Tè, biscotti e Colepaldi

di LaRagazzaImpossibile
(/viewuser.php?uid=784004)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio vicino Peter ***
Capitolo 2: *** Verde acido ***
Capitolo 3: *** Scommettiamo? ***
Capitolo 4: *** "Wau" ***
Capitolo 5: *** Una Jenna tutta per sè ***
Capitolo 6: *** Groppello 1996 ***
Capitolo 7: *** Caroline ***
Capitolo 8: *** Come fossi a casa tua ***
Capitolo 9: *** Cari lettori, se siete arrivati fin qui, c'è un motivo ***
Capitolo 10: *** Lacrime sottopelle ***
Capitolo 11: *** Chi se ne importa? ***
Capitolo 12: *** Ma lui non è Peter ***
Capitolo 13: *** Torna ***
Capitolo 14: *** Solo una parola ***
Capitolo 15: *** Vuoto ***
Capitolo 16: *** La mia vicina Jenna, vicinissima. ***



Capitolo 1
*** Il mio vicino Peter ***


- Tè, biscotti e Colepaldi -

 

 

PREMESSA:
Eccomi con la mia primissima Colepaldi, voglio proporvi una 
fanfiction leggera, liberamente ispirata ai miei pensieri.
Aspettatevi Jenna come una ragazza comune e Peter
come un uomo comune il cui incontro darà vita ad una 
serie di storie che potrebbero benissimo capitare a tutti noi.
Bando alle ciance: armatevi di tè, biscotti e COLEPALDI!


A Ninfetta, la miglior autrice di Colepaldi dell'universo conosciuto.
______




Pioggia.
Ma va bene così, "tanto qui piove sempre" pensò Jenna mentre il taxi procedeva, non c'era nemmeno traffico quel giorno, scrutava dal finestrino tutte le case, le palazzine e i quartieri di Coventry:
è lì che la sua nuova vita serebbe iniziata.
Ha lasciato la sua città natale per cambiare lei stessa, iniziare un nuovo lavoro e guadagnare quell' autonomia da donna affermata che la sua piccola statura e il suo delicato viso non farebbero pensare.
L'agenzia aveva portato a casa tutti i mobili, ma toccava a Jenna sistemare scatole e scartoffie, cosa che già la faceva sentire stanca ma allo stesso tempo soddisfatta di sapere che la sua vita stava prendendo una nuova svolta, un nuovo sapore, soprattutto dopo ciò che aveva passato, aveva dedicato tutta la sua persona ad una persona sbagliata...ora cercava solo libertà, nè storie, nè coinvolgimenti, pensava solo a se stessa, e non per egoismo.
Tutto nuovo.
Scese dal taxi, i tassisti sono piuttosto scorbutici, quello in particolare, ma tanto chi l'avrebbe più rivisto?
Pagò l'uomo e prese la piccola valigia dove vi era solo qualche dettaglio personale, restò davanti all'uscio di casa sua a fissarla qualche istante: pareti mattonate, finestre dai vetri opalescenti e una porta in legno verde, molto Notthing Hill, anche se quella è blu, ma chi se ne importa, quella porta verde è della sua casa.
"casa mia", suonava così bene.
Anche se effettivamente quella palazzina ospitava tre appartamenti, uno al pian terreno, e due al piano superiore, lei aveva scelto uno del piano superiore perchè ama le terrazze ampie, quella casa ne aveva una grandissima sul retro che si affacciava sulla piazza.
Entrò nell'ampio atrio e ammirò le Sue scale, quanto piacere c'era nel descrivere tutto ciò che vedeva come "suo": le scale del Suo ingresso, l'ascensore del Suo palazzo, il colore della Sua porta, della Sua casa.
Non prese l'ascensore, salì con calma fin quando arrivò davanti al Suo appartamento.
Una porta color avorio lucido, era affiancata ad una porta color mogano.
infilò le chiavi nella serratura e sorrise a leggere il cartoncino provvisorio del suo nome vicino alla porta.
"Jenna-Louise Coleman".
Vorrebbe metterci una targhetta color argento con il suo nome, come quella sulla porta affianco del suo vicino, davvero una bella targhetta,
"Peter Capaldi" lesse mentre apriva per entrare.

Scatole, scatoloni, carte, cellophan, plastica, oggetti, pellicole, poltrone incartate, mobilio vario, vasi...tutto insieme, la visione la stordì pensando a quanto avrebbe avuto da fare, ma il viaggio era stancante, figuriamoci con il tassista scorbutico.
Solo una piccola poltrona era scoperta.
Jenna posò la valigetta a terra e sprofondò sulla poltrona guardandosi intorno e pensando a come avrebbe potuto sistemare mobili e tappezzerie varie, aveva scelto con cura ogni dettaglio dell'arredamento.
Stette così quasi un'ora a pensare, fino a quando decise di darsi una mossa.
Tolse i pantaloni, gli scarponcini e la camicia e comodamente si infilò nella tuta grigia e nella maglietta nera accomodando i piccoli stanchi piedi in pantofoline rosse che attiravano tremendamente l'occhio.
cominciò a scartare qui e lì, iniziando a spostare i piccoli soprammobili per posizionare gli arredi.
Quattro colpi alla porta interruppero il suo lavoro, si fermò con la bocca socchiusa pensando a chi sarebbe andato a cercarla, e all'imbarazzo che avrebbe provato a causa della situazione in quelle stanze.
Aprì la porta.
"Salve" una slanciata figura si materializzò davanti alla sua.
"Sulla cinquantina, alto, magro quanto basta, anzi forse troppo, occhi azzurri, capelli brizzolati ricci, volto abbastanza segnato, mani ossute e dita modellate ad arte..Salve!" il saluto di Jenna interruppe il suo filo di pensieri, nemmeno Sherlock Holmes potrebbe pareggiarla quando si tratta di analizzare fisicità di sconosciuti.
"Peter Capaldi" disse l'uomo tendendo una mano verso di lei per presentarsi.
"Oh, lei è il vicino!" rispose lei sorridendo e stringendo la sua mano di rimando.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Verde acido ***


- Tè, biscotti e Colepaldi -
 


Capitolo 2: Verde acido.
______


"oh, perdonami, mi trovi un po' incasinata" disse imbarazzata.
Imbarazzata soprattutto dal fatto che il suo vicino era ben vestito al momento, anche se era in tuta, completamente nera, maglietta nera e felpa sbottonata grigia, scarpe da ginnastica nere, oddio, non era proprio ben vestito, ma era ordinato, forse per questo era vestito bene, bho, troppi pensieri.
"tranquilla, stavo andando a fare una corsetta, so che sarebbe arrivato qualcuno in questo appartamento ma...non immaginavo te" disse guardandola dall'alto al basso.
Eccolo qua, un altro piacione, un rimorchiatore seriale.
Ma che vuole?
"ahahah" forzò una risata, era troppo indaffarata, non poteva occuparsi dei vicini, soprattutto ora.
Anche se lui effettivamente...no dai, lasciamo perdere.
Voleva liberarsene, non per scortesia, ma perchè era indaffarata e terribilmente a disagio, per fortuna aveva ancora il trucco addosso.
"Che ne dici, ci vediamo per pranzo? Non credo tu riesca a cucinare dato lo stato della tua casa".
Ma grazie.

"ohw, io credo di avere da fare per quell'ora.."
"sono un ottimo cuoco" disse strizzando un occhio, dai Jenna, tanto se metti scuse prima o poi il pranzo con questo te lo devi appioppare.
"Va bene allora, ci vediamo per pranzo" sbiaccicò un sorriso.
"A dopo!" e si mise in corsa per le scale.
Jenna alzò gli occhi al cielo e chiuse la porta, "che pallone gonfiato", disse sbuffando e tornando ad ammirare l'infinito lavoro e i mobili che erano lì a dirle "spostami, scartami, puliscimi..".
Tre ore per scartare e posizionare mobili dell'ingresso, tra una mela, un bicchiere d'acqua e qualche poltrona spostata a ritmo di musica canticchiando canzonette commerciali, l'ingresso fu pronto, o quasi, c'era solo da posizionare i soprammobili.
Le 12:10, Peter potrebbe tornare da un momento all'altro, non importa ma una sistemata dobbiamo darcela.
Corse in bagno e si buttò nella doccia, lavò anche i capelli rovinati dall'umidità della mattina, infilò i primi pantaloni liberi, un paio di ballerine e una camicetta, si rifece il trucco, qualcosa di semplice e tirò i capelli in uno chignon, giusto per stare più fresca.
Passò la prima mezz'ora.
Un'ora.
Un'ora e venti.
Stava cominciando seriamente ad avere fame.
Tanta fame, un po' per la stanchezza della mattinata, un po' per l'orario, un po' per l'ansia che può recarti pranzare con uno sconosciuto appena conosciuto.
Ecco le quattro bussate ancora una volta.
Aprì la porta con aria funesta, Jenna potrebbe spaccare tutto quando ha fame.
"Hey!" disse Peter con il corpo penzolante sostenuto solo dalla mano poggiata al cornicione della porta di Jenna, evidentemente stremato dalla corsa intensa.
Ma quale 'hey!'?? potrei mangiare anche te in questo momento, voleva dirglielo, ma per non sembrare scortese riuscì solo ad abbozzare un sorriso sbieco.
"Peter" disse più in tono affamato che di saluto.
Era sudato, ma dalla maglietta nera ciò non traspariva, al contrario invece si vedeva chiaramente da qualche macchia sulla felpa grigia, la fronte lucida, i capelli trasandati.
"allora..che si mangia?" chiese Peter staccando la mano dal cornicione, Jenna spalancò gli occhi e schiuse la bocca, il suo sguardo era coperto da un velo tra lo stupito e l'irritato, tanto che l'unico pensiero che le frullò in testa fu "cosa?? Mi ha invitata lui! Dovremmo mangiare da lui!".

"eh eh eh!" rise scherzosamente Peter battendo un colpo con le mani e putandole gli indici "te l'ho fatta ahahah".
"aaah" Jenna emise un suono che doveva essere una risatina, ma aveva troppa fame per pensare al tipo di risata da sfoggiare, così quello stupido suono era evidentemente una risatina da presa in giro.
"Dai è pronto" disse lui battendo un colpetto sulla spalla della vicina.
Jenna varcò la soglia di Peter, e le si aprì un appartamento meraviglioso, arredato esattamente come lei aveva immaginato di arredare il Suo: mobilio moderno, colori sobri abbinati a tenui e qualche fermo di colore acceso che accentuava i dettagli importanti e i punti salienti della casa.
Il soggiorno era ampio, pavimento bianco lucido, una pianta grassa all'entrata su un ripiano in vetro dalle linee eleganti, un divano al centro nero con tre cuscini verde acido, due pouf ai lati del divano, uno bianco, l'altro verde acido, un tappeto nero, sotto il tavolino basso che precedeva l'enorme mobilio con un altrettanto enorme televisore a schermo piatto, un balcone con un tendone grigio e qualche quadro appeso qui e lì.
Un Kandinskiji sulla parete e un Picasso sull'altra.
"prendo il pranzo, accomodati" disse Peter interrompendo ancora una volta il suo filo analitico.
Jenna annuì e lo seguì in cucina prendendo posto al tavolo, la cucina era più piccola, nulla di interessante, anzi, forse la stanza meno interessante dell'appartamento.
Peter prese due confezioni in cartone bianco e la guardò stranito.
"Perchè sei seduta lì?"
Jenna imbarazzata si alzò, con lo sguardo confuso, questo tizio è Sheldon Cooper, gli ho rubato il posto, pensò.
"Io non mangio mai in cucina, solo nel mio salotto".
"ohw, okay" disse Jenna, stupita dal fatto che nel salotto appena analizzato, non vi erano tavoli da pranzo, impossibile le fosse sfuggito.
Peter la invitò a sedersi sul divano, stessa cosa fece lui.
Con aria trasandata poggiò i piedi (con le scarpe) al bordo del tavolino sul tappeto nero che precedeva l'enorme mobilio.
Jenna lo guardava sempre più stupita, era seduta ben composta all'angolo del divano con il suo cartonato del pranzo in mano.
Quella situazine le bastò per capire che tipo eccentrico e frivolo era Mr. Capaldi, un uomo dal nome elegante e dai modi ambigui, decise di comportarsi in base a ciò che aveva analizzato.
"Così sei un ottimo cuoco?" disse guardando nel cartone di cibo comprato dal cinese della strada.
"Certo! -disse lui- sono io che ho portato lo zongzu dal cinese di sotto, lui lo ha cucinato, ma l'idea è stata mia..in pratica l'ho cotto io!"
Jenna scosse il capo divertita e cominciò a mangiare gli zongzi.
"Allora Coleman, come mei sei qui?" chiese con il boccone pieno,
"Vivevo a Cardiff, con la mia famiglia, ma mi sono spostata a COventry per motivi...personali" disse mandando giù,
"molto personali?"
"vuoi che ne parli davvero?"
"oh no, se non vuoi no..dimmi, di cosa ti occupi qui?"
"sono ancora alla ricerca di un lavoro stabile, ma per ora lavoro nella caffetteria di un amico di mio fratello, tra due giorni inzierò, il tempo di sistemare l'arredamento"
"posso darti una mano quando ne hai bisogno"
"grazie..tu invece? Mr. Capaldi?"
"no, nonono, non chiamarmi 'Mr.' sembra ancora più vecchio di quanto già non lo sia".
"nah, non penso tu sia così vecchio"
"mh -disse Peter deglutendo- quanti anni ho secondo te?"
"no dai, non farmelo dire -disse Jenna agitando una bacchetta- farei una figuraccia"
"tranquilla, ne ho meno di 150"
"ohoh! Grazie ahahha" rise divertita, era la prima volta che non si sentiva a suo agio con un neo-conosciuto.
"dai su... quanti me ne dai?" chiese Peter poggiando il cartone sul tavolino e fissandola sfoggiando uno pseudo sguardo magnetico, parodizzando gli attori sexy.
"mmh...- la metteva davvero in imbarazzo indovinare l'età della gente-  149?" disse lei sorridendo.
"oh! -disse Peter portandosi una mano alla fronte, Jenna pensò che non avesse gradito la battuta, Peter spostò la mano sugli occhi come per coprirli e aprì due dita come spavanetato da una scena horror -mi hai scoperto".
Risero entrambi continuando a mangiare.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Scommettiamo? ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-
 
