Emozioni ***
Capitolo 22: *** 98. Scelta libera -Incontro- ***
Capitolo 23: *** 02. Pomeriggio ***
Capitolo 24: *** 74. Timidezza ***
Capitolo 25: *** 52. Anarchia ***
Capitolo 25: *** 72. Insensibilità ***
Capitolo 26: *** 48. Senzazioni ***
Capitolo 27: *** 67. Fuoco ***
Capitolo 28: *** 51. Caos ***
Capitolo 29: *** 09. Oscurità ***
Capitolo 30: *** 81. Addio ***
Capitolo 31: *** 66. Acqua ***
Capitolo 32: *** 77. Collera ***
Capitolo 33: *** 11. Vista ***
Capitolo 34: *** 95. Scelte ***
Capitolo 35: *** 23. Rosso ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


 
01. Alba 02. Pomeriggio 03. Tramonto 04. Sera 05. Notte
06. Bene 07. Male 08. Luce 09. Oscurità 10. Opposti
11. Vista 12. Udito 13. Tatto 14. Gusto 15. Olfatto
16. Sole 17. Pioggia 18. Neve 19. Nuvole 20. Tempesta
21. Giallo 22. Arancione 23. Rosso 24. Marrone 25. Verde
26. Blu 27. Viola 28. Nero 29. Grigio 30. Bianco
31. Sole 32. Stelle 33. Luna 34. Pianeta 35. Universo
36. Autunno 37. Inverno 38. Primavera 39. Estate 40. Nessuna Stagione
41. Temperatura 42. Freddo 43. Caldo 44. Gelo 45. Piacevole
46. Cuore 47. Emozioni 48. Sensazioni 49. Apatia 50. Empatia
51. Caos 52. Anarchia 53. Disordine 54. Ordine 55. Libertà
56. Passato 57. Presente 58. Futuro 59. Tempo 60. Senza Tempo
61. Origine 62. Nascita 63. Crescita 64. Vita 65. Morte
66. Acqua 67. Fuoco 68. Terra 69. Aria 70. Fulmine
71. Orgoglio 72. Insensibilità 73. Gelosia 74. Timidezza 75. Impulsività
76. Pigrizia 77. Collera 78. Vanità 79. Invidia 80. Insaziabilità
81. Addio 82. Bugie 83. Errore 84. Rimpianto 85. Vendetta
86. Sorte 87. Destino 88. Desiderio 89. Sogno 90. Incubo
91. Grazie 92. Scusa 93. Giustificazioni 94. Perdono 95. Scelte
96. Tema libero 97. Tema libero 98. Tema libero 99. Tema libero 100. Tema libero
 
Note dell’autrice:
Salve a tutti ^^!
E adesso che dico? O_O Ho finalmente deciso di iniziare questa raccolta di 100 prompts tutte incentrate sui Rumbelle! Questa scelta nasce per due motivi:
  1. Perché mi piace il lavoro di Ariki (che trovo sempre più fantasiosa) e mi son detta “perché no?!”
  2. Perché vedo ultimamente scarsità nelle fanfic Rumbelle (mi mancano un casino T_T)
  3. Io non ho citato il sito dove ho preso la tabella, anche perché sul sito non diceva nulla al riguardo e poi parlava di tutt’altra coppia, ma se l’autore vuole e sta leggendo, lo cito volentieri.
  4. Se vogliamo essere sinceri sinceri è il mio secondo lavoro Rumbelle, quindi spero che vi piaccia e vi faccia passare un po’ il tempo, risollevandovi un po’ la giornata, almeno un po’ dai ^^, come fanno le altre fanfic con me.
Ora la smetto con i deliri.
Grazie a tutti ed a presto
Saja

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Capitolo 2
*** 28. Nero ***


28. Nero.

Tutta Storybrooke conosceva l’amore che il signor Gold nutriva per il colore nero.

Neri erano i suoi abiti, nera era la sua macchina, nera era la sua anima e nero era il suo cuore.

Chiunque pensasse a quel colore lo associava a lui. Chiunque si trovasse in una situazione nera, si rivolgeva a lui.

Ma lo stesso signor Gold, se qualcuno glielo avesse chiesto, non avrebbe mai ammesso di amare quel colore fino ad una sera d’estate.

Erano da poco passate le 8 di sera e Rumpel si accinse a chiudere il negozio, uscire dal retro e fiondarsi a casa. A fiondarsi da lei. Si erano da poco ritrovati dopo 28 anni di lontananza. 28 anni dove pensava di averla persa. Dove il nero della morte, pensava, l’avesse inghiottita. L’aveva lasciata per buona parte della giornata da sola, rincasando solo a pranzo e si chiese cosa avesse fatto Belle in tutto quel tempo. Questo mondo era totalmente nuovo per lei e ricordava bene la sua curiosità nel castello oscuro, quindi si immaginò che qui non fosse da meno. Sperava solo che nel suo “ficcare il naso” non si fosse fatta male.

Imboccò la strada e un sorriso spontaneo gli si dipinse sul volto, ma subito si spense quando parcheggiò a lato della casa. La finestra della cucina era totalmente scura. Il nero predominava in quella stanza. Dov’era Belle? Perché non stava cucinando? Che le fosse successo qualcosa? Che si fosse fatta male mentre lui non c’era?
Cercò di arrivare il prima possibile alla porta maledicendo la gamba destra che non voleva rispondere velocemente ai comandi del suo cervello o al battito accelerato del suo cuore. Aprì piano la porta entrando il più silenziosamente possibile, si avvicinò al mobiletto poco distante ed estrasse la pistola. Se ci fosse stato qualcuno in casa con Belle? Se le stesse facendo del male per causa sua? Per arrivare a lui? O all’oro?

“Belle” chiamò. Ma nessuno e niente si mosse. Aspettò qualche secondo in silenzio. Ma nessuna risposta arrivò. Si diresse in cucina spostando lo sguardo a destra e a sinistra e anche se al buio riuscì a trovare la strada ricordando dov’erano posizionati tutti gli oggetti presenti in casa, attento ad ogni minimo rumore, ad ogni minimo gesto da parte di qualcuno o di lei. Arrivato in cucina accese la luce. La tavola era apparecchiata, la pentola sul fornello a fuoco spento. Ma di lei nessuna traccia. Sempre tenendo la pistola ben salda nella mano destra estrasse il cellulare dalla giacca e fece partire la chiamata veloce. Il telefono di Belle squillava ma in casa non tornava nessuna melodia. Possibile che fosse uscita? Con chi? Per andare dove? Impossibile, non conosceva nessuno e non avrebbe saputo dove andare. Quando anche l’ultimo squillo morì e partì la segreteria telefonica, Rumpel gettò con poca grazia il telefono sul tavolo. Se solo la magia funzionasse come nella foresta incantata gli sarebbe bastato pochi secondi per trovarla. Invece in questo stupido mondo…

Calmo, doveva stare calmo. Si impose. “Belle!” chiamò ancora, uscendo dalla cucina e dirigendosi alla scala che portava alle camere da letto. Sperava solo che la ragazza si fosse addormentata. Quando fu di fronte alla porta che dava sulla camera da letto si fermò. Si ritrovò per la prima volta dopo secoli a chiedere aiuto mentalmente a tutti gli dei che conosceva. Sperava solo che fosse lì dentro e che stesse bene. Ma quello che vide dopo aver aperto la porta e accesa la luce lo lasciò senza fiato.

Sul letto, il loro letto, stava Belle sorridente. La schiena appoggiata alla testiera del letto lo guardava con una vivace luce negli occhi azzurri. Il baby doll di pizzo nero che aveva addosso lasciava ben poco all’immaginazione. “Mi hai trovata, Rumpel…” farfugliò diventando rossa all’espressione di lui. Forse aveva esagerato? Tutta la sicurezza che aveva al buio era svanita quando lui aveva posato gli occhi su di lei. Ma poi lo vide rilassarsi impercettibilmente e un grosso sorriso farsi strada sul suo volto.

Senza pensarci un minuto di più si tolse la giacca che posò sulla poltrona di fianco al letto e si allentò la cravatta, sedendosi sul letto di fianco a lei e rubandole le labbra in un bacio che di casto aveva ben poco, mentre le mani risalivano il corpo della ragazza fino a giocare con gli spallini neri dell’indumento.
La gente di Storybrooke aveva ragione, era tutto vero, il signor Gold amava il nero.
 

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Capitolo 3
*** 96. Scelta libera - Forme - ***


96. Scelta libera - Forme -

Rumpel si rigirò il foglio tra le mani per l’ennesima volta. Quel giorno sembrava proprio che ci fosse altro che attirasse l’attenzione del signore oscuro rispetto ai suoi ninnoli collezionati nel corso degli anni nella foresta incantata. Forse non gli sarebbe importato neanche se qualcuno avesse aperto la porta facendo tintinnare quella odiosa campanella non notando il cartello con la scritta “chiuso” ben visibile dalla strada.
Finalmente si decise, mise da parte il foglio e si impose di concentrarsi sulla riparazione di quella nave in miniatura a cui era saltato accidentalmente il pennone dopo che guarda caso, uno stupido pirata l’aveva toccata. Tanto, si disse, sarebbe bastato aspettare ancora un mese, un misero mese e, Whale glielo aveva confermato, avrebbe potuto vedere con i suoi occhi, quello che ora vedeva sul foglio. Un sorriso si fece largo sul suo volto, riposizionò gli attrezzi e tornò a concentrare l’attenzione sul foglio. Era davvero bella, fantastica forse addirittura perfetta.

Belle si infilò in bocca l’ultimo marshmallow della busta, voltando l’ennesima pagina del libro che stava leggendo. Dopo averlo assaporato per bene sentendo il sapore dello zucchero in tutta la bocca, sospirò un pochino seccata e si alzò di malavoglia tenendosi il pancione e sentendo la piccola muoversi in esso. Se Rumpel fosse stato a casa si sarebbe di certo lamentato del fatto che lei stesse per aprire la seconda confezione di masmallow in un pomeriggio, ma Rumpel non c’era e Victor dopo aver analizzato l’ecografia che loro due gli avevano portato quella mattina aveva detto che la gravidanza stava procedendo bene e che anche l’aspetto fisico di Belle era nella norma. Non che a lei di ingrassare in gravidanza gliene importasse qualcosa ma era sempre meglio sapere che tutto andava bene. “E piccola mia, tieni duro, manca solo un mese e poi potremo abbracciarti” disse alla bambina accarezzandosi il pancione. Mentre tornava a sedersi sul divano, cercando una posizione, la più comoda possibile, non poté fare a meno di sorridere all’espressione di Rumpel quando quella mattina dopo essersi recati al reparto maternità aveva visto l’ecografia della piccola prima sul computer poi su stampa. Aveva studiato tutto nel minimo dettaglio. La forma della testa, la forma degli occhi ed anche quella del naso.

“Guarda, ha il tuo stesso naso!” squittì Belle divertita, mentre il marito in silenzio si rigirava il foglio tra le mani mentre avanzavano tra i reparti diretti allo studio di Victor.
“Dici?! A me sembra assomigli più a te”. Lei sorrise a quell’affermazione. Era bello sapere che tra poco sarebbe nato un’esserino che a tratti poteva richiamare alla memoria espressioni di una o dell’altro. Era bello sapere che la bambina che portava in grembo avrebbe avuto il naso di Rumple, o il colore dei suoi occhi.
“Sai che mi ha detto il ginecologo?” chiese. Lui la guardò tra il curioso e l’apprensivo, staccando gli occhi dal foglio almeno per un momento.
“Che al giorno d’oggi le ecografie sono così ben delineate che è come se questa fosse una delle prime foto della piccola”.
Rumpel si rilassò, per un attimo era stato sulle spine immaginando chissà quale cosa…
Una delle prime foto, aveva detto Belle. Stava davvero guardando sua figlia? Quando era nato Bae lo aveva saputo da una veggente ed anche se zoppo, aveva fatto di tutto per correre fino a casa per vedere il viso di suo figlio. Aveva ammirato e seguito le sue forme, passando la mano lievemente sugli occhietti chiusi, non ancora abituati alla luce del giorno, sul nasino e sulla boccuccia. Aveva accarezzato con cura la nuca, sentendola morbida sotto le dita. Ed ora, Belle gli stava dicendo che poteva vedere sua figlia ancora prima che nascesse. Che quel foglio, quella foto e tutte quelle che avevano a casa e che Belle aveva fatto nel corso di quegli otto mesi erano foto della sua bambina.
“Se ti piace così tanto la poi tenere” la voce di Belle lo riportò alla realtà.
“Cosa?” chiese guardandola negli occhi ed accorgendosi di essere andato più avanti rispetto alla moglie che si era fermata davanti ad una porta con la scritta Victor Whale.
“L’ecografia. Dopo che Victor l’ha visionata, la puoi tenere” gli sorrise ancora, prima di bussare.

E così il signore oscuro aveva passato tutto il pomeriggio, in negozio, attaccato alle foto di sua figlia, a seguirne con il pollice e l’indice le piccole forme, il nasino, la boccuccia, gli occhietti chiusi e la piccola nuca.
 
 
 

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Capitolo 4
*** 32. Stelle ***


32. Stelle

Foresta incanta – Castello oscuro-

Belle sospirò chiudendo il libro. Rumpel la squadrò facendo girare la ruota dell’arcolaio, poi tornò a concentrarsi sulla lana che aveva in mano.

“Qualcosa che vi turba, daerie?” chiese sogghignando.

Lei sospirò ancora,  guardando il caminetto acceso, unica fonte di luce nella grande sala. “Mi stavo domandando come fosse possibile che due persone innamorate l’una dell’altro facciano così fatica a confessarsi i propri sentimenti al punto da perdersi per una sciocchezza, per qualcosa non detta, taciuta”.

Lui ebbe un piccolo sussulto, ma non rispose.

“Prendete ad esempio la storia di Yvaine e Tristan “ e con un gesto indicò il libro dalla copertina marrone dove a lettere d’oro campeggiava il titolo “Stardust”, “si, lei è una stella, vuole ritrovare la strada di casa per ricongiungersi alle sue sorelle e tornare a brillare, ma nel frattempo si innamora di lui. E il bello è che lui ricambia, ma… invece di confessargli il suo amore, che fa?” finì guardando il suo interlocutore.

Già, che fa? Bella domanda … Se lo chiedeva anche lui, che nel frattempo aveva smesso di filare e la stava guardando negli occhi. La salva da 3 pazze che la volevano barattare per un guanto? O la prende tra le braccia mentre cade da una scala? Si mette ad urlare se nel giro di 5 minuti chiamandola, lei non si palesa davanti a lui? O semplicemente ogni volta che lui sposta gli occhi su di lei, gli viene meno il respiro per la stupenda luce che emana? Infondo, è una stella, no? Belle è bella come tutte le stelle del firmamento. Chiuse gli occhi e scosse un poco la testa. No, non doveva pensare a quelle cose. Se non formulava certi pensieri, era sicuro, non sarebbero stati veri. Doveva solo essere forte, mettersi la solita corazza e negare, negare sempre. Se un giorno avrebbe espresso a voce i pensieri che ogni tanto gli frullavano in testa allora sarebbero stati veri, ma fino ad allora…

“Scusate, vi sto annoiando”.

“Cosa?” chiese riaprendo di scatto le palpebre.

“Vi sto annoiando con questi discorsi” continuò lei.

“Si dearie, non sono abituato a sentire stupidi discorsi da donnicciole e non ho preso una domestica per questo” continuò con un piccolo ringhio. “E comunque vi converrebbe andare a letto, o domani mattina la polvere non si leverà da sola”.

“Si, avete ragione” rispose un po’ risentita lei, alzandosi dal divanetto e dirigendosi verso di lui “buonanotte Rumpel”.

“Buonanotte Belle”.

“Però è bello sognare, non trovate?” chiese girandosi ancora verso di lui ormai sulla soglia “cioè di due innamorati… anche se so che non mi capiterà mai…” lui tacque osservando la lana che si posava leggera sull’arcolaio, senza neanche alzare la testa.

“è bello sapere che lui, nonostante lei sia così diversa da lui, se ne innamori…” continuò.

“ bè buonanotte” finì svelta non ottenendo nessuna risposta.

Lui si concentrò ancora un po’ sull’arcolaio fino a quando i passi della domestica non si furono spenti, solo allora ebbe il coraggio di guardare il punto dove lei era scomparsa. Come riusciva lei a toccare certi tasti? Come riusciva a spostare sempre la maschera e guardare oltre? Perché con lei si sentiva sempre messo a nudo, senza corazza? “anche se so che non mi capiterà mai” aveva detto. Come poteva aver sperato per un secondo che quella stella che era entrata nella sua vita, brillasse per lui, brillasse per la bestia? Certo che lei fosse sicura che non si sarebbe mai innamorata; lui stesso l’aveva esiliata in un castello tra le montagne a vivere con un mostro. E quale ragazza con un briciolo di buon senso, avrebbe potuto amarlo? Si diresse al divanetto e prese il libro abbandonato poco prima da Belle. Fece scorrere rapido le pagine fino a leggerne il finale e sospirò. Sarebbe stato bello se lui e Belle avessero potuto… come in una favola. Nella più bella favola, mai scritta. Si diresse alla finestra e alzato il viso si mise a guardare le stelle. Forse, ci sarebbe stata speranza, come per quel Tristan…

“Suvvia Rumpel, vecchio stupido” si maledisse mentalmente “lo sai, i cattivi non hanno mai un lieto fine”.
 
 

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Capitolo 5
*** 65. Morte ***


65. Morte

Piccola AU con chiari accenni al telefilm “Died like me”

Belle guardò di nuovo il post it, non c’erano dubbi: il posto era quello, ma della donna il cui nome campeggiava a chiare lettere sul foglietto giallo non c’era traccia.
Che la Morte si fosse di nuovo sbagliata? Infondo Rub una volta aveva mandato Mason a richiamarla perché, a detta sua, quell’anima che le avevano affidato non necessitava di un prelevamento, almeno in quel momento…

Si era quasi decisa a tornare indietro quando qualcuno uscì dai cespugli di fronte a lei. Era una ragazza più o meno della sua età, i capelli neri ricadevano lisci sulle spalle, era vestita di stracci, segno che non era una nobile. A Belle le si strinse il cuore. Perché una ragazza così giovane doveva morire? Perché con tutti i nobili boriosi e vecchi, che lei conosceva, doveva toccare ad una ragazzetta della sua età? Mosse qualche passo nella sua direzione, mentre l’altra notando alcuni movimenti poco distante da lei chiamò: “Rumpelstiltskin?”.

Ma chi si palesò davanti a lei non era affatto il signore oscuro, o almeno non in quel momento. Belle guardò la ragazza indecisa sul da farsi. Cosa le avrebbe detto? “Scusami sono qui per prelevare la tua anima, perché sai… nel giro di un’ora morirai di una morte atroce?” sembrava la frase migliore, “dì sempre la verità” le ripeteva, Colette, sua madre. Ma sua madre era morta e anche Belle a dire il vero, ma ora poco importava…

“Scusami” iniziò titubante, avvicinandosi a lei “Stavo cercando la locanda del villaggio, ma forse mi sono persa. Il villaggio è di qua o di la?” chiese cercando di dare alla sua voce un tono sicuro.

“Il villaggio è più indietro” le rispose l’altra guardandola in modo torvo, per poi guardarsi ancora intorno. Chi doveva incontrare era molto importante e non aveva tempo di fare futili chiacchiere con una futile ragazzina. Se il signore oscuro fosse arrivato in quel momento e l’avesse vista in compagnia di un’altra ragazza si sarebbe potuto stizzire e non l’avrebbe più allenata. E questo lei non poteva permetterselo. Imparare la magia nera dal signore oscuro è un’occasione che ti capita una volta sola nella vita e lei non voleva perderla.

“Ah ok” sospirò “grazie mille” e così dicendo tirò fuori da un sacchettino una moneta che porse alla ragazza. “Sai… per il disturbo”. L’altra la guardò ancora più stralunata e fu sul punto di risponderle male, ma poi ci ripensò e si intascò la moneta. Bastò quel piccolo gesto e Belle riuscì a sfiorarle la mano per staccarle definitivamente l’anima dal corpo. La parte più grande del lavoro era stata portata a termine. Ora doveva solo tornare a nascondersi tra i cespugli e lasciare che i golem facessero il resto, per poi tornare a palesarsi davanti alla ragazza, o per meglio dire, all’anima e portarla fino alla luce. Mentre trovava una posizione comoda per aspettare in mezzo a quel groviglio di piante ed erbe, un uomo si materializzò davanti alla ragazza. Belle rimase basita. Da dove era spuntato? Non aveva sentito nessun rumore e neanche lo aveva visto arrivare. Da dov’era poteva vedere che non era alto, i capelli erano ricci e ricadevano quasi fin sopra alle spalle, il vestiario era ciò che di più strano Belle avesse mai visto. Era interamente da testa a piedi vestito di pelle e in particolar modo, la giacca sembrava pelle di drago. Ma da dov’era Belle però non riusciva a sentire quello che i due si dicevano.

“Ah, sei qui” una voce la fece girare verso un nuovo arrivato. “Hai portato a termine l’incarico?” Rub si sedette di fianco a lei.

“Si” disse solo, riportando l’attenzione sull’uomo che parlava con la ragazza. Belle sopresse un grido quando l’altro si girò. Quello che di spalle sembrava un uomo era in realtà… un mostro? La pelle, la sua pelle, sembrava roccia ed era… verde o grigia, Belle non seppe dirlo con certezza. “Sai chi è quello?” chiese rivota a Rub.
“Si, è il signore oscuro. E’ uno di quelli che ci da più filo da torcere. Molte anime che preleviamo incontrano lui prima di incontrare noi”. Belle tornò a guardare quell’”uomo”, mentre qualcosa di grigio saettò davanti a lei e Rub.

“Eccoli, sono arrivati”, l’uomo con noncuranza si accese una sigaretta. I due golem si dispersero nel bosco, non prima di averli guardati e avergli soffiato contro. Belle sentì altri movimenti provenire dalla ragazza e dall’uomo e vide che la mora stava creando con le mani una palla di fuoco. “Ma quella è…”
“Magia, si” rispose Rub sbuffando il fumo. “Il signore oscuro è il mago più potente di tutti i reami. Ora fai attenzione, vedi quella?” e così dicendo indicò una donna che arrivata da poco, sembrava stesse urlando verso l’uomo, mentre lui era invece calmo e sorridente. Belle annuì piano. “é la regina cattiva, un’altra che di lavoro ce ne da molto”.

“E ti aspetti che li ringrazi?” volle sapere Belle facendo una smorfia, mentre l’altro si gustava sorridendo la sigaretta. “Uhm… fai tu”. Un urlo di donna fece voltare entrambi di nuovo verso i tre. L’ultima arrivata stava facendo cadere della polvere da una mano, mentre il corpo dell’altra giaceva riverso a terra e l’anima guardava spaesata prima la regina cattiva poi il signore oscuro. Alla fine vide Belle tra i cespugli che le faceva segno di avvicinarsi e così fece.

“Ma cos’è successo?” chiese con un soffio incapace ancora di capire.

“Sei semplicemente morta”. Belle odiava sottolineare l’ovvio, ma in certi casi bisognava andarci cauti.

“Sono morta?” ripetè l’altra guardando il suo corpo rivolto a terra.

“Bè quella ti ha tolto il cuore dal petto e te l’ha stritolato davanti, non penso tu possa essere sopravvissuta” si intromise Rub. “Forza, Belle ti mostrerà la strada”.

E così Belle si ritrovò ad accompagnare un’anima sempre più basita verso il muro di luce. Non resistette però alla curiosità ed ogni tanto si voltava ad osservare l’uomo che sembrava fatto di roccia. C’era qualcosa in lui, qualcosa di sinistro, che l’affascinava. Forse un giorno, lo avrebbe anche potuto conoscere…

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Capitolo 6
*** 17. Pioggia ***


17. Pioggia

Quella mattina aveva avuto un’idea fantastica. Quando avevano iniziato a stare insieme Belle gli aveva portato tutto l’occorente per fare uno splendido pic nic in negozio, che puntualmente, era stato interrotto dall’arrivo della salvatrice e dalla sua allegra famigliola. Un gesto molto dolce, se pensava che Belle ci aveva lavorato parecchio, facendo ogni panino con amore ed invece quei 3 nel giro di qualche minuto avevano distrutto tutta l’atmosfera romantica. Ora era il suo turno di ripagarla e questa volta, pensò mentre metteva le ultime cose in macchina, niente e nessuno gli avrebbe disturbati. E al diavolo tutta Storybrooke!

Belle si infilò un vestitino bianco con delle rose azzurre, si mise gli inseparabili tacchi e passò una mano tra i capelli sciolti, lei avrebbe voluto legarseli in una coda che avrebbe fatto ricadere di lato, ma Rumpel aveva insistito che gli lasciasse sciolti. Guardò il sole fuori dalla finestra e sorrise. Quella giornata sarebbe stata fantastica, contando il fatto che Rumple le aveva promesso una sorpresa (parole sue) da mozzarle il fiato. Ma per il momento l’unico fiato che suo marito le aveva mozzato era quando, quella mattina appena sveglia le aveva baciato l’orecchio e il collo augurandole il buongiorno.

Scese le scale e uscì di casa proprio mentre lui stava richiudendo il baule.

“Allora?!” chiese al massimo della curiosità.

“Ancora qualche minuto e lo saprai” sorrise lui. Conosceva bene la curiosità di Belle e doveva ammetterlo, qualche volta gli piaceva stuzzicarla.
“Dai Rumpel, almeno un’aiutino!” pianiuccolò lei.

“Sali in macchina e arrivati a destinazione lo saprai, daerie” sorrise sornione, non volendosi sbottonare più di tanto. “Una sorpresa è pur sempre una sorpresa”.
Lei sbuffò divertita e si sedette dalla parte del passeggero. Quando le fu accanto, dall’altro lato, lui la guardò serio tanto che lei si preoccupò un poco.
“Belle…” iniziò. Vide la preoccupazione e l’apprensione negli occhi della moglie. “Il cellulare…”

“l’ho lasciato in casa… come mi hai detto tu”.
“Benissimo!” il sorriso tornò a farsi strada sul suo volto. Niente e nessuno gli avrebbe disturbati. E al diavolo tutta Storybrooke!

Il viaggio in macchina durò solo qualche minuto, poi Rumpel parcheggiò al limitare del bosco.  “Ok, da qui proseguiremo a piedi”. La portò in una piccola radura piena di fiori di qualsiasi colore. Aprì il cestino che si era portato dietro e vide la sorpresa negli occhi della moglie.

“Ma quello…”

“Si dearie” sorrise lui di cuore. “é il cestino del nostro primo pic nic, puntualmente rovinato da quelle teste vuote dei Charming, ma oggi, niente e nessuno potrà disturbarci”. Lei gli dette un piccolo pugno sul petto, lui sapeva che lei non approvava che parlasse dei Charming in quella maniera, ma quella sorpresa l’aveva lasciata particolarmente… sorpresa. E così stese la classica tovaglia a scacchi rossa e bianca, fece sedere la moglie da un lato e lui si sedette di fianco, tirando fuori più o meno gli stessi panini che aveva fatto lei quella volta, creando una specie di dolce deja vù.

La giornata stava passando in modo piacevole, tanto che dopo il cibo si erano persino presi il lusso di coricarsi una di fianco all’altro e assaggiarsi come riuscivano a fare solo sul divano di casa.

Ma purtroppo quei due non erano destinati a star tranquilli neanche per una singola giornata. La prima goccia di pioggia colpì Rumpel in testa, mentre con il corpo copriva la moglie. “Ma che…”. Neanche il tempo di formulare un pensiero su quello che stava succedendo che l’acquazzone si sfogò proprio su di loro, lasciandoli bagnati come pulcini.

“Fantastico!” sibillò tra i denti il signore oscuro. Poi ebbe un’illuminazione. “Vieni con me” le disse raccogliendo la tovaglia ormai fradicia e buttandola a casaccio dentro il cestino. Prese la mano di Belle, ma lei si scostò. “Le scarpe…” farfugliò solo.

“Prendile  in mano e seguimi” la incitò strattonandola piano, mentre la pioggia continuava a cadere, non volendo sapere di smettere.

E così, il signore oscuro con in mano un cestino da pic nic attraversò una parte di bosco con la mano legata a quella della moglie che nell’altra reggeva un paio di tacchi blu. Camminarono un poco fino ad arrivare ad un capanno. A prima vista a Belle sembrò abbandonato, ma quando entrò scoprì che al suo interno era pieno di tutte le cose di prima necessità. Rumpel con uno scocchio di dita accese il fuoco nel camino infondo alla camera e si voltò ad osservare sua moglie. “Ok, qui dovremo stare al caldo mentre la pioggia la fuori finisce…”. Le parole gli morirono in gola e si ritrovò a sogghignare. Il danno che l’acquazzone aveva causato, forse poteva essere girato a suo favore. Il vestito bianco di Belle, bagnato, le si era appiccicato al corpo ed era diventato quasi trasparente, lasciando intravedere le forme che lui conosceva a memoria.

“Non ho mai visto questo posto prima d’ora” ammise lei stringendosi nelle spalle. “E se il proprietario arrivasse da un momento all’altro?”. Rumpleììel alzò un sopracciglio, strano a dirsi proprio dalla persona che aveva preso “in prestito” una casa per la loro luna di miele.  “Non credo che al proprietario dispiaccia” ammise “poi è da un po’ che non lo utilizzavo…” sorvolò prontamente sul fatto che l’ultima volta aveva quasi ucciso a bastonate suo padre in quel capanno.

“Quindi, è tuo?” si informò lei, lui annuì con un alzata di spalle e si tolse la cravatta, sbottonandosi i primi bottoni della camicia. Mise la giacca e la cravatta su una sedia davanti al fuoco.

“Ti conviene toglierti quella roba bagnata di dosso prima che ti prenda un malanno”. La vide rilassarsi un poco e guardarsi intorno. “E che mi metto addosso?”.
Lui tirò fuori un poco la lingua in quel gesto che lei amava tanto. “Io un’idea ce l’avrei…”.

Sia Belle che Rumpel non seppero dire per quanto tempo restarono abbracciati dentro a quel letto in quel capanno, ma una cosa era sicura: quella era una delle giornate più belle per entrambi e al diavolo tutta Storybrooke!
 
 

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Capitolo 7
*** 22. Arancione ***


22. Arancione

(Storia in due parti: Arancione ed Ombra)

Foresta incantata – Castello oscuro-

Belle sgranò gli occhi e si fermò con la scopa in mano. Fuori pioveva a dirotto ma non era stato il rumore della pioggia ad attirare la sua attenzione, bensì un uomo, che stava battendo contro la porta a vetri che dava su uno dei giardini del castello. L’intruso aveva un sacco, che nonostante la pioggia sembrava completamente asciutto e le stava dicendo qualcosa attraverso il vetro, che lei non riusciva a capire.

Di solito quando qualcuno si presentava al castello, chiedeva di Rumpel e quando succedeva Rumpel trovava il modo di farsi trovare sempre in casa. Non come in quel momento. Quella mattina stessa le aveva semplicemente detto che sarebbe uscito e di non preparargli il pranzo. Niente di più. Quindi la sorpresa di Belle fu doppia. Cauta si avvicinò al vetro e tra le cose che l’uomo farfugliava capì “Rumpelstiltskin” e “sacco”. Poi l’uomo tacque e la fissò. L’altra si riebbe e aprì la porta facendolo entrare.

“Uhm! Grazie mille. Un altro po’ e avrei messo le radici, con tutta questa pioggia” sorrise strofinandosi con la mano i capelli color carota. “Cercavo il signore oscuro”.
L’altra lo guardò stralunata, ma si riebbe quando lui scoppiò a ridere. “Scusate, so di non essere presentabile ma non sono un mostro” –Non come colui che vive qui- avrebbe volentieri aggiunto, ma si trattenne.

“No no, perdonate. É solo che Rumpel non c’è, al momento ed è difficile che qualcuno cerchi di lui in sua assenza” rispose Belle “E sinceramente non so neanche quando possa tornare” ammise finendo.

“Oh non fa nulla, vorrà dire che lo aspetterò qui”. Belle aprì la bocca ma non parlò. Cosa avrebbe detto Rumple? che in sua assenza lei aveva fatto entrare in casa uno sconosciuto?! Bè a dire la verità era sconosciuto solo per lei, a quanto sembrava.

“In verità signor…”

“Perdonate voi stavolta!” disse l’altro battendosi una mano sulla fronte “come sono maleducato, Romeo. Potete chiamarmi Romeo. E potrei, di grazia, conoscere il vostro, di nome?”

“… Belle” ammise sospirando rassegnata. “Sentite: sarebbe meglio se tornaste in un altro momento… cioè quando lui c’è. Oppure che ne dite” si illuminò “se dovete lasciargli questo sacco di lasciarlo a me, glielo consegnerò io stessa. Non dubitate”.

L’altro la guardò e quasi scoppiò a ridere alla sua espressione un po’ tra lo spaesato e l’impaurito. Sembrava un misto tra una bambolina, di quelle di porcellana, che è un piacere guardarle e un cucciolo bisognoso di protezione. Avrebbe volentieri risposto di si, che non c’erano problemi, solo per farla contenta. Ma scosse la testa. “Vedete” ammise cercando le parole giuste “vostro… marito?!” la sua voce era incerta, non aveva mai sentito che l’oscuro fosse sposato, ma vedendo la bellezza della ragazza e conoscendo la cattiva reputazione di lui, che poteva avere nemici anche tra le fate non si stupiva che avesse rinchiuso la moglie nel castello, allontanandola da tutto il resto del mondo. “Vostro marito” continuò con più convinzione “mi paga alla consegna. Quindi fino a quando io non vedo l’oro, di qui non mi muovo”. Non gli sfuggì il rossore che aveva assunto il viso della ragazza quando aveva rimarcato la parola “marito”.

“Rumpel… cioè il signore oscuro… bè lui… non è mio marito” farfugliò sentendo la temperatura della stanza alzarsi. “Sono solo la domestica” sorrise debolmente schiarendosi la voce.

“Ah”  la cosa stava facendosi interessante. “E ditemi, Belle, sono solo la domestica” continuò facendogli un largo sorriso “che ne dite di offrirmi una tazza di the per ingannare l’attesa?” Lei sorrise di rimando e acconsentì con la testa. “Aspettatemi qui” disse prima di sparire dietro la pesante porta, diretta alle cucine. Lui rimasto solo si guardò intorno. “Solo la domestica! Però…” fischiò “si tratta bene il vecchio pazzo”.

