Mirror of Fortune di Zenya Shiroyume (/viewuser.php?uid=656927)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 ***
Capitolo 2: *** 02 ***
Capitolo 3: *** 03 ***
Capitolo 4: *** 04 ***
Capitolo 1 *** 01 ***
Magical Mirror html
Chapter I
La
ragazza sedeva a terra al centro della sua stanza, le sue bambole di
pezza erano gettate a terra sul folto tappeto turchese, mentre sulla
grande finestra la pioggia ticchettava da più di due ore.
Aveva
ormai quindici anni, lo sapeva benissimo, ma non riusciva a separarsi
da quelle figurine di stoffa. Aveva dato loro dei nomi e aveva
inventato delle storie: la sua preferita era una bambolina con i
capelli legati, di un bel color verde acqua, ed era una ballerina;
per lei immaginava gli scenari più belli e i movimenti
più
eleganti, le piaceva pensare che volteggiasse e saltasse, proprio
come una specie di fatina... Diversamente da lei.
Posò
poi lo sguardo su un'altra delle sue bambole e l'afferrò
delicatamente. Le dita iniziarono a spazzolare i lunghi capelli rosa
e di nuovo la sua immaginazione ricominciò a creare gli
scenari
tipici di quella figurina. Luka, così l'aveva chiamata, era
una
guerriera capace delle migliori acrobazie e tecniche, sapeva
combattere e cavalcare: insomma, era una vera e propria amazzone.
“Signorina
Rin, posso entrare?” fece una voce dietro la porta chiusa a
chiave.
Il castello in aria di Rin venne per l'ennesima volta demolito, i
suoi sogni da bambina infranti per tornare di nuovo alla
realtà. La
domestica girò il pomello, ma la porta rimase chiusa. La
donna
sembrò subito irrigidirsi e chiese se la 'Signorina'
stesse
bene, la pregò di aprire la porta o come minimo di
risponderle.
La
pioggia sembrò diventare più forte e un tuono
riecheggiò per la
stanza. Rin lo associò al padre, severo e minaccioso,
perciò decise
di andare a girare la chiave ancora infilata nella serratura.
Abbandonò quindi Luka sul pavimento, sempre riservandole
tutti gli
onori e tutta la delicatezza che meritava, e si allungò
verso la
sedia a rotelle. La guardò con disprezzo e tirò
la leva del freno,
in modo che potesse arrampicarcisi in tutta sicurezza.
È
sempre così, maledizione!
Come
sempre, Rin si aggrappò ai braccioli rivestiti di velluto
rosso e si
mise in ginocchio sul poggiapiedi, per poi issarsi faticosamente a
sedere. Appena si assicurò di essersi seduta correttamente,
buttò
fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, mentre con la mano destra
sganciava la leva del freno.
Appena
la porta si aprì, il viso dell'anziana domestica
iniziò a schizzare
su e giù per tutta la lunghezza della ragazza. Il capelli
biondi
c'erano ancora, gli occhi azzurri erano sempre gli stessi,
così come
il delicato visino da angelo.
“Signorina!
Suo padre le ha severamente vietato di chiudere a chiave la porta!
Non ha pensato che le potesse succedere qualcosa?!”
“Lo
so già...” rispose atona. Cosa sapeva
già? Che non avrebbe mai
potuto camminare? O che nessuno sarebbe mai venuto a trovarla,
nemmeno i suoi genitori? Ne aveva fin sopra i capelli di quella
storia.
“Cosa
c'è?”
“Suo
padre sta tornando al fronte, non vuole andare a salutarlo?”
Rin
scosse la testa e si girò, per tornare a contemplare le sue
bambole
di pezza. Sapeva già che la domestica le avrebbe rinfacciato
il
fatto che magari suo padre non sarebbe tornato e che sarebbe stato
carino, o perlomeno educato, andare a salutarlo. Rin invece sapeva
che non gli sarebbe successo nulla, sapeva che non era uno di quei
soldati di fanteria che vengono mandati in prima linea a morire: no,
lui era uno dei pezzi grossi, quelli che stanno in una tenda a dare
direttive.
“Signorina...”
“Se
non hai nient'altro da dire, allora vorrei ritornarmene alle mie
faccende!”
L'anziana
signora s'inchinò e indietreggiò di pochi passi,
ovviamente
ricordando alla ragazza di non chiudere la porta. Rin fece spallucce
e condusse la sedia a rotelle vicino alle sue bambole, per poi
scivolare piano sul tappeto. Se lei non poteva camminare, beh, lo
avrebbero fatto i suoi alter ego!
Di
nuovo, qualcuno bussò alla porta, minando la pazienza della
ragazza
che si voltò di scatto. Era ancora la domestica. Questa la
guardava
con la solita espressione pietosa e amorevole, quella che si usa
quando si ha a che fare con un cucciolo ferito, ma subito i
lineamenti della donna cambiarono repentinamente: sapeva che Rin
odiava essere compatita.
“Che
cosa vuoi, ancora?”
“P-Più
tardi passerà un corriere con un regalo per voi da vostro
padre...
Per favore, quando arriverà ci lasci portare il regalo nella
sua
stanza...”
La
ragazza annuì e tornò a coccolare la sua
bambolina preferita, Miku.
Dopotutto non le importava quanto suo padre cercasse di comprare il
suo amore, tanto era sempre distante.
Ma
non lo era sempre stato, così come la mamma.
Chissà dove era
andata? Il papà le aveva raccontato che era tornata a vivere
dai
genitori, perché con loro non stava più bene.
Allora Rin aveva
replicato con un secco e sonoro: “Ma voi vi amate
tanto!”
Ci
aveva riflettuto tanto, per mesi forse. I due si amavano davvero, ma
qualcosa si era frapposto al futuro della loro famiglia. Era iniziata
una guerra e il padre era stato costretto a ritornare sul fronte,
quindi non aveva più tempo per loro.
“Non
credo sia per questo...” disse all'unica figurina maschile
che
aveva, di nome Kaito.
Infatti
sapeva che il vero motivo non era quello, ma bensì la sua
malattia.
Non ricordava mai il nome di quel male, sapeva solo che le impediva
di camminare. Era iniziato tutto quando aveva nove anni: un giorno si
era alzata e sentiva le gambe formicolare, tutto qui. Aveva chiamato
la mamma e lei le aveva detto di non preoccuparsi, che magari si era
addormentata in una posizione scomoda. Eppure le cose continuarono
per mesi, mentre la piccola Rin sentiva di perdere sempre
più
sensibilità.
Ma
le cose degenerarono completamente dopo la diagnosi del dottore,
all'età di soli dodici anni: infatti, il papà
aveva rimproverato
duramente la mamma per non aver fatto visitare prima la figlioletta e
da allora non avevano più smesso di litigare. Sembrava si
fossero
completamente dimenticati di lei, della sua malattia e di tutto
ciò
di cui lei aveva bisogno. Per loro era diventato più
importante
litigare, finché il loro litigi li avevano portati alla
separazione.
E
gli amici? Rin non ne aveva mai avuti, solo le sue bambole di pezza.
Il perché? Perché nessuno aveva mai osato
portarla fuori. Già le
sue condizioni di salute la costringevano su una sedia a rotelle, ma
ci si erano messi anche i suoi genitori, che non volevano farla
uscire di casa. Dicevano che non le faceva bene, che si sarebbe
ammalata e che poteva essere rischioso. Tutte scuse che l'avevano
portata alla solitudine.
“Basta
rimuginare...” fece stendendosi sul tappeto, con Luka e Miku
strette al petto. Diede un'ultima occhiata alla stanza e si chiese
cosa le avrebbe regalato di nuovo il suo papà.
Spero
siano altre bambole, almeno con loro posso immaginare di essere
qualcun altro...
Con
quel pensiero, i suoi occhi si chiusero e la ragazza cadde in un
sonno profondo.
*****
Il
ragazzo sedeva sulla sua poltrona
preferita, nella mano destra teneva un bicchiere di delizioso succo
d'arancia, mentre gli occhi azzurri erano puntati sui raggi di sole
che filtravano dalle tende. La giornata volgeva al termine e il
giovane aveva passato il tempo intrattenendo i suoi ospiti, tutti
grandi magnati e aristocratici. Era soddisfatto di quello che era
riuscito a fare e di dove era riuscito ad arrivare.
Chiuse gli occhi, sul viso angelico
si allargava un sorriso soddisfatto, mentre con la mente ritornava a
quel periodo buio della sua vita che finalmente aveva lasciato spazio
al sole. Suo padre era morto per colpa di un infarto, il medico aveva
detto che era stato causato dallo stress legato ai problemi
finanziari in cui si trovavano. Scosse la testa a quel ricordo, era
ancora doloroso, così come il doversi caricare sulle spalle
montagne
di debiti. Len aveva imparato a dirigere la fabbrica del padre,
spesso lo accompagnava e questo gli aveva insegnato molte cose,
mettendo da parte l'infanzia del ragazzino. Da una parte lo aveva
ringraziato, dall'altra provava un po' di rancore, ma non troppo.
Forse la parte più difficile era stata prendersi cura della
madre,
completamente distrutta dal dolore.
Len riaprì gli occhi e si diresse
verso il suo bel salottino, dove la mamma stava lavorando a maglia.
Tutto era migliorato, lei era uscita dalla depressione e i soldi
erano tornati nelle casse della famiglia. Insomma, tutti i suoi
sforzi erano stati ripagati.
Non
hai mica fatto tutto da solo!,
disse una voce nella sua testa. Succedeva spesso che sentisse
qualcosa, ogni volta che ripensava al miglioramento della sua vita.
Sapeva bene di non essere stato l'unico ad aver contribuito a tutto
ciò, c'era stato l'intervento di qualcosa fuori da lui,
qualcosa di
magico che per certi versi voleva la sua parte di merito. Che
sia pazzo?,
pensò per la
centesima volta, mentre schioccava un bacio sulla fronte della madre,
la cui bellezza era venuta meno con l'avanzare della depressione.
“Ti
voglio bene!” disse mentre usciva verso il giardino per
godersi il
sole tanto agognato. Che fosse anche quello il risultato di quella
strana magia? Len
pensò che magari fosse solo una coincidenza: dopotutto, quel
periodo
era stato durissimo e di uscire fuori non se ne parlava... Per lui
era come se piovesse sempre, nonostante le sporadiche giornate di
sole.
Ora però camminava con le mani
dietro la schiena nel suo bel giardino in fiore, il vento gli
scompigliava i capelli biondi che scappavano alla presa del suo
elastico, mentre fischiettava un motivetto accattivante e allegro. Si
era ormai dimenticato di quel giorno lontano, la fortuna aveva
iniziato a girare dalla sua parte e questo per Len bastava. Che fosse
un atto egoistico il suo lo sapeva, ma che altro avrebbe potuto fare?
Forse dimenticare, perché quel ricordo sembrava una
pugnalata al
cuore.
