Nobili tentazioni

di akinamikaze
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lezione 00 ***
Capitolo 2: *** Lezione 01 ***
Capitolo 3: *** Lezione 02 ***
Capitolo 4: *** Lezione 03 ***
Capitolo 5: *** Lezione 03 bis ***
Capitolo 6: *** Lezione 04 ***
Capitolo 7: *** Lezione 05 ***
Capitolo 8: *** Lezione 06 ***
Capitolo 9: *** Lezione 06 bis ***
Capitolo 10: *** Lezione 07 ***
Capitolo 11: *** Lezione 08 ***
Capitolo 12: *** Lezione 09 ***
Capitolo 13: *** Lezione 09 bis ***
Capitolo 14: *** Lezione 10 ***
Capitolo 15: *** Lezione 11 ***
Capitolo 16: *** Lezione 12 ***
Capitolo 17: *** Lezione 13 ***



Capitolo 1
*** Lezione 00 ***


Lezione 0: Quando una cosa deve andare male, andrà male: chiamasi sfiga.

 

Alzai lo sguardo dal libro di testo solo per un secondo, giusto il tempo di sentir pronunciare il nome di Giovanna Franceschetti: così alta e bella da sembrare una modella, una ragazza di viso e connotati abbastanza fini se non si fosse vestita con un miniabito nero e una giacchetta di pelle rossa come le sue labbra carnose. I suoi occhioni da cerbiatta azzurri si fissarono per un secondo nei miei, sorrise con fare sicuro di sé mentre scendeva la scalinata che portava alla cattedra del professor Lorenzo Nobili, il più temuto docente di tutto il corso di laurea e temuto... è un eufemismo. Nonostante la sua giovane età aveva conseguito brillanti risultati in ambito lavorativo e in quello accademico, avvocato rispettato nell'ambiente, affascinante nei suoi 34 anni e lui ovviamente era pienamente consapevole dell'ascendente sulle giovani studentesse del suo corso, la cosa sembrava sempre compiacere il suo smisurato ego. Un uomo così affascinante e brillante quanto patetico, dico davvero, borioso e pieno di sé.

Chiusi il libro cercando di concentrarmi sull'esame della ragazza al turno prima di me, sbagliò tutto o la maggior parte delle cose erano incomplete o inesatte ma devo ammettere che il tono in cui rispose al professore era suadente ed accattivante accompagnato ad un costante movimento in avanti per mostrare le sue “grazie” non so se la cosa che più mi infastidii fu lo sguardo compiaciuto di lui o il comportamento civettuolo e superficiale di lei. Ma non potevo permettermi distrazioni, dovevo concentrarmi.
Studiare per questo esame era diventato un inferno ma mi armai di tutta la mia forza di volontà e per tre settimane esistevamo solo io e il libro scritto dal facoltoso Lorenzo Nobili. Fu una relazione complicata ma potei definirmi pienamente soddisfatta: ero preparata e avevo studiato e ragionato su ogni clausola o tranello che il perfido Nobili poteva sottopormi con il suo sadico ghigno, ero preparata a tutto armata di piena sapienza, non avevo paura.
Emma Franceschi” pronunciò con aria annoiata.
Okay, il mio training di auto convinzione vacillò pericolosamente come un castello di carta, dicevo di sentirmi pronta e coraggiosa? In realtà avevo il cuore in gola e le labbra secche e la mia mente era completamente offuscata da una nebbia di ignoranza.
Scesi la scalinata titubante e quasi persi l'equilibrio mentre la bionda focosa ritornava con un sorriso soddisfatto “21” disse all'amica ridacchiando.
21?! Sorrisi dentro di me armata di una grande speranza che ora sembrava sradicare le nebbie che attanagliavano la mia mente, forse sarei andata alla grande anzi sicuramente!
Ero così entusiasta e piena di speranze e pochi secondi dopo mi ritrovai dritta all'Inferno con un diavolo per professore.
Nobili mi interrompette più e più volte aggiungendo dettagli ai suoi già dettagli, vaneggiando su casi particolari e ipotetiche clausole che solo lui sembrava comprendere.
Allibita? Ero furiosa! Avrei voluto cancellare quel suo sorrisetto soddisfatto dalla faccia mentre si sentiva così appagato dal suo continuo ribattere ad ogni mia risposta, ero sfinita e snervata quando alla fine fece scattare la penna a sfera mi lanciò un'occhiata sadica con i suoi occhi glaciali ma ero troppo furiosa per interpretarlo come un gesto di compiacimento malizioso.
“Non ci siamo” disse scuotendo la testa “Non ci siamo davvero” sibilò trattenendosi dallo scrivere, mi pietrificai sulla sedia e invece di mordermi la lingua come era mia consuetudine fare, feci qualcosa che non era usuale per il mio carattere: risposi e risposi a tono. In quel momento mi sembrò la cosa più giusta e ovvia per salvare il mio orgoglio se ancora ne avevo uno dopo quella batosta.
“Come scusi?!” il mio tono sfiorò la sfida lo capì da come alzò gli occhi sorpreso, durò pochi secondi prima che il suo solito ghigno balenasse sul suo viso, sorrise compiaciuto.
“Sarebbe un 17 scarso signorina...” abbassò lo sguardo per leggere il mio nome “...Franceschi, ma se la cosa la può consolare possiamo patteggiare un diciotto politico”
Deglutii tutto il veleno prima che potessi peggiorare la situazione ma ormai il treno del tono irato e presuntuoso era partito e nulla poteva più fermarlo “Non sono assolutamente d'accordo e non accetterò il suo voto” esclamai senza abbassare lo sguardo, non gli avrei dato anche quella soddisfazione.
“Bene allora” sussurrò scrivendo con un sorriso soddisfatto, mi porse il foglio con un gesto lento: si stava godendo il momento, la mia dipartita con il suo sguardo glaciale incollato al mio “Ci rivedremo al prossimo appello” aggiunse.
Dannazione! Avrei dovuto abbassare lo sguardo per firmare, per firmare la mia sconfitta; non ero del tutto sicura che lui interpretasse quel gesto come lo interpretai io ma le conferme arrivarono quando lo sentii sbuffare soddisfatto abbandonandosi all'indietro contro lo schienale della sedia.
Alzai nuovamente gli occhi ma lui era distratto dai fogli che continuava a sfogliare con attenzione “Arrivederci” sibilai a denti stretti frenando tutta la rabbia che avevo dentro, non aspettai una sua risposta e mi allontanai a testa alta tra i mormorii degli altri studenti, ripresi la mia roba ed uscii dall'aula.
Chiamò Fusto Alberto solamente quando la porta si richiuse alle mie spalle.

 

Lanciai la borsa nel lungo corridoio, ero furiosa, arrabbiata e sull'orlo di una crisi di nervi. Avevo studiato su quel pedante libro, avevo dato l'anima per questo esame e non ero solo stata bocciata, ero stata umiliata!
Afferrai il telefono “Let” esclamai abbandonandomi contro al davanzale, non aspettai che mi rispondesse con il suo solito saluto, mi svuotai come un fiume in piena spiegandole per filo e per segno ogni cosa che accadde, con rabbia e con completa soggettività condendo il tutto con epiteti poco fini.
“L'ho sempre pensato te l'ho detto: scommetto che è un represso! Oh sì e sai che ti dico e che ne sono del tutto sicura. È un bastardo egocentrico pieno di sé e... oh porca miseria” mi fermai nel bel mezzo del discorso sentii unicamente la voce di Letizia chiamarmi dall'altra parte del cellulare, avvampai chiedendomi se fosse possibile che quella giornata potesse andarmi peggio di così, ma non c'è mai limite al peggio giusto?

Gli occhi del professore mi raggiunsero a pochi metri da me, notai la sua espressione curiosa alzarsi dal costoso smartphone che aveva in mano.
Fu istinto di sopravvivenza o semplicemente pazzia, non fui sicura che mi avesse sentito o che avesse capito che l'oggetto del mio sfogo fosse lui ma riafferrai la borsa indispettita e me ne andai, rossa in viso per la vergogna.

 

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Capitolo 2
*** Lezione 01 ***


Lezione 1: Com'è che si chiama...? Ah sì Karma.

 

Le lezioni di Settembre erano ricominciate, nonostante la mia sconfitta all'ultimo esame ero pronta, nuovamente carica e non mi avrebbe fermato nessuno.
Fortunatamente avrei rivisto Nobili solamente all'appello di Dicembre quindi potevo sperare che si fosse completamente dimenticato del mio esame o meglio della mia esistenza.
Ed era esattamente con questo grande spirito che varcai la soglia dell'Aula 32 per la prima lezione del mio terzo anno.
Il professore che teneva il corso era un anonimo uomo di stampo accademico, uno di quelli che richiedeva una buona attitudine allo studio e un'attenzione ai dettagli per la buona fuoriuscita dell'esame. Era un uomo prevedibile con le solite domande che si ripetevano nel corso degli anni con leggere varianti sul caso, sarei sicuramente riuscita ad affrontare quel corso e il futuro esame senza troppi problemi.
Presi posto nella mia solita affezionata anonima quarta fila e nel giro di pochi minuti l'aula si riempì di bisbigli annoiati e scambi di battute tra vecchi amici ritrovati.
Mi strinsi nelle spalle estremamente grata che i miei vicini non fossero così bisognosi di chiacchiere da tormentarmi con problemi che non mi interessavano o iniziare a rompere il ghiaccio con qualche battuta di spirito.
Non ero una ragazza che riusciva facilmente a fare amicizia e l'ambiente universitario non mi aveva mai dato l'idea di un ambiente nel quale le amicizie strette avessero più importanza di una mera alleanza per sopravvivere a professori esigenti e a lezioni troppo noiose, brutto a dirsi ma è qualcosa legato a ideali di convenienza e basta, almeno per la maggior parte.
L'aula sprofondò improvvisamente nel silenzio più totale, alzai lo sguardo incuriosita dai sospiri sognanti delle ragazze, ma prima che i miei occhi incontrassero l'oggetto di tanto fremito, un brivido mi percorse: un brutto presentimento.
E se c'è una cosa in cui io non sbaglio mai sono i brutti presentimenti.

 

Notai un uomo sulla trentina entrare in aula, sguardo fiero, scuri capelli leggermente spettinati con un accenno leggero di barba e fu così che si presentò quella mattina Lorenzo Nobili, l'odiato professore della sessione di settembre: il mio peggior incubo.
Si arrestò davanti a noi presenti, sorrise soddisfatto e pieno di sé nel suo completo nero con cravatta blu.
Fa' che abbia sbagliato aula, Dio fa' che abbia sbagliato aula! Ora il suo sorriso si spegnerà e dirà Scusate ho sbagliato, sì Emma andrà così ne sono certa, non puoi avere tutta questa sfiga.
Imprecai mentalmente diverse volte, in diverse lingue, questo era il karma che mi si ritorceva contro.
Nobili avrebbe sostituito il professore che aveva deciso, sì deciso perché non potevo davvero pensare che tutto quello fosse una combinazione di pura casualità, di prendere un periodo di malattia.
Io ero pietrificata mentre il mondo intorno a me continuava a vivere a respirare come se nulla fosse, il senso di nausea e la consapevolezza che non sarei riuscita in quell'esame mi attanagliò, già perché io l'avevo insultato, lui mi aveva sentito e questo avrebbe peggiorato la mia situazione già estremamente precaria.
Seguii la lezione con un senso d'angoscia ma se devo essere sincera le lezioni di Nobili erano sempre così avvincenti ed accattivanti, e che lui poi peccasse in umanità era tutta un'altra storia; era coinvolgente ed era impossibile non pendere dalle sue labbra dal suo modo saccente e carismatico. Mi fu subito chiaro come un così giovane avvocato avesse conseguito tutti quei successi con facilità disarmante, lo immaginai in tribunale con il suo ghigno e il suo ego pronti a conquistare la giuria. Non era davvero difficile immaginarlo, era così naturale vederlo dominare sulle persone. Mi chiesi se sarei mai arrivata ad una tale sicurezza di me.


A fine lezione la fila di ragazzine armate di seducenti sorrisi e “grazie” al vento quasi arrivava fino a fondo dell'aula e si era stretta una bolgia attorno a lui che più che compiacerlo sembrò infastidirlo.
Le domande erano insulse e alcune ragazze si ripetevano non accorgendosi che la ragazza prima di loro aveva formulato la stessa identica domanda.


Il giorno dopo fui del tutto sicura di essere l'unica ragazza che indossasse una paio di pantaloni e un pullover semplice, squittii e sospiri aleggiavano in aula neanche fossimo ad una fiera di paese o alla sacra della "vacca", chi vuol intendere intenda.
Ma non mi importava, dovevo tenere un profilo basso e camuffarmi tra la folla, il mio essere anonima mi avrebbe certamente salvato, Nobili non mi avrebbe notato ed ero sicura che se non avesse potuto notarmi avrebbe dimenticato presto me e le dolci parole che gli avevo dedicato con tanto amore.
Entrò con il suo solito passo sicuro e il sorrisetto soddisfatto di sé, che uomo odioso, dico davvero, il suo bell'aspetto veniva posto in secondo piano dopo aver scoperto che razza di gran bastardo fosse.
Lorenzo Nobili aveva il mondo ai suoi piedi e ne era completamente consapevole lo si capiva dal suo perenne sorrisetto che aleggiava sulla sua faccia.

Mentre attendevo con noia che finisse di rispondere alle insulse domande, i miei occhi incontrarono in un baleno i suoi, mi sentii il cuore in gola perché il sorriso seducente rivolto alla sua interlocutrice si trasformò in un ghigno sadico quando si palesò ai miei occhi. Tu non passerai nemmeno questo esame, ti boccerò e sarò il tuo peggior incubo te lo prometto. Durò un secondo ma mi gelò il sangue, sfidare un uomo del genere come avevo fatto io in una posizione nella quale sarei dovuta essere dominata e non dominante, ero stata davvero così stupida? Ne fui sicura ero come un moscerino spiaccicato sul parabrezza lucido e pulitissimo della sua vita, un essere ormai spacciato che sfigurava ai suoi occhi e mi avrebbe ripulito in un modo o nell'altro.

“Stai esagerando!” esclamò Letizia facendo un plateale gesto con la mano “Sei sempre esagerata Em... nemmeno si ricorderà di te e non sei del tutto sicura che ti abbia sentito settimane fa” si lamentò girando per la stanza “Ti dico che non sbaglio! Il modo in cui mi ha guardato quello è un demonio Let e vuole la mia morte accademica!”
“Puoi davvero essere sicura che guardasse te Em?!” mi interruppe con un sorriso accondiscendente, io mi ammutolii mormorando un no e arrossendo per la vergogna “Forse hai ragione, sto esagerando” sibilai sconfitta.
“Sei solamente troppo stressata dovresti rilassarti, possibile che non ci sia nessun ragazzo carino al tuo corso?”
Sbuffai “Let...” la pregai di non continuare ma non mi ascoltò, non mi ascoltava mai... perchè avrebbe dovuto farlo proprio oggi?! “Andiamo sei una bellissima ragazza Emma, un po' troppo seria e riservata ma se solo volessi avresti la fila dietro a questa porta” esclamò indicando l'ingresso.
“Non mi interessa”
“Dannazione Emma quanto tempo è passato?! Due anni... la vita va avanti e tu hai solo 23 anni per stroncare in questo modo ogni relazione con gli esemplari di sesso maschile. Addirittura vedi il tuo affascinante professore come un demonio pronto a massacrarti, non credi che questa cosa stia deformando la tua realtà? Voglio dire...”
“Ma lui è un demonio pronto a massacrarmi!” protestai stizzita, lei scosse la testa continuando il suo discorso, odiavo il fatto che la mia coinquilina studiasse psicologia era davvero snervante sentirsi in perenne osservazione.
“Emma!” mi riprese seccata per l'interruzione “Voglio dire vedi il lato peggiore di ogni persona, dovresti divertirti o ti trasformerai in un vecchia megera zitella e davvero saresti sprecata tesoro”.
Non osai ribattere, perché in fondo in cuor mio sapevo quanto avesse ragione.
 