Belle tornò poco dopo con un vassoio, due tazze e tutto l’occorente per il the. Fece un altro sospiro. Era felice di ritrovarlo ancora lì, le era balenata l’idea che potesse essere un ladro, ma dato una veloce occhiata intorno capì che niente era stato toccato. Servì il the allo strano ospite e si perse letteralmente a parlare con lui. Scoprì che Romeo era un mago (non potente come Rumpel, ma pur sempre un mago), che raccoglieva per il signore oscuro cose molto rare e cosa più importante, che aveva girato il mondo.
“E allora io gli dissi – Alì, ci sono quaranta ladroni che ti danno la caccia, io la prenderei, se fossi in te, quella lampada! E sai che ha fatto la sua scimietta?- “ Belle scosse il capo chissà quanto dovrebbe essere belle Agrabah, “bè lei…”.

“Lei si è ritrovata trasformata in un rospo, dearie?” chiese una voce poco distante da loro. Si voltarono sussultando, lui per lo spavento, lei conscia di aspettarsi una bella sgridata. Rumpel guardava entrambi con un espressione seria che dava al suo volto un aspetto tremendo. Gli occhi non erano da meno. Se fosse stato Superman, avrebbe con un solo sguardo incenerito il malcapitato. Non che il signore oscuro non potesse farlo…

“Ah Rumpel, finalmente!” l’altro parve non badarvi “ho finito il lavoro prima” e con la mano indicò il sacco sopra la tavola “e sono venuto subito qui. Ma invece di trovare voi, ho trovato una piacevole sorpresa” sogghignò. Ma il signore oscuro non era in vena di ridere. Aveva spostato lo sguardo su Belle, che teneva la testa china mentre rimetteva le tazze da the sul vassoio. Poi veloce si apprestò a varcare la soglia per tornare alle cucine, ma dovette passargli di fianco e fece l’errore di guardarlo in faccia. – Questa volta mi uccide. E’ la volta buona- pensò e poi fece un gesto che sorprese anche Rumpel. Dopo aver distolto lo sguardo, segno che aveva soggezione di lui, si era inchinata e aveva detto “con permesso” poi era sparita dalla sua visuale. L’oscuro chiuse la porta con un gesto della mano. Era troppo alterato, ora. E se avesse seguito il suo istinto l’avrebbe punita per bene, dopo averle urlato contro, ma l’idea che lei avrebbe potuto tentare di scappare lo aveva fermato da quest’idea e per la prima volta lo aveva fatto ragionare, mettendo da parte la sua indole impulsiva. Così tornò a concentrarsi sull’ospite.

“Bene; vediamo che cosa avete qui” disse  facendo volare il sacco al suo posto a capotavola e sedendo sulla sedia. “Uhm interessante… “ l’oggetto che aveva in mano era un vecchio specchio con la cornice d’oro.

“Supponevo che vi sarebbe piaciuto! Sembra che porti in un posto senza magia!”. L’oscuro alzò la testa dall’oggetto e guardò l’altro. Cosa aveva detto? Un posto senza magia? Forse, potrebbe… no… Bae…

“Bene dearie, credo che abbiate già abusato dell’ospitalità della mia casa. Quindi non vi resta che prendere la vostra ricompensa ed andarvene”.
“Approposito di ricompensa!” provò a buttare lì Romeo “vorrei proporvi un accordo”. Il signore oscuro posò la schiena allo schienale della sedia e represse la voglia di polverizzare il rosso. Voleva sapere dove voleva andare a parare. “Invece del solito oro” prese un profondo respiro “che ne dite di –prestarmi – la vostra domestica per qualche mese?... Settimana?... Giorno?...”

“Lei non è in vendita” disse schietto allontanando un pensiero con la mano e proprio quella mano ora gli prudeva da morire. Avrebbe volentieri creato una palla di fuoco e poi…

“Ma capite!” cercò di spiegarsi l’altro “solo quando voi siete fuori per i vostri… accordi… Lei si sentirebbe meno sola ed io…”.

“Prendi l’oro e vattene” sibillò il signore oscuro. “Non ho più bisogno dei tuoi servigi. Non farti più vedere”.

“Ma Rumpel…”

“Fuori ho detto! Prima che gli uccelli abbiano un lombrico in più da mangiare”.

“Uhm, solo la domestica eh?” sogghignò andando verso la finestra da dove era entrato “dovreste proporle un accordo più vantaggioso per entrambi, mio caro, almeno non sareste così acido!”.

La palla di fuoco partì senza preavviso verso il mago, facendo scoppiare una parte della sala, vicino alla finestra. Tra il fumo ne emerse un gatto arancione, che guardò Rumple e soffiandogli contro tirando fuori gli artigli saltò nel giardino e scomparve.

“Rumpel, tutto bene?” Belle era accorsa nel sentire lo scoppio.

“Bene, dearie. Ora farò i conti anche con te”.
 
 

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Capitolo 8
*** 12. Udito ***


12. Udito

Belle aveva detto si. Belle era stata gentile e gli aveva detto si. A tutti! Belle gli aveva detto si e lui ora si ritrovava a dover passare il pomeriggio con suo nipote e con il piccolo Neal. Ok, vada per Henry, che ormai quattordicenne, riusciva ad intendere e volere, ma… ma l’altro moccioso? Lo avevano affibbiato a Belle da quando era nato. Ogni scusa era buona. “Belle, mi tieni Neal, io e Snow abbiamo bisogno di un po’ di intimità”, oppure “Belle, mi tieni Neal, sai Emma è scappata mentre i suoi poteri sparavano a mille…”; “Belle… Belle… Belle…” e lei, sempre gentile, acconsentiva, tanto che quando Neal la vedeva, le correva incontro e la chiamava “ ‘ia Be” come se fosse la sua tata adorata. Quando lui e Belle avrebbero avuto un figlio non lo avrebbe fatto tenere a nessuno, a nessuno.

E così prima erano andati al parco giochi a giocare con le altalene, poi erano andati a prendere un pezzo di torta da Granny ed infine finalmente a casa. E a casa era scoppiato il putiferio. Belle aveva deciso che era arrivata l’ora di far fare il pisolino al bambino, ma Neal che per la prima volta metteva piede in quella casa, dagli oggetti più strani, era di tutt’altro parere. Si era prima buttato sul cavallo a dondolo in legno e lei sospirando lo aveva issato su e lo aveva dondolato, poi una volta stancato, si era divertito ad aprire tutte le ante degli armadi che erano nella sala e in cucina. Le frasi che venivano pronunciate più spesso erano “Neal, no”; “Neal, lascialo”; “Neal, stai lontano”, ma il bambino dopo averli guardati ed essersi fermato ripartiva alla carica. Finalmente dopo un po’ sembrò essersi stufato anche di quel gioco e si sedette a terra a giocare con dei cavallini in legno che Rumpel aveva tirato fuori chissà da dove. Si sedettero stremati sul divano mentre Henry, che era rimasto al di fuori del treatrino dell’allegra famigliola, si stava godendo una bella partita alle auto sulla Wii.

“Rumpel, senti…” iniziò Belle dopo pochi minuti.

“Cosa?” chiese il marito staccando gli occhi da quello stupido giochetto di suo nipote. Come facesse Henry a stare fermo così tanto tempo davanti alla tv a giocare a quell’affare, rimaneva un mistero.

“Niente…” Belle guardò Neal che alla fine era capitolato. Lungo disteso sul tappeto aveva chiuso gli occhietti. Lei sorrise e con delicatezza lo prese in spalla e lo portò nell’altra stanza dove lo adagiò nella cesta che Snow gli aveva dato. Accese i walkie talkie a ne portò uno in sala.

Il resto del pomeriggio potè passare tranquillo, almeno per Rumpel.

Verso sera Emma accompagnata da una spumeggiante Regina, contenta di avere Henry a dormire da lei per quella notte si avviarono verso casa Gold. Suonarono al campanello, ma niente, suonarono ancora, ma nulla. Allora bussarono. E non accadde nulla. Le due si guardarono sempre più stralunate. Possibile che fossero ancora fuori? Era quasi ora di cena e Neal doveva essersi già addormentato e risvegliato. “Seguimi” disse Regina dando una veloce occhiata in giro. Voltarono l’angolo della villetta color salmone e notarono che la porta a vetri che, dalla cucina dava sul giardino, era aperta. “Entriamo da lì” continuò la mora come se stesse per entrare in casa sua. Ma a due passi dalla soglia si fermò. Boccheggiò perché quello che sentì la lasciò senza parole.

“Si! Si! Si! Ancora!” Era la voce di Belle

“Ti faccio vedere di cosa sono capace!” la voce di Rumpel.

“Vai! Vai! Vai!” Belle

“Ora vedi!” ringhiò l’altro.

Regina ed Emma avevano gli occhi fuori dalle orbite, possibile che i due… con due minori in casa poi… in salotto… loro…
“Regina entra”, ma l’altra restava impietrita ormai ad un passo dalla porta.

“Siiiiiiiiiiiiiiii” la voce di Belle fece prendere coraggio ad Emma, che aggirando l’altra entrò in cucina e a passo spedito arrivò nel salottino. La scena che le si parò davanti la lasciò senza parole…

Belle era seduta sul divano, con il joystic sulle gambe aveva alzato le braccia ridendo “Ho vinto per l’ennesima volta, Rumpel!”. Lui dal canto suo, era in piedi, la camicia leggermente sbottonata e le maniche risvoltate fino al gomito, aveva gettato con poca grazia il joystic sul divano.  Henry ed il piccolo Neal ridevano.
“Non ci sai proprio fare, nonno!” poi accortosi della bionda e della mora gridò “mamma!”. Anche i due coniugi si voltarono. “Non si usa più bussare?” chiese Rumpel acido, l’ennesima sconfitta bruciava ancora.

“Lo abbiamo fatto ed abbiamo anche suonato il campanello!” gli rispose Regina in tono sempre acido.

“Oh bè… si… il campanello è rotto…” si intromise sorridendo Belle, cercando di calmare gli animi, vista la poca amicizia tra il marito e la mora. Lei, non si era neanche presa la briga di farlo aggiustare, tanto chi sarebbe venuto a suonare a casa dell’oscuro signore?!

“Bhe comunque…” sbuffò Regina, continuando a guardare in caniesco l’uomo “Henry sei pronto?!” l’altro sorrise al nonno e a Belle e si apprestò a staccare tutti i fili della consolle, mentre Emma prendeva in braccio Neal.

“Ecco bravo, portati via quell’aggeggio infernale” commentò Rumpel, rivolto al nipote.

Quando i due coniugi si ritrovarono da soli Belle abbracciò il marito. “é stata un pomeriggio divertente, tuttavia”. L’altro alzò un sopracciglio non sembrava molto d’accordo. “Sicuramente da non ripetere” commentò.

“Dai, Rumpel, era solo un giochetto! Non essere così scontroso!”.

Lui sorrise “Ora te lo faccio vedere io, un giochetto!”, prese possesso delle labbra della moglie. Gli era venuto in mente un altro giochetto in cui di solito, non perdeva mai…

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Capitolo 9
*** 97. Scelta libera - Ombra- ***


97. Scelta libera – Ombra -

Avrebbe dovuto immaginare che quel mago da quattro soldi non si sarebbe arreso così presto. Aveva puntato gli occhi su Belle e lui gli aveva dato il ben servito con una palla di fuoco, facendolo quasi andare all’altro mondo. Avrebbe dovuto immaginarlo  e così fece per un po’ di tempo. Ogni scusa era buona per stare all’arcolaio o nel suo studio, intento in qualche strana pozione dal nome impronunciabile. Avrebbe difeso ciò che gli apparteneva. Ma passarono i giorni e di Romeo neanche l’ombra. Che fosse nella sua capanna (o catapecchia che dir si voglia) a leccarsi le ferite? Che avesse ben chiaro il messaggio che le cose dell’oscuro non si toccano? Dal canto suo Belle, che si era aspettata una punizione esemplare, se non la morte stessa, se l’era cavata con strofinaccio e stracci a tirare a lucido una parte del castello che non veniva utilizzata da tempo e non sarebbe stata utilizzata per altro tempo.

Rumpel si sa, non era uno sprovveduto. Si vantava spesso che ogni cosa che accadeva, accadeva perché lo voleva lui, ogni avvenimento della foresta incantata era gestito da lui. Accadeva qualcosa? Lui lo sapeva e rigirava la cosa a suo vantaggio. E allora come era possibile che non si fosse accorto che quell’intruso era in casa sua a fare il cascamorto con Belle? Forse perché si fidava ciecamente di quella ragazza. Ma non sarebbe più successo. Non sarebbero bastate due moine ed un sorriso per fargli di nuovo abbassare la guardia. No. Questa volta si sarebbe fidato davvero di se stesso. Solo di se stesso.

Quel giorno però era diverso. Sembrava che quelli stupidi abitanti della foresta incantata non riuscissero a fare a meno di lui e così fu costretto a lasciare la sua domestica da sola, di nuovo.
Belle posò il candelabro sulla mensola, dopo aver tossito un altro po’. Era impensabile quanta polvere si formasse all’interno di un castello. Per far circolare l’aria aprì la porta finestra a pian terreno e respirò a pieni polmoni con il viso verso il sole. La giornata era abbastanza calda e Belle avrebbe volentieri preso un libro e si sarebbe seduta sotto un albero, ma la punizione che Rumple le aveva inflitto, dopo che l’aveva trovata con quello strano ragazzo, richiedeva la priorità, perché prima finiva, prima sarebbe tornata alla sala dell’arcolaio a parlare con il folletto. Mentre lì la solitudine della sua “prigionia” si faceva sentire tutta. Dette demoralizzata le spalle al sole e alla finestra, ma un miagolio sommesso attirò la sua attenzione. Un gatto arancione stava avanzando  verso di lei.

“E tu che ci fai qui?” chiese, conscia che il gatto non avrebbe potuto capirla, ma sorpresa di vedere un  animale aggirarsi tra i giardini del castello oscuro. Si accorse poi che il gatto zoppicava vistosamente da una zampetta e aveva  un orecchio ferito,  dove perdeva un rivolo di sangue. A Belle le si strinse il cuore. “Poverino, ma che ti è successo?” si chinò e allungò la mano mentre il gatto allungava il muso per fiutarla.

Romeo non aveva resistito. Lui era un latin lover e quella ragazza con quegli occhi azzurri era così bella che non riusciva a togliersela dalla testa. Era impossibile che un mostro come il signore oscuro ne potesse godere la vista mentre lui era stato bandito da quel castello solo perché aveva avanzato “pretese” su una donna non sposata. Così era rimasto nell’ombra ad aspettare. Se aveva fregato Rumple una volta, avrebbe trovato il modo per farlo una seconda. Il ricordo di una palla di fuoco diretta verso di lui bruciava più che mai. Il signore oscuro era il suo avversario in amore? Sogghignò. Bene! Lui aveva dalla sua l’aspetto fisico, la giovinezza, la pratica dell’amore decantato alle donne. E l’altro invece? Lui? Cosa poteva offrire a Belle, lui? Pensò che se si fosse presentato da lei in qualità di umano lei si sarebbe ritratta. Chissà cosa aveva dovuto passare dopo che lui si era allontanato dal castello. Quindi decise di utilizzare la strada più facile. Tornò a riprendere le sembianze di un gatto e cercò di addentrarsi all’interno delle mura del castello.

A differenza di quello che aveva pensato il castello non era circondato da nessuna magia di protezione. Il che lo insospettì non poco, ma si sa, l’amore rende ciechi e la sua attenzione fu attratta dalla ragazza che aperta una finestra, aveva sporto il suo viso verso il sole, chiudendo gli occhi. Eccola lì bella più che mai. Avrebbe dovuto prestare attenzione. Avrebbe dovuto, ma non lo fece. Una scarica elettrica gli arrivò dritto nelle ossa. E poi un’altra e un’altra ancora. Il signore oscuro non aveva messo nessuna magia di protezione intorno al castello certo, ma c’era una magia intorno all’ala del castello dove si trovava a lavorare Belle. Strano… solo per una domestica, no? Si chiese ironico. “Belle!” chiamò, ma dall’esterno si sentì solo un “miao!”. “Belle, aiuto!” e uscì “miao miao!”. Ma doveva provare, doveva riuscire. Lei era lì a pochi passi. Non poteva non accorgersi di lui. Lottò con tutto se stesso contro il dolore e finalmente attirò la sua attenzione. Ma quando lei si avvicinò e lui allungò il musetto per fiutarla, per capire se effettivamente era lei o un’altra magia di quel vecchio pazzo, gli occhi lo tradirono e al posto di Belle vide solo un’ombra, un’ombra che si andava sbiadendo, poi fu il buio.

Quando si svegliò e le ombre pian piano iniziarono a farsi più solide, capì di essere in una cucina. “Ma che?...” si chiese, ma all’esterno risuonò solo un “miiiao”, che però attirò l’attenzione della ragazza intenta a lavare alcuni oggetti in una tinozza. Ricordò tutto nel momento in cui i suoi occhi si posarono su lei. Il castello, l’assenza di Rumpel, lei, le scariche in tutto il corpo, lei, lei ed ancora lei.

“Ah! Finalmente ti sei svegliato! Ho temuto il peggio!” il suo sorriso era ciò di cui aveva bisogno per risollevarsi. Cercò di mettersi in piedi, o meglio, dritto sulle quattro zampe e si accorse che Belle gli aveva fatto un giaciglio con alcuni stracci. Fece qualche passo nella sua direzione incerto se il dolore sarebbe tornato o meno ma costatò che era tutto a posto. Contento andò a frusciarsi contro le gambe della ragazza al suono di tanti “miao miao”. Lei sorrise e asciugatasi le mani in uno strofinaccio, lo raccolse da terra e lo prese in braccio. “Non dovresti trovarti qui, lo sai?” gli disse puntando il viso nel suo muso. “Adesso ti do un po’ di latte e poi te ne vai”. L’altro fece un “meeeo?” sgranando gli occhi neri. Cosa? No! L’aveva appena trovata e già lei voleva che se ne andasse? Aspetta un attimo! “Non ho proprio idea di quello che potrebbe dire Rumpel se trovasse un gatto qui!” sembrava pensierosa, come la prima volta quando lui, da umano,  le aveva detto che avrebbe aspettato il ritorno del mago. “Ma siccome ho appena finito di sperimentare la sua ira” sospirò e Romeo si chiese a cosa si riferisse, che gli aveva fatto quel vecchio pazzo in sua assenza? “Preferisco non cacciarmi in altri guai, per il momento”. Rimise a terra il gatto, che non volendo spezzare il contatto con lei, iniziò a leccarle la mano. In tutto questo, non si accorse di un ombra che incombeva su di lui proveniente dalla soglia della porta.

Rumpel aveva sentito chiara la sensazione che qualcuno si era intrufolato in casa sua. E guarda caso, proprio nell’ala del castello dove era Belle, non ci mise molto a tirare i conti. Quel mago da quattro soldi, quello stupido che si credeva un grande latin lover, aveva pensato di fargliela sotto il naso ancora, ma questa volta aveva fatto i conti senza l’oste. Sigillato in fretta l’accordo era tornato a casa e nascostosi, aveva trovato il gatto profondamente addormentato in cucina con Belle intenta nei lavori domestici. Ora aveva davvero sorpassato ogni limite. Gliel’avrebbe fatta pagare e cara. Avrebbe atteso nell’ombra e poi avrebbe come si suol dire in queste occasioni “sguinzagliato i cani”.

Belle mise la ciotolina con il latte di fianco al gatto. “Mangia” gli disse, ma l’altro non aveva intenzione di spostare lo sguardo da lei e continuava a miagolare. “Ne abbiamo già parlato, non ti posso tenere qui, se lui se ne accorge per me sono guai”. Romeo emise l’ennesimo “miao”, poi qualcosa attirò l’attenzione di entrambi. Sembrava la voce di Rumpel che chiamava Belle. Alla seconda chiamata Belle sospirò e rivolgendosi al gatto gli disse “Vedi?! Siamo proprio in un bel guaio! Lascerò aperta qualche finestra e potrai scappare da lì”, poi si diresse da dove proveniva la voce. Romeo rimasto solo, si guardò attorno. Forse Belle aveva ragione, sarebbe dovuto scappare e ritentare un’altra volta ad avvicinarsi a lei. La finestra era così vicina… Mosse qualche passò ma qualcosa lo fermò. Sembrava che fosse andato a sbattere contro un muro invisibile. Scosse il muso per riprendersi, mentre due dita lo prendevano per la collottola e lo tiravano su. Si ritrovò di fronte il signore oscuro.
“Bene, bene, bene, dearie…” iniziò quest’ultimo, mentre il gatto aveva rizzato il pelo e aveva tirato fuori gli artigli, cercando di graffiare Rumpel. “La lezione dell’altra volta non ti è servita a quanto vedo”. Prese lo specchio che Romeo gli aveva portato qualche giorno prima e lo mise sul pianale dove Belle era solita cucinare. Ci passò sopra la mano e un’onda viola si propagò dalla superficie lucida “quindi non mi lasci altra scelta” e così dicendo immerse completamente il gatto nello specchio. Quando ritirò la mano del gatto non c’era nemmeno l’ombra. Lo specchio tornò ad essere solo uno specchio e Rumpel lo prese e lo fece volare fuori dalla finestra frantumandolo in mille pezzi.

Romeo si issò sulla riva di quel grande fiume. Quel vecchio pazzo gliel’avrebbe pagata un giorno o l’altro. Iniziò a miagolare ma le persone che passavano di lì li davano una veloce occhiata e poi tiravano dritte per la loro strada. Provò a riprendere le sue sembianze da uomo forse così si sarebbe fatto aiutare, ma qualcosa non quadrava. I suoi poteri di mago non funzionavano. Ricordò in quel momento che lo specchio che aveva consegnato a Rumpel portava in un posto senza magia… Drizzò il pelo e una volta asciutto, alla ben che meglio, si diresse per le strade di quella strana città. Le testate dei giornali recitavano “Oggi a Parigi…” e le strade erano illuminate con strane fiaccole. Romeo inghiottì la saliva, che avrebbe fatto ora?

Nel castello oscuro intanto Rumpel si era seduto al suo arcolaio mentre osservava la sua domestica che apparecchiava la tavola. Era abbastanza soddisfatto. Aveva allontanato un’ombra che minacciava di allontanare da lui, Belle. Se solo avesse saputo dove portava quello specchio… 

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Capitolo 10
*** 13. Tatto ***


Storia in quattro parti: “Tatto”; “Errore”; “Vendetta” e “Marrone”

13. Tatto

Rumple si fermò davanti ad una vetrina e guardò la moglie “Sicura che non vuoi entrare?”, Belle scosse la testa. Non avrebbe trovato alcuna cosa interessante in un negozio pieno di cianfrusaglie per creare pozioni, meglio starsene ancora un po’ all’aria aperta godendosi gli ultimi minuti di sole. Quella giornata si era rivelata fantastica, prima della prima maledizione; cioè quando lei era ancora la sua domestica, lui non le dava mai il permesso di uscire, né le parlava dei posti che aveva visitato. Ora, dopo aver spezzato l’ultima maledizione ed essere ritornati tutti nella foresta incantata, capitava di rado che Rumple la lasciasse al castello. Se lo faceva, era perché aveva un affare importante e non voleva farle rischiare la vita mostrandola apertamente a chi lui considerava “nemico” o a “persone poco fidate”. Ma quella giornata non era tra quelle e Belle si era ritrovata in quello strano paese a passeggiare a fianco di suo marito, come facevano a Storybrooke o come faceva qualsiasi coppia sposata.

Rumple le sorrise accarezzandole una guancia, raccomandandole di non allontanarsi troppo, che avrebbe fatto presto ed oltrepassò la porta. Lei si guardò intorno alla ricerca di qualcosa da fare ed intravisto un negozio zeppo di libri pensò di andarlo a visitare. Una volta entrata si sorprese. La bellezza di quel posto non era neanche paragonabile  a ciò che aveva pensato. Libri, libri accatastati ovunque, sulle mensole, sui tavoli, sulle sedie. Il luogo era piccolo, ma chi lo aveva arredato non si era dato per vinto e aveva sfruttato tutto lo spazio ed a volte, come nel caso delle sedie, lo spazio se l’era inventato.
“Desidera?” una voce squillante le arrivò alle orecchie da dietro, tanto che Belle sobbalzò. Si voltò e quello che le si presentò davanti era un anziano signore dai capelli bianchi, gli occhiali dalla montatura d’osso ed un fisico asciutto come un anguilla.

“Bè ecco io…” iniziò facendo vagare lo sguardo dal uomo ai libri lì intorno.

“é venuta per un libro?” ironizzò l’altro.

“Si…” sospirò “chiaro che si, ma… ” finì guardandolo però, non aveva neanche lei idea su che genere. L’altro parve capire e sorpassatola andò a prendere un libro dalla copertina verde nello scaffale dietro la ragazza. “Tenete” disse solo. Belle osservò il volume. In nero al centro del libro vi era il titolo “La principessa sposa-  di  William Goldman” lesse a voce alta. “Oh vi piacerà” sogghignò l’altro “pensate:  avventura, fantasia, amore, fiaba… tutto concentrato qui dentro” e avvicinatosi picchiettò sulla copertina con il dito ossuto. A Belle quell’ uomo ispirava fiducia così, messo mano al borsello che aveva attaccato alla cintola, ne estrasse un sacchetto e apertolo prese una moneta. L’altro però scosse il capo perentorio “No, niente monete”

“Ma dovrò pur pagarvelo, no?”

“Consideratelo un regalo, da un amante di libri ad un’altra amante di libri” sogghignò divertito. Poi entrambi sentirono una voce di donna che chiamava e l’uomo sospirò rassegnato “Si, Marion, arrivo!” e con un cenno della mano salutò Belle per oltrepassare la porta che portava alle scale della casa. La ragazza rimase un po’ turbata, non aveva mai ricevuto un regalo da uno sconosciuto, neanche quando era principessa ed andava al villaggio con sua madre e suo padre, così osservò la moneta ancora nella sua mano e sorridendo la posò sul primo libro che capeggiava la fila posata sulla sedia di fianco a lei. “Questa serve più a voi che a me. Grazie” e così dicendo uscì dal negozio.

“Dunque vediamo… occhio di lince, c’è, unghie di gatto pure, bava di lumaca… Vi interessano anche le bacche di vischio, oggi le facciamo a…”

“Non devo preparare un antidoto per veleni, daerie” lo zittì il signore oscuro, mentre era intento ad analizzare il contenuto di un’ampolla.

“Si certo, dunque, dove ero rimasto… ah si, zanne di serpente, si ce le ho, pungiglioni di celestino essicati, ecco… dove li ho messi… ero convinto di averli messi qui, o forse…” l’uomo prese ad armeggiare tra varie ampolle su uno scaffale. Rumple posò  quella che aveva in mano e guardò fuori dalla finestra, Belle era appena uscita da un negozio con un libro in mano,  tipico di lei, fino a quando lui riusciva a tenerla sott’occhio tutto andava per il verso giusto. “Bene, eccoli!” esultò trionfante il proprietario del negozio “sapete, ho degli ottimi rametti di aconito, se volete…”.

“Non ho problemi di narcolessia, daerie”

“Le conoscete bene le pozioni voi, eh?” chiese divertito l’altro mentre metteva tutto in una busta, il signore oscuro alzò un sopracciglio, era strano come certa gente non lo riconoscesse ora che aveva riacquistato il suo aspetto umano e non aveva più quell’orribile pelle grigia. “Diciamo solo che amo la magia” bofonchiò posando sul bancone il denaro. Salutando con un cenno del capo uscì dal negozio. Un piccolo campanello di persone si era radunato da una parte della strada, Rumple li osservò un momento per poi posare lo sguardo intorno a se. Ma dove si era cacciata Belle?

Lo schianto fu inatteso, tanto che Belle non sentì dolore fino a quando non si ritrovò con il sedere per terra e il libro stretto nella mano destra. Un uomo era sceso da cavallo e le stava porgendo una mano. “Perdonate, non stavo guardando dove andavo. Però anche voi, non scherzate. Ditemi, è vostra abitudine camminare con il naso immerso in un libro?” la ragazza non rispose ma accettò la mano dello sconosciuto e si rimise in piedi. L’altro trattenne la sua in quella di lei ancora un po’ prima che la ragazza la ritirasse per passarsi le mani sulla gonna, cercando di stirarla. Lo sconosciuto era rimasto colpito dal volto della ragazza.

“Grazie” disse solo “e perdonatemi se il mio girovagare con il naso dentro i libri ha imbizzarrito il vostro cavallo” finì stizzita.

“Oh Fulmine se la caverà” rise lui “piuttosto voi, sarete frastornata dopo una caduta del genere, lasciate che vi offri da bere alla locanda e…”

“Oh no, no, è tutto a posto” strinse le labbra lei “poi mio marito è qui intorno e… davvero, sto bene, grazie”. L’uomo aveva perso il senso del discorso dopo la parola “marito”, si accorse solo allora dell’anello che Belle portava all’anulare sinistro. “Ah ok, se lo dite voi, Milady…” e risalendo a cavallo partì.
Una volta che il drappello di persone si era aperto per far passare l’uomo a cavallo, Rumple intravide la moglie al centro di esso, così corse da lei. “Belle, stai bene? Cosa è successo?”.

“Niente, un uomo a cavallo mi è venuto addosso e sono caduta, ma a parte qualche ammaccatura, sto bene, davvero”.

“Sicura?” il cenno affermativo di lei lo fece sospirare. “Sarà meglio ritornare alla carrozza, Sweetheart”.

Intanto l’uomo a cavallo si era già dileguato. 

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Capitolo 11
*** 83. Errore ***


83. Errore

Come fosse venuto in mente ai Charmings di invitarli ad un ballo, Rumple non sapeva come spiegarselo. Quello che sapeva, però, era che la moglie era stata più veloce di lui. Stavano facendo colazione, una mattina, nella sala dell’arcolaio ed un picchiettare insistente li aveva fatti entrambi voltare verso una delle quattro vetrate della sala. Un uccellino portava nel becco una lettera due volte pi grande di lui, recante lo stemma dei Charmings , Belle si apprestò ad aprire, mentre lui, doveva ammetterlo, era sbiancato. Si riprese subito, poteva essere una richiesta di aiuto da parte di David, o di Emma, o più semplicemente una lettera di suo nipote che gli spiegava come si trovava a vivere in quel posto “favoloso” come lo chiamava Henry, così diverso da Storybrooke, dove aveva sempre vissuto. Tutto sperò, tranne l’invito ad un ballo. Ma la luce ed il sorriso che si dipinsero nel viso di Belle, avevano infranto ogni sua speranza. Una lettera simile era arrivata anche qualche tempo prima, il principe Filippo e la sua consorte Aurora, invitavano Belle e lui a partecipare alla festa in onore della loro figlia eccetera eccetera… ma la lettera gli era accidentalmente caduta di mano andandosi a bruciare tra il fuoco del camino. Che disdetta, si era detto! E il bello era che, accidentalmente (ancora?!), si era dimenticato di dirlo a Belle.

Così si ritrovò ad uno stupido ballo, seduto su una sedia, ad aspettare che tutto quello finisse, mentre la moglie si divertiva come una matta insieme alla signorina Lucas. La sua attenzione però fu attirata da suo nipote che lo invitò a fare un giro nel giardino per parlargli di una cosa importante.

Belle si voltò alla ricerca del marito quando chi li si palesò davanti altro non era che l’uomo a cavallo di qualche giorno prima insieme ad un amico conosciuto qualche minuto prima da Ruby.

“Che bello rivedervi, qui, signorina… perdonate… signora…”

“Belle” sospirò. Ruby la guardò stralunata “Quindi voi due vi conoscete?”

“Si, sembra che io non sappia guidare un cavallo e vada addosso alle belle fanciulle che amano camminare con il naso dentro i libri”. L’amico gli diede una pacca sulla spalla e gli strizzò l’occhio sussurandogli “ottimo lavoro, Naveen!” l’altro sbuffò “è già sposata” “e questo ti ha mai fermato?” sogghignò. Naveen conosceva già la risposta, certo che no.

Belle nel frattempo aveva raccontato a Ruby l’incontro con il tipo, poi tornò a cercare il marito, trovando la sedia vuota. Cercò una scusa qualunque per dileguarsi, per allontanarsi da quell’uomo che la metteva a disagio. Non le ispirava proprio nessuna fiducia.

“Con permesso” riuscì a dire solo.

“No, ma dove andate!” Naveen le bloccò la fuga imprigionandole un polso con la mano. Gli occhi di Belle iniziarono a fiammeggiare. Interessante, pensò l’uomo. Bella e grintosa. “Datemi almeno una possibilità di ballare con me, per farmi perdonare del danno subito”. La ragazza guardò l’amica, che alzò le spalle, il suo modo tacito di dirle “fai un po’ tu”. E anche se la coscienza le gridava di non farlo, la gentilezza e le buone maniere ebbero la meglio.

“D’accordo”.

Il ballo pareva interminabile e Belle non aveva fiatato un secondo, mentre il suo compagno non aveva fatto altro che sommergela di parole, che lei raramente ascoltava.
“E penso che vostro marito sia un uomo molto fortunato, Belle” continuò a parlare.

“Cosa? Dove?” Belle girò la testa alla ricerca di Rumple sperando di vederlo lì accanto a lei.

“Stavo dicendo” si schiarì la voce l’altro quando riuscì ad avere la sua attenzione di nuovo. “Che vostro marito è un uomo fortunato, molto fortunato”.

Belle sorrise, all’idea di quello che avrebbe potuto dire Rumple se fosse stato lì “sono io ad essere fortunata” ammise.

“Oh una donna felice del suo matrimonio ed innamorata di suo marito” scosse la testa “non se ne vedono tante di donne così, al giorno d’oggi”.

“Forse avrete incontrato le donne sbagliate” ironizzò Belle, spalancando gli occhi. Lui sorrise, aveva attirato la sua attenzione. “Sapete” iniziò pronto a sferrare il contrattacco, stringendola a se, Belle sembrò infastidita e si scansò un poco. Ma lui non demorse. “Sapete, mi piacerebbe conoscervi meglio, Belle”.

“Perdonate, ma io non sono della stessa opinione” rispose lei, cercando di allontanarlo, mentre il braccio di lui rimaneva ben saldo sulla sua vita, come il ballo richiedeva. “Suvvia, non ditemi che vostro marito è un uomo geloso” rise “è così passionale?” rise ancora. Lei iniziò a fremere. La voglia di schiaffeggiarlo era troppa e così fece. Ruby e l’amico di Naveen si fermarono immediatamente. Belle guardò Ruby e poi voltandosi si disperse tra le coppie di ballerini. L’altro intanto si era avvicinato all’amico. “Naveen stai bene?”