Era una fredda e piovosa
serata di
dicembre e, come al solito, sedeva da solo nel salotto. La mamma era
rinchiusa nella sua stanza, non voleva nemmeno parlare al figlio, che
sedeva sulla sua poltrona a fissare i lampi che illuminavano la
stanza immersa nel buio. Si era detto che non avrebbe sprecato
nemmeno un ciocco di legno per il camino, sarebbe rimasto al freddo
pur di non usare le ultime risorse della sua famiglia. Allora pensava
a come poter tirare avanti, cosa fare per riportare il regno
economico ereditato dal padre in auge, senza però dover
ricorrere a
metodi drastici come la prostituzione o lo strozzinaggio. Aveva
immediatamente rifiutato quelle idee, si sentiva addirittura sporco
per averci pensato, ma non vedeva altre possibilità. Tutti
si erano
infatti rifiutati di aiutare una società sull'orlo del
declino,
perciò il povero Len era rimasto da solo.
Fu allora che alla sua porta bussò
qualcuno. Si era alzato per aprire con il corpo pesante, come fosse
stato svuotato di tutte le energie, come se non volesse più
lasciare
la sua poltrona in stile Barocco e volesse morire là sopra.
Len si mise a ridere ricordando la
depressione in cui era sprofondato perché ora tutto andava
per il
verso giusto, ma un brivido lo attraversò da capo a piedi,
quando
gli sovvenne il sorriso cinico del suo ospite. Era in piedi davanti
la porta, coperto da un mantello grondante di pioggia, mentre la mano
era poggiata su un oggetto nascosto da un grosso telo.
Il
ragazzo non sapeva che fare, non voleva farlo entrare, eppure l'uomo
riuscì ad infilarsi in casa con un movimento fulmineo.
“Mi aveva
chiesto se conoscessi il
motivo della mia sfortuna... -fece tra sé e sé-
Come avrei mai
potuto sospettarlo?”
Infatti l'uomo gli aveva posto una
domanda stranissima, a cui nessuno avrebbe potuto rispondere.
Continuava a sorridere, a guardarsi attorno, mentre aspettava che Len
dicesse qualcosa. Fu quando il giovane iniziò a perdere la
pazienza
che mostrò l'oggetto che l'accompagnava.
“Se
vuoi sapere chi ha rubato tutta la tua fortuna, prova a guardare in
questo specchio!”
All'inizio era scettico, era
convinto che quell'uomo fosse l'ennesimo ciarlatano pronto a
togliergli quei pochi soldi rimasti. Era tutta questione di denaro?
Per l'uomo, doveva essere solo una questione di divertimento, il
biondino lo aveva sospettato dal principio.
L'uomo aveva un ghigno sul volto,
poi lo invitò ad avvicinarsi, mentre al posto del riflesso
del
ragazzo appariva l'immagine di una giovane che per qualche motivo gli
assomigliava in modo impressionante.
“Che fai? Ti
abbandoni ai
ricordi?”
Len si voltò e vide l'uomo a cui
stava pensando, con accanto il suo specchio. La sua espressione non
era diversa da quella dei ricordi del ragazzo che
indietreggiò di
pochi passi, scettico e sospettoso.
“Che ci fai
qui?!” chiese
aggredendolo con lo sguardo.
“Dovresti
mostrare un pochino di
gratitudine per quello che ho fatto per te!”
Il misterioso ospite riprese a
ghignare e a muovere la testa in tutte le direzioni, compiacendosi
dei risultati raggiunti dal giovane imprenditore. Iniziò a
complimentarsi per la bella casa e per il giardino ben curato,
iniziò
a fare moine riguardo al nuovo staff e ai nuovi abiti che Len
indossava.
“Quindi? Cosa
vorresti dire con
questo?” chiese il biondo.
“Che questo
è il risultato della
decisione di quella notte!”
Len socchiuse gli occhi e aspettò
che proseguisse. Ancora una volta, però, non riusciva a
decifrare
quel volto, nascosto in parte dal cappuccio del mantello. Quanti
anni avrà?, pensò poi, cercando di
capire meglio il suo
interlocutore. Un singolo particolare del viso avrebbe potuto fargli
capire che persona fosse, ma purtroppo per lui l'unica parte visibile
era la bocca, affiancata da un paio di ciuffi di capelli quasi
bianchi.
La misteriosa figura fece un passo
avanti e fece un cenno al ragazzo, invitandolo a mettersi di fronte
allo specchio. Chi avrebbe visto questa volta? Perché si
sarebbe
dovuto specchiare di nuovo? Purtroppo non lo sapeva e aveva paura di
scoprirlo.
“Avanti, vieni
a vedere!”
Len deglutì e si posizionò davanti
la lastra di vetro riflettente. Al posto del suo riflesso, vi era
l'immagine di una ragazza dai capelli biondi, seduta a terra e
circondata da diverse bambole di pezza. Sullo sfondo c'era una sedia
a rotelle.
Il giovane imprenditore ebbe un
sussulto e si voltò di scatto verso l'uomo: “Che
dovrebbe
significare?!”
“Ti ricordi di
lei, non è vero?
Ti avevo detto che era colpa sua, se la sfortuna si era abbattuta su
di te... Ora tu sei felice, mentre lei si è sobbarcata tutte
le tue
sventure! Cosa pensi possa significare?”
Len non rispose, era ancora intento
a fissare quella ragazza, privo di parole.
“Come, non lo
sai? Con il nostro
accordo, la ruota della fortuna ha ripreso a girare in tuo favore...
Ma non può andare bene per tutti! E lei non fa
eccezione.”
“S-Stai
insinuando che il suo
dolore sia... C-Colpa mia?” chiese titubante.
“Lo specchio
rappresenta le due
facce di una medaglia, luce e oscurità, bene e male...
Fortuna e
sfortuna. Cosa hai intenzione di fare? Lasciare che le cose procedano
così, oppure vuoi metterti contro lo stesso scorrere del
destino per
salvarla? La scelta è solo tua!”
Angolo
di Zenya ^^
Aaaaallora! Magari
qualcuno si ricorda di me col nome di Dark Sun o per la storia The
Servant's Story,
o magari è la prima volta che leggete una mia storia... Nel
caso, ciao a tutti!
Finalmente una
nuova storia,
eh? Come si suol dire, nuovo nome, nuova storia! Che ne pensate? Spero
che il primo capitolo di questa double o triple shot vi sia piaciuto
(sì, devo ancora decidere quanti capitoli saranno, ma direi
pochi) e vi invito a lasciare una recensione, mi piacerebbe
molto sapere cosa
ne pensate ^^ dopotutto questa storia si è letteralmente
scritta da sola :P
Beh, alla prossima
e un bacione a tutti i lettori, silenziosi e non!
Angoletto dello Spam
:P
- The Servant's Story
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2652590&i=1
- E se non ci fosse un Eroe?
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2957402&i=1
- Kingdom
Hearts: the Last Princess http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3258304&i=1
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Capitolo 2 *** 02 ***
Chapter II
La
notte era ormai inoltrata, ma nella sontuosa villa del giovane
imprenditore qualcuno rifiutava di abbandonarsi all'abbraccio di
Morfeo. Se ne stava sdraiato sul suo letto, con le coperte
leggermente poggiate sul torace nudo, mentre si rigirava tra le dita
un curioso orologio da taschino dorato.
Continuava
a tenerlo chiuso, rimirandone le particolari incisioni floreali.
Glielo aveva dato il misterioso uomo dello specchio e ancora non
capiva cosa dovesse fare. Per un attimo, sentì che la sua
fortuna
stava lentamente scivolando via dalle sue dita e ne ebbe paura, una
paura che proveniva da più profondo del suo cuore e che lo
attraversava come uno stiletto. Non voleva che quel bellissimo
periodo finisse, aveva lavorato fin troppo per arrivare fin
lì, per
far sorridere di nuovo la madre e sostituire, non solo per lei ma per
i tanti lavoratori che dipendevano dalla sua impresa, il defunto
padre. Aveva lottato contro il dolore e la solitudine, contro la
fatica e la paura di perdere tutto, dalla casa alla dignità.
Non
avrebbe rinunciato alla sua vita, non dopo tutti i suoi sforzi.
“Prima
di tutto, mi credi?” aveva poi
chiesto l'uomo, quando lesse sul viso di Len l'incertezza e lo
scetticismo. Il ragazzo aveva scosso la testa e aveva risposto che
magari la sua fortuna era stata una semplice coincidenza,
perché di
tutto ciò che aveva sentito da quell'uomo nulla sembrava
essere
lontanamente possibile; inoltre, da una parte non credeva
nell'esistenza della ragazza nello specchio.
“Lo
avrà sicuramente manomesso...” fece alla stanza
illuminata da una
splendida luna piena, quando nella sua mente apparve l'immagine di
quella giovane. Per quanto ci provasse non riusciva a dimenticarla,
pareva troppo reale perché fosse solo un'illusione: il suo
volto
triste, gli occhi spenti e quasi sul punto di riempirsi di lacrime e
quella sedia a rotelle, spinta non troppo lontana da lei, come a
ricordarle costantemente il suo male, di cui da sola non sarebbe mai
riuscita a trovare la causa.
Len
si disse di provare sicuramente pena per la ragazza, era l'unica cosa
che gli veniva in mente, ma non avrebbe mai osato dire di compatirla,
anche se non era sicuro che le due parole avessero lo stesso
significato.
Chiuse
gli occhi, poggiando l'orologio sul petto: la sensazione del metallo
freddo sulla pelle nuda lo fece sussultare, perciò si
issò a
sedere, ricordando quella strana conversazione.
“In
che senso la scelta è solo mia?” aveva
chiesto, sperando che
ad un certo punto sullo specchio sarebbe tornato a vedere il suo
riflesso. La cosa però non accadde.
“Puoi
scegliere se lasciare che il destino scorra così, dandoti
tutte le
cose belle della vita e lasciando che lei continui a vivere
così,
sola, malata e senza nessuno!”
“Perché
non dovrebbe avere anche lei una vita migliore?”
fece allora, poco convinto dell'esistenza di lei e confuso dalle
strane leggi che quell'uomo diceva di amministrare. La legge della
fortuna e degli opposti, così l'aveva definita. Ad un primo
acchito
Len non aveva capito, ma l'uomo riprese a parlare con quella sua voce
melliflua e allo stesso tempo incredibilmente cinica.
“Come
aveva detto?” si chiese, quasi sul punto di aprire il piccolo
orologio. Si trattenne però dal farlo quando gli tornarono
alla
mente le sue parole. Aveva detto che lo specchio non solo
rappresentava le due facce di una medaglia, ma anche il limite che
esiste tra due universi: aveva precisato che per ogni individuo
esiste un opposto, che come tale era costretto a vivere al contrario
la vita dell'altro, che fosse essa ricca di gioia oppure piena di
dolore e sofferenza. Da quelle parole, Len intuì che se la
sua vita
ora andava a gonfie vele, allora la sua doveva
essere
terribile.