Capitolo 3: Scommettiamo?
_____



I cartoni di cinese si svuotarono, ma Peter e Jenna restarono a chiacchierare, lei sempre seduta composta, lui no, a questo proposito Peter intervenne "Ma non stai scomoda?"
"cosa?" chiese Jenna stranita.
"andiamo, non sei a casa di un avvocato o roba simile, mettiti completamente comoda" disse battendo la mano sul divano.
"è il tuo tavolino quello"
"l'ho messo apposta davanti al divano, per i piedi"
"un tavolino per i piedi?" chiese Jenna quasi infastidita dalla superficialità del soggetto.
Peter rimase in silenzio e percorse con lo sguardo le sue gambe ad angolo e i piedi di lei saldati a terra attaccati l'uno all'altro, di scatto afferrò le caviglie di Jenna che scivolò portando la schiena al posto del sedere, stava per cadere dal divano.
"nono fermo!" Peter poggiò i piedi di Jenna al tavolo e diede un colpetto sulle caviglie, Jenna stupita del gesto inaspettato spalancò gli occhi e la bocca, Peter la guardò accennando un sorriso mentre lei si rimise a sedere e si appoggiò allo schienale lasciando i piedi sul tavolino.
"effettivamente...è comodo"
"Te l'avevo detto!" disse lui mettendosi nella stessa posizione, prese il telecomando e cominciarono a fare zapping casuale.
Trovarono un canale che trasmetteva un programma di moda, ed erano lì, spaparanzati come dopo un cenone natalizio senza la forza di alzarsi a causa della sazietà, anche se non erano pieni, ma era una bella situazione.
"adoro questi programmi" disse Jenna indicando il televisore con l'indice.
"davvero? Io li trovo...inutili" disse Peter sbuffando all'idea di dover lasciare quel canale.
"perché? Sono carini!"
"è assurdo che qualcuno ti dica come vestirti, ognuno fa ciò che vuole, non puoi dirmi 'per una serata di gala devi mettere giacca e cravatta, per il girono un paio di jeans, per il lavoro la camicia e bla bla bla" -disse scimmiottando i conduttori e gesticolando a mezz'aria gesti indecifrabili.
"l'abito rende un Uomo un Signore" disse Jenna guardandolo con la testa affondata nel divano nero.
"a me vieni a parlare di essere Signore? Ci conosciamo da stamattina e ti ho invitata a mangiare da me sul divano -disse accentuando la parola- e ora sei coi piedi sul tavolino del mio salotto"
"posso toglierli se vuoi" disse Jenna sorridendo,
"non è questo il concetto, francamente non capisco perchè una cosa che da fastidio a noi dobbiamo farla per accontentare gli altri, se a me non piace pranzare formalmente con la mia giovane e bella vicina, ma mi allieta di più mangiare come abbiamo fatto, beh, lo faccio".
"non ti do torto" rispose Jenna esitando un istante.
"ma... -disse Peter allungando l'indice verso di lei- non vuol dire che io non posso dimostrarmi un..signore, come dici tu" abbassò e azò l'indice ad ogni parola.
"ah! Secondo me non riusciresti a sembrare galante", Peter la guardò corrugando le sopracciglia, 
"non sto dicendo che non sei un cavaliere, ma credo che non sia nella tua personalità, non è un'offesa, ma se sei così, lo sei e basta credo".
Peter si mise a sedere poggiando i gomiti sulle ginocchia divaricate.
"Scommettiamo?" disse in tono di sfida.
Jenna si mise nella stessa posizione per paraeggiarlo, ricambiò lo sguardo di sfida e disse in tono provocatorio "e come?".
"Stasera ti porto a cena fuori -disse Peter- e ti dimostrerò che l'uomo più pacchiano che tu conosca nasconde... -unì pollice e indice davanti ai suoi occhi socchiudendoli e corrugando la fronte-...la più fine galanteria conosciuta".
Jenna alzò lo sguardo pensando all'idea di dover mangiare di nuovo con lui, non la infastidiva per carità, era uno sguardo che diceva 'eccolo a vantarsi'.
Fissò un attimo il televisore, poi guardò Peter, arricciò le labbra in tono riflessivo: "mh -disse- ci sto" aggiunse allungando la mano per farsela stringere in segno di accettazione della sfida.
Peter guardo la piccola mano raffinata e minuziosa, la prese e fece il baciamano, e tenendola delicatamente tra le dita, alzò lo sguardo verso Jenna per concludere "alle 20.30, madame".
Jenna sorrise e il suo sguardo si illuminò, a tutte le donne piace il baciamano.
"cominci malissimo" disse ridendo, provocando uno sguardo incredulo di Peter che si era tanto impegnato nel gesto.
Leggera, la ragazza si alzò con un gesto veloce e se ne andò verso la porta lasciando il poveretto in posizione baciamano con la mano sospesa.
"Perchè comincio malissimo?" chiese canzonando.
Jenna aprì la porta e uscì, e prima di chiuderla del tutto, con un ultimo sorriso aggiunse "a stasera" e la porta color mogano si chiuse.
Peter sorrise, "a stasera".

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** "Wau" ***


-Tè, biscotti e Colepaldi -
 
Capitolo 4: "Wau"
_____

Jenna si chiuse la porta di Peter alle spalle, sorrise, si fermò un attimo e sgattaiolò nel suo appartamento perennemente in disordine.
Erano le 16:45, e alle 20:30 mancava ancora molto.
Prese dei soldi e decise di andare a fare un giro in cerca di qualcosa per la serata.
Coventry offriva tanto, tanti negozi, outlet e cose bellissime.
Entrò in un centro commerciale a caso, attirata da due splendidi abiti in vetrina, uno rosa antico, uno nero, lunghi e meravigliosi, forse troppo lunghi, almeno per lei.
Chiese consiglio alla commessa: "salve, ho una serata importante oggi, una cena particolare, ho bisogno di un abito adatto".
La commessa fu lieta di aiutarla, le mostrò gli abiti più raffinati: brillanti, scollati, stile impero, da gala, alcuni addirittura le fecero pensare di essere troppo per una serata con un galante impacciato.
Venne colpita da un abito blu navy, lungo fino a terra, con le spalline larghe, abbastanza aperto sul retro, aderente fino ai fianchi, ma morbido lungo tutte le gambe.
Preso.
Il prezzo era anche abbastanza ragionevole, quindi non si lasciò sfuggire l'offerta, prese l'abito e basta, scarpe e stola li aveva già, avrebbe messo entrambi neri.
Si riavviò soddisfatta verso casa, facendo attenzione a non farsi vedere con l'acquisto da Peter.
Ne aveva di abiti eleganti, ma uno in più fa sempre bene.
Aveva ancora tempo, così decise di continuare a mettere a posto casa, entrando ancora una volta nel morbido outfit casalingo.
Entro le 19:00 il soggiorno si completò, così decise cominciare a prepararsi, mise via lo chignon, e creò un'acconciatura elegante, ma non troppo appariscente mentre divertita pensava a quanto impacciato sarebbe potuto risultare Peter nella serata, forse l'avrebbe portata a mangiare una pizza in una pizzeria che lui potrebbe ritenere raffinata perchè puramente italiana, o magari l'avrebbe portata a ballare il twist, o magari avrebbero bevuto birra seduti su una panchina in abiti eleganti.
Tutti questi pensieri la divertivano.
Niente rossetto rosso questa sera, sarebbe risultata sproporzionata ed aggressiva, anche se lei adora il rossetto rosso acceso, il suo trucco da sera era concentrato sugli occhi resi profondi e felini dal nero, le labbra erano semplicemente lucide, indossò i gioielli più eleganti e l'orologio più fine che aveva, tolse anche lo smalto color vinaccia, le sue piccole mani risultarono delicate e decorose.
Infine mise le sue meravigliose decolletè nere lucide e la stola nera trasparente, fu proprio quando se l'avvolse sulle piccole spalle che le quattro famose bussate rintonarono sulla Sua porta.
Il cuore accellerò a dismisura.
Perchè? 
Boh.
Si avvicinò alla porta, abbassò la maniglia e fece un respiro profondo prima di aprirla.

Oh, Peter.

Indossava uno smoking completamente nero, gli unici punti meno oscuri erano la camicia di raso sotto la giacca e le sottili righe grige della cravatta nera, anche la lucentezza delle scarpe dava un certo effetto.
Tutto quel nero incorniciava perfettamente il suo viso pallido, i suoi occhi color oceano e i suoi capelli brillanti.
Peter si era preparato lo sguardo più affascinante del mondo, ma venne smorzato da una valanga di parole che non osavano uscire dalla sua bocca se non con un secco e sospirato "wau" lasciando socchiuse le sue labbra sottili.
Jenna abbassò lo sguardo imbarazzata e sorrise "wau è un termine cavalleresco?" chiese ironicamente.
"sei...meravigliosa", non riuscì a ringraziarlo, era tanto imbarazzata quanto compiaciuta, per darsi sicurezza alzò il mento e accennò ad un sorrisetto fiero e furbo, porse la mano a Peter, che ancora una volta tornò a scaldarla con il baciamano più raffinato di sempre.
"ecco dove avevi sbagliato -disse lei, Peter curioso di sapere l'errore alzò lo sguardo verso i suoi occhi penetrando le iridi color nocciola di Jenna- il baciamano si fa in piedi, sempre".
Tornò a sfoggiare lo sguardo affascinante che aveva studiato mentre metteva la cravatta: orecchie tese per allungare gli occhi, ghignetto malizioso all'angolo della bocca e testa leggermente chinata di lato, ma proprio leggermente, perchè era perfetto, porse il braccio a Jenna che sorridente lo avvolse con il suo, si voltò e chiuse la porta.
"Dove andiamo?" chiese mentre scendevano elegantemente le scale.
"in un posto speciale per una serata speciale" rispose sfoggiando tutta la serietà che aveva.
Uscirono dalla palazzina ed entrarono nella macchina di Peter, una volvo s60, bella macchina.
Come galanteria richiede, Peter aprì la portiera, prese la mano di Jenna e la fece accomodare in macchina per poi chiuderla e dirigersi al lato guida.
Percorsero qualche kilometro, in silenzio, Jenna ammirava dal finestrino le strade notturne di Coventry,  illuminate dalle luci e dai colori delle vetrine.
Arrivarono in un ristorante, Peter parcheggiò e, ovviamente, scese dall'auto per aprire ancora una volta la portiera di Jenna.
Chiuse l'auto e ancora sottobraccio a lei entrarono nel locale.
"red velvet -illustrò Peter alzando lo sguardo verso l'insegna- il mio ristorante preferito", Jenna annuì e ammirò il cortile del ristorante, ovviamente troppo freddo per restare fuori.
Entrarono, il salone era ampio, le vetrate ampie, i tavoli piccoli e riservati, minuziosamente decorati con vasi di camelie.
Rosso, quasi tutto.
Le tende ampie di velluto delle finestre, i tovaglioli sulle eleganti tovaglie color avorio, i cuscini delle sedie decorate.
Si diressero verso il tavolo, decorato come tutti da un fine vaso di camelie bianche, su di esso era posta una sottile etichetta che in un corsivo delicato idicava "Capaldi - Coleman".
Le spostò la sedia, e Jenna si sedette prendendo in mano l'etichetta.
Peter si sedette accanto a lei e spezzò la tensione leggera che si avvertiva insieme all'odore di mare e al suono del pianoforte di turno quella sera: "almeno non hanno scritto Mr. Capaldi".
Jenna sorrise e cominciarono a parlare.
"Allora?" chiese Peter curioso sperando di aver centrato ogni cosa.
Ancora una volta Jenna alzò il mento con aria superiore "non saprei, finora sei andato bene, ma la serata non ancora inizia".
Peter annuì sorpreso, mosso ancora di più dalla sfida e dal 'ora vedremo chi vincerà'.
Le portate arrivarono, il menù lo aveva scelto Peter personalmente, un menù semplice, pesce soprattutto, un antipasto, un primo, due secondi e un contorno.
Nulla che appesantisse, la cena era alleggerita dalle loro conversazioni, dalle risate, e da quanto bene si sentissero l'uno accanto all'altra.
Peter riuscì a mettere galanteria e raffinatezza in ogni gesto: dal prendere il tovagliolo per pulirsi le labbra, al versare il vino a Jenna, ad afferrare il calice dello stesso, a parlare, tutto.
Ciò sorprese davvero Jenna, lei non aveva bisogno i sforzarsi, possdeva tutta la classe che il momento richiedeva.
"mi ricordi un personaggio di una storia che mi raccontava mio padre" disse lei;
"sarebbe?"
"Il cavaliere d'argento, un ragazzino scalmanato di giorno, ma un gentiluomo di sera"
"oh si, la conosco"
"mi ricordi lui" sorrise Jenna,
"è un onore" disse Peter portandosi il vino alla bocca.
Ad un certo punto la serata prese una svolta, Peter si alzò e con una mano dietro la schiena, rivolse l'altra a Jenna ancora seduta per invitarla a ballare.
Jenna esitò qualche istante fin quando Peter aggiunse "sono un cavaliere d'argento che invita la sua dama, la dama non può rifiutare".
Jenna guardò divertita prima la sua mano elegante e segnata, poi guardò lui fin quando poggiò la sua piccola mano decorosa sulla sua e si alzò in piedi.
Era elegante anche il modo in cui Peter la condusse sulla pista, le due mani sollevate fino a quando arrivarono al centro, si fermarono di fronte reciprocamente, le mani che si tenevano cominciarono a incastrarsi mentre la piccola mano si poggiò sulla grande spalla, e la grande mano sulla delicata schiena.
"Oh non ci credo -disse Jenna tremante- mi stupisci davvero".
Peter non smontò di una vigola il suo sguardo  prima di iniziare a muovere i piedi finchè annuì alzando le sopracciglia e cominciarono a ballare.
Ballavano molte coppie, ma loro due...bhe, erano loro due.
Jenna formalizzò la situazione: "non mi hai detto però di cosa ti occupi tu" disse;
"io sono un editore, ho una piccola casa editrice, do vita alle storie delle persone", Jenna annuì complice ruotando la testa e arricciando le labbra.
"ma -continuò Peter- nel tempo libero sono un artista" detto questo lasciò la mano di Jenna e la fece roteare elegantemente su se stessa due volte riprendendola e incastrando perfettamente la sua mano in quella di lei, i loro volti si ritrovarono a pochi centimetri di distanza, la danza si fermò qualche secondo e riprese quando Jenna chiese "un artista?".
Di nuovo leggermente distanti.
"Hai presente i quadri appesi nel mio appartamento?" continuavano a ballare.
"sisi" rispose lei.
"Li ho dipinti io, copiando ovviamente Picasso e Kandinskiji, che è il mio preferito".
"Perchè adori Kandinskiji?" ma che domanda è Jenna?? -pensò.
Peter alzò gli occhi "Kandinskiji, i suoi quadri sono molto confusi, pieni di macchie di colori irregolari -cominciarono ad avvicinarsi- eppure se li osservi bene conservano un ordine perfetto, è l'artista che ha creato l'ordine...dal caos, mettendo la sua anima nelle sue opere..guarda me, guardami stamattina, ma guardami ora".
Jenna si sentiva completamente drogata dalle sue parole, pendeva dalle sue labbra.
O era il vino?
Il ballo si concluse, Jenna pensò a quanto ordine c'era nel disordine di un impacciato artista di giorno ma di un cavaliere d'argento di notte.
La serata si concluse fuori dal locale, passeggiarono per le vie raffinate di Coventry, sottobraccio.
"allora -chiese Peter- quali sono queste cose molto personali?"
Jenna abbassò lo sguardo, ma decise di confidarsi "a Cardiff, ho conosciuto un ragazzo, Samuel, siamo stati insieme per..tanti anni, dovevamo sposarci, a breve.."
"sposarvi? Così giovani?"
"è amore..l'età non conta -rispose Jenna- o meglio lo era, ma la sera prima del matrimonio, io ero fuori per l'addio al nubilato, lui anche..ci saremmo sposati, se non fosse per il fatto che...la mattina del matrimonio era nel nostro futuro letto coniugale con una ragazza di troppo"
"oh, mi dispiace, era ubriaco?"
"no, mi ha tradita di proposito, o meglio era da tempo che quei due se la spassavano, ma l'ho scoperto nel giorno sbagliato secondo lui, parole sue"
"io credo che tu l'abbia scoperto al momento giusto"
"dai, non parliamone" 
"oh certo"
"ascolta, sono un po' stanca, parlare di ciò mi fa sempre un certo effetto, dato che la cosa è successa...recentemente"
"perdonami se ho tirato fuori l'argomento" disse Peter imbarazzato mentre si rigiravano per dirigersi alla macchina.
"ma figurati, anzi...sono felice di aver incontrato qualcuno come te, sei riuscito a darmi una smossa".
Peter sorrise.
Arrivarono alla macchina, e di nuovo lui aprì la portiera, "galante fino alla fine, eh?" riprese Jenna facendolo sorridere ancora una volta.
Tornarono a casa e i gesti galanti furono sempre quelli.
Salirono le scale e si trovarono davanti alla porta di Jenna.
Infilò la chiave nella serratura e si girò di fronte a Peter che era vicinissimo a lei.
Si era avvicinato mentre lei apriva con le chiavi.
Restarono qualche secondo in silenzio, anche coi tacchi, Jenna era più bassa di lui, erano così vicini che lei sentiva il suo profumo di muschio piacevolmente aromatizzato con il vino di quella sera.
Era il caso di dirlo "wau".