“Certo! Non sarà uno schiaffo a fermarmi, mio caro”. Ed entrambi risero. Ruby li guardò senza capire. Ma quella storia non le piaceva per niente. Quel Naveen aveva commesso un errore. E se il signore oscuro lo fosse venuto a sapere, l’avrebbe pagato e caro. 

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Capitolo 12
*** 85. Vendetta ***


85. Vendetta

Rumple si fermò a guardare il nipote. A tratti vi riusciva a scorgere delle somiglianze con Bae e questo gli faceva un po’ male. “Cosa hai detto?” chiese, sapendo di aver già capito, ma tardando a crederci.

“Ho intenzione di sposarmi” ripetè, mentre la brezza della sera gli scompigliava la frangia che gli copriva le sopracciglia “lei forse te la ricorderai, si chiama Paige…”

“La figlia di Jefferson”  finì suo nonno per lui. L’altro annuì, era sicuro che suo nonno conoscesse suo padre. Era tutto scritto nel libro, nelle pagine del cappellaio matto. Rumple mise una mano sulla spalla di quel ragazzo che stava diventando uomo. “Sono contento per te. L’ami?” l’altro diventò rosso, ma rispose con un cenno affermativo della testa. Poi i due tornarono a passeggiare in silenzio tra i cunicoli del giardino, ognuno perso nei propri pensieri. Rumple si ritrovò a pensare a Belle e dovette ammetterlo anche a Cora, ma soprattutto a Milah. Era forse un po’ più vecchio di Henry quando aveva chiesto la sua mano e la felicità della sua risposta positiva, li aveva quasi fatto uscire il cuore dal petto. Scosse la testa allontanando i pensieri di quello che era successo dopo. 

“Forse è meglio rientrare” dichiarò  Henry quando furono ormai vicini alla porta a vetri che dava sulla sala da ballo. L’altro annuì impercettibilmente, anche se doveva ammetterlo, stava meglio lì che in mezzo a quella confusione. 

Appena entrati, Rumple notò la signorina Lucas seduta su una sedia e si stupì della sua espressione triste, ma si stupì ancora di più non trovandola in compagnia di Belle. La cercò con lo sguardo. Ma di lei non c’era traccia, così si avvicinò alla mora. “Signora Lucas” salutò ironico. L’altra alzò lo sguardo “Signor Gold… cioè…” 
“Potrei sapere dov’è finita mia moglie?” chiese, non badando alle sue parole. L’altra tardò a rispondere. Se Gold, o meglio il signore oscuro fosse venuto a conoscenza di quanto successo poco prima, magari l’uomo non si sarebbe vendicato solo su Naveen, ma anche su di lei che li aveva fatti incontrare. Così trovò solo la forza di indicare la porta aperta che portava al corridoio, con un cenno della testa. L’altro senza salutare si fiondò fuori. La trovò seduta su uno dei divanetti che ornavano il grande corridoio. 

“Tutto a posto?” chiese, sedendosi di fianco. Lei lo abbracciò subito e nascose il viso nella sua spalla, poi alzata la testa gli rubò le labbra in un bacio passionale. “Hey” si staccò lui per riprendere fiato “ci verrò più volentieri  a questi balli se questa è la ricompensa”, ma Belle non era dell’umore di ridere. “Belle, che c’è?”

Naveen sorrise alla ragazza rossa dai grandi occhi castani. “Potremo fare un giro fuori, se ti va, nessuno ci potrà disturbare” fece allusivo mentre lei rideva e si lasciava trasportare oltre la porta a vetri. Si sedettero su una panchina e le labbra di Naveen presero a conoscere meglio la ragazza, conobbero il suo collo, il suo viso, la sua bocca. Gli sarebbe piaciuto conoscere quella Belle, non poteva negarlo a se stesso, lei era più, com’è che l’aveva definita vedendo il fuoco nei suoi occhi? Ah si, grintosa, ma si era accontentato anche della rossa svampita che rideva qualsiasi cosa lui dicesse.  Era lanciato a baciarle le spalle, quando un rumore di passi sulla ghiaia lo fece voltare. 

Un uomo sulla mezza età, vestito di nero, con i capelli lisci che gli ricadevano di poco sopra le spalle lo stava guardando come se volesse incenerirlo. Lui guardò la rossa e poi di nuovo l’uomo “è tuo padre?” chiese alla ragazza. Lei negò con la testa. “Scusate” disse allora all’uomo  “potete ripassare più tardi? non vedete che siamo un poco impegnati?” ma l’uomo non si scostava di un millimetro “Che siete sordo? Cos’è che volete? Il posto? La ragazza? Spiacente, amico, sono entrambi miei. Dovevate notarla prima” finì indicando con la testa la rossa. Rumple chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, represse con tutto se stesso la voglia di ucciderlo, d’altronde l’aveva promesso a Belle. 

“So, che provarci con le donne degli altri non vi ferma” ringhiò cercando di mantenere una calma apparente che riusciva ad avere a stento. 

“Oh la mia fama mi precede, vedo. Ma preferisco farmi chiamare Naveen” ora iniziava davvero a sudare freddo. Chi era quello e cosa voleva da lui? Era forse un marito tradito che era venuto per vendicarsi? Qualcun gliel’aveva detto che l’avrebbe pagata cara, un giorno o l’altro ma lui ci aveva sempre riso su pensando di essere riuscito a farla sempre franca. “E di grazia, con chi ho l’onore di parlare?” cercò di essere ironico, ma le mani gli sudavano in modo vergognoso. 

“Rumple, ma preferisco farmi  chiamare…”

“Il signore oscuro!” urlò la rossa alzandosi in piedi e defilandosi nella sala da ballo, lasciando Naveen solo, in compagnia dell’uomo. Naveen iniziò a tremare. “E cosa vuole il signore oscuro da me?”

“Sapete, mi è giunta voce che abbiate cercato di essere un po’… come posso dire… troppo galante, con mia moglie”.

Naveen sbiancò all’istante. Sua… sua moglie? L’oscuro era sposato? E chi era sua moglie? La bionda che aveva conosciuto appena era entrato? O la mora a cui aveva offerto più di una coppa di vino? la rossa che stava baciando poco prima era fuori discussione, ne rimaneva una … no! Impossibile! Aprì la bocca, ma non emise nessun suono, mentre gli occhi si fermarono a guardare l’anello sull’anulare sinistro di lui. Aveva giù visto l’azzurro di quella pietra, quella sera, negli occhi di una ragazza… 

“Forse dovrei rinfrescarti la memoria, daerie” intervenne l’altro “capelli castani, occhi blu, vi dicono niente?”

Belle! Belle! Le aveva detto di essere sposata, felicemente sposata ed innamorata ed, ed anche fortunata. Si maledisse! Che sfiga! Di tutte le donne che popolavano la foresta incantata, proprio nella moglie dell’oscuro si doveva imbattere? 

“Perdonatemi, se avessi saputo, io…. Non avrei mai e dico, mai… Scusatemi! Non fatemi del male, vi prego!” ma Rumple rimaneva fermo nella sua postazione, le braccia lungo i fianchi, il viso impassibile “vi giuro, che farò qualsiasi cosa, ma non fatemi del male!” singhiozzò l’altro. 

Poco distante da loro le cicale iniziarono a frinire e i rospi a gracidare. Rumple sorrise, aveva trovato il modo di vendicarsi senza ucciderlo.

“Ok” disse sorridendo e muovendo la mano in direzione di Naveen, che alla reazione dell’oscuro restò sgomento.

“c… co… Cosa?” chiese con voce traballante.

“Ok, non ti farò male, sei libero, te ne puoi andare! Torna dalla tua amichetta rossa e non farti mai più vedere”. Detto questo si voltò e si diresse verso la porta principale del castello, dove ad attenderlo sulla sua carrozza, stava sua moglie preoccupata che lui uscisse di testa e uccidesse l’uomo.

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Capitolo 13
*** 24. Marrone ***


24. Marrone

Naveen si svegliò e si stiracchiò, facendo scrocchiare più di un osso. Che nottata, ragazzi! Proprio da dimenticare. Su quattro ragazze era riuscito a concludere con una sola e per di più svampita,  mentre un’altra era niente meno che la moglie del mago più potente di tutti i reami, era strano, però che il signore oscuro non si fosse vendicato e lo avesse fatto tornare sano e salvo al ballo.

Di certo lo aveva aiutato, senza volerlo, con la svampita rossa e di questo doveva essergliene grato. La ragazza dopo averlo visto tornare sano e salvo lo aveva elogiato come un eroe e lui aveva rigirato la cosa a suo vantaggio e quella notte non era andato a dormire solo. Ognuno le proprie gioie nella vita, pensò.

Aprì gli occhi e vide una distesa di lenzuola bianche sotto e sopra di lui. “Ma che?” chiese e per la stanza si propagò un “craaaa”, tanto che la ragazza che gli dormiva a fianco lanciò un urlo scostando le lenzuola e brandendo un cuscino iniziò a picchiarlo. Il povero Naveen non riusciva a capire cosa fosse successo. Continuava a chiamare la ragazza incitandola a calmarsi, ma per la stanza si propagava sempre quel “craaa”. Dov’era quel rospo maledetto, che non voleva stare zitto un attimo? Scese dal letto e tutto, ancora, gli sembrò sproporzionato. Da quando il suo letto era così alto? Da quando le sue pantofole così grandi? E come aveva fatto lui a scendere dal letto con un balzo? Saltellò (perché si accorse che era l’unica cosa che gli riusciva quella mattina) fino allo specchio da toiletta che usava per radersi, facendo quasi cadere il catino e cercando di scansare le cuscinate di quella rossa pazza. Ma che le prendeva? Lui era un eroe! Era riuscito a tenere testa al signore oscuro….

“Naveen!” la rossa chiamò “Naveen, c’è un rospo in camera tua!” urlò ormai al limite di una crisi isterica. Perché lo chiamava? Lui era lì.

Poi ad un tratto tutto fu più chiaro. O meglio lo fu quando si guardò allo specchio. Un rospo marrone, Una ragazza con il cuscino e… nient’altro…  “no” boccheggiò, “non può essere vero!” E si ricordò tutto. Il frinire delle cicale, il gracidare dei rospi e lui che muovendo la mano gli dice che andava tutto bene, che poteva tornare dalla sua ultima conquista, che non si doveva più fare vedere. Lo aveva ingannato, l’oscuro signore lo aveva rigirato. Alla fine aveva avuto la sua vendetta…
Si riscosse da questi pensieri, giusto in tempo per vedere, il suo maggiordomo fidato e le cameriere fare il suo ingresso in camera. Alcune, brandivano una scopa. “Vai via, lurido ranocchio”.

“Margharet, sono io, Naveen!” ma il gracidare si fece più intenso da far male le orecchie. Così si ritrovò per la seconda volta, quella mattina a correre per la sua enorme stanza, fino a saltare giù dalla finestra.

Rumple si svegliò di buon’umore. Costatò con disapprovazione che la parte del letto di fianco a lui era vuota, così si alzò, si lavò, si rase la barba e scese le scale entrando nella grande sala dell’arcolaio. “Buongiorno, amor mio” le disse baciandole la nuca mentre lei metteva in tavola la caraffa con il succo d’arancia. “Buongiorno! Stamattina dormivi così bene che non ti ho voluto svegliare” gli sorrise di rimando lei “vado a preparare i pan cake e poi mangiamo”. Lui la strinse a se e lei poté ispirare il profumo del suo dopobarba. Era vero, da quando stavano insieme lui aveva recuperato un po’ del sonno perso da quando aveva lasciato andare la mano di Bae in quel portale ma raramente si concedeva di poltrire a letto e così, era di solito lei che si svegliava notando l’assenza di lui dall’altra parte del letto. Ma quella mattina era diverso. Molto probabilmente la sua magia aveva già fatto effetto, la sua vendetta lanciata, così quello stupido ci avrebbe pensato due volte la prossima volta prima di deridere il vero amore, senza contare che Belle era stata molto molto generosa nel premiarlo, la notte scorsa, per non avere ucciso quel pezzente.

Così si sedette a capotavola e aspettò il ritorno della moglie, che non tardò ad arrivare con due piatti di frittelle fumanti.

“Mi sembri un po’ più allegro del solito, oggi. É successo qualcosa che non so?” chiese Belle mentre tagliava con il coltello le frittelle a metà. Lui sorrise sornione. “Oh no! Pensavo…” e la guardò intensamente “ho la giornata libera oggi” nessun accordo, nessuna richiesta di aiuto o cose del genere “e sono parecchio riposato” lei lo guardò senza capire “mi piacerebbe ricominciare da dove ci siamo interrotti ieri notte. Sai la stanchezza può tirare brutti scherzi” finì malizioso versandosi lo sciroppo d’acero sui pan cake ed osservò la reazione della moglie che a quelle parole era diventata più rossa delle pareti. Rumple rise, anche fossero sposati da mille anni, lei non si sarebbe mai abituata a parlare di quel lato del loro rapporto. Si preannunciava una bella giornata… da vincitore…

Angolo dell'autrice:

 Allora…

Ciao a tutti!

Visto quanto è piaciuta la fanfic su Romeo, ho deciso di inserire la fanfic da cui ho preso spunto per farla.

Cioè l’idea principale era una fanfic a più capitoli sulla nascita del principe ranocchio, ma poi ho deciso di (1) postarla qui (2) crearne un’altra su un altro personaggio fantastico, quale Romeo per l’appunto.

Devo dire che qui ho utilizzato il nome che la Disney ha dato al ranocchio anche se non ho mai visto il film, quindi non so se il mio Naveen assomigli o no a quello Disney, diciamo che è solo perché mi serviva un nome, tutto qui e tra i vari siti non ce ne era uno che mi dicesse come si poteva in realtà chiamare questo ranocchio, prima di diventare ranocchio (se voi lo sapete, scusate la mia ignoranza, in merito T_T).

Un ultima cosa: ho deciso di svolgere la fanfic quando tutti sono ritornati alla foresta incantata e Storybrooke solo un ricordo, perché mi piacerebbe vedere Gold con i vestiti di Rumple. Un po’ come nell’isola che non c’è. Non so se mi spiego… e poi mi piacerebbe che una volta tornati Rumple continui ad avere i suoi poteri e adorerei vedere il castello oscuro pieno di Rumplini e Belline che lanciano magie, come il papà. Ma ciò significherebbe che il potere del pugnale sarebbe ancora vivo in Rumple e quindi il bacio di Belle funzionerebbe solo a metà (sull’aspetto fisico, da folletto a Gold anche nella foresta incantata. Non che Rumple folletto mi dispiaccia eh, capiamoci…) e quindi nun zi può fare T___T. E non mi rimane che immaginarlo solo nelle mie fanfic.

Spero abbiate capito ^^’

Che dire di altro, bè che mi auguro che a voi piaccia leggerla come a me è piaciuta scriverla ^^
P.s. un grazie di cuore a chi sta seguendo le mie storie e a chi ha lasciato anche un commento! Grazie di cuore! Siete manifici :-) A presto!
Saja

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Capitolo 14
*** 80. Insaziabilità ***


80. Insaziabilità

Belle sorrise birichina. Aveva avuto un’idea geniale. Così uscì dal negozio, con il suo sacchetto di carta e si diresse dritta a casa. Non passò neanche da Granny, se vi avesse trovato Ruby, le avrebbe fatto delle domande e Belle sarebbe diventata di mille colori, svuotando il sacco per la serata piccante che aveva in mente per Rumple.
Non che non le piacesse, ma a dire la verità si vergognava. E si vergognava a pensare che le piaceva, stare tra le braccia del suo uomo e fare… bhè ecco… tutto quello che una coppia può fare nella propria intimità. Così saltò la tavola calda a piedi pari e camminò dritta, spedita, verso casa.

Una volta arrivata, salì in fretta le scale, entrò nella loro stanza e svuotò il contenuto del sacchetto sul letto. Prese delle candele rosse che posizionò ai bordi della vasca da bagno del bagno attiguo alla loro camera da letto e nascose il flacone di bagno schiuma al frutto della passione (chissà perché quel nome l’attirava assai) nel mobiletto di fianco al lavandino. Poi ridiscese per preparare la cena.

Qualche ora dopo Gold rincasava, borbottando contro una buona parte di Storybrooke e della loro incapacità a cavarsela da soli. Si prese il suo tempo per salutare la ragazza, unico raggio di sole in quella cittadina di stupidi incapaci e toltosi la giacca e allentato il nodo della cravatta si sedette a tavola. Tra un boccone e l’altro Belle riuscì a farsi spiegare come fosse andata la sua giornata e cosa lo avesse fatto innervosire tanto, mentre lei non ebbe problemi a parlargli della sua, sorvolando la visita al negozio. Ma si sa Belle non è brava a mentire e Rumple iniziò a sentire sentore di bugia nell’aria. Sapeva che la ragazza gli stava nascondendo qualcosa, ma faceva di tutto per non sbottonarsi più di quel tanto e lui faceva finta di crederle per cercare di capire cosa gli stesse nascondendo.

Dopo cena, Rumple era pensieroso. O lei stava iniziando a mentire proprio bene, stando con lui, o lui si stava rammollendo chiuso in quella cittadina; a chiacchierare con uno sceriffo che non riusciva a fare un passo senza l’aiuto di sua moglie. Belle intanto sorrideva dentro di se e trovò una scusa per farlo sedere sul divano a guardare un po’ di tv. Si accoccolò così tra le sue braccia, mentre pensava al modo di defilarsi per raggiungere la camera da letto senza destare più sospetti di quelli che l’uomo già aveva. Così non trovò nulla di meglio che fingere di sbadigliare. “Ho sonno” farfugliò “A quest’ora?” la guardò cinico Gold. “eh si” sorrise sforzato lei. “Vado a fare un bagno e poi a letto!” quella frase le era uscita più sicura, perché era la verità, avrebbe davvero fatto un bagno, sperava con lui e poi sarebbe davvero andata a letto, ma non sapeva quando avrebbe preso sonno.

“Aspetta” la fermò lui prendendole una mano con la sua quando lei gli passò davanti “Belle, va tutto bene?!” chiese apprensivo. Forse lei aveva deciso di lasciarlo e non sapeva come dirglielo. “Si, amore, non preoccuparti”.

Ok, andava tutto bene, glielo aveva detto lei stessa, così posò la schiena allo schienale ed iniziò a fare zapping senza curarsi di quello che vedeva. Niente gli toglieva dalla testa che lei era strana quella sera.

Belle, intanto, si era precipitata su per le scale. Era entrata in bagno, aveva aperto l’acqua nella vasca, svuotandoci insieme almeno mezzo flacone di doccia schiuma al frutto della passione. Poi aveva preso il piatto che aveva messo il pomeriggio sul comodino, aveva tirato fuori le fragole ed i frutti di bosco che aveva rimesso nel sacchetto e vi ributtò a casaccio le confezioni dopo aver svuotato il contenuto nel piatto. Mise il piatto sul bordo della vasca, di fianco ad una candela, le accese tutte, chiuse l’acqua, decidendo che il livello di schiuma era più che sufficiente,  buttò il sacchetto con le confezioni della frutta nel cestino e si spogliò in fretta, tirandosi su i capelli con una molletta. Si infilò l’accappatoio ed uscì nel corridoio, affacciandosi alla ringhiera delle scale. “Amore, puoi venire un momento?”. Rumple si alzò dal divano e meccanicamente salì le scale. “Qualche problema?” chiese, ormai vinto dalla curiosità del comportamento di lei. “Si” ammise. Lui restò a guardarla senza fiatare. Finalmente, finalmente si era decisa. Ok, era pronto a tutto, a tutto, o quasi. Non avrebbe sopportato un “tra noi non funziona”.

 “… la vasca”. “Cosa?” chiese non capendo “c’è un problema con la vasca, Rumple” lei tremò per un attimo, aveva lavorato tanto a quella serata, non voleva che qualcosa andasse storto. Lui entrò e rimase senza parole per lo scenario che gli si presentò davanti. “C’è un problema con la vasca, Rumple” ripetè, lui la guardò stralunato “è troppo grande per me sola” sorrise. Anche lui sorrise mentre sentiva il cuore uscirgli dal petto. La sua Sweetheart aveva fatto… no… e lui che pensava che quel suo strano comportamento derivasse dal fatto che si fosse stancata di lui. Rise, abbracciandola e baciandola, sentendo le sue curve sotto l’accappatoio,attraverso il cotone della sua camicia. Una parte di lui si svegliò. “Cosa aspetti? L’acqua si fredda” lo approstofò lei, mentre gli sbottonava i bottoni della camicia e lui si dedicava alla cintura dei pantaloni.

Un paio di minuti dopo, i due, erano sommersi dall’acqua e dalla schiuma fino alle spalle. Lei era seduta tra le sue gambe e lo imboccava, passandogli prima sulle labbra le fragole ed i frutti di bosco, poi lo baciava e mescolava la sua saliva con quella di lui, assaporando il gusto dolce dei frutti. Entrambi però sapevano che la serata non si sarebbe conclusa lì.

La mattina dopo Rumple fu il primo a svegliarsi e si soffermò a guardare Belle. Gli aveva fatto passare una stupenda serata, ma era di lei che lui non si sarebbe mai saziato e sapeva che per lei era lo stesso. 

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Capitolo 15
*** 84. Rimpianto ***


84. Rimpianto
 
Contiene spoiler quarta stagione.
La canzone è “Io ti volevo” di Marco Masini.
 
 
Prima di andar via
c’è qualcosa che
voglio dirti adesso
e mi ascolterai
anche se per te
oramai è lo stesso
 
Gold guarda la moglie sulla porta di casa, la piccola scatola, che assomiglia più a una cappelliera gialla con il nastro rosso, sembra si sia mossa ed emetta strani suoni. Belle è diffidente. Vorrebbe corrergli incontro ed abbracciarlo. Dirgli che lo perdona, cancellandogli dal viso quell’espressione sofferente, questo le dice il cuore. Ma il cervello, per la prima volta, va in tutt’altra direzione.
non ci crederai
forse riderai
ti sembrerò
un po’ fuori tempo

 
Sembra smarrito, Rumple, la verità è che lei non l’ha mai trattato così. Se ripensa alle volte che lui si è allontanato da lei, alle volte che le ha fatto male, la rivede sempre sorridente e pronta a perdonarlo. Da quando lei è entrata nel suo negozio dopo 28 anni, a quando ha saputo chi era in passato e cosa aveva fatto. Niente l’aveva mai fermata. Tranne questo. Ma in fin dei conti, lui, è davvero cambiato per lei?
ma la verità
è che non ho avuto mai
niente di più bello di te
 
Mettendo entrambi su una bilancia, forse questa penderebbe per Belle. Lei è tornata al castello dopo che lui l’ha mandata a comprare paglia, cercando di sopprimere un sentimento che già gli faceva paura, lei è tornata dopo 28 anni e la prima frase che gli ha rivolto, appena la maledizione è stata spezzata è “ora ricordo: io ti amo!”; lei gli ha chiesto di mangiare un hamburger insieme, nonostante lui non riuscisse a farla entrare nella sua vita, totalmente, lei gli ha giurato che si sarebbero rivisti, quando lui pensava di morire a Neverland, lei ha cercato di tenere testa alla perfida strega che lo trattava come una marionetta. Lei, lei, lei… e lui? Cosa aveva fatto lui, per lei?
di te confesso
io ti volevo vivere
ma ti sapevo uccidere
io ti volevo stringere
ma non ti sapevo prendere
io ti volevo complice
ma ti sapevo escludere
io ti volevo fragile
ma ti lasciavo piangere
io ti volevo cogliere
ma non ti lasciavo crescere
io ti volevo vincere
e ti ho saputo perdere
ti volevo, ti volevo, ti volevo
 
Forse questa è la giusta punizione, pensano entrambi. Forse il vero amore a volte non porta ad un lieto fine. Forse è giusto che si chiuda in se stesso e muoia, prima che entrambi, gli innamorati, si facciano del male. Questo pensa Belle. E allora perché le sue lacrime hanno ancora il potere di straziarle in cuore? Perché pensa ancora, che con la forza del suo amore lui possa cambiare? Perché una vocina dentro di lei, le dice che vale la pena ritentare?
poi sei andata via
e stavolta sai
sono io che ho pianto
e ora non ho più quel potere
che ti inchiodava accanto

non ci crederai
forse riderai
ma se ti salvi sono contento
libera da me
e ora sono io
schiavo di un ricordo di te
 
Parla Gold, cerca di spiegarsi come lei non gli ha permesso di fare quella notte. Vorrebbe raccontarle tante cose, dirle tutto. Di come la vita si è accanita su di lui, delle persone che ha perso, di come il pugnale ed il potere siano stati fonte di salvezza in un momento critico della sua vita e di come poi, questi due si siano rilevati armi a doppio taglio, di quanto lei sia importante. Più importante di tutto. Vorrebbe spiegarsi, dirle le cose, quelle cose che lei sa già, ma spiegargliele con gli occhi di lui. Perché agli occhi suoi, il potere è forse l’unico metodo per sentirsi forte, per non sentirsi più il vigliacco, di un tempo, per proteggere ciò che ha.
di te confesso
io ti volevo vivere
ma ti sapevo uccidere
io ti volevo stringere
ma non ti sapevo prendere
io ti volevo complice
ma ti sapevo escludere
io ti volevo fragile
ma ti lasciavo piangere
io ti volevo docile
non ti lasciavo scegliere
io ti volevo vincere
e ti ho saputo perdere
ti volevo, ti volevo, ti volevo
 
Piange Belle, piange per avergli creduto, per non aver camminato con le sue gambe, sorreggendosi, invece, a lui, fidandosi di lui, ma piange anche perché lui se ne sta andando, lasciando il regalo lì sullo zerbino di casa e vederlo andare via, ancora, le strazia l’anima ed il cuore. Vorrebbe rincorrerlo, dirgli che si può ricominciare, che ci si può provare. Lo vede mentre la osserva, probabilmente si chiede perché non sia ancora rientrata. Lo vede e sa che lo vedrà ancora, giorno dopo giorno, perché ora lui è lì, a Storybrooke. Le ha detto di essere tornato per lei. Forse possono davvero ricominciare. Forse, ma non stasera. Stasera lei ha deciso di camminare con le proprie gambe, ha deciso di essere una donna forte, ha deciso di trovare se stessa. Forse, non stasera. Ma il cuore di Belle sa, che il vero amore non muore mai. E un giorno, loro due, si ameranno ancora.
perché la verità
è che non ho avuto mai
niente di più bello
di te.
 
Sembra smarrito, Rumple, mentre la osserva raccogliere la scatola e rientrare in casa. Sembra smarrito, ma è solo la seconda volta, nella sua vita, che sente l’amaro gusto del rimpianto.

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Capitolo 16
*** 58. Futuro ***


58. Futuro

Foresta Incantata –Avonlea-

La donna anziana la studiò ancora. “Su, bambina” cercò di incoraggiarla, mentre le sorrise, con quella bocca a cui mancava qualche dente. “Non dirmi che hai paura della vecchia Lucille!” una risata tetra a rompere l’aria. “Non ti faccio nulla. Solo, voglio renderti più facile la vita. Fatti leggere il futuro per qualche monetina”. Gli occhi azzurri della bambina la squadrarono, la sua curiosità le diceva di tentare, ma qualcosa la bloccava; forse era la paura, forse la cameriera che la chiamava disperatamente perché l’aveva persa a quella fiera di paese. Forse tutte e due le cose. Belle sapeva, che sua madre si sarebbe arrabbiata molto se fosse venuta a conoscenza che la donna a cui l’aveva affidata le aveva voltato le spalle appena scese in paese, per amoreggiare con Anson, che era anche il cuoco del castello. Belle sapeva, che sua madre si sarebbe arrabbiata molto e suo padre non avrebbe approvato, se lei avesse fatto una cosa stupida. Lo sguardo si spostò sul castello che sovrastava la collina, quasi a voler controllare che nessuno dei due genitori fosse alla finestra. Ma il castello era troppo in alto e le finestre troppo piccole e così Belle tirò fuori dal vestitino rosa delle monetine. Avrebbe dovuto usarle per le mele caramellate, per le caramelle, il marzapane ed il cioccolato, ma la sua curiosità, lo scoprirà molto bene anche in futuro, vince molto spesso.

La donna sorrise strizzandole l’occhio, la invitò ad entrare nel carrozzone e appena sedute si riavviò i capelli stopposi che avrebbero bisogno di una lavata. La bambina non riusciva a capire di che colore fossero. Rossi? Castani ramati come i suoi? Comunque non importava, perché lì dentro c’era scuro e c’era puzza. Non era solo puzza di sporcizia, era altro. Forse l’uccellino che cinguettava nella gabbietta, anche lui doveva pur svuotare le viscere qualche volta, o gli intrugli che facevano bella mostra nelle ampolle sull’armadietto di fianco a loro.

“Mano sinistra, prego” chiese la donna mentre allunga le sue in attesa.

“Come dice, scusi?” chiese la piccola, che nel frattempo aveva smesso di far dondolare i piedi.

“Se non mi date la mano sinistra, non riesco a leggervi il futuro… vostra altezza” e ghignò ancora.

Belle era basita. Come faceva a sapere che lei era una principessa? Allungò la mano senza pensare.

La donna la osservò un attimo. Gli unici suoni che si sentivano nel carrozzone erano degli “Ah” e “uhm, capisco”, la bambina pensò di avere visto quell’espressione solo sul viso del suo precettore, quando lo intravedeva nella biblioteca del castello a documentarsi su qualche libro.

“Bel futuro, il vostro” iniziò la donna osservando lei ora e non la mano.

“Davvero?” chiese speranzosa Belle, che ricominciò a far dondolare i piedini.

“Si, si, si” la donna era di nuovo tornata a leggere la mano. “Non avrete mani morbide e vellutate ancora per molto. Credo che ve le rovineranno l’acqua e i lavori domestici”.

Lavori domestici? Ma cosa stava dicendo quella donna? Lei era una principessa! Non si sarebbe mai e poi mai dovuta occupare di quelle cose. Forse avrebbe dovuto dare ascolto alla sua coscienza. Quella donna era una ciarlatana. Cercò di ritrarre la mano, ma quella la teneva ben salda nelle proprie.

“Aspettate, vostra altezza!” l’apostrofò “Conoscerete il vostro vero amore”. Belle lasciò perdere la lotta di poco prima e un’espressione di stupore le si dipinse sul volto. “Siete fortunata. In pochi hanno l’onore di conoscere il vero amore” sorrise l’altra, ma questo era un sorriso materno. “Però…” l’espressione della donna si incupì “il vostro non sarà un amore facile, o almeno… è tutto così confuso…”.

Belle avrebbe voluto chiederle di più, avrebbe voluto chiederle come fare per rendere il suo vero amore, un amore facile, ma non fiatò, aspettò che fosse l’altra a parlare. Ma l’altra sembrava non volesse saperne di continuare.

“Ditemi almeno il suo nome” chiese con l’innocenza che possono avere i bambini, quando parlano senza pensare, vinti dalla curiosità e lei di curiosità ne aveva tanta.
“Dunque…” iniziò l’altra per poi sbiancare. Distolse l’attenzione dalla mano, lasciandola come se scottasse e si voltò a guardare lei. “Andate via” sibillò.
“C… come?” chiese sentendo la paura crescere in lei.

“Andate via!” urlò la donna segnando con l’indice la porta. La bambina si spaventò e in due secondi era già all’aria aperta. Corse, corse fino a quando i polmoni non le fecero male e sentì la gola ardere. Poi sentì due braccia prenderla da sotto le ascelle e si ritrovò faccia a faccia con Anson il cuoco.

“Oh ma siete qui principessa! Ma dove vi eravate cacciata? É più di un’ora che vi cerchiamo! Che ne dite di tornare al castello?”
 
Foresta Incantata –Castello oscuro-

Rumple sbatte le palpebre più volte, cercando di tornare il più in fretta possibile alla realtà.

Quando si fu un po’ ripreso, strinse con tutto se stesso la ruota dell’arcolaio. Non era possibile! Ancora quella visione, ancora quella ragazza. Occhi azzurri come il cielo d’estate e capelli castani con striature ramate. Chi era? E cosa c’entrava con il suo piano? Alcune volte aveva visioni su Regina, la figlia di Cora, ma lei l’aveva già inquadrata come la futura pedina che avrebbe lanciato il suo sortilegio. Ma l’altra? Un’altra figlia di Cora non era possibile. Se fosse già nata lui l’avrebbe saputo, non controllava periodicamente quello che facevano Cora e Regina, per trovare il momento migliore di avanzare? E allora? Cosa aveva a che fare con lui? Perché se la ritrovava sempre al fianco che gli sorrideva, in buona parte delle sue visioni? Sbuffò. Odiava quando le visioni erano poco chiare. Si decise a tornare a prestare attenzione all’arcolaio e scosse il capo frastornato.

Forse un giorno avrebbe capito… 

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Capitolo 17
*** 86. Sorte ***


86. Sorte

Rumple sbuffò stringendo più a se la moglie. Belle sentendo la presa del marito farsi più salda, alzò il capo dalla sua spalla e sospirò. “Cosa c’è che non va?” chiese non smettendo però di ballare. L’altro in risposta sbuffò di nuovo. La donna volse il capo in direzione dello sguardo dell’uomo e vide due ragazzini scambiarsi parole fitte fitte e sorridere nel modo in cui fanno solo le persone innamorate.

“Guarda!” sbottò l’uomo, con una punta di irritazione nella voce “sembrano così complici!”. L’altra rise. Le faceva sempre uno strano effetto vedere Rumple così geloso. “Non c’è niente da ridere!” continuò lui ringhiando “é ancora una bambina!”. Belle alzò un sopracciglio non smettendo di sorridere. “Veramente amore, tu la vedi con gli occhi di un padre. Ma nostra figlia ha ormai l’età per decidere da sola. É… come dite voi padri… ah si! In età da marito”. Lui le schioccò un’occhiata contrariata. “No, che non ha l’età per pensare all’amore. É troppo giovane, ti dico”. Lei scosse il capo. “Ha l’età che avevo io quando ti ho conosciuto. E da allora al nostro primo bacio sono passati solo un paio di mesi”. Rumple si zittì provando un poco di vergogna per quello che era accaduto dopo il loro primo bacio. Belle capendo smise di ballare e sciolta la presa della mano sulla sua, la portò al volto dell’uomo. “Rumple, tranquillo. Neal la tratterà bene. Poi sappiamo da che famiglia viene…”.