“È
esattamente come per la luce e l'oscurità: una non
può esistere se
l'altra manca, ma allo stesso tempo esse sono opposte e contrarie...
-aveva detto,
mentre un
sorrisetto compiaciuto inarcava le sottili labbra- Voi
due
non fate eccezione!”
In
quel momento Len sentì che le sue certezze stavano
cominciando a
vacillare, tutte le sue teorie che la sua fortuna fosse stata una
mera coincidenza e un dono del cielo stavano sprofondando
inesorabilmente in un baratro nella sua testa. Ma la cosa che
più lo
fece infuriare, che più aveva alimentato il senso di colpa
nel suo
cuore, misto ad un egoismo di cui non era conscio, fu il motivo che
aveva spinto l'uomo a raccontargli tutte quelle cose: il semplice e
puro divertimento, semplicemente un passatempo di colui che
può
manovrare il corso del destino.
“Perché?”
aveva chiesto poi, con i pugni stretti da fargli male. Il misterioso
ospite aveva ripreso a ghignare e si era avvicinato minacciosamente,
consegnando nelle mani del giovane l'orologio da taschino che ora
rigirava nelle mani. Len fece mente locale, voleva ricordare
esattamente ogni singola parola legata a quello strano oggetto. Come
doveva usarlo? Lui aveva detto che avrebbe potuto cambiare lo
scorrere del destino, che la giovane oltre lo specchio avrebbe potuto
avere una vita migliore, solo e soltanto se
Len avesse deciso di rinunciare alla sua fortuna: dopotutto, entrambi
non potevano avere le stesse cose. L'orologio rappresentava l'unico
oggetto che avrebbe permesso al giovane imprenditore di cambiare il
destino della ragazza nello specchio, ma come doveva usarlo? Len
continuava a non capire, ciò che si era presentato di fronte
a lui
andava oltre al conosciuto e ne aveva paura. Scosse la testa e volse
lo sguardo al cielo, alla luna la cui luce azzurrina illuminava la
stanza e sospirò profondamente.
“Chissà
se anche lei sta guardando la luna...” fece senza accorgersi
che
per lui l'esistenza della giovane stava diventando sempre
più una
certezza. Nella sua testa, continuava a ripetersi che non voleva
essere coinvolto in quel crudele gioco, eppure si sentiva
incredibilmente in colpa, poiché lui sarebbe dovuto essere
la causa
del dolore di quella ragazza.
“Mi
assomiglia tanto...”
I
suoi occhi si posarono sullo specchio appeso nella sua stanza e di
nuovo gli sovvennero quegli occhi azzurri e bellissimi, eppure spenti
e sul punto di piangere. Per qualche arcano motivo, i lineamenti del
suo volto erano quasi identici a quelli dell'imprenditore: la forma
del naso e degli occhi, entrambi molto delicati e ancora immaturi,
gli stessi capelli biondi, che entrambi tenevano legati, ognuno a
modo proprio.
“Pare
davvero il mio riflesso...” fece stendendosi e facendo
scattare il
meccanismo per aprire l'orologio. Ciò che vide lo
lasciò spiazzato:
in esso vi erano quattro lancette, due delle quali ruotavano in senso
antiorario. Si chiese perché quell'uomo avrebbe dovuto
dargli un
oggetto tanto inusuale, ma prima che potesse farsi altre domande, Len
ebbe l'impressione di aver capito cosa esso rappresentasse.
“Sono
contento di non doverti spiegare tutto, sei più sveglio di
quanto
immaginassi!”
A
quella voce tanto cinica, il giovane imprenditore scattò a
sedere e
si ritrovò a pochi metri dal suo misterioso ospite, la cui
capacità
di apparire e scomparire era quasi paranormale. Lui sorrideva ancora,
la mano destra sempre poggiata sul suo inseparabile specchio, mentre
scrutava gli impercettibili movimenti di Len.
“Come
sei entrato?!”
“Credi
sia davvero importante? Piuttosto, cosa hai deciso? Non hai molto
tempo...”
Il
ragazzo si irrigidì e puntò lo sguardo sulle
lancette delle ore
dell'orologio. Cinque minuti ed entrambe sarebbero scattate,
sovrapponendosi. Che si riferisse a quello? Len sapeva già
la
risposta, ma non sapeva cosa ciò avrebbe comportato. Cosa
avrebbe
dovuto scegliere? Continuare a vivere la sua vita, ignorando quel
misterioso giocatore del destino e convivere con il dubbio e i sensi
di colpa legati alla ragazza, oppure rinunciare a ciò per
cui aveva
sacrificato tanto e permetterle di rifarsi una vita? Le sue mani si
strinsero con forza attorno all'oggetto d'oro e prese un profondo
respiro. Se solo avesse avuto più tempo per decidere!
Vorrei
che mi avesse spiegato tutte le regole di questa farsa! Cosa devo
fare?,
pensò alzando lo
sguardo. Lo specchio magico
era stato esposto alla luce della luna, il telo che lo nascondeva
giaceva a terra, mentre il suo proprietario gli tendeva la mano
filiforme, quasi ossuta.
Fa
paura, fu
l'ultimo pensiero che
attraversò la mente del ragazzo, poi sentì le sue
gambe muoversi e
scivolare fuori dalle lenzuola, per poi avvertire il freddo del
pavimento a contatto con i piedi.
“Hai
deciso?”
“Non
voglio rinunciare alla mia vita... -disse più a se stesso
che al suo
ospite- Ma non voglio nemmeno essere la causa della sua
sofferenza!”
Len
si alzò facendo cadere le lenzuola a terra e si
passò una mano tra
i capelli biondi, questa volta liberi dal suo solito codino. Cosa
fare? Nello specchio, il suo riflesso scomparve di nuovo e al suo
posto c'era di nuovo lei, seduta a terra circondata dalle sue
bambole. Sul volto aveva ancora quell'espressione malinconica e
spenta, mentre un debole sorriso le inarcava le labbra mentre muoveva
piano le braccia di una figurina di stoffa dai capelli color verde
acqua.
Len
si morse il labbro inferiore, poi decise di interrompere quel
terribile silenzio di tomba, con una decisione totalmente
inaspettata.
“Non
voglio che tu sia l'unico a giocare con la ruota del destino... So
che puoi farlo, quindi dammi il potere per salvarla!”
Nella
stanza, alla luce della luna, venne quindi stipulato un accordo
diverso da quello che il giocatore del destino si aspettava, ma
questo non sembrava esserne dispiaciuto, anzi! Per tutti gli anni che
aveva vissuto, quella era la prima volta che qualcuno decideva di
intromettersi di persona e agire di mano propria...
“Come
desideri... La ruota del destino è nelle tue mani!”
*****
Rin
era come suo solito seduta sul
tappeto, circondata dalle sue numerose bambole, mentre ne fissava una
nuova. Questa era una figurina maschile, con lunghi capelli viola
legati in alto. La ragazza la rigirava tra le dita, spazzolandogli la
particolare chioma, mentre decideva il nome e in cosa trasformare il
suo nuovo alter ego. Buttò un occhio alle figure di Miku e
Kaito e
già dal primo giorno in cui le aveva tenute in mano, aveva
pensato
che fossero una bella coppia e ora la stessa cosa stava succedendo
con Luka. Le piaceva infatti poter immaginare anche delle storie
d'amore, anche se non era sicura di cosa significasse effettivamente
amare. Non aveva amici, non aveva nemmeno un animale domestico su cui
riversare il proprio affetto: aveva solo delle bambole di pezza e per
quanto ci provasse, esse non avrebbero mai potuto rimpiazzare una
persona in carne ed ossa.
Sospirò e poggiò Gakupo, il nuovo
arrivato, vicino alla sua bambolina dai capelli rosa e si
trascinò a
fatica verso la finestra. Il cielo era plumbeo e le nuvole parevano
fatte di ferro tanto erano pesanti e opprimenti. Da quanto non vedeva
una giornata di sole? Rin non lo ricordava nemmeno più.
“Sarò
costretta a stare così per
sempre?” chiese spostando lo sguardo sulle gambe, poggiate
malamente sul tappeto. Le labbra della ragazza si contrassero allora
in una smorfia di disgusto per quegli arti inermi, privi di forza che
le impedivano di vivere una vita normale. Chissà cosa
avrebbe dato
per vivere come le normali adolescenti della sua età!
Il silenzio era opprimente, la
solitudine quasi palpabile, mentre tutto attorno a Rin pareva
immobile e dimenticato da tutti. La ragazza passò ancora in
rassegna
i vari elementi della sua stanza, sperando di trovare qualcosa di
diverso che potesse sollecitare la sua curiosità e magari
divertirla: il suo solito letto matrimoniale era sempre là,
con le
coperte di raso giallo che scendevano sul pavimento senza toccarlo;
accanto il solito vecchio comodino in stile Barocco, esageratamente
decorato come la testiera del letto che affiancava. Tutto nella norma
e tutto assolutamente immutato.
Beh, forse c'era qualcosa che
effettivamente era cambiato: poco più in là,
vicino alla scatola dove conservava i suoi alter ego, era stato
posizionato un lungo
specchio che avrebbe dovuto riflettere una figura intera in tutta la
sua altezza. Rin si era arrabbiata molto con suo padre, aveva urlato
contro la servitù e il corriere che con quella faccenda non
c'entravano nulla. Tutti loro si erano mossi quasi furtivamente per
non svegliare la ragazza, ma quando questa aprì gli occhi,
le sue
labbra si contrassero in una smorfia di rabbia a risentimento: Rin
era indubbiamente una bella ragazza, nessuno avrebbe detto il
contrario, ma ella odiava gli specchi con tutta se stessa. Il
perché?
La ragione era nota a tutti, eppure continuavano a ripeterle che la
sua bellezza sarebbe stata sprecata se almeno lei non l'avesse
apprezzata.
Rin odiava guardarsi allo specchio e
vedere quella ragazza dai capelli biondi seduta a terra, incapace di
alzarsi e magari piroettare nel migliore dei suoi abiti. Chi altri
avrebbe visto, se non quella figura triste e solitaria? Scosse la
testa e immaginò di poter condividere quello specchio con un'amica,
divertendosi a immaginare di essere qualcun altro. A quel pensiero
rise di una risata amara e provò a trascinarsi verso quel
regalo che
aveva accompagnato Gakupo tra le sue bambole.
Almeno
mi ha preso un'altra bambolina,
pensò mentre arrivava di fronte alla lastra di vetro.
Sentiva le
braccia iniziare a fare male, così come le spalle, ma di
prendere la
sedia a rotelle per una così breve distanza non se ne
parlava. Per
quanto fosse costretta, almeno nel suo piccolo mondo avrebbe cercato
di essere il più indipendente possibile.