Peter chinò leggermente la testa di lato e abbassò lo sguardo sulle labbra di Jenna, anche lei spostò lo sguardo sulle sue labbra.
Jenna fece un passetto indietro e Peter poggiò le mani alla porta all'altezza dei fianchi di Jenna, ma senza toccarla.
Le loro labbra erano vicine quanto i loro profumi.
Il cuore di Jenna voleva esplodere, ma lei no.
"Peter" -interruppe il momento, Peter allontanò la testa;
"mh?" -emise un suono interrogativo a voce bassa e tremendamente calda;
"stai perdendo la sfida" sussurrò lei continuando a fissare le labbra di lui, finchè le loro pupille tornarono a incastrarsi perfettamente.
Peter comprese, il ghignetto affascinante modellò ancora una volta l'angolo delle sue labbra, tutto il fiato che si era preparato a trattenere lo spinse fuori col naso, senza sembrare deluso, chiuse gli occhi e li riaprì, consapevole che non poteva esserci nulla quella sera.
Neanche un bacio
Aveva paura di aver rovinato la serata.
"Sono stata benissimo" disse lei a voce calma e roca, cosa che compiacque  il suo cavaliere d'argento;
"anche io -disse allontanandosi- buonanotte Jenna" -baciamano. Sorriso di lei.
"Buonanotte" sussurrò, ed entrambi tornarono a casa propria.
Spogliati, via il trucco, via la cravatta, via le scarpe lucide, via la stola, entrambi.
Entrambi nel proprio letto, entrambi nello stesso momento.
Ma nessuno dei due dormiva.

E non avrebbe dormito nessuno quella notte.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Una Jenna tutta per sè ***


- Tè, biscotti e Colepaldi -


Capitolo 5: Una Jenna tutta per sè
_____

Peter restò seduto sul letto tutta la notte, prese sonno solo verso le 4 del mattino, mentre Jenna aveva deciso di continuare a sistemare casa, di notte, chi non lo fa? Era per distrarsi, non che ci fosse qualcosa da cui distrarsi, ma non voleva che Peter occupasse troppi suoi pensieri, era uscita da una storia difficile, non voleva che qualcuno potesse già entrare ancora nella sua mente.
Per tutta la notte era riuscita a sistemare i dettagli del soggiorno e a mettere a posto la cucina, entrambe stanze abbastanza ampie.
La prima cosa che saltava all'occhio varcando la porta di Jenna era una libreria di legno bianco opposta alla parete della porta, accanto alla libreria un tavolinetto con un vaso di girasoli e una boccia per i pesci senza pesci.
Al centro della stanza c'era un divanetto due posti beige con una poltrona beige stesso modello del divano, di fronte ad esso c'era un mobilio basso con una tv molto più piccola di quella di Peter, dietro al divano c'era un tavolo in vetro e ferro battuto con quattro sedie, su di esso, Jenna aveva posizionato un elegante runner beige e al centro un vaso di vetro delicato vuoto.
Dal divano al mobile della tv c'era un tappeto nero che richiamava le linee del lampadario e il colore del televiore.
Soggiorno finito.

Erano le 5:30 del mattino quando Jenna andò a dormire, rivolgendo un ultimo pensiero alla serata e addormentandosi con un sorriso accennato.
Entrambi dormivano.
DOpo un paio d'ore Peter si sveglio per prepararsi al lavoro, si infilò nella doccia e aprì il getto d'acqua fredda, Peter fa sempre la doccia fredda al mattino, dice che riesce a svegliarsi meglio, anche se quella mattina svegliarsi fu difficile anche per lui, Jenna aveva occupato la sua testa, Jenna aveva occupato la sua casa, Jenna aveva occupato lui, anche quando non era lì, c'è una Jenna nella mente di Peter, una Jenna mentale, ed è solo sua, una Jenna tutta per sè.
Jenna mentale lo vedeva, lo vedeva vestirsi, lo vedeva scegliere il maglione, lo vedeva bere il caffè, lo vedeva quando baciava le donne, Peter bacia sempre tante donne, finora l'ha sempre fatto.
Ma ora c'è Jenna mentale che lo vede.
Ma che vuole? Non per essere scortesi, ma Peter vuole baciare le sue donne in pace.
Prese la valigetta e uscì dall'appartamento, fissò la porta di Jenna, era intenzionato a bussare, entrare aspettare che lei si presentasse con la camicetta o con la tuta, indifferente.
Avrebbe lasciato cadere la valigetta a terra perchè con una mano gli avrebbe preso il viso, con l'altra il fianco, avrebbe posseduto le sue innocenti labbra mentre lei avrebbe indietreggiato vorticosamente, le sue labbra l'avrebbero mangiata, avrebbero mangiato la sua lingua, morso la sua pelle e spinto il suo corpo su quel divano nuovo lanciando all'aria i cuscini verde acido, sempre se lei ne avesse, poi sarebbe stato tutto lì, sarebbe stata sua.
Sarebbe.
Ma nè bussò, nè buongiorno, nè baci o erotismi vari.
Abbandonato il dolce mare di pensieri, Peter si riprese e si incamminò per le scale, non poteva prendere l'ascensore, la sua Jenna mentale l'avrebbe visto, chissà se la sua Jenna mentale ha letto i suoi pesieri, e se li ha letti, chissà cosa ne pensa.
Si infilò in macchina sbattendo la valigetta sul posto accompagnatore, mise in moto e partì, nello specchietto retrovisore c'erano gli occhi della sue Jenna mentale.
Intanto la Jenna reale si svegliò nella stanza da letto che era l'unica da mettere a posto insieme al bagno, che poi il bagno è piccolo, quindi non conta molto come stanza.
Andò in cucina, prese una tazza di cereali, o meglio, prese una tazza per i cereali, dato che i cereali non li aveva, avrebbe dovuto fare la spesa, dato che i cereali non erano l'unica cosa che le mancava.
Si preparò per uscire, prese i soldi e si mise alla ricerca del supermercato più vicino, comprò pasta, latte, frutta, datersivo e roba varia, avrebbe comprato altro, se non era per il fatto che non voleva caricarsi di buste, si sentiva un po' pigra, ma almeno ora aveva la colazione.
Prese le scale, ma quell'ascensore non se lo fila nessuno?
Posò le buste a terra per aprire la porta, appena abbassata la maniglia si soffermò sulla porta di Peter.
Come si sentiva l'aria frizzante della serata prima, era come un'aura magica che avvolgeva quelle porte, quel pianerottolo e quelle scale.
Jenna pensava, pensava a quando avrebbe rivisto Peter se quell'aura l'avrebbe letta nei suoi occhi, voleva evitare una situazione imbarazzante, cosa che non poteva immaginare, solo vivere quell'incontro avrebbe rivelato l'imbarazzo.
Mentre sistemava la spesa, notò la spia della segreteria accesa, incuriosita si avvicinò al telefono e premette il tasto: << La segreteria contiene un messaggio vocale; 'Jenna -una voce imbarazzata, a singhiozzi e schifosamente familiare- hei, sono io, credo tu l'abbia capito, ascolta volevo dirti...che sono a Coventry e, beh, pensavo di passare...dobbiamo parlare, ho bisogno di parlarti, a presto...ti amo".
Quel "ti amo" detto da quella voce inumidì gli occhi di Jenna, le increspò i nervi e le irritò la mente, lasciò la spesa com era, si diresse incazzata al telefono e digitanto divolentemente il numero che conosceva da una vita, si mise a telefonare.
Dopo qualche squillo di notifica, la schifosa voce rispose.
"Jenna?" disse,
"Che diavolo vuoi Samuel?? Non mi interessa che sei in città, chiaro? Non  voglio nè sentirti nè tantomeno vederti, se ti presenti a casa mia faccio un casino!" -le lacrime cominciarono a trasbordare dalle congiuntive, la sua voce divenne sempre più graffiante e cominciò a tremare dalla testa ai piedi.
"Dai non dire questo, andiamo.."
"Vattene da Coventry, non presentarti da me!", riagganciò perchè stava cominciando a piangere.
Quanto aveva pianto per lo stronzo di turno, ora basta, trattenne le urla di lacrime mettendo una mano davanti alla bocca e strozzando il dolore, sentire la voce di Samuel l'aveva sconfitta, vederlo avrebbe provocato in lei l'inferno più profondo.
Un dubbio le scaldò la testa: come ha fatto Samuel a procurarsi il suo numero? Vabbè, non ha senso pensarci.
Voleva pensare a qualcosa che allietasse l'amaro momento, le venne in mente solo una cosa: Peter.
Appena il suo nome balenò in mente, un sorriso le sfuggì sulle labbra.
Qualcuno bussò alla porta, non era Peter, avrebbe riconosciuto le sue quattro bussate, andò ad aprire.
L'inferno partì.
Samuel.
Jenno lo guardò spaventata e chiuse la porta, ma lui la bloccò con il piede.
Jenna abbassò la testa su quel piede e in preda alla furia chiese come diavolo l'avesse trovata, "tua madre mi ha dato il tuo indirizzo..sai, lei spera che noi chiariamo"
"lei lo spera, non io!" riprese a spingere la porta;
"così mi rompi il piede"
"vattene Samuel, o chiamo la polizia" gli occhi si riempirono di nuovo;
"addirittura? Chiami la polizia adesso?" come faceva a restare calmo davanti a quella situazione?
"Vattene Samuel"
"solo due parole"
"vattene!"
"Okay, sai cosa? Ora mi accampo fuori dalla porta e aspetto finchè non esci, o perlomeno apri"
"Puoi aspettare lì fino a che non marcisci"
"fammi entrare Jenna".
Jenna cominciò a tremare, finchè le lacrime non ebbero la meglio, l'eroina sconfitta cominciò a piangere a dirotto.
"Perchè mi fai questo? Io non voglio più niente da te, devi andartene"
"andiamo piccola, non piangere."
"vattene -bisbigliò piangendo- vattene via, se non vuoi che pianga devi andartene, sparisci dalla mia vita, tu che me l'hai rovinata".
Pronunciate le suddette parole, poggiò la testa alla porta premendola, sperando che quel fastidioso piede si togliesse, pensava di spingere più forte, in realtà la presa era mollata.
Samuel aprì la porta, e Jenna era lì in piedi, solo fisicamente, perchè la sua anima era a terra, la testa era penzolante sul collo e le lacrime le avevano sciolto il trucco, non alzò lo sguardo, perchè non aveva la forza di guardarlo in faccia.
Samuel tese le mani, prese Jenna delicatamente per le braccia che lei teneva incrociate sul petto e la tirò dolcemente a sè, fino ad abbracciarla.
Quel profumo che tanto lei amava, di cuoio e di tabacco erano diventati la cosa più rivoltante della vita.
"Lasciami" sospirò, ma lui la strinse ancora di più a sè.
"Lasciami" ripetè più convinta cominciando a dimenarsi, sciolse le braccia incrociate e strinse i pugni,
"Lasciami!" la sua voce cominciò a trasparire attraverso il respiro strozzato, lanciava pugni all'aria, ma Samuel le afferrò le mani.
"Lasciami stare" riprese il pianto urlante.
Samuel le allargò le braccia e la baciò avidamente tirandola fuori dall'appartamento e spingendola contro la parete divisoria della Sua porta e quella di Peter.
Quanto avrebbe voluto che lui uscisse e gli togliesse il verme di dosso, il verme che la stava divorando con le sue labbra avide e cattive.
Jenna dimenava i pugni, sperando di colpirlo.
Consapevole del terrore provocato involontariamente, Samuel si staccò da lei, le mollò le braccia e ricevette uno schiaffo che lo fece rantolare.
Jenna rimase con la mano tesa, i denti digrignati e gli occhi cattivi, il trucco sfumato dalle lacrime e l'anima sfumata dalla rabbia.
"è l'ultima volta -disse minacciosamente- vattene Samuel".
Il disgraziato la fissò, si coprì la guancia colpita con la mano e si avviò per le scale.
Le coincidenze sono strane, perchè proprio mentre Samuel scendeva le scale in corsa, Peter le saliva.
Vide questo strano ragazzetto che si precipitava di sotto, appena passata la sua figura, Peter si soffermò su di esso corrugando la fronte, preoccupato.
salì con la valigetta in mano, pensando che il tipetto venisse dalla casa di Jenna, dato che erano i soli due appartamenti raggiungibili attraverso quelle scale.
Iniziata la rampa del secondo piano, Peter la vide.
Jenna, seduta a terra appoggiata alla parete, era raggomitolata su se stessa, con la testa tra le mani e le ginocchia vicino al petto.
"Jenna!" disse con tono interrogatorio e preoccupato, accelerò il passo verso di lei, lasciò cadere la valigetta e si inginocchiò davanti alla sua piccola figurina.
"Hey -bisbigliò, voleva abbracciarla, ma non si sentì di toccarla, le sue grandi mani percorsero la linea delle spalle e della testa imprigionata - Jenna, che succede?".
Jenna restò immobile, fin quando sentì la calda mano di Peter fiorarle una spalla, al solo tocco, Jenna scansò il braccio di Peter con la mano, si rantolò dicendo "niente" -un niente strozzato dalle lacrime e dal gesto veolce con cui si rimise in piedi, aprì la Sua porta ed entrò nel Suo appartamento sbattendola in faccia a Peter.
Quest ultimo si alzò, si avvicinò alla porta perchè aveva sentito un leggero tonfo, era Jenna, che si era adagiata con la schiena alla porta riprendendo a piangere.
Peter avvicinò l'orecchio alla porta per sentire qualcosa, una parola, un respiro, ma le sue aspettative vennero deluse dai singhiozzi lacrimanti di lei.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Groppello 1996 ***