“Appunto che so chi sono i suoi genitori che questa storia non mi piace per niente” ammise stizzito. Lei gli dette un colpetto sul petto. “Dai! Snow e Charming, sono due delle persone più squisite che conosciamo e poi Neal possiamo dire che lo abbiamo cresciuto un po’ anche noi”. La donna ripensò con un po’ di nostalgia ai giorni passati a Storybrooke, dalla prima volta che David e Mary Margaret le avevano chiesto di badare al piccolo Neal fino a quando erano tutti tornati nella foresta incantata. Rumple tornò a sbuffare, mentre faceva vagare lo sguardo per l’immenso salone del castello dei Charming. Poi fermò lo sguardo in un punto ben preciso. “Guarda come gongola quel damerino di Charming! Ci credo! Suo figlio ha messo le mani sulla creatura più bella che ci sia in tutta la foresta incantata”. Belle rise a quelle parole. “E non è un caso, che tu sia il padre della creatura più bella di tutta la foresta incantata, vero?” lui ghignò divertito “Già” ammise. Tornò a guardare sua figlia. Era proprio bellissima ai suoi occhi. Aveva ereditato il viso e gli occhi di Belle, per non parlare del carattere intraprendente e curioso della madre.

“Allora consuocero, vi state divertendo?” la voce di Charming gli arrivò vicinissima, ma Rumple preferì continuare ad osservare sua figlia. Sentì l’uomo scambiare qualche parola con Belle, mentre Snow si univa ai due. “Sembra che ci stiamo divertendo tutti. In special modo i nostri figli” sentì dire dall’uomo mentre sorridendo osservava la coppietta che, seduta ad un tavolo, stava mangiando alcune fette di torta, continuando a chiacchierare allegramente, come se tutto il mondo intorno non esistesse. “Credo, che per entrambi, non potevamo chiedere di meglio, no?” continuò sempre sorridendo. Rumple si morse la guancia, quando, voltatosi per ribattere incrociò lo sguardo della moglie. Belle lo aveva fulminato con lo sguardo ed aveva risposto al suo posto. Una di quelle risposte di convenienza, mielose, cui solo ai babbei fanno piacere. Di fatti, pensò, i Charming avevano annuito sorridendo.

“Non è vero che non potevo chiedere di meglio per lei” grugnì poi, quando rimase solo con la moglie, mentre i Charming erano stati trascinati via da altri invitati. “E’ che la sorte mi rema contro. Entrambi i miei figli si sono innamorati dei figli dei Charming” sbuffò.

“Rumple, rilassati. Te l’ho detto. Neal la tratterà bene. Se…”

“Se… è come il padre?” finì lui per lei. L’altra alzò le spalle. “Bè a molte ragazze piace avere intorno a se un principe azzurro”. Lui la scrutò sorridendo “Forse” ammise “ma forse avrei preferito che avesse i gusti di sua madre”.

“Sua madre” l’apostrofò Belle “ha scelto il principe più bello di tutti, anche se non era azzurro”. L’altro rise di una vera risata, la prima in quella sera. “Spiacente daerei, non sopporto quei damerini azzurri o no. Credo che siano i mostri, i migliori, quelli che fanno le storie”. Lei gli sorrise prima di abbracciarlo. “Allora avresti voluto per nostra figlia un super cattivo?” chiese candidamente. Rumple non rispose continuando a sorridere tra i suoi capelli. Sciolto l’abbraccio tornò a guardare la coppietta. In realtà non sapeva neanche lui cosa aspettarsi per sua figlia, la luce dei suoi occhi, di una cosa era certo, però. La sorte ce l’aveva davvero con lui, se entrambi i suoi figli si erano innamorati dei figli di Charming.


ANGOLO AUTRICE:

Innanzi tutto: Ciao a tutti! Non sono morta! Ho cambiato la connessione internet, perché l’altra funzionava a singhiozzo (una volta no e l’altra pure) e mi ero convinta che questa andasse meglio, ma aimè qualche giorno fa, l’amara scoperta. Anche questa va a singhiozzo. Mi sento come Heidi dispersa tra i monti T___T. Quindi se per un po’ non mi sentite capite il perché.

Che dire, l’idea di questa fanfic è nata quando è nato il piccolo Neal e i Rumbelle si sono sposati. Mi sono detta “Chissà quando nascerà una piccola Rumbellina (see credici!!!) e se è coetanea di Neal, se i due si innamorano” e poi “Chissà come reagirà Rumple sapendo che sua figlia si innamora del figlio di Charming” e poi “No un momento! Ma anche Bae si è innamorato della figlia di Charming” ahaha e da qui la fanfic, che ho sviluppato solo ora.

In ultimo, ma non per importanza: mi sto impegnando a recensire quasi tutte le fanfic Rumbelle (in special modo quelle di autori nuovi) perché ho notato una piccola carenza di recensioni, così mi sono detta “Saja, se le persone vedono una recensione anche se piccolina, magari sono più invogliati a scrivere altre storie Rumbelle!” e quindi a breve (connessione permettendo) vi arriverà la mia recensione. Piccola, perché io non so fare recensioni lunghe ma almeno un piccolo commento vi arriverà ^^.
Fatemi illudere che sia per questo che c'è carenza di fanfic Rumbelle T_T
In base a questo, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto le mie fanfic, sperando che vi facciano passare almeno 5 o 10 minuti in allegria, che vi divertiate a leggerle come a me piace scriverle, vorrei ringraziare chi ha lasciato una recensione, se pure piccola e in particolar modo (permettetemelo, vi prego) vorrei ringraziare Euridice 100 che ha recensito tutte e tre le mie storie ^^! (che ragazza stoica *__*!) Grazie di cuore! Mi fa sempre piacere leggere un tuo commento.

A breve dovrei postare gli ultimi due capitoli di “Non so chi sei”, so di essere in ritardo perché dovevo farlo entro il 14 sera, ma la mia connessione è uscita per San Valentino, quindi…. T__T

A presto,
Saja!
 

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Capitolo 18
*** 90. Incubo ***


90. Incubo

La porta di casa era aperta, spalancata. Il corridoio d’entrata era irriconoscibile. Oggetti sparsi ovunque, gettati a casaccio, rotti, rivoltati. Spostò con i piedi quello scempio e si diresse in salotto. Qualcosa gli diceva che il peggio doveva ancora arrivare ed infatti, lì vide la moglie riversa a terra. Si accucciò accanto a lei prendendole con delicatezza le spalle tra le mani e facendola girare per guardarla in viso. “Belle! Belle!” chiamò “amore, rispondi”. La ragazza dopo qualche tentativo aprì gli occhi e biascicò un “Rumple, sei tu”. Sul viso dell’altro si dipinse un timido sorriso. “Ssst. Ora sono qui, va  tutto bene”. Lei richiuse gli occhi lasciandosi cullare dalle parole del marito, ma li riaprì subito ricordandosi di una cosa importante. “La bambina!” urlò quasi e prima che lui potesse ribattere Belle cercò di tirarsi in piedi aggrappandosi a lui “la bambina, Rumple! Voleva la bambina”. Il terrore si dipinse sul suo volto. “Tranquilla” sibillò cercando di rimanere calmo lui stesso “ci penso io” e dopo averla aiutata a sedere sul divano si diresse correndo su per le scale, facendo i gradini a tre a tre. Il cuore aveva iniziato a farsi pesante mentre raggiungeva la cameretta con la culla di sua figlia. Non dovette neanche spalancare la porta, perché la trovò scardinata e attaccata al muro. In quella stanzetta regnava il silenzio, tanto che poteva sentire l’eco dei suoi stessi passi. Si avvicinò alla culla e la trovò vuota. Il piccolo completino con gli anatroccoli che Belle molto amorevolmente aveva messo, la mattina quando l’aveva rifatta, gettato alla fine, vicino alle sbarrette bianche.

“Noooo!” sentì urlare dietro di lui. Si voltò, giusto in tempo per vedere la moglie sbiancare ed inginocchiarsi a terra. “La mia bambina” sospirò “Si è preso la nostra bambina!” urlò mentre le lacrime le iniziarono a rigare il volto. Doveva saperlo, doveva immaginarlo che Belle non sarebbe rimasta buona in salotto, ma che lo avrebbe seguito, fino alla camera della figlia.

“Tranquilla” tornò a dirle. Le prese il viso tra le mani, mentre lei rialzatasi cercava di arrivare alla culla ormai vuota. La ragazza poteva sentire il tremore nelle sue mani, nonostante lui stesso la incitasse a rimanere tranquilla. “Ce la riprenderemo. Questo è poco, ma sicuro” le promise, stringendo le labbra. L’altra annuì piano e sciolto la presa delle mani di lui sul viso, arrivò alla culla dove ebbe un’altra crisi di pianto. Tirò un po’ a se il completino tra le sbarre e da lì cadde un foglio di carta. Rumple fu veloce e lo raccolse.

“Ti sei preso mia figlia, mostro. Ora io mi prenderò la tua”. Nessuna firma, nessun motivo del gesto. La sua mente tornò alla foresta incantata dove a volte, lui si era trovato a “smerciare” bambini come merce di scambio, ma erano i genitori principalmente a chiamarlo, lui sigillava con loro solo uno stupido accordo. Chi era quindi, questa persona così piena di rancore nei suoi confronti? Non che la lista fosse corta, ma addirittura da rapire la sua bambina! Accartocciò il foglio ed abbracciata Belle, promettendole che sarebbe andato a cercare la loro figlia scese in strada.

Fuori era tutto tranquillo. Il maggiolino giallo di Emma, Ruby che metteva il cartellone di Granny all’entrata del locale, il suo negozio dei pegni, rimasto intatto mentre in casa regnava il caos, ma c’era qualcosa che non quadrava… c’era qualcosa che non gli tornava. Guardò in alto. Ma certo! La torre dell’orologio! O meglio… l’orologio! Salì in fretta le scale che portavano al simbolo di Storybrooke e lì la vide. Piccola, dolce, fragile,  senza colpe, che dormiva nel passeggino che lui e Belle usavano per portarla a passeggio per la città. Senza pensare cercò di avvicinarsi a sua figlia, ma qualcosa glielo impedì.

“Finalmente ci rincontriamo, Oscuro” sibillò una voce mai sentita prima. Rumple si voltò ma in quell’istante…

“Rumple, Rumple, amore svegliati!” Belle lo scostava dolcemente per cercare di svegliarlo.

“Belle” la voce di lui era impastata nel sonno “cos’è successo?”.

“Devi avere avuto un incubo, mi sono svegliata che gridavi e ti rigiravi nel letto. Penso tu abbia svegliato anche la piccola” c’era una punta di ammonimento nella sua voce per aver svegliato la bambina nel cuore della notte, ma questa si spense subito. “Ora è tutto finito”.

Lui restò un attimo a guardarla, ricordando l’incubo, cercando di convincersi che non fosse reale. “Si, ora è tutto finito” rimarcò quella frase accarezzando il viso della moglie. “Scusa se vi ho svegliate” l’altra sorrise e scosse il capo. “Torna pure a dormire” le disse scendendo dal letto. “E tu dove vai?” Belle alzò il viso mentre si tirava su le coperte fino al naso.

“In cucina, a prendere un po’ d’acqua, stai tranquilla, va tutto bene”.

“Sicuro?”

L’altro fece un cenno affermativo con la testa prima di scomparire oltre la porta che portava al corridoio. Prima di scendere le scale per andare in cucina, Rumple aprì la porta della camera della figlia e cercando di fare poco rumore si avvicinò alla culla. La bambina dormiva placida, di un sonno tranquillo, come lo può essere solo il sonno dei bambini, di tanto in tanto sorrideva con la sua boccuccia sdentata. Rumple le accarezzò piano la fronte, promettendo a se stesso che mai e poi mai quell’incubo sarebbe divenuto realtà.

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Capitolo 19
*** 30. Bianco ***


30. Bianco

Belle conosceva bene la passione che Rumple aveva per quella crema fredda che in questo mondo chiamano “gelato”, così non ebbe dubbi quando vide la macchina per fare quel dolce cibo, che faceva bella mostra di se, in una vetrina di un negozio di Storybrooke. Entrò e la comprò. Semplicemente.

Mentre si dirigeva verso casa, la sua mente vagava tra i mille e più mille gusti che avrebbe preparato al marito. Così una volta a casa, dopo aver messo la pentola sul fuoco, si dedicò al libretto d’istruzioni. Come indicato la collegò alla presa elettrica e tirò fuori dal frigo l’occorrente, in special modo il latte e lo inserì nella macchina insieme allo zucchero. La prima idea fu quella di fare il gelato più semplice che esista. Il fior di latte, così per testare le sue abilità. Appena finita la centrifuga, assicuratasi che il gelato fosse pronto, lo mise in due coppette di vetro e lo posizionò in frigo. Si dedicò così, a finire di preparare la cena e la tavola.

Ma la curiosità di assaggiare il suo nuovo esperimento culinario era tanta, così preso un cucchiaino riaprì il frigo e prese una  delle coppette. Intinse il cucchiaio riempiendo di quella dolce crema bianca e se la portò alle labbra. D’un tratto due braccia le circondarono la vita e due labbra si impossessarono del suo collo, mentre i capelli dell’uomo le solleticavano la spalla. A discapito di quello che Rumple aveva pensato, Belle sussultò rovesciandosi addosso qualsiasi cosa avesse in mano e facendo cadere la coppetta di vetro che si spaccò a contatto con il suolo.

“Ma che….” La sentì sussultare voltandosi.

“Non pensavo di farti quest’effetto, daerei” ghignò lui.

“No… è che… no….” Cercò di trovare le parole, mentre il suo sguardo correva inesorabile al suolo, tra quello che rimaneva del gelato e la coppetta di vetro. “Oh, no!” esclamò poi vedendo il disastro.

“Sweetheart , é solo un bicchiere, non…” sospirò lui, cercando di calmarla.

“No” lo fermò guardandolo negli occhi. “Volevo farti una sorpresa e così ho comprato quel coso per fare il gelato” e con la mano indicò la macchina sulla penisola della cucina “so quanto ti piaccia, ma… purtroppo uno è da buttare” continuò ritornando a posare lo sguardo a terra. “e mi sono anche sporcata”. Gold fu esterrefatto dalle sue parole, aveva fatto davvero tutto questo solo per lui? Quella donna era fantastica! Ma quanto l’amava? La sua attenzione venne deviata dalla scollatura della ragazza dove era rimasto un po’ di gelato. Sogghignò pensando che forse poteva rigirare la cosa a suo vantaggio.

Belle vide Rumple avvicinarsi e baciarla con trasporto per poi dedicarsi al collo e alla scollatura. A piccoli passi la fece dirigere verso il divano non smettendo però di dedicarsi a lei. La ragazza protestò facendogli notare che la cena era pronta e si sarebbe freddata. Ma l’oscuro era lanciato ed ora aveva un solo obiettivo da raggiungere,  il cibo poteva aspettare.

Gold strinse più a se la moglie, mentre con la mano destra disegnava piccoli cerchi sulla sua spalla. Belle era addossata a lui poiché il divano era troppo piccolo per ospitarli entrambi così nudi, poteva sentire il cuore di lei battere all’impazzata. La ragazza alzò il viso dal suo petto. “Forse sarebbe ora di mangiare” disse alzandosi totalmente per controllare in che stato riversava la cena, ma lui dopo averle dato una rapida occhiata, si alzò e presole un polso la fece ricoricare sul divano. Abbassò il viso fino a sfiorarle le labbra e tornò con la bocca a tracciare la scia che aveva fatto il gelato cadendole addosso. Finito la guardò negli occhi.  

“Hai ragione, daerei”  sogghignò vedendo la confusione mista a desiderio nei suoi occhi “aspettami, vado a prendere ancora un po’ di gelato”. E così dicendo si diresse al frigo dove l’ultima coppetta intatta l’attendeva. Rumple sogghignò divertito pensando a quello che avrebbe fatto. Di certo quello era il gelato più buono che aveva mangiato in trent’anni. 


ANGOLO AUTRICE:

Dico solo una cosa: la prima "stesura" (chiamiamola così) della fanfic mi è venuta un pò troppo osè e quindi o cambiavo il rating o diminuivo le scene un pò "spinte". Poi ad essere onesti un pochino mi vergognavo e ho optato per la seconda opzione.
Spero vi piaccia, comunque!

Volevo ringraziare DoctoRose91; Emma_blue; Euridice 100; Elema e Bla_8 per aver commentato lo scorso capitolo. Grazie di cuore, ragazze!

A presto!
Saja

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Capitolo 21
*** 47. Emozioni ***


47. Emozioni

Il maggiolino giallo passò per la seconda volta di fianco al molo e questa volta si fermò.  Emma spense il motore e presi i due bicchieri di carta con un sacchetto, chiuse la macchina e si avvicinò al ragazzo seduto sulla panchina.

Baelfire osservava il mare. Le gambe allungate davanti a se, intrecciate una sull’altra, le braccia incrociate davanti al petto. Quando la ragazza gli mise il bicchiere davanti al naso, lui potè sentire il buon odore di caffè che, ad essere onesti, a quell’ora della mattina, di certo non guastava.

“Ehy!” Gli sorrise lei, sedendosi sulla panchina vicina.

“Ehy!” la salutò sorprendendosi di vederla lì. “grazie” continuò, mentre tornava a sedersi correttamente e si portava la bevanda calda alle labbra.

“Come mai così mattiniero? Hai già litigato con Gold e hai deciso di andartene di casa?”. Lui si protese per prendere la ciambella che la bionda gli porgeva e dopo aver accennato ad un “grazie” con la testa, l’addentò. “No” ammise mandando giù il primo boccone, mentre tornava a guardare lontano da se. “E’ tutto così strano, Emma”.
Lei stette in silenzio e guardò nella sua stessa direzione, sospirando, poi sorrise “io non credo. Basta che ti metti in testa che puoi combattere un drago enorme con una spada, o che esista gente che può creare palle di fuoco con le mani”.

“Non parlo di questo” sospirò continuando a focalizzare un punto lontano, nel mare. “Parlo di lui”. Sul volto dell’altra si dipinse un’espressione sorpresa. La bocca disegnò un “Oh” ma preferì non aggiungere altro.

“E’ cambiato” disse più a se stesso che all’altra. “E’ come se fosse tornato l’uomo di un tempo. Prima… prima, del pugnale”. Tornò a concentrarsi sulla ciambella “e poi” continuò, di nuovo “ora decanta tanto il suo ‘vero amore’. Lei lo ha cambiato. In meglio”. Bevve un altro sorso “in un modo che neanche io credevo possibile”. Emma continuava a tacere ed ascoltare. Per quanto avesse da ridire sul “mostruoso” cambiamento di Gold “in meglio”, non se la sentiva di denigrare il padre davanti al ragazzo. Lui sicuramente lo conosceva meglio di chiunque altro e se lo diceva, evidentemente, un pizzico di verità c’era.

“Ho vissuto solo pochi anni in quel posto, per fortuna”, la ragazza sapeva che si stava riferendo alla Foresta Incantata, “e non smanio certo come loro” indicò l’intera cittadina “alla ricerca del ‘vero amore’. Mi basta avere una donna che mi ama e che io amo” deglutì perché parlare di questo con lei gli faceva ancora male “ma devo ammettere che a mio padre è servito. Ad esempio ieri sera, dopo cena, sono salito in camera per prendere il giubbotto e mentre scendevo le scale gli ho sentiti ridere. Lei diceva ‘Rumple, no, c’è ancora Bae in casa’ e lui rispondeva ‘ah non credo che si scandalizzi. Penso che sappia già come nascono i bambini’” raccontò imitando le voci di Belle e Rumple “e lei: ‘cosa ti costa aspettare ancora qualche minuto?’ e lui: ‘ok,  ma che sia solo qualche minuto’ e si è seduto sul divano a guardare la tv”.
Emma corrugò la fronte “Bè se questo ti può essere d’aiuto, io non penso che Gold e Belle avrebbero davvero fatto un bambino davanti a te”. L’altro sorrise della sua battuta “no certo che no. Solo… solo che quando c’era mia madre tutta questa complicità non c’era. Quando finivamo di cenare, io passavo la sera a disegnare, mio padre si chiudeva in se stesso e filava e mia madre lavava i piatti e finiva di riassettare. Non c’erano tra loro battutine pungenti o stupide. Era come se fossero due estranei costretti a vivere insieme”. La bionda ora capiva lo stato d’animo di Neal. Non era il cambiamento del padre a turbarlo, quanto sapere,  che tra lui e Belle ora, c’era complicità, amore, desiderio, tutte cose che evidentemente, con sua madre erano mancate. Non per niente la donna era fuggita con quel pirata da strapazzo.
“E stamattina, sono entrato in camera loro e…”

“Scusa, ma allora te le cerchi!” obbiettò Emma ricordando quel giorno quando tornando dal far compere con Henry aveva accidentalmente trovato David e Mary Margaret in biancheria intima intenti in piacevoli effusioni a letto.

“Cos… no no!” si apprestò a correggerla lui. “Sono entrato solo per dirgli che sarei uscito. Ma loro dormivano ancora” fece un sorrisetto amaro passandosi una mano tra i capelli. “lui le stringeva la vita. L’abbraccia anche nel sonno” gli uscì, con voce strozzata. “Sono contento per lui” ammise “non fraintendermi. Ma gli unici ricordi che ho di loro, dei miei, sono di due persone così distanti che a volte non condividevano neanche lo stesso letto. Lei preferiva coricarsi con me al fianco”.

Emma Swan continuava a guardarlo senza parlare. Le sue labbra si alzavano in una specie di sorriso, mentre gli occhi verdi rimanevano inespressivi. Cosa avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe potuto confortarlo? Lui almeno aveva avuto sua mamma a coccolarlo quando si coricava. Lei non aveva avuto nessuno. Pensò che fosse proprio la persona più sbagliata con cui confidarsi di quelle cose. Si alzò piano. “Ok, penso che sia il caso di andare”. Lui la guardò stranito, ma acconsentì. “Si e grazie per la colazione. Se vuoi a pranzo, posso ripagare il debito”. La vide alzare un sopracciglio e lui pensò di aver fatto un passo falso, ma poi lei si rilassò. “Alle 13 da Granny. A dopo!” e facendo un gesto con la mano tornò al maggiolino. “Alle 13 allora!” urlò di rimando lui.

Baelfire ispirò quella brezza marina. Era riuscito a strappare un appuntamento ad Emma, ora doveva solo trovare il modo per convincerla a tornare insieme. Si grattò la testa. Cosa avrebbe fatto fino all’una? Di tornare alla villetta color salmone proprio non ne aveva voglia. Aveva detto il vero prima, gli faceva piacere che suo padre avesse trovato in Belle il vero amore e apprezzava davvero la ragazza, ma sapere il padre felice con una donna che non era sua madre lo faceva stare ancora un po’ male. Pensò che si era dovuto ricredere su Belle, purchè quando l’aveva conosciuta nei panni di Lacey non vi aveva trovato nulla di straordinario, nulla che rispecchiasse la ragazza di cui, suo padre, aveva parlato al telefono nel retro del negozio dei pegni.

Sorrise. Il negozio dei pegni! Ora sapeva cosa fare fino all’ora dell’appuntamento con Emma. Si incamminò e arrivato sotto l’insegna, spinse la porta facendo dondolare la campanella.

“Ciao papà” disse entrando. Sarebbe stato con suo padre il più possibile. In fondo avevano tante cose da raccontarsi.
 
NOTA DELL’AUTRICE:

Ciao a tutti!

So che sono nel pieno di una fanfic a capitoli, ma questa mi è nata così su due piedi. Stavo pensando a quanto sarebbe stato bello avere Bae ancora a Storybrooke, vederlo con Gold e soprattutto con Emma! Così ho provato quest’esperimento.

Spero che vi sia piaciuto!

So anche che la fanfic parla solo “marginalmente” di Rumple e Belle (anche se ho cercato di renderli il fulcro della fanfic) ma ho provato a fare questo piccolo esperimento, ad inserire gli altri personaggi e a farli interagire di più.

Credo di aver dato una nota stonata al rapporto tra Belle e Bae, non voglio far credere che a lui non piaccia Belle, a lui piace, solo che ho provato a mettermi nei suoi panni, cioè nei panni di un ragazzo che ha visto sgretolarsi piano piano la propria famiglia e ora si ritrova a vedere il padre felice con una donna che non è sua madre. Ma penso ed è provato, che a Bae stia molto a cuore Belle.

Che dire di più? Penso di aver detto tutto ^^!ah dimenticavo! Scrivere di Emma e Bae è stato un pò difficile quindi capisco se loro non sono molto IC ^^!

A presto!
Saja
 
 

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Capitolo 22
*** 98. Scelta libera -Incontro- ***


98. Scelta libera –Incontro-

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Il ragazzo cercò di correre più in fretta che poté. Mentre il gruppetto che lo seguiva sembrava sempre più vicino. “Torna indietro, codardo!” lo schernì uno, mentre lui voltava la testa per testare con gli occhi la distanza. “Guardate come corre!” continuò un altro. “Dove pensi di scappare?” sentì da un altro ancora. Rumple si gettò a casaccio nel bosco che costeggiava il villaggio, qualche rovo gli ferì le caviglie, ma lui continuò a correre. Se quei ragazzi lo avesso preso ne sarebbe uscito con ben più di qualche graffio sulle gambe, quindi preferì correre. Tutto questo pensò, mentre le prime lacrime facevano capolino e i polmoni iniziavano con insistenza a chiedere aria, perché era il figlio di suo padre. Lui a quei ragazzi non aveva mai fatto nulla, nulla. Loro amavano schernirlo solo perché suo padre era stato articolato come il più grande codardo del villaggio. Codardo d’un padre, che lo aveva abbandonato circa dieci anni prima.

Quando ormai pensava di morire, perché il cuore aveva iniziato ad accelerare in modo frenetico, il respiro a farsi corto e le gambe pesanti, l’attenzione di quei ragazzi venne attirata da altro. Alcuni uomini a cavallo si stavano dirigendo all’interno del villaggio e dal modo in cui erano vestiti non dovevano di certo arrivare dai bassi fondi. Così dopo averli sentiti confabulare e le loro voci disperdersi sempre più lontano, verso il villaggio, si appoggiò ad un albero ed ispirò forte. I polmoni iniziarono a bruciargli in modo inverosimile e la gola si seccò all’istante. Di li a qualche metro doveva esserci il fiume dove gli uomini prelevavano acqua da portare alle capanne e le donne l’acqua che serviva per lavare i panni. Guardò, tra un respiro e l’altro, la tunica che sua zia gli aveva dato in mano prima che uscisse di casa. Era l’ultimo lavoro finito che lui doveva consegnare a Fred l’orbo. Per arrivare alla sua capanna avrebbe dovuto tornare da dove era venuto e proseguire per il limitare del villaggio. Sperò che Fred non gli facesse perdere altro tempo con le sue stupide storie di guerrieri che nessuno voleva mai ascoltare. Per questo la sua capanna era al limitare del villaggio. L’uomo era tornato qualche anno prima da una guerra, Rumple non si ricordava per nulla quale, vivo, ma orbo. E sempre più logorroico, per questo la gente, se anche lo salutava con gentilezza cercava di evitarlo il più possibile. Scosse il capo, che giornata no e fatto un altro profondo respiro si decise a mettersi in marcia per arrivare al fiume, ma un rumore di rami spezzati attirò la sua attenzione, alzò il viso giusto per vedere qualcosa o qualcuno cadere su di lui.

Si sentì schiaffeggiare poi un dolce peso gli compresse il petto. Aprì gli occhi giusto per vedere una testolina di capelli castano ramati, intenta ad ascoltare il battito del suo cuore. Lei voltò la testa, pronta a schiaffeggiarlo di nuovo e con stupore si accorse che lui era tornato tra i vivi. Rumple pensò di essere in paradiso o nel nirvana o in un sogno o in qualsiasi posto le zie gli raccontavano che poteva essere felice, quando i suoi occhi si rispecchiarono negli occhi turchesi della ragazza. “Ah! Meno male! Stavo iniziando a pensare che fossi morto” gli disse allargando le labbra in uno stupendo sorriso. “Come?” chiese lui cercando di tirarsi su, allora lui non era morto e quello non era un angelo. Anche la ragazza si alzò e batté le mani per pulirle tra loro per togliere la terra. “Ti sono volata addosso e tu sei svenuto”. Rumple si morse l’interno della guancia. Che bel biglietto di presentazione! Complimenti! Degno di un eroe! “Comunque…” continuò l’altra “grazie per bè… aver attutito la mia caduta” finì arrossendo. Poi si chinò a raccogliere qualcosa. “Ti è caduto questo, prima”. Il ragazzo la prese dopo che lei l’aveva battuta un po’ per togliere la terra che si era posata sulla tunica.

“Grazie” riuscì a farfugliare non capendo ancora bene cosa effettivamente fosse successo. Si sentiva un po’ stralunato.

“Stavi scappando da quei ragazzi?” chiese lei riprendendo la conversazione dopo che i due erano rimasti in silenzio per qualche minuto. L’altro non rispose subito. Cosa le avrebbe potuto dire “si, stavo scappando, come un codardo?” no, già svenire perché lei gli era letteralmente “volata addosso” era più che sufficiente, così si inventò una storia. “No…” si schiarì la voce “era solo un gioco che facciamo, bè… sempre. Uno di noi scappa e gli altri devono trovarlo… giusto per tenerci in allenamento”. L’altra scosse il capo e arricciò le labbra. Come bugiardo non valeva neanche una moneta di rame pensò. Ma sorrise di rimando preferendo non commentare. Rumple si sentì venire meno vedendo di nuovo quel sorriso e quegli occhi illuminarsi con esso. Pensò che fosse la creatura più bella che avesse mai visto, più bella addirittura della figlia del ciabattino, Milah.

“Comunque… sai per caso dove sono andati?” chiese con un leggero tremore nella voce. L’altra alzò le spalle “molto probabilmente saranno tornati al villaggio”. Gli ritornò alla mente il trotto dei cavalli e i cavalieri che forti delle loro cavalcature entravano al villaggio a testa alta. Tra i due scese di nuovo il silenzio.

“Forse dovresti raggiungerli” gli suggerì lei. O forse no, pensò lui. Poi guardandola si accorse che lo stava ancora scrutando e sorridendole le tese la mano “Ah! Piacere, comunque, sono Rumpelstiltskin” lei strizzò gli occhi ad un nome così strano, ma lasciò andare il pensiero e tornò a sorridere “Belle” ammise porgendogli la mano anche lei. Rumple si chiese da dove venisse, non l’aveva mai vista al villaggio, se lei abitasse lì sicuramente se ne sarebbe accorto e lei, a dire il vero, avrebbe associato il suo nome all’ormai intramontabile appellativo di “codardo”. Pensò che aveva già sentito però quel nome da qualche parte, cercò nella sua memoria e un’espressione di stupore si dipinse sul volto senza che lui potesse prevenirla. “Belle? La principessa Belle?” chiese mentre la gola gli si chiudeva e la voce, per questo gli uscì un po’ strozzata. L’altra sorrise di un sorriso amaro. “Ora tornerai al villaggio a dire ai cavalieri dove mi nascondo, immagino” ammise abbassando lo sguardo.  Lui scosse la testa. Aveva sentito che qualche volta la “capricciosa” principessa usciva da sola dal castello per evadere e darsi “all’avventura”. “Sarà perché non  ha ancora vent’anni” aveva sentito commentare dalle zie una volta “quando si sposerà, metterà su famiglia e dovrà prendere in mano le redini del regno, questo suo fuoco per l’avventura le verrà sicuramente meno”.  Rumple conosceva bene anche la ricompensa indetta da Re Maurice per chi gli riportava la figlia e gli diceva dove questa si “nascondeva” così spesso. Ma l’idea di tradirla non valeva nessuna moneta d’argento o d’oro. “No” disse. L’altra lo guardò esterrefatta. “No” sottolineò con più impeto. Lei tornò a sorridere. “Solo se mi prometterai che ci potremmo vedere domani e anche dopo domani e poi…” lei annuì con la testa. “Certo, ogni giorno che vorrai, io sarò qui ad aspettarti” le piaceva quel “gioco”, le piaceva parlare con lui, così la promessa era uscita senza neanche tanto combattere. Quel ragazzo le ispirava fiducia, senza contare che la attirava un poco, come nessun suo pretendente aveva mai fatto.

Rumpelstiltskin sorridendo alzò la tunica a mo’ di scusa. “Ora devo andare” disse, ma c’era del risentimento nella sua voce. Belle annuì “a domani, allora”.
“A domani” disse lui mentre si incamminava tra gli alberi ed ogni tanto si voltava per assicurarsi che lei fosse lì, che non fosse stato solo un sogno. Belle dopo averlo visto sparire, si mise a correre con un enorme sorriso sulle labbra ed il cuore più leggero. In pochi secondi raggiunse la radura dove aveva lasciato il suo cavallo e salita in sella, tornò felice al castello.

ANGOLO DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti!
Come state? ^^
Questa è la fanfic a più capitoli a cui stò lavorando, avevo pensato di postarla tutta insieme, ma visto che Elema mi chiedeva una fanfic a più capitoli ho deciso di postare il primo capitolo ora.
Spero di averti incuriosito!

Inutile dirvi che è una AU ambientata ai tempi che Rumple era un ragazzo, prima che si sposasse con Milah e diventasse l’Oscuro ^O^.

A presto!
Saja

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Capitolo 23
*** 02. Pomeriggio ***


02. Pomeriggio

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Con passi incerti si inoltrò nel bosco. Sperava che lei avesse mantenuto la sua promessa, sperava vivamente di trovarla lì. Spostò, con la mano, un ramo che gli ostruiva la via; ed il cuore accelerò al solo ricordo di lei, mentre si avvicinava al loro albero. Ed eccola lì, bella come ieri, più bella di ieri. Al rumore di passi, Belle ebbe un fremito e si volse. Era lui, lui che, aveva mantenuto la promessa, lui che, ieri, non l’aveva tradita.

“Ciao, sei riuscito a venire!” sorrise di un sorriso timido, abbassando lo sguardo ed arrossendo un poco.

“Ciao” rispose lui, mentre arrossiva in risposta al rossore di lei.