“Ti
odio...” mormorò di fronte
al suo riflesso, che come il resto della stanza pareva essere
immutato. Di nuovo, udì la pioggia ticchettare sul vetro
della
finestra e un tuono riecheggiare per la stanza. Nemmeno la natura
sembrava volerle dare un minimo di sollievo da quell'opprimente vita
che era costretta a vivere; da un lato, però, era contenta
di non
dover vedere il sole, perché quello sì, sarebbe
stato un duro colpo
da mandare giù: vedere il cielo azzurro e il sole brillare
senza
poterne beneficiare, sicuramente non lo avrebbe sopportato.
La mano destra si alzò quasi
inconsciamente e fece per calare sullo specchio, all'altezza del
riflesso del suo volto, eppure qualcosa mutò. Rin non lo
vide
immediatamente, per un istante sentì come se non fosse
più sola, ma
che ci fosse qualcuno con lei. Si guardò velocemente
attorno, il
cuore iniziò a martellarle nel petto e un brivido le
percorse la
schiena quasi fino alle punte dei piedi, dove credeva di non avere
più sensibilità.
“C-C'è
qualcuno?” chiese con la paura nella voce. Ma
di cosa ho
paura?,
pensò poi, ritrovandosi
per l'ennesima volta da sola. La possibilità che qualcuno
potesse
essere lì con lei e spezzare la monotonia della sua vita la
spaventava, non era abituata alla compagnia e temeva ciò che
sarebbe
potuto seguire.
Dopo
essersi guardata ancora attorno e aver verificato che nessuno fosse
entrato nel suo piccolo mondo, Rin tornò a fissare la sua
immagine
riflessa e ciò che vide la lasciò a bocca aperta.
Oltre lo
specchio, c'era la figura di un giovane ragazzo dai lineamenti
identici ai suoi e dai medesimi capelli biondi, spettinati sulla
fronte e legati dietro da un codino. Il ragazzo era in piedi e la
guardava con un mesto sorriso sulle labbra, mentre le mani spuntavano
da un lungo mantello nero come la notte. Il silenzio calò,
assieme
alla tempesta che infuriava fuori, mentre quei due misteriosi occhi
azzurri guizzavano da un capo all'altro della stanza. In essi, Rin
notò una scintilla di disagio e dispiacere.
“C-Chi
sei?” mormorò la ragazza, confusa e spaventata. Che
significa? Chi è questo ragazzo e dov'è il mio
riflesso?
Lui non rispose, si limitò
semplicemente a guardare le gambe della ragazza che cercò
immediatamente di nascondere sotto la gonna del suo abito. Si
sentì
mortificata da quello sguardo, perché magari quel misterioso
ospite
si aspettava che scattasse in piedi per lo spavento e scappasse via,
ma nemmeno un suono uscì dalla bocca della ragazza. Ella
abbassò
quindi gli occhi e li chiuse, con la speranza che quando li avesse
riaperti, sarebbe tornata a vedere solo l'immagine di se stessa.
Uno...
Due... Tre...
contò
mentalmente, Quattro... Cinque... Sei...
Il cuore iniziò a rallentare, il
respiro a farsi meno affannoso, mentre le mani avevano iniziato a
rilassarsi. Temeva stesse avendo un'allucinazione, temeva che il male
che la costringeva sulla sedia a rotelle stesse degenerando e
cercò
di mantenere il sangue freddo, eppure, quando i suoi occhi si
riaprirono, l'immagine del ragazzo era ancora là.
Lui s'era chinato e poggiava la mano
destra, avvolta in un raffinato guanto bianco, sulla lastra che lo
separava da Rin, mentre questa cercava ancora di dare una spiegazione
a quella strana apparizione. Il suo sguardo era dolce e allo stesso
tempo intenso, così strano da far cedere la ragazza che si
riempì i
polmoni per urlare.
Repentinamente, il giovane si portò
l'indice della mano sinistra alle labbra e le fece segno di fare
silenzio. Stranamente, lei obbedì e per un istante si
sentì a suo
agio.
“Chi
sei?” chiese in un
sussurro.
“Con
questa notte, inizia la 'Notte degli Opposti' e tutti i tuoi desideri
verranno garantiti, in quanto sono un mago venuto a posta per
te!”
Angolo di Zenya ^^
Salve a tuttti, cari
lettori! Come va la vita? Io sono già traumatizzata dal
ritorno in facoltà e dal piccone che si è portato
il prof di storia antica :/ Vabbè, sono stranamente in
anticipo con questo capitolo, eppure non so più dove mettere
le mani, visto che quello che scrivo mi soddisfa subito...
Sarà una cosa buona? Boh, questo sta a voi lettori dirlo e
spero apprezzerete alcune piccole licenze poetiche che mi sono concessa
u.u
|
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Capitolo 3 *** 03 ***
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Chapter III
Il
cuore di Rin parve fermarsi per un istante, i suoi occhi non
riuscivano a staccarsi da quella figura maschile che aveva sostituito
il suo riflesso, mentre questo continuava a sorridere con un sorriso
identico a quello della ragazza.
Non
capiva cosa significasse, si chiese di nuovo perché le
assomigliasse
così tanto e cosa ci facesse all'interno del suo specchio;
puntò lo
sguardo verso la mano destra e con la sinistra si pizzicò un
lembo
di pelle, con la speranza di risvegliarsi da quell'assurdo sogno.
“Non
stai sognando!”
incalzò il
giovane, distraendola dai suoi pensieri. Rin non lo aveva notato, ma
mentre lei cercava di fare ordine tra i suoi pensieri, lui si era
seduto con le gambe incrociate e le mani poggiate sulle ginocchia. Il
suo sguardo era di nuovo puntato sulla sua figura, ma questa volta il
giovane evitò le sue gambe avendo notato la reazione di Rin.
“C-Chi
sei?” chiese in un sussurro appena percettibile.
“Te
l'ho già detto, sono un mago venuto apposta per te!
Esaudirò tutti
i tuoi desideri, basta solo che tu dica una parola!”
“Come
f-faccio a crederti?” La mano di Rin si avvicinò
inconsciamente
verso la lastra di vetro, verso la gamba destra del misterioso mago,
il cui sorriso le ricordò il suo di quando la sua vita
andava a
gonfie vele. Provò uno strano senso di nostalgia nel vedere
quel
viso, le tornò alla mente il periodo precedente alla sua
malattia e
sentì gli occhi inumidirsi: sentì crescere forte
la nostalgia e i
ricordi ripresero a riaffiorare, soprattutto quelli legati alla
separazione dei suoi genitori, i cui litigi parevano aver aperto una
voragine nel suo cuore.
“Così!”
rispose il ragazzo, che con un movimento leggero della mano
indicò
un punto alle sue spalle, dove sedevano le sue amate bamboline di
pezza.
La
ragazza si voltò in quella direzione e vide la figurina di
Miku
muovere le piccole braccia di stoffa per mettersi in piedi e andare
verso Kaito. Gli occhi della ragazza si spalancarono, seguendo il suo
piccolo alter ego muoversi goffamente e aiutare il suo amichetto
ad alzarsi. Queste si mossero poi verso le altre due e le presero per
mano, invitandole ad alzarsi e a unirsi al loro gioioso girotondo.
Tutte
e quattro parevano divertirsi un mondo, ridere e scherzare, cosa che
Rin invidiò moltissimo. Si voltò quindi verso il
suo misterioso
ospite, le cui mani si muovevano come quelle di un direttore di
orchestra, e si morse il labbro inferiore, incerta su cosa dire o
fare.
Avrebbe
urlato e chiesto aiuto? E se fosse accorso qualcuno, cosa avrebbe
detto? Che c'era un ragazzo dietro lo specchio che ha animato le sue
bambole con la magia?
Se avesse mai raccontato quelle cose a qualcuno, sarebbe stata
probabilmente presa per pazza. Se non riusciva nemmeno lei a
crederci, come avrebbero potuto gli altri?
“Allora,
non dici niente?” chiese il
riflesso, pacato.
“Sei
davvero un mago...”
Rin
mormorò quelle quattro parole più a se stessa
come se cercasse di
auto-convincersi, più che rispondere al giovane di cui non
sapeva
nemmeno il nome. Glielo avrebbe chiesto? Per un attimo pensò
che non
sarebbe stato importante, si disse che presto o tardi si sarebbe
risvegliata da quel sogno e che presto lo avrebbe dimenticato, oppure
che tra un paio di minuti quella sua allucinazione sarebbe finita e
la sua vita sarebbe tornata al suo corso naturale, ma ci
provò lo
stesso perché quella situazione aveva un non so che di
piacevole e
stimolante.
“C-Come
ti chiami?”
Le
bambole iniziarono ad avvicinarsi alla ragazza, tutte e quattro si
tenevano per mano, mentre i loro volti cuciti si contraevano in un
dolce e amichevole sorriso, tutto per la loro amata padroncina. La
figurina di Luka fu la prima ad avvicinarsi e le poggiò la
manina di
stoffa sulla caviglia, accarezzandola piano. Per la prima volta dopo
anni, Rin rise di gusto e non si sentì a disagio, non ebbe
nemmeno
paura di quello strano contatto perché quello era
ciò che aveva
sempre desiderato dal più profondo del suo cuore. Quel
giovane, in
quell'unico istante, era riuscito a renderla più felice di
qualunque
regalo le abbiano mai fatto i suoi genitori da quando si era
ammalata.
“Sono
felice di averti fatto sorridere... Io mi chiamo Len!”
Le
labbra di Rin si contrassero nuovamente, mentre un tenue rossore le
colorava le guance pallide come porcellana. Mentre le bamboline le
giravano intorno, guardando Len, sentì il cuore iniziare a
batterle
più velocemente e un brivido percorrerle la spina dorsale.
Per
quanto il balletto dei suoi unici amici fosse coinvolgente e
spensierato, non riusciva a distogliere gli occhi dal volto di quel
ragazzo, che sussultò sentendosi osservato.
Il
giovane piegò la testa di lato, sbirciando la ragazza che
aveva
rivolto nuovamente i suoi occhi al piccolo quartetto di stoffa. Len
bussò sulla lastra di vetro e cercò di attirare
la sua attenzione.
“S-Sì?”
chiese colta alla sprovvista.
“Non
mi hai ancora detto il tuo nome!”
“S-Scusami!
I-Io sono Rin...”
“Piacere
di conoscerti, Rin! Allora, cosa desideri?”
Ancora
quella domanda a cui la ragazza non sapeva dare una risposta. Aveva
passato notti intere a pensare a cosa desiderasse davvero, spesso
passava le ore a fissare le stelle, quelle poche che riusciva a
vedere oltre la coltre di nuvole, esprimendo desideri che ora, di
fronte a Len, non ricordava più. Scosse quindi la testa, con
gli
occhi di nuovo sul punto di riempirsi di lacrime a causa della
confusione, ma decise di farsi forza e si riempì i polmoni
della
solita aria di tutti i giorni.
“H-Ho
sempre vissuto d-da sola... Diventeresti... Mio amico?”