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Capitolo 3
*** Lezione 02 ***


Lezione 02: La prima impressione a volte è sbagliata sempre dannatamente esatta

 

Erano le tre del pomeriggio e l'ultima lezione era stata così devastante che decisi di raggiungere le altre ad un bar poco conosciuto vicino alla mia facoltà, arrivai stanca e stremata con i capelli scompigliati che si rifiutavano ormai di stare nella coda sfatta.
“Ehi avete visto il cameriere?” incalzò Jo sbattendo le sue lunghe ciglia nere con un sorriso ammicante voltandosi un poco per vederlo meglio, Let rise e mi diede una gomitata mentre Sara ridacchiò sorseggiando la sua bevanda “Niente male” commentò ad alta voce.
Arrossii cercando di evitare che il mio imbarazzo mi facesse sempre sembrare la solita ragazzina fuori posto “Andiamo...” borbottai “...ho visto di meglio” esclamai con finta aria di superiorità; andava sempre così con le mie coinquiline: per Sara risultavo sempre una ragazzetta alle prime armi senza nessun tipo di esperienza, lei donna vissuta! Per Jo ero buffa e tenera come una bambina, mi mandava in bestia che dopo tre anni di convivenza non avesse ancora capito quanto la cosa mi desse fastidio e dubito che avesse la minima intenzione di capirlo.
Let invece era Let, nel bene e nel male, l'unica vera amica che avessi mai avuto.
Ero così annoiata per seguire gli aggiornamenti della nuova situazione sentimentale di Sara che fissai con indifferenza i clienti al banco del bar: un vecchietto con un bastone, una ragazza con uno zainetto rosso, una donna con due buste della spesa...
“Oh mio dio” sussurrò sbalordita Sara piegandosi in avanti, sulle sue labbra balenò un sorriso di piena soddisfazione e malizia tanto da distogliermi completamente dai miei pensieri, mi voltai verso la direzione del suo sguardo incuriosita dal motivo di tanto sussulto sicuramente uno dei soliti bonaccioni da quattro soldi. Rimasi sbigottita come se avessi visto il peggiore dei miei incubi “Oh no!” sussurrai “Anche qui no, è una persecuzione!” esclamai rivoltandomi verso di loro sentendomi le guance andare a fuoco, cercai di camuffarmi portando la mano al viso sperando bastasse a nascondermi.
“Em...?”
“è lui, porca vacca è lui!” sibilai stringendomi nelle spalle e auto convincendomi di essere invisibile.
“Lui chi?!” mi chiese Sara spazientita
Alzai lo sguardo timorosa per incontrare gli occhi preoccupati delle mie amiche “Nobili” proferii muovendo unicamente le labbra senza emettere nessun suono per paura che potesse sentirmi, Sara sgranò gli occhi stupefatta “Lui è il tuo professore!?” quasi urlò dannazione.
Shhh” la zittii con le mani congiunte a mo' di preghiera, Sara aveva il brutto vizio di alzare la voce nei momenti meno opportuni e quello non fece certamente eccezione “Credevo somigliasse ad un demonio da come ne parli... con fiamme e serpi intorno ai suoi piedi...” sussurrò Jo confusa.
“Em ha la tendenza ad esagerare” sottolineò Let con un cenno della mano
“Non è vero!” protestai a gran voce indispettita tradendo la mia copertura, quella frase pronunciata con tutta quella rabbia repressa era un tono inconfondibile per le orecchie sopraffini di Nobili.
Nobili rallentò leggermente in prossimità del nostro tavolo, alzai gli occhi sperando che ci superasse ma si voltò verso di me con uno sguardo che non riuscii ad interpretare dietro ai costosi occhiali da sole. Ciò che fece mi lasciò senza fiato: sorrise dolcemente come non l'avevo mai visto fare, sorrise come una persona gentile ed educata e sorrise a me “Buongiorno” disse con voce sicura di sé ma al contempo così gentile che se non fossi sicura della mia verità e della mia vera versione dei fatti avrei dubitato delle mie stesse parole. Lo fissai allibita e interdetta prima che Let mi tirasse un calcio da sotto al tavolo “B-buongiorno professore” ricambiai con un tono incerto fissandolo con espressione accigliata.


Quando si allontanò mi strinsi nelle spalle sotto lo sguardo accusatore delle mie amiche: le aveva completamente conquistate, come faceva con tutti e le mie precedenti parole per quanto fossero state veritiere non trovarono ragione di essere accolte. Mi dissero che esageravo come sempre e che non potevano immaginarsi un comportamento così insulso e malvagio da parte di un uomo così affascinante e gentile. Io ero la vaneggiante ragazzina e lui il grande uomo affascinante ed educato, non c'era paragone, nemmeno per loro.

Forse avevano ragione, voglio dire, quale professore o quale uomo si comporterebbe in modo così meschino unicamente per soddisfazione personale? Ce n'erano di persone strane al mondo ma lui era un professore ed un avvocato, entrambe le professioni denotavano un alto grado di intelligenza e un uomo così facoltoso si sarebbe abbassato a simili giochetti? No, mi risposi.

 

Ero la solita esagerata me ne convinsi anche io la mattina seguente sul autobus diretto in facoltà, che stupida ero stata a credere che Nobili ce l'avesse con me e che mi odiasse in modo così freddo e sadico, in fin dei conti non era detto che mi avesse davvero sentito e che si ricordasse la mia presunzione durante l'esame. Era altamente improbabile!
Forse avevo sbagliato a giudicarlo con la prima impressione, forse era davvero un uomo educato e gentile, così tremendamente sicuro di sé da risultare presuntuoso.
Così intenta nei miei profondi pensieri di auto convinzione persi la mia fermata e con la mia solita sfrontata sfiga sarei dovuta scendere a quella dopo bruciando ogni minima possibilità di raggiungere la facoltà in tempo per l'inizio della lezione.
Avevo ancora i quindici minuti accademici se mi fossi messa a correre come un corridore olimpionico ce l'avrei fatta... al pelo.

 

Quando varcai la porta dell'Aula 32 non mi capacitai del mio aspetto: probabilmente rossa in viso con i miei capelli sciolti scompigliati, la giacca aperta lasciava trasparire la scollatura del mio pullover nero a v, una visione patetica e sicuramente dovetti sembrare agli occhi di tutti una scappata di casa o una barbona.
Mi mancò il respiro ma mi diressi per la scala laterale pregando di trovare un posto, fortunatamente Nobili era distratto dai suoi fogli e la lezione non era ancora cominciata, sospirai felice di avercela fatta nonostante i prognostici avversi. Forse non hai tutta sta sfiga Emma! Come serviva pensare positivo, vedere il mio professore come una creatura umana e non come un diavolo aveva decisamente cambiato la mia prospettiva quella mattinata, potevo sentire gli uccellini cantare e i fiorellini di campo ai miei piedi.
Ahh il potere del pensiero positivo!

Emma Franceschi è in ritardo” scandì Nobili con voce così alta che sicuramente raggiunse chiaramente anche le ultime file

L'aula si zittì all'istante e io mi arrestai al nono scalino rischiando di cadere di faccia e rovinare il mio appena trovato sorriso colmo di speranze e positività; mi voltai spaesata incontrando i suoi freddi occhi soddisfatti di sé e con quell'aria di presunzione.
Come avevo potuto dubitare di me stessa? Quello era un sadico egocentrico che aveva scoperto quanto fosse diabolicamente piacevole tormentarmi! Un diavolo di professore, un demonio d'uomo ecco che cos'era!
Non potevo, non dovevo peggiorare la mia situazione, avrei dovuto abbassare lo sguardo e chiedere scusa per il mio ritardo, che rientrava pienamente nel quarto d'ora accademico, e come me anche altri dieci studenti avrebbero dovuto farlo. Ma era il mio nome e cognome che pronunciò con tono seccato e severo, solo il mio, e gli altri si erano defilati velocemente nel primo posto libero assumendo un'aria innocente.
Il mio nemico conosceva il mio nome e ora era sempre più evidente che sarebbe stato un Inferno, quest'anno sarebbe stato un vero Inferno ne ero certa.
Scusati Emma, subito! mi dissi, ma quell'uomo poteva farmi ribollire il sangue come nessun altro, guardai l'orologio in un gesto plateale e poi lo fissai con tono di sfida “In realtà ho ancora due minuti professore, ma chiedo scusa se l'ho disturbata non ricapiterà” dissi con tono indispettito e furibondo, il suo solito ghigno balenò sul viso e io mi sistemai nel primo posto che trovai libero tra gli sguardi degli altri che facevano capolino da lui a me, ragazzi che mi fissavano stupefatti e ragazze che mi lanciavano frecciatine piene di odio e commenti decisamente poco fini sul mio aspetto trasandato e accaldato dalla corsa... e io che volevo tenere un profilo basso! Ora non solo avevo la certezza che Nobili si ricordasse di me ma anche tutte quelle aspiranti Miss Italia mi avrebbero messo al rogo per il solo fatto che lui avesse dato la sua inopportuna attenzione a me che, parole loro, ero una povera sfigata che cercavo di farmi notare da lui.
“Ehi” esclamò una voce maschile alzai lo sguardo incontrando due occhi ambrati e un sorriso seducente, guardai quel ragazzo con diffidenza, si era girato dalla fila avanti a me unicamente per parlarmi, che cosa voleva?! “ce l'ha proprio con te eh?” non gli risposi sbuffai e distolsi lo sguardo sperando che quello lo inducesse a lasciarmi stare ma quel ragazzo insistette con il suo tono divertito, se voleva fraternizzare quello non era proprio il momento, avrei sbranato chiunque anche quel innocente ragazzo.
Fece una smorfia obliqua incerto se disturbarmi ancora o lasciar perdere, pregai che optasse per la seconda ma mi sorrise ancora “Io sono Max” si presentò e prima che potessi ribattere ridacchiò sereno “Emma... lo so, a dire il vero lo sa tutta l'aula” si voltò lanciandomi uno sguardo così profondo che mi fece arrossire. Dovetti ammetterlo a me stessa era davvero carino, il mio classico ideale di ragazzo: fisico ben piantato coperto da vestiti casual, corti capelli castano rossicci e un'aria da così bravo ragazzo che qualsiasi genitore gli avrebbe affidato la propria figlia senza batter ciglio.
Durante la lezione Nobili evitò di guardare nella direzione della mia fila, forse erano solo mie impressioni ma mi sembrò che lo evitasse di proposito. La conferma arrivò quando la ragazza a fianco a me fece una domanda, lui fu costretto a vedermi nel suo campo visivo e dalla sua espressione seccata capì che era me che continuava ad evitare dall'inizio delle lezioni e mi lanciò uno sguardo così carico di disapprovazione che la povera ragazza si scusò immediatamente con tono tremante ed impaurito ma Nobili le sorrise rispondendo alla sua domanda con la solita calma fredda, fu poi la mia vicina a lanciarmi un'altra occhiataccia di disgusto e si allontanò da me nemmeno fossi un'appestata sparlando con la sua amica.
Allora era odio corrisposto il nostro, eh Nobili? Ottimo.

 

 

Scusatemi per il ritardo nella pubblicazione ma questa settimana mi sono trovata a fronteggiare una "bella" influenza che mi ha messa KO tutta la settimana.
Vorrei ringraziare chi segue questa storia, chi l'ha messa tra le preferite e anche a chi l'ha recensita: Grazie di cuore mi fa davvero molto piacere! :D
In questo capitolo è apparso un nuovo importante personaggio: Max chissà quale sarà il suo ruolo?! :) Per la povera Emma ormai non ci sono quasi più dubbi: Nobili si ricorda perfettamente di lei e tutti i suoi dubbi sono stati confermati, tutti tranne uno... l'avrà sentita davvero? Voi che dite?

Ancora un grazie enorme, di cuore!

Aki 

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Capitolo 4
*** Lezione 03 ***


Lezione 03: Cogli l'attimo... ma se ci riesci cogli anche qualcos'altro.

 

“Maledetta macchinetta” protestai osservando il led rosso lampeggiare, la mia dipendenza da caffè era cosa conosciuta e rimanerne senza per più di 3 ore era qualcosa di inconcepibile per il mio sistema nervoso.
“Hai intenzione di prenderla a calci?” quella battuta mi fece voltare con aria furente pronta a ribattere con veleno ma lo sguardo allegro di Max mi fece arrossire e io mi vergognai di aver dato nuovamente spettacolo: ai suoi occhi dovevo sembrare davvero un caso umano.
“Lascia che ti aiuti” mi propose con dolcezza passandosi timidamente una mano fra i capelli castani e mordendosi il labbro in un gesto tenero che mi spiazzò, era più carino di quanto ricordassi nella sua felpa rossa, ed era decisamente alto e muscoloso tanto da sembrare uno di quegli aitanti giocatori di rugby.
“T-Ti ringrazio ma non devi preoccuparti dico davvero...” protestai con poca convinzione, lui ridacchiò e mi affiancò rimettendo la moneta e selezionando un caffé espresso, mi si era avvicinato così tanto da lasciare che le mie narici insipirassero il suo fresco profumo di marsiglia e non appena vidi il bicchierino marrone tra le sue mani ai miei occhi divenne il mio eroe, per me qualsiasi persona pronta ad offrirmi un buon caffé era da considerarsi un eroe “...Oh grazie Max!” esclamai sorridendo piena di riconoscenza prendendo il mio caffè dalle sue mani, lui ricambiò il sorriso arrossendo leggermente in imbarazzo tanto quanto me.
Si grattò il capo guardandosi intorno e mettendo l'altra mano nella tasca, era nervoso ed imbarazzato almeno tanto quanto me che continuavo a tormentarmi le maniche della maglia a causa di quel silenzio imbarazzante “Ti va sé...” si schiarì la voce “...dopo la lezione di Nobili pranziamo insieme?”
Mi bloccai e lo osservai incerta, aspetta... era un appuntamento quello? Ci conoscevamo appena! Anzi io non lo conoscevo proprio! Che cosa dovevo rispondere!? E in che modo poi?! Non mi era mai capitato qualcosa del genere in tutta la mia vita e il mio ultimo pseudo appuntamento risaliva a quanti anni fa? Cinque?! Ed era stato con un solo ed unico ragazzo, il mio ex. Mi fermai prima che la mia mente potesse visualizzare quel nome che non volevo sentire
“Si certo” risposi d'impulso, ma da quando ero diventata così impulsiva poi?! Mi ero sempre vantata di essere pacata e prudente e ora?! Da quel dannato giorno d'esame, la mia vita stava prendendo pieghe inspiegabili... inspiegabili come il mio carattere.
Max sembrò illuminarsi e mi dedicò un sorriso così dolce da ricordarmi un bambino “Ci vediamo dopo a lezione allora!” annuii senza troppo entusiasmo già pentita per aver accettato quell'invito tanto che nella mia mente balenarono scenari inquietanti che mi gettarono nel panico. Uscire con uno sconosciuto, non era da me, non era assolutamente da me, Dannazione!
Lui si allontanò con il suo zaino in spalla e un grande sorriso soddisfatto.
Let non avrebbe più potuto dire niente su di me e sul mio essere schiva e fredda con ogni esemplare maschile, stavo per andare a pranzo con un ragazzo e forse era un appuntamento... mi bloccai sbiancando di colpo, oddio che cavolo stavo facendo?! Perché avevo accettato, sarei stata in grado di sostenere la conversazione? Ma perché avevo così paura di buttarmi in una nuova relazione o anche solo di provarci? Conoscevo benissimo la risposta ma nuovamente ributtai indietro le lacrime, come aveva detto Let: erano passati due anni e dovevo smetterla di ripensare al passato e continuare a sentirmi ferita, ma dimenticare non era così semplice.
Tutto sommato non era male, scossi la testa cercando di allontanare i pensieri ansiosi, Max sembrava un ragazzo a posto anzi era dolce e gentile e forse finalmente avevo trovato qualcuno di normale nella mia vita. Perché normalità e sicurezza era tutto quello di cui nella avevo bisogno.
E poi era solo un'uscita... come si dice? In amicizia.