Dopo un primo, normale, imbarazzo, la conversazione ricominciò fitta come il giorno prima, più fitta del giorno prima. I due si trovarono subito in totale sintonia.
Incontrarsi accanto a quell’albero divenne così un’abitudine giornaliera. Il bello è che trovavano sempre qualcosa da dirsi. Lui arrivava e slegava il mantello poggiandolo per terra, così che lei potesse sedersi e lui di fianco a lei. Parlavano del più e del meno, del tempo, delle guerre, di qualche suddito che lui conosceva. Così nessuno dei due seppe con certezza come si arrivò al bacio. Entrambi però sapevano che le labbra di uno sull’altra erano qualcosa di sublime, qualcosa che avevano aspettato per tutti i vent’anni delle loro giovani vite e da ripete ogni giorno, ogni ora, ogni minuto della loro vita, da allora e per sempre.

Stavano ore e ore a parlare, seduti sotto il loro albero, come disse Rumple la prima volta; il giorno dopo e quello dopo ancora. Ormai era diventato un appuntamento a cui nessuno dei due voleva mancare. Si guardavano complici, chiedevano le mani e le labbra una dell’altro in un gesto ormai normale, ma pur sempre speciale.
In quel tempo che sembrava una favola, c’era però un pensiero che affliggeva Rumple. Il ragazzo doveva ammettere di essere guardato di sottecchi dalle zie che tra di loro si scambiavano alcune battutine “Dev’essere proprio innamorato il nostro Rumpelstiltskin!Chissà dove va così di corsa! Un giorno ce la farà conoscere anche a noi, povere vecchie, la sua bella, eh?” e si sorridevano complici come qualcuno che la sa lunga. Rumple faceva orecchie da mercante ma serrava le labbra. Si vedeva così tanto? E se qualcun altro, in special modo i ragazzi del villaggio, se ne fossero accorti? O peggio ancora, se un giorno lo avessero seguito? Addio sogno e soprattutto addio Belle. Qualcuno sarebbe di sicuro andato a fare la spia a Re Maurice. Ma in realtà quella stupenda favola che stava vivendo, ora con lei, sarebbe poi durata? Lei era una principessa e lui, un’umile filatore. Ben presto qualcuno sarebbe arrivato al castello a chiedere la sua mano e lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. Sarebbe rimasto in disparte a guardare qualcun altro raccogliere i frutti, che per diritto, spettavano a lui.

Erano questi i pensieri di Rumple, quel pomeriggio, che silenzioso e taciturno, lanciava sassi poco lontano, facendo alzare un po’ di terriccio quando questi cadevano al suolo, Belle gli parlava dell’ultimo libro che il suo precettore le aveva fatto leggere. Aveva la testa appoggiata sulla sua spalla e si preoccupò quando il ragazzo non rispose ad una domanda. “Cosa c’è che non va?”

“Vorrei partire” esordì Rumple sospirando.

“Partire?” chiese stralunata Belle mentre scioglieva l’abbraccio “Per andare dove? Mi porterai con te?” il cuore iniziò a batterle in petto freneticamente. Lui… lui, la stava lasciando?

“Io… Io… vorrei sposarti Belle!” ammetterlo era come togliersi un macigno dal cuore. Vide l’enorme sorriso sul volto di lei e i suoi occhi turchesi, brillare. Non c’era bisogno che lei rispondesse. La felicità che la sua espressione emanava, parlava per lei. “Ma sono solo un filatore e tu una principessa. Tuo padre non accetterebbe mai di darmi la tua mano” finì, mentre lei poteva notare il dolore in quegli occhi castani come la terra.

“Non è mio padre che decide quello che provo e con chi voglio stare. Sono io, sola. E voglio stare con te” rispose risoluta lei a quella dichiarazione inattesa che la stava quasi facendo impazzire di gioia, facendole uscire il cuore dal petto “indipendentemente che tu sia un principe o un ladro, o… ”.

“Per questo, voglio partire!” si alzò facendo qualche passo per allontanarsi da lei “Per cercare fortuna, per darti il futuro che meriti” anche l’altra si alzò e seguitolo, gli circondò la vita con le mani e posò la fronte sulla schiena. “Forse il futuro che ‘merito’ è quello al tuo fianco” sospirò “non mi importa se sia in un castello o in una capanna. Non mi importa se sarò servita da mille e più mille servi o se sarò costretta a lavorare per sopravvivere”. L’altro si voltò verso di lei e serrò le labbra, lei era abituata agli agi e al benessere. Non si sarebbe mai perdonato se, un giorno, dopo averla costretta a vivere nel suo mondo, tra piatti da lavare, panni da stendere e camere da rassettare, lei gli avesse rinfacciato o avesse rimpianto la vita di prima. Ora parlava perché era innamorata, ma tra qualche anno, con i figli da crescere, la casa da mandare avanti e i soldi che a volte non arrivavano, sarebbe stata ancora dell’idea che quella era la scelta migliore? Scosse il capo.

“Senti…” cercò di rassicurarla, mentre lei non accennava a lasciare la presa sulla vita di lui “Tornerò, te lo prometto”.

L’altra non voleva alzare lo sguardo da terra. I timori che lei aveva in testa erano appena stati resi a parole da lui. “Come fai ad esserne così sicuro?” si ritrovò a sospirare quasi rivolta più a se stessa che a lui.

“Perché il nostro è vero amore, non è una cosa che capita tutti i giorni”. (1)

Gli occhi di Belle fiammeggiarono in quell’istante. Un’idea le era passata per la testa e li vi era rimasta. Alzò lo sguardo e lo puntò nei suoi. “Sposiamoci ora”

“Cosa?!”

“Prima che tu parta, sposiamoci. Così mio padre non mi potrà imporre di sposare nessun altro”.

Lui la guardò cercando di obiettare. Ma non riuscendo ad articolare nessuna parola, acconsentì. Alla fine, lei stessa aveva trovato il modo di legarsi a lui per sempre. Nella ricchezza o nella  povertà, pensò.
  1. Cit. dal film “La storia fantastica” di Rob Reiner.

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Capitolo 24
*** 74. Timidezza ***


74. Timidezza.

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Decisero di sposarsi vicino al vecchio pozzo abbandonato. Un po’ più all’interno del bosco, dove alcune persone, in un passato ormai dimenticato avevano cercato di formare una sorta di villaggio. Alcuni vociferavano che fossero stati i nani, amanti delle miniere, poiché solo loro erano in grado di creare dei buchi nel terreno così fondi, ma probabilmente erano solo dicerie, poiché le due o tre capanne che vi erano rimaste, spiccavano dal terreno ed erano a grandezza d’uomo. Fatto sta che ben pochi si arrischiavano ad arrivare fin lì. Quale miglior posto?

La cerimonia fu veloce e personale. Loro due e il sacerdote che aveva accettato di unirli in matrimonio. Rumple indossava la sua tunica migliore, mentre Belle, un vestito bianco con rifiniture azzurre, semplice per non dare nell’occhio. Il sacerdote chiese di elencare i loro voti matrimoniali e benedisse il matrimonio, poi lì lasciò per tornare al villaggio.

A Belle parve di vivere in un sogno, abbracciata a suo marito, a sussurrargli sulle labbra quanto fosse felice e sentirsi ricambiata dal ragazzo.

“Ti amo; ti amo; ti amo” lo ripetevano, in continuazione, come una cantilena, come un monito che avrebbe allontanato, il più lontano possibile, il tempo del distacco.
Siccome il matrimonio doveva rimanere segreto, fino a quando Rumple non fosse tornato dal suo viaggio volto “a cercar maggior fortuna” o nel caso Re Maurice avesse imposto a Belle un pretendente, i due decisero di separarsi, ma in totale accordo di ritrovarsi dopo qualche ora, per passare la loro prima notte di nozze. Il piano era semplice, mentre tutti al castello dormivano, Belle sarebbe uscita sul balcone e Rumple sarebbe salito fino alla sua camera, avrebbero passato la notte insieme e poco prima dell’alba, sarebbe partito.

Belle quella sera non riuscì quasi a toccare cibo. Maurice lanciava frugaci sguardi alla figlia, vedendola così contenta, mentre Colette si stupiva di come Belle rispondesse con entusiasmo a tutte le cose che lei diceva. Non che la figlia fosse una ragazza taciturna, ma quella grinta era del tutto sconosciuta ai genitori. Belle dal canto suo, avrebbe volentieri vuotato il sacco tanto non stava nella pelle per quello che era successo quel giorno, ma si morse la lingua e cercò di apparire il più naturale possibile.

Diverso fu per Rumple. Lui taciturno lo era da sempre e poi aveva detto alle zie che di lì a qualche giorno sarebbe partito. Così l’aria che si respirava in quella capanna non era certo di festa. Le zie avevano provato a persuaderlo a rimanere. La loro scusa principale era che loro erano troppo anziane per rimanere da sole, ma poi avevano ragionato e si erano dette che il ragazzo se ne sarebbe andato comunque, una volta sposato e così, con un peso sul cuore, per vedere partire quel ragazzo che avevano cresciuto, avevano deciso di lasciarlo libero.

Finalmente arrivò l’ora di rivedersi. La principessa sentiva l’aria fresca sulla pelle attraverso la camicia da notte bianca, affacciata al balcone guardava la collina sottostante. D’un tratto una tenue luce attirò la sua attenzione. Rumple la vide, la debole luce delle candele che arrivava dall’interno della stanza illuminava la sua figura, rendendola se possibile, ancora più angelica.

“Belle! Belle!” chiamò sussurrando.

“Rumple, presto! Per di qua!” sussurrò complice lei.

Si arrampicò aggrappandosi all’edera che costeggiava le mura e finalmente messi entrambi i piedi al di la del cornicione poté riabbracciare sua moglie. Moglie… come suonava strano ancora nella sua testa. La baciò con trasporto come se non la vedesse da settimane ed iniziò ad indietreggiare verso il letto a baldacchino. Le sue mani erano timide al contatto con la pelle e la camicia da notte della ragazza, come a chiederle il permesso. Permesso, pensò divertito, che aveva acquistato quel giorno, sposandola. Ma toccarla, gli riusciva ancora strano, come se toccasse qualcosa di prezioso, che si sarebbe rotto, se avesse osato di più. Mentre lei riusciva solo a passare le mani dalle sue spalle ai suoi capelli. Nonostante lei avesse circa vent’anni nessuno gli aveva mai spiegato cosa succedesse tra due persone la prima notte di nozze. Belle aveva sentito delle storie dalle cameriere e aveva letto qualcosa in qualche libro, ma erano per lo più sensazioni, raccontate a filo di voce.
Rumple sdraiò Belle sul letto e la guardò negli occhi chiedendole una conferma che non tardò ad arrivare. Le tolse la camicia da notte e lei d’istinto si coprì. Lo vide sorridere per quel suo gesto di timidezza e toltosi la tunica e i pantaloni, ricominciò a baciarla.

La mattina si stava avvicinando. Rumple aveva sentito il gallo cantare e aperto un occhio aveva visto che il blu della notte si stava trasformando in azzurro. Tra poco avrebbe albeggiato. Strinse più a se la moglie, tuffando il viso nei suoi capelli ramati. “Devo andare” disse.

A quelle parole anche l’altra strinse più a se il ragazzo. “Rimani, per piacere, Rumple, rimani”. Lui respirò il suo profumo e sospirò: “Si”. Non importava se li avessero scoperti, non importava che lui fosse povero e lei nobile, non importava che lui dovesse partire per regalarle un futuro degno di una principessa, non importava nulla. Sarebbe rimasto.

Il gallo cantò per la seconda volta e i passi dei servi che si apprestavano ad iniziare le loro faccende lo scosse. “Devo andare, Belle” questa volta si staccò da lei e si sedette sul letto. Passate le mani più di una volta sul viso per cercare di svegliarsi al meglio, scese dal letto ed iniziò a vestirsi. Lei lo guardava senza parlare. Pensò per un attimo a come sarebbe stato bello vederlo alzarsi tutti i giorni dal suo letto per poi fare colazione insieme. Un sogno che avrebbe tardato ad avverarsi. L’aria fresca proveniente dalla finestra che Rumple aveva aperto la destò dai suoi sogni. Lui tornò indietro a baciarla.

“Tornerò. È una promessa” le sussurrò a fior di labbra. Quando le labbra si staccarono lei tornò a guardalo. “Finché morte non ci separi, ricordatelo” le sottolineò lui. L’alta rise e lo vide sparire oltre il cornicione. Si alzò dal letto, prese da terra la camicia da notte e si affacciò al balcone, come aveva fatto la sera prima.
Lo vide allontanarsi da lei. In cuor suo sperava di rivederlo un giorno, non tanto lontano.


NOTA DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti!
Secondo voi perchè il programma ha tolto il numero 20 e ha messo due volte il numero 22? O___O
Mistero! Proverò a contattare Adam Kadmon ^^.
Nel frattempo spero che si legga in sequenza (Incontro, pomeriggio, timidezza)

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Capitolo 25
*** 52. Anarchia ***


52. Anarchia

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Passarono i giorni e con i giorni, i mesi e con i mesi, gli anni.

Dieci per l’esattezza. Belle non si dava pace, respingeva ogni pretendente e quasi quotidianamente ritornava al vecchio albero per vedere se lui fosse tornato, ma quotidianamente rimaneva delusa.

Re Maurice si preoccupava per quell’unica figlia, che ormai in età da marito, si accaniva così tanto per rimanere zitella. Ogni pretendente veniva messo alla porta, che fosse bello, brutto, giovane, vecchio, alto, basso… a nulla erano valse, anche, le raccomandazioni di sua madre, Colette. La donna, dal canto suo, finiva sempre, la sera, ad ascoltare il marito che brontolava sulle sorti del regno che grazie a sua figlia non avrebbe visto un erede e si coricava con il muso lungo.

“Ah! Mi vuole vedere morto, vuole!” borbottò una sera, scostando le coperte.

“Caro, magari non ha ancora trovato l’uomo giusto” cercò di salvarla la madre, abbassando il libro che stava leggendo.

“E quando pensa di arrivare, questo fantomatico ‘uomo giusto’?” mimò con le dita, le virgolette, come a voler canzonare l’uomo perfetto. L’altra alzò le spalle.

“Tua figlia” riprese. ‘Ecco, ci siamo’ pensò sospirando Colette. Quando Belle faceva qualcosa che al genitore non piaceva, diventava di colpo solo ‘tua figlia’. “Deve decidersi alla svelta. Sai quanti anni ha?”. Lei non rispose. Tanto l’uomo avrebbe continuato comunque. “Tu alla sua età avevi già una figlia di quasi dieci anni” tuonò infine.

“Certo caro, ma…” cercò di inserirsi nel discorso la moglie.

“Ed invece lei cosa fa? La preziosa, fa!” continuò come se non la stesse ascoltando. Colette alzò gli occhi al cielo e tornò a leggere il libro che aveva davanti.
“Ma ora basta! Belle è una principessa e come tale, il suo compito è di dare un erede al regno”.

“Tua figlia ha tutte le carte giuste anche per gestire il regno” gli rispose Colette non smettendo di leggere.

“A quello ci penserà suo marito” borbottò l’uomo “ed è per questo che se lei un marito non lo vuole, glielo troverò io. Buonanotte!”

“Buonanotte, caro” sospirò Colette, mentre il marito spegneva la candela sul suo comodino e si coricava.

Colette conosceva bene Maurice, era un uomo burbero ma dolce e stravedeva per la figlia. Per questo si dimenticò ben presto del discorso che le aveva fatto quella sera, a letto. Ma Maurice non aveva dimenticato di avere una figlia che pareva non voler neanche sentir parlare di matrimonio, così si mise davvero lui a cercarle marito. Conobbe principi e granduchi, dava balli e presentava la figlia a quelli che lui reputava “i migliori partiti”.

Belle, dal canto suo cercava di tenersi allegra, ma ogni giorno moriva dentro. Quando tornava dal suo viaggio all’albero si sentiva sempre più demoralizzata. E un bel colpo arrivò quando, mentre faceva un giro per il villaggio, in carrozza con la sua nutrice, con la scusa di “conoscere” tutti i villaggi che il reame di Avonlea abbracciava, le arrivò alle orecchie la voce che “quel codardo di Rumpelstiltskin, dopo essersi dileguato dal villaggio, aveva avuto l’insana idea di incontrare il Signore Oscuro”, inutile dire come finiva la diceria.

Le zie girarono a lutto per parecchio tempo. Le si vedeva in giro, le poche volte che uscivano di casa, vestite di nero. Lei non ci voleva credere. Una parte di lei, quella sognatrice, continuava ad andare all’albero e a ripeterle che lui era vivo e stava tornando da lei. L’altra parte, quella più saggia, le ripeteva invece di guardare in faccia la realtà.

E la realtà dovette guardarla in faccia davvero, quando un giorno, tutto orgoglioso, Re Maurice, le presentò un ragazzo alto, muscoloso, con capelli ed occhi neri. Lei gli aveva dato giusto un’occhiata e un saluto per non sembrare scortese ma si era come pietrificata quando il padre lo presentò come “Sir Gaston, il suo futuro sposo”. Per giorni lei si oppose a quella decisione, ma il padre sembrava sordo a tutto. Lo si vedeva cenare e pranzare con il ragazzo quando questi era in visita al castello, andava a caccia con lui e molto spesso si chiudeva con lui nella stanza del consiglio quando i generali del regno portavano dei dispacci dalle legioni sparse nel reame mentre cercavano di allontanare gli orchi dal reame di Avonlea. Lo trattava alla stregua di un figlio e Belle sapeva bene cosa ciò significasse.

Una notte la ragazza si rigirava nel letto. Il sonno tardava ad arrivare e comunque quel nuovo problema, la teneva più sveglia che mai. La sua attenzione tornava a concentrarsi sull’anello, che solo quando era sola, si permetteva di mettere all’anulare sinistro. Mentre le lacrime cominciavano a far capolino, si sfilò l’anello e se lo portò alle labbra. “Dove sei, dove sei, dove sei?” continuava a chiedersi mentre le lacrime ormai libere andavano a bagnare il cuscino e i singhiozzi erano fermati solo dalle sue labbra chiuse su cui sentiva il sapore del metallo dell’anello. Dei passi pesanti e il cigolio della porta attirarono la sua attenzione. Si sedette sul letto, l’anello ben saldo nella mano destra, chiusa a pugno. Ma nell’oscurità della stanza non vide ne sentì niente di anomalo. Aspettò ancora un poco per poi ricoricarsi. Di solito quei vecchi castelli facevano di questi scherzi, qualche serva le aveva raccontato che lì si aggirava il fantasma di una donna morta, nell’attesa che il marito ritornasse da una guerra. Quella serva non sapeva quanto Belle capisse quella dama. Quando si fu sdraiata i passi ricominciarono. Belle ora li poteva sentire bene, poiché erano molto vicini al letto. Chiuse gli occhi credendo che riaprendoli si fosse trovata di fronte lo spettro della donna e quella era l’ultima cosa che voleva. Ma un suono di vetro attirò la sua attenzione, come se lo “spettro” avesse appoggiato un bicchiere sul comodino di legno. Sentì anche due cose che stridevano tra se e una tenue luce illuminare un poco la stanza, poi questa luce si fece più netta e ferma. Sentì pure qualcosa abbassare il suo materasso e quella stessa cosa  braccarla come un animale in gabbia. Ora sentiva un peso da una parte del letto ed un altro dall’altra parte. Un odore acre di alcool le arrivò alle narici quando quel qualcosa respirò. Belle aprì gli occhi e questi si rispecchiarono subito in quelli color pece di Gaston, voltò la testa e vide un boccale vuoto ed una candela accesa sul comodino.
“Immaginavo che foste bella, ma questo supera ogni mia previsione” biascicò l’uomo mentre cercava di mettersi più comodo.

Quando Belle aveva aperto gli occhi lui aveva un ginocchio sul lato destro del letto e una mano dal lato sinistro. Ora stava cercando di far passare anche l’altro ginocchio sul lato sinistro. Così da poterla tenerla più sotto scacco. La ragazza cercò di toglierselo di dosso e si divincolò. Lui sogghignò e con un gesto fulmineo la immobilizzò tra lui e il materasso. “Non così presto, principessa” rise “dobbiamo ancora conoscerci meglio” le ammiccò continuando a ridere “presto capirete cosa intendo”. Belle era sconvolta. L’ultima volta che era stata nello stesso letto con un uomo era circa dieci anni prima, quando quella notte fortunata si era crogiolata tra le braccia di suo marito. Con Rumple nella testa e l’anello ben saldo nella mano, la ragazza cercò di allontanare la faccia di Gaston che nel frattempo si era abbassato per baciarle il collo. “Tranquilla, tranquilla, non vi farò male. Non più del necessario” sorrise sul suo collo mentre alzava il viso per baciarle le labbra, le mani andavano ad intrappolare le sue, sulla testa di lei.

“Smettetela subito! Fermatevi!” iniziò ad urlare, mentre gli morse il labbro così tanto da farlo sanguinare. “Urla quanto vuoi” disse lui, succhiandosi il labbro ferito e sentendo in bocca il sapore del proprio sangue. “Nessuno verrà a darti una mano. Ho dato delle monete d’oro alla tua nutrice perché stasera si andasse a divertire. Non ci sentirà nessuno. Quindi state buona ed adempite ai vostri doveri coniugali”.

“Quali doveri coniugali? Non è con voi che sono sposata” articolò mentre con le mani libere perché l’uomo le aveva lasciate andare per andare ad accarezzare altre zone, ricominciando a baciarle il collo e ora anche le spalle, cercava di spingerlo via.

“Oh, ma lo saremo presto, che differenza fa?”.

“La fa, invece, perché io sono già sposata”. La risata che venne da Gaston riecheggiò per tutta la stanza e rimbalzò sui muri in pietra. “Sapete, se non fossi così ubriaco avrei giurato di sentirvi dire di essere già sposata”.

“Lo sono, infatti” precisò lei grata che quella distrazione aveva fatto staccare le sue labbra a ventosa dal suo collo e dalle sue spalle. Gaston la guardò negli occhi facendosi per un attimo serio. “Bel tentativo di allontanarmi” ridacchiò ancora, ritentando di baciarla, lei gli premette le mani sul viso e solo allora, lui si accorse che nella mano destra lei tratteneva qualcosa.

“e questo?” chiese aprendo a forza la mano di Belle. “ridatemela! E’ la mia fede nuziale, vedete, non vi mentivo prima”.

“Capisco” disse rigirandosi l’anello nella mano “E vostro padre lo sa?”. Lei scosse il capo e vide il sorriso ritornare a farsi largo sul volto di lui “Molto bene” disse solo, mettendosi l’anello in tasca. “Allora questo sarà il nostro piccolo segreto”. Tornò di nuovo all’attacco ma questa volta Belle riuscì a dargli una ginocchiata nell’inguine così che l’uomo si accasciò su se stesso e lei potè scivolare via dalla sua presa. Corse a piedi scalzi verso la porta ma sulla soglia, si voltò per vedere se riusciva a riprendersi l’anello, poi cambiò idea. “Dannata ragazzina!” tuonava l’altro mentre cercava di rimettersi dritto. Belle cambiò idea e oltrepassata la porta corse per i corridoi del castello.
 
 

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Capitolo 25
*** 72. Insensibilità ***


72. Insensibilità

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Malefica guardò gli occhi da rettile del suo interlocutore. Sospirò mentre faceva apparire una piccola sfera di cristallo nelle mani del folletto.

“Alla buon ora, daerei” ghignò lui, rigirandosela tra le mani. Un altro gingillo, un altro accordo andato a buon fine.

La strega gli diede le spalle, iniziando a salire le scale per sedersi sul trono alla fine della grande sala, ad ogni passo il bastone picchiettava contro la dura pietra. “Penso che la mia vendetta dovrà aspettare ancora” disse più a se stessa che all’altro. “Oh io non me la prenderei così tanto!” le rispose però lui “ricordatevi: la vendetta è un piatto che va servito freddo”. L’altra non rispose. A dirla tutta avrebbe voluto avere Stefano tra le mani proprio in quel momento, avrebbe voluto vedere il terrore nei suoi occhi, avrebbe voluto sentirlo chiedere pietà, scusarsi con lei, per il male che le aveva inferto e lei… lei non lo avrebbe perdonato, ovvio.

“Oramai siete giunta a questo punto, cosa volete che sia aspettare qualche giorno in più o in meno, mentre il vostro ‘uomo’ si gode una meritata vacanza per i reami della Foresta Incantata?” chiese gesticolando con le mani, come era solito fare, accompagnando il tutto con una strana risata.

“Non si deve godere niente!” tuonò lei picchiando con il bastone violentemente a terra. “e comunque Stefano si è recato ad Avonlea per partecipare al fidanzamento di qualche pagliaccio con qualche principessa” lo disse con una nota di disprezzo, non riusciva a capire come i reali potessero perdere tempo con stupide pagliacciate. “Re Maurice dovrà essere entusiasta di aver trovato finalmente un successore”.

“Si si daerei” ghignò il Signore Oscuro non ascoltandola più, troppo concentrato a ‘provare’ il suo nuovo gingillo, non si faceva fregare da nessuno, lui.
“Mi chiedo cosa gli uomini trovino in quelle principesse così viziate”, continuò anche se sapeva che il suo interlocutore non la stava affatto ascoltando. Rise amaramente ripensando che anche Stefano aveva ceduto al fascino di una principessa “questa Belle di Avonlea non sarà di certo più bella delle altre. Eppure la decantano così tanto”.

Il Signore Oscuro voltò di scatto la testa, oltre la spalla, per guardare la sua interlocutrice, staccando l’attenzione per un attimo dalla sfera.

“Come avete detto?” l’Oscuro pensava di aver capito male, certamente. Qual’era l’ultimo nome che la strega aveva appena pronunciato? Malefica si stupì di aver risvegliato l’attenzione del folletto per un fatto di così poca importanza. Ma si fece attenta e soppesò ogni singola parola. Mise il gomito sul bracciolo del trono e posò la testa sulla mano, fingendosi annoiata.  “Che la mia vendetta deve aspettare un’inutile fidanzamento tra un pagliaccio di cavaliere ed una principessa viziata. Quella ragazzina, Belle” rimarcò il nome e fu trionfante quando vide per un secondo gli occhi dell’Oscuro farsi, se possibile, ancora più grandi “ha aspettato così tanto per sposarsi. Proprio ora che i tempi della mia vendetta sono maturi…”

“E’ stato un piacere fare affari con voi, Malefica” tagliò corto il folletto “ma ho altro da fare, quindi…” e con un gesto teatrale si dileguò in una nube viola lasciando l’altra a sogghignare. Quella giornata aveva portato i suoi frutti. Prima aveva stretto un accordo con l’Oscuro andato a buon fine per entrambi, poi, casualmente, aveva scoperto una falla nel passato del mostro che, quasi tutti, consideravano invincibile. La cosa poteva rivoltarsi a  suo vantaggio, certo…

L’Oscuro si trasportò nel suo castello, nella grande sala dell’arcolaio. Dal momento che aveva sentito da Malefica quel nome, non si dava pace. Mille e mille emozioni si susseguirono in lui. Aveva pensato più volte di tornare, di presentarsi a lei, di materializzarsi nella sua stanza, o vicino all’albero, là dove tutto era cominciato. Ma anche se l’aspetto esteriore era cambiato, all’interno lui, rimaneva sempre quel ‘codardo’ che i ragazzi del villaggio deridevano. E poi cosa avrebbe fatto una volta tornato da lei? Le avrebbe detto ‘Daerei sono io, tuo marito?’ no, lei sicuramente avrebbe urlato vedendo la sua trasformazione. Lo avrebbe cacciato. E il disgusto negli occhi di Belle lo avrebbe ferito più di mille pugnali conficcati nel cuore. Ripensò a Zoso ed al giorno in cui si erano incontrati. Ripensò al pugnale così freddo tra le sue mani e come aveva tentennato quando l’altro li aveva offerto un grande potere, forse il più grande, su un piatto d’argento. Ma lo aveva anche avvertito. La magia ha sempre un prezzo. La sua intera esistenza sarebbe diventata un fardello insopportabile. E lui aveva scelto la sua strada. Sospirò a quel ricordo e posò la sfera sulla lunga tavola al centro del salone e si sedette. Unì le dita tra loro, allontanando i palmi e si mise a pensare. Ora aveva tutto, tutto quello che lui aveva sempre sognato per lei. Un castello, lusso, benessere e lui poteva esaudire ogni suo più piccolo desiderio con uno scrocchio di dita. Aveva solo paura di avvicinarsi a lei. Aveva fatto passare quasi dieci anni per questo. Tutto quel tempo senza di lei. Tempo, che gli era servito certo, per imporsi sulla Foresta Incantata, per dimostrare che lui era la bestia più temuta della Foresta Incantata. Chissà, chissà se anche lei avrebbe avuto paura di lui. Certo, logico. Si disse. Chi avrebbe mai più potuto amarlo? Ma qualcosa dentro, forse il vecchio Rumple, urlava per emergere. La sua parte umana non si dava pace. Doveva fermare  a tutti i costi quel matrimonio.
Dopo l’assalto alla sua virtù di quella notte e la conseguente perdita dell’anello di nozze, Gaston non aveva più fatto passi falsi verso di lei. Certo notava che la teneva d’occhio più del necessario e quando rimaneva solo con lei la trattava con una gentilezza mai avuta prima, ma Belle non si faceva illusioni. Presto sarebbe tornato all’attacco. Così prese una decisione, la stessa decisione che avrebbe dovuto prendere quasi dieci anni prima. Si diresse alla sala del consiglio dove suo padre era rinchiuso da un paio d’ore, da solo e bussò. Sulle prime non accadde niente, ma alla seconda bussata sentì una voce stanca rispondere, così aprì la porta.
Re Maurice era in piedi davanti al tavolo ricoperto del telo ricostruente il reame di Avonlea, delle miniature erano posizionate nelle zone dove sorgevano i villaggi, altri invece erano segnati con una x di colore rosso. Sembrava molto più vecchio dell’età che in realtà aveva e questo spaventò un po’ Belle. Le cose con quei mostri non potevano andare così male.

“Papà ti vorrei parlare” disse riprendendosi dopo un minuto di silenzio in cui lei aveva studiato l’ambiente e lui, sua figlia.

“Non ora Belle, sono un poco impegnato” rispose sempre con la stessa aria stanca.

“Papà è importante!” gemette. L’altro fece un gesto verso di lei. Conosceva il suo temperamento era lo stesso di sua madre e sapeva che non lo avrebbe mai fermato. Lei rassicurata dal gesto continuò. “Si tratta del mio matrimonio”.

“Non temere” cercò di rassicurarla lui, a parole, mentre un sorriso si apriva sul suo volto, il primo da quando avevano iniziato quella conversazione. “Non temere. Quello si farà! Fosse l’ultima cosa che faccio da vivo!” tuonò.

“No ecco vedi…” cercò le parole “Io non posso sposare, Gaston!”. L’altro la fulminò con lo sguardo e si addirò. Belle lo aveva visto così solo poche volte. “Ascoltami bene, signorina!” tuonò infine continuando ad avere il tono burbero che aveva assunto prima quando lei aveva iniziato a parlare di matrimonio, forse perché lui sapeva dove lei volesse andare a parare.

“Papà!” urlò disperata lei “io non posso sposarlo…”

“Ah eccovi qui padre!” sorrise Gaston entrando nella sala “che piacere avere anche la mia dolce sposa”. Belle si accigliò ‘padre’? Maurice gli permetteva di chiamarlo già così. E comunque non le era sfuggito la sfumatura strafottente che aveva usato quando aveva detto ‘la mia dolce sposa’. Re Maurice sorrise “Ah ragazzo mio, finalmente sei arrivato! Arrivi proprio al momento giusto. Belle mi stava parlando del vostro matrimonio…” e così dicendo fulminò la figlia, ancora con lo sguardo.
“Bene” si riprese lei per nulla intimorita dal padre o da Gaston. “Ti dicevo che io non posso sposarlo…”.

“Ah si!” si intromise Gaston abbracciandola con fare teatrale “Ora ricordo! Belle si lamenta che non possiamo sposarci senza dozzine e dozzine di bellissime rose. Le ho già spiegato che avremo risolto la cosa a tempo debito, ma sai… le donne…” fece un gesto con la mano e Maurice sorrise come dire che lui la sapeva lunga. “Ma non vi preoccupate” continuò il moro stringendo più a se Belle. “Ora l’accompagno dal giardiniere e ci metteremo d’accordo direttamente con lui, con permesso” continuò facendo il saluto militare. L’altro sorrise scuotendo la testa. Eh! Le donne, si ricordava come era isterica Colette durante i preparativi delle loro nozze e non poté che dispiacersi per Gaston.

Il ragazzo la trascinò fuori senza troppi complimenti. “Cosa pensavatei di fare, eh?” chiese studiandola stringendo gli occhi.

“Pensavo di raccontare tutta quanta la verità. E farla finita una volta per tutte” rispose lei spazientita. Gaston continuava a studiarla. Nei giorni che seguirono la visita notturna alla sua stanza, si era aspettato di vedere arrivare l’alterato marito con una spada brandita a reclamare giustizia, per l’offesa subita, da un momento all’altro, ma questo non era avvenuto. Perché il pezzente si nascondeva e non si era mai fatto vedere a corte? Infondo era da qualche mese che lui e Belle erano fidanzati. Sull’anello non aveva avuto dubbi, era andato dal fabbro della città per farlo fondere, ma l’altro gli aveva detto che era solo comune metallo. Il marito pezzente era anche povero. A questa conclusione era arrivato lui. Ma perché farsi soffiare la moglie da sotto il naso, questo non riusciva a capirlo. Belle era più ricca di lui. Aveva un regno a cui Gaston mirava, mentre Gaston stesso aveva solo un nome che il padre ed il nonno si erano faticosamente fatti sul campo di battaglia. Allora perché lasciare ad un altro uomo tutto quello? Donna e reame in toto? In quell’attimo gli si accese la famosa lampadina. O lui non era ad Avonlea o lui era semplicemente morto. Entrambi le cose però, giocavano a suo favore. Ghignò divertito da questa nuova scoperta, su cui avrebbe sicuramente indagato, ma per ora gli bastava. La prese per il polso e lei si divincolò, così cercò di afferrarla con tutta la sua forza quando qualcuno attirò la loro attenzione.

Una guardia era entrata spedita nel palazzo e si stava dirigendo verso la sala del consiglio. “Sire, sire!” urlava “Gli orchi, gli orchi stanno avanzando”. Entrambi ritornarono nella sala del consiglio dove era entrato l’uomo, che animatamente stava raccontando come gli orchi avessero annientato la sua squadra di soldati come semplici mosche. Belle deglutì sentendo quei racconti e si strinse alla madre che nel frattempo era sopraggiunta. “Ci vorrebbe una magia per allontanarli definitivamente” la sentì sussurrare. Sgranò gli occhi a quell’affermazione. Conosceva una creatura magica sola, talmente tanto potente da fare ciò. L’aveva letto in un libro. Avrebbe solo dovuto invocarla. Anche se questo le faceva male. Uscì correndo dalla sala. Doveva trovare quel libro. Doveva invocare il Signore Oscuro, nonostante il suo cuore, al ricordo di quel nome, veniva straziato nel petto.