- Tè, biscotti e Colepaldi - 

Capitolo 6: Groppello 1996

_____

Quanta rabbia gli facevano le sue lacrime, in un attimo, la situazione si schiarì nella sua mente.
Uno sguardo di rabbia si materializzò sul suo volto, con uno scatto si precipitò per le scale, di corsa in strada, si guardò intorno cercando il tipetto che era a una ventina di passi di distanza, era così arrabbiato Peter, che l'immagine dell'esserino si enfatizzò nei suoi occhi, di corsa lo raggiunse.
Quando gli fu abbastanza vicino da dietro, allentò il passo,
"Samuel!"lo chiamò con rabbia facendolo girare e piazzandogli un pugno in faccia, un pugno così forte da farlo cadere a terra, qualche passante si scostò dalla vista, qualcun altro cambiò strada o si rigirò.
Peter respirava pesantemente mentre guardava il ragazzetto a terra che si dimenava per rialzarsi, seguì con lo sguardo il movimento stentato di lui che si rimetteva in piedi.
Samuel lo guardò "ma chi diavolo sei?" -chiese respirando a stento e coprendosi il naso sanguinante con il palmo della mano.
"Non avvicinarti -Peter gli puntò il dito contro- mai più a questo palazzo, sono stato chiaro?"
"ma che vuoi? cosa vuoi da me??" Samuel cominciò ad alzare la voce,
"Come hai fatto? -chiese rabbioso Peter- come hai fatto a trattarla così, Jenna non merita questo, non da te!" urlando di rabbia, fece qualche passo carico verso di lui.
Samuel esitò, e prese le difese con un tono derisorio verso il suo avversario: "chi sei? Il suo nuovo tipo? Non sei un po' avanti con l'età?"
"il suo tipo o meno: se ti vedo di nuovo gironzolare in questo quartiere, o anche solo in questa città, ti giuro che sarai tu a sembrare più vecchio di me, e ora sparisci".
Detto questo, Peter tornò sui suoi passi e si riavviò verso casa.
Samuel lo fissò spaventato con il sangue sul muso.
Lo sguardo di Peter si mantenne carico per il tragitto, fino alle scale, arrivò davanti alla porta e recuperò la valigetta.
Si fermò alla porta di Jenna e bussò con la nocca dell'indice, quella bussata che Jenna amava tanto, la sentì, ma non volle aprire.
"Jenna -cominciò Peter con la sua calda voce che la faceva sentire al sicuro, doveva rassicurarla, ora che anche la sua Jenna mentale piangeva, -Samuel non ti darà fastidio per un po', l'ho allontanato. Ascolta, non vado a lavoro pomeriggio, se vuoi parlare, mangiare, o anche solo...vedere una faccia amica, io sono qui".
Attese qualche secondo ed entrò a casa sua.
Jenna era ancora poggiata alla porta, seduta sul pavimento, aveva sentito le parole di Peter, aveva sentito quanto calore contenevano e quanto lui tenesse a proteggerla, i suoi occhi erando fradici, e il suo cuore anche, ma restò lì immobile.
Peter si tolse i vestiti da lavoro e indossò una tuta blu scuro e una maglietta a maniche corte bianca, si mise ai fornelli, ogni tanto cucinava anche lui, non pensava a nulla, sperava solo che Jenna andasse da lui, si fermasse a guardarlo piena di lacrime, lui avrebbe aperto la porta, l'avrebbe guardata e l'avrebbe tirata a sè tra le sue braccia, sarebbe stato un bellissimo bacio: lei avrebbe affondato le mani nei suoi ricci morbidi e luminosi, lui si sarebbe piegato in avanti, l'avrebbe presa in braccio e continuando a baciarla non avrebbe smesso di dirle quanto..*toc toc toc*.
Tornò alla realtà, la Jenna mentale sparì dal suo pensiero, si pulì le mani e andò alla porta con il cuore a mille.
Aprì, la figurina di Jenna era davanti a lui, minuta e silenziosa, anche se ben vestita sembrava indifesa, il fatto di non essere truccata lo fece trasparire maggiormente.
"Jenna" disse con un tono quasi stupito;
"Grazie.." disse lei trattenendo le lacrime.
Non era necessaria parola alcuna, Peter tese le mani verso di lei, fece un piccolo passo "Vieni qui -le bisbigliò mentre lei si nascose tra le sue braccia, fu quello il momento in cui Peter gliele avvolse intorno alle spalle.
Jenna era stretta a lui, con gli occhi chiusi lacrimanti, la testa poggiata alle sue spalle, le mani incrociate sul davanti passarono dietro la schiena di Peter, ed entrambi si strinsero più forte.
Peter alzò gli occhi sentendosi felice di averla con sè per consolarla, una mano passò sulla piccola testa di lei e Peter le diede un bacio sul suo capo sentendo il profumo di cocco e pesca dei suoi capelli color nocciola.
La sentì tremare per poi piangere di nuovo, così la staccò da lui e prese il suo piccolo viso tra le mani, quelle mani contenevano perfettamente la sua testa da bambina.
Peter gliasciugò le lacrime con i pollici "hei, non devi piangere, chiaro? Non qando sei con me, non voglio che tu pianga, okay? -Jenna annuì stringendo le labbra- adesso sai cosa facciamo? Mangiamo qualcosa, facciamo gli scemi perchè lo siamo di natura -Jenna sorrise un istante- e poi.. -Peter guardò all'aria sbuffando- poi boh, quello che viene da fare facciamo, eh?" Jenna annuì sorridendo.
"Dai su, siediti come tu sai che è quasi pronto il pranzo" detto questo le lasciò il viso e si incamminò in cucina a finire di preparare il pasto.
"hai cucinato tu?" chiese Jenna ancora tremante.
Peter si girò mentre andava in cucina "si, ma è indolore, tranquilla".
Jenna rise con un versetto gutturale, a braccia conserte esaminò il soggiorno più dettagliatamente, si avvicinò allo stereo, voleva capire che tipo di musica ascoltasse Peter.
Su quello scaffaletto trovavi di tutto: da Bon Jovi a Pavarotti, da Armstrong a Mozart, da Freddie Mercury a Verdi.
C'era già un cd nel lettore, decise di lasciare quello, senza sapere cosa fosse. La sua ignoranza spadroneggiava ne campo della musica classica, per lei era solo un pianoforte a suonare una malinconica e dolcissima melodia, restò ferma a fissare le luci dello stereo.
Peter entrò in salotto con due bicchieri di rosso elegentemente riempiti.
Jenna si girò e guardò i bicchieri mentre Peter gliene porse uno.
Brindarono, non si sa a cosa, e bevvero un sorso guardandosi negli occhi.
Jenna deglutì il vino, compiaciuta, "cos è?"
"Groppello, 1996, grande annata" rispose Peter guardando fiero il suo bicchiere e prendendo un altro sorso seguito da Jenna.
Poi le tolse il bicchiere dalle mani e insieme al suo, lo poggiò sullo stereo, si avvicinò a Jenna guardandola dall'alto al basso, le prese la mano mentre gli metteva l'altra dietro la schiena e e la guardava dal collo in giù, mentre Jenna lo guardava in viso, guardò la sua mano incrciata in quella di Peter e gli mise una mano sulla spalla.
Istintivamente, sentendosi protetta poggiò il viso sul suo petto e la mano che era dietro la schiena sulla spalla di lui, scivolò più in avanti in modo che il suo delicato braccio disegnava la linea della spalla di lui, erano legati.
Senza ballare in modo vero e proprio, Peter la conduceva a fare piccoli passi dondolanti a destra e sinistra, mentre con il volto scivolò sulla sua testa e poggiò il mento sui capelli di lei.
Restarono a ballare così 10 minuti buoni, senza dire nulla.
Il suono del fornello interruppe quel momento magico, Peter si staccò da Jenna percorrendole un braccio con le dita che finirono per toccare la sua mano, "va a metterti qualcosa di comodo" -premurò Peter, Jenna obbedì, andò a casa sua, prese una tuta nera e una maglietta grigia, e le sue solite eleganti pantolfoline rosse.
Mentre entrava di nuovo da Peter, lui aveva già sistemato il pranzo sul tavolino-poggia-piedi. 
Jenna entrò, gli sorrise e prese posto sul divano, questa volta non mise i piedi sul tavolino, ma incrociò le gambe e restò a piedi nudi sul divano poggiata di fianco allo schienale, Peter si sedette come lei, di fronte, un piede a terra e una gamba piegata sul divano poggiata allo schienale.
La concezione di comodo di quest uomo è strana.
Cominciarono a mangiare, finchè Jenna non sentì un bruciore allo stomaco "cos è?" chiese indicando il cibo;
"Funghi e tabasco" rispose Peter con il boccone provocando una forte tosse a Jenna, era diventata rossa e gli occhi erano lucidi causando un sorrisetto divertito e furbetto di lui.
"Okay -disse Jenna strozzata dal piccante- devo bere", Peter le porse il vino divertito, e lei bevve tutto il bicchiere in un sorso, lo poggiò sul tavolo e cominciò a sventolarsi la lingua con la mano "mamma se brucia" -tosse di nuovo-
"hai bisogno di bere ancora?" chiese Peter ridendo, ovvio che ne aveva bisogno, il tabasco è come il veleno, le riempì una altro bicchiere di vino abbondante che lei finì in un altro sorso profondo.
"uh! Oddio -si portò una mano al petto e comincio a digrignare- ma tu come fai a sopportarlo? Non ti brucia?" chiese mentre Peter mangiava tranquillo e posato.
"ma da me non c'è il tabasco" e trattenne una risata.
"cosa? bastardo!" -disse Jenna ridendo e lanciandogli un cuscino verde acido che finì nei suoi funghi e gli sporcò la maglietta grigia.
Peter sobbalzò, a braccia spalancate si guardò la maglia terrorizzato "era la mia preferita!" disse scherzosamente.
"ora ti lancio anche i miei funghi!" 
"nonono! -tese le mani in avanti mentre Jenna brandiva i suoi funghi- vado a cambiare maglia, non ti muovere, e metti giù quelle armi!".
Jenna si riempì altro vino, quel Groppello '96 era davvero un'ottima annata, anche se stava cominciando a farsi sentire.
Peter tornò con una maglietta bianca e con un altro piatto di funghi, senza tabasco.
"Ecco a te" -porse un piatto a Jenna e si rimise a sedere riempiendosi del vino e versandone altro alla ragazza.
"Alla salute!" disse lui alzando il bicchiere, Jenna fece lo stesso e mandarono giù.
Furono altri tanti bicchieri di vino, tra un brindisi inutile e una battuta, la seconda bottiglia era cominciata.
"Non guardi mai la tv?" chiese Jenna con il boccone indicandola con la forchetta;
"preferisco guardare te" rispose Peter, pieno di serietà e sfoggiando ancora una volta il suo affascinante sguardo-orecchie-tirate-e-bocca-angolata, Jenna rimase con la forchetta a mezz aria guardandolo nelle pupille scioccata mentre lui portava alla bocca altro vino.
Peter voleva prendere in mano la situazione, voleva testare Jenna per vedere fin dove sarebbe arrivata, ma lei non si lascia prendere così, nemmeno da sbronza.
Accennando una risata stupida disse lei "non sono un bello spettacolo ora",
"sei comunque uno spettacolo" ribattè lui, Jenna posò la forchetta e in tono completamente intriso di vino, ubriaca fino allo sfinimento cominciò a ribattere: "ci stai provando con me? Mr Capaldi?", Peter poggiò il bicchiere continuando a fissarla negli occhi, si portò in avanti con la schiena per avvicinare il suo viso a lei "io ci provo sempre con te, Miss Coleman", detto questo si alzò e prese un'altra bottiglia di vino, la aprì e ne versò altro nei bicchieri.
"Cos è, adesso mi ubriachi e poi mi fai quello che vuoi?" la sua voce era canzonata dall'ebrezza del vino, Peter ancora ribattè mentre le riempiva il bicchiere "solo se lo vuoi tu"; cominciò un dialogo di botte e risposte provocatorie al punto giusto,
"non è galante..approfittarsi di una ragazza ubriaca" cominciò lei, mentre lui si sedeva di nuovo, stavolta più vicino, le tolse il piatto dalle gambe e lo poggiò sul tavolino, ora erano solo loro due su quel divano nero con i cuscini verde acido, loro due e il bicchiere di Jenna mezzo pieno.
"Non lo è -riprese Peter- non è galante approfittarsi di una ragazza ubriaca, ma se la ragazza in questione sei tu, possiamo strappare la regola"
"da quando in qua tu hai le regole?" -cominciò a parlare bofonchiando Jenna;
"da quando sei arrivata tu qui, vedi, io ho avuto...molte donne in questa casa, molte donne nel mio letto, donne con cui non mi sono mai legato, i sentimenti offuscano tutto ciò che c'è, questa era la mia regola, ma non ho più regole da quando sei qui";
Jenna si trascinò a fatica più vicina a lui, avevano entrambi le gambe incrociate, l'uno di fronte all'altro, ma ora le loro ginocchia si toccavano.
"Sono una regola per te?" chiese lei sospirando, il vino aveva compiuto tutto il giro completo del suo corpo,
"sei l'eccezione"
"allora viola questa regola, Mr. Capaldi" disse in tono malizioso e ubriaco.
Peter fece 'no' con la testa ripetutamente, finchè Jenna si avvicinò a lui, mise le braccia intorno al suo collo, facendole molleggiare dietro le sue spalle, erano vicinissimi, così vicini che Peter non solo sentiva l'odore pesante di vino delle sue labbra, ma anche il sentore forte di tabasco ancora su di esse.
Eccolo.
Jenna posò le sue labbra su quelle di Peter, il quale era ancora incredulo della situazione, si lasciava baciare, arrivarono tanti baci innocenti, e lui si lasciava baciare tenendo gli occhi aperti per guardarla.
Jenna teneva le braccia intorno al suo collo, Peter non la toccava, a parte gli scherzi, era ubriaca.
La situazione cambiò quando Peter sentì la lingua piccante di Jenna entrare nella sua bocca, quello fu il momento in cui anche lui si abbandonò a ciò che desiderava da tempo.
Chiuse gli occhi anche lui, le prese il viso tra le mani causando la discesa delle mani di Jenna lungo i suoi fianchi coperti dalla maglietta che profumava di ammorbidente.
Prese il controllo del momento, le labbra di Jenna non rispondevano più a lei, ma alla danza che Peter imponeva loro di seguire, Teneva il suo volto vicino a sè, la baciava avidamente ad occhi chiusi.
Basta, non ce la faceva più.
Si alzò dal divano, accompagnando a sè Jenna senza mai lasciarle il viso, si staccò da lei solo per dirigersi in camera da letto, la prese per mano mentre lei gongolava in una camminata strisciante, non capiva più nulla, era la sua vittima ora.
Arrivati davanti alla porta della camera da letto, Peter riprese la sua danza, continuò a baciarla e lei si lasciava baciare.
La tensione saliva, Peter cominciò a spingere le sue labbra contro quelle di Jenna che indetreggiava, si aggrappò a lui con le braccia saldate intorno ai suoi fianchi.
Le piccole mani cominciarono a scendere sotto il bordo della maglietta, le dita cominciarono a giocarci, o forse no.
Voleva togliere la maglietta a Mr. Capaldi.
Ma non ne aveva nemmeno la forza.
Peter se ne accorse, si staccò da lei che rimase con le labbra a mezz'aria, la vedeva incapace anche di sfilargli la maglietta, si sentì un mostro.
Le accarezzò la guancia e disegnò le sue labbra con il pollice.
"Jenna" sospirò mentre lei teneva gli occhi chiusi tra il vino e il sonno.
Guardò il letto mentre Jenna si accasciò al suo petto, "meglio se dormi, sei sbronza fino all'orlo" detto questo, lei già dormiva, la prese in braccio e la adagiò sul letto.
Prese una trapunta e la coprì, era una bambina che dormiva nel suo letto, l'unica donna con la quale aveva iniziato qualcosa, ma non aveva concluso nulla.
Le carezzò i capelli e le diede un bacio sulla fronte, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta della camera.
Tirò un respiro profondo.
Peter aveva le vene gonfie in fronte, e non solo.
Lucido di sudore sul viso, tremante e con il cuore esploso.
Quanto autocontrollo c'era in quella stanza.
Corse in bagno respirando a fatica, si tolse con foga la maglietta, i pantaloni, la biancheria e si infilò nella doccia, aprì il getto d'acqua fredda, inspirava ed espirava pesantemente per scaricare tutta la foga che aveva lì sopra, lì sotto e lì dentro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Caroline ***


- Tè, biscotti e Colepaldi -

Capitolo 7: Caroline
____




Eccolo lì, il cavaliere d'argento sotto la doccia fredda.
Teneva la fronte poggiata alla parete della cabina della doccia, gli occhi chiusi e respirava rumorosamente cercando di distogliere la mente dai più proibiti pensieri.
L'acqua gelida era come una cascata di rimorso che gli scavava la testa, rimorsi di cosa? Per ciò che aveva fatto?
O per ciò che non aveva fatto?
Eccola lì, la Jenna mentale, la sua Jenna mentale, era dentro la sua testa, lo baciava, lo graffiava e mordeva la sua pelle.
Smettila Peter, non puoi pensarci, basta.
Chiuse l'acqua e si avvolse nell'accappatoio bianco, entrò in salotto con i capelli ancora umidi, la sua attenzione venne catturata dalla spia lampeggiante della segreteria del telefono.
Andò ad ascoltare i messaggi.
"La segreteria contiene 1 messaggi vocali;
Messaggio 1: Peter, sono Caroline, ti chiamo per dirti che sono tornata a Coventry un paio d'ore fa..sai, se volevamo vederci, è da tanto tempo che non ci sentiamo, e ovviamente quello che non si fa sentire sai chi è? Dai, ti perdono se mi offri un caffè, ci sentiamo".
Peter alzò le sopracciglia, era tanto compiaciuto dal fatto che Caroline lo avesse chiamato, c'è stato un tempo...ma ora è passato, diciamo che erano rimasti "amici intimi" nulla di più, nessuno dei due aveva deciso di essere il tipo da relazione fissa, così si dedicavano solo al divertimento, sapevano soddisfarsi a vicenda e ognuno sapeva tutto dell'altro, amici di confidenza stretta e di "letto stretto".