Max mi tenne il posto a lezione e gliene fui grata perché arrivai nuovamente in ritardo anche se fortunatamente Nobili arrivò pochi minuti dopo di me con il suo solito completo scuro, capelli corvini scompigliati e seducenti occhi di ghiaccio che fecero sospirare tutte le ragazze dell'aula.
Ero così distratta dai miei pensieri che nemmeno mi accorsi dell'occhiata glaciale che Nobili mi dedicò. Come ogni mattina era diventato il nostro saluto, il monito di avvertimento che la mia vita sarebbe stata un inferno più di quanto già non lo fosse stata, erano da settimane ormai che c'era quella tacita sfida tra di noi ma io quella mattina non la ricambiai, non la ritenni nemmeno degna della mia attenzione, troppo distratta dai miei pensieri. Seguii come un'automa la lezione prendendo appunti a macchinetta.
“Puoi aspettarmi? Ho bisogno di un chiarimento dal prof non ci metterò molto” mi disse Max con un sorriso, alzai lo sguardo confusa... era già finita la lezione?
“Sì certo” risposi con un sorriso incerto accompagnandolo verso la calca di folla che ogni volta si riuniva attorno al professore.
Una rossa con tacchi vertiginosi e vestitino alla moda mi spinse per passarci avanti, non protestai nemmeno, mi strinsi nelle spalle lasciando che quella folla di galline adoranti mi spingesse inevitabilmente contro il fianco di Max “Credo che tu sia la ragazza più normale in quest'aula” disse senza guardarmi, alzai lo sguardo incuriosita notando le sue guance arrossire leggermente a quel commento “Devo prenderlo come un complimento o...?” chiesi divertita.
I suoi occhi ambrati sembrarono brillare di luce propria mentre incontrarono i miei “Tutte cercano di fare colpo su di lui... tu sei... diversa” ridacchiai per quella osservazione, avrei voluto spiegargli ogni cosa, che il mio obiettivo era quello di non farmi assolutamente notare da Nobili ma che ogni mio tentativo di risultare anonima veniva sempre intercettato da quel ghigno malefico “è lui che cerca di far colpo su di te” mormorò girandosi dall'altra parte, non capii in modo chiaro la frase o forse in quel momento il mio cervello non volle del tutto capirla “Come?” Max si grattò il capo con un sorriso impacciato schiarendosi la voce “Nulla”.
Dopo qualche minuto la folla si era ridotta a noi due, avevamo ormai rinunciato a tentare di tenere il nostro posto con le unghie e con i denti: non avevamo speranza contro quelle ragazze armate di minigonne e labbra rosse, avevamo inevitabilmente aspettato che tutte se ne andassero.
Nobili sospirò lanciando un occhiata a Max ma poi i suoi occhi azzurri si posarono sui miei per un tempo che non seppi definire era uno sguardo strano che non seppi decifrare ma che mi fece sussultare, mi ripresi appena in tempo per incrociare le braccia e distogliere lo sguardo con aria infastidita e Nobili si dedicò alle domande di Max “Mi dica” disse con un sorriso stanco.
“La ringrazio” esclamò Max “Possiamo andare Emma” esclamò voltandosi verso di me con un grande sorriso, l'espressione di Nobili fu del tutto sorpresa e confusa e io ne sorrisi con piena soddisfazione, questa volta ero stata io a sorprenderlo! Cosa si aspettava?! Una ragazzina adulante che aveva pazientemente aspettato che le sue rivali le lasciassero campo libero per adularlo e sperare di cancellare tutto l'odio che lui provava con una strategica leccata di culo?! Credeva davvero che avessi qualche domanda da porgli!? Non gli avrei parlato se non per lo stretto necessario o avrei rischiato di peggiorare la mia situazione come già detto i suoi comportamenti avevano l'innata capacità di farmi ribollire il sangue nelle vene. Ma in quel momento fui certa di aver segnato un punto: ero ancora in svantaggio ma ora la palla era nuovamente al centro e la partita era ancora al lungi dal finire.
“Arrivederci” sottolineai lanciandogli uno sguardo, com'era il detto? L'educazione sta bene anche a casa del diavolo, niente di più azzeccato no?

 

“Diciassette?!” la voce di Max risuonò per tutto il piccolo locale, annuii continuando a tormentare l'insalata cercando di inforchettare un pomodorino; gli avevo raccontato tutta la mia storia, o meglio la mia sfiga, e lui mi aveva ascoltato con entusiasmo commentando poche volte per di più con enfasi “Dicevano fosse un incubo passare con lui ma questo mi terrorizza” ammise pensieroso, io finii con un grande gesticolo teatrale e sospirai drammatica “Mi boccerà anche a questo esame hai visto quanto mi odia!”
“Non credo che il tuo esame possa aver compromesso così tanto la situazione” mi tranquillizzò con un sorriso, mi morsi il labbro “In realtà c'è dell'altro...” mi coprii il viso con le mani e gli raccontai della telefonata in corridoio trattenendomi con gli insulti che avevo usato per Nobili “Emma...” sospirò in tono divertito guardandomi negli occhi, cercava di trattenersi dal ridere era evidente, ma la sua compostezza durò pochi secondi poi scoppiò in una risata genuina che mi fece arrossire ancora di più “Scusa ma... hai davvero fatto una cosa del genere?!” aveva il viso rosso e non riusciva a smettere di ridere di me “Ehi non è divertente, è preoccupante io di solito non sono così ma lui... lui mi manda in bestia!” esclamai gesticolando come un ossessa e mettendo su un broncio infantile “io mantengo sempre la calma davvero... non sono generalmente così spontanea”
Max sorrise guardandomi “Bhè a me piace questo lato di te” mi zittii bloccandomi a meta di un gesticolare buffo ed estremo, lo guardai sorpresa sgranando gli occhi, lui distolse lo sguardo sperando forse che potessi cancellare quella sua confessione, mi ricomposi velocemente e dopo alcuni minuti di silenzio sorrisi come un ebete “Grazie” sussurrai guardando il mio piatto ma con la coda dell'occhio lo notai arrossire teneramente.
Ero stata così bene, Max era simpatico e con lui non sentivo pressioni di alcun tipo, era come un amico e quello non mi sembrò affatto un appuntamento galante, ero davvero una che esagerava sempre! Non era stato così traumatico anzi era stato più che piacevole. Let aveva ragione, magari avevo una leggerissima propensione ad ingigantire certe cose nella mia mente ma non l'avrei mai ammesso davanti a lei nemmeno sotto tortura!
 

Cogli l'attimo e l'avevo colto avevo passato il pranzo con un ragazzo carino e gentile e la mia vita non mi sembrò più così buia e solitaria, anche se riemerse il mio muro di diffidenza causato dalla mia precedente relazione cercai di non darlo troppo a vedere, richiudendo quei ricordi nel cassetto più nascosto della mia memoria.
Max mi accompagnò alla fermata del autobus e non solo colsi l'attimo: colsi anche qualcos'altro il suo numero di telefono e un leggero e dolce bacio sulla fronte accompagnato da un “Ciao Em” che mi fece sorridere finalmente felice della consapevolezza che forse il mio cuore sarebbe stato nuovamente in grado di battere per qualcuno... 


Eccoci qui! Vorrei ancora ringraziare e mandare un grosso bacio a chi sta seguendo questa storia :D 
Max riuscirà a conquistare Emma? 
Ed Emma e Nobili cosa proveranno l'uno per l'altro?
 Voi ci credete alla "storia" dell'odio o questi due nascondo qualcosa? :P 
Ho deciso di pubblicare con regolarità una volta a settimana, questo perchè ho iniziato un nuovo importantissimo percorso 
 e mi prenderà tantissimo tempo. 
Tuttavia la prossima "Lezione" verrà pubblicata prima e scoprirete poi il perchè :D 

Un grande bacio e un grande grazie! 
Aki
 

 

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Capitolo 5
*** Lezione 03 bis ***


Lezione 03.bis: Cogli l'attimo... ma se ci riesci cogli anche qualcos'altro.

 

(Tutte le lezioni bis che incontrerete saranno delle PoV del temuto e diabolico prof. Nobili )

 

Mi massaggiai le tempie, ero esausto; quella mattina si era già presentata come una pessima giornata dopo la chiamata di quel bastardo di Giorgio. Era sempre stato così da quando eravamo poco più che bambini: lui si cacciava nei casini e io dovevo tirarlo fuori e ora che ero avvocato le cose non erano cambiate, era cambiato solo il metodo.

Grazie Lore, ti devo una birra come al solito. Sei un amico.

Sbuffai ribloccando lo schermo del telefono, scesi dall'auto che avevo parcheggiato al solito posto dei docenti.
Avevo accettato la cattedra di sostituto senza pensarci troppo rinunciando a degli importanti casi a Roma, non so perchè lo feci fu una scelta impulsiva ma avevo colto l'attimo e quella scelta si era rivelata estremamente soddisfacente.
"Buongiorno professore!" cinguettarono un gruppetto di ragazze, sorrisi ricambiando il buongiorno, gambe lunghe, vestitini scollati e sguardi provocanti; qualche anno fa mi avevano totalmente lasciato senza fiato.
Amavo insegnare, indipendentemente dal fatto che ogni studente pendesse letteralmente dalle mie labbra consapevole delle mie doti oratorie, i miei colleghi avevano sempre detto che sarei riuscito anche a far parlare un muto, sorrisi tra me e me consapevole di quanto quella affermazione fosse veritiera.
Comunque sia le schiere di giovani studentesse pronte a mostrarmi le loro grazie o finire disperatamente nel mio letto mi avevano annoiato dopo pochi mesi e ora mi lasciavano del tutto indifferente, a volte mi divertiva al punto da compiacermi altre volte mi irritavano.
Lunatico era uno dei miei difetti accettabili, insieme a tanti altri.
Girai l'angolo verso la macchinetta del caffè meno frequentata dagli studenti mi bloccai sorridendo compiaciuto Ma guarda chi si vede!
Riconobbi immediatamente il parka scuro e gli anfibi rossi, l'inconfondibile chioma scura scombinata e l'espressione di chi è in perenne lotta con l'universo da quando è nata. Sarei davvero rimasto per ore a guardare quella ragazza inveire con tanta enfasi contro un oggetto inanimato "Tu non capisci il mio bisogno!" protestò disperata battendo il pugno.
Avrei potuto sedermi e godermi lo spettacolo di Emma pronta a prendere a calci la macchinetta del caffè di prima mattina, mi avrebbe notevolmente migliorato la giornata sopratutto all'idea che avrebbe rivolto con piacere quegli insulti colmi di rancore anche a me.
Non avevo mai incontrato una persona così cocciuta e ostinata, mi ricordava uno di quei muli che i contadini si ostinano a tirare senza che l'animale si volesse schiodare dalla sua posizione.
Espirai rassegnato avvicinandomi in soccorso alla macchinetta del caffè, in fin dei conti ne avevo bisogno anche io e lasciare che terminator la riducesse ad un ammasso di ferraglia avrebbe significato dire addio al mio amato caffè mattutino.
Ancora non riuscivo a capire che cosa avesse quella ragazza di tanto speciale per me, era così diversa da ogni donna che avevo frequentato, da un lato mi irritava, dannazione se mi irritava! Dall'altro tutta questa irritazione mi spingeva a provocarla sempre di più e il cercare di provocarla e il vedere come facesse resistenza al mio ascendente e anzi vedere come odiasse la mia attenzione mi spingeva a sentirmi sempre più attratto verso quella ragazza.
Emma Franceschi mi si era stampato quel nome nella mente il momento stesso in cui l'avevo pronunciato la prima volta.
 

“Hai intenzione di prenderla a calci?” mi arrestai immediatamente a quella voce maschile, un ragazzo della sua stessa età o poco più grande le si parò davanti ridacchiando. Ecco, ad esempio di quello non sapevo assolutamente nulla, nemmeno ricordavo la sua faccia e se frequentasse il mio corso.
L'intervento di quel ragazzo mi fece rinsavire con una smorfia seccata, mi allontanai: niente caffè per oggi.
Che cavolo avevo intenzione di fare? Un battuta sarcastica per metterla sulla difensiva e poi come se nulla fosse le avrei offerto il caffè per vedere quello stesso sorriso sincero e grato che ha fatto a quel ragazzino?! Che cazzo stavo combinando?! Quella ragazza aveva la grande capacità di farmi perdere la mia solita e composta calma! Mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Dannazione dovevo comportarmi come era consono fare, perchè non poteva comportarsi come qualsiasi altra studentessa?! L'idea che non volesse avere a che fare con me e che addirittura mi detestasse a tal punto mi infastidiva.

La parte che odiavo di più era la fine delle lezioni: dover continuamente rispondere a domande di ragazzine poco più che ventenni, che evidentemente facevano a gara a chi mostrasse in modo più prorompente la propria scollatura, poco interessate al contenuto della lezione. Certamente del mio lavoro non mi potevo affatto lamentare: tutte quelle forme scoperte non facevano altro che compiacermi come uomo.
Ma avevo delle regole di morale ferree e non le avevo mai infrante tuttavia... tuttavia per quella Emma ne avevo già ignorate un paio.
Chiamarla per nome solo per un leggero ritardo era stato un errore che non avrei più dovuto commettere, e certamente non avrei più commesso.
A differenza di tutte le persone che di solito mi circondavano quella ragazza non cercava di farsi notare anzi tutto il contrario voleva rimanere nell'anonimato del tutto indifferente alla mia presenza.
Quella Emma era pericolosa e lo era perché nemmeno se ne rendeva conto, non era un moto di passione viscerale quello che mi spingeva a provocarla o forse il semplice fatto che non potevo sopportare che qualcuno fosse immune al mio ascendente, in realtà nemmeno io riuscivo a capire il perché di quel gioco di sguardi a volte pieni di astio e a volte carichi di muta sfida.

Quando entrai in aula per l'ultima lezione la cercai con lo sguardo e fui stupito nel vedere i suoi occhi scuri abbassati sul foglio davanti a lei mentre si tormentava una ciocca di capelli: era tesa e nervosa l'avevo notato da come rimaneva rigida sulla sedia.
Durante la lezione cercai gli occhi di Emma più del necessario ma mai lei incrociò il mio sguardo... nemmeno per sbaglio.
Che cazzo mi stava prendendo tutto d'un tratto?! Non ero Giorgio, era lui che pensava a queste cazzate, era lui che altro non faceva che tormentarsi all'idea di farsi una delle sue studentesse... io sono diverso! Anche se Emma sembrava così diversa da tutte le donne che avevo incontrato... certamente che era diversa... lei è solo una ragazzina! 