 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti ^^!

Ok, ammetto che mi sono innamorata di Crudelia de Mon, quando l’ho vista domenica *___*, avevo già il sentore di questo amore con gli spoiler, ma quando ho visto la puntata, l’amore è esploso a più non posso!!!! Ma in questa fanfic mi serviva Malefica, quindi  a lei un po’ di spazio ^^!

Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo ancora la raccolta ed in special modo questa fanfic ^^, grazie mille, siete magnifici, non smetterò mai di dirlo!

Spero solo, che la fanfic continui a piacervi! Vi informo anche che la storia durerà ancora due o tre capitoli.

A presto!
Saja

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Capitolo 26
*** 48. Senzazioni ***


48. Senzazioni

Buongiorno daries (alla moda di Crudelia ^__-)

So di essere nel pieno di un’altra fanfic a capitoli ma questa mi è nata di getto e l’ho buttata giù subito (spero vi piaccia comunque).
La fanfic (a più capitoli) è una ‘rivisitazione’ di un’altra mia fanfic “Incubo” (ovvero quando il tuo incubo peggiore diventa realtà T__T)

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)
 
La donna seguì con lo sguardo la ragazza che spingendo la carrozzina, parlava animatamente con l’amica. Ogni tanto, le due si fermavano davanti a qualche vestitino che attirava la loro attenzione. Finalmente si decise ad avvicinarsi, mentre la ragazza con gli occhi azzurri stava rigirandosi tra le mani una piccola salopette di jeans.
“Posso esservi d’aiuto?” chiese candidamente mentre sul viso si disegnava il sorriso più grande del suo repertorio. Le due ragazze si guardarono tra loro e poi, con incerti sorrisi, declinarono l’offerta. “Oh, certo!” continuò ancora la donna “se avete bisogno, comunque…” finì allontanandosi, ma l’occhio le cadde sull’occupante della culla. Un bimbetto di circa cinque o  sei mesi dormiva beato tra copertine e lenzuolini blu. “Che amore!” cinguettò.

La ragazza dagli occhi turchesi sorrise “Grazie”. La donna tornò a sorriderle, per poi allontanarsi definitivamente. –Tutto suo padre- pensò disgustata. Il bambino infatti aveva l’espressioni della madre ma in viso richiamava tutto il padre.

“Belle, allora gliene hai parlato? Venite o no, stasera alla festa al locale?” sentì dire dall’amica che nel frattempo l’aveva raggiunta dopo essersi allontanata per andare a dare un’occhiata alla valanga di giocattoli che questo mondo esibiva per i bambini. Belle scosse la testa. “Non credo sia una buona idea, Ruby” sentenziò, mettendo la salopette sulla culla e ricominciando a camminare “Già Rumpel non è un tipo ‘mondano’, poi da quando è nata questa peste, non ha occhi che per lui”. L’altra alzò gli occhi al cielo. “Senti, ok” iniziò “va bene che vogliate fare i genitori ‘onnipresenti’ ma non pensi che un po’ di svago, vi faccia bene anche come coppia? Questa… peste” sorrise guardando il bambino ancora profondamente addormentato “lo puoi lasciare da tuo padre, per una notte. Non penso che caschi il mondo, no? E poi è importante che tu ci sia! É stato anche grazie a te se quella se ne è andata da Storybrooke”. L’altra scosse ancora il capo incerta “Non lo so” ammise iniziando a mettere i vari acquisti sulla cassa. “Promettimi che gliene parlerai”. Belle accennò un si con la testa e pagò alla donna. Due secondi dopo erano fuori per le strade di Storbrooke con la carrozzina a cui erano attaccati uno o due sacchetti per manico. Ruby tanto insistette e tanto disse che Belle si fece prendere dall’entusiasmo e preso il cellulare compose il numero del negozio del padre. Assicuratasi che fosse in negozio e non fuori a fare consegne, decise di raggiungerlo.

“Oh buongiorno ragazze!” sorrise Moe con un sorriso a 32 denti, quando vide la carrozzina entrare. “Ciao papà” gli sorrise Belle, “Buongiorno, signor French” salutò Ruby.

“Come stai?” chiese baciando la figlia sulla guancia per poi spostare l’attenzione al bimbo nella carrozzina che intanto si era svegliato. “Uhm bene” ammise lei “Tu?” ma dall’altro non ottenne risposta, troppo impegnato a prendere in braccio il piccolo. Il nonno sorrise dell’espressione stralunata del nipote. “Si è appena svegliato” gli comunicò Belle accarezzandogli la testolina per mettergli a posto quei pochi capelli che aveva in testa sparati in aria per essere stato dentro la culla. Ma dall’altro ricevette solo un “Uhm uhm”. Poi l’attenzione dell’uomo tornò al bambino. “Chi è il bambino più bello del mondo? Chi è?” chiedeva mentre il bambino, riconosciutolo, rideva con la sua bocca sdentata.

Questa volta fu il turno di Belle di alzare gli occhi al cielo, mentre Ruby rideva guardandola. “Papà!” alzò un po’ di più la voce. “Che c’è?” chiese l’altro visivamente infastidito per averlo interrotto mentre ‘giocava’ con il nipote. “Mi stavo domandando, se stasera… ecco… se Rumpel fosse d’accordo, se ti andasse di tenere la peste per la notte, cosi che io e Rumpel potessimo andare alla festa…”.

“Ok, nessun problema” ammise l’uomo interrompendola “anzi, se lo vuoi lasciare qui anche adesso…” e tornò a dedicare tutta la sua attenzione al bambino. Ruby sorrise nella sua direzione “Visto?” le chiese. “No, lo porto a casa. É ora di mangiare e sicuramente tra poco inizierà a…” le parole di Belle vennero interrotte da un primo pianto del piccolo “… piangere” finì.

“Intanto io scappo, che vado a dare una mano alla nonna al locale. Mi raccomando per stasera, Belle! Arrivederci Moe!” urlò mentre correva verso il Granny ormai sicura che la nonna le avrebbe fatto un’altra lavata di capo per essere stata fuori troppo ed essere tornata solo quando i primi clienti facevano il loro ingresso per il pranzo.
“Se ti serve un passaggio a casa, chiudo il negozio e ti accompagno” Moe studiò finalmente la figlia quando, nel tentativo di calmare il piccolo, lei lo aveva preso tra le braccia e lo cullava. Lei gli sorrise. “Oh no, non ti preoccupare. Chiamo Rumpel e gli dico di aspettarmi in negozio. È inutile che tu faccia, della strada avanti ed indietro”. Lui annuì soltanto. Per quanto avesse accettato il matrimonio della figlia, ancora non riusciva a stare troppo a contatto con il genero. Figuriamo poi contraddire Belle davanti a lui. “Ok, mi fai sapere qualcosa per stasera?” chiese abbassandosi per dare un bacio al frugoletto che nel frattempo si era messo a gorgoliare, succhiando poco convinto il ciuciotto. Belle gli confermò che lo avrebbe chiamato appena ne avesse parlato con il marito e uscita dal negozio lo chiamò.

Rumpelstiltskin pescò il telefono dalla tasca del cappotto, mentre stava per salire in macchina. “Belle?!” chiese aprendo la conversazione. La donna lo sommerse di chiacchiere, come suo solito, lui sorrise sicuro, chiudendo la portiera e tamburellando con le dita sulla cappotta della Cadillac, che lei sarebbe arrivata prima di interrompere la conversazione e quel mare di parole. Infatti, avevano appena riattaccato quando la moglie passando gli ultimi due o tre negozi arrivò davanti al banco dei pegni, salutandolo. Un bacio rapido a fior di labbra e l’attenzione dell’uomo venne catturata dal figlio, che si era rimesso a piangere ormai stanco di succhiare il ciuciotto. “Hey piccolo! Ora andiamo a casa” gli disse sicuro Rumpel mentre lo prendeva in braccio per metterlo nel seggiolino in macchina, nel frattempo Belle aveva aperto la portiera e vi aveva messo gli acquisti, poi aperto il baule, aveva riposto il passeggino. Durante il viaggio verso casa il bambino si era un poco calmato ed era tornato a gorgogliare, emettendo ogni tanto un versetto. Belle non perse tempo a sommergere il marito ancora di un fiume di parole su quello che aveva comprato al piccolo. Salopette, jeans, magliette, body… l’altro ascoltava con il sorriso sulle labbra, mentre  percorrevano la piccola distanza tra il negozio e la villetta color salmone. Appena parcheggiato, Belle scese e preso il figlio, si precipitò in casa a scaldargli il latte nel biberon, Rumpel dal canto suo prese gli acquisti e il passeggino e mentre si dirigeva alla porta si bloccò. Era una strana sensazione quella che lo perseguitava da un paio di giorni. Era sicuro di essere osservato. Ma se cercava di concentrarsi per capire da che punto della strada provenisse questa ‘sensazione’ questa svaniva subito, senza lasciare traccia. Volse lo sguardo intorno a se, ancora una volta, poi si decise ad entrare in casa.

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Capitolo 27
*** 67. Fuoco ***


67. Fuoco

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)

“Allora, mi raccomando!” continuò la ragazza mentre il padre asseriva con la testa. “Se hai bisogno, di qualsiasi cosa, di qualsiasi papà, chiama!” lo spronò ancora.
“Si, Belle. Davvero, non ti preoccupare! Va e divertiti” le rispose l’uomo mentre faceva dondolare tra le braccia il nipote.

“Sono certo che tuo padre sappia come prendersi cura di un bambino, per una sera” cercò di calmarla il marito dopo aver chiuso la porta di casa French ed essersi diretti alla macchina. “Ed io invece sono sicura di no” ammise lei sospirando “sinceramente nella foresta incantata era la balia che mi ha cresciuta nei mie primi anni di vita e quindi non saprei proprio cosa aspettarmi da lui”. Rumpel sorrise nel vedere la moglie visibilmente tesa, anche lui si sentiva alla stessa maniera ma se lo avesse esternato sarebbero usciti di testa in due e Belle teneva troppo a quella serata per rovinarla così. “Io non capisco” ammise lei, come se gli leggesse nel pensiero. “Cosa?” fece lui. “A casa sei tu il più ansioso tra noi due, mentre ora ti comporti come se ti andasse bene tutto”. Lui fece un sorriso forzato e si chinò a darle un piccolo bacio a fior di labbra. “Voglio solo che entrambi ci godiamo questa serata” sentenziò evasivo. Belle sospirò non c’era niente da fare. Tutte le volte che erano fuori casa, Rumpel si tratteneva nel manifestare amore verso il bambino, verso di lei, verso qualsiasi cosa. Mentre a casa, l’uomo diventava un altro. Come quel bacio, ne era la prova lampante. Quando erano fuori erano per lo più abbracci, baci a fior di labbra, ma a casa lui non si sprecava ad assaporare ogni più piccolo bacio che si davano. A casa era come se il fuoco tutto d’un tratto divampasse.

La musica li avvolse appena misero piede nel locale. “Belle!” urlò Ruby da dietro il bancone, uscendo con un vassoio carico di bicchieri pieni “alla fine l’hai convinto a venire! Sono molto contenta” sorrise in direzione dei due. In fondo alla sala, vicino al jukebox, alcuni cittadini avevano improvvisato un lento. Rumpel la guardò “Tu vuoi… cioè...” e con il dito indicò i ballerini. Belle fece un cenno negativo con la testa. “Stasera no” sorrise. “Stasera voglio godermi un po’ di tempo sola con mio marito” lui alzò le sopracciglia colpito “mi dispiace contraddirti Sweetheart, ma se volevi che fossimo soli, saremo dovuti tornare a casa appena lasciato il piccolo da tuo padre”, lei sorrise allacciando la mano a quella del marito e si sedettero ad un tavolino. “Dai, hai capito cosa intendo”.

La serata passò nella noia più totale. Belle ogni tanto si alzava e andava a chiacchierare con questo o con quello. A fine serata passò in rassegna tutti, da Regina, ai Charming, ad Emma ed Henry, non disdicendo lo stupido pirata; Ruby, il nano che non sapeva fare altro se non brontolare, le fate che lo guardavano torvo e gli stavano lontano dopo lo scherzo del cappello e lui di questo ne era grato, il giocattolaio e suo figlio, la nonna e chissa ancora quanti. Ormai aveva perso il conto. Lui si era accontentato solo di finire il suo the freddo e passare qualche minuto in compagnia del nipote che si era seduto per sapere come procedeva la sua esaltante vita a Storybrooke. Solo in un momento ad inizio serata, mentre chiacchierava con Belle su quanto ad entrambi mancasse il figlio, aveva sentito di nuovo quella sensazione di essere osservato. Passò con lo sguardo in rassegna tutte le vetrate del locale, ma fuori il buio sembrava statico. “Tutto bene?” si informò Belle vedendolo così preoccupato. “Si” ammise poco convinto. “Si, certo, Sweetheart, tutto bene” le rispose sorridendo per non farla preoccupare.

Arrivato il momento di tornare a casa, il sorriso di Rumpel si fece più luminoso. Ora era giunto il suo turno di divertirsi. La moglie accorgendosi lo squadrò torvo, risalendo in macchina. “E adesso che hai da ghignare soddisfatto?” chiese mentre la sensazione che la festa non fosse stata bella per lui quanto per lei, le tornava, facendola sentire più in colpa che mai. “Arrivati a casa lo capirai”. Il viaggio di ritorno fu tranquillo e silenzioso. Rumpel ogni tanto gettava occhiate indagatrici alla moglie. E ora cosa aveva Belle, da essere tanto mogia da non articolare neanche una parola? Le mise con noncuranza una mano sul ginocchio coperto solo da una sottile calza velata. “Stanca?” chiese. Lei posò la mano sulla sua e sospirò sorridendogli “un po’” cercò di essere vaga, quando invece l’idea che lui non si fosse divertito, nell’unica serata che avevano libera, la faceva sentire una perfetta egoista. Forse avrebbero dovuto davvero girare la macchina e tornare a casa, dopo aver portato il bambino da suo padre, per stare loro due soli. Infondo sapeva come la pensava realmente Rumpel…

L’uomo posò le chiavi di casa sul tavolinetto all’ingresso e sfilatosi il cappotto, lo appese sull’attaccapanni per poi seguire la ragazza nel salotto. Lei aveva posato la borsa sulla poltrona, si era sfilata il cappotto, aveva aperto e richiuso il cellulare ed aveva sussultato quando due braccia le strinsero i fianchi e due labbra si impossessarono del suo collo. La sentì rilassarsi sotto il suo tocco e si sentì in parte soddisfatto. Ma c’era ancora qualcosa che non le permetteva di godersi appieno quel momento.

“Amore, mi dispiace” iniziò lei, voltandosi. “Ma che…” imprecò, non sapendo dove la moglie volesse andare a parare. “Mi dispiace che tu stasera non ti sia divertito. É che Ruby mi ha fatto una lavata di capo stamattina, che avevo pensato…” si passò una mano tra i capelli “bè… che sarebbe stato bello se noi… avessimo ecco… passato un po’ di tempo da soli, come ai vecchi tempi” sospirò guardandolo, così che lui si rispecchiò in quelle iridi azzurre come un cielo d’estate, terso. “Ti ho trascinato a quella stupidissima festa, quando invece saremmo dovuti stare a casa, solo noi due” finì mordendosi il labbro inferiore, in quel gesto che lui amava tanto. “Ma ci siamo già” rispose serio.

 “Come?” chiese non capendo.

“A casa noi due, ci siamo già” sorrise. Solo allora Belle realizzò la cosa. La festa era finita e loro erano tornati a casa. Ma avevano tutta la notte davanti. Guardò il marito, che non ci pensò due volte a rubarle le labbra in un gesto passionale, la fece arretrare sul divano, dove lei cadde distesa e lui sopra di lei. Ecco, quel fuoco di cui lei sentiva la mancanza, quando erano fuori in mezzo agli altri, si permise di lasciarsi andare come non faceva da qualche mese, con il bambino nell’altra stanza e mugugnò forte. Lui staccò le labbra dal suo collo, dove era tornato a tempestarla di baci e sorrise malizioso. “Di sopra?” chiese solo. “Di sopra” concordò lei. Non fece neanche in tempo ad alzarsi che lui posò un braccio intorno alle sue ginocchia ed uno dietro alle sue spalle e la sollevò di peso, portandola in camera.

Il fuoco in camera, come era prevedibile, divampò ancora di più. Ormai molti vestiti di lui ed il vestito di lei erano capitolati sulla soglia. Il materasso era morbido quando lei vi atterrò. Chiuse gli occhi mentre lui si alzava per togliersi la camicia e la maglietta intima, rimanendo solo in boxer, per poi ricoricarsi su di lei. Tra un bacio e l’altro lui la chiamò “Belle?” chiese non staccando le labbra dal suo ventre. “Si?” rispose lei guardando in basso mentre gli accarezzava i capelli con la mano. Lui la guardò serio alzando il viso, mentre alcune ciocche gli scivolavano dal volto, ma continuando ad accarezzarle un fianco con una mano.

“Ne voglio un altro” disse solo e le sue parole risuonarono come un sussurro.

“Di cosa?” chiese lei aggrottando le sopracciglia.

“Di figli, ne voglio un altro” ammise più deciso, ma sempre serio. Trattenne il respiro, mentre la mano sul fianco sentì il suo ventre e tutto il corpo irrigidirsi. Non ne avevano mai parlato prima, ma lui aveva sempre immaginato una grande famiglia composta da molti figli. L’aveva chiesto a Milah quando aveva saputo che sarebbe partito per la guerra contro gli orchi e lei gli aveva promesso che una volta tornato avrebbero avuto quella grande famiglia che avevano sempre sognato. Poi le cose erano degenerate e lui non aveva sentito più quel sentimento paterno con nessun’altra donna. Poi era arrivata Cora. E anche lì un’enorme buco nell’acqua. Ma Belle… Belle era diversa. Se lo sentiva, se lo ripeteva sempre. Lo vedeva. Ma non sapeva cosa ne pensasse in realtà. Sapeva però che i reali, di figli ne avevano molto pochi… E lei cresciuta in quella cerchia, avrebbe anche potuto abbracciare il loro pensiero.

“Rumpel…” iniziò lei restituendogli uno sguardo serio. “Spero solo che questa volta sia femmina”.

Lui respirò e sorrise, si stese per baciarla, facendo divampare finalmente il fuoco in un incendio. 

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Capitolo 28
*** 51. Caos ***


51. Caos

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)

Il cellulare di Belle squillò. Gold guardò la sveglia sul comodino. Le sette. Con un gesto della mano fece apparire il cellulare della moglie dal salotto alla sua mano e lesse il nome della chiamata persa. ‘Papà’.

Sospirò, mentre richiudeva il cellulare e lo posava sul comodino. Tornò a guardare la moglie, quando il cellulare riprese a suonare. Belle si destò. “Buongiorno” sorrise a suo marito, con la voce ancora impastata nel sonno, ma circondandogli il collo con le braccia. “Buongiorno a te, daerei” sorrise lui abbassandosi a baciarla, mentre la sua mano percorreva il corpo della ragazza ricordando ogni momento della notte appena trascorsa. “Chi era?” chiese lei mettendosi a sedere e tirando il lenzuolo fin sotto il mento. “Uhm… tuo padre” disse con un’alzata di spalle.

Lei rise “Lo immaginavo che avrebbe chiamato. Sarà sicuramente andato in panico perché fa i capricci già di prima mattina”. Si raccolse i capelli e se li portò sulla spalla sinistra. “E’ molto che sei sveglio?” chiese, rivivendo il passato, sentendosi davvero come la ragazza che qualche anno prima aveva riconosciuto al pozzo il suo vero amore e qualche sera dopo lo aveva invitato senza troppi complimenti nel suo letto. L’uomo scosse la testa, ma non rispose. In realtà erano anni che dormiva poco e molte notti si era ritrovato disteso su un fianco, con un braccio a sorreggerli la testa, ad ascoltare il respiro regolare di sua moglie. Come era accaduto in quelle ultime ore.

“Ok, è ora che lasci respirare mio padre. Riportiamo a casa nostro figlio, mi manca” sospirò  mettendo una mano sulla sua. “Vado a farmi una doccia e poi scendo a preparare la colazione”. Lui sorrise “Manca anche a me” ammise. Belle sorrise divertita. Chissà perché non ne aveva dubbi. Aveva visto pochi padri davvero così attaccati ai loro figli e pensava che visto che per cause esterne lui ne aveva già perso uno, questa cosa l’avesse fatto avvicinare di più al loro.
“Non ti preoccupare per la colazione, ci penso io mentre tu fai la doccia”.

“Uhm? Grazie amore!” lei scese dal letto diretta in bagno e tutti i buoni propositi di Rumpel svanirono all’istante. Mentre l’acqua scendeva e lei si godeva quei minuti sotto l’acqua calda, sentì la porta del vano doccia aprirsi e suo marito fare la sua comparsa all’interno. “Rumpel… ma che?...” lui la baciò con passione. “Pensavo di sfruttare al meglio i pochi minuti che ci rimangono prima di riportare il piccolo qui, che ne dici?” chiese con un sorriso malizioso. Lei ricambiò il sorriso, ma prima che potesse parlare un’altra melodia si propagò per la stanza vicina, diversa da quella di prima.

“E’ il tuo?” chiese Belle, riconoscendo la suoneria. “Si” sbuffò l’altro. Tornò a concentrarsi sulla moglie. Se fosse stato Moe, così disperato da chiamare lui e non la figlia, lo avrebbero raggiunto nel giro di un’ora, massimo due. Se fossero stati gli stupidi abitanti di Storybrooke, bè allora… che si arrangiassero, non era lui il salvatore della città.

Le piastrelle risultarono fredde sulla schiena di Belle, già riscaldata dal getto d’acqua, ma lei, non ci badò, troppo intenta a godersi quei minuti tra le braccia di suo marito. Nessuno dei due fece più caso alle suonerie che alternativamente si susseguirono nella camera accanto, tanto che, entrambi si stupirono di avere così tante chiamate perse.
La ragazza scosse il capo, finendo di chiudersi la zip della gonna, passando in rassegna le parecchie chiamate perse:  Papà, Ruby, Mary Margaret, David, Emma. “Ma che è successo stamattina a Storybrooke di così sensazionale da chiamarmi…” non finì la frase che il cellulare suonò ancora. Le parole sul display formarono la parola ‘Ruby’.

“Ma Buongiorno” rispose tra il seccato e lo stranito Belle. Anche Rumpel non era stupito di meno della moglie. Sul suo cellulare si erano susseguite ad intervalli di un minuto circa, telefonate di David ed Emma, a volte anche una o due di Regina. Anche il cellulare di Gold si illuminò mostrando la scritta “David Noland”. Pigiò il tasto verde e dopo aver salutato mugugnando l’altro, restò in attesa di una spiegazione.

David e Ruby si lanciarono uno sguardo vittorioso. Solo per un secondo. “Vi hanno risposto?” chiese Snow con gli occhi sgranati, mentre cercava di consolare un povero Moe visibilmente provato. French alzò gli occhi su Ruby “Belle mi ucciderà” disse “Gold mi ucciderà, lui si che mi ucciderà” ricordando il passato dell’uomo. “Ruby, ma che succede?” sentirono i due mentre Ruby si sedeva a tavola e respirava forte prima di parlare. “Belle, dovete venire immediatamente a casa di tuo padre” sentenziò infine.

Belle guardò il marito cercando una spiegazione, ma lui scosse la testa e tornò a parlare con David. La ragazza sentiva chiaramente ora la voce del padre che continuava a ripetere “Belle mi ucciderà”. “E’ successo qualcosa al bambino?” si decise finalmente a chiedere boccheggiando. L’altra sospirò forte “Dovete venire a casa di tuo padre, subito”. “Ruby, dimmi che il mio bambino sta bene” si agitò Belle, mentre vedeva il viso impassibile del marito guardarla serio. “Andiamo?” mimò con le labbra.

“Venite subito e basta!” urlò ormai al limite Ruby spegnendo la conversazione in faccia a Belle, notando David farle cenno di si. Almeno Gold aveva fatto poche domande ed era rimasto ad ascoltare in silenzio.

Il viaggio verso l’appartamento di French fu un tour de force. Belle non aveva mai visto Rumpel guidare così veloce. Meno male che non aveva mangiato nulla, se no avrebbe veramente rimesso tutta la colazione. “Mi vuoi spiegare cosa è successo?” chiese tremando, ormai convinta che al loro bambino fosse capitato il peggio. L’altro non rispose, ma serrò la mascella. “Rumpel, ma che succede?” urlò isterica. Gold si sorprese. Non l’aveva mai vista così in nessuna occasione. “Calmati Belle, arriviamo da tuo padre e…”. Lei scoppiò a piangere “No! Non arriviamo da nessuna parte!” mugugnò. Rumpel sospirò “Senti, probabilmente è solo allarmismo, ma il piccolo…” cercò di ricacciare indietro alcune lacrime, mentre si mordeva una guancia tanto da farla sanguinare. “Cosa?” chiese lei mentre i suoi timori risultarono fondati: c’entrava il bambino.

La Cadillac fermò in quel momento davanti a casa French. Gold smise di parlare e si precipitò fuori dalla macchina senza darle più neanche una spiegazione. Oltrepassò Ruby che cercava di articolare una o due parole nel vederli e si fiondò dentro la porta su per le scale. Belle tentò di seguire il marito ma venne fermata da Ruby. “Belle mi dispiace tanto” iniziò l’altra mentre le lacrime facevano capolino dagli occhi castani. “Ma cosa avete tutti?” chiese accorgendosi di tremare ancora “Ruby, dov’è il mio bambino?”. L’altra singhiozzò “non avrei dovuto chiedervi di venire alla festa, mi dispiace” biascicò. Non ottenendo risposte concrete da Ruby, la oltrepassò e salì le scale diretta all’appartamento.

La porta di casa era spalancata, dentro tutto era rimasto come l’aveva lasciato la sera prima. Ogni cosa era in ordine. Arrivata in cucina, vide suo padre, David e Mary Margaret seduti al tavolo, mentre i due coniugi tentavano di rassicurare suo padre. “Belle…” disse lui, come ridestandosi nel vederla “bambina mia… mi dispiace… così tanto… io… lei… lei…” ma non riusciva ad articolare altro. La lingua si rifiutava di collaborare. Finalmente voltò lo sguardo verso la cameretta del bambino e si sentì venire meno. All’interno era uno sfacelo. Sembrava che fosse scoppiata una bomba. Che un fulmine avesse colpito solo quella stanza. Si avvicinò sentendo le gambe come di piombo e faticando a muovere qualsiasi passo. Sulla soglia vide il marito impietrito davanti alla culla ribaltata, dove si snodavano i lenzuolini bianchi come serpenti inanimati. Emma e Regina gli stavano parlando, gli stavano spiegando qualcosa, lui sembrava estraneo, ma rispondeva con il suo tono tagliente che adottava nelle situazioni più critiche. I tre si voltarono sentendo il suono dei tacchi sul pavimento. Belle guardò prima Regina, poi Emma ed infine Rumpel, lo vide avvicinarsi a passi lenti verso di lei ed allungare la mano, avrebbe volentieri parlato, avrebbe chiesto, ma in quel momento tutto il mondo si spense. Il buio l’avvolse e le voci che la chiamavano, ormai lontane, si persero definitivamente oltre quel buio. 

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Capitolo 29
*** 09. Oscurità ***


09. Oscurità

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)

Si svegliò dopo qualche ora in un letto matrimoniale, non suo. Strinse gli occhi più di una volta e mettendo a fuoco la stanza, riconobbe quella di suo padre. “Belle, meno male che ti sei svegliata” sentì dire da una voce alla sua destra, si voltò ed incontrò gli occhi pieni di dolore di Mary Margaret. “Snow, ma che…” provò a chiedere, mentre la testa si mise a pulsare ed un conato di vomito si fece largo. Ma con un sospiro riuscì a gestirlo. “Belle, forse è meglio che ti riposi ancora un po’”. L’altra la guardò stralunata “no” ammise in un sussurro. “Come?” chiese la principessa mora. “No” urlò più convinta l’altra. “Tutti mi dicono ‘mi dispiace Belle’, ‘vieni a casa di tuo padre, Belle’, ‘Calmati Belle’ e ora ‘Riposati Belle’, ma nessuno, nessuno mi ha ancora detto cosa è successo. Snow dimmelo! Dimmi cosa è successo! Dov’è il mio bambino, Snow?” L’altra ricacciò indietro le lacrime rivivendo interiormente quello che le era capitato con sua figlia Emma e con suo figlio Neal. “Belle…” iniziò cercando di soppesare le parole.

“Belle!” sentirono entrambe dalla soglia. Suo padre era fermo accanto allo stipite con un bicchiere di acqua in mano. “Bevi, magari ti sentirai meglio”. La principessa strizzò gli occhi azzurri. “Non voglio sentirmi meglio papà, voglio solo sapere cosa è successo a mio figlio!”. Il silenzio cadde pesantemente ancora in tutta la casa.
 “Qualcuno l’ha rapito” si intromise una terza voce. Il mondo crollò addosso a Belle ancora una volta, ma questa volta qualcuno lasciò la luce accesa e la ragazza non perse i sensi. “C…co…cosa?” chiese però iniziando a respirare affannosamente. “Non sappiamo perché e nemmeno chi sia” continuò la donna lupo mentre si avvicinava al letto. “Ma Moe ha detto di aver sentito dei rumori e poi una donna apparire davanti a lui, l’ha vista andare verso la camera del bambino e poi più nulla. Si è risvegliato stamattina nel corridoio ed ha trovato la cameretta in quelle condizioni” le spiegò Ruby.

“Ho provato a fermarla Belle… davvero! Ma quegli occhi verdi erano… lei era…” deglutì “mi dispiace, bambina mia”. La ragazza potè vedere finalmente il polso fasciato dell’uomo e un cerotto posto sopra il sopracciglio sinistro. “Dov’è Rumpel?” chiese ancora prima di pensare di formulare la frase. “Lui, David, Regina, Emma e Killian sono usciti a cercare indizi” rispose Snow “probabilmente avranno allarmato tutta la città, ed ora tutti si daranno da fare per venire a capo di questa storia” cercò di rassicurarla.

“Che hai intenzione di fare? Rimettiti a letto, sei appena svenuta” la fermò, Ruby, seduta sul bordo del letto, vedendo che la ragazza scostava le coperte e si alzava, portandosi una mano alla testa che aveva ripreso a pulsare leggermente. “Spostati” urlò verso la donna lupo “mio figlio è stato rapito. Tutta la città è in allarme per questo e tu pensi che io me ne starò tranquilla a letto ad aspettare che mi riappaia magicamente tra le mani? No” rise isterica “ora io vado la fuori e mi metto a cercarlo. Troverò quella… quella! Ruby! e per la prima volta supplicherò Rumpel di non fermare la mano che la ucciderà”.

“Vedi? stai ancora vaneggiando!” l’apostrofò l’altra non lasciando la presa sulle spalle. Belle respirò pesantemente ed attese qualche secondo. “Hai ragione, scusa. Non avrei dovuto dire quelle cose” ammise vergognandosi solo di aver pensato di spronare il marito ad uccidere qualcun altro. “Ma voglio solo ritrovare mio figlio” le lacrime iniziarono a farsi largo negli occhi per poi cadere sulle guance. E Belle potè sentire che questo era un poco liberatorio. “Riposati ora, sai quanto siano efficienti gli altri. Lo ritroveranno in poco tempo”.

“E’ il momento da ‘adesso’ al ‘poco tempo’ che mi fa star male, Rub. Lasciami andare a cercarlo. Voglio essere partecipe anch’io. Voglio fare il possibile per trovarlo. Non voglio crogiolarmi qui nel mio dolore”. Ma la ragazza non accennava ad allentare la presa dalle sue spalle. “Snow” Belle allora voltò la testa in direzione della mora “tu mi capisci, vero?” chiese speranzosa “anche a te è capitato quando Zelena ha rapito Neal! Capisci il mio dolore, vero? Aiutami ti prego”. Mary Margaret osservò silenziosa quegli occhi color dell’acqua. Aprì leggermente le labbra, ma non parlò, distolse lo sguardo sospirando. Poi si decise a parlare “Ok. Lasciala andare Ruby”.
“Cosa?” chiese l’altra “Ma sei ammattita? É debole e più bianca del solito” insistette. “Lo so” ammise Snow seria “Ma è una madre”  sospirò “Ha perso suo figlio ed io so come ci si sente in questi casi” gemette mentre una lacrima le scappò dalle palpebre. Si alzò dalla sedia accanto al letto. “Andiamo Belle, prenderemo il furgoncino di David”. Lei sorrise grata alla ragazza e si alzò finalmente dal letto. Le gambe sembravano reggere bene, anche quando si riinfilò le scarpe con i tacchi.

“Belle…” sentirono le tre prima di uscire di casa. La ragazza si voltò e potè vedere uno stralunato Moe osservarla impietrito. “Lo ritroverò, papà! Fosse l’ultima cosa che faccio!”. Lui si schiarì la voce “Mi dispiace, bambina mia”. Lei attraversò la poca distanza che gli separava e lo abbracciò “Non è colpa tua” scoppiò a piangere, subito seguita dal padre “Non è colpa tua” gli confermò, stringendolo più a se.