Len
annuì, sul viso il suo sorriso continuava a splendere come
fosse un
sole, poi la sua mano si poggiò sulla lastra di vetro, in
attesa che
Rin facesse qualcosa. La ragazza avvicinò le dita verso
quella mano
e la sfiorò titubante, aspettandosi di avvertire il freddo
dello
specchio, ma incredibilmente sentì un calore mai provato
prima.
Il
cuore accelerò di nuovo e, per un istante, lei ebbe
l'impressione
che lo specchio si dissolvesse e che Len le afferrasse la mano, ma
ciò non accadde. Fu allora che avvertì una specie
di brivido,
simile ad un buon presentimento secondo il quale la sua vita sarebbe
esponenzialmente migliorata.
“Guarda!
Guarda come splendono le stelle!”
fece poi il ragazzo, quando notò Rin fissare intensamente la
sua
mano, come fosse rimasta incantata da qualcosa che non aveva nulla di
magico. La ragazza alzò di scatto la testa e il cielo che
vide la
lasciò senza parole. Non si era nemmeno resa conto che la
notte era
calata da un pezzo, che dietro alla coltre di nuvole si fosse alzata
una splendida luna piena, che per la prima volta illuminava la sua
stanza di quella tenue luce argentea.
“Bella,
vero?”
“Questo
è opera tua?” chiese sorpresa e felice, come
avesse appena
ricevuto un bellissimo dono.
Len
annuì e ancora, con le mani, trovò un modo per
sorprendere e
stupire la giovane donna che aveva davanti. Per lei pareva che il
mago si divertisse un mondo nel mostrarle questa volta dei fiori, che
sbucarono e sbocciarono dalla parete accanto allo specchio su cui era
disegnata la sagoma stilizzata della pianta. Tutto pareva un sogno,
le cose più assurde si stavano avverando sotto ai suoi occhi
e un
pensiero sfrecciò tra gli altri rivolti alle meraviglie di
quel
giovane.
Egli
aveva lanciato una magia di cui non le importava la provenienza,
né
tanto meno le motivazioni che lo avevano spinto a compiere un gesto
simile, ma sentì che qualcosa aveva iniziato a muoversi, non
solo
dentro di lei, ma tutto intorno, come se la sua stessa vita si fosse
preparata ad un grande cambiamento.
“Puoi
d-davvero esaudire tutti i miei desideri?”
“Certo!
E immagino di sapere cosa vorresti!”
*****
Len
si guardava attorno
nella stanza vuota, illuminata appena dalla luce di una luna
seminascosta dalle nuvole. Il ragazzo sedeva a terra in quella
dimensione a cui ora apparteneva, in bilico tra il suo mondo e quello
di Rin, dove la legge degli opposti sembrava non vigere. Se ne era
infatti accorto, la ragazza sorrideva di fronte a lui, mentre lui
faceva la stessa cosa. Ne fu piacevolmente sorpreso, ma allo stesso
tempo lo confuse. Era davvero sicuro di averle fatto del bene? Oppure
quello che aveva visto era causato semplicemente dalla sua presenza?
“Alla fine, non
importa poi così tanto!” fece al buio che lo
avvolgeva. Rin
dormiva profondamente e lui aveva l'occasione di fare quello che
voleva. Len provò a chiudere gli occhi, con la speranza di
riuscire
a dormire e recuperare le forze, ma sentì che la cosa non
gli era
possibile.
“O non mi è
concesso?”
Probabilmente non era
ancora abbastanza stanco, perciò estrasse dalla tasca dei
pantaloni,
nascosti dal caldo mantello nero, il misterioso orologio da taschino.
Fece scattare per l'ennesima volta il meccanismo e osservò
le
lancette che continuavano a procedere nel loro eterno giro. Il
giovane chiuse allora gli occhi, ripensando alla fatidica notte in
cui aveva acquisito quei poteri in grado di rendere felice Rin.
Lo
strano giocatore del
destino si era inchinato, consegnando a Len un mantello apparso
magicamente tra le sue mani da scheletro, illuminate anch'esse dalla
luce della luna. Aveva detto che quel pezzo di stoffa possedeva un
grandissimo potere, utilizzabile solo in quella dimensione in bilico
che aveva chiamato Limbo. Il ragazzo aveva poi
chiesto come
doverlo usare e lui non aveva detto niente, perché secondo
lui il
giovane avrebbe subito capito come fare.
“La
magia non ha bisogno di spiegazioni! Saprai farcela, ma vuoi davvero
rinunciare alla tua vita?”
Quella domanda aveva
spaventato Len nel più profondo del suo cuore e si
ritrovò un
groppo in gola, che non gli permise di rispondere immediatamente.
L'ospite ghignò e annunciò trionfante che il
giovane imprenditore
avrebbe perso la sua libertà fino allo scadere del tempo,
che
avrebbe dovuto lasciare la madre e sparire nel nulla. Infatti, nel
suo mondo, il tempo avrebbe continuato a scorrere e lui sarebbe
sparito, causando problemi a tutti, come se la fortuna avesse
abbandonato la sua vita di tutti i giorni.
“Allora, ci stai
ripensando?”
Di nuovo Len venne
colto alla sprovvista dal misterioso uomo dello specchio e questa
volta non poté fare a meno di aggredirlo: per quanto volesse
salvare
Rin dalla dannazione in cui l'aveva gettata a causa del suo egoismo,
continuava a provare un profondo odio per quella persona. Il giovane
era scattato in piedi come un fulmine e si era avvicinato all'uomo,
che però svanì prima che le sue dita lo
raggiungessero.
“Di qua, amico mio!”
“Non sono tuo amico!”
rispose il ragazzo girandosi.
“Non mi aspettavo
fossi tanto arrabbiato... Vuoi rinunciare e riprendere le redini
della tua vita? Sei liberissimo di farlo, se lo desideri...”
Len si morse il labbro,
insicuro sul da farsi, poiché l'unica conseguenza alla sua
rinuncia
sarebbe stata la dannazione della giovane oltre lo specchio. L'aveva
vista ed era stato testimone della sua vita, anche se solo per poche
ore: solitudine, rancore, paura. Queste cose avevano smosso il cuore
del giovane, la crudeltà del destino di Rin aveva fatto
vacillare la
sua anima e sentì che non sarebbe stato in grado di vivere
con un
tale peso sulle spalle, nonostante quelli che aveva dovuto sopportare
da solo nel suo mondo. Per un paio di secondi, lasciò i suoi
pensieri rinchiusi nella sua testa e rimase in silenzio, ponderando
ogni prossima mossa.
Intanto l'uomo faceva
pressione al giovane imprenditore affinché rispondesse, lo
incitava
e invitava a prendere una decisione con un tono decisamente
provocatorio, che però il ragazzo cercò di
sopportare come meglio
poteva, degnando il suo sfidante di qualche occhiata diffidente.
Dalla sua, invece, il
giocatore del destino pareva divertito e soddisfatto, l'adrenalina
per una sfida come quella sembrava schizzare alle stelle e le sue
mani tremavano in preda all'eccitazione. Sul viso nascosto dal
cappuccio, spiccava il suo solito ghigno da iena.
“Ti ha già chiesto
di guarirla dal suo male?” chiese indicando la ragazza che
dormiva
profondamente nel grosso letto matrimoniale.
Len scosse la testa:
“Ancora non mi crede, vuole prima essere certa che io esista,
perché teme di aver semplicemente sognato...”
“Decisione saggia,
per una ragazza così giovane! Ma avrà pensato al
momento in cui tu
te ne dovrai andare?”
Len ebbe un sussulto e
non capì a cosa si riferisse l'uomo. Insomma, aveva dato per
scontato che presto o tardi se ne sarebbe tornato nel suo mondo, non
appena tutti i desideri di Rin si sarebbero realizzati e lui avesse
fatto ammenda, ma non aveva di certo pensato a lei. Cosa avrebbe
fatto? Len non la conosceva ancora abbastanza bene per poter
azzardare delle ipotesi, ma temette un suo crollo psicologico: da
quanto aveva capito, Rin non aveva amici e i genitori erano assenti,
perciò temette che la sua partenza potesse rigettarla nella
depressione, riportandola esattamente a come era prima che lui
intervenisse.
Il giovane non ci volle
pensare, sarebbe stato costretto a rimanere ancora e forse a restare
per sempre, diventando causa di enormi problemi nella vita delle
persone a lui care.
“Tu sapevi che
sarebbe andata a finire così? Sapevi che questa situazione
si
sarebbe risolta in un loop infinito?!”
“Ci sei arrivato
tardi, ma perché non continui a giocare con me? -chiese in
tono di
sfida, mostrando due file di denti bianche e quasi affilati- Non sia
mai che tu riesca a rompere questo equilibrio... Ma ricordati che il
tempo non è dalla tua parte, perché quando esso
scadrà, sarai
intrappolato qui per sempre!”
Il giovane fece per
dire qualcosa, ma la figura che aveva davanti venne avvolta
dall'oscurità che caratterizzava il Limbo
e sparì, lasciando
dietro di sé null'altro che una nuvoletta grigia.
Il pugni di Len si
strinsero con forza e le unghia si conficcarono nei palmi. Rimase in
silenzio, facendo scorrere lo sguardo sul luogo in cui si trovava e
portarlo poi all'esterno, nella camera della ragazza che dormiva
profondamente. Lei era avvolta da calde coperte giallo pastello, la
testa era poggiata su un cuscino rivestito di raso dello stesso
colore, mentre tra le braccia stringeva Miku e Luka, che per effetto
della magia del ragazzo erano vive e dormivano come fossero bambini.
Infatti i loro piccoli petti si alzavano e abbassavano piano e
regolari, cercando di muoversi il meno possibile per non svegliare
Rin.
“Sono davvero così
egoista da andarmene prima del tempo?”
Sei
sempre stato egoista,
fece la
sua coscienza e il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro,
ricordando
il primo incontro con quell'uomo, che lo aveva convinto a riprendersi
la sua fortuna rubata da quella bellissima ragazza che allora aveva
tutto ciò che desiderava.
“Cosa devo fare? Sono
davvero in grado di sopportare tutto ciò?”
*****
Rin
fissava il sole
brillare alto in un cielo azzurrissimo, simile ai suoi occhi,
beandosi del calore che questo emanava. La finestra era spalancata,
le tende danzavano tra i raggi con leggerezza e grazia come i
movimenti che la ragazza immaginava per Miku.
Ella sorrideva, si
sentiva fin troppo bene per credere che quello che stava provando
fosse vero, eppure eccola là a fissare il sole.
“Ti
piace?”
chiese Len, seduto a
terra mentre il quartetto di bambole danzava secondo i suoi ordini.
Rin annuì e inspirò profondamente l'aria fresca
di primavera.
Le esili mani della
ragazza scorrevano sul tessuto morbido della sua gonna, poi si
poggiarono sui cerchi di ferro che usava per spostare la sedia a
rotelle.