Peter entrò in camera da letto si fermò sulla porta e vide Jenna dormiente nel suo letto
Jenna dormiente nel suo letto, Dio.
Sospirò, si diresse all'armadio e prese dei vestiti, uscì e si vestì.
Erano stati gli istanti in cui si vestiva che non lo fecero pensare a nulla.
Decise così di telefonare a Caroline, che male c'era?
"Peter"
"Caroline! Ciao, ho appena ricevuto il tuo messaggio, come stai?"
"Oh bene, sono ancora incasinata dal viaggio, ma tutto okay, tu che dici?"
"ohw beh..-pensò a Jenna- effettivamente dovrei parlarti di alcune novità"
"Oh Peter, non dirmi che stai per sposarti" disse lei scherzando,
"ahaha nono, non sposerei nessuna al di fuori di te"
"ahahah bene, allora resterai scapolo a vita"
"e tu single a vita, forse"
"il più sexy degli scapoli, ovviamente"
"mmh"
"ahahha dai Peter, ci vediamo tra una mezz'ora al Blue Velvet"
"a dopo" riagganciò accennando un sorriso.
Caroline, la donna che ogni uomo potrebbe desiderare: Gentile, dolce, affettuosa, bravissima a letto e una discretissima confidente.
Si finì di preparare, indeciso se svegliare Jenna per mandarla a casa, dato che stava uscendo, ma gli sembrò troppo scortese, così lasciò una copia delle chiavi dell'appartamento e un biglietto sul comodino.
Indossò una maglietta nera, una giacca grigia e un blu jeans, semplice, perchè a Caroline i vestiti di Peter non interessano, chi vuole intendere intenda.
Peter si sedette al tavolo, prese un bicchiere di Scotch aspettando Caroline che arrivo poco dopo di lui.
"Peter!" entrò nel locale salutando a voce alta, indossava un'elegante gonna poco sopra le ginocchia, un paio di tacchi neri e una camicia bianca morbida infilata nella gonna, i suoi lunghi capelli biondi erano raccolti elegantemente e i suoi occhi azzurri spiccavano meravigliosamente su un volto che non diostrava affatto la sua età vicino a quella di Peter.
Si alzò in piedi per riceverla "Caroline!" le prese una mano e gli mise l'altra sul braccio per salutarla, si abbracciarono.
"Oh, quanto mi sei mancato" disse lei dandogli una leggera pacca sulla spalla.
"Anche tu" rispose Peter annusandola leggermente, le era mancata davvero.
Si sedettero e parlarono.
"Allora, dimmi tutto"
"è una cosa piuttosto delicata...che ne dici se ne parliamo.. -si avvicinò a lei con uno sguardo d'intesa- in privato?".
"Prima devo prendere un caffè" disse maliziosa Caroline provocando un altro sorriso malizioso sul volto di Peter.

Intanto Jenna si svegliò, spalancò i suoi occhi nocciola e scrutò la stanza.
Non era la sua.
Aveva un mal di testa atroce, si portò una mano alla fronte, strizzò gli occhi e si tirò a sedere, riconobbe il fatto che era casa di Peter, si sentiva dal profumo.
Si guardò intorno e notò il biglietto sul comodino "Buongiorno, fa come se fossi a casa tua -Peter".
Jenna sorrise, si stiracchiò e si alzò dal letto andando in salotto, era il primo pomeriggio, ed era il suo primo giorno di lavoro alla caffetteria, avrebbe iniziato alle 16:30.
Si guardò intorno stordita "è tardissimo!" pensò, lasciò casa di Peter controllando di non aver lasciato nulla e andò a prepararsi nel suo appartamento correndo, era il primo giorno di lavoro alla caffetteria, doveva essere al massimo.
La porta di Jenna si chiuse.
Un'altra si aprì di scatto.
Via la giacca.
Via i bottoni della camicia, via i tacchi e due labbra che si cercavano avidamente.
Questi erano, e sono, Peter e Caroline.
Erano attaccati l'uno all'altra, le mani di Peter slacciarono la zip della gonna di lei mentre lei toglieva la cintura ai jeans di Peter.
Ma non si staccarono, due calamite, forse le loro labbra si lasciavano solo per riprendere fiato.
Caroline premeva le unghie sul petto di Peter mentre lui le cingeva i fianchi con il braccio e la premeva a sè.
Conosceva bene quella casa Peter, la casa di Caroline, sapeva bene dove andare per raggiungere il letto, anche se erano mesi che non vi entrava.
Si ritrovarono sul letto, Peter era addosso a lei e le sue mani fremevano scendendo verso il basso, era particolarmente carico, soprattutto quando sentì le gambe di Caroline accoglierlo sempre con molto calore mentre si stringevano intorno ai suoi fianchi.
Si aggrappò a lui, e in un momento tornarono a vivere ciò che entrambi desideravano dai rispettivi corpi, quella complicità che li univa da sempre, senza coinvolgere il cuore, erano talmente attratti l'uno dall'altra da non capire nulla quando la loro pelle si toccava diventando una cosa sola.
Quando l'enfasi finì, Peter poggiò la fronte sul materasso stringendosi a Caroline, buttava via il fiato con la bocca mentre il sudore gli lucidava tutto il corpo, le vene erano gonfie sulla sua fronte.
Si guardarono respirando a fatica.
"allora..-disse Caroline sospirando-..quali sono queste novità?"
Peter sorrise divertito, Caroline è incredibile, sapeva che si trattava di una donna, lo conosceva bene, voleva farlo parlare di un'altra donna, anche se entrambi avevano appena..vabbè, capito.
Si sistemarono comodamente sotto le lenzuola, uno di fronte all'altro, senza stare troppo vicini, una conversazione "normale" insomma.
"ricordi il soggetto che doveva venire nell'appartamento accanto al mio?"
"si"
"Si chiama Jenna, è un qualcosa di...unico, davvero, è fantastica",
un sorriso illuminò il volto di Caroline;
"ti piace?"
"in che senso?"
"santo cielo, devo chiedertelo esplicitamente?"
"Diciamo che quando sono con lei...io.."
"Peter, non ti starai mica imbarazzando? Guardaci! Apri la tua mente..a me" disse scherzando Caroline,
"quando sono con lei -cominciò Peter tra l'imbarazzato e il compiaciuto- quando è vicino a me, il suo profumo, la sua voce, mi fanno solo venir voglia di..prenderla tra le mie braccia, tenerla stretta a me e farla sentire nell'unico modo in cui un uomo può far sentire una donna come lei, farle capire quanto tengo al fatto che sia mia, averla lì, subito -si fermò un attimo e i suoi occhi si persero nel vuoto- però poi, penso che mi basterebbe semplicemente...sederci sul divano, abbracciati a guardare la tv, mangiare schifezze..o a parlare tutta la notte, solo io e lei, è sempre nella mia mente.."
"Peter! -esclamò Caroline provocando uno sguardo stupito di lui- Jenna non è qui -gli mise una mano sulla fronte- Jenna è qui" -gli spostò la mano sul cuore e gli sorrise, Peter la guardò e lei riprese a parlare "Oh Peter, è meraviglioso, ti stai innamorando di nuovo" questa cosa lo irritò, Peter non è un tipo da storie serie, non vuole legarsi saldamente a nessuno, lui ama definirsi 'fedele a se stesso'.
"non mi sto innamorando"
"ma sta zitto, hai gli occhi brillanti quando parli di lei, dovresti guardarti"
"io non sono innamorato di Jenna"
"ma smettila di farle l'orgoglioso del cavolo, che senza di lei ti sentiresti perso"
"no, affatto, la mia è solo attrazione"
"oh certo, conoscendoti non staresti mai con una così sul divano a 'chiacchierare tutta la notte', cederesti subito, io credo che non potrai più liberarti di Jenna"
"invece sì, è una cosa passeggera, passerà"
"ah si? Dimostramelo"
"questi sono i peggiori consigli che potessi darmi" disse Peter irritato alzandosi dal letto.
"non è la prima volta che me lo dici Peter, ma quante volte ho avuto ragione?"
"Okay senti -Peter cominciò a vestirsi- potrei trovarmi una donna per la vita quando voglio, ma ne ho bisogno? No! Non mi serve nessuna donna al mio fianco, nè tu, nè tantomeno Jenna"
"io scommetto che tu all'idea di perderla impazziresti"
"beh, se scommettessi -si infilò la giacca- perderesti! Ora ti saluto"
"ti darò io una mano con lei Peter" disse maliziosa Caroline mentre nuda si avvicinava a Peter, lo abbracciò da dietro e lo fermò.
"Senza Jenna impazziresti, non dovresti stare nel letto con me, ma sul divano con lei" gli baciò il collo, Peter si girò "ho detto: ti saluto".
La baciò sulle labbra delicatamente e se ne andò.
Jenna uscì dalla doccia di casa sua e in corsa si diresse in camera da letto per vestirsi, scivolò sul tappeto e per poco non cadde.
Si vestì con un paio di Jeans e una maglietta morbida, indossò un paio di ballerine, prese al volo la borsa e si precipitò dalle scale, non era nemmeno riuscita a truccarsi, perfetto!
Scendeva le scale infilando una ballerina, uscì dal portone e si avviò alla caffetteria a piedi correndo.
Peter era tornato, la incrociò sul marciapiede mentre frettolosa andava alla caffetteria, gli bastò vederla per ripercorrere la sera prima e sentire un brivido bollente partirgli dallo stomaco e bruciargli il sangue, chissà se lei ricordava.
Decise di fermare l'auto e abbassò il finestrino.
"Jenna!"
"Peter, scusami, sono in ruper ritardo per il lavoro"
"Sali, ti accompagno"
"oddio graziegraziegrazie!" disse stridulamente, si infilò in macchina e tirò fuori il mascara per darsi un'aria più sveglia.
Peter non disse nulla, semplicemente la guardava.
Era bellissima.
Così com era.
"Quale caffetteria?"
"Good One" Peter la conosceva.
"Tutto bene?" chiese quasi spaventato, Jenna infilò il mascara in borsa e lo guardò sorridendo, "grazie...per ieri sera", Peter venne invaso dall'imbarazzo, osò chiedere "per..cosa?" Jenna abbassò lo sguardo sorridendo;
"hai mandato via Samuel e ti sei preoccupato per me così mi hai accolta a casa tua, abbiamo bevuto?" Peter sospirò "si, però abbiamo bevuto un po' troppo così... -chiuse un attimo gli occhi- così ti sei addormentata sul divano e non mi sembrava il caso di portarti a casa tua, ti ho lasciata dormire da me", Jenna contnuava a guardarlo, un attimo di silenzio riempì la macchina di Peter che decise di smorzare la situazione "però tranquilla, ho dormito sul divano" e sorrise, Jenna sorrise di rimando e gli diede uno schiaffo simpatico sulla spalla, entrambi risero.
Ecco fatto, situazione risolta.
Allora perchè Peter si sentiva vuoto?
Arrivarono davanti alla caffetteria e Jenna sospirò.
"Hey..-disse Peter prendendole la mano- buona fortuna!" bisbigliò,
"Grazie!" bisbigliò Jenna aprendo la portiera.
"Passo a prenderti quando finisci?" disse Peter dal finestrino abbassato.
"Oh certo, ti chiamo io!"
"ma io non ho il tuo numero, ora che ci penso, aspetta"
Peter prese un foglietto, una penna e scrisse il suo numero dandolo a Jenna.
"A stasera"
"ciao".

