Crashed into a new world - On adventure with the Pirate 2

di _ Arya _
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter 0 (part 1) ***
Capitolo 3: *** Chapter 0 (part 2) - Hope ***
Capitolo 4: *** You are back ***
Capitolo 5: *** Unexpected changes ***
Capitolo 6: *** Shock ***
Capitolo 7: *** Rain after the sun ***
Capitolo 8: *** Slow Resurrection ***
Capitolo 9: *** Annuncio, o quel che è ***
Capitolo 10: *** The power of a choice ***
Capitolo 11: *** The strange new world ***
Capitolo 12: *** Frustration, doubts and uncertainties ***
Capitolo 13: *** The power of love ***
Capitolo 14: *** Calm before the storm ***
Capitolo 15: *** What's the plan? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 









 
EMMA POV

Ricordavo ancora il momento esatto in cui Rumplestiltskin ci aveva dichiarato guerra tre mesi prima, bruciando completamente uno dei villaggi del nostro regno con tutti i suoi abitanti. Uomini, donne, bambini. Tutti.
E la cosa peggiore, era che l'aveva fatto per colpa mia, per iniziare la sua lenta vendetta nei miei confronti.
Era iniziata così la grande guerra, perfino peggiore di quella ai tempi di Regina. L'Oscuro aveva aperto tutte le prigioni per fare degli uomini peggiori della Foresta Incantata il suo esercito personale, e nonostante avessimo fatto molte vittime, altrettante ce n'erano state tra di noi.
Anche Hook portava ancora sul fianco destro la cicatrice di quando un mese prima era stato portato a casa da mio padre gravemente ferito: era allora che avevo deciso di smettere di fare la madre a tempo pieno, per quanto mi dispiacesse lasciare Liam, e quando il mio uomo era ripartito per il fronte, mi ero unita a lui. Non avrei potuto permettergli di morire senza essere al suo fianco per salvarlo, perché avevamo ormai imparato che insieme eravamo più forti.
Ero pentita di non aver chiesto un addestramento magico, ma prima non ne avevo mai visto la necessità. Nel periodo di pace, felicità e avventura, non avevo mai trovato motivo per cui imparare a fare incantesimi.
Eppure adesso mi avrebbe fatto comodo.
Adesso che eravamo prigionieri della nave “Revenge” di Barbanera.
Anche lui si era salvato, in qualche modo. E anche lui faceva parte dell'esercito di Rumplestiltskin, che l'aveva incaricato di portarci al suo cospetto.
Dopo essere stati convinti dalle fate a lasciare il palazzo perché non più sicuro per noi, eravamo salpati tutti con la Jolly Roger per cercare di raggiungere Arendelle e chiedere aiuto militare e magari magico: ma le cose erano andate male, e quando avevamo fatto tappa in un villaggio per fare rifornimenti, gli uomini di Barbanera erano riusciti a catturarci dopo aver messo tutti fuori gioco con della polvere soporifera. E ci eravamo svegliati incatenati nella Revenge, con Barbanera ad accoglierci.
I miei pensieri furono interrotti dalla luce che provenne dalla botola appena aperta, ed istintivamente strinsi Liam tra le mie braccia con forza, e Hook fece lo stesso con me.
Perché l'ombra che preannunciò l'uomo in arrivo non era quella del solito pirata brutto ma magrolino che ci portava da mangiare, bensì molto più grande. Enorme. Impressa nella mia mente da quasi due anni.
Barbanera.
-Buongiorno, adorati ospiti. La famiglia reale al completo... se solo l'Oscuro non mi avesse pagato tanto, vi avrei tenuti tutti per me. Come giocattolini!
-Cosa vuoi- sibilai tra i denti con odio, e sistemai mio figlio tra le braccia di suo padre.
-Mia cara Emma Swan! Quando vi ho accolti non ci ho fatto molto caso ma... siete cresciuta, vostra altezza, e in così poco tempo.- fece un profondo e goffo inchino.
-Sì, e tu sei ingrassato- non riuscii a trattenermi, spaventando la mia famiglia che mi pregò a bassa voce di smetterla, Hook compreso.
-Avete anche mantenuto il vostro spirito, mia cara. Devo proprio ammetterlo, non ho mai avuto una prigioniera tanto ribelle!
-Scusa, non è colpa mia se non mi sei mai piaciuto...- dissi quasi dolcemente, alzandomi in piedi nonostante le grosse catene alle caviglie che mi rendevano piuttosto instabile -Ma purtroppo... tu puzzi!
-Swan, fa' silenzio!- esclamò Hook guardandomi supplichevole, ma non poté far niente avendo il nostro bambino tra le braccia. Tuttavia era proprio lui il motivo per cui avevo deciso di attirare l'attenzione del grosso pirata, avevo visto come l'aveva guardato. I due si odiavano da anni, e non potevo neanche immaginare cosa avrebbe potuto fargli se avesse deciso di intrattenersi con lui.
-Mi dispiace, se non vi piace l'odore di uomo non posso farci molto... voi preferite l'odore di pivelli.- ghignò rivolto a Hook -Ma guardatelo, il temuto Capitan Uncino che stringe un marmocchio tra le braccia... mi viene da ridere!
Quest'ultimo digrignò i denti, ma non disse nulla. Sapevo bene quanto gli costasse, ma sapevo anche quale fosse il motivo per cui si stava trattenendo: noi. Me e Liam. Non voleva far arrabbiare il bruto e rischiare che ne subissimo le conseguenze. In qualche modo, ci stavamo proteggendo a vicenda.
-Sì, un pivello che ti ha buttato giù dalla passerella! Me la ricordo bene la scena! Legato e spinto giù... com'è che ti sei salvato, gli squali hanno pensato che tutto quel grasso avrebbe potuto fargli male alla salute?- lo sbeffeggiai per far tornare l'attenzione su di me scoppiando in una risata, così certa che non si sarebbe abbassato a colpire una donna che sussultai nel momento in cui mi afferrò il polso con forza, tanto da farmi male.
-Lasciala stare!- gridò Hook, e dopo aver lasciato Liam a mio padre si alzò in piedi per venire in mio soccorso, liberandomi dalla presa dell'altro.
-Prenditela con qualcuno della tua stazza, mia moglie non devi neanche sfiorarla con un dito. O giuro che ti farò penare così tanto che alla fine mi implorerai di ucciderti. Ma io non lo farò, ti lascerò in una pena eterna, tanto che non saprai più distinguere la realtà dagli incubi.
-Killian lo apprezzo, ma per favore, non metterti in mezzo!- esclamai e mi parai davanti a lui prima che Barbanera potesse reagire. Era ovvio che apprezzassi il gesto, il fatto che volesse proteggermi, ma doveva cercare di farsi furbo e capire che se lui avesse provocato quell'uomo non se la sarebbe cavata con poco. Probabilmente avrebbe potuto anche ucciderlo, non ero certa che Rumple lo volesse vivo a tutti i costi.
L'omone invece di avere qualsiasi tipo di reazione violenta scoppiò a ridere per l'ennesima volta, lasciandoci tutti basiti.
-Beh, che c'è? Perché dovrei picchiare un “uomo” che non è neanche stato capace di insegnare alla sua donna chi è che porta i pantaloni in casa?
-Non reagire- sussurrai al diretto interessato, mentre l'altro continuava a ridere apparentemente divertito. Era chiaro come il sole che volesse provocarlo mettendo in dubbio la sua mascolinità, ed immaginavo che per un uomo, soprattutto un pirata, dovesse essere difficile resistere dal reagire. Ma in quel momento l'avrei legato io stessa se fosse stato necessario: non potevo rischiare di perderlo per una situazione che in qualche modo dipendeva da me. Per quanto tutti avessero cercato di convincermi del contrario, nulla aveva potuto farmi cambiare idea del fatto che quella guerra fosse colpa mia. Solo per una convinzione malata di quel codardo di Rumplestiltskin, ma comunque mia.
-Che c'è Hook? Non vuoi insegnarle chi è che comanda? Le permetti perfino di indossare i pantaloni, letteralmente. Le donne dovrebbero portare i loro eleganti abiti che ci permettano di scoparcele in qualsiasi momento vogliamo!
Stavolta cercai di non reagire neanch'io, e strinsi forte la mano al mio uomo, mentre sentivo dietro di noi anche i miei genitori piuttosto frustrati del fatto che non potessero far nulla.
-Va bene, glielo insegnerò io per te.- fece, ed inaspettatamente con la spada tagliò le mie catene per attirarmi a lui, causando le grida da parte di tutti gli altri.
Sentii Hook tirare così forte, che se fosse stato possibile ero certa avrebbe spezzato le sue, di catene, grazie alla forza di volontà.
-Che cosa vuoi da me.- borbottai cercando di non far trasparire quanto fossi spaventata, perché stavolta completamente senza via d'uscita e le sue intenzioni erano piuttosto chiare.
-Domarti. Sei una donna tesoro, non dovresti comportarti da uomo. In più, non sarà terribile... ammetto che non sei il mio tipo, preferisco le rosse... ma sei piuttosto bella, quindi farò un'eccezione!- esclamò con un sorriso soddisfatto, e senza la minima delicatezza mi prese il viso tra le mani sudicie e mi baciò.
Sputai nella sua bocca senza pensarci due volte nello stesso momento in cui i miei genitori e Hook gridarono, e i bambini scoppiarono a piangere.
-Mi avrai quando l'inferno gelerà, Barbanera!- esclamai disgustata, pulendomi con una manica -Baci da schifo, ci credo che non hai una donna!


HOOK POV
-Swan ti scongiuro, non provocarlo!- gridai tirando le catene per l'ennesima volta, sperando che per miracolo si spezzassero e mi permettessero di correre in suo soccorso.
Quando l'aveva attirata a sé avevo sentito il sangue gelarmi nelle vene, e mi ero odiato come non mai per non poterla proteggerla e tenere al sicuro tra le mie braccia. Ma non potevo permettergli di andare oltre, avrei preferito morire piuttosto che guardare quel mostro farle del male.
Per quanto amassi il suo carattere combattivo e determinato, avrei voluto che per una volta stesse in silenzio e gli chiedesse scusa, così magari l'avrebbe risparmiata.
-Chiudi quella bocca Hook, se non vuoi che uccida la tua mogliettina!- gridò invece quello in preda all'ira, strattonandola per un braccio e facendola gridare; grida che mi lacerarono nel profondo, tanto da farmi sentire realmente un forte dolore al petto.
-Prendi me al posto suo, torturami, fa' quello che vuoi, ma per favore, non lei...- lo supplicai, non vedendo nessun'altra alternativa. Mai avrei voluto supplicare quel codardo, ma per Emma avrei fatto questo ed altro.
-Potrei, sai? Ma così è più divertente... così ti farò più male. Ucciderti sarebbe troppo facile! Mi guarderai far godere la tua donna, e magari quando te la ridarò sarà più docile! Ora che ci penso, credo dovrai ringraziarmi!
Detto questo non fece passare un solo attimo che le strappò di dosso il panciotto, spingendola al muro con violenza e stringendole il seno, ora coperto soltanto dalla stoffa leggera della camicia.
-Lascia stare mia figlia, codardo! Se proprio vuoi una donna... prendi me, ma non lei!- intervenne Snow tra le lacrime, e sua figlia gridava di dolore straziandomi il cuore ancora una volta.
-Mi dispiace, nulla di personale Altezza. Ma per far male al capitano da strapazzo, deve essere vostra figlia...
-Ho detto di no!- gridò Emma dimenandosi, ma quello le prese la testa e la sbatté contro la parete facendola gridare di nuovo, e approfittò della sua debolezza per slacciarle i pantaloni.
Con la vista ormai talmente offuscata dalle lacrime non riuscii a vedere cosa fece la ragazza per rivoltare la situazione e far urlare di dolore lui, ma lo vidi piegarsi su sé stesso, cosa che non poté che farmi gioire nonostante tutto.
-Te l'ho detto, schifoso! Non devi neanche provare a toccarmi! Ti castro con le mie stesse mani!
-Posso fare anche a meno di te, sgualdrina!- gridò con rabbia e la spinse con violenza contro la parete opposta, e quella scivolò a terra troppo lontano perché potessi soccorrerla.
Il capitano scoppiò in quella che era ormai l'ennesima risata e senza dire una parola risalì le scale per chiuderci nuovamente nella botola.
-Emma!- gridammo all'unisono io ed i suoi genitori, uno più preoccupato dell'altro, e cercai nuovamente di spezzare le catene per poterla raggiungere e assicurarmi che fosse tutto a posto.
Ci guardammo tra di noi con disperazione non vedendola muoversi, tutti e tre in lacrime: e i bambini piangevano così forte che sembrava avessero capito anche loro cosa fosse successo.
-Sto bene.- bofonchiò a sorpresa tossendo e sputando sangue, poi si trascinò fino a noi: non attesi un solo attimo, e non appena fu abbastanza vicina la presi e la strinsi tra le braccia, chiudendo gli occhi e lasciando che le ultime lacrime mi scivolassero via.
-Stai bene tesoro? Davvero?- sussurrai allontanandola leggermente per poterla guardare meglio, e lei sorrise.
-Sì. Non ha capito con chi ha a che fare! So difendermi io.
Non piangeva, neanche una sola lacrima, ma il tremore la tradì rivelandone il lato fragile, quella parte di lei che aveva avuto paura, almeno per un po', che le fosse fatto del male. Quindi senza aggiungere altro la strinsi nuovamente, e tentai di accertarmi che la ferita alla testa non fosse grave, nonostante stesse perdendo sangue.
Fortunatamente anche i genitori reagirono in fretta, e Snow mi passò un pezzo di stoffa bagnato, che poggiai sulla ferita provocando un leggero sussulto da parte della ragazza.
-Non dovevi reagire tesoro, lo so che lui ha provocato ma...
-Se la sarebbe presa con te. È te che odia. Ho reagito per... per distogliere l'attenzione da te, perché avrebbe potuto ucciderti. Mentre sono certa che Rumple mi voglia viva.
-Avrebbe potuto ugualmente farti del male! Ci è mancato così poco che...
-Zitto!- esclamò divincolandosi dall'abbraccio -Avrei preferito quello piuttosto che vederti morto, se permetti! Solo perché sono una donna non vuol dire che non posso essere io a proteggere te!
-Oh Swan, non c'entra nulla il fatto che tu sia una donna! È che non l'avrei sopportato, se ti avesse fatto qualcosa!
-Già, come io non avrei sopportato se avesse fatto qualcosa a te. Se ti avesse ucciso!
-Ti amo da morire...- sussurrai e la strinsi nuovamente, questa volta baciandola con passione incurante del fatto che i suoi genitori fossero lì accanto e che suo padre avrebbe potuto darmi un pugno. Nel frattempo lei ricambiò allo stesso modo, e potei finalmente essere sicuro che stesse bene.
Dopo aver rassicurato anche i suoi genitori, riprese in braccio un Liam piuttosto affamato, e ci mettemmo in disparte per quanto potessi muovermi in modo che potesse allattarlo con calma.
Nostro figlio era davvero cresciuto, aveva 8 mesi ormai, ed era un bambino molto curioso e vivace. Nonostante ancora non avesse mai pronunciato consapevolmente le parole “mamma” o “papà”, era solito borbottare così tanto da far sembrare che stesse parlando. Purtroppo però in questi ultimi 10 giorni aveva smesso quasi del tutto, e sia io che Emma eravamo preoccupati che potesse in qualche modo rimanere segnato da quest'esperienza, in qualunque maniera fosse andata a finire.
-Starà bene, tesoro. Staremo tutti bene, vedrai che troveremo il modo di uscire da questa situazione... ci riusciamo sempre.- cercai di rassicurare la sua muta preoccupazione che traspariva dal suo sguardo.
-Non lo so... di solito uno di noi è sempre stato libero! Ora siamo entrambi imprigionati... ci ho provato a usare la magia, sai? Ma niente, non vuole saperne. Io non avrei voluto tutto questo per nostro figlio...
-Lo so, neanch'io. Ma supereremo tutto, siamo una famiglia che non si da' per vinta.
-Già...- fece pensierosa, accarezzando la testa al piccolo -Ma mi chiedo che razza di intenzioni abbia Rumple. Insomma, siamo in viaggio da 10 giorni! Lui potrebbe semplicemente materializzarsi con uno schiocco di dita, no? Non ha senso tutto questo, e ammetto che la cosa mi spaventa. E Liam! Già finito di mangiare, non hai più fame?
Mi voltai verso mio figlio che sembrava riluttante a continuare la poppata, e si era limitato a stringersi tra le braccia di sua madre. Non aveva gattonato neanche una volta da quando eravamo lì, probabilmente aveva paura come noi.
-Non è così poco, sta bene. La tua testa come va?
-Sto bene... non è niente. Credevo peggio perché la botta è stata un po' forte...
-“Un po'”...- borbottai cingendole le spalle per poi poggiarmi contro il muro di legno insieme a lei, e posai la mano su quella del piccolo, che me la strinse.
Avrei tanto voluto che quei giorni fossero stati un incubo, come d'altronde gli ultimi tre mesi, e che fossimo in viaggio sulla nostra nave, allegri e spensierati, come i primi tempi.


EMMA POV
Rimasi in quell'angolino con Hook e Liam per un tempo indefinito, ma sicuramente non molto breve, prima di rendermi conto che non ci stavamo più muovendo.
Mi scambiai un'occhiata con l'uomo e i miei genitori, e nessuno volle esprimere le sue preoccupazioni ad alta voce.
Perché se ci eravamo fermati voleva dire che eravamo giunti a destinazione. Da Rumplestiltskin, e non avendo la minima idea di cosa volesse farci avevo paura che la storia potesse avere un fine non molto lieto. Perché la mia dannata magia non voleva più collaborare?! Avrei potuto trasportarci tutti di nuovo a casa, o sulla Jolly Roger, o comunque in un posto sicuro, lontano dal pericolo. Soprattutto per via dei bambini, perché era davvero troppo fargli vivere un'esperienza del genere, avrebbero potuto rimanere traumatizzati a vita, e se fosse successo non avrei mai potuto perdonarmelo.
Quando sentimmo la botola aprirsi nuovamente, mi ricoprii velocemente e tornammo vicino agli altri per rimanere uniti, per quanto potesse servire.
Il primo a scendere fu nuovamente Barbanera, e Hook mi strinse il braccio con tanta forza da farmi quasi male. Dolore che sopportai con gioia, dato che era molto meglio dell'essere scaraventata contro le pareti di mogano dall'altro pirata.
-Tranquillo principino, non sono venuto per fare del male alla tua ragazza.- sbuffò quello con una risata, ma nessuno fece in tempo a tranquillizzarsi che dietro di lui comparve Rumplestiltskin.
Aveva una pelle strana, come anche i suoi occhi... era tornato ad essere completamente l'Oscuro, con pochissimi segni di umanità ancora intatti. Come aveva potuto ridursi in quella maniera?
-Già già già... lui non le farà niente, perché l'onore spetta soltanto a me!- esordì l'Oscuro, con una voce divertita quanto inquietante.
-Non avvicinarti a lei!
-Lontano da mia figlia!
Sia Hook che mio padre mi si pararono davanti, mentre mia madre si avvicinò col piccolo Leopold e mi strinse un braccio, nemmeno lei intenzionata a lasciarmi andare.
-Oh, così sarà ancora più divertente! Io non ho intenzione di avvicinarmi a lei... sapete, ci sono modi migliori per far soffrire qualcuno! Per esempio, portargli via le persone amate... come lei ha fatto con mio figlio e mia moglie.
-Rumple, per la miseria, io non te li ho portati via! Se te li sei lasciati scappare che colpa ne ho?! Sii ragionevole, sei un uomo intelligente!- esclamai, non muovendomi dal mio posto soltanto per tenere al sicuro Liam.
-Intelligente? Oh sì, lo sono. Ragionevole? Non dopo quel che mi hai fatto, mia cara. Non dopo che mi hai rovinato la vita! Sciò, sciò!- fece infastidito, e gli bastò uno schiocco di dita per scaraventare via mio padre e mio marito, e per una volta ringraziai che fossero legati o avrebbero potuto farsi seriamente male.
Io cercai di indietreggiare, ma non servì a nulla e il demone mi si parò davanti con un sorriso crudele: mi spaventò così tanto soprattutto perché il suo sguardo non era rivolto a me... ma al bambino. Al mio bambino.
Iniziai pian piano a capire in cosa consistesse il suo piano, almeno in parte, e non potei impedire alle lacrime di scivolare via. Voleva ripagarmi con quella che secondo lui era la mia stessa moneta: portarmi via mio figlio.
-Ti prego! È ancora così, piccolo... ha bisogno dei suoi genitori!- lo supplicai, stringendolo forte al petto, pur sapendo che avrebbe potuto strapparmelo via senza la minima difficoltà.
-Può sopravvivere anche senza di voi. Come dire... ci sono tante persone che vorrebbero un bambino e non possono averlo...
-No! Ti prego, ti prego... farò qualunque cosa tu mi chieda, ma non portarmelo via!
Con la coda dell'occhio vidi gli uomini intenti a liberarsi da una stretta invisibile: probabilmente Rumple li aveva immobilizzati con la magia.
-Tu non meriti alcuna pietà, Emma Swan.- sussurrò continuando ad avvicinarsi a me, costringendomi ad aderire completamente contro il muro, spaventata e disperata -Ma ti farò un regalo. Ti dirò ciò che succederà ora, nel giro di pochi minuti...
Deglutii, e non riuscii a dire niente. A cosa sarebbero servite le mie parole se non a farlo arrabbiare ancora di più? Non potevo far altro che ascoltarlo, e sperare che la sua vendetta avesse qualche buco, qualche rimedio. Qualunque cosa mi avrebbe evitato di perdere mio figlio.
-Ho già lanciato la maledizione, prima di scendere qui. Tra poco la vedrai avvicinarsi coi tuoi occhi... ho, diciamo, isolato questa parte di nave per poterti prima incontrare... ma sta già agendo. Ben presto, tutti gli abitanti della Foresta Incantata finiranno in un altro mondo, un mondo in cui io avrò il pieno controllo su tutto. Ho perfezionato la maledizione che avevo prestato a Regina... quindi manterrete tutti i vostri ricordi. Sarete miei schiavi, i miei burattini. Ma non è poi così terribile, no? Ma vedi, cara Emma... tuo figlio non verrà. Sarà spedito al di fuori dei confini, e qualcun altro si prenderà cura di lui. Chi? Non ne ho idea! Chi lo troverà per primo, immagino! E poi... neanche tuo marito verrà con noi. Tuttavia non lo manderò via... lui rimarrà qui. Da morto, ovviamente
-NO!- gridai in lacrime, mentre lui rideva nuovamente imitato da Barbanera -Non puoi! Belle e Bae non sono morti! Ti prego, no... perché...
-Perché?!- esclamò, portandomi una mano alla gola, e avvicinando la testa tanto da farmi sentire il suo alito pestilenziale -Perché tu dovrai perdere tutto, Emma Swan. Dovresti ringraziarmi del fatto che tuo figlio vivrà... io in fondo ho un animo tenero, e non potrei fare del male a un bambino.
-Lo strappi ai suoi genitori! E Hook... non... non puoi, uccidi me...- continuai a supplicare tra lacrime e singhiozzi, mentre una parte di me iniziò a percepire una magia oscura, oscura e potente che si stava facendo sempre più vicina. La sentivo come un vortice di vento gelato, un vento destinato a strappar via tutta la felicità che avevo in corpo, tutta la gioia, la speranza, la forza.
Non volevo credere che avrei perso mio marito e mio figlio nel giro di pochi attimi, doveva essere un brutto incubo da cui mi sarei svegliata nel mio letto, tra le braccia del mio pirata. Piangevo senza ritegno, come se sperassi in tal modo di impietosire quell'essere senza cuore, che mi riscossi solamente nel momento in cui lo vidi sollevare Hook a mezz'aria.
-No! Killian no... non voglio perderti...- sussurrai quasi senza voce tra i singhiozzi, e lo guardai con disperazione in quello stato dal quale non poteva far nulla per liberarsi.
-Ti amo...- vidi le sue labbra pronunciare, prima di iniziare a contorcersi sotto il controllo del suo acerrimo nemico, che sembrava gli stesse causando dolore in ogni fibra del corpo. Era come se lo stesse causando anche a me, perché io e lui eravamo una cosa sola.
Ormai gridavamo tutti, io, i miei genitori, i bambini, e nessuno sembrava poterne fare a meno: allo stesso tempo gli altri due ridevano, ridevano e godevano della sofferenza che stavano provocando.
-Va bene, va bene... purtroppo non ho molto tempo, anche se mi sarebbe piaciuto divertirmi ancora un po'. Addio, mio caro capitano!- sghignazzò l'Oscuro, e sotto il mio sguardo terrorizzato ed in preda allo shock, lo scaraventò con tutta forza contro il barile di rum accanto a me, e il suono della sua testa che sbatteva fu così lacerante che mi sembrò mi si stesse squarciando il petto.
Piansi ancora più forte e mi chinai su di lui, per constatare con orrore che un'enorme pozza di sangue si stava formando sotto il suo capo.
Il suo petto invece era fermo.
Aveva smesso di alzarsi e abbassarsi.
Il cuore aveva smesso di battere.
-A te l'onore Barbanera, finiscilo pure... per sicurezza!
E fu allora che qualcosa dentro di me andò in contrasto con l'ambiente circostante: il braccio del pirata assassino sembrava quasi muoversi al rallentatore, insieme alla nuvola nera ormai sul punto di avvolgerci.
Una potente forza interiore sembrò sussurrarmi con dolcezza che non avrei perso mio figlio, e non avrei perso l'uomo che amavo.
Istintivamente strinsi Liam a me, e poggiai la mano libera su quella di Killian.
Sentii l'aria venirmi meno, ma allo stesso tempo un'inspiegabile sorta di leggerezza mi permise di ascoltare il silenzio prima di perdere i sensi.
Silenzio. Totale silenzio, più nessuna risata, nessun rumore di pelle squarciata, solo silenzio.
Pace e silenzio.
Fu soltanto per quello che diedi tregua ai miei sensi e mi lasciai finalmente andare.


 
***
 

 
Londra, 2 Febbraio 2015.

Rumori strani.
Suoni sconosciuti.
Suoni sconosciuti e assordanti mi riempirono la testa.
E voci: voci potenti, quasi grida, voci determinate.
Aprii gli occhi d'istinto, e quando incrociai lo sguardo con quello di una donna, ebbi soltanto le forze di fare una domanda.
-Loro come stanno?
Poi tossii, e vidi la mano di quella portare qualcosa di trasparente sul mio viso, per coprirmi il naso e la bocca.
-Sono tutti vivi. Deve stare calma ora, si rilassi. Siete tutti vivi.
Siete tutti vivi.
Io ero viva.
Liam era vivo.
E Killian era vivo.
Mi bastò quello per sorridere: la mia magia ci aveva salvati per la seconda volta... la magia bianca. Quella che alla fine, continuava a prevalere in me.
Col cuore colmo di speranza, ma stremata, lasciai i sensi cedere ad un sonno profondo.






















 
Angolo dell'autrice;
Ciao! Come promesso, dopo aver finito l'altra ff, inizio col postare il prologo di questa. (A proposito, per rispondere alle recensioni preferirei essere comoda e avere tempo, lo faccio appena torno a casa qualche giorno! Ma grazie a tutti :) )
Sono passati pochi mesi dall'epilogo, circa 7, e tutti sono impegnati in una guerra contro Rumple, che vuole vendicarsi in maniera piuttosto malsana... anche se forse, ha un piano di fondo.
Non tutto sembra essere andato come sperava però, ed Emma nel momento del bisogno è riuscita ad utilizzare la magia per cercare di portare tutti in salvo... anche se con "tutti", si intende solo Killian e Liam, non avendo il controllo sui suoi poteri.
Ho la trama già bene in mente, almeno per metà della storia... ma continuerò a postare questa e l'altra tornata a casa, ora non ho molto tempo per scrivere!
Spero che questo inizio della seconda parte vi possa incuriosire, e spero di non deludere!
Un abbraccio :*


 

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Capitolo 2
*** Chapter 0 (part 1) ***


Edit: No, è già la seconda volta che io posto un capitolo tutto normale... e poi è così: http://i61.tinypic.com/2r7by53.png
Eppure all'inizio era normale, altrimenti dubito sareste riusciti a leggerlo xD Per caso qualcun'altro ha lo stesso problema?
Tra l'altro ho dovuto ripostarlo, perché il codice ormai me lo dava male e se rifacevo solo l'edit comunque me lo dava sbagliato.
Spero non succeda più, perché mi sarei anche rotta xD







Chapter 0 (part 1)












L'unico piccolo movimento che riuscii a fare, fu socchiudere gli occhi, per cercare di capire qualcosa.
Intorno a me c'era silenzio, ma potevo sentire voci e rumori provenire da qualche partenon troppo lontana, e non avevo idea di chi ne fosse l'artefice.
Cos'era successo? E soprattutto, dove diavolo ero? Era tutto bianco. Bianco ovunque.
Mi sentivo il collo immobilizzato, e il resto del corpo troppo pesante per riuscire a muovere anche solo un muscolo: richiusi quindi gli occhi, e cercai di fare mente locale sugli ultimi avvenimenti.
La guerra. La partenza sulla Jolly Roger, il rapimento, Barbanera... Rumplestiltskin.
Rumplestiltskin.
-Liam! Killian!- gridai mentre gli occhi mi si stavano già riempiendo di lacrime, e l'accaduto mi passò davanti senza più nessuna difficoltà.
Barbanera che entrava seguito da Rumplestiltskin, quest'ultimo che mi spiegava i suoi piani... portarmi via il mio bambino, uccidere mio marito. E poi Hook che si contorceva in aria dal dolore e infine veniva scaraventato con forza sul pavimento. La pozza di sangue sotto la sua testa, il cuore che non batteva più...
-KILLIAN!- gridai ancora, in preda al panico, mentre lacrime e singhiozzi prendevano sempre più il sopravvento su tutto il resto. Non poteva essere morto, doveva essere vivo, non dopo lo sforzo che avevo fatto per portarci via, indipendentemente da dove fossimo. Non potevo aver agito troppo tardi.
-Signora, si calmi!- sentii una voce femminile su di me; tra le grida non avevo neanche sentito nessuno avvicinarmisi.
-Mio marito... e il mio bambino...- singhiozzai, mentre la donna cercava di tenermi ferma in quel che avevo capito fosse un letto.
-Il bambino sta bene, glielo faccio portar qui tra poco. Suo marito... è in sala operatoria, è vivo. Faremo il possibile, glielo prometto.
Annuii, e aprii gli occhi cercando di tranquillizzarmi e mettere a fuoco: la donna si dimostrò una ragazza non molto più grande di me, coi capelli rossi legati in una coda, e tutta vestita di bianco, in tinta con la stanza.
Tuttavia il mio sguardo si andò a posare sulla siringa che aveva in mano, e spalancai la bocca terrorizzata del fatto che probabilmente volesse usarla su di me – anche se dalla sua espressione sembrava incerta.
-E' solo tranquillante, non si preoccupi- sorrise -Ma non ce n'è bisogno, se riesce a stare calma da sola...
Annuii nuovamente, e presi un respiro profondo nonostante la cosa dura che avevo al collo mi impedisse di farlo come avrei voluto.
Fu un sollievo quando mi sentii sollevare la testa per sentirmelo sfilato via, e quindi respirai nuovamente, stavolta a pieni polmoni, cercando di stabilizzare il mio cuore che pochi istanti prima aveva battuto all'impazzata. Come se da un momento all'altro mi avrebbe squarciato il petto per saltare fuori.
-Dove sono?- domandai, quando mi sentii un po' meglio, e mi guardai intorno certa di non aver mai visto un posto del genere.
-Si trova in ospedale. Un uomo ha trovato lei, suo marito e suo figlio privi di sensi a Lexington Street, a Soho. E ha chiamato immediatamente l'ambulanza. Ho saputo che quando sono arrivati lì hanno trovato il bambino ancora tra le sue braccia, quindi lui sta bene- si affrettò a specificare, probabilmente per via dell'espressione di terrore che dovevo aver assunto per un attimo -L'uomo invece... aveva una brutta ferita alla testa, e il suo cuore batteva a malapena. Ma sono riusciti a recuperarlo, ed ora lo stanno operando.
-Starà bene, vero?- dissi in un sussurro, cercando di ricacciare indietro le lacrime che stavano di nuovo iniziando ad annebbiarmi la vista.
-Io... faremo il possibile per suo marito, glielo prometto. L'ho visto mentre lo portavano, sembra un uomo forte e giovane... ce la farà.
-Sì, è forte. Non lascerebbe mai me e Liam da soli, lo so...
Fu quel pensiero che mi diede la forza di placare la disperazione: non avevo idea di cosa fosse Soho, o quella Street qualcosa che mi aveva citato, ma se c'era una cosa di cui ero certa, era che Killian non si sarebbe mai arreso tanto facilmente.
Era un pirata di 200 anni, un uomo incredibilmente forte, e soprattutto aveva almeno due ragioni per cui vivere: me e nostro figlio. Sì, ce l'avrebbe fatta, ne ero certa.
E poi, egoisticamente, non volevo perderlo. Fino a due anni prima non avrei mai immaginato di incontrare una persona che avrei amato così tanto, un uomo con cui avrei deciso di passare il resto della mia vita così presto, e senza esitazioni. Un uomo che mi amava per quella che ero, che mi capiva e sosteneva, e mi stava accanto in qualunque decisione prendessi.
No, a fine giornata avrei di nuovo ammirato il suo sorriso, e l'avrei riabbracciato.
-Ora vado a chiamare il dottore. E... si vede quanto ama suo marito, e se anche lui la ama allo stesso modo sono sicura che ce la metterà tutta per tornare da lei... da voi,- mi sorrise la donna, e sorrisi anch'io.
Sorrisi perché mi amava, mi amava quanto io amavo lui, e non avevo mai avuto dubbi a riguardo.
Allora annuii, facendole capire che non avrei di nuovo dato di matto se fosse uscita dalla stanza: avrei aspettato pazientemente l'arrivo di questo dottore, magari con Liam, e poi avrei cercato di capirci qualcosa.
Approfittai di quel minuti di solitudine per studiare meglio l'ambiente, e mi resi conto che non solo le pareti erano bianche, ma anche tutte le lenzuola, il cuscino, e il poco mobilio.
E poi, quando cercai di muovere la mano destra, mi accorsi di avere una specie di tubo, attaccato ad essa grazie ad un bendaggio, e probabilmente ad un ago, dato che ero quasi certa si sentire un leggero pizzicore.
In che razza di mondo ero finita, se negli ospedali bucavano le mani della gente? In più dovevo avere qualcosa anche dietro la testa, perché la sentivo un po' strana.
La mia esplorazione per il momento finì lì, dato che la porta si aprì e vidi entrare un uomo sulla quarantina – ovviamente anch'egli in bianco.
-Buongiorno signorina, sono lieto che sia sveglia. Come si sente?
-Signora. È mio marito quello che state operando. E dov'è il mio bambino? L'infermiera aveva detto che me l'avreste portato.- avrei risposto alla sua domanda solo dopo aver ricevuto risposte io stessa: era assurdo che non mi avessero ancora portato il mio bambino, mio figlio. Non si rendevano conto che anche lui doveva essere spaventato ed aveva sicuramente bisogno della sua mamma?
-Voglio solo visitarla, poi le porteremo suo figlio.
-Prima mi portate mio figlio, poi mi visitate.- incrociai le braccia al petto, pur doloranti, ma senza ammettere repliche.
-Temo che non sia possibile, la prego di avere un po' di pazienza...- tentò, un po' confuso dalla mia reazione. Ma cosa si aspettava, che me ne stessi lì buona buona a lasciar fare tutto a degli sconosciuti? Nel mio mondo ero pur sempre una principessa, e nonostante non fossi amante dei vizi, un minimo di rispetto ero abituata ad aspettarmelo: almeno abbastanza da essere trattata come una persona capace di intendere e di volere! Io stavo bene, non ero io quella quasi morta e che stavano operando, che diavolo di fretta aveva quel tipo?!
-Non ho pazienza, voglio vedere subito mio figlio. O devo andare a cercarlo da sola?- lo sfidai, alzandomi a sedere anche se con fatica. Volevo capisse che nulla mi avrebbe impedito di raggiungere il mio piccolo Liam.
-D'accordo. Aspetti un attimo.- sospirò, e lo vidi prendere dalla tasca un congegno su cui sembrò premere dei bottoni: ero proprio finita in uno stranissimo mondo.
Tuttavia capii che aveva deciso di collaborare, quindi tornai ad adagiarmi sui cuscini, perché anche se non l'avrei ammesso ad alta voce la testa mi pulsava da morire e i muscoli gridavano pietà.
Aspettai in silenzio tentando di ignorare lo sguardo indagatore del dottore, che probabilmente si stava chiedendo da dove fossi saltata fuori. Avrei dovuto dirgli la verità, per cercare di capire se fossimo ancora in qualche modo in qualche angolo di Mistheaven, oppure tacere? Mi sentivo estremamente confusa, perché Neverland se pur non uguale dalla mia terra aveva comunque qualcosa in comune con essa... ma qui? Per il poco che avevo visto – ovvero la stanza e due persone – era tutto completamente diverso.
Alzai nuovamente lo sguardo quando la porta si aprì, e mi sentii immediatamente meglio nel vedere Liam tra le braccia dell'infermiera che mi aveva assistita una volta sveglia.
Guardai il dottore farle un cenno, e quella si avvicinò posandomi il piccolo tra le braccia, che immediatamente si accoccolò a me, emettendo i teneri versetti che ogni volta mi mettevano allegria.
-Sono qui tesoro mio, la mamma è qui, non devi avere paura... e anche papà starà bene molto presto, te lo prometto. Poi affronteremo tutto insieme, come sempre...
Chiusi gli occhi e lo strinsi, almeno lui fu in grado di rilassarmi davvero, nonostante la mia preoccupazione per Killian. Solo il mio piccolo poteva avere su di me un potere del genere.
Fu come se per un attimo venissi avvolta da un alone di leggerezza, e tutti i dolori e le paure sparirono, per lasciar spazio all'amore per mio figlio, quello che quel maledetto demone alla fine non era riuscito a portarmi via.
-Ora potrei visitarla? E capire cosa vi è successo...
-Sì, ok...- acconsentii, e a malincuore posai delicatamente Liam sul letto, accanto a me.
-Quindi lui sta bene?
-Benissimo, sano come un pesce, può stare tranquilla- sorrise il dottore, e prese posto sulla sedia accanto al letto.
Quando mi chiese di rilassarmi e di respirare obbedii, e lasciai che ascoltasse i battiti del mio cuore con delle cuffie simile a quelle che usava il dottor Frankenstein. Magari era questo il mondo da cui veniva! Gliel'avrei chiesto, se mai fossimo tornati a casa, e soprattutto da vivi... avevo tante domande, iniziando da dove fossero finiti i miei genitori, ma sentivo che quelle persone non sarebbero state in grado di rispondermi.
Poi lasciai che mi controllasse la ferita alla testa, che a quanto disse non era grave, nonostante dalle radiografie fosse risultato un lieve trauma cranico – qualunque cosa significassero tutte quelle parole a me sconosciute. In ogni caso mi fece capire che fisicamente stavo bene, e non c'era ragione di preoccuparsi.
-Ora... vorrei chiederle delle cose...- disse infine, stavolta più cauto: io non risposi, e mi limitai a guardarlo con aria interrogativa.
-Ho notato che ha dei lividi e delle ferite che... beh, non può essersi causata cadendo. Sono ferite da... come dire, violenza fisica.
Finito di pronunciare quelle parole rimase in silenzio e mi guardò negli occhi, in attesa che dicessi qualcosa: in un primo momento non capii, ma poi mi fu chiaro il motivo di tutta quella prudenza.
-No. Non sono stata violentata, io... ho... sì, subito delle violenze ma non più di mio marito. Ma non sono stata violentata, gliel'assicuro. Sto... bene, per quanto si possa star bene con un marito in sala operatoria...- sospirai, abbassando lo sguardo nuovamente preoccupata. Quanto tempo ero stata incosciente? E da quanto tempo lo stavano operando?
-Bene. Appena saprò qualcosa glielo comunicherò, gliel'assicuro. Ma sarebbe in grado di dirmi cosa è successo? I paramedici hanno detto che sembra saltiate fuori dal nulla... con voi non hanno trovato documenti, numeri di telefono, telefoni... quindi non siamo stati in grado di avvertire le vostre famiglie.
-Numeri di cosa?- domandai accigliata: cosa diavolo era un telefono?
-Signora, è sicura di star bene?- fece quindi preoccupato, e mi studiò in faccia come se stesse tentando di leggermi nel pensiero.
-Certo. E... non potete contattare le nostre famiglie perché... a lui non è rimasto nessuno, la mia invece non è qui. Rumplestiltskin ci ha catturati, torturati, e ha quasi ucciso Killian e... i miei genitori non ho idea di dove siano... oh, vorrei tanto saperlo, spero stiano bene. E il mio fratellino!
-Signora, di cosa sta parlando? Rumplestiltskin? È il nome in codice della persona che vi ha rapiti e aggrediti? Quindi non è stato un incidente?
-Cosa? No, non è il suo nome in codice... è l'Oscuro, lui, lui... ci ha rapiti, perché diceva che gli avevo portato via suo figlio, quando invece la colpa è stata solamente sua e...
D'accordo, non eravamo più a Mistheaven, era chiaro come il sole, ma com'era possibile che non conoscessero l'Oscuro? A Neverland lo conoscevano, e sapevo che lo stesso valeva anche per Wonderland, Camelot e Arendelle.
-Magari stava leggendo a suo figlio la fiaba dei Fratelli Grimm ultimamente? Forse dovrei farle un'altra radiografia...
-Cosa? I fratelli chi? Ma di cosa sta parlando...
Tutte quelle informazioni che non mi dicevano niente mi stavano facendo nuovamente scoppiare la testa, ed ebbi l'improvviso terrore che non sarei mai riuscita a tornare a casa a quelle condizioni.
Fiabe? Di cosa diavolo stava parlando, perché avrei dovuto leggere delle fiabe dei fratelli Grim, o qualunque fosse il loro nome?
-Si... si sdrai, si tranquillizzi, le inietterò del calmante così potrà dormire. Magari i pensieri torneranno a posto una volta riposata...
-Che?
-Aspetti, dottore!
Io e l'uomo ci voltammo verso la porta, prima che potesse infilarmi l'ago nel braccio: era entrata una ragazza bionda, giovane, e a differenza degli altri non era vestita di bianco. Aveva degli strani pantaloni blu scuro con una giacca di pelle che però non aveva niente a vedere con quella di Hook, le arrivava a malapena alla schiena.
-Lei è mia sorella... sono stata chiamata poco fa, è mia sorella. Lei è...
-Emma- pronunciai il mio nome: senza sapere il perché mi sembrò di potermi fidare di quella strana ragazza... magari mi avrebbe aiutata, magari era finita anche lei qui da Mistheaven.
-Emma, sì. È mia sorella. Emma tesoro, come stai? Dottore, può lasciarmi solo cinque minuti con lei?
-Va bene, ma cinque. Ha bisogno di riposare, è molto confusa.- accettò, e dopo aver lanciato un'ultima occhiata prima a me e poi all'altra bionda, uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di sé lasciandomi sola con “mia sorella”.
Cercai di studiare la sua espressione, mentre mi rimettevo a sedere e riprendevo in braccio Liam, e lei prendeva posto sulla sedia del dottore. Sorrideva, ed aveva uno sguardo dolce che ispirava fiducia: era anche lei un'infermiera?
-Ciao Emma, sono Ashley. Scusami se ho irrotto così ma...
-No... anzi. Grazie. Ma... tu vieni da...
-No. Non vengo dalla Foresta Incantata. Sono di qui. Siamo in un altro mondo, molto diverso dal tuo. Ma so delle cose perché quasi un anno fa ho conosciuto un'altra persona come te, il Cappellaio Matto... sì, insomma, Jefferson. Prometto che ti spiegherò meglio tutto, ma dimmi in poche parole cosa è successo e ci inventiamo una storia da raccontare al dottore. In breve, se raccontassi la verità non ti crederebbe mai e ti prenderebbe per pazza.

 

Alla fine il dottore aveva creduto alla storia che io e Ashley avevamo inventato in cinque minuti, anche se non era stato facile cercare di mettere in piedi qualcosa di credibile: in breve, io, Killian e Liam eravamo presumibilmente stati in vacanza dai miei genitori, in un paese chiamato New York, e sulla via del ritorno eravamo stati accerchiati da dei rapinatori che ci avevano picchiati per portarci via tutto – documenti compresi. Non identificabili ovviamente, per via delle maschere che portavano sul viso. Mentre il mio blaterare su Rumplestiltskin e signori oscuri, era dovuto al fatto che avevo letto delle storie a mio figlio, e la botta in testa mi aveva un po' confusa.
Dovetti ammettere che quella ragazza era geniale, senza il suo aiuto mi avrebbero ricoverata per pazzia e mi avrebbero aperto in due la testa per capire cosa non andasse in me.
E ora, lei era ufficialmente mia sorella, e aveva rassicurato il dottore del fatto che si sarebbe occupata di noi, sia per ospitarci che per aiutarci a rifare i documenti e tutto il resto. Sembrava davvero destino che proprio oggi avesse fatto visita ad una sua amica, e ne ero grata.
-Grazie, Ashely...- dissi nuovamente, quando rimanemmo di nuovo in camera da sole con Liam.
-Non c'è di che. Immagino quanto possa essere difficile... Dio, Jefferson mi ha parlato dell'Oscuro e... non credevo fosse ancora così crudele.
-Non lo era più da molto tempo. O almeno credeva di non esserlo... ti racconterò tutto per bene, te lo devo. Solo non ne ho le forze adesso, con Hook che ancora stanno operando...
-Hook? Aspetta, tuo marito è Capitan Uncino? Siete pirati?
-Sì... ma non siamo pirati. Cioé, lui sì. E un po' anch'io. Ma io sono anche una principessa... Dio, è una storia complicata. Immagino dovrò raccontarti anche questo ma... come fai a conoscere Hook?
-Il motivo per cui questo mondo è diverso dagli altri, è che qui... insomma, tutti voi siete delle favole. Nessuno crede che siate reali e... sai, c'è la fiaba di Peter Pan e Capitan Uncino.
-Oh...- borbottai, capendo finalmente come mai il dottore mi avesse chiesto se avessi letto una certa fiaba dei fratelli Non-So-Chi a mio figlio. Probabilmente anche Rumple era parte di qualche storia... ma com'era possibile? Tutti noi, nella Foresta Incantata, sapevamo bene della reale esistenza di altri mondi – Neverland, Wonderland, Camelot, Arendelle eccetera – ma qui erano davvero tutti convinti di essere gli unici esseri umani esistenti?
-Suppongo che anch'io dovrò raccontarti un po' di cose Emma, quando verrai a casa. Toglimi solo una curiosità... tu saresti Emma Swan... il cigno dell'Incantesimo del Lago?
-Non so di cosa parli... se può esserti d'aiuto, sono figlia di Snow White e il Principe Charming.
-Cosa?!- esclamò facendomi sussultare per lo spavento, cosa di cui si scusò subito e controllò di non aver svegliato Liam che si era appena addormentato tra le mie braccia.
-La figlia di Biancaneve è la moglie di Capitan Uncino. Questo le storie non lo dicono! Wow...
Nonostante tutto scoppiai in una risata, perché perfino per il nostro mondo eravamo un'accoppiata strana: nemmeno io avrei mai immaginato di diventare la moglie di un pirata, con un figlio di 7 mesi a soli 27 anni. A volte la vita era davvero strana, piena di sorprese piacevoli, anche se di altrettante meno.
Già una volta avevo rischiato di perdere Killian, ed ora si trovava di nuovo su un filo tra la vita e la morte: non volevo perdere le speranze, perché sapevo che se l'avessi fatto sarei caduta nella disperazione più totale, e non era quel che avrebbe voluto per me. Una volta sveglio, non sarebbe stato contento di vedermi a pezzi.
Dovevo essere forte: per me, per lui, per Liam.
-Ora vi lascio riposare... hanno detto che vi dimetteranno questa sera prima di cena. Verrò un po' prima, ti porterò dei vestiti. E intanto andrò a comprare dei pannolini e... non so, cosa mangia Liam? Allatti?
-Grazie. Allatto sì ma... puoi prendergli qualcosa se ti va. Farò in modo di sdebitarmi, te lo prometto...
-Non devi preoccuparti di questo. Pensa a star bene e abbi fede per tuo marito. Sono certa che Capitan Uncino sia un osso duro.
-Lo è. A più tardi... e grazie ancora.
-Ciao...- sorrise e si alzò dai piedi del letto, per poi lasciarci soli a riposare.
Guardai il piatto di minestra ormai sicuramente fredda che avevo posato sul tavolino alla mia destra, ma non avevo fame. E non avevo neanche sonno. Probabilmente non avrei potuto fare nulla fino a che non mi avessero dato notizie di Hook, o addirittura fino a che non l'avrei riabbracciato e baciato.
Avevo bisogno di riaverlo accanto, e allora, avremmo affrontato questa nuova avventura come sempre: insieme.