Quella stupida cittadina le aveva chiaramente dichiarato guerra, solo perché aveva messo le mani sul figlio del Signore Oscuro. L’uomo che aveva creato il massimo dolore a tutti quelli che avevano avuto la sventura di incontrare il suo cammino. Cosa aveva mai fatto di così eclatante in quegli anni a Storybrooke per redimersi tanto da farsi sorreggere dalla città intera alla ricerca di un figlio perduto? Lei non lo sapeva e nemmeno le interessava. Trovava la cosa divertente però. Lo aveva osservato in quegli ultimi giorni da lontano, utilizzando il massimo dei suoi poteri per non farsi scovare, ma a parte una moglie ed un figlio, non aveva visto nella vita dell’uomo nessun altro cambiamento degno di nota. Il bambino emise qualche versetto e poi scoppiò in pianto continuo. “Oh hai fame, piccoletto?” chiese la donna prendendo il biberon e mettendoci dentro un po’ di latte preso dal frigorifero, facendolo scaldare sul fuoco. “Hai ragione. Non sia mai che ti perda lo spettacolo” disse raccogliendolo dal passeggino e posandoselo sulle braccia mettendogli il biberon in bocca. Il bambino fece qualche capriccio ancora, forse il latte non andava bene, forse era troppo caldo, ma lei non ci badò ed iniziò a cantare una ninna nanna. Il bambino socchiuse gli occhi e si mise a succhiare il latte in adorazione. “Ecco bravo! Devi essere in forze per goderti lo spettacolo” continuò “di vedere il tuo caro papà morire per causa mia e poi dopo di lui toccherà a te” sorrise accarezzandogli una guancia, mentre l’altro continuava a succhiare il latte ignaro di tutto “non vorrai davvero che i suoi geni rimangano su questa terra, vero? No che non lo vogliamo, piccolo! Io non lo voglio. Anzi…” si illuminò d’un tratto “lo tratterò come lui ha trattato me. Prima gli farò provare il grande dolore di perdere un figlio, poi lo ucciderò crogiolandomi nel suo dolore. Si è meglio, vero piccolo mio?” chiese baciandogli la testa e sorridendogli all’idea di mettere in pratica la sua vendetta.

Mary Margaret trovò David e Regina all’ufficio del sindaco. “Niente! Niente! Niente!” urlò la donna battendo le mani  sulla scrivania. Snow entrò insieme a Belle e Ruby ed entrambi si voltarono verso di loro. “David, Regina?” chiese Mary “Trovato niente?”. La donna scosse il capo osservando Belle. “Non esiste nessun cittadino, capace di tanto” ammise. Belle non seppe se la donna parlasse di presunti poteri o della paura di mettersi contro suo marito.

“Probabilmente quella donna sa usare la magia, per essere entrata così in casa di Moe” intervenne Ruby pensando a voce alta. Tutti si voltarono a guardarla. “Si, ragionate. Nessun segno di scasso, ne alla porta, ne alle finestre. Era così silenziosa che Moe a momenti non si accorgeva di lei e avrebbe continuato a dormire ignaro, se il bambino non si fosse svegliato ed avesse pianto”.

“Ma gli unici a sapere usare la magia qui” intervenne indispettita Regina “siamo io, Gold ed Emma, oltre che le fate. Non conosco nessun altro in grado di fare tanto”. Il sindaco aveva ragione ed il silenzio ricadde pesantemente come un telo su di loro.

“Rumpel sospetta di qualcuno?” chiese Belle titubante. Conosceva il passato dell’uomo e se c’era qualcuno che aveva le idee un po’ più chiare, quello poteva essere senz’altro lui. “Non lo sappiamo” ammise David.

“Il tuo adorato maritino” la schernì Regina “ha pensato bene di chiudersi nel suo negozio e continuare le ‘ricerche’ da solo. Grazie tanto eroi di Storybrooke, se volete darmi una mano” sbuffò “e così noi siamo ad un vicolo cieco” incrociò le braccia al petto.

“Regina!” l’apostrofò Snow. “Sappiamo tutti com’è fatto Rumpel, Regina” lo difese la moglie. “Proverò ad andarci a parlare io” sospirò. “Ti accompagno” le disse Ruby. La ragazza fece un cenno di ringraziamento con la testa.  

Il negozio dei pegni sembrava deserto. Belle provò a battere sulla porta ed a chiamare il marito, ma non ottenne risposta. Sfilò le chiavi della borsa e ne mise una nella serratura. La chiave girò, aprendo la porta che fece tintinnare la campanella. Il negozio era effettivamente deserto. Nessun segno di Gold ne all’esterno ne all’interno. Era stato lì però, pensò Ruby notando la Cadillac parcheggiata li di fianco.

“Ed ora?” chiese a Belle, ma l’altra non rispose.

Il foglio di pergamena che aveva trovato entrando nel negozio aveva attirato la sua attenzione da subito. Un foglio vergato con la penna di piuma d’oca ed inchiostro nero, come facevano tanto tempo fa nella Foresta Incantata. Poi era arrivato il turno delle parole scritte all’interno. “Hai preso mio figlio, mostro! Ora io prenderò il tuo”. Solo quelle parole, nient’altro. Rumpel aveva digrignato i denti e si era messo subito al lavoro alla ricerca del possibile autore di quelle parole. Si era diretto al pozzo. Probabilmente chi lo sfidava proveniva direttamente dal vecchio mondo, il foglio di pergamena ne poteva essere la prova lampante. Aggirò l’anello e sentì una grande potenza propagarsi dal fondo del pozzo salire fino in cima. Si, qualcuno aveva usato la magia, non molto tempo fa, pensò. Ora doveva solo capire, chi. Fece un incantesimo di locazione sulla pergamena e questa prese a volare per il bosco, verso la periferia della città, tra le fattorie e i piccoli appezzamenti di terreno. Fino a fermarsi davanti ad una fattoria più o meno simile a quella che Zelena aveva preso quando era venuta a fare visita a tutti loro a Storybrooke. Un brivido gli corse lungo la schiena al ricordo di quello che era successo, ma si riebbe e varcò la soglia. La casa sembrava disabitata da parecchio. La polvere si era depositata dappertutto. Sui mobili, sul pavimento, sulle scale che portavano al piano di sopra. Su tutto. Rabbrividì al pensiero che se suo figlio fosse stato lì, avesse respirato tutta quella polvere. Si accorse però che la polvere non era scesa su tre stanze. La cucina, un salottino ed un bagno. Si sentì vittorioso quando nel salottino, riconobbe il passeggino che lui e Belle usavano per portare a passeggio il piccolo, passeggino che loro avevano lasciato a casa French prima di recarsi alla festa; poco distante su di una mensola riconobbe il biberon del bimbo. Lo strinse tra le mani e chiudendo gli occhi sospirò. Lo rimise sulla mensola e si sedette sul divano ad aspettare. Magari il rapitore sarebbe tornato presto visto che si avvicinava l’ora di cena…
 

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Capitolo 30
*** 81. Addio ***


81. Addio

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)

“Hai fame?” chiese Ruby alzandosi da terra, intenzionata ad andare al Granny. L’altra scosse la testa in segno negativo. “Belle” sospirò “è da ieri sera che non mangi! Andiamo a prendere qualcosa dalla nonna e poi ritorneremo qui, te lo prometto!”. L’altra non alzò la testa ma continuò a negare. “Non ho fame, Ruby” ammise aprendo l’ennesimo cassetto e tirando fuori quello che esso conteneva. Se Rumpel si era allontanato dal negozio, probabilmente sapeva qualcosa e lei era più che intenzionata a scoprirla. “D’accordo” fece schioccare la lingua la donna lupo. “Se io vado dalla nonna a prendere due hamburger e li mangiamo qui, mangi?” la ragazza aspettò qualche secondo poi fece segno di si con la testa, parlare di cibo aveva risvegliato il suo stomaco che aveva brontolato un pochino. Ruby si rimise la giacca e la guardò “Aspettami qui allora!” e detto questo uscì dal negozio dei pegni diretta tra le strade di Storybrooke.

Rimasta sola Belle, prese il telefono e compose un numero. Il telefono squillò a vuoto e poi partì la segreteria. Spense la chiamata e riprovò. Rumpel guardò per la seconda volta il display e si rimise il telefono in tasca sospirando. Aveva sentito qualcuno avvicinarsi e non voleva farsi notare, ne mettere nei guai anche Belle. L’avrebbe protetta e avrebbe riportato a casa il loro bambino, poi la vita sarebbe tornata alla normalità e si sarebbero dati da fare per concepire il secondo. Facile, come sempre. La porta della casa cigolò e Rumpel si alzò dal divano e si parò in corridoio sicuro di affrontare il nemico, ma chi gli si parò davanti lo lasciò per un secondo senza parole.

“Coccodrillo” lo salutò uno dei due nuovi arrivati alzando l’uncino in segno di saluto.

“Che ci fate qui?” chiese a denti stretti.

“Abbiamo fatto delle indagini e siamo arrivati fin qui” gli spiegò Emma “piuttosto Gold, tu che ci fai qui?! Sai chi ha rapito tuo figlio?” gli chiese. “Magari qualcuno del suo passato” azzardò Killian dando voce agli interrogativi di tutti, supportati dal fatto che lui fosse arrivato prima di loro alla soluzione. L’usuraio fece un sorriso vago ma non rispose. Se avesse effettivamente saputo con chi aveva a che fare a quest’ora lei non sarebbe più viva.

Un rumore dall’esterno attirò la loro attenzione, poi tornò il silenzio ed infine il pianto di un bambino. Gold si precipitò fuori con il cuore in tumulto, seguito a ruota da Emma. Killian fu l’unico a rimanere all’interno della fattoria, quando alcuni rumori attirarono la sua attenzione. Si diresse in salotto e vide una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi posare il bambino nel passeggino. La donna si scosse vedendolo. Aveva pensato che tutti e tre gli ospiti fossero usciti, così aveva pensato di mettere in atto la sua vendetta, uccidendo prima quei due che erano con il Signore Oscuro, poi suo figlio ed infine il Signore Oscuro stesso. Ma la presenza del ragazzo la sorprese. Quell’attimo di sgomento nella donna fu fatale in quanto Killian, estrasse dalla giacca la pistola e gliela puntò contro. Lei ripresasi subito sorrise ed intonò una melodia talmente dolce che Killian sentì gli occhi pesanti. La pistola scivolò di mano come se fosse insaponata e le palpebre divennero come di piombo. Poi fu il buio assoluto.

“Si può sapere contro chi stiamo combattendo?”  chiese la bionda mentre tentava di tenere il passo dell’altro. Gold si fermò “Stiamo?” chiese “Signorina Swan, quella donna ha mio figlio e l’unico che deve combattere sono io. Quindi le sarei grato se mi lasciasse ai miei affari”. Lei alzò gli occhi al cielo. “Senta Gold” iniziò “la gente non parteggia certo per lei, ma ama alla follia Belle ed anche il piccolo ha fatto breccia nei nostri cuori. Quindi se può aiutare a riavere il piccolo con noi, faremo tutto il possibile”. L’altro la guardò pronto ad articolare una risposta degna del Signore Oscuro, quando qualcosa lo fece zittire. Si voltò verso la casa e strizzò gli occhi. “E ora che c’è?” chiese Emma, ma l’uomo la zittì. “Shhh!” e facendo dietrofront si diresse verso la casa. Una melodia, una dolce melodia si stava propagando nell’aria, ma prima che lui potesse arrivare almeno al muro della casa, questa si spense improvvisamente.

Entrato in casa, trovò Hook steso a terra. Lo sorpassò e guardò la stanza vuota, strinse le labbra. “non è possibile! no!” gemette.

“Gold!” la voce di Emma gli arrivò ovattata. Poi la salvatrice vide Killian disteso per terra e abbassatasi lo scrollò nel tentativo di svegliarlo. “Killian! Killian! Rispondi, ti prego!” l’altro aprì gli occhi e le sorrise “Swan” biascicò, poi si riebbe e alzatosi si guardò intorno “Dov’è andata?” chiese. Emma lo guardò senza capire. “Chi?” chiese.
Rumpel nel frattempo continuava a guardare la stanza sgomento. Come poteva essere stato così stupido da lasciare che i suoi sentimenti avessero la meglio sul suo intuito? Doveva capirlo che era un diversivo. Ricacciò indietro le lacrime, notando per l’ennesima volta che la carrozzina ed il biberon erano scomparsi.

Ruby chiuse la porta di casa Gold e raggiunse la ragazza nel salottino antecedente la cucina. Belle non aveva parlato poi molto da quando Ruby era tornata dal Granny. Dal canto suo la ragazza non riusciva a capacitarsi come il marito non si facesse sentire e come, l’avesse tagliata fuori dalle ricerche e dal suo personale dolore. Dolore che lei condivideva appieno. L’attenzione le cadde sulla cesta dei giochi di suo figlio, vicino al divano. A passi lenti si diresse in quella direzione e preso un orsacchiotto marrone di peluche lo strinse forte vicino al cuore, distrutta si fece cadere per terra mentre le lacrime le rigarono il volto ormai libere di scendere.

Emma e Killian corsero fuori dalla fattoria diretti alla macchina dello sceriffo, dopo che Gold senza una parola era sparito dentro una nube di fumo viola, sarebbero andati all’ufficio dello sceriffo e si sarebbero incontrati con gli altri per raccontare quanto visto e saputo. Poi avrebbero discusso sul da farsi.

Gold arrivò al negozio un attimo dopo che Ruby convinse Belle ad andare a casa e farsi una bella dormita. Notò immediatamente il nuovo foglio di pergamena ai piedi della porta. Lo aprì e lesse le poche righe vergate con la stessa penna d’oca e lo stesso inchiostro di quella della mattina “Per quanti sforzi tu faccia, Signore Oscuro, non riuscirai a riprenderti ciò che ti appartiene”. Gettò con rabbia il foglio nel cestino dei rifiuti dopo averlo appallottolato e si decise a dirigersi verso casa.

A casa trovò tutto buio, salì piano le scale e aperta la porta della loro camera notò il profilo della moglie tra le lenzuola. Si diresse in bagno a farsi una doccia veloce e tornato in camera indossò il pigiama, infilandosi sotto le coperte. Si stupì quando sentì il corpo di lei aderire al suo. La strinse più a se. “Hey” disse lei in un tono incerto. “Hey” rispose lui alzando il viso per poterla guardare alla luce della luna. “Pensavo dormissi” ammise.

“E’ difficile dormire in questa situazione” sospirò lei. Ci fu un attimo di silenzio poi lei sospirò ancora “Rumpel” disse solo lasciandosi andare ad un altro pianto, contro la sua spalla. “Belle” le rispose lui “ero così vicino amor mio… così vicino!”. Lei alzò di scatto la testa verso di lui “l’hai visto?” l’altro scosse la testa “no, ma ho visto dove quella si nascondeva solo… solo che lei è stata più scaltra di me” strinse forte la federa del cuscino dietro la testa della moglie “L’ha portato via, Belle! Ero così vicino e lei me l’ha portato via!” singhiozzò.

Il resto della notte passò quasi insonne per entrambi. Poco prima dell’alba, Belle si era addormentata con le lacrime secche sulle guance ed anche lui si era un attimo assopito. Sognò suo figlio dentro il passeggino, nella fattoria che aveva visitato quel pomeriggio. Si avvicinò sempre di più speranzoso di allungare le mani per afferrarlo finalmente; quando una voce soave gli arrivò alle orecchie. Una melodia dolce, talmente tanto dolce da invitarti a dormire. Ma quando finalmente arrivò al passeggino e guardò ancora il bambino, notò che quello non era suo figlio. Al posto degli occhi castani del figlio potè vedere quelli verdi dell’altro, ai radi capelli castani che suo figlio aveva, poteva vedere i capelli neri dell’altro, in netto contrasto con la pelle bianca del piccolo. La melodia che la voce di donna ora stava cantando era una lenta e straziante melodia d’addio.

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Capitolo 31
*** 66. Acqua ***


66. Acqua

Storia a più capitoli ( 48. SENZAZIONI; 67. FUOCO; 51. CAOS; 09. OSCURITA’; 81. ADDIO; 66. ACQUA)

Rumpel si svegliò di scatto, svegliando senza volerlo anche Belle. Quella voce… quella voce l’aveva già sentita un’altra volta, nella Foresta Incantata, quando un uomo si era presentato nel suo castello. Era un capitano molto conosciuto tra i mari e lui si era divertito ad ascoltare la sua mirabolante storia. Sembrava che il prode capitan Reed, così si faceva chiamare, avesse avuto un solo grande amore nella vita. Una sola donna. Non era in realtà una donna vera e propria. Era, una ninfa dei fiumi, meglio conosciute come Ondine. Un mostro per gli uomini; comunque. Si diceva che questa ninfa, questa Ondina in particolare, avesse il potere di incantare gli uomini che sventurati si trovavano a passare di fianco allo scoglio su cui lei era solita sedersi. I marinai la chiamavano più semplicemente Lorelay. Il capitano aveva sfidato e tenuto testa alla bella ninfa, tanto che, come succedeva nella maggior parte dei casi, i due si erano innamorati.

Il Signore Oscuro aveva quindi riso di quella storia. Chi si sarebbe mai innamorato di un mostro? Ma la storia continuava, il mostro (o donna che dir si voglia) sembrava che stesse aspettando uno bellissimo bambino dal prode capitano e Reed, che non voleva che il figlio crescesse negli abissi , ma sulla terra come lui, aveva chiesto al Signore Oscuro di rapire il neonato appena questo fosse venuto alla luce.

Rumpel aveva stipulato un vantaggiosissimo accordo quella volta. Aveva quindi sottratto il bambino alla madre a qualche giorno dalla nascita; e aveva dovuto sorbirsi il grido di dolore di quella perdita.

Guardò la moglie e si stupì di rispecchiarsi nelle sue iridi turchesi. “Hey! Perché non dormi ancora un po’?” chiese scostando le coperte e scendendo dal letto. L’altra scosse il capo imitandolo. “Vorrei continuare le ricerche” ammise  “E lo vorrei fare insieme a te”. L’altro si bloccò sulla soglia della stanza, mentre era diretto alle scale, pronto ad andare a preparare la colazione. “No Belle, tu stai a casa. Ci penserò io” disse voltando di poco la testa per far rientare la moglie nel suo campo visivo. “No” urlò lei distrutta “E’ mio figlio Rumpel, non puoi chiedermi anche tu, soprattutto tu, di starne fuori”. Lui si voltò e la fissò serio “per piacere… stanne fuori, Belle” le disse. “No” disse ancora “No! Non posso!” si avvicinò a lui e piangendo lo iniziò a tempestare di pugni sul torace. “Perché?! Perché?! Perché?!” biascicava tra le lacrime. Lui le fermò i polsi con entrambe le mani. “Perché io” cercò tutto il coraggio che aveva “ho fatto del male a quella donna ed ora lei si vuole vendicare. Nostro figlio ne sta già pagando le conseguenze. Ti prego, non lasciare che coinvolga anche te”, non aveva la forza di pensare di perderli entrambi. Era questo che gli faceva più paura. Il suo passato tornava ancora a minare le persone che amava di più.

Ruby servì la colazione allo sceriffo Swan quando la porta del locale si aprì, facendo entrare Molly la titolare del negozio di abbigliamento per bambini di Storybrooke. La donna si sedette pesantemente di fianco allo sceriffo ed ordinò un triplo caffè. Ruby la conosceva bene e sorridendole le porse un caffè solo ed un’enorme piatto di uova e bacon. “Che c’è” la prese poi in giro “sei così stanca che la crescita demografica della città di Storybrooke ti sta schiacciando?” fece l’occhiolino ad Emma, che sorrise anche lei. “No ragazze” ammise l’altra “E’ che ho assunto una ragazza e quella da qualche giorno non si fa più vedere. E poi credo che si sia intascata della merce”. Emma smise di bere il suo caffè “Che tipo di merce?” l’altra mosse la mano come a dire che erano cose di poco conto “ma niente. Qualche tuta da maschietto, pigiami, body... Poche cose, ecco. Ma fa venire il nervoso”. Ruby la guardò seria. “Che razza di persone!” sospirò “Ma chi era, quella tipa con i capelli neri e gli occhi verdi?” l’altra alzò la testa di scatto dal piatto che aveva iniziato a mangiare “Si, perché la conosci?” chiese. La donna lupo scosse la testa “Mi è solo rimasta impressa perché l’altro giorno, dal momento che siamo entrate a quando siamo uscite, non ha fatto altro che fissare Belle e…” si bloccò di colpo e guardò Emma “… il bambino?” finì la bionda per lei. Ruby sbarrò gli occhi e assentì con la testa. Swan si voltò verso la donna. “Molly, ti ricordi quando quella donna ha smesso di venire in negozio?”. L’altra fece due conti mentali e tornò a guardare la bionda. “Penso… due giorni fa. Anzi, ne sono sicura! É stata la mattina dopo la festa qui” ammise battendo la mano sul bancone ricordandosi che lei era rimasta ad aspettare quella donna per un po’ sbadigliando, prima di decidersi ad aprire definitivamente il negozio senza di lei. Emma guardò Ruby che non riusciva più ad articolare parola. “Abbiamo una potenziale vincitrice” disse alla donna lupo alzandosi per dirigersi in ufficio. “Ti aspetto in ufficio, quando hai finito, così mi fai un identikit completo della donna, ok?”. L’altra asserì solo con la testa.

Gold coprì la moglie con le coperte e le dette un bacio sulla fronte. Alla fine aveva ceduto e le aveva praticato un incantesimo del sonno, per saperla al sicuro. La casa era già rivestita da un grande incantesimo di protezione, così che nessuno potesse mettere piede dentro senza il permesso suo o di Belle. Si sentì un poco più sicuro e si decise a tornare al negozio dei pegni per rintracciare la ninfa. Sarebbe morto per assicurare a suo figlio di vivere. Questo era poco ma sicuro.

Il campanello della porta d’ingresso ciondolò informandolo che qualcuno era entrato. La grande squadra di eroi di Storybrooke lo guardava pronta a sommergerlo di domande. Fu Emma la prima ad avvicinarsi. “Heike Struss” disse, ma quando notò lo sguardo stranito dell’uomo continuò “è il nome con cui si fa chiamare qui in città, ora però deve dirci chi era nell’altro mondo”. Aveva sfogliato insieme ad Henry, poco prima, tutto il libro, ma non vi aveva trovato nulla che riguardasse quella donna, però era convinta che lui sapesse di chi stava parlando. “Mi dispiace contraddirla, signorina Swan, ma mi sembra di averle già detto che questo era un problema mio” disse Rumpel abbastanza alterato. “Ma noi possiamo aiutarla, Gold!” si intromise Ruby. “E come?” chiese lui con un ghigno “Datele 5 minuti e vi pesterà come scarafaggi. Non mi serve il vostro aiuto. Andatevene”.

“No” sentì dire dalla persona che meno si sarebbe aspettato di essere aiutato “No, finchè avremo questi” lo apostrofò Killian esibendo dei tappi per le orecchie. Il Signore Oscuro proruppe in una grande risata. “Davvero pensi che quelli la fermeranno? Non sai con chi hai a che fare”.

“L’ho già incontrata, nella fattoria, ma allora mi ha preso alla sprovvista” ringhiò il pirata alterato perché stava cercando di aiutare quell’uomo e quello per tutta risposta si prendeva gioco di lui. Gold era pronto a ribattere quando il campanello suonò ancora, facendo entrare una spedita Regina. Ora il gruppo di pagliacci era davvero completo. “Mi chiedevo dove fossi finita, daerei” ghignò. “A cercare dove quella avesse portato tuo figlio” le rispose a tono lei. “Parkway 561, la vecchia casa Brogan”. In due minuti il negozio dei pegni fu deserto.

La vecchia casa Brogan sorgeva sul lungo mare, era una vecchia casa in disuso, che a malapena si reggeva ancora in piedi. Le assi scricchiolarono quando Ruby, Mary Margaret e David fecero il loro ingresso. Lorelay era sdraiata a letto con il bambino sul l’altro lato. “Oh è arrivato il tuo papà, piccolo, mi chiedevo quanto ci avrebbe messo”. Si alzò e scese le scale con lentezza, mentre gli altri tre dopo aver ispezionato il piano di sotto, si misero a salirle. La ninfa cominciò a cantare, ma i tappi per le orecchie resistettero. I tre sorrisero vittoriosi. “Oh non così presto!” li apostrofò lei. Si avvicinò a David ma lui tenne la pistola ben in vista. Lorelay sorrise, sapeva che non avrebbe mai sparato, almeno non a lei. Quando gli fu abbastanza vicino lo fissò negli occhi. La pistola di David cadde, poi la donna battè le palpebre e disse “ora vai”, lui inebetito raccolse la pistola da terra e si voltò dando le spalle alla ninfa e guardando la moglie e Ruby. “David, ma che…” chiese Mary Margaret prima di vedere il marito che puntava l’arma verso di lei. Uno sparo riecheggiò per la casa.

Il bambino si mise a piangere e Rumpel lo raccolse tra le sue braccia. “Shh!” Cercò di consolarlo. “Non è niente, non ti preoccupare, sono qui. Il tuo papà è qui”. Il bambino vistolo, gli fece un’enorme sorriso e agitò le manine verso di lui. Rumpel ispirò il profumo di latte di suo figlio. Ma qualcuno era arrivato per guastargli la festa. “Salve, Signore Oscuro” lo salutò la donna mentre i suoi occhi verdi scintillavano. “Finalmente ci ri-incontriamo Loreley” disse disgustato lui. “Penso che tu abbia qualcosa che mi appartiene” gli disse indicando il bambino. L’altro scosse la testa e strinse il bambino ancora di più a se. Lei sorrise “Non fa nulla, me lo riprenderò comunque”. Un piccolo vortice d’acqua si matearizzò dal nulla e si diresse verso Rumpel che sparì in una nube viola. Ricomparve al piano di sotto e dato il bambino a Ruby le disse di andare in città e di portarlo da Wahle che lo avrebbe visitato. La donna lupo non se lo fece ripetere due volte e corse fuori di casa.
Nel frattempo Emma, era riuscita a strappare di mano la pistola al padre quando lo aveva visto puntarla nella direzione della madre. Il braccio di David si era quindi portato oltre la sua testa ed aveva sparato al soffitto. “Problemi in paradiso?” chiese Regina, affiancando Snow. L’altra fece una faccia stanita ma non parlò. “Lei dov’è?” chiese Emma più alterata che mai.

“Di sopra” tutti si voltarono a vedere Rumpel porgere il bambino a Ruby e questa uscire dalla porta. Nel frattempo Lorelay dalla finestra della stanza aveva visto la donna lupo uscire con il bambino in braccio. Fece un gesto vago con la mano e un cavallo schiumoso bianco si matearizzò dall’acqua dirigendosi verso la donna.

“Abbiamo un altro problema” ammise Hook, indicando oltre il vetro, il mostro venuto su dal mare. Tutti si precipitarono fuori dalla porta.

Emma e Regina unirono le forze cercando di distruggere il cavallo, Ruby riuscì grazie a questo diversivo ad allontanarsi verso la città e Rumpel con il cuore più leggero tornò in casa ad affrontare la donna.

Lei lo stava aspettando nel soggiorno. “Oh che peccato” ammise guardandolo “Vorrà dire che la morte di tuo figlio, dovrà aspettare ancora un po’, intanto mi accontento del padre. Ti avrei volentieri fatto provare lo stesso dolore che tu hai fatto provare a me”.

“Attenta, Lorelay” gli disse stringendo gli occhi e puntandole il dito contro.

“Mi hai portato via mio figlio, mostro!” urlò con gli occhi gonfi di lacrime. “Io? E’ stato Reed! Un giorno venne da me e mi chiese suo figlio. Non voleva che vivesse tra gli abissi. Probabilmente gli facevi più paura di quello che ti faceva vedere”.

“Stai mentendo!” urlò lei, facendo apparire un vortice d’acqua che si scagliò contro il Signore Oscuro. Lui lo scansò senza troppi problemi e si diresse verso di lei. “Non mi fai paura!”. L’altra sgranò gli occhi e gli rilanciò un altro vortice più grosso. Rumpel la raggiunse e guardandola negli occhi, immerse la sua mano nel petto e preso il cuore glielo strinse. La donna fece una smorfia, poi si tramutò in acqua e si ricongiunse al mare. Anche il cavallo sparì oltre gli abissi lasciando gli eroi a guardarsi stupiti.

Belle corse fuori dalla casa, quando sul vialetto vide il marito che teneva tra le braccia il figlio. Lui le sorrise e lei gli buttò le braccia al collo. Finalmente quel brutto incubo era finito. Ora la vita poteva ricominciare più bella di prima.
 
Ciao a tutti ^^’

So di essere nel pieno di un’altra fanfic a capitoli, ma questa mi è nata di getto e l’ho buttata giù semplicemente. Spero vi piaccia comunque ^^.

Il personaggio di Lorelay si ispira alla famosa leggenda della ninfa tedesca. Per chi fosse interessato lo invito a cercarla, perché è molto carina. L’idea mi è venuta sentendo la canzone “Lorelay” dei Blackmore’s night ^^. Lorelay ha a Storybrooke un nome tedesco, perché appunto la leggenda la vuole ninfa del fiume Reno.
Per i suoi poteri, ora io no so, onestamente quali possano essere in realtà i poteri di una ninfa, ma penso che non siano poi tanto grandi e quindi il Signore Oscuro ha avuto la meglio in poche mosse. Lei più che altro era accecata dal dolore e dalla rabbia.

P.s. appena mi sarà possibile, vi giuro vi rispondo. Non mi sono dimenticata di voi ^^’
 
P.s. Vi siete mai chiesti come mai Belle gira per il castello oscuro in mezze maniche anche se fuori ci sono 5 metri di neve? O___O é Rumpel che ha un ottimo sistema di riscaldamento, o è lei che ha le caldane dovute all’amore? Me lo sono sempre chiesto…

come dice Crudelia…
A presto daries…
Saja

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Capitolo 32
*** 77. Collera ***


77. Collera

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Fece dietrofront delusa ed amareggiata. Aveva atteso per dieci anni il suo ritorno ed ora lui le sembrava scostante, freddo, oscuro. Cosa era successo per ridurlo così? Dov’era il ragazzo sorridente, pieno di vita, che aveva aperto il suo cuore a lei e al loro amore? Rimontò in sella al suo cavallo e si diresse verso il castello.

Ad un certo punto notò che il cavallo aveva preso una direzione sua e stava cavalcando velocemente oltre i confini del regno diretto chissà dove  e che nonostante lei tirasse le redini, questo nitriva, scuoteva il muso, ma continuava imperterrito la sua corsa.

“Adel! Si può sapere cosa ti prende, ora?” chiese al limite della disperazione, stringendo i fianchi del cavallo con le caviglie, tirando contemporaneamente le redini.  Il cavallo nitrì più forte, si impennò, tanto che Belle cadde al suolo e, come imbizzarrito cominciò a ruotare su se stesso, nitrendo tanto da far male le orecchie.

Una nube nera oscurò il cavallo e dopo che essa si fu diradata Belle, potè notare un corvo nero girare ancora su se stesso e gracchiare a più non posso.

“Oh basta Fosco! Ti ho trasformato in un cavallo, non il un verme” sentì dire da una donna interamente vestita di nero apparsa magicamente dietro di lei. Ma l’animale dopo aver iniziato a volare, costatando che fosse tutto a posto, aveva ripreso a gracchiare ancora di più, l’altra alzò gli occhi al cielo. “See see… giuro che la prossima volta ti trasformerò in un lombrico, così sarai carne per i tuoi simili” rispose muovendo la mano  “Ora però, vattene” e ammutolito il corvo volò via. L’attenzione della donna si concentrò allora sulla ragazza. “Quindi tu saresti Belle, la figlia di Re Maurice” sentenziò con un sorriso poco rassicurante in viso.

La ragazza la studiò prima di parlare. “Conoscete… conoscete mio padre?” chiese. L’altra negò con la  testa “diciamo che conosco vostro… marito?” rise all’espressione di lei. Belle rimase a bocca aperta, ma si riebbe subito “Quindi, conoscete Rumpel?” alzò le sopracciglia chiedendosi cosa quella donna potesse avere a che fare con lui. L’altra sorrise solo.

“Lui… lui era qui prima” fece un gesto vago verso la foresta che lei ed il cavallo/corvo si erano lasciati dietro.

“Oh! Lo so” rispose non togliendosi dal viso quel sorriso “Non volevo disturbare quella piccola, gustosa ‘riunione di famiglia’. Dimmi tesoro, da quanto tempo non vi vedevate?”. Belle mandò giù il magone amaro che era tornato al ricordo della chiacchierata che i due avevano appena avuto. “Dieci anni” sussurrò infine. Malefica le si avvicinò e sorreggendosi al bastone, si chinò, mettendole una mano sulla spalla, mentre Belle era ancora seduta a terra dopo la caduta da Fosco. “Oh povero tesoro” scosse il capo “E lui ti ha trattato così? Ti ha detto che…” la principessa chinò il capo. “Che non mi vuole mai più vedere e che devo rifarmi un’altra vita” trovò il coraggio di parlare. Malefica si alzò con fare teatrale, dandole le spalle. “Ah gli uomini! Quando gli servi sei tutto per loro, quando invece non li servi più…” alzò le spalle per rafforzare il suo discorso. Belle si tirò su in piedi “Rumpel mi ama” ammise decisa. Malefica tornò a guardarla. “Ma certo cara!” sogghignò ‘Ecco perché sei qui’ pensò tra se.“Dicevo così per dire. Cosa farebbero, gli uomini, senza di noi?” la guardò con lo sguardo amorevole di una madre.

Belle sorrise a quello sguardo.

“Bhè io tornerei a casa” farfugliò. Malefica smise di sorridere, ma non di osservare la ragazza. “Oh, certo! Lascia solo che ti aiuti! Quello stupido corvo doveva riportarti a casa sana e salva ed invece, ha fatto più danno che utile!” cinguettò. “Come?” sorrise Belle e Malefica capì di aver catturato la sua più totale fiducia. “Ma con la magia, tesoro! La magia può tutto! D’altro canto, anche tuo marito ne è rimasto affascinato, no?” e la strega vide un’ombra di tristezza passare negli occhi della ragazza. “Oh scusa, forse è meglio se non ne parlavo! Che stupida” e con un gesto della mano creò una nube nera che avvolse entrambi.

Si ritrovò in una stanzetta piccola, al muro vi era solo una piccola branda di legno e un comodino con una candela consumata a metà. “Dove ci troviamo?” chiese guardandosi intorno, non capendo dove la donna l’avesse portata. Lei in risposta alzò le spalle e disse semplicemente “Nella tua stanza”.

Belle la guardò aprendo la bocca. “Forse vi siete sbagliata, questa non è la mia stanza…” cercò di spiegarsi, ma l’altra che nel frattempo aveva oltrepassato la porta le sorrise “Forse” le rispose “Ma da oggi sicuramente si” e chiuse la porta di legno con il semplice gesto di una mano fece scattare la serratura. Belle restò interdetta per poi gettarsi contro la porta. “Ascoltate!” urlò nell’unica finestrella che la porta aveva “Dove andate?” chiese “Io non vi ho fatto niente! Non potete farmi questo!” urlò mentre vedeva la donna scendere la scala a chiocciola incurante delle sue urla. Una volta nei suoi appartamenti, Malefica sorrise. “Tu no, sciocca ragazzina, ma sarà molto divertente vedere arrivare qui il maritino parecchio adirato” e ridendo ancora si mise in bocca un acino d’uva.