“Sai
che posso permetterti di tornare a camminare, vero?”
Rin si fermò e abbassò
lo sguardo, come se non volesse rispondere al ragazzo che tanto le
somigliava, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dargli una
risposta. Lo aveva conosciuto solo la sera prima e lui le aveva
offerto cose che nessuno era mai stato in grado di darle, eppure non
sapeva se potersi veramente fidare o, almeno, credere nella sua
esistenza.
Lui, con poche e
semplici parole, aveva smosso il suo cuore, l'aveva fatto battere in
un modo che lei non credeva possibile e le aveva fatto sentire le
farfalle nello stomaco. Vedere un'altra persona, soprattutto della
sua età, l'aveva spaventata, si era sentita a disagio, ma
questo se
ne era andato quando lui aveva accettato di diventare suo amico.
“L-Len?”
Il ragazzo distolse lo
sguardo dalle bambole e si voltò per guardare Rin, che di
nuovo
avvertì diversi formicolii in tutto il corpo. Per un
istante, vide
il ragazzo sorridere sotto ai baffi.
“Desideri
qualcosa? Sappi che sono qui per realizzare ogni tuo sogno!”
“Papà dice che non
posso uscire, perché per colpa della guerra fuori
è diventato
pericoloso... E v-vorrei che lui tornasse a casa... E anche la
mamma...”
Il tono di voce
utilizzato dalla ragazza pareva quello di un cane bastonato,
difficilmente qualcuno non avrebbe provato pena nei suoi confronti,
ma lui no. Infatti il giovane si mise in piedi e annuì,
agitando le
mani con grazia per lanciare l'incantesimo. Rin lo osservò
attentamente, mentre dentro di sé si chiedeva come avrebbe
reagito
al ritorno dei suoi genitori. Ne sarebbe stata felice? E ancora, le
avrebbero permesso di vedere il mondo esterno? Molto probabilmente
no, ciò le sarebbe stato permesso solo se lei fosse stata in
grado
di camminare nuovamente.
“Posso raccontare di
te a qualcuno?”
“A
chi, per esempio?” chiese il
giovane infilando le mani dentro le tasche dei pantaloni.
“A m-mamma e
p-papà...”
Rin abbassò lo
sguardo, puntando gli occhi azzurri sulle gambe inermi, causa di
tutte le sofferenze della sua vita. Non volle mostrare a Len le
lacrime che stavano lentamente iniziando a salire, se ne sarebbe
vergognata a morte anche se non era conscia del fatto che il ragazzo
la conoscesse più di quanto lei credeva. La mascella era
serrata e
intanto si mordeva l'interno della guancia sinistra, rimproverandosi
per la stupida domanda appena fatta. Era ovvio che sarebbe stato un
errore, i suoi genitori l'avrebbero portata da uno strizzacervelli,
altro che il suo medico!
“Mi
dispiace, ma vorrei che la mia esistenza rimanesse tra noi due... Non
è per cattiveria, ma se tu dicessi qualcosa, per entrambi
saranno
guai grossi! Consideriamolo un nostro piccolo segreto!”
La ragazza sussultò e
arrossì all'occhiolino che seguì
quell'affermazione, si sentì bene
nel poter condividere qualcosa con qualcuno e rispose con un sorriso,
identico a quello del giovane mago. In quel preciso istante,
sentì
che non avrebbe voluto rinunciare alle sensazioni che quel ragazzo
era capace di farle provare, perché con lui stava bene. Si
chiese
poi se quella sensazione di benessere fosse semplicemente provocata
dal suo carattere e dalla sua gentilezza, oppure se fosse causata dal
semplice fatto che non aveva mai avuto contatti con altri al di fuori
di lui? Scosse la testa per non pensarci, poi un pensiero le
sfrecciò
nella mente, oscurando tutti gli altri: e se gli avesse chiesto di
diventare parte integrante della sua vita?
Ma
sarà giusto?,
si chiese poi
fissandolo riprendere il controllo del quartetto di bambole, che
parevano divertirsi un mondo con il loro magico padrone. La ragazza
rimase in silenzio ad osservare prima i suoi giocattoli, poi i suoi
occhi si posarono lentamente sulla sua figura, che la notte prima non
ebbe modo di analizzare.
Quel
viso le piaceva, lui era indubbiamente il più bel ragazzo
che avesse
mai visto, forse l'unico, e le piaceva il suo atteggiamento: per
quanto da una parte si somigliassero, lui era l'opposto della stessa
Rin. Il suo atteggiamento nei suoi confronti e riguardo la vita la
faceva sentire bene e sentiva di non volerci rinunciare.
Sarà
davvero giusto far così tanto affidamento su di lui?
Rin lasciò quella
domanda in sospeso e si avvicinò allo specchio, scivolando
quindi ai
piedi di Len. La ragazza si sistemò come meglio poteva e
poggiò la
schiena sul riquadro di legno che incorniciava la 'dimora'
del
giovane mago.
A lei bastava un suo
sguardo per stare bene, i due avevano già una profonda
intesa che
lei nemmeno poteva sognare e non le serviva altro: finché
non avesse
capito cosa il suo cuore desiderasse per davvero, allora le sarebbero
bastate le sue parole gentili e il suo sorriso, che ora non
rappresentava più un vago ricordo del suo passato,
all'insegna delle
passeggiate con mamma e papà e delle nottate a dormire con
loro nel
lettone, ma una luce di speranza nell'oblio che aveva inghiottito la
sua vita.
A lei bastava questo ed
era un tipo di magia che Len non avrebbe mai dovuto lanciare,
perché
assolutamente naturale.
Angolo
di Zenya ^^
Aaaallora!
Pubblico sempre come e quando capita, ma in mia difesa sono puntuale,
rispetto alla mia prima fic sui Vocaloid u.u Vabbé, volevo fosse
una double o triple shot, ma così non è stato
quindi la
consideriamo una mini long che sta giungndo al termine! Ebbene
sì,
questo sarà il penultimo capitolo *cof cof* non ne sono
sicura *cof
cof* di questa storia
che ho voluto
scrivere un po' a istinto! Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto
e alla prossima :D
Oggi
niente spam perché non c'ho voglia :P Ma se volete, vi
invito a dare un'occhiata alla storia "E se non ci fosse un Eroe?" ;)
|
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Capitolo 4 *** 04 ***
Magical Mirror pt.4
Chapter IV - Finale
Il
tempo passava con leggerezza nella stanza di Rin. La ragazza non era
mai stata così bene, non aveva mai riso così
tanto, né aveva mai
passato le sue giornate con qualcuno. Era seduta per terra, accanto
allo specchio della sua stanza, come ormai faceva da tre settimane a
quella parte. Teneva le gambe incrociate, la gonna leggermente mossa
dal vento primaverile che si insinuava nella sua stanza, mentre le
mani tenevano le braccia di una piccola bambola di pezza che danzava.
La
figurina di stoffa, Miku, muoveva i piedini a ritmo con la voce di
Rin, che cantava una vecchia canzone della sua infanzia.
“Canti
veramente bene!”
disse Len,
seduto accanto alla ragazza, ma allo stesso tempo lontanissimo da
lei. Poggiò la mano destra sulla lastra di vetro che li
separava e
si sporse un po' per vedere le altre bambole, che dondolavano la
testa estasiati dalla voce della loro padroncina. Sul viso, gli occhi
azzurri brillavano di una luce quasi affascinante e misteriosa,
diversa da qualsiasi cosa Rin avesse visto nel suo mondo.
“Lo
pensano anche loro!”
Rin
arrossì e smise di cantare, con il disappunto del suo
pubblico che
emise un leggero verso di tristezza. Miku la guardò con aria
interrogativa, con quei suoi dolci occhietti cuciti da qualche
esperto artigiano, e la ragazza rispose con un sorriso sommesso,
affinché Len non la vedesse e la bambolina non si
abbattesse. Rin
non aveva mai cantato di fronte a nessuno, lo faceva solo con sua
madre quando era piccina, ma da quando era arrivato lui, le cose
avevano iniziato a cambiare, forse anche troppo velocemente
perché
sembrasse reale.
Aveva
riflettuto a lungo riguardo a quel cambiamento, quasi ogni notte
sotto le lenzuola, ma continuava a non trovare una risposta; forse
semplicemente non ce n'era una e quella era diventata la sua
quotidianità. Iniziò a dondolare la testa,
continuando a pensare a
cosa avesse spinto Len a entrare nella sua vita, mentre intanto i
suoi piedi avevano iniziato a compiere lo stesso movimento.
“Ti
sei incantata? Guarda che la mia magia non fallisce mai!”
fece con finta superbia il giovane oltre lo specchio, indicando le
gambe di Rin ormai guarite e capaci di sorreggerla. Quanto tempo ci
aveva messo per chiedergli di realizzare quel desiderio? Lei non ci
aveva fatto caso, voleva solo prima essere certa dell'esistenza di
quel misterioso mago.
“Lo
s-so... E t-ti sono grata per quello che h-hai fatto...”
“Piuttosto,
perché ora non balli assieme alle tue bambole? Posso mettere
della
musica!”
Il
ragazzo s'era messo in piedi e le tese la mano, sapendo che comunque
non avrebbe potuto afferrarla, attendendo che la ragazza si alzasse.
Gli sembrò titubante, perciò alzò le
mani e una splendida melodia
iniziò a riecheggiare per la stanza, come fosse prodotta da
quel
direttore d'orchestra che Len fingeva di essere. Rin non aveva mai
sentito una sinfonia di archi e pianoforte così bella, non
credeva
che nessun artista al mondo potesse comporre qualcosa di simile, ma
poi un pensiero le balenò nella testa.
Magari
questa musica appartiene al suo mondo, pensò
alzandosi e poggiando le mani sullo specchio per paura di cadere.
Chiuse gli occhi e continuò ad assaporare quella melodia e
la sua
mente iniziò a viaggiare verso quello che le
sembrò un sogno.
Alte
mura di pietra che al sole parevano d'argento, torri e guglie su cui
svettavano stendardi e bandiere; intorno, radure e boschetti verdi e
rigogliosi dove poter correre e sentire la brezza tra i capelli.
“Pare
tanto un vecchio ricordo d'infanzia...” fece a bassa voce,
avvicinando ancora di più il petto alla lastra di vetro; Len
interruppe il movimento delle sue mani e le poggiò su quelle
della
ragazza. Palmo contro palmo, separati da un sottile strato di vetro
che purtroppo per loro rappresentava una barriera invalicabile.
“A
cosa stai pensando?” chiese il
mago, mentre il volume della musica si faceva più flebile,
fino a
diventare un leggero sottofondo capace di confondersi con il
cinguettio degli uccelli e il frusciare delle fronde.
“A
n-niente!” Solo ad una specie di sogno, in cui io
ero la
principessa e tu il mio principe... Il principe che mi ha salvata dal
drago cattivo e che ora mi sta rendendo felice, concluse
nella
sua mente, consapevole che quelle parole non gliele avrebbe mai
dette.