 

 

***

 

 

Ashley arrivò nel momento stesso in cui entrò il dottore ad annunciarmi che avevano finito di operare Killian e che potevo andare a vederlo.
Non feci domande. Nessuna. Né come fosse andata l'operazione, né come stesse ora. Volevo soltanto vederlo, e solo dopo le avrei fatte.
Mi alzai in silenzio dal letto, rifiutandomi di mettermi a sedere su una strana sedia con le ruote e lasciando la mia nuova sorella con Liam. Dopo aver messo le scarpe seguii il dottore per i corridoi: non m'importava di avere addosso una strana veste azzurra, larga ed anonima. Non mi importava di avere probabilmente le occhiaie più profonde del mondo, non essendo riuscita a chiudere occhio.
Mi importava di vederlo, nient'altro contava in quel momento.
Prima di entrare il dottore mi chiese come mi sentissi, ma io lo ignorai e gli feci cenno di aprire la porta: i dottori del posto erano davvero irritanti, non volevano mai passare al sodo.
Con un sospiro che non riuscii a decifrare decise di darmi ascolto, ed entrò lasciando che lo seguissi, poi richiuse la porta dietro di noi.
Per la prima volta non seppi come reagire.
Il mio Capitano era steso su un letto in bianco, la testa completamente fasciata, e dei tubi che spuntavano da ogni parte del suo corpo per finire in degli strani apparecchi che a quanto avevo capito erano in grado di registrare i battiti del cuore e altre cose.
-Batte. Il cuore batte. Vero? Lui sta bene.- dissi, voltandomi a guardarlo negli occhi, stavolta non senza paura.
-Batte. È vivo, e l'operazione è andata bene... è fuori pericolo di vita. Se vuole avvicinarsi... parleremo dopo.
Annuii e una volta raggiunto il letto mi chinai su di lui, prendendogli la mano bucata dallo stesso ago che avevo avuto piantato nella mia, e gli baciai la fronte, per poi alzare lo sguardo e studiarlo meglio.
A parte fasciature e tubi, perfino nel naso, il petto si alzava e abbassava a ritmo regolare, e perfino la sua espressione sembrava tranquilla. Esattamente come quando dormiva, nei momenti in cui mi svegliavo prima di lui e stavo ad osservarlo e bearmi della pace che mi infondeva quell'immagine.
-Amore mio, sono qui... lo sapevo che non saresti morto. Sei un osso duro, lo sei sempre stato...- sussurrai al suo orecchio, e poi gli stampai un leggero bacio sulle labbra.
-Quando si sveglierà?- domandai quindi.
-Non lo so.
-Cosa?- feci, voltandomi e tirandomi su, per guardarlo sconcertata. Come faceva a non saperlo? Era lui il dottore, non io.
-Ecco signora Jones, riguardo suo marito... l'operazione come le dicevo è andata bene. Tuttavia aveva una brutta ferita alla testa, e ha subito un trauma cranico di natura piuttosto grave. Oltre al fatto che è stato senza ossigeno per diverso tempo. È molto probabile che si sveglierà, però non so dirle quando, mi dispiace.
-Cosa... cosa vuol dire... una settimana... o...?
Il mio cuore stava iniziando a battere sempre più forte, e le lacrime erano prossime a tornare a invadere non solo i miei occhi, ma tutta la mia anima.
-Può essere un giorno, una settimana, un mese, vari mesi, o chi lo sa... signora, mi dispiace davvero, ma suo marito è in coma.

























 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Ecco anche il nuovo capitolo di questa ff... (scrivo dall'aldilà, perché la puntata mi ha stesa). Comunque, sono sani e salvi ed Emma e Liam stanno bene... mentre non si può dire lo stesso di Hook. Ma in quello stato, meglio qui che nella Foresta Incantata.
Prima che Emma fosse ricoverata in psichiatria, Ashley è arrivata in suo aiuto... (Ashley è l'Ashley di OUAT, anche se qui non viene dal mondo delle favole). Conosce Jefferson quindi sa tutto, e ha deciso di aiutare Emma ospitando a casa lei e Liam, che dovranno aspettare il risveglio di Hook.
Nella seconda parte del capitolo 0 ci saranno altre risposte, per esempio cosa è successo agli altri, dove sono, e come mai invece loro tre sono finiti proprio a Londra.
Spero vi piaccia, fatemi sapere :) Anche se c'è qualcosa da migliorare/aggiungere... quel che volete insomma ahahaha
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, inserito nelle categorie o letto il primo capitolo... spero che questa storia possa piacervi, perché in tal caso ho molte idee, tipo fino al capitolo 15 ho una scaletta pronta :P
Intanto OUAT è tornato in grande stile, e la premiere è stata fantastica! Non vedo l'ora di scoprire/vedere il resto che ci aspetta!
La prossima volta (entro questa settimana), posterò The Lost Swan Trilogy... quindi insomma, per un po' alternerò alla parie le due ff, poi vedrò!
Un abbraccio :*

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Capitolo 3
*** Chapter 0 (part 2) - Hope ***


Ho scritto la prima parte con "My Heart Will Go On" in sottofondo...
se avete la possibilità provateci, rende meglio e fa meno schifo xD





Chapter 0 (part 2)
- Hope -












 

EMMA POV

-No...- sussurrai solamente, prima che le lacrime mi annebbiassero la vista e il mio cuore si frantumasse a metà.
-No.- ripetei, per poi inginocchiarmi davanti al letto e scoppiare a piangere sul suo corpo vivo quanto immobile di mio marito, se non per il respiro regolare alimentato da quelle macchine strane.
Ci volle un attimo perché seguissero anche i singhiozzi: tra le persone che conoscevo che erano finite in coma, nessuno si era mai risvegliato. Tutti erano morti alla fine, avevano esalato il loro ultimo respiro senza neanche avere il tempo di ammirare la luce per un'ultima volta.
Sapevo di dover essere forte per Liam, ma allo stesso tempo sapevo anche che se il cuore di Killian si fosse fermato, il mio l'avrebbe seguito subito dopo. Forse ero diventata debole, ma ormai vivere senza di lui sarebbe stato impossibile, non riuscivo neanche a vederla come una possibilità.
-Signora la prego non faccia così, si sentirà male anche lei... Abbia fede...- borbottava un'infermiera in confusione mentre cercava di staccarmi dal corpo del mio pirata, ma io ero irremovibile. Non ero pronta a lasciarlo, non sarei mai riuscita ad andarmene da lì sapendolo in quello stato, non ne avevo le forze.
Come potevano anche solo pensare di separarmi dall'uomo che amavo più della mia stessa vita? Con che coraggio pretendevano che lo lasciassi solo in quella stanza anonima? Doveva sapere che io ero lì ad aspettarlo, dovevo restargli accanto e costringerlo a tornare da me e da nostro figlio.
-NO!- gridai ancora, nel momento in cui tre infermiere riuscirono a sollevarmi e rimettermi in piedi, allontanandomi da lui; -VOGLIO RIMANERE, LASCIATEMI STARE!
-Emma! Sorellina, ascoltami... usciamo di qui e cerchiamo di farti calmare...
Non mi ero neanche accorta del fatto che Ashley mi avesse raggiunta, ma in qualche modo la trovai più rassicurante di quelle stupide oche e la seguii fuori dalla stanza, lasciando che mi facesse sedere in corridoio.
-Ti prego non fare così, non servirà a niente...
-Non capisci- singhiozzai, mentre cercavo di mettere a fuoco l'ambiente, senza successo a causa della vista annebbiata dalle lacrime che non volevano fermarsi.
-Non so come funziona dalle vostre parti... ma qui la gente si risveglia dal coma. E lui si sveglierà, lo so! E lo sai anche tu, non perdere la speranza!- esclamò, prendendomi entrambe le mani e costringendomi a guardarla negli occhi.
Erano accesi, e sembrava credere davvero a ciò che aveva appena detto... ci credeva più di me.
Poi la mia mente si riscosse e sembrò immagazzinare soltanto allora la prima informazione preziosa che la ragazza mi aveva dato: “qui la gente si risveglia dal coma”.
-Cosa? Lui... dici che...
-Sì Emma. Qui abbiamo tutta questa tecnologia, che potrà sembrarti assurda, ma in medicina aiuta. Lo manterrà sano fino al suo risveglio, perché si sveglierà.
-Davvero?
-Davvero.
Annuii, e nel momento in cui fui lì lì per andare in panico per Liam, mi accorsi che era adagiato in una specie di carrozzina proprio accanto a noi: almeno lui dormiva, ed era così tranquillo che riuscì ad infondermi perfino un po' di calma.
-Non pensavo che Capitan Uncino fosse così affascinante, sai?- sorrise la ragazza -Qui l'immagine di lui è... beh, è molto diversa. Lo vedrai.
-Sì è... lui è...- balbettai, ma non riuscii a concludere la frase rendendomi conto di non sapere neanch'io cosa fosse. Affascinante e bello non erano aggettivi sufficienti per definirlo: affascinante, bello, tenero, dolce, autoironico, simpatico, forte, sicuro, passionale, meraviglioso e pieno d'amore. Quelle erano le parole per descrivere Killian Jones, e probabilmente anche altre che in quel momento non mi venivano in mente.
-Voglio conoscerlo quando si sveglierà. Se lo ami così tanto deve essere proprio speciale.
Esatto. Speciale.
-Lo è...- accennai un sorriso, accarezzando distrattamente una manina a mio figlio. Ashley gli aveva fatto indossare una tutina di lana molto carina, col disegno di un coniglietto nel mezzo, ed aveva perfino un cappello! Soprattutto, sembrava molto più comoda di quelle utilizzate nel nostro mondo, più morbida.
-Ti ho portato dei vestiti, vedendoti direi che abbiamo più o meno la stessa taglia... per le scarpe non lo so, ma usciremo a comprarne altre, è solo per tornare a casa.
-Grazie, sei gentilissima... io davvero, non so come ringraziarti. Stai facendo per me così tanto, e neanche mi conosci...
-Mi ispiri fiducia- replicò semplicemente, scuotendo le spalle -E poi pochissime persone a questo mondo possono capire la vostra situazione... non potrei mai lasciarti ad affrontare tutto da sola, deve sembrarti così assurdo. Poi Londra è una grande città...
-Grazie. Allora io... vado a cambiarmi, poi voglio parlare coi medici e possiamo andare.
-Bene. E non piangere, si riprenderà.
Annuii poco convinta, ma non potendo fare nient'altro, diedi un bacio a Liam e rientrai in camera a vestirmi.

 

 

***

 

 

-Emma ti prego, esci dal bagno!
Risposi solamente con un singhiozzo, non riuscendo a far uscire la voce.
In ospedale avevo parlato col dottore, che mi aveva assicurato che se ci fosse stato qualche cambiamento mi avrebbe fatto sapere. Quando gli avevo chiesto quante speranze ci fossero perché si svegliasse presto, tuttavia, aveva abbassato la testa ammettendo che fossero davvero pochissime.
In più, mi ero fatta dare delle informazioni che col senno di poi avrei evitato.
“Difficilmente un paziente uscito dal coma può tornare ad essere la persona che era”: quella frase continuava a riecheggiare nella mia mente, e le lacrime aumentavano ogni volta, se possibile.
E poi avrebbe potuto rimanere paralizzato a vita. E se anche fosse tornato a camminare, avrebbe avuto bisogno di una lunga e dura riabilitazione.
E poi il mutismo.
La depressione.
I problemi comportamentali.
Gli sbalzi d'umore.
La perdita della memoria.
Potevo sopportare di doverlo aspettare tre giorni, una settimana, e perfino un mese... ma aspettarlo per poi guardarlo soffrire per mesi, anni, o per sempre?
Avevo resistito. Non avevo pianto davanti al dottore. Ero stata forte anche nella carrozza di Ashley, per Liam... ma una volta in casa ero crollata di nuovo.
Era troppo da sopportare, era veramente troppo. Non ero perfetta, ma non riuscivo neanche a capire cosa avessi fatto di male nella mia vita per meritare un destino del genere.
Tutto ciò che chiedevo era la vita felice con mio marito e mio figlio, quella per cui avevamo già lottato fin troppo.
Anche solo vederlo aprire gli occhi sarebbe stata una gioia immensa... ma pensare di perdere ciò che avevamo costruito, faceva male. Se davvero si fosse risvegliato senza la memoria di tutto ciò che avevamo passato? Senza ricordarsi di me, delle nostre avventure, di Liam? Sarei stata abbastanza forte da sopportarlo? E lui, lui sarebbe sopravvissuto alla frustrazione?
Scivolai a terra piegando le ginocchia e poggiandovi la testa, continuando a piangere. Neanche la prima volta in cui avevo rischiato di perderlo avevo pianto così tanto, non ne avevo avuto il tempo... e lui mi aveva salvata ancor prima che potessi realizzare davvero l'accaduto. Si era alzato in piedi, e aveva impedito a Pan di impossessarsi del mio cuore. Era tornato da me senza lasciarmi nella sofferenza di una lunga attesa.
Quando Ashley entrò non opposi resistenza, e lasciai che mi aiutasse a tirarmi su e mi portasse sul divano, dove mi rannicchiai su me stessa e mi lasciai abbracciare da quella meravigliosa ragazza che mi aveva accolto in casa sua senza la minima esitazione.
-Scusami...- singhiozzai -E' solo che... è... è troppo. Io non ce la faccio più, sono mesi che non abbiamo un po' di pace. E ora questo... io non so come fare a sopravvivere senza di lui. Una volta ero una persona indipendente, poi l'ho incontrato. Un pirata che mi ha salvato la vita, mi ha accolta sulla sua nave e si è fatto amare, mi ha resa una donna quando mi sentivo ancora una ragazzina. Ricordo ancora la prima volta che ci siamo veramente baciati, sotto la luce della luna... mi ha stretta a sé e mi ha baciata, e credo sia quello il momento in cui ho capito di amarlo. Non mi importava di conoscerlo poco, sapevo solo che tra le sue braccia, tra i suoi baci... mi sono sentita a casa come non mi ero mai sentita prima. Ho dimenticato di essere una principessa, ho dimenticato che lui fosse un pirata... non importava più. È diventato il mio timone, la mia ancora, la mia roccia, la mia vita... e ora... ora mi trovo in un mondo nuovo, e lui non è con me in quest'avventura. E non è giusto!- gridai infine, battendo il pugno sul divano incurante di farmi male.
-Emma, è... la cosa più bella che abbia mai sentito...
Un singhiozzo.
Mi riscossi per guardare la ragazza: anche lei era in lacrime, quindi ricambiai l'abbraccio che per prima mi aveva dato, e piangemmo insieme per un po', fino a che non riuscimmo entrambe a calmarci.
Prendemmo un bicchiere d'acqua, poi ci poggiammo contro lo schienale del divano e tornammo a guardarci, con gli occhi ancora lucidi.
-Scusa...- sussurrai, accennando un sorriso.
-No... non hai di che scusarti. Io ti capisco, dopo quel che mi hai raccontato... anch'io starei così. La vostra storia è così bella, spero vorrai raccontarmela più dettagliatamente...
-Lo farò. Credo... credo aiuterà anche me a star meglio. Ad aspettarlo.
-Tornerà. È ovvio che tornerà, non vi lascerà soli, ne sono più che sicura.
-Lo so. È solo che è dura. Non so che fine abbia fatto la mia famiglia, i miei amici... mi odio per non essere riuscita a portare tutti via... io non la controllo la magia, è uscita fuori nel momento del bisogno ma... non è stata abbastanza potente da salvare tutti.
-Ne verremo a capo, vedrai. Anzi, andiamo a lavarci il viso... ho invitato un amico che magari potrebbe esserti d'aiuto più di me.
-Jefferson?
-Jefferson. Vi siete mai conosciuti?
-No... sì. Tanti anni fa, ero ancora piccola. C'era una festa a palazzo... non ricordo bene, ma non importa. Grazie ancora Ashley. E grazie per i vestiti! Questi pantaloni sono davvero comodi...
-Si chiamano jeans... e li trovo comodissimi anch'io! Domani andiamo a comprarti qualcosa, ora preparo la cena. Per Liam ho preso degli omogenizzati. Sono delle pappette con frutta, verdura, carne...
-Grazie. Ti rimborserò tutto, te lo giuro. Devo anche... trovare un lavoro, devo pagare il ricovero di Killian, una casa...
-Emma! Calmati, o dovrai farti ricoverare anche tu. Ci penseremo domani al lavoro e a tutto il resto. La casa non ti serve, qui c'è spazio. Ora va' pure a farti un bagno, ti lascio un accappatoio e dei vestiti in camera.
Annuii e ringraziai Ashley per l'ennesima volta, essendo l'unica cosa che potevo fare per lei al momento; poi diedi un'occhiata a Liam, e lo presi in braccio per portarlo in camera ad allattarlo.
Sembrava piuttosto inquieto, un po' come me: era abbastanza grande da capire ciò che aveva intorno, da capire che suo padre stesse male.

 

 

***

 

 

La quasi mezz'ora che avevo passato nella vasca, dopo aver sfamato mio figlio e averlo messo a letto, nella stanza che Ashley ci aveva offerto, mi aveva fatto molto bene.
Mi sentivo finalmente pulita, e mi ero schiarita un po' le idee, riuscendo a tranquillizzarmi: il dottore mi aveva detto tutte quelle cose che mi avevano messa in allarme, ma non avevo pensato al fatto che fossero riferite ad un normale uomo di 33 anni. Non ad un pirata di 200. Già il solo fatto che avesse 200 anni non poteva essere scientificamente spiegabile. Quindi, forse, lui si sarebbe ripreso senza problemi dopo tutto quello che aveva passato... o almeno era ciò che speravo.
Dopo la doccia mi ero avvolta nel bizzarro accappatoio azzurro che la ragazza mi aveva lasciato in bagno, poi mi ero vestita: mi aveva comprato perfino della biancheria, e dopo aver capito come indossare quello strano corsetto decisamente pratico, avevo sorriso. Ricordavo bene come Hook aveva commentato il mio desiderio che ne fosse inventato uno, e chissà cosa avrebbe detto ora. Non vedevo l'ora di divertirmi ad osservarlo alle prese con quell'indumento... ci sarebbe stato sicuramente da ridere.
-Ho fatto... scusa se ci ho messo tanto...- feci entrando in cucina, nella quale si era diffuso un odore molto gradevole.
-Non ti preoccupare! Senti... ehm, il reggiseno va bene? Sono andata a occhio, per questo te ne ho preso solo uno...
-Oh, si chiama così... tranquilla, va benissimo. E sembra abbiamo gli stessi gusti oltre alla stessa taglia... questi vestiti per la casa sono comodissimi!
Il pantalone era di cotone, stretto solo con un elastico in vita in modo che non cadesse, e lo stesso valeva per la maglietta a maniche corte: qualche vantaggio, allora, questo mondo l'aveva. Sembrava che ragazze e donne non fossero costrette ad indossare abiti scomodi ed enormi.
-Mi dispiace, non ho nulla di più... principesco.
-Ma non stavo scherzando, dicevo sul serio! Credimi, non voglio assolutamente nulla di principesco... anzi, quando torneremo a casa porterò con me un guardaroba intero di questa roba.
-Non vedo l'ora di sentire la tua storia. Sei una persona curiosa, per essere la figlia di Snow!
Scoppiai a ridere, decidendo di lasciarmi finalmente un po' andare, poi aiutai ad apparecchiare la tavola, in attesa che arrivassero Jefferson e sua figlia: avevo moltissime domande da fargli, e conoscendo il poter del cappello di quell'uomo, speravo potesse aiutarmi a trovare la mia famiglia... o almeno a capire dove fosse finita. Forse, se li avessi ritrovati, avremmo trovato un modo per tornare a casa dove avrei potuto tentare di salvare Hook con la magia... se non la mia, quella delle fate.
Uno strano rumore mi distolse dai miei pensieri, e fu solo grazie ai miei riflessi pronti che afferrai al volo un bicchiere prima che toccasse terra.
Mentre riprendevo la calma guardai Ashley correre alla porta ed aprirla, e quindi capii: quel suono doveva essere qualcosa di elettronico – che in questa terra sembrava dominare – che aveva preso il posto del semplice bussare.
-Jefferson, Grace, venite, accomodatevi... sono contenta siate venuti entrambi! Prego...
Lasciai stare le posate e restai in mezzo alla cucina a guardare: Grace era una ragazzina molto graziosa, fine e con dei lunghi capelli color castano chiaro, doveva avere 15 o 16 anni, mentre Jefferson... era sempre Jefferson. Ricordavo poco di lui, ma ero piuttosto sicura che fosse invecchiato di pochissimo dall'ultima volta che l'avevo visto: sembrava avere l'età di Hook, fisicamente.
-Emma, loro come ti ho detto sono Jefferson e sua figlia Grace, sono arrivati qui tre anni fa. Ragazzi, lei è Emma... figlia di Snow e Charming.
-Principessa- si inchinò l'uomo avvicinandosi e afferrandomi la mano per baciarne il dorso -Siete cresciuta molto. L'ultima volta non arrivavate neanche alla mia spalla...
è un piacere rivedervi.
-I... il piacere è mio. Per favore, non serve che mi diate del voi. Io... non c'è bisogno. E poi qui non sono neanche una principessa...
Sentii di essere arrossita, ma nonostante fossi arrivata in questo mondo da poche ore mi sembrava strano e imbarazzante venire salutata in un modo così cordiale.
-Ma io vengo dalla vostra terra, e per me lo siete. Voi datemi del tu, piuttosto.
-Solo se mi darai del tu anche tu. Sul serio, non sono il tipo da etichette e roba del genere... ciao Grace, piacere di conoscerti. Puoi chiamarmi Emma, e tuo padre anche- sorrisi quindi alla ragazzina e le strinsi la mano.
-Piacere, Emma- sorrise anche lei, ricambiando la stretta. Era davvero bella, e somigliava incredibilmente a suo padre, soprattutto nel sorriso.
Dopo i convenevoli, Ashley ci fece accomodare tutti a tavola – dopo aver controllato al posto mio che Liam dormisse – e ci servì con una minestra calda al pollo e vari tipi di verdure.
-Ho cucinato leggero, Emma deve ancora riprendersi. Il dottore ha detto che ha un leggero trauma, quindi meglio stare attenti...
-Oh, principess... ehm, Emma. Allora forse non è il caso di disturbarti proprio adesso. Dovresti riposare.- intervenne il Cappellaio, che di Matto aveva ben poco. Era un uomo affascinante, a parer mio, e aveva l'aria di essere anche piuttosto simpatico.
-Ma no, sto bene. Non è la prima volta che prendo una botta in testa, dopo tutte le battaglie che ho combattuto...
-Andavi in battaglia? Davvero?- intervenne la ragazzina eccitata, mentre il padre mi scrutò con curiosità come anche Ashley.
Fu così che iniziò il mio racconto, e ci volle una buona mezz'ora perché esaurissero le domande sulle mie avventure e sulla mia vita nella Foresta Incantata. Grace sembrava ammirarmi, in quanto lei e suo padre erano vissuti in un villaggio nel quale le principesse non erano famose per essere delle combattenti. Pur conoscendo mia madre, Jefferson mi definì molto diversa da lei, molto più ribelle, per quanto gli sembrasse difficile da credere.
-Però adesso hai un figlio. Sei sposata? Chi è il principe?
-Il pirata, vorrai dire. Hook- sorrisi ancor prima che la ragazza avesse il tempo di assumere un'espressione ancora più stupefatta. Sembrava fare uno strano effetto a tutti, quando confessavo di aver sposato il capitano della Jolly Roger.
-Io l'ho visto, una volta... al porto... diversi anni fa. È un uomo davvero affascinante, anch'io vorrei sposare un pirata!
-Grace! Ti sembra il caso?
-Tranquillo- rassicurai il padre -Non ha detto nulla di male. E poi ha ragione... la vita con un pirata è qualcosa di meraviglioso. Non ci si annoia mai, si viaggia in continuazione, si vivono avventure che altrimenti si potrebbero solo sognare!
Tutti e tre pendevano dalle mie labbra, ma fu soprattutto per l'eccitazione della giovane che decisi di raccontare tutta la storia. Mi ricordava me alla sua età, anch'io ero curiosa e piena di spirito d'avventura già da allora, ed era bello poter incontrare qualcuno del mio mondo che mi somigliasse.
Partii quindi dal principio, dal rapimento di Barbanera. Non mi soffermai molto sui mesi di prigionia – e nonostante questo Grace mi definì coraggiosa –, e preferii passare direttamente al salvataggio.
Cercai di racchiudere tutto l'essenziale dell'avventura a Neverland, e nonostante fossi piuttosto certa che la parte romantica interessasse poco a Jefferson, inclusi pure quella per le ragazze che sembravano non aspettare altro. In più, parlandone, mi resi conto di come una storia d'amore tanto strana fosse effettivamente una bellissima favola, una favola moderna sull'amore. Solo fino alla generazione precedente, non mi sarebbe mai stato permesso sposare un pirata, e se avessi voluto farlo avrei dovuto darmi alla fuga.
-Beh... e poi siamo finiti qui.- conclusi, dopo aver finito di raccontare di Rumple e Barbanera.
-Ma il matrimonio? Com'è stato? Sei passata direttamente alla fine...- mi fece notare Grace, con un pizzico di delusione nella voce.
-Non penso a tuo padre possa interessare. Magari uno di questi giorni potresti venire... oddio, certo, se ad Ashley non dispiace. La casa è sua.
-No, affatto! Anch'io voglio i dettagli di tutta la vostra storia... una cosa è leggere le fiabe, una cosa è sentirne raccontare una vera!
Io e la più giovane ridemmo, seguite da lei, mentre l'uomo alzò gli occhi al cielo anche se abbastanza divertito: forse si era ricreduto su di me, forse il mio lato romantico mi rendeva meno mascolina ai suoi occhi.
-Beh...- sospirai infine -Insomma, io non so che effetti abbia avuto questa maledizione. Ma Jefferson, speravo tu potessi aiutarmi... a capire.
Lo guardai supplichevole, mentre lui si faceva riflessivo: era la mia unica speranza, almeno per farmi una minima idea di ciò che fosse successo, per avere un piccolo punto di partenza.
-Ho una mia teoria, ma non posso assicurarti sia giusta. Dici che Rumple ha detto di aver perfezionato la maledizione di Regina, mantenendo le memorie. Beh, la maledizione di Regina consisteva nel mandare tutti in un nuovo mondo, un mondo dove nessuno avrebbe ricordato nulla, e lei avrebbe avuto il controllo assoluto su tutto. Ora, Baelfire e Belle devono essere in questo mondo, è l'unico mondo senza magia... quindi... la buona notizia, è che Rumplestiltskin deve aver portato tutti qui, perché il suo intento è quello di riprendersi la sua famiglia. Quella cattiva, è che questo mondo non è piccolo... e la nuova città può essere ovunque, in qualsiasi continente... oltre che probabilmente invisibile ad occhio nudo.
-Non puoi fare nulla col cappello?
-Mi dispiace, no. Qui non c'è magia, quindi è... un banalissimo cappello.- mi spiegò dispiaciuto, ed io pur non volendolo far sentire in colpa non riuscii a non abbassare lo sguardo abbattuta.
Non solo mio marito si trovava in una posizione intermedia tra la vita e la morte, ma le speranze di ritrovare gli altri erano davvero minime. Per non parlare di quelle di tornare a casa: erano quasi nulle, praticamente.
Restammo vari minuti in silenzio, a guardare la seconda portata senza riuscire a mangiare: decisi quindi di maledire tutto e mi versai un bicchiere di vino. In fondo non mi aveva mai fatto male, neanche dopo botte in testa ben peggiori, quindi la scolai d'un fiato ignorando la flebile protesta di Ashley. Era una fortuna che in tavola non ci fosse il rum, perché in quel caso mi avrebbe guardata scolarmi direttamente l'intera bottiglia.
-Emma... prima che ti ubriachi. Il cappello potrà anche non funzionare, ma ciò non vuol dire che non vi daremo una mano. Vero Grace?
-Certo papà! Puoi contare su di noi Emma! E poi se la tua magia non è così potente, potrebbe avervi deviati solo di poco... è possibile che questa città fantasma sia qui vicino!
-Esatto. Non sono del vostro mondo, ma puoi contare anche su di me! Ce la faremo, vedrai. Anche Hook si sveglierà, e tutti insieme riusciremo a tirar fuori una soluzione... è una promessa.
Se per tutto il giorno avevo pianto per la frustrazione, quelle che mi bagnarono le guance in quel momento furono lacrime di gioia.
Lacrime di speranza: quella speranza che tre perfetti sconosciuti erano riusciti ad infondermi, decidendo di fidarsi di me ed unirsi alla mia missione di salvataggio.
Se fino a poco prima non avevo potuto vedere che buio, adesso i raggi del sole l'avevano distrutto quasi completamente, e riuscii di nuovo a credere.
Mi sarei adattata a quel mondo, avrei trovato un lavoro per sostenere le cure di mio marito, per nutrire mio figlio e contribuire alle spese di Ashley se davvero avesse voluto restassimo con lei.
E nel frattempo, sarebbero iniziate le ricerche, e avrei riabbracciato i miei genitori il prima possibile.
-Grazie, ragazzi.

 

 

***

 

 

Entrai in ospedale con un paio di jeans, un maglione di cotone bianco, un paio di stivali, una giacca di pelle rossa ed un nuovo sorriso sulle labbra.
La visita dei miei nuovi amici mi aveva restituito il buon umore e la forza di lottare per chi amavo: quindi, dopo aver fatto le prime spese, avevo deciso di approfittare dell'orario per le visite prima di presentarmi ai due colloqui di lavoro che Ashley era riuscita a procurarmi. In un bar (che a sua detta era una specie di taverna), e in un ristorante, come cameriera. Non avevo mai fatto la cameriera come lavoro, non avevo mai lavorato a dire il vero, se non in mansioni poco adatte a questo mondo, ma non ero preoccupata. In fondo avevo spesso servito volentieri la cena ai miei ospiti a palazzo o sulla Jolly Roger, e soprattutto ero motivata a farcela.
Mi sistemai sulla poltroncina accanto al letto del mio pirata addormentato, e gli presi la mano baciandola dolcemente, facendo attenzione a non far staccare il tubicino che vi usciva.
-Torna presto amore mio, abbiamo bisogno di te. Quando si tratta di avventure sei sempre stato il migliore, e sono certa che sarai fondamentale nel trovare una soluzione.
Lo guardai come nella speranza che aprisse gli occhi e mi rispondesse, ma non mi abbattei quando questo non accadde.
-Che dici Liam, ora raccontiamo una storia a papà? Così quando si sveglierà, sarà lui a continuare a raccontarla a te. Ti va?
Mio figlio mi guardò coi suoi grandi occhioni azzurri, adagiato sul piccolo cuscino della sua carrozzina, e il sorriso che mi regalò decisi di prenderlo come segno d'assenso.
-C'era una volta un pirata, un grande pirata che si faceva chiamare Capitan Uncino, per via dell'uncino che aveva al posto della mano. Era un primo pomeriggio, quando il Capitano salì a bordo della sua nave per buttare fuori gli usurpatori, e riprendersi ciò che era suo. Fu lì che conobbe la principessa ribelle, e contro tutte le aspettative di lei gridò un ordine alla sua ciurma. L'ordine di liberarla, e trattarla con delicatezza. Lui non riuscì a vederla, ma la ragazza dopo sei lunghi mesi di lacrime sorrise. Fu un sorriso piccolo, un semplice sorriso di riconoscenza, ma fu solo l'inizio di tutto...
-Pa... pa. Papà.























 
Angolo dell'autrice;
Ciao! Come promesso è arrivato il terzo capitolo di questa ff :) E' un capitolo molto introduttivo, e devo dire che non mi piace molto com'è venuto... ma non potevo neanche farlo durare 20 pagine xD Quindi ho deciso di racchiudere l'essenziale. La disperazione di Emma, Emma a casa di Ashley, la chiacchierata con lei, Jefferson e Grace, per chiudere con un po' di speranza... e Liam che pronuncia la sua prima parolina :')
Ovviamente Emma è piuttosto disperata, ha paura di come possano andare le cose, ma i suoi nuovi amici l'hanno aiutata a riacquistare la fiducia... e Jefferson le ha dato un indizio piccolo, ma importante, su ciò che potrebbe essere successo agli altri.
Non ho molto da dire... se non che il prossimo capitolo sarà un po' diverso, e spero anche un po' più decente xD
AH. E SPERO CHE STAVOLTA NON MI TOCCHI CANCELLARE E RIPOSTARE O MI AMMAZZO. I codici sono quelli che ho sempre usato, quelli del sito! Magari era un bug temporaneo, spero.
Un abbraccio, e buonanotte :* (sto morendo di sonno, ma ci tenevo a finire il capitolo xD Il prossimo sarà dell'altra ff)

P.S. La seconda puntata di OUAT, se possibile mi ha uccisa ancor più della prima... come mi ha uccisa il promo della prossima. VOGLIO DOMENICA!

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Capitolo 4
*** You are back ***


You are back

 

 








 

-Davvero è andata così male? Dai, Emma, magari è una tua impressione!- fece Ashley esasperata, mentre mi consolavo con una cioccolata calda, che la ragazza mi aveva consigliato di prendere con la cannella.
-Non è una mia impressione! Ho fatto schifo... credo di avergli fatto pensare di essere un'incapace. Quando mi hanno chiesto se avevo esperienza ho fatto un casino... ho detto che non ne avevo lavorativamente, ma che servivo comunque alle feste e cose del genere... poi mi sono resa conto della sciocchezza. Qualsiasi donna che ha una famiglia serve in casa propria! E non potendo dire che le mie fossero un castello e una nave pirata, mi hanno presa di sicuro per una ragazzina stupida!- le spiegai frustrata.
Avevo fatto un colloquio per un posto da cameriera in un ristorante molto chic della città, ma ovviamente ero stata colta impreparata. Ashley mi aveva spiegato come comportarmi, ma alla fine mi ero confusa da sola, e avevo sabotato tutto.
Quella città mi confondeva: era grande, completamente diversa dai villaggi della Foresta Incantata. Era il posto più moderno che avessi mai visto, e tutto era decisamente enorme. Le case a più piani, i negozi grandi più o meno quanto il mio palazzo, le strade coperte di asfalto... che erano a loro volta piene di carrozze elettriche di tutte le dimensioni, che la ragazza mi aveva spiegato si chiamassero “macchine” e “autobus”. E poi mi aveva comprato un “cellulare”, un altro dispositivo elettronico, che si utilizzava per comunicare a distanza in maniera immediata.
Tutta quella tecnologia mi aveva fatto venire in poche ore il mal di testa, ma l'unico motivo per cui non potevo arrendermi era Hook. Per poterlo far rimanere in un buon ospedale e con le cure migliori, avevo bisogno di soldi, e avrei fatto di tutto per riuscire a guadagnarmeli. Avevo perfino lasciato Liam a Grace, che si era gentilmente offerta di badare a lui.
Ancora non riuscivo a togliermi dalla testa il momento in cui quella mattina il piccolo aveva pronunciato la sua prima parolina: papà. In altre circostanze sarei stata gelosa, ma ora mi aveva commossa; nonostante mi fossi ripromessa di non piangere più non ero riuscita a trattenere le lacrime, e avevo sperato che il mio pirata riaprisse gli occhi per gioire con me di quell'evento.
-Emma... ci siamo. Finisci la cioccolata, poi entriamo... cerca di mantenere la calma.
-Come?! Cavolo, io mi reputavo una donna diversa... diversa dalle solite principesse! Invece arrivo qui e mi rendo conto di non saper fare un bel niente in fin dei conti! Niente di pratico!
Sapevo andare a cavallo, combattere, tirare con l'arco, navigare... ma quel mondo erano qualità inutili, e avevo capito che in fondo un vero lavoro non l'avevo mai fatto. Non sapevo neanche cucinare abbastanza bene da potermi candidare come cuoca... forse la cosa migliore sarebbe stata trovare qualcuno che avesse bisogno di una lavapiatti: quello sarei riuscita a farlo senza combinare guai, forse.
-Ascoltami. Se va male, cerchiamo qualcos'altro... è che come cameriera in centro città guadagneresti abbastanza bene. Forse per un ristorante è chiedere troppo... ma questo è un locale. Se te lo chiedono, digli che hai lavorato occasionalmente da altre parti... in fondo da come mi hai raccontato è ciò che hai fatto, basta dirlo in modo diverso. Poi sei alta, bionda e carina... se ti mostri sicura delle tue capacità ti assumeranno. Ne so qualcosa. Non che ami questi pregiudizi, ma... sfrutta ciò che hai a disposizione.
-Va bene. Ci proverò. Grazie.


 

-Un toast al formaggio e un'aranciata per favore. Non tutti possono vantarsi di avere una principessa come cameriera, eh? Ciao Emma!
-Non tutte le principesse possono vantarsi di saper fare le cameriere piuttosto! Ciao Jefferson, ti porto tutto subito- sorrisi all'uomo, e gli diedi una pacca sulla spalla.
Jefferson era diventato per me un grande amico, come Ashley e Grace. Fin dal mio arrivo non era passato un solo giorno in cui almeno uno di loro non mi avesse tenuta col morale su, cosa di cui ero infinitamente grata a tutti. Killian mi mancava da morire, e mi si spezzava il cuore ogni giorno che passavo senza di lui, ma era più facile non pensarci avendo intorno persone amiche. E poi avevo il mio Liam che cresceva a vista d'occhio ed aveva imparato nuove paroline, tra cui “mamma”. La più frequente, in ogni caso, era rimasta “papà”.
-Ecco qui, aranciata e toast per te.
-Grazie, sei veloce. Sei diventata bravissima!
-Dovevo, o mi avrebbero licenziata prima o poi...- scossi le spalle, ricordando la frenesia dei primi giorni, e soprattutto lo svenimento a casa dopo la prima giornata di lavoro. Non ero abituata a quei ritmi, ed io che avevo sempre creduto che le taverne del mio regno fossero sempre piene! Ora invece ero piuttosto sicura che solo la popolazione di Londra superasse quella dell'intera Foresta Incantata.
-Però sì vede che sei stanca... Dovresti prenderti una pausa sai, almeno lavorare part-time per un po'... così ti fai del male da sola.
-Non posso! Ricordati che oltre all'ospedale e varie spese per la casa, sto pagando anche tua figlia per farmi da baby sitter... e dovrei pure pagarla il doppio!- gli ricordai. Ovviamente non avrei mai potuto chiedere alla ragazzina di farlo senza ricevere nulla, nonostante più volte avesse ribadito che per lei fosse un piacere.
-Non le dispiacerà se per un po' ti limiti a darle dei soldi per pranzo o cena...
-Lo so, ma non sarebbe giusto. Risparmia il fiato Jefferson! Non è riuscita a convincermi Ashley in tutto questo tempo, pensi davvero di poterci riuscire tu?
-No, ma un po' ci speravo... tesoro, pensi che Hook vorrebbe vederti stremata?
-Hook non è qui. Ora scusami, ma devo lavorare.- tagliai corto, e mi allontanai per passare agli altri clienti.
Non era stata mia intenzione essere rude con l'uomo, ma parlare di Killian mi faceva male, soprattutto in quel modo: mi sarei lasciata rimproverare da lui stesso quando si sarebbe deciso a tornare! Lo odiavo per il fatto che ancora non avesse aperto gli occhi, per il fatto che mi avesse lasciata sola a gestire tutto... e ancora non avevo ottenuto uno straccio di indizio su dove potesse essere la mia famiglia e il resto degli abitanti del mio regno.


 

-A Emma, allora!- esordì Jefferson, alzando il bicchiere.
-A Emma!- confermò Ashley -Alla nostra nuova cameriera del “The Sussex”!
-Grazie ragazzi- sorrisi, e accettai il brindisi.
Alla fine avevo trovato lavoro quasi per caso: il secondo colloquio era andato meglio del primo, ma avevano detto che mi avrebbero chiamata entro un paio di giorni in caso avessero scelto me.
Quindi, Ashley aveva deciso di portarmi in centro per pranzare, e passeggiando avevamo notato un cartello appeso davanti ad un bellissimo locale chic e decorato con dei fiori, secondo il quale si cercava una cameriera.
Per qualche assurdo motivo ero risultata simpatica alla proprietaria, e aveva deciso di farmi un contratto di prova di un mese, alla fine; se in quel periodo avessi dimostrato di sapermela cavare, avrei avuto un lavoro a tempo indeterminato. Avrei guadagnato più del doppio della retta del ricovero di Killian, e in tal modo avrei potuto contribuire alle spese di Ashley ed al mantenimento di Liam e il mio. Avevo bisogno di vestiti, certo, ma le mie spese non avrebbero mai raggiunto quelle che avrei dovuto sostenere per mio figlio, tra pannolini, vestitini, e anche pappette dato che ormai il mio latte era quasi esaurito. A causa dello stress, ovviamente.
Alla fine della giornata, Jefferson aveva portato me e Ashley a festeggiare in un pub poco lontano da casa, e la bevanda che mi avevano consigliato era davvero ottima.
-Cos'è questa roba, ragazzi?- domandai quindi, avendo riconosciuto solamente il sapore del rum.
-Oh giusto, tu non hai mai assaggiato i cocktail! Sono la prima cosa di cui mi sono innamorato in questo mondo!- esclamò Jefferson -Ma aspetta, ho dato per scontato che tu beva alcol... lo bevi?
-Certo! Per chi mi hai presa.
-Beh, per una principessa.
-Bevevo anche prima ma... ma con un marito pirata, credi che io possa essere astemia?- gli ricordai, ripensando alle grandi bevute che ci eravamo fatti, e alla prima volta in cui mi ero completamente ubriacata. Sembrava passata una vita da allora...
-E' rum, Galliano, brandy all'albicocca e succo d'arancia. Si chiama Jolly Roger...- mi spiegò Ashley, lasciandomi a bocca aperta.
“Jolly Roger”. Sarebbe diventato il mio cocktail preferito, e probabilmente anche quello del mio capitano.
-Pensavo... fosse una cosa carina. Non volevo turbarti Emma...
-No- la bloccai -E'... lo è. Non sono turbata. È buono...- sospirai, e ne presi un altro sorso. Aveva senso si chiamasse in quel modo, se chiudevo gli occhi e mi concentravo sul sapore, riuscivo ad immaginare di essere sulla nostra Jolly Roger, a guardare il tramonto o riconoscere le costellazioni.
Ma non avrei rinunciato a quei giorni, avrei fatto di tutto per riaverli indietro.

 


Nonostante finito il turno mi fossi seduta a riposare e mangiare un abbondante piatto di Fish&Chips – e degli anelli di cipolla che spesso e volentieri non mi facevo mancare – con tanto di cioccolata alla cannella, ero incredibilmente stanca.
Gli ultimi tempi ovviamente le cose erano diventate più difficili anche se per un motivo che mi rendeva felice, ma mi aveva tolto le poche ore di sonno che già avevo. Probabilmente in totale, ogni notte riuscivo a dormire un massimo di cinque ore, e neanche di fila.
Quanto sarebbe andata avanti queslla situazione? Mi ero sempre considerata una persona forte, ma tutto ciò era troppo anche per me: Ashley mi dava una mano, Grace mi dava una mano, ma non potevo addossargli troppi problemi, non era giusto. Ed in più, la mia coinquilina lavorava come me 8 ore al giorno, come cassiera in un supermercato, e tornava a casa abbastanza stanca.
La verità era che avevo un disperato bisogno che mio marito tornasse e rimettesse assieme i miei pezzi infondendomi nuove energie. Ero certa che mi sarebbe passata anche la stanchezza se solo avesse aperto di nuovo gli occhi.
Parcheggiai la macchina di fronte all'ospedale – altra novità degli ultimi tempi – ed entrai; un'infermiera mi fece un cenno per farmi capire che avevo il via libera per la stanza di mio marito. Ormai mi conosceva più o meno tutto lo staff dell'ospedale, ed era una cosa triste da un certo punto di vista. Ma cosa potevo farci? Dovevo continuare a tirare avanti e sperare.
Entrata nella stanza, avvicinai al letto la solita poltroncina e mi ci sedetti, prendendo la mano calda di Killian nelle mie gelate, nonostante avessi indossato i guanti: Londra era una città dal clima piuttosto freddo.
-Amore, perché non apri gli occhi... il letto sarebbe così caldo se tu fossi con me. E tutto sarebbe così bello, i problemi più semplici da risolvere... mi manchi tanto. Ci manchi, e ora più che mai abbiamo bisogno di te...- sussurrai posando un leggero bacio sul palmo di quella mano di cui ricordavo nitidamente la stretta, nonostante fosse passato un po' di tempo.
Il suo volto era come sempre sereno, ed i parametri vitali segnati sui monitor, stabili. Allora perché non si svegliava? Se fisicamente stava bene, perché ci metteva così tanto?
Più e più volte avevo cercato di baciarlo, ma alla fine avevo capito che il bacio del vero amore in quel mondo privo di magia non avrebbe mai funzionato: eppure era così triste, quella realtà. Tutte le storia su di noi, le fiabe e le favole, facevano sognare grandi e piccoli... allora com'era possibile non avessero alcun potere?
Sospirai, e decisi di continuare il racconto che sapevo se avessi messo per iscritto avrebbe occupato centinaia di pagine. Ero arrivata ad oltre la metà ormai, se avessi finito prima che si svegliasse cosa gli avrei raccontato? Della mia patetica vita senza di lui?
-Dove eravamo arrivati?- gli domandai come una stupida, come se potesse rispondermi -Ah, già. Il parto... Liam. Siamo scesi dalla Jolly Roger di corsa, e tu per la prima volta hai urlato ordini a destra e sinistra. Anch'io ero molto nervosa, ma era comprensibile, no? Mi si erano appena rotte le acque, e tu mi dicevi di stare tranquilla, come se fosse facile. Ah, quanto ho desiderato che fossi tu a partorire! E quante te ne ho dette, quanti pugni ti ho tirato... credo di non aver mai insultato nessuno così tanto in vita mia, eppure tu non hai fatto una piega. Hai continuato ad essere dolce, ad aiutarmi e a fare di tutto perché riuscissi ad arrivare in camera per partorire. Non te l'ho mai detto, ma quel giorno ho avuto una paura assurda! Un conto era sfidare Barbanera, Peter Pan, o insomma... prendere la spada e combattere. Non ho mai avuto paura sul campo di battaglia, lo sai. Ci divertivamo io e te a batterci fianco a fianco, vero? È buffo che invece una cosa tanto naturale mi abbia fatto paura... partorire. Sono una donna, e avrei dovuto dare per scontato che prima o poi sarebbe successo, ma non era così. E sai anche questo. Non so se con Baelfire avrei mai potuto avere figli, io lo vedevo più come un grande amico... andare a letto con lui sarebbe stato troppo strano e imbarazzante. Invece con te... beh, lo sai. Mi è piaciuto, e tanto.- sorrisi, con la mente che vagava verso la nostra prima volta: era stato magico, avevo provato sensazioni che mai avevo creduto di poter provare, per la prima volta mi ero sentita appartenere a qualcuno. E allo stesso modo, avevo sentito qualcuno appartenere a me.
-Ci hai sempre saputo fare a letto, pirata, quindi era ovvio mi avresti messa incinta! Eppure io non ci ho pensato, non ero abituata a pensare automaticamente a sesso-figli. Anche questo dimostra la mia poca femminilità... beh, invece forse avere paura del parto è normale. Insomma, vorrei vedere te, saper di dover far uscire da dentro di te un altro essere vivente! E poi faceva male, soprattutto all'inizio. Sarà sciocco, ma per un attimo ho creduto di morire. Sarebbe stato imbarazzante! Se devo morire di qualcosa che non sia la vecchiaia, preferirei morire eroicamente in battaglia... con onore. Poi però ho sentito il pianto del bambino, e tu mi hai detto che era un lui. Non ci ho neanche dovuto pensare, sapevo che non c'era che un solo nome adatto a quella creaturina. Liam. Non avevi più il tuo Liam, il tuo fratellone... avevi perso tutta la tua famiglia. Quel bambino in qualche modo era il simbolo della nostra, il simbolo di una nuova famiglia... come un'inaugurazione! Hai perso tanto nella vita amore mio, ma in quel momento io e te avevamo costruito qualcosa di nuovo. Io ero madre, tu padre... era nata una nuova famiglia, una nuova opportunità per entrambi. Ricordo che eri incredulo, confuso, perché non avevamo mai parlato di nomi... e ti sei messo a piangere. Eri così dolce! Poche volte ti ho visto piangere, e soltanto per me o per il nostro piccolino. Poi, mentre ancora gioivi mi hai detto che...
-Che ti amo.
-Già... COSA?! HOOK!