Quando la sfilata delle domande inutili finì fui decisamente grato che gli ultimi fossero due ragazzi, sperai che le loro domande fossero più sensate e pertinenti delle trenta precedenti. Alzai lo sguardo incrociando quello del ragazzo della macchinetta: quello che era insieme a lei. Ah! Ora me lo ricordavo eh... e vicino a lui, il mio sguardo venne catturato da quei magnetici occhi scuri: Emma.
Non potevo ignorare il magnetismo tra di noi, anche se dovevo farlo. I suoi occhi si socchiusero un poco diffidenti e come un animale selvatico osservato troppo da vicino incrociò le braccia al petto e distolse quello sguardo che era stato troppo sfuggente, ma ciò che più mi divertì fu la sua espressione infastidita. 
Sospirai facendo segno al primo ragazzo di iniziare, mi sarei tenuto la domanda di Emma per la fine.
Ma dopo aver risposto in modo esaustivo al ragazzo della macchinetta, lui si voltò con un sorriso un po' troppo mieloso verso di lei “Possiamo andare Emma” le disse dolcemente,allungò il braccio toccandole leggermente la schiena per incitarla ad uscire... commisi un altro passo falso mentre fissai per troppo tempo quel ragazzo, due uomini capiscono subito quando c'è competizione per la stessa donna, così mi aveva detto scherzosamente Giorgio quando eravamo poco meno che adolescenti, non so dove lo avesse letto, anche allora mi sembrò una grande cagata; ma quel pazzo di Giorgio era così, a modo suo romantico. Giorgio! Oggi non fa altro che venirmi in mente quel idiota! 

Ma fu l'occhiata soddisfatta che Emma mi lanciò di sottecchi oltre le spalle del ragazzo macchinetta ciò che maggiormente fece vacillare le mie regole morali lavorative, forse lo fece per mostrarsi vittoriosa di quel round...


...ma ai miei occhi si mostrò unicamente come lo sguardo più seducente di quella giornata.  


 

Mi inginocchio e chiedo venia, chiedo perdono.
 
Punti di Vista di Nobili, ero incerta se metterli ma questa non è la classica storia dove 
la studentessa si innamora perdutamente del professore, e avevo la voglia di approfondire 
maggiormente con qualche lezione bis, cosa c'è nella testa di Nobili. 
Forse ha ragione Let? Emma tende un po' ad esagerare la realtà? 
Nobili è attratto da Emma in un modo che ancora bene non capisce, mi è così difficile fare il suo PoV
ogni cosa che scrivo mi sembra banale: vorrei dargli un tono da uomo di 34 anni, serio, affascinante e consono alla sua 
professione. E poi è citato Giorgio personaggio al quale sono molto affezionata, grande amico di Lorenzo Nobili è la sua "spalla" praticamente da sempre.
Ma a questo punto è inutile rimangiarci giorni e giorni sopra... Tanto dalla prossima torna Emma! :D 

Un grosso bacione tutti e un ringraziamento speciale a kotoko66 che passatemi il termine
mi ha dato una "sveglia" con il suo messaggio letto poco fa' :P





 

 

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Capitolo 6
*** Lezione 04 ***


Lezione 04: Tanto và la gatta al lardo...

 

“Non posso farcela!” esclamai seduta al tavolo della cucina, con i gomiti appoggiati e la testa fra le mani “Tu dici sempre così Em” mi rimbeccò Sara sbadigliando “E poi ce la fai sempre” concluse Jo afferrando un biscotto e gettandoselo in bocca.
“Certo, devo ricordarvi com'è andata l'ultima volta?!” esclamai piccata, le due alzarono gli occhi al cielo “Perché questa volta non ti presenti all'esame con qualcosa di più femminile, sono sicura che quel tuo grande pezzo di figo che ti ritrovi come professore apprezzerà!”
“Dovrebbe giudicarmi per quello che dico Sara, non per come mi vesto” sbottai
“Ma l'aspetto non deve essere del tutto trascurato” la voce di Let mi raggiunse nell'istante in cui la sua mano mi sfregò la nuca affettuosamente “Ehi!” protestai con una flebile voce, ma mi ignorò “Ti conosco Em, per ripicca ti presenteresti in pigiama, senza trucco e con i capelli spettinati mentre reciti a memoria, compresa di punteggiatura, il libro”
“Non è vero” borbottai sentendo le gote arrossarsi, certo che era vero! Era il mio piano, come aveva fatto a scoprirmi?!
“Se vuoi passare questo esame, non palesare il tuo odio, comportati bene e sorridi, sei così carina quando sorridi!” mi punzecchiò “Nemmeno quel diavolo di professore potrebbe resistere al tuo sorriso”
I primi mesi del mio terzo anno erano passati così velocemente e mi ero abituata alle piccole cose che mi capitavano ogni giorno: il caffè preparato da Jo la mattina, il pullman in ritardo, la solita vecchietta che sedeva nel solito posto, la mia corsa alla macchinetta del caffè, il rapporto di sguardi di odio tra me e Nobili e la corsa per riprendere l'autobus del ritorno.
Senza contare la presenza di Max; era un ragazzo così carino e gentile ed era inevitabile che fossimo diventati grandi amici e il pensiero che potesse nascere qualcosa tra di noi non mi dispiaceva del tutto, ma non lo avrei mai ammesso.
Tutto, contrariamente ai prognostici, sembrava andare per il meglio, per il verso giusto insomma! Finalmente la mia vita non era un gran casino!

 

Ma com'è che si dice? Non ditelo troppo forte...
 

 

Com'è che aveva detto Let? Sorridi.
Tra pochi giorni sarebbe stato Natale, a Natale erano tutti più buoni giusto? Forse anche Nobili.
Mi sudavano le mani, avevo la gola secca e le gambe molli come un budino e come se non bastasse mi ero completamente pentita di come mi ero lasciata agghindare da Let.
Avevo bisogno del mio grande maglione rosso con le maniche così lunghe da poterci nascondere le mani, lo stesso maglione che Sara mi aveva tolto di dosso mentre Jo mi aveva atterrato sul tappeto del salotto e Let che urlava parole di guerra promettendomi che mi avrebbe scagliato contro gli inferi se non avessi indossato quello che mi aveva preparato la sera prima con tanta cura.
Merce da macelleria ecco come mi sentivo con quel vestito di maglia nero con lo scollo a V e i leggeri collant neri, senza contare il fatto che i due ragazzi a poca distanza da me avevano smesso di ripassare e continuavano a guardarmi e a sorridere come beoti.
Avevano cercato di attaccare bottone una decina di volte ma io ero allenata e sviai undici volte le loro mosse d'attacco con grande maestria, fingendo di ripassare quello che già sapevo o semplicemente rispondendo a monosillabi.
“Franceschi Emma” la voce dell'assistente mi destò dai miei pensieri e mi alzai “Buona fortuna” esclamarono all'unisono i due, sorrisi incerta “Anche a voi”
L'assistente era di una bellezza innaturale, non doveva essere tanto più vecchia di me, sicuramente nemmeno raggiungeva la trentina. Sorrise calorosa e gentile e questo mi tranquillizzò almeno in parte, l'altra parte era il mio orgoglio femminile completamente abbattuto dal suo metro e settantotto, i lunghi capelli lisci e biondi naturali, la pelle perfetta e gli occhi azzurri.
Andai bene, meglio di quello che avevo preventivato, mi sorrise felice arricciando il naso “Complimenti” il suo sorriso era sincero e lo ricambiai con entusiasmo. Avrei voluto alzarmi e gridare con entusiasmo quando vidi la sua penna muoversi sull'appunto che avrebbe lasciato a Nobili 29.
“Grazie” dissi prima di alzarmi, lanciai inconsciamente uno sguardo a Nobili poco lontano da noi ed i suoi occhi glaciali incontrarono subito i miei come se fossero stati lì per tutto quel tempo mentre la bocca era coperta dalla mano alla quale era appoggiato, distolsi immediatamente lo sguardo e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
Non stava ascoltando vero? Let aveva ragione... stavo diventando incredibilmente paranoica.
Alzai nuovamente lo sguardo alla ricerca del suo sguardo, questa volta pronta ad affrontarlo ma ciò che vidi fu unicamente il suo profilo e sulle labbra era apparso il solito ghigno soddisfatto; probabilmente non era rivolto a me, già era così... non era certamente rivolto a me... allora perché speravo così tanto di sbagliarmi?
Passarono trenta minuti prima che la sua voce mi chiamasse, raggiunsi la sedia e per qualche ragione, sicuramente agitazione per l'esame, il mio cuore fece un tuffo triplo carpiato quando i suoi occhi fronteggiarono i miei.
“Bene, iniziamo” mi stupii di quanto il suo tono suonò così serio e professionale, freddo, senza nemmeno una punta di sfida, come se si stesse contenendo.
“Certo” risposi io con il sorriso che mi aveva detto Let di fare, probabilmente mi uscì orribile perché lui distolse subito lo sguardo e questo mi fece sentire una grande stupida.
Mantenni un freddo contegno rispondendo prontamente ad ogni sua domanda, non capii per quale motivo continuasse e sviare il mio sguardo e distrarsi continuamente osservando i fogli che aveva tra le mani. Avrei voluto strapparglieli di mano, ridurli in brandelli e costringerlo a guardarmi con quei soliti suoi occhi carichi di sfida e di superiorità.
Provai rabbia e fastidio con un pizzico di delusione e questo non faceva altro che farmi parlare con astuta freddezza.
Stavo vincendo quella battaglia perché il mio nemico non si stava impegnando e non c'era gusto nel vincere così, ero delusa dal suo poco impegno forse perché erano mesi che mi ero preparata al peggio, dopo settimane di tormenti e sguardi ambigui.
Let sosteneva che il mio pensiero era deformato dalle troppe serie televisive che guardavo di notte e che superare quell'esame non mi avrebbe posto di diritto sul trono di spade, ovviamente non era vero ma che esagerassi sempre e che prendessi tutto come una sfida personale quello lo era un pochino, inoltre odiavo perdere.
“Bene” il morto si ridestò dall'aldilà afferrando la penna “Confermo il voto dell'assistente, 29 signorina Franceschi le va bene?”
Lo fissai per un momento con espressione confusa “Sì, sì certo” sussurrai incerta, gli angoli della bocca si alzarono in un sorriso provocatore “Pensavo rifiutassi anche questo” disse con voce bassa affinché l'assistente accanto a lui non percepisse il suo darmi del "tu", i suoi occhi mi lanciarono una stilettata con una stalattite di puro ghiaccio, forse avrei dovuto allenarmi ancora per essere del tutto immune a quell'uomo e alla sua capacità di farmi arrossire per la rabbia... anche se, probabilmente non era rabbia questa volta.
“Arrivederci” mi affrettai a dire sorridendo debolmente.

Presi la mia roba in fretta e furia e uscii, con il cuore ancora in gola e i suoi occhi azzurri nella mia testa, i suoi capelli scuri leggermente scompigliati, la mascella contratta, le sue labbra che si incurvavano in quel sorrisetto compiaciuto di sé stesso.

No, non mi freghi. Io non mi lascio di certo abbindolare! Può funzionare con tutte quelle ragazzine ma non con me! Non con me...
Mi portai la mano tra i capelli espirando frustrata “Funziona anche con me dannazione!”
“Emma”
Mi voltai portandomi la mano alla bocca voltandomi sorpresa, dovevo smetterla di parlare nei corridoi ogni volta che uscivo da un'aula d'esame.

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Capitolo 7
*** Lezione 05 ***


Lezione 05: ...che ci lascia lo zampino!



Sgranai gli occhi sorpresa "Max?" lui sorrise caloroso con le mani nelle tasche dei jeans mentre si stringeva nelle spalle "Ehi" mi salutò.
"Che ci fai qui?" chiesi andandogli incontro diffidente alzando il sopracciglio, si morse il labbro nervoso "Sono qui per te... intendo, so che eri agitata per questo esame e... passavo di qui..." disse vago grattandosi il capo "Allora com'è andata?"
"è andata!" ammisi espirando mordendomi il labbro tesa, il suo sguardo era confuso e mi affrettai a sorridere scuotendo le mani come a cancellare quello che avevo detto "Nobili mi ha dato 29" continuai con un tono che mi uscì ugualmente amareggiato, non era del voto che mi importava a quel punto, era un ottimo voto ma... ma nemmeno io sapevo in che cosa sperassi davvero, forse di combattere a denti stretti e strappare quel ventinove con il sangue sulle mani...?!
Decisamente, stavo decisamente guardando troppe serie tv.
"Ooh, solo?" mi canzonò ridacchiando, io lo spinsi leggermente scostadolo con finta repulsione ma nemmeno si mosse di un centimentro e io mi ritrovai contro il suo fianco "Non prendermi in giro" borbottai sconfitta
"Mi deludi Emma" continuò con una finta faccia di disappunto mentre mi cinse le spalle con il braccio stringendomi affettuosamente a lui, arrossii divincolandomi e guardandolo sospettosa "Quindi sei passato di qui per caso?" lo provocai, lui alzò le mani in segno di resa con il suo sguardo angelico "Puro caso e per puro caso ti inviterò a pranzo fuori per festeggiare il tuo pessimo voto" sorrisi accettando l'invito.