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Come fossi a casa tua ***


- Tè, biscotti e Colepaldi -
 

Capitolo 8: Come fossi a casa tua
____


Jenna entrò nella caffetteria, ansiosa.
Si guardò intorno e si avviò al bancone dove venne accolta da un ragazzo sorridente, alto, capelli castani e un ciuffo che lei definirebbe "indipendente"
"Buongiorno, posso aiutarla?"
"Matt, smettila"
"ahahhaha benvenuta Jenna, come stai?"
"un po' ansiosa, ma tutto bene"
"dai, metti la divisa e iniziamo"
Matt, l'amico che le aveva offerto il lavoro, era contenta di vedere una faccia amica dopo tutto.
Jenna infilò il grembiule e il cappellino giallo mentre era dietro il bancone.
"Ti sta male il giallo, sai?" disse a Matt;
"oh grazie, ho scelto il giallo solo perchè sta male anche a te, così facciamo schifo insieme"
"ahahhahah grazie! Comunque...da quanto hai aperto?"
"Qualche mesetto, direi che va tutto bene".
Jenna conosceva Matt quando viveva a Cardiff, ma lui è partito per Coventry alla ricerca di "fortuna", ha aperto la sua caffetteria e ora "vende dolcezza e amore ai clienti mattinieri scorbutici", parole sue.
Dopo aver mostrato il localetto a Jenna, le vetrine per la colazione, le macchine per caffè, cappuccini e Gin Seng, ecco alcuni primi clienti del pomeriggio.
"Okay, uno lo faccio io, l'altro ci pensi tu"
"Tu servi la ragazza?" 
"ovvio!" disse lui strizzando un occhio e sorridendo.
Tra un bicchiere di latte rovesciato e troppo sale in qualche omelette, il pomeriggio passò abbastanza in fretta, Jenna non ebbe un secondo nemmeno per chiacchierare con David, era tutto di corsa il lavoro.
"Domani conoscerai qualche collega"
"Chi?"
"Karen e Arthur, brave persone, ti troverai bene con loro".
Jenna annuì, intanto, un tuono spaventò le strade di Coventry, il cielo era coperto.
"Okay, abbiamo finito per oggi, il giovedì chiudiamo presto"
"Okay, allora...che dici?"
"dai, è normale che eri nervosa, è il tuo primo giorno, tranquilla, chiudo e possiamo andare"
"Perfetto" si tolsero la divisa e dopo che Matt ebbe chiuso la porta della caffetteria si mise in macchina.
"Vuoi un passaggio?"
"nono, chiamo un mio amico che deve venire"
"Perfetto, allora a domani pomeriggio"
"ciao!" dopo averlo salutato, cominciò a camminare lentamente digitando il numero di Peter sul telefono per chiamarlo.
Peter era a casa, a guardare la tv, stranamente, pensava a ciò che gli aveva detto Caroline e alla sua paura di essersi davvero innamorato di Jenna.
Non doveva succedere, lui non vuole innamorarsi, Peter può piacere, essere di buona compagnia, essere bravo a letto, ma mai un compagno di vita.
Il telefono squillò, lo prese e vide un numero, immaginò fosse lei.
"Jenna, dimmi"
"Peter! Ho finito, sono appena uscita dalla caffetteria".
Peter restò in silenzio qualche istante.
"Jenna, perdonami, non posso venire a prenderti",
detto questo la pioggia cominciò a cadere facendo alzare il naso di Jenna all'insù.
"Oh, capisco, però potevi avvertirmi prima, sta cominciando a piovere"
e venne giù il diluvio.
"Hai ragione, scusami, è che...davvero, ho da fare"
"okay, ci sentiamo, scusa, devo correre adesso" riattaccò infastidita e cominciò a correre verso casa, la situazione era davvero sgradevole, decise di precipitarsi in strada per cercare un taxi, si guardò a destra e sinistra finchè non arrivò uno vuoto.
"Taxi!" urlò alzando la mano al cielo, il taxi si fermò facendola salire,  Jenna disse la destinazione mentre controllava i capelli gocciolanti.
Arrivò davanti casa e scese dal taxi, era particolarmente infastidita dal gesto di Peter, ci pensava mentre saliva le scale.
Infilò la chiave nella Sua porta mentre fissava quella di Peter ed entrò sbattendosela alle spalle.
Andò a farsi un bagno, si sentiva molto stanca.
Peter si era riempito un bicchiere di scotch mentre gironzolava per casa sua, erano sicuri che quella sera nessuno si sarebbe parlato.
Non si capiva perchè, non era il fatto che non era andato a prenderla, ma è come se Jenna avesse capito qualcosa, sembrava di conoscere Peter da una vita, conoscerlo così bene da riuscire a sentire ciò che aveva dentro anche solo attraverso una parola.
Che succede?
Perchè questi peniseri? Perchè Jenna è infastidita da questa sorta di "mancanza di interesse" da parte del suo vicino?
"Okay, ora vado, busso e la faccio mia" barcollava qualche pensiero proibito nella mente di Peter.
"Okay, ora vado, busso e gli mollo un ceffone" barcollava qualche pensiero stupido nella mente di Jenna, ma era attesa, solo attesa.
La Jenna mentale tornò ad affollare la mente di Peter, "che diavolo fai?" gli chiedeva, "vieni qui, è te che aspetto, stupido!" lo rimproverava, ma lui voleva solo evitarla.
Peter, perchè tutti questi problemi se Jenna non ti interessa come dici?
Forse era il caso di fermarsi a pensare, o di far scorrere il tempo e sarà quel che sarà.
Dov è finito il Peter che si era presentato alla porta di Jenna in tuta e l'aveva invitata a pranzo sudaticcio? Mentre gironzolava per la casa, Peter trovò il biglietto che aveva lasciato la sera prima a Jenna.
"Buongiorno, fa come se fossi a casa tua, Peter".
Una delle sue gli gongolò nella testa, prese il biglietto, aprì la porta e lo infilò sotto la porta di Jenna, sperando di essere minimanete perdonato del gesto di quel pomeriggio.
Lanciò il biglietto sotto la porta e aspettò, se la conosceva avrebbe dovuto aprire.
Jenna vide sbucare il biglietto da sotto la porta, lo raccolse e lo lesse, un sorrisetto si affacciò sul suo viso, mise da parte il foglietto e aprì la porta sorridendo "Io sono a casa mia, e non grazie a te"
"beh, fammi rimediare allora" disse Peter di getto sorridendo di rimando

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cari lettori, se siete arrivati fin qui, c'è un motivo ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-
"Uh, ma stavolta l'ha scritto di rosso!"


Capitolo 9: cari lettori, se siete arrivati fin qui, c'è un motivo
_____





"Solo per questa sera, faremo tutto quello che decidi tu" disse Peter,
"anche guardare i programmi che ti dicono come vestirti?", Peter alzò gli occhi al cielo "okay".
Entrarono a casa di lui, "ordino qualcosa per la cena" disse Peter mentre si dirigeva al telefono, lo prese e cominciò a comporre il numero.
C'era qualcosa nell'aria quella sera.
Mentre teneva il telefono all'orecchio, Jenna glielo tolse mentre era dietro di lui e riagganciò.
Peter si girò verso di lei, erano vicinissimi, lei in tuta, lui jeans e camicia e tremendamente meravigliosi.
Jenna lo guardò con quegli occhi enormi, di fronte a lui sembrava ancora più delicata, per quanto fosse bassa rispetto a Peter.
"Non devi toccarmi" disse lei con voce calda e maliziosa. 
Peter scosse il capo, continuava a guardarla mentre lei prendeva le sue mani e lo condiceva, tirandolo, al divano coi cuscini verde acido. C'era talmente tanto silenzio in quella stanza, che si potevano sentire i battiti del cuore di entrambi.
Jenna mise le mani sulle spalle di Peter e lo spinse facendolo sedere sul divano, Peter alzò le mani, come volesse arrendersi.
Jenna si sedette a cavalcioni su di lui, poggiano le pani alle sue spalle.
"Non devi fare nulla che tu non voglia con me, Jenna" disse Peter sospirando, anche se sperava che succedesse qualcosa.
Jenna gli sorrise "e come posso rifiutare il mio cavaliere d'argento? L'unico uomo -gli sbottonò il primo bottone della camicia- che si è presentato da me, sudaticcio dopo una corsa -secondo bottone- per invitarmi a pranzo da lui, -terzo bottone- e mi ha fatta mangiare sul divano coi piedi sul tavolo -sorrise sbottondandogli il quarto bottone, Peter la guardava, era bellissima, ma non la toccava- l'unico uomo che quella sera stessa mi ha fatta emozionare trasformandosi nel cavaliere d'argento -portò lo sguardo dai bottoni, sul viso di Peter- il mio cavaliere d'argento -tornò a sbottonare la camicia aprendo l'ultimo bottone -l'uomo che ha preso a pugni colui che ha preso a pugni me..-la sua voce si fece più calda e soave, teneva lo sguardo basso- l'uomo che mi ha fatta ridere dopo avermi protetta, mi ha fatta ubriacare, e mi ha rispettata, nonostante fossi sbronza, nel suo letto" -detto questo guardò Peter negli occhi, mentre lui teneva la bocca socchiusa. 
Jenna baciò Peter.
Ora basta, non si resiste davvero più, Peter si spins in avanti verso di lei, portò le mani sui suoi fianchi e le infilò sotto la sua maglietta.
Chi avrebbe preso il controllo? Sicuramente, qualcuno lo avrebbe perso.

Le mani di Jenna scesero sul petto di Peter, sempre più giù, fino ad incontrare la cintura dei jeans, gliela sbottonò con le sue piccole mani, Peter avvertì il suo gesto, con un movimento veloce la prese in braccio, si alzò e la stese sul divano sotto di sè, non si staccarono un attimo. 
Ora che la cinta di Peter era aperta come la sua camicia, cominciò a spogliare la sua Jenna, non quella mentale, quella vera, ora che quella vera era esattamente una Jenna tutta per sè.
Peter si ritrovò senza camicia, mentre Jenna senza maglietta, il contatto tra la pelle di ognuno fece rabbirividire Jenna che cominciò a sospirare quando sentì la mano di Peter infilarsi nella tuta e nei suoi slip. Quella mano particolare, che si era presentata a Jenna, che le aveva tenuto la mano quando ballavano, quella con cui le aveva fatto il baciamano, quella che aveva posato i suoi piedi su quel tavolino, quella mano è ancora lì a farla stare bene, e ci restò per un po' fino al momento in cui Peter, con entrambe le mani sfilò i pantaloni di Jenna, li mise via mentre era in ginocchio tra le sue sottili gambe, quanto era perfetta, non lo aveva mai considerato, anche i suoi pensieri l'avevano rispettata.
Peter si stese ancora una volta su di lei, la guardò negli occhi mentre lei sorrideva e con le sue piccole mani scendeva lungo la schiena di lui, il suo gesto fece avvertire a Peter che voleva togliergli i jeans.
Oh, i jeans, giusto.
Gli facilitò il lavoro e li lanciò via.
E ora?
Si guardarono un istante, qualche movimento per sistemarsi, Jenna mise le braccia intorno a quelle di Peter, stringendogli le spalle con le sue mani, mentre una mano di lui le accarezzava la fronte e l'altra scendeva verso il basso, sempre lei.
Jenna tremava, e il suo respiro insieme a lei, non dissero nulla.
Qualche gemito anticipò le meravigliose emozioni che si stavano regalando attraverso quei movimenti, quella pelle e quei brividi.
Respiravano faticosamente, si tenevano stretti l'un l'altra, graffiavano, mordevano e baciavano.
Avevano lo stesso profumo quella notte.
Quando arrivò il momento in cui nessuno dei due capiva più nulla si guardarono negli occhi, sudati e affaticati, ma si sorrisero, restandosi accanto, come riuscirono a dormire su quel divano tutti e due è un mistero, forse perchè dormivano così vicini, abbracciati tra loro, che erano una cosa piccola rispetto ad esso, una cosa piccola eppure così grande.
Ma dormivano, incastrati perfettamente tra le rispettive braccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Lacrime sottopelle ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-

Capitolo 10: Lacrime sottopelle
_____




Rimase tra le sue braccia, anche se era sveglia da un'oretta, teneva gli occhi aperti guardando le mani di Peter, gliele accarezzava e percorreva le dita di lui con le sue mani sfiorando la sua calda pelle.
Quanto si sta bene qui?
Sentì Peter agitarsi dietro di lei, faceva qualche movimento per stirarsi, sembrava un bambino, Jenna non si girò, il divano era davvero stretto per quei due!
Si limitò a sorridere sfiorandogli le mani "buongiorno" sussurrò lei di spalle a Peter.
Ma c'era qualcosa di strano nell'anima di Peter, improvvisamente il suo cuore accellerò, all'impazzata, voleva uscirgli dal petto.
"Jenna... -cominciò scuro in viso
"che c'è? -chiese lei sussurrando dolcemente, girando leggermente il viso di lato, sempre di spalle a lui, stesa al suo fianco, senza guardarlo.
"io...-guardò in basso, colpevole e rassegnato -non innamorarti di me".
Jenna spalancò gli occhi, quelle parole erano come una bomba nel suo cuore di cristallo.
"Io...-riprese Peter-..non sono il tipo di persona con cui puoi...di cui puoi innamorarti...".
Gli occhi di Jenna si riempirono di dolore, le parole si spensero e ogni respiro divenne inutile, i battiti del suo cuore si annullarono e la paura prese il controllo della sua mente, si alzò di scatto mettendosi a sedere.
Era seduta vicino a Peter, disteso, la sua piccola, nuda schiena era coperta di brividi.
Peter si mise a sedere accanto a lei, fece per sfiorarle la spalla con le dita, ma Jenna bloccò il suo tocco alzando la mano per fermarlo.
Quando sentì le lacrime scenderle lungo il viso, afferrò i vestiti, e cominciò a vestirsi tenendo la testa bassa per non mostrare a Peter la sua debolezza, Peter si alzò, infilò i boxer e la guardò preoccupato con la bocca socchiusa, fece per avvicinarsi a lei "Jenna.."sussurrò preoccupato.
Lei alzò la mano contro di lui per fermare le sue stupide parole.
"Zitto okay? Non voglio sentirti" rimproverò tra le lacrime, aveva infilato la biancheria, la tuta e la maglietta, le ciabatte rimasero sul pavimento di Peter lasciando i suoi piedini scalzi.
Si voltò verso la porta e aprì nervosa.
"Jenna!" cercò di recuperarla, ma lei era fuori, si girò verso di lui, lo guardò e scoppiò a piangere sbattendo la porta e andandosene.
Peter uscì, era in mutande, ma chi l'avrebbe visto?
"Jenna!".
Era così nervosa che faceva fatica anche ad infilare la chiave nella Sua serratura, quante lacrime e quanto dolore.
Peter era dietro di lei, le mise le mani sulle spalle, ma lei scattò per toglierselo di mezzo "lasciami stare!" urlò, Peter restò con le mani all'aria.
Jenna entrò a casa Sua, non si girò nemmeno a guardarlo, sbattè la porta e ancora una volta si lasciò scivolare lungo la porta a piangere, ma questa volta no, non trattenne nulla, pianse a dirotto facendosi sentire.
Peter ascoltò i suoi singhiozzi dall'esterno, bussare? Parlare? Perchè? Non servirebbe.
Esitò, indeciso su cosa fare, e alla fine entrò nel suo appartamento maledicendosi.
Jenna restò lì a piangere, come fai a dire una cosa del genere? Come fai?
era stata la notte più bella della sua vita, avevano dormito pelle contro pelle, ed era anche tardi, sarebbe dovuta andare a lavoro tra un'oretta.
Peter telefonò Caroline che, come sempre per lui, rispose.
"dimmi"
"ho combinato un disastro"
"oh no, Peter, che succede?"
"ho fatto l'amore con lei, e...l'ho mandata via"
"santo cielo Peter! Arrivo tra un po' e ne parliamo, sei assurdo!"
detto questo riagganciò in faccia a lui.
Non voleva ferirla, non voleva davvero, ma l'aveva lì quella notte, con lui, non pensò minimamente al mattino dopo, perchè non fermarla quella sera? Ormai era troppo tardi.
Andiamo Jenna, non farti sconfiggere di nuovo.
Si alzò, fece una doccia e si preparò per andare a lavoro, ma pianse.
Pianse nella doccia, pianse mentre si vestiva, pianse mentre si truccava rovinando tutto, tutto rovinato.
Tutto.
Mise solo in fondotinta, che la faceva sembrare più trasparente e fragile che mai, si guardò allo specchio una decina di minuti in silenzio con lo sguardo perso per poi alzarsi e uscire.
Non riuscì ad uscire in realtà, aveva paura di trovarsi Peter davanti, la sua mano tremava davanti alla maniglia della porta, tirò un respiro profondo e uscì.
Aria.
Si incamminò per le scale rivolgendo uno sguardo fuggitivo alla porta di Peter, ma lo distolse quando cominciò a sentire ancora le lacrime.
Si incamminò a lavoro, braccia incrociate e viso basso.
Ogni tanto le tremavano le labbra e voleva ricominciare a piangere.
Arrivò a lavoro, tirò un sorriso segnato e trovò i suoi nuovi colleghi dietro al bancone.
"Jenna!" urlò entusiasta Matt, "loro sono Karen e Artur, brava gente"
"hey, che piacere conoscerti!" disse Karen, una ragazza colorata, in ogni senso, capelli rosso ramato, 6 metri di gambe e sorriso abbagliante,
"Benvenuta!" disse Artur, ragazzo meno abbagliante, tranne gli occhi, che brillavano di luce propria, soprattutto quando vedevano Karen.
"Ciao! -disse Jenna -scusate, oggi sono un po' incasinata, non fateci caso"
"Tutto bene? -chiese Matt- hai un'aria distrutta, hai dormito?"
Jenna annuì, ma le veniva ancora da piangere.
Cominciò un'altr giornata di lavoro.