Da quando aveva lasciato Belle, Rumpelstiltskin aveva una brutta sensazione. Aveva più volte mosso la mano per creare una nube viola che lo avrebbe riportato alla foresta, ma si era imposto di credere che quel suo malessere fosse dato dal fatto di aver rivisto la ragazza e averla persa nella stessa giornata, dopo ben dieci anni. Si sedette quindi all’arcolaio e iniziò a filare mentre la mente finalmente vagava libera, che giornata storta, proprio da dimenticare, per sempre. Ad un certo punto il folletto sentì dei colpi alla porta. Sbuffando si alzò per andare ad aprire e si ritrovò faccia a faccia con Sir Gaston, che lo aggredì all’istante. “Dove hai portato Belle, bestia?”. Rumpel strinse gli occhi cercando di mascherare la sua sorpresa. Belle? Non era forse tornata al castello, dopo che lui… Il cavaliere sguainò la spada, arrivando a pochi centimetri dal’altro. “Dimmi dov’è, o giuro che assaggerai la mia lama”. Come se fosse fatto di carta, Rumpel lo fece volare in aria per poi, con un sol gesto della mano stringergli la gola. “Non so di cosa tu stia parlando” ammise. Gaston si contorse battendo calci e pugni in aria come a cercare di difendersi da quella mano invisibile che non gli permetteva di respirare.

“Dicono… dicono di aver visto la principessa Belle parlare con il Signore Oscuro nella foresta, al limitare del regno di Avonlea” riuscì a formulare.

“Chi?” volle sapere il mago. L’altro prima di rispondere ci pensò su, per poi sbottare appena la presa invisibile si fece più salda “Non so chi sia stato. Qualcuno… voci… ma Belle vi ha cercato, no?”. Questo Rumpel non poteva negarlo e anche se Gaston non conosceva il loro passato doveva sapere che la principessa aveva invocato l’aiuto del Signore Oscuro contro gli orchi.

Stufo di quell’uomo, Rumpel lo lasciò cadere a terra e gli dette le spalle. “La tua principessa non è qui” deglutì perché parlare di Belle chiamandola ‘la sua principessa’ gli aveva fatto male. “Quindi, vattene”. Ma Gaston per tutta risposta, dopo aver cercato di prendere più aria possibile, raggiunse la spada dove gli era caduta e si lanciò contro Rumpel, che voltandosi e schioccando le dita, lo trasformò in rosa. Sorridendo la raccolse. “Sai, daerei, dopotutto sarai utile. Sarai un ottimo regalo per Belle. Anche se dovrei essere geloso di te, per una volta. Finalmente conciato così lei ti apprezzerà”. Mise il fiore in un vaso, pensando che avrebbe trovato una scusa per far una capatina a trovare Belle e lasciarle la rosa davanti al loro albero o sul balcone della sua stanza. I ricordi andarono di colpo a quella notte, ma il folletto cercò di scacciarli via subito, troppo felici e al contempo troppo dolorosi. Si risedette all’arcolaio, riprendendo da dove era stato interrotto. Si mise a pensare. Se quel pagliaccio diceva il vero Belle non era più al castello. Il pagliaccio parlava di un rapimento e di qualcuno che gli aveva ‘spiati’ mentre parlavano nella foresta. Ma lui non aveva notato nessuno. Non c’era nessun essere umano nelle vicinanze e per quanto riguardava la magia, a parte la sua, non ne aveva sentite altre.

Lasciò cadere il gomitolo di lana che aveva in mano “No, non è possibile!” sibilò, mentre varie immagini si facevano strada nella sua testa. Aveva sentito per un istante, un piccolissimo istante, la magia di Malefica, nell’aria. Aveva pensato che la strega avesse a che fare con gli orchi, che stette seminando morte e distruzione per qualche oscuro motivo, o per la sua sciocca vendetta ed invece, lei era lì perché probabilmente, in qualche modo era arrivata a capire che Belle centrasse qualcosa con lui.
Per la seconda volta nella sua vita, si ritrovò ad essere immischiato in una situazione che per principio aveva cercato di evitare. E chissà perché centrava sempre Belle.
Se fosse stata davvero Malefica a rapirla, Belle era davvero in serio pericolo e per causa sua.

Il proprietario del castello oscuro uscì di casa sparendo dentro una nube viola.  

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Capitolo 33
*** 11. Vista ***


11. Vista

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

Passarono alcuni giorni. Ma da quell’uomo non ricevette risposta alcuna. Gli orchi continuavano intanto ad avanzare, tanto che ormai erano alle porte della città di Avonlea. Le cose non si stavano mettendo per niente bene. Altri dispacci erano arrivati, altre vittime erano state mietute e lui, nonostante tutto, non si era presentato.

A questo stava pensando Belle mentre fermava il suo cavallo davanti all’ormai famoso albero, sperando in un miracoloso ritorno di Rumpel prima che quei mostri arrivassero per distruggerli tutti, avrebbe voluto vederlo almeno per un’ultima volta.

Ma come al solito, scoprì che non c’era nessuno ad aspettarla. Si sedette, come faceva allora, con la schiena contro il tronco e guardò i rami chiudendo gli occhi. All’improvviso un rumore poco distante da lei attirò la sua attenzione. Un uomo incappucciato la stava osservando, o almeno era questo che le pareva, poiché non riusciva a vedergli il volto.
La principessa non seppe subito se l’uomo fosse reale o solo una visione, tanto sembrava alieno in mezzo a quella foresta. Strinse le labbra indecisa sul da farsi, ma poi prese coraggio e parlò. “Chi siete?” chiese, ma l’uomo non si mosse minimamente. Si alzò e tenuta una mano sul tronco cercò di studiarlo stringendo gli occhi. Il mantello rosso, i guanti marroni, le ciocche di ricci, castani, che scappavano dal cappuccio. Mille pensieri si affollavano nella mente di Belle, ma solo un nome si fece strada nella sua bocca. “Rumpel?”. L’altro parve risvegliarsi solo allora. Belle rincuorata dal fremito di lui, si staccò definitivamente dal tronco e fece qualche passo andandogli incontro. “Rumpel!” sorrise, mentre le lacrime iniziarono a scendere copiose dai suoi occhi.

L’altro non parlò ancora, gli tremavano le ginocchia, mentre alcune farfalle danzavano dentro il suo stomaco, quando l’aveva vista seduta al loro solito posto ed il cuore aveva iniziato a battergli freneticamente in petto, la ragazza era più bella di quanto se la ricordava. “Belle…” sospirò quasi senza accorgersene. Chiuse gli occhi assaporando quel dolce nome, immaginando che avrebbe potuto solo allungare la mano e sfiorarla, abbracciarla, baciarla. Ma si riebbe subito. “Aspetta!” disse fermandola. “Non ti avvicinare”.

Belle si bloccò a quel comando. “Cosa?” chiese allungando il braccio, illudendosi, anche lei, che sarebbe arrivata a toccarlo. “Belle, amore” parlò ancora lui “scusami, non sono venuto per restare” vide l’espressione turbata sul suo viso e gli si strinse il cuore. Aveva deciso di fare una capatina al loro albero, dopo essere stato al cimitero a salutare le zie, ma vi aveva trovato l’ultima e l’unica persona che voleva vedere e non vedere nella sua “visita” di cortesia, ad Avonlea. “Sono venuto per liberarvi dagli orchi, poi me ne andrò” le spiegò. “No, no, amore” rispose lei “ho mandato un messaggio al Signore Oscuro, chiedendogli di aiutarci. Non devi affrontare tu quei mostri. Ora che sei qui potremmo… possiamo spiegare a mio padre di noi, così dovrà farsi una ragione del perché non posso sposare Gaston”.

“No” sospirò lui chinando il capo “no, non posso. Perdonami, non posso tornare con te, non posso rimanere qua. Ma sappi, sappi che ti amo sopra ogni cosa, per sempre”. Si girò e stava per andarsene quando lei lo raggiunse. “Perché?!” la sentì farfugliare tra i singhiozzi, sentendosi tirato per una manica “finché morte non ci separi, ricordi? Me lo hai detto tu stesso quel giorno ed io… io sono già stata separata da te per troppo tempo”. Lui non rispose ma si ostinò a non guardarla in volto. “Rumpel rispondi” urlò risoluta lei. “E’ per via di Gaston? E’ per lui? Non lo avrei mai sposato, lo sai, indipendentemente da quello che può dire mio padre”.

“No” ripeté caparbio lui “non è per il pagliaccio” ammise. “Anzi, forse è meglio se ti rifai una vita, senza… senza di me” ammetterlo a voce alta gli straziò il cuore molto più in profondità. Aveva preso quella decisione già al castello oscuro. Avrebbe volentieri ucciso il pagliaccio perché non avvenisse nessun matrimonio, ma la paura che Belle lo rifiutasse dopo averlo visto, lo aveva fermato e lo aveva fatto ragionare. Cosa le avrebbe davvero offerto lui? Di essere richiusa in un castello tra pregi e lussi, con la perenne paura, da parte di entrambi, che qualcuno le si avvicinasse per farle del male, per ferire lui? E poi, sarebbe riuscito a proteggerla per sempre? L’avrebbe davvero esposta a questo? No… sarebbe stato meglio che lei vivesse in un castello, vero, contornata da pregi e lussi ed una miriade di bambini, gli stessi che avrebbe voluto lui, per loro, ma con un uomo, normale, che la facesse star bene.

“Addio, Belle”.

Il silenzio che seguì quelle parole fu spezzato dai singhiozzi di lei. “No, menti. Non puoi dire sul serio, non puoi farmi questo. Non tu”. Ma l’altro non rispondeva, restava fermo ad aspettare, a sperare che Belle, capisse, che lasciasse andare la sua manica ed indignata tornasse al castello. Che lo odiasse anche, ma che lo lasciasse andare, precipitare nella sua oscurità, senza trascinare in fondo anche lei. “Rumpel, parlami! Dimmi che non pensi neanche una parola di quello che hai appena detto!”, poteva sentire il suo respiro farsi irregolare e anche se non la guardava, poteva immaginare le gote rosse della ragazza in netto contrasto con gli occhi azzurri, lucidi. “Per piacere, per piacere, parlami!” supplicò lei. Lui si scostò ma restò chiuso nel suo mutismo. Fu un secondo. Belle che lo chiamava, la sua mano affusolata, salita a togliergli il cappuccio, una grande nuvola a coprire per un attimo il sole.

Il sole tornò prepotente ad inondare con la sua luce quel pezzo di foresta. Belle indietreggiò quando i suoi occhi si scontrarono con quelli da rettile di lui. La pelle grigia, i capelli ricci che ora ricadevano liberi quasi fin su le spalle. Gli occhi azzurri lo guardavano sgranati, la bocca aperta, alla ricerca di parole, che tardavano ad arrivare. Rumple si sentì morire. Era quella l’espressione che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso. D’istinto indietreggiò di qualche passo.

“Tu… tu sei…” le parole salivano dal petto di lei, con fatica, come il respiro che stava cercando, mentre boccheggiava, gli occhi tornavano normali “Il Signore Oscuro, daerei, si” ammise “mi hai chiesto di scacciare gli orchi da Avonlea ed è quello che farò” le disse. “Dopo di che, non mi vedrai mai più”, si girò e prese a camminare. La principessa restò interdetta a quelle parole. “Aspetta!” questa volta fu lei ad utilizzare un tono autoritario. “Dimentichi forse, che noi siamo sposati?” gli chiese “quindi, non me ne importa nulla. Ora che ti ho ritrovato, dove tu andrai, verrò anch’io” sottolineò quella frase iniziando a camminare per arrivare al suo fianco. L’altro sbuffò “Perché non vuoi capire che sto cercando di salvarti?” lei lo guardò con fare interrogativo ma non replicò. “Belle, in questi dieci anni ho fatto delle cose...” come poteva dirle che aveva agito per suo tornaconto personale, che il pugnale aveva svegliato in lui una parte malvagia che non sapeva neanche di avere. “Devi starmi lontano” le intimò.

“Se no?” sorrise lei, con quell’aria dolce, di quando era felice.

 ‘Potresti farti male ed io non voglio questo’ pensò soltanto, troppo tardi, mentre lei stava già passando le braccia intorno al suo, posando il viso sulla spalla. Rumpel si beò un attimo di quella sensazione, ma si impose di andare fino in fondo. La scostò.

“No… no! Devi starmi lontana” tornò a rimarcare.

“Ma Rumpel…” protestò lei, mentre lui la guardava un ultima volta e con un “Addio, Belle” spariva dentro una nube viola.

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Capitolo 34
*** 95. Scelte ***


95. Scelte

Storia a più capitoli (98. Scelta libera –Incontro-; 02. Pomeriggio; 74. Timidezza; 52. Anarchia; 72. Insensibilità; 11. Vista; 77. Collera; 95. Scelte)

La trovò comodamente seduta sulla sedia davanti al camino.

“A cosa devo l’onore di una tua visita?” chiese facendo la finta ignara di quello che nascondeva in una delle torri del suo castello.

“Sai, se c’è una cosa che non sopporto, è di essere preso in giro soprattutto da chi lo fa così male e così esplicitamente” le rispose il folletto, mentre lei sorridendo e continuando a guardare il fuoco si portò alle labbra una coppa di vino.

“Lei, dov’è?” chiese stanco di quel gioco.

“Chi? Chi stai cercando, Signore Oscuro?”. Questa volta fu il turno di Rumpel di non rispondere, mentre Malefica si era alzata e gli stava girando intorno sempre più divertita. “Stai cercando la principessa Belle, sei per caso ‘al soldo’ di Re Maurice, che ti ha chiesto il grande favore di ritrovare la figlia, o è una moglie che stai cercando?” marcò apposta la parola ‘moglie’, ma ancora l’altro non le dette la soddisfazione di rispondere. Malefica alzò le spalle. “Mi sembrava di aver capito, che di lei non ti importasse più nulla, da quando sei diventato l’Oscuro…” Rumpel serrò le labbra, un gesto che a Malefica non scappò. “Sai, lo pensa anche la poverina, l’ho incontrata in lacrime, dopo la vostra ultima chiacchierata. Mi sono bastate due moine e zac, è caduta nella mia trappola. Non sapevo che fossi attratto da donne con la testa tra le nuvole”. Rumpel accusò il colpo e anche se si era imposto di non rispondere alle provocazioni, quest’offesa rivolta a Belle lo fece scattare. Belle era una donna forte, intelligente, che aveva creduto ciecamente nel loro amore e non era di certo una ragazzina frivola con la testa perennemente tra le nuvole. “Bada a come parli” sibilò.

“O…” chiese lei. “Continua, ti prego” fece vaga.

“Che cosa vuoi?” scandì ogni singola parola di quella frase.

“Oh adesso si che si ragiona, parliamo un po’ di affari, infondo, quest’argomento a te piace molto, no?” sorrise vittoriosa tornandosi a sedere e offrendo con un gesto della testa una sedia anche al suo ospite, che rifiutò senza nemmeno degnarla di una risposta. “Sai, com’è che dici sempre tu, è così che funziona no? Tu hai una cosa che interessa a me, mentre io ho una cosa che interessa a te” sogghignò divertita, mentre l’altro non si stava divertendo proprio per nulla.

“E sentiamo, daerei” si rilassò di punto in bianco, sedendosi sulla sedia che lei prima gli aveva gentilmente offerto. “Cosa avrei io di così tanto interessante da attirare la tua attenzione?”. Lei strinse gli occhi a quello strano cambiamento d’umore di lui. Ma fece finta di nulla e parlò lo stesso. “Lo specchio del Nemico” sentenziò. “Ah!” sorrise ora lui “un potente oggetto per conoscere gli spostamenti e i punti deboli del tuo nemico peggiore” si alzò dalla sedia. “Quel Stefano sarà così sicuramente sotto scacco” si avvicinò al tavolino imbandito e fatto comparire un bicchiere dal nulla, si versò del vino, che portò alle labbra, ma non bevve “Hai proprio ragione daerei, io ho qualcosa che interessa a te, ma sfortunatamente tu hai appena perso la cosa che interessa a me” e prima che Malefica potesse dire o fare qualcosa Belle apparve sulla porta. Rumpel le arrivò al fianco e la prese per la vita, stringendola a lui. “Cos…”chiese la bionda.

“Davvero pensavi di ingannarmi così? Ormai dovesti conoscermi, daerei” ghignò, prima di portarsi via Belle e fare ritorno al castello oscuro.

Belle si riebbe quando arrivarono alla sala dell’arcolaio. Aveva sentito, nel castello di Malefica, la voce di Rumpel chiamarla insistentemente e una volta, fattasi trovare, l’aveva seguita, vedendo le guardie cadere addormentati come sacchi di patate. Si era ritrovata infine davanti ad una porta chiusa, da dove, nell’altra stanza poteva sentire indistintamente le voci alternate di suo marito e di Malefica. Aveva provato a smuovere la maniglia, ma la porta non si apriva. La voce di Rumpel che l’aveva accompagnata fin lì le intimò di tacere ed aspettare e proprio mentre si era data per vinta, la porta si era spalancata, Rumpel l’aveva raggiunta, abbracciata e portata via da quel posto.

Ora si ritrovava in un’immensa sala rossa, piena di oggetti strani, con un arcolaio ad un estremità.

“Belle” iniziò Rumpel “se vuoi rimanere, questa da oggi sarà casa tua, ma se preferisci andartene… non ti fermerò”. La ragazza lo studiò un po’. L’uomo aspettò una sua risposta. Sperava che lei capisse, l’aveva appena salvata da una strega pazza, che la voleva barattare per uno specchio, costringendola a vivere in una cella e probabilmente non sarebbe stata l’unica, visto i molti nemici di cui lui era circondato. Ma allo stesso tempo l’idea di perderla ancora, di vederla andare via, era atroce. Quindi da bravo ‘codardo’ che era avrebbe lasciato a lei la scelta.

Quello però che Rumpel non sapeva era che Malefica aveva dato a Belle la ricetta per spezzare un grande incantesimo, così la ragazza, con le parole della strega ancora ben impresse nella mente, fece quello che il suo cuore di donna innamorata le diceva di fare. Si avvicinò e lo baciò. Da principio non accadde nulla, poi qualcosa iniziò a cambiare in Rumpel, a tratti sentiva il potere scorrere via dal suo corpo, così spaventato, si staccò da Belle.

“Cosa… Cosa mi sta succedendo?” chiese “non capisco…”. Nella sua testa, tanta confusione, mentre di fronte il sorriso di sua moglie.

“Baciami ancora, sta funzionando” lo esortò. “Cosa?” chiese ancora più stralunato.

“Ogni magia può essere spezzata con il bacio del vero amore” gli disse riprendendogli il volto tra le mani. Ma Rumpel si scostò da lei. “Che ti ha detto quella megera?” urlò.
Belle parve spaventata dal cambiamento repentino del marito. Tanto che provò a spiegarsi, ma l’altro sembrava parecchio adirato.

Ora stava solo a lui decidere. Baciare la donna che amava e ritornare un uomo normale o preferire il potere a lei, ma in quel caso, forse, l’avrebbe persa per sempre.
 
ANGOLO AUTRICE:

Ciao a tutti ^^!

Allora, ho riscritto il finale di questa fanfic ben 3 volte, (1) questa, (2) una perché non mi piaceva e (3) una perché il computer e la penninna usb hanno fatto a pugni e l’ho dovuta riformattare.

Che dire. È forse la mia prima fanfic che non finisce bene, o meglio che non finisce proprio e vi spiego velocemente il perché (lo so che siete ansiosi di saperlo dai! E io ve lo dico ^^, preparate pure la frutta e la verdura marcia da lanciarmi ^^).

Alla fine della terza serie, più precisamente alla fine della 3x22, dopo le bellissime frasi che Rumpel e Belle si scambiano al pozzo, io (come penso molti di voi) mi sono chiesta “mo’ ora? Non tanto a Storybrooke, ma metti che tornino nella foresta incantata e Rumpel riprenda le fattezze del folletto (com’è successo quando Belle e Bae l’hanno riportato in vita) cosa sceglierà? il potere dell’Oscuro o deciderà finalmente di baciare la moglie e cambiare aspetto (come ci ha insegnato quel santo episodio che è “Skin deep”) e vi giuro ci ho pensato per un po’, fino a quando non hanno iniziato a pubblicare gli episodi della quarta stagione. E dopo un inizio non malaccio (ok, lui ha raccontato un sacco di storie a Belle, le ha tenuto nascoste delle cose, ma mi sono detta: “ok ci sta che lui qualche volta ricada nel baratro. Infondo è stato solo e Oscuro per quasi trecento anni, non puoi cambiare e diventare il marito ideale nel giro di qualche puntata, non sarebbe neanche giusto”)

 ho detto “Ok, come potrebbe essere logico ha scelto il potere, cercando di tenersi la moglie”. Poi lei si è stancata delle bugie di lui e l’ha cacciato e ho detto “Ok, un po’ di melodramma ci sta, se avessi voluto vedere SOLO rosa e fiori amerei i Charming”. Ma poi è arrivata la seconda parte della quarta stagione e… non so più cosa pensare.
Quindi, come al solito seguo il tutto e mi faccio una idea precisa a fine serie. Non posso dire che gli autori stanno gestendo veramente male il rapporto Rumbelle (soprattutto a qualche mese dal matrimonio, dove una coppia è nella detta fase “Luna di miele” perché nella coppia sono tutti coccolosi lui con lei, lei con lui. Se ad una coppia togli anche questi momenti io non so più a cosa ci si può aggrappare, anche per noi fans) ma a me sinceramente non piace e non mi piace che a far le spese siano sempre le Rumbelle.
Quando c’è gente come Hook che ha fatto lo stxxxo fino al giorno prima con tutti (non parlo solo del fatto di aver rubato la moglie a Rumpel e di aver sottratto ad un bambino piccolo un gran punto di riferimento come solo una madre può essere, ma parlo anche di Ariel, ad esempio) e milita dalla parte degli eroi, solo perché sta con la biondina che….
NON ENTRO NEANCHE NEL MERITO! -___- (perché tra lei, i suoi genitori e Hook, non so chi impiccherei prima)  

Quindi ho scritto una fanfic lasciando aperta la porta a qualsiasi lettore su quello che Rumpel potrebbe aver scelto ^^.

Ho finito, ora per davvero! Anche voi avete finto la verdura? Bene! No… fermi, le uova no!!! Le uova no!!!

Ringrazio infine tutti quelli che stanno continuando a seguire questa raccolta. Chi in special modo recensisce e chi ha messo questa raccolta tra le ricordate/seguite/preferite. Siete tutti fantastici ^^.

A presto, con la nuova fanfic, spero…

Saja

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Capitolo 35
*** 23. Rosso ***


23. Rosso
 
“Unmei no akai ito ovvero la Leggenda del Filo Rosso del Destino.” 
è una credenza orientale che ha origine in un’antica storia cinese che poi si è ulteriormente e maggiormente diffusa anche in Giappone”.
 
 
Rumpel si sedette pesantemente sulla poltrona davanti al camino. Ripensò a quel giorno e all’incontro con quella che dicevano, fosse la più bella di tutti i reami: Snow. Quella ragazzina lo aveva cercato per dimenticare il suo grande amore. E lui aveva, come sempre, rigirato la cosa a suo vantaggio. Ma non era l’incontro con la bella principessa, né quello che aveva ottenuto, a lasciarlo così pensieroso, bensì un viso ed un nome che si erano fatti largo nella sua testa mentre parlava con la principessa mora.

Belle.

Un nome come tanti, ma che aveva ancora il potere di distruggerlo. L’amore era un arma non c’era che dire. Notti insonne e giorni bui si susseguivano per settimane da quando Regina gli aveva raccontato quella terribile verità, da quando la sua splendida luce, che lui, aveva avuto l’ardire di definire solo sua, si era spenta per sempre, così drammaticamente. E come se non bastasse, come se il viso sorridente della ragazza non fosse già una stilettata in pieno petto, c’erano i ricordi dei bei momenti che lei aveva saputo donargli. E proprio ad uno di questi Rumpel stava pesando.


Qualche mese prima…

Belle era seduta sulla poltrona davanti al camino intenta a leggere un libro, Rumpel, invece era comodamente appollaiato sul suo sgabello davanti all’arcolaio e filava. D’un tratto la ragazza represse un piccolo urlo e spalancò gli occhi. Il folletto le diede solo una rapida occhiata e sorridendo, scosse il capo, tornando a filare. Di sicuro, la ragazza, aveva letto qualcosa che aveva attirato particolarmente la sua attenzione, di fatti poco dopo parlò.

“Rumpelstiltskin, voi credete alle leggende?” chiese voltando il capo per averlo nella sua visuale.

“Tsk, penso che siano solo trappole per sciocchi, daerei” la schernì lui sapendo che direzione avrebbe preso la conversazione. L’altra si alzò e non raccogliendo quella tacita sfida verbale, si avvicinò all’arcolaio.

“Ma si dice che in ogni leggenda ci sia un fondo di verità”.

L’altro sorrise ma non alzò lo sguardo dalla ruota “ah si?” chiese “sapete cara, non vi conviene credere a tutto quello che leggete. Molte di quelle vostre ‘leggende’ sono frutto della fantasia di qualche povero scribacchino che sognava una vita migliore”.

Lei in risposta allungò la mano con il libro aperto, per permettergli di leggere anche a lui, oltre i raggi della ruota.

“Comunque sentite questa prima di giudicare. E’ la leggenda del filo rosso del destino. Secondo la tradizione, ogni persona porta, sin dalla nascita, un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega in modo indissolubile alla propria anima gemella. Il filo ha come caratteristica quello di essere lunghissimo, indistruttibile e invisibile e serve a tenere unite due persone destinate prima o poi ad incontrarsi e a stare insieme per sempre.

Può succedere che per la sua lunghezza, il filo possa aggrovigliarsi e quindi creare non poche difficoltà ai due innamorati prima che possano ricongiungersi l’uno all’altra ma è certo che qualsiasi sia l’ostacolo saranno sempre uniti e legati nel cuore e nell’anima”. Ci furono parecchi secondi di silenzio, dove il cuore di Belle palpitava a idee così romantiche, mentre Rumpel serrava la mascella. Quante sciocchezze! Anima gemella, persone destinate ad incontrarsi e stare insieme per sempre! Come se bastasse un filo a legarle insieme! Ci aveva provato lui, ma aveva costatato che non era servito né un anello, né un giuramento di amore eterno, né un figlio per legare una donna ad un uomo. Cosa poteva fare, quindi, un filo?

“Qui continua dicendo che la leggenda nasce dalla storia di un certo Wei, che rimasto orfano in giovane età di entrambi i genitori, partì alla ricerca della sua futura sposa, ma nel suo girovagare incontrò il dio dei matrimoni che aveva un sacco pieno di fili rossi del destino e gli preannunciò che di lì a un paio d’anni avrebbe incontrato la sua anima gemella perché il suo filo era legato ad una ragazza, che, ancora bambina, era ancora troppo giovane per sposarsi. Wei non gli credette e disse ad un suo servo di cercare quella bambina e di ucciderla. In barba al destino e al dio dei matrimoni. Il servo la trovò, ma non uccise la bambina, la ferì solo alla testa e quando, di lì a qualche anno i due si conobbero e si sposarono, Wei chiese alla moglie come mai portasse una benda in testa e lei gli confessò che qualcuno aveva cercato di ucciderla ancora bambina. Wei in lacrime le chiese scusa perché era stato lui ad ordinare di ucciderla e le raccontò la storia. La moglie allora lo perdonò ed entrambi vissero felici e contenti”. Belle rialzò gli occhi dal libro e sorrise a Rumpel che la guardava glaciale.

“E voi credete davvero che quando lui ha confessato di aver tentato di ucciderla, lei lo abbia perdonato realmente?” chiese.

“Se c’è l’amore, ogni cosa può essere perdonata” confermò lei, mentre lui proruppe in una risata isterica, a lungo trattenuta. Amore… che razza di parola.

“Daerei, vi spiego io come è andata realmente la vostra leggenda. Lui ha tentato di ucciderla e quando lei lo è venuto a sapere è scappata con il primo che gli è capitato sotto tiro. La leggenda è la storia di quello che questo Wei avrebbe voluto fosse successo e non di quello che è successo realmente”.

Belle rabbrividì un poco sia per le parole del folletto, perché aveva distrutto una così bella storia in pochi secondi, ma in special modo notando i suoi occhi. Poche volte Rumpel le aveva fatto davvero paura e questa era una di quelle. “Ok, sarà come dite voi” proruppe infine sospirando “quando si tratta di farvi cambiare idea, non c’è nulla da fare”.

“Esattamente” tornò a sorridere lui, notando l’incrinazione che aveva assunto la voce della ragazza. Non sapeva perché, ma vedere la delusione negli occhi di lei, perché lui stesso le aveva smontato la sua adorata storia, lo infastidiva un pò.

“Facciamo così allora!” proruppe Belle dopo averci pensato un po’ su e tornando a sorridergli a sua volta. “Voi sapete usare la magia, no? Fate apparire quindi il filo rosso legato al mio mignolo, vediamo a chi porta. Se non porta a nessuno e non esiste nessun filo rosso, avrete ragione voi, in caso contrario, dovrete ammettere che la ragione l’ho io”.

“E sentiamo” parlò Rumpel alzandosi questa volta dallo sgabello. “Cosa succederebbe se nel caso questo ‘fantomatico’ filo rosso dovesse apparire? Cosa fareste voi” e le puntò il dito indice in viso “se la leggenda fosse vera e vi dovessi mostrare l’uomo destinato a voi?” chiese cercando di sopprimere il ringhio di rabbia che gli veniva dal petto.

“Che intendete?” chiese Belle corrucciando le sopracciglia.

“Sapete che avete promesso di rimanere qui per sempre. Se vi dovessi mostrare il vostro uomo, troverete il modo per raggiungerlo o di mettervi in contatto con lui, cerchereste un modo per rompere il nostro patto e andarvene”.

Belle ci pensò un po’ su e poi sbottò. “Oh non credo che il problema si ponga. Primo perché vi ho dato la mia parola e secondo, come voi stesso dite, la leggenda è solo una trappola per schiocchi. O avete già cambiato idea?”.

“No, no. Certo che no” sibillò lui. “Vorrei solo essere sicuro che ogni mio accordo venga mantenuto da entrambe le parti”.

“Sentite, se questa cosa della leggenda vi crea un così grande problema non ne parliamo più ok?”.

“è la prima cosa sensata che avete detto questa sera, daerei. Andate a dormire, piuttosto! I lavori non si fanno di certo da soli. E non mi serve a nulla una domestica che dorme fino a tardi”.

“Bene” rispose lei alzando il mento, come a fargli capire che era rimasta delusa dal suo comportamento. “Buona notte Rumpelstiltskin e sogni d’oro”.

“Oh di certo i miei li saranno, daerei. Buona notte a voi piuttosto, ah! E non perdete la testa per simili fantasticherie”. L’altra lo guardò al di sopra della spalla, mentre aveva già raggiunto la porta, ma non gli rispose.

Rimasto solo Rumpel sorrise. “Tsk, fili rossi, destino. A quante stupidate la gente crede!”. Ma un pensiero si era fatto strada in lui. Se tutto quello non fosse davvero solo una finzione? Se Belle avesse davvero avuto un ‘uomo del destino’ a cui era attaccato il suo filo? E se quest’uomo fosse venuto un giorno a liberare la sua bella?
Mosse, più per curiosità, che altro, le mani, ma non accadde nulla. Aspettò qualche attimo. Ma nulla. “Visto daerei?” chiese come se Belle lo potesse ancora sentire dalla sua piccola cella nelle segrete “non esiste nessun filo rosso del destino”.

Si risedette tranquillo e tornò a filare. Ad un tratto però qualcosa attrasse la sua attenzione. Un filo di paglia si era andato ad aggrovigliare alla sua mano sinistra, in special modo al mignolo. Con un gesto cercò di allontanarlo, ma colpì solo l’aria. Rumpel rimase basito per un secondo. Ricontrollò la mano ma il filo era ancora lì e lungo, toccava il pavimento per poi oltrepassare la porta. Il folletto guardò meglio la mano e con stupore notò che quel filo era diverso sia dalla paglia, che dall’oro che stava filando. Era come se quel filo fosse… rosso! Si alzò in piedi ancora incredulo ed iniziò a seguirlo. Come poteva il filo, essere apparso a lui, se aveva evocato il filo di Belle? Seguì il filo fino alle segrete del castello. Esso passava sotto ad una porta, Rumpel con un movimento della mano la spalancò. Su una brandina dormiva Belle beata. La mano sinistra di fianco al viso, sul cuscino che lui stesso le aveva regalato per ‘sopprimere i singhiozzi’. E lì allacciato al mignolo di Belle stava, la fine del filo di Rumpel.

“Non è possbile…” disse il folletto, lo sguardo spalancato e la voce strozzata. No, non poteva essere vero! In mezzo al filo vi erano dei nodi, uno di questi si strinse un po’ di più attirando l’attenzione di Rumpel che cercò di raccoglierlo senza risultato.

Impaurito da tutto quello, mosse la mano per eliminare ogni prova che lo conducesse al filo e uscì di corsa dalla stanza della ragazza. “è solo una sciocca leggenda” continuava a ripetersi dopo essere tornato nella sala dell’arcolaio e facendo avanti ed indietro lungo il perimetro del camino. Come poteva una leggenda essere vera? No, no e poi no! Ripensò a Belle, a quello che aveva iniziato a provare per quella ragazza, al filo, al suo sorriso, a come si sentiva quando stava con lei, ai suoi occhi, alla sua figura ed alla sua bocca…. Basta! Doveva trovare un modo per allontanarsi da lei.

“L’amore è solo un’arma, Rumpelstiltskin” sentiva la sua coscienza sussurrargli. Basta! Avrebbe trovato il modo di farla andare in città nei giorni a venire e lei, ignara di tutto sarebbe scappata da lui, per sempre.

Qualche giorno dopo Regina apparve con la sua triste verità.
 

Rumpel tornò alla realtà e chiuse gli occhi, serrando le labbra. Se quel Wei aveva ‘quasi’ ucciso la donna a cui era legato il suo filo, per Rumpel era diverso; lui ad ucciderla c’era riuscito davvero.

Si alzò dalla poltrona e si diresse all’arcolaio. Vedere la ruota girare lo avrebbe aiutato a dimenticare. Ci sarebbe riuscito, davvero.

Rumpelstiltskin, voi credete alle leggende?” Belle…

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