"Tornerai a casa per le vacanze invernali?" alzai lo sguardo dal panino incontrando i suoi occhi ambrati "Non credo, i miei hanno deciso di andare via in qualche posto caldo, mia sorella andrà con loro e i miei fratelli non avranno nessuna intenzione nè di muoversi nè di lavorare, se azzardassi a tornare a casa sarei la loro schiavetta per due settimane" addentai il panino e masticai velocemente prima di continuare coprendomi la bocca con la mano "Nemmeno Let tornerà a casa, ci faremo compagnia e mangeremo una pizza surgelata e vino nel cartoccio" dissi ridacchiando.
"Bella prospettiva!" annunciò lui "Da un lato ti invidio, devi sentirti abbastanza indipendente vivendo da sola, senza fratelli rumorosi e madri apprensive..."
"Jo è abbastanza rumorosa" dissi sovrappensiero "Ma non quanto Tom e Dan”
Tommaso e Daniele erano i miei fratelli maggiori, erano gemelli e anche se ormai avevano quasi trent'anni per loro non era mai il momento di iniziare a fare i seri.
Mia madre aveva rinunciato a cercare di metterli in riga e l'unica che i due temevano era la nonna che ancora li rincorreva con una cucchiaia di legno. Quattro anni dopo di loro ero nata io e cinque dopo di me la mia sorellina Ale.
“Non so perché ma ho come l'impressione che siete una famiglia chiassosa e divertente”
“Chiassosa senza dubbio, riuscirebbero a far scappare qualsiasi aspirante fidanzato a gambe levate!” annunciai sbuffando, Max rise di gusto “Io non scapperei sembrano simpatici”
“Tu non scapperesti perché non li hai mai incontrati ecco perché! Una volta Ale ha portato a casa il suo primo ragazzino, Tom e Dan e papà hanno preparato il caffè per tutti e anche se il poveretto aveva rifiutato sono riusciti a persuaderlo comunque” Lui iniziò a ridere incitandomi ad avanzare “peccato che quei tre avevano aggiunto del sale unicamente al suo e lui ha finito per innaffiare la crostata e mia mamma che si trovavano entrambe nella sua traiettoria. È stato imbarazzante, dico davvero, non credevo che qualcuno potesse arrossire più di me” ridacchiai a quel ricordo “Sono davvero tremendi!” esclamò lui ridendo.
Max si schiarì la voce afferrando la bibita e bevendone un sorso "Tu hai cercato di portare qualche povero sfortunato nella tana del lupo ultimamente?"
Aggrottai le sopracciglia confusa anche se lui sembrò non voler continuare la frase o farmi capire meglio che cosa intendesse, così dovetti tirare a caso "Intendi un fidanzato o qualcosa del genere?" chiesi cauta, lui mugugnò in tono affermativo "Nessuno, l'ultimo risale a più o meno tre anni fa" sospirai
"E non è andata bene?" mi chiese incuriosito
"è finita anche peggio..." dissi in un sussurro ma poi sorrisi cacciando via quel pensiero "Ma che importa era un idiota! Tu invece?"
Ridacchiò "Niente di serio ultimamente" ammise facendo spallucce "Anche se qualcuna che mi interessa davvero l'ho trovata"
Sgranai gli occhi sbalordita pensando a chi potesse aver addocchiato a lezione, supponendo che fosse alla lezione di Nobili, a fianco a noi e a volte davanti si sedeva una ragazza minuta dai capelli rossi che qualche volta avevo sorpreso dare delle occhiate a Max.
"è la rossa non è vero?" lo beccai puntandogli il dito contro con un sorriso, lui alzò il sopracciglio "Chi?"
"Dai la rossa, quella che si siede sempre accanto a noi... lentiggini, nasino all'insù... andiamo, hai capito di chi sto parlando!" esclamai convinta di aver fatto centro, lui scoppiò a ridere "Veramente no" io scossi la testa ridendo assieme a lui "A tutti i ragazzi piacciono le rosse!" lo accusai ridacchiando "No davvero, non è la rossa" rispose alzando le mani in segno di resa.
Afferrai una patatina "Sarà..." dissi guardandolo con diffidenza.
"Tu invece?" mi punzecchiò "Qualcuno sul fronte?"
Il mio cuore si bloccò e per poco non mi strozzai con la patatina, cominciai a tossire afferrando la bibita e bevendo d'un fiato.
A quel "tu invece" la mia mente aveva viaggiato dove non doveva, ripensai allo sguardo di Nobili e al suo sorriso provocatorio "Pensavo rifiutassi anche questo" la sua voce bassa e divertita, avrei potuto cancellare quel ghigno appoggiando le mie labbra sulle sue e chi sa che sapore avrebbero avuto...
"Oddio no!" esclamai nella mia mente ma le mie labbra si mossero e la mia voce suonò quel tremendo squittio, Max strinse le labbra confuso, arrossii "Volevo dire no" mi schiarì la voce "No"
"Non sembri molto convinta lo sai?" mi punzecchiò con un sorriso divertito
"E invece lo sono" ribadii con nonchalance sorseggiando la bibita
"Sarà..." mi fece il verso con finto scetticismo.
Gli tirai un calcio leggero sotto il tavolo "Piantala!" ridacchiai e lui mi seguii "Anche se non c'è nessuno all'orizzonte avrai delle preferenze..." mi provocò lasciandosi cadere sullo schienale della sedia osservandomi compiaciuto "Te le dico solo se ammetti che ti piace la rossa!"
Lui sorrise "Non è la rossa che mi interessa te l'ho già detto, ma... frequenta le lezioni di Nobili ed è una grande ritardataria"
Arricciai le labbra pensierosa anche se non mi veniva in mente nessuna "Mmh... la prossima volta che arrivo in ritardo ci farò caso" annunciai con un sorriso sincero, lui sospirò "Certo che sei proprio incredibile!" fiatò con esasperazione, lo presi per un complimento, come ogni esemplare femminile queste questioni di cuore mi rendevano incredibilmente curiosa.
"E chi sarebbe il tuo tipo? Uno come il tuo odiato Nobili?" mi chiese inarcando il sopracciglio accentuando la sua curiosità, le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto divertito e troppo furbo per i miei gusti.
"Che'?!" esclamai con un acuto e rischiai che la patatina che avevo afferrato mi andasse per traverso per la seconda volta, mi schiarii la voce "Uno come lui non è decisamente il mio tipo" mi affrettai a dire abbassando lo sguardo.
"E come sarebbe il tuo tipo?" chiese Max incuriosito, il tono era serio celato dietro ad un sorriso teso, io arrossii sentendo le gote bruciare "Più uno come te" sussurrai imbarazzata.
Oddio l'avevo detto davvero! L'avevo ammesso davvero...Ma non c'era nulla di male giusto? Dire che uno era il proprio tipo non equivaleva ad una dichiarazione... era una constatazione amichevole come quella che si fa quando si fa' un incidente.
Perché essermelo lasciata sfuggire era stato un incidente! Porca miseria... ma che mi passa per il cervello ultimamente?!

Lui prese una patatina sorridendo in un modo che non mi fu del tutto chiaro mentre la addentava lentamente osservando la gente passare oltre la vetrina, gli occhi ambrati e i castani capelli ramati alzati in un ciuffo davanti... non mi ero mai accorta che avesse uno spruzzo di leggere lentiggini.

 

 

Ops! Lo so che tutte noi "shippiamo" Nobili ma cercate di capire Emma, per lei è totalmente impossibile che uno come lui la possa anche solo considerare attraente o oggetto di attenzioni, per lei la loro è pura sfida anche se...
Per quanto qualche volta le può essere passato per la mente ha subito ricacciato indietro il pensiero come se avesse la peste!
Ma state tranquille "Nobilette" (fans accanite di Nobili :P) se c'è qualcosa che il nostro diabolico
professore non è abituato a fare è tirarsi indietro una volta in ballo!
Ecco, ecco anche che arriva qualche accenno sulla famiglia di Emma che vedremo fra bel po' di tempo... magari 
Emma dovrà presentare Max ai diabolici gemelli e al papi, chi lo sà! 
Ah e che dire di Emma... Max le ha mandato un paio di frasi ambigue che nemmeno ha recepito, un po' tontina la nostra ragazza...

Vorrei dire un grande Grazie, Grazie a tutti quelli che stanno seguendo, recensendo o semplicemente leggendo e appassionando a questa storia!
Fanno davvero molto piacere tutti i commenti che lasciate!

Grazie, Grazie, Grazie

Baci Aki

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Capitolo 8
*** Lezione 06 ***


 

Lezione 06: Alcuni incontri, trovano il culmine della loro fusione, in uno sguardo su un milione di parole dette (D. Ribani)

Con l'ottimo voto che ero riuscita a prendere all'esame della sessione di Dicembre ero carica e più che convinta che quell'anno non sarebbe stato poi così infernale come si era prospettato.
Nobili si era dimostrato quasi un professore normale e durante il mio esame era stato così corretto da avermi quasi lasciato un inspiegabile amaro in bocca, ma in fin dei conti forse aveva deciso di smetterla di rendermi la vita impossibile.
Mi svegliai di soprassalto, Let si era fiondata sul mio letto buttandosi pericolosamente troppo vicina ai miei piedi che fortunatamente riuscii a spostare prima che venissero brutalmente schiacciati.
“Buongiorno!” esclamò con troppo entusiasmo per quella mattina, mugugnai afferrando il cuscino coprendomi il viso “Che vuoi?!” biascicai con la voce ancora impastata.
“Come che vuoi?! Sai che giorno è oggi?”
“Ma Natale non è domani?” confusa mi stropicciai gli occhi sbadigliando, osservai la bustina rossa che mi sventolò davanti agli occhi “Sì ma il tuo regalo deve essere per forza aperto questa mattina!” mi informò soddisfatta.
Regalo! La mia mente non riuscì a pensare ad altro mentre mi sistemai meglio sul letto togliendole dalle mani quella busta “Che cos'è?” esclamai come una bambina entusiasta “Che cos'è?”
“Aprilo e vedrai!”
Aprì con fretta e furia quella bustina e quando intravidi la trama dei due biglietti che c'erano dentro urlai “Let!”
“Uno è per me ovviamente!” aggiunse con finto tono serio.
“Let!” gridai a voce più alta gettandomi in avanti per abbracciarla “Questi biglietti sono finiti da mesi come hai fatto?!”
“Li ho presi prima sciocca!” ridacchiò ricambiando il mio abbraccio “Questa sera non passeremo la Vigilia come avevi preventivato, niente pizza surgelata!” annunciò con una punta d'orgoglio; ogni anno, per la Vigilia di Natale il teatro più importante della città organizzava uno spettacolo dove poi offrivano un buffet e da bere, inutile dire quanto io e Let aspettassimo quel giorno e una buona occasione per sfoggiare vestiti e maniere raffinate.

“Non abbiamo nulla di elegante da metterci!” frenai immediatamente l'entusiasmo ma Let mi fece l'occhiolino “Sara ha lasciato qui la maggior parte dei suoi vestiti che usa nelle esibizioni, non credo che le dispiacerà!”
“E se se ne accorge?!” chiesi allarmata ma Let mi strizzò l'occhio, mi prese la mano e raggiungemmo velocemente la stanza della nostra coinquilina ridacchiando “Occhio non vede...” iniziò lei “...cuore non duole!” conclusi io.
Provammo vestiti per tutta la mattinata “Perché non proviamo qualcosa di diverso?” aveva proposto strizzandomi l'occhio “Tanto non ci sarà nessuno che conosciamo, andiamo!” mi incitò mostrando il vestito rosso “Okay, tanto non ci sarà nessuno che conosciamo!” esclamai sorridendo.
A stenti riconobbi il mio riflesso allo specchio “Wow” espirai
“Se Max ti vedesse così...” Let mi sorrise passandomi un rossetto “Metti ancora questo”
“Let!” osservai sconvolta il colore troppo rosso, decisamente troppo per me.
“Che c'è hai in programma di baciare qualcuno?” mi canzonò “Se è per quello allora è un'altra storia, magari questa sera incontri l'amore della tua vita!”
“Certo come no, magari lo incontri tu”
Il vestito che avevo “preso in prestito” da Sara era di un rosso carminio scuro, il pizzo la faceva da padrone mostrando lembi di pelle sotto la trama, Let mi aveva acconciato i capelli lasciando fuori unicamente qualche ciocca sul davanti.
Le ciglia lunghe e le labbra rosse.
Nessuno mi avrebbe preso per la solita trasandata Emma, i capelli scompigliati che sfuggivano ribelli dalla coda e l'aria perennemente in ritardo, niente parka, niente anfibi rossi e sciarpone ma stranamente mi non mi sentii nuda come avevo immaginato.
“Come farò a camminare su questi aggeggi diabolici?” mi lamentai aggrappandomi al corrimano evitando di rotolare giù dalle scale, quel vestito doveva rimanere intatto! E come me anche Let sembrava andarci cauta come se stessimo indossando oro colato “Ci ucciderà me lo sento”
“Nemmeno se ne accorge, ha talmente tanti vestiti!” mi tranquillizzò.
Il tassista fu così gentile da aprirci la porta e adularci con un sacco di complimenti che fecero arrossire anche la mia compare stretta nell'abito blu notte.

Ci accomodammo in sala dopo qualche minuto di attesa in biglietteria, la sala era gremita di persone di ogni età ma tutti splendidamente vestiti a festa. Nella grande sala teatrale padroneggiavano il rosso delle poltrone e delle stoffe di velluto e l'oro che rivestiva le decorazioni in legno, c'era una grande e magnifica aria magica che mi fece sorridere su quanto la mia Let mi conoscesse davvero, il più bel regalo di Natale pensai portandomi la mano sul cuore.
“Em” mi richiamò la voce di Let passandomi una mano davanti al viso “Mmh?”
“Vado un attimo in bagno” mi annunciò lasciandomi sula su quella comoda poltroncina, per l'attesa continuai a guardarmi intorno intercettando un gruppo di persone appena arrivate pronte ad entrare nella fila davanti alla nostra: una coppia sulla quarantina, una donna di cinquantanni tirata su da un'impalcatura plastica e tre uomini in giacca e cravatta seguiti da un'altra donna decisamente più giovane dell'altra.
Un quadretto noioso, dovevano essere un gruppo di colleghi di qualche ricca azienda o di qualche studio legale o medico, lo si capiva dalle arie che si davano e dal tono sofisticato che utilizzavano per conversare.
Sospirai aprendo la pochette e guardandoci all'interno come se potessi trovare una qualche sorta di tunnel del bianconiglio nell'attesa che Let tornasse, ma tutto ciò che mi ritrovai a fare fu guardare lo schermo del telefono distrattamente.
“Siediti qui” gracchiò una voce acidula, non mi servii alzare lo sguardo per capire a chi appartenesse quella voce divertita e leggermente maliziosa se non che a quella donna che aveva passato la maggior parte dei suoi ultimi anni da un chirurgo plastico; provai una certa pena mischiata a compassione per l'uomo a cui si stava rivolgendo.
Provai un brivido quando percepii qualcosa sfiorarmi di sfuggita le gambe coperte unicamente dai collant chiari. Non riuscii ad alzare lo sguardo verso quell'uomo , tutto quello che entrò nel mio campo visivo fu la sua mano leggermente abbronzata dalle vene visibili riprese la sua sciarpa che si ritrovava accidentalmente sulle mie gambe, perché la una voce arrivò alle mie orecchie causando dentro di me un moto di panico simile ad un blackout “Mi scusi” disse con tono rauco e indifferente come se il suo gesto non avesse causato abbastanza fastidio da utilizzare un tono maggiormente dispiaciuto.


Ma che cos'era quello uno scherzo?!

 


I capelli scuri che solitamente erano leggermente scompigliati ora erano perfettamente tirati indietro e la barba era fatta mentre sistemava la sciarpa che mi aveva sfiorato sopra alla giacca che teneva appesa al braccio senza nemmeno degnarsi di abbassare lo sguardo per vedere quale povera disgraziata avesse importunato, come se a lui fosse certamente permessa ogni cosa, che razza di maleducato!
Un maleducato incredibilmente bello ed affascinante nel suo abito nero elegantissimo, la camicia di un bianco accecante e la una cravatta rossa stretta ed elegante, rosso della stessa esatta tonalità del mio vestito nemmeno ci fossimo messi d'accordo.
Mi schiarii la voce pronta a rompere quell'alone di perfezione che aleggiava attorno a lui “Stia più attento la prossima volta” dissi con tono leggermente infastidito incrociando le braccia sul petto, i suoi occhi azzurri incontrarono i miei, stupiti ed increduli; anche se ero perfettamente conscia del freddo mare del suo sguardo che mi si sarebbe palesato davanti ne rimasi completamente spiazzata a bocca aperta con una sensazione di capogiro.
Non mi era mai capitato di vederlo sorpreso, forse gli era già capitato in vita sua di sorprendersi ma per me fu uno spettacolo impagabile e senza che me ne rendessi conto o che avessi padronanza delle mie azioni le mie labbra si incurvarono in un sorriso, al quale arrivò in risposta né un sorriso di soddisfazione, né un ghigno compiaciuto... le sue labbra per un momento mi parvero seguire l'andamento sincero delle mie, anche se per un momento troppo breve.
L'attimo di quel suo sorriso inaspettato avrebbe potuto sciogliere tutto il ghiaccio che contenevano i suoi occhi o se non altro sciolse completamente me.
“Emma!” la voce di Let spezzò quella magia che si era creata tra di noi, come se mi avesse riportata alla realtà con una secchiata gelida d'acqua “C'era una fila assurda in bagno!” espirò gettandosi sulla poltrona accanto alla mia.
Lorenzo Nobili si voltò chiamato dall'uomo accanto a lui che gli indicò un posto più in là nel quale sedersi, si allontanò di qualche posto da quello davanti al mio ma non prima che il suo sguardo da piacevolmente sorpreso si trasformasse nel solito soddisfatto e compiaciuto di sé con le labbra che si affrettarono ad assumere il tipico ghigno diabolico.
Frastornata ed indispettita allo stesso tempo come se qualcuno mi avesse scosso troppo forte guardai Let che sgranò gli occhi bisbigliandomi all'orecchio “Me ne vado un secondo in bagno e cucchi già?!”
“Ma che dici?!” bisbigliai di rimando “è lui” dissi ancora più piano
“Lui chi scusa?!”
lui quel lui” sottolineai facendole segno con la coda dell'occhio frustrata, lei si portò la mano alla bocca “Oddio!” si sporse un po' in avanti, poi sgranò gli occhi “è lui davvero!” sussurrò
“Non me n'ero accorta!” biascicai seccata gesticolando, le luci si affievolirono fino ad abbassarsi, almeno avrebbero nascosto il rossore del mio viso e Let avrebbe smesso di guardarmi come se avesse già capito ed intuito cose che solo lei vedeva.