 


Ne avevo viste di cose strane in quegli ormai due giorni, ma non avrei mai immaginato che la grande scatola nera nel salone di Ashley potesse accendersi. E non solo si accendeva, ma si muoveva e parlava: c'erano intere scene di vita intrappolate all'interno, e pur avendo passato quasi un'ora a spiegarmi come funzionasse, ancora non mi sembrava possibile.
Ed ora aveva messo su un “dvd” di Peter Pan: avevo capito ormai che in quel mondo noi fossimo soltanto delle fiabe, neanche leggende, ma che ci avessero rappresentati di persona oltre che descritti nei libri, era strano. Anche un po' inquietante, in realtà.
-Ma quelli cosa sono!- esclamai, quando i primi esserini apparvero nello schermo. Sembravano simili alle persone, ma erano strani... come finti. Di gomma, forse.
-E' un film d'animazione! Quelli, sono esseri umani, ma rappresentati... come dei disegni, diciamo. Non so come spiegartelo, Jefferson ci ha messo mesi a capire!
-Potrei metterci anche di più. O potrei tipo non capirlo mai, è troppo strano!
-Ci farai l'abitudine, credimi. Ora guarda... scommetto che avrai da ridire parecchio- ridacchiò, ed io mi misi comoda e perplessa a guardare le immagini nella scatola. La “televisione”.

-Ma dai, non c'è niente di vero! Quasi niente!- esclamai dopo mezz'ora, durante la quale ero stata in silenzio per dare il beneficio del dubbio, nella speranza che prima o poi sarebbe iniziata la vera storia
Invece no: in questa versione, innanzitutto, Peter Pan era il buono e Hook il cattivo... un cattivo coi baffi e i capelli lunghi. Poi i bimbi sperduti seguivano il marmocchio di loro spontanea volontà e si divertivano come un'allegra brigata a combattere i pirati! Trilli gelosa di Pan, Wendy persa per lui... chi riportava le favole in questo mondo?!
-Lo so, ho notato che Hook è molto più attraente...
-Decisamente. Ma a parte questo... Peter Pan è crudele! Non è un ragazzino mai cresciuto, è un uomo tornato ragazzino... spietato! Era, almeno. Ha quasi ucciso Hook e tutti noi... e poi... poi l'abbiamo dovuto far fuori. Ho dovuto strappargli via il cuore e...
-Woo, woo, aspetta!- esclamò, e quando schiacciò un bottone, le immagini sulla scatola si
bloccarono.
-Peter Pan cattivo mi mancava, però ok... posso farmene una ragione. Ma ucciderlo? Strappargli il cuore... cosa?!
Mi morsi un labbro guardando la ragazza, che sembrava realmente sconvolta dalla mia confessione: forse avrei dovuto andarci piano, prima di rivelare di aver strappato un cuore ed averlo incenerito.
-Io... abbiamo dovuto. Trilli... lei non è una fatina gelosa, è una mia cara amica... e amica di Hook da molto più tempo. Lei era a Neverland per salvare l'isola, e quando è arrivato il momento ci ha fatto capire che quella fosse l'unica soluzione... ho dovuto...- sussurrai, ripensando a quanto mi ero sentita combattuta in quell'occasione. Avevo avuto paura di sbagliare, paura che l'oscurità mi avrebbe risucchiata se avessi compiuto quel gesto; ma allo stesso tempo, mi era stato perfettamente chiaro di non poter fare altrimenti.
E allora, Killian era venuto in mio soccorso. Killian, il mio pirata, che si era liberato dall'oscurità che per anni l'aveva caratterizzato, si era offerto di condividere l'impresa.
Mi era stato vicino nel momento del bisogno, aveva capito come me che insieme saremmo sempre stati più forti: saremmo stati l'uno la luce dell'altro, e ci saremmo aggrappati ad essa.
E quello, quello era stato uno degli infiniti momenti in cui avevamo condiviso le difficoltà, uno dei momenti in cui averlo accanto mi aveva resa più forte.
Ma era il preciso istante in cui avevo capito di essermi sbagliata per tutta la mia vita: avevo sempre creduto che la mia indipendenza fosse la mia forza, che amare un uomo mi avrebbe resa più debole.
Avevo scoperto che la verità fosse l'esatto contrario: amare mi aveva resa più forte.
-Emma non ti sto assolutamente giudicando. Non piangere tesoro, mi dispiace...
Mi portai confusa una mano sulla guancia, trovandola bagnata. Nelle ultime 48 ore avevo pianto così tanto, che non ero più in grado di accorgermi quando le lacrime iniziavano a scorrere di nuovo.
-No, non è colpa tua... sono stupida io. Andiamo avanti, voglio vedere cosa succede...
-Sicura? Se non te la senti possiamo mettere su un altro film. Cenerentola, La Bella Addormentata...
-No, no. Voglio vedere come va a finire, sono curiosa. Poi magari ti racconterò la vera storia. Domani inizio a lavorare nel pomeriggio, quindi...
-Ok. E mangia un po' di popcorn, ti sentirai un po' meglio! Quando Hook si sveglierà, gli mostreremo questo film... e sono sicura ci sarà da ridere!

 

-Hook. Killian. Sei... sei davvero... tu...?
Spalancai gli occhi incredula, e solo il fatto che bruciassero per le lacrime mi convinse di non stare sognando.
Per convincermene ulteriormente gli strinsi la mano, e se pur debolmente, ricambiò. Ricambiò, poi aprì lentamente le palpebre, e fui invasa dall'azzurro.
Quell'azzurro senza il quale tanto a lungo mi ero sentita soffocare, quell'azzurro che ogni notte era venuto a trovarmi nei sogni, quell'azzurro di cui mi ero innamorata su una nave pirata.
-E chi sennò, Swan?
Nonostante la sua voce fosse roca la riconobbi perfettamente, e nuove lacrime raggiunsero quelle che già stavano rigando il mio viso: avrei voluto abbracciarlo, stringerlo forte a me e baciarlo, ma mi sembrava impossibile spostare lo sguardo dal suo, così magnetico e potente com'era sempre stato.
Dopo poco, tuttavia, li richiuse, ma la sua stretta rimase salda.
-Ci sei ancora?
-Mhm.
-Da quanto sei sveglio?
-Abbastanza... abbastanza da sentire... questa parte della storia.- disse in un sussurro, e sorrise sforzandosi di riaprire gli occhi.
In quel momento non resistetti più, e il mio corpo agì in automatico chinandosi sul suo e stringendolo nell'abbraccio più forte che avessi mai dato.
Anche il pianto uscì liberamente, e senza dargli il tempo di reagire incollai le labbra sulle sue, che reagirono automaticamente alle mie, completandole.
Dopo 10 lunghi mesi, Killian Jones era finalmente tornato da me.


















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Innanzitutto... sì, dovevo postare prima l'altra, ma mentre scrivevo si è spento il pc e word non mi ha recuperato il capitolo...  e quindi lo sto riscrivendo, ma sono riuscita a finire prima questo, che è un po' più corto.
In questo e in diversi altri capitoli ci saranno dei flashback sulla vita di Emma durante quei mesi, che spero si capisca siano quelli in corsivo...
E insomma, ora per guadagnare dei soldi fa la cameriera, e sa cos'è la tv, il cellulare, e tante altre cose xD 
E alla fine, mentre gli raccontava la loro storia... Hook si è svegliato. Dopo 10 mesi. Diciamo che spero non mi odierete troppo per questa cosa... vero? :') In fondo non ho scritto 10 capitoli senza di lui, ho solo...fatto passare il tempo.
Comunque, ho deciso che Martedì o Mercoledì (dipende dalle settimane) posterò questa ff, e di Sabato l'altra... finché riuscirò a scrivere regolarmente in modo alternato...
I LOVED YOU ne vogliamo parlare? Meglio di no. Ha fatto bene e tutto, però che sofferenza lo stesso :( Ho tanta tanta paura delle prossime puntate... e di tutta la 5A insomma. E della 5B. Ma intanto voglio la puntata coi momenti teneri e coccolosi di Camelot ç_ç
Alla prossima, un abbraccio! :*

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Capitolo 5
*** Unexpected changes ***


 Unexpected changes













EMMA POV

Mi servirono molti istanti prima di rendermi conto di aver assalito mio marito un po' troppo violentemente e lasciarlo respirare.
Mi sembrava ancora un sogno, appariva quasi surreale che dopo tutto quel tempo si fosse risvegliato così, senza preavviso. Dieci mesi a guardarlo inerme in un letto, ed ora era lui a guardare me allo stesso modo.
-Mi sento uno schifo... cos'è tutta questa roba che ho addosso, dove siamo finiti...
-Sta' calmo- lo fermai poggiando una mano sulla sua, prima che potesse iniziare ad agitarsi: era strano non l'avesse ancora fatto, essendo i suoi muscoli già tesi. Doveva sentirsi proprio ridotto ad uno straccio...
-E' tutto ok, poi... poi ti spiegherò tutto. Queste... “cose attaccate” ti hanno tenuto in vita, lasciami chiamare il dottore.
-Mmh, no dai, fatti baciare ancora un po'... e Liam? Dov'è?- aggiunse allarmato guardandosi intorno -E tutti gli altri?
-Aspettami qui. Beh, non che tu possa muoverti... torno subito.- sorrisi, stampandogli un altro bacio.
Ovviamente sarei voluta rimanere sola con lui, a baciarlo per ore e ore senza mai fermarmi, ma era evidentemente confuso e c'era davvero bisogno del dottore: non ero sicura che mio marito si rendesse conto del fatto che fosse trascorso quasi un anno da quando aveva chiuso gli occhi, e non avevo idea di come dirglielo.
Intanto, mentre camminavo ero pervasa da moti di felicità estrema, e se non fossi stata brava a controllarmi mi sarei messa a saltellare: Killian non solo si era svegliato, ma la sua memoria sembrava essere completamente intatta, così come la sua bellissima voce.
In fondo l'avevo sempre saputo, era un uomo troppo forte per potersi svegliare muto e senza memoria; i suoi 200 anni di vita non l'avevano invecchiato, avevano solo arricchito le sue esperienze rendendolo pronto a tutto e capace di superare qualsiasi difficoltà.
-Scusi!- esclamai, bloccando per un braccio la prima infermiera che incontrai -Sa dirmi dove posso trovare il dottor Smith? Si tratta di mio marito, si è... si è appena svegliato dal coma... e ho veramente bisogno del dottore- le spiegai, cercando di mantenere l'autocontrollo il più possibile, pur non essendo facile. Non ricordavo di essere stata così euforica da moltissimo tempo, e tutta quella felicità sembrava quasi aver preso il sopravvento sulle mie azioni. Mi sentivo scoppiare di felicità, e ringraziai il cielo che quel modo di dire non fosse letterale.
-Oh! Torni pure da lui signora, ci penso io ad avvertire il dottore!- esclamò, e la vidi subito darsi da fare col dispositivo elettronico di cui non avrei ricordato il nome neanche in 10 anni.
Annuii e la ringraziai velocemente, per poi correre immediatamente indietro, con la paura di ritrovarlo di nuovo privo di sensi.
-Ehi, non ammazzarti...- commentò invece quando entrai sbattendo contro un mobile per la foga.
Sorrisi nuovamente scuotendo la testa, e tornai in ginocchio davanti al letto, scalciando la poltrona dietro per avere più spazio.
-Questo dottore?
-Arriva, arriva. Oh Killian, non sai quanto sono felice... io credevo... non sapevo... se... se ti avrei più guardato negli occhi, se...- non riuscii a completare la frase perché scoppiai nuovamente in lacrime, e lui mi fece cenno col capo di avvicinarmi; non me lo feci ripetere due volte e mi gettai quasi di peso su di lui, dimenticando che avesse ancora addosso tutti quei tubi.
La sua mano calda sulla schiena, tuttavia, mi convinse a lasciarmi andare, quindi continuai a piangergli sulla spalla fino a inzuppargli la manica e il collo. Ma a lui non importava, lui continuava a stringermi – per quanto potesse – e darmi piccoli baci sui capelli.
E se il dottore non fosse entrato schiarendosi la voce, era probabile che non mi sarei mai staccata.
-Signor Jones, bentornato tra noi. Signora Jones, potrebbe... sedersi? Può rimanere qui ovviamente, ma mi serve un po' di spazio...
Io mi asciugai gli occhi e annuii, accarezzando la mano di mio marito e guardandolo come per dirgli che sarebbe andato tutto bene e che io sarei stata lì per lui; poi mi sedetti sulla poltroncina e cercai di riprendere a respirare.
Il dottore invece si avvicinò al letto, e passò lo sguardo al monitor dall'altro lato del letto.
-Come si sente? Se mi capisce annuisca, per favore...
-Non... posso... semplicemente, dirglielo?
-Oh! Lei... lei riesce a parlare?
-Non dovrei?
-No, sì, certo- si affrettò a dire cercando di ricomporsi, non dopo avermi lanciato un'occhiata piena di sorpresa -Ma a volte ci vuole un po'.
-Mi sento... bene, comunque. Per quanto possa star bene, beh... uno pieno di buchi. E con questa cosa nel naso... Ok, no, a dire la verità mi fa male più o meno tutto.- ammise infine, con un ghigno.
Io continuai a guardarlo e sorrisi, mandando mentalmente a quel paese i medici che mi avevano detto che un paziente uscito dal coma difficilmente sarebbe potuto tornare ad essere quello di prima: a me Killian sembrava assolutamente identico, era ancora il mio Killian.
-Questo credo di poterglielo rimuovere per ora, se è certo di poter trattenere il respiro per qualche istante.
-D'accordo. Lo faccia, per favore.
Dopo pochi istanti Killian si ritrovò libero dal sondino, e nonostante il suo sguardo si fosse fatto dolorante e infastidito non fece una piega, e lo guardai cercare di respirare normalmente.
-Come va?
-Bene.- borbottò, poco convinto.
- Ha fastidio alla gola, lo so. È normale, ha avuto il sondino naso-gastrico per un po', ma le assicuro che il fastidio non durerà molto a lungo. Se se la sente, vorrei farle qualche altro piccolo controllo... poi la lascerò riposare e faremo con calma.
Killian annuì, ed io rimasi semplicemente lì a guardare mentre il medico gli porgeva domande – semplici, tra cui il proprio nome, il mio nome e quello di nostro figlio –, poi gli fece seguire con lo sguardo una luce sulla quale spese parole poco eleganti facendomi ridere: era proprio lui!
Approfittai del fatto che entrambi avessero da fare per mandare un veloce sms ad Ashley, chiedendole di portare il bambini in ospedale quando fosse uscita da lavoro: non ci volle molto perché mi rispondesse con un “Ok”, e la ringraziai ripromettendomi di offrirle una bella cena uno di quei giorni.
-Va bene così, non c'è fretta signor Jones, davvero...
-NON VA BENE COSI'! Perché diavolo non riesco a muovermi?!
Il suo urlo frustrato mi ridestò, e scattai immediatamente in piedi spaventata, per cercare di capire cosa fosse accaduto.
-E non mi avete ancora risposto... dove diavolo sono? Cosa è successo?!
-Killian amore, calmati... è tutto ok...- sussurrai sperando che mi ascoltasse, ma lui scosse la testa frustrato.
-Non è tutto ok Emma, non prendermi in giro. Dove siamo? E che mi è successo? Dormo per... non so, qualche giorno? E non riesco più a muovermi. Com'è possibile!
Deglutii spaventata e mi scambiai uno sguardo d'intesa col dottore: come avremmo fatto a dirgli che era stato incosciente per ben più che qualche giorno? E soprattutto, quanto era grave il fatto che non riuscisse a muoversi? In fondo ricordavo piuttosto bene che pochi minuti prima mi aveva abbracciata.
-Dottore- dissi, prendendo un respiro profondo -Voglio dirglielo io. Può darci qualche minuto?- gli domandai, supplichevole.
In realtà non avrei voluto essere io a dargli la notizia, ma non potevo rischiare che Smith pensasse che avesse subito danni celebrali: cosa che avrebbe pensato anche di me, se Ashley non fosse stata nel posto giusto al momento giusto.
Quello annuì, e mi lasciò prendere il suo posto per poi uscire dalla stanza e chiudersi dietro la porta, lasciandoci soli.
Per un po' lo guardai in silenzio, poi presi un altro respiro e mi infusi coraggio: dovevo parlare.
-Allora... cosa... che vuol dire che non riesci a muoverti?
-Vuol dire, che quel tipo mi ha chiesto di alzare le braccia e... niente. Non volevano saperne. Sentivo i muscoli tesi, ma le ho sollevate solo di poco e... e poi basta, non ce l'ho più fatta. Stessa cosa per le gambe. Cosa diavolo mi ha fatto Rumplestiltskin, Emma? E dove siamo, per la miseria. Sei bellissima per carità, ma questi vestiti... da dove vengono? Hai una giacca di pelle rossa.
-
Lo so, ti piace? No ok lascia stare- mi affrettai ad aggiungere -Ora sta' zitto e calmo, e ti dirò tutto.
Gli accarezzai la guancia e gli strinsi la mano, lasciando che ricambiasse: era probabile che non riuscisse a muoversi bene a causa della lunga inattività, ma ero certa che molto presto avrebbe recuperato al 100%.
-Killian...
-Dimmelo e basta. Per quanti giorni ho... dormito?
Feci un respiro profondo e deglutii per bloccare le lacrime in partenza: non avevo la minima idea di come avrebbe reagito quando avrebbe saputo di aver perso 10 mesi della sua vita. Ma era giusto che lo sapesse da me, ed era anche il caso che mi decidessi a parlare prima di innervosirlo.
-Hai... hai dormito per tre...
-Tredici giorni?
-Hook, zitto e fammi parlare.
-Trenta?! Emma...
-Trecento. Circa. Trecento giorni. Dieci mesi.- dissi in un sussurro alla fine, e il suo sguardo shockato e spaesato mi fece scoppiare di nuovo in lacrime. Mi coprii il volto non avendo neanche il coraggio di guardarlo negli occhi, e continuai a piangere finché non sentii la sua mano calda poggiarsi sulle mie.
Tirai su col naso e lo guardai sorpresa: aveva alzato tutto il braccio per potermi toccare, e non solo l'avambraccio come aveva fatto per l'abbraccio.
-Davvero, Emma?- sussurrò anche lui, con la voce rotta che cercava di controllare, ed io annuii, incrociando le dita della mano con le sue.
Quello non disse più nulla, e rimase attimi interminabili a fissare il vuoto: una sola piccola lacrima lo tradì, e gli scivolò lungo la guancia, passando per il mento per poi fermarsi alla clavicola.
Non sapevo cosa dirgli, perché lo capivo: anch'io mi sarei sentita morire se avessi scoperto di aver perso quasi un anno della mia vita, quasi un anno del mio bambino piccolo.
-Ti prego non fare così. Supereremo anche questa, ora ti sei svegliato e andrà tutto bene...- lo supplicai, nel tentativo di incoraggiarlo. Doveva essere forte: sapevo che sarebbe stato difficile, ma poteva farcela, come aveva sempre fatto da quando l'avevo conosciuto.
-Dimmi dove siamo. Spiegami l'essenziale, e ne parleremo meglio dopo, quando ce ne andiamo.
-O...ok...- borbottai, spaventata dal tono impassibile della sua voce. -Siamo a Londra, in Inghilterra... beh in poche parole siamo in un mondo senza magia, dove noi siamo meno che leggende... siamo favole. Esiste la favola di Peter Pan e Capitan Uncino, di Biancaneve e i Sette Nani, e tutto il resto. Sono anche piuttosto inesatte, tra parentesi. Comunque tu ti chiami Killian Jones, sei un marinaio, e veniamo da New York, dove eravamo in vacanza dai miei genitori prima di essere rapinati e malmenati. Questa è la versione ufficiale di ciò che è successo, perché se dicessimo la verità finiremmo in un centro per malati di mente. Quando avremo più tempo ti spiegherò tutto nel dettaglio...
-Bene. Liam?
-Liam sta bene, ho chiesto alla mia amica di portarlo. Lei sa tutto, perché conosce il cappellaio, Jefferson. Anch'io ho conosciuto lui e sua figlia, e mi stanno aiutando a cercare di capire cosa sia successo agli altri.
L'uomo alla fine annuì, e alleggerì la stretta della mano, poi tornò a fissare il soffitto con fare riflessivo. Mi rendevo conto che quelle fossero tante informazioni ed anche assurde, mesi prima avevo avuto bisogno di tempo proprio come lui per immagazzinare il tutto. E dopo tanto tempo, ancora non avevo capito esattamente ogni cosa, nonostante mi fossi ambientata piuttosto bene.
-Va bene. Ho capito.- disse infine, spostando lo sguardo nel mio.
-Davvero? E stai bene?
-Sì. Nella mia lunga vita sono stato in molti mondi, tesoro... in uno come questo mai, ma non mi stupisco più di nulla. Anche se nessuno mi ha mai infilato roba come questa praticamente ovunque... Però- aggiunse, smorzando il mio sorriso sul nascere -ciò non vuol dire che va tutto bene. Dieci mesi, Swan. Liam sarà cambiato così tanto... tu sei cambiata. Sei cresciuta. Ti... ti dispiacerebbe lasciarmi solo?
-Non mi vuoi?- feci allarmata, aggrappandomi al suo braccio.
-Non dire sciocchezze- mi tranquillizzò con un lieve sorriso -Ho solo bisogno di pensare. Quando arriverà la tua amica con nostro figlio... vi aspetto.
-Va bene...- accettai, pur non avendo molta voglia di uscire di lì e lasciarlo solo; tuttavia non potevo negargli la sua intimità, era in un letto d'ospedale e non potevo farglielo pesare ancora di più.
Mi chinai a baciarlo un'ultima volta e dopo avergli lanciato un'altra occhiata uscii, senza sapere cosa pensare.
Ero felice, chiaro: era tornato da me, si ricordava ogni cosa, e ne ero davvero, davvero contenta. L'inferno era finito finalmente, e nulla avrebbe potuto farmi stare meglio... ma adesso? Lui come sarebbe stato? Quanto gli ci sarebbe voluto per riprendersi? Più che fisicamente, psicologicamente. Mi era parso molto turbato, e sembrava cambiare umore con troppa facilità: dalle lacrime, alla rabbia, alla rassegnazione, al sorriso.


-Signora Jones?
-Mh?- mi massaggiai le tempie e mi voltai verso il dottore: per quanto ero persa tra i pensieri neanche mi ero accorta fosse ancora lì.
-Come l'ha presa suo marito?
-Non bene, ovviamente... ma... se la caverà. Vuole rimanere solo un po', finché non arriva la mia amica.
-Non gliel'ha ancora detto, vero?- mi guardò serio, e capii subito a cosa si riferisse.
Quindi scossi la testa, abbassando lo sguardo: ovviamente era la prima cosa che avrei voluto dirgli, ma non era stato facile. Non ero riuscita a farlo, e ancora non avevo idea di come spiegarglielo: certo, mostrarglielo sarebbe stato più facile... ma poi? Come avrebbe reagito? Sarebbe stato felice nonostante il probabile sconvolgimento oppure avrebbe avuto una reazione diversa? Non riuscivo a prevederlo, non essendo in grado di mettermi nei suoi panni in quel caso. Sicuramente sarebbe stato uno shock, e su quello non c'erano dubbi.
-D'accordo, capisco. Ora... senta, dobbiamo parlare.
Annuii, me l'ero aspettato ed ero pronta: avevo paura ovviamente, ma volevo sapere in che condizioni fosse mio marito, quanto gli ci sarebbe voluto per riprendersi e tutto il resto. L'uomo quindi mi fece cenno di seguirlo in una saletta vuota, dove ci sedemmo su un divanetto piuttosto scomodo: inoltre ogni minuto che passava, la mia ansia aumentava.
-Innanzitutto, signora... partiamo dalle buone notizie. Anzi, diciamo buonissime. Non ho mai avuto un paziente tanto reattivo dopo un coma così lungo. Come sa è stato operato per un grave trauma cranico, e avrebbero potuto esserci conseguenze piuttosto serie... invece nulla. Lui parla. Non sembra avere alcuna difficoltà nel linguaggio. Anche la memoria mi sembra a posto... lei che ci ha parlato, cosa ne pensa?
-Oh ricorda tutto. Certo è un po' confuso ma... sa cosa è successo.
-Molto bene. In più, non c'è rischio di paralisi, nessun tipo di danno grave. Risponde bene a tutti gli stimoli, devo dire che è incredibile... suo marito è una persona molto forte signora.
-Lo so...- sorrisi inevitabilmente: non avevo mai conosciuto uomo più forte del mio Capitano, che era sfuggito perfino alla morte, e questa era l'ennesima conferma del fatto che non mi avrebbe mai abbandonata. Non conoscevo nessuno che fosse bravo a sopravvivere quanto lui.
-Tuttavia... credo abbia capito che ci sarà bisogno di una riabilitazione. Fisica, e quasi sicuramente anche psicologica.
Annuii nuovamente, stavolta mordendomi il labbro per la preoccupazione: Ashley mi aveva proibito di cercare su internet troppi dettagli, e le avevo dato retta solamente perché senza il suo aiuto non avevo ancora capito bene il funzionamento di quell'aggeggio.
-Ora, sui tempi io sono molto positivo, perché parte già avvantaggiato rispetto a tutti gli altri pazienti. Davvero non riesco a spiegarmi come sia possibile, ovviamente ci saranno altre analisi e accertamenti... ma insomma, è un miracolo. Quindi... io credo che gli basteranno pochi mesi per tornare quasi quello di prima. Sicuramente meno di un anno.
-Cosa... mesi? Io credevo che...
Mesi? Cosa voleva dire con “mesi” e “sicuramente meno di un anno”? Mi ero aspettata che avrebbe detto “qualche settimana” al massimo, ma non mesi. Nella mia mente già ci vedevo a inizio nuovo anno a viaggiare, cercare concretamente il luogo in cui Rumplestiltskin aveva trasferito tutti i nostri cari. Avevo già rimandato di un anno, pur non contenta di lasciarli in balia di quel mostro... ed ora, altri mesi ancora?
-Ha anche detto quasi.- aggiunsi poi, con un filo di voce.
-Signora... deve capire che... nonostante sia in ottimo stato per ciò che ha subito, nella riabilitazione può volerci quasi un anno anche solo per far riacquistare l'uso della parola ad un paziente. Invece lui, in qualche mese, può riprendere a camminare, e forse anche a fare sport. Può riacquistare le capacità motorie quasi del tutto, e anche quelle cognitive.
-Quasi.- ripetei, e questa volta lo vidi a disagio.
-Con “quasi” voglio solo dire che... beh, inizialmente potrebbe avere sbalzi d'umore, rabbia e cose del genere, ma si riprenderà. Poi... non potrà correre in maratone, per dire. Non potrà svolgere attività stancanti troppo prolungate. Avrà probabilmente un certificato di disabilità, anche se di una percentuale molto bassa... ma ciò non vuol dire che non potrà lavorare, o essere un ottimo marito e padre. Vuole solo dire che dovrà fare le cose più... più con calma.
Annuii, leggermente rassicurata, ma non sapevo comunque cosa pensare. Non potevo dirlo al dottore, ma Killian era pur sempre un pirata: cosa avrebbe voluto dire nel suo caso “fare le cose più con calma”? Avrebbe ancora potuto viaggiare in mare aperto per settimane? Governare la sua stessa nave? E ancora, duellare con la spada, tirare con l'arco, arrampicarsi su rocce, alberi, e tutto il resto?
Per quanto si fosse dimostrato anche un ottimo uomo di casa, non ce lo vedevo a condurre una vita tranquilla e neanche volevo che lo facesse: non faceva per lui, e sicuramente non avrebbe preso in considerazione l'idea neanche tra un centinaio d'anni.
-Senta io... le lascerò un opuscolo con tutte le informazioni, così potrà leggerlo con calma a casa e poi potremo parlarne meglio. Non si abbatta, sono certo che potrete tornare a condurre una vita felice... ci vorrà solo un po' di pazienza.
Lo ringraziai semplicemente con un cenno del capo, poi afferrai l'opuscolo e lo misi in borsa, optando per una passeggiata prima dell'arrivo di Ashley. Come Killian, ora anch'io sentivo il bisogno di schiarirmi le idee; era difficile anche solo prendere in considerazione il fatto che un uomo come lui non sarebbe tornato in forze al 100%.
Scesa dall'ascensore, nell'atrio prima di uscire, per la prima volta notai davvero l'albero di Natale che era stato addobbato di luci e decorazioni colorate, quindi decisi di fermarmi a contemplarlo.
Alla fine, ciò che feci fu sorridere.
Quel dottore poteva dire tutto quello che voleva, ma io sapevo che il mio pirata sarebbe tornato il solito Capitano di sempre. Non mi importava di quanto tempo ci avrebbe impiegato, sapevo semplicemente che ce l'avrebbe fatta, perché nessuno lo conosceva meglio di me. A detta dei medici, anche il risveglio avrebbe dovuto essere più complicato, e non pieno di baci, abbracci e parole. Invece le sue labbra non avevano esitato un attimo prima di fondersi con le mie, le sue braccia non avevano tremato neanche un breve attimo prima di stringermi.
E poi le domande, le mille domande a cui ancora non avevo finito di rispondere... la voce certamente non gli mancava.
Ma cosa più importante di tutte, era tornato da me: era tornato da me e niente e nessuno si sarebbe più messo tra noi e la felicità. Sarebbe tornato presto in sé e allora saremmo partiti per la nostra ennesima avventura.
Un po' più serena uscii dall'edificio e mi lasciai cullare dall'aria fredda che mi invase il corpo fin dentro i polmoni: ero vestita leggere per quelle temperature, ma ultimamente mi ero accorta di non soffrire il freddo. Anzi, in un certo senso mi faceva bene, mi faceva sentire più viva.
Ed ora, ero più viva che mai.


 

10 mesi prima

Emma Swan, Killian Jones e Liam Jones erano spariti in una nuvola bianca, nel momento esatto in cui quella viola era stata sul punto di avvolgerli.
La luce l'aveva respinta, l'aveva allontanata e li aveva avvolti per poi farli scomparire nel nulla, e far gioire tra le lacrime il re e la regina.
-Non cantate vittoria...- biascicò Rumplestiltskin, che tuttavia non riuscì a suonare convincente quanto avrebbe voluto. Quell'imprevisto non se l'era aspettato, e aveva confermato le sue paure: Emma Swan non aveva perso il ruolo di Salvatrice nel momento in cui il piano di Regina era stato sventato. Era proprio questo timore ad averlo costretto a costruire un piano in cui lei fosse inclusa nella maledizione: evitare che potesse spezzarla.
-Perderai Rumple- gridò Snow White mentre stringeva il suo piccolo bambino al petto -Emma ci salverà, proprio come avevi predetto 25 anni fa!
-Oh miei cari, credete che sarà così facile? Certo, la vostra cara figliola non vi lascerà, ed è proprio ciò che spero: una principessa col cuore spezzato per la perdita del suo vero amore è estremamente semplice da distruggere. E non appena sarà tra le mie grinfie, la costringerò a guardarmi mentre riduco in polvere i vostri patetici cuori e tutti quelli delle persone che ama. Rimarrà sola, e mi implorerà di ucciderla... ma non lo farò. Buon viaggio Vostre Altezze, ci vediamo dall'altra parte- concluse con un ghigno, e in quel momento il fumo viola li avvolse tutti.
Ciò che Rumplestiltskin non aveva rivelato, era che aveva bisogno di Emma Swan: lei era la chiave per ritrovare sua moglie e suo figlio.
Non avrebbe ucciso i suoi cari a sangue freddo, ma una volta catturata la giovane, l'avrebbe ricattata perché lo aiutasse. E poi, li avrebbe lasciati andare per dimostrare a Bae e Belle che in fondo aveva fatto tutto ciò solo per riaverli con sé: la morte del pirata sarebbe stata solo un effetto collaterale...
E la vendetta definitiva per avergli portato via la madre di suo figlio tanti anni prima. Se non l'avesse fatto, tutto sarebbe stato diverso – pensò, per reprimere i sensi di colpa che gli ricordavano ancora la sua umanità.


 

KILLIAN POV

Era passata quasi un'ora da quando Emma mi aveva lasciato solo nella stanza, eppure ancora non ero riuscito a realizzare l'accaduto: avevo perso quasi un anno della mia vita, e non avevo idea di come superare la frustrazione. Avevo voglia di urlare, prendere a pugni gli strani marchingegni e poi ancora urlare.
Una volta non me ne sarebbe importato, un anno era davvero poco per una persona di 200, ma ora era diverso: adesso avevo con chi condividere gli anni, i mesi, i giorni, e perfino i minuti. Perdere anche un solo minuto con la mia famiglia non era mai rientrato nei miei piani, ed ora ne avevo persi più di quanti avrei mai immaginato.
Emma era preoccupata delle mie condizioni, ma l'unica cosa che preoccupava me era recuperare il tempo perso. Quando l'avevo conosciuta era poco più che una ragazzina, ed ora aveva 28 anni: una vera donna. E Liam? Dio, considerando i tempi di crescita dei bambini, doveva essere diventato un vero ometto, e non avevo neanche idea se mi avrebbe riconosciuto.
Iniziai a pentirmi di aver chiesto tempo alla mia Swan, perché ora non desideravo altro che averla vicino, riempirla di baci per compensare quelli che non avevo potuto darle, ed abbracciare insieme nostro figlio.
Decisi nel frattempo di tirarmi su, non volevo accogliere il mio bambino sdraiato in quel letto, cosa avrebbe pensato di suo padre?
Poggiai quindi il palmo della mano sul letto – imprecando mentalmente per il fatto non avere il mio uncino che in quel momento mi avrebbe fatto davvero comodo – e feci leva sul braccio.
Lo sforzo fu immane: mai mi sarei aspettato tanta difficoltà solo per riuscire a compiere un'azione tanto semplice, ma non mi diedi per vinto fino a che non ce la feci. Non ero stupido, avevo capito che secondo quei maledetti dottori mi ci sarebbe voluto molto tempo per riprendere il completo controllo del mio corpo; avrei dimostrato ad Emma che si sbagliavano, e che ero pronto a riunirmi alla mia famiglia nell'imminente avventura per salvare gli abitanti del nostro mondo dal coccodrillo.
-Killian, posso? Oddio, ma ti sei seduto! Hai fatto da solo? Dovresti riposare!
Sorrisi a mia moglie che aveva accostato la porta per affacciarsi, e come mi aspettai non attese risposta per entrare in camera.
In un primo momento vidi soltanto lei, ma poi abbassai lo sguardo: Liam era in piedi a tenerle la mano, e pur vedendolo cambiato moltissimo non riuscii a trattenere le lacrime. Era il mio bambino, il mio piccolo bambino diventato un ometto, e mi guardava sorpreso coi suoi enormi occhioni di quel verde-blu di cui mi ero innamorato al primo sguardo.
Emma si avvicinò lentamente insieme a lui, con le lacrime agli occhi, e sollevò il piccolo per farlo sedere accanto a me.
-Papà!
Successivamente non avrei ricordato se fosse stato lui a saltarmi in braccio o l'avessi preso io, fatto sta che mi ritrovai con mio figlio stretto tra le braccia, mentre continuava a ripetere felicemente “papà”. Mai come in quel momento realizzai di essere davvero un papà: nella mia lunga vita nessuno mi aveva mai chiamato così, ora invece era tutto diverso.
-Liam sei cresciuto tanto... sei bellissimo tesoro mio, mi sei mancato tanto...- dissi tra le lacrime, staccatomi per poterlo ammirare meglio. Era cresciuto: era davvero cresciuto.
Anche lui mi guardò, e portò la manina paffutella sul mio viso, asciugandomi una lacrima.
-Papà, bua?
-Oh no amore, certo che no... non sono mai stato meglio, papà sta bene!
-Beeene. Papà bbene!- ripeté, facendomi rimanere con un sorriso ebete. La sua voce mi sembrava una melodia, era il suono più bello che avessi mai sentito, proprio come lo era quando non sapeva dire altro che “aahh”, “eeehh” e altri versetti apparentemente privi di significato.
Lo feci sedere sulle mie gambe e solo dopo avergli riempito le guance di baci, facendolo ridere, alzai lo sguardo per rendermi conto che non eravamo più soli.
Oltre ad una Emma in lacrime, c'era un'altra ragazza bionda con una bambina piccolissima in braccio, e ci guardava sorridente e commossa: doveva essere Ashley, la ragazza che aveva aiutato la mia famiglia.
-Ciao... Ashley, giusto? Scusate se non vi porgo la mano ma come vedete...- accennai a Liam, che me l'aveva afferrata e mi tirava le dita una ad una.
-Dammi del tu Killian! Anche se era una vita che nessuno mi dava del voi, non è poi così male... Comunque sono contenta di conoscerti finalmente!
-Fa piacere anche a me. Emma mi ha parlato di... te, nel poco tempo che abbiamo avuto prima... hai una bimba bellissima, tra parentesi- sorrisi guardando il fagottino vestito di rosa tra le sue braccia.
Lei non rispose e si scambiò solo un'occhiata con Emma, che prese delicatamente la neonata dalle sue braccia e mi guardò con espressione indecifrabile.
Cosa diavolo stava succedendo?
-Killian... lei... lei è... Ha un mese e... non... non è sua figlia. È mia figlia. Leia Gemma Jones. È nostra. Nostra figlia.















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Alla fine sono riuscita a finire anche questo capitolo... avevo pronto pure quello dell'altra, ma qua non posto da tanto xD
Killian si è svegliato e sta anche abbastanza bene tutto sommato... anche se è difficile accettare di aver perso quasi un anno... e Emma ovviamente è preoccupata anche per tutto il resto che può comportare il coma... conseguenze fisiche ecc.
Poi... c'è stato un primo assaggio di cosa è successo dall'altra parte, e nel prossimo capitolo si scoprirà che fine hanno fatto tutti.
E infine, riunione padre figlio e... figlia! Spero di aver sorpreso almeno qualcuno, anche se magari si capiva che c'era qualcosa lol
Un abbraccio, alla prossima e... buon OUAT Day! Siamo a metà prima parte, eppure io ho già l'ansia per il mid-season per colpa di spoiler e teorie che... mi ammazzo, come faremo ad aspettare tre mesi poi?! Chi ha letto in giro sa di cosa parlo...
Grazie come sempre a tutti, e alla prossima! Un abbraccio :*

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Capitolo 6
*** Shock ***


Shock














KILLIAN POV

“Nostra figlia”.
Nella mia testa quelle due parole risuonarono decine e decine di volte, forse addirittura centinaia.
Leia Gemma Jones.
Mia figlia. Nostra figlia.
Abbassai lo sguardo sul bambino che tenevo sulle gambe, poi lo alzai nuovamente verso la piccola in braccio ad Emma.
Il mio primo e unico ricordo di un fagottino così piccolo era con Liam, quando era nato: com'era possibile un cambiamento del genere nel tempo di un battito di ciglia?
Com'era possibile chiudere gli occhi da padre di un figlio e riaprirli come padre di due?
Con un cenno del capo appena percettibile feci capire a Emma che volevo avvicinasse la bambina, volevo vederla. Volevo vedere mia figlia.
“Mia figlia”... anche solo pensarlo, faceva un effetto stranissimo. Aveva quasi dell'incredibile.
La donna lentamente si sedette sul letto, e mi mostrò la piccola.
E fu un colpo di fulmine al primo sguardo.
La bambina più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita: i suoi occhi erano azzurri come i miei, e grandi come quelli di Emma.
Come aveva fatto un ex pirata crudele e spietato a costruirsi una famiglia così perfetta?
Una moglie perfetta, dei bambini perfetti, una vita perfetta. Non mi sarei mai perdonato per aver perso quasi un anno di quella perfezione.
Solo ora, guardando Emma, notai la stanchezza celata dietro il suo sorriso: quanto doveva essere stato difficile per lei crescere il nostro bambino senza di me, e al tempo stesso portare in grembo nostra figlia? Eppure lei continuava a sorridere, e sapevo non avrebbe mai ammesso di aver sofferto troppo, perché lei era così, come l'avevo conosciuta: forte e testarda.
-Papàà, Lia!- esclamò Liam distogliendomi dai pensieri, e allungò allegro una manina per toccare quella ancora più piccola della sua sorellina.
Scena più bella, probabilmente, non era mai esistita sulla faccia della terra.
-Killian... ti senti bene? Il tuo cuore sta battendo forte...
-Cosa?- domandai, come risvegliandomi da un sogno: solo in quel momento mi resi conto che uno strano rumore in sincronia coi miei battiti tradiva l'emozione che stavo provando. Doveva essere colpa di una delle tante cose che tenevano uniti me e l'aggeggio infernale sul lato opposto del letto.
-Sto bene. Sto... posso prenderla?
-Ma certo amore, è... è tua figlia. Solo, sei sicuro di farcela?
-Sono sicuro. Non lo sono mai stato così tanto.- confermai, e delicatamente sistemai Liam vicino a me, per poter fare posto tra le braccia alla bambina. A Leia. Gemma. Ancora non sapevo con quale dei due nomi l'avrei chiamata, non sapevo Emma con quale nome la chiamava: non sapevo niente di niente, in realtà.
Con un controllo che non sapevo di aver già riacquistato, afferrai mia figlia senza lasciare che neanche un minimo tremore delle mie braccia rovinasse tutto, poi la strinsi al petto: fu allora che il mio cuore batté forte come solo due volte aveva fatto.
La prima volta che avevo baciato Emma.
La prima volta in cui avevo tenuto tra le braccia Liam.
Era come se stesse per saltarmi fuori dal petto.

 

EMMA POV – 7 mesi prima

-Ashley, è assurdo che tu mi abbia fatto prendere un giorno! Cosa vuoi che sia se non lo stress?! Mi sembra così ovvio!
-Sì, lo stress è così forte da farti vomitare? Lo so che non è facile, ma fino a un paio di settimane fa sembrava te la stessi cavando. Non succede niente se perdi un giorno, lo sai.
Sospirai, non sapendo cosa risponderle perché in fondo aveva ragione: anche la boss da qualche giorno insisteva perché mi prendessi una pausa o mi facessi vedere da un dottore, ed era stata contenta che alla fine avessi deciso di farlo.
Tuttavia mi ero convinta solo perché Ashley continuava a tormentarmi, e non perché avevo appena passato mezza nottata china sul water a vomitare. Non era stato piacevole, ma lo stress ultimamente sembrava essere aumentato: aumentava ogni giorno in più che Killian passava in coma. Come poteva, dopo 2 mesi, non avere ancora aperto gli occhi?! Il medico continuava a dirmi che sarebbe potuto succedere da un momento all'altro, ma io stavo sempre peggio.
Liam stava crescendo a vista d'occhio, aveva iniziato a dire “papà”, “mamma”, “pappa” e “nanna”, e suo padre si stava perdendo tutto questo.
Quelli erano momenti che avrei voluto condividere con lui, che avevo dato per scontato avrei condiviso con lui... e invece non sapevo neanche quando sarebbe tornato da noi. Almeno avevo eliminato il “se”, avevo deciso di avere fiducia e pazienza, ma quanta ancora avrei dovuto averne?! Ero piuttosto certa che ci fosse un limite.
-Sì, lo stress mi fa vomitare.- borbottai quindi, incrociando le braccia al petto scocciata.
Decisi di ignorare il fatto che avesse appena alzato gli occhi al cielo e continuai ad aspettare il mio turno in silenzio; perché diavolo mi avevano dato un orario se era già da mezz'ora che aspettavo?!
Quando finalmente la porta si aprì, alzai lo sguardo, e dopo che una donna che ne uscì si allontanò, la dottoressa mi fece un cenno col capo.
-La signora Emma Jones?
-Sì- confermai, e mi alzai dalla sedia prima di mettere seriamente radici.
-Chiamami quando hai finito, io aspetto in cortile, d'accordo?- fece Ashley, alzandosi dopo di me.
Annuii, e seguii la dottoressa in sala, per poi sedermi di fronte alla sua scrivania.
La donna mi imitò, ed aprì quella che doveva essere la mia “cartella clinica”, o almeno ricordavo si chiamasse così.
-Signora Jones... mi dica, come mai è qui? Vedo che due mesi fa è stata ricoverata in seguito ad un'aggressione e...
-Sì, ma non c'entra nulla. Sono qui solamente perché mi hanno costretta. Ultimamente sto poco bene, ma sa, lo stress... mio marito è in questo ospedale, in coma da due mesi, e mio figlio sta crescendo senza suo padre. Le sembra abbastanza?- esclamai infine, per rendermi conto solo dopo di avere esagerato un pochino: in fondo, che colpa ne aveva lei?
-Certo. Mi descriva i sintomi... come dice lei è probabile che sia stress, ma è sempre meglio essere sicuri quando si tratta di salute.
Come se me ne importasse, pensai, ma tenni quel commento per me.
Le elencai quindi i miei problemi di sonno, la conseguente stanchezza, la fame che nonostante lo stress mi aveva fatto mettere su un chilo e mezzo, e la nausea che ogni tanto mi assaliva, soprattutto la sera precedente.
-Effettivamente sono sintomi da stress, ma non solo. Vorrei farle una domanda un po' personale, che potrebbe essere poco delicata considerate le circostanze.
Scrollai le spalle per farle capire che non mi importava, poteva chiedermi tutto quello che voleva.
-Quand'è l'ultima volta che ha avuto un rapporto sessuale?
-Cosa?- feci sorpresa, e allora quelle premesse assunsero un significato. Non mi ero proprio aspettata una domanda del genere, anche perché la risposta era piuttosto ovvia.
-Sì, beh... suppongo tempo fa, ma...
-Due mesi e mezzo fa, direi. Più o meno.
-Capisco. E ha questi sintomi da un paio di settimane... sa se il suo ciclo è regolare?
-Non ci ho pensato... non proprio, ma lo stress... insomma. Ma perché queste domande? Dove vuole andare a parare?- domandai, anche se stavo lentamente iniziando a capire, pur non volendo farlo.
-Ovviamente è solo una possibilità, signora. Ma... ecco, io credo che una gravidanza non sia da escludere.


Erano state le 48 ore più lunghe della mia vita, ed ora che avevo il foglio coi risultati davanti avevo paura di aprirlo.
Avevo paura di scoprire che i miei timori si rivelassero reali, perché non ero pronta ad affrontare una cosa del genere, non ora. Soprattutto non da sola.
-Emma, se non leggi tu quel maledetto foglio giuro che lo prendo e lo faccio io!- esclamò Ashley esasperata.
Per mia scelta avevo ritirato la busta con la decisione di portarla a casa e leggere lì l'esito, in modo da avere accanto la mia amica che mi sostenesse in caso dessi di matto... soltanto che per come stavano andando le cose, avrei mandato all'esasperazione anche lei insieme a me.
Quindi presi il foglio, decisa a scoprire subito la verità: forse, se l'avessi fatto in fretta, sarebbe stato come strappare via un cerotto.
Mi sbagliavo: fu uno shock scoprire di essere appena entrata nella decima settimana di gravidanza.



