Stato sentimentale: relazione complicata

di aturiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Haruka Nanase: tratti distintivi e peculiarità ***
Capitolo 2: *** Diario dell'assenza ***
Capitolo 3: *** Spifferi ***
Capitolo 4: *** La posta in gioco ***
Capitolo 5: *** Per te ***



Capitolo 1
*** Haruka Nanase: tratti distintivi e peculiarità ***


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Trovare se stessi può essere drammatico, non è vero? Cercare in un garbuglio di emozioni ciò che si definisce “anima” è difficile, se non impossibile. È quello ciò che vai a studiare ogni volta che t'avvicini allo specchio?

Ti sfiori con le dita e cerchi qualcosa, l'anello di connessione fra te e l'elemento che tanto ami. E quindi assaggi con i polpastrelli la pelle lattea del tuo ventre, i muscoli levigati dalla fatica, dall'acqua e dal sudore che si fonde con essa.
Se qualcuno ti vedesse mentre t'immergi nella vasca nell'intimità del tuo bagno, scambierebbe il lungo sguardo che regali alla tua stessa immagine come superficiale vanità. Mai ci si potrebbe però sbagliare di più: non ti stai ammirando né beando del tuo visto delicato, dei tuoi occhi cristallini o della forma atletica del tuo corpo, invece stai cercando di scorgere sotto la pelle quel novanta percento d'acqua che tutti possiedono, ma di cui nessuno si preoccupa.

A volte ti fermi ad ascoltare la tua stessa voce. Cosa succede quando ti rendi conto del suo suono leggermente roco? Cosa invece quando ne percepisci la vibrazione sottile, sul fondo della gola? Non ti stupisci della sua tonalità bassa, benché tu le permetta di uscire solo raramente. Le persone a te vicine la cercano, eppure tu limiti la sua fuga, intrappolando i pensieri nei confini della tua mente e lasciando che sia più spesso il silenzio a parlare della tua lingua.
Va bene così, pensasti una volta, ma ora? Perché nemmeno volendo, talora, non puoi far a meno di tenere le labbra sigillate? Un velo di ghiaccio ormai ti frena, non puoi liberartene. Anche quando dentro di te urli, la tua voce leggermente roca e dalla vibrazione sottile rimane in silenzio, imprigionata fra i denti.

A cosa pensi quando gli altri si rivolgono a te? Cosa immagini quando qualcuno s'avvicina e ti chiede come stai, col cuore sincero? Annuisci, regali qualche sillaba, doni un sorriso appena accennato, se puoi. Ma non con tutti funziona, non con te stesso: se c'è qualcosa che non va, tu lo sai già ancor prima, eppure non sai spiegare neppure a te stesso il motivo del tuo malessere. Perché fai ciò? Perché continui a fuggire?
Anche in questo caso sai la risposta, eppure non la vuoi dare. Ma te lo dico io, cosa sei: un dolce, malinconico, ingenuo, generoso, silenzioso, inespressivo, intenso codardo. Menti a te stesso continuamente, e non fai che pentirtene, soffri per le bugie che tu stesso ti sussurri. Sei un ragazzo silenzioso che si sconvolge per le lacrime di una persona importante, ma che ne rifiuta il significato per codardia.

Ma nonostante tu sia debole, vile e apparentemente insensibile, accetti di essere chi sei. E il tuo nome, Haruka, imperfetto – a tuo parere – perché stranamente femminile, è come te: rotola sulla lingua liscio come l'acqua fresca sulla pelle e non ferisce, ma regala un brivido lungo la schiena che non si può scordare.

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Capitolo 2
*** Diario dell'assenza ***


 
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Sai bene cosa significhi perdere qualcuno, non è vero, Haruka? Sai cosa si prova quando un giorno ti svegli e ti accorgi che una persona importante è scomparsa dalla tua mente, lasciando un vuoto di cui neppure ti sei accorto. Sei conscio del fatto che le persone se ne vadano, ma non ti rassegni mai a lasciarle andare.

Da bambino vedevi Makoto venire accompagnato a scuola da mamma e papà, l'hai visto giocare con loro, l'hai visto in macchina con loro, l'hai sentito lamentarsi di loro, l'hai sentito sospirare a causa loro. E tu hai annuito, non capendo nulla di ciò che ti diceva, non comprendendo davvero come potesse essere stare con due persone adulte in casa, visto che i tuoi, di genitori, non c'erano mai stati.

Alle medie ti sei chiesto più volte perché i tuoi coetanei avessero paura di prendere un brutto voto, perché s'impegnassero tanto per vincere, passare questo o quel test, superare un ostacolo o semplicemente qualcuno nella graduatoria. Che senso aveva lottare per qualcosa se non per soddisfare se stesso? Perché avrebbero dovuto agitarsi tanto per far contenti due adulti? In fondo i genitori servono per prepararti da mangiare, accudirti quando hai la febbre, dirti cosa puoi fare e cosa no, accompagnarti in macchina a scuola quando sei in ritardo, non a essere felici al posto tuo.