 

Lo spettacolo mi avrebbe certamente distratto, sicuramente, più che certamente!
Dannazione perché il mio stupido sguardo si doveva concentrare sul suo profilo, che riuscivo a scorgere se inclinavo leggermente la testa?!
Dopo qualche minuto rinunciai totalmente a capirci qualcosa della trama, era inevitabile che i miei occhi cadessero continuamente su di lui, così cominciai a ripetere a tutte me fibre del mio corpo il sacro mantra scaccia ormoni imbizzarriti, seguito dal sacro mantra scaccia cuore imbizzarrito.
Si mosse un poco e quel movimento mi mise in allerta, dovevo aspettarmelo... dopo che per più di mezz'ora non facevo altro che guardarlo scagliandogli contro i miei mantra e i miei scongiuri.
Guarda lo spettacolo! Mi ammonii alzando il mento appena in tempo. Con la coda dell'occhio non mi sfuggì il suo voltarsi, ma mi concentrai maggiormente su ciò che stava accadendo sul palcoscenico, sul costume del protagonista e sulla scenografia, continuando ad ignorare il suo sguardo e il martellare del mio cuore e per mia disgrazia entrambi non davano cenni di volerla smettere
Continua a non guardarlo! Continua a non guardarlo! Mi tormentai il labbro stringendolo tra i denti ma i miei occhi si abbassarono subito colti in flagrante dai suoi, magnetici e così chiari che anche nella penombra risultavano visibili... e sembravano dire una sola cosa “Beccata!”

Ghigno diabolico, sguardo soddisfatto e ritorna a guardare lo spettacolo.


E così faccio io tornando con lo sguardo sul palcoscenico, sforzandomi di non guardare anche quando pochi minuti dopo sentii una sensazione di formicolio alla base della nuca, con la coda dell'occhio intercettai i suoi occhi che sostennero lo sguardo per pochi secondi prima di abbassarsi sul suo vicino e scambiare qualche battuta che non riuscii a sentire. Poi i suoi occhi cercarono nuovamente i miei... ma avevo già velocemente imparato le regole di quel gioco.

Sfoderai un sorriso compiaciuto, uno sguardo soddisfatto e tornai a guardare lo spettacolo.
Beccato.

Quel gioco di sguardi sembrava non avere mai fine, ogni volta mi dicevo sarebbe stata l'ultima e ogni volta mi ripetevo che non avrei incontrato il ghiaccio dei suoi occhi ma imi ritrovai a chiedermi che forse anche da un capo all'altro della sala ci saremmo magneticamente trovati come i due poli opposti di una calamita o almeno... ogni volta la sensazione era quella.
Una strana fitta mi strinse improvvisamente il cuore, era la razionale consapevolezza di quello che stavo facendo, di quanto fossi stata stupida ad assecondare quel gioco. Mi morsi il labbro delusa e tornai a guardare lo spettacolo sistemandomi meglio sulla poltrona, nello stesso istante il mio cuore si arrese alla razionalità del cervello: “non finirà bene e sarà troppo complicato, tu non le sai gestire le cose complicate, finirai per spezzarti e farti male” era quella la frase che certamente gli stava pronunciando con disappunto “quindi lascia perdere”.


“Lascia perdere”.

 


“L'hai seguito davvero bene lo spettacolo, eh?” mi punzecchiò Let, la fissai con sguardo truce “Certo che l'ho seguito!” ribattei seccata.
“Non stavo mica sostenendo il contrario” continuò con un gesto della mano, mi tenne per un fianco sorridendo complice “Sei così bella questa sera che sarebbe stato davvero un peccato se nessuno ti avesse vista” mi strizzò l'occhio mentre io aggrottai le sopracciglia pensierosa.
“Comunque sia non c'è nulla!”
“Lo stai dicendo a me o a te stessa?”
“Let...” espirai frustrata

Fortunatamente il suo cellulare squillò prima che potessimo approfondire quella discussione “Vieni fuori con me?” mi chiese facendo cenno al telefono ma io scossi la testa rifiutando.
“Ti aspetto qui, ho visto che servono il formaggio!” le dissi ridacchiando
“Sei senza speranza amica mia!”

Il cameriere che portava il vassoio con le tartine mi si avvicinò con un grande sorriso, era giovane e nonostante gli occhi scuri e i castani capelli tirati all'indietro non era poi così brutto “Ehi, ti farebbe piacere una tartina ?” mi chiese gentile con un grande sorriso malizioso, come potevo io rifiutare del cibo?! andava contro le mie regole di vita, ricambiai il sorriso “Ti ringrazio”

Allungai la mano per afferrarne una ma la sua voce e il suo sorrisetto seducente mi bloccarono “Sai se sei da sola per questa notte io sono...”

Non feci in tempo a ribattere che una voce seccata, gelida e minacciosa mi fece rabbrividire “Io credo che da quella parte della sala tu e le tue tartine non siete ancora passati, è un vero peccato non credi?”
Nobili torreggiava dietro di me lanciando un'ombra minacciosa sul cameriere mentre io avevo sembravo totalmente fuori luogo e tempo, non avevo bisogno di voltarmi per sapere che ghigno era apparso sul suo viso.
“G-già, mi scusi ha ragione” disse abbassando lo sguardo, tutto era in tinta, tutto perfettamente intonato: il mio vestito, il rossore della faccia di quell'audace cameriere, il rossore delle mie guance e la sua cravatta.

Mi voltai interdetta e seccata per quel gesto di fine cavalleria, qualcuno gli dia un pizzicotto e gli dica che: “siamo nel ventunesimo secolo Ser Nobili, non dove mettersi a salvare nessuna fanciulla per mostrare la sua virilità”, avrei gestito benissimo la situazione da sola! Ero un'esperta nell'allontanare i lumaconi non avevo certo bisogno di un uomo per cacciarne via un altro.
“Ora ci incontriamo anche fuori dall'ambito accademico signorina Franceschi?” il tono che aveva usato era un misto tra il divertito e il compiaciuto ed i suoi occhi sembravano ancora più magnetici in quel luogo estraneo ad entrambi.
“Che casualità” dissi con una punta di fastidio che altro non fece che divertirlo immensamente, il sorriso che gli dedicai fu tirato e fasullo.
“Andiamo, non mi sembrava il tuo genere” sussurrò in tono basso e vibrante, non si stava giustificando, il suo giudizio non ometteva obiezioni e questo mi innervosì. Che cosa ne sapeva lui poi di quello che piaceva a me?!
Mi allontanai di qualche passo indietreggiando, era pericolosamente troppo vicino, lui ridacchiò “Posso anche sbagliarmi Emma” non so perché il mio nome sembrò pronunciarlo con un certo gusto e la frase nella sua testa si concludeva senza dubbio con: Posso anche sbagliarmi Emma, ma io non sbaglio mai. Alzò il sopracciglio scuro assumendo un'espressione che mandò in fibrillazione i miei ormoni ma mantenni un contegno arricciando le labbra “Me la sarei cavata benissimo da sola” sottolineai osservando distrattamente la sala.
Rintracciai il suo sguardo incurvando le mie labbra coperte dal rossetto rosso “Non la facevo da spettacoli teatrali” ammisi mentre i nostri occhi si incollarono gli uni negli altri, lui sorrise “Anche tu sei una continua sorpresa, nemmeno io mi aspettavo che una studentessa così giovane avesse la curiosa passione per il teatro” si portò le mani dietro alla schiena passeggiando in circolo scrutandomi “Ti ho vista decisamente presa dallo spettacolo” se voleva mettermi in imbarazzo stava decisamente sbagliando metodo, dovevo mantenere il sangue freddo, non l'avrei data vinta ad un tipo come lui “Non più di lei” sostenni lo sguardo e sorridemmo entrambi complici. Nobili fece segno ad uno dei camerieri che si avvicinò porgendoci un vassoio con calici di vino e stuzzichini, entrambi prendemmo del vino rifiutando il cibo che ovviamente desideravo con tutta me stessa.
Mi porse il calice per un brindisi “Al tuo ottimo esame e alla tua capacità di stupirmi sempre Emma” piegai leggermente la testa di lato “Al suo diciassette scarso che è diventato un ventinove e al fatto che mi stupite sempre professore” il ticchettio dei due bicchieri mi fece abbassare lo sguardo su quel liquido rossastro bevvi il vino fruttato troppo in fretta e con quel gesto tradì la mia sicurezza.
Non volevo stare troppo con lui, la sua vicinanza aveva uno strano effetto su di me, un effetto che mi lasciava scoperta e che mi faceva salire una gran voglia di sfuggire da lui per chilometri di distanza ma c'era un'altra faccia della medaglia ed era quella che più mi spaventava: l'attrazione era più forte della voglia di scappare.
Io era una studentessa dall'aspetto mediocre dove a lezione, e ci potevo scommettere anche nella vita, lui vedeva donne decisamente superiori a me in bellezza, intelligenza e carisma per quanto quei gesti potessero essere ampliamene fraintesi non ero per carattere una ragazza che si illudeva o fantasticava su certe cose, lui era il mio professore ed era uno degli uomini più carismatici del pianeta, non funzionerebbe mai davvero.
Per quella sera avevo già giocato abbastanza a quel gioco di sguardi e frasi mezze dette, niente cliché sulla studentessa mediocre innamorata follemente del proprio giovane e bellissimo professore, non fa per me. Non fa davvero per me.
“Devo andare ora, spero che passiate un ottima serata. Godetevi la seconda parte dello spettacolo e Buon Natale” dissi troncando quella nostra conversazione, lui sorrise con il suo ghigno soddisfatto e piacente allungò la mano e la strinsi in segno di saluto, in segno di congedo e di tregua.
Fu il nostro primo contatto, non mi strinse troppo forte, come avevo immaginato, la sua mano era liscia e calda al contrario della mia che dovette sembrargli un cubetto di ghiaccio; fu una stretta salda che denotava sicurezza ma in quel momento di contatto i suoi occhi sfuggirono inspiegabilmente ai miei e quando allentò la presa mi sentii libera di fuggire lontano da lui e dal mio cuore impazzito.
Prima che le mie dita potessero scivolare dalle sue ristrinse la mano bloccandomi e questa volta i suoi occhi si puntellarono determinati e insistenti nei miei, che cosa il ghiaccio dei suoi occhi e lo scuro dei miei si stavano comunicando così segretamente che nemmeno riuscii io stessa a capire?
“Ci rivedremo a lezione allora”
Cos'era un monito di avvertimento?! Perché non mi lasciava?
Mi morsi il labbro senza avere la forza di allontanarmi da quello sguardo magnetico.

Fortunatamente il mio telefono vibrò nella pochette e mi allontanai con un'altra scusa.
Let mi afferrò saldamente “Continua a guardarti” mi sussurrò all'orecchio, io feci spallucce continuando a digitare sulla tastiera del mio telefono “Faccia quello che vuole, non mi interessa” dissi indispettita, non mi sarei voltata a guardarlo per nulla al mondo, dovevo troncare quella cosa, qualunque cosa fosse, sul nascere!



 

Stappiamo lo champagne Emma si è finalmente accorta che c'è qualcosa tra lei e Nobili, qualcosa che non ha mai provato e che come potete capire la terrorizza.
Ha paura di soffrire, ha paura che quella di lui sia unicamente una presa in giro, un gioco dove se lei non sta attenta può finire con il cuore infranto.
Ma... la consapevolezza è il primo passo e il cuore di Emma è completamente consapevole di provare qualcosa.
Questo capitolo non è uscito esattamente come speravo ma era inutile rigirarci intorno ed eccolo qui! :D

Vorrei sapere se di questa Lezione avreste il piacere di leggere anche la Lezione bis (Nobili PoV), non sono ancora molto convinta di questo “extra” e gradirei molto la vostra opinione.

Grazie ancora a tutti quelli che hanno il piacere di leggere! Non immaginate quanto ne sia felice.
Vi faccio mandare tanti baci dal diabolico Nobili (sicuramente preferite i suoi ai miei xD)

Un bacio, Aki

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Capitolo 9
*** Lezione 06 bis ***


Lezione 06 bis: Alcuni incontri, trovano il culmine della loro fusione, in uno sguardo su un milione di parole dette (D. Ribani).

 

Ricordo che le "Lezioni bis" sono dei PdV di Lorenzo Nobili



L'odioso rumore del cellulare che squillava quando ero ancora addormentato era insopportabile, c'erano giorni nel quale non smetteva mai di farlo questo perché erano anni che mettevo il lavoro davanti a tutto.
Allungai la mano verso il comodino cercando quell'aggeggio infernale a tentoni “Giorgio <3” trasalii sul fatto che avesse nuovamente cambiato il suo nome nella mia rubrica telefonica; sosteneva che fossi troppo professionale e che averlo salvato come Giorgio Montesani fosse un insulto al rapporto di fratellanza che avevamo da più di vent'anni.
Sbuffai chiudendo la chiamata.
Sei già sveglio Lorenzo?” quella voce femminile arrivò attutita alle mie orecchie come un suono delicato, voltai leggermente il mento incrociando gli occhi azzurri di lei e il suo sorriso.
“Scusa, non volevo svegliarti” risultai freddo e distaccato anche quando la sua mano sfiorò delicatamente il mio petto disegnando cerchi immaginari, lei ridacchiò mettendosi a sedere e lasciando che i lunghi capelli biondo naturale le coprissero il seno nudo “Non mi hai più chiamato dall'ultima volta, lo sai?”
“Ho avuto da fare Chiara” troncai quell'argomento in modo netto, l'ultima volta che sosteneva lei era stata almeno sei mesi prima se la memoria non mi ingannava.
“Non credevo nemmeno che mi avresti chiamato per l'appello dell'esame dell'altra settimana”
“Perché non avrei dovuto? Sei un'ottima assistente” affermai facendola sorridere compiaciuta
“È sempre un piacere collaborare con te” la sua mano scese lentamente sul mio fianco facendosi più audace e il dolce sorriso si incurvò in uno più provocate “Hai ancora del tempo o devi scappare?”.
Presi un profondo respiro allungando la mano per sfiorare l'oro dei suoi capelli “Ho ancora del tempo” soffiai attirandola verso di me, Chiara sembrò capire le mie intenzioni e si mise a cavalcioni sopra al mio corpo lasciando che il lenzuolo bianco le scivolasse mostrando il corpo nudo.
Si chinò in avanti raggiungendo le mie labbra, la afferrai per i fianchi facendola spostare per invertire i ruoli. Ridacchiò morsicandomi il labbro e accarezzandomi la schiena nuda “Allora sfruttiamolo” il tono della sua voce preannunciava un altro intimo momento infuocato, come quello della notte precedente e io non potei far altro che sorriderle compiaciuto.