Rin
alzò di scatto la testa e si allontanò,
imbarazzata e un po'
instabile sulle gambe, cercando di nascondere il viso paonazzo a Len.
Intanto, le figurine di Kaito e Luka camminavano a pochi centimetri
dai suoi piedi, preoccupati che le gambe della loro padroncina
potessero cedere da un momento all'altro; invece, dietro di
sé,
sentì il mago borbottare qualcosa che la costrinse a
voltarsi.
Lo
vide sorridere, ma allo stesso tempo sembrava rimproverarla con
dolcezza. Rin non seppe come reagire, dentro di lei avrebbe voluto
poterlo abbracciare e superare quella barriera che li divideva. Cosa
c'è dall'altra parte?
“Sai
che non puoi mentirmi? Ti conosco più di quanto
immagini...”
Il
cuore riprese a batterle all'impazzata, il respiro iniziò a
farsi
corto e irregolare. Ogni suo comportamento e ogni sua azione la
lasciavano perplessa e spaesata, non capiva mai come dovesse reagire,
ma sentiva che qualcosa mancava, qualcosa che la sua magia non
avrebbe mai potuto darle.
“Signorina
Rin!”
Fuori
dalla stanza, probabilmente dalla base delle scale, la ragazza si
sentì chiamare dalla domestica, che sicuramente aveva
qualcosa da
dirle; dal suo tono le sembrò emozionatissima e in fermento,
cosa
che un po' la preoccupava. Rin incrociò lo sguardo di Len e
questo
annuì, lasciandola andare da coloro che la stavano
chiamando; lui
sarebbe rimasto lì ad aspettarla, pronto a realizzare ogni
suo
desiderio.
Cosa
c'è oltre lo specchio? Posso far parte del tuo mondo?
La
ragazza si diresse verso la porta della sua stanza con passo incerto,
sempre più rapido e sicuro man mano che procedeva sotto lo
sguardo
soddisfatto del mago dello specchio, che la osservava muovere quei
suoi delicati piedini dopo anni di malattia e sofferenze.
Ciò che
lui era venuto a fare stava dando i suoi frutti.
Non
sai quanto ti sono debitrice,
fece nella sua testa, senza accorgersi di aver superato la soglia
della sua stanza ed essersi ritrovata nel lungo corridoio tappezzato
di carta da parati azzurrina. Si fermò un secondo per
riprendere
fiato, ancora faceva fatica a camminare e i muscoli delle sue gambe
non erano più abituati a quegli sforzi. Posso
continuare a
far affidamento su di lui in questo modo?
Lasciò
la domanda in sospeso, non sapeva ancora come rispondere, ma quando i
suoi piedi iniziarono a scendere lentamente le scale, si chiese se
Len potesse davvero rimanere al suo fianco per sempre. Era vero, lo
conosceva da poco, ma si sentiva incredibilmente legata a lui, come
se avesse sempre fatto parte della sua vita. Lui aveva fatto
veramente moltissimo per lei e la ragazza non sapeva come poter
ricambiare, cosa che forse l'avrebbe resa veramente felice o,
perlomeno, in pace con se stessa.
“Perché
sento che manca qualcosa?” fece a voce alta. Rin sapeva
già la
risposta ed era molto semplice: voleva che quella barriera che prima
era un semplice specchio sparisse, per poter sentire, e non solo
immaginare, di poter toccare la mano di Len. Lui le aveva dato
tantissimo, forse troppo, ma avrebbe rinunciato a tutto pur di poter
stare al suo fianco senza quel dannato specchio.
“Basterebbe
solo quello...”
Le
mani si strinsero l'un l'altra all'altezza del petto, che si
gonfiò
per accogliere un sospiro di rammarico.
“R-Rin...
Non ci p-posso credere!”
Gli
occhi della ragazza si spalancarono e di fronte a lei, poco lontano
dalla base delle scale, suo padre la fissava stupefatto, con il suo
cappello militare in bilico su due dita. Il viso dell'uomo era
contratto in una smorfia che pareva un misto tra felicità e
incredulità, mentre gli occhi diventavano sempre
più umidi, finché
le lacrime non iniziarono a scivolare su quel volto tanto famigliare.
Rin
abbassò lo sguardo e si fissò le gambe, un po'
come faceva Len e
accennò un sorriso, per poi ricambiare l'abbraccio
avvolgente del
suo papà.
Quello
fu il primo passo verso la vita felice che tanto agognava.
*****
Len
fissava il piccolo quartetto di
bambole, intente a pensare ai fatti propri aspettando che la loro
padroncina ritornasse. Queste ridevano e scherzavano, offrendo al
giovane mago uno spettacolo piuttosto divertente.
“Chissà
se Rin avrà ancora
bisogno di voi...” fece a voce bassa, passandosi le mani tra
i
capelli e riflettendo su ciò che sarebbe successo di
lì a breve: il
tempo, dopotutto, non aspetta nessuno. Tirò infatti fuori
l'orologio
da taschino e fissò le lancette muoversi lente, ma
inesorabili, le
une verso le altre, ad indicare la fine del suo soggiorno in quella
dimensione dimenticata dal mondo. Ancora un po' di tempo e avrebbe
dovuto scegliere se rimanere al suo fianco e abbandonare la sua
vita, oppure tornare indietro e sperare che Rin riuscisse a
cavarsela senza di lui.
“Che ne
dici?”
Il ragazzo si voltò e di nuovo si
ritrovò al cospetto del misterioso uomo incappucciato. Sul
viso la
solita espressione, la bocca contratta nella sua solita smorfia
divertita, anche se in quel momento pareva volere qualcosa di
più
che vedere Len costretto a decidere. Non si mosse, Len non rispose. I
due lasciarono che il silenzio tornasse ad essere totale, quasi
assordante. Dei due, il primo che avrebbe dovuto fare il primo passo,
sarebbe dovuto essere Len.
“Lei
è da suo padre, lo sai?”
cominciò l'uomo, fingendo nella voce commozione e empatia.
“E con
ciò? È stato un suo
desiderio... Presto tornerà anche sua madre...”
L'uomo ridacchiò e si passò una
mano sulla bocca asciutta, da cui era possibile intravedere l'arcata
dei denti superiori. Mosse la testa di lato e mormorò i suoi
complimenti al ragazzo che era stato in grado di mantenere il sangue
freddo fino a quel momento, sempre in bilico sulla ruota del destino.
“Allora? Hai
deciso?”
Len gli diede le spalle e tornò a
fissare la stanza di Rin, dove presto parte della sua magia sarebbe
svanita, sempre a patto che lui decidesse di andarsene. Miku, Kaito,
Luka e Gakupo, le sue amate bamboline sarebbero tornate ad essere
tali, immobili e inanimate...
Queste avvertirono il disagio di
colui che aveva dato loro la vita e lo fissarono intensamente, da una
parte confusi e dall'altra determinati a non lasciare la loro
padroncina da sola.
“Rin non
potrà continuare a fare
affidamento su di voi in eterno, dovrà trovarsi dei veri
amici...”
“E qualcuno
appartenente al suo
mondo da amare, non credi?” aggiunse l'uomo in un ghigno
cinico.
“Che intendi
dire?”
“Facile! Magari
tu non te ne sei
accorto, ma ti guarda proprio con gli occhi di una ragazza innamorata
persa!”
Len arrossì e abbassò lo sguardo,
stringendo con forza i pugni. Non dovrebbe... Non
può
succedere... pensò con impresso nella mente il
sorriso di Rin
quando fu in grado di mettersi in piedi e camminare. Quell'immagine
lo aveva accompagnato per tutto il tempo da quando aveva esaudito il
suo desiderio: lei pareva un angelo e i suoi occhi azzurri avevo
ripreso a brillare di quella luce che le aveva visto per la prima
volta quella notte di pioggia, quando la sfortuna lo metteva alla
prova ogni singolo giorno della sua vita.
“Hai poco tempo
per decidere...
Questa sarà la notte dove tutto torna alla
normalità!”
“Hai di nuovo
intenzione di
sparire? Hai detto la tua frase d'effetto, è tempo di
lasciare il
palco?” fece Len sarcastico, stufo di quella situazione e di
tutte
le conseguenze che sarebbero derivate dalla sua decisione. L'uomo
incappucciato rise di gusto e agitò il dito indice davanti
al viso.
“Se vuoi che
rimanga a farti
compagnia, dillo pure!”
Len scosse la testa: “No,
grazie... Rispondi solo a una mia domanda, ma non mi fraintendere...
Non mi interessa sapere cosa ne sarà di me o
perché mi hai
coinvolto in questa faccenda... Voglio solo sapere se una volta
finito tutto, mi lascerai mai in pace.”
“Può
darsi, sempre che tu non
voglia di nuovo giocare con me!”
Il ragazzo scosse la testa e lo
congedò con un 'forse' che parve una
promessa campata per
aria, senza nessun vero e proprio desiderio di rivederlo.
Ciò che in
quel momento importava non era ciò che sarebbe successo a
lui o ciò
che sarebbe venuto dopo: per Rin, lui solo avrebbe potuto prendere la
decisione più giusta per entrambi.
Il silenzio era assordante, il vento
aveva smesso di soffiare e la luce riflessa dalle tende si era
fermata, facendo sprofondare la stanza in un'immobilità
quasi
innaturale. I suoi occhi azzurri si posarono sulle leggere tende di
tulle e sentì il peso della sua decisione gravare sulle sue
spalle.
Non avrebbe permesso che Rin soffrisse ancora, ma sapeva che
sarebbero bastati un altro paio di desideri e la sua vita sarebbe
tornata alla normalità, prima che il suo egoismo lo portasse
a
intromettersi con lo scorrere del destino.
“Presto mi
dimenticherà... Vivrà
la sua vita...” Oppure no? La domanda
sorse spontanea nella
mente del ragazzo, che in un primo momento non aveva valutato le
conseguenze delle sue azioni: ciò che credeva sarebbe
successo era
che avrebbe fatto ammenda per gli errori che aveva commesso,
soprattutto per liberarsi dal senso di colpa dovuto al suo stupido
egoismo da una parte anche lecito.
Di nuovo, Len si ritrovò stretto
nella morsa del tempo che per la seconda volta non era dalla sua
parte. Troppo poco tempo per pensare, troppo poco per decidere e per
capire cosa provasse il suo cuore, ma purtroppo per lui la decisione
doveva essere presa.
*****
“Non
riesco ancora a crederci,
Len!” fece Rin portandosi le lenzuola fin sotto il naso,
nascondendo un radioso sorriso che avrebbe potuto illuminare la
stanza. Il mago oltre lo specchio annuì, sovrappensiero e
nascosto
nella penombra del suo Limbo. Si morse il labbro e cercò di
dire
qualcosa, ma le parole gli si bloccarono sul fondo della gola,
destando sospetti nella ragazza sdraiata nel letto.
“Va tutto bene?
Hai realizzato un
mio grande desiderio, voglio festeggiare con te il ritorno di
papà e
la fine della guerra!”
“Adesso
no... Vai a dormire, è tardi...” mormorò
Len, con voce talmente basa da costringerlo a ripetere la frase alla
ragazza. Rin bofonchiò qualcosa e saltò
giù dal letto come faceva
da bambina, prima della malattia, e raggiunse il suo mago,
guardandolo con quei dolcissimi occhi da cerbiatta che sembravano
voler scrutare l'anima di lui. Per la prima volta da quando lo aveva
conosciuto, Rin notò sul volto di Len l'insicurezza e la
preoccupazione. Il volto sicuro e pieno di sé, capace di
farla
sentire al sicuro in quel momento non c'era. Volle quindi esprimere
il desiderio che tutto ciò che turbava il ragazzo sparisse,
ma lui
intercettò il suo sguardo con degli occhi talmente tristi da
far
accapponare la pelle della giovane.
“Che ti
succede?” chiese
poggiando la mano destra sulla lastra di vetro, in cerca di quella
del mago che però la ritrasse.
“Il
tempo passato con te è stato bellissimo...”
fu la risposta di Len, che suscitò in Rin un terribile
brivido lungo
la schiena. Sentì le gambe cedere e la vista appannarsi,
spaventata
da quello che sarebbe successo. Suo padre era tornato e non se ne
sarebbe più dovuto andare, sua madre l'avrebbe raggiunta a
breve e
avrebbe riavuto di nuovo la sua famiglia, ma non voleva che Len se ne
andasse.
L'idea della sua partenza le sorse
spontanea, non aveva nulla su cui basarla, ma dentro di sé
lo
sentiva forte e chiaro; solo, non lo voleva accettare Anche l'altra
mano raggiunse quindi lo specchio e chiese, tremante, cosa
significassero le sue parole.
“Quanto
tempo è passato dal nostro primo incontro? Te lo
ricordi?”
La ragazza rispose affermativamente.
Da quando si erano conosciuti, era passato un mese esatto: un mese in
cui lei aveva imparato a conoscere a fondo una persona quando prima
era sola al mondo, un mese in cui questo giovane ragazzo aveva fatto
battere il cuore della giovane dietro lo specchio in modo diverso,
forse con un battito in più che le aveva restituito la
voglia di
vivere a pieno la propria vita.
“T-Te ne vai?
-chiese in un
sussurro- N-Non p-puoi! Sei stato con me per poco tempo, resta di
più!”
Le sue parole uscirono con un
crescendo di tristezza, finché le lacrime non iniziarono a
rigarle
il viso. Perché?, fece nella sua testa. Perché?
Non
volevo più piangere...
Len rimase in silenzio per una
decina di secondi che gli parvero interminabili, come se la sua gola
fosse stretta in una morsa che non gli permetteva di parlare. Non
poteva raccontarle del suo mondo, del vero motivo per cui aveva fatto
irruzione nella sua vita, ma doveva pur dirle qualcosa. Di nuovo si
ammonì per il suo egoismo, lo stesso che aveva causato tutte
le
sventure di Rin e pensò per un attimo di rinunciare alla sua
vita e
rimanere con lei, ma il pensiero di sua madre lo fece desistere;
qualsiasi cosa avrebbe fatto, altre vite avrebbero sofferto, lui in
primis, ma ormai aveva parlato e non poteva più tornare
indietro. La
ruota del destino necessitava di riprendere il proprio corso
originario, dopo la brusca svolta del mago.
“Dentro
di me, ero sicuro che intuissi che questo giorno sarebbe arrivato,
dopotutto sei la mia controparte, oltre questo specchio...”
Rin non capì a cosa si riferisse,
ma il suo presentimento si rivelò subito fondato, con una
concretezza talmente spaventosa che si sentì soffocare.
Aveva
salutato quegli anni di solitudine con l'arrivo di quel ragazzo dai
capelli legati color del grano; i suoi occhi azzurri come il cielo
estivo parevano aver scacciato il grigiore della sua vita e pareva
che il sole fosse tornato, ma adesso tutto quanto andava
sgretolandosi di fronte ai suoi occhi.
Scosse energicamente la testa,
trattenendo più possibile la sua disperazione e il grido di
dolore
legato a quella partenza. Cosa avrebbe visto poi, oltre quello
specchio? Solo la sua immagine e nient'altro? Non voleva succedesse,
voleva poter continuare a vederlo o magari che riuscisse a superare
quella barriera che li divideva.
“P-Perché
devi andare via? Non
puoi restare?”
“Lo
vorrei tanto, ma se lo facessi si spezzerebbe
l'incantesimo...”
fu la bugia del giovane mago, che comunque era lecita: si spezzerebbe
ciò per cui lui aveva lavorato, sia nel suo mondo, sia per
Rin, che
si sarebbe ritrovata a dipendere totalmente da lui e a farlo
diventare la sua unica fonte di felicità; Len voleva che
riprendesse
in mano la sua vita e rimanere lì con lei non glielo avrebbe
permesso.
“N-non mi
importa... - replicò
tra i singhiozzi- A-Anche se tu f-fossi senza magia, io sarei felice
lo s-stesso... Solo perché sei accanto a me...”
“Non
piangere...”
“Come faccio a
non piangere?! Mi
stai lasciando da sola, non voglio più rimanere
sola!”
“Rin,
ascoltami...”
La ragazza alzò lo sguardo e vide
Len sorridere dolcemente, con il dito indice alzato a indicare il
volto di lei. La sua espressione era calma e contenuta, era pronto e
aveva accettato la situazione; in cuor suo, sapeva che era la cosa
giusta. Intanto, nella tasca dei suoi pantaloni, l'orologio
ticchettava inesorabile fino all'ora della separazione o della
prigionia: aveva poco tempo per i saluti e un secondo in più
avrebbe
fatto la differenza.
“Oltre
questo specchio, c'è un mondo dove tutto è al
rovescio e come tale
i nostri destini non si sarebbero dovuti incrociare... Ti ho fatto un
enorme torto e sono venuto qui per rimediare... Ma allo stesso tempo,
non ti sto permettendo di riprendere in mano la tua vita...”
“N-non
capisco... Cosa mi avresti
fatto di male?” chiese Rin, che finalmente stava ricevendo la
risposta che tanto agognava, ma non nel tipo di situazione che si era
immaginata.
“Non
posso dirtelo, perché altererei ancora di più il
corso del
destino... Ma sono felice di essermi intromesso, perché
così ho
avuto l'occasione di conoscere la meravigliosa persona che ho
davanti.
Tu
magari non te ne sei accorta, ma mi hai dato tantissimo e ti
ringrazio... Il tuo sorriso, le tue lacrime, la tua risata... Non
potrò mai dimenticarli!”
Rin tentò di fermare il ragazzo,
avrebbe voluto esprimere un altro desiderio, ossia quello di farlo
rimanere e poi quello di poter finalmente toccare la sua mano, ma sul
vetro di fronte alla giovane si formarono diverse crepe, la cui
origine si trovava esattamente sul punto colpito dal giovane mago.
“Quindi,
non dimenticarti di me...”
“L-Len...”
riuscì appena a
pronunciare la ragazza sola in una stanza appena illuminata da un
lumino tremolante. Gli occhi erano spalancati, il suo corpo
impietrito per lo stupore, mentre di fronte a lei la sua immagine si
rifletteva sulle numerose schegge di vetro. Allungò ancora
la mano
in cerca di quella del ragazzo che non trovò, incontrando
solo il
riflesso di se stessa. “Non piangere”
aveva detto mentre
lei lo implorava di restare, ma il tono della voce di lui pareva
volerle dire molto di più.
Con le dovute attenzioni, afferrò
quindi il pezzo di vetro più grande, con la speranza di
rivedere
anche per un solo secondo gli occhi di Len, assolutamente identici ai
suoi, in quel momento in tutto e per tutto: la luce prima brillava
solo in quel cielo racchiuso nello sguardo del mago, ora brillava
anche negli occhi di Rin. Una luce che per troppo tempo era mancata,
ma che dopo quell'amicizia, forse infatuazione, aveva ripreso a
brillare.
Lo aveva capito, non le ci volle
molto per arrivarci. Il dolore per quella separazione era grande e
spaventoso, simile a quello che aveva sempre provato prima, ma la
consapevolezza del perché delle azioni di Len le aveva reso
tutto
più facile da sopportare. Qualsiasi cosa lui le avesse fatto
di
male, lui l'aveva cancellata, dandole quella spinta di cui
necessitava per riprendere a vivere.
“Continuerò
a conservare questo
specchio per ricordarmi tutto ciò che hai fatto per me...
Grazie”
Dette quelle parole, Rin sorrise.
Intanto, oltre lo
specchio, un
giovane dai capelli dorati guardava in basso, con le mani strette a
pugno attorno ad un orologio da taschino dello stesso colore della
sua chioma. L'orologio aveva smesso di ticchettare. Fermo, immobile
come l'aria della stanza che lo circondava. La luna piena brillava
alta, la sua luce di diffondeva con delicatezza colpendo un mucchio
di lenzuola bianche gettate a terra. Dei raggi argentei si
riflettevano su numerose schegge di vetro, prima appartenenti ad un
specchio, di cui era rimasta solo la cornice.
Il ragazzo non disse niente, l'unico
suono era quello dl suo respiro irregolare rotto da singhiozzi
sommessi. Le spalle si alzavano e abbassavano in continuazione,
mentre dentro di sé un grido di dolore veniva intrappolato
sul fondo
della sua gola.
La stanza pareva essere rimasta
esattamente come quando se ne era andato, ma sapeva benissimo che la
vita era andata avanti senza di lui. Sapeva di aver fatto soffrire la
madre e tutti coloro che dipendevano da lui, ma era tornato pronto a
riprendere le redini.
I suoi occhi si spostarono quindi
alla luna e gli tornò in mente quel volto, che fece
contrarre le sue
labbra in un debole sorriso.
“Mi chiedo, se
oltre lo specchio,
tu stia sorridendo...”
Angolo
di Zenya
Beh,
eccoci qui alla fin fine! Questo è l'ultimo capitolo della
mia
piccola mini-long, lasciato un po' in sospeso, con un finale
abbastanza aperto (?)
Diciamo
che non so esattamente cosa dire, ma spero che questa storia vi sia
piaciuta, per quanto frammentata e legata ai momenti salienti delle
canzoni Magical Mirror e Mirror's Magic.
Vi
ringrazio di cuore per aver seguito questo mio lavoro! Un
ringraziamento speciale va a _ClyssiasChange_
che
ha recensito e preferito questa storia e a FullMoonEris e
RinYumeChan_Yandere che l'hanno messa tra le seguite; e
ovviamente
un grazie a tutti i lettori silenziosi che sono arrivati alla fine
con me!
Alla
prossima e grazie ancora!
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