"Cosa hai fatto?!" chiese Caroline mentre guardando Peter con tono severo mentre erano seduti sul divano, Peter teneva lo sguardo basso, ma non disse nulla.
"sei stupido? Non puoi fare l'amore con una donna e dirle 'non innamorarti di me' Peter! è inaccettabile, ora lei sta male, ed è colpa tua!"
"Credi che io stia meglio?"
"te lo meriti! Sai, te lo meriti di soffrire, ma io non ti vedo sofferente, io ti vedo semplicemente con un peso, vergognati, sei tuo quello che dovrebbe stare male, non lei!"
" è lei che è venuta da me"
"ma stai zitto, l'avresti fermata, ma che ti prende? Ora vai da lei e le dici quanto la ami"
"no, non posso"
"smettila di fare l'orgoglioso"
"non posso presentarmi da lei così!"
"mh, Peter -sospirò stizzita Caroline- cerca di capire cosa vuoi, non puoi farla soffrire così, dimmi, ti senti meglio a vederla in quelle condizioni?"
"no, affatto" scosse il capo a voce bassa.
"allora risolvi la situazione" lo guardò negli occhi e si alzò "devo andarmene, ho da fare, hei! -gli puntò il dito contro- ti tengo d'occhio".
Peter annuì e Caroline sparì dal suo appartamento.
Passò anche questa mattinata, Jenna non avrebbe lavorato il pomeriggio, decise di tornare a casa, tolse la divisa e fece per uscire.
"Jenna, che succede?" chiese premuroso Matt.
"niente di che, tranquillo"
"è Samuel?"
"No, lascia perdere, ma tranquillo, sono solo stanca"
"okay, a domani, ma non farmi preoccupare".
Jenna annuì, abbozzò un sorriso e ancora una volta con le braccia incrociate tornò a casa a piangere, aveva resistito tutta la mattinata, ma doveva sfogarsi, qualche lacrima tentò di scendere lungo il tragitto, ma lei glielo impedì.
Arrivò davanti al Suo palazzo.
Infilò la chiave nella serratura e la sua paura si realizzò.
Peter uscì dalla porta e se la trovò davanti.
"Jenna, ti chiedo un minuto".
Tremavano entrambi.
"che vuoi?" non lo guardava, restò a fissare la Sua porta con la chiave infilata.
"Entra da me", stava per piangere di nuovo, ma non voleva piangere davanti a Peter, trattenne, trattenne tutto, le lacrime correvano sotto la sua pelle, ma non uscivano.
"no"
"ti prego" la supplicò.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Chi se ne importa? ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-
 
Capitolo 11: Chi se ne importa?
________


Aprì la Sua porta, restò così un secondo, finchè il coraggio cominciò a bollire nelle sue vene.
"come fai?" chiese lei guardandolo finalmente in faccia.
"come fai a essere così...ridicolo", Peter aggrottò le sopracciglia senza dire nulla.
"non puoi, non puoi fare l'amore con me e dirmi di non innamorarmi di te, non puoi Peter, credi che il cuore funzioni a comando? Forse il tuo, il mio no, non sono come te, e ne sono fiera, ma purtroppo io...-si interruppe- mi hai conquistata Peter, con tutto il cuore, e ora? Cosa vuoi da me?"
"io...tengo a te, ci tengo davvero..ma"
"convincimi, avanti" lo sfidò, restarono in silenzio, lui imbarazzato, lei arrabbiata, arrabbiata davvero "sei un uomo di parole, solo parole, ma convincimi, adesso".
Peter abbassò la testa, non fece ne disse nulla fin quando Jenna scosse la testa ed entrò nel suo appartamento sbattendogli la porta in faccia.
Peter chiuse gli occhi e tirò un respiro deluso.
Che diavolo fai? Stupido, stupido Peter, sei uno stupido.
Qualcosa barcollava nella mente di Jenna, una rabbia, una rabbia bollente e profonda, uno di quei momenti in cui pensi "ora faccio una stronzata".
Voleva farlo soffrire, voleva farlo ingelosire e morire di rabbia a costo di rovinare se stessa, chi se ne importa di lei? è Peter che deve soffrire ora.
Prese il telefono e compose il numero di Samuel.
Attese qualche istante, tremante.
"Jenna?"
"Samuel...-la voce le tremava e riusciva a sentire le lacrime seccarsi, riusciva a sentire il peso del mondo sulle spalle, ma chi se ne importa-...possiamo vederci?"
"e me lo chiedi? Dove sei?"
"a casa mia"
"posso venire ora?"
"si, ho bisogno di parlare"
"va bene".
La cosa sembrò strana a Samuel, dopo l'ultima volta, era strano che ora Jenna lo chiamasse ma...chi se ne importa?
Fatto sta che corse da lei, in meno di 40 minuti si presentò a casa sua, nel frattempo Jenna si era sistemata.
Arrivato davanti al suo palazzo, Samuel aveva intenzione di andarsene via, aveva paura di imbattersi in Peter, esitò qualche istante, si guardò intorno e salì di corsa bussando con frenesia.
"Jenna? Sono io".
Il cuore di Jenna cominciò a lamentarsi, che diavolo aveva fatto? C'era davvero Samuel lì fuori? Ma era la voglia di far ingelosire Peter, deve capire cosa ha perso 'oh Peter, hai perso me, l'unica donna che ti ama così tanto'.
"Samuel".
Per lui era sempre bellissima, e si leggeva nel suo sguardo cattivo.
"Jenna"
"ascolta, non so perchè ti ho chiamato...forse...ho sbagliato...vai via"
"cosa? Sono venuto fin qui per niente?" in quel momento Peter aprì la porta e vide Samuel davanti a quella di Jenna, Samuel lo guardò, fece per spaventarsi, quando Jenna, con un gesto totalmente inaspettato afferrò Samuel e lo tirò a sè piantandogli un bacio deciso che lui ovviamente ricambiò mettendole le mani sui fianchi.
Il cuore di Peter perse un battito. Non potè fare altro che guardare la scena e..beh, morire.
Chiuse la porta dietro di sè e scese le scale continuando a guardare l'avidità di quei corpi così vicini.
Jenna teneva gli occhi aperti durante il bacio per guardare Peter andare via, quando lui scomparve dalla sua vista, staccò Samuel da sè e disse "no...non sei venuto qui per nulla, ma ora devi andare".
"Sei strana...-prese il suo mento con l'indice, dolcemente-...ma a me piaci così".
La baciò dolcemente sulle labbra e andò via.
Oh, supida, stupida Jenna, sei una stupida.
La giornata non è nemmeno iniziata, e la sua vita è praticamente un disastro! Tuttavia si preparò per andare a lavoro, lasciò casa e cercò qualcosa per distrarsi, e il lavoro era l'unico modo.
Giornata monotona alla caffetteria, Jenna restò in silenzio tutto il giorno, tranne coi clienti ovviamente, con lei c'era solo Karen quel giorno.
Quando tolse la divisa per andare a casa, trovò un messaggio sul cellulare, credeva fosse Peter, certo lo sperava, ma non lo era.
"Passo a prenderti alle 21.00."
Samuel.
Ma si, facciamolo ingelosire.
Accettò l'invito, tornò a casa e si preparò per la serata, si sentiva acida, si entiva un po' perfida, come se potesse controllare quell'uomo, come se potesse controllare Peter e sapeva come farlo.
Indossò un vestito corto, ma non troppo, era bellissima, un trucco sbarazzino aveva cancellato il dolore della notte prima, ma solo esternamente.
Non c'era quella frenesia che aveva quando Peter andava a prenderla, era totalmente diversa l'aura in quella casa.
21:00.
Samuel, tremendamente puntuale.
Peter no, Peter era sempre in ritardo.
Sentì bussare, una bussata normale, quella da vicini di casa, tranne Peter.
Peter bussa quattro volte.
Jenna apre la porta, samuel è lì, in jeans e camicia.
Peter aveva la cravatta nera quella sera, "ciao" disse Samuel con voce calda dandole un bacio.
Peter invece non disse nulla perchè quella sera Jenna era bellissima davanti a lui, l'aveva salutata bacandole la mano.
Peter era il suo cavaliere d'argento.
Samuel...era Samuel.

______________________________
Scusate l'assenza, ma questo esame mi distrugge, tranquilla, questa storia arriverà alla fine.
Sempre se finirà ;)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ma lui non è Peter ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-
Capitolo 12: Ma lui non è Peter
_______


Eppure sperava in qualcosa, sperava che Peter uscisse da quella porta e mandasse via Samuel per stare con lei.
Ma non succedeva niente mentre loro scendevano le scale.
Chissà che serata sarebbe stata, ciò che le dava più fastidio, era pensare a Peter ogni attimo, in ogni gesto di Samuel.
Samuel quella sera la portò in una pizzeria, Peter l'aveva portata al Blue Velvet.
Samuel non l'aveva invitata a ballare, Peter ballava benissimo.
Basta, Samuel non era Peter.
"Allora? Come mai siamo qui?- chiese Samuel -insomma, perchè mi hai chiamato?"
"non lo so- rispose lei con aria quasi seccata, come se si fosse resa conto di quanto quella serata fosse sbagliata, voleva fare la stronza, più che altro con sè stessa- a dire il vero ho avuto una discussione con Peter" aggiunse bevendo un sorso di birra.
"ah beh, anche io" rispose lui sorridendo, per poi aggiungere "ha un bel gancio destro quel tipo, mi ha quasi frantumato la mandibola",
Jenna sorrise guardando il bicchiere di birra;
"sei tu che ti sei comportato male con me"
"già, forse ho esagerato"
"posso dirti la verità? Sono qui con te solo per far ingelosire lui"
"davvero? Non è affatto carino sentirselo dire"
"beh, tu ti sei fatto trovare nel nostro letto con un'altra" -rispondeva a tono Jenna, era come se volesse far soffrire tutti gli uomini per vendicarsi dell'unico che forse, non riuscirà mai a ferire davvero.
"ero ubriaco"
"non è una gustificazione"
"senti, siamo venuti qui per rovinarci la serata?"
"in realtà...sì, voglio sputarti addosso qualche sentenza"
"oh santo cielo" Samuel si portò le mani al viso inarcandosi sulla sedia, per poi aggiungere "okay, andiamocene";
"hei, se hai intenzione di proseguire la serata facciamolo, sappi che non ti chiederò scusa". Samuel si infilò la giacca e si alzò dalla sedia avviandosi verso l'uscita.
Jenna lo guardò andarsene, per poi alzarsi e raggiungerlo a passo svelto.
"Samuel!" quando lo raggiunse gli prese la spalla e lui si girò.
"ero disposto a cambiare per te, lo sai? Ti ho trattato male, è vero, hai pianto solo a vedermi, ma stasera mi hai telefonato e siamo qui, io non so cosa ti abbia fatto quel tizio, ma voglio starne fuori"
"mi sono innamorata, samuel";
la guardò, ebbe un momento di pena, sembrava persa, sembrava alienata dal mondo.
"perchè lo racconti a me?"
"io lo amo, ma lui no" bisbigliò.
Samuel si diresse all'uscita, pagò il conto e andò via sbattendo la porta, non prima di guardarla e dire "è stato un errore venire qui" e scomparve.
Jenna rimase sola in quel bar, ora era sola davvero.
Uscì e decise di chiamare un taxi, quando prese il telefono, dopo tre o quattro tasti, si accorse che stava componendo il numero di Peter. Ma chissà lui dov era.
Chiamò un taxi e attese.
Peter restava chiuso in casa, non era andato nemmeno a lavoro quel giorno, ma quella sera, aveva fatto fuori almeno tre bottiglie di vino.
Jenna mentale era cattiva, lo assillava, e non c'era modo di liberarsene. Se ne stava seduto ai piedi del divano, trasandato e pieno di alcol, un odore così forte da impregnare anche la sua anima., Jenna mentale era lì, seduta ai piedi della sua porta, la vedeva, raggomitolata su sè stessa, le ginocchia al petto e le braccia incrociate che accoglievano il suo piccolo viso.
Non riusciva a capire se quella piccola creatura stesse piangendo o ridendo, lui aveva una bottiglia in mano, e la guardava, sì, la guardava, ma non agiva.
Un telefono squillò, ma Peter era talmente sciatto in quel momento, che non aveva nemmeno la forza di alzarsi, girò la testa verso quell'aggeggio dal suono infernale e attese la segreteria.
"Peter, sono Caroline, allora? Hai risolto con Jenna? Oh...dai rispondi, so che sei lì, andiamo...non sbagliare come hai fatto con me, lei abita vicino a te, vai a prenderla".
Guardò la bottiglia vuota tra le mani, sospirò e la lanciò alla porta rompendola e cominciando a piangere.
Il cavaliere d'argento piange, il cavaliere d'argento è debole, il cavaliere d'argento è morto.
Jenna tornò a casa, delusa e confusa, e sempre si soffermava su quella porta.
Ma entrava nella sua.
Ancora una volta, quei due erano così legati, che nessuno dormì quella notte.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Torna ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-


Capitolo 13: Torna
________


Quella mattina Peter non andò a lavoro,  tutti i suoi colleghi sapevano che lui spariva ogni tanto, era talmente professionale che poteva permetterselo.
Talmente professionale che stava ancora seduto ai piedi del divano, un senzatetto a casa sua.
Jenna invece no, si alzò di buon ora, fece colazione, si preparò e uscì, non guardò nemmeno la porta di Peter quella mattina.
Nemmeno quella seguente.
Nemmeno quella successiva ancora.
Erano almeno quattro giorni che non si vedevano. Jenna sembrava riacquistare luce, anche se piangeva ogni notte.
Peter...Peter era completamente partito.
C'era un odore terribile a casa sua, di chiuso, di vino e di tristezza.
Purtroppo Peter ha un difetto, pur di non mostrare la sua debolezza, era disposto a ridursi così, l'orgoglio è una bestia, una bestia nera che attanaglia avidamente la vita.
Caroline continuava a chiamarlo, finchè quel giorno si presentò a casa sua, salì le scale con i suoi tacchi dal suono perfettamente riconoscibile e il suo vestito elegante.
Bussò alla porta "Peter? Sei lì dentro?"
"no!" rispose Peter con tono ubriaco e secco.
"Apri al porta, sono Caroline!" disse stizzita.
"vattene!" la voce roca la allarmò.
"andiamo, apri! Sono giorni che non ti fai vedere!"
"Lasciami in pace!" urlava arrabbiato, Caroline capì che era ubriaco fradicio.
Effettivamente non lo si poteva guardare, la barbetta incolta, la camicia sbottonata e macchiata, bottiglie di vino ovunque, anche sui cuiscini verde acido, un odore tremendo.
Caroline provò ad abbassare la maniglia più e più volte, spingeva la porta, ma la cosa la faceva solo alterare.
"Per la miseria, Peter! Esci!".
Jenna era sul suo divano, ma la voce di quella donna la fece allarmare, uscì di casa e si trovò questa donna meravigliosamente elegante davanti, mentre la sua piccola figura aveva i capelli tirati alla meno peggio, la tuta, una maglietta e i piedi nudi.
Caroline la guardò, le sorrise e disse "tu..sei Jenna?"
"si, sono io, perchè? Lei chi è?"
"io sono Caroline, un'amica di Peter, lavoro con lui, vedi, non viene a lavoro da giorni, è chiuso a casa, io non so che fare -prese in mano la situazione- sai cosa è successo?"
"oddio" sospirò Jenna spaventata mentre si avvicinava alla porta di Peter.
Poggiò un orecchio sull'elegante ebano della sua porta, tirò un respiro e lo chiamò dolcemente bisbigliando.
"Peter?"
Peter respirava come un ubriaco, come lo era in quel momento.
"Peter...-si leccò le labbra, non sapeva cosa dire- Peter, che succede?".
"è inutile, è come un bambino" disse Caroline.
Jenna ricordò di avere le chiavi di Peter, da quella notte lui le aveva dato una copia.
Andò a prenderle e aprì la porta di lui.
La stanza era buia, e Peter era a terra, accasciato sul pavimento.
La scena inorridì le due donne, Jenna spinse la porta e si avvicinò a lui con la bocca socchiusa dal terrore e gli occhi sbarrati
"Peter!" si avvicinò e si inginocchiò vicino al suo corpo.
Aveva un aspetto orribile, Caroline comprese la situazione, guardò Peter, e lui la guardò di rimando, sorrise e andò via.
Jenna prese il viso di Peter con le sue mani, passò i suoi pollici sulla barba ispida e scosse la testa.
"Peter, oh..vieni qui".
Lo tirò a sè e lo strinse, lui non reagì.
Passò una piccola mano tra i suoi ricci, non erano più argentati, erano sporchi e tristi, puzzava di alcol a morte.
"mi..mi dispiace.." disse guardandola con gli occhi lucidi, respirava a fatica.
"è tutto a posto...-disse lei con gli occhi pieni di lacrime-..adesso alzati, sono qui".
Jenna si alzò tirandolo su, pesava tantissimo rispetto a lei, ma Peter non riusciva nemmeno a camminare, lo portò fuori e vide ancora meglio alla luce del sole quanto male fosse ridotto.
Lo portò a casa Sua e lo adagiò sul divano.