“Sai dietro al mistero dell'affascinante e pragmatico professore c'è solo un altro mistero, mi chiedo se qualche donna riuscirà mai a scoprirlo” espirò con tono divertito e trasognante, mi arrestai dal tirare su la cerniera dei pantaloni lanciandole un'occhiata confusa “Come?” mi trattenni dal ridacchiare ma non riuscii a frenare gli angoli della bocca che si incurvarono naturalmente in un divertito sorriso. Sapevo che le studentesse erano solite lasciarsi andare in platoniche fantasie su affascinanti professori, me compreso. Non potevo nascondere di provare sempre una certa curiosità nel sentir parlar di me come di un essere irraggiungibile e mitologico, mi procurava un certo divertimento.
Chiara scoppiò in una risata divertita incollando i suoi occhi ai miei “Vuoi davvero che te lo spieghi?”
Strinsi la cravatta scura tra le labbra, abbottonando la camicia “Mmh” mugugnai in tono affermativo alzando lo sguardo incuriosito da quella sua strana affermazione mentre continuai a vestirmi.
“Tutte le tue studentesse darebbero qualsiasi cosa per passare una notte con te, conoscerti meglio e sedurti convinte che basti questo per conquistarti, ma non basta” sorrise tristemente come se l'argomento la toccasse in qualche modo, sapevo che era così ma lei non l'avrebbe mai ammesso.
Ripensai alle sue parole mentre mi sfilai la cravatta scura dalle labbra passandola dietro al colletto e annodandola velocemente.

Purtroppo non tutte.

Quel pensiero si insinuò nella mia testa, i suoi capelli che sfuggivano selvaggi dalla coda disfatta, le gote rosse e il fiato corto per la corsa che aveva dovuto affrontare per arrivare in tempo, il pullover scollato che mostrava leggermente l'incavo del seno. Ripensai al suo sguardo scuro frustrato e seccato quando avevo pronunciato distintamente il suo nome.
In realtà ho ancora due minuti professore, ma chiedo scusa se l'ho disturbata non ricapiterà”
la sua voce indispettita e piena di astio nei miei confronti.
Emma Franceschi più cercavo di scacciare il pensiero di lei più sembrava insinuarsi nella mia testa, non mi erano sfuggite le sue gambe velate dal collant nero e nemmeno come fasciasse il suo corpo quel vestito scuro durante l'ultimo appello.

Di un'altra verità ero completamente consapevole: Chiara l'aveva valutata in modo più corretto di quanto potessi fare io, lo avevo capito quando Emma si era seduta davanti a me cercando di celare il nervosismo dietro la sua aria di sfida e quando le sue labbra rosee si erano incurvate in un sorriso avevo capito che non sarei riuscito ad essere obiettivo con lei.
Avevo provato a non seguire la linea che dal suo collo correva rapida toccando la clavicola e scendendo pericolosamente là dove il tessuto nero mi impediva di vedere; distrarmi era l'unica cosa che avevo provato a fare, ma non riuscivo a pensare ad altro che alla pelle nuda e al dolce e impacciato sorriso che mi aveva dedicato.
Ne ero consapevole, non riuscivo a staccare più la professione dall'istinto maschile, per questo mi ero affidato completamente alla valutazione della mia assistente.
Mi morsi l'interno del labbro ricacciando quei pensieri laggiù, da dove erano venuti.
“Devo andare” tagliai corto sfilando la giacca dalla sedia “Ti chiamerò”
“Lo so che non lo farai” ammise lei con un sorriso leggermente deluso
Già, non lo farò.
“Buon Natale Chiara” sorrisi uscendo dalla camera e afferrando le chiavi della macchina
“Buon Natale anche a te”.

Salii in macchina lasciandomi cadere sul sedile prima di mettere in moto e lasciare che dall'auto partisse la chiamata per Giorgio “Ehi”
“Ciao campione! Eri a letto con qualche bella pollastra non è vero? Perché non me ne presenti qualcuna?”
“Perché scapperebbero non appena apriresti la bocca Gio”
Uno sbuffo mi fece sorridere “Ognuno ha le proprie doti fratello, tu hai il fascino dell'avvocato io lascio che siano i miei muscoli e il mio bel faccino a parlare!”
Risi di gusto “Per Natale ti regalo uno specchio allora”
“Sei un cazzone lo sai?” il suo tono era leggermente offeso
“Mai quanto te. Allora che vuoi?”
“Ci vieni? Questa sera al cenone, suor Lina mi ha detto che le farebbe piacere che venissi e un po' che non ti fai vedere”
“Per cosa per essere un esempio di come anche un orfano può farcela a riscattarsi?!” quella frase mi uscì in modo un po' troppo infastidito
“Dio, piantala di fare così!” espirò lui “non mi piace quella parola”
Strinsi i pugni sul volante mordendomi il labbro “Scusa Gio, ma non voglio tornare...”
“Ehi fratello” la sua voce si fece più flebile dopo qualche minuto di silenzio “facciamo così: niente cenone o roba da Oliver Twist, io e te e una birra, ci prendiamo una pizza e vaffanculo al mondo, come ai vecchi tempi”
“Gio tranquillo, lo so che ci tieni ad andare e poi quella vecchia se la prenderebbe troppo se nessuno dei due si presentasse, alla nostra età e con il rispettabile lavoro che svolgo essere inseguito da una suora settantenne con una riga di legno rovinerebbe la mia reputazione” ridacchiai seguito da Giorgio “e poi ho promesso ai colleghi dello studio che li avrei raggiunti a quello spettacolo teatrale”
La sua pernacchia risuonò per tutto l'abitacolo “Che noia!”
“Ehi!” lo richiamai ridendo prima che attaccasse “Non ho voglia di tirarti fuori dai casini, a questo giro assicurati che siano maggiorenni!”
“Ehi fratello prima di fare un giro sulla giostra dell'Amore di Giorgio, devi esibire i documenti!”


“Siediti qui!” la voce di Elena gracchiò facendo segno al mio collega Roberto di sedersi accanto a lei, lui si voltò verso di me alzando gli occhi al cielo. Elena aveva visto più chirurghi plastici che clienti ma nonostante quello ci sapeva fare come avvocato a modo suo.
Ero arrivato tardi a teatro tanto che dovetti entrare in sala senza riuscire a posare la giacca nel guardaroba, le chiamate di lavoro non andavano mai in vacanza nemmeno alla Vigilia di Natale e da quella mattina ne avevo ricevute fin troppe.
Sbuffai, almeno quella sera avrei cercato di rilassarmi, in qualche modo.
Mi accorsi con la coda dell'occhio della sciarpa che era scivolata via da sopra la giacca finendo nella fila dietro “Mi scusi” fiatai senza troppa preoccupazione riprendendo l'indumento.

“Stia più attento la prossima volta” il tono era leggermente seccato e quando alzai lo sguardo incredulo la vidi incrociare le braccia sul petto indispettita.


Emma

Definirla bella sarebbe stato banale, nessun aggettivo mi pareva esaustivo per descriverla stretta in quel vestito rosso. Non mi sarei mai immaginato di poterla vedere così.
Le sue labbra rosse dapprima increspate in una smorfia si incurvarono in un sorriso dolce e sincero e io non potei fare a meno di seguirle senza nemmeno rendermene conto.
“Emma!” quella voce non solo mi confermò che era davvero lei ma mi fece tornare in me “C'era una fila assurda in bagno!” continuò l'amica.
Quella era davvero una curiosa coincidenza, così strana e assurda che mi divertì.
Sapevo che sarebbe diventata rossa non mi serviva voltarmi a guardarla per saperlo.

Lo spettacolo era noioso, non che fosse colpa dello spettacolo in sé, ma forse non riuscii a concentrarmi per lo stress di quei giorni.
Per il lavoro, per Giorgio e suor Lina e forse un po' per lei.
Lei, non so perché nel buio della sala ero più che sicuro di avere il suo sguardo pieno di astio su di me, lo intuivo dalla sensazione alla basa della nuca.
Voleva fare tanto la donna superiore che a differenza delle altre ignorava il mio fascino, eppure aspettava il favore della penombra per guardarmi.
Mi mossi sulla poltrona inclinando leggermente la testa all'indietro, rimasi interdetto nel notare il suo profilo fissato sul palco, non potevo essermi sbagliato eppure non avevo incontrato subito il suo sguardo, ci volle qualche secondo prima che gli occhi di Emma si abbassassero sui miei.
Sorrisi divertito nel vederla colta in flagrante, piccata ridestarsi e osservare annoiata lo spettacolo.
Conoscevo a memoria le regole di quel vecchio giochetto ma con lei era diverso: non era solo qualcosa di eccitante e sensuale era più magnetico. Osservarla mettere da parte ogni difesa e astio con me era inaspettato e allo stesso tempo piacevole, vederla cercare nell'ombra i miei occhi per poi sorridere soddisfatta stimolava pericolosamente il mio istinto maschile.
Mi lasciai cadere sullo schienale con uno sbuffo troppo forte che distolse per un momento il mio collega dallo spettacolo, nemmeno si rendeva conto dell'effetto che sortiva su di me, chissà se se ne sarebbe mai accorta.
Dopo qualche minuto la cercai più e più volte ma lei non mi degnò di uno sguardo, mi sembrò tesa e stanca. Dovevo porre io fine a quel gioco in modo da poter controllare la mano, in modo da vederla cercare nel buio il mio sguardo senza trovarlo, invece ero io ad essere rimasto a bocca asciutta.

Che cosa hai di tanto speciale Emma?!

Capelli castani tirati indietro, occhi troppi furbi per i miei gusti mentre indugiavano sulla sua scollatura che avrebbe fatto sospirare ogni uomo in quella stanza, il sorriso malizioso che avrei voluto cancellare con il mio pugno chiuso ben piantato sul suo naso.
Presi un grande respiro e a grandi passi raggiunsi il suo fianco, sorrisi glaciale con un ghigno “Io credo che tu e le tue tartine non siate ancora passati da quella parte della sala, è un vero peccato non credi?” socchiusi gli occhi soppesandolo con lo sguardo ma il ragazzo si limitò ad annuire sibilando una mezza frase allontanandosi.
Quando Emma si voltò verso di me era furiosa, seccata ed iraconda mi divertii leggere tutte quelle emozioni distruttive sul suo volto arrossato, le sorrisi senza nessuna intenzione di nascondere il mio divertimento “Ora ci incontriamo anche fuori dall'ambito accademico signorina Franceschi?” lei arricciò le labbra “Che casualità” fiatò piccata, il suo sorriso era tirato e fasullo.
Mi piegai in avanti senza distogliere lo sguardo “Andiamo, non mi sembrava affatto il tuo tipo” la provocai “Potrei anche sbagliarmi, Emma”
Ma io non sbaglio mai. Sorrisi compiaciuto nel vederla arrossire di più, le sue sopracciglia aggrottarsi seccate.
“Me la sarei cavata benissimo da sola!”
Non lo metto in dubbio avrei voluto canzonarla ma Emma era spontanea ed imprevedibile se avessi tirato troppo l'elastico mi sarebbe tornato indietro con la stessa forza con il quale l'avevo tirato, così mi limitai a sorriderle lasciando che fosse lei a condurre quel discorso, non dovetti aspettare troppo.
“Non la facevo da spettacoli teatrali” ammise stringendosi nelle spalle
“Anche tu sei una continua sorpresa” dissi con tono basso senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo, continuando a sentire una premente voglia di prenderla, di stringere quel corpo contro il mio solo per capire quale strana reazione avrei provato “nemmeno io mi aspettavo che una studentessa così giovane avesse la curiosa passione per il teatro”.
Era solo una ragazzina anche nei suoi vent'anni a volte mi sembrava così piccola e testarda, gli anni di differenza tra noi avrebbero dovuto spaventarmi o quanto meno farmi desistere, invece quella differenza d'età, la mia posizione e la sua... non mi importava di nulla, non mi importava di nulla tranne che di quello sguardo così volubile che cambiava così spontaneamente a seconda del suo stato d'animo. Capirla era facile e complicato al tempo stesso.
“Ti ho vista molto presa dallo spettacolo” il mio tono era sempre più basso mentre la sua espressione non tradì nessuna emozione “Non più di lei” doveva smetterla di sottolineare la mia posizione per convincersi che non gli importava nulla, davvero pensava che non mi fosse chiaro? Emma ottusa e testarda, Emma.
“Mi scusi” richiamai l'attenzione di un cameriere facendolo avvicinare con un gesto, afferrai un calice di vino fruttato e lei seguì il mio gesto, un po' goffa ed insicura, giocare a fare la donna doveva averla stancata o era la mia presenza a innervosirla nel cercare di non commettere passi falsi in quella che lei aveva preso come una sorta di battaglia personale.
Inclinai il calice “Al tuo ottimo esame e alla capacità di stupirmi sempre Emma” lei inclinò leggermente la testa di lato “Al suo diciassette scarso che è diventato un ventinove e al fatto che mi stupite sempre professore
Spontanea, bellissima e crudele nel sottolineare continuamente quanto fosse moralmente sbagliato nella mia posizione desiderare avvicinarsi così tanto a lei.
Lo avevo capito da come bevve il vino tutto d'un fiato: aveva bisogno di respirare, di scappare.
“Devo andare ora, spero che passiate un ottima serata. Godetevi la seconda parte dello spettacolo Buon Natale!” parlò con tono incerto e troppo basso, tesi la mano in un gesto che mi risultava sempre spontaneo e professionale ma quando allentai la presa percepii le sue dita scivolare via dalle mie, la ricatturai prima che fosse troppo tardi.
Che cos'hai di tanto speciale Emma Franceschi? Avrei voluto chiederglielo e attirare il suo corpo verso il mio; desideravo sistemare la ciocca castana che era sfuggita dalla sua morbida acconciatura, desideravo trattenere il suo viso chiaro tra le mie mani per sentire il suo respiro tremante sulle mie labbra, guardarla dritta negli occhi e cercare di capire che cosa ci fosse nella sua testa.
Il suo cellulare squillò insistentemente facendomi desistere, la mano si ritrasse velocemente come scottata, le gote rosse come le sue labbra e il suo vestito, lo sguardo confuso incorniciato dalle lunghe ciglia nere “Devo proprio andare”.

Presi un grande respiro seguendola con lo sguardo allontanarsi da me, lasciandomi senza parole.

Forse si trattava unicamente del desiderio di vederla cedere sotto al mio fascino ma quella sera capii di essere inspiegabilmente, profondamente attratto da lei.

 



La fatica, la fatica, la fatica di cercare di entrare nella “testa” di Nobili!
Ma eccoci qui, prima di tutto questi bis mi permettono di aprire qualche “scorcio” sulla vita di Lorenzo e sul suo passato.... e poi sì, se ve lo siete chiesti Chiara è proprio l'assistente bellissima che ha interrogato Emma! Se solo la nostra piccola eroina sapesse di come quei due si dilettano tra le lenzuola... ma non temete Nobili ha confessato di essere inspiegabilmente, profondamente attratto da lei, peccato che nel momento stesso Emma abbia deciso di troncare quella strana attrazione sul nascere.

 

Ringrazio tutti voi per seguire, recensire o semplicemente leggere questa storia

un Grazie enorme di cuore!
E ringrazio ire96 e Ashwini che da tre capitoli a questa parte hanno la santa pazienza di recensire e farmi sapere la loro, ma anche un Grande Grazie a Puffettodire, La_Birba, Morgana_canta storie, ineedofthem, HERM74 e Lifeisover per aver recensito!
Grazie davvero non immaginate quanto enormemente mi faccia piacere sapere la vostra opinione, sapere che vi piace la storia ed i personaggi!