KILLIAN POV

-Siete dolcissimi...- sussurrò Emma, accarezzando la bimba che mi guardava con un pollicino in bocca -Non vedevo l'ora che la conoscessi anche tu...
-E' stupenda, Swan. Credo di avere avuto una specie di attacco di cuore... ma è stupenda. È... è davvero mia figlia?
-Certo idiota, per chi mi hai presa?!- esclamò offesa, ma la finta durò poco: scoppiò a ridere, seguita a ruota da me, da Ashley e poi dai bambini – anche se, per fortuna, loro non potevano aver capito il motivo.
Io stesso mi rendevo conto di aver fatto una domanda molto stupida, ovviamente non avrei mai insinuato volontariamente che Emma avrebbe potuto esser stata con un altro, ma la situazione era così sconvolgente da non sembrarmi ancora vera.
-Io vi lascio soli adesso... Emma, vado a casa o pensi di avere bisogno di me? Per i bambini?
-No, grazie Ashley... hai fatto moltissimo. Non aspettarmi sveglia tra l'altro, in caso faccia tardi...
-Ok. Allora intanto buona notte... e mi ha fatto piacere conoscerti, Capitano! Non riuscivo a credere davvero che Capitan Uncino avesse un lato tenero prima di vederlo dal vivo, nonostante Emma me l'abbia ripetuto mille volte...- scherzò la ragazza, e si avvicinò per porgermi la mano.
-Solo non andare a raccontarlo in giro, o la mia reputazione sarebbe rovinata!- stetti al gioco, ricambiando la stretta; quella ragazza sembrava davvero molto simpatica, e sicuramente aveva un gran cuore se aveva accolto la mia famiglia senza esitazioni. Sarei stato ben lieto di conoscerla meglio una volta a casa, e magari avrebbe potuto darci una mano con la nostra ricerca insieme a Jefferson, che non avevo ancora capito se stesse con lei o cosa.
-Tu e il cappellaio state insieme?- le domandai quindi senza giri di parole, e ignorai l'occhiataccia che mi lanciò Emma. La giovane invece arrossì, e la risposta mi fu chiara ancor prima che parlasse.
-No certo che no! Siamo solo amici, lui ha una figlia, no! Cosa dici... ora io vado, ci vediamo presto!- borbottò imbarazzata, e dopo che Emma e Liam la salutarono uscì dalla stanza, lasciandomi piuttosto divertito.
Incrociai lo sguardo con mia moglie, e scoppiammo entrambi a ridere divertiti: avevo incontrato Jefferson una sola volta, ma ero piuttosto sicuro che le biondine non gli dispiacessero.
-Ovviamente si piacciono, ma nessuno dei due ha le palle per dirlo all'altro suppongo...
-Esatto. Ashley non è come me, è più... sai, timida.- confermò Emma, sistemandosi comodamente vicino a me e prendendo Liam tra le sue braccia.
-Sì, immagino... Voglio dire, non tutte sono abbastanza spavalde da saltare addosso ad un bell'uomo...
-Io non ti sono saltata addosso! Tu mi sei saltato addosso!- protestò, e il calcio che mi diede mi convinse del tutto che non avevo perso la sensibilità.
-Dolcezza, sarò anche io a essere stato in coma per quasi un anno, ma qua ad avere seri problemi di memoria sei tu... devo ricordarti che io ti stavo semplicemente fasciando la mano?
-Oh, ma zitto- tagliò corto, ma si sporse per darmi un bacio facendo attenzione a non schiacciare i piccoli tra le nostre braccia, che si erano calmati e probabilmente si sarebbero addormentati molto presto.
Pensai che in fondo la sua vicinanza l'avevo sempre sentita, altrimenti, forse, non avrei mai avuto la forza di riaprire gli occhi. Ricordavo che il momento in cui Rumplestiltskin mi aveva scagliato in aria avevo creduto di morire, con l'unico rimpianto di dover perdere la mia famiglia. Poi, il dolore alla testa era l'ultima cosa che ricordavo, prima di andare all'inferno.
Perché una volta persi i sensi, avevo davvero creduto di essere all'inferno: ora sapevo che era stato una specie di sogno, o piuttosto un incubo. Durante tutto quel tempo avevo sognato di dormire: in qualche modo, a volte, ero stato cosciente di quel sonno, ma non mi ero mai veramente svegliato.
Per questo, l'unico paragone che mi veniva in mente al momento era l'inferno: in un incubo ci sarebbe stata azione, ci sarebbe stato qualcosa, io invece avevo vissuto nel nulla. “Vissuto” non era neanche la parola giusta, ma probabilmente non ne esisteva una per descrivere ciò che avevo passato.
E poi, come in un'eco, delle parole si erano insinuate nella mia testa, sempre più vicine, fino a che non avevo iniziato a comprenderne il significato.
E la voce di Emma, quella bellissima voce melodiosa l'avevo riconosciuta subito; poi avevo riconosciuto la storia, la nostra storia, e qualcosa era scattato.
Ora potevo affermare con certezza che la diceria secondo la quale prima di morire la propria vita passasse davanti in un flash era falsa, o almeno non valeva per me: per me, era l'istante del ritorno alla vita quello in cui tutte le immagini si erano susseguite in un battito di ciglia. Tutta la mia vita, i miei ricordi, tutto... ma non avevo subito aperto gli occhi, o parlato. Avevo voluto godermi quella dolce melodia, e solamente nel momento in cui non ero più riuscito a resistere ero intervenuto, concludendo il racconto esattamente con le parole che anche in quello stesso momento avrei voluto dirle.
-Killian... mi senti? Stai bene?- sentii esclamare Emma allarmata, e prima ancora di risponderle la rassicurai stringendo la sua mano.
-Sto bene, dovresti smettere di preoccuparti, lo stress non fa bene... credimi tesoro, non ho intenzione di lasciarvi mai più. Capito?
La ragazza annuì, e poggiò la testa sulla mia spalla, facendo un gran respiro. Avrei voluto dirle molte cose, ma non sapevo da dove iniziare: io avevo dormito all'inferno, forse, ma lei? Per lei doveva essere stato mille volte peggio. Ricordavo ancora quelli interminabili minuti durante i quali, nella grotta di Neverland, avevo creduto di averla persa, e non riuscivo ad immaginare nulla di peggio. Lei aveva vissuto quella situazione per ben due volte: sebbene la prima fosse durata poco, ora era durata ben dieci mesi. Avevo davvero sposato la donna più forte di tutti i reami.
-Scusami... è che adesso che sei qui ho così tanta paura di perderti di nuovo che... che...
-Sono un osso duro, lo sono sempre stato. Questo è il momento in cui ti abbraccerei, ma ho entrambe le braccia occupate...- sorrisi, ammirando la piccola che sembrava aver preso sonno: aveva la stessa espressione angelica di Emma quando dormiva, ed era davvero dolcissima. Liam invece teneva gli occhietti appena aperti, ma aveva la testa sul collo di Emma e presto avrebbe raggiunto la sorellina nel mondo dei sogni.
-Sono bellissimi, vero?
-Da morire. Mi dispiace essermi perso i primi momenti di Liam... e non averti aiutata nella gravidanza, aver lasciato che partorissi da sola... non me lo perdonerò mai.
-Zitto, non è colpa tua. E comunque... me la sono cavata. E poi tu c'eri, venivamo a trovarti tutti i giorni. Anche prima di entrare in sala parto – sì, qui esiste una sala parto – sono voluta passare da te a tutti i costi. Ci sei sempre stato...- sussurrò, alzando lo sguardo per immergerlo nel mio.
Liam non era l'unico ad essere cresciuto: anche lei era cresciuta, e se possibile era diventata ancora più bella. Nonostante la stanchezza evidente, gli occhi lucidi avevano ancora lo stesso bellissimo colore che ricordavo, ma in qualche modo era ancora erano ancora più belli, come ogni parte di lei.
-Se continui a fissarmi così mi farai un buco in fronte...
-Scusa dolcezza, ti ammiravo.
-Sono diventata vecchia e brutta, non c'è niente da ammirare...
-Ti darei uno schiaffo se non fossi un gentiluomo... e non avessi due figli di mezzo. Ma non provare a dire ancora una cosa del genere, sei bellissima. E poi sei in forma, anche se hai partorito da solo un mese.
-Vado a correre la mattina.- ammise -ma devo dire che a parte nella pancia, non ho preso molto peso... vabbé ma chi se ne frega di come sono, l'importante è che ci sei tu con noi.
-Sì, hai ragione... se non fossi così bella, lo sarei stato comunque io per entrambi...
Mi beccai l'ennesimo calcio, ma stavolta trattenemmo le risate per non svegliare i bambini: non vedevo davvero l'ora di tornare alla mia vita, alla mia famiglia, a tutto ciò che avevo messo in pausa tanto a lungo. Troppo a lungo.
-Beh, già che ci siamo... perché non rimani a dormire? I piccoli dormono e mi dispiacerebbe svegliarli per andarcene...
-Sì io... non lo so se mi fanno restare, ma immagino che non sarà un problema. Ad ogni modo non puoi di certo venire già a casa, quindi...
-Lo so... domani.
Emma scosse la testa, e mi ci volle un attimo a capire che qualcosa non andava: la conoscevo bene, e nonostante stesse cercando di rimanere tranquilla, stava andando nel panico. Cosa c'era che ancora non mi aveva detto, oltre alle mille sorprese e il problema Rumple da affrontare?
-Cos'hai... sai che puoi dirmi tutto.
-Io... non si tratta di cos'ho io, io sto bene. Ma tu... tu non puoi tornare subito a casa, come niente fosse. Devi rimanere qui e farti curare, devi recuperare le forze.
-Emma! Che bisogno c'è? Io sto bene, e non ho nessuna intenzione di restare in questo posto. Voglio tornare da voi, ho già perso fin troppo tempo- le ricordai, mentre la guardavo incredulo per ciò che mi aveva appena detto: come poteva anche solo pensare che sarei rimasto in un ospedale, lontano da lei e dai miei figli? E come poteva lei, chiedermi di fare una cosa del genere?!
-Non parliamone adesso, ti prego. Voglio passare dal dottore a chiedergli se posso rimanere a dormire qui con te, e domani ne discuteremo con calma. Ok?
-No, non è ok.- dissi deciso, pur tenendo un tono di voce abbastanza basso per non svegliare i bambini.
-Per favore... sono felice ora, non voglio litigare e rovinare tutto...
-No Swan, dobbiamo parlarne invece. Perché tu vuoi tenermi in questo posto, e io non sono assolutamente d'accordo.
-Ma se non ti reggi neanche in piedi! Ti prego, si tratta solo di qualche settimana, qui possono darti cure migliori... e comunque verremo a trovarti tutti i giorni...
-Non ho bisogno di nessuna cura, ma solo di voi. Sono indolenzito perché ho mille cose infilate nella pelle, ma mi basta qualche ora di sonno senza tutta questa roba e starò bene. Se fossimo nel nostro mondo non ti faresti tutti questi problemi!
-Se fossimo nel nostro mondo, tu saresti morto!- esclamò, ed in quel momento entrambi i bambini scoppiarono a piangere.
La donna si portò una mano alla bocca, spaventata e disorientata, e in quel momento decidemmo silenziosamente di darci una tregua per calmare Leia e Liam.


-Ok...- borbottò, quando dopo mezz'ora i piccoli tornarono nel mondo dei sogni, nella buffa carrozzina a due posti. Era stata più dura di quanto ricordassi riuscire a calmarli, perché nonostante Liam avesse smesso prima, vedendo la sua sorellina piangere ancora era scoppiato di nuovo in lacrime.
Avevamo fatto una fatica tremenda, ed ero stanco da morire, ma allo stesso tempo frustrato e impotente: quella situazione era colpa mia, perché io non ero stato abbastanza forte da rimanere con loro quando più ne avevano avuto bisogno. Avevo lasciato mia moglie a gestire da sola due bambini piccoli, ed ero certo che momenti come questo fossero stati piuttosto frequenti negli ultimi mesi.
-Mi dispiace, Emma...
-Non è colpa tua, è anche mia. Forse è meglio che li porto a casa... e... e non lo so, tornerei da te ma non posso lasciarli tutta la notte ad Ashley, io... non...- si portò le mani sul viso disperata, ed io la attirai a me per darle un abbraccio, anche se non ero proprio sicuro che lo volesse.
-Vai. Sono loro padre, pensi metterei le mie priorità davanti a quelle dei miei figli?
-Lo so, ma...
-Niente “ma”, Emma. Vai, è giusto così. Ci serve del tempo per schiarirci le idee, perché in ogni caso finiremmo per litigare se tu tornassi qui... e non è ciò che voglio. Ti amo, e voglio soltanto tornare al tuo fianco...
-Lo sai che insisterò per farti rimanere qui, vero?
-E tu sai che insisterò per tornare a casa. Però sono disposto a rimandare la questione a domani.
In più avevo bisogno di star solo, per sfogarmi senza che lei potesse vedere. Pur bellissimi, ogni sguardo che lanciavo a lei e i miei figli mi ricordava che avevo perso troppi momento importanti, ed era una fardello che appesantiva il mio cuore con troppa forza. Dovevo riuscire a liberarmi in qualche modo, senza far soffrire anche lei, perché come io la conoscevo, allo stesso modo mia moglie conosceva me, e si sarebbe accorta subito che qualcosa non andava.
-Quindi... quindi vado a casa? Starai bene? Vorrei tanto rimanere qui, ma... non so che fare...
-Swan, datti una calmata e non andare nel panico... Starò bene, te lo prometto. Ci vediamo domani per colazione, d'accordo?
-D'accordo. Ti porto qualcosa di buono... anche se non so cosa puoi mangiare...
-Mi mangerei qualsiasi cosa, credimi... ho una fame tremenda!
-Riesci a deglutire?
-Certo. Mi mangerei anche te se potessi...- sorrisi, e la attirai a me per stringerla forte e baciarla un'altra volta. Dio, come avevo fatto a sopravvivere senza quelle labbra morbide e lisce? Avrei potuto baciarla per tutta la notte, ma per il bene dei nostri figli dovevo lasciarla andare in modo che potessero riposare comodi e tranquilli.
-Ti amo, pirata cretino che non vuole mai darmi retta...- sussurrò sulle mie labbra, con un sorriso radioso.
-Tu invece sei una grande stronza... ma ti amo lo stesso anch'io.- risposi al suo sorriso, e la afferrai saldamente attirandola in modo che si sedesse a cavalcioni sulle mie gambe. Se doveva andare a casa, voleva salutarla come si deve – pur senza esagerare non essendo soli.
-Wow, sei pieno di forze Capitano!
-Te l'ho detto, dolcezza. Non hai di che preoccuparti, i miei 200 anni mi hanno dato una pellaccia molto dura... e non solo quella.
-Porco!- esclamò fingendosi scandalizzata, e mi diede un pugno decisamente doloroso al petto, prima di baciarmi un'altra volta. Magari non avevo bisogno di rimanere a lungo in ospedale, ma di questo passo sarebbe stata lei a renderlo necessario.
-Dai, ora vai. Ti terrei qui tutta la notte ma è tardi... solo, magari, se andando potessi chiedere di farmi portare qualcosa da mangiare...
-Certo, sarà fatto. A domani, allora... sicuro che posso lasciarti qui?
-Non ho un anno, Emma... sono i bambini quelli che non puoi lasciare una notte senza la loro mamma. Solo fammeli sbaciucchiare un'altra volta...


 

***


 

Mi voltai per l'ennesima volta speranzoso verso l'orologio, pregando con tutto me stesso che fossero almeno le 7 di mattina: invece erano le 3.47. Ancora.
Non solo avevo avuto una cena orribile che avevo vomitato – secondo l'infermiera era perché il mio corpo doveva riadattarsi al nutrimento naturale, ma io ero piuttosto certo che fosse per colpa del tremendo sapore della “crema di porro” – ma non mi avevano lasciato neanche avere un bicchierino di rum. In che razza di mondo barbaro eravamo stati catapultati? Ne avevo visti di tutti i colori, ma mai uno come quello.
Se non altro lo strano dottore mi aveva visitato di nuovo e aveva deciso, sorpreso, di poter rimuovere tutta quella roba a cui ero attaccato, tranne che per una cosa strana al dito con la quale, a sua detta, ero collegato alla macchina e in tal modo se fosse successo qualcosa se ne sarebbero accorti. Io invece ero convinto che lo facessero per assicurarsi che non mi alzassi da quello stupido letto per andare a cercare qualcosa di decente da mettere sotto i denti.
E l'altro problema che avevo, era il sonno: non riuscivo ad addormentarmi, in realtà anche solo l'idea di dormire mi dava la nausea.
Non l'avrei ammesso davanti a nessuno, ma avevo paura di chiudere gli occhi. Se mi fossi risvegliato di nuovo tra un altro anno? Non avrei sicuramente retto di vedere un Liam di quasi tre anni e una Leia di uno, già a chiamarmi “papà” anche lei.
Di conseguenza, il fatto che fossi solo ed incapace di dormire mi rendeva impossibile non pensare: pensare al tempo perso. Non riuscivo a togliermelo dalla testa, e di quel passo sarei impazzito.
Eppure, come potevo ignorare il fatto che Liam avesse imparato a camminare senza di me? Doveva essere stato dolcissimo guardarlo fare i suoi primi passetti, guidarlo nelle sue prime impronte in questa vita.
E Leia? Come avrei fatto a perdonarmi per non essere stato accanto alla mia stessa figlia durante il suo primo respiro, il suo primo sguardo sul mondo. Era una bimba bellissima, ed io non ero stato lì quando era nata, nonostante Emma avesse cercato di convincermi del contrario. Non avevo potuto tenerla in braccio appena nata per creare quel legame padre-figlia speciale.
E dopo tante ore in cui avevo resistito, nel buio e la solitudine della stanza lasciai andare tutte le lacrime che avevo in corpo, e gridai scaraventando un cuscino contro la parete, gridando.
Il coccodrillo era riuscito ancora una volta a rovinare un frammento importante della mia vita, e giurai a me stesso che questa volta se ne avessi avuto la possibilità, l'avrei ucciso con le mie stesse mani.


Talebrooke, Canterbury – 10 mesi prima

Rumplestiltskin ci mise poco a riprendersi, diversamente da tutti gli altri abitanti della Foresta Incantata.
Aprì la finestra della torre della sua nuova reggia, e si poggiò comodamente ad ammirare tutte quelle piccole ed insignificanti persone che si guardavano intorno confuse. I suoi sudditi. I suoi schiavi. Schiavi di quella nuova isoletta nel Mare del Nord a poche miglia da Canterbury, Kent, in Inghilterra.
Talebrooke: invisibile a occhio esterno, ed impossibile da attraversare dall'interno. Per il momento, solo lui riusciva dall'alto della sua abitazione a scorgere la barriera che avrebbe impedito a chiunque di allontanarsi da lì, ma presto qualcuno se ne sarebbe accorto e la voce si sarebbe sparsa.
Non avrebbe permesso ad un piccolo inconveniente di rovinare i suoi piani: Emma Swan, vedova con un figlio, sarebbe sicuramente arrivata, presto o tardi, nel suo ruolo di Salvatrice. Il suo patetico spirito eroico sarebbe stato il suo punto debole. La sua rovina. E il suo mezzo per riavere ciò che gli era stato strappato.





















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Non credevo avrei postato, perché dopo la 5x08 sono molto ma molto instabile e non riesco a scrivere niente, ma alla fine ce l'ho fatta... stranamente. Però voglio ancora piangere, non mi riprenderò MAI più xD
Comunque... almeno qui, Killian sta bene, non è l'Oscuro e non è morto (...) e dopo lo shock è stato felice di avere una bambina bellissima :') Certo, sarà difficile superare il fatto di aver perso tanti momenti... ma ora ne avrà altri. L'unico problema sarà il recupero... dato che non è contento di non poter tornare a casa.

Vabbé, torno nel mio angolino a deprimermi e soffrire, anche perché questa Domenica niente OUAT e quindi non sapremo ancora come andrà avanti tutto quel casino e io NON CE LA FACCIO. Da un lato sono commossa e felice del fatto che Emma abbia sacrificato tutto per non perderlo, dall'altro vorrei piangere per sempre perché è stato tutto molto distruttivo e io non ho più l'età per sopportare questa sofferenza estrema ç____ç

Un abbraccio, e grazie come sempre a tutti :*

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Capitolo 7
*** Rain after the sun ***


Rain after the sun

 











EMMA POV

-Killian!- irruppi nella stanza di mio marito con tanta furia che quasi andai a sbattere, di nuovo, sul mobile contro il quale avevo rischiato di schiantarmi anche la sera precedente.
-Swan!- esclamò quello allarmato, tirandosi dritto sulla schiena.
Lo squadrai una volta, ed un'altra ancora, per poi rimanere di sasso: stava bene. Com'era possibile che stesse bene? Aveva addirittura in mano un giornale, e sembrava lo stesse leggendo.
Eppure, dopo ciò che mi aveva raccontato il dottore mi sembrava assurdo: appena arrivata, non aveva dato tempo all'infermiera a cui avevo chiesto se potevo salire di rispondermi, che mi aveva presa da parte.
A sua detta, la sera prima Killian non aveva retto la cena ed aveva vomitato; successivamente, nel cuore della notte, l'avevano sentito urlare e l'avevano trovato in lacrime con cuscini e lenzuolo tirati per terra. Avevano dovuto iniettargli dei tranquillanti per farlo dormire, e nonostante ciò si era svegliato relativamente presto.
Per concludere, mezz'ora prima si era rifiutato di fare colazione, ed aveva lasciato il vassoio intatto: infatti era ancora lì, sul tavolino vicino al letto.
Cosa diavolo gli prendeva a quell'uomo?!
-Tu... oh.- non riuscii a dire altro, e mi sedetti sul letto stringendolo a me sollevata. Mi ero aspettata di trovarlo sdraiato, con gli occhi rossi e stanchi, e realizzai che trovarlo tanto bene era l'unica cosa di cui mi importava.
Anche lui ricambiò la stretta, per poi trasformare quel semplice abbraccio in un tenero bacio, che durò abbastanza a lungo da tranquillizzarmi del tutto.
Quando le nostre labbra si separarono rimasi stretta a lui a riprendere fiato, poi, lentamente, alzai lo sguardo per perdermi nel suo.
-Stai bene, Killian?
-Te l'hanno detto. Avevo chiesto di non dirti niente...- sussurrò solamente, abbassando gli occhi come faceva nei rari casi in cui era imbarazzato.
-Dovevano dirmelo. Tu sei ricoverato e... e sono tenuti a farmi sapere le tue condizioni.
Sospirò, per poi sollevare nuovamente la testa.
-Sto bene.
-Ma...
-Non voglio parlare di stanotte. Sto bene, ti basti sapere questo.
Sospirai anch'io, e cercai di ricompormi alzandomi dal letto e tirando la poltrona per potermi sedere comodamente. Per quanto avrei voluto che si sfogasse con me, non l'avrei costretto a parlarne se non voleva farlo, non sarebbe stato giusto.
-Ok. Parliamo della cena allora. E della colazione che non hai toccato... dicono che non vuoi farti rimettere il sondino nasogastrico, però non puoi stare senza nutrirti...
-Mi hai portato la colazione?
-Ma se non riesci a mangiare nemmeno la minestra! Che è liquida! Killian, io...
-Swan!- mi interruppe, afferrandomi la mano -Credimi se ti dico che ho vomitato quella brodaglia solo perché, beh, faceva schifo. Ma schifo davvero, il pasto peggiore nei miei 200 anni di vita. Era una crema al “porro”, una roba che puzza di cipolla. L'ho mangiata tutta perché stavo morendo di fame, ma giustamente il mio stomaco si è ribellato. Non ho mai mangiato nulla di così disgustoso.
Lo guardai negli occhi per cercare di capire se stesse sminuendo la faccenda oppure fosse serio: sembrava sincero. E, dovetti ammettere, che una minestra alla crema di cipolla non fosse il massimo; insomma, chi diavolo cucinava in quell'ospedale?
Però aveva lasciato da parte anche la colazione, ed ero piuttosto certa che non prevedesse yogurt all'aglio o torta alle cipolle.
-E la colazione?
-C'è una brodaglia al latte che sembra acido, un succo alla banana e una mela cotta. Una mela cotta, Swan! Chi è che cuoce una mela?! Guarda che schifo!- accennò al vassoio, convincendomi a fare il giro del letto per studiarne meglio il contenuto.
Effettivamente aveva ragione, gli avevano portato soltanto dello yogurt bianco, un succo, e il frutto cotto che non aveva per niente un bell'aspetto. Le mele velenose di Regina, in quel momento, sarebbero probabilmente state un'alternativa migliore.
-Ok... perché non gli hai chiesto di portarti altro?
-Perché dubito abbiano qualcosa di decente. L'infermiera ha detto che devo partire molto alla leggera perché per un anno mi hanno nutrito con quella roba nel naso e bla bla...- spiegò, scoccando un'ennesima occhiataccia alla propria colazione.
Io non potei fare altro che scoppiare a ridere. Risi forte, così forte che dopo poco iniziò a farmi male la pancia, e presi la sua bottiglietta d'acqua per berne un sorso prima di finire col singhiozzo.
Mentre mi spiegava i motivi avevo quasi dato per scontato che stesse minimizzando il tutto solo per non farmi preoccupare, ma il fatto che fosse serio era ancora più esilarante. Hook era un amante del buon cibo, e pensandoci bene, l'unica volta che avevo cercato di cucinare sano quando aveva avuto la febbre alta, l'avevo sorpreso un paio d'ore dopo a divorare della carne affumicata con pane e rum.
-Dovrai abituarti tesoro, man mano che ti riprendi ti daranno di meglio... sai, gli yogurt alla frutta e i budini al cioccolato non sono male!
-Non ho idea di cosa tu stia dicendo, quindi ti chiedo di nuovo... mi hai portato la colazione?
-Sì...- borbottai, accennando alla bustina che avevo lasciato da parte: non ero più sicura di potergli dare dei bignè però, non avevo pensato al fatto che dovesse davvero iniziare con delle pietanze leggere. Se non gli avevano neanche dato nulla da dover masticare doveva esserci un motivo, e non volevo essere io la causa di un suo eventuale malore.
-Che aspetti allora? Sto morendo di fame, ti prego...
-Killian io non so se... ah, ti odio!- esclamai, puntandogli il dito nel petto: mi aveva fatto gli occhi dolci, e sapeva benissimo che non ero in grado di resistergli!
Tuttavia non cedette, e finii per raccogliere la busta e poggiargliela sulle gambe, facendogli cenno di aprirla. Speravo solo che fosse abbastanza intelligente da mettere da parte l'orgoglio se si fosse reso conto di non riuscire a mangiare i dolcetti.
Quando aprì il pacchetto di carta rivelandone il contenuto, un piacevole profumo si diffuse nell'aria, e il suo sguardo si illuminò facendomi sorridere.
-Cosa sono questi? Sembrano deliziosi...
-Si chiamano bignè. Sono dei dolcetti ripieni... te ne ho presi due al cioccolato, uno al cocco, uno alla crema e uno al limone. Mi sono imbottita di queste cose quando sono arrivata...
-Grazie Swan! Ti amo!- fece raggiante, addentando subito quello al cioccolato.
Lo guardai masticare e rimasi in attesa fino a che non ingoiò il boccone, e stetti attenta alla sua espressione in modo da intervenire subito se avesse mostrato anche un minuscolo segno di dolore.
Tuttavia non accadde, e si affrettò a finire il dolce per poi leccarsi le labbra dal cioccolato con cui le aveva sporcate.
-Oh dio, questo sì che è cibo... ti ho già detto quanto ti amo? E tra parentesi, lo so che ne hai presi due al cioccolato perché speravi te ne offrissi uno. Prendilo pure, te lo sei meritato- sghignazzò, prima di iniziare a divorare anche il dolce al limone: probabilmente il dottore se la sarebbe presa con me, ma non c'era niente di più bello che guardarlo mangiare con gusto e col sorriso sulle labbra.
Sorrisi quindi colpevole, e presi il bignè al cioccolato divorandolo in soli due bocconi: ricordavo ancora come Ashley mesi prima mi avesse tenuta occupata per due giorni interi per non darmi la possibilità di passare in pasticceria. In effetti avevo fatto bene però, perché quando avevo scoperto le golosità di quel mondo, per una settimana di seguito avevo abbondantemente affogato in esse i miei dispiaceri, e se avessi continuato ora sarei sicuramente stata una botte.
-Sono felice che ti piacciano. Allora era davvero questo il problema...
-Certo! Non ti mentirei, Swan. Non sto male, il cibo qui fa schifo... non mi stupirei se avessero pazienti morti avvelenati.
-Non esagerare, dai!
-Assaggia quella roba, poi mi fai sapere.
-No, grazie... e farò in modo che non cerchino più di avvelenarti- promisi, prima di gettarmi nuovamente sulle sue labbra al sapore di cocco. Più lo baciavo e più avevo voglia di continuare, probabilmente non mi sarei mai saziata: mi era mancato terribilmente. Con quali forze l'avrei lasciato in ospedale invece di riprenderlo subito con me? Sentivo l'esigenza mentale e fisica di passare con lui ogni minuto, ogni secondo... tempo prima mi sarei odiata per questa dipendenza, ma ormai sapevo che lui non era la mia debolezza: Hook era la mia forza.
-Senti Killian, riguardo stanotte...- sussurrai ancora sulle sue labbra, sperando che essendosi addolcito avrebbe deciso di parlarmene.
-Ti prego, non rovinare il momento... non era niente, comunque. Mi stavo sfogando per... per tutto. Ti basta?- domandò infine, staccandosi leggermente in modo da potermi guardare negli occhi.
-Mi basta, se non stai più male...
-Emma, tesoro, se fossi stata al posto mio riusciresti a passarci sopra con tanta facilità?
-No...- borbottai, senza doverci neanche pensare. Era ovvio che non avrei mai superato in una notte il fatto di aver perso quasi un anno della mia famiglia.
-Esatto. Però cercherò di non fare più scenate e... mi concentrerò sul recuperare il tempo perduto. Quindi, per favore, torniamo a casa adesso...
Sbuffai, tornando in piedi: sapevo che la pacchia non sarebbe potuta durare tanto a lungo, e che lui sarebbe tornato con la sua assurda richiesta di andare via. Come faceva a non rendersi conto che non era possibile, per il momento?! Avevo un lavoro e due bambini di cui occuparmi, se se ne fosse aggiunto un altro sarei finita io all'ospedale.
-No. Tu no.
-Ma Swan...
-No. Migliorerai in fretta, e magari potrai tornare prima di capodanno... ma ora no. Che ti piaccia o no devi riprenderti, Hook. Questo posto può offrirti un'ottima riabilitazione, un aiuto migliore di quello che posso darti io. E siccome io rivoglio il mio Hook, farai come ti dico e rimarrai senza fare scenate.- dissi con fermezza, con le mani poggiate sui fianchi. Per la colazione potevo anche aver ceduto, ma questa era una cosa troppo grande per lasciarlo fare a modo suo. Pesava anche a me quella lontananza, ma in fondo sarei andata a trovarlo tutti i giorni: sarei stata con lui il più a lungo possibile, insieme ai bambini. Volevo solo riavere il mio pirata, ed ero certa che con un po' di impegno ce l'avrebbe fatta.
-Il dottore ha detto che ti sposteranno in una stanza... una più “normale”, senza queste macchine. Ne vuoi una singola o magari doppia? Così avresti compagnia...
-Prima cosa, non sto in stanza con qualche sconosciuto di questo posto assurdo. Seconda cosa, IO TORNO A CASA!- gridò le ultime parole, e lo guardai far leva sulle braccia per mettersi in piedi; lo fece con troppa fretta, e prima che potessi fare qualsiasi cosa finì a terra battendo la testa sullo spigolo del comodino.
In quel momento dimenticai dei mezzi di comunicazione della stanza d'ospedale e mi limitai a gridare per farmi sentire da un qualsiasi passante, prima di precipitarmi dritta dal mio uomo.
-Killian...- singhiozzai, mentre cercavo di decidere cosa fare: aspettare un medico o aiutarlo a rimettersi a letto? Controllare se si fosse fatto qualcosa? E se poi avessi solo peggiorato la situazione?
-Swan va' via.- grugnì, mentre cercava di tirarsi su a sedere, con una mano poggiata sul punto colpito. Per ciò che riuscii a vedere nonostante il panico, non c'era sangue, ma il timore che si fosse comunque fatto qualcosa mi fece restare lì bloccata, a ignorare la sua richiesta.
-Fammi vedere... ti sei fatto male?
-Sto benissimo, lasciami stare. È evidente che hai ragione tu, sarei solo un peso!
Avrei voluto replicare, ma le infermiere che accorsero non me ne diedero il tempo, così fui costretta ad uscire dalla stanza in lacrime.
Riuscivo a capire il suo stato d'animo, sapevo che si sentiva frustrato e voleva solo tornare alla normalità, ma perché doveva complicare le cose ulteriormente?! Non poteva, per una volta, fare come gli veniva chiesto e aiutarmi a gestire la situazione?

 

***
 

 Più cercavo di infilare la chiave nella toppa, più le mie mani tremavano; in più, la vista offuscata dalle lacrime non aiutava affatto. Non sapevo neanche come avevo guidato fino a casa senza causare incidenti, ma se mi fosse arrivata qualche multa per non aver rispettato qualcosa non mi sarei stupita.
Al quarto vano tentativo di infilare la chiave, la porta si aprì dall'interno, e mi trovai davanti Ashley e Grace, la quale scambiò un'occhiata con l'altra e mi prese per un braccio portandomi sul divano, dove diedi nuovamente libero sfogo al pianto.
-Emma, che c'è? Hook sta bene?- mi domandò la giovane, porgendomi un fazzoletto.
Annuii, poi scossi la testa, poi annuii di nuovo. Non sapevo dare una risposta a quella domanda, al momento definire come stesse mi era impossibile.
Dopo che mi avevano assicurato che stesse bene e non si fosse fatto niente, avevo deciso di rientrare due minuti per accertarmene coi miei occhi, ma era stato un errore.
L'avevano sedato ovviamente, ma era ancora cosciente: nonostante ciò, non mi aveva né rivolto la parola, né una singola occhiata. Lessi vergogna nel suo sguardo basso e sfuggente, ma non solo per ciò che aveva fatto: si vergognava per ciò che era, e non mi aveva dato l'occasione di dirgli che fosse normale, che non poteva pretendere di rimettersi subito, come se nulla fosse. Così l'avevo baciato, ed ero uscita velocemente per non scoppiare a piangere davanti a lui.
-Cos'è successo?
-Sta bene...- dissi piano, tra un singhiozzo e l'altro -Più o meno. È che lui vuole... lui non vuole capire! Non mi da' retta, vuole strafare e se la prende perché non ce la fa! Lo so che è un pirata, ma è anche un essere umano, deve rendersene conto!
-Emma, cerca di calmarti... ora ti porto un bicchiere d'acqua fresca- intervenne Ashley, mentre Grace mi aiutava a sdraiarmi e mi tastava la fronte. Chissà che impressione stavo facendo a quella giovane ragazza che mi aveva ammirata fin dal nostro primo incontro: probabilmente la stavo deludendo, le stavo dimostrando che non ero forte come le ero sembrata all'inizio.
-Emma, sei un po' calda. Dovresti metterti a letto, ti faccio un tè...
-No Grace, ti ringrazio. Devo dar da mangiare ai bambini... dormono? Poi devo uscire a comprare a Hook qualcosa da mettere, stasera torniamo in ospedale a trovarlo... e voglio cucinargli qualcosa, perché sembra che il cibo che gli danno gli faccia schifo, e non lo biasimo.
-Emma! Dici che lui vuole strafare, ma mi sembra che tu non ti stia comportando diversamente!
Ashley mi porse il bicchiere d'acqua lasciandomi bere, ma sia lei che l'altra restarono a braccia incrociate a guardarmi con disappunto. Mi scolai tutto il bicchiere rovesciandomene inevitabilmente una buona dose addosso, e tornai su, rivolgendomi alle ragazze con aria di sfida. Fino a prova contraria ero ancora io la più grande in quella casa, quindi non potevano dirmi cosa fare.
-Ti comporti come una bambina. Credo che in fondo siate uguali tu e lui...
-Io posso permettermelo. E mi dispiace, ma non sarà qualche stupidissima linea di febbre da stress a fermarmi! Vi ringrazio per la preoccupazione, ma mio marito non è in sé, e farò tutto ciò che posso per farlo stare un po' meglio.
-Per farlo stare un po' meglio devi stare bene tu. Facciamo un compromesso: i bambini hanno già mangiato e ora dormono, e comunque non puoi rischiare di attaccargli la febbre. Quindi ti prendi un'aspirina e dormi un paio d'ore, noi nel frattempo andiamo a comprargli qualcosa da mettere. Quando ti svegli gli prepari qualcosa per cena. D'accordo?
-Non sapete cosa comprare.
-Credimi, ce la caveremo benissimo. Allora affare fatto?
-Affare fatto...- mi arresi, perché la testa mi pulsava troppo per discutere. Forse avevano ragione, sarei risultata più utile in salute, anche perché l'indomani sarei dovuta tornare a lavoro: dovevo solo stringere i denti e cercare di resistere, ormai era solo questione di tempo prima di poterci mettere in viaggio. Ero certa che in massimo un paio di mesi Hook sarebbe stato pronto, la sua testardaggine avrebbe vinto e gli avrebbe restituito una forma perfetta.


 

KILLIAN POV

Dopo il pranzo che non avevo toccato a parte il purè di patate, l'unica pietanza passabile, ero stato trasferito in una nuova stanza come mi aveva anticipato Emma.
Era leggermente migliore rispetto alla prima; tutto era color crema piuttosto che bianco, avevo una grossa finestra che dava sul cortile e davanti ad essa una bizzarra sedia girevole con tanto di rotelline. Un divanetto biposto, un tavolino, ed un comodino accanto al letto sul quale c'era soltanto un “telofono” – doveva chiamarsi così – e una bottiglia d'acqua: niente più macchine strane intorno. O meglio, ce n'era una sulla parete di fronte al letto, ma per ciò che avevo capito serviva a spiare la vita delle persone, o qualcosa del genere: quando mi avevano mostrato come accenderla erano passate delle strane immagini, avrei chiesto ad Emma quando fosse tornata.
Emma.
Mi vergognavo da morire per come avevo reagito, e soprattutto mi odiavo per averla trattata tanto male: mi voleva in ospedale solo perché mi amava e voleva il meglio per me, e pur non essendo d'accordo avrei dovuto cercare di controllarmi. Dopo essere caduto le avevo urlato contro, e nonostante avesse resistito fino alla fine, avevo notato i suoi occhi rossi trattenere le lacrime a malapena. Quando era tornata in stanza non avevo voluto parlare o guardarla non per rabbia nei suoi confronti, ma nei miei. Io ero l'invalido incapace di stare sui miei stessi piedi, io quello che non poteva rendersi utile e alleggerirla di tutti i pesi che si era assunta per me. Era diventata una cameriera solamente per pagarmi le cure, una principessa nelle vesti di cameriera! Un conto erano le battaglie, i viaggi, o perfino servire la cena all'equipaggio... ma fare la cameriera come lavoro? Non riuscivo ancora a capacitarmene.
Volevo solamente alzarmi da lì e tornare a casa a fare il padre, il marito, e il pirata, e invece non ne ero in grado e non sapevo quando lo sarei stato. Secondo il dottore avevo la testa dura ed un fisico molto forte dato che avevo già migliorato il controllo degli arti, ma questo non mi bastava. Però dovevo affrontarlo, e sarei partito chiedendo scusa a mia moglie.
Proprio quando fui sul punto di cercare di prendere sonno – in mancanza di qualsiasi altro tipo di svago – sentii bussare alla porta: era tornata così presto?
-Avanti!- esclamai quindi incerto.
La donna che mi trovai davanti tuttavia non era Emma, pur essendo bionda, ma una giovane infermiera considerato il suo abbigliamento.
-Salve.- sorrise avvicinandosi -Sono l'infermiera Wilson. Sarah Wilson, piacere!
-Salve... Killian Jones.- feci squadrandola perplesso. Era carina, certo, ma cosa voleva da me? Non potevano semplicemente lasciarmi tutti in pace?
-Mi è stato chiesto di passare a controllare come stai. Se rimani stabile per altre 24 ore potrai iniziare la riabilitazione.
-Oh fantastico. Mi faranno alzare le braccia e le gambe come un ritardato? Ottimo.- borbottai scocciato, alzando gli occhi al cielo -Comunque pot... puoi andargli a dire che sto bene tesoro.
Emma mi aveva avvertito che in quel mondo nessuno si dava del “voi”, ma mi era difficile cambiare una vecchia abitudine in così poco tempo.
-Ah sì? Puoi alzarti in piedi?
-Cosa?- mi voltai nuovamente verso di lei, stavolta incuriosito. Era insolente la ragazzina, e forse proprio per questo in qualche modo mi piacque.
-Ti ho chiesto se puoi alzarti in piedi.
-Quando ho provato a farlo ho dato spettacolo, quindi non ne ho idea.
-Vuoi provare?
-Eh?
-Mi sa che il dottore si è sbagliato, non sei così sveglio come diceva.- mi provocò, e incrociò le braccia al petto facendosi ancora più vicina.
Allora mi tirai su a sedere, anche se con un po' di fatica, e la guardai con aria di sfida: aveva una bella faccia tosta a provocare un pirata.
-Perché dovrei provare? Ti annoi e vuoi qualcuno che ti faccia ridere?
-No, ti do' una mano io.
-Sono pesante, mia cara.
-Sono più forte di quanto possa sembrare. Vuoi provare oppure continuare a lamentarti e fare la vittima perché non ti lasciano tornare a casa?
Inclinai la testa di lato, e scalciai via le coperte per poi poggiare i piedi a terra; mi sentivo ancora piuttosto instabile nei movimenti, ma già il riuscire a mettermi seduto era una gran cosa rispetto al giorno precedente.
-Sono impressionata, lo ammetto. Non male per uno che si è appena risvegliato dal coma. Forza Jones, tieniti a me e non fare il timido.
Le scoccai un'ennesima occhiata mentre mi avvolgeva la schiena con un braccio, poi le cinsi a mia volta le spalle.
Tentai di tirarmi su senza fare pressione su di lei, ma senza alcun successo; la ragazza quindi mi incitò ulteriormente, e alla fine decisi di mettere da parte l'orgoglio e lasciarmi aiutare. Anni prima non avrei mai acconsentito, ma Emma aveva affievolito molto il mio maschilismo: mi aveva fatto capire che una donna poteva essere forte quanto un uomo.
Le gambe mi fecero un male cane, tanto da farmi sfuggire un gemito, ma non mi arresi e man mano allentai la stretta su di lei, che sembrò capirmi e lentamente mi lasciò andare, pur restando vicino.
Incredibilmente riuscii a tenermi su senza alcun problema, e anche il dolore sembrò farsi molto più sopportabile.
-Bravo! Come va, ce la fai o preferisci tornare a letto? Poco a poco migliorerai...
-No, sto bene...- risposi voltandomi verso di lei: -Grazie. Tra tutti questi medici sei la prima che mi tratta come un uomo e non come un bambino che deve ancora imparare a camminare.
La giovane sorrise e tornò a cingermi i fianchi, facendomi cenno di provare a fare qualche passo; fu abbastanza doloroso, ma non poi così difficile grazie al suo aiuto. Arrivai alla porta col fiatone, ma contento di essere in grado di muovermi.
Mi lasciò poggiare contro di essa per poi portarmi la bottiglietta d'acqua dal mio comodino, e dopo qualche generoso sorso la svuotai praticamente a metà.
-Grazie. Non so perché lo fai, ma grazie.- bofonchiai mentre riprendevo fiato: come poteva camminare essere così faticoso?! Per meno di una decina di passi, poi!
-Così ho rimesso in piedi mio padre. Certo, ci è voluto più tempo, ma comunque... beh, potrebbero licenziarmi se scoprissero cosa sto facendo, ma so riconoscere una persona frustrata. Immagino che poltrire a letto non faccia per te, dico bene?
-Già...- annuii -Possiamo dire che sono un uomo d'azione. Comunque non ti preoccupare, non ti farò perdere il posto.
-Bene. Così posso tornare a farti esercitare, almeno una volta al giorno...
-Direi che si può fare. Ti ringrazio, sono contento che in questo posto infernale almeno qualcuno mi capisca.
-Figurati! Sei giovane, hai moglie e figli... ti farò tornare a casa da loro il prima possibile, promesso. Anche per Natale, magari...
-Sai molte cose di me.- le feci notare, alzando un sopracciglio: si era informata bene a quanto pare, e il fatto che non lo avesse fatto per cercare di sedurmi mi incuriosiva.
-Ero in sala parto con Emma. E poi l'ho assistita nelle 24 ore in cui è rimasta qui... è una ragazza simpatica, e testarda esattamente come te.
-Già...- sorrisi, ricordando il suo primo parto. Aveva dormito solo poche ore dopo aver dato alla luce Liam, poi si era rimessa subito in piedi per svolgere il suo compito di mamma; probabilmente se ci fossi stato io ad aiutarla, anche questa volta non avrebbe resistito nemmeno quelle 24 ore.
-Bene, ora ti sei riposato. Possiamo tornare indietro e ti rimetti a letto. Per ora va bene così.
-D'accordo, ma da domani allenamento intensivo, d'accordo?
-D'accordo!

 

***

 

 -Swan!- mi tirai velocemente su a sedere non appena vidi la donna alla soglia della porta con una carrozzina e al petto una strana borsa porta-bambini in cui teneva Leia.
-Ciao Killian...
-Emma scusami per stamattina, non so cosa mi sia preso... non volevo trattarti così, spero potrai perdonarmi...- la supplicai guardandola negli occhi mentre si avvicinava; dopo essersi seduta sul letto si sporse leggermente facendo attenzione alla piccola e mi regalò un breve ma intenso bacio sulle labbra. Ricambiai accarezzandole una guancia, poi lasciai scendere la mano sulla piccola testa della nostra bambina.
-Sei perdonato. Per quanto lo vorrei, non riesco ad avercela con te. Ti senti bene?
-Benissimo. Mi dispiace tesoro, mi controllerò d'ora in poi e... resterò qui. È ovvio che ora come ora sarei solo un ulteriore peso in casa, e non voglio appesantirti...
-Non saresti un peso, mai. Voglio solo che tu ti rimetta... e questo è il miglior posto per poterlo fare più in fretta. Ti verremo a trovare tutti i giorni, e appena starai meglio tornerai a casa. Se ti dico che quando non ci sono io sarà Sarah a portarti da mangiare, pensi di poter resistere un paio di settimane?
-Ci posso provare. Sarah è molto carina...- alzai il sopracciglio, e ricevetti l'aspettato pugno sulla spalla, con tanto di risate. Mi mancava da morire la mia vita, e proprio per questo mi sarei impegnato al massimo: io e Sarah avevamo deciso di comune accordo di non dire niente ad Emma, in modo da poterle fare una sorpresa. Se non per Natale, a cui mancavano soltanto 10 giorni, sarei tornato a casa per “Capodanno”, il giorno che a quanto pare segnava la fine del vecchio anno ed accoglieva quello nuovo.
La aiutai a slacciare Leia da quella prigione di stoffa che mi spiegò chiamarsi “marsupio”, e me la poggiò in braccio per poi sistemare Liam accanto a me, che mi diede un bacetto con tanto di “Tao papà”. Ancora non riuscivo a capacitarmi della perfezione dei nostri figli, ancora mi sembrava surreale avere una famiglia così bella.
-Oltre ai bambini ti ho portato la cena... pasticcio di carne e patate e brownies per dessert. Ti piacerà tutto, vedrai!
-Ti amo sempre di più ogni minuto che passa, lo sai?
-Lo so.- sorrise la donna -Prendo il tavolino così ci mettiamo comodi... carina questa stanza! E hai anche la TV!
-Sì ecco, questa TV non l'ho capita... dovresti spiegarmela.
-Ah... giusto. Dimentico che sei ancora un uomo della caverne!- mi prese in giro, mentre era già all'opera per preparare la nostra tavola -Ti ho portato anche un cellulare, è un dispositivo per parlare a distanza... poi ti spiego tutto. E sai, dei vestiti, un paio di libri da leggere... Però prima mangiamo perché stiamo morendo di fame! Vuoi dar da mangiare tu a Leia?
-Non ho le tette, Swan, non te lo ricordi più? Dovrei rinfrescarti la memoria...- feci allusivo.
-Porco. Io dico dal... biberon. Allora?
-Da' qua tesoro, ci penso io...
Non feci domande sul perché non allattasse più, potevo immaginarlo: lo stress aveva giocato il suo ruolo anche la prima volta, con Liam, e ora doveva essere stato peggio. Anche lei aveva sofferto, e non avevo voglia di farglielo rivivere. Potevo invece rendermi utile, smettere di lamentarmi ed iniziare ad aiutarla il più possibile, anche dal letto d'ospedale. Avevamo entrambi bisogno di tornare alla normalità, e iniziare con le cose piccole mi sembrava una buona idea: avrei dimostrato alla mia donna che i dottori si sbagliavano, io non ero cambiato. Ero sempre lo stesso pirata innamorato della sua principessa ribelle, e ora anche dei nostri due bellissimi bambini.
-Killian, ti stai bagnando tutto!- rise la ragazza, e solo in quel momento mi accorsi che la piccola Leia stava lasciando scivolare dalla bocca almeno la metà del latte. Risi anch'io: aveva decisamente preso dal fratellone! Anche Liam, quando mangiava dal biberon, era solito farmi un bagno di latte.
Ma ora lui era un ometto, un ometto cresciuto senza di me. Mentivo solo a me stesso se pensavo di poter scacciare così presto i brutti pensieri, ma decisi di non dire nulla ad Emma, non volevo toglierle il sorriso.

















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Ok, stavo per rinunciare a postare il capitolo perché ogni volta che incollavo le pagine mi dava errore... avete presente quando viene quella schermata con scritto "uffa! qualcosa è andato storto"? Ecco. Io non so questo sito che problemi abbia con me >.<
Ma alla fine ce l'ho fatta, incollando una pagina alla volta...
Beh, Emma ha saputo della nottataccia di Killian ed è riuscita a tirarlo su a suon di baci e dolcetti... peccato poi lui abbia rovinato tutto con la sua testardaggine. Non riesce ovviamente ad accettare di dover rimanere rilegato in quel letto invece che tornare da loro... però è arrivato qualcuno che può aiutarlo a velocizzare il recupero anche contro il parere medico :) per Emma sarà una bella sorpresa alla fine, dato che ora è esausta e arriva a farsi sgridare dalle due più giovani LOL
Alla fine però non poteva non perdonarlo, le è mancato troppo... dovrà solo imparare a fare i conti col suo stato d'animo.
Beh, questo sarà l'ultimo capitolo che posterò in vita mia perché domani c'è il midseason finale che mi ucciderà. Non voglio neanche pensarci. Soffriremo e ci sarà bisogno di un gruppo di supporto ç_ç Io preparo una confezione di fazzoletti, cioccolata, e tanto alcol. Ce ne sarà bisogno.
Se sopravvivo, la settimana prossima posterò il capitolo dell'altra ff, è molto natalizio quindi credo leggero e allegro... ci vuole di questi tempi xD
Un abbraccio, e buon midseasonfinale a tutti! Ci vediamo nell'aldilà xD

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Capitolo 8
*** Slow Resurrection ***


Slow Resurrection










EMMA POV – 10 mesi prima

-No! No! Lasciatemi stare, non posso partorire ancora! Dovete svegliarlo, non voglio partorire senza di lui, vi prego!- gridai alle due infermiere che stavano cercando di sistemarmi sulla sedia a rotelle per portarmi in sala parto.
I regolari 9 mesi dopo i quali avrei dovuto partorire erano passati da una settimana, e nonostante me ne avessero concesso una in più, la piccola non aveva accennato a voler uscire: per questo, poche ore prima, ero stata ricoverata per farmi indurre il parto.
Non avevo avuto la minima idea di cosa volesse dire, e quando l'avevo scoperto avrei voluto correre via e tornare a casa: il mio corpo aveva smesso di essere mio, mi avevano toccata senza neanche chiedermi se mi andasse bene, e per di più i dolori e le fitte delle contrazioni erano disumani rispetto alla prima volta.
Un unico pensiero mi aveva fatto forza: la mia bambina. La mia bambina, che se fosse rimasta ancora nella mia pancia, avrebbe potuto avere dei problemi e non era assolutamente ciò che volevo. Non potevo perderla, non potevo fare questo a lei, a me stessa e a suo padre ancora ignaro della sua esistenza.
-Emma, è ora... lo so che non vuoi andare, ma pensa a tua figlia...
-E' proprio a lei che sto pensando! Killian era con me quando è nato Liam, e voglio che anche lei possa vedere suo padre nei suoi primi attimi di vita!- esclamai, per poi gridare ancora di dolore.
Le contrazioni ormai erano molto ravvicinate, eppure non riuscivo a staccarmi dalla mano del mio uomo, avvolto ancora in quel lungo e profondo sonno dal quale neanche un bacio del vero amore poteva risvegliarlo.
Non sapevo se avevo chiesto all'infermiera di accompagnarmi da lui solo per prendere forza e sentirlo comunque vicino, o perché avevo sperato in un miracolo: era tutto confuso, il dolore non mi permetteva di pensare lucidamente, tanto che il corpo non voleva obbedire alla mente.
-Emma, devi lasciargli la mano. E posso prometterti che quando sarà nata, prima di portarla alla nursery la porterò qui da suo padre. Va bene?
Annuii tra le lacrime, ma le mie dita rimasero strette tra le sue, incapaci di lasciarlo andare; quel dolore sarebbe stato così sopportabile se lui fosse stato con me a farsi stringere e insultare, e a darmi coraggio ignorando tutte le brutte parole che involontariamente gli avrei rivolto.
-Emma... ascoltami. Sei una donna forte, lui è un uomo forte... e tornerà. Tornerà da voi, lo so. Ma ora devi pensare a tua figlia, non vuoi che soffra, non è vero?
-No...- scossi la testa tirando su col naso, posando di nuovo gli occhi su mio marito. Cosa avrebbe pensato di me in quel momento? Non mi avrebbe riconosciuta, forse non gli sarei neanche piaciuta... si era innamorato della Emma Swan forte. Automaticamente alleggerii la presa, e lasciai le mie dita scivolare via mentre Sarah e l'altra donna finalmente riuscivano a sistemarmi sulla sedia a rotelle.
Gridai ancora, con le lacrime agli occhi per il dolore fisico e quello mentale, ma promisi a me stessa di resistere. Resistere ed essere forte, esserlo per la nostra bambina che molto presto avrebbe abbracciato anche lui.
-Andiamo. Portatemi... portatemi a farla uscire.

 

-Prego signore, ecco a lei.- sorrisi, poggiando la tazzina di caffè al tavolo davanti all'uomo che era arrivato già al secondo; doveva avere un lavoro piuttosto faticoso se aveva bisogno di tutto quel caffè, alle 11 di sera poi. Durante quei mesi mi ero abituata a prenderlo anch'io, ma non più di uno al giorno, non volevo diventarne dipendente come la maggior parte delle persone lì. Tornati nel nostro mondo non ci sarebbe stato più, e le crisi di sonno per mancanza di caffeina non sarebbero state piacevoli.
-Grazie signorina. Un'ultima cosa, e poi sono a posto...
-Certo, mi dica.
-Sa, mi piacerebbe molto invitarla ad uscire, una sera... ma non ho il suo numero.
Spalancai la bocca sorpresa per quel commento inaspettato, poi automaticamente gli mostrai la mano perché potesse vedere la mia fede in caso non l'avesse notata.
-Oh, che peccato...
-Mi lusinga, lei è un bell'uomo... ma sono felicemente sposata, mi spiace- sorrisi ancora, e ripresi in mano il vassoio.
-Neanche un aperitivo? Potrei farle cambiare idea...- sorrise provocante, ed io cercai in tutti i modi di mantenere la calma ed essere gentile.
-Temo di no.- dissi solamente, abbassando lo sguardo.
-Peccato- ripeté, e mandò la bibita scura giù d'un fiato, poi si alzò dal suo posto poggiando due dollari precisi, e lanciandomi un'occhiata poco felice; -Mi dispiace, non ho soldi per la mancia.
-Non si preoccupi.
-Magari se fosse stata più... come dire... meritevole...
-Davvero, non si preoccupi. Va bene così.- dissi con voce ferma e presi i due dollari sistemandoli nel marsupio. Ignorai lo sguardo dell'uomo che mi squadrò da cima a fondo più volte, e mi voltai per tornare al banco, borbottando un lieve “cafone”, che avevo creduto nessuno avrebbe sentito.
Invece mi sentii afferrare per il braccio, e voltatami mi trovai davanti la faccia del molestatore di donne sposate.
-Vuoi ripetere?
-Lasciami stare.
-E dammi del lei. Io sono un cliente, e il cliente ha sempre ragione.
-Bene, allora mi lasci stare.
-Certo, chiedimi scusa e me ne vado.
-Scusi- feci irritata, stringendo un pugno: ero certa che se fosse stato ancora il periodo in cui Killian era in coma, nulla mi avrebbe trattenuta e l'avrei conciato per le feste a costo di perdere il lavoro.
Finalmente il tipo annuì, e mi diede una pacca sul sedere prima di voltarsi e uscire dal locale: quello era proprio uno dei tanti motivi per cui odiavo i turni serali, anche se a me capitavano molto raramente grazie alla comprensione della responsabile circa la mia situazione personale.
-Emma, tutto a posto? Se vuoi andare a casa ti copro io, tanto stasera non è molto affollato...- offrì Shelby, la giovane ragazzina dai capelli rossi che era stata assunta da sole tre settimane.
-Grazie, è tutto ok... cliente rompipalle.- le spiegai senza dare i dettagli, e sorrisi. Nonostante avesse appena 18 anni era molto simpatica, eravamo uscite un paio di pomeriggi coi bambini che lei aveva adorato fin da subito: se non ci fosse stata Grace, sarebbe stata la baby-sitter perfetta!
La giovane annuì e torno al lavoro, e lo stesso feci anch'io: dovevo resistere, dovevo tenere duro solo un po'. Erano passati tre giorni dalla crisi di Killian con conseguente litigata, e le cose sembravano andare molto meglio: il buon cibo lo teneva di buon umore, insieme alle nostre lunghe visite tutti i giorni. Per l'ora di pranzo andavo coi bambini, mentre la sera da sola, dopo aver staccato dal turno pomeridiano; nonostante non volesse che assistessi alla sua riabilitazione stava vistosamente meglio, tanto che la sera precedente avevamo potuto concederci un po' d'intimità.
Al ricordo sorrisi; avevo passato due ore nel letto insieme a lui, a coccolarci e baciarci, e le carezze erano diventate molto poco caste alla fine. L'orario di visita era finito giusto in tempo, prima che entrambi perdessimo il controllo definitivamente.
In ogni caso, secondo il dottore avrei potuto portarlo a casa entro una decina di giorni, anche se in sedia a rotelle, e io non vedevo l'ora. Rispetto al mese iniziale previsto era davvero poco, voleva dire che le cose stavano andando per il verso giusto.
Ancora poco, e sarebbe tornato da noi, a rimettersi in sesto in mezzo alla sua famiglia.

 

***

 

Entrai in casa imprecando, e mi diressi direttamente verso lo scaffale che conteneva la valigetta del pronto soccorso di Ashley, rischiando di fare un altro scivolone sul tappeto a causa del buio.
Maledetto John e i suoi vani tentativi di convincermi a uscire con lui, non aveva fatto altro che rovinarmi la serata!
-Emma? Tutto a posto?
Quando la luce si accese feci un salto sul posto, ed imprecai nuovamente voltandomi verso Ashley che era appena entrata in salotto in pigiama, preoccupata.
-Sì... Scusa se ti ho svegliata, mi dispiace...
-Non stavo dormendo, tranquilla. Ero... cioè, siamo in camera a vedere un film e mangiare popcorn...- spiegò, rossa in viso come un peperone: allora capii.
-Jefferson?
-Sì... ecco, li ho invitati a cena e... Grace è voluta andare dai bambini, credo stia leggendo un libro... mentre io e lui, insomma... li ho invitati a dormire qui, lei andrà sul divano e io... siccome ho il letto grande, sai...
-Ehi!- la fermai divertita, facendo del mio meglio per non scoppiare a ridere -Non devi spiegarmi niente... tranquilla.
-Mi ha baciata.- disse invece quella, ed io spalancai la bocca meravigliata: non riuscivo a crederci! Erano mesi che avevo creduto che tra i due sarebbe successo qualcosa da un momento all'altro, invece nulla... e ora, dopo tutto questo tempo, la baciava così? Durante una tranquilla serata a guardare i film? E me lo diceva senza un minimo di preavviso?
-Wow... ok. Domani devi raccontarmi tutto.- dissi quando riacquistai l'uso della parola -Muoio dalla curiosità, ma sai... credo che sia meglio che torni da lui ora.
-Sì, no... io non lo so... oh, Emma! Il tuo ginocchio!- esclamò improvvisamente, puntando il dito verso i miei pantaloni strappati e incrostati di sangue.
-Sono caduta, lascia perdere... non è niente, vai da lui e basta...
-Aspetterà cinque minuti. Va' a sederti sul divano e ci penso io...- ordinò, e seppi che replicare non sarebbe servito a nulla: a volte sapeva essere una gran testarda anche lei. In più, qualcosa mi diceva che per qualche motivo voleva ritardare il ritorno da Jefferson.
Quindi tolsi scarpe e pantaloni per poi mettermi comoda e studiare la ferita: non era molto grande, ma era piuttosto dolorosa dato che sfortunata com'ero avevo battuto la gamba proprio su un sasso.
Finito il mio turno ero uscita per prendere l'ultima metro, e purtroppo il cliente fastidioso, che avevo scoperto chiamarsi John, mi aveva aspettata nel vicoletto prima di entrare in stazione.
In un primo momento mi ero spaventata, ma la paura aveva subito lasciato il posto alla scocciatura: un banale cretino non poteva farmi nulla se non infastidirmi, avevo avuto a che fare con uomini ben peggiori di lui.
Avevo cercato di limitarmi a declinare il suo ennesimo invito a bere, ma quando ai miei continui no aveva risposto afferrandomi per le braccia, gli avevo dato una ginocchiata dritta in mezzo alle gambe, poi l'avevo spinto contro il muro, ed ero semplicemente andata via con i suoi insulti a farmi da eco. Purtroppo però mi aveva irritata abbastanza da distrarmi, e svoltato l'angolo ero inciampata rovinosamente sul marciapiede per finire dritta a terra, davanti a tutti.
Un po' mi dispiaceva per i due ragazzi che mi avevano offerto una mano, ma non avevo fatto che rimettermi in piedi ignorando tutto e tutti ed entrando dritta in stazione, a passo veloce, per tornare a casa prima che la nottata trovasse il modo di peggiorare ulteriormente.
-Ahia!- esclamai nel momento in cui qualcosa di freddo mi pizzicò il ginocchio: persa com'ero tra i pensieri non avevo neanche notato che Ashley mi avesse raggiunta col disinfettante.
-Sei un danno, Emma...- scosse la testa sorridendo -Ma come mai così di cattivo umore?
-Serata no, capita...- tagliai corto sospirando, e mi poggiai contro lo schienale lasciandola fare; -Ma parliamo di te piuttosto. Hai due minuti per dirmi di questo bacio...
-E'... è stato un bacio. Forse è meglio che appena finisco qua gli dico di dormire in camera mia e io vengo da te. Così posso... posso raccontarti.- balbettò, e posai una mano sulla sua, tremante.
-Ash, che c'è?
La guardai negli occhi interrogativa, non riuscivo a capire che problema avesse; Jefferson le era sempre piaciuto, almeno ai miei occhi era stato piuttosto evidente, quindi perché comportarsi così proprio ora che le cose si erano movimentate? Non era stato all'altezza delle sue aspettative?
-Niente...- disse infine, buttandosi all'indietro e chiudendo gli occhi -E' stato bellissimo in realtà... ma ho paura.- ammise.
-Paura di cosa? Che tra voi non possa andare? Tesoro, devi stare tranquilla...- sorrisi per poi stringerla tra le braccia, e dopo un po' ricambiò.
-Ma dormiremo insieme. E se... se lui... io non so se lui si aspetta qualcosa.
-Beh, non sai cosa darei per essere al posto tuo – con Killian ovviamente – ma ehi, a parte scherzi: Jefferson è un brav'uomo, è sempre così dolce... non si aspetta nulla, credimi.
-Sono un disastro- si lamentò -Non ci capisco nulla di uomini. Forse hai ragione tu, è solo che...
-Che sei vergine, e hai paura- conclusi io per lei, e quella spalancò gli occhi sorpresa per poi annuire.
Alla fine avevo intuito il problema, e l'avevo fatto perché avevo rivisto me stessa nella giovane: anch'io le prime notti da sola con Killian mi ero fatta una marea di film mentali, tanto da arrivare a saltargli quasi addosso e rischiare di sconvolgerlo: ripensandoci sorrisi, erano passati soltanto poco più di due anni da allora, eppure sembravano molti di più.
-Senti... non sei costretta a dirglielo, sai. Ma se glielo dici ti capirà... per gli uomini non è un problema. Per Hook non lo è stato, anzi. Però non mi ha mai messo fretta. Le prime volte sono andata nel panico esattamente come te, ma quando è arrivato il momento è stato tutto naturale... se tu gli piaci davvero ti rispetterà. E io dico che gli piaci, e tanto. Corri a finire il vostro film, poi dormite, coccolatevi... e sta' tranquilla, ok?
-Ok. Grazie Emma... cosa farei senza di te!
-Vero?- scoppiai a ridere cercando di non urlare troppo forte, ma la situazione era così buffa! Fino a poco tempo prima non avrei mai immaginato di dare consigli amorosi a qualcuno.
Feci l'occhiolino alla mia amica e la lasciai andare, ripromettendomi di farmi raccontare tutto l'indomani, quando saremmo rimaste sole. Ero davvero contenta per quei due, già come amici erano molto carini, ma come coppia sarebbero stati adorabili! In più la figlia dell'uomo sarebbe stata contenta per suo padre; adorava Ashley, e mi aveva rivelato solo poche settimane prima che le sarebbe piaciuto vederli insieme, dopo tanti anni in cui lui era stato solo.
Misi velocemente un cerotto sul ginocchio e tirai fuori il cellulare dalla borsa per mandare la buonanotte a Killian: la lieta notizia gliela avrei data direttamente l'indomani, pur non avendoli visti ancora insieme ero certa avrebbe approvato. Ora che stava bene dovevo assolutamente organizzare un incontro tutti insieme prima che fosse dimesso, magari per il pranzo di Natale dato che nessuno di loro aveva una famiglia dalla quale andare a festeggiare.
“Buonanotte amore :* ci vediamo domani a pranzo coi bambini :) mi dispiace non essere potuta venire stasera, ma mi rifarò, promesso! Ah, e ho anche delle news che credo ti piaceranno :P a domani :*” scrissi sorridente, poi mi alzai e mi diressi in bagno, sapendo che non mi avrebbe risposto. Era l'una passata, e a meno che non avesse perso la concezione del tempo davanti alla televisione, che finalmente aveva capito come usare, doveva ormai essere nel mondo dei sogni da un pezzo.

 

***


 

KILLIAN POV

-Dai Killian, mettiti a sedere e riposati un po'. Hai fatto dei progressi enormi, ma non sei indistruttibile neanche tu!
-Scommettiamo?- alzai un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e facendo sospirare la donna.
Avevo fatto progressi in tre giorni, era vero, ma ancora non era abbastanza: per essere pronto a partire alla ricerca di quel maledetto coccodrillo e della nostra gente dovevo essere al massimo delle mie forze, e ciò voleva dire essere in grado di camminare per ore senza stancarmi. Avere i riflessi pronti, la mia velocità, la mia forza. E il tempo stringeva, ne avevamo già perso troppo per colpa mia, non potevo far passare altri mesi; per quanto Emma non me lo facesse pesare, ero certa fosse preoccupata per la sua famiglia e i suoi amici, e lo ero anch'io. Erano diventati anche la mia famiglia e i miei amici, ormai.
-Non fare il bambino! Hai fatto un'ora di fisioterapia solo poco prima di iniziare con me...
-Non capiresti, tesoro. Io devo tornare quello di prima e devo farlo nel minor tempo possibile. Ho una famiglia da mantenere, e sono stufo di vedere Emma sempre così stanca... ha sulle sue spalle troppe responsabilità, responsabilità che dovremmo condividere.
-Lo capisco, davvero... ma non è distruggendoti che la aiuterai...
Scossi la testa frustrato, lei non poteva capire appieno. Ed era anche giusto, la vita di questo mondo era lontana anni luce da quella del nostro, ed io appartenevo a quello.
Potevo anche avere il titolo di principe, ma ero sempre un pirata: uno dei pirati più temuti di tutti i mari, ero Capitan Uncino.
-Non sei costretta a stare qui, sai? So badare a me stesso, posso anche continuare a girare per la stanza ed alzare pesi da solo.
-Sì, come no! Così se uno di questi cosi ti cade addosso poi dovrò risponderne io! E poi mi uccideranno e mi licenzieranno, come mi è saltato in mente di portarti dei pesi da 8 kg! Ora che ci penso se ti fai male mi ammazzerà anche tua moglie...
-Non ti ucciderà nessuno perché io non mi farò niente. Sono un osso duro, dovresti averlo capito.- la tranquillizzai, ma tornai a sedermi sul letto sotto il suo sguardo indagatore.
Camminare non era più doloroso, il problema però era la resistenza: i muscoli iniziavano a farmi male troppo velocemente, e dovevo assolutamente rimediare. In più, i movimenti mi venivano semplici solo dopo un po' di riscaldamento, e neanche questo andava bene. Come avrei fatto a strappare il cuore di quel coccodrillo se ero soltanto l'ombra del pirata che ero stato una volta?
-Senti, è quasi mezzogiorno. Tua moglie sarà qui tra poco, quindi non hai tempo... e cerca di lavarti un po', puzzi di sudore.
-Sì, forse potrei farmi una doccia...
-Da solo?
-Perché, vuoi forse farmela tu?- alzai il sopracciglio, e la giovane arrossì all'istante proprio come avevo immaginato.
-Idiota. Voglio solo dire che di solito ci pensa tua moglie a lavarti e... e non so se è il caso di... di lasciarti solo in bagno...
-Dolcezza, il motivo per cui è ancora Emma a lavarmi è perché... come dire, è molto più piacevole. Anche se, purtroppo, non vuole fare altro qui...
La ragazza, il cui viso si fece ancora più scandalizzato, prese un cuscino e me lo diede in testa, borbottando un “cretino” o comunque qualcosa del genere.
Essendo molto giovane e probabilmente priva o quasi di esperienza, mi divertiva farla sconvolgere e arrossire, ma non per questo non apprezzavo l'enorme aiuto che mi stava dando: la sifioterapia o quel che era, non si limitava più a farmi muovere da seduto o sdraiato e basta, e questo perché avevo recuperato grazie a lei una buona mobilità in un tempo brevissimo.
-Vabbé, io vado allora. Tu cerca solo di non ucciderti, chiaro?
-Chiaro. E grazie.


-Quindi fammi capire, Swan, in tutti questi mesi non siete riusciti a scovare... un bel niente.
-Non direi proprio niente! Sappiamo che sono da qualche parte in Inghilterra o comunque qui vicino, in... una città invisibile a occhio esterno. Considerando quanto fossi in grado di rimanere concentrata durante quei mesi del cavolo, è anche tanto...- mise il broncio incrociando le braccia, e allora con quello libero la attirai a me, per poterla abbracciare.
Aveva ragione, ero un insensibile: al posto suo non sarei riuscito a farmi neanche queste idee, probabilmente, mentre lei si era dimostrata di nuovo forte, nonostante le difficoltà. Solo che ad ascoltare ora l'intera storia tutto mi era sembrato assurdo, e non c'era molto per cui essere positivi. Certo, mi aveva mostrato il mappamondo, quindi quella restrizione era un passo avanti, ma lei non aveva la magia e la città creata da Rumple era invisibile... come avremmo fatto a trovarla?
-Lo so, non è poi così tanto su cui basarsi... ma io e te ci riusciamo sempre. Insieme.
-Sì Swan, hai ragione. Scusami, non volevo essere così negativo...- sorrisi e la baciai a fior di labbra, e mentre Liam batté le mani tra le mie braccia, come se potesse capire cosa stesse succedendo, sua sorella scoppiò a piangere, facendo inevitabilmente scoppiare noi in una grossa risata.
-Tesoro, non essere gelosa... lo sai che la mamma ti ama, anche se ama anche il tuo bel papà...- la rassicurò lei, cullandola e riempiendola di baci sulla fronte per farla smettere. E lei era così piccola e indifesa che ancora non riuscivo a realizzare che fosse mia figlia. Una bambina.
Quando era nato Liam non avrei mai immaginato che avremmo avuto un altro figlio così presto, e invece era successo... e di nuovo per puro caso. Destino.
-Mi spiace amore, ma per quanto io ti adori non posso lasciare la mamma tutta per te... vedi il tuo fratellone, lui è felice... vero ometto?- gli domandai, e quello batté nuovamente le mani.
-Maamma, papà.... mmmmua!
-Bravo! Mamma e papà taaanti mmua!
-Aaaaanntti mmmua!- esclamò agitado le braccine, ed io lo strinsi a me ridendo, mentre Emma scuoteva la testa sorridente, con finta esasperazione.
-Sarà un pirata proprio come suo padre, se già iniziamo così...
-Sì, non vedo l'ora riportarlo sulla Jolly Roger... tra un altro anno potrò anche iniziare ad insegnargli alcune cose sulla navigazione... e poi ovviamente lo seguirà la sua sorellina, quando crescerà. Sarà un'affascinante e bellissima pirata!
-Ehi! Chi ti dice che ti permetterò di trasformare pure mia figlia in un pirata? E non voglio che nemmeno Liam vada in giro a saccheggiare e bere rum!- esclamò contrariata, e forse perfino un po' preoccupata! Se non avessi avuto paura di venire preso a pugni, sicuramente mi sarei messo di nuovo a ridere.
-Tesoro, con due genitori come noi... ce li vedi a fare il principe e la principessa modello?
-Hai ragione...- sospirò con una lieve risatina -Ma passiamo a te... quando pensi di mostrarmi i tuoi progressi, Capitano? Non mi hai neanche detto se ti sei già rimesso in piedi...
-Un po' di pazienza... che detto da parte mia so che non è il massimo, ma...
-Va bene. Se tu avrai pazienza, allora ne avrò anch'io. E Killy... ho sentito il dottore, mi ha detto che c'è un gruppo di ascolto per persone uscite dal coma, o comunque da gravi traumi. Un'ora ogni pomeriggio. Credo, sì, che potrebbe farti bene... che dici?
-Un cosa?- mi accigliai; con tutte quelle novità mi sarebbe scoppiata la testa, prima o poi. Come aveva fatto lei a non impazzire?
-Uhm... delle persone che hanno subito dei traumi si riuniscono in una sala, e parlano con gli altri di ciò che gli accaduto, ciò che provano a riguardo e cose del genere... e...
-Non se ne parla.
-Ma...
-Non se ne parla. Sto bene Swan, i miei attacchi di isteria sono finiti, come avrai notato.
-Ok, ma...
-Se dico di no è no. Siete voi le uniche persone con cui voglio parlare, non insistere.
La donna mi scrutò come a cercare di capire quanto le mie parole fossero sincere, ma alla fine annuì e con attenzione si chinò a poggiare la testa sulla mia spalla, ed io la cinsi col braccio – quanto mi mancava il mio uncino!
Mi sentii in colpa perché non ero stato completamente sincero con lei, la frustrazione non era completamente scomparsa e di certo non era lei quella con cui potevo parlarne. Però ero in grado di gestirla ormai, e una volta tornato a casa sarebbe sparita del tutto, ne ero certo.

 

Talebrooke: Present Day.

Il Natale si stava avvicinando anche a Talebrooke, ma in pochi avevano trovato le forze per decorare l'albero.
Snow White e James non erano tra questi: il Natale avrebbe dovuto essere un periodo di pace e gioia, e a loro mancavano entrambe.
Erano costretti a lavorare lunghe ore al giorno per pagare le ingenti tasse a Rumplestiltskin, che in quei 10 mesi aveva consolidato il suo regime del terrore. Una volta al mese, inoltre, mandava un piccolo gruppo in spedizione oltre i confini della città perché potesse partire alla ricerca di suo figlio e Belle, o in alternativa di Emma, ma nessuno aveva mai fatto ritorno, e gli abitanti della cittadina non avevano la benché minima idea se i loro amici fossero vivi o stessero bene.
Mulan ed Aurora facevano parte dell'ultimo gruppo partito pochi giorni prima, e ciò non poteva che rattristare ulteriormente gli ex sovrani: le due ragazze erano tra le migliori amiche di Emma... cosa avrebbe fatto lei una volta tornata, quando avrebbe scoperto che non le avrebbe mai più riviste?
Emma. La loro bambina che era riuscita a mettersi in salvo con la sua nuova famiglia, ma di cui non avevano avuto la minima notizia da allora.
Stava bene? Se la stava cavando? Cosa stava facendo? Era riuscita a salvare Killian, o era rimasta vedova e completamente sola con un figlio?
Quelle erano le domande che i genitori della ragazza si ponevano tutti i giorni, ed ognuna di esse spezzava loro il cuore: perfino la speranza che li aveva sempre contraddistinti aveva iniziato lentamente ad oscurarsi.
-Mamma, papà, troveremo mia sorella. So di averla conosciuta solo per poco tempo, ma da ciò che mi avete raccontato... non è una che si arrende.
I due guardarono il ragazzo ed annuirono, ma con tristezza.
Già, quella era un'altra novità.
Loro figlio aveva 20 anni.
Forse quella era la peggiore parte della maledizione di Rumplestiltskin.
I genitori, che non venivano neanche sfiorati dalla vecchiaia, erano costretti a guardare i loro figli crescere a velocità disumana.
E se la maledizione non fosse stata spezzata, entro pochi anni sarebbe arrivato il peggio.
Li avrebbero seppelliti.


















 

Angolo dell'autrice;
Ciao a tutti! Innazitutto buone feste, spero abbiate passato un buon Natale! :) 
Come promesso, ecco l'aggiornamento anche per questa storia. Emma continua a lavorare, e tener testa più che bene ai tipi prepotenti... diciamo che questo è un capitolo di passaggio, quindi ho voluto mettere dei momenti di quotidianità, per far capire come se la passano quando non sono insieme. Quindi il lavoro di Emma, i suoi consigli in campo amoroso (xD), e la riabilitazione di Killian, che sta andando per il meglio.
E poi una prima parte del flashback del parto di Emma... ha conosciuto Sarah allora, è stata lei ad accompagnarla a vedere Hook prima di entrare in sala parto, quindi per chi si preoccupava... l'infermiera non sarà un problema per la coppia, anzi :P
Poi, siccome mi sento ancora turbata dal midseason, ho dovuto per forza aggiungere anche un loro momento insieme... Emma ha finalmente concluso di raccontare a Killian tutto ciò che è accaduto dopo che ha perso i sensi, e lui la vede abbastanza nera... ma come ha detto Emma, insieme riescono a superare ogni difficoltà! Anche se hanno qualche problema a baciarsi senza che Leia sia gelosa xD in compenso però Liam è contento ahahaha da bravo baby-pirata xD
Infine, Talebrooke... neanche lì se la stanno passando bene, soprattutto i genitori vari. L'altra volta non avevo voluto anticipare la "sorpresa" ma... a quanto pare, Rumple è stato più crudele del previsto, e il fratellino di Emma, non è più tanto "ino"...
Intanto buone feste, come sempre grazie a tutti, e ci sentiamo prima di capodanno col prossimo aggiornamento, ed eventuali vostre nuove ff/aggiornamenti! :)
Un abbraccio :*

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Capitolo 9
*** Annuncio, o quel che è ***


Ciao! No, non è un aggiornamento, scusate. So di averlo promesso, ma per l'ennesima volta ho scritto un capitolo che per qualche motivo non si è salvato quando il pc si è riavviato per gli aggiornamenti (quanti ca... di aggiornamenti fa Windows 8???)
Siccome ora la voglia di riscriverlo è zero, dato che avevo fatto parecchia fatica, credo continuerò a tenere in pausa questa storia fino alla fine dell'altra. Gestirne una alla volta è più facile, dato che ora ho meno tempo a disposizione di quanto ne avessi quando ho iniziato a postarle in contemporanea. 
In ogni caso, qualche giorno fa ho aggiornato l'altra, e cercherò di pubblicare il prossimo entro una settimana massimo, come al solito!
Un abbraccio a tutti, e scusate ancora!

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Capitolo 10
*** The power of a choice ***


The power of a choice











KILLIAN POV

-Scusate.- dissi infine, non riuscendo più a sopportare quella situazione.
Emma era in qualche modo riuscita a convincermi ad andare a vedere come fosse quel “gruppo d'ascolto”: probabilmente avevo deciso di farlo per potermi sfogare con qualcuno che non fosse lei.
Ma non ne potevo più, io non avevo nulla in comune con quelle persone, e tantomeno me la sentivo di condividere i miei problemi con loro. Li rispettavo, rispettavo il loro dolore, ma ciò che mi era successo non aveva nulla a che vedere con un incidente di vita quotidiana. Era stato quel maledetto coccodrillo a strapparmi un anno della mia vita, così come anni prima mi aveva strappato la mano e Milah: non potevo trarre conforto inventando qualche assurda scusa.
-Io devo andare. Mi dispiace davvero.- feci senza guardare nessuno, e con un'ormai minima fatica mi tirai su.
-Aspetta. Ti senti male? Vuoi che chiami un'infermiera?- propose la ragazza seduta accanto a me su una sedia con le ruote, poggiando una mano sul mio braccio con fare preoccupato.
-No, tranquilla. Il punto è questo. Io non sto male. Ad ascoltare tutte le vostre storie... mi rendo conto che il mio posto non è qui. La vita non mi ha fatto nessun torto, non posso prendermela con il destino, o farci pace. Perché non c'è proprio nulla con cui dover fare pace.
-E allora perché non ci racconti la tua storia anche tu? Potrebbe farti stare meglio...
Scossi la testa, ma mi voltai verso la ragazza per guardarla negli occhi. Era giovane, aveva 18 anni e solo un anno prima era stata una promettente atleta, prima di perdere la gamba. Un giorno aveva perso tutto ciò per cui aveva lavorato duramente, eppure sembrava più felice di me, che in fin dei conti avevo ancora tutto. Emma era lì, mi aveva aspettato e mi amava come sempre, ed erano lì anche i miei bambini, nessuno me li avrebbe portati via. Eppure non riuscivo semplicemente ad accettare ciò che mi era successo: se in quel momento mi fossi trovato davanti Rumplestiltskin, non avrei esitato neanche un istante prima di soffocarlo con le mie stesse mani. Ma come potevo raccontare una cosa del genere? Mi avrebbero preso per folle.
Nessuno di quel mondo poteva davvero capire come mi sentissi, e soprattutto mi facevano pensare al fatto di essere ancora lì, quando invece avrei dovuto essere con la mia famiglia. Avevo cercato di convincermi che le visite giornaliere mi bastassero, ma non era così, quella non era la mia vita. Volevo solo tornare a casa. Quella era l'unica cosa che mi avrebbe fatto star meglio.
-Grazie per l'interesse. Ma è una storia lunga e complicata, e non voglio sprecare il vostro tempo.
-Ragazzo, siamo qui per questo. Starti a sentire non sarebbe tempo sprecato, sai.- intervenne un anziano signore che aveva recentemente deciso di staccare la spina – qualunque cosa volesse dire – a sua moglie, in coma da tre anni.
-Lo apprezzo signore, ma non sono mai stato più serio in vita mia. È una storia carica di risentimento verso una persona e non verso il destino. Non voglio turbare nessuno. Vi ringrazio ancora, ma ora vado.- sentenziai deciso. Non potevo aprire bocca e non volevo farlo. Anche il solo fatto di essere lì non era una cosa da me: da quando un pirata aveva bisogno di un gruppo di persone a compatirlo?! Dovevo iniziare a darmi una svegliata prima di diventare qualcuno che non ero.
-Ok. Ma alla vigilia di Natale facciamo una festicciola qui... sai, per chi non può uscire. Puoi portare la tua famiglia, ovviamente...- propose ancora l'ex atleta, con un largo sorriso.
-Ti ringrazio, tesoro, verrei volentieri ma non mi trattengo fino alla vigilia... torno a casa domani.
-Oh, davvero?
-Sì... ma grazie ancora. Buona fortuna a tutti, e buon Natale...
Lei e tutti gli altri mi fecero i loro migliori auguri, poi uscii da quella stanza molto più leggero. In fin dei conti, quello strano incontro mi era servito a qualcosa, anche se non nel modo in cui Emma avrebbe voluto. Mi era servito a capire che esistevano persone che stavano molto peggio di me, eppure erano molto più positive: se potevano andare avanti loro, potevo farlo anch'io. Per riuscirci, però, dovevo andarmene da lì e riunirmi alla mia famiglia. Mia moglie aveva bisogno di me, così come i nostri bambini. Ovviamente lei non voleva farmelo pesare, ma riuscivo a rendermi conto da solo di quanto la situazione attuale fosse complicata. Si era gettata a capofitto in un nuovo mondo, si era adattata e lavorava sodo per farci stare tutti bene. E io non potevo più accettarlo.
Se la sarebbe presa, forse, mi avrebbe dato dell'incosciente, ma non m'importava. Sapevo che alla fine avrebbe capito, e avremmo combattuto fianco a fianco come avevamo sempre fatto.
 

 

***


EMMA POV

-Allora com'è andata?
-Emma! Non sapevo fossi sveglia!- squittì Ashley spaventata, facendo un salto sul posto prima di voltarsi. Mi ero svegliata da un'ora, ormai, ma avendo sentito movimenti in cucina non avevo voluto disturbare e avevo lasciato i piccioncini a fare colazione in pace. Avevo controllato soltanto i bambini, ma dato che dormivano ero tornata a letto ad ascoltare un po' di musica. Tra tutte quelle strane tecnologie, gli mp3 e le cuffiette erano senz'altro le mie invenzioni preferite: anche dopo quasi un anno, trovavo affascinante che la musica potesse essere “intrappolata” per poi venire riprodotta in qualsiasi momento.
-Vuoi un caffè? Un tè? Pancake?
-No, grazie... mangerò poi con Killian dato che stamattina non lavoro. Voglio sapere com'è andata con Jefferson piuttosto! Dato che ha dormito qui...- incrociai le braccia al petto e sorrisi, curiosa di scoprire tutto.
La ragazza arrossì immediatamente, facendomi una gran tenerezza. Decidemmo così di accomodarci sul divanoper poter parlare tranquillamente, anche se sospettavo di doverle tirar fuori le parole con la corda, col trapano, o qualunque fosse l'espressione che usavano in quel mondo.
-Ho seguito il tuo consiglio e sono tornata a finire il film con lui. Poi... insomma, l'ho baciato io e... ci siamo baciati, è andata avanti per un bel po'- ammise, sempre più rossa in viso. Io invece avevo voglia di applaudire come una bambina, quei due insieme erano troppo adorabili! Mi aspettavo da un momento all'altro un messaggio di Grace: anche se aveva dormito nella camera dei bambini, era andata via con suo padre e non poteva non aver saputo la novità.
-Abbiamo dormito insieme. Lui non... cioè, sarebbe andato sul divano. Gli ho chiesto di restare...
La guardai e nonostante sapessi che dormire con un uomo non fosse affatto qualcosa di innocente e da niente, mi sembrava quasi ci fosse qualcosa di più. C'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che non riuscivo a decifrare... vergogna? Ma anche... gioia. Ben celata, forse, ma era pur sempre gioia o qualcosa di simile. Sembrava indecisa se aprir bocca o meno, sempre più rossa... e allora capii.
-Ci sei stata!
-Non urlare!- protestò, coprendosi il viso.
-Tranquilla, i bambini non le capiscono queste cose!- esclamai ridendo e abbracciandola forte -Non ci posso credere!
-Secondo te sono una zoccola? Cioé... sì ok ci conosciamo da tanto ma ci eravamo appena lasciati andare... insomma...
-Una cosa?
-Oh giusto. Mmh, una sgualdrina, tipo.
-Aaah! Ma no! Cosa dici, certo che non lo sei!
-Io non volevo, non l'avevo... previsto. Ma stamattina... quando ci siamo svegliati... tipo alle 7. Era presto. Non so cosa è successo ma abbiamo finito per... beh, quello.
-Non c'è niente di male- le assicurai -soprattutto se ti è piaciuto.
-Emma!- strabuzzò gli occhi sconvolta, ed io scoppiai a ridere. La capivo, però, fino ad un paio d'anni prima ero stata esattamente uguale a lei riguardo a queste cose. Avere un pirata come marito aveva tanti vantaggi, compreso quello di abituarsi a certi discorsi ed essere molto più sciolta. Forse avevo preso anche un po' della sua sfacciataggine, a pensarci bene... speravo solo non troppa.
-Ok, ok... era solo per dire- feci infine alzando le mani a mo' di resa, e mi alzai per mettermi ai fornelli a preparare il latte, dato che i bambini si sarebbero svegliati a momenti. A Liam avevo iniziato a dare latte e cacao per colazione, e lui ne andava ghiotto. Il tasto dolente era Leia: mangiava, ma non andava matta per il latte in polvere. Avevo provato a cambiarlo con uno che mi avevano consigliato in farmacia, ma le cose erano migliorate di poco. Se solo Killian si fosse svegliato un mese prima, sarei stata molto meno stressata e sarei stata sicuramente in grado di allattarla... ma ormai era andata così e dovevo arrangiarmi. Confidavo che si sarebbe abituata, alla fine... forse Killian sarebbe stato più fortunato, chissà.
-L'importante è che tu sia felice... e che stia bene.
-Lo sono. E sto bene sì. Solo... sai, credo dovremo parlare in un momento più... tranquillo. Tra ieri e oggi non è che ci abbiamo pensato molto, poi è arrivata Grace...
-E ancora non le avete detto nulla.
-No, ma credo abbia intuito qualcosa e... le parlerà lui. Anche se dobbiamo ancora parlarne noi. Ci sono tante cose da dire, veniamo da due mondi completamente diversi... e se volesse tornare? Dovrei mollare tutto per seguirlo? Non sono sicura di volermene andare, io ho una vita qui...
-Ash!- la bloccai, prima che andasse completamente nel panico -Sono certa che risolverete queste cose, non fasciarti la testa. Io vado a controllare i bambini e dopo colazione andiamo da Killian... vuoi venire per non rimanere sola?- proposi. Non volevo sembrare indelicata, ma mio marito era completamente solo in una stanza d'ospedale e non ne era affatto contento. Capivo quanto fosse frustrante, soprattutto per un uomo d'azione amante dell'avventura, quindi non volevo lasciarlo solo. Volevo stargli accanto in ogni momento possibile fino a che non fosse tornato a casa. Stavo anche pensando di cucinare qualcosa di buono per Natale e chiedere il permesso di avere un letto e due culle per la notte della vigilia, in modo da poterla passare insieme.
-No, grazie... salutalo da parte mia. Ho un po' di faccende da sbrigare... mancano 5 giorni a Natale e vorrei sistemare casa per bene.
-Oh, ok... posso aiutarti a sistemare quando torno, va bene?
-Non ti preoccupare, ci penso io. Grazie per il suppoero Emma, non so davvero cosa farei senza di te...
-Ma figurati! La cosa è reciproca...- sorrisi e la abbracciai ancora una volta, prima di dirigermi verso la cameretta dei bambini. Jefferson e Grace mi sarebbero mancati moltissimo quando saremmo tornati a casa – perché confidavo che in qualche modo avremmo fatto – ma lei più di tutti. Era decisamente una delle più belle persone che avessi mai conosciuto, un'amica fantastica.

 

***

 

Ero certa che Killian avrebbe apprezzato le costolette di carne suina al barbecue insieme agli anelli di cipolla che avevo comprato da Angus Steakhouse. Negli ultimi giorni gli avevo portato dei buoni pasti, ma ero stata abbastanza cauta. Ormai però stava meglio, ero certa non avrebbe avuto problemi con qualcosa di più sostanzioso. Ciò di cui non ero sicura , invece, era che il personale dell'ospedale avrebbe approvato, così avevo nascosto la confezione in fondo alla borsa, in modo che non si sentissero odori.
-Mamma, papà caa?
-No tesoro, ancora non possiamo portarlo a casa... ma tornerà molto presto e giocherete insieme, sei contento?
In risposta rise e batté le manine felice, facendo un paio di passetti goffi per prendere le manine alla sua sorellina che lo guardava dalla carrozzina.
Quasi involontariamente sorrisi anch'io. Liam e Leia erano davvero la mia gioia più grande: erano i miei piccoli eroi, che mi avevano dato la forza di andare avanti anche nei giorni peggiori, quelli in cui avrei voluto soltanto chiudermi in camera a piangere.
-Liam, vuoi bussare tu a papà? Qui...- gli indicai la porta col numero 301, che conoscevo ormai a memoria – e che speravo di smettere di vedere il prima possibile.
-Papà!- esclamò subito emozionato e bussò forte col pugnetto, facendo emettere uno strano versetto a Leia.
-Sì, chi è?
-Papà!- gridò più forte prima di darmi modo di rispondere ed entrare, tanto che dovetti guardarmi intorno preoccupata che eventuali vicini di stanza non si lamentassero per il baccano.
Poi successe qualcosa che non avrei potuto prevedere. La porta si aprì dall'interno, e mi ritrovai davanti il mio bellissimo pirata in piedi, a guardarci col più bello dei suoi sorrisi.
-Killian...- sussurrai in un filo di voce, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.
-Swa... ehi ometto!- esclamò, nel momento in cui nostro figlio catturò tutta la sua attenzione saltandogli letteralmente in braccio. Lui lo afferrò e lo sollevò in alto facendolo scoppiare in una sonora risata. Per non disturbare ci spostammo dentro, e quando chiusi la porta non riuscii a fare a meno di scoppiare in lacrime.
In un attimo mi ritrovai nel suo abbraccio, forte e caldo come lo ricordavo, e mentre i singhiozzi prendevano il sopravvento lo strinsi forte anch'io. Ero incredula, ma soprattutto felice. Avevo odiato vederlo così frustrato per l'incapacità di muoversi, e mi ero odiata perché non c'era nulla che potessi fare per aiutarlo. Invece era il solito pirata testardo, che quando si metteva in testa una cosa lottava con tutte le sue forze fino a realizzarla.
-Le lacrime non si addicono a una principessa del tuo rango, tesoro. Ti dona molto di più un bel sorriso...- sussurrò tra i miei capelli, mentre li accarezzava piano.
-Scusa...
-Ma scusa di cosa, splendore... a sapere che avresti reagito così avrei usato più tatto...- scherzò.
Risi tra le lacrime, poi lo strinsi ancora una volta stampandogli decine di piccoli baci sulle guance, prima di spostarmi sulle labbra. Se fossimo stati soli avrei continuato ancora a lungo, anche sul letto, ma non era davvero il caso con due bambini piccoli lì a guardare.
Prima di lasciarmi andare mi stampò un ultimo intenso bacio sulle labbra, poi si chinò e recuperò Leia dalla carrozzina, che gli si accoccolò subito al petto come un gattino.
Io invece mi sedetti sul letto con il fratellino maggiore sulle gambe, e restammo entrambi a guardare quella dolce scenetta. Era bello che Liam non fosse geloso, anzi: era molto protettivo nei confronti della sorellina, un vero gentiluomo, come suo padre, già dalla tenera età.
Tenendo cautamente la piccola, Killian venne infine a sedersi accanto a noi, per stampare a entrambi dei teneri baci sulla fronte.
-Torno a casa domani, Swan... prima che tu ti metta a controbattere- mi bloccò vedendomi aprir bocca -ho parlato poco fa con Sarah. L'infermiera. Lei è d'accordo, serve la conferma del dottore ma a questo punto non sarà un problema...
-Sarah. Passi molto tempo con lei...- gli feci notare, incrociando le braccia al petto. Era una ragazza fantastica ed era stata di grande aiuto anche a me, ma non sapevo bene come sentirmi per il fatto che trascorresse più tempo di me con mio marito.
-Siamo gelose, ora?- alzò un sopracciglio divertito, al che lo fulminai subito con lo sguardo. Non ero gelosa. Non lo ero. Solo... non ero molto contenta. Non potevo dirglielo però, avrebbe preso per gelosia anche quello. In quel momento, la cosa più sensata da fare mi sembrava dargli un bel sonoro ceffone, ma non era il caso.
Invece, decisi di prendere un profondo respiro e passare avanti, concentrandomi sulla bellezza di quel momento. Mio marito stava bene. Forse non ancora del tutto, certo, ma molto, molto meglio rispetto a quando si era risvegliato, incapace perfino di tenersi in piedi.
-Ti lasciano davvero tornare? Non è che hai spazientito Sarah fino a farle dire di sì?
-Un po' ho insistito- ammise con un ghigno -Ma ha ammesso che sto recuperando molto in fretta e che non c'è ragione perché non possa continuare a casa.
-Ti ha aiutato lei, quindi.
-Sì tesoro. Volevo farti una sorpresa... senza rischiare di darti false speranze. Hai fatto fin troppo per me, Emma. Per me e per la nostra famiglia... tutta sola, in un mondo completamente diverso dal nostro. Non potevo proprio lasciarti continuare così... non posso.- sussurrò dolcemente, lasciandomi un delicato bacio sulla guancia. Per quanto avrei voluto essere concreta, proprio non ci riuscii. Il pensiero di Killian finalmente con me, mi elettrizzava da morire. Avrei ricevuto le sue tenerezze a tutte le ore del giorno, avrei finalmente riavuto la mia vita. Gradualmente, certo, dato che c'era una maledizione da spezzare... ma avere accanto mio marito, il mio miglior compagno d'avventure, sarebbe stato il primo grande passo.
-Sappi che ciò che ho fatto per la nostra famiglia... non mi è mai pesato. So che tu al posto mio avresti fatto lo stesso. E so anche che non hai recuperato del tutto le forze... però... se ora non avessimo i bambini in braccio ti stritolerei per farti capire quanto sono felice di non aver perso neanche un Natale con te. Il tuo ritorno è il più bel regalo che possa ricevere.
Ci guardammo negli occhi, lasciandoli parlare per noi. Avevamo tante cose da dirci, ancora tanti baci da darci e tante strette da scambiarci. E ci sarebbe stato tempo per tutto, ne ero certa. Adesso che eravamo di nuovo insieme, niente avrebbe potuto separarci un'altra volta. Avrei protetto il mio pirata a tutti i costi, e giurai a me stessa che stavolta avrei ucciso chiunque avesse tentato di fare del male a lui o ai nostri figli. Già una volta avevo ucciso... ed ero pronta a rifarlo per amore.
-Beh... ti ho portato un pranzo speciale e data l'occasione penso sia adattissimo, così possiamo festeggiare il tuo ritorno!
-E rum?
-Per chi mi hai presa?- esclamai fingendomi offesa -Introdurre illegalmente una fiaschetta? Ti sembra qualcosa che non farei? Certo che ti ho portato il rum!
-Adoro il tuo lato da pirata, Swan!
-Lo so!- sorrisi compiaciuta, poggiando la borsa per tirar fuori la busta col pranzo e la fiaschetta di rum. Forse il mio inconscio aveva previsto che ci sarebbe stato qualcosa da festeggiare! Tornata a casa avrei subito chiamato la boss per prendermi la giornata libera per l'indomani, e sarei andata a comprare qualche vestito in più per Hook. Sarebbe stato divertente cercare qualcosa di adatto per sostituire la sua amata tenuta da pirata che – dovevo ammetterlo – lo rendeva ancora più attraente di quanto non fosse già.
-Piata! Io papà! Mamma Lia pimpesse!
-Ehi! Che sono questi discorsi maschilisti, ragazzino?- lo rimproverai, divertita -Anche i maschi possono essere principi e le femmine pirati!
-Liam pimpessa?
-No!- esclamai ridendo -Principe. Ma anche pirata. Tuo papà è entrambe le cose, e anche la mamma. E tua sorella... deciderà da sola quando sarà grande.
-Ce la vedo, in effetti. La bellissima e temibile Leia Jones a saccheggiare i regni...- sghignazzò Killian, e una gomitata, seppur leggera, non gliela tolse nessuno. Sapevo stesse scherzando ma non doveva neanche pensarci! Già era stata dura convincere lui a smettere di rubare cose ogni volta durante i nostri viaggi. E l'aveva fatto, più o meno... non aveva sottratto cose con la forza a nessuno. Ora rubava “solo” casse al porto, a volte con viveri, altre con gioielli, stoffe o altro. Alla fine avevo perso le speranze, dopotutto era un pirata. Non rubava perché gli mancava qualcosa, io e lui avevamo tutto... ma lo faceva semplicemente perché si divertiva. Ovviamente i miei genitori non l'avrebbero mai saputo, ma una volta avevo flirtato con un marinaio per dare modo a Hook di rubargli la cassa col rum. A cose fatte, mi aveva raggiunta sferrando un bel pugno al tipo – che aveva tentato di allungare le mani – e mi aveva riportata sulla nave. Sì, era decisamente stato divertente. Ma ciò non voleva dire che avessi intenzione di insegnare tecniche di saccheggio ai miei figli!
-Sei sempre il solito idiota. E... non mi dispiace.- ammisi -Che dici, mangiamo?
-I piccoletti hanno già mangiato?
-Certo, non ti preoccupare. È il nostro turno!
-Ok... anche se non sono sicuro di riuscire a lasciar andare questa bellissima principessa... vero tesoro? Anche tu vuoi rimanere da papà?
Leia era ancora troppo piccola per ridere, ma i versetti con cui rispose ai baci di suo padre furono qualcosa di meraviglioso. Era felice, e si capiva. Il loro feeling era stato istantaneo, tra le sue braccia si era trovata a suo agio fin dal primo momento.
-Dai, poi ti lascio i bambini una mezz'oretta tutti per te...
-Guarda che puoi rimanere, dolcezza, credi che mi dispiaccia?
-Lo so...- gli assicurai con un sorriso mentre sistemavo il pranzo sul vassoio vuoto che gli avevano lasciato -Però ho una visita di controllo.
-Chi devi controllare?
-Ma che hai capito!- risi immediatamente, nonostante anch'io avessi avuto problemi a comprendere certi meccanismi all'inizio -Leia è nata da 40 giorni e devo farmi visitare... giusto per assicurarmi che sia tutto a posto, ma non ti preoccupare, lo sarà. È una cosa di routine in questo mondo.
-Oh, d'accordo... tipo per sapere se posso spogliarti e farti dio solo sa cosa non appena torneremo a casa?- ammiccò, col suo solito ghigno malizioso.
-Hook!

 


Talebrooke

-Charles, cosa ci fai con quello zaino?
-Vado a cercare Emma, mi sembra ovvio.
-Che cosa?!- esclamarono all'unisono Snow e Charming, sconvolti. Cosa voleva dire con quel “vado a cercare Emma”? Aveva intenzione di lasciare la città... da solo?
-Sentite, è passato quasi un anno e non sappiamo ancora niente. Io voglio ritrovare mia sorella.
-Potresti morire!- esclamò Snow -Stai crescendo in modo così... e... non sappiamo cosa potrebbe succederti fuori da questo confine... non possiamo perdere anche te.
La donna, non poteva permettere al suo piccolo di fare una cosa del genere. Ogni giorno viveva nel terrore che potesse morire, ma almeno sapeva di avere ancora qualche anno... le cose avrebbero potuto risolversi. Sperava ancora che Emma sarebbe tornata a salvarli, proprio come nella profezia che 28 anni prima aveva ignorato.
Ricordava ancora le parole dello spirito dell'Albero della Saggezza aveva riservato solo a lei, in sogno, la notte dopo che si era recata con James a consultarlo. “Se verrà il giorno in cui il mondo si spezzerà, e la forza dell'Oscurità eclisserà la Luce, la Salvatrice splenderà. Il Frutto del Vero Amore sarà la Chiave della Pace, la sua potenza ristabilirà l'equilibrio e la giustizia”. Per qualche ragione aveva capito che non si trattasse di un semplice sogno, ma aveva scelto di dimenticare: dopotutto, era stato un grande “Se”, fino a pochi mesi prima.
-Potrei morire anche se resto qui a non fare niente, mamma. Ho... ho già perso 20 anni della mia vita. Voi siete degli eroi, mia sorella è un'eroina... voglio fare qualcosa di buono anch'io. Se prima di morire dovessi contribuire a salvarci tutti... ben venga. Meglio così che limitarmi a invecchiare giorno dopo giorno, con le mani in mano... vi prego.
-Avrai anche 20 anni, ma ne hai... ne hai 2, praticamente.
-Lo so. Io non so come funziona questa cosa ma... non credo di avere la testa di un bambino di due anni. Lo sapete anche voi. Non avrò esperienza, ma ho letto molto... ho ascoltato le vostre storie... credo davvero di potercela fare. Dovete darmi questa possibilità.
-Bene...- annuì James, beccandosi un'occhiata dalla regina -Ma verremo con te.
-No. Il nostro regno ha bisogno di voi, non potete lasciare il popolo solo nelle grinfie di Rumple... e poi se ne accorgerebbe se sparissimo tutti e tre. Mamma, papà. Sono vostro figlio! Se mi lascerete andare vi renderò fieri di me, ve lo prometto.
Lo sapevano, certo che lo sapevano, e di questo non avevano dubbi. Charles era cresciuto davvero troppo in fretta, ma era un ragazzo intelligente e sveglio, proprio come sua sorella maggiore. Forse, dopotutto, lasciarlo andare non era davvero una brutta idea. Sarebbe stato lontano da Rumplestiltskin e, probabilmente, nel mondo “normale” avrebbe smesso di crescere in maniera sbagliata. Lontano dalla magia, magari, avrebbe vissuto giorno per giorno e non avrebbero dovuto preoccuparsi. In più, si fidavano di lui. Forse, se mai fossero tornati nella foresta incantata, ci sarebbe stato un modo per farlo tornare bambino, ma adesso dovevano accettare la realtà, accettare che fosse un vero e proprio giovane uomo.
-Va bene- decise infine Snow -Stanotte ti aiuteremo ad attraversare la barriera.
-A patto che porti qualcuno con te- aggiunse James
-Andrò con Eric. È preoccupato per Aurora e aveva comunque intenzione di partire.
-Bene.
Anche se bene, non andava. Oltre al fatto che suo figlio sarebbe andato chissà dove senza poter dare sue notizie, James aveva anche un'altra preoccupazione. Non era sicuro di volere che Emma tornasse. Le parole che l'Albero della Saggezza gli aveva riservato quella notte, in quello che un tempo aveva creduto fosse stato solo un sogno dovuto alle sue paure, iniziavano ad avere senso.
“Il frutto del Vero Amore, come portatrice di Giustizia dovrà compiere una scelta: ricevere per avere. Il prezzo che la Salvatrice pagherà, sarà il più alto: il valore della salvezza è la sua stessa felicità, a cui rinuncerà di sua spontanea volontà.”











 

Angolo dell'autrice;
Ebbene sì, ce l'ho fatta... finalmente riesco a postare senza problemi, così questa settimana ho deciso di aggiornare questa storia invece dell'altra!
E' un capitolo di passaggio ma ci sono anche alcuni sviluppi... Ashley e Jefferson sono ufficilmente una coppia, ance se come ha detto lei hanno ancora alcune cose da chiarire... ma soprattutto, Killian torna a casa. Si sta ripredendo in fretta e ha deciso di non poter più aspettare, perché la sua famiglia ha bisogno di lui. Ed Emma non ha potuto che esserne felice, lasciando da parte la razionalità. Le ha fatto una bella sorpresa alimentando la sua speranza! Ci sono ancora cose da risolvere prima di poter partire... ma pian piano stanno facendo dei passi avanti.
Così come a Talebrooke... il fratello di Emma ha deciso di partire e se il motto della loro famiglia vale per tutti, riuscirà sicuramente a trovarla!
Poi c'è il problema della profezia, di cui Snow e James hanno sentito due parti diverse, oltre a quella in comune. Sembra che la Salvatrice, al momento della resa dei conti, si troverà di fronte ad una scelta molto importante... che potrebbe dover compiere senza riuscire ad aggirarla. Oppure sì. Chissà. Non odiatemi xD
Alla prossima! Forse posterò il capitolo dell'altra ff in settimana e questo sabato prossimo, ma vedremo... spero la storia vi piaccia e che non ci siate scordati la trama LOL scusate la lunga attesa!
Un abbraccio e a presto :*

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Capitolo 11
*** The strange new world ***


The strange new world










EMMA POV

Ero così elettrizzata all'idea di riavere il mio pirata con me, che non ero riuscita a contenermi dal baciarlo ogni due minuti. L'avevo aiutato ad indossare i suoi nuovi abiti, che aveva molto apprezzato nonostante li avesse definiti “bizzarri” e ovviamente erano rigorosamente neri e di pelle. A dir la verità avevo trovato difficile credere che qualcosa potesse renderlo affascinante quanto la sua tenuta da pirata, ma avevo dovuto ricredermi. I vestiti, semplicemente, avevano poca influenza sul suo aspetto: avrebbe potuto indossare un sacco della spazzatura e sarebbe comunque stato l'uomo più bello del mondo. L'unica cosa che gli mancava era l'uncino, ma nessuno l'avrebbe lasciato uscire dall'ospedale con un oggetto di metallo piuttosto pericoloso al posto della mano, quindi gliel'avrei ridato a casa.
Avevo molto apprezzato, invece, che non avesse fatto scenate durante le raccomandazioni del dottore, anche se non ero certa gli avrebbe dato ascolto. Nonostante gli fosse stato permesso di tornare a casa, infatti, doveva riposare il più possibile – facendo una o due passeggiate da mezz'ora al giorno. In più avrebbe dovuto mangiare in modo salutare, prendere vitamine e disgustosi integratori di ferro. Poi, ovviamente, aveva un programma di fisioterapia che avrebbe dovuto seguire insieme a Sarah.
-Signora Jones, permette una parola?
-Certo...- borbottai perplessa alla richiesta del dottore, e scoccai una veloce occhiata a Killian. Era preso dalla lettura delle sue carte di dimissioni – ed era probabilmente l'unica persona al mondo che le leggeva – quindi immaginai di avere un po' di tempo.
Raggiunsi quindi l'uomo in fondo alla stanza, indecisa se essere spaventata o meno da tutta quella segretezza: c'era qualcosa di Killian che non aveva voluto condividere davanti a lui? Aveva subito qualche altro danno di cui non mi ero resa conto?
-Signora Jones, so che è stata visitata per il post parto. Come sta?
-Sto bene.- feci, sempre più confusa -Mi hanno detto che è... tutto a posto. Perché?
-Beh... non volevo dirlo davanti a suo marito. Quando ho detto niente sforzi... sarebbe meglio evitare anche i rapporti sessuali per un po'.
-Oh...
-Non è legato allo stato fisico di suo marito. Non solo, almeno. Dopo un lungo stato di coma serve tempo per recuperare tutte le funzionalità e... eventuali disfunzioni, soprattutto di questo genere, psicologicamente possono essere abbastanza traumatiche. Soprattutto per un uomo come lui.
Annuii, anche se piuttosto incerta. Mi stava dicendo che Killian avrebbe potuto non essere in grado di arrivare ad un... rapporto completo? Con quale scusa l'avrei fermato, dato che entrambi non vedevamo l'ora di riavere la nostra intimità? Non aveva tutti i torti, certo: se per caso qualcosa fosse andato storto, l'uomo avrebbe potuto vergognarsi e tormentarsi e ciò non avrebbe portato a nulla di buono, avrebbe solo sofferto e io per lui.
-Swan, ho fatto. Tutto a posto?
-Oh... sì, scusa, arrivo!- mi riscossi, raggiungendolo velocemente seguita dal medico -Grazie di tutto dottore. A presto!
-A presto... e auguri di pronta guarigione signor Jones!
-Vi ringrazio, arrivederci.
Poi non esitò un attimo a prendermi per mano e stamparmi un bacio dopo qualche passo, appena fummo lontani da sguardi indiscreti. Come avrei resistito dal saltargli addosso, era un mistero. O forse non l'avrei fatto: quello del dottore non era che un “se”... ed ero abbastanza certa che un pirata bicentenario e passionale come nessun altro, difficilmente avrebbe potuto avere problemi di quel genere. A dirla tutta, mi sembrava quasi impossibile. Dopotutto, come avevano detto tutti i medici, aveva avuto una ripresa che aveva dell'incredibile. Mio marito non era un uomo qualsiasi.
-Ehi, dobbiamo passare in farmacia prima di tornare a casa... vuoi che ci fermiamo anche a prendere da mangiare?
-Farmacia? Swan, non penserai sul serio che mi voglia imbottire con quelle schifezze? Ho sorriso e annuito da idiota giusto per non discutere. Saremo anche in un altro mondo in cui esistono queste... pillole, ma io non ho intenzione di adattarmi dato che torneremo a casa. D'accordo?
-D'accordo.- mi ritrovai ad accettare, senza discutere.
Che altro potevo dire? Io volevo che si rimettesse completamente il prima possibile, ma non aveva tutti i torti neanche lui. Le pillole per il mal di testa erano diventate una dipendenza per me, e non ero certa che fosse una cosa buona. Tornati nella foresta incantata sarei tornata farne a meno e, fino a che mi fossi riabituata, sarebbe stato sicuramente spiacevole. Non potevo costringerlo a prendere quella roba, che non ne andava della sua vita. Avrebbero potuto aiutarlo a rafforzarsi, ma non era escluso che potesse farcela da solo... come sempre.
Le mie incertezze si offuscarono completamente, quando in risposta al mio assenso mi prese in vita e incollò le labbra alle mie, per un bacio inebriante e intenso. Dio, quanto mi era mancato.
-Sei venuta con quella nave a due ruote di cui mi parlavi?
-Macchina, uomo delle caverne, si chiama macchina... sì, sono venuta con quella- gli sussurrai sulle labbra, ancora aggrappata alle sue spalle -Andremo a prendere da mangiare in un ristorante che ti piacerà e potrai sconvolgerti guardando fuori dal finestrino... e poi a casa dai bambini. Ci stai? Il giro turistico te lo farò fare un altro giorno.
-A me sta bene, splendore. Cosa mi porti a mangiare?
-E' un ristorante con piatti tipici di una terra di questo mondo... è uno dei miei preferiti, vedrai.
-Mhm. Più che di cibo io ho fame di te, però...
-Ancora un po' di pazienza, Capitano...- sussurrai, prima che venissimo colpiti dall'aria fredda invernale – non poi così gelata per noi, abituati a ben peggio. Tuttavia mi strinsi a lui, così, semplicemente perché mi andava di sentirlo vicino. Tra i due non sapevo davvero chi fosse più entusiasta del fatto che stesse tornando a casa.
-Wow Swan... dal vivo queste macchine sono interessanti. Devi insegnarmi a governarle.
-Guidarle. E poi non è così facile... si fanno dei... uhm, delle lezioni. Parecchie. Non penso rimarremo qui abbastanza tempo perché tu prenda la patente.
-Bah, queste diavolerie moderne sono complicate. E sono strane pure le case... rettangolari e alte!
Evitare di ridere fu davvero difficile, il suo approccio con la tecnologia era decisamente più difficile di quanto non lo fosse stato il mio! Ma perché mi sorprendevo? Anche nel nostro mondo trovava bizzarre le ultime “diavolerie moderne”, lo ricordavo bene!
-Domani pomeriggio andiamo in giro, ci sono tante cose strane. La mattina lavoro, dovrai rimanere coi bambini, ok?
-Assolutamente, dolcezza. Ma potresti anche smettere di lavorare, ormai non serve...
-Ancora per un po' magari. Ma non mi va di parlarne ora... benvenuto alla mia “nave”!- esclamai, quando ci trovammo di fronte al mio maggiolino giallo, che avevo imparato ad apprezzare. Era piccolo, ma aveva quattro posti: perfetto per la nostra famiglia.
-Wow. Questa mi piace molto di più di quei marchingegni grigi e scuri qui intorno! Hai gusto!
-Avevi dubbi?- risi -Facciamo così, se quando ti sarai rimesso per bene siamo ancora qui, ti do' qualche lezione per divertirci...
-Ma io sto già bene!
-Sai che non è del tutto vero, non fare i capricci e seguimi! Ora guido io.
Per convincerlo a smetterla gli diedi un bacio a stampo, poi entrai in auto e gli aprii lo sportello e lo osservai entrare curioso. Sì, era decisamente molto più antico di me. Nonostante avessi trovato strambe tutte quelle novità e avessi ancora molto da imparare, avevo iniziato ad adattarmi fin da subito. Ma cosa potevo aspettarmi da un temibile quanto adorabile pirata di 200 anni?
-Adesso devi tirare lo sportello per chiudere. Non troppo forte ma neanche troppo piano.
Mi guardò perplesso e alla fine annuì, facendo come gli avevo detto. Tirò più forte del dovuto ma non fu poi tanto male, dato che la macchina rimase integra. Era buffo guardarlo.
-Ok... adesso ti metto la cintura. Guarda come si fa, così la prossima volta ci pensi da solo.- sorrisi, poi mi allungai al di sopra di lui e, in un attimo, mi ritrovai le sue braccia a stringermi e le labbra a baciarmi con intensità. Resistere fu impossibile, così dimenticai ciò che stavo facendo e ricambiai, prendendogli il viso tra le mani. Per un attimo mi sfiorò il pensiero che fare l'amore in macchina avrebbe potuto essere davvero molto eccitante. Ma eravamo in un luogo pubblico.
-Hook, lasciami concentrare... ti prego...- borbottai sulle sue labbra, e allungai una mano per tirare la cintura e agganciarla. Se non avesse smesso, non sapevo davvero con quale forza sarei riuscita a resistere dal saltargli addosso in quel momento esatto.
-Va bene, principessa. Ma solo fino a che non torniamo a casa.
-Vedremo. Ti ricordo che siamo in una casa “piccola”... e non siamo soli. Diciamo che l'intera casa è grande quanto la nostra camera da letto- e la nostra camera da letto era davvero molto grande, ma non dovevamo condividerla con nessuno: era facile avere un po' di privacy. Ciò non voleva dire che avrei aspettato fino a che non fossimo tornati a casa, però, serviva solo organizzarsi.
-Va bene. Ti lascio concentrare.
-Bene... e non mettere il broncio, su!- esclamai, lasciandogli un ultimo bacio più casto prima di mettere in moto e partire. Usciti sulla strada, lui incollò quasi letteralmente il viso al finestrino, con un paio di esclamazioni di meraviglia... sembrava proprio un bambino! Se non stessi guidando gli avrei fatto una foto con cui ricattarlo in futuro.
-Ma quello cos'è? Una bussola gigante moderna, tipo?
-Si chiama Big Ben, è la torre con la campana e l'orologio della sede del parlamento...
-Parlamento?
-Una specie di... governo. Cioè, hanno anche una regina e il castello... ma le cose sono un po' diverse rispetto al nostro mondo.
-Me n'ero accorto... secondo te si può navigare in questo fiume?
-Sì, ma... è complicato. Non puoi prendere una barca e andare. Ti spiegherò tutto... con calma.
Lui annuì e continuò a guardare fuori curioso, così potei concentrarmi sulla guida, spiegandogli pochi dettagli quando eravamo fermi ai semafori. Anche il traffico lo destabilizzò parecchio, non era abituato a così tante navi o carrozze tutte insieme. Anch'io, dopo quasi un anno, dovevo ammettere di non essermi ancora abituata a quell'affollamento... o meglio, lo ero, ma lo detestavo. Preferivo muovermi in metro quando era possibile, alla fine risultava molto più veloce. Quando ero coi bambini, però, era meglio la macchina.
-Ancora due minuti e ci siamo. Non stiamo proprio in centro, ma la zona è molto carina. E il mio ristorante cinese preferito è proprio davanti casa!
-Ooooh, cinese! Lla popolazione antica di guerrieri? Ci sono anche qui?
-Sì ma... diciamo che ora sono... una popolazione moderna.- spiegai, per imboccare finalmente la nostra stradina. A dir la verità, mi piacevano molto di più queste villette, un po' più simili a quelle del mio regno, piuttosto che gli alti palazzi grigi del centro. In più la zona era tranquilla, i vicini non erano affatto male e i parchi dove portavo Liam e Leia non erano mai troppo affollati. Ashley aveva anche un piccolo giardino, in cui sedersi a prendere aria era molto piacevole.
-Eccoci qua!- indicai il ristorantino, non appena parcheggiata la macchina.
-Ristorante Buddha. Originale.
-Che? Sai leggere il cinese?- esclamai sorpresa: ovviamente c'era anche l'insegna in inglese ma dalla nostra angolazione non si poteva vedere, ne ero certa.
-Non sai quante cose insegnano alla Marina Reale, Swan... so leggerlo e anche scriverlo. Sono praticamente un genio!
-Sì, come no!- risi colpendolo piano sulla spalla, per poi uscire dall'auto ed aprirgli lo sportello. Fece un po' di fatica, un po' perché era piuttosto alto per una macchina così piccola e un po' perché aveva ancora qualche difficoltà nei movimenti. A occhio esterno, però, era quasi impercettibile.
Istintivamente gli presi la mano ed entrammo, e ovviamente la prima cosa che fece fu scrutare l'ambiente. Nonostante i cinesi esistessero anche nella Foresta Incantata, la loro cultura era molto lontana dalla nostra, anche geograficamente. Mulan discendeva da loro, ma la sua famiglia era arrivata da noi da ormai tre generazioni.
-Ha una bella atmosfera questo posto. Non c'è troppa luce, somiglia un po' alle nostre taverne ma è più elegante...
-Una volta possiamo venire a mangiare qui. Ora però ho lasciato sola Ashley coi bambini e...
-Certo, non facciamoli aspettare. Voglio strapazzarmeli per bene!
-Saranno felici di avere il loro papà a casa...- sorrisi, stringendogli forte la mano dato che non era il caso di fare dimostrazioni d'affetto eccessive in pubblico.
-Buongiorno Emma, come stai?- mi salutò il simpatico cameriere che ormai mi conosceva alla perfezione.
-Buongiorno Tian! Bene grazie e tu?
-Benissimo cara. E... ho finalmente il piacere di conoscere tuo marito? È lui?
-Sì! Killian, lui è Tian e mi ha sempre suggerito i migliori piatti... Tian, lui è Killian.
-E' davvero un piacere! È bello vedervi insieme... si vede che Emma è felice, ora.
-Il piacere è mio! Emma è una gran golosa, quindi grazie per averla sopportata...- scherzò, e i due risero di gusto, mentre io mi limitai a scoccargli delle finte occhiate offese.
Non ero solita raccontare i fatti miei al personale di tutti i ristoranti che frequentavo, ma il giovane era un'eccezione. Un paio di mesi dopo il mio arrivo, avevo approfittato della giornata libera per godermi un buon pranzo insieme a Liam. Era stato tutto buonissimo, ovviamente, ma ad un certo punto mi era salita la nausea ed ero dovuta correre in bagno, pregando il giovane di tenere d'occhio mio figlio. Quando ero tornata, probabilmente pallida come un fantasma, Tian si era offerto di prepararmi un infuso di erbe e di riaccompagnarmi a casa. Così, gustando il mio tè alle erbe, per qualche ragione gli avevo raccontato tutto... più o meno. Gli avevo raccontato la storia ufficiale che avevamo costruito con Ashley e gli avevo rivelato di non stare molto bene perché ero stressata per via di mio marito. Da quel giorno, passavo di lì ogni volta che potevo, anche solo per prendere due involtini primavera o un dolce con del tè e chiacchierare col ragazzo, quando aveva tempo.
-Quando smetterete di ridere di me... potresti farmi preparare tre porzioni di involtini e ravioli con la carne... poi maiale in agrodolce, pollo con funghi e bambù e riso al curry? E spaghetti di soia, magari. Lascerei scegliere lui ma siamo un po' di fretta...
-Certo! Accomodatevi dove volete, 15 minuti e vi porto tutto.



-Stai pensando quello che penso io, Swan?
-Credo... di sì. Ma il cibo si raffredda...
-Emma. Non mi importa nulla del cibo in questo momento.
Appena rientrati a casa mi ero recata in salotto per salutare Ashley e i bambini, ma al posto loro avevo trovato un biglietto sul tavolo: “Ho portato i piccoli al parco, se non ci trovi non preoccuparti, torniamo presto”. Ovviamente, Killian era arrivato subito dietro di me per leggere il messaggio.
Ci guardammo per un attimo, indecisi sul da farsi. Quando erano usciti? E quando sarebbero tornati? Avremmo avuto abbastanza tempo per poter godere appieno l'uno dell'altra? E le raccomandazioni del dottore di cui Killian non sapeva nulla?
-Oh, al diavolo!- esclamai, e mi gettai contro di lui con foga, stringendogli i fianchi e catturandogli le labbra in un bacio carico di passione irrefrenabile, che non sapevo come avevo fatto a contenere fino a quel momento.
Al diavolo il dottore, lui non conosceva il mio pirata. E al diavolo il tempismo, eravamo soli in casa e desiderosi di appartenerci dopo tanto tempo.
Killian ricambiò all'istante, spingendomi sul divano per poi posizionarsi a cavalcioni sopra di me e continuare a baciarmi. Amavamo entrambi l'avventura e il rischio, e il fatto che la nostra amica potesse tornare in qualsiasi momento rendeva il tutto decisamente eccitante.
-Ti amo principessa, non sai da quanto aspettavo questo momento...
-Ti amo anch'io Capitano, e vale lo stesso per me...- ansimai sulle sue labbra, stringendogli la vita tra le gambe e liberandolo della giacca in una frazione di secondo. Volevo godere al massimo del suo corpo forte e muscoloso che sapeva stringermi e farmi sentire amata come non mai.
Lasciai che mi tirasse su per potermi liberare anche della mia giacca e lanciarla in disparte, poi lo tirai nuovamente sopra di me e gli morsi un labbro con voracità mentre la sua mano andava ad insinuarsi nella mia maglia.
-Dio, mi piace questo corsetto... ti lascia molto più scoperta. Hai la pelle sempre così morbida...
-Si chiama reggiseno- borbottai, inarcando la schiena a causa delle ondate di piacere e calore che mi provocava ad ogni tocco.
Fu nel momento in cui sbottonai il primo bottone della sua camicia, che sentimmo la porta sbattere e ci tirammo su con la stessa velocità con cui ci eravamo buttati sul divano. Non senza qualche intoppo, però, dato se che non avessi avuto la prontezza di afferrarlo, Killian sarebbe caduto a terra a causa dell'instabilità che non l'aveva ancora abbandonato del tutto.
-Stai bene?- sussurrai preoccupata, mentre cercava di ricomporsi.
-Sì, sì... ma non ci posso credere. Proprio ora...
-Già... oh ciao Ashley!- squittii nervosa, sistemandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie sperando di non essere troppo in disordine. Ormai era troppo tardi per mascherare l'accaduto, però: la ragazza notò subito le due giacche a terra, il nostro affanno e la camicia leggermente sbottonata di Killian.
-Ook... se mi avessi mandato un messaggio avremmo potuto... tardare di un'altra ventina di minuti...- borbottò imbarazzata, mentre Liam era già in corsa verso suo padre.
-S... scusa. Non... avevamo previsto di... beh... abbiamo portato il pranzo. Cinese. Andiamo a preparare la tavola? Anzi, andate voi, io prima cambio i bambini...
-Ci penso io a fare la tavola, andate pure entrambi coi bambini- offrì, per poi dirigersi in cucina ancora un po' imbarazzata. Io risi sotto i baffi, mentre Killian mi guardò con disappunto: aveva ragione, ci era mancato davvero poco... un quarto d'ora in più e saremmo stati felici e appagati. Comunque decidemmo di accettare l'offerta e spinsi la carrozzina di Leia verso la cameretta, lasciando che Killian e Liam mi seguissero. Saremmo stati un po' stretti, probabilmente, ma non mi importava: l'importante era stare insieme. In più, con un marito che recuperava le forze così velocemente, era abbastanza probabile che tra meno di un mese saremmo partiti alla ricerca di tutti gli altri – a patto di riuscire a scoprire qualcosa, ovviamente. Per i giorni a venire, però, mi sarei goduta la mia famiglia e avrei lavorato ancora per un po', in modo che potessimo permetterci eventuali viaggi. In più non avrei dovuto chiedere a Grace di fare da babysitter.
-Eccoci qua... questa è la cameretta dei bambini. La notte ci dorme solo Liam per stare tranquillo... io dormo con Leia perché si sveglia ogni 3 ore... sempre meglio di due.
-Carina... non sarà quella del palazzo, ma...- borbottò, guardandosi intorno curioso e sfiorando la giostrina con gli unicorni appesa sopra la culla di Leia. Sorrisi, avevo immaginato che gli sarebbe piaciuta: ne aveva scelta una simile tra le mie vecchie cose, tempo fa, perché la appendessimo sulla culla di Liam. Per questo, quando l'avevo vista in negozio, non avevo resistito.
-Come ci sistemeremo, ora?
-Tu dormirai con me. Leia e Liam... beh, dovranno dividere la stanza per un po'. Non siamo in un castello con decine di camere, come vedi...
-Sì. Però mi piace, sai, anche se è piccola. È accogliente. Se tu non fossi stata una principessa, probabilmente avremmo vissuto in un posto del genere...- rifletté, chinandosi per prendere in braccio sua figlia. In quel momento, tuttavia, notai la sua smorfia di dolore, anche se decisi di far finta di nulla. Cosa potevo fare? Si sarebbe offeso se gli avessi detto di lasciarla e riposare, lui era così. Per fortuna, almeno, la nostra piccola era leggera.
-Dai, smetti di viziarla e poggiala qui, così ti faccio vedere come cambiarla. I pannolini di questo mondo sono un po' diversi...
-Pannini!- ripeté Liam, facendo ridere entrambi.
Sì, sarebbe decisamente stato tutto molto più bello, ora. Liam era grande e sicuramente aveva notato subito il cambiamento di clima, col ritorno di suo padre. Eppure sembrava che anche Leia, in qualche modo, percepisse che le cose fossero migliorate.
Con questo stato d'animo, forse, sarebbe stato più facile condurre le ricerche.


 

***


KILLIAN POV

-Killian, perché non la smetti di tormentarti e ti godi il film? Sei umano anche tu, non sei indistruttibile. Vedrai che con un po' di pazienza andrà tutto bene... e se te lo stai chiedendo, sei di aiuto ad Emma eccome. Credimi.
-Wow, tesoro, sei brava a leggere nella testa di un pirata...- borbottai, voltandomi a guardarla.
Aveva ragione, ero frustrato. La frustrazione non mi aveva lasciato dormire, così mi ero limitato a guardare Emma, per avere almeno un po' di pace. Aveva finto per me, la sera prima. Cambiare i pannolini e perfino stare seduto a tavola a cenare era stato particolarmente faticoso per me, e lei se n'era accorta. Mi aveva perfino aiutato a salire le scale, vedendomi instabile, fingendo che fossi io a dover aiutare lei, che a detta sua aveva bevuto un po' troppo e non si reggeva in piedi. Che fosse stanca pure lei era chiaro, ma non così tanto: in più, un bicchiere di vino era niente per lei, lo sapevo bene. Ormai riusciva quasi a tenermi testa, quando si trattava di alcol, e sapevo che non poteva aver regredito durante quei mesi. E poi mi conosceva, mi conosceva perfino meglio di quanto mi conoscessi io stesso, e sapeva quanto odiassi sentirmi debole e impotente. Così, dopo cena aveva annunciato di essere stanchissima per non mettermi in situazioni spiacevoli e dopo aver cambiato i bambini ci eravamo messi a letto. Baci, coccole e carezze non erano mancati, certo, ma era finita lì. Quando avevo tentato – invano – di sbottonarle la camicia da notte, aveva sorriso dicendo che ci sarebbe stato tempo quando entrambi fossimo stati in forze.
Grazie alla mancanza di sonno, almeno, le avevo evitato di alzarsi per Leia e l'avevo fatto io tutte e tre le volte. Era stato bello vederla felice tra le mie braccia a stringere il biberon tra le manine.
-Non ci vuole poi tanto... la tua faccia parla da sola!
-Sto seguendo. Peter Pan che spia i bambini dalla finestra è inquietante...
-Già, lo so... Emma mi ha raccontato com'è davvero. Dai, smetti di deprimerti che adesso compari tu, tieniti pronto!- ridacchiò.
Alzai le sopracciglia confuso e tornai a rivolgere l'attenzione al film, che mi aveva spiegato si trattasse di “animazione”, con disegni invece che persone reali. Dovetti ammettere che la nave era resa piuttosto bene ed individuai subito anche Smee. Il tipo vestito in rosso che si atteggiava da capitano, tuttavia, non mi piaceva: un buffone del genere l'avrei dato subito in pasto ai coccodrilli. E poi era troppo maleducato per essere un pirata di tutto rispetto.
-Beh, che dici? Ti piaci?- ridacchiò ancora la giovane.
-Non mi sono ancora visto. Smee è identico, però...
-Killian... Capitan Uncino è quello in rosso. Coi capelli lunghi e i baffi...- borbottò, prima di scoppiare in una fragorosa risata mentre io, invece, rimanevo impietrito. Notai solo in quel momento l'uncino, praticamente l'unica cosa che avevamo in comune. Come diavolo avevano potuto rappresentarmi in quel modo?! Quel tizio non mi somigliava neanche lontanamente, non poteva essere me! Mi rifiutavo di crederci, anche se le risate incontrollate di Ashley lasciavano pochi dubbi.
-No, dai...- borbottai, mentre le orecchie quasi mi sanguinavano al suono della voce di quell'essere che si spacciava per me.
-Emma mi aveva detto che ti sarebbe piaciuto! Dai, una parrucca e un paio di baffoni... un completo rosso, e siete identici!
-Meriteresti la passerella per ciò che hai appena detto, tienilo a mente!- mi lamentai, incrociando le braccia al petto ancora incredulo. Quindi in quella storia io ero il cattivo, e quel buffone di Pan era un caro ragazzino che si divertiva coi bambini?! Doveva essere stato lui stesso a far arrivare quella versione della storia, non esisteva altra spiegazione.
-Oh, avanti... finiamo di vederlo? È divertente! A Liam piace. Se farai il bravo non dirò a Emma che hai mal di schiena. Sai che ti costringerebbe a prendere le medicine.
-Sei diabolica, ragazzina. Anche se devo ammettere che avresti la stoffa per essere un pirata... Beh vediamolo. Tanto i bambini dormono e non è che abbia molto altro da fare... e a questo punto sono curioso di vedere come va a finire.
-Bravo, questo è lo spirito! Visto che oggi non lavoro, poi possiamo portarli a fare una passeggiata e prepariamo il pranzo per Emma, ok?
-Affare fatto, Milady.- mi arresi, alzando gli occhi al cielo per poi tornare a poggiarmi comodamente contro lo schienale. Forse, se per una mattina mi fossi limitato a riposare, mangiare, vedere un film e fare una passeggiata coi miei figli, non sarebbe stata una tragedia.


 

Isola di Talebrooke, Mare del Nord, Whistable

-Mulan? Aurora? August!
-Philip! Charles?! Oh mio dio, sei cresciuto ancora!
I due gruppi si corsero incontro increduli, ma i più veloci furono Philip e Aurora, che si rifugiarono immediatamente l'uno tra le braccia dell'altra. Charles, tuttavia, non riuscì a fare a meno di chiedersi dove fossero gli altri due uomini che erano stati mandati insieme al gruppo, ed ebbe immediatamente un cattivo presentimento.
-Cosa ci fate voi due qui? Rumple ha già mandato altra gente? E solo in due?- domandò August, squadrando il non più bambino che sembrava crescere a vista d'occhio: avrebbe giurato che fosse più alto di almeno un centimetro, rispetto a cinque giorni prima, quando l'aveva visto l'ultima volta prima di partire.
-No, siamo riusciti a scappare. Per cercare voi e Emma.- spiegò il giovane -Ma voi... che ci fate accampati a pochi chilometri dalla barriera?
-Eravamo arrivati al mare- intervenne Mulan -Ma a quanto pare il caro Rumplestiltskin non conosce bene la sua stessa maledizione. C'è un'altra barriera... a un miglio di distanza. Avevamo costruito una barca e ci siamo finiti contro... abbiamo perso Percival e Hector...
Silenzio. E allora, dov'erano tutti i gruppi che erano stati mandati fuori precedentemente? Non potevano essere tutti morti, pensò Charles... oppure sì? Non voleva neanche pensarci.
-Quindi... non c'è modo di andarcene?- fece Aurora, con voce tremante -Siamo intrappolati qui nel mezzo?
-C'è. La magia. Mulan ha avuto un'idea... ma io credo di averne avuta una migliore!
-E sarebbe?
-Ragazzino, anche tu sei il frutto del vero amore come tua sorella! E lei ha la magia, anche se non sa usarla a comando. E tu... penso che anche tu dovresti avere qualche potere.
-Sei un genio!- esclamò Philip -Charlie, August ha ragione. Dovremo capire come muoverci ovviamente ma... vale la pena tentare.
-Io... la magia?- borbottò il giovane incerto, non riuscendo a seguire a dovere quella conversazione. Sapeva della magia di Emma, aveva letto la sua storia sul libro magico che avevano in casa, quello per il quale sua sorella aveva quasi rischiato la vita ormai tre anni prima. E allora gli venne un'illuminazione: se davvero avesse avuto qualche potere, allora proprio quel libro era la risposta. I suoi genitori gli avevano spiegato le sue infinite proprietà, tra cui quella di rispondere a un quesito a qualsiasi cuore puro l'avesse consultato. E lui aveva vissuto troppo poco per poter infangare il suo.
Per fortuna, aveva avuto il buon senso di portare quel libro con sé.















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! :) Ecco arrivato anche questo capitolo, diciamo di passaggio. Killian è stato dimesso con qualche raccomandazione ma sta bene ed ha già iniziato a stupirsi delle stranezze di quel mondo in cui sono stati catapultati xD Ovviamente, trovando casa libera i due non hanno resistito... Emma per il momento sembra aver deciso di fregarsene delle raccomandazioni ma la loro reunion è stata rovinata lo stesso LOL Oltre ai momenti d'intimità, ho voluto dedicare una parte "tranquilla" tra Killian e Ashley per iniziare a capire il suo stato d'animo. Nonostante stia meglio si sente impotente e frustrato, perché anche le attività più semplici lo sfiancano... tanto da non riuscire neanche a fare l'amore con sua moglie, una volta a letto da soli. Nel prossimo capitolo si noterà ancora di più... ma ho intenzione di movimentare le cose abbastanza presto, non rimarranno ancora a lungo con le mani in mano. Anche il loro gruppo di amici si è ritrovato e grazie al fratello di Emma potrebbero riuscire presto a trovare una soluzione... anche perché l'isola si trova in mare a qualche chilometro da Whistable, una cittadina non molto lontana.
Grazie come sempre a tutti e buon OUAT Day! Dopo certe cose che mi sono spoilerata (non dico niente ma si muore *_*) , non vedo l'ora di vedere la nuova puntata! Adoro la Evil Queen, ma sono anche molto curiosa di conoscere meglio Aladdin e Jasmine!
Alla prossima, (prima con l'altra ff e poi di nuovo questa), un abbraccio :*

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Capitolo 12
*** Frustration, doubts and uncertainties ***


Frustration, doubts and uncertainties









EMMA POV

-Ok Swan, questo metro è davvero una cosa strana!- esclamò Killian, una volta fuori dalla stazione di Westminster. Avevo deciso di fargli fare un classico giro a vedere il Big Ben e la ruota panoramica, per poi passeggiare al parco di St. James, fino ad arrivare al palazzo della Regina. Ci sarebbe voluta più della mezz'ora consigliata dal dottore, ma se l'avessi visto stanco avrei trovato una scusa per fare una pausa. Nei parchi, le panchine non mancavano di certo.
-La metro, al femminile. Il metro è... per misurare. Tipo le miglia, ma lascia perdere...- tagliai corto, sapendo che se mi fossi messa a spiegargli tutto ci avrei impiegato ore. Quel pomeriggio volevo dedicarlo soltanto a lui, avevamo davvero bisogno di una passeggiata tranquilla da soli. Quando ero tornata da lavoro, lui e Ashley avevano già dato da mangiare ai bambini e avevano preparato il pranzo, poi avevamo riso delle impressioni del pirata sul film di Peter Pan. Tuttavia, quando mi ero ritrovata cinque minuti da sola con Ashley, questa mi aveva spiegato di quanto l'avesse trovato frustrato. Avevo sospettato che sarebbe successo, nonostante avessi fatto tutto il possibile per non fargli pesare le sue condizioni, e mi dispiaceva da morire. Così, avevo deciso che un paio d'ore all'aria aperta sarebbero state l'ideale per tirarlo su, soprattutto con l'allegra atmosfera natalizia che aleggiava sull'intera città da ormai un mese.
-Alza la testa, forza.
-Eh? Oh! La bussola gigante!- esclamò, realizzando fossimo sotto la grande torre con l'orologio che aveva intravisto dall'auto. Dal canto mio, non riuscii a non farmi scappare una risata: sospettavo non avrebbe mai smesso di chiamarla “bussola gigante”.
-Ci facciamo una foto? Quelle immagini che ti ho mostrato come fare col cellulare...- proposi, tirando il mio fuori dalla tasca. In ospedale avevo evitato di fargliene, ma sarebbe stato carino avere un po' di ricordi da stampare e portare a casa, per appenderli in camera con delle cornici.
-Va bene...- borbottò un po' perplesso, ma non tardò a ricambiare la mia stretta e premere la guancia contro la mia, mentre guardava stranito i nostri volti sullo schermo.
-Fai un bel sorriso però, quest'espressione da ebete non si addice a un pirata!
-Scusate vostra altezza- esclamò, per aprirsi in uno dei suoi bellissimi sorrisi mentre scattavo. La foto fu perfetta, così la impostai subito come sfondo.
-Beh, tra le varie diavolerie moderne, questa non mi dispiace!- disse, per poi stamparmi un bacio sulle labbra senza preavviso. La confusione però durò poco, poi ricambiai senza la minima esitazione, stringendolo forte per sentirlo il più vicino possibile. E perché faceva freddo.
-Vieni, andiamo fino al ponte... ti faccio vedere una cosa. Poi torniamo indietro e passiamo per un parco che arriva al palazzo della regina, che dici?
-D'accordo, sono curioso di vedere come sono qui i castelli.
-Niente a che fare coi nostri... ma penso potresti apprezzare, a me piace molto!
-Si può entrare?
-Mmh al momento no.
-Anche se siamo dei reali?
-Hook, per questo mondo noi siamo due persone normalissime... se andassimo in giro a dire che siamo principi, principesse e pirati ci prenderebbero per matti e non ci crederebbe nessuno, te l'ho spiegato.
-D'accordo, d'accordo. Che gente di malafede, non mi piace...- borbottò, cingendomi le spalle per riprendere il cammino. Io mi limitai a sorridere sotto i baffi, non riuscivo a farci niente: il suo approccio con questo nuovo mondo era davvero troppo buffo! In mare aperto e sulle isole deserte era completamente a proprio agio e aveva preso confidenza perfino con la vita a palazzo – anche se non ci avevamo mai trascorso troppo tempo. Qui, invece, era come un pesce fuor d'acqua.
-Hook, fermo!- esclamai afferrandolo per il braccio, vedendolo avanzare nonostante il semaforo rosso. Quello fece un salto e si voltò a guardarmi con un cipiglio confuso, mentre io non sapevo se ridere o tirare un sospiro di sollievo per essere riuscita ad evitare di farlo investire.
-Scusa, è colpa mia- feci, scuotendo la testa -Qui si può attraversare quando per noi c'è la luce verde. Se è rosso vuol dire che dobbiamo aspettare.
-Bastava dirlo subito, non voglio farci uccidere...- protestò, incrociando le braccia al petto offeso.
-Hai ragione, scusa! Però rimettiti come prima che ho freddo, dai!- tagliai corto, tirandogli il braccio per rimetterlo attorno alle spalle e stringermi a lui. Non mi vestivo pesante perché lo trovavo scomodo, ma non ero una grande amante delle temperature troppo basse. Mi piacevano quando eravamo al chiuso, a scaldarci a vicenda davanti ad un bel fuoco acceso o solo coi nostri corpi.
Quando scattò il verde attraversammo insieme alla folla per poi ritrovarci sul ponte, fortunatamente non troppo affollato dai turisti.
-La vedi quella?
-Quella strana ruota gigante?
-Esatto. Ci si può salire, sai. Godersi il panorama dall'alto... ho sempre voluto andarci, da quando Ashley mi ha spiegato come funziona. Magari una sera mentre siamo ancora qui, potremmo salirci insieme... se ti va.
-Ma certo, Principessa. Tutto ciò che desiderate...- fece teatrale, con un sorriso sghembo -E comunque mi sembra una grande idea, anche al più temibile pirata dei sette mari piacciono le belle viste.
-Mah, temibile non lo so... io direi un cucciolo di pirata, piuttosto...- borbottai, per poi iniziare a correre ridendo, data la sua espressione minacciosa.
Tuttavia mi sentii afferrare da dietro prima ancora di arrivare a metà del ponte, ma quando la presa scivolò mi costrinsi a voltarmi a guardare. Era piegato, con una mano sulla schiena e l'espressione dolorante, e quasi mi mancò il respiro.
-Killian... dove ti fa male? Mi dispiace, è tutta colpa mia...- sussurrai mortificata, avvicinandomi per cercare di massaggiargli il punto in cui si teneva. Se gli fosse successo qualcosa di brutto per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato.
-Swan, smettila, non è colpa tua.- tagliò corto, rizzandosi in un attimo -Sto bene. Sono un po' arrugginito temo, ma passerà.
-Torniamo a casa? Forse è meglio se ti riposi, per oggi hai camminato fin troppo...
-Non voglio tornare a casa! Sono stufo di stare chiuso e bloccato in un letto!
Non rimasi paralizzata perché non l'avevo mai sentito urlare, ma perché non aveva mai urlato in questo modo a me. Non aveva mai perso la pazienza con me. E probabilmente se ne accorse, dato che si contrasse in una smorfia mortificata.
-Oh dio, scusami. Scusa tesoro...- sussurrò, prendendomi le mani mentre io continuavo a guardarlo. Non ero spaventata. Non ero arrabbiata. Solo, mi dispiaceva per lui: stavo male da morire al pensiero che fosse tanto frustrato da perdere il controllo. Così decisi di non fare niente e lo abbracciai, abbracciai forte il mio bellissimo pirata, l'uomo che mi aveva insegnato cosa fosse l'amore e senza il quale non ero più in grado di vivere.
-Non ti preoccupare. Se te la senti andiamo dove ti dicevo. Mi piacciono i parchi qui. Nel primo che attraversiamo c'è anche un laghetto coi cigni...
-Me la sento. Penso che più movimento faccio e meglio è.
-Vuoi riconsiderare di prendere le medicine?
-Neanche per idea!- esclamò, prendendomi i fianchi -L'unica medicina che mi serve ce l'ho qui davanti. Una parte. L'altra parte è a casa.
E poi mi baciò in una maniera così dolce e appassionata contemporaneamente, che mi sciolsi e ricambiai, dimenticando di cosa stessi parlando. I suoi baci mi erano mancati così tanto che non ne avrei mai avuto abbastanza, probabilmente. Solo la paura che qualcosa andasse storto e lui si sentisse peggio, mi fermava dal trascinarlo da qualche parte e farlo mio in quello stesso istante.
-Va bene, basta, stiamo dando spettacolo- lo interruppi allontanandomi leggermente, anche se a malincuore -Andiamo, la passeggiata è lunga ed è il caso di tornare entro le sette, i bambini mangiano a quell'ora...
-D'accordo, andiamo. Magari domani usciamo con loro da qualche parte? Mi dicevi di quella bella fiera natalizia dove ti ha portato Ashley.
-Sì, certo! A Liam è piaciuta tanto! Di mattina però, il pomeriggio lavoro...
-Devi proprio? Insomma Swan, dobbiamo trovare un modo per tornare a casa... perché perdere tempo!
-Perché voglio anche ripagare Ashley del suo aiuto. Le bollette non si pagano da sole.
-Le che?
-Lascia perdere, andiamo!- esclamai ridendo e stampandogli un piccolo bacio sulle labbra. Ci sarebbe stato da divertirsi con tutte le stramberie che avrebbe trovato in giro.

 

***


KILLIAN POV

Avremmo potuto trascorrere delle bellissime giornate, nonostante il ritardo nelle ricerche. In quella città festeggiavano il Natale in ogni angolo e avevo anche dovuto ammettere che la regina avesse un palazzo per niente male, nonostante la grande differenza rispetto al nostro. Era un vero peccato che Emma non avesse voluto permettermi di entrare a dare un'occhiata e magari recuperare qualcosina come ricordo, ma a sua detta mi avrebbero arrestato ancora prima che sfiorassi il portone d'ingresso. Io ne dubitavo altamente, ma avevo preferito non litigare con lei, così mi ero accontentato di guardare da fuori. La sera eravamo usciti tutti insieme a mangiare in un ristorante del centro, e si erano uniti a noi anche Jefferson e sua figlia: fortunatamente non c'era stato alcun rancore, nonostante il piccolo scontro in passato tra me e l'uomo. A parte l'indignazione delle donne, certo.
Dal giorno successivo, però, la situazione era degenerata: erano già tre giorni che Emma faceva i doppi turni per coprire una ragazza ammalata, usciva dopo pranzo e tornava a casa poco prima della mezzanotte. Avevamo potuto trascorrere insieme solo le mattine: entrambe le sere era tornata a casa troppo stanca per fare qualsiasi cosa. O almeno così aveva detto a me, dato che mi aveva fermato ogni volta che provavo a toccarla. Era assurdo.
Per essere un buon marito, però, avevo passato quei giorni a occuparmi dei bambini e provare a fare qualche ricerca insieme ad Ashley, Jefferson e Grace. Amavo i miei figli ed era una gioia poter passare il tempo con loro, ma avrei voluto che ci fosse anche Emma. Le ero mancato così tanto, che era sempre troppo stanca perfino per fare l'amore con me? Eppure quella mattina Ashley era stata al lavoro e Grace aveva portato i bambini a fare una passeggiata. Avevamo avuto due preziose ore da soli, invece se n'era uscita con la scusa che le prudeva la gola e non voleva rischiare di attaccarmi eventuali virus.
L'avevo coccolata, le avevo preparato il tè – pur bruciandomi un paio di volte per scaldare l'acqua – e le avevo fatto un massaggio. Mi aveva fatto piacere, ovviamente, solo che l'idea che fosse tutta una scusa non riusciva ad abbandonarmi. Cosa era cambiato? Perché non mi voleva? Quando era andata a cambiarsi per andare a lavoro l'avevo seguita in camera cercando di tirare fuori l'argomento, ma lei si era limitata a liquidarmi con un “Non dire sciocchezze. Ne riparliamo dopo o faccio tardi.” Tuttavia, non ero sicuro si trattasse di sciocchezze. Non ero mai stato una persona paranoica ed ero abbastanza certo di non esserlo neanche adesso.
E allora mi decisi: non potevo aspettare che tornasse, mancavano più di due ore e sarei scoppiato. Un paio di bicchierini di rum, e poi sarei andato a trovarla al lavoro: ero certo che cinque minuti da dedicarmi li avrebbe trovati, se avesse voluto.
-Ashley, ti dispiace se esco?- domandai quindi alla ragazza, immersa nella visione di uno strano programma con gente che cantava. Non sapevo dire bene cosa fosse, dopo dieci minuti la mia attenzione era andata a farsi benedire.
-Esci? A quest'ora? E dove vai?
-Voglio andare a bere qualcosa... poi prendo Emma da lavoro.
-Sai come arrivarci? Sennò ti chiamo un taxi...- borbottò dubbiosa, squadrandomi.
-Mmh sarebbe?
-Una macchina con conducente.
-Aaaah. Sì, va bene, magari. Non ho ben capito come funziona la metro.
-Perché non avevo dubbi?- ridacchiò -Vestiti e poi chiamo e ti do' i soldi.
-No, grazie tesoro, Emma me ne ha lasciati. I bambini dovrebbero dormire fino a che non torniamo, gli scorsi due giorni è stato così...
-Non ti preoccupare, se si svegliano ci penso io. Tu non bere troppo e fa' il bravo, Emma è molto stressata in questi giorni.
-Ti ricordo che sono un pirata di 200 anni, ragazzina, lo reggo l'alcol!

 

Al quinto giro di rum, avevo capito che avrei avuto bisogno di un po' di tempo per abituarmi a bere come una volta. Eppure, invece di smettere, avevo continuato fino a svuotare la bottiglia.
Nonostante dovessi camminare lentamente per non perdere l'equilibrio, tuttavia, ero lucido: forse un po' troppo lucido. Ora riuscivo a vedere tutto con chiarezza, il rum mi aveva aiutato a sciogliere quelli che avevo trasformato in dubbi per sentirmi meglio: Emma mi aveva evitato, e non era stato solo frutto della mia immaginazione. Molte cose erano cambiate, avevamo una famiglia allargata ed eravamo temporaneamente ospiti da una ragazza di un altro mondo, ma se fossimo stati sempre noi, avremmo trovato il modo di avere l'intimità che avevamo bisogno di ritrovare. O che almeno io, avevo bisogno di ritrovare. Lei? Non sapevo più dirlo. Lei era cambiata, a quanto pare, non mi sembrava più la principessa ribelle che avevo conosciuto e di cui mi ero innamorato. Quella principessa che si era innamorata di un pirata, diventando lei stessa, in parte, un pirata.
Che fosse cresciuta non c'erano dubbi, ed era giusto che fosse così: non era più la venticinquenne che avevo conosciuto, ora aveva 28 anni, due figli e un marito che era stato in coma per quasi un anno. Il problema era che forse ero stato lontano da lei così a lungo, che aveva dimenticato come si facesse a condividere il peso sulle spalle: lo faceva da sola. Faceva tutto da sola e non lasciava che le dessi una mano, per quanto ci provassi.
Dopo essermi scolato l'ultima goccia della mia bottiglia, mi alzai e mi decisi di uscire dal locale per dirigermi verso quello di fronte, dove lavorava la mia Emma. L'avrei affrontata e le avrei fatto capire che ero lo stesso uomo di prima, che di me poteva fidarsi. Che con me poteva condividere tutto, come aveva sempre fatto.
Una volta dentro mi ci volle un attimo ad individuarla: nonostante quella strana gonna nera che indossava sotto il grembiule bianco, era inconfondibile. Tuttavia, non mi piacque la scena che mi si presentò davanti. Non mi piacque affatto.
Era china ad un tavolo col suo vassoio e due uomini la guardavano con brama, mentre lei sorrideva. Conoscevo ogni sfumatura del suo sorriso, e quello non era sincero neanche lontanamente: avrei tranquillamente messo la mia unica mano sul fuoco. Aveva fatto questo per tutti quei mesi, per prendersi cura di me e dei nostri figli? Aveva lasciato che quelle bestie la guardassero – e speravo si fossero limitate a quello – come se fosse un pezzo di carne?
-Ehi amico. Occhi sul piatto, se non ti dispiace. Ma anche se ti dispiace.- lo minacciai, accorrendo in soccorso alla mia splendida principessa. Non avrei lasciato che nessuno le mancasse di rispetto, anche se si trattava solo di sguardi.
-Killian?! Che diavolo ci fai tu qui?!- esclamò lei, spalancando gli occhi nel vedermi.
-Dolcezza, è uno stalker che ti importuna? Posso sbarazzarmi io di lui per te.- ammiccò il biondo, alzandosi in piedi per fronteggiarmi scaltro.
-Non ti permetterò di chiamare “dolcezza” mia moglie. Scusati con la signora se vuoi svegliarti con tutti i denti.
-Tua moglie? Io la fede al suo dito non la vedo, magari non è tanto contenta di essere tua moglie.
-Killian, fermati!- esclamò Emma afferrandomi per un braccio, un istante prima che potessi colpire con un gancio destro quello sbruffone.
-Mi scusi signore- continuò poi, continuando a trattenermi -Mi dispiace davvero. Sistemo la questione e per scusarmi le porto un'altra birra a mie spese.
Prima che potessi controbattere, mi trascinò per il braccio fuori dal locale, per poi darmi un doloroso schiaffo sulla guancia. Allora avevo ragione! Non era più la mia Emma: la mia Emma, un tempo, avrebbe sfigurato quell'uomo che aveva osato fin troppo, non se la sarebbe presa con me.
-E' così, Swan? Ora te la fai con gli altri?
Un altro schiaffo. E io scoppiai a ridere.
-Sei cretino, Hook?! Cosa cazzo ti salta in mente! Non puoi venire ad aggredire i miei clienti!
-Oh, ora capisco. Non sono clienti della locanda, sono tuoi... clienti.
E lo schiaffo, questa volta, fu ancora più doloroso.
-Non ti rompo il naso solo perché sei ubriaco! Smettila di dire sciocchezze, ora ti chiamo un taxi e ti faccio riportare a casa. Perché sei venuto qui in questo stato?!
Risi ancora, prendendola saldamente per i polsi e guardandola negli occhi. Come poteva chiedermelo? Non ci arrivava proprio da sola?
-Sai Swan, è da quando sono qui che mi chiedo se mi sto immaginando le cose o se tu non mi desideri più! Un tempo ti piaceva fare l'amore con me. Ti piaceva farti baciare, farti amare fino a non avere più fiato... e poi farti stringere in un abbraccio fino al mattino, quando mi svegliavi con un bacio. Da quando sono tornato a casa, invece, non fai che evitarmi! Ti nascondi continuamente dietro a delle sciocche scuse, e io sono stato tanto stupido da crederti.
-Killian, ti prego, mi fai male... lasciami e ne parleremo poi a casa, te lo prometto...- sussurrò, ma i sentimenti repressi che si erano trasformati in una belva non mi permisero di esitare, nonostante le lacrime che stavano riempiendo i suoi occhi.
Così, mentre lei indietreggiava e cercava di liberare i polsi, continuai.
-Abbi almeno il coraggio di ammetterlo, Swan! Abbi il coraggio di ammettere che non mi vuoi più! Mi ferirai? Sì! Ma credimi se ti dico che questa tua indifferenza mi ferisce molto di più, questa tua messa in scena... dillo che non mi ami più! Dillo che ti prendi cura di me solo perché sono il padre dei tuoi figli e perché ti dispiace per ciò che ho passato! Dillo e ti libererò della mia presenza!- urlai, e fu in quel momento che gridò anche lei, ma non per il mio stesso motivo.
Non mi ero reso conto che fossimo arrivati ad un palo di cemento, e che lei, per allontanarsi da me, era andata a sbattere con la guancia direttamente su una sporgenza appuntita.
Non so se fu il sangue, il dolore nei suoi occhi o la paura, a farmi mollare la presa e rimanere impalato a guardarla, come risvegliatomi da uno stato di trance.
Neanche mi opposi quando una figura mi spinse da parte, e prese le mani di una Emma terrorizzata come non avevo mai visto.
Per colpa mia.
Poi, le voci mi giunsero come un eco.
-Emma! Ti ha fatto male? Vuoi che chiami la polizia?
-No, no, Albert... lui è... è mio marito. Lui non... non è in sé... lui...
-Va bene, va bene... stiamo tutti calmi adesso. Vieni, ti disinfetto e poi... poi puoi staccare, non è troppo pieno stasera, ce la caviamo io e Jane.
-No... no, è solo un graffio.
E poi, quando la ragazza avanzò per raggiungermi, pian piano sentii il mondo tornare sotto i miei piedi e il senso di colpa mi colpì in pieno volto, come un potente schiaffo.
La mia Emma aveva un lungo taglio sulla guancia, ed era stata colpa mia. Mai, mai nella mia vita avevo fatto del male a una donna, a lei ancor meno, e adesso si era ferita per colpa mia.
-Oh dio, Emma... tesoro, mi dispiace...
-Lo so! Lo so che ti dispiace. Io non so cosa cazzo ti è preso questa sera...- singhiozzò -Ma io ti amo. Se mi sono trattenuta è perché me l'ha consigliato il dottore. All'inizio volevo ignorarlo ma poi ho visto quanto effettivamente sei instabile, e ho pensato che se qualcosa fosse andato storto avresti potuto rimanerci male... e già stavi male. Io lo vedo che sei frustrato, non volevo peggiorare le cose. Ma mai- continuò, ora con voce ferma -Non provare mai più a mettere in dubbio ciò che provo per te. Un graffio non è niente, sono stata incauta io e... è solo un graffio. Ma questo mi ferisce. Come una lama. Quindi ora ti prego, prendi un taxi e torna a casa. Io devo finire il mio turno. Se vuoi che ti perdoni, vattene a casa a dormire perché è di questo che hai bisogno. E puzzi, quindi evita di avvicinarti in questo stato ai bambini. Lavati e poi subito a letto. Parleremo domani quando sarai più lucido. Sono stata chiara?!
Annuii, incapace perfino di parlare per la vergogna. Provai ad allungare la mano per asciugare il sangue che le colava lungo la guancia, ma lei me la allontanò e mi voltò le spalle.
-Albert, ti dispiacerebbe chiamargli un taxi che lo porti a casa? Tieni 20 sterline, questo coglione potrebbe aver speso tutto in rum, conoscendolo.

 

23 Dicembre, oltre la barriera di Talebrooke

Erano passati tre giorni da quando il gruppo formato da Charles, Philip, Aurora, Mulan e August si era riunito per cercare una soluzione per lasciare quell'isola e andare a recuperare Emma. Non sapevano se Hook fosse sopravvissuto, ma lei e Liam dovevano essere da qualche parte, e loro dovevano trovarli.
Tutti avevano passato le giornate in perlustrazione per trovare eventuali altri dispersi e a costruire un'imbarcazione più potente. Charles, invece, se non per mangiare e dormire non faceva che sfogliare e contemplare il libro magico. A quanto pare, toccarlo e porgli una domanda non bastava per ricevere la risposta. O forse, più semplicemente, non aveva il cuore puro come pensava. Forse l'aveva macchiato senza neanche sapere come.
Continuava a leggere e rileggere le storie, c'era anche quella di sua sorella e Hook, ma tutto si fermava al momento della maledizione. Dopo, solo pagine bianche. La cosa era frustrante, perché quel maledetto libro avrebbe potuto essere la loro unica possibilità.
-Ragazzino, di questo passo dovrai mettere gli occhiali ancor prima di compiere tre anni!
-Mulan!- esclamò, spaventato dalla ragazza che l'aveva colto alla sprovvista, sedendosi accanto a lui con due tazze fumanti.
-Tieni. È un infuso caldo alle erbe col limone. Ti scalderà.
-Grazie...- borbottò, afferrandone una e mandando subito giù un sorso. Si sentì immediatamente meglio, gli ci voleva proprio: non si era neanche accorto di avere le unghie blu per il freddo.
-E' quasi Natale...- mormorò poi -E sarà un natale di merda. Siamo tutti separati... e magari entro due giorni saremo morti, chi lo sa.
-Ehi! I bambini non dovrebbero dire le parolacce.
-Come vedi non sono un bambino, non più!
-Sì. Ma prima crescevi a vista d'occhio. Invece in questi tre giorni non sei cambiato di una virgola, te ne sei accorto?
-Cosa?
-Ah, ragazzino... tua sorella è più sveglia!
Charles ci rimase male e corrugò la fronte, ma decise di non rispondere e bevve un altro sorso del suo infuso. Non ci aveva fatto caso, a dire il vero, era stato troppo occupato a pensare a quello stupido libro. Quindi, oltre la barriera, la maledizione non aveva più effetto... almeno non del tutto, dato che aveva mantenuto le sembianze di un ventenne, non era tornato bambino. Ma fuori dai confini dell'isola, cosa sarebbe successo? Se l'era chiesto più volte, ma non aveva la minima idea di quale potesse essere la risposta.
Poi, prima che potessero aggiungere altro, un fruscio tra le foglie catturò la loro attenzione, e si voltarono all'istante, in allerta.
-Chi va là! Esci subito fuori!- esclamò la ragazza, saltando in piedi in una frazione di secondo, sguainando subito la spada. Charles ammirava moltissimo quella giovane donna; era una grande guerriera, intraprendente e sempre pronta. Si ricordava poco di lei da prima della maledizione, era stato troppo piccolo... sapeva che era una delle migliori amiche di Emma, ma l'aveva conosciuta poco. A a Talebrooke, invece, aveva visto di che pasta era fatta e gli piaceva davvero tanto.
-Ehi, stiamo calmi! Credo che un po' di magia potrebbe farvi comodo, no?
-Trilli!















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Lo so, se non per la prima parte, questo non è uno dei capitoli più allegri, anzi... Emma ha deciso di fare un giro turistico a Killian e a parte un piccolo incidente è andato tutto bene e si sono divertiti... e scambiati un po' di effusioni in pubblico xD
Il fatto che Emma lavori, però, non piace molto a Killian... soprattutto che ha i doppi turni. Trova sia una perdita di tempo dato che dovrebbero tuffarsi nelle ricerche a tempo pieno, e da una parte non ha tutti i torti... dall'altra, Emma vuole ripagare Ashley com'è giusto che sia.
E dopo tre giorni in cui l'ha vista pochissimo, e quando c'era ha sempre trovato "scuse" per evitare di andarci a letto... lui non ce l'ha più fatta e ha voluto sfogarsi andando a bere. Solo che le cose gli sono sfuggite parecchio di mano e la situazione è degenerata, tanto che Emma ha finito per farsi male. Anche se, sono state più dolorose le parole che gli ha rivolto... e ora dovrà trovare un modo di farsi perdonare.
Aspetto con ansia OUAT, finalmente è la puntata dove Emma dovrà dire la verità sulle visioni... che ansia. Ma sono anche curiosa! Jekyll e Hyde eliminati dopo 4 puntate, invece... non me l'aspettavo proprio! Però ora vedremo Jasmine e Aladdin *_*
Grazie a tutti come sempre e a presto, un abbraccio :*

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Capitolo 13
*** The power of love ***


The power of Love











KILLIAN POV

Come fossi riuscito ad addormentarmi prima di averla nel letto accanto a me, non mi era chiaro.
Ma aveva dormito lì. Il cuscino accanto al mio aveva ancora la forma della sua testa, e c'era il suo pigiama bianco ai piedi del letto. Non si era dissolto neanche il suo profumo
Forse mi ero addormentato per forza di volontà, semplicemente perché mi aveva chiesto lei di farlo.
“Non aspettarmi sveglio, torno tardi. Dopo il lavoro vado a farmi una passeggiata. Parleremo domani e ti voglio riposato, quindi DORMI, sono seria. Mandami un 'ok' per confermarmi di aver letto il messaggio. -Emma.”
Così, nonostante non ne avessi la minima voglia, avevo mandato quell'ok e avevo chiuso gli occhi, solo che avevo sperato di svegliarmi prima che uscisse. Quel giorno aveva il turno di mattina, ma erano già le 9 ed ovviamente lei non era a casa. Non avevo neanche avuto la possibilità di chiederle scusa.
L'unica nota positiva di quel risveglio, oltre al fatto che non aveva preferito il divano a me, era che mi sentissi piuttosto in forma. A quanto pare, il mio fisico non si era disabituato poi così tanto al rum, dato che non avevo neanche un accenno di mal di testa.
Dovevo fare qualcosa. Non potevo lasciare le cose così come stavano fino al suo ritorno, dovevo rimediare alla mia idiozia che mi aveva fatto compiere un gesto tanto ignobile nei confronti della donna che amavo. Se solo ripensavo a com'ero stato violento e a come si era fatta male per colpa mia, mi veniva da vomitare. Avevo accusato lei di essere cambiata, ma neanch'io ero più lo stesso: il vero me, non avrebbe mai e poi mai reagito in quella maniera con una donna qualsiasi, figurarsi con la propria splendida moglie.
Per prima cosa, però, dovevo controllare i bambini, anche se probabilmente erano con Ashley dato che solitamente si svegliavano alle 8, e io come un cretino me l'ero presa fin troppo comoda. Mi vestii in fretta col completo pulito che Emma mi aveva lasciato sulla sedia – non riuscivo a credere che l'avesse fatto nonostante fosse arrabbiata – e corsi giù in cucina.
Come immaginavo, Ashley, Liam e Leia erano lì, ma a giocare con loro c'era anche Grace.
-'Giorno capitano!- esordì la giovane allegra, mentre Liam era già intento a saltare tra le mie braccia. Stava proprio diventando bravo a correre quel ragazzino, aveva la stoffa del pirata.
-Giono papà!
-Buongiorno ometto! 'giorno a tutti... scusate, è tardi...
-Tranquillo- fece Ashley, con un tono che mi sembrò abbastanza pungente -Emma ci ha detto che avevi bisogno di recuperare dopo quanto hai bevuto.
-Oh.
Ovviamente avrei dovuto aspettarmi che avrebbe detto qualcosa alle ragazze. O forse l'avevano capito da sole, perché di solito la sua faccia parlava per lei. Ma non potevo di certo biasimarla, ero stato orribile ed era già tanto che non mi avesse buttato giù dal letto per poter dormire in pace senza avermi attorno.
Mi vergognavo così tanto dell'accaduto, che non riuscivo neanche a guardare in faccia le due... e nemmeno i miei figli. Se avessero saputo, cosa avrebbero pensato di me? Che mi stavo trasformando in uno di quei padri di famiglia che maltrattavano le proprie donne?
-Ditemi come faccio a farmi perdonare.- borbottai infine. Al diavolo l'orgoglio piratesco e tutto il resto, l'importante era far pace con la mia Emma e farle capire che avrebbe mai più rivisto quell'orribile versione di me.
-Ci stai davvero chiedendo aiuto?
-Sì, ragazzine, mi sembra di parlare la vostra lingua.
-Piano con le parole, considerato che al momento siamo la tua unica salvezza!
-Va bene, va bene! Mi dispiace. Che devo fare?
-Io direi che potresti iniziare comprandole un bel regalo.- suggerì Grace, recuperando Liam per lasciarmi prendere in braccio anche mia figlia.
Ma certo! Un regalo. In queste terre festeggiavano il Natale facendosi regali, Emma me l'aveva accennato quando mi aveva raccontato varie storie interessanti. Nella foresta incantata, la tradizione era quella di passare il pranzo natalizio con tutta la famiglia – e anche qui era lo stesso.
Per quanto riguarda la notte della vigilia, invece, ogni famiglia a sé creava una propria usanza dal primo Natale dopo il matrimonio. Io ed Emma avevamo ideato qualcosa di semplice, in realtà. Nel pomeriggio andavamo al largo per pescare, e per cena cucinavamo ciò che eravamo riusciti a prendere. A mezzanotte facevamo un tuffo in acqua dalla passerella, e nuotavamo qualche minuto, fino a che uno dei due non aveva troppo freddo per continuare. Certo, in realtà fin dalla prima volta nessuno di noi aveva voluto cedere, nonostante lei fosse incinta di Liam, quindi ci eravamo accordati di rimanere un massimo di quindici minuti. Poi tornavamo sulla nave a fare un bagno caldo e riscaldarci a vicenda coi nostri corpi, per poi fare l'amore fino a che non eravamo stanchi. Era stato un caso, poi, che entrambe le volte fossimo rimasti svegli abbastanza a lungo da uscire sul ponte ad ammirare l'alba.
Con la guerra in corso, era stato l'unico momento di pace, in quanto l'Oscuro aveva concesso 48 ore di tregua per poter rispettare le tradizioni. Quella volta, ovviamente, avevamo incluso anche Liam e i ritmi erano leggermente cambiati. Dopo il tuffo avevamo fatto l'amore una sola volta, poi avevamo preso nostro figlio nel lettone con noi, ad aspettare il sorgere del sole guardandolo dormire.
Ma qui non avevo la mia Jolly Roger e non avevamo neanche il mare vicino, quindi avrei dovuto pensare a qualcos'altro che fosse altrettanto speciale.
-Sapete dove si possono cogliere dei fiori? Rose rosse e qualcosa del genere.
-Wow, che pirata romantico!- esclamò la più giovane, e io decisi di lasciar correre -Mi sembra un'ottima idea! Ma non si colgono, qui... è meglio comprarle. Conosco un posto perfetto.
-D'accordo. Quando possiamo andare?
E quello, sarebbe stato solo l'inizio. Forse non avrei potuto darle un Natale perfetto, ma avrei fatto in modo di renderla ugualmente una serata indimenticabile.

 

***

 

EMMA POV

La sera precedente ero davvero stata tentata di andarmene a dormire sul divano. Capivo che Killian fosse frustrato e parte della colpa era anche mia, probabilmente sarebbe stato meglio essere sincera fin dal primo momento. Ma mai e poi mai avrei immaginato che sarebbe andato ad ubriacarsi per poi venire a farmi una scenata! Mi aveva fatto arrabbiare talmente tanto che anch'io avevo avuto bisogno di bere, così avevo deciso di accettare l'invito di Albert e Jane e mi ero unita a loro.
Non l'avevo mai fatto prima, non perché non li trovassi simpatici, ma i miei doveri di madre e moglie mi avevano sempre bloccata: con due bambini piccoli e un marito in coma, andare per i locali era stato l'ultimo dei miei pensieri.
Ora, però, non ce l'avevo fatta a tornare subito a casa. Sentivo che avrei continuato a sbollire con Killian e avremmo finito per litigare di nuovo, così avevo preferito passare un paio d'ore in compagnia. Certo, avevo comunque dovuto lasciargli un messaggio, perché altrimenti si sarebbe preoccupato e avrebbe potuto fare qualche altra cavolata.
Spiegare ai miei amici che Killian non fosse un marito violento era stato complicato, senza poter raccontare l'intera storia, ma alla fine avevano capito che dopo un'esperienza traumatica come quella era più o meno normale che reagisse così. Non c'era nulla che lo giustificasse, però, era un uomo adulto e di certo quel comportamento era stato sbagliato.
Eppure, quando l'avevo visto addormentato sul letto, non ce l'avevo fatta a non infilarmi sotto le coperte insieme a lui. Nel bene e nel male, era l'amore della mia vita.
Tuttavia ero ancora arrabbiata, per questo la mattina non l'avevo svegliato e da quando ero arrivata a lavoro, avevo preparato ben cinque caffè da buttare. Grazie al cielo dopo le 9 e mezza la situazione aveva iniziato a calmarsi, ed ora avevo perfino trovato il tempo di prepararmi una cioccolata calda da gustare in pace insieme ad un cornetto alla crema. I dolci mi aiutavano sempre quando ero di cattivo umore.
-Ehi Emma... tutto bene tra te e tuo marito, poi?
-Oh, Jane. No, non proprio...- borbottai con un sospiro -Cioé... il fatto è che non abbiamo ancora parlato. Non l'ho svegliato stamattina.
-Emma, è la vigilia di Natale... non rovinartela!
-Ho intenzione di far pace. È che... lo so, non dovrei prendermela troppo, non riesco nemmeno ad immaginare cosa si provi a svegliarsi e rendersi conto di aver perso quasi un anno della propria vita... Ma ciò che mi fa male è che in nessun caso si era comportato con me in questo modo. Cioè, non ha un carattere tranquillo, insomma, è un...- pirata, avrei voluto dire. Il temperamento da pirata era nella sua natura, fin troppe volte l'avevo visto sbraitare e minacciare i membri dell'equipaggio di buttarli giù dalla passerella. Con me non era mai successo, però: era sempre stato tenero, perfino quando litigavamo – perché ovviamente succedeva, come a tutti.
La faccia da cucciolo bastonato che mi aveva rivolto aveva detto tutto, certo, e avrei tanto voluto perdonarlo all'istante... ma non era così semplice, era una situazione del tutto nuova. Ci avrei lavorato, però, anche perché avremmo avuto tutto il pomeriggio e la serata da passare soli con i bambini. Ashley avrebbe trascorso la vigilia col suo nuovo ragazzo-non ragazzo – ancora non era proprio chiaro – e Grace, e il giorno dopo avremmo festeggiato tutti insieme.
Ci avevo riflettuto, e anche se sarebbe stato impossibile ripetere le nostre tradizioni da poco consolidate, volevo davvero che fosse una serata speciale, nonostante tutto. Gli avevo anche già comprato dei regali ed ero sicura avrebbe apprezzato. Magari li avremmo scartati a mezzanotte – non potendo buttarci in mare dalla passerella della Jolly Roger – e poi... beh, era tutto da vedere. Non ne sarebbe stato molto felice, ma non ero certa che fare l'amore fosse un'opzione, per il momento; migliorava di giorno in giorno, era evidente, ma da una parte preferivo dare retta al dottore, doveva pur sapere di cosa stava parlando. In più, Killian non aveva ancora fatto una visita e neanche fisioterapia: quando avevo chiamato il dottore, avevamo deciso di fissare il controllo per il 26. Ancora due giorni di pazienza, e se ci avesse dato il via libera non mi sarei di certo fatta pregare. Avevamo anche comprato un regalo per Sarah, il cui aiuto era stato prezioso sia per me che per lui.
-Non avevate mai litigato prima?
-Ma sì, certo... solo non così. Non voglio dire che di solito ci sediamo a tavola e risolviamo tutto come persone civili, è normale bisticciare... e siamo piuttosto rumorosi, devo dire. È che quella violenta nei suoi confronti sono io di solito.- ammisi. Ecco, quello era il punto che forse non avevo voluto ammettere. Durante le nostre rare ma intense litigate, mi capitava di colpirlo con qualche schiaffo o addirittura pugno, ma lui aveva sempre incassato senza permettersi di alzare le mani.
-Potreste parlare, cercare di venirvi incontro a vicenda... procuragli un aiuto psicologico, magari. Ma non può trattarti così, qualunque cosa abbia passato. Devi farglielo capire, Emma.
-Lo sa, credimi, e sono certa che non si ripeterà. Però deve farsi perdonare. Deve, cazzo, deve fare qualcosa per riuscire a farmela passare. Perché non ci riesco, non è così facile! Capisci, io lo vorrei ma allo stesso tempo, se solo ci pens...
-Emma.- mi bloccò, voltandosi con occhi sgranati verso l'ingresso -Dici che quello potrebbe essere un buon inizio?
Non riuscii neanche a risponderle.
Killian era in piedi davanti alla porta del locale, a guardarsi intorno con un enorme mazzo di rose rosse e bianche tra le mani, ed in mezzo una splendida stella di Natale. Gli occhi mi si riempirono di lacrime che non cercai neanche di reprimere, e incurante del fatto che ci fossero almeno una decina di persone che stavano guardando, raggiunsi di corsa il mio uomo che mi accolse con un grande e bellissimo sorriso.
-Sei un pazzo, Hook...
-So che è un cliché, ma... sì, Swan, sono pazzo di te. Scusami. Non riuscirò mai a perdonarmi per come mi sono comportato ieri sera, ma volevo comunque dirti quanto mi dispia...
Non gli permisi neanche di concludere la frase, che gli tappai la bocca con un bacio umido delle mie lacrime di gioia. Era stato così frustrante pensare a lui senza riuscire a non essere arrabbiata, e con quell'unico gesto tremendamente romantico era riuscito a farmi dimenticare tutto. Un solo stupidissimo comportamento idiota, non poteva cambiare l'uomo che era e di cui mi ero innamorata.
-Ti amo...- sussurrai sulle sue labbra, mentre cercavo di non sprofondare per l'imbarazzo a causa degli applausi che si erano alzati tra la gente.
-Anch'io ti amo, Principessa. Ti giuro sul mio onore che non alzerò mai più un dito su di te, non mi comporterò mai più così...- sussurro, sfiorando col dito il leggero graffio sulla mia guancia. Io scossi la testa con un sorriso e presi quello splendido mazzo di fiori che mi aveva portato.
-Dai, ti porto di là... così possiamo avere un po' di privacy.- accennai leggermente col capo alle persone che ci stavano ancora guardando, e lui annuì per poi seguirmi in silenzio.
Quando passammo accanto a Jane, la ragazza mi diede una pacca sulla spalla, poi attraversammo la cucina per accedere ad una saletta sul retro, dove potemmo finalmente rimanere soli.
Dopo aver posato delicatamente i fiori sul tavolino abbracciai il mio uomo, senza dire nulla. Per l'ennesima volta era stato capace di sorprendermi e farmi sentire speciale e amata, tanto che mi sentii quasi in colpa per avercela avuta con lui. Dopotutto non poteva essere sempre perfetto, era un essere umano e aveva il diritto di esplodere una volta tanto: in più, non mi aveva fatto del male.
-Allora... come stai, pirata? Ti sei svegliato col mal di testa?
-Sto bene, in realtà. A quanto pare il mio stomaco da pirata regge ancora. Ma Swan...
-Sh, sh... basta scusarti, va bene così.
-Vuoi... vuoi dire che mi hai perdonato?
-Esatto.
-Oh... allora aspetta che vado a restituire il dolce.
-Cosa? Che hai preso?- esclamai curiosa, esaminandolo per capire dove potesse nascondere dei dolcetti, ma non aveva nessuna busta in mano.
-L'ho lasciato a casa, Grace ha detto che deve stare in figofrifero.
-Frigorifero!- risi, dandogli una botta sulla spalla -Dai, che hai preso?
-Non ne ho la minima idea, tesoro, ma me l'ha consigliata la ragazzina. Dice che è una torta di Natale, è coperta di una cosa che si chiama maza... marzapane. Sembra deliziosa, però.
Invece di rispondere gli gettai ancora una volta le braccia al collo, divertita per l'ennesima volta della sua difficoltà nel comprendere le novità del nuovo mondo. Cosa avevo fatto per meritarmi un marito tanto adorabile che pensava sempre a come rendermi felice? Se solo mi passava per la mente di aver rischiato di perderlo, iniziava a mancarmi il respiro, così decisi di reprimere il pensiero perdendomi in un lungo bacio appassionato. Le sue labbra erano morbide e mi lasciai inebriare dal leggero odore di cioccolato, niente a che vedere con l'alito pesante della sera prima.
-Ora scusami Killian, ma devo proprio tornare a lavoro...- mormorai sulla sua bocca, decisa a staccarmi prima che la situazione diventasse ingestibile. Certo, era lui quello che aveva sbottato perché non facevamo l'amore, ma ciò non voleva dire che io ne avessi meno voglia.
-Va bene, non ti trattengo...
-Ehi, mi mancano solo un paio d'ore. E in ogni caso oggi è il mio ultimo giorno.
-Sul serio?
Fu tenero il fatto che tentò di contenere la sua gioia, mascherandola con una strana espressione di sorpresa che aveva qualcosa di decisamente buffo.
-Sì! Ora festeggeremo il Natale senza pensieri, e dopo la tua visita inizieremo a fare ricerche più serie. Jefferson pensa di essere in grado di aiutarmi a creare un incantesimo di localizzazione... beh, sapremo dove andare a cercare.
-Oh. In realtà mi sembra un'ottima idea! Questo Cappellaio mi piace sempre di più!
-Smettila di chiamarlo così, dai.
-Perché? A me piace quando mi chiami Hook!- ammiccò, attirandomi a sé per baciarmi ancora.
Io lo lasciai fare, ma solo per qualche secondo: non era il caso di lasciare Jane da sola a servire i tavoli, anche se c'erano pochi clienti. Tanto valeva chiudere come si deve con quel lavoro che mi aveva permesso di occuparmi della mia famiglia, e poi tornare a casa per godermi finalmente un bel pranzetto con mio marito e i nostri figli.
-Non fare il cretino e vai a casa, dai. Così le ragazze possono andare da Jefferson...
-Che?
-Non te l'avevo detto? Avremo la vigilia tutta per noi e i bambini!
-Direi che questa sarà senz'altro una giornata meravigliosa, Swan. Ora vado, e al pranzo ci penso io... sia per noi che per i piccoletti.
-Va bene! Basta che non dai fuoco alla casa, ti prego!
-Dammi fiducia, splendore... vedrai che sarà tutto perfetto.


 

 

Talebrooke, Vigilia di Natale

Erano poche le famiglie di Talebrooke che se l'erano sentita di decorare l'albero di Natale. Il clima di terrore che aveva instaurato Rumplestiltskin era riuscito a risucchiare quasi tutta la speranza di tornare, un giorno, alla propria vita.
Snow e James, però, erano tra coloro che ancora riuscivano a credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio, perché avevano la massima fiducia nei loro due figli. Così, la loro casa brillava di mille luci proprio come la forte speranza che sempre li aveva contraddistinti.
-Vorrei solo che potessimo contattare Charles, sai. Insomma, che ci fosse un modo per sapere dov'è, cosa fa...- rifletté la donna, dopo aver infornato il grande tacchino che lei e suo marito avevano cacciato nel bosco. L'avevano fatto per distrarsi, per fare qualcosa che li tirasse su, ed erano finiti per ricavarne una succulenta cena. Sapevano quali fossero le tradizioni, ma viste le circostanze avevano deciso di invitare Ruby e sua nonna, Graham, Ariel, Eric, la famiglia di Elsa e quella di Merida: si sarebbero fatti forza a vicenda.
-Lo so. Ma sai che è un ragazzino in gamba, sono certo che lui e Philip siano già a buon punto.
-Ma sì, anch'io. È solo che... sai, Granny mi ha dato della pazza per averlo mandato chissà dove. Perché dopotutto è ancora un bambino che cresce a vista d'occhio e non sappiamo cosa potrebbe succedere una volta lì, e io...
-Snow- la fermò James, baciandole dolcemente la fronte -Per gli altri potrà anche sembrare una follia, ma è della nostra famiglia che stiamo parlando. Noi non ci tiriamo mai indietro, e alla fine vinciamo e ci ritroviamo sempre. Charles tornerà e con lui ed Emma troveremo sicuramente il modo di porre fine a tutto ciò.
-Pensi che Emma stia bene?
-Non lo penso, ne sono certo. Lei, Liam e anche Hook. Tu lavori in ospedale qui... hai visto com'è tutto diverso, tutto più... insomma. Sono sicuro che la nostra bambina abbia trovato il modo di salvare il suo pirata, e proprio come noi sono alla ricerca di qualche segno. Ci ritroveremo, Snow.
-Ci ritroveremo.
-Esatto. E per quanto riguarda la profezia, sarà nostro compito di genitori assicurarci che non si avveri... non abbiamo mai fallito e non falliremo di certo adesso.
Snow White annuì sollevata, e si lasciò andare tra le braccia del suo re.
La sera prima, avevano finalmente trovato il coraggio di condividere qualcosa di cui non avevano mai parlato, e allora avevano avuto l'ennesima conferma che l'unica arma del male fosse quella di indebolirli cercando di dividerli e lasciarli crogiolare nel terrore. Anche se la parte che aveva udito James era piuttosto buia e lasciasse poche speranze, quella di Snow era l'esatto opposto. E loro, come sempre, avrebbero avuto fede nella luce. Nella speranza. La loro Emma era una grande guerriera, ed un giorno sarebbe stata la miglior regina che il regno avesse mai avuto.
-Hai ragione, James. Emma è il frutto del vero amore e nel suo futuro non può che esserci felicità. Ha già dato prova della sua forza.
-E per quanto mi costi ammetterlo, Hook è la metà che le mancava per riuscire a brillare ancora di più. Hanno ucciso Peter Pan senza che i loro cuori venissero macchiati, e l'hanno fatto insieme. E insieme riusciranno a vincere anche questa volta.
-Avanti James, lo so che Hook ti piace, non fare il prezioso!
-Non mi andrà mai giù il fatto che abbia messo incinta la mia piccola prima ancora di chiedere la sua mano.
-Sei incredibile! Ti aggrappi ancora a questa scusa solo perché non vuoi ammettere che il pirata ha conquistato il re... ma ho visto come vi siete divertiti a caccia. E a pesca.
-D'accordo, d'accordo, ora pensiamo alla cena perché tra qualche ora avremmo un bel po' di gente! Io inizio a preparare gli antipasti.- concluse, facendo ridere la regina. In fondo, sapeva anche lei che il marito desiderava che quelle lunghe giornata a pesca col suo genero tornassero ad essere routine.
Lei, dal canto suo, non vedeva l'ora di tornare a cavalcare tra i boschi con Emma per riprendere le lezioni di tiro con l'arco in cui la figlia si stava dimostrando un'ottima allieva.
Ci sarebbero tornati, a quella normalità. Non aveva dubbi.


Nella foresta oltre il confine...

-Non capisco dove sto sbagliando.- si lamentò Trilli esausta, lasciandosi ricadere sul suo giaciglio.
-Beh, forse non sei tu che sbagli. Forse dovremmo lasciar perdere, si vede che non sono speciale come mia sorella!- gridò invece il ragazzo, saltando in piedi e allontanandosi col suo stupido libro che non dava segno di voler collaborare.
Aveva ormai quasi perso il conto di quanti giorni fossero passati dall'arrivo di Trilli, che aveva dato nuova speranza al gruppo. La magia della giovane fata era debole, in quel luogo, ma funzionava. Era riuscita a trasformare dei tronchi tagliati in una casetta di legno in cui potessero rifugiarsi dal freddo pungente dell'inverno. Aveva procurato loro del cibo.
Tuttavia, l'incantesimo che aveva lanciato sulla zattera che avevano costruito come priva non aveva funzionato, e l'avevano guardata affondare sempre dietro a quella barriera invisibile.
Non si erano dati per vinti, però, e insieme a tutti gli altri avevano studiato il libro di Charles: lei stessa aveva percepito un grande alone di magia attorno all'oggetto, e aveva capito che la soluzione era quella di risvegliare i poteri del giovane. Trilli era quasi certa che solo lui avrebbe potuto risvegliare quell'antico potere, lo stesso per cui la sorella maggiore aveva rischiato la vita pochi anni prima.
L'aveva visitata una volta, la biblioteca dei volumi che narravano le storie di centinaia di generazioni e famiglie. Storie custodite dalle fate e dall'Autore: quando anche questo volume fosse stato completo, quest'ultimo si sarebbe assicurato che venisse riposto al suo posto, per sigillare completamente la storia e fare in modo che niente potesse cambiarla.
Teoricamente, nessuno avrebbe dovuto poter entrare in possesso del libro della propria vita, ma per Snow era andata diversamente. L'allora giovane principessa l'aveva trovato in un momento di forte bisogno, e quando aveva scoperto di cosa si trattasse, l'aveva custodito come il suo tesoro più prezioso. Doveva esserci un motivo se era stato catapultato insieme a tutta la famiglia in quel nuovo mondo. Doveva essere la chiave della salvezza, o non c'era alcun senso.
Charles, tuttavia, stava iniziando a convincersi che forse qualcosa era andato storto: forse era Emma quella che avrebbe dovuto riceverlo, lei sarebbe riuscita a farlo funzionare. Sua sorella era potente, una principessa rispettata e amata da tutto il popolo. La degna futura regina.
Lui era solo il fratellino nato per caso.
Con le lacrime agli occhi, il giovane si sedette su un tronco di fronte al ruscello, poggiando il libro davanti a sé e specchiandosi nell'acqua. La sua immagine era la stessa di un paio di settimane prima, quando aveva varcato il confine di Talebrooke. Ma avrebbe volentieri sacrificato la sua vita, se solo fosse servito a qualcosa. Se la sua linfa vitale fosse stata in grado di aiutare gli altri ad andarsene da lì e trovare Emma, non avrebbe esitato. Sarebbe morto da eroe, per il bene delle persone che amava. Per il bene del suo regno.
“Mi manchi, sorellina” pensò “Mi manca quando mi stringevi, e mi raccontavi una favola fino a farmi addormentare. Mi mancano i nostri giochi... insieme a Liam e Hook. Tu avresti saputo cosa fare adesso, tu saresti stata all'altezza. Perdonami, ti prego. Ti giuro che se potessi farei di tutto per riunire la nostra famiglia, proprio come avresti fatto tu... la mia eroina.”
Una lacrima calda scivolò lungo la guancia del principe, fino al mento, per poi continuare la discesa fino a ricadere sulla copertina del libro.
E allora successe qualcosa: questo si aprì, e iniziò a brillare di luce propria, come se avesse catturato dentro di sé tutta la potenza del sole.
Charles spalancò gli occhi mentre i suoi amici accorrevano per ammirare quello spettacolo, e quando la luce iniziò a diradarsi, si rese conto che le pagine bianche non erano più bianche.
-E'... è Emma. Sono loro. Sono Emma e Hook.














 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Devo ammettere che c'è qualcosa che non mi convince di questo capitolo, non mi piace come l'ho scritto. E' un capitolo di passaggio che mi servirà ad introdurre la "seconda parte" della storia, diciamo. Anche se ovviamente concederò qualche altro momento fluffoso ai due piccioncini, credo se lo meritino insomma xD Intanto hanno fatto pace, Killian è riuscito a farsi perdonare in quattro e quattr'otto, sorprendendola con un grande mazzo di fiori. Ora avranno un'intera giornata da passare da soli, ed entrambi sono intenzionati a renderla speciale. Vedremo cosa succederà ;)
La vera svolta c'è a Talebrooke, questa volta. Da una parte ci sono James e Snow che come sempre si lasciano guidare dalla speranza... dall'altra c'è Charles, che nonostante l'arrivo di Trilli non è riuscito a ottenere nulla... fin quasi alla fine. Ma proprio quando stava per arrendersi, è successo qualcosa... cosa ci sarà nelle nuove pagine del libro? La storia di Killian ed Emma, o anche qualche indizio su dove trovarli?
Niente, se c'è qualcosa di non chiaro fatemi sapere, perché come ho detto non mi piace molto come ho scritto questo capitolo.
Un abbraccio, alla prossima :* e buon OUAT day! La nuova puntata mi incuriosisce molto, anche se mi dispiace per David e Snow ç_ç 

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Capitolo 14
*** Calm before the storm ***


Calm before the storm




 


EMMA POV

Oltre che da un piacevole calore, appena misi piede in casa fui accolta da un profumino davvero delizioso. Che Killian fosse un grande cuoco nelle nostre terre, era un dato di fatto, ma ora avevo quasi dato per scontato che avremmo dovuto ordinare il pranzo in qualche ristorante vicino casa.
-Swan? Bentornata!
L'uomo uscì dalla cucina e mi raggiunse all'ingresso, facendomi scoppiare in una fragorosa risata che non potei proprio trattenere. Non solo aveva il naso sporco di maionese, ma indossava il grembiule azzurro di Ashley! Se non l'avessi visto coi miei occhi, non ci avrei mai creduto.
Mi avvicinai e gli pulii il naso con un dito, facendolo rimanere interdetto, poi lo attirai verso di me per stampargli un grande bacio sulle labbra.
-Sembri un cuoco provetto, pirata!
-Grazie, splendore- sorrise fiero, per poi prendere l'iniziativa e baciarmi stringendomi a sé. Quindi restammo qualche attimo a guardarci negli occhi, col sorriso, felici di aver risolto i problemi che per giorni ci avevano tormentati. Per me, invece, era stato quasi un anno. Ma finalmente era finita. Ci saremmo presi quei due giorni per recuperare la felicità che avevamo rischiato di perdere, poi ci saremmo messi all'opera per partire verso quella nuova avventura.
-Va bene, ok, devo ammettere una cosa.
-Ovvero?
-Io...- cominciò, al che iniziai a chiedermi se fosse il caso di spaventarmi -Avevo provato a fare uno stufato di carne e patate ma si è bruciato tutto. Così ho trovato un libro di ricette di Ashley in cucina e ho fatto gli spaghetti con vongole e gamberi. Credo siano venuti buoni, li ho assaggiati.
A quel punto, ridere di nuovo fu inevitabile. Lanciai la borsa sulla poltrona e lo abbracciai forte, per poi continuare insieme a lui. Ridevamo come bambini felici, ed io mi sentivo più leggera ogni istante che passava.
-E con la maionese, suppongo!
-No. C'era scritto di metterla ma ho provato e non mi piaceva...
-Al tuo naso è piaciuta però!- scherzai ancora -Comunque c'è un profumino delizioso e non vedo l'ora di assaggiare quel che hai preparato! I bambini?
-Hanno già mangiato, li ho lasciati venti minuti fa a farsi un pisolino...
-Bene, quindi siamo soli. Apriamo il vino, così festeggiamo la fine del mio lavoro.
-Assolutamente, splendore! E comunque quel lavoro, un pro ce l'aveva...
-Ah sì?
-Sì- confermò, portandomi una mano tra i capelli -La divisa. Con quella divisa eri dannatamente sexy.
-Beh... a dire il vero, anche tu non sei male con questo grembiulino. Non tutti possono vantare di aver sposato un pirata cuoco.
E, dio, un pirata cuoco davvero sexy. Un uomo che amavo e desideravo con tutta me stessa, perché perfino il mio corpo era stanco di resistergli. Killian Jones mi aveva resa donna. Mi aveva resa moglie. Mi aveva resa madre. In poche parole, mi aveva resa una persona migliore di quanto avrei mai potuto sperare di diventare.
Senza pensarci due volte, mi gettai sulle sue labbra con avidità, spingendolo contro la parete per evitare che quella passione travolgente ci facesse finire a terra. Lui non tardò a rispondere, e nel giro di pochi secondi la situazione si capovolse diverse volte.
Baci, morsi, strette e ancora baci, mentre l'istinto ci guidava verso la nostra camera da letto, incapaci di fermarci e desiderosi di approfittare al massimo di quei momenti soltanto per noi.
-Killian, non dovresti ancora...- borbottai sulle sue labbra, mentre calciava malamente la porta per non separarsi da me neanche per un istante.
-Swan. Non suoni credibile neanche a te stessa.
E aveva ragione, dannazione. Nonostante la testa mi dicesse di fermarmi prima di rischiare di fargli del male, l'istinto offuscava quei pensieri. Dopotutto, era ciò che volevamo entrambi... al diavolo. Non sarebbe stato un maledetto dottore di un mondo che non era neanche il nostro a dirci cosa potevamo fare e cosa no. Nessuno conosceva Killian Jones meglio di me.
-Hai ragione, maledizione- borbottai quindi sulle sue labbra, per poi spingerlo sul letto senza tanti complimenti. Gli avrei strappato di dosso quei vestiti con un solo gesto, se fosse stato possibile, tanta era la mia voglia di averlo finalmente tutto per me.
Mentre ci spogliavamo a vicenda, mi tornò in mente la nostra prima volta, quasi due anni e mezzo prima, ormai. Avevo esitato a dirgli di essere vergine, perché avevo temuto mi prendesse per una ragazzina e si fermasse. Invece era stato incredibilmente dolce, ma ciò non aveva offuscato la passione che ci aveva uniti fin dal primo momento.
Adesso era mio marito, avevamo due figli, e tra di noi non esisteva più alcuna barriera. Io lo rispettavo e lo amavo, lui rispettava e amava me, e tanto bastava.
-Swan, com'è possibile che tu sia ancora più bella di quanto ricordassi?- sussurrò, indugiando con lo sguardo sul mio corpo nudo, con espressione carica di desiderio. E io sapevo di non essere perfetta, sapevo di dover perdere ancora un paio di centimetri sulla pancia, avendo partorito meno di due mesi prima. Ma per lui ero bella, e questo era più che sufficiente.
-Posso dire lo stesso di te, Capitano. Il... letargo, non ha avuto effetti sulle tue... beh, doti.- ammiccai, godendo del suo sorriso piacevolmente sorpreso. Nonostante molte cose fossero cambiate, il più esplicito tra i due era sempre stato lui.
-Te l'ho detto, tesoro. Sono i vantaggi di avere come marito un sexy ed affascinante pirata di 200 anni. Ho la pellaccia dura.
-Sì, e non solo quello.
-Ma allora vuoi che ti salti addosso...
-L'hai capito.
E quelle, furono le ultime parole che riuscii a pronunciare prima che l'uomo capovolgesse la situazione e si gettasse sulle mie labbra. Poi, fu come se quell'anno infernale non fosse mai esistito, e i nostri corpi non ebbero bisogno neanche di un istante per riabituarsi l'un l'altro. Non avevano smesso di conoscersi alla perfezione, esattamente come le nostre anime, e mi bastò sentirlo dentro di me per esplodere in un primo orgasmo, intenso quanto atteso.
Il mio pirata fu pronto a concedermi una pausa, ma con un netto movimento gli feci capire di non averne bisogno. Ero già pronta per lui: di nuovo. Fortunatamente non se lo fece ripetere due volte, e quando iniziò a muoversi persi totalmente il lume della ragione.
Ci lasciammo guidare solo dall'amore e dalla passione, insaziabili come non eravamo mai stati. Furono i baci lunghi e quasi violenti a permetterci di trattenere le grida di piacere, ma a tradirci c'era il letto che scricchiolava forte, come incapace di contenere tanta passione.
Passò un'ora intera, prima che ci stringessimo l'uno tra le braccia dell'altro esausti e finalmente completi. Sapevamo entrambi che avremmo potuto andare avanti fino a sera, ma avevamo acceso tutto il desiderio ad intensità massima, in modo che potessimo sfogarlo fino alla fine e, allo stesso tempo, avere tutto il tempo per la nostra splendida famiglia.
-E tu che volevi aspettare.
-Non so come ho fatto ad aspettare finora, piuttosto.- sussurrai, così stanca da non riuscire neanche ad aprire gli occhi. Certo, il voler aspettare non era sbagliato... l'amavo, e volevo il meglio per lui, volevo che guarisse il più in fretta possibile. E d'altra parte, anche se il dottore mi aveva dato il via, mi aveva consigliato di aspettare un altro mese, dato che quel parto era stato più doloroso e avevo avuto un paio di punti di sutura.
Eppure, né io né Killian avevamo sentito dolore, tutto il contrario. Probabilmente era il miglior sesso che avessimo mai fatto, il più intenso in due anni. Avremmo ripetuto l'esperienza il prima possibile, non avevo intenzione di aspettare un altro anno. Non avremmo risolto tutti i problemi nel giro di una settimana, ma ciò non voleva dire che dovessimo smettere di vivere le nostre vite. C'era tanto amore, tra di noi, e quello ci dava la forza di combattere senza fermarci mai.
-Swan... i bambini dormiranno per un'altra oretta. Che dici di fare un sonnellino anche noi?
-Mi sembra un'ottima idea. Ma il pranzo...
-Lo scalderemo.

 

***


KILLIAN POV

Erano giorni che non mi sentivo così bene. Anzi, a dire il vero era un anno. Mi ero svegliato con la mia principessa tra le braccia, e le forze di un leone: quindi l'avevo lasciata a letto ancora un po', ed ero andato a prendere i bambini che avevo trovato pronti per far merenda.
Avevo svegliato Emma quando avevo finito con loro, con una tazza di cioccolata calda fumante ed una fetta di torta alla vaniglia.
Ed ora, mentre Liam girava la cucina e Leia se ne stava sdraiata sulla grande poltrona a guardarci coi suoi occhietti curiosi, stavamo cercando di preparare una cena degna di questo nome. Emma aveva preso del salmone speziato, e dei calamari e gamberetti per fare l'antipasto; anche se stavolta non sarebbe stato pesce pescato da noi, ero certo sarebbe risultato ugualmente ottimo.
-Killian, potresti controllare il salmone in forno? Magari senza che ti bruci...
-Subito tesoro. Abbi fede.
-Ti sei già bruciato tre volte da quando siamo qui- borbottò, ed io alzai gli occhi al cielo. Non aveva tutti i torti, ma a me sembrava che con la modernità avessero solo complicato le cose! In ogni caso cercai di fare attenzione, e per quanto il pesce avesse già un aspetto delizioso, aveva sicuramente bisogno di un'altra decina di minuti di cottura. Quando chiusi il forno si era ormai diffuso un piacevole odore di spezie, e fu davvero dolce guardare Leia arricciare il suo piccolo nasino.
-Dici che alla piccola principessa possiamo far assaggiare il salmone?- proposi, per poi avvicinarmi a stamparla un bacio sulla guancia paffuta.
-Hook! Non ha nemmeno due mesi, non dire sciocchezze!
-Beh? Io a due mesi mangiavo già tutto.
-Sì, come no... ma è stato un milione di anni fa, non mi stupisco non abbia ricordi. Vecchio.
-Più duecento anni fa, direi. Ma vecchio a chi?
Lasciai andare mia figlia per tornare da Emma, e la afferrai per i fianchi per punirla con un po' di solletico. La sua reazione fu immediata, e si mise a urlare a ridere pregandomi di smetterla. Continuammo così, fino a che la bionda non mi spinse sul divano cercando di vendicarsi invano.
-Ma come puoi non soffrire di solletico, ti odio!
-Non è vero.
-Sì. Ti odio.
-Bugiarda.
-Ok, smettiamola che Liam ci sta guardando male. E per fortuna Leia non ci capisce niente.
Dopo esserci scambiati un leggero bacio a fior di labbra ci ricomponemmo, e tornammo in cucina per evitare di fare danni. Nonostante avessi già comprato il dessert, Emma aveva insistito per preparare il Pudding, un dolce natalizio tipico di quella terra. Aveva acquistato una base pronta in pasticceria perché i tempi di preparazione erano molto lunghi, ma stava facendo un gran bel lavoro per farcirlo e decorarlo.
Tuttavia, per quanto fosse brava a nasconderlo, una leggera nota di malinconia nel suo sguardo l'avevo notata. Era ovvio che, nonostante avessimo deciso di prenderci una giornata per essere felici, i suoi cari le mancassero. Sarebbe stato il suo primo Natale lontano da loro, e anche se non avevo parenti in vita, mi piaceva passare le feste con tutta la sua famiglia. In fondo la sentivo anche mia ormai, e per quanto mi suonasse ancora strano, ero il Principe della Foresta Incantata. Non volevo neanche pensare al fatto che un giorno – molto lontano, speravo – sarei probabilmente diventato re.
-Stanno bene, Emma, ne sono certo. Sai che la tua famiglia è forte.- mi avvicinai per abbracciarla da dietro e le stampai un bacio sulla guancia, quindi si lasciò andare in un sospiro.
-Il fatto è che... è passato così tanto tempo, Killian.
-Lo so. Ma sei loro figlia... la speranza non dovresti avercela nel sangue?
-Ma sì, non mi sto buttando giù, è solo che...
-Lo so, tesoro. Ma io ho una gran fiducia in te, non ti ho mai vista fallire. Mi hai salvato da morte certa per due volte, Emma! Quindi goditi il Natale, usa queste giornate per ricaricarti...
-Amo i tuoi incoraggiamenti, Jones. Va bene, cercherò di essere positiva. Ma adesso lasciami stare, devo finire il dolce e... tu mi distrai- sussurrò allusiva, lanciandomi un'occhiata che poco lasciava all'immaginazione.
-Non ti è bastato, prima?
-Sai com'è... abbiamo un anno da recuperare. Ma ora dobbiamo cucinare, quindi mettiamoci all'opera!

 

Era la prima volta dopo tanto tempo che mi riempivo lo stomaco così bene, e soprattutto con del cibo così buono. Durante la guerra non avevamo mai avuto il tempo di prepararci un pasto come si deve, ci eravamo sempre limitati a mangiare verdure crude, frutta e pesce e carne arrostiti semplicemente sul fuoco.
Ora, invece, avevamo gustato del pesce deliziosamente speziato, con contorni di insalate deliziose e dolci ancora più buoni. Non era mancato neanche il rum, che Liam aveva voluto assaggiare con un dito: stava crescendo proprio bene il mio piccolo! Leia, ovviamente, era ancora troppo piccola per mangiare qualcosa di diverso dal latte, ma per l'occasione avevamo aggiunto un pizzico di cacao.
Ormai mancavano pochi minuti a mezzanotte, e ovviamente erano ancora troppo piccoli per poter rimanere in piedi fino a così tardi, quindi li avevamo messi a letto. Liam era ansioso di scartare i regali, ma ormai l'avrebbe fatto il mattino dopo.
-Ci voleva una giornata del genere, eh?
-Già. È stato tutto perfetto. Non sono sicura di riuscire a resistere fino all'alba, però...- aggiunse dispiaciuta -Però lo vorrei. Vorrei che almeno qualcosa non cambiasse...
-Emma. Il nostro amore non cambierà mai, ed è l'unica cosa che conta- le assicurai, prendendole le mani. Anch'io volevo che tornasse tutto alla normalità, una normalità per noi piena di avventure, ma la cosa importante era stare insieme. Il resto veniva in secondo piano.
-Hai ragione. Metteremo una sveglia, così possiamo uscire sul balcone...
-Mi sembra perfetto. Però adesso ho io una sorpresa per te... devi darmi 10 minuti per finire di prepararla.
-Tra dieci minuti è Natale...
-Esatto, dolcezza.- feci con un occhiolino, e mi alzai lasciandola perplessa e confusa, diretto verso il bagno.
Per fortuna sembrava non aver notato la busta che avevo nascosto nello scaffale, e per non perdere tempo iniziai a riempire la vasca.

 

EMMA POV

-Buon Natale, Principessa!
-Oh mio dio... sei... sei fantastico! Non ci posso credere! Buon natale!
Mi gettai tra le braccia del mio meraviglioso pirata commossa, non riuscivo a credere ai miei occhi. Non potendo fare il nostro tradizionale salto dalla Jolly Roger, aveva riempito la grande vasca profumandola con quella che sembrava una perfetta fragranza di mare. Aveva aggiunto anche dei petali di fiori, ma cosa migliore di tutte, una perfetta Jolly Roger in miniatura galleggiava sulla superficie. Le luci erano spente e le grate della finestra aperte, perché ad illuminarci avessimo solo la luna e le stelle, proprio come a casa nostra.
Ci spogliammo guardandoci negli occhi, per poi immergerci nella piacevole acqua calda, lui dietro e io poggiata contro il suo petto. La cosa bella era che non avremmo dovuto uscire di lì dopo 10 minuti per non rischiare di congelare, ma avremmo potuto rilassarci a nostro piacimento.
Aveva capito quanto mi mancasse la nostra casa, la nostra solita vita, e mi aveva fatto il più bello dei regali: un Natale di normalità. E me lo sarei goduto fino in fondo, così come mi sarei goduta quell'uomo perfetto che per qualche meraviglioso strano scherzo del destino era diventato mio.
-Ti amo, Hook. Io... io ti ho regalato un cannocchiale. Qui ne hanno di molto più moderni dei nostri... 
-Oh Swan, è perfetto. Non appena torneremo a casa, avremo modo di sperimentarli come si deve... non vedo l'ora. E ti amo anch'io. Mi dispiace se non ho potuto riportarti a casa o fare di più, ma...
Non gli diedi modo di finire, che voltai la testa per baciargli intensamente le labbra morbide e calde che tanto amavo. In pochi conoscevano quel lato tenero del grande Capitan Uncino, e a dire il vero ero contenta che fosse così: solo coi miei bambini avrei condiviso quella dolcezza. Certo, amavo anche l'altro lato di lui, quello estroverso, passionale e deciso... in poche parole, da pirata. E aveva anche conquistato il nostro popolo, che lo amava per la sua determinazione, il coraggio, l'ironia e il suo essere un vero uomo d'onore.
-E' perfetto così. Te lo assicuro. È davvero bellissimo...
-Sai cosa lo renderebbe ancora più perfetto?
Certo che lo sapevo, e dire che non ci avessi pensato sarebbe stata una grande bugia. Fare l'amore in quel momento, con quell'atmosfera, sarebbe stato davvero magico. Tuttavia non ero certa fosse una buona idea, quella non era casa nostra e non mi sembrava il caso di invaderne ogni angolo. Però...
-Ricordiamoci di lavarla domani prima che arrivino gli altri- dissi semplicemente, prima di voltarmi nella sua direzione per lasciarmi stringere, baciare, avvolgere nuovamente dalla passione.

 

Foresta di Talebrooke

Il principe non era riuscito a credere ai suoi occhi, così come i suoi compagni di viaggio che si erano seduti intorno a lui, curiosi e affascinati da quella magia.
Avevano sfogliato insieme le nuove pagine apparse all'interno del libro, per scoprire che raccontavano delle avventure di Emma e Hook, dal momento in cui si erano incontrati per la prima volta, a bordo della Jolly Roger. Sua sorella aveva raccontato alcune storie alla versione “fratellino piccolo”, ma di certo non tutti quei dettagli.
Ciò che li sorprese più di tutto, tuttavia, erano le pagine successive alla presa di potere di Rumplestiltskin.
Il giovane lesse tutto ad alta voce, felice che suo cognato fosse vivo e, a quanto pare, in ottima salute. In più, era diventato zio una seconda volta. Ad ingrandire ulteriormente la famiglia era arrivata la piccola Leia, che dalle immagini appariva come una bimba adorabile.
Non era stato facile per Emma affrontare il coma del marito, così come non era stato facile per lui ritrovare sé stesso una volta ripreso... ma li stavano cercando. Li stavano cercando con l'aiuto del Cappellaio Matto, sua figlia, e della ragazza che li aveva aiutati.
-Londra... Londra. Londra non è lontana da qui!- esclamò Trilli -Ho studiato bene la mappa di questo mondo, soprattutto dei dintorni... guardate!
E con uno schiocco di dita, fece apparire a mezz'aria una mappa dorata che mostrava l'isola di Talebrooke e le terre vicine. Ovviamente non era la prima volta che la studiavano, da quando la giovane fata era arrivata l'avevano vista più volte, ma si erano concentrati principalmente sulle distanze dalla terraferma. Pensavano che una volta superata l'ultima barriera, da lì sarebbe stato più semplice usare la magia per cercare di trovare Emma.
Ora ebbero invece modo di rendersi conto quanto la città in cui era approdata la principessa fosse vicina, probabilmente dal porto di Whistable che avrebbero raggiunto in barca, non ci avrebbero impiegato più di un paio di giorni di cammino.
-Fantastico! Rimane una sola cosa, lasciare quest'isola.... ah, già! Sono giorno che ci proviamo e ancora niente!
Non appena finì la frase, al giovane Charles arrivò un ceffone dritto sulla guancia, sonoro e doloroso. Rimase a bocca aperta quando si rese conto che era stata Trilli a darglielo.
-Sei figlio di Snow e Charming, ragazzino. Sei un principe della casata Swan. Quindi vedi di smetterla di piagnucolare e tira fuori il carattere perché l'ho visto. Ho visto che c'è! Hai appena letto cosa ha dovuto passare tua sorella... e non si è mai persa d'animo! Eppure era in una situazione ben peggiore della nostra, se ci pensi. Quindi asciuga quelle lacrime e tirati su, perché ho intenzione di insegnarti a usare la tua magia. E nel frattempo manderemo loro un messaggio, so come fare, adesso.

 

***

 

-Buon Nata...
-Li abbiamo trovati!- esclamò Jefferson, entrando in casa col fiatone seguito da Ashley e Grace, che non avevano l'aria di essere meno affaticate di noi.
-Che cosa?!
-Tieni! Leggete voi stessi!
L'uomo porse ad Emma un pezzo di pergamena, e riconobbi immediatamente la grafia di Trilli.
“Siamo a Talebrooke, un'isola creata per magia da Rumple. Controllate la cartina, siamo esattamente a 5 km dalle rive di Whistable (51°26'44.4"N 1°02'09.0"E). Stiamo cercando di oltrepassare una barriera magica per potervi raggiungere. Fateci arrivare un messaggio attraverso il cappello, Jefferson sa come funziona ma deve farlo Emma perché vi serve la magia. Sappiamo dove siete e che state bene, ma questa è una lunga storia... a presto!”








 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Alla fine ce l'ho fatta a finire questo capitolo, che è un momento di pace e fluff, a parte per la fine che introduce ciò che succederà d'ora in avanti...
Killian ha bruciato il primo tentativo di pranzo ma ha rimediato senza troppi problemi... sta diventando bravo xD E quando Emma è tornata, nonostante il profumino delizioso, nessuno dei due è più riuscito a resistere... e hanno iniziato a recuperare l'anno perduto come si deve :') Per fortuna i bambini hanno continuato a dormire senza accorgersi degli strani rumori del letto della camera accanto lol
Dopo essersi riposati hanno preparato la cena, l'hanno gustata con Leia e Liam (che inizia già ad assaggiare il rum lol) e poi si sono, diciamo, scambiati i regali a modo loro... ovviamente azzeccatissimi per entrambi.
Poi finalmente Charles e gli altri sanno che fine hanno fatto Emma e Hook, e Trilli (dopo aver picchiato il "piccoletto", è riuscita a mandargli un messaggio. Nei prossimi capitoli ci sarà più azione...
Non so se posterò un altro capitolo di questa storia prima dell'inizio dell'anno nuovo... il prossimo sarà dell'altra, quello dopo vedremo.
Un abbraccio e grazie a tutti! In caso non ci si dovesse sentire prima... Buon Natale, che è ormai alle porte!
A presto :*

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Capitolo 15
*** What's the plan? ***


What's the plan?




 

EMMA POV

-Bene. Credo... credo sia il caso che vada a mettermi qualcosa addosso.
-Già, scusate se non vi abbiamo dato tempo di riprendervi dalla vostra notte di fuoco- ci punzecchiò Jefferson, facendo ridacchiare imbarazzate sua figlia e Ashley.
Da parte mia mi sentii la faccia andare a fuoco, mentre Killian si limitò a scrollare le spalle allegro. Decisi di ignorarlo e alzarmi per poi tirarlo per un braccio, dato che anche lui aveva decisamente bisogno di mettersi addosso qualcosa di più coprente. Quando i nostri amici avevano suonato ripetutamente il campanello non avevamo potuto che vestirci con le prime cose che ci erano capitate a tiro: io avevo rubato la camicia a mio marito, a lui erano rimasti solo i pantaloni e una vestaglia, che non si era preso neanche la premura di chiudere.
Alla notizia che ci avevano portato, però, i vestiti erano stati il nostro ultimo problema e ci eravamo messi a tavola a discutere sull'accaduto. Trilli era riuscita a trovare un modo per entrare in contatto con noi, fornendoci preziosissime informazioni su cosa era veramente accaduto su quella nave, nel momento in cui io avevo portato in salvo Killian e nostro figlio. E soprattutto, stavano tutti bene, dovevano star bene, Trilli aveva parlato al plurale... e io volevo credere che fosse così. Volevo avere fede: avrei riabbracciato tutta la mia famiglia e i miei amici, e insieme saremmo riusciti a distruggere Rumplestiltskin una volta per tutte.
-Emma, andrà tutto bene, lo sai?
-Certo. Solo... non voglio rischiare di perderti di nuovo. Ma non posso neanche chiederti di rimanere da parte con Liam e Leia... vero?
-Cosa?! E me lo chiedi pure? Certo che no! Non ho la minima intenzione di lasciarti andare da sola, non se ne parla.
Era sconvolto, ovviamente, e io mi sentii stupida anche solo per aver preso in considerazione l'idea. In fondo, nemmeno io sarei rimasta da parte se lui me lo avesse chiesto. Quindi sospirai e chiusi gli occhi, stringendolo forte a me. Ero irrazionale, me ne rendevo conto, ma era stato tutto così inaspettato... improvviso.
Iniziavo a realizzare che non sarebbe stata un'impresa semplice.. certo, non sapevamo quasi nulla ancora, se non che tutti fossero intrappolati su un'isola creata da quel maledetto folletto. Sicuramente avremmo trovato una soluzione per riuscire a rimanere in contatto, anche se ciò avrebbe voluto dire rispolverare le mie scarse doti magiche. Ma cosa avrebbe comportato, per tutti noi? Una volta faccia a faccia con Rumple, cosa avrei fatto? Avrei lasciato che uccidesse tutti i miei cari davanti ai miei occhi, solo perché mi biasimava per avergli fatto perdere moglie e figlio? Parlare non sarebbe servito a nulla, ormai lo sapevo bene: qualunque cosa avessi detto, qualunque discorso avessi preparato, non avrebbe mai accettato le sue colpe.
-Potremmo lasciare i bambini ad Ashley, una volta che avremo capito come muoverci. E verremo a riprenderceli quando tutta questa storia sarà finita... per riportarli a casa con noi.
-Odio il fatto che tu abbia ragione...- sospirai triste, senza sciogliere la stratta intorno a lui -Non voglio separarmi da loro ma... è la cosa giusta da fare, vero? Non possiamo metterli in pericolo. Se dovesse succederci qualcosa, almeno... almeno loro saranno salvi e...
-Emma! Sì, è la cosa giusta da fare. Ma non ci succederà niente. Vinceremo come sempre e in men che non si dica saranno di nuovo con noi. Ti fidi?
-Mi fido... promettimi solo una cosa- sussurrai, staccandomi quanto bastava per guardarlo negli occhi -Promettimi che non morirai.
-Swan...
-No, ascoltami. Per due volte ho rischiato di perderti! Facciamo tre, se contiamo la volta in cui sei stato ferito in battaglia. Tu non hai la minima idea di come mi sia sentita... era come se niente più avesse senso, ed è grave... è grave perché stavolta avevo anche mio figlio. Capisci? Non sarei in grado di vivere senza di te neanche per crescere il mio bambino... Se dobbiamo fare questa cosa, ho bisogno che tu mi prometta che non mi lascerai mai. Mai. Ok?- conclusi, mentre gli occhi già bruciavano. Forse ero stupida, e anche patetica: quale madre avrebbe preferito morire, sapendo di lasciarsi dietro i suoi stessi bambini? Eppure era così, e non potevo farci niente. Da quando Killian Jones era entrato nella mia vita, era diventato parte di me. La parte migliore di me. La mia gioia.
-Va bene. Ascoltami, Emma Swan.- disse deciso, prendendomi la mano e poggiandosela sul cuore -Io ti giuro che qualunque cosa succeda, tornerò sempre da te. Non ti lascerò mai da sola. Sono sfuggito alla morte tantissime volte, nella mia vita... e ne sono letteralmente tornato indietro, meno di tre anni fa. Sono un sopravvissuto. Quindi puoi stare tranquilla, d'accordo? Te lo prometto, e in 100 anni ho sempre tenuto fede alle mie promesse. Sempre.
-Bene...- singhiozzai, prima di tuffarmi sulle sue labbra con foga, quasi come se fossero il mio ossigeno. E fu un bacio lungo, lungo e intenso, un bacio che sigillava una promessa.
-Ok splendore, adesso è ora di mettersi qualcosa addosso... sei bellissima così, ma non mi va che il tuo bel culetto rimanga esposto al pubblico. È una mia esclusiva!
E tra le lacrime scoppiai a ridere, seguita da lui. Ci abbracciamo e baciammo ancora, stavolta senza tensione, fino a che il pianto dei bambini non ci costrinse a darci una mossa.
Ma non l'avrei mai perso, e questo era ciò che contava. Sapevo che avrebbe mantenuto la promessa, e ad ogni modo, sarei scesa nelle fauci dell'inferno pur di riprendermelo.

 

***


-Maledizione! Sono assolutamente inutile, come ha potuto Trilli credere che ce l'avrei fatta?!- gridai, battendo un pugno così forte sul tavolo che mentre gridavo di dolore fui piuttosto certa di essermi rotta una mano.
-Emma! Che diavolo fai, fammi vedere!
Invece di rispondergli scoppiai in lacrime, ma non per il dolore quanto per la frustrazione. Mi sarei rotta volentieri tutti gli arti, se avesse potuto servire a qualcosa. Ma in due ore non ero riuscita a manifestare un minimo segno di magia: niente. Non era neanche riuscita a far accendere una maledetta candela, nonostante mi fossi concentrata fino a farmi venire il mal di testa.
Tra le lacrime, lasciai che Killian prendesse la mia mano dolorante per esaminarla: non ebbi neanche forza di lamentarmi. Doveva pur esserci uno stramaledetto modo per attivare quei poteri che non ero mai riuscita a controllare... doveva. Altrimenti, a nulla sarebbe servito trovare i nostri amici. Se perfino Trilli con la sua magia non era stata in grado di oltrepassare la barriera, come avremmo potuto farlo noi senza niente in mano?
-Ti faccio male? Non sembra rotta...
-Non mi frega se è rotta! Non lo so se mi fai male, non so più niente! Non lo so!
Urlai frustrata, per poi alzarmi e correre via da lì.


KILLIAN POV

-Io... vado da lei. Vado a...
-Credo dovresti lasciarle un po' di spazio- suggerì Ashley -Dalle qualche minuto per calmarsi...
-Dici? Non sono certo che lasciarla sola sia la cosa migliore, al momento. Ha rischiato di rompersi una mano...
-Invece è la cosa migliore, credimi. Voi uomini non capite che a volte, quando siamo frustrate... ci basta semplicemente prendere un po' d'aria in pace. Non sempre potete fare qualcosa per farci stare meglio.
-Lo so...- borbottai, alzandomi per spostarmi sul divano, esausto. Ovviamente aveva ragione e lo sapevo: una donna come Emma, cresciuta imparando ad essere indipendente, a maggior ragione aveva bisogno di risolvere questa cosa da sola. Ma mi faceva male vederla così arrabbiata, frustrata e impotente. Odiavo non poterla aiutare in un momento di bisogno come questo.
Gli altri tre mi seguirono, e Jefferson mi porse una lattina di birra che accettai più che volentieri. Probabilmente avrei dovuto parlare con Emma, quando si fosse calmata, e convincerla a rimandare all'indomani. Dopotutto era natale ed era quasi ora di pranzo, le avrebbe fatto bene rilassarsi un po'... nel pomeriggio avremmo giocato con Liam e Leia, che dopo colazione avevano voluto rimettersi a dormire. E probabilmente era stato meglio così, almeno avevano evitato di vedere loro madre andare fuori di testa, era piuttosto certo che si sarebbero spaventati.
-Tu Killian come stai? Ti sei ripreso bene...
-Grazie Grace, sto bene. Peccato che questo non ci aiuti...
-Non è vero e lo sai. Vederti nel pieno delle tue forze, sicuramente aiuta Emma a essere più serena.- sorrise, cingendomi le spalle. Era una cara ragazza, carina e anche intelligente... ma aveva ancora molto da imparare. La realtà non era bianca o nera, spesso era grigia... di un grigio scuro.
-Vorrei aiutarla con qualcosa di più della mia presenza- dissi solamente, accennando un sorriso -Purtroppo le mie abilità da pirata non servono a nulla, non ne so niente di magia.
-A parte il fatto che l'ha sempre utilizzata per salvare te.- intervenne il padre della ragazza. Quando notai che continuava a fissarmi, alzai lo sguardo per ricambiare... e allora capii. Aveva un'idea.
-No.
-Potrebbe essere l'unica soluzione.
-No. No, assolutamente no.
-Ma non ti metteremmo davvero in pericolo. Solo... glielo faremmo credere.
-Ho detto di no. Ok? L'ultima cosa che voglio è farla temere per la mia vita... di nuovo. Le ho fatto una promessa e la manterrò. E poi credo di non voler neanche sapere in che modo pensi di inscenare una mia morte, o quello che è...
-Va bene, va bene, era solo un'idea- esclamò, alzando le mani in segno di resa. Non aveva tutti i torti, ma non avrei accettato in nessun caso: sarebbe stato solo peggio. Non poteva essere solo la paura di perdermi ad accendere la scintilla dei suoi poteri... doveva esserci un altro modo, e l'avrei aiutata a scoprirlo.
-Vado a controllare i bambini, poi passo a vedere come sta lei. Tu...- aggiunsi poi rivolto ad Ashley -Potresti usare la scatola elettronica per trovare le coordinate che ha mandato Trilli? E magari cercate di capire come possiamo arrivarci...
-Va bene. Quando torni con Emma ci mettiamo a finire di preparare il pranzo, d'accordo?
-Sì, va bene. È la cosa migliore anche secondo me. Un po' di buon cibo, una cioccolata calda e tutto passa...
Lo dissi più per convincere me stesso in realtà, perché non ero convinto che stavolta sarebbe bastato. Questa volta si trattava di una missione troppo grande, e la preoccupazione non poteva sparire come se niente fosse. D'altra parte, però, non sarebbe di certo riuscita a far funzionare la sua magia con l'umore sotto i piedi: magari un po' di relax era proprio ciò di cui aveva bisogno.
Un istante prima di dirigermi verso la nostra stanza, dando per scontato fosse andata sul balcone, notai la porta dei bambini leggermente socchiusa. La trovai proprio lì, seduta su una poltrona con Leia in braccio e Liam sulle sue gambe. Era sempre stata una donna diversa da tutte quelle che avevo conosciuto, e non mi sarei mai permesso di dire che il suo compito fosse quello di stare a casa a badare ai bambini... ma come mamma, era davvero adorabile. La migliore.
-Emma?- decisi di bussare alla porta, per non coglierla alla sprovvista.
Lei alzò il capo in un primo momento sorpresa, poi con un cenno mi fece capire che potevo entrare. Così feci, in silenzio, e recuperai una sedia per potermi accomodare vicino a lei e i bambini.
-Scusami...
-Che?
-Non volevo dare di matto. È solo che... mi sento così inutile. Capisci?
-Capisco come ti senti, perché lo stesso vale per me.- annuii, allungando la mano per accarezzarle la guancia; -Il fatto è che non sei inutile. Tu almeno ci stai provando... ti stai impegnando. Io non posso fare niente, letteralmente. Non ho poteri... non ho nulla.
-Almeno non ne hai. Io dovrei averli, eppure è come se non ci fossero.
-Vedrai che troveremo una soluzione. Te lo prometto. Non oggi, però... oggi è Natale, quindi andiamo ad aiutare col pranzo... e poi diamo i regali ai bambini, va bene?
-Beh...
-Egali!- esclamò Liam, e a quel punto seppi di averla finalmente convinta. Si aprì infatti in un grande sorriso e stampò a nostro figlio un sonoro bacio sulla fronte, poi si voltò verso di me.
-Tutto suo padre! Già sa come convincermi... va bene Jones. E poi devi ancora scartare il tuo cannocchiale, dopotutto.
-Giusto. E tu il tuo regalo...
-Cosa? Ma l'ho già ricevuto ieri sera...
-Siamo in un altro mondo... e mi sembrava giusto rispettare le tradizioni locali. Quindi hai anche un pacco sotto l'albero da scartare! Se la tua mano funziona ancora, certo, altrimenti te lo scarto io.
-Sei pieno di sorprese, Hook. E la mia mano sta bene, non ti preoccupare!

 

***

 

-Wow, quindi questa... Talebrooke, che nome colorito tra l'altro, non è lontana.
-Per nulla. Probabilmente sarà invisibile, ma Whistable è a meno di due ore di viaggio. Potrebbe essere un inizio, giusto?- suggerì il cappellaio.
-Assolutamente!- confermò Emma entusiasta, studiando la linea azzurra sul computer che collegava Londra alla cittadina di mare.
Dopo un ottimo pranzetto avevamo scartato i regali, il che era stato piuttosto divertente. Il cannocchiale che mi aveva regalato Emma era fantastico, decisamente migliore di quelli che possedevo. Anche lei aveva apprezzato la collana che le avevo regalato, con un ciondolo a forma di cuore formato da un cigno ed un uncino. In un primo momento mi era sembrata un'idea forse un po' troppo sdolcinata, ma quante possibilità c'erano di trovare qualcosa del genere? Ed era valsa la pena, dato che mi aveva riempito di baci.
A Leia avevamo comprato un grande gatto di peluche e alcuni vestitini con cui sarebbe sembrata una bambolina, Liam oltre ai vestiti aveva invece ricevuto una spada di plastica, con tanto di cappello e una giacca in miniatura non molto diversa dalla mia: una prima tenuta ideale per un piccolo pirata! C'erano poi stati altri regali, ed eravamo tutti finiti a letto esausti e con la pancia piena. L'ora di cena, quindi, ci era sembrata l'ideale per fare qualche semplice ricerca.
-Ok. Mentre cerco di far funzionare i miei stupidissimi poteri... dovremmo iniziare a pianificare questo viaggio- concluse Emma, rivolta a me. Io annuii, aveva ragione. Non avremmo avuto bisogno della magia per arrivare fino a lì, e con un po' di fortuna sarebbe riuscita a farla funzionare al momento giusto. Odiavo pensare che ciò avrebbe voluto dire che presto avremmo dovuto separarci dai nostri bambini, ma era qualcosa che dovevamo fare.
-Io penso a prenotare un hotel e cercare di capire se possiamo affittare delle imbarcazioni al porto.
-Woah, aspetta ragazzina... aspetta. Cosa vuol dire possiamo?
-Non chiamarmi ragazzina, pirata. E beh, vuol dire che...
-Vuol dire che ne abbiamo parlato, e verremo con voi- concluse Ashley, lasciando sconcertati sia me che mia moglie. Cosa voleva dire che ne avevano parlato senza consultarci?
Ci guardammo negli occhi, e seppi che stavamo pensando la stessa cosa: non potevamo permettere che ci seguissero in un'impresa così pericolosa, non potevamo lasciare che rischiassero le loro vite.
-No.
-No? Pirata, ti sei già dimenticato che la vostra casa è anche casa mia e di mia figlia? Eppure ci siamo incontrati, e tu sei stato anche piuttosto sgarbato...
-Non fare storie, è stato solo un occhio nero. E no, non me lo sono dimenticato, Cappellaio Matto, però...
-Però niente. Noi verremo con voi.
-Ashley, anche tu? Ma tu sei di qui, hai una vita qui...
-Davvero, Emma? Lavoro in un supermercato per permettermi l'affitto, non ho genitori. O parenti che si interessino a me. Non ho nessuno... se non...- si interruppe, voltandosi verso Jefferson per stringergli la mano. Dovevo ammetterlo, formavano una coppia davvero deliziosa, anche se Ashley non somigliava affatto alla donna con cui l'avevo visto l'ultima volta.
-Io... io non so che dire. Ragazzi... è pericoloso. E poi pensavamo di affidarvi i bambini fino al nostro ritorno e...
-Ci penserò io!- esclamò Grace -Quando sarà il momento, ho promesso a papà che mi farò da parte e non rischierò la vita... baderò io a Liam e Leia. Così non dovrete separarvi da loro già da adesso.
Maledizione, la ragazzina sapeva come suonare convincente, e per quanto la cosa mi mettesse in difficoltà dovevo ammettere che sapeva il fatto sup. Avere i piccoli vicino non sarebbe dispiaciuto né a me né ad Emma, e neanche a loro ovviamente: Leia, soprattutto, era molto piccola... aveva bisogno della sua mamma.
-Dovete lasciarci del tempo per discuterne in privato- decise la giovane, rivolgendomi un'occhiata. Io annuii, era senz'altro la cosa migliore da fare.
-Sentite, coppietta reale, non c'è niente da discutere qui, non l'avete ancora capito? Io e mia figlia vogliamo tornare a casa, e la mia ragazza ha tutta l'intenzione di seguirmi. Con o senza di voi, troveremo un modo per tornare nella Foresta Incantata.
-Ok.
-Cosa?! Emma...
-Cosa vuoi fare Killian? Legarli qui? Jefferson non ha tutti i torti, quella è anche casa loro. E se Ashley vuole cambiare la sua vita... chi siamo noi per fermarla? Io ho cambiato la mia vita e ora sono molto più felice... Tanto vale andare tutti insieme, piuttosto che separati. E Grace... beh, è un'ottima baby-sitter e non possiamo negarlo...
Per l'ennesima volta, aveva ragione. Probabilmente passare giorni interi a discuterne non avrebbe cambiato nulla, e in fondo un'avventura con una ciurma, anche se ristretta, mi mancava parecchio. Un'avventura che avrebbe potuto condurci tutti alla morte, certo, ma dov'era il divertimento senza il rischio? In più, il cappello magico era probabilmente la forma di comunicazione più semplice con Trilli: per quanto fosse difficile ammetterlo, avevamo bisogno di aiuto.
-D'accordo... verrete con noi- mi arresi, per poi puntare il dito contro Jefferson -A patto che facciate quel che vi diciamo di fare. E ruberemo una nave a Whistable.
-Cosa?! Ma se si può affittare...- protestò Grace confusa.
-Certo tesoro, ma io sono un pirata... e che ci crediate o no, anche la principessa qui presente non ha nulla contro un buon saccheggio a fin di bene.
La diretta interessata mi colpì sulla spalla, ma non senza aprirsi in un sorrisino colpevole: dopotutto, era la miglior partner di saccheggi che potessi desiderare!
-Va bene Capitan Uncino, puoi rubare una nave così sei contento.
-Bravo Cappellaio, vedo che inizi a capire. E la prima cosa da fare è rimediare qualche cassa di rum, navigo meglio quando ho la boccetta piena.
-Posso confermare- fece Emma con una risata -E temo di aver preso il vizio anch'io. E comunque... sono contenta che veniate con noi, nonostante tutto. Se torniamo a casa vivi potrete stare a palazzo fino a che non avrete trovato una sistemazione tutta vostra!
-Oddio davvero? Non ho molti ricordi, ma da piccola guardavo sempre il castello e fantasticavo su come sarebbe potuto essere viverci...- fece Grace entusiasta, facendoci scoppiare tutti in una grande risata. Non aveva tutti i torti, la ragazzina, pur essendo stato un pirata mi aveva sempre incuriosito la dinamica del palazzo, il più grande in tutta la Foresta Incantata, tra l'altro.
-Ragazzi...
-Emma, davvero, grazie mille- fece anche Ashley -Io non riesco neanche ad immaginare come possa essere... ma so che... woah. Emma. Cosa...
Il suo sguardo si posò sulla mano della bionda, poggiata sul tavolo. La imitammo anche noi, per rimanere inevitabilmente a bocca aperta: era illuminata da una luce bianca, una luce che conoscevo bene, nonostante fosse passato tanto tempo. La sua magia.
-A quanto pare dovevo solo rilassarmi...

 

Londra, Parco di Richmond

-Tu ne sei sicura, Wendy? Io non voglio privarti della tua vita, io...
-Bae, tu non mi privi di niente- sorrise la giovane, allungando una mano per accarezzare il volto del suo ragazzo.
Nonostante tutta la sua famiglia vivesse a Londra, a Wendy Darling era sempre mancato qualcosa, da quando era tornata da Neverland. Era stata felice di sfuggire alle grinfie di Peter Pan, ovviamente, ma dopo aver scoperto la magia, nulla era più stato abbastanza per lei.
Aveva conosciuto Bealfire o Neal – come si faceva chiamare in quel mondo – nel supermercato in cui il giovane aveva trovato impiego. Aveva fatto cadere tutta la piramide dei tè, senza volerlo, e dopo essersi scusata milioni di volte proponendo di dare una mano, aveva finalmente incrociato il bellissimo sorriso dell'impiegato che tentava di rassicurarla. Erano rimasti incantati l'uno dagli occhi dell'altra, tanto che non si erano mossi per due interminabili minuti, fino a che il supervisore non aveva incitato il ragazzo a mettere tutto a posto.
Era tornata al supermercato anche il giorno successivo, e quello dopo ancora. Fino a che, in un momento di pausa, Neal aveva colto l'opportunità per chiederle il suo nome. Per una settimana avevano continuato a darsi silenziosamente appuntamento in quello stesso posto, per la pausa pranzo, e avevano iniziato a conoscersi.
Dal primo vero appuntamento, poi, tutto era stato sempre più naturale, nonostante Wendy non sapesse che il suo spasimante provenisse da quello stesso mondo che aveva rapito il suo cuore fin da bambina. L'aveva scoperto per caso, un giorno, quando era andata a trovarlo a casa e ad accoglierla c'era stata Belle. E lì, sul tavolo della cucina, l'aveva riconosciuto: un fagiolo magico, lo stesso che aveva utilizzato lei per tornare a casa.
-La Foresta Incantata, è...
-Me l'hai raccontato un milione di volte, lo so che è pericoloso. Ma Bae, è casa tua... lo leggo ogni giorno nei tuoi occhi, tu vuoi tornare lì. Oltre al pericolo c'è tanto altro...
-Se dovessi scegliere tra te e la Foresta non avrei dubbi, lo sai, vero?
-E sei molto dolce, ma... io non ti chiedo di scegliere. Voglio venire con te, lo voglio davvero... la mia famiglia mi mancherà, ma sento che è davvero ciò che desidero.
Baelfire la guardò negli occhi, per cogliere anche il più piccolo segno di incertezza, se ci fosse stato. Ma non lo trovò.
Quel fagiolo magico, a quanto pare, era davvero stato il miglior regalo che avesse mai ricevuto. L'aveva sempre interpretato come un nuovo inizio, e così era stato... ma mai avrebbe immaginato di incontrare Wendy Darling, una meravigliosa ragazza di cui innamorarsi era stato molto semplice. Una ragazza che lo accettava e amava per quello che era, nonostante i suoi trascorsi col padre di suo padre. Era stata una vera sorpresa, quando arrivato a casa l'aveva trovata seduta sul divano, con il fagiolo magico in mano; “Sei stato a Neverland?” gli aveva chiesto semplicemente. Da quel momento in poi, tutto era stato più facile.
-Va bene. Se lo desideri...
-Un'avventura in un nuovo mondo, col ragazzo migliore che si possa desiderare? Puoi credermi, non c'è nient'altro che desideri di più!- esclamò, facendolo scoppiare a ridere divertito. Poi le prese le mani e la baciò, sollevandola da terra. Non era certo di essere ciò che lei descriveva, ma lei era decisamente la migliore ragazza che si potesse desiderare.
-Va bene. Stasera ne parlerò con Belle, tu devi parlarne con la tua famiglia. E se cambi idea...
-Non lo farò. Tornato a casa puoi iniziare a fare le valigie, te lo assicuro!
-D'accordo. Come vuole, milady.
Poi, senza dire niente, avanzarono verso le rive del lago per sedersi sotto un albero a godere ancora un po' della tranquillità che Londra aveva da concedergli. A nessuno dei due importava davvero del luogo in cui avrebbe vissuto, l'importante era rimanere insieme.













 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Come promesso, ecco il nuovo capitolo di questa storia... che procede a rilento, perché preferisco metterci di più piuttosto che scrivere capitoli sbrigativi.
Finalmente, grazie a Trilli, hanno un bel po' di informazioni su cui lavorare... anche se per il momento la magia di Emma fa i capricci... un po' è colpa sua però, non ha mai voluto imparare... eheh. Ha rischiato solo di rompersi una mano, ma l'ha scampata xD
Lei e Killian speravano di lasciare i bambini ad Ashley e agli altri, per non portarli con sé dato che non gli sembrava il caso... ma a quanto pare i piani sono diversi da come se li erano immaginati, e alla fine hanno accettato di lasciarli venire con loro. Per Jefferson è normale voler tornare a casa, e anche a Grace non dispiace... il grande cambiamento è principalmente per Ashley, che ha sempre vissuto nel suo mondo. Ma sente di voler cambiare, di voler seguire il suo neo ragazzo per scoprire cosa ha in serbo per lei la vita... e non ha paura di ciò che dovranno affrontare. Adesso non resta che escogitare un piano... la parte più semplice sarà rubare la nave, dato che Killian è un esperto xD
E stavolta, invece di Talebrooke... c'è Baelfire. Emma non lo sa, ma anche lui è a Londra... e vuole tornare nella Foresta Incantata con la sua nuova ragazza, che non è niente di meno che Wendy Darling. In OUAT li shippavo da bambini, quindi ho deciso che è lei la prescelta xD
Nei prossimi capitoli, vedremo come si svilupperanno tutte le vicende... ho tante idee, e spero di riuscire a scrivere un'avventura degna di quella che hanno avuto nella prima parte di questa ff.
Comunque... non so voi, ma io sono già indietro con un miliardo di serie tv xD E ho aggiunto Riverdale, non so se qualcuno lo sta vedendo... è una serie nuova ma mi piace già molto. E' un po' teen, nel senso che i protagonisti sono dei ragazzi... ma è molto interessante, genere mystery. La consiglio!
Alla prossima quindi, e un abbraccio! :*

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