Digimon Adventure 00

di eleCorti
(/viewuser.php?uid=843387)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo mondo ***
Capitolo 2: *** La digievoluzione ***
Capitolo 3: *** Le prime spiegazioni ***
Capitolo 4: *** L'incontro con Leomon ***
Capitolo 5: *** IceDevimon, l'angelo decaduto ***
Capitolo 6: *** Il digivice ***
Capitolo 7: *** Angemon, l'angelo delle forze del bene ***
Capitolo 8: *** Verso Sarba ***
Capitolo 9: *** Le digipietre ***
Capitolo 10: *** LadyDevimon, il nuovo nemico ***
Capitolo 11: *** L'addestramento con Piximon ***
Capitolo 12: *** Angewomon, l'angelo della luce ***
Capitolo 13: *** Finalmente ci conosciamo Gennai ***
Capitolo 14: *** Il tradimento ***
Capitolo 15: *** Magic ***
Capitolo 16: *** Lo scontro finale ***
Capitolo 17: *** The Curse ***



Capitolo 1
*** Un nuovo mondo ***


Uno strano essere simile a un centauro vagava tra le mura di un castello, aveva un aria preoccupata, come se fosse appena successo qualcosa di molto grave.
Scese le lunghe scale che conducevano alle segrete, giungendo davanti a un’immensa porta, la aprì e vide che all’interno vi era un uomo da una lunga coda castana, che giaceva fermo davanti a una roccia.
“Gennai, l’esercito dell’oscuro è qui fuori, sta cercando di entrare, dubito che resisteremo ancora per molto” disse lo strano essere.
L’uomo si girò, anche lui era molto preoccupato.
“Tutto è pronto, non ci resta che portarli qui!” esclamò semplicemente.
“Dove si trovano?” chiese il centauro.
“In una città, che si trova in America, precisamente in California, si chiama Los Angeles” rispose l’uomo.
“Quanti sono?” domandò ancora.
“Quattro, e si chiamano Samantha, Rebecca, Timmy e Tommy” replicò Gennai.
“Centarumon sta attento, lì troverai, tre a Beverly Hills e una a South Los Angeles” esclamò il saggio.
“Sì mio signore, sarò di ritorno presto!” gridò il digimon, mentre attraversava l’immensa porta che era proprio di fronte a loro.
Fu circondato da una luce bianca e, quando finalmente essa si dileguò, si trovò in uno strano luogo, circondato da strane costruzioni, con del verde attorno, era a LA, precisamente nel quartiere di Beverly Hills.
Prese in mano quattro  piccoli oggetti, di colore grigio molto strani, aprì il palmo della mano, permettendo ai suddetti oggetti di librarsi in aria ed andare verso un qualcosa.
Uno si fermò su una ragazzina dai capelli a caschetto e castani, vestita con dei jeans a vita alta e una maglietta bianca a maniche corte. La ragazzina, curiosa, prese l’oggetto, che magicamente si era fermato proprio sopra di lei, e lo osservò basita.
Un altro si fermò su un ragazzino sempre dai capelli castani e con degli occhiali da vista, aveva pure lui i jeans a vita alta e una maglietta verde a maniche corte. Il ragazzo seguì con lo sguardo quella luce e, quando si fermò davanti a lui, riuscì a prendere l’oggetto con difficoltà.
Il terzo si fermò davanti a un bambino dai capelli biondi, con addosso dei pantaloncini bianchi e una maglietta gialla. Il bimbo prese l’oggetto al volo, era molto curioso di sapere cosa fosse, addirittura l’aveva scambiato per un insetto.
Infine l’ultimo oggetto volò per kilometri, fino a raggiungere un’altra zona della città, South Los Angeles, fermandosi davanti ad una ragazza dai capelli castano chiaro, che indossava degli shorts e una maglietta rossa larga. La ragazza, dapprima titubante, prese, incuriosita, l’oggetto.
Contemporaneamente i quattro americani furono inghiottiti da una strana luce, simile all’aurora boreale, si librarono in aria per poi ricadere giù.
Anche Centarumon si buttò in quella luce, con il sorriso dipinto sulle labbra, le sorti del suo mondo, grazie a quei ragazzini sarebbero cambiate.
Appena giunse nella sua terra natia, si mise in contatto con Gennai, annunciandogli che i quattro erano appena giunti su un’isola, di nome File, la loro missione, per tanto, era appena iniziata.
La prima ad aprire gli occhi fu la ragazza dai capelli castani chiari, subito si rese conto che non era a LA, ma in una strana foresta subtropicale, si guardò intorno spaesata e subito fu aggredita da qualcosa.
Urlò, scaraventando lo strano essere che le era saltato addosso.
“Ciao io sono Iokomon, ti stavo aspettando Samantha” esordì il piccolo essere con sopra la testa delle foglie blu in testa.
La ragazza la guardò stupita, che cosa intenda dire?
“Come aspettavi me?” domandò, presasi di coraggio.
Il mostriciattolo non poté rispondere, perché si sentì un urlo, subito Samantha si mise a correre, fino a quando raggiunse una ragazzina dai capelli castani, che doveva essere più piccola di lei.
La ragazzina era seduta per terra che fissava qualcosa spaventata, Samantha spostò lo sguardo, e vide una palla gialla con una lunga coda e delle orecchie da gatto.
“Serve aiuto?” domandò correndo verso la castana.
La ragazza si girò e il suo sguardo mutò, era contenta di vedere un’umana come lei.
“Sì grazie, per fortuna non sono sola in questa foresta!” esclamò, afferrando la mano che la sua nuova conoscenza le aveva teso.
“Piacere io sono Samantha” disse la ragazza più grande.
“Piacere io sono Rebecca” rispose la castana.
“E tu chi sei?” si rivolse al mostriciattolo.
“Io sono Nyaramon, e aspettavo Rebecca” rispose sorridendo il piccolo essere.
“Scusate ma voi cosa siete?” chiese Rebecca.
“Noi siamo mostri digitali, ma chiamateci Digimon!” replicarono all’unisono i due digimon.
A un certo punto sentirono delle urla e videro due ragazzini che stavano avanzando verso di loro, correndo a più non posso, dietro di loro vi era un insetto gigante rosso con delle lunghe forbici ai lati della bocca.
Corsero tutti e quattro, non appena videro il mostro, raggiungendo i due maschietti.
“E voi chi siete?” domandò Samantha, correndo.
“Io sono Timmy, lui è Tommy, loro sono Koromon e Tokomon” rispose il castano.
“Presto nascondiamoci qui!” gridò una strana palla rosa dalle lunghe orecchie, indicando un albero, in cui sparì poco dopo.
“Chi era quel mostro?” chiese Timmy.
“Era Kuwagamon, un altro digimon” rispose Koromon.
“Chissà se è andato via!” esclamò Tommy.
Timmy, quindi, uscì e, una volta ispezionato il luogo, tornò dentro per dare il via libera agl’altri.
Una volta fuori, s'iniziò con le presentazioni.
“Io sono Samantha e ho quattordici anni” si presentò la castana chiara.
“Io sono Rebecca e ne ho dodici, lui è Timmy ed anche lui ha la mia stessa età” proseguì la castana.
“Infine io sono Tommy ed ho undici anni!” esclamò il più piccolo.
“Quindi voi siete Digimon, ma sapete dirci dove siamo? Non sembra la California questo posto!” chiese la più grande.
“Siete sull’isola di File, a Digiworld” rispose Iokomon.
“Digiworld? E che cos’è?” domandò il castano.
“Un mondo digitale, popolato da mostri digitali!” rispose Koromon.
“E non ci sono umani qui?” chiese la dodicenne.
“Umani? Cioè esseri come voi?” chiese Nyaramon.
Rebecca annuì.
“No, mi dispiace, ma qui non ci sono umani” replicò il digimon giallo.
I ragazzi abbassarono la testa tristi, in che luogo erano finiti? Sarebbero mai tornati a casa? Qualcuno sarebbe mai venuto a cercarli?
Subito, però, rialzarono il capo, il mostro di prima era ritornato, più arrabbiato che mai, corsero a più non posso, volevano seminarlo, ma purtroppo, l’essere digitale era più veloce di loro.
Arrivarono a un vicolo cieco, davanti a loro c’era una lunga parete di roccia, erano spacciati, il mostro stava per attaccarli, ma i loro nuovi amici si misero davanti a loro a proteggerli.
Una luce bianca li invase e cambiarono forma, Koromon divenne un piccolo dinosauro arancione, Iokomon un uccello rosa, Nyaramon una specie di cane marrone, dalle lunghe orecchie, Tokomon, un maialino arancione che aveva delle ali al posto delle orecchie.
I quattro nuovi mostri digitali non persero tempo, attaccando il loro nemico, il dinosauro lanciò una piccola palla di fuoco, l’uccello del fuoco verde, il maialino dell’aria compressa, infine il cagnolino lo colpì con le zampe posteriori.
Il mostro digitale fu colpito in pieno dai colpi dei suoi avversari, ma purtroppo non gli causarono nessun dolore, ma i quattro digimon non demorsero, lanciando ancora i loro attacchi.
Kuwagamon fu colpito e fu spedito tra gli alberi, stordito, si ritirò, i piccoli mostri digitali tornarono dai loro amici.
“Bravissimi!” esclamò Tommy.
“Sì, ma cosa vi è successo?” chiese Samantha.
“Ci siamo evoluti” rispose l’uccello rosa.
“Così in fretta?” chiese Rebecca, sapeva che l’evoluzione era un lungo processo millenario.
“Sì noi ci siamo evoluti grazie a voi!” esclamò il cagnolino.
“Come grazie a noi? Che intendi dire Nyaramon?” domandò la dodicenne stupita.
“Che se non fossi arrivata tu, sarei rimasta al primo stadio, e comunque ora sono Salamon!” replicò il mostro digitale.
“Quindi anche voi avete cambiato nome?” chiese Tommy.
“Sì io sono Patamon!” rispose il suo digimon.
“Io Byomon” esclamò l’uccello rosa.
“Infine io sono Agumon!”si presentò il dinosauro.
“Bene io direi di andarcene da qui e di trovare un rifugio per la notte” propose Timmy.
“Io voglio tornare a casa! Ci sarà un modo!” si lamentò la quattordicenne.
“Non lo so, intanto cerchiamo un posto sicuro, dove altri mostri non ci attacchino!” rispose il castano, in un modo non troppo gentile.
Samantha sbuffò, perché si era ritrovata con dei ragazzini, per giunta ricchi e figli di papà? Si domandò, voleva solo tornare a casa.
S’incamminarono nella foresta, fino a quando giunsero in una grotta, decisero di passare lì la notte, sperando che l’indomani avrebbero trovato un modo per tornare a casa.
Ancora non sapevo che la loro permanenza in quello strano mondo sarebbe stata piuttosto lunga.
  
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La digievoluzione ***


Il mattino seguente i quattro ragazzi e i rispettivi digimon si svegliarono molto presto, a causa di uno strano rumore molto forte che li aveva agitati parecchio.
Uscirono subito dalla caverna e si ritrovarono di fronte un enorme dinosauro grigio che camminava a quattro zampe.
“Aiuto un mostro!” gridò Tommy.
“Non è un mostro è Monochromon, un digimon buono e mansueto” rispose il suo amico digitale.
“Andiamo via di qui!” propose la più grande.
Tutti annuirono, così, più in fretta che poterono, lasciarono la caverna, inoltrandosi nella foresta.
Quella foresta era davvero insolita, innanzitutto le piante che la popolavano non le avevano mai viste a LA né in qualsiasi altro luogo in cui erano stati; non vi era nessun animale che loro conoscevano, come per esempio scimmie, serpenti, orsi, ma solo mostri di qualunque genere e tipo, chiamati, appunto, Digimon; infine, cosa più importante, non vi era nessun essere umano come loro.
Durante il loro lungo cammino incontrarono varie stranezze, come per esempio, dei distributori automatici, contenti si fermarono, inserirono le monete e premettero il bottoncino, ma dal macchinario non uscì nessuna bibita, ma degli strani esseri verde acido che lanciavano escrementi.
Subito si misero a correre.
“Ma chi sono?” domandò Rebecca, mentre correva a perdifiato.
“Quelli sono i numemon, sono dei digimon molto sporchi che vivivono al buio” rispose Salamon.
Continuarono a correre fino a quando giunsero in una spiaggia, lì i numemon smisero di inseguirli, e il gruppo poté fermarsi a riposarsi.
Subito, però, notarono qualcosa di molto insolito, in mezzo alla spiaggia, vi erano delle cabine telefoniche, che fosse un miraggio? Si chiesero tutti.
No, non poteva essere, perché i miraggi non hanno ombre, mentre quelle cabine l’hanno.
Col sorriso sulle labbra corsero verso le cabine, vi entrarono e chiamarono ognuno la propria famiglia. Niente, i telefoni non funzionavano.
“Chissà cosa ci fanno delle cabine telefoniche qui?” domandò Timmy.
“Non lo so, è molto strano, se ci sono delle cabine telefoniche, allora ci deve essere qualche umano per forza!” ipotizzò la dodicenne.
“Hai ragione Rebecca, io direi di seguire i fili delle suddette cabine, e vedere dove ci portano” propose la più grande.
“Ma io ho fame!” si lamentò Tommy.
“Tutti abbiamo fame!” lo asserì il castano.
“Bene, io proporrei di fermarci e mangiare qualcosa, poi ci possiamo rimettere in marcia!” disse la castana.
Tutti annuirono, così si sedettero tutti in cerchio, mentre i Digimon andavano a cercare qualcosa di commestibile, poiché i quattro non avevano con sé del cibo.
I quattro piccoli mostri digitali ritornarono presto e con loro avevano molta frutta e delle piante, ovviamente non erano quelle della Terra.
Poggiarono il loro pranzo al centro del cerchio, i ragazzi fissarono quegli alimenti così strani, poi la castana più chiara, si buttò, assaggiando un frutto dalla forma rotonda, simile ad una pesca.
“Ma come fai a mangiarlo?” domandò la dodicenne, con un tono schifato.
“Sì chiama spirito d’adattamento!” replicò la più grande, lei ne sapeva qualcosa, poiché la sua famiglia era alquanto povera.
“Io non lo mangio!” insistette la castana, anche i due maschietti erano d’accordo con lei.
“Bene, vuol dire che morirete di fame!” esclamò la quattordicenne.
Al solo sentire quell’affermazione, Timmy e Tommy, cambiarono idea, avventandosi, anche loro, sul mangiare, mentre Rebecca rimase sulla sua idea.
Presto, anche lei la cambiò, sentiva, difatti, i morsi della fame, così, senza indugi, addentò un frutto giallo, simile ad una banana.
Dopo essersi rifocillati, proseguirono il loro cammino, addentrandosi di nuovo nella foresta, seguendo i fili delle cabine telefoniche.
Ormai camminavano da un pezzo, erano stanchi e senza energie, avevano bisogno di mangiare qualcosa, pertanto si fermarono per cercare dell’altra frutta.
La trovarono, si sedettero su dei massi e iniziarono a cibarsi, non erano un gran che come sapore, ma quando la fame chiama, si mangerebbe di tutto!
Non ebbero manco il tempo di finire di mangiare, che sentirono uno strano rumore, molto assordante, subito videro un qualcosa che veniva contro di loro, si buttarono per terra,onde evitare di essere colpiti.
Quando si rialzarono, videro una specie di ape con un pungiglione molto grande.
“Quello è Flymon!” esclamò Agumon.
I quattro mostri digitali si misero a difesa dei loro partner, attaccando l’essere volante.
Purtroppo solo un Digimon riusciva a tenere testa all’insetto, Byomon, gli altri, senza energia, erano stati scaraventati al suolo.
Samantha si prese di coraggio, prese dei sassi e li lanciò addosso al Digimon.
“Non mi fai paura mostro!” urlò, spavalda.
Il Digimon le scagliò il suo pungiglione letale, la castana mise le mani davanti, a mo’ di protezione, ma l’attacco non la colpì, un grande uccello rosso l’aveva protetta.
Byomon, infatti, vedendo la sua amica in pericolo, era stata avvolta in una luce bianca, cambiando forma.
“E tu chi sei?” domandò spaventata.
“Sono Birdramon, la digievoluzione di Byomon” rispose l’uccello.
Poi si concentrò sul suo nemico, colpendolo con il suo attacco, il colpo d’ali fiammanti, il mostro, però, lo evitò, tirando il suo pungiglione, che l’essere alato schivò, riprovando con il suo attacco.
Colpì l’insetto che, sconfitto, si ritirò, Birdramon ritornò a essere Byomon, ed atterrò di fronte alla quattordicenne.
“Wow, sei stata formidabile! Ma come hai fatto?” domandò stupita e curiosa di sapere.
“Non lo so, so solo che eri in pericolo e che ti dovevo aiutare” rispose l’uccello rosa.
Il gruppo decise di lasciare quella zona, per evitare altre spiacevoli sorprese, camminarono a lungo, fino a sera, quando arrivarono in riva ad un lago, lì decisero di fermarsi e mangiare.
Si divisero in gruppi: le ragazze andarono a cercare della legna, i ragazzi si misero a pescare. Quella sera mangiarono pesce arrostito, grazie al fuoco accesso da Agumon.
In mezzo al lago c’era un isolotto, al quale si poteva accedere attraverso una striscia di terra, in mezzo al suddetto isolotto vi era un tram.
Gli otto amici vi entrarono per vedere se c’era qualcuno, ma niente, il tram era vuoto, non si poteva nemmeno guidare, mancavano le rotaie.
Lì decisero di riposarsi, e forse, passare la notte, era un luogo caldo e sicuro.
“Secondo voi ci sarà una città?” domandò Timmy.
“Non lo so, spero di sì, ho bisogno di una doccia!” si lamentò la sua coetanea.
“Io invece vorrei dell’ottimo cibo!” protestò il biondino.
“Smettetela di lamentarvi! E ringraziate il cielo che siete vivi!” li rimproverò la più grande.
Già non li sopportava più, non vedeva l’ora di andare a casa e non vedere più quei bambini viziati e capricciosi.
“Ci penseremo domani! Ora andiamo a dormire!” esclamò il castano.
Quella notte la passarono lì, sui sedili del tram, per fortuna erano comodi, e non ebbero spiacevoli sorprese.
Il mattino dopo si misero in marcia, dopo aver fatto colazione, sempre con la frutta trovata nel bosco, non sapevano che presto avrebbero scoperto alcune cose molto importanti sul loro destino.   

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Le prime spiegazioni ***


Dopo circa mezza giornata di cammino, i quattro americani e i loro amici digitali giunsero in una strana costruzione, sembrava una fabbrica.
Subito i loro volti s’illuminarono, se c’era una fabbrica, voleva dire che all’interno vi erano degli umani come loro, per cui, senza indugi, corsero in direzione della costruzione.
Purtroppo, però, non era come loro pensassero, infatti, una volta all’interno, non trovarono nessuno, quindi decisero di dividersi per ispezionare il luogo, Timmy e Samantha andarono a destra, Rebecca e Tommy a sinistra.
La castana e il biondino finirono in una strana stanza, dove erano smontati e rimontati strani oggetti, cosa molto insolita per una fabbrica, il biondino poi si ritrovò di fronte ad una strana porta, simile a una batteria, l’aprì e decise di entrare.
Era una stanza tonda, in cui sulle pareti vi erano delle strane scritte, Tommy ne cancellò una e la luce saltò, quelle scritte erano molto strane, forse erano loro a far funzionare la fabbrica, si disse.
Con un pennarello, che aveva notato per terra, ridisegnò la parte che aveva cancellato, la luce ritornò.
Uscì insieme a Patamon da quella misteriosa stanza, incontrando Rebecca e Salamon.
“Non sai cosa ho scoperto!” esclamò, entusiasta.
“Cosa?” domandò, curiosa, la dodicenne.
“Che questa fabbrica è governata da un programma per computer!” replicò.
Rebecca strabuzzò gli occhi, che cosa intendeva dire il suo amico? Non esistono fabbriche del genere? Dove diamine erano finiti? Si domandò.
Sentirono delle urla, si girarono e videro i loro amici che correvano inseguiti da una specie di robot, anche i due, perciò, si misero a correre.
Arrivarono in un vicolo cieco, Byomon digievolse, diventando Birdramon, affrontando, così, il mostro, purtroppo, era troppo forte per lei.
Il Digimon robotico, si concentrò sui quattro, avventandosi su Timmy, Agumon si mise in sua difesa, ed anche lui fu avvolto da una strana luce bianca, mutando di forma, diventando un dinosauro gigante di colore arancione con delle strisce blu.
“Bravo Agumon! Anche tu sei digievoluto!” si complimentò il suo partner.
“Ora sono Greymon” lo corresse il dinosauro.
Poi si concentrò sul suo nemico meccanico.
Nel frattempo Birdramon si era rialzata, mettendosi davanti al mostro, che era circondato da entrambi i lati e non aveva via di fuga.
Greymon lo attaccò con la sua mega meteora, mentre Birdramon con il suo colpo d’ali fiammanti, l’impatto, causò una piccola esplosione.
Quando il fumo si dileguò, il digimon era in ginocchio e sembrava che si stesse liberando di qualcosa, infatti, dal suo corpo uscì una spaventosa ombra nera che si dissolse.
Il mostro digitale si rialzò e si avvicinò ai quattro ragazzi.
“Grazie per avermi liberato dalla mia prigionia” disse.
“Prego, ma tu chi sei?” chiese la più grande.
“Io sono Andromon, il Digimon guardiano di questa fabbrica” rispose il robot.
“Tu sai dirci perché siamo qui?” domandò Rebecca.
“No, so solo che Digiworld aspetta qualcuno da un altro mondo che la salvi dall’oscurità” rispose il mostro digitale.
“Vuoi dire quella cosa che è uscita da te?” domandò l’occhialuto.
“Sì, quella è l’oscurità che si è impadronita del nostro mondo, rendendo feroci anche i Digimon più tranquilli” spiegò l’essere digitale.
“Ci sono altri umani qui?” chiese Samantha.
“No, voi siete i primi che vedo” replicò Andromon.
“Sai se qualcuno può darci delle spiegazioni?” chiese il castano.
“Potete andare dal Guardiano Centarumon, la sua casa non dista molto, all’incirca mezza giornata di cammino” replicò il Digimon meccanico.
Così i quattro ragazzi e i loro digimon salutarono Andromon, e s’incamminarono di nuovo, verso la casa di questo Centarumon, ovviamente il Digimon meccanico aveva dato loro una mappa da seguire, in modo tale da non perdersi.
Intanto in un luogo molto remoto, lontano dall’isola di File, in un castello, vi era un uomo, se così si può definire, di una carnagione scura, dalla lunga coda nera, che osservava una sfera, nella quale vi erano quattro ragazzini che camminavano lungo una foresta.
“E così Gennai è riuscito nel suo intento, i bambini prescelti sono giunti sull’isola di File” disse.
Poi si alzò furibondo, sbattendo i pugni sulla poltrona in cui era seduto.
“Perché nessuno mi ha avvisato?” domandò al suo servitore, un piccolo Digimon a forma di palla, metà nero e grigio, con delle piccole ali.
“Mio signore, nessuno mi ha informato” si giustifico il mostriciattolo.
“Chiamami il Digimon responsabile dell’isola, Demidevimon!” ordinò il misterioso uomo.
“Sì, mio signore!” rispose prontamente, per poi sparire via.
Poco dopo, nella stanza entrò un misterioso mostro digitale, avvolto dall’oscurità, s’inginocchiò davanti al suo padrone.
“Perché non mi hai avvisato dell’arrivo dei bambini prescelti?” domandò l’uomo, con apparente calma.
“Mio signore, nessuno mi ha avvisato” rispose il mostro.
“Provvederò subito all’errore, gli manderò contro qualcuno” aggiunse poi.
“Molto bene, in questo momento si stanno dirigendo verso la casa di Centarumon” lo avvertì l’uomo.
“Ora sparisci!” aggiunse poi.
Il Digimon senza alcuna parola sparì.
Intanto i quattro ragazzi erano appena giunti davanti a una strana costruzione simile a un tempio maya, vi entrarono e incominciarono ad ispezionare il luogo.
“Finalmente c’incontriamo bambini prescelti” esordì uno strano essere simile ad un centauro che era sceso da un altare.
“Tu sei Centauromon?” domandò Samantha.
“Sì, è un grande onore per me incontrarvi” disse, inchinandosi.
“Perché t’inchini?” chiese la dodicenne.
“Perché voi siete i bambini prescelti, coloro che sono stati designati per sconfiggere l’oscurità di questo mondo” spiegò il mostro digitale.
I quattro si guardarono sbalorditi, non ci capivano niente.
“Quindi dopo che sconfiggeremo l’oscurità, possiamo tornare a casa?” domandò la quattordicenne, dopo un’interminabile silenzio.
“Sì” replicò Centauromon.
“Finalmente vi ho trovato bambini prescelti!” esclamò una voce.
Il gruppo si girò, davanti a loro vi era un Digimon verde, con una clava in mano.
“Ogremon! Che ci fai qua?” domandò il Digimon, mettendosi in posizione d’attacco.
“Mi manda il mio padrone, il mio compito è uccidere i bambini prescelti” rispose il mostro.
Poi lanciò il suo colpo, il pugno imperiale, Centaurumon lo evitò, scagliando il suo colpo, il Raggio Solare, che colpì in pieno Ogremon, causando la sua ritirata.
“Non finisce qui, ci rivedremo presto!” ringhiò prima di sparire.
I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo, anche stavolta l’avevano scampata.
“Chi era quello?” domandò la castana più grande, preoccupata.
“Quello era Ogremon, un Digimon al servizio di IceDevimon, colui che governa quest’isola” rispose il centauro.
“E perché ce l’ha con noi?” chiese il biondino.
“Perché siete un ostacolo per lui” spiegò il Digimon.
“Io direi di passare la notte qui!” propose Timmy.
Gli altri annuirono, così passarono la notte con Centauromon, non sapendo che avrebbero avuto a che fare con Ogremon altre volte e non solo con lui.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'incontro con Leomon ***


In un luogo freddo e circondato da ghiacciai, si sentivano delle urla assordanti, in un palazzo, fatto interamente di ghiaccio, vi erano due figure, una era in ginocchio, come se si stesse prostrando davanti al suo padrone, l’altro era seduto su un trono, sempre di ghiaccio.
“Come hai potuto farteli scappare!” tuonò il Digimon seduto, sembrava un angelo, ma il suo corpo era ricoperto di ghiaccio.
“Mio signore li avevo in pugno, è stata colpa di Centauromon” si giustificò il mostro verde, con una clava in mano.
“Sei un buon a nulla!” gridò l’angelo, poi con i suoi artigli colpì il suo servo, provocandogli una ferita al petto.
Si accasciò per terra, perdeva sangue, che usciva, copioso, dalla ferita, strinse i denti dal dolore.
“Fallisci ancora, e la prossima volta non mi fermerò!” lo ammonì il Digimon.
“Sì, mio signore” rispose il mostro.
Poi si ritirò, tenendosi la mano sul petto, per evitare di far fuoriuscire il sangue.
Il Sole era appena sorto, illuminando il tempio, dove si erano riposati i prescelti, avevano deciso di alzarsi di buon’ora e di andare in un altro luogo, per evitare che Ogremon ritornasse.
Così salutarono il loro nuovo amico, ringraziandolo per l’ospitalità, e il centauro disse loro che presto si sarebbero rivisti.
Avanzarono nella foresta, fino a giungere in un deserto, lì vi trovarono un villaggio di Iokomon, che li ospitarono a pranzo, mangiarono degli strani semi, da un sapore amaro, stavolta, però i due più piccoli non fecero i capricci, e mangiarono ciò che li era stato offerto con gentilezza.
Dopo un poco di riposo si rimisero in cammino, giunsero in una strana città, fatta interamente di giocattoli, il cui sindaco era un orsacchiotto gigante giallo, Monzaemon si chiamava.
Però questo Digimon, all’apparenza molto dolce, era strano, non appena li vide, li attaccò, subito Agumon e Byomon digievolsero rispettivamente Birdramon e Greymon, ma l’orso si dimostrò più forte, li spedì al suolo.
Si concentrò su Rebecca, voleva colpirla, Salamon si pose in sua difesa, anche lei fu avvolta da una misteriosa luce bianca, mutando di aspetto, diventò un gatto bianco, però, a differenza dei gatti normali, stava su due zampe.
Attaccò il mostro con il suo colpo, il pugno felino, colpendolo in faccia e facendogli perdere l’equilibrio, perciò cadde al suolo, ma ancora non era stato battuto.
Birdramon e Greymon si erano rialzati, e, insieme al nuovo Digimon, Gatomon, attaccarono Monzaemon, colpendolo in pieno.
Il sindaco della città cadde in ginocchio, urlando a più non posso, dal suo corpo uscì un alone nero, la famosa oscurità di cui parlava Centauromon, che si dissolse.
“Brava Salamon sei digievoluta pure tu, aspetta, ora come ti chiami?” domandò la dodicenne.
“Ora sono Gatomon!” rispose il Digimon felino.
Birdramon e Greymon regredirono di livello.
“Scusa Gatomon, perché tu non sei tornata a essere Salamon?” chiese Timmy, curioso.
“Ehm… ecco… non lo so, a dire la verità” rispose il Digimon.
“Grazie per avermi liberato” disse l’orso giallo, ripresosi.
“Prego, tu chi sei?” domandò la più grande.
“Io sono Monzaemon, e sono il sindaco della città dei balocchi” si presentò il mostro digitale.
Dopodiché si salutarono e i quattro amici ripresero il loro cammino, la loro intenzione era di scoprire se si trovassero davvero su un isola, se così fosse, allora erano nei guai, come sarebbero riusciti a tornare a LA? Cercarono di non pensarci non volevano cadere nello sconforto.
Nel frattempo in un castello, seduto su un trono, vi era un misterioso uomo che osservava in una sfera ogni movimento dei bambini prescelti.
E così erano riusciti a digievolvere, questo era un problema, doveva agire in fretta, prima che diventassero troppo forti perchè tengano testa al suo servo.
Un momento! Si disse, un Digimon ancora non era riuscito a compiere la digievoluzione; rise, aveva in mente un piano.
“Demidevimon! Chiamami subito IceDevimon!” ordinò al suo servo più vicino.
La piccola palla si mise subito all’opera, teletrasportò il digimon alato nel palazzo del suo padrone, conducendolo poi al suo cospetto.
“IceDevimon ho notato che i Digimon sanno già digievolvere a livello campione, tutti tranne uno” disse, guardando dall’alto verso il basso il suo servo, che si era inginocchiato.
“Ho capito, mi concentrerò su quel Digimon” rispose il digimon alato.
“Perfetto, e una volta eliminato il più debole, loro non potranno più fermarmi!” esclamò per poi ridere.
“Ora vai!” ordinò al suo schiavo.
Il mostro digitale sparì, già sapeva ciò che doveva fare.
Nel frattempo i bambini prescelti, erano giunti ai piedi di una montagna, decisero di scalarla, forse lì avrebbero trovato qualcosa.
Erano a metà strada, quando sentirono un rumore sinistro.
“Finalmente vi ho trovati!” esclamò una voce.
Si girarono e videro il mostro di ieri.
“Ogremon!” gridarono all’unisono.
“Stavolta non mi scapperete! Siete in trappola!” ringhiò.
Poi lanciò il suo colpo, ma non arrivò a destinazione, era stato fermato da qualcosa.
Il Digimon verde alzò lo sguardo, mentre i ragazzi si girarono, davanti a loro, vi era un mostro digitale, dall’aspetto leonino.
“Leomon!” esclamò Ogremon.
“Ogremon, vattene subito, questa è la mia zona!” gridò il Digimon.
“Mai!” urlò di rimando il mostro.
Poi lanciò il suo attacco, il pugno imperiale, Lemonon, allora scagliò il suo colpo, il pugno regale. I due colpi avevano la stessa potenza, così nessuno raggiunse il proprio destinatario.
Ogremon, però, ancora non si era ripreso del tutto, così non resistette molto, il colpo della sua nemesi lo raggiunse spedendolo al suolo, non ebbe il tempo di rialzarsi che fu teletrasportato via.
“Salve, immagino che voi siate i leggendari prescelti venuti da un altro mondo per salvarci, io sono Leomon” disse il Digimon.
“Ciao Leomon, io sono Timmy, lui è Tommy, loro sono Samantha e Rebecca” rispose il castano, indicando uno a uno, i suoi compagni di viaggio.
“Seguitemi, questa zona non è sicura, vi porto in un luogo sicuro” ordinò il mostro digitale.
E così i quattro lo seguirono, e li condusse in una casa, tutti si chiesero che cosa ci facesse una casa nel bel mezzo di una foresta, ma poco importava, non avrebbero più dormito all’aperto.
Nel frattempo Ogremon era stato teletrasportato nel palazzo del suo padrone IceDevimon.
“Come hai potuto fallire un’altra volta!” tuonò il Digimon volatile.
“Mio signore è stata colpa di Leomon, li avevo in pugno!” si giustificò il servo.
“Balle! Le tue sono solo scuse, avevi una sola possibilità e l’hai sprecata, sparisci!” gridò.
Poi con i suoi artigli squarciò il suo schiavo, riducendolo in mille pezzettini, che poi sparirono.
Iniziò a girare per la stanza, doveva fare qualcosa, non poteva deludere un’altra volta il suo padrone, che cosa poteva fare, chi poteva mandare?
Si sedette e si mise a pensare con più calma, si sa che la fretta è cattiva consigliera e poi ormai stava calando la notte, aveva tempo per pensare come uccidere i suoi piccoli nemici.
“Dormite pure, miei piccoli bambini prescelti, domani non vivrete abbastanza!” esclamò, poi rise.
Forse già aveva un piano in mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** IceDevimon, l'angelo decaduto ***


Era seduto sul suo trono, attendeva pazientemente, picchiettava, infatti, le dita sul bracciolo, poi sentì dei passi, il suo volto fu dipinto da un ghigno malefico.
Due figure avanzavano nella grande sala, una era un enorme pupazzo di neve, l’altra era una specie di uomo delle nevi.
Quando giunsero al cospetto del loro sovrano, s’inchinarono, attendendo l’ordine, che non tardò a giungere.
“Frigimon, Mojamon vi ho convocato qui, perché i bambini prescelti sono giunti sull’isola, il vostro compito è quello di ucciderli, a cominciare dal più piccolo!” ordinò l’angelo decaduto.
“Sì, mio signore” risposero all’unisono i due, sempre mantenendo lo sguardo verso il pavimento di ghiaccio.
“Se fallirete, sapete ciò che vi aspetta!” li ammonì.
Un brivido di paura attraversò i due Digimon, sapevano ciò che era successo al povero Ogremon, e non volevano che accadesse pure a loro.
“Sì, mio signore” risposero, con un esitazione iniziale.
Nel frattempo i quattro ragazzi si erano rifocillati con un caldo pasto, avevano trovato all’interno della casa una cucina, dove vi era un frigorifero ricolmo di gustose leccornie.
Si guardarono basiti, poi, però, superata l’esitazione iniziale, mangiarono tutto ciò che trovarono.
“Wow, sembra passato un secolo dall’ultima volta che ho mangiato tante cose così buone!” esclamò la castana più piccola entusiasta.
“è vero! È tutto così buono!” continuò il biondino.
“Perché non rimaniamo per sempre qui? Abbiamo tutto, un tetto sopra la testa, del buon cibo e un letto caldo ove riposarci” propose il castano.
I due ragazzini annuirono, erano stanchi di camminare tutto il giorno e di mangiare cose disgustose, una di loro, però, non era d’accordo, e non si fece scrupoli a dire la sua.
“Non siate ridicoli! Sapete quello che ci ha detto Centauromon, non possiamo andarcene fino a quando non sconfiggeremo l’oscurità, se restiamo qui come cavolo facciamo?” li rimproverò la quattordicenne.
I tre abbassarono il capo colpevoli, sapevano che la loro amica aveva più che ragione, però poteva cercare di capirli, loro non erano mai stati abituati a tutto questo, avevano sempre avuto ciò che volevano.
Finirono di mangiare in silenzio, e poi salirono al piano di sopra, dove vi era una grande stanza con quattro letti, tutto ciò, si dissero, era alquanto strano, ma non ci badarono più di molto, erano molto stanchi, così si buttarono tutti sul proprio letto, i loro amici digitali li seguirono.
Si misero a dormire, ignari che domani sarebbe stata una giornata piuttosto pesante.
“Molto bene, andate da loro, uccideteli nel sonno!” ordinò ai suoi servi, per poi ridere.
“Sì, mio signore!” dissero, poi si alzarono e furono teletrasportati davanti alla casa che prima avevano osservato dalla sfera magica.
Una volta giunti sul luogo, avanzarono in direzione della loro meta, però non sapevano che non erano passati del tutto inosservati.
Una dei bambini prescelti era ancora sveglia, non riusciva a dormire, si era affacciata alla finestra per pensare, perché si era ritrovata su quest’isola? Perché tra tanti era stata scelta lei? E soprattutto perché i suoi compagni di viaggio erano tanto diversi da lei? Erano passati solo pochi giorni e già non li sopportava più!
Poi sentì uno strano rumore.
“Hai sentito?” domandò alla sua amica digitale.
“Sì” rispose l’uccello rosa.
“Byomon, vai a controllare, poi ritorna qui e dimmi cosa succede” le ordinò la ragazza.
Il Digimon rosa annuì, poi uscì dalla finestra, librandosi in aria, non percorse manco qualche metro, che vide due losche figure che avanzavo in direzione della casa.
Rientrò agitata, Samantha capì tutto.
“Allora?” chiese, impaziente.
“Stanno arrivando!” esclamò l’uccello, agitata.
“Chi?” domandò, ancora più preoccupata.
“Due Digimon, credo siano Frigimon e Mojamon” rispose Byomon.
“Ok, tu vai ad affrontarli io sveglio gli altri e li faccio evacuare, ti mando i rinforzi poi!” disse la castana.
Così la sua piccola amica alata, digievolse Birdramon, e andò ad affrontare i suoi nemici, mentre la sua partner si avvicinò a Timmy ed iniziò a scuoterlo.
“Timmy sveglia, ci stanno attaccando, dobbiamo andarcene!” urlò la quattordicenne, scuotendo il suo amico.
Il ragazzo si svegliò, preoccupato.
“Che succede?” domandò ancora assonnato.
“Ci stanno attaccando, dobbiamo andarcene, Birdramon li sta tenendo impegnati” replicò la castana chiara.
Il dodicenne si alzò di scatto, con lui Agumon, che avendo sentito rumore, si era destato, poi andò dalla sua coetanea e la svegliò, mentre la più grande andò dall’undicenne.
Uscirono preoccupati, una volta fuori, videro Birdramon che affrontava i due, ma era in difficoltà, così Agumon digievolse Greymon e, insieme a Gatomon, andarono ad aiutare la sua amica alata.
Greymon si occupò di Frigimon, lanciandogli la sua mega meteora, che fu efficace contro il mostro, poiché il fuoco scioglie il ghiaccio.
Birdramon e Gatomon si occuparono di Mojamon, il Digimon scagliò il suo attacco, l’osso boomerang, però, il felino fu più rapido, mentre lanciava il colpo, si avventò su di lui, colpendolo con il suo pugno felino, deviando il suddetto attacco, mentre Birdramon tirò il suo colpo d’ali fiammanti, colpendo il mostro, che vacillò, indietreggiando.
Erano intrappola, spalla contro spalla, i tre mostri digitali li attaccarono insieme, li colpirono in pieno, entrambi si accasciarono al suolo in ginocchio, l’oscurità che si era impadronita di loro uscì dai loro corpi.
“Grazie per averci liberato” disse Frigimon.
“Sì, è stata una tortura essere schiavi di IceDevimon” continuò Mojamon.
“Prego è stato un piacere, mi raccomando state attenti!” esclamò la dodicenne.
Poi si salutarono, i due mostri, però, non tornarono nel loro territorio, sapevano la sorte che li spettava, se avessero fallito.
Ciò, però, non fermò il loro vecchio padrone, con un varco teletrasportò il proprio artiglio davanti agli ex servi, e li squarciò, riducendoli in mille pezzettini, anch'essi sparirono.
I prescelti, poco distanti, avevano visto tutta la scena, delle lacrime attraversarono i loro volti, mai avevano visto una cosa del genere, nemmeno nei telefilm.
“Mi pare ovvio che dobbiamo sconfiggere questo IceDevimon, non possiamo permettere che uccida altri innocenti!” tuonò il castano.
“Sì, hai ragione!” lo asserì la quattordicenne.
Decisero che ormai dovevano farla finita, basta girare a vuoto, dovevano trovare questo Digimon e ucciderlo con le loro stesse mani, solo non sapevano, dove si trovasse, decisero di tornare da Centauromon, dopotutto si era rivelato parecchio utile l’ultima volta.
Intanto in un palazzo di ghiaccio, vi era qualcuno furioso, che distruggeva qualunque cosa si trovasse davanti a lui.
Doveva agire in fretta, prima che fosse troppo tardi, prima che diventassero troppo forti, decise che d’ora in poi avrebbe agito da sé, perché chi fa da se fa per tre! Ed era vero, i suoi servi non erano serviti a nulla, avevano fallito miseramente, contro una banda di mocciosi.
Si sedette, decise di aspettare il momento giusto per attaccare. Già pregustava la vittoria.
Intanto i ragazzi erano giunti da Centaurumon e presto avrebbero scoperto una cosa molto interessante.
  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il digivice ***


Era appena sorto il Sole quando i quattro amici erano giunti davanti all’abitazione di Centauromon, chissà come li avrebbe accolti, si chiedevano, ma il loro amico era l’unica soluzione per sapere qualcosa in più su questo IceDevimon, poiché era stato l’unico e fornire loro delle valide informazioni.
Superato ogni scrupolo, decisero di entrare in quello strano tempio e di cercare il loro amico.
Camminavano e camminavano, fino a quando non entrarono in uno strano labirinto, strano, si dissero, non ricordavano di averlo percorso l’ultima volta.
Lo chiamarono più volte, ma non ebbero nessuna risposta da parte del mostro digitale, subito si preoccuparono e se gli fosse successo qualcosa? E se l’oscurità si fosse impadronita anche di lui? Se così fosse, erano in enorme pericolo.
Aumentarono l’andatura dei loro passi, dovevano uscire in fretta, ma più avanzavano più sembrava che l’uscita fosse assai lontana, che si erano persi? Non poterono fare a meno di domandarsi.
“Sono stanca di camminare! Ci sarà un uscita in questo posto!” si lamentò Rebecca.
“Non lo so, spero di sì, questo posto è strano! Non sei l’unica ad essere stanca comunque!” replicò Samantha.
La dodicenne sbuffò, ormai era palese che non andava d’accordo con la sua compagna di viaggio.
“Su ragazze cercate di non litigare, ci manca solo questa, se vogliamo uscire da qui, dobbiamo rimanere uniti!” cercò di farle ragionare Timmy.
Samantha sospirò rassegnata.
“Sì, hai ragione” non poté fare a meno di ammettere.
Continuarono a camminare, fino a quando sentirono uno strano rumore, temendo che fosse un nuovo nemico, iniziarono a correre, una di loro, la castana più piccola, cadde al suolo, perché inciampò su un ramo.
“è tutto apposto?” domandò il suo coetaneo, tendendole la mano.
“Sì, grazie” rispose lei, afferrando la mano di lui, per aiutarsi a rialzarsi.
Si toccò i jeans e notò che appeso vi era uno strano oggetto.
“Qualcosa non va?” domandò il castano, notando la strana faccia dell’amica.
“No, è tutto apposto” rispose la dodicenne.
“Bambini prescelti, finalmente vi ho trovato è da tanto che vi cerco” disse una voce.
I ragazzi e digimon si girarono, sorrisero, finalmente avevano trovato il loro amico.
“Centauromon!” esclamarono felici.
“Temevamo ti fosse successo qualcosa!” disse Tommy, commosso per la felicità.
“No, ero solo all’interno del labirinto quando siete arrivati, ho sentito le vostre voci, ma quando sono andato all’altare, voi non c’eravate, così sono tornato indietro nella speranza di ritrovarvi” spiegò il centauro.
“Menomale” sospirarono tutti.
Uscirono dal labirinto e ritornarono all’entrata, si sedettero in cerchio davanti all’altare.
“Qual buon vento vi porta qui?” domandò il digimon.
“Ecco, noi volevamo sapere qualcosa in più su questo IceDevimon” disse la più grande.
“Beh è una storia molto lunga, sappiate solo che l’oscurità si è impadronita di questo mondo tempo addietro, alcuni Digimon, come IceDevimon, ne sono diventati schiavi, altri si sono ribellati, però purtroppo la maggior parte è morta in battaglia, voi siete l’ultima speranza per questo mondo” spiegò il mostro digitale.
I quattro sgranarono gli occhi, quindi IceDevimon non era il loro unico nemico, questo significava solo una cosa, che la loro permanenza in quello strano mondo era ancora lunga.
“Senti tu mi sai dire cos’è questo?” chiese Rebecca, sollevando il piccolo oggetto che aveva legato ai pantaloni.
Gli altri tre guardarono i loro jeans, ed anche loro avevano legato quello strano oggetto che aveva mostrato la loro amica.
“Sì, quello è il Digivice” rispose il digimon.
“Il Digivice? E cos’è? Una specie di walkie talkie?” domandò la castana più chiara.
“No, è un dispositivo che permette la digievoluzione ai vostri digimon” replicò Centauromon.
“Ecco ora si spiega tutto!” esclamò la dodicenne entusiasta.
“Che intendi dire?” domandò l’occhialuto stupito.
“Che grazie a questo piccolo oggetto la loro digievoluzione è stata accelerata, giusto Centauromon?” si rivolse all’amico digitale.
“Sì, e solo i bambini prescelti sono in grado di farlo funzionare” rivelò.
“Perché noi?” chiese all’improvviso la quattordicenne.
“Abbiamo fatto un'indagine, è abbiamo scoperto che voi siete i più adatti” replicò il mostro digitale.
“Perché?” continuò a domandare, voleva, doveva sapere.
“Perché avete delle qualità specifiche” rispose.
“Tutto qui?” chiese, delusa.
“No, presto scoprirete altro, purtroppo non posso dirvelo, non sono io colui che vi deve informare della vostra missione” confessò.
“E allora chi è?” s’intromise Rebecca.
“Presto lo scoprirete, dopo che avrete sconfitto IceDevimon” replicò Centauromon.
“Sai, dove abita?” domandò il castano.
“Sì, nella parte più settentrionale dell’isola, nella terra dei ghiacci” rispose.
“Bene, allora io direi di muoverci!” li incitò la più grande.
“Non vorrete andare ad affrontarlo?” chiese, preoccupato.
“Sì, proprio così, prima lo sconfiggiamo prima potremmo andarcene da qui!” replicò la castana più chiara, determinata.
“State attenti, è un avversario molto forte e astuto, vengo con voi!” tuonò, alzandosi in piedi.
“D’accordo” lo asserì Timmy.
Uscirono dal tempio e iniziarono il loro lungo cammino, verso la loro meta, verso la battaglia decisiva, di cui speravano sarebbero usciti vincitori.
Una risata agghiacciante pervase le mura di un castello, in una sala, ove vi era riposto un trono, vicino al quale vi era una sfera di cristallo magica, un angelo nero e il cui corpo era ricoperto di ghiaccio, osservava ciò che l’oggetto gli stava mostrando, i suoi nemici, i bambini prescelti.
“E così, state venendo voi da me, bene in questo modo non dovrò spostarmi di qui! Siete dei pazzi, ancora non avete la forza sufficiente per battermi, siete spacciati!” ringhiò, scoppiando a ridere.
Che cosa intendeva dire con forza sufficiente per batterlo? Chissà se i prescelti sarebbero riusciti a ottenerla.  
Intanto i ragazzi con i loro Digimon continuavano il loro cammino, non sapendo che il loro nemico era a conoscenza del loro arrivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Angemon, l'angelo delle forze del bene ***


Ormai era da tanto che camminavano, avevano attraversato molte parti dell’isola, in alcune vi erano già state, in altre no, più avanzavano, più il clima si faceva più freddo e insostenibile, in particolare a causa dei loro indumenti estivi.
Ormai era calata la notte, erano stanchi e affamati, avevano bisogno di riposo, così decisero di riposarsi in una grotta, poco distante dal luogo in cui si trovavano, mentre Centauromon andò in cerca di qualcosa da mangiare.
Tra di loro regnava uno strano silenzio, erano preoccupati, ancora avevano in mente la scena che avevano visto il giorno prima, quei poveri digimon uccisi brutalmente, senza nemmeno un ultimo desidero, non potevano permettere che accadesse di nuovo, però questo mostro era davvero potente chissà se sarebbero riusciti a batterlo.
Senza contare che uno di loro ancora non era riuscito a far digievolvere il loro amico digitale, e questo piccolo particolare non giovava loro, avevano bisogno dell’aiuto di tutti per sconfiggerlo.
E il piccolo Patamon si sentiva inutile, così non avrebbe potuto aiutare i suoi amici e soprattutto non avrebbe potuto proteggere il suo partner, cui si era affezionato tanto.
Si addormentarono presto quella notte, l’indomani dovevano alzarsi presto, un terribile scontro li attendeva.
Intanto IceDevimon stava preparando il suo piano, il suo scopo era di non permettere al piccolo essere arancione simile a un topo di digievolvere, così i bambini sarebbero stati in netto svantaggio.
Però non era l’unico che già pregustava la vittoria, in una landa desolata, precisamente in un castello, vi era un uomo seduto su un trono che si gustava un bicchiere di vino.
Peccato, si disse, che tutto sarebbe finito così in fretta, avrebbe voluto giocare con loro ancora un po’, magari infliggerli una tortura personalmente, in particolare avrebbe voluto conoscere quella Samantha, aveva un grande potenziale a suo parere, sarebbe stata una preziosa schiava, capace di soddisfare ogni suo volere, se ben addestrata alle arti magiche.
Levò il bicchiere in alto per brindare alla vittoria di IceDevimon, soprattutto alla sua definitiva vittoria contro le forze del bene, contro quell’arrogante di Gennai, la sua copia.
Non sapeva che, forse, aveva parlato troppo in fretta.
Le prime luci dell’alba invasero la terra dei ghiacci, i prescelti erano già in piedi i loro Digimon erano già digievoluti, pronti per affrontare il nemico, tutti tranne uno, che era rimasto in disparte insieme al suo compagno umano.
“Timmy, tu nasconditi, potrebbe essere pericoloso” gli consigliò il suo amico castano.
L’undicenne annuì, e insieme al piccolo digimon si nascose dietro una parete di ghiaccio, pregando che i suoi compagni riuscissero nell’ardua impresa.
Ormai era giunto il momento, l’ansia s’impadronì dei quattro ragazzi, ma ormai erano lì e non potevano tirarsi indietro, il loro nemico era di fronte a loro che avanzava lentamente e potevano vedere il suo volto nel quale si era fatto largo un ghigno malvagio, aveva la vittoria in pugno.
“Bambini prescelti finalmente c’incontriamo” disse all’improvviso l’angelo decaduto.
I tre Digimon prescelti si misero a difesa dei loro partner.
“IceDevimon siamo venuti per batterti!” tuonò Timmy.
Sorrise malvagiamente, che sciocchi erano, non avevano la minima speranza contro di lui.
Mosse le sue ali, dalle quali uscirono una serie di ghiacci che si diressero verso i loro obbiettivi, i mostri digitali cercarono di schivarli, ma essi erano troppo veloci, così, furono colpiti e caddero al suolo.
Rise apertamente, dai i suoi occhi uscì un raggio che congelò Centauromon, ora si poteva concentrare sui bambini, si avventò su Greymon, gli provocò un taglio al petto, dal quale uscì sangue, il dinosauro gemette dal dolore.
“Greymon!” urlò tra le lacrime Timmy.
Corse verso di lui e lo abbracciò.
“Greymon va tutto bene?” domandò tra i singhiozzi.
“Sì” rispose il digimon con un filo di voce.
La stessa sorte toccò anche a Birdramon e Gatomon, che perdevano sangue, come il loro amico; i loro rispettivi partner corsero verso di loro preoccupate.
“Gatomon tutto apposto?” chiese la dodicenne, prendendo in braccio gattino.
“Sì, tranquilla non è niente” rispose il felino.
“Birdramon come stai?” domandò la quattordicenne.
“è tutto apposto tranquilla” rispose l’uccello.
Il demone rise, ormai aveva la vittoria in pugno, però, ancora doveva raggiungere il suo obiettivo, spostò lo sguardo verso una parete di ghiaccio, dove vi era nascosta la sua preda.
Squarciò con un solo gesto dell’artiglio il muro di ghiaccio e li vide, erano abbracciati, il biondino tremava di paura, e lui adora quando le sue prede tremano di paura, lo avrebbe ucciso lentamente e tra atroci sofferenze, si disse.
“Dì addio al tuo amichetto!” esclamò il mostro.
“Aiuto Patamon!” supplicò Tommy.
Il piccolo digimon si mise davanti all’amico per proteggerlo, lanciò la sua bomba d’aria, purtroppo il colpo non andò a segno, era troppo debole, IceDevimon lo colpì con il suo artiglio, spedendolo al suolo.
“Patamon!” urlò il biondino.
“Sei spacciato!” ringhiò tra una risata e l’altra.
Chiuse gli occhi, ormai la sua fine era vicina; poi accadde qualcosa, il suo digivice s'illuminò, Patamon fu sollevato in aria e fu circondato da una luce bianca.
Quando essa si dileguò, ciò che videro fu una visione celestiale, sopra di loro si ergeva un essere divino alato, era un angelo, Patamon era diventato un angelo.
“No!” tuonò IceDevimon, era troppo tardi.
“Ciao Tommy io sono Angemon” esordì l’essere alato, sorridendo al suo amico.
“Bravo, anche tu sei digievoluto” si complimentò con il suo amico.
“IceDevimon, è giunta la tua fine, ti batterò!” tuonò, rivolgendosi al suo avversario.
“Non mi sottovalutare!” replicò il demone.
Poi cercò di congelarlo con il suo raggio, ma l’angelo fu più veloce, si spostò e il raggio colpì una parte di ghiaccio, rompendola.
Il Digimon non demorse, scagliò i suoi ghiacci, che fuoriuscivano dalle ali, ma fu inutile, la sua nemesi li evitò tutti, uno dopo l’altro.
Tentennò, possibile che fosse così forte? Lui era stato potenziato, grazie al suo padrone oscuro, doveva essere invincibile, perché, allora, con lui i suoi attacchi non avevano effetto? Si domandò, preoccupato.
“è inutile, non puoi niente contro le forze del bene!” esclamò Angemon.
“Ti sbagli!” tuonò, sull’orlo dell’esasperazione.
“Stai bleffando!” disse l’angelo.
Poi si preparò all’attacco finale, il suo raggio celestiale, che colpì in pieno il suo avversario, perforandogli il torace.
IceDevimon urlò dal dolore, mentre scompariva.
“Siete lo stesso spacciati! Esistono Digimon molto più forti di me nei mondi oltre l’oceano!” esclamò, poi scompari.
Ce l’avevano fatta, avevano battuto il loro nemico, Centaruomon riprese le sue sembianze e l’angelo, con la sua luce, guarì le ferite dei suoi amici, che regredirono di livello.
Anche lui, regredì, ritornando a essere Patamon, si buttò sul suo amico.
“Sei stato bravo Patamon!” si congratulò il suo partner.
Gli altri si avvicinarono ai due per congratularsi con il piccolo essere arancione.
Una luce si fece largo nel cielo e davanti a loro appari un uomo dalla lunga coda castana, Centauromon s’inchinò.
“Ottimo lavoro Centauromon, e voi bambini prescelti, finalmente ci incontriamo, io sono Gennai” disse.
“Sei un umano pure tu?” domandò la più grande.
“No” rispose il saggio.
“Tu ci hai mandato qui?” chiese la castana più piccola.
“Sì” replicò.
“Ora che abbiamo sconfitto il nemico possiamo andarcene?” domandò l’occhialuto.
“No, ci sono altri nemici nei mondi oltre l’oceano” rispose.
Abbassarono la testa tristi, tutto ciò che volevano, era ritornare a casa.
“Bene, affronteremo pure loro!” esclamò, all’improvviso, Samantha.
“Sì, ma per farlo, c’è bisogno di una nuova digievoluzione” confessò l’uomo.
Si guardarono allibiti, i loro amici possono ancora digievolvere? Si chiesero.
“Però ,per compierla, avete bisogno di questi” spiegò, per poi tirargli delle strane collane.
“Che cosa sono?” domandò il più piccolo.
“Sono i digimedaglioni, servono per compiere la nuova digievoluzione, certo da soli sono inutili, dentro dovete mettere le digipietre” spiegò il saggio.
“E dove sono?” chiese la quattordicenne.
“Sparse per il continente di Sarba” rispose Gennai.
“E come facciamo a trovarle?” domandò il castano.
“Saranno loro a trovare voi” replicò.
Poi sparì.
Si guardarono stupiti, chi era quell’uomo, e perché non gli era apparso prima? Si domandarono.
Poi presero una decisione, sarebbero partiti verso il continente di Sarba se era il solo modo per tornare a casa.
Nel frattempo in un castello, vi era uno strano angelo che s’inchinava a un uomo.
“Sai quello che devi fare” disse l’uomo.
“Sì, mio signore” rispose la donna angelo, ma era di colore nero.
Poi si alzò e fu teletrasportata su Sarba, in attesa di accogliere i suoi nuovi ospiti.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Verso Sarba ***


I quattro prescelti presero la loro decisione, sarebbero partiti per Sarba, prima, però, decisero di riposarsi, erano ancora stanchi a causa della battaglia appena conclusa, e poi anche perché ormai stava calando la notte.
Decisero di andarsene da quel luogo gelido, insostenibile a causa dei loro indumenti inappropriati, e ormai a notte fonda giunsero nella foresta, ove decisero di riposarsi, per fortuna trovarono una grotta.
Una volta dentro accesero un fuoco per riscaldarsi e consumarono il loro pasto.
“Secondo voi come sarà questa nuova digievoluzione?” domandò Timmy.
“Non lo so, ma una cosa è certa, se è necessaria, significa che i nostri nuovi nemici sono più potenti di IceDevimon” rispose Samantha.
“Quindi ci conviene trovare in fretta queste digipietre, se non vogliamo fare una brutta fine!” proseguì Rebecca, con un tono preoccupato.
“Ma come facciamo a trovarle?” chiese Tommy.
“Non ricordi? Gennai ci ha detto  che saranno loro a trovare noi!” gli rimembrò la dodicenne.
“Intanto abbiamo un altro problema da risolvere!” esclamò la più grande.
“ E sarebbe?” domandò la castana, con un tono non tanto amichevole.
“Come arrivare a Sarba, mi pare ovvio!” le replicò la ragazza, acida.
“Ha ragione questo è un problema!” la asserì l’occhialuto.
“Per arrivare a Sarba ci mettereste circa due giorni” s’intromise Centauromon, che era rimasto con loro.
“Quindi è escluso andarci in volo” riflette la quattordicenne.
“E non abbiamo Digimon marini” proseguì il castano.
“Ci servirebbe una barca!” esclamò la dodicenne.
“Potremmo costruirla con gli alberi!” propose Tommy.
Tutti annuirono, erano d’accordo, ora che avevano trovato il modo di giungere su Sarba, potevano concentrarsi sui loro nuovi nemici, di cui non sapevano niente, e ciò li spaventava.
Il giorno dopo i ragazzi e i digimon si svegliarono di buon’ora, volevano partire il più presto possibile, così sarebbero arrivati prima a destinazione.
Con l’aiuto di Centauromon segarono alcuni alberi della foresta e con essi costruirono una zattera di legno, raccolsero delle provviste nel bosco e salparono alla volta di Sarba, non sapendo di essere osservati.
“Bene. Bene è così quei mocciosi hanno trovato il modo per giungere su Sarba, mmm… credo che mi divertirò con loro!” esclamò, poi rise malvagiamente.
Agitò la mano, come quando si cerca di scrocchiarla, osservò la sfera, dove vi erano i prescelti a bordo della loro zattera.
Il cielo, che prima era di uno splendido azzurro, si tinse di nero, il mare che prima era piatto, iniziò ad agitarsi sempre più, le onde si facevano sempre più alte e la zattera veniva sballottata su e giù.
I bambini si aggrapparono all’albero maestro, per evitare di cadere, ma le onde si facevano sempre più alte, ed aveva iniziato pure a piovere, insomma vi era una vera e propria burrasca.
“Addio bambini prescelti!” esclamò l’uomo.
Mosse un’ultima volta la mano, ci fu un’onda anomala che colpì l’imbarcazione distruggendola, i prescelti caddero in mare, ormai erano spacciati, stavolta erano morti per davvero, si disse, ma il suo sorriso si spense, perché vide un’enorme balena che aveva tratto in salvo i suoi nemici.
“Maledizione Whamon!” imprecò.
“Non importa, ci penserà la mia devota serva! Godetevi questi attimi di tranquillità digiprescelti, perché saranno gli ultimi momenti della vostra vita!” esclamò.
I prescelti, intanto, erano svenuti, e quando si ridestarono, si resero conto che erano vivi innanzitutto e poi erano dentro qualcosa.
“Dove siamo?” domandò Samantha guardandosi intorno.
“Non lo so” rispose Rebecca.
“Salve” esclamò una voce.
“Chi sei? Fatti vedere!” esclamò la quattordicenne, spaventata.
“Sono Whamon, non mi potete vedere perché siete dentro di me” rispose.
“Grazie ci hai salvato la vita” lo ringraziò l’undicenne.
“Ma la nostra barca è andata distrutta, ora come facciamo?” domandò Timmy.
“State andando a Sarba?” chiese il Digimon.
“Sì” rispose la castana più grande.
“Vi ci accompagno io” si propose il mostro digitale.
“Grazie Whamon” disse la dodicenne.
E così i quattro prescelti furono accompagnati a Sarba dal loro nuovo amico, per arrivarci c’impiegarono una giornata e mezzo.
Furono attraccati su una scogliera e una volta salutato il loro amico digitale, s’inoltrarono in quel continente, ignari che qualcuno li stava attendendo.
“Molto bene, finalmente siete arrivati! S’inizia a giocare!” esclamò un angelo nero femmina, che osservava il proprio nemico dall’alto.
Poi sparì, per riapparire al cospetto del suo padrone oscuro.
S’inginocchiò, non appena fu davanti a lui.
“Mio signore i bambini prescelti sono appena giunti su Sarba” lo informò la serva.
“Molto bene sai ciò che devi fare! Non ammetto fallimenti!” la ammonì il padrone.
“Sì mio signore!” rispose l’angelo.
Poi sparì e iniziò a preparare la dovuta accoglienza ai suoi ospiti.
I ragazzi, frattanto, avevano deciso di riposarsi, dopo essere stati attraccati, avevano camminato a lungo, avevano attraversato un deserto, si erano imbattuti in un villaggio di Koromon, che li avevano offerto ospitalità, ma loro avevano rifiutato, non si fidavano, ed avevano trovato rifugio in una grotta.
Dopo un abbondante pasto, si riposarono, ignari che il giorno dopo avrebbero trovato ciò che stavano cercando.  

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Le digipietre ***


Quella mattina il primo a svegliarsi fu Timmy, la sua collana, o per meglio dire digimedaglione si era illuminato, facendolo preoccupare.
Vide che una strana parete si era illuminata e quando si avvicinò per vedere meglio, essa si rimpicciolì, diventando una piccola pietra arancione, con inciso il simbolo del Sole, per poi entrare dentro il digimedaglione.
Sorrise apertamente.
“Ho trovato la mia digipietra!” esclamò felice.
Gli altri si svegliarono.
“Che cosa?” domandò Samantha.
“Ho detto che ho trovato la mia digipietra!” ripeté il castano.
“Bene! Siamo a metà dell’opera, ne mancano solo tre, dobbiamo sbrigarci!” esclamò la quattordicenne.
“Io direi di uscire da qui, così avremo più probabilità di trovarle” suggerì Rebecca.
“Concordo” la asserì Tommy.
E così i quattro, dopo aver fatto colazione, uscirono da quella grotta per cercare le altre tre digipietre, sperando di trovarle in fretta e, soprattutto, di non avere spiacevoli sorprese.
“Maledizione!” imprecò un misterioso uomo, che aveva osservato i prescelti da una sfera.
Sbatté il pugno sul bracciolo del suo trono e strinse i denti, era arrivato tardi, avevano già trovato la prima digipietra, quella del coraggio, per fortuna non avevano trovato quelle più potenti, era ancora in tempo per impedirlo.
“DemiDevimon, chiamami subito LadyDevimon!” ordinò al piccolo digistrello.
Il piccolo Digimon uscì dalla sala del trono e subito dopo vi torno con l’angelo nero, che s’inchinò al cospetto del suo oscuro padrone.
“Eccomi mio signore” esordì l’essere digitale.
“I prescelti hanno già trovato la prima digipietra, quella del coraggio, fa in modo che non trovino le altre, specie quella della luce e della speranza, chiaro?” ordinò.
“Sarà fatto, mio signore” rispose la serva, sempre in ginocchio.
“Ora va” esclamò.
“Sì, mio signore” replicò, poi sparì.
I bambini prescelti, intanto, erano usciti da quella grotta e avevano iniziato il loro cammino nel deserto, neanche mezza giornata di viaggio, e già avevano trovato la digipietra di Tommy, ora ne mancavano solo due.
“Maledizione sono arrivata tardi, hanno già trovato la digipietra della speranza!” esclamò LadyDevimon che osservava le sue prede dall’alto.
“Devo impedire che trovino quella della luce!” proseguì.
Poi fece apparire un suo schiavo, un DarkTyrannomon e gli ordinò di uccidere i prescelti, concentrandosi sulla ragazzina dai capelli castani e a caschetto.
I digiprescelti avevano appena ripreso il loro cammino, quando sentirono uno strano rumore, si girarono e videro un dinosauro nero.
“E lui chi è?” domandò il più piccolo impaurito.
“è DarkTyrannomon, un digimon cattivo infettato da un virus” rispose Patamon.
“Presto digievolvete!” esclamò la castana più grande.
E subito i tre digimon digievolsero, Angemon, Birdramon, Greymon e Gatomon erano pronti, così, a iniziare lo scontro.
La prima ad attaccare fu Gatomon che colpì il mostro con il suo pugno felino, facendogli perdere l’equilibro, però il mostro digitale si rialzò e lanciò il suo colpo, il soffio di fuoco, colpendo il gattino e spendendolo a terra.
Fu il turno di Greymon e di Birdramon che lo attaccarono insieme, con la mega meteora e il colpo d’ali fiammanti, infine Angemon, con il suo raggio celestiale, gli diede il colpo di grazia, facendolo sparire.
Ritornarono a livello intermedio, tutti tranne Gatomon, e felici si diressero verso i loro partner, per esultare della vittoria insieme a loro.
“Siete stati fantastici!” esclamò la più grande.
“Lo abbiamo ucciso?” chiese il biondino, con un tono spento.
“Sì” rispose il suo digimon.
Il piccolo scoppiò a piangere, avevano fatto una cosa davvero orribile, la sua mamma gli diceva sempre che uccidere una persona è il peccato più grave che un uomo possa commettere, e lui lo aveva appena commesso.
“Andrò all’inferno per questo?” domandò tra le lacrime.
Samantha rise.
“Non essere sciocco, non hai ucciso mica una persona!” lo rimproverò difatti.
“Poverino, non vedi che è sconvolto?” Rebecca si avventò contro di lei.
“E perché dovrebbe esserlo? Abbiamo ucciso un essere digitale, questo significa che in realtà non esistono!” replicò.
“Ti sbagli! Esistono eccome! Sennò come ti spieghi ciò che abbiamo visto sull’isola di File?” ribatté.
“Su ragazze basta litigare!” cercò di farle riappacificare Timmy.
Entrambe si girarono dall’altra parte, era evidente che non si sopportavano più.
“Non devi essere triste Tommy, in realtà i digimon non muoiono mai” lo rassicurò Patamon.
“Davvero?” domandò sorpreso.
“Sì, esiste una città, la città della rinascita, in cui, ogni volta che un digimon muore, esso va lì sottoforma di digiuovo e poi ritorna a nuova vita” spiegò.
L’undicenne sorrise, era una splendida notizia, questo significava che le vittime di IceDevimon sarebbero rinate, prima o poi.
“Forza andiamocene da qui!” esclamò il castano.
E così s’incamminarono, e quando ormai era calata la notte, trovarono un’altra digipietra, quella di Samantha, ora ne mancava solo una.
“E così i nostri cari bambini prescelti hanno delle piccole divergenze, mi sa che mi divertirò molto a giocare con loro!” esclamò l’uomo oscuro, poi rise.
Il Sole era appena sorto e un nuovo giorno era appena iniziato, i quattro americani si alzarono di buon ora, avevano intenzione di trovare l’ultima digipietra, quella di Rebecca.
Uscirono dalla grotta, in cui quella notte si erano riposati, e iniziarono a vagare per il deserto, in cerca del loro obiettivo.
Erano riusciti a trovare la pietra, ma qualcuno li attendeva, un mostro verde di tipo insetto.
“Quello è Snimon!” affermò Agumon.
“Rebecca noi lo teniamo impegnato, tu prendi la digipietra!” ordinò Timmy.
Greymon si avventò sul mostro con la sua mega meteora, ma quest’ultimo la evitò, lanciando il suo attacco, le falci gemelle, colpendo il dinosauro arancione, Birdramon, allora scagliò il suo colpo d’ali fiammanti, che mancò l’insetto.
Per fortuna Angemon si era messo dietro di lui per cui con il suo raggio celestiale sconfisse il digimon, facendolo sparire.
Era il secondo digimon che uccidevano.
Rebecca aveva trovato la sua digipietra, ora finalmente le avevano tutte, dovevano solo capire come far fare la nuova digievoluzione ai loro amici digitali.
“No! La digipietra della luce è stata presa!” esclamò il misterioso uomo, alzandosi in piedi, furibondo.
“Mi dispiace mio signore” si prostrò ai suoi piedi la sua schiava.
“Però ancora non sanno fare la superdigievoluzione, LadyDevimon lo devi impedire a tutti i costi!” ordinò.
“Sarà fatto mio signore” disse la serva, inginocchiandosi al suo cospetto.
Poi sparì.
Stavolta se ne sarebbe occupata di persona di quei mocciosi.    

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** LadyDevimon, il nuovo nemico ***


Vagò per quella stanza buia, quei mocciosi erano dotati di una fortuna straordinaria, riuscivano sempre ad averla vinta, però, aveva notato che tra di loro vi erano delle divergenze e lui doveva puntare su questo loro punto debole, avrebbe fatto in modo di accentuare codeste divergenze e dividere il gruppo.
Quella ragazza, Samantha, lo incuriosiva parecchio, è su di lei che avrebbe puntato, tolto l’amore, non ci sarebbe stato più il coraggio, né la luce, e tolta la luce non ci sarebbe stata più la speranza.
Rise, era compiaciuto per la sua idea geniale, ma doveva impedire a tutti i costi che facessero la superdigievoluzione.
Aveva letto nella mente della sua nemesi e aveva scoperto che quelle digipietre rappresentavano delle qualità che possedevano i prescelti, se le suddette qualità venissero a mancare, allora la superdigievoluzione non sarebbe stata possibile.
Questo era il suo obiettivo: oscurare le loro digipietre, una a una, e poi ucciderli tra atroci sofferenze e torture, come piaceva a lui, tranne quella Samantha, a lei avrebbe riservato un trattamento speciale.
Intanto i quattro ragazzi si erano fermati a riposarsi e avevano accesso un fuoco per riscaldarsi, ed avevano appena finito di mangiare la loro cena, la solita frutta.
“Secondo voi come si fa questa nuova digievoluzione?” domandò Samantha.
“Non lo so, ma analizziamo i fatti, prima i nostri digimon si evolvevano quando uno di noi era in pericolo” spiegò Rebecca.
“Quindi basterebbe che noi fossimo in pericolo per farli digievolvere ancora?” chiese Timmy, seguendo il ragionamento della coetanea.
“Sì, secondo me sì” affermò sicura la dodicenne.
“Sarebbe una cosa da provare” disse la castana più grande.
“Sì, in più ancora non abbiamo scoperto chi è questo nuovo nemico” esclamò Rebecca.
“Motivo in più per fare questa nuova digievoluzione, quando si mostrerà, dobbiamo essere preparati!” tuonò la quattordicenne.
Gli altri annuirono, volevo sconfiggere questo nuovo nemico il più in fretta possibile, l’unica cosa che volevano, era ritornare a casa, al caldo, dove vi era del buon cibo e, dove avrebbero potuto riposarsi su un bel morbido letto, e soprattutto in mezzo alla civiltà.
Quella mattina si alzarono all’alba, non restavano mai in un solo posto per più di un determinato tempo, onde evitare di avere spiacevoli sorprese, così decisero d’inoltrarsi nella foresta.
Era molto diversa da quella dell’isola di File, era molto più estesa, più fitta e gli alberi erano leggermente diversi, sempre però simili a quelli subtropicali.
Ovviamente non sapevano di essere osservati…
Si stavano dirigendo verso il covo della sua devota serva, molto bene, presto sarebbe giunta la loro fine, si disse.
Agitò la mano e subito i prescelti accelerarono il passo, come se fossero mossi da qualcosa.
“Ma che succede?” domandò Tommy, impaurito.
“Non lo so, è come se qualcuno ci muovesse!” rispose la castana più piccola, agitata.
“E se fosse il nuovo nemico?” ipotizzò l’occhialuto.
“Siamo nei guai allora!” esclamò la più grande.
“Dobbiamo fare qualcosa!” tuonò la dodicenne.
Poi si girò verso i loro amici digitali per chiedere aiuto, ma notò che anche loro erano nelle loro stesse condizioni, sospirò sconfitta, e ora che avrebbero fatto? Si domandò.
“Non ci resta niente da fare che attendere di arrivare a destinazione!” disse Samantha.
“Esatto, mia giovane fanciulla”  rispose per lei l’uomo oscuro, sapendo che non poteva udirlo.
Giunsero a destinazione ai piedi di una montagna, dove l’aria era alquanto gelida, data l’altezza piuttosto alta, ad accoglierli trovarono un angelo nero, simile al loro precedente nemico, ma era femmina e il suo corpo non era ricoperto di ghiaccio.
“Ben arrivati digiprescelti, vi stato aspettando, io sono LadyDevimon” esordì l’essere alato.
LadyDevimon, era questo il nome del loro nuovo nemico, i Digimon digievolsero subito e si scaraventarono contro il demone.
Greymon lanciò la sua mega meteora, ma quest’ultima fu dissolta dalla “donna” angelo, fu il turno di Birdramon, che tirò il suo colpo d’ali fiammanti, ma il mostro digitale lo evitò.
Allora Gatomon provò a saltarle addosso, colpendola con il suo pugno felino, ma LadyDevimon, le restituì il favore, spedendola al suolo con un pugno molto potente.
Per ultimo attaccò Angemon con il suo raggio celestiale, che colpì l’angelo nero, purtroppo non lo scalfì nemmeno un po’.
“Bene è arrivato il mio turno finalmente!” esclamò sarcastica.
Scagliò il suo colpo, lo stormo dell’oscurità, che investì i quattro digimon, facendoli regredire di livello.
Stava per scagliare il colpo di grazia, quando ci fu un'esplosione e le sue prede erano sparite. Urlò istericamente, ormai ce l’aveva fatta e quelli erano spariti sotto il suo naso.
Ma non era l’unica che si disperava…
“No, proprio adesso che eravamo ad un passo dalla vittoria, arriva Piximon e li porta via! Me la paghi Gennai!” ringhiò furibondo, giurando vendetta alla sua copia.
Intanto i prescelti si resero conto di essere dentro una sfera invisibile e che stavano vagando chissà dove.
“Dove siamo?” domandò la dodicenne stordita.
“Siete all’interno della mia sfera invisibile” rispose una vocina.
Davanti a loro vi era un piccolo essere rosa dalla forma di una palla e con delle ali, che aveva in mano una bacchetta.
“Chi sei tu?” chiese la più grande, scettica.
“Sono Piximon, mi manda Gennai” replicò la palla rosa.
“Perché?” domandò il castano.
“Vuole che vi addestri, per farvi fare la nuova digievoluzione” spiegò il piccolo essere digitale.
“Che bello!” esultò il più piccolo.
“Non c’è niente di divertente!” lo rimproverò la castana più grande.
“Su ora non litigare pure con lui!” s’intromise il dodicenne.
“Sono arrivato appena in tempo, altrimenti sareste morti, che vi salta in mente affrontare un digimon di livello evoluto, senza saper fare la superdigievoluzione!” li rimproverò il mago.
I quattro si guardarono stupiti, che cosa volevano dire digimon di livello evoluto e superdigievoluzione?
“Mi sa che vi dovrò spiegare molte cose!” esclamò Piximon.
Proseguirono il loro viaggio, fino a giungere in un deserto, lì si fermarono, il piccolo digimon fece cenno loro di seguirlo, poi sparì.
I quattro, dapprima titubanti, si presero di coraggio e sparirono pure loro, entrando in quella barriera invisibile.
Si ritrovarono in una foresta, vi era una montagna in cima alla quale vi era una casa.
“Quella lassù in cima è la mia casa, il vostro primo compito è salire questi scalini, senza volare!” ordinò, poi guardò Patamon, che già si era librato in volo e poi scese a terra.
Era una scalinata ripida e lunga, molto stancante, ma, se volevano riposare in un vero letto, dovevano superare quel piccolo ostacolo, così si rimboccarono le mani e iniziarono a salire le scale.
Piximon era in cima che li attendeva, ansioso di iniziare l’addestramento.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** L'addestramento con Piximon ***


Ormai era calata la notte e ancora i quattro prescelti e i loro digimon non erano giunti in cima alla montagna, più andavano avanti e più sembrava che la destinazione fosse assai lontana.
“Sono stanco non ce la faccio più!” si lamentò il biondino.
“Smettila di lamentarti e continua a camminare, siamo quasi arrivati!” replicò Samantha, molto affannata per la fatica, poi con il dito indicò un’abitazione, poco distante da loro.
I quattro sorrisero, e accelerarono il passo, fino a giungere in un baleno davanti alla casa di quel piccolo mostriciattolo, che li attendeva davanti all’ingresso.
“Ben arrivati, digiprescelti, ce ne avete messo di tempo!” scherzò l’essere rosa.
“Come sei spiritoso!” rispose la più grande acida.
“Io sto morendo di fame!” si lamentò ancora il più piccolo.
“Anch’io!” dissero all’unisono i due dodicenni.
Piximon, allora, fece cenno loro di entrare, facendoli accomodare per terra, dove servì loro un abbondante pasto.
“Allora ci spieghi questa storia dei digimon di livello evoluto?” domandò la quattordicenne.
“Esistono vari tipi di digimon di diverso livello, che vanno dal livello primario, lo stadio più basso, fino al livello mega, l’ultimo stadio, nonché il più forte” spiegò il mostro digitale.
“Finora avete affrontato digimon di livello campione, ora, però, il vostro nuovo nemico è di livello evoluto, quindi per batterlo serve la superdigievoluzione” continuò.
“E come facciamo a farla?” domandò la castana più piccola.
“A questo servono le digipietre! Vedete esse rappresentano delle qualità che possedete, Rebecca tu hai la digipietra della luce, Timmy tu quella del coraggio, Samantha tu quella dell’amore, per finire Tommy hai quella della speranza” affermò il digimon rosa.
I quattro presero in mano i loro digimedaglioni e li guardarono con sguardo interrogativo, non erano sicuri di aver capito.
“E avete deciso voi che qualità assegnarci?” chiese la più grande.
“Sì, precisamente Gennai e qualche altro digimon, tra cui c’ero io, vi abbiamo osservato incessantemente, e siamo arrivati alla conclusione che voi siete i più indicati per salvare il nostro mondo” raccontò Piximon.
“Perché noi e non altri?” domandò la ragazza.
Voleva sapere, perché tra tanti era stata scelta proprio lei? Che cosa aveva di speciale rispetto ad altri ragazzi, magari più fortunati di lei, che avevano avuto un’istruzione adeguata, che erano stati cresciuti in un ambiente familiare bello, che erano circondati da amici.
E poi perché proprio lei doveva essere la digiprescelta dell’amore? Tra tutte le qualità, l’amore era quella che non possedeva, lei non era amata da nessuno, né tanto meno amava qualcuno, quindi perché proprio lei.
“Io non lo so, voi ci siete sembrati i più adatti ad adempiere la nostra missione” rispose il digimon.
“Io non ne sono sicura!” ribatté Samantha.
“Perché?” domandò la palla rosa.
“Perché non siamo un gruppo molto unito, litighiamo sempre perché abbiamo idee diverse, perché veniamo da mondi diversi” rispose la castana più chiara.
Ed era vero, lei era diversa da loro, veniva da un altro mondo, un mondo fatto di povertà.
“Capisco, credo sia normale, ma non dovete dimenticare perché siete qui, questo vi deve tenere uniti, la vostra missione!” esclamò Piximon.
“Non è un obbligo!” tuonò la più grande.
Poi si alzò e uscì, seguita da Byomon, scese le scale, che in discesa sembravano molto di meno, attraversò la foresta ed attraversò il confine della barriera magica, ritrovandosi di nuovo nel deserto.
“Presto, seguiamola!” tuonò Timmy, alzandosi in piedi.
Rebecca, però, rimase seduta, e non aveva intensione di alzarsi.
“Che vada dove vuole!” esclamò.
“Dai Becca, non possiamo lasciarla da sola a vagare” replicò.
Ma vedendo che la sua amica non si alzava, decise di andare con Agumon a cercare la sua compagna di avventure.
La dodicenne si girò, ci pensò su un po’ e decise di alzarsi, Tommy la seguì.
“Aspettaci Timmy!” gridò la ragazzina.
Il suo amico si girò sorridendo, lo sapeva che sarebbe finita così.
“Sapevo che avresti cambiato idea!” esclamò sorridendo vittorioso.
“Forza andiamo!” disse, sviando il discorso, non voleva ammettere la sconfitta.
Scesero la scalinata, correndo e una volta giunti giù, decisero di dividersi, Rebecca e Tommy avrebbero perquisito la foresta, Timmy avrebbe oltrepassato la barriera magica per setacciare il deserto, se ci fosse stato pericolo, avrebbero usato gli attacchi dei digimon per dare l’allarme.
Intanto la castana più grande, vagava per lo sconfinato deserto, il suo fedele amico digitale le stava dietro, senza proferire parola, aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Perché proprio a lei? Si ripeteva, non potevano scegliere qualcun altro? Lei non era adatta a fare l’eroe, non era amata da nessuno, non aveva amici, era povera, e non aveva senso della giustizia, se avevano pensato che lei era la più adatta a salvare un mondo, allora avevano sbagliato alla grande.
Sentì un rumore, come il verso di un elefante, si girò e vide un essere simile a un mammut, indietreggiò lentamente, spaventata, solo ora si era resa conto che aveva superato la barriera magica.
“Quello è Mammothmon!” affermò Byomon, per poi digievolvere Birdramon.
Scagliò subito il suo colpo d’ali fiammanti che il mostro evitò, preparandosi a lanciare il suo attacco, il getto ibernante, ma qualcosa lo fermò, una palla di fuoco.
Samantha sorrise, solo un digimon attaccava con una palla di fuoco, si voltò e vide Greymon, poco dietro di lui vi era Timmy, che corse verso la sua amica.
“Samantha, finalmente ci eravamo preoccupati!” esclamò, felice per aver ritrovato la sua amica.
“Come vedi sto bene!” replicò acida.
Intanto il mostro si era ripreso e si stava preparando al contrattacco, tirò il suo getto ibernante verso i due ragazzi, Timmy  buttò Samantha di lato, per evitare che venisse colpita pure lei, ma così facendo, lui avrebbe preso l’attacco, ma non accadde, il suo digimedaglione s’illuminò e Greymon fu avvolto dalla luce della digievoluzione, cambiando ancora una volta forma.
Era sempre un dinosauro arancione a strisce blu, ma stavolta aveva delle ali metalliche e la sua testa era fatta di metallo, il suo nome era MetalGreymon.
Il nuovo digimon si mise a protezione del suo partner, lanciando il suo nuovo attacco, gli squali nucleari, colpendo il suo nemico, purtroppo non lo sconfisse.
Birdarmon decise di andare ad aiutare il suo nuovo amico, tirò il suo colpo d’ali fiammanti, ma il mostro digitale, lo evitò facilmente, lanciando il suo getto ibernante che colpì in pieno l’uccello, congelandogli le ali, quindi non permettendogli di volare e facendolo cadere al suolo.
Samantha pianse e iniziò a correre verso il suo amico, il suo cuore batteva, era agitata, e se gli fosse successo qualcosa? Non si era resa conto che anche la sua digipietra si era illuminata.
Birdramon fu avvolta da una luce e diventò un uccello gigante dalla forma quasi umana, il suo nome era Garudamon.
Il nuovo mostro digitale si unì a MetalGreymon nello scontro, scagliando il suo attacco, l’aquila incandescente, seguito dagli squali nucleari del dinosauro, entrambi i colpi centrarono il loro bersaglio, riducendolo in mille pezzettini.
I due digimon tornarono a livello primo stadio, quindi Koromon e Iokomon, e andarono in contro ai loro amici umani, esultando della vittoria.
Intanto gli altri due, vedendo il segno di pericolo, avevano oltrepassato la barriera magica, ritrovandosi nel deserto, e si diressero in direzione delle esplosioni, purtroppo, durante il tragitto, avevano avuto una spiacevole sorpresa, un mostro, simile a un serpente marino li aveva attaccati, era Megaseadramon.
Purtroppo, per loro, il mostro marino era assai più forte e stavano quasi per essere sconfitti, ma quando ormai avevano perso ogni speranza, Tommy si alzò in piedi, pensando che era suo compito, ora, salvare la sua amica, e che non doveva arrendersi, il suo digimedaglione s’illuminò, e Angemon mutò di forma, era sempre un angelo, però aveva una spada divina a un braccio e nell’altro uno scudo divino.
Il nemico non si fece intimorire da questa nuova trasformazione, si preparò a lanciare il suo colpo di grazia, il suo giavellotto di tuono, ma prima che il colpo andasse a segno, MagnaAngemon con la sua spada fece apparire un varco, che altro non era che il suo attacco, il varco soprannaturale.
Il varco si aprì e MegaSeadramon fu inghiottito da esso, poi si richiuse e si disintegrò, MagnaAngemon tornò a essere Tokomon, Tommy, contento gli corse in contro per congratularsi con lui.
I quattro amici si ritrovarono e, felici, ritornarono da Piximon, dove passarono la notte, scusandosi per il disagio con il loro nuovo amico, che non si dimostrò per niente dispiaciuto.
Però, qualcuno non era per niente felice…
Maledizione, si disse, era arrivato tardi, erano riusciti a superdigievolvere, almeno, come magra consolazione, la luce ancora non si era attivata.
Mandò il suo devoto servo a chiamare l’angelo nero, che subito appari al suo cospetto.
“LadyDevimon impedisci che la digipietra della luce si attivi! Non ammetto fallimenti!” ordinò l’oscuro.
“Sì, mio signore!” rispose la serva, poi sparì.
Stavolta era sicuro che non avrebbe fallito.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Angewomon, l'angelo della luce ***


Quella mattina i quattro prescelti e i loro digimon si erano alzati molto presto, avevano preso la decisione di ritornare nel covo di LadyDevimon per batterla definitivamente.
“State attenti mi raccomando” si preoccupò per loro Piximon.
“Tranquillo, tu sei sicuro di non voler venire con noi?” domandò Rebecca.
“Sì, sono certo che saprete cavarvela da soli” ripose il digimon rosa.
E così i quattro amici salutarono il piccolo mostro rosa, ringraziandolo ancora una volta per l’ospitalità e, dopo aver superato la barriera magica, iniziarono il loro lungo cammino.
Stavolta non avrebbe fallito, non avrebbe permesso a quella sottospecie di gatto di digievolvere. Si rimise a guardare la sfera magica, con la quale teneva d’occhio costantemente i suoi giovani nemici, erano ancora nel deserto, la strada era assai lunga, e di questo passo, non sarebbero mai arrivati.
Decise di metterci il suo zampino, agitò la mano e subito i prescelti si ritrovarono nella foresta, che non distava molto dal covo della sua devota serva.
“Che è successo?” domandò la quattordicenne, agitata.
“Non lo so, è tutto molto strano” rispose la castana.
“Stiamo attenti, potrebbe essere opera di LadyDevimon” li mise in guardia l’occhialuto.
Gli altri annuirono e si guardarono intorno per vedere se ci fosse veramente pericolo. Dopo aver costatato che fosse tutto apposto, decisero di mangiare qualcosa, volevano che i loro digimon fossero al pieno delle loro forze, una volta giunti dal loro nemico.
Trovarono la solita frutta e la mangiarono senza fare storie, ormai si erano abituati all’idea che fosse l’unica cosa che potessero mangiare.
Dopo aver finito il loro pranzo, si rimisero in marcia, pronti per affrontare questa nuova battaglia.
Intanto l’oscuro uomo era già al corrente degli spostamenti dei prescelti, quindi aveva mandato il suo digistrello a chiamare la sua schiava, che non tardò ad arrivare.
“LadyDevimon i bambini prescelti stanno per arrivare al tuo covo, concentrati sulla prescelta della luce. Non ammetto fallimenti!” ordinò.
“Sì, mio signore” disse l’angelo nero.
Poi sparì, dirigendosi alla sua base, per aspettare le sue prede.
Ormai i prescelti erano quasi giunti a destinazione, ma si fermarono per ripetere il piano che avevano escogitato il giorno prima.
“Rebecca, tu e Gatomon vi nasconderete e verrete fuori solo in caso di nostra sconfitta” disse Timmy.
“Intanto io e Timmy affronteremo LadyDevimon per indebolirla” proseguì Samantha.
“Infine tu Tommy le infliggerai il colpo di grazia” finì il dodicenne.
Tutti annuirono, come segno di aver compreso e proseguirono il loro cammino.
Erano appena giunti ai piedi della montagna che sentirono una risata demoniaca. Alzarono lo sguardo e videro il loro nemico.
“Vi stavo aspettando odiosi digiprescelti!” tuonò il demone.
Agumon e Byomon digievolsero Greymon e Birdramon, per poi superdigievolvere MetalGreymon e Garudamon, mentre Patamon digievolse Angemon; Gatomon, insieme alla sua partner, si nascose dietro una roccia.
I due digimon di livello evoluto si avventarono contro il loro nemico, MetalGreymon lanciò i suoi squali nucleari, che l’angelo dissolse, con una mossa delle mani; Garudamon tirò la sua aquila incandescente, ma anche questo colpo fu schivato.
Ora era il turno di LadyDevimon, scagliò il suo attacco, il suo stormo dell’oscurità, contro i due mostri digitali, che furono colpiti in pieno, senza subire gravi danni, per fortuna.
Si rialzarono in piedi e riprovarono a colpire il nemico, lanciando i loro attacchi in contemporanea, ma ahimè fu invano, l’angelo lì evitò ancora una volta, rilanciandoli il suo stormo dell’oscurità.
Stavolta entrambi furono spediti al suolo, Angemon, che era rimasto in disparte, non ce la fece più a vedere i suoi due amici soffrire, così decise di buttarsi pure lui nello scontro.
Scagliò contro il suo nemico, il suo raggio celestiale, che colpì l’essere volante, ma non lo scalfì nemmeno un po’.
LadyDevimon tirò il suo stormo dell’oscurità, ma l’angelo lo evitò. Il demone si stava infuriando.
Poi, però, si ricordò del suo principale obiettivo, spostò lo sguardo su una roccia, dove vi erano nascoste le sue prede, con il suo artiglio distrusse la parete, rivelando le sue vittime nascoste.
“Addio digiprescelta della luce!” esclamò, malvagiamente.
Poi tirò il suo stormo dell’oscurità verso la ragazzina e il suo felino, che si era messo in sua difesa, mentre la castana chiuse gli occhi spaventata, ma il colpo non raggiunse le destinatarie.
Qualcuno si era messo in loro difesa, perché non sopportava vedere la sua migliore amica in pericolo.
Rebecca aprì gli occhi e vide Timmy, il suo Timmy, che inerme si accasciava al suolo, mentre dalla sua bocca usciva un rivolo di sangue.
Urlò, mentre le sue lacrime scendevano prepotentemente dal suo viso. Perché? Perché? Si domandava, non poteva, non doveva finire così.
Anche il suo digimedaglione s’illuminò e Gatomon fu avvolta da un’intensa luce.
Cambiò forma diventando un angelo, ma di sesso femminile, il suo nome era Angewomon.
Il digimon alato guardò la sua nemesi, che aveva stretto i denti furibonda, aveva fallito, ora l’unica cosa che le restava da fare, era eliminare quella sua brutta copia.
Lanciò il suo stormo dell’oscurità, che però la donna angelo evitò, tirando il suo colpo, la freccia sacra; anche quest' attacco fu evitato.
Il demone si avventò sulla sua nemesi, mollandole uno schiaffo in pieno volto, per poi prenderla per i capelli, farla roteare e lanciarla via.
Angewomon, dopo essersi ripresa, volò verso il suo bersaglio, dandole un calcio in volto, causandole la fuoriuscita del sangue dal naso.
LadyDevimon, infuriata, colpì lo stomaco dell’angelo con un calcio, facendole perdere sangue dalla bocca, per poi colpirla con il suo stormo dell’oscurità, facendola precipitare.
Per fortuna non cadde al suolo, qualcuno l’aveva sorretta, delle braccia possenti.
Si girò e vide Angemon, accorso in suo aiuto.
“Tutto bene? Vuoi una mano?” domandò.
“No” ripose acida.
Poi si diresse verso la sua nemesi, restituendole il favore, dandole un calcio nello stomaco, per poi prenderla per i capelli, farla roteare e lanciandola via.
Si preparò a scoccare la sua freccia sacra, ma prima di lanciarla, notò il suo compagno che aveva colpito il demone da dietro, con il suo raggio celestiale.
L’angelo nero si girò verso Angemon, intenzionata ad attaccarlo, abbassando la guarda e non accorgendosi dell’attacco che la sua nemesi le aveva appena tirato.
La freccia la trafisse in pieno, gridò, per poi scomparire tra atroci sofferenze.
Angewomon s'illuminò e con la sua luce guarì il povero Timmy, che, una volta ripresa conoscenza, fu abbracciato dalla sua migliore amica.
“Oh Timmy, mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò tra le lacrime.
Lui la strinse forte a sé, tranquillizzandola.
I Digimon regredirono di livello, per poi correre incontro ai loro amici per festeggiare la nuova vittoria.
Notarono una luce che era apparsa in cielo e videro di nuovo l’uomo misterioso, di nome Gennai, incontrato tempo fa sull’isola di File.
“Salve prescelti, ottimo lavoro” si congratulò con loro.
“Grazie Gennai” risposero all’unisono.
“Seguite il sentiero luminoso e raggiungetemi nella mia abitazione” disse.
Poi sparì e al suo posto appari una freccia, che i prescelti seguirono.
Finalmente avrebbero conosciuto quell’uomo misterioso.   
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Finalmente ci conosciamo Gennai ***


I quattro prescelti e i loro digimon seguirono, perciò, la misteriosa freccia, che li avrebbe condotti da Gennai.
Avevano molti quesiti da porgli, in primis perché erano stati scelti loro tra tanti, se davvero, dopo aver battuto tutti i loro nemici, sarebbero potuti ritornare a LA, e tante altre domande che si erano insinuate nelle loro menti.
Attraversarono la foresta e, dopo un’intera giornata di cammino, finalmente giunsero a destinazione. La casa del misterioso Gennai era un castello, posto su una montagna.
Appena vi entrarono, furono accolti dal saggio.
“Finalmente ci incontriamo bambini prescelti” esordì, sorridendo.
“E un piacere conoscerti Gennai” disse Timmy.
“Immagino abbiate fame” ipotizzò l’uomo.
I quattro annuirono senza esitazione, così l’uomo li condusse nella sala pranzo, offrendoli un grande banchetto.
Dopo cena, Samantha decise che era giunto il momento per delle spiegazioni, lei più di tutti aveva molti quesiti da porre al saggio.
“Perché noi?” domandò, senza peli sulla lingua.
“Abbiamo fatto delle ricerche e in base ai risultati voi ci siete sembrati più adatti” rispose.
“Sai già quale sarà il prossimo nemico da affrontare?” stavolta fu la dodicenne a porre la domanda.
“Sì, temo che questa volta affronterete uno dei digimon più potenti di Digiworld” replicò Gennai, con aria preoccupata.
“E chi è?” domandò il castano.
“Si chiama Lilithmon ed è il demone della lussuria” confessò.
“Affronteremo anche questa nuova minaccia!” esclamò sicura di sé la quattordicenne.
“è molto potente e per batterla dovete fare un’altra digievoluzione” li avvertì il saggio.
“Esiste un livello oltre l’evoluto?” domandò Timmy.
“Sì il livello mega” ammise l’uomo.
“Faremo anche questa!” tuonò la castana più grande.
“Non è facile. Inoltre dovete stare attenti, Lilithmon non è avversario facile da affrontare” li avvertì il saggio.
“Io ho paura!” esclamò il più piccolo dei prescelti.
“Non essere sciocco Tommy!” si prese gioco di lui Samantha.
“Perché lo devi sempre rimproverare?” sbottò la castana più piccola.
“Perché io trovo ridicolo che abbia ancora paura, dopo tutto quello che abbiamo affrontato!” replicò la più grande, alzandosi in piedi.
“Ha undici anni! È normale che abbia paura!” ribatté la ragazzina, alzandosi a sua volta in piedi.
“Su non litigate!” cercò di calmarle Timmy.
Le due si fissarono in cagnesco e poi si girarono, dandosi le spalle.
Il dodicenne sospirò, perché quelle due dovevano litigare sempre? Si chiedeva.
Intanto l’uomo oscuro, il cui nome i digiprescelti avrebbero scoperto presto, rideva, vedendo quella scena. Mandò il suo fedele digistrello a chiamare la sua serva più potente, che non tardò ad arrivare.
Era una donna, dai capelli neri, vestita di nero e dalle ali sempre nere. Lei era Lilithmon il demone della lussuria.
“Mio signore” esordì, inchinandosi al cospetto del suo oscuro padrone.
“IceDevimon e LadyDevimon hanno miseramente fallito, ma tu non fallirai, sei troppo potente per loro” disse, alzandosi in piedi e camminando avanti e indietro.
“Li ucciderò tra atroci sofferenze, come piace a voi” disse il demone.
“No, in realtà avevo in mente qualcosa di molto più bello” esclamò, sorridendo malvagiamente.
La serva, allora, si alzò e andò dal suo padrone, che le bisbiglio ad un orecchio il suo geniale piano.
Grazie al suo piano avrebbe posto fine a questa farsa definitivamente e finalmente sarebbe stato il padrone indiscusso di Digiworld, ovviamente dopo aver ucciso tra torture e atroci sofferenze la sua nemesi.
 Prima, però, gli avrebbe fatto vedere i suoi guerrieri che cadevano uno a uno, ma non per sua mano, ma a causa di un altro, che mai si sarebbe aspettato.
Rise, questo sì che era un piano degno di questo nome! La sua serva, dopo essersi inchinata, si dileguò, pronta per rivelarsi alle sue dolci prede.
Intanto i prescelti, si erano messi a letto, ma ancora non dormivano, erano in pensiero per questo nuovo nemico da affrontare.
“Secondo voi come facciamo a fare questa nuova digievoluzione?” domandò Timmy.
“Non lo so. Per farli digievolvere a livello campione bastava che noi fossimo in pericolo, per farli superdigievolvere bastava sbloccare le digipietre con le nostre qualità, ma ora non ne ho la più pallida idea” disse Rebecca.
“Però dobbiamo sbrigarci a trovare un modo. Non sappiamo quando questa Lilithmon si presenterà!” esclamò Samantha.
“Potremmo rimanere qui e farci aiutare da Gennai” propose Tommy.
“Non è un'idea malvagia” lo asserì la dodicenne.
“Siamo sicuri che ci aiuterà?” domandò la castana più grande.
“Perché non dovrebbe aiutarci?” si avventò contro di lei dodicenne.
“Non lo so, ma quell’uomo è così misterioso!” rispose la più grande.
“In effetti, non sappiamo molto su di lui” la asserì l’occhialuto.
“Io mi fido, dopotutto ci è stato utile su File” ricordò loro l’amica.
“E poi dove vorreste andare? Questo almeno è un luogo sicuro!” disse ancora.
“Ha ragione” le diede man forte il castano.
Samantha sbuffò, Rebecca aveva ragione, forse la soluzione migliore era rimanere lì per il momento.
Perciò, dopo questa discussione, i quattro americani si addormentarono, ignari che presto avrebbero incontrato il demone della lussuria.
Ma soprattutto che presto avrebbero scoperto chi era il loro vero nemico.
“Dormite miei cari prescelti, questa è l’ultima notte che passate insieme!” esclamò il signore oscuro.
Le sue risate agghiaccianti rimbombarono tra le mura del suo palazzo.
 
  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il tradimento ***


Una nuova giornata era iniziata, i prescelti si erano appena svegliati ed erano scesi a fare colazione.
Ancora non sapevano che cosa fare, se restare ancora per un po’ lì, oppure partire alla ricerca del loro nemico, in modo tale da finire definitivamente la loro missione e tornare nel loro mondo.
“Gennai tu sai come far digievolvere i nostri digimon al livello mega?” domandò Samantha.
“Non lo so” rispose il saggio.
I quattro furono presi dallo sconforto, se non li aiutava lui, chi diavolo poteva? Si domandarono.
“Come non lo sai?” sbottò la castana più piccola.
“Dovete scoprire voi il modo” disse soltanto.
La quattordicenne s’innervosì ancora di più; aveva ragione lei, non ci si poteva fidare di quest’uomo.
“Che diavolo di riposta è?” urlò, adirata.
“Lo sapevo che questo qui non ci sarebbe stato utile!” esclamò, rivolgendosi ai suoi compagni e indicando il saggio con un dito.
L’oscuro signore, intanto, rideva nel vedere quella scena. Era peggio di quanto pensava, ormai era giunto il momento adatto per attuare il suo piano perfetto, grazie alla sua schiava.
“DemiDevimon va a chiamare Lilithmon” ordinò al suo digistrello.
“Sì mio signore” rispose il piccolo digimon, volando via.
Poco dopo, fece la sua comparsa, il demone della lussuria che, appena giunta al cospetto del suo padrone, s’inchinò.
“è giunto il momento” disse solo, per poi scoppiare a ridere.
La serva lo seguì, ridendo malvagiamente anche lei.
“Sì mio signore” rispose, per poi sparire.
Frattanto i digiprescelti stavano continuando la loro discussione.
“Sì, stavolta hai ragione tu” ammise Rebecca.
“Che cosa facciamo quindi?” chiese Timmy.
“Non lo so. Intanto andiamo via di qui, poi troviamo un modo per far digievolvere al livello mega i nostri amici” rispose la più grande.
Tutti annuirono, perciò, dopo aver finito di fare colazione, salutarono Gennai e uscirono dal suo castello, diretti chissà dove.
L’oscuro signore decise che era giunto il momento, con un solo gesto della mano, teletrasportò i suoi nemici nel covo della sua serva: una caverna buia e scura.
“State attenti ragazzi è una trappola!” li avvertì Samantha.
Si guardarono attorno, per vedere se ci fosse traccia del loro nemico, ma tutto ciò che riuscirono a scorgere, fu soltanto una coltre di nebbia molto inquietante.
La nebbia, però, si dissolse, mostrando un demone di sesso femminile, vestita di nero e dalle ali dello stesso colore; quella era Lilithmon, il loro nuovo nemico.
“Salve digiprescelti, finalmente c’incontriamo” disse con un tono agghiacciante.
I quattro digimon si misero in posizione d’attacco, digievolvendo, prima a livello campione, poi a quello evoluto.
Lo scontro ebbe inizio: i quattro attaccarono uno dopo l’altro, ma il demone evitò tutti gli attacchi, persino quelli dei due angeli, i digimon più potenti del gruppo.
I quattro, però, non demorsero, così MetalGreymon scagliò i suoi squali nucleari, che il demone dissolse; Garudamon tirò la sua aquila incandescente, ma il digimon la rispedì al mittente, spedendolo al suolo; MagnaAngemon cercò di colpirla con la sua spada divina, ma il mostro la evitò con facilità e con un calcio mandò a terra l’angelo; infine Angewomon scoccò la sua freccia sacra, ma Lilithmon la dissolse e, avvicinandosi a lei, le mollò un potente schiaffo che fece precipitare la donna.
I Digimon erano regrediti di livello, tornando a quello intermedio, così gli americani erano spacciati.
Il demone della lussuria sparì, per poi riapparire dietro Samantha; la toccò e, quando ritirò la sua mano, la ragazza si accasciò in ginocchio al suolo, tenendosi la testa.
Il mostro digitale rise, la sua missione era stata compiuta.
L’americana si teneva la testa, la sua mente vacillò e tutta l’oscurità che era nascosta dentro di lei si fece largo. Ora al posto dell’amore dentro di lei si erano insinuati sentimenti come l’odio, l’invidia e la rabbia.
Odio per tutti coloro che l’avevano trattata male solo perché non apparteneva al loro stesso ceto sociale; invidia per tutti coloro che, a differenza sua, quando tornavano a casa trovavano un pasto caldo e i loro genitori che li accoglievano con un sorriso caloroso, mentre lei per mangiare, doveva rubare, perché suo padre era disoccupato e sua madre li aveva abbandonati; odio verso suo padre, perché invece di darsi da fare per mantenerli, passava le sue giornate ad ubriacarsi o a drogarsi.
Nelle sue pupille si poteva vedere quest’oscurità, perché nei suoi occhi ora ardeva pura malvagità.
Gli altri tre preoccupati iniziarono a scuotere la loro amica, nel tentativo di risvegliarla dal suo stato di trance.
“Samantha, Samantha” gridava Rebecca, tra le lacrime.
La giovane alzò la testa e scostò la mano della sua compagna, alzandosi in piedi. Un ghigno si fece largo tra le sue labbra.
Guardò Lilithmon e, senza esitazione, le andò incontro; Byomon la seguì, perché non voleva che le accadesse qualcosa.
Sparirono, mentre i tre amici gridavano a più non posso, intimando la loro compagna d'innumerevoli avventure di non seguire il demone, perché era sicuramente una trappola.
“E ora che cosa facciamo?” domandò la dodicenne tra i singhiozzi.
“Non lo so” rispose il castano, in preda allo sconforto.
Accanto a loro appari Piximon.
“Piximon!” urlò il più piccolo, contento di vedere l’amico digitale.
“Venite con me” disse.
Poi con una magia li teletrasportò nel castello di Gennai.
Intanto la quattordicenne e il digimon rosa, erano state teletrasportate in una strana stanza, in cui vi erano un trono e una sfera trasparente.
“Salve Samantha” esclamò una voce misteriosa.
“Chi sei?” domandò.
“Sono Danny, il signore oscuro di Digiworld” si presentò.
Lo vide: era un uomo molto simile a Gennai, ma i suoi capelli erano neri, e nei suoi occhi ardeva pura malvagità.
Byomon si mise in difesa della sua partner, lanciando il suo fuoco magico, ma l’uomo lo dissolse e con il solo gesto della mano, spedì al suolo l’uccello rosa.
Ma la giovane non fece niente, anzi rimase lì immobile; quell’uomo l’affascinava, e credeva che poteva esserle utile.
L’oscuro si materializzò dietro la fanciulla, cingendole la vita.
“Tu mi sei sempre piaciuta, per questo ti ho risparmiata. Ti piacerebbe imparare la magia? Così potrai vendicarti di tutti coloro che ti hanno fatto del male” le bisbigliò ad un orecchio.
“No! Non ascoltarlo!” urlò Byomon ancora per terra.
“Uccidila” disse Danny.
“Come?” domandò.
“Estrai il suo digicuore e poi riducilo in mille pezzi” spiegò.
La prescelta si avvicinò al suo digimon, s’inginocchiò alla sua altezza e, senza esitazione, le estrasse il suo digicuore; l’uccello si accasciò ancora di più al suolo agonizzante.
Premette il digicuore fino a ridurlo in mille pezzi e, quando quest’ultimo scompari, Byomon cadde al suolo senza vita.
Danny rise compiaciuto, ora doveva solo addestrarla alle arti magiche e finalmente il suo piano sarebbe giunto al termine.
Si avvicinò alla sua nuova serva e la condusse in un’altra stanza.
Intanto gli altri tre prescelti avevano raccontato tutto a Gennai.
“Questa è una cosa grave!” esclamò il saggio, preoccupato.
“Dobbiamo salvarla!” tuonò Rebecca.
“Temo sia tutto inutile, ormai è stata soprafatta dall’oscurità” spiegò loro l’uomo.
“No! Ci deve essere un modo!” insistette la dodicenne.
“Sì, concordo con Rebecca!” la asserì l’occhialuto.
“Temo di no” replicò Gennai.
I quattro furono presi dallo sconforto; e ora che avrebbero fatto? Si sarebbero arresi o avrebbero continuato a combattere?
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Magic ***


Ormai era da tanto che vagava per quell’immenso castello, insieme al misterioso uomo di nome Danny.
Aveva percorso corridoi e piani, superando ogni stanza, che era chiusa a chiave; fino a quando l’uomo salì delle strane scale a chiocciola.
Lo seguì, quelle scale erano strette e ripide ed erano infinite e lei iniziava ad affaticarsi, tant’è che il suo respiro si fece più pesante.
Finalmente l’oscuro si fermò davanti ad una porta, che sembrava molto antica, tipo quelle medioevali; la aprì ed intimò la sua nuova serva ad entrarvi.
La stanza era molto piccola e al centro di essa vi era un arcolaio; Danny si fermò proprio davanti all’oggetto e fissò la quattordicenne.
“Ora t’insegnerò la magia” disse solo.
“Come?” domandò la ragazzina.
“Dovrai tessere la paglia e trasformarla in oro” rispose.
“Ma è impossibile!” esclamò la giovane.
“Nulla è impossibile” ribatté l’oscuro.
Poi uscì dalla stanza, lasciando la fanciulla da sola.
Samantha si affacciò all’unica finestra presente e subito notò che era molto in alto, l’aria, difatti, era molto rarefatta e non si vedeva niente di quello che c’era sotto.
Rassegnata, si sedette sullo sgabello ed iniziò a tessere. Per fortuna sapeva cucire, ma mai aveva usato quello strano e obsoleto oggetto, ma con poche difficoltà riuscì a capire il meccanismo.
Iniziò, perciò, a tessere, ma niente la paglia rimaneva paglia.
Iniziò a innervosirsi, perché non le riusciva? Si domandava.
“Maledetto Danny!” imprecò.
“Basta volerlo!” esclamò, all’improvviso la voce dell’oscuro, apparso dietro la giovane.
La castana si girò spaventata. Ma come diavolo aveva fatto? Si chiese.
“Questa è magia?” domandò, incredula.
L’uomo annuì e poi si sedette dietro di lei, tenendole le braccia.
La aiutò a tessere e subito la paglia divenne un filo d’oro. Samantha lo fissò incredula; non poteva credere ai suoi occhi, era vero e si vedeva.
Ora poteva usare la magia.
Girò di poco la testa verso il suo padrone, sfiorando con le sue labbra l’angolo di quelle dell’uomo.
Si diedero un flebile bacio, ma non era un bacio d’amore, ma denso di malvagità.
Per esercitarsi, la fanciulla passò tutta la notte insonne a trasformare la paglia in oro.
Ma non era l’unica che passò la notte insonne…
I tre prescelti, quella sera, non riuscirono a chiudere occhio, poiché erano preoccupati per la loro amica; loro volevano salvarla e riportarla dalla loro parte, ma Gennai spiegò loro che non potevano, perché ormai l’oscurità si era impadronita di lei e mai più sarebbe stata buona.
Loro, però, non se la sentivano di affrontare una loro amica, perché, anche se molto spesso li trattava male, si erano affezionati a lei e non volevano mai farle del male.
Allo stesso tempo volevano rimanere lì e salvare quel mondo, perché ormai consideravano la loro missione come un dovere, anzi un obbligo, ma su una cosa erano certi: avrebbero risparmiato la loro compagna.
Un nuovo giorno iniziò e l’ex prescelta dell’amore uscì finalmente da quella sconfinata torre, pronta per adempiere la sua missione: uccidere i prescelti.
L’oscuro, però, prima volle divertirsi; non mandò la sua nuova schiava a combattere, ma Lilithmon, che aveva il compito di indebolirli e di impedire loro di fare la megadigievoluzione.
Dall’altro lato i tre digiprescelti volevano concludere presto la loro missione, per ritornar finalmente a casa e, proprio per questo, quella mattina si erano alzati abbastanza presto per ritornare nel covo del demone oscuro.
Si addentrarono nella foresta, sperando che la strada fosse giusta, visto che ieri erano stati catapultati lì e non sapevano il giusto percorso.
Ma, ovviamente, Danny li osservava e, con il solo gesto della mano, teletrasportò gli americani nel covo di Lilithmon.
“Ben arrivati prescelti” disse il demone della lussuria, non appena i ragazzini apparsero al suo cospetto.
Subito i tre Digimon digievolsero al livello evoluto e si scagliarono contro il demone della lussuria.
MetalGreymon tirò i suoi squali nucleari, ma il demone li dissolse e con un solo sospiro, spedì al suolo il dinosauro metallico.
Fu il turno di Garudamon; lanciò la sua aquila incandescente, ma il mostro evitò anche questo colpo con molta facilità e con un altro sospiro mandò al suolo l’aquila gigante.
Infine toccò ai due angeli, MagnaAngemon e Angewomon, la donna scoccò la sua freccia sacra, ma il demone della lussuria la rispedì al mittente che non riuscì ad evitarla e ferita si accasciò al suolo; l’angelo creò il suo varco soprannaturale, in grado di risucchiare tutte le anime malvagie, ma il demone, prima che questo si aprisse, lo distrusse, e poi con un calcio potente mise fuori gioco l’essere alato.
I mostri digitali, stanchi, regredirono a livello intermedio.
Che potevano fare ora? L’unica soluzione era la megadigievoluzione, ma loro non sapevano farla.
“Ora è il vostro turno, miei cari prescelti!” tuonò il demone, ridendo malvagiamente.
Poi li scrutò uno a uno, poteva vedere la paura dipinta nei loro occhi e lei amava incutere terrore alle sue prede.
Si decise e, senza alcuna esitazione, lanciò un potente attacco verso Timmy, che fu colpito in pieno, accasciandosi al suolo.
Perse i sensi, mentre un rivolo di sangue uscì dalla sua bocca.
Rebecca urlò, non riusciva a vedere il suo migliore amico disteso a terra senza vita. Iniziò a piangere, non si era accorta che era stata avvolta da una luce bianca.
Il demone della lussuria ne rimase accecata, lei odiava la luce, in quanto essere oscuro.
Gatomon riprese le forse e con lei i due amici, e cambiò forma, ma non fu la sola.
Megadigievolse in un digimon serpentino che aveva dieci ali: il suo nome era Magnadramon.
Anche Patamon megadigievolse, diventando un digimon angelico e dall’aspetto divino: il suo nome era Seraphimon.
Lilithmon sgranò gli occhi; i suoi due acerrimi nemici avevano fatto la loro comparsa e lei aveva fallito la sua missione.
Lanciò il suo sospiro demoniaco, ma il digimon sacro serpentino lo dissolse con molta facilità.
Il demone s’infuriò; voleva sconfiggerli con le sue stesse mani.
Sentì una mano che  si era conficcata nel petto, estraendo il suo digicuore. Cadde al suolo, inerme, mentre la misteriosa figura, avvolta dalla nebbia, riduceva in mille pezzi l’organo, facendo accasciare al suolo senza vita il demone della lussuria.
Poi la figura si concentrò sui ragazzi e la nebbia si dissolse, mostrando il suo volto.
Non è possibile! Si dissero i prescelti. Non poteva, non doveva essere lei.
E ora come avrebbero fatto? Si chiesero.
Forse l’unica soluzione era combattere.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Lo scontro finale ***


Lei era lì davanti a loro che li guardava incessantemente, ma il suo sguardo era diverso dal solito: i suoi occhi erano impenetrabili e ardeva la malvagità.
La prescelta della luce non poteva credere ai suoi occhi; non pensava che tutto ciò potesse essere vero; che la sua amica avesse ucciso qualcuno, senza alcuna pietà.
Ma lei sapeva che da qualche parte, dentro quell’essere oscuro, vi era ancora la sua compagna di avventure; bastava solo scavare bene e farla tornare in sé.
“Samantha non ci riconosci?” urlò la dodicenne, avvicinandosi alla ragazza.
Un ghigno si dipinse sul volto dell’americana; era da tanto che aspettava questo momento; con un solo gesto della mano, scaraventò contro una parete di roccia, la sua ex compagna, che cadde al suolo svenuta.
Timmy, preoccupato, corse da lei, mentre Magnadramon, accecata dall’ira, attaccò l’ex amica con il suo fuoco del dragone, invocando lampi d’energia dal cielo che si diressero verso Samantha.
Ma l’ex digiprescelta dell’amore con una magia rispedì l’attacco al drago divino, che non riuscendo ad evitarlo, cadde al suolo esanime.
Intanto il giovane prescelto del coraggio scuoteva la sua amica svenuta; non dava segni di vita e il castano si stava iniziando a preoccupare.
“Rebecca ti prego svegliati!” singhiozzò, mentre la scuoteva.
La dodicenne aprì lentamente gli occhi, incrociando lo sguardo nocciola dell’amico; sorrise.
“Timmy…” sussurrò.
Il giovane la aiutò ad alzarsi ed insieme raggiunsero il più piccolo, rimasto immobile per lo stupore.
“ Samantha perché tutto questo?” domandò la castana sull’orlo di un pianto.
“Perché questa è la mia missione: uccidervi” rispose malvagiamente.
No, si disse la dodicenne, non poteva essere così; l’avevano stregata con qualche magia, perché lei non vuole veramente ucciderli e lei lo sa di sicuro.
“No, non ti credo! Qualcuno ti ha stregato!” ribatté la prescelta.
“No, non c’è nessuna magia! Grazie al mio oscuro padrone Danny finalmente ho capito tutto! Voi non siete miei amici, siete i miei nemici e vi devo eliminare” disse, poi emanò un sospiro dalla bocca, che generò una violenta tromba d’aria che spedì i suoi ex nemici al suolo, uno dopo l’altro.
Agumon digievolse al livello evoluto e, insieme ai due digimon divini, attaccò la quattordicenne, poiché il loro compito era quello di proteggere i loro partner, non curandosi quindi di chi dovevano affrontare.
MetalGreymon lanciò i suoi squali nucleari verso l’ex prescelta, ma quest’ultima li dissolse, e con un incantesimo mandò al suolo il dinosauro.
Seraphimon scagliò il suo raggio sacro contro la ragazzina, evocando potenti lampi di luce, ma Samantha li rispedì al mittente, che finì per terra.
Magnadramon riprovò con il suo fuoco del dragone, ma di nuovo il colpo non ebbe effetto, in quanto le fu rispedito indietro, facendola finire al suolo.
I ragazzi, frattanto, si erano rialzati; erano feriti, ma per fortuna nulla di grave.
Volevano far ragionare la loro amica, farle capire che loro si erano affezionati a lei dopotutto questo tempo e che le volevano bene e che mai le avrebbero fatto del male.
“Samantha ti prego fermati! Noi non vogliamo combattere!” urlò Rebecca.
“Non mi voglio fermare! Il mio compito è uccidervi!” replicò la castana.
“No, ti prego ragiona! Ti hanno raggirato! Tu non sei così! Ritorna in te, noi ti vogliamo bene!” la supplicò la prescelta della luce.
La sua digipietra s’illuminò, generando un fascio di luce rosa; a lei seguì quella della speranza, dalla quale uscì un fascio di luce gialla; poi quella del coraggio che ne emanò una'arancione.
Persino la digipietra dell’amore s’illuminò, il che era strano, perché si sarebbe dovuta oscurare, ma era come se avesse una vita propria, poiché non rispondeva alla volontà della sua padrona.
“Tu non sei così Samantha, torna in te!” esclamò una voce all’interno della mente della fanciulla.
La ragazza riconobbe quella voce, com’era possibile? Si disse, lei era morta!
“Byomon!” esclamò, impaurita.
“Sì, voglio aiutare i nostri amici a liberarti” confessò.
E il digimedaglione si sollevò dal collo della ragazza, emanando una luce rossa che raggiunse le altre.
Luce, speranza, coraggio e amore si erano riuniti per liberare il cuore oscuro della castana, per farla ritornare come una volta.
Le quattro luci conversero formando un’intensa luce bianca, proprio sopra la quattordicenne.
L’immensa luce si avvicinò sempre più all’obiettivo, la ragazza iniziò a tremare per la paura; che questa fosse la sua fine? Si domandò.
Creò una barriera protettiva per difendersi, ma la luce non si fermò, tentando di penetrare la protezione.
Il bene stava vincendo, ma la ragazza non demorse, cercò di respingere la forte luce; spinse sempre più, fino a quando la luce tornò indietro ,causando una forte esplosione, che mandò tutti a terra e i digimon regredirono di livello.
Rise: era a un passo dalla vittoria. Si avvicinò a Gatomon, si chinò alla sua altezza e le estrasse il digicuore, riducendolo in mille pezzi, il gatto cadde al suolo senza vita.
Rebecca urlò e corse verso la sua amica, prendendola in braccio e cercando di svegliarla.
“Gatomon svegliati!” singhiozzò, scuotendo il suo digimon.
“è morta” disse la nuova nemica.
Pianse la dodicenne; mai aveva provato un’emozione simile.
Samantha si avvicinò a Patamon e ripeté la stessa operazione di prima, Tommy urlò e si precipitò dal piccolo essere giallo.
Lo prese in braccio e lo strinse possessivamente a sé, come se non lo volesse più lasciare andare.
Infine la stessa sorte toccò ad Agumon che cadde al suolo senza vita.
Timmy pianse al suo capezzale, mentre il piccolo dinosauro arancione si dissolveva e con lui i suoi compagni d’avventura.
Forse era davvero giunta la loro fine, si dissero i prescelti.
Il piano dell’oscuro era incompleto, mancava, difatti, una parte e proprio per questo che Danny si era diretto verso la sua nemesi, colui al quale un tempo remoto era appartenuto.
“Ti stavo aspettando” disse Gennai.
“Ed io che ti volevo fare una sorpresa” ironizzò l’oscuro.
“Non mi lascerò catturare così facilmente!” ringhiò il saggio, brandendo la sua spada.
“Ma smettila Gennai!” ribatté la sua copia, facendo sparire la spada.
L’uomo indietreggiò, cercando una soluzione, ma la sua nemesi fu più veloce e, con una magia, li fece scomparire, facendoli materializzare, sul campo di battaglia, dove stavano combattendo i prescelti.
Danny rise, vedendo la situazione com’era.
“Gennai osserva i tuoi prodi guerrieri cadere per mano della loro stessa compagna” disse l’oscuro, tenendo saldo Gennai.
Il saggio diede un pugno nello stomaco alla sua copia, liberandosi e raggiunse i suoi digiprescelti.
“Inutile saranno i tuoi tentativi di aiutarli, i loro digimon sono morti!” tuonò l’oscuro, ripresosi dal colpo.
Gennai guardò i tre ragazzi che annuirono, quindi Danny non stava mentendo.
L’oscuro si avvicinò alla sua schiava e si mise insieme a lei in posizione d’attacco.
Liberarono l’oscurità che avvolse la caverna e poi uscì, invadendo il mondo digitale.
“Siete spacciati la mia oscurità ha invaso Digiworld e finalmente ne sarò il padrone assoluto!” ringhiò l’oscuro signore.
“No! Non può finire così! Noi siamo i digiprescelti e non te lo permetteremo!” ribatté la prescelta della luce.
Gli altri due annuirono, il loro compito era salvare quel mondo cui si erano affezionati.
I loro digivice s’illuminarono liberando una luce bianca, ma era insufficiente.
Anche quello di Samantha s’illuminò contro la sua volontà; ancora una volta Byomon era accorsa in aiuto dei suoi compagni.
Le quattro luci andarono incontro all’oscuro, circondandolo di luce bianca, non lasciandogli via d’uscita.
La luce si rimpiccioliva sempre più e Danny non aveva via d’uscita, fino a quando sparì inghiottendo con s’è l’oscuro.
Era morto? Non si sa, forse sì, forse no, ma la pace era stata ristabilita.
Samantha sparì, giurando vendetta ai prescelti.
La luce si espanse su tutta Digiworld, ricreandola e facendola ritornare al suo antico splendore.
“Ce l’abbiamo fatta?” chiese Tommy.
“Così sembrerebbe” rispose Rebecca.
“Dov’è Samantha?” domandò Timmy, guardandosi intorno.
“Non lo so, speriamo sia tornata normale” replicò la dodicenne.
“E i nostri digimon?” chiese il biondino.
“Rinasceranno tranquilli” li rassicurò Gennai.
“Non li rivedremo più?” domandò l’undicenne triste.
“Temo di no, è giunto il momento di andarsene” rispose il saggio.
I tre non replicarono e seguirono l’uomo sulla riva di un lago, lo stesso in cui avevano passato una delle prime notti a Digiworld.
Li fece salire su un tram, che li avrebbe portati a casa.
Il mezzo partì a tutta velocità, innalzandosi verso il cielo, dove si era aperto il varco.
I tre guardarono un’ultima volta quello strano mondo, di cui solo loro erano a conoscenza, salutando Gennai.
Da un lato erano felici perché finalmente potevano ritornare a casa e riabbracciare i loro cari, ma dall’altro erano tristi per la morte dei loro amici digitali e poiché non li avrebbero mai più rivisti.
La pace a Digiworld era stata ristabilita, ma né i prescelti né Gennai sapevano che i problemi ancora non erano finiti.  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** The Curse ***


Dopo la loro avventura digitale, i tre prescelti tornarono alla loro vita normale a Berverly Hills e, grazie a quest' avventura, erano cambiati; non erano più i ragazzini viziati di qualche tempo prima, ma erano più maturi.
Per quanto riguarda Samantha, anche lei riuscì a tornare nel suo mondo, grazie al portale del castello dell’oscuro, ma purtroppo non ritornò a essere quella di prima: l’oscurità si era impadronita totalmente di lei.
Abbandonò per sempre il padre, trasferendosi da una sua zia, sempre a South Los Angeles e iniziò a lavorare in un panificio.
Ovviamente non dimenticò mai la sua missione: vendicare la morte del suo oscuro padrone.
Non sapeva, però, che Danny era vivo, anche se debole.
Infatti, era stato esiliato in un luogo oscuro, per mano dei Digivice, ma era ancora consenziente, ed anche lui voleva vendicarsi dei suoi nemici e di Gennai.
Era una notte come tutte le altre, la giovane ex prescelta dell’amore si era appena addormentata, non appena fece uno strano sogno.
Si ritrovò in un luogo oscuro, dove non si riconosceva niente, non c’erano né il cielo né la terra. Si sentì chiamare e si girò.
“Mio signore! Siete vivo!” esclamò inchinandosi.
“Sì, ma sono imprigionato qui, mi devi aiutare a vendicarmi dei prescelti!” tuonò.
“Come?” domandò la serva.
“Per liberarmi devi distruggere i digivice e uccidere i prescelti” rispose.
“Sarà fatto, mio signore!” disse la ragazza, ridendo.
Poi si ridestò; rise, sapendo che la sua vendetta era molto vicina.
Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo, per cui era ancora troppo presto per agire, a suo parere.
Erano passati cinque anni dalla loro avventura a Digiworld, i tre prescelti non avevano dimenticato le atrocità che avevo visto durante quel periodo; certi avvenimenti non si possono dimenticare, nemmeno dopo cinque anni.
Ormai erano tutti e tre, o meglio quattro, cresciuti: Samantha aveva diciotto anni, Rebecca e Timmy diciassette, infine Tommy sedici.
I loro digivice erano inattivi, e non se ne stupirono per niente, poiché Gennai aveva detto loro che non c’era più bisogno di loro, perché la pace era stata ristabilita. Perciò li avevano conservati, come ricordo dei giorni passati insieme ai loro amici che mai più avrebbero rivisto.
Samantha lavorava ancora nel panificio a South LA e faceva le consegne a domicilio, ma non sapeva che proprio quel giorno la sua vendetta sarebbe iniziata, e soprattutto non era a conoscenza del fatto che sarebbe stata piuttosto lunga da realizzare.
La consegna era piuttosto lontana a Beverly Hills, in una villa enorme con piscina.
Suonò il campanello ed entrò in quell’enorme casa. Vi era un sacco di gente, evidentemente vi era una festa.
La cosa che la colpì di più fu vedere un bellissimo ragazzo, che doveva avere pressoché la sua età: era alto e abbastanza muscoloso, i suoi capelli erano castani e ribelli, i suoi occhi erano marroni, il suo sorriso era di un bianco splendente. La fanciulla ne rimase colpita, ma persasi nell’ammirare cotanta bellezza, non si era accorta che davanti a lei vi era una ragazza, perciò l’impatto fu inevitabile.
Samantha cadde a terra e con lei la ragazza, ed entrambe si sporcano di farina e di pomodoro.
Il baldo giovane accorse in aiuto della fattorina, mentre un uomo più anziano aiutò a far alzare l’altra giovane.
“Oliver non aiuti la tua fidanzata ad alzarsi?” domandò l’uomo con un tono di rimprovero.
“Sì padre” rispose il giovane.
Poi raggiunse la ragazza e la aiutò a pulirsi.
Samantha spostò lo sguardo in direzione della fanciulla e, non appena vide chi era, sussultò.
Anche l’altra spostò lo sguardo verso quella giovane sbadata ed anche lei ebbe la sua stessa reazione.
“Samantha…” sussurrò.
“La conosci Rebecca?” domandò il suo ragazzo, che aveva sentito.
Ci pensò un attimo prima di rispondere; lei voleva correre e abbracciarla, ma non lo fece, innanzitutto perché era ad una festa per il suo fidanzamento, e poi poiché non sapeva se era tornata come prima.
“No, mi sono confusa con un’altra!” negò.
“Signorina lei ha combinato un disastro! Ha sporcato per terra ed anche la povera Rebecca! Per questo non la pagherò nemmeno un centesimo!” inveì l’uomo.
Samantha strinse i pugni; come si permetteva costui a trattarla in quel modo? Se avesse avuto la sua magia, lo avrebbe di sicuro ucciso.
“Come ti permetti! Non sai con chi stai parlando! Io so trasformare il filo per cucire in oro!” ribatté, sfidando il signore.
Tutti risero divertiti; non le credevano nemmeno un po’, eccetto Rebecca, che aveva visto con i suoi occhi ciò di cui era capace l’ex amica.
Tuttavia il ricco uomo volle stare al gioco della fattorina.
“Molto bene! Se riuscirai a trasformare il filo per cucire in oro, potrai partecipare al ballo di stasera e potrai ballare con mio figlio! Il futuro erede della mia compagnia di computer!” le propose il signore.
La giovane accettò la proposta, così fu condotta all’ultimo piano della villa e chiusa in una piccola stanza, dalla quale non sarebbe potuta uscire fino a quando non sarebbe riuscita nel suo intento.
Si sedette davanti alla macchina per cucire e iniziò la sua operazione, ma la sua magia non funzionò.
Perché? Si domandò, possibile che avesse già dimenticato? Si chiese.
“Non hai dimenticato, è solo che in questo mondo la magia non esiste, ma grazie a questo potrai usarla” disse la voce di Danny.
E al collo della fanciulla appari una strana collana e, grazie ad essa, riuscì a trasformare il filo in oro.
Il ricco imprenditore non appena vide l’oro non credé ai suoi occhi, ma comunque mantenne la sua promessa.
Così quella sera la giovane scoprì che Oliver aveva ventuno anni e che era il promesso sposo di Rebecca e già qui le venne in mente un’idea.
Nei giorni successivi si vide con Oliver e v'iniziò una storia in segreto, il suo piano stava funzionando, purtroppo le cose non vanno mai come si vuole.
Un giorno Oliver le diede appuntamento al gazebo della sua villa, ove si vedevano, e la lasciò, dicendole che era suo dovere sposare Rebecca, in quanto figlia di un ricco finanziere.
La diciottenne s’infuriò tanto; gliel’avrebbe fatto pagare alla castana, poiché le aveva rovinato la vita.
Nove mesi dopo, la fanciulla diede alla luce una bimba, che abbandonò in un orfanotrofio insieme al suo digivice, sicura che le suore l’avrebbero distrutto.
Iniziò la sua vendetta: avvelenò l’amica e distrusse il suo Digivice.
Distrusse anche quelli di Timmy e Tommy, dopo averli uccisi in un incidente stradale.  
Ma l’oscuro non fu liberato.
“Mio signore com’è possibile?” domandò la castana incredula.
“Perché voi non siete più i digiprescelti, tra qualche anno non so quando, Gennai ne selezionerà altri, saranno otto e verranno tutti da Tokyo” spiegò l’oscuro.
“Come fate a saperlo?” chiese ancora più stupita.
“Predico il futuro” confessò.
“Li devo uccidere?” domandò.
“No, sei sono appena nati, due no, quindi son inutili. Devi aspettare il momento giusto” replicò.
“E sarebbe?” chiese.
“Tra qualche anno darai alla luce una bambina. E sarà grazie a lei che io avrò la mia vendetta, ma per far sì che mi liberi, dovrai renderla spietata e senza cuore. Lancerà una maledizione che imprigionerà tutti i prescelti e Gennai e noi potremmo finalmente regnare incontrastati su Digiworld” predisse.
“Sarà per me un onore, mio signore” disse la ragazza.
Tutto ciò che l’oscuro predisse si avverò.
Qualche anno dopo Samantha diede alla luce, una bambina, che chiamò Jessica, avuta insieme a suo marito, un tale James Evilson, conosciuto poco dopo la sua delusione con Oliver.
Qualche anno dopo, furono selezionati otto prescelti giapponesi: coraggio, amicizia, amore, saggezza, purezza, sincerità, luce e speranza; queste erano le qualità che possedevano, inoltre erano un gruppo di amici dello stesso ceto sociale; erano più piccoli rispetto ai loro predecessori: il più grande aveva dodici anni, i due più piccoli otto.
Anche loro riuscirono a salvare Digiworld, ma Jessica era troppo piccola per lanciare la sua maledizione, prima doveva essere resa spietata; inoltre sembrava che i prescelti aumentassero, a causa della collisione tra i due mondi.
Un altro gruppo di prescelti fu convocato, erano sei, le qualità erano sempre le stesse; anche loro salvarono Digiworld.
Gli anni passarono e Jessica aveva tredici anni, per cui la madre decise d’iniziare la sua missione.
In un incidente uccise suo marito, al quale la figlioletta era molto legata, e qui iniziò il suo primo cambiamento.
Poi, a causa delle interferenze dell’oscuro, non ebbe amici e era trattata male da tutti; iniziò ancora a cambiare.
Quando si trasferirono a Tokyo nel quartiere di Odaiba, la missione di Samantha era quasi al termine.
La tredicenne si era creata degli amici, che guarda caso, erano i prescelti, ma anche questi sparirono grazie all’intervento dell’oscuro.
La fecero diventare una prescelta e una volta a Digiwolrd, la vera missione iniziò.
Tre anni dopo, finalmente la maledizione fu lanciata, e la madre di Jessica si godette lo spettacolo insieme all’oscuro liberato.
To be continued…
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3253655