Che altro dire? Ci vediamo alla prossima :D
Un bacio, Aki 

 

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Capitolo 10
*** Lezione 07 ***


Lezione 07: Chiodo scaccia chiodo, ma se non scaccia... non è certamente colpa del chiodo

 

Mancava solo più un giorno al mio ritorno nelle aule accademiche, la mia full immersion nei libri era diventata così esagerata dopo Natale che Let mi proibì di studiare dopo le quattro del pomeriggio. Eravamo solamente io e lei nell'appartamento, Jo e Sara sarebbero tornate tra un giorno o due e lei non faceva altro che lamentarsi di quanto continuassi a lasciarla da sola; lei, a detta sua, aveva un bisogno fisiologico di chiacchiere e io di studio e tra discussioni e litigi eravamo giunte a quel accordo.
“Usciamo stasera?” chiesi con fare annoiato senza alzare gli occhi dagli appunti, Let si fermò guardandomi come se fossi un alieno “Hai sbattuto la testa da qualche parte Em?”
“Perché me lo chiedi?” sospirai mordicchiando la penna e continuando a leggere “Max mi ha chiesto di uscire questa sera...”
“E tu?” trattenne il fiato, feci spallucce senza osare guardarla negli occhi “Ho detto che avrei portato un'amica” schivai prontamente il mestolo che aveva in mano e scoppiai in una sonora risata “Andiamo Let mi sembra di non essere l'unica ad aver bisogno di uscire a divertirsi!”
“Se sono in questo stato di letargo è colpa tua mia cara Em, tu e il tuo studio!” borbottò ferita
“Magari Max ha qualche amico carino” ridacchiai
“Lo spero per lui!” fiatò andando a grandi passi in bagno.
In quei giorni rifugiarmi nello studio era stata la cosa più sensata da fare, l'unica cosa che riusciva a distrarmi dal pensiero di lui: Lorenzo Nobili. L'incontro a teatro era stato imprevisto ma ciò che più continuava a turbarmi era l'atmosfera che si era creata tra di noi, non c'era stato odio o sfida come al nostro solito era più una tensione carica di...
“Sensualità!” gridò Let, mi alzai di colpo tossendo per la saliva che mi andò di traverso “No!” gridai “C-che stai dicendo?! I-io non intendevo quello! Non l'avevo minimamente pensato okay?! Io non penso a lui in quel modo!” mi giustificai biascicando parole senza senso arrossendo per la vergogna, il viso della mia amica apparve da dietro alla porta “Credo davvero che tu abbia battuto la testa da qualche parte Em, sul serio” i suoi occhi divennero fessure di diffidenza “Hai ascoltato quello che ho detto? Intendevo ironicamente che dovrei puntare tutto sulla sensualità questa sera ma tu come al solito non stavi ascoltando. A che pensavi Emma?” feci una smorfia "o meglio a chi?" mi provocò con un sorriso furbo, feci spallucce rificcando il naso nei libri.

 

Mi pentii subito non appena uscimmo dall'appartamento, nella vecchia macchina rossa di Max c'erano solo lui ed un suo amico che non avevo mai visto.
Quello sarebbe stato un appuntamento a quattro, Let mi avrebbe ucciso, ne ero sicura.
Il ragazzo dai capelli rossi e lentiggini si presentò come Edoardo e per quanto non fosse carino come Max il suo sorriso e la sua simpatia rapirono immediatamente sia me che lei.
“Dove andiamo?” chiesi con un sorrisetto fiatando sul collo di Max alla guida, lo vidi sorridere dallo specchietto retrovisore ma fu Edoardo ad ammonirmi “Un po' di pazienza Emma! Max voleva farti una sorpresa!.
“Edo!” lo riprese arrossendo
“E ti consiglio di rimanertene buona e calma sul sedile se non vuoi che il nostro guidatore si distragga troppo causando un incidente!” lo disse in modo così simpatico che non mi imbarazzò minimamente ridacchiai e ubbidì come una bambina "Va bene capo"
Mentre lui gli tirò una gomitata “Idiota!” incrociai nuovamente il suo sguardo dallo specchietto retrovisore e gli sorrisi felice di sentirmi finalmente a mio agio, contenta di quella uscita improvvisata.
Let mi sorrise toccandomi leggermente il braccio “è un sacco che non ti vedo così” mi sussurrò felice.

“Cosa?!” esclamai sbalordita osservando la pista di pattinaggio sul ghiaccio, mi voltai verso Let che mi sorrise “Ecco che hai fatto centro amico! Peccato che io e Let siamo di troppo” sussurrò sperando di non essere sentito, allora doveva davvero essere un appuntamento da soli, che stupida.
Ho sempre desiderato pattinare sul ghiaccio ma non sono mai stata conosciuta per le mie eccellenti doti atletiche e se c'era una cosa per cui ero famosa era il mio maldestro equilibrio precario.
“Andiamo Em staccati dalla staccionata” disse con tono divertito ma invece che seguire il consiglio di Max mi ci aggrappai più saldamente sentendo le mie gambe traballare come se fossero fatte di budino “No” sussurrai come una bambina capricciosa e naturalmente di altri bambini avevo attirato l'attenzione, mi additavano e si burlavano di me e ciò non faceva che accrescere le risate di Max mentre Let e Edo sembravano ormai pattinatori provetti “V-va bene così” ma il braccio saldo di lui mi cinse la vita “Ci sono io Em, non devi preoccuparti, tieniti a me” mi disse con una dolcezza tale da farmi rimanere basita ma appena mi convinsi di lasciare la presa afferrai nuovamente il mio appiglio prima che potessi cadere rovinosamente a terra “No” ripetei con un broncio, povero Max gli stavo rovinando tutte le prospettive di un appuntamento dolce e intimo senza nemmeno volerlo.
Dovevo smetterla di comportarmi come una bambina e lasciarmi andare, infondo era solo una pista di pattinaggio e qualsiasi ragazza in quella domenica pomeriggio avrebbe voluto essere al mio posto: un dolce e carino ragazzo premuroso pronto a prendermi se fossi caduta.
“Max...” sussurrai cercando di mettermi dritta su quelle mie burrose gambe e prima che potesse rispondermi mi gettai tra le sue braccia, non mi aspettai che avesse tanta forza “Bravissima” mi disse dolcemente “Ma ti sei solo staccata per aggrapparti a me” osservò ridacchiando, e a me che mi pareva un traguardo da giochi olimpici.
“Non possiamo rimanere così finché Edo e Let hanno finito?” ma riuscivo a dire la frase giusta al momento giusto, quella frase era più che fraintendibile come il rossore che il mio volto assunse per la paura che lui potesse averlo fatto, ero un caso patologico!
Mi aggrappai più saldamente alla sua giacca e alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi ambrati, sorrise e le mie labbra seguirono la dolce incurvatura delle sue.
"Avanti" espirò con tono basso muovendosi indietro tenendomi sempre saldamente per le braccia "Non ti allontanare troppo ti prego!" lo pregai con voce tremante notando il suo petto allontanarsi dal mio "Tranquilla Em, ci muoviamo solo un pochino" le sue dita scivolarono indietro fino ad intrecciarsi con le mie, seguii lentamente i suoi passi lasciandomi tirare "Non mi lascerai, vero?" mormorai terrorizzata.
"Non lo farei mai" disse con tono serio lasciandomi una mano, la stretta sull'altra si fece più salda, seguendo le sue indicazioni arrivammo sani e saldi dall'altra parte della pista "Allora? È stato così traumatico?" mi canzonò lui soffiando sulle mie labbra, sorrisi divertita stringendo maggiormente la sua mano "Rifacciamolo!" esclamai entusiasta "Però niente scherzi della serie che a metà pista mi lasci e ti allontani da me!" lo ammonii con le sopracciglia aggrottate, la sua mano libera si poggiò sulla mia nuca e il suo viso si fece così vicino che le punte dei nostri nasi parvero sfiorarsi "Promesso" sussurrò poggiano le sue labbra sulla punta del mio naso, mi sentii arrossire.
L'idea che Max avrebbe potuto baciarmi lì su quella pista di pattinaggio mi afferrò come una morsa il cuore, anche se da una parte fui grata che non l'avesse fatto dall'altra, una piccola parte, aveva desiderato timidamente quel bacio come se quel gesto avesse potuto farmi capire che cosa realmente volessi.
Se Max mi avesse baciata avrei scordato quella sera? Sarei riuscita a rispedirla nei meandri della mia coscienza? In fin dei conti, non era successo nulla. Avevo incontrato un professore a teatro, capita non c'è nulla di male, nulla di malizioso.
Allora perché non riuscivo a non pensare che il contatto mano nella mano con Max ora, non mi provocava quella strana sensazione che odiavo così tanto: quel grande scompiglio che intaccava ogni fibra di un corpo. Non ero stupida sapevo che si trattava di una infatuazione, di un'attrazione estrema, la voglia di sentire il calore del suo corpo ma l'amore è qualcosa di diverso, qualcosa di pacato, qualcosa di calmo, dolce e gentile; entra in punta di piedi come facevano lentamente i sentimenti per Max.
Non feci grandi progressi e non divenni improvvisamente una grande pattinatrice ma il livello di intimità tra noi due salì inevitabilmente tanto che non provai il solito moto di repulsione nemmeno quando al fast food, con un gesto di grande coraggio, mi cinse le spalle con il braccio e mi tenne stretta a lui. Edoardo d'altro canto faceva così ridere che non ci si poteva non sentire a proprio agio e, naturalmente avevo notato gli sguardi dolci che dedicava a Let, le occhiate divertite e complici di lei. Mi ero forse persa qualcosa? Lanciai un'occhiata divertita a Let che mi sorrise felice di rimando, quel tenero tra lei ed Edo doveva essere iniziato sulla pista di pattinaggio.
"Sembra che Edo sia molto interessato a Let" sussurrai dolcemente all'orecchio di Max, lui ridacchiò "Sì, sembra proprio di sì" si grattò la nuca per poi rimettere le mani in tasca e scalciare pensieroso i sassolini del marciapiede mentre io osservavo con il cuore pieno di felicità da inguaribile romantica quei due davanti a noi, mano nella mano, la risata divertita di Let e quella di Edo che seguiva dolcemente la sua.
"Emma" la voce alle mie orecchie arrivò deformata, il tono più basso, arrogante come il solo pronunciare il mio nome gli facesse assumere un tono più autoritario.

Mi bloccai sentendo il cuore battere nel petto furibondo, la testa in balia di un uragano e le fibre del mio corpo sembravano permeate di scariche elettriche.
Voltai lo sguardo stupefatta ma ciò che incontrai mi gelò il sangue nelle vene e il moto turbolento che avevo provato si spense lasciando un profondo pozzo di delusione.
Gli occhi di Max mi squadrarono incerti, le gote rosse e le sopracciglia aggrottate "Emma?" mi richiamò preoccupato, scossi la testa sorridendo debolmente consapevole dello scherzo che la mia mente mi aveva appena tirato.
"Dimmi" esclamai con voce trafelata e poco convinta
"No, non è nulla" espirò facendo spallucce
"Ehi piccioncini!" urlò Edo agitando il braccio, si erano allontanati di parecchio da noi "Muovetevi avanti!"
Afferrai la manica di Max e gli sorrisi "Dicono piccioncini a noi?!" ridacchiai cominciando a correre tirandolo dietro di me, feci scivolare la presa fino ad intrecciare le dita con le sue.

“Arrivederci fanciulle e buona notte!” esclamò Edo con una riverenza stampandomi un bacio sulla guancia con più convinzione di Max che timidamente mi sussurrò “Buonanotte Em, a domani” stampando un leggero bacio più vicino all'angolo della mia bocca che alla mia guancia.
"Notte Max, a domani" ricambiai con un sussurro ed un sorriso sincero.
Quando salimmo nel nostro appartamento Let non smise di parlare di Edo e di quanto fosse un ragazzo piacevole da frequentare e non era nemmeno poi così malvagio, certo, non era un divo di Hollywood ma aveva fascino da vendere.
Feci le mie cose: mi misi il pigiama e mi lavai i denti sempre con Let che mi seguiva ovunque con la sua cantilena di quanto fosse colpita anche da Max.
“Em” mi richiamò improvvisamente seria, ecco ora sì che aveva richiamato la mia attenzione “non farlo soffrire, Max è un bravo ragazzo” mi voltai stupita, ma piuttosto ero io che potevo finire ferita non di certo lui. La mia ultima relazione era finita un disastro: tradita e lasciata con il cuore frantumato, tendevo a guardare ogni esemplare maschile con diffidenza e prevenzione.
“Emma tu tendi ad accontentarti, tendi a percorrere la via più semplice e sicura anche se non è quello che vuoi realmente e questo non farà altro che renderti infelice. A volte rischiare porta a qualcosa di inaspettato, Emma ascolta ciò che ti dice il tuo cuore per una volta anche se ti sembra la cosa meno razionale da fare” non capii inizialmente a pieno le sue parole ma a freddo mi lasciarono interdetta ed infastidita.
Come potevo io fare del male a Max?! E perché con lui mi sarei dovuta accontentare?
Rischiare? Rischiare con cosa poi?!


“Buongiorno!” la sua voce mi scaldò il cuore era così bello avere un amico, qualcuno che aspettasse sempre il tuo arrivo con quel dolce sorriso. Gli sorrisi di ricambio fregandomi il naso rosso per il freddo “Ciao!” esclamai quando mi baciò leggermente sulla guancia e tra una chiacchiera e l'altra entrammo in facoltà; mi sarei innamorata di Max, prima o poi avrei smesso di vederlo unicamente come un amico e ne ero sicura sarebbe stata una cosa che sarebbe venuta naturalmente, niente colpi di testa, niente sbalzi emotivi e batticuori non ero più una ragazzina di quindici anni stavo diventando adulta, ed ero disillusa: certe cose succedevano solo nei film e la mia vita più che un film d'amore era uno squallido horror a basso budget.
“Ci vediamo per pranzo?” mi propose grattandosi leggermente il capo come era solito fare quando era nervoso e agitato “Scusami Max ma ho lezione continuamente fino a quella di Nobili” sbuffai sperando che non notasse il mio nervosismo nel aver pronunciato quel nome, lui sembrò deluso ma lo nascose dietro ad un altro sorriso “Nessun altro corso in comune a parte quello eh?” osservò con una punta di malizia “Dovrò resistere fino a fine giornata per rivederti” osservò allungando il braccio e cingendomi le spalle.
Arrossii di colpo sobbalzando per la sorpresa “O-ora devo andare!” balbettai in un misto di confusione e imbarazzo.
Stavo bene con Max, riusciva a rilassarmi a farmi sorridere, non era accontentarsi, certamente non lo era; mi arrestai osservando la sua felpa rosso scuro perdersi nella folla di studenti in ritardo e nervosi, quello stesso rosso dannazione.
Perché doveva ricordarmi tutto quel diavolo di professore come la mia vita non fosse abbastanza complicata!

Andare a lezione alle 8 del mattino era estenuante e dovetti aumentare la mia dose di caffè raddoppiandola o non sarei sopravvissuta alla giornata: quattro corsi, otto ore consecutive correndo da una parte all'altra della facoltà per arrivare in tempo se era così che si prospettava la prima parte del mio secondo semestre non sarei sopravvissuta. E come ultimo corso, c'era il suo... l'avrei rivisto dopo settimane, dopo quello che era successo a teatro se davvero era successo qualcosa di importante... Nobili.

Buongiorno!” gridò con tono sclerotico un uomo bassino, non doveva