Peter gli faceva tenerezza, o forse pena, o forse malinconia.
Lo guardò e capì che toccava a lei aiutarlo, andò a casa di lui e, spostando qualche bottiglia, cercò dei vestiti puliti e comodi.
Chiuse l'appartamento ed entrò nel Suo.
Vide Peter che voleva mettersi a sedere, si avvicinò a lui e lo aiutò, era uno sforzo immenso per lui sedersi.
Si sedette accanto a lui, non riusciva a guardarlo in viso, era come se fosse stata lei a ridurlo così.
Lui non disse nulla, lei stette in silenzio qualche istante, poi cominciò "io e te...dobbiamo chiarire un po' di cose..vedi...-improvvisava, non sapeva esattamente quale concetto stesse cercando di esprimere-.io non so cosa cerchi da me, ma io ho bisogno di qualcuno che..che non mi tratti male, sono stata malissimo...davvero male...per te, ma vederti così, io no.."
"io ti amo" la interruppe.

E tornò a vivere.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Solo una parola ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-

Capitolo 14: Solo una parola
_______


Il cuore di Jenna perse un battito al suono di quelle parole.
Però si spaventò, si spaventò quando Peter si accasciò sul suo petto, respirava a fatica e molto lentamente, era sudato, freddo e tremante, non reagiva, era come un corpo senza vita.
Jenna si allarmò, chiamò immediatamente un'ambulanza, "Pronto? Si, ascolti, il mio vicino è...credo sia svenuto, non lo so"
"si calmi, che sintomi mostra?"
"è debole, suda, respira a stento, ho paura".
Comunicò l'indirizzo e un'ambulanza la raggiunse in qualche minuto. Minuti lunghi come le ore, durante i quali Jenna tentava di farlo restare cosciente.
Era seduta sul divano, aspettando, la testa di Peter sulle sue gambe, gli accarezzava i capelli e lo guardava dormire, o svenire, o qualunque cosa stesse accadendo.
Il cuore di Peter batteva piano e lei era terrorizzata.
E se lo perdesse?
L'ambulanza arrivò, tre medici chiesero cosa fosse successo invitando Jenna ad alzarsi per lasciar visitare la situazione di Peter.
"era ubriaco, non usciva di casa da qualche giorno, era al buio, solo...-cominciò a piangere- aiutatelo vi prego"
"lei è una parente?"
"no, sono...la sua vicina"
"non ha parenti qui?"
"che io sappia...no"
"dobbiamo portarlo in ospedale, il paziente rischia un coma etilico".
Jenna si spaventò, decise di seguire l'ambulanza, era tutto ciò che poteva fare, era quel "ti amo", era il suo Peter.
Lo ricoverarono urgentemente mentre sbatterono Jenna nella sala d'aspetto, impotente.
Attese lì, un'ora, due, quattro, finchè arrivò la sera.
Arrivò un medico, Jenna si sentì come di fronte ad un esame, il più importante della sua vita, e riguardava Peter; 
"Allora?"
"purtroppo il paziente ha assunto una quantità di alcol spaventosa, bradicardia ed ipotensione arteriosa sono intense, posso dirle solo che bisognerà aspettare, dobbiamo sottoporre il paziente ad un'assunzione costante di glucosio per via endovenosa, eventualmente associato a piccole quantità di insulina, per la correzione dell'ipoglicemia"; quanti termini spaventosi, ma che importa? A Jenna basta sapere che Peter sta bene.
"Dottore..cosa posso fare io?"
"ah..-sospirò- aspettare signorina, aspettare" mise una mano sulla sua spalla per consolarla.
"Posso vederlo?"
"certo, la accompagno".
C'è una donna nella stanza di Peter, sulla settantina, sta leggendo una rivista, 
"Prego" disse il dottore indicando il letto di Peter;
"Oh, signora Darill, come sta oggi?" il dottore concentrò la sua attenzione sulla compagna di stanza di Peter, c'erano altri due letti vuoti e poi il suo.
Jenna si avvicinò, prese una sedia e si sedette accanto al letto. Non disse nulla. Lo guardava. In silenzio.
Non ci credeva, non credeva si fosse ridotto così per lei.
E Peter era lì, disteso, il suo respiro lento e faticoso, Jenna non aveva mai dato peso al fatto che lui aveva molti più anni di lei, perchè si comportava come un ragazzino, e invece era lì, disteso e debole, solo una flebo, una camiciola ospedaliera e la sua barba ispida.
Inerme.
Prese il cellulare e compose il numero di Matt;
"Jenna?"
"Matt ciao, ascolta, dovrei chiederti un favore"
"certo, dimmi"
"ho bisogno...di alcuni giorni di permesso"
"mh, d'accordo...tutto bene?"
"No, affatto, un mio amico è finito in ospedale, e..credo sia solo"
"oh caspita, nulla di grave spero"
"lo spero anche io"
"tienimi aggiornato okay? Ci sentiamo, e sta tranquilla"
"ciao Matt".
E tornò a fissare il suo Peter silenzioso, 'io non capisco -pensò- perchè, come diavolo ti è venuto in mente, mi sarebbe bastata una tua parola e sarei tornata da te'
Detto questo gli prese la mano, lo guardava in silenzio, abbassò lo sguardo per soffocare le lacrime, quando lo rialzò per tornare a guardare gli occhi chiusi di Peter, Jenna aveva lo sguardo gonfio di dolore, non sapeva cosa avrebbe fatto se fosse arrivata a perderlo.
Si avvicinò con le labbra alla sua fronte e le poggiò delicatamente su di essa imprimendo un dolce bacio pieno di amore e paura.
Chiuse gli occhi e, come se non conoscesse alcuna parola, disse, sospirando, solo ciò che al momento le venne dal cuore: "ti amo"
e una lacrima si liberò sulla sua pelle.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Vuoto ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-


Capitolo 15: vuoto
__________


"Jenna..."
La voce calda di Caroline attirò la sua attenzione, si girò verso di lei e le andò incontro.
Caroline si intenerì e aprì le braccia per consolare Jenna che scoppiò in lacrime.
"che faccio? -la voce era strozzata da lacrime e paura- che faccio se lo perdo? Io non.."
"calmati -la rassicurò Caroline- la sola cosa da fare è aspettare, cosa hanno detto i medici?" le chiese porgendole un fazzoletto.
"ah non lo so, termini difficili e...e un coma etilico" detto ciò, Jenna riprese a piangere.
"ascolta, sei qui da ore, e non serve a nulla, vieni con me, prendiamo qualcosa e ti calmi, d'accordo?".
Jenna annuì accennando un sorriso a stento, prese la borsa, si chinò sulla fronte di Peter e gli diede un bacio stringendo gli occhi, quell'ultima lacrima non doveva venir fuori.
"Andiamo dai" sussurrò Caroline guardando Peter, in fondo tratteneva le lacrime anche lei.
Andarono a casa di Caroline, in macchina restarono in silenzio, arrivate nel suo appartamento Jenna non osservò nulla come faceva di solito, c'era Peter nella sua testa.
C'era Peter geloso, Peter cavaliere d'argento, Peter e i suoi baci, Peter e il suo profumo, Peter e il suo sorriso.
Lacrime.
"Una tazza di tè?" chiese dolcemente Caroline, ma Jenna rifiutò scuotendo la testa.
Si sedettero al tavolino del salotto, Caroline osservò Jenna poggiando il mento sulla mano, accennando un sorriso.
Jenna era spettinata, il viso arrossato dalle lacrime, gli occhi gonfi, e lo sguardo perso.
"Guardati -disse Caroline- lo ami davvero".
Jenna non disse o fece nulla.
"Vedi, io so quanto Peter può piacere e quanto male può dare, scommetto ti ha detto che non è tipo da relazione, giusto?"
Jenna annuì.
"immaginavo, beh, stagli vicino, è testardo, molto, ma quando si opporrà tu opponiti, se urlerà tu urla più forte, non è uno di quei uomini da lasciar andare".
"Perchè lo fa?" sussurrò Jenna.
"è spaventato".
Un attimo di silenzio.
"beh, puoi stare qui finchè vuoi se può farti stare meglio, voglio che al suo risveglio ti ritrovi col sorriso, intanto riposa, sei stanca".
Jenna si lasciò accompagnare in una stanza per gli ospiti, si accasciò sul letto e pianse.
La mattina successiva era da Peter, anche il pomeriggio, anche la notte, e la mattina dopo, e il giorno dopo, e la notte dopo.
Ma Peter non si svegliava e Jenna era priva di forze, troppe notti a piangere, troppo dolore da sopportare, troppa paura da affrontare.
A Coventry piove spesso, Jenna ripensa al giorno in cui era arrivata lì, pioveva a dirotto, e aveva smesso di piovere proprio quando era arrivata a casa Sua, nemmeno un'ora dopo aveva conosciuto Peter, forse la pioggia era come lui.
Una mattina Jenna si svegliò di soprassalto, con una sensazione sotto la pelle, si vestì di corsa, senza dire una parola corse in ospedale, correva per strada, correva nei corridoi, finchè arrivò nella stanza di Peter.
Il suo letto era sistemato, lenzuola pulite e fresche.
Ma vuoto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** La mia vicina Jenna, vicinissima. ***


-Tè, biscotti e Colepaldi-

A chi ha letto questa storia,
a chi l'ha inziata e pazientemente (TROPPO) ha atteso questo capitolo;
grazie.

Capitolo 16: La mia vicina Jenna, vicinissima
_________________


"no".
Indetreggia, trema, sospira, occhi fissi sul letto vuoto.
Le mani tremano, la voce..non c'è.
Solo una parola, come una candela che riesce adi illuminare la notte più del sole "Peter".
"Jenna".
Due mani sulle sue spalle la fanno rabbrividire, si volta, ed è lui.
Le lacrime si liberano e rigano il suo volto di gesso, Peter è stanco, olivastro in faccia con gli occhi gonfi e due aghi nelle braccia.
Jenna si butta tra le sue braccia, così intensamente che Peter indietreggia, talmente intontito da tutte quelle medicine, non può far altro che avvolgerle le braccia intorno alla schine e stringerla a sè.
Incredibile, Peter non ha perso un minimo del suo profumo meraviglioso, nonostante le medicine e l'odore nauseante degli ospedali, è lì.
Tutti gli odori sono lui: il vino, l'eleganza, l'affetto, la paura, l'amore, Jenna.
Quell'interminabile abbraccio svanisce, si guardano negli occhi, senza esitare fanno posto ad un bacio fatto di mille parole, si stringono, si cercano e si amano.
"Dio, se ti avessi perso io.."
"shh" la silenzia Peter con gli occhi socchiusi fermi sulle sue labbra che fa di nuovo sue.
Gli occhi si stringono, le labbra si abbracciano e le mani si avvicinano.
"Non fare lo stupido, mai più, chiaro? Sei pazzo".
Sorride, la bacia e la abbraccia di nuovo.
è tempo di parlare, si siedono su una panca in sala d'attesa.
"Perchè l'hai fatto, Peter?", tiene lo sguardo basso il cavaliere, ha paura di rispondere.
"Non...io, tu...guardati, Jenna guardati e guarda me, sei così giovane e io...io sono solo un pover uomo venuto qui senza...senza uno scopo"
"Oh Peter...no" Jenna gli prende il viso tra quelle mani che sono così piccole e delicate sul suo volto segnato.
"Jenna -le prende una mano e respira faticosamente- resta con me - la guarda negli occhi lucidi- resta con me Jenna".
Lo abbraccia intensamente e trattiene le lacrime.
"Sono così...solo"
"non sei solo Peter, sono qui, non ti lascio".
Quel pomeriggio finì tra una chiacchierata e una risata, era buio, erano seduti al tavolino della stanza di Peter, finchè smisero di parlare.
"Peter, ora devo andare, domani posso tornare al lavoro ora che so che stai bene".
Poggia una mano sulla sua e la ferma.
"Resta qui".
Jenna lo guarda, accenna un sorriso e lo bacia "non me lo permettono" gli sussurra "torno domani".
"Aspetta" Peter si alza e prende qualcosa dal suo armadietto.
"Tieni se ti servono".
"Le chiavi di casa tua?" lui annuisce -"Peter, non pulirò quello che hai lasciato".
"oh, uffa!" scherza lui provocando una risata di Jenna, la avvicina a sè e la bacia dolcemente.
"Buonanotte" sussurra lei.
"Riposa" risponde Peter.
Così è, a volte le giornate cambiano nel tempo di un millisecondo, quella mattina Jenna era la persona più triste di questo mondo e stanotte non dormirà per la gioia.
Prende il taxi e torna a casa Sua. 
Qualcuno passerà questa notte più tranquillo, si addormentano con un sorriso, volgendo uno sguardo alla luna che li sorveglia.
Jenna aspetta che Peter esca, aspetta ogni ora, ogni minuto sembra un'eternità, hanno così tante serate eleganti da vivere, tante bottiglie di groppello '96 da aprire, ubriacarsi d'amore ed essere folli.
Appena arrivata a Coventry, Jenna desiderava una targhetta in ottone davanti alla Sua porta, come quella del suo vicino che citava "Peter Capaldi", e l'avrà, oh avrà una targhetta meravigliosa, un po' più grossa in realtà, che citerà "Capaldi - Coleman".
Ma questa è un'altra storia.

N.b
Woooo faticosamente sono arrivata a pubblicarla tutta, quasi un anno! Vergognoso, ma come sapete, ho avuto problemi
al pc, e ho dovuto riscrivere tuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuutto d'accapo.
Che dire? Grazie a tutti per aver letto e seguito questa storia, spero di aver fatto innamorare qualcuno con queste pagine e...alle prossime Colepaldi!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3040783