Solo ora hai capito, finalmente, a che cosa serva avere una madre e un padre. Non è una questione di cibo, di febbre, di voti, di evitare i ritardi scolastici, è che i genitori sono coloro che ti hanno creato, che ti hanno dato il dono più grande che si potesse chiedere. E tu quindi hai iniziato a chiederti perché, dopo quel dono, i tuoi genitori abbiano deciso che non volevano nulla in cambio – né i buoni voti né nient'altro – e se ne siano andati via, senza dirti nulla. E ti sei sentito improvvisamente come se ti mancasse qualcosa, come se fossi invidioso di non poterti lamentare di loro, di non poter cercare di diventare più bravo a scuola per loro.

E hai capito che, in realtà, il tuo rapporto con loro nasce proprio dalla loro assenza: se loro ci fossero stati, probabilmente non avresti trasformato Makoto nella tua famiglia, se ci fossero stati non avresti lottato per rimanere libero da gare e numeri, se ci fossero stati avresti avuto paura di sbagliare e se ci fossero stati tu non saresti chi sei. Solo grazie alla loro assenza hai potuto compilare il tuo diario di vita: altrimenti non saresti stato Haruka Nanase, ma qualcun altro.

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Capitolo 3
*** Spifferi ***


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Ci sono parecchi buchi nella tua vita, Haruka: un buco al posto dei genitori, un buco al posto delle corde vocali, un buco nel cuore. Ben presto hai capito che, per risolvere i problemi che una fessura di questo tipo provoca, è necessario tapparla, metterci cerotti e vedere se succede qualcosa di positivo.
Non sei riuscito a tappare molti buchi, Haruka, ammettilo, e ogni tanto gli spifferi d'aria gelida riescono ad attraversare quelle aperture e a farti star male per un po' di tempo, ma tu hai trovato un rimedio.

Se con tutti i buchi che ti ritrovi il freddo è entrato in te abbastanza spesso da gelare gran parte delle tue componenti interne, hai anche scovato qualcosa di molto meglio di un cerotto per chiudere tutti i vari forellini che a malapena nascondi: una coperta calda e morbida in cui rifugiarti. Non curerà nulla, questa coperta, ma per lo meno ogni tanto puoi permetterti di restare in pace con te stesso, di sentirti accolto in qualcosa di bello e dolce, di non aver bisogno di chiudere i buchi per non percepire il freddo perché tutto ciò che ti fa male resta fuori questa tua barriera.

Il bello di questa coperta, poi, è che ha due braccia, due gambe e una faccia, e si dà il caso che abbia anche un nome: Makoto. Sì, perché è lui che ti tira fuori dall'acqua con gentilezza, che ti aspetta ai piedi delle scale sotto casa tua; è lui che ti capisce quando troppe parole non dette vengono risucchiate dal buco che hai in gola e ti strozzano la voce, è lui che ti fa sorridere quando è invece il buco nel cuore a farti sentire freddo, ed è sempre lui che ti abbraccia quando non sai dove andare.

Non c'è nulla di più gradito per un bambino ammalato che essere avvolto nella sua coperta, e non c'è nulla di più prezioso per te che vederti specchiato e rimpicciolito nello sguardo affettuoso di Makoto, niente di più bello che essere accolto da un suo sorriso e dalla sua gentilezza che, a te, pare infinita.

No, non hai fatto per nulla un buon lavoro con i tuoi buchi, ma almeno ci sei riuscito con un amico.

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Capitolo 4
*** La posta in gioco ***


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Sbirci attraverso le vetrate, come ormai hai preso a fare ogni sera. All'inizio, quando i tuoi piedi quasi involontariamente si fermavano di fronte a quell'enorme piscina, dicevi a te stesso di averlo fatto solo perché, per caso, la Samezuka si trovava sulla strada di casa; poi, quando hai incominciato a fermartici di fronte anche durante il giorno, la scusa si è trasformata in “come faccio a resistere dall'osservare una così grande vasca piena d'acqua senza neppure restare per un attimo?”; ora, invece, non tenti nemmeno più di nascondere il tuo sguardo che, quasi famelico, segue quella figura mentre va avanti e indietro per la corsia.

Pensavi che prima o poi ti sarebbe passato, che un giorno ti saresti dimenticato di lui e delle sue lacrime, che tutto il male che ti aveva fatto e i sensi di colpa sarebbero scomparsi, cancellati dal tempo. E invece era tornato e, come se non bastasse, aveva intenzione di vincere contro di te, altrimenti non avrebbe più nuotato.
Che egoista è  – pensi – a farti cadere un tale peso addosso.

Come si fa ad essere tanto stupidi da mettere in palio una cosa così importante? Come si può voler rinunciare all'acqua, al suo sapore, alla sensazione fresca sulla pelle, allo scivolare attraverso – e con – le onde ad ogni bracciata? Niente è più importante dell'acqua: come può una vittoria togliere tutto ciò?
Già solo per questo non lo sopporti, senza contare tutte le volte in cui ti chiama, con quel tono canzonatorio, Haru-chan, o quando ti guarda di nascosto con i suoi occhi infuocati, quando ti tocca anche se sa che ti dà fastidio, quando ride con i suoi compagni facendo finta di nulla, facendo finta di non sentire il tuo sguardo puntato sulla sua nuca.
No, proprio non lo sopporti.
Sbuffi nel silenzio della notte, senza però mai distogliere lo sguardo dalla schiena bianca di Rin, che ancora non ha intenzione di fermarsi. Si sta uccidendo solo per sconfiggere te, sta portando al limite corpo e mente solo per sconfiggere te, ha messo in gioco tutto ciò che ha per te, solo per te.
Ti ha scelto come nemico personale, cancellando gli anni di amicizia e anche quelli di sana rivalità per poter dire io sono migliore di Haruka Nanase. Ma tu, col naso incollato a quella vetrata e la tacita ammirazione che ti sale nel petto, non vorresti far altro che fuggire lontano.

Rin si ferma, proprio in mezzo alla corsia, e rivolge il suo sguardo verso la tua direzione. Sa che lo stavi guardando, quindi fa un ghigno da spaccone – uno dei suoi –, mostrando i denti affilati.
E tu, incapace di sostenerlo, abbassi gli occhi e ti tiri su il cappuccio, fuggendo nella notte.
Hai già vinto, Rin, non lo capisci?

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Capitolo 5
*** Per te ***


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Si abbassa e ti bacia, e tu vorresti allontanarti.
Intrecci timidamente le dita fra i suoi capelli rossi e scarmigliati, luccicanti per la miriade di gocce d'acqua che li ricoprono. Il suo sapore è amaro, i suoi denti pungono le tue labbra fredde, e tu vorresti allontanarti da lui.

Non sai come tu sia capitato in quella situazione, non sai come mai non ci sia qualcun altro al suo posto, eppure, mentre ti avvolge con le sue braccia, ti domandi come abbia potuto aspettare tanto prima di farlo.

Cerchi i suoi occhi, ma trovi solo le sue labbra che, ancora una volta, ti baciano con trasporto. La sua lingua calda raccoglie una goccia di acqua dal tuo corpo, e tu ti senti scosso da un brivido profondo. Senti la tua temperatura corporea alzarsi e vorresti che la smettesse di toccarti, di farlo così.

Improvvisamente si stacca e senti il peso del suo sguardo su di te. Vedi per la prima volta tutto il desiderio che l'ha scosso fino a quel momento, vedi le sue paure esposte volontariamente e non riversate sul tuo viso come lacrime di rabbia e rimorso, vedi le sue labbra arricciate che a malapena si controllano dal baciarti di nuovo, e tutto questo per avere, dopo anni, una risposta. Per avere te.

Sai che è la cosa più stupida che tu possa fare, sai che da quel momento la tua vita potrebbe non essere altro che una corsa infinita senza né meta né riposo, sai che il suo corpo continuerà a sfidarti fino allo stremo e che la sua anima ti vedrà sempre come un rivale, sai che probabilmente non farete altro che farvi del male.
Un rivolo di sangue scorre giù dal tuo labbro inferiore, segno del morso che ti ha lasciato. La raccogli con il dorso della mano e ti viene da ridere, perché ti sta già ferendo.

Senti la pressione delle sue dita iniziare ad allentarsi, vedi i suoi occhi abbassarsi, sconfitti. Sta già perdendo le speranze, sta per ritirare la sua implicita domanda. Il tempo sta scadendo e tu non sai ancora cosa rispondere. Vorresti allontanarti da lì, da lui e da tutto quanto per non dover scegliere un sì o un no.
Ti vengono in mente mille momenti trascorsi insieme, un po' come se la tua vita stesse per raggiungere il suo termine ultimo, e ti viene un senso di vertigine talmente forte che i tuoi occhi azzurri si annebbiano un poco.

Fermi il polso che sta per abbandonare la tua spalla e per una volta decidi tu per lui, per una volta scegli tu di sfidarlo. Vorresti allontanarti, ma, come strattonato dalla tua stessa mano che hai allungato, annulli le distanze fra voi e lo baci.

«Rin».

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