The Jolly Hunter

di ElektraOfMycenae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - The chance meeting ***
Capitolo 2: *** Exam x Nen x Hisoka ***
Capitolo 3: *** True x False x Cards ***
Capitolo 4: *** Blood x Heart x Power ***
Capitolo 5: *** Second x Sushi x Phase ***
Capitolo 6: *** Hisoka x Rest x Rika ***
Capitolo 7: *** Enemies x Swords x Pity ***
Capitolo 8: *** Stitches x Animals x Rain ***



Capitolo 1
*** Prologue - The chance meeting ***



Animali mostruosi e specie esotiche...

favolosi tesori nascosti...

un mondo di demoni e terre inesplorate...

la parola mistero sembra magica...

e gli uomini che vengono attratti da questa forza...

vengono chiamati "Hunter"!

 

Prologue - A chance meeting

Stava camminando piuttosto lentamente, cercando di farsi strada fra la folla di candidati, quando finì accidentalmente addosso a qualcuno quando ormai era troppo tardi per evitarlo.
“Hoy, tutto a posto~♠?”
Solo allora lei alzò lo sguardo e non poté fare a meno di commentare con una delle sue solite esclamazioni volgari che certo non è il caso di ripetere. Sembra che la parola di cinque lettere che comincia per "c" e finisce per "o" sia la prima che abbia pronunciato nella culla.
Inginocchiato accanto a lei, un giovane. Un uomo di cui conosceva solo voce e presenza. Aveva una folta chioma di capelli rosso scarlatto, sbalzati all'indietro come sospinti da un costante vento contrario. Nei suoi occhi ambrati brillavano sfumature d'oro e miele fusi assieme. La sua pelle era bianca, candida come un cristallo di neve. Le labbra erano turgide e lucide. 
Sul suo volto erano dipinte una stella ed una goccia. Inoltre, indossava uno strano completo su cui vi erano riportarti i semi delle carte da gioco: cuori e picche.
Era alto; molto alto. E a Rika, un metro e settantacinque centimetri di pura strafottenza, non erano mai piaciuti gli uomini alti; così alti da dover piegare il collo ed alzare il capo pur d'incrociarne lo sguardo.
Rika si rialzò in piedi, il pesante borsone nero in spalla e, involontariamente, sorrise alla vista del suo interlocutore.

*°*°*°*°*°

Il giovane uomo la guardava fisso in volto, con gli occhi che spuntavano come ametista; si sporse bruscamente in avanti, fissandola con insistenza, alzò le sopracciglia, e spalancò gli occhi. Poi allungò la mano e le prese il mento tra il pollice e l'indice.
“Kawaii~♥” disse il prestigiatore. Sembrava un dato di fatto, più che un complimento.
“Ti ricordo che non abbiamo tempo da perdere” Lo strano tizio alle sue spalle sbuffò seccato.
“Levami le mani di dosso!” Rika aveva iniziato a stufarsi, così sbuffò di rimando, ringhiando come un cane pulcioso.
“Allora ce l'hai una voce~♥” sbottò il prestigiatore, ironico, incantato da quella magnifica parvenza. “E anche fegato, vedo~♥”.
Una ciocca di capelli le era sfuggita accidentalmente, ricadendole morbido sul volto. Hisoka non se lo fece ripetere due volte e l'afferrò tirando. La ragazza storse le labbra in una smorfia di accennato dolore.
“Bei capelli~♥” commentò lui, languido, mentre un ghigno sinistro si andava formando sulle sue labbra. Rika tentò di mordergli la mano, che lui ritrasse quasi istintivamente.
“Non mi toccare!” Rika gli lanciò un'occhiataccia obliqua: con chi credeva di avere a che fare?
“Uh, la mocciosa ha proprio una bella gatta da pelare” commentò l'altro, inarcando un sopracciglio e sbattendo freneticamente i denti. Si era fermato a poca distanza da Hisoka e si sforzava di guardarla come se fosse una bestia da circo, quando in realtà la bestia da circo era lui: con tutti quei spilloni incastonati sul volto e quell'orribile colore di capelli: viola.
Il prestigiatore rise, una risata cristallina e sinistra al contempo. “Ed è un male?”
“Dove sono andati il tuo buonsenso e la tua sete di sangue, Hisoka?”
“Hm. Non servono ora. E' una bambina, cosa vuoi che faccia~♥ ?
“Oh, già” ripetè l'automa, sarcastico “Credo tu debba rivedere il tuo concetto di bambina”. Il tizio dagli spilloni conficcati in volto si voltò per fulminarla – il suo viso era di una stranezza assurda – con uno sguardo penetrante, pieno d'odio. Lo sguardo non durò che un secondo, ma la gelo più del vento freddo.
Hisoka sogghignò. “A me piace~♥” disse svelto, con la sua voce vellutata. “A te no?”
L'automa, di tutta risposta, prima lanciò un'occhiata a quella strana donna poi ad Hisoka, infine sospirò. “Fai quel che vuoi” Girò i tacchi senza degnarlo di altre attenzioni e si dileguò fra la folla di partecipanti.
“Mmh~♥” Il prestigiatore annuì, le piccole iridi guizzavano lungo il bel corpo formoso di Rika che, rossa di rabbia, dovette mordersi la lingua per evitare di ucciderlo. Davanti a tutti. In quel preciso istante.
Oh, eccome se lo avrebbe fatto.

 

*°*°*°*°*°

Salve a tutti, carissimi lettori. Questa è la mia prima fiction che pubblico nel fandom di HunterxHunter. Spero che il primo capitolo via sia piaciuto e che vi abbia invogliati a leggerne il seguito, che caricherò presto. Spero.
Grazie ancora a tutti coloro i quali leggeranno la mia storia e, sopratutto, un grazie speciale a tutti coloro i quali vorrano recensire i miei capitoli ed esprimere le loro opinioni a riguardo. Critiche ben accette, tanto quanto i consigli.
Alla prossima, un bacio; Elektra

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Capitolo 2
*** Exam x Nen x Hisoka ***


 

ExamxNenxHisoka

First Chapter ~ The exam starts

“Non sei di queste parti~♠” affermò Hisoka.
Avevo la strana sensazione che si sentisse in dovere di parlare con me. Alzai lo sguardo e trovai i suoi occhi: erano color miele, chiari e caldi. Distolsi subito lo sguardo.
“Direi proprio di no” risposi, fredda.
"Mmh~♥” Aveva preso a studiarmi, facendo le sue valutazioni.
“Non ti piaccio~♠” Non era una domanda.
“Cosa te lo fa pensare?” Forse il fatto che sei uno spietato assassino omicida? Oppure i tuoi capelli antigravitazionali? Magari potremmo aggiungerci anche quella faccia da psicopatico effeminato che ti ritrovi?
“Chissà. Chiamala, se vuoi, intuizione~”
Abbozzai una risata, ma non ero affatto divertita. Stavo pur sempre dialogando con il mio presunto bersaglio..Avanti!

Quel furfante di Hisoka sembrava affascinato da me e dai miei modi, ma il motivo mi sfuggiva. In parte accadeva perchè ero una donna. Una donna che non teneva mai la lingua a posto. Una donna alta, magra e flessuosa. Dal viso, che non era bellissimo, spiccavano i miei occhi profondi, d'un azzurro che raramente si vede in giro. Forse era per questo. O forse no.
Il suo viso continuava a distrarmi così tanto che cercavo di non fissarlo più di quanto mi imponessero le buone maniere. Tuttavia, aguzzavo costantemente la vista per osservare l'uomo che mi era accanto. Aveva vita sottile, spalle larghe e fisico muscoloso, proprio come risultava dai tabulati. Inoltre, sembrava veramente molto forte, qualità poco comune tra gli umani abituati alle mollezze della vita. Si muoveva con agilità e leggerezza, e aveva qualcosa che mi rammentava un serpente.
Sbirciai di nuovo verso di lui, mentre con la coda dell'occhio esaminavo uno ad uno tutti i candidati.
Mi stava di nuovo squadrando. Alzai lo sguardo nella sua direzione e vidi un sorriso beffardo tanto bello da catturarmi come un'idiota.

*°*°*°*°*°

Posai la pesante custodia nera a terra, e mi ci sedetti sopra. Lo sferragliamento metallico catturò l'attenzione di molti, fra i quali Hisoka.
Feci finta di nulla.

Lui, dal canto suo, studiava ogni mio piccolo movimento, apparentemente interessato, e la cosa mi metteva alquanto a disagio. Così mi schiarii la gola per parlare, e distrarlo.
“Ne vuoi un pò?” Lo osservai cercare la risposta mentre, seduto gambe penzoloni su di una tubatura, si rigirava le carte da poker fra le mani. Poi lo vidi annuire, gli occhi ridotti a due fessure.
“Mmmh~♥” mugugnò, allungandomi il braccio. Mentre gli porgevo l'involucro del chewing gum, sentii la sua mano sfiorare la mia casualmente. Le sue dita erano fredde come il ghiaccio, come se le avesse tenute dentro un cumulo di neve. Ma non fu per quello che mi staccai quasi istintivamente dalla presa. Quando mi aveva sfiorata, avevo sentito come una fitta alla mano, come fossimo stati percorsi da una scintilla di corrente elettrica. “Scusa” mormorai ritirandomi immediatamente. Alzai di poco lo sguardo, per l'ennesima volta, e c'era lui a fissarmi sornione, con quella solita aria di inspiegabile curiosità e quell'espressione indecifrabile.
Ruppi il ghiaccio uscendomene fuori con un: “Porti le lenti a contatto?”
Lui sembrò spiazzato dalla mia domanda inaspettata. “No~”
“Oh” mormorai, stringendomi nelle spalle e cercando di guardare altrove.
 

“Regola n°1: mai simpatizzare con il nemico!”

*°*°*°*°

Avevo ripreso a vagare, senza metà, con Hisoka alle calcagna piuttosto divertito.
"Dannazione!” s
ospirai. “Si può sapere cos'ha da seguirmi?!” Mi voltai verso di lui senza quasi pensare. Sotto quella corazza di strafottenza ed indifferenza, c'era un acuto osservatore e me ne stavo rendendo conto sempre più, perchè riusciva a leggere ogni mia piccola sfumatura e si comportava di conseguenza. Stuzzicandomi ed infastidendomi. E la calma non avrebbe servito a nulla.

Fu allora che percepii l'improvvisa presenza della sua aurea circondarlo. D'istinto, innalzai la barriera del Ten.
“Omoshiroi~♥” mormorò a bassa voce. “Sai usare il Nen a quanto pare~” Un cambiamento nella sua aurea mi mise in allerta; un cambiamento simile all'eccitamento.

“Non credo siano affari tuoi” Stupido prestigiatore pagliaccio, avrei voluto aggiungere.
“Io credo proprio di si~♥!” Uno strano ghigno malefico e malizioso al contempo comparve sul suo volto, così sinistro e così tagliente che temevo gli avrebbe falciato la faccia a metà. Gli occhi si erano stretti in due smilze fessure dalle quali a malapena distinguevo l'iride dalla pupilla ed il bianco dei suoi occhi. Sentii un brivido attraversarmi la schiena. Vertebra, dopo vertebra.
“Allora? Il gatto ti ha forse mangiato la lingua~?♥” Sarcasmo pesante.
Mi accorsi di essermi fermata, di nuovo. Ora ci trovavamo così vicini che, malgrado la folla, guardarlo in faccia mi era diventato più facile. Il che non mi aiutava di certo a mantenere la lucidità. “Si, so usarlo. Soddisfatto?” spiegai, innervositami a tal punto che amplificai il Ten al massimo. Le mani avevano iniziato a tremarmi dalla rabbia, mentre Hisoka mi squadrava dalla testa ai piedi come incantato.
“Mi piaci sempre di più~!♥” Mi parlò fissandomi con uno sguardo sadico. La sua voce era caldissima, e mi bloccò letteralmente il respiro. Con ciò, adirata, raggiunsi il secondo livello del Nen, sprigionando il Ren. Iniziai a calmarmi solo quando mi ritrovai a dover controllare la respirazione.
“Ma che bel caratterino~!♥” Hisoka mi derise leggermente, il suo ghigno non lasciava mai la sua faccia. Scossi il capo.
“Lo hai fatto apposta”
Sospirai, cercando ulteriormente la calma dentro di me. “Non è così?

A quella domanda lo vidi inclinare il capo, sornione, mentre mi guardava con quei suoi occhi lucidi dall'emozione. “Mmmh~♥” I suoi occhi brillavano selvaggiamente, come se la scena a cui aveva appena assistito lo avesse vagamente infiammato.
Fu il suono della campanella a salvarci. Il suono di una campanella che risuonò fastidiosamente all'interno della sala d'aspetto.

Mi guardai tutt'attorno alla ricerca dell'origine di quel rumore. Mentre il muro che ci aveva separati dall'inizio della prima fase si innalzava con la facilità di un avvolgibile, un piccolo bagliore di luce giallastra e un odore di aria stantia fecero capolino all'interno dell'ambiente. Subito dopo, comparve uno strano uomo con i baffi da pesce cobite.
“Scusate l'attesa. Il tempo destinato all'accettazione è terminato in questo istante. Adesso avrà inizio l'esame per diventare Hunter”

“Era ora!” dissi, vagamente eccitata, mentre osservavo gli altri candidati lanciarsi lunghe occhiate interrogative.
“Prego, da questa parte” La folla cominciò a muoversi, e insieme a lei anche io.
La tensione era palpabile e l'atmosfera era diventata stranamente pesante.
Per pura formalità, vorrei informarvi che l'esame per diventare Hunter è particolarmente severo. Se si ha sfortuna, se si ha scarsa abilità, se si viene feriti, si rischia facilmente la morte. I signori che ritengono che questo sia irrilevante, vogliano per favore seguirmi”

La mia attenzione era tutta rivolta per quello strano tizio.

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Capitolo 3
*** True x False x Cards ***


TruexFalsexCards

Second chapter ~ Run boy, run

L'esaminatore cominciò a camminare, avviandosi nella direzione opposta all'ascensore, e lentamente avevamo iniziato a correre, inspiegabilmente, senza una vera e propria metà.
Hisoka mi era accanto: dall'espressione pacata sul suo volto, dedussi la sua indifferenza alla corsa. Il suo fisico atletico non prometteva nulla di buono;

“Mi scuso per non averlo detto prima. Mi chiamo Satotz. E sono il responsabile per la prima prova d'esame. Io vi condurrò nel luogo dove sosterrete la seconda prova d'esame. Dovrete seguirmi fino a quel luogo.” A quella sconcertante rivelazione, brontolai appena ma continuai a correre. Fortunatamente, avevo una falcata piuttosto ampia che l'allenamento da Marines aveva soltanto rafforzato. Non mi era andata poi così male, pensai, finchè non mi accorsi della vicinanza di “robot-man”, decisamente troppo vicino. Così vicini, che le nostre spalle di tanto in tanto si sfregavano involontariamente. Un brivido mi gelò quando la sua mano mi sfiorò accidentalmente. Percepii benissimo le nocche delle sue dita, dure e piegate verso il palmo, scivolare sul tessuto di cui era fatto il materiale del borsone che avevo in spalla. Dico accidentalmente eppure sobbalzai non appena riuscii a focalizzare quello che era successo. Mi voltai al suo indirizzo, quando lo vidi sorridermi. Ne ero cerca, sapevo che era tutto un bluff. Il suo intento era capire che cosa ci fosse nel borsone.
Quando mi accorsi di Hisoka, al suo fianco, lo fissai instancabilmente in volto, contornandone i lineamenti piegati in una smorfia malefica e dolce assieme. Osservavo i piegamenti della sua pelle candida, il candore delle sue membra, il rosso dei suoi capelli che sarebbero prima o poi diventati inconsapevolmente la mia unica passione.
Dopo quel gesto, decisi che avrei aumentato il passo, portandomi in vantaggio. Il cuore mi batteva forte in petto. Impallidii, quando mi ritrovai a fantasticare sulle mani di Hisoka, sulle sue nocche. Come dovevano essere? Lunghe, bianche e ben curate, pensai. Lisce. Morbide.

Al diavolo!

*°*°*°*°*°

Continuammo a correre per le seguenti due ore. Le gambe non mi dolevano ancora ma nel frattempo avevo iniziato a sudare. Molti partecipanti avevano smesso di correre poco dopo la partenza, altri avevano rinunciato sin da subito. “Quante prove sono previste?” chiesi improvvisamente, come folgorata da una domanda che stranamente non mi ero ancora posta, ma di cui conoscevo già la risposta.
“Di solito, dalle cinque alle sei prove. Puoi credermi, ho fatto quest'esame per ben 35 volte!” Mi voltai e alla mia destra si trovava un piccolo uomo panciuto.
“Non è proprio qualcosa di cui andare fieri, direi!” Mi sorrise.
“Io sono Tonpa. Se hai qualche domanda, sarei felice di dart-”
“Non ho bisogno del tuo aiuto” Lo avevo interrotto a metà discorso, mentre una risata cristallina m'invase l'udito. Era Hisoka e questo, devo ammetterlo, mi aveva stupito, lasciandomi piuttosto allibita. La sua voce era fredda, ma il sorriso non lasciava mai la sua faccia. Quel tizio, Tonpa, si era dunque allontanato in tutta fretta, mentre un piccolo sorriso affiorava involontariamente sulle mie labbra. Non dissi nulla, e continuai a correre.

*°*°*°*°*°

Dopo circa 5 ore, 43 minuti e 26 secondi, i restanti candidati intravidero l'uscita, giù, in fondo alla galleria. Oltre una lunga scalinata illuminata dal solo bagliore proveniente dall'esterno. Rika trasalì, impallidendo notevolmente. Era un dato di fatto: odiava fare le scale.
“C'è qualcosa che non va?” Lo sguardo del prestigiatore era perfidamente divertito.
“Se vuoi, posso prenderti in braccio~♥” Rika si morse le labbra e strinse una mano nell'altra, con forza, per evitare di assalirlo. “Datti una mossa!” Lo afferrò per un polso, strattonandolo su per le scale.

*°*°*°*°*°

Di fronte a me, solo alcune persone. Aumentai il passo e l'ampiezza della falcata finchè non superai il resto dei partecipanti, ritrovandomi affianco all'esaminatore. Lo copiavo in stile e velocità di andatura. Lui mi guardò per un istante. Apparentemente sorpreso, tornò a concentrarsi sulla scalata, facendo le scale tre gradini alla volta con una disinvoltura allarmante. Poi mi sorrise appena da sotto i baffi arricciati.

Potevo sentire benissimo l'aura sinistra di Hisoka pulsare, a qualche buon metro di distanza, laggiù, in mezzo alla folla di candidati. Ricordai la proposta di prima mentre nella mia mente immaginavo ancora le sue mani. Scossi il capo.
Tornai a focalizzare l'attenzione sugli scalini e ad evitare di inciampare nei miei stessi piedi. Eravamo quasi arrivati, potevo intravedere benissimo cosa c'era dall'altra parte del tunnel, quando con la coda dell'occhio intravidi due ragazzini superarmi di gran lunga, entrambi esasperati ma con il sorriso stampato in faccia.

“Ho vinto io. Ora dovrai pagarmi la cena!” disse il ragazzino dai capelli argentei. “No, ho vinto io!” disse l'altro, i capelli dalle sfumature nere e verdi ritti sul capo.
Li osservai bisticciare allegramente una volta superato il traguardo, finché uno dei due non si accorse della mia presenza e parlò: “Hey, sai per caso chi è stato ad arrivare per primo?”
“Siete arrivati nello stesso istante” risposi, ansante, spostando il peso del corpo da un piede all'altro.
“Anche tu sei stata brava per essere arrivata fra i primi!” Il ragazzino dal completo verde. Uno zainetto in spalla. Il numero 405.
“Sono rimasta davanti per la maggior parte del tempo. Sono una corritrice, quindi non è stato un vero e proprio problema” Mentire sulla mia vera identità mi riusciva piuttosto bene, devo ammetterlo.
Il ragazzino dai capelli bianchi mi squadrò da cima a fondo. Il numero 99. Killua Zoldyck. Accennò ad un sorriso. “Sembri forte. Io sono Killua, e questo è Gon”
“Oh, io sono Rika. Sono il numero 88. E' un piacere fare la vostra conoscenza” Gli sorrisi, un poco come si sorride ad un bambino, quasi di piacere più che per educazione. I due ragazzini mi sorrisero di rimando, poi Gon si voltò verso l'esaminatore. “Satotz-san, è qui dove si terrà la seconda fase dell'esame?” Satotz-san scosse il capo.
“Sono desolato. Ma abbiamo ancora molta strada da fare” I due non sembrarono sorpresi né tanto meno affranti, così decisi di sedermi un istante accanto a loro per riprendere fiato. Hisoka non era mai abbastanza lontano da me, tenendomi d'occhio in continuazione come per paura che scappassi via. 

Aprii la zip laterale del borsone che mi pendeva lungo il fianco, e tirai fuori una bottiglietta d'acqua.
“Gon, Killua, ne volete un pò?” chiesi. Accettarono ed entrambi presero un sorso. Fu allora che guardai oltre la mia spalla, nella direzione in cui si trovava Hisoka. Era lì, immobile come una statua di cemento, fredda e bianca. Mi alzai, incamminandomi verso di lui. “Hey, vuoi un po' d'acqua?” Non sembrava accaldato, ne tanto meno stanco o affaticato. Cos'era? Un alieno?
Accettò di buon grado una bottiglietta d'acqua, a cui si attaccò quasi subito. Socchiuse gli occhi leggermente, le lunghe ciglia rossicce trasparivano il naturale colore dei suoi occhi che tanto mi aveva incantata sin dal primo sguardo che mi aveva rivolto. Lo osservai bere, attonita ancora una volta dal suo fisico alto e slanciato; non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Nella foga di portarsi il collo della bottiglia alle labbra, intravidi una goccia d'acqua corrergli giù dall'angolo destro della bocca, rigandogli il mento. E il mio cuore perse letteralmente un battito.
Quando si accorse di me, e del mio interesse, Hisoka fissò in modo sfacciato i suoi occhi nei miei. Un improvviso rossore mi salì alle guance, e distolsi lo sguardo mentre il mio sorriso si faceva incerto. Ma non potei impedirmi di lanciare un'altra occhiata, solo per vedere che mi stava ancora fissando con non dissimulato interesse, mentre con il dorso della mano si ripuliva. Come osa? Mi dissi, tentando di fare appello a un senso di oltraggio e di disgusto che in realtà non c'era. La sensazione che subito s'impadronì di me fu immediata, irrevocabile e violenta, come un pugnale piantato nel cuore. Sentii un fremito. Non lo volevo, non lo avevo cercato e tuttavia stava accadendo, e io ero completamente alla sua mercè.

Un ricercato, pensai.
Si, un ricercato: questa era l'unico dato che mi era dato sapere dell'uomo che mi aveva appena rubato l'anima.

*°*°*°*°*°

Continuammo ad aspettare, finché un ragazzo biondo ed un uomo in uno smoking blu di seconda mano con una 24 ore risalirono di corsa le scale. “E' qui che si terrà la seconda prova d'esame?” Scossi il capo in sua direzione.
“No, mi dispiace. Abbiamo ancora un altro pezzo di strada da fare” Il ragazzo dai capelli biondi annuì, sorridendomi non appena ebbe constatatò la mia innoquità.
"Capisco. Il mio nome è Kurapika, e questo qui è Leorio” Sorrisi, porgendogli l'ultimo sorso che mi era rimasto.
“Tenete, voi due ne avete bisogno più di quanto ne abbia bisogno io”

Mi rimisi in piedi, riposatami a sufficienza. “La nebbia si sta diradando” Come la nebbia cominciò ad alleggerirsi, una foresta venne fuori, chiara e distinta. “Le terre paludose di Numere, soprannominate “Il nido del truffatore”. Per arrivare sul luogo della seconda prova d'esame, dovremo attraversarle” Satotz parlò, le mani dietro la schiena. “Le paludi sono abitate da animali rari che vivono solo qui. La maggior parte di loro sono creature subdole e avide che ingannano gli esseri umani con l'unico scopo di farne del cibo”.

“Seguitemi facendo molta attenzione. Se vi lasciaste ingannare, soccombereste!”

*°*°*°*°*°

Inclinai il capo, chiedendomi quali creature avremmo incontrato lungo il nostro cammino e cosa ci sarebbe mai potuto accadere se non avessimo prestato attenzione quando Hisoka apparve dietro di me. “Vedi di non cacciarti nei guai!” Annuii controvoglia, sperando di certo di non dovermi perdere in alcun caso. “Brava” aggiunse Hisoka.
Mentre Satotz-san era in procinto di ripartire, una voce spiccò fra la folla. Risuonando più forte di tutte le altre messe insieme. “Non credetegli! Quel tizio sta mentendo!” Mi voltai, come me altri. Un uomo dai vestiti logori, 
ferite a cospargergli il volto, era sbucato fuori dal nulla. I suoi occhi, sbarrati, vibravano al ritmo del suo ansimare.
“Quell'uomo è un impostore! Siete stati imbrogliati! Sono io il vero esaminatore!” Inutile negare che tutto quel parlare, non fece altro che innervosire ancora di più gli altri candidati. Ma sapevo benissimo che stava mentendo, e come me anche Hisoka non sembrava poi così convinto. Me lo sentivo dentro, nelle ossa, inoltre ho sempre avuto un ottimo intuito per queste cose. Lui era una di quelle creature di cui Satotz ci aveva parlato. Una creatura, semplicemente umana.

“Hey tu!” Leorio aveva parlato, nervoso come al solito, incapace di trattene la lingua per più di due minuti. “Hai le prove che questo tizio è un impostore? Se è così, mostracele!”
“Guardate! Guardate questo!”
L'uomo aveva mostrato una sacca: al suo interno s'intravedeva una scimmia spelacchiata, apparentemente morta. Non posso negare la vaga somiglianza che quell'animale avesse con l'esaminatore Satotz, eppure c'era una cosa che non andava e che mi saltò subito all'occhio: quella scimmia aveva la bocca.
“Questa è una delle scimmie dal volto umano delle paludi di Numere. Prendono sembianze umane per ingannare le persone e farle cadere in trappola. E lui, non è altri che uno di loro!” Risi.
Risi alla sua affermazione catturando l'interesse e l'attenzione degli altri candidati. “Stai mentendo!”
L'uomo mi guardò, lo sguardo di chi viene colto con le mani nel sacco. Ma quando me ne resi veramente conto, era ormai troppo tardi. Intravidi con la coda dell'occhio un paio di rilucenti carte bianche passarmi vicino, sferzando l'aria circostante, fino a colpire il malfattore: alla testa, alle gambe, alle braccia. Morì sul colpo.

Per nulla sorpresa, mi voltai. I miei occhi si posarono lentamente su Hisoka, che se ne stava ora diritto impettito fra la folla, il resto del mazzo di carte impugnato nella mano destra. Con lo sguardo volai, fino a raggiungere l'esaminatore e notai con mio disprezzo che anche lui teneva fra le dita due carte. Non feci in tempo a realizzare cosa fosse realmente accaduto quando Hisoka parlò, con il suo accento e la sua voce sopra ogni cosa.
“Capisco, capisco. Ora tutto mi è chiaro.” fece, rivolgendosi all'esaminatore. Quello vero. “Dovete convenirmi. Non era forse più semplice fare così?” Hisoka mi lanciò un occhiata, leccandosi stranamente le labbra.
“Ecco tolto ogni dubbio. E' lei quello vero, dico bene signor esaminatore~♠?” Tutti sembravano attoniti, spaventati da quello che era accaduto in pochi istanti. Quanto avrei voluto deriderli per la loro inettitudine. Erano così, mediocri.

“Gli individui che sono riusciti a diventare degli Hunter devono saper schivare un attacco di questo livello. Non ho ragione?”
Satotz chiuse gli occhi, facendo scivolare le carte fra le dita. “Considererò questa sua affermazione una lode. Tuttavia, la prossima volta che rivolgerà un attacco contro di me, verrà considerata un'azione sovversiva e lei sarà squalificato. E' chiaro?” Hisoka annuì, per nulla intimorito, ne tanto meno interessato.
“Si, si..~♠” mormorò, con fare lascivo.

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Capitolo 4
*** Blood x Heart x Power ***



BloodxHeartxPower

Third chapter~ Sweet words

Serrai le dita della mano destra intorno alla fettuccia dello zaino e la sollevai un poco, saggiandone il peso, mentre con la mente vagavo al solo ricordo di ciò che era accaduto pochi istanti prima.

Oltre la spessa coltre di nebbia, s'intravedeva quella che doveva essere una foresta circondata da un fitto sottobosco.
Sotto la divisa scolastica, il petto mi prudeva dal caldo, ma quasi non me ne accorgevo, presa com'ero da ben altri pensieri.
“Sei sicura che andrà tutto bene?” Hisoka, dopo la sua performance, era tornato sui suoi passi. O meglio, sui miei.
Lo vidi infilarsi le mani nelle tasche degli ampi pantaloni, rivolgendomi un ultimo sguardo mentre mi stavo raddrizzando.
“Certamente” risposi con un sorriso, mostrando di sfuggita i denti bianchi, che certamente spiccarono in contrasto con i miei occhi naturalmente verdi.

Passarono alcuni secondi e, Satotz-san riprese a correre. Gli altri concorrenti dietro di lui.
Gon e Killua presero a correre al mio fianco.
“Come sapevi che stava mentendo?” chiese Killua, alzando lo sguardo su di me.
“Mmh. Sesto senso”
Gon mi sorrise. “Allora devi insegnarmelo assolutamente!” Gli sorrisi di tutta risposta, annuendo.
“Sarà un piacere!”

*°*°*°*°*°*°*°

Durante la corsa, osservavo la nebbia diradarsi e farsi sempre più fina, quando udii alle mie spalle alcuni dei candidati borbottare: “Bene, questa è la nostra chance. Aspetteremo, poi ci sbarazzeremo di lui”
Mi insospettii, e come me anche Killua. Doveva avere un ottimo udito quel bambino.
“Gon, Rika. Muoviamoci” Gon fece di si con il capo. “Giusto! Non dobbiamo perdere di vista l'esaminatore”
Killua scosse il capo, tornando a voltarsi più volte. “Quello che mi preoccupa è aumentare la distanza fra noi ed Hisoka. Stargli troppo vicino è pericoloso. Lo percepisco nell'aria”

Sorrisi al solo pensiero che Hisoka avrebbe mai potuto far del male a due innocenti bambini, mentre Gon faceva cenno a Leorio e Kurapica di seguirli.
“Io rimarrò qua dietro, ma grazie dell'avviso, Killua. Ho le mie buone ragioni per tenere d'occhio Hisoka!” Il ragazzino annuii, ma ero certa che non potesse capire il perché del mio gesto.
Così continuai sulla mia strada, mentre il gruppo principale si allontanava, aumentando il distacco.

*°*°*°*°*°*°*°

Con il passare del tempo, la nebbia aveva cominciato a farsi stranamente sempre più fitta, tornando allo stato iniziale. Così densa e pesante che avevo la sensazione di poterla afferrare a mani nude.
Poco dopo realizzai che, purtroppo, dovevo essermi persa, distaccandomi dal resto dei candidati, perdendo di vista l'esaminatore.
“Accidenti!” Infilai la mano in tasca, e vi sfilai il walkie-talkie. Non funzionava. “Questo si che è un problema” sospirai, quando improvvisamente, il rumore di voci ovattate raggiunse il mio udito.
Mi voltai e intravidi le sagome di due uomini. Due candidati.
Pensai di avvicinarmi quando il ragazzo più vicino a me sguainò un pugnale e , troppo rapidamente perché glielo potessi impedire, l'affondò nel petto del compagno. L'uomo ferito rimase stupito a tal punto che rimase lì, a fissare con gli occhi spalancati il suo aggressore prima, il cielo azzurro dopo. La lama che lo aveva trapassato gli sporgeva ora dalla schiena, appena sotto le costole.
Altrettanto bruscamente, l'aggressore tirò indietro la propria lama e il moribondo si afflosciò al suolo con un lungo sospiro, rotolando su un fianco, mentre il sangue si riversava sull'erba in una profonda pozzanghera scura.
Lanciai un'occhiata all'aggressore, un ragazzo biondo dalla barba irregolare, con gli occhi decisi. Quando lo vidi fare un passo in mia direzione, piantai i piedi a terra mettendomi in posizione di attacco.
“Vattene” disse il ragazzo. Sollevò la lama in modo minaccioso e tentò di ostentare un tono ruvido, ma la sua voce tremava. “Non voglio fare del male a una donna”
“Dovrai farlo” replicai. “Altrimenti sarò costretta ad ucciderti” E' un ragazzo, pensai, e spaventato. Mi darà ascolto, pensai.
Quella constatazione produsse in me uno strano e improvviso senso di distacco. La paura scomparve e rimase solo un'impressione di disgusto per il fatto di ritrovarci in una situazione simile, in cui uno di noi due sarebbe sopravvissuto e l'altro avrebbe invece dovuto morire.
Alle mie parole scoppiò a ridere, per quanto nervosamente, io ero una donna di bassa statura, e lui un ragazzo alto: la mia minaccia suonava inverosimile.
Fece un altro passo avanti, abbassando un po' la spada e allungando una mano verso di me, con l'evidente intenzione di afferrarmi per la gola.
Fu allora che sentii crescere in me qualcosa.
Qualcosa di freddo e duro, fatto più d'istinto che di volontà.
Mi avvicinai a lui, come se volessi abbracciarlo, così vicina che non avrebbe potuto colpirmi.
Ma io si.

*°*°*°*°*°*°*°

3rd person P.O.V
Hisoka se ne stava, poggiato contro la corteccia di un albero, a guardare gli altri candidati venir fuori dal bosco e felicitarsi per essere riusciti nell'impresa.
Erano passati ormai una ventina di buoni minuti e l'unico candidato di cui ne avesse voluto sapere non era ancora arrivato.
Si era ben presto accorto, una volta immerso nel verde, che il walkie-talkie aveva smesso di funzionare. A quel punto, aveva pensato, sarebbe stato impossibile mettersi in contatto con chiunque. Tanto meno con Rika.
Sapeva che quella ragazza non era morta. Ne era certo, tanto quanto era certo di essere il migliore.
Ma alla fine ci aveva rinunciato, e senza farsi notare, cosa in cui era discretamente bravo, era ripiombato nella foresta. Alla ricerca del suo giocattolino.
Forse più per curiosità, che per altro.

 

Quando l'aveva intravista, Rika era accasciata a terra, tutta rannicchiata con le braccia a coprirsi il volto. I capelli neri, che le ricadevano sulle spalle in riccioli scomposti, si diramavano come fili intrecciati a contatto con l'erba, verde e rigogliosa. Le mani strette a pugno. Gli occhi cerulei.
Quando Hisoka si era avvicinato, bloccandole la vista, lei li sollevò spaventata verso di lui. Si era avvicinato, senza fare rumore, finché non era stato in grado di distinguere macchie rosse e vivide a pochi passi di distanza, un po' ovunque.
La ragazza lo aveva osservato, in silenzio.
“Yo!” Lo aveva salutato quasi gioiosamente, i suoi capelli rilucevano baciati dal sole. Ma il suo volto, macchiato di sangue, celava un'inspiegabile tristezza.
Si era rialzata piuttosto lentamente, quasi avesse bisogno di aiuto. E quando si era avvicinata ad Hisoka, il prestigiatore aveva potuto benissimo distinguere che era ferita. A quanto pare, aveva riportato una ferita da taglio sul gomito, ma Hisoka si era limitato soltanto a guardarlo, esaminandolo, freddo e distaccato. Senza dire nulla, senza proferire parola.
Quando d'un tratto la vide cercare qualcosa nel borsone che aveva posato a qualche metro di distanza, e tornare porgendogli il walkie talkie che le aveva dato innanzi, solo un impercettibile movimento degli occhi lo aveva fatto sembrare vivo.
“Il Walkie-talkie aveva smesso di funzionare. Sicuramente per via della nebbia” Il tono, nella sua voce cristallina, aveva subito un'incrinatura insolita.
Hisoka non disse nulla, ma poteva sentire la rabbia salirgli dentro, nel petto, alla sola idea che il suo nuovo giocattolino potesse essersi soltanto rotto o sfregiato, quando un ghigno di pura furia fuoriuscì dalle sue labbra. La sua voce greve, bassa e lenta, vibrò del suo dispiacere. “Significa che rimarrai con me, fino alla fine dell'esame” Rika lo guardò semplicemente, inespressiva. Prima che annuisse, impotente.
Lui sorrise per un istante, poi tornò stranamente serio.

*°*°*°*°*°*°*°

Rika P.O.V

All'improvviso non sentii più la terra ruotare sotto di me. Aprii gli occhi, per la sorpresa. Hisoka mi aveva presa tra le braccia di slancio, come se pesassi cinque chili, e non cinquantacinque.
“Rimettimi giù!” Oddio, ti prego, ti prego. Non avevo fatto tempo ad aprir bocca che già era in marcia.

“Rimettimi a terra!” protestai, lamentosa. Il movimento ondeggiante della sua camminata non mi aiutava affatto. Ma lui non mi prese in considerazione, e mi strinse a sé con delicatezza, sollevandomi soltanto con le braccia.
“Soffri di vertigini
~?” chiese. Sembrava divertito.
Non risposi, piuttosto chiusi di nuovo gli occhi e pregai con tutte le mie forze che non si vedessero le mutandine da sotto la divisa.

Quando riaprì gli occhi, capii che dovevamo esserci fermati.
Poco distanti da noi, nelle vicinanze di un enorme capanno bianco, riconobbi alcuni dei volti dei candidati.
Dovevamo esser giunti al punto di arrivo, dedussi.
Hisoka mi portò ai piedi di un albero, finché con delicatezza sciolse la mia presa strangolatrice. Mi trattenne per un istante, poi mi posò dolcemente a terra.
Improvvisamente, lui
soffocò un sorriso sinistro mentre si spostava e rimaneva in piedi appoggiato con le spalle ad un albero. Il suo sguardo era acceso. “Non muoverti" disse, semplicemente.
Io ascoltavo, annuendo, sforzandomi di focalizzare la mia attenzione sulle sue parole e non sui movimenti delle labbra, sulla linea scolpita degli zigomi alti, sulle sfumature rossicce dei suoi capelli, causate dai giochi di luce tra le fronde. Lì, seduta accanto a lui, sentivo il mio grembo diventare sempre più caldo, come se tutti i muscoli e le ossa e gli organi del mio corpo si stessero sciogliendo, come neve sotto il sole splendente.
Hisoka smise di parlare; ma le sensazioni interiori dovevano essersi palesate sul mio viso, poiché una strana espressione, dura e per nulla tenera, gli apparve sul volto. Si piegò verso di me e appoggiò gentilmente una mano sulla mia guancia.
“Vedi di non farti ammazzare prima del tempo” mormorò.
Quelle parole mi diedero un fremito; mi appoggiai alla sua mano come un gatto alla ricerca di una carezza. “Perchè dovrei?” balbettai.
“Perchè se dovrà essere qualcuno ad ucciderti, quel qualcuno sarò io”
Subito tirò indietro la mano come se scottasse e balzò indietro, distogliendo lo sguardo affilato.
“E' tutto da vedere” Arrossii, spaventata dalle mie stesse parole, dalla loro sfacciataggine e da ciò che avevo potuto innescare nella mente insana di quel pazzo di Hisoka. Mi sembrava di non avere più nessun controllo su di me e sulle mie azioni. Ero del tutto impotente.
E tuttavia non rimpiangevo le mie parole.
Quando vidi il desiderio e la gioia sorgere insieme nei suoi occhi, rabbrividii.
“Non osavo sperare di meglio” esclamò. “Alla fine dell'esame...”
Smise di parlare.

E così, diventammo complici.
Complici di un piano che ci avrebbe portato alla distruzione.

Ma quelle parole alle mie orecchie suonarono comunque dolci come una musica.

*°*°*°*°*°*°*°

Heilà!
Che bello rivedervi, carissimi lettori!
Scusatemi per l'attesa, ma la scuola mi sta già distruggendo. Spero che il capitolo vi piaccia, come mi auguro sempre.
Questa volta, purtroppo o per fortuna, non sono riuscita a dilungarmi quanto dovuto e, inoltre, non mi sono soffermata abbastanza sulla prova. Mea culpa!
Ma spero lo stesso di poter leggere tante vostre recensioni!
Sappiate, dunque, che nel prossimo capitolo si riprende con la storia originale! Keep Calm!
Baci, e alla prossima

Elektra

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Capitolo 5
*** Second x Sushi x Phase ***


 
 

SecondxSushixPhase

Fifth chapter A Boiled Egg
Rimasi con Hisoka, tentata dal desiderio di schiacciare un pisolino quando udii la voce impalpabile di Satotz. “Mi congratulo con voi. Avete tutti superato la prima prova d'esame. Pregherò affinché abbiate successo anche in quella che vi attende” Detto ciò, seguii con il movimento della testa lo smoking violaceo di Satotz-san dileguarsi, allontanandosi all'orizzonte, fra il fogliame.

“Ah, meno male. Che sollievo!” Alzai lo sguardo. Gon, sorridente, impugnava nella mano destra una canna da pesca sulla cui cima brillava un'esca scarlatta. Mi venne spontaneo chiedermi cosa lo avesse indotto ad usarla.
“Ce l'abbiamo fatta” Killua, al suo fianco, rivolse al compagno un fievole sorriso mentre la folla cominciava ad agitarsi. I candidati si portavano istintivamente ai piedi del capanno che aveva accolto me e Hisoka al nostro arrivo. Quando lo sferragliamento di qualcosa di metallico catturò la mia attenzione. Alzai lo sguardo, curiosa fino all'estremo quando, oltre la saracinesca e la nuvola di fumo polveroso, intravidi le silhouette di due strani tizi.

“Eccoci qui!” Di fronte a me e agli altri candidati, si presentarono un paio di gambe. Un paio era formato da gambe bianche, ben slanciate e modellate; queste appartenevano ad una giovane donna. Indossava stivali di pelle al ginocchio, un paio di quelli alla moda: con il tacco, per intenderci. E una maglia in reticella nera fin sopra l'ombelico, da cui s'intravedevano, nascosti dalla biancheria intima, i seni sodi e sporgenti verso l'alto. Aveva gli occhi grandi; capelli rosa, bassa e carina.
“Allora dimmi, ti è venuta abbastanza fame Buhara?” Il rugghio di una pancia affamata mi perforò i timpani mentre con lo sguardo esaminavo il bel quadretto che mi si era posto innanzi. 
“Come puoi sentire, morirò di fame se non mangio qualcosa Menchi” rispose il tizio panciuto.
“Come ben immaginerete, i giudici della seconda prova d'esame saremo noi. Gli Hunter buongustai” 
“Gli Hunter buongustai?” “Eh? e chi sarebbero?”  Mi sorpresi per l'ennesima volta, all'ignoranza e alla stoltezza degli altri candidati. Eppure mi dovetti ricredere dal giudicarli tutti "un semplice branco di canagliume vario".
“Gli Hunter buongustai cercano ogni tipo d'ingrediente in tutto il mondo..” Kurapica, il ragazzo biondo che doveva avere all'incirca la mia età, parlò: “..nell'instancabile ricerca di sempre nuovi quanto raffinati sapori. Ovviamente sono essi stessi cuochi di primissima categoria” 
“Di conseguenza, questa prova...” Hanzo, l'uomo ninja, si portò l'indice alla bocca, pensieroso. 
“Già!” Ma Menchi lo precedette. Accavallò le gambe e, appoggiandosi allo schienale del piccolo divanetto in maniera al quanto spossata, sorrise alle sue cavie con non curanza e piacere dissimulato. “L'argomento su cui verte questa prova, è la cucina”
Silenzio.

“LA CUCINAAHH?!”

*°*°*°*°*°*°*°*°*

La maggior parte dei candidati era rimasta decisamente spiazzata dalla notizia.
“Questa è una vera assurdità! Sarei arrivato fin qui per farmi mettere ai fornelli?” Un uomo, più largo che lungo, dalla chioma bionda legata in un codino alto sul capo, si era fatto avanti, sfidando gli esaminatori.
“Esatto. E tu, se hai qualcosa da ridire, vattene pure!”
“Spiegami perchè mai dovrei cucinare!?” Osservai Menchi tirarsi su dal suo piccolo trono, portarsi le mani ai fianchi, inclinare il capo e aggrottare un sopracciglio. 
“Perchè siamo degli Hunter buongustai! Ecco perché!”
Alcuni tra i candidati scoppiarono in una risata fragorosa, mentre  dal canto mio, potevo benissimo sentire la rabbia salirmi dentro.
Mi voltai, assetata d'ira, all'indirizzo del fulvo uomo panciuto. 
“Vuoi chiudere quella fottuta bocca!” Lo maledii con tutta me stessa. 
Piuttosto sorpreso e infastidito dai miei modi di fare, l'uomo sembrò in procinto di imprecare quando vidi il suo sguardo oltrepassarmi in tutta la mia figura. Mi voltai di conseguenza. 
Hisoka, giù, nascosto fra la folla, le braccia incrociate al petto e una gamba accavallata sull'altra, con non-chalance se ne stava impettito a rimirar la scena. Il suo volto aveva assunto un'espressione di pura impassibilità. Le sue iridi bronzee si acuirono evidentemente. E l'uomo grasso e panciuto annichilì, mandando rumorosamente giù il bolo di codardia e paura.
“Ebbene, quali sono i piatti che noi dovremmo cucinare?” Hanzo aveva nuovamente catturato l'attenzione mia e dei presenti. La sua testa, lisa e glabra, rifletteva gli sprazzi di sole che di tanto in tanto si facevano largo fra le nubi.  (E mi chiesi da quale parrucchiere andasse)
“La prova si articola in questo modo” Buhara si carezzò la pancia, impaziente e famelico. “Prima cucinerete quello che vi chiederò io”
“Dopo di che, quelli che si saranno qualificati, si cimenteranno nelle pietanze da me scelte” Molti trasalirono a quella affermazione. Intimoriti da quella donna invitante, ma al contempo aspra e battagliera. “In altre parole, se entrambi diremo “E' buono” avrete superato la seconda prova d'esame”
“Ma è impossibile!?” “E' un ingiustizia!”
“Va bene, va bene, Basta!” Menchi era sul punto di scoppiare. “State a sentire, mi sembra di avervelo detto anche prima: chi non vuole sostenere la prova, se ne può tornare a casa! Su, andate pure, addio!”
“Non dire sciocchezze! Ora che siamo qui, non ci tireremo di certo indietro!”
“Bene, allora il menù che dovete preparare per me, consiste in maiale arrosto! Il mio cibo preferito. E' il maiale più feroce esistente in natura che abita proprio questi boschi, ovvero, il Grande Calpestatore!”.

“La prova volgerà a termine, nel momento in cui saremo completamente sazi!”

*°*°*°*°*°*°*°*°*

“Catturare un maiale e cucinarlo. Direi che è di gran lunga più facile della prima prova!” Leorio mi camminava accanto, le mani in tasca e le lunghe ed arquate gambe divaricate in una camminata strafottente. Quando si accorse di me, intravidi le sue gote arrossire leggermente mentre si portava la mano destra alla testa in segno di umiltà. 
“Oh, dimenticavo che siamo in presenza di una bellissima signorina!” 
“Se Hisoka ti sentisse, ti ucciderebbe” risposi sarcastica e, come d'incanto, Leorio aveva deciso su due piedi che camminare assieme a Gon e Kurapica sarebbe stato di gran lunga meglio.Meglio che morire infilzato da delle squallide carte da poker. E forse, a dirla tutta, Leorio non sapeva nemmeno come si giocasse a poker.

Trattenni a stento il riso, quando intravidi Gon colare a picco giù da una collina nei paraggi e supposi che seguirlo sarebbe stata una buona idea. Quel bambino aveva del talento da vendere, così mi gettai lungo il pendio della dolce collina, scivolando accanto a Gon e agli altri, che seguirono il nostro esempio. Una volta raggiunto un piccolo spiazzo ai piedi del declivio, mi ravvivai i capelli, percorrendoli con i polpastrelli e facendovi scivolare nel mezzo le dita.
“Perchè siamo qui?” Killua, le mani infilate nelle piccole tasche dei suoi ampi bermuda blu-grigio, sospirò, letteralmente annoiato. Quando Gon, a pochi passi, indicò qualcosa muoversi fra le fronde del bosco. “Trovati!”
Seguendo il dito di Gon, le mie pupille si spostarono su quello che era un branco di grossi maiali dal manto nero, in procinto di banchettare su una montagna di ossa, prima ancora che potessi solamente indietreggiare. “E' stato un terribile..errore” mormorai. 
“Correte!” 

*°*°*°*°*°*°*°*°*

Stavo facendo ritorno alla base, trascinandomi dietro la carcassa del maiale che ero riuscita a procurarmi con tanta fatica, quando il ghigno stridulo di Hisoka mi arrivò sino all'anticamera del cervello, tuonando come un lampo che squarcia il cielo in sul far della sera.
“Sbaglio, o ti avevo espressamente richiesto di restare vicino a me?” Dietro di lui, il suo maiale. 
"Scusa, ma Gon..” Lo vidi immobilizzarsi e volgere il capo altrove, per poi superarmi a passo lento. Il braccio che aveva libero era teso in un fascio di nervi, e riconobbi un singulto percorrerlo interamente fino alla punta delle sue unghie ben curate. 
Un vento freddo tirò improvvisamente da nord, scompigliandomi la chioma e causandomi un eccesso di pelle d'oca. Poi, prima ancora di udire alcun suono, vidi le sue labbra candide muoversi.
“Vedi di non affezionarti troppo. Lui è la mia preda” 

*°*°*°*°*°*°*°*°*°*

“A differenza di Buhara, io sono molto intransigente! Siete avvertiti, il mio sarà un giudizio molto severo!”
Eravamo tornati tutti e 124 i candidati al punto di ritrovo e lì, dopo una buona ventina di minuti, avevamo osservato Buhara divorarsi uno ad uno i maiali che avevamo cacciato. Inutile dire che superammo tutti la prova.

“Per la seconda fase di questa prova d'esame, il mio menù deve essere a base di...Sushi!” Menchi era seduta sul divanetto in pelle rossa, con in mano un paio di bacchette e un recipiente con all'interno quella che all'olfatto, acido e speziato, mi sembrò subito salta di soia.
“Sushi?!” “Che tipo di cucina é?” Una piacevole soddisfazione si diffuse dentro di me, dalle piante dei piedi fino alle punte delle orecchie. Riscaldandomi il cuore e la mente. E mi sopresi nel constatare che non vi fosse neanche un singolo candidato che sapesse cosa fosse il sushi. Un sorriso mi lambì le labbra involontariamente al solo pensiero di essere l'unica, lì, fra quegli stolti, a sapere come si preparasse.

“Sbaglio o vi vedo alquanto preoccupati?Beh, non è poi così strano che non sappiate cos'è. Visto e considerato che si tratta di cucina etnica!”

Vi darò subito un indizio...Di tutti i tipi di sushi, l'unico che accetterò è il Nigirizushi!”

“Allora, si comincia!”

*°*°*°*°*°*°*

La ricetta del Nigiri è una delle più antiche ricette esistenti al mondo. Legata alle storiche tradizioni ed usanze della lavorazione del..

“Pesce!” Kurapika si era appena fatto sfuggire di bocca l'ingrediente principale con cui era fatto il sushi. E subito, come un branco di animali famelici, gli altri candidati si erano lanciati nuovamente nella natura alla ricerca di un fiume, o di uno stagno.
Come da esempio, corsi a perdi fiato alla ricerca di una fonte d'acqua e, fortunatamente grazie alle mie doti di cacciatrice, la trovai quasi immediatamente. Un piccolo fiumiciattolo largo appena qualche metro e profondo tre dalla cui sommita sporgeva una cascatella di acqua alla vista fresca e refrigerante. Mi sedetti all'ombra del costone roccioso da cui sgorgava la limpida acqua per riposare un poco.Quando udii delle voci provenire dal fitto bosco.

La voce di Gon – lo sciabordio dell'acqua, il frusciare del vento – si avvicinava. Venivano tutti verso di me, verso il fiume.
“Rika! Hai trovato il fiume!”
“Mmh!” Annuii, sorridendo all'indirizzo dei due giovani ragazzini. Gon, gli occhi sfavillanti dall'emozione, Killua, lo skateboard sotto braccio, mi guardavano come fossi un'apparizione venuta dal cielo.
Posato a terra il borsone, massaggiai appena la scapola indolenzita poi, dopo essermi tolta scarpe e calze, entrai in acqua, bagnandomi i piedi fino alle caviglie. L'acqua era fresca e accogliente. Potevo percepire le correnti d'acqua calda e fredda scivolarmi fra le dita, sulla pelle liscia.
“Hey, ragazzina! Si può sapere cos'hai intenzione di fare?” Dopo di me, gli altri candidati si erano letteralmente tuffati in acqua. E posso scommetterci la faccia che molti di loro non sapessero nemmeno nuotare.
“State a vedere!” risposi, sorridente. A poche spanne, Gon e Killua avevano seguito il mio esempio.
Mi arrotolai le maniche della divisa all'altezza dei gomiti, dopo di che con lo sguardo, scandagliai il fondale alla ricerca di una trota oppure di un qualsiasi altro pesce d'acqua dolce. Sarebbe comunque andato bene per la preparazione del nigirizushi.
La giusta occasione arrivò quando, fra i ciottoli e le alghe, intravidi un branco di piccoli pesci dalle sfumature azzurrognole venire verso di me. Con velocità e decisione infilai entrambe le mani in acqua e quando i pesci furono abbastanza vicini, ne afferrai velocemente uno con tutte e cinque le dita della mano. Lo strinsi subito al petto, per evitare di farmelo scappare. Il pesce viscoso si dimenava fra le mie mani come indiavolato mentre Gon esultava a discapito dei candidati esterefatti.
Mi sentii una perfetta cretina, lì, a quella maniera, con le gambe nude e le braccia scoperte, un grosso pesce stretto fra i seni.

 

*°*°*°*°*°*°*°*

Una volta tornata alla mia postazione di lavoro, mi misi subito ai fornelli. Prima di tutto preparai con cura e dedizione tutto ciò di cui avrei avuto bisogno. Poi, cominciai a tagliare la carne tenera del pesce, finemente, in tante rondelline di forma univoca. Eliminai pelle e spine. Preparai la marinatura, e tritai l'aglio e il cipollotto che avevo raccolto per strada, mentre la mia immaginazione vagava al semplice ricordo della mia infanzia.

Ogni autunno, sin da quando ero bambina, mi recavo in qualsiasi occasione a casa del nonno. Adoravo andare a caccia con lui, assaporare il calore carnoso della selvaggina appena uccisa mescolato con gli odori di cavalli e unguenti da sella e brina sull'acqua. Mi divertivo un mondo a guardare i cani da tartufo al lavoro nei boschi e adoravo mangiare scaglie sottili di fragrante tartufo odoroso di terra fritte nel burro su fuochi da bivacco.

Ecco il motivo per cui quella prova non mi aveva messo pensiero. Non ero di certo una cuoca provetta, eppure credevo fervidamente nelle mie abilità culinarie.
Una volta preparata la salsa e il contorno con cui avrei servito il mio nigirizushi, tritai alcune scaglie di zenzero. Aggiunsi della salsa di soia, un pizzico di sale e del wasabi. Mentre cucinavo, concentrata in quello che facevo, potevo percepire lo sguardo degli altri partecipanti scivolarmi addosso, come cera che brucia al lume di candela. Li sentivo borbottare, stupirsi, imprecare, e chiedersi dove avessi imparato a cucinare così. Hisoka, al bancone accanto al mio, non sembrava cavarsela poi così male. 

Una volta impiattato il sushi, pulii il piano di cottura nell'attesa che il riso si raffreddasse per evitare che risultasse troppo cotto. 
Presi il piatto e, avviandomi verso i due esaminatori, dedussi sin dal principio che molti dei candidati erano stati respinti da Menchi e il suo carattere puntiglioso ed istintivo. Ma non mi persi d'animo.
Posai delicatamente la portata, sotto lo sguardo esaminatore dei due giudicanti. Con la coda dell'occhio ricordo di aver intravisto Menchi strabuzzare i grandi occhi turchini e che dovette darsi una contenuta non appena assaggiò il mio piatto.
“Prima che ti dia il mio responso, dimmi, come lo hai cucinato?” chiese, educatamente.
“Beh, poiché ho pescato una trota, la carne più tenera si trova nella pancia, dunque, ho pensato bene di cuocere il tutto a fuoco lento e di aggiungere un pizzico di salsa di soia” Ondeggiai impercettibilmente, rigirandomi i pollici con i pollici, le ciocche di capelli con altre ciocche di capelli. “Inoltre, mentre il riso cuoceva, ho pensato ad una marinatura e ad un contorno, e sono dunque approdata a questo risultato: Nigirizushi accompagnato da un cremoso risotto aromatizzato con brodo allo zenzero!”
Menchi annuì, soddisfatta. “Chi ti ha imparato a cucinare così?” 
“Mio nonno” La sua bocca assunse una smorfia di piacevole approvazione.
“Devi ringraziare tuo nonno, perché questo sushi è delizioso!” Menchi si portò un altro boccone alla bocca, trangugiandolo di buon gusto e assaporandone ogni umore.

*°*°*°*°*°*°*

Mancavano ancora un paio d'ore al termine della prova e, quando mi accorsi della misteriosa sparizione di Hisoka, mi misi a cercarlo con lo sguardo, alla ricerca di una testa rossa, oppure, di un paio di stivali con la punta rivolta verso l'interno. Fortuitamente intravidi le orme di scarpe col tacco sul terriccio ancora umido e decisi di seguire le impronte e vedere dove mi avrebbero portata. Finché non riconobbi lo sciabordio dell'acqua. 
Lì, sporgendomi oltre il sottobosco graffiante e spinoso, sulla sponda del fiume, Hisoka se ne stava a far rimbalzare sassi sul pelo dell'acqua. Accanto a lui, un piatto bianco e fumante.
Mi avvicinai silenziosamente, e intravidi un ghigno sul suo volto prima che ancora che si voltasse, allo scricchiolare della ghiaia a contatto con le suole delle mie scarpe. I suoi indumenti erano completamente fradici e dedussi che doveva essersi gettato nel fiume, con tutti i vestiti indosso.
“Si può sapere che stai facendo?” Chiesi in modo brusco, sedendomi al suo fianco.
Lui mi guardò fisso, sorridendomi maliziosamente, ma non rispose alla mia domanda.
I suoi muscoli, spessi e definiti, filtravano da sotto la maglietta stropicciata e umida. Arrossii violentemente, cercando qualcosa a cui appigliarmi per non sprofondare nell'imbarazzo e nella sconsideratezza più totale.
“Posso assaggiarlo?” chiesi indicando il piatto di odoroso pesce fumante accompagnato da salsa cocktail e Bourbon. “Fai pure
!”
Con le nude mani, sfilacciai un lembo di succosa carne bianca e, dopo averlo accuratamente odorato, lo portai alla bocca, masticando il boccone morbido e gustoso.
Hisoka mi osservava, come interessato dalla maniera in cui una donna potesse mai mangiare del semplice pesce. Sviai il mio sguardo dal suo temperamento focoso e accigliato, distogliendomi dai suoi lineamenti divini e cangianti. “Allora?” La sua voce, roca e profonda, e acuta e spigolosa al contempo, mi riportò alla realtà.
"Buono” balbettai, stringendomi le gambe al petto.
“Mmh
~ ♠” 
“Assaggia”
 Senza pensare, ne riflettere, avevo afferrato fra le dita un altro pezzo di sushi con la facilità con cui si afferra una penna e, protendendomi con il corpo in avanti, glielo porsi sotto il naso. Lo avevo visto incrinare lo sguardo e guardarmi sottecchi quando, ormai certa che non avrebbe mai e poi mai accettato, lo vidi dischiudere soavemente le labbra e inglobare al loro interno le mie fragili dita e il pezzetto di pesce che stringevo avidamente. 
Distinsi, con il tatto, le pareti lisce e viscide della sua cavità orale stringersi e liquefarsi attorno alle mie dita. La sua lingua scivolare e artigliarsi anguillesca attorno alle mie dita. I suoi denti, mordere appena la tenera carne della mia mano, ma con estrema delicatezza, come per non farmi male. Riconobbi le sue labbra, morbide e lievemente carnose, e la sua lingua schioccare una volta trangugiato il boccone.
Mi ero inoltre accorta che le mie gote erano divenute sempre più calde mentre le mie membra si attorcigliavano e si dimenavano come colpite da un tremendo attacco di nervosismo. Poi, un fremito piacevole si fece largo fra le congiunzioni, fra le ossa e le cartilagini, su, fra le gambe, quando mi accorsi della sua saliva intaccata alle mie dita caste. "Oishii
~ !"
Ritrassi istintivamente la mano, pulendola sul lembo della giacchetta della divisa per poi nasconderla vergognosamente fra le gambe. Solo più tardi, avrei ripensato a quel gesto così perverso. 
Perchè la sua saliva era ancora lì, a macchiarmi la pelle, ed io, scioccamente, me l'ero portata fra le cosce come per nascondere un misfatto.

*°*°*°*°*°*°*
"Nella seconda parte d'esame, non ci sono partecipanti promossi fatta eccezione del candidato n°88!"
Intravidi il braccio di Hisoka tendersi e contrarsi impercettibilmente, una carta da gioco stretta fra le dita della mano destra come volenteroso di dare un taglio al più presto a quella ridicola storia; lo fermai giusto in tempo.
Mi avvicinai lentamente e con estrema gentilezza afferrai un lembo della sua maglietta svolazzante fra l'indice ed il pollice; tirai appena.
"Mmh?" Hisoka si voltò verso di me con espressione assente, come se si fosse appena ripreso da un sogno. Mi guardò, stizzito, di sottecchi. Poi i suoi lineamenti si indurirono, e compresi che non avrei potuto fermarlo, se me lo avesse imposto.
Malgrado ciò che aveva voluto farmi intendere, percepii i muscoli tesi e brulicanti d'ira ammorbidirsi e la sua mano liquefarsi nel mentre in cui la carta da gioco scompariva magicamente dalle sue mani. 
La sorpresa mi distrasse per un millesimo di secondo, quando, assorta fra mille pensieri, il clangore di uno sferragliamento metallico catturò l'attenzione di tutti i presenti, compresa quella di Hisoka.
Alzai il capo e l'ombra di un dirigibile mi offuscò la vista quando, prima che mi coprissi il volto con le braccia, intravidi una sagoma non identificata balzare giù, verso di noi, verso la radura, dopo aver spalancato il portellone del veicolo aereo.
Un uomo fu quello che io vidi quando riaprii gli occhi. Un uomo, anziano e dalla barba folta e brizzolata, circondato da una spirale di vento e aria compressa. Se ne stava diritto, con il peso del corpo a caricare un unico piede, nudo e a calzare un sandalo di legno nello stile orientale.
"P-Pre-Presidente!" La signorina Menchi balbettò instancabilmente quella parola, come una spita conficcata in un fianco, fastidiosa e pungente.
L'uomo non proferì parola, mentre si avvicinava con passo spavaldo all'esaminatrice.
Capii on un solo colpo d'occhio che doveva trattarsi sicuramente di un uomo dalle abilità decisamente fuori dal comune: fare un salto di cinquanta metri d'altezza e non riportare neanche un singolo graffio. Mi chiesi spontaneamente che ossa avesse in quelle gambe. 
Di certo, non le ossa di un comune mortale.
 
"Da quanto tempo non ci vediamo, Presidente Netero" Menchi suonò alquanto prolissa e stonata. Non doveva aver calcolato l'arrivo di quel personaggio buffo e strano al contempo.
"E' il presidente del comitato d'esame. Il più alto responsabile dell'esame Hunter" dissi. Avevo letto qualcosa sul suo conton. Niente di più.
"Guarda, guarda, come siamo informati. Mi chiamano responsabile ma, alla fine sono solo un impiegato! Una sorta di addetto alla risoluzione dei problemi, come quello accaduto qui" "Non ho detto bene, Menchi?"
"E-Ehm, Si!" Menchi mi sembrò alquanto tesa. Come una corda di violino, avrei osato dire.
"Le tue intenzioni erano quelle di metterli nella condizione di dover tirare fuori lo spirito necessario per sfidare qualcosa di sconosciuto, vero Menchi?"
"Si, esattamente. l'obiettivo della mia prova consisteva proprio in quell'unico punto però..."
"Però, davvero credi che tutti si meritassero la bocciatura?"
"N-no...Ho perso la calma per il loro atteggiamento superficiale verso la cucina. Poi, è successo che tutti i partecipanti sono venuti a conoscenza della ricetta..E oltre ad arrabbiarmi, ho perso l'appetito!"
"In pratica, hai compreso di aver mancato ai tuoi doveri di esaminatrice"
"S-Si, presidente Netero. Mi dispiace. Quando si tratta di cucina, perdo la testa e perdo di vista tutto il resto. Ho fallito come esaminatrice!"
"Mi dimetto dalla carica di esaminatrice, quindi la prego di cancellare i risultati del mio esame!"
"E va bene, Menchi. Facciamo così! Continuerai a essere esaminatrice ma dovrai scegliere una nuova prova di cui tu stessa dovrai dare la dimostrazione.Cosa te ne pare? 
In questo modo, sarà più facile per i tuoi partecipanti accettare il verdetto!"
"D'accordo...Allora, voglio delle UOVA SODE!"
 
*°*°*°*°*°*°*°
3rd person P.O.V
Raggiunta la vetta della grande montagna, il gruppo si portò sulla soglia di un precipizio simile ad una cicatrice pronta a squarciare il monte a metà.
Rika guardò giù e le vennero le vertigini, malgrado la prova la allettasse alquanto.
I nidi dell'aquila-ragno erano lì, in bella vista, a dondolarsi sospinti dalla corrente. Sorrise di gioia, con l'acquolina in bocca; erano secoli che sentiva parlare di questa deliziosa bontà e non vedeva l'ora di assaggiarne una. 
Menchi stava spiegando ai candidati che cosa era necessario fare per superare la prova quando, all'improvviso, Rika capì che non avrebbe resistito oltre. Così si portò immediatmente sull'orlo della cicatrice e vi ci si lanciò letteralmente dentro.Tutto in lei e dentro di lei le sembrò in procinto di esserle portato via dalla corrente.
Appena ne ebbe l'occasione, Rika si appigliò ad uno dei fili di ragnatela su cui si trovavano, come intrappolati, i tondi nidi perfetti contenenti le grandi e succulente uova.
Mentre era balzata giù, la ragazza aveva udito l'eco dello stupore dei suoi compagni di avventure che ora si affacciavano chi stupefatto, chi impaurito, a guardarla nell'impresa. Menchi l'avrebbe raggiunta di lì a poco. 
Mentre Rika aveva afferrato un paio di uova con entambe le mani, percepì il vapore acque di un gaizer premere contro la pelle nuda delle sue gambe soavi e capì che quello era il momento giusto per saltare. 
Una volta risalita, atterrò un pò barcollante, le grandi uova strette fra le mani.
"Ora, non dobbiamo far altro che cuocerle!" 
"Spero tu stia scherzando.." L'uomo panciuto e biondo attacca-brighe di prima aveva parlato. "Nessuna persona sana di mente salterebbe giù da un precipizio!"
Eppure, Leorio, Gon, Kurapika e Killua lo precedettero di gran lunga. Anche loro si erano lanciati a capofitto alla caccia alle uova. E così, uno dopo l'altro avevano fatto gli altri. Compreso Hisoka, che quando era tornato in superficie, si era fatto ammirare dagli occhi languidi e verde foglia della piccola Rika che lo aveva guardato passarsi le mani fra i capelli nell'intento di lisciarli all'indietro. Tutto in lui le sembrava magico e sensuale. Persino quel ciuffo ribelle che ora gli cadeva dolcemente sulla fronte imperlata di una punta di sudore. A quel gesto, lui le sorrise, il solito ghigno malefico stampato in faccia. 
I suoi occhi lampeggianti catturarono lo spirito di Rika.
Due occhi vivi ed ombrosi.
*°*°*°*°*°*°*°*
Buonasera a tutti. 
Dovete veramente, ma veramente, scusarmi per tutta questa assenza. 
Purtroppo, sono stata male (influenza, tosse, stigmate...) e la scuola non mi ha dato un attimo di respiro. Gomen-!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, poichè questa volta sono riuscita, non solo ad allungare il capitolo, ma anche a focalizzarmi quasi unicamente sulla seconda prova d'esame così come Yoshihiro Togashi ce l'ha presentata. Molti dialoghi sono stati ripresi dal manga e ho cercato con tutta me stessa di rappresentare al meglio la scena.
Dovrete inoltre scusarmi per l'utilizzo quasi ripetitivo ed assillante degli asterischi con l'intento di suddividere cronologicamente la storia: a qualcuno piacciono, e così continuo ad usarli. Forse troppo spesso...
Ma ora sono costretta a salutarvi. Scrivetemi tante, tante recensioni! :3
Alla prossima, 
Baci, Elektra
 

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Capitolo 6
*** Hisoka x Rest x Rika ***


 
HisokaxRestxRika 
 
Chapter Sixth 
 Goodmorning (Netflix n’Chill)
 
"Ve lo ripeto: dopo tutta la fatica fatta, potete finalmente riposare!" Ci trovavamo all'interno del dirigibile del comitato d'esame; il Presidente e la sua "ciurma" ci avrebbero scortati al luogo in cui si sarebbe tenuta la terza prova d'esame.
"Le quaranta due persone che si trovano qui a bordo sono quelle che hanno superato la seconda prova d'esame. Il programma prevede di arrivare alla prossima meta per le otto di domani mattina"  Menchi, le mani aggrappate ai prosperosi fianchi nudi, predicava ordini a destra e a manca, proprio come un vero sergente.
"Finchè non vi chiamerò per il prossimo raduno, potere disporre liberamente del vostro tempo. Bene, rompete le righe!"
 
"Quindi siamo liberi!" Killua si stiracchiò la schiena e le braccia, flettendo le ginocchia nude e candide. I suoi capelli, gonfi e argentei, si piegavano e diramavano sotto il tatto delle sue dita, piccole e arrossate alle estremità.
"Proprio così! Ti va di esplorare l'interno del dirigibile?" Ammirai Gon sorridere, lo zainetto in pelle stretto sulle spalle piccole e magre; lo osservai avvicinarsi, gli occhi grandi color nocciola brillavano di eccitazione per la prossima avventura che li aspettava. "Signorina Rika, grazie mille per l'acqua di stamattina. E ricordati che devi ancora insegnarmi quel trucco!"   "Oh, allora te lo insegnerò una volta che sarai tornato dalla tua esplorazione. Ci stai?" Il ragazzino mi sorrise, annuendo felicemente. Poi si volatizzò in corridoio.
"Quei ragazzini..." sospirai, fra me e me, fin quando non percepii l'aurea di Hisoka intensificarsi appena: dietro di me, a qualche metro di distanza, era seduto in un angolo della stanza. Le gambe incrociate, la schiena diritta, il capo leggermente inclinato su di una spalla. Il suo sguardo incontrò il mio, ed io rabbrividii. Non avevo intenzione di rispondere al suo richiamo, ne tanto meno provocare la sua collera.
 
Nel dubbio di cosa fare, affamata e distrutta, controllai che tutte le mie cose fossero al loro posto all'interno del borsone, dopo di che, mi massaggiai per l'ennesima volta la scapola indolenzita, ferita dal peso esanime della borsa a tracolla. Mi stropicciai un poco gli occhi che erano, nel frattempo, diventati stanchi e pesanti sotto il peso della giornata. Le gambe e i piedi, stretti all'interno di un paio di mocassini scamosciati mal ridotti, mi facevano male e la schiena mi prudeva inevitabilmente. I capelli, li sentivo pesanti, appiccati sul capo come un ammasso di pagliuzze di fieno collose. 
Mi avviai in corridoio, tutto in me chiedeva qualche ora di buono e sano riposo. Così decisi di cercare un luogo sicuro dove schiacciare il tanto desiderato pisolino.

 
 *°*°*°*°*°*°*°*
Una volta trovata una stanza libera in cui riposare, sospirai di gioia, con il borsone in spalla che subito gettai a terra, lanciandomi letteralmente a peso morto sul letto. Raccolsi in una coda i capelli e controllai la mia posta elettronica con il telefono cellulare. Niente.
Seduta, cercai di concentrarmi, lo sguardo rivolto al soffitto, mentre ne studio forma e colore. Hisoka era rimasto nel salone principale e di certo non sarebbe venuto ad infastidirmi fino al mattino seguente. A meno che, se ne fosse stato intenzionato, non fosse passato per la finestra.
Frugai tra il disordine del borsone in cerca delle mie cuffie, che collegai all'mp3. Scelsi una canzone: “Rose” dei Black Stones.
Indossai le cuffie, schiacciai “play” e alzai il volume a livello spacca-timpani. Chiusi le palpebre, ma c'era ancora troppa luce: spensi le luci e mi coprii gli occhi con un cuscino.
Mi concentrai al massimo sulla musica, cercando di capire i testi e di seguire le parole della canzone.
Il ritmo mi impediva di pensare, esattamente come desideravo. Ascoltai la canzone senza sosta, fino a cantarla pezzo per pezzo, poi mi addormentai.
Aprii gli occhi in un luogo familiare. La mia coscienza mi diceva che stavo sognando.
Due forti braccia, mi cingevano da dietro e mi stringevano ad un corpo muscoloso. Mi lasciai andare quasi istantaneamente contro la mia stessa volontà.
Qualcuno mi avvolgeva tra le sue braccia, cedeva al mio corpo e mi trascinava su di lui con impeto; baci, carezze che ormai avevano lasciato il solco sul mio corpo.
“Rika...” Un sussurrò. “Rika...” Ancora più forte, mentre con abile mossa, mi stendeva di schiena sul letto sovrastandomi. Hisoka, pensai.
Eravamo entrambi mezzi nudi, avvolti da pesanti coperte, ma non era per quello che sentivo un caldo insopportabile. Mi aveva chiamata per nome, per poi abbassarsi e dedicarsi al mio collo, mentre la sua mano...
Mi uscì un suono strozzato. “No!” urlai, alzandomi di scatto sul letto.
Avevo ancora le cuffie in testa e con uno strattone avevo scaraventato l'mp3 dal letto al pavimento.
La luce era accesa, e io ero seduta sul letto, vestita con tanto di scarpe ai piedi. Diedi un'occhiata disorientata all'orologio: erano passate le otto.
Sbadigliai, mi stesi a pancia in giù e calciai via i mocassini. Ma stavo troppo scomoda per tentare di appisolarmi di nuovo. Rotolai a pancia in su e mi sbottonai la gonna della divisa scolastica, tentando goffamente di toglierla restando sdraiata. Fallii miseramente, e la divisa rimase lì dov'era.
La coda in cui avevo raccolto i capelli mi infastidiva, la sentivo tirare come uno spuntone sulla mia testa. Mi voltai su un fianco e strappai via l'elastico gettandolo sul pavimento quando intravidi di scatto un corpo estraneo seduto in un angolo, gambe accavallate, fare un castello di carte.
“Vedo con piacere che ti sei svegliata” Fra le folte ciglia, due occhi felini brillarono del riflesso della lampada poggiata sul comò.
“HISOKA!” Mi ricacciai il cuscino in faccia, disperata all'estremo. Ovviamente non servì a nulla: il mio subconscio riportava a galla le immagini che avevo disperatamente cercato di scacciare. Così mi rimisi a sedere, pensierosa. La vista decisamente appannata.
“Da quanto sei qui a spiarmi?” chiesi, ansiosa.
“Non hai sonno?” Quello strano clown dei miei stivali, non aveva ancora chiuso occhio, perseguitandomi all'infinito.
“Potrei anche farmelo venire” Deglutii. Mentre una goccia di sudore freddo mi solcava la schiena, facendomi rabbrividire.
“Maledetto! Così stanotte avrò gli incubi!” rispose il mio orgoglio.
Hisoka mi sorrise appena, mentre per l'ennesima volta faceva cascare il bel castello di carte.
"Si può sapere come ci riesci?"
"Come riesco, in cosa?" Le sue mani, affusolate e scarne, si muovevano con agilità e abilità tra le carte bianche. Con le dita, perfezionava le sue piccole creazioni che, unite le une alle altre, creavano una perfetta e, allo sguardo, solida piramide cartacea.
"A fare quello che stai facendo, insomma. Il castello di carte! E pensare che io non riesco a farlo nemmeno su una superficie liscia, ed eccolo, il Maestro! Arrivi tu, che ti metti a fare castelli per terra!"
"Pratica e mano ferma" Disse semplicemente, guardandomi con la coda dell'occhio arguto. "Ma piuttosto, sono curioso. Perchè non mi racconti invece che cosa è successo nel bosco?"
Ammutolii, intuendo subito a che cosa si stesse riferendo. "Allora? Non dirmi che hai la memoria corta"
"Fatti gli affari tuoi" risposi secca, voltandomi a pancia all'insù. Il cuscino stretto fra le braccia e le ginocchia. I capelli, lunghi e sciolti, li sentivo pesanti scivolare fra le lenzuola del grande letto. Lanciai un lungo respiro. "Perchè ti interessa?"
"Così"
"Non prendermi per il culo. So benissimo cosa ti passa per la testa"

"Ah si?" Mi voltai di scatto, lanciandogli una lunga occhiataccia, con le sopracciglia imbronciate. E fu allora che decisi di giocare tutto ciò che avevo. L'asso fra le mie carte migliori.
"Sicuramente, non vorresti che ciò che è successo in quel bosco, capiti a te"
"Non sono d'accordo" Mi stavo innervosendo per via della sua testardaggine e il suo insormontabile desiderio di schernirmi.
Sbuffai. "E perchè dovrei dirtelo?" Appoggiai il mento fra le mani, respirando più forte del solito, gli occhi bassi, la testa pesante.
"Hmm.." Con un colpetto delle dita, fece cadere l'ennesimo castello di carte, che si sparpagliarono su tutto il pavimento. Quando lo vidi alzarsi, calpestare le tanto amate carte, ed avvicinarsi, inginocchiandosi ai piedi del letto, dove i miei avambracci sprofondavano lentamente nel materasso morbido.
Mi prese il mento fra le dita, come la prima volta che ci eravamo incontrati, e lo rigirò fra le sue mani, stringendolo fra le dita lunghe e graffianti. "Ti conviene dirmelo, a meno che tu non voglia rovinare questo tuo bel visino!"
Deglutii visibilmente. Sudore freddo mi percorse seguito da un tremore. Distolsi lo sguardo, e con una mano spinsi via la sua. "E va bene"
"Così va meglio" Il suo malefico sghignazzo sinistro aveva di nuovo preso a diramarsi per tutta la lunghezza della sua faccia. Ne ero certa, prima o poi gli avrebbe falciato la faccia a metà.
Mi sedetti, gambe ciondoloni giù dal bordo del letto, Hisoka si sedette di fronte a me, sulla sponda dell'altro letto confinante. Gli occhi stretti in due fessure ricurve.
"Ho dovuto ammazzare un uomo" Me ne uscii velocemente, con due parole buttate giù di lì. E malgrado la sconcertante notizia, che non era poi così sconcertante agli occhi di un'assassina, Hisoka non si mosse di un millimetro, ne sembrò sconcertato o sorpreso.
Avevo fatto Bingo: Hisoka non era di certo un virtuoso. Eppure quello strano suo sorrisetto malizioso sembrò acuminarsi di piacere velato. Sembrò piacergli quello che gli avevo appena rivelato. Come biasimarlo. Lui che avrebbe ucciso chiunque gli avesse messo un bastone fra le ruote con le sue carte spigolose e affilate.

"Insomma! H-Ho, un potere. Strano. Tutto qui" Lo guardai di sottecchi, nell'intento di intravedere una qualche emozione trapelare dal suo volto. Nulla.
"Devo ammetterlo, mi hai incuriosito. Perciò, continua.." Hisoka si lasciò cadere all'indietro, poggiando il peso del suo fisico sulle braccia e sulle mani aggrappate aspramente alle coperte, smosse dal fatto che vi si fosse lanciato letteralmente pochi istanti prima.
Mi fissava, e il suo sguardo incombeva su di me come una lama tagliente e paurosa. Mi sentii completamente denudata.
"Il mio potere... non è di certo un potere di cui vantarsi" sospirai, prendendo fiato. "Non ci sono parole con cui descriverlo.." Abbassai la testa, mentre le lacrime cominciavano a pungermi dietro agli occhi. Le trattenni; non potevo mostrarmi debole.
Prima che parlassi, sembrò passare un'eternità: "Posso distruggere una persona, in meno di un millesimo di secondo, se lo volessi"
"Non si tratta del "Nen", ma di un'abilità che ho ereditato da mio padre"
"Tra di noi, lo definiamo la tecnica proibita: il "Kira. Tramite questo potere possiamo catapultare il nostro Nen nel corpo del nostro obiettivo, ciò ci permette di controllarlo dall'interno, per esempio rompendogli le ossa o facendolo esplodere internamente" Rialzai lo sguardo, per osservare l'espressione di Hisoka. Per scoprire un minimo di barlume nei suoi occhi, di paura, oppure di terrore. Sarebbe stato più che legittimo.
E invece, quando rialzai il capo al suo indirizzo, intravidi lo stesso eccitamento che avevo intravisto nei suoi occhi e nella sua aurea quella mattina.
La bocca socchiusa, da cui proveniva un singhiozzo smorzato, un gemito di piacere prolungato e rauco. Le sue pupille si erano chiaramente allargate, 
"Hmm... Mi fai venire ancora più voglia di..."
"Toglitelo dalla testa! Non combatterò contro di te!"
*°*°*°*°*°*°*°
3rd person P.O.V.
Incapace di riposare, Rika si alzò dal letto. A lunghi passi, si mise a camminare in lungo e in largo all'interno della piccola camera. Hisoka continuò con le sue carte. E quando la ragazza ebbe la certezza che se ne sarebbe stato buono a giocare, si infilò in bagno.
Rika raccolse le sue cose, accese la luce dell'ambiente e sgattaiolò via, chiudendosi la porta alle spalle.
Chiuse la porta del bagno a chiave, per evitare che Hisoka venisse a ficcare il naso.
Voleva semplicemente sbrigarsi e filare sotto le coperte. Così si lavò i denti con energia, scrupolo e velocità, ma non poteva di certo mettere fretta all'acqua calda della doccia.
D'altro canto, le avrebbe sciolto i nervi e l'avrebbe rilassata. Il profumo dello shampoo la fece sentire come se fosse ancora la stessa persona che quel mattino era uscita in ritardo di casa per andare a sostenere l'esame per diventare Hunter. Cercò inoltre di non pensare a Hisoka, che sicuramente la stava aspettando di là, per non dover ricominciare da capo tutto il processo di rilassamento.
Finita la doccia, Rika si asciugò in fretta e furia. Infilò la maglietta del pijiama rosa a pois bianchi e si strofinò i capelli con l'asciugamano di spugna bianco. Gettò l'asciugamano nella cesta, poi di corsa si pettinò alla bell'è meglio.
Sforzandosi di non fare troppo rumore, ruotò il pomello della porta e ne schizzò fuori chiudendola con cura.
Hisoka non si era mosso di un millimetro, era una statua appollaiata sul letto. Solo che adesso, nella stanza, c'era anche Gittarackur.
Di fronte alla visione di Rika, le sue labbra sussultarono mentre la statua riprendeva vita.
L'automa la squadrò dalla testa ai piedi, per poi osservare i capelli umidi e il buffo pijiama effeminato. Non battè ciglio. Solo Hisoka alzò lo sguardo. “Carina”
“Io o il mio pijiama?” Non la convinceva. “Quale dei due?”
“Mmh” Hisoka gemette con un sospiro profondo. “Entrambi”
“Baka!” sussurrò Rika, sistemandosi sul letto a gambe incrociate. “Piuttosto, si può sapere cosa state combinando voi due, a quest'ora della notte?”
“Giochiamo” rispose l'uomo-spillone, anche lui inginocchiato composto ai piedi del letto.
“Giocate?” Rika si sporse in avanti con il corpo, mantenendo tuttavia la posizione da piccolo Buddha in preghiera.
L'uomo-spillone annuì. “Ad asino”
“Posso giocare anch'io?”
Hisoka, per un momento, sembrò perso in una riflessione. “Certo”
“Sai almeno come si gioca ad asino?”
“Certo, che no” Rika sbadigliò senza volerlo.
“Ti sei risposta da sola, ora è meglio che tu dorma” L'automa l'aveva spedita a letto, come si fa con una bambina.
“Non so se ci riuscirò” fece, ironica.
“Vuoi che ce ne andiamo?” Hisoka sembrò apparentemente preoccupato.
“Sarebbe bello..” disse Rika, a voce bassa. “Ma, mi va bene anche così”
Hisoka le sorrise con le carte da gioco in mano mentre, più stanca di quanto pensasse, esausta come non mai, dopo una lunga giornata e uno stress mentale ed emotivo quale non aveva mai vissuto, Rika si abbandonava al sonno tra le coperte calde.
 *°*°*°*°*°*
Rika's P.O.V.
Alle otto e un quarto mi svegliai di soprassalto in preda alla terribile sensazione di affogare. L’incubo aveva trasformato le coperte in pesanti alghe e, mentre mi dimenavo nel vano tentativo di risalire in superficie, qualcuno mi afferrò per la caviglia.
Mi svegliai. E rimasi distesa per alcuni minuti, frastornata e madida di sudore. Poi mi voltai, lentamente, su un fianco. I capelli mi ricaddero sul volto, pizzicandomi il naso e le guance. Mi grattai, freneticamente, finchè, con lo sguardo ancora appannato dal sonno, percepii due lunghe e calde gambe a contatto con le mie.
E, ora che ci facevo caso, un volto pallido mi fissava, due occhi neri, grandi e infossati.
Feci giusto in tempo a razionalizzare l’accaduto, prima che quel tizio parlasse.
“Ohayo” La sua voce, pacata e languida, mi apparve stranamente familiare. Ed io, devo ammetterlo, a quell’irreale parvenza effimera, se fossi stata un gatto avrei fatto le fusa di gioia pur di condividere il letto con un ragazzo bello come quello che mi si era parato innanzi.
Un rumore sordo e brusco, tuttavia, attirò la mia attenzione, costringendomi a voltarmi.
Il mio sguardo incontrò allora una chioma rossa e sbarazzina. Di un rosso tiziano, dai riflessi aranciati. La solita chioma sbalzata. Una pelle liscia e diafana seguita da due tipici e alquanto insoliti occhi ambrati e brillanti.
Lo vidi sorridermi ma quasi non me ne accorsi: il fisico slanciato di Hisoka, nudo, e cinto all’altezza dei fianchi da un solo asciugamano in panno bianco, mi fecero ribollire il sangue, dentro. Come una pentola a pressione, avete presente?
Le mie emozioni si palesarono visibilmente sul mio volto, tant’è che fui costretta a girarmi; ma gli occhi di quello sconosciuto, grandi e profondi, mi misero nella soggezione più totale. Non si era mosso di un millimetro. Sdraiato immoto, i lunghi capelli neri e cangianti sciolti sulle spalle muscolose e magre. Anche lui aveva la tipica carnagione candida. Che tanto mi faceva impazzire.
“Hisoka, questa ha decisamente qualcosa che non va”      QUESTA!
“Mmh.. Capiscoo!” Hisoka mi sembrò fin troppo malizioso nella sua risposta, mentre quell'altro spingeva e allungava il suo collo, protendendosi verso di me, come per scrutare ogni mio particolare, ogni mio difetto, come per scrutarmi dentro. Dentro agli occhi.
“Leva il tuo brutto muso!" Indietreggiai, dopo aver respinto la sua insistente presenza. "E tu!” Mi voltai di scatto, indicando Hisoka e i suoi muscoli scolpiti, e i suoi pettorali delineati, e i suoi bicipiti perfetti, e i suoi tricipi, e…e…
“Copriti, Dannazione!!" In procinto di saltargli addosso, non so se per ammazzarlo oppure...Beh, sta di fatto che mi coprii la vista con entrambe le mani. 
"E, piuttosto, si può sapere chi diavolo è questo tizio nel mio letto!?”

“Mmh? Oh, stai parlando di me?” Quello che mi era sembrato similmente l'automa della sera prima, avverò ogni mia preoccupazione più sincera. 
“Se ti dicessi che sono Gittarackur?”
Continuò a guardarmi, immobile. Le pupille dei suoi occhi, simili a due palle da 8 da biliardo, rilucenti come diamanti, si mossero impercettibilmente.


Trascorsi la mezz’ora successiva rannicchiata fra le coperte, sul freddo pavimento, maledicendo me,
Hisoka,
Gittarackur o come diamine si chiama,
la Provvidenza, la mia mucca.

Tutto.
Dannazione!

 
*°*°*°*°*°*°*°*
Buonsalve!
Ebbene, prima di tutta, le dovute scuse: sono passati ben 14 giorni dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo, e me ne dispiaccio decisamente.
Ma, ripeto, scuola e impegni vari mi portano via tutta l'intera giornata. 
Ma eccomi/eccoci qua. 
Il sesto capitolo, è finalmente arrivato.
Credo di essere rientrata nei canoni di lunghezza giusta, più o meno. E, come avrete potuto ben vedere dalla lettura, il capitolo si incentra (non sull'esame questa volta :3) su uno dei miei momenti preferiti della storia, in cui mi sono spesso chiesta che cosa avrebbe mai potuto fare Hisoka durante il suo tempo libero. 
Il rapporto fra Rika e il nostro caro prestigiatore sta diventando sempre più "intimo" e "profondo". 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che sia stato abbastanza esaustivo, fatemelo sapere nelle vostre recenzioni!
Aspetto ogni vostro consiglio, critiche ben accette.
Alla prossima, Baci
Elektra

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Capitolo 7
*** Enemies x Swords x Pity ***


EnemiesxSwordsxPity
 
Seventh Chapter~ Skeletons in the closet 
Il dirigibile del Presidente Netero ci aveva lasciati sulla cima di uno sconfinato e alquanto bizzarro torrione, nel bel mezzo del nulla.
Mi avvicinai lentamente al fianco e guardai giù: un baratro di cui non si profilava il fondo.
Una raffica di vento improvvisa mi causò un breve attacco di pelle d'oca, il cui effetto si protrasse nel tempo. Con le braccia incrociate e le mani a stringermi nelle spalle, camminavo in lungo e in largo alla ricerca di un segno, una traccia, qualsiasi cosa che mi avrebbe facilitato la discesa della torre. Nulla.
Percorsi a grandi falcate l'intera circonferenza della torre, una, due, tre volte.
Tra uno sbuffo e il seguente, cominciai ad avere freddo. Il vento non voleva saperne di placarsi, e continuava a scompigliarmi la chioma, che tentavo in vano di ricomporre in continuazione. Di tanto in tanto, lanciavo un'occhiata agli altri candidati finchè il mio sguardo non s'imbattè accidentalmente nella figura snella di Hisoka, intento a perlustrare la zona, un pò come un meticoloso cane da tartufi.
Lo guardai, con le mani in tasca e lo sguardo accorto, battere il tacco dello stivale nero lungo la superficie liscia e levigata della pavimentazione.
Quando riconobbi la tipica sensazione dell'essere guardata, il peso di uno sguardo che incombeva su di me, fastidioso e pungente, alzai lo sguardo, percorrendo velocemente Hisoka in tutta la sua altezza finchè non incontrai i suoi occhi, accessi e vibranti. Mi stava guardando.
Mi fece cenno di avvicinarmi. Ed io mi avvicinai a lui sorridendo. E quando fui così vicina, ma così vicina da poterlo sfiorare con un dito, solo allora mi arrestai.
"Allora, che cosa proponi?" chiesi, fingendomi concentrata.
"Riguardo alla discesa dalla torre? Ci sono delle botole disseminate qua e là. Perciò, trovane una e-"
Non feci in tempo ad udire la fine della frase che percepii la terra aprirsi in due sotto di me, una voragine anomala che mi inghiottiva, per poi richiudersi sulla mia testa. Non riuscii a rendermi veramente conto di ciò che mi era capitato, finchè non atterrai su qualcosa di freddo ed umido.
Credetti di aver perso i sensi per qualche buon minuto, quando spalancai gli occhi e il dolore lancinante alla testa prese a pulsare insistentemente.
Momentaneamente costretta a terra, mi portai un palmo alle tempie, massaggiandole freneticamente. Di lì a poco, riuscii a rimettermi in piedi, curiosa di capire dove fossi andata a cacciarmi: doveva trattarsi di uno di quei passaggi di cui aveva accennato Hisoka, dedussi.
La stanza, buia e maleodorante in cui mi trovato, aveva le dimensioni di uno sgabuzzino: stretto, piccolo, dall'aria soffocante.
Presi fiato. L'aria filtrava dalle narici. Mi riempii i polmoni. E imprecai.
"Si può sapere dove diamine mi trovo!?" Feci luce con il display luminoso del telefonino, scarico per di più.
Non riuscivo a distinguere bene i tratti dell'ambiente che mi circondava poichè era decisamente buio, solo una piccola, insulsa fiammella rosseggiava all'altro capo della stanza. E fu da lì che sentii provenire una voce. Robotica, metallica, graffiante.
"Questa è la strada della "Fiducia". Sono spiacente ma dovrai aspettare l'arrivo di un secondo candidato per poter proseguire"
"Chi ha parlato!? Chi sei?" chiesi, quasi tramortita.
"La mia identità è irrilevante. E a quanto pare, qualcun'altro è in procinto di arrivare"
A quell'affermazione udii uno strano brontolio, un rumore sordo. Infine un sogghigno, quando fra il buio e la penombra, intravidi la figura di Hisoka piombare giù dal soffitto e cadere a quattro zampe, come un grosso gatto selvatico. Graziosamente, e sinuosamente.
Lo vidi riprendersi dalla caduta, chinato su sè stesso, una mano a sostenersi. Si rimise subito in piedi, pulendosi con entrambe le mani la fuliggine dai vestiti candidi.
Lo guardai un istante, e mi chiesi come fosse possibile.
 Doveva essere il Grande Demone Celeste.
"A quanto pare, avevo ragione" Sghignazzò Hisoka, come felice di rivedermi, mentre puntava con il dito indice un cartello affisso al muro.
Mi avvicinai a leggere: "Questa è la strada della "Fiducia". Voi due dovrete ultimare il percorso che vi condurrà alla metà procedendo per scelte stabilite dalla fiducia che riponete a vicenda" Sul piedistallo sottostante, due bracciali.
Mi avvicinai, Hisoka al mio fianco, e afferrai delicatamente il bracciale con le dita; lo avvolsi attorno al polso, ma da sola non riuscivo a chiudere la clip retrostante. Continuava a scivolarmi via quando vidi di scorcio le mani grandi e possenti del prestigiatore afferrarmi, come farebbe una donna, per il polso. Alzarlo, ruotarlo e poi stringerlo nuovamente.Con calma e precisione, afferrò le due estremità di quell'aggeggio ingombrante e si mise ad armeggiare con . Vederlo così, mi spinse a muovere lo sguardo su di lui, fissandomi insistentemente sul suo volto e sulla sua espressione: pacata, fredda, distaccata. Come sempre d'altronde.
Fra le labbra, teneva l'altro bracciale. Lo teneva tra i denti e le labbra, avidamente, eppure in maniera così inconsistente che avrebbe potuto farlo cadere da un momento all'altro. Mentre mi legava il bracciale al polso, intravidi i muscoli delle sue spalle e quelli all'altezza della clavicola e del petto muoversi.
Lo guardai, leggermente ricurvo sulla schiena, le braccia piegate appena. Non era una cattiva persona;
Una volta che ebbe terminato, lo ringraziai docilmente, la voce ridotta ad un brusio sordo e vano. 
"Mmh~ " Hisoka mugolò qualcosa fra le labbra. "Fiducia..Eh?" Non sembrava del tutto convinto quando la voce robotica parlò nuovamente:
"Esattamente. All'interno della torre sono stati preparati numerosi percorsi. Ognuno dei quali, ha una diversa chiave di avanzamento. Come avrete potuto notare, a voi è capitata la via della Fiducia. Si tratta di un arduo percorso in cui la collaborazione è fondamentale. Se questa venisse a mancare, si rischia la vita. Ma ricordatevi,se uno di voi due venisse a mancare, all'altro spetterà la medesima sorte. E con questo vi auguro di avere successo!"
 
*°*°*°*°*°*°*
"Andiamo?" Hisoka, dandomi di spalle, sembrava impaziente.
Io sorrisi istintivamente, e senza dare troppo nell'occhio mi portai al suo fianco.
Non appena entrambi fummo pronti, i braccialetti brillarono di una luce artificiale e una porta si spalancò.
Hisoka mi aprì la strada, ed io lo seguì.
Sorpassato l'uscio, percorremmo un lungo corridoio, oscuro e misterioso. Tanto da non riuscire a distinguere le pareti dal pavimento.
Inevitabilmente, mi portai maggiormente vicina al mio compagno, sfiorandolo appena.
"Non dirmi che hai paura!?" 
"Con chi ti credi di parlare?"
 dissi, mordendomi la mia dannata linguaccia lunga.
 Il punzecchiamento andò per le lunghe, finchè non presi confidenza con l'ambiente circostante e decisi di superare Hisoka.
L'oscurità del posto sembrò aiutarmi a riflettere.
Procedevo e riflettevo. Riflettevo. Sudavo e riflettevo. Cercavo di fare chiarezza su mille problematiche. Pensavo. E riflettevo. 
Ma solo quando rialzai il capo, mi stupii della mia stoltezza.
Hisoka non era più accanto a me. Non era più lì, a guidarmi lungo il tragitto e un brivido di preoccupazione mi percorse la spina dorsale. 
Mi ero persa, per la seconda volta. Ero sola, nel bel mezzo del nulla, del buio.

 
*°*°*°*°*°*°*
L'ansia cominciava a salirmi, piano, eppure era lì. Come uno scheletro nell'armadio, pronto ad assalirti quando meno te lo aspetti. Quando non vorresti.
Trasalii. E fui costretta a respirare, lentamente, boccone d'aria dopo boccone. Chiusi gli occhi, concentrandomi.
Avevo ancora freddo, malgrado il gilet di lana della scuola. Che aveva la consistenza di un panno di cotone trito e ritrito a causa dei lavaggi a secco troppo frequenti. Continuai a camminare, e questa volta mi sembrò di farlo così lentamente che sembrò passare un'eternità.
Un passo durava interminabili secondi e quando mi ritrovai difronte all'ennesimo bivio, l'insicurezza si fece padrona domina indiscussa di me. Decisi di continuare, portandomi sempre alla destra.
Continuai, barcollando. Attraversai un corriodoio, poi un altro; questa volta ero diretta in un piccolo atrio. Dappertutto era scesa una un'ombra pesante e i miei occhi faticavano a distinguere le forme e le cose. Finalmente una luce tremò alla mia destra, da una porticina socchiusa e le andai incontro.
Entrai nella stanza sospingendo l'esile porta in legno che appena gracchiò; lo feci senza produrre il minimo rumore sicchè me lo ritrovai innanzi, sobbalzando per la sorpresa.
"Hisok-
Un boato mi sorprese a tal punto che avrei potuto farmi sfuggire un urlo, se Hisoka, apparso da chissà dove, non mi avesse afferrato per un braccio e non mi avesse attirato a sè, nascondendosi in un'alcova vicina.
Mi chiuse la bocca, premendovi sopra la sua mano fresca, facendo pressione con le dita grandi e lunghe.
La sua pelle era morbida, come la pelle di un bambino. Quasi effimera, innaturale per un uomo adulto com'era.
Percepii la sua stretta bruciarmi, ferirmi più del fuoco rovente. Le mie gambe cedettero, il mio corpo si sciolse a contatto con la sua epidermide. Ero intrappolata fra le sue gambe e la parete porosa quando Hisoka mi fece cenno di non fiatare. La sua aurea scomparve ed io, non so come, feci lo stesso.
Ben presto, ritrovato l'autocontrollo, mi accorsi della presenza di qualcun'altro. 
La stanza in cui ci trovavamo era stretta, perciò il Nen era in grado di captare perfettamente la vicinanza altrui.
"Ti stavo aspettando..." Costui ridacchiò leggermente. "Hisoka!" Pronunciò quelle parole con infinita attenzione, a voce alta finchè il loro suono non pervase tutta la stanza in cui ci trovavamo.
Una figura, nera e incappucciata, seduta nell'angolo più remoto della stanza. Senza volerlo, mi strinsi istintivamente nella morsa di Hisoka. Quell'aura non mi piaceva.
Con gli occhi sgranati, cercavo di farmi spazio fra il buio e il calore saturo emanato dalle candele presenti nell'atrio. Mi sentivo mancare l'aria.
Era come trovarsi con un piede nella fossa, da un lato la salvezza, dall'altro lato il baratro. Non seppi cosa fare, ma di certo non feci nulla, finchè non percepii la morsa di Hisoka affievolirsi attorno alla mia bocca e alle mie membra, ammorbidendosi. E capii che aveva in mente qualcosa.
Così, quando me ne accorsi, liquefeci la presa con cui avevo legato il suo braccio sinistro al mio.
Senza dirmi nulla, senza darmi indicazione alcuna, lo vidi incamminarsi e svoltare l'angolo, per dirigersi tranquillamente verso quella strana figura camuffata.
Con passo lento, senza volgere il capo nè a destra nè a sinistra cominciò ad avvicinarsi, percorrendo interminabilmente il lungo il corridoio. L'altro si alzò e gli si fece incontro, ma si fermò quasi subito. Soltanto sei o sette metri li dividevano l'uno dall'altro. Hisoka continuò a camminare, rigido, impassibile.
"Quest'anno non sono qui come esaminatore" La figura si mostrò alla luce delle candele: con un gesto improvviso si scoprì il volto, lasciando scivolare a terra il vorticoso mantello. "Bensì come vendicatore!" Era piuttosto alto e, anche muscoloso, aveva un fisico ben definito sotto la folta pelliccia che gli cingeva le spalle.
La parte inferiore della testa era rasata, dalle orecchie fino alle tempie, mentre in alto la zazzera incolta era sbarazzina e i capelli ritti sul capo. Era nudo dalla cintola in su. Sul suo petto, fino al volto, spiccavano due cicatrici, rosee e profonde, che si diramavano come le radici di un albero ormai morente.
Dal mio nascondiglio vidi l'ometto seguire con lo sguardo attento e attonito quella figura alta e maestosa, mentre il volto gli si scomponeva in una convulsa maschera di stupore ed odio misti assieme.  D'un tratto spinse avanti il labbro inferiore e, vedendo Hisoka avvicinarsi ulteriormente, si piazzò nel mezzo del corridoio. "Oggi mi vendicherò di queste cicatrici!" gracchiò un'altra volta. Hisoka si fermò di colpo, guardandolo come se l'avesse scorto soltanto allora. Poi, d'improvviso, con grande naturalezza, sogghignò. "Mmh" 
Il tizio estrasse improvvisamente un paio di sciabole che fece roteare lentamente, poi, aumentando la velocità, iniziò a farle volteggiare fra le dita.
"Mmh. Sembra che tu non abbia fatto progressi dall'ultima volta"  Il volto arrogante di Hisoka sembrò ignorare il nemico che aveva davanti.
"Il bello deve ancora venire!" Il tipo lanciò le sciabole in aria, poi spiccò un salto, e alle precedenti lame se ne aggiunsero misteriosamente altre due. Le lame taglienti e affilate brillarono, illuminandomi gli occhi.
Senza dire una parola, il tipo scagliò una delle sciabole verso l'avversario.
Hisoka si concentrò sulla spada affilata come un rasoio che girava in aria, poi con un movimento rapido si spostò di lato e allungò la mano verso l'impugnatura. Riuscì ad afferrarla al primo colpo ma un'ulteriore lama sottovalutata gli sfiorò la spalla destra, che iniziò a sanguinare.
"In effetti, è difficile schivarle. Il trucco sta nel fermarle!" Anche Hisoka si mise a far roteare la sua lama con destrezza, un giro completo da una parte, poi dall'altra, le dita con le lunghe unghie che si muovevano con delicatezza sull'elsa. Le unghie non sembravano intralciarlo in alcun modo. 
"Che delusione, è più facile di quanto pensassi!"
L'ometto arretrò stranamente di un passò, come se i modi di fare di Hisoka fossero una scena già vista, ripetutasi in passato. Un Dejavu.
Il suo volto era contrito dallo stupore e dal terrore. Ormai, si stava sempre più rendendo conto che le possibilità di uscire vivo da quella stanza sarebbero state ben poche.     
Il tizio scivolò verso Hisoka con passi silenziosi, un urlo stramazzò nella sua gola.
Le lame di entrambi si incontrarono con il rumore sferragliante di un martello su un incudine. 
Mi fu subito chiaro che Hisoka lo stava testando: s'impegnava solo quel tanto che bastava per vedere di cosa il suo avversario era capace, poi un pò di più, e ancora un pò di più.
La punta dell'affilata lama di Hisoka gli aprì un graffio doloroso poco sotto l'occhio sinistro, ed io, involontariamente, sobbalzai all'orribile scena. 
Mi coprii immediatamente con entrambe le mani la bocca,
"Guarda, guarda. Dove l'hai trovata quella bella fanciulla!? Eh, Hisoka!?" Venne di nuovo avanti. "Allora, mi basterà uccidere lei per vederti perire!" Prima ancora che avessi modo di elaborare ciò che aveva detto, intravidi gli occhi di Hisoka allargarsi impercettibilmente quando l'altro scivolò in avanti, verso di me. Fino a quel momento si era solo difeso; adesso attaccava, deciso.
Ogni movimento della sua lama era un tentativo di colpirmi. 
Indietreggia, arretrai, cercai di difendermi. Ero stata colta alla sprovvista, ma non per questo avrei rifiutato un buon sano combattimento. E tanto meno avrei richiesto l'aiuto di Hisoka che, come paralizzatosi, rimase a guardare la scena, come incantato e rabbioso al contempo.
Ero impotente, senza un'arma, senza una lama. Schivai l'ennesimo attacco, l'ennesimo affondo. Un buco nell'acqua.
Il vuoto della sala tremò.
Fissavo gli occhi gialli di quel dannato. Mentre lui mi correva incontro, insaziabile, famelico. Con un salto sovrannaturale, schivai l'attacco e mentre il tizio si voltava a cercarmi, lo colpii violentemente all'inguine. Un'affondo, un calcio, una parata. 
Quello si accasciò leggermente, ringhiandomi contro. Quel tizio aveva una forza animalesca. Si rialzò quasi immediatamente, come se non avesse accusato il colpo. 
Un nuovo salto, e questa volta mi afferrò, ghignando. 
Le dita erano come artigli, le immaginavo già dilaniarmi le carni mentre tiravo freneticamente calci al suo addome. 
"Cosa abbiamo qui!? Una mocciosa che non vuole saperne di crep-!" 
Feci solo in tempo a vedere Hisoka far volteggiare una lama nella sua mano libera, la lama mi sfiorò l'orecchio destro per poi conficcarsi nella tempia del nemico.
La presa dell'uomo si afflosciò, ed io ricaddi a terra, sulle ginocchia sbucciate.
Hisoka si avvicinò, sorpassandomi, al quel corpo inerme, fece leva sul suo braccio buono ed estrasse la lama, poi la spinse forte verso il basso, spezzando ossa e cartilagini, muscoli e tendini.L'uomo emise un bizzarro suono gutturale, poi mormorò qualche frase che non potei comprendere. E infine, smise di respirare. 
La lama era conficcata esattamente al centro della fronte imperlata di sudore, ne troppo in alto ne troppo in basso.
Gli occhi del malcapitato erano capovolti leggermente all'indietro, la bocca socchiusa, i muscoli tesi.
Rimasi in silenzio, e spostai lo sguardo su Hisoka, vittorioso, nel pietoso tentativo di spostare via il cadavere e voltarsi verso di me.
"Oh, dio" sospirai, di gioia e paura al contempo. In quell'istante, credei di aver udito il respiro debole e raspante di Hisoka venir meno. Era così fievole e inconsistente.
Alzai lo sguardo sulla sua spalla: la maglietta lacera, intrisa di sangue. La ferita non era così brutta, ma la pelle di Hisoka era diventata bianca come la neve, fredda al tocco quando afferrai la mano che mi era stata offerta per rialzarmi.
"Possiamo proseguire" disse, già avviatosi alla stanza seguente, con tono alquanto allegro. 
Io feci di sì con il capo, e mi apprestai a riprendere il cammino. Non avrei voluto rimanere lì un singolo secondo in più.
*°*°*°*°*°*°*
"Il numero 88, Rika, è il primo a completare la terza fase! Tempo totale impiegato: sei ore e sedici minuti!"
"Il numero 44, Hisoka, è il secondo a completare la terza fase! Tempo totale impiegato: sei ore e diciassette minuti!"

I bracciali che ci avevano condotto attraverso la terza prova si aprirono non appena feci capolino in quella che doveva essere la base della Trick Tower.
Eravamo i primi;
Mi avvicinai ad un estremo del vasto salone e mi lasciai cadere pesantemente a terra, sul pavimento in pietra, freddo e angusto. Non dissi nulla, solo respirai. Respirai un aria fresca, pulita, malgrado il tanfo di aria stantia.
Hisoka si sedette accanto: la spalla aveva ripreso a sanguinare ma lui non ne aveva voluto sapere di medicarla, nè di fasciarla. Così lasciai perdere.
In quel frangente di silenzio, mi rivolse uno sguardo affilato e mi sentii addosso i suoi occhi ambrati e brillanti.
E i suoi occhi erano fissi sul mio viso come se conoscessi un suo segreto, come se ci conoscessimo da sempre, e sentii le guance ardere, ma non distolsi gli occhi da lui.
Una donna pudica guarda in basso, tiene la testa piegata rivolta a terra; io invece rimasi eretta, sorpresa di me stessa, gli occhi sbarrati come una sciocca e allora mi resi conto di non riuscire a staccare lo sguardo da lui, dalla sua bocca spigolosa, dalla sua occhiata che mi incendiava il viso.
*°*°*°*°*°*°*

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Capitolo 8
*** Stitches x Animals x Rain ***


StitchesxAnimalsxRain

Eighth chapter ~ Jungle
I cacciatorpedinieri sono belle navi, probabilmente le navi da guerra più belle di tutte.

La corazzata su cui eravamo approdati, sembrava una città d'acciaio, una grande fabbrica di distruzione.
Il sole splendeva alto e limpido, era una splendida mattina, il cielo era azzurro estate ed il mare luccicava. In lontananza alcune piccole vele bianche si muovevano lente e placide lungo la linea dell'orizzonte.
Mi avvicinai alla ringhiera mal ridotta e arrugginita, a guardare da lontano respirando a pieni polmoni. Per quanto la calma della montagna, che mi aveva vista gattonare, mi affascinasse, il mare rimaneva il mio primo amore.
Tante volte avevo pensato di andare a vivere sulla costa, magari cambiare lavoro, abbandonare le armi e dedicarmi ad un lavoro meno manuale, meno vivo.
Mi sedetti un attimo, senza preoccuparmi di nulla e nessuno.
Lo sciabordio ipnotico delle onde liberava i pensieri.
Feci una palla con la giacca che ero solita legare in vita e la posizionai dietro la testa, mi stesi lungo la panca e rimasi così, immobile, alcuni minuti.

Poi il telefono squillò.
Lo presi in mano, inserii la password.

“Non dimenticarti chi è il tuo bersaglio” 
JB

Occhi chiusi, un respiro profondo.
“Prendilo come già fatto”
Messaggio inviato.

*°*°*°*°*°*

Afferrai la piccola chiave metallica dalle grandi mani rugose dell'anziana signora e dopo averla ringraziata, mi avviai alla ricerca della stanza che avevo appena acquistato.

Infilai la chiave nella fessura, anch'essa arrugginita come del resto.
La camera non era molto grande, ma c'era un letto con un grande oblò che dava sul mare.
Poggiai il borsone a terra, provocando il solito baccano metallico.
Appesi la giacca al pomello della porta, poi mi sedetti a terra e finalmente potei liberarmi di quegli odiosi scarponi infangati
Mi spogliai lentamente, rimanendo in t-shirt e mutande (non possedevo un pigiama dai tempi della Cresima) e m'infilai a letto. Il tepore delle lenzuola di cotone sciolse un po' della tensione che mi attanagliava le spalle e lo stomaco.

*°*°*°*°*°*

Si era fatta sera, e l'aria stava cominciando lentamente ad asfissiarmi, il caldo a darmi alla testa. 
Non avrei sopportato rimanere in quella camera un singolo minuto di più, così uscii da una portafinestra, ritrovandomi sul balcone esterno, alla elegante e bellissima vista dell'oceano scarlatto. 
Mi slanciai dal cornicione, scalza e in cannottiera.  Era una serata limpida, più fresca di quelle cui ero abituata a YorkShinCity. Con passo leggero percorsi il corridoio fino al luogo in cui si trovava la panchina accanto alla ringhiera, lì dove si infrangono le onde. Mi sarei seduta un istante in quell'angolo nascosto e avrei riposato un po'. 
Mi stavo sgranchendo un po' le gambe quando improvvisamente percepii una presenza. Un uomo alle miespalle. Era rimasto immobile, ed io ero così immersa nei miei pensieri che non lo avevo visto arrivare. 
Mi lasciai sfuggire un'esclamazione sommessa.
L'uomo non parlò, nulla in lui sembrò muoversi.
Non fui in grado di dinstinguerlo bene nella penombra, ma sentii il suo intenso odore di colonia. Se avesse teso un po' la mano avrei potuto toccarlo. 
I miei occhi erano spalancati e curiosi, i sensi tutti all'erta malgrado non lo dessi a vedere. L'uomo celò la sua presenza, e mi fu impossibile anche solamente immaginare di chi potesse trattarsi.
Lui teneva le braccia incrociate e, sollevando il viso verso di me, mi fissava con contemplazione. Distinsi nei suoi occhi dei piccoli raggi d'oro, che si irradiavano attorno alle pupille nere; sentii anche il suo profumo di sandalo. Ma non capii. 
Non fiatai e preferii voltarmi verso le luci del faro sulla destra. Distolsi l'attenzione concentrandomi sulla pavimentazione umida e liscia, fredda sotto i miei piedi nudi.
Lo sconosciuto avanzà, avanzò ancora un po'. Era molto più alto di me, e questo non mi piacque affatto.
D'un tratto, l'uomo mormorò qualcosa di indistinguibile ma così languido da farmi venire la pelle d'oca. 
“Mi scusi, ma non parlo con gli sconosciuti, tanto meno con le spie” 
“Non sono uno sconosciuto" Sobbalzai nel disperato tentativo di riconoscere quella voce, quel timbro così familiare. Lui abbassò gli occhi. 
"Allora fatti vedere e non celare la tua aurea" Puntai gli occhi sul mio interlocutore.
“Ve lo ripeto, non parlo con gli-" Ma prima ancora che potessi terminare la frase, l'uomo mi mise una mano sulla vita, mi accarezzò la guancia e nella profonda oscurità mi guardò dritta negli occhi, quindi mi diede un lungo bacio sulle labbra, dolce e delicato. 
“Oh” mugolai fra le labbra, involontariamente. 
Lui mi baciò ancora, ancora ed ancora, e fra una carezza e la seguente gli sorrisi con fare interrogativo. 
Provai a liberarmi mentre le sue braccia possenti mi avvinghiavano: ero completamente assuefatta dal suo profumo mascolino. Il suo corpo vibrava e il suo respiro era affannato. 
Il tocco di quell'uomo non è poi così diverso da quello di altri uomini. Eppure fu così confortante, come familiare. 
Vedendomi così assuefatta come non l'aveva mai vista, lui rise, raddrizzandosi un poco. 
La baciò ancora contro il suo volere. Le carezzò i capelli invitanti al tocco. 

Non ero poi così certa di voler sapere chi fosse.
“O-Ora devo andare” feci, divincolandomi. 
Indietreggiai, guardandolo sottecchi, ammirando quel volto invisbile di cui non distinsi altro se non i suoi occhi. Dorati, proprio come quelli di qualcun'altro. Qualcun'altro di cui, in quel momento, non avrei neanche minimamente sospettato. 

*°*°*°*°*°*

Chiusi la porta della stanza con forza e poi, in punta di piedi, corsi alla finestra. L'aprii e mi sporsi dal balcone, nell'oscurità della sera, a scrutare le ombre impenetrabili delle onde e a udire il boato del vento.
“Hisoka?” lo chiamai sottovoce. Mi sentivo un'idiota totale.
La risposta, una risatina smorzata, giunse alle mie spalle poco dopo. “Si?”
Mi voltai di scatto, coprendomi la bocca per la sorpresa. “Vuoi farmi prendere un colpo? Razza di..” Era sdraiato sul letto, con un gran sorriso sulle labbra, le mani dietro la testa, i piedi accavallati: la personificazione del relax, insomma.
“Scusa” Si sforzava di essere serio. Ma non gli riusciva bene. Allora si tirò su a sedere, con lentezza, forse per non spaventarmi e per non sembrare un fottuto burattino telecomandato.
Restammo in silenzio, mentre iniziavo a rendermi conto della situazione in cui mi ero andata a cacciare: e cioè, condividere la stanza con un maniaco omicida.
“Qualcosa non va?” fece, sfiorandomi la mano con la sua, gelida.
“Vado a farmi una doccia”  La sua risatina soffocata fece tremare il letto. “Non hai risposto alla mia domanda”
Fece per alzarsi, ma fui più veloce: “Resta lì” dissi, sforzandomi di suonare severa.
“Mmh!” E finse di diventare una statua, seduta sul bordo del letto.
 

La nave era ferma.
Una brezza tiepida correva sulle onde.

*°*°*°*°*°*

L'indomani si prospettava lungo ed estenuante:
"E ora, scendete dalla nave nell'ordine in cui avete superato la Torre trabocchetto!" La voce stridula della giovane cronista aveva fatto eco lungo tutta la poppa della nave. 
"Adotteremo questo metodo, scesa una persona quella a seguire attenderà due minuti prima di scendere a sua volta! Tra una settimana farete ritorno qui, portando con voi le targhette dei vostri bersagli. Si comincia!"

Discesi dalla nave. Gli occhi degli altri candidati mi bruciavano la pelle arroventata dal sole.

Mi incamminai, di fronte a me la giungla fitta e il cielo nuvoloso presagio di pioggia. Ero fuori, ero lì, nel bel mezzo del verde. Sola. Preda.
Tornare indietro era inconcepibile.
Mi assicurai che le armi fossero al loro posto, mi sarebbero sicuramente tornate utili: volevo evitare che gli altri candidati potessero trovare anche il minimo indizio della direzione che avrei preso. Contai, uno..due..al tre scattai in direzione della fitta boscaglia. 
Corsi a più non posso, presa da un incontrollabile panico, evitando gli alberi ormai per abitudine, incapace di vedere o di sentire, avanzavo in linea retta. A un tratto mi fermai per gettare uno sguardo dietro di me: riuscivo ancora a scorgere la nave. Avevo poco tempo per nascondermi, prima che Hisoka fosse venuto a cercarmi.
Per fortuna il mio senso dell'orientamento sembrava funzionare. In una foresta sapevo sempre dove stavo andando.
Fu allora che riconobbi la sua aurea. Il calore che mi soffocava fece posto senza transizione ad un gelo mortale. Il cuore mi balzò in gola ed io mi rifugiai nel fitto della foresta. Mi misi a tremare dalla testa ai piedi, e la cosa aveva un che di eccitante.
Mi arrampicai, velocemente, come una scimmia, lungo la corteccia ruvida di un albero cercando di fare meno rumore possibile. Riflettevo a tutta velocità, indecisa, tendendo l'orecchio al minimo rumore, guardandomi intorno. Nel frattempo aveva iniziato a piovere ed io sentivo il ticchettio della pioggia battere contro gli strati di vegetazione che mi avrebbero coperta, forse, per la notte. Temevo tuttavia che da un momento all'altro il mio fragile tetto di foglie avrebbe finito per cedere al peso dell'acqua. La prospettiva del diluvio che ben presto mi avrebbe sommersa mi affliggeva. Non sapevo se quelle che colavano dalle mie guance erano gocce d'acqua oppure sudore freddo, ed era come sempre esasperante dovermi trascinare dietro quel dannato borsone.
L'aurea di Hisoka aveva ripreso a pulsare, sempre più forte, sempre più vicina. Circondata da alberi giganteschi, mi accovacciai mimetizzandomi tra le radici di un vecchio albero, supplicando il grande demone celeste di rendermi invisibile. Trattenni il fiato quando intravidi la sua sagoma in lontananza, circondata dal rigoglioso sottobosco.
Celai la mia presenza, occultando il Nen e restai in attesa.
Era bello da togliere il fiato, pensai. Inutile fingere il contrario. Il tipo di uomo perfetto per la copertina di una rivista, per un poster e… magari per spezzarti il cuore.
“Alla fine, ti sei nascosto bene, non è così?” disse improvvisamente, mentre si avvicinava. 

*°*°*°*°*°

Finalmente!
Ebbene si, sono tornata. Ce l'ho fatta! Sono risorta!
Dovete scusarmi per questo lungo periodo di assenza.
Ma bando alle ciance, spero il capitolo via sia piaciuto e spero di ricevere altrettante recensioni/critiche. 
Come avrete ben potuto intendere, ho dovuto modificare qualche dettaglio della storia: la nostra Rika non è più l'innocua ed innocente ragazzina di 17 anni, bensì una donna (?), un "agente segreto" (se così possiamo definirla) con l'intenzione di indagare sulla Brigata fantasma e che accidentalmente si imbatte in Hisoka. 
La storia si fa alquanto piccante: che tra i due possa nascere l'amore? Continuate a pregare.
Insomma, conclusione della morale: Rika ha assorbito più carattere di quanto non avesse prima, è una tipa tosta amante delle armi, ma non del proprio mestiere, è una conoscitrice del campo di battaglie e dei combattimenti corpo a corpo, ha frequentato la marina militare e l'esercito...insomma, è diventata il "Rambo dei poveri". 
N.B: Ho preferito elminare l'episodio della tempesta (?) precedente alla quarta prova.
Per chi non avesse visto l'anime, andatevelo a vedere! :'D
Spero che questa modifica possa, in sè e per sè, risultarvi piacevole! 
Alla prossima, fatemi sapere
Baci, Electra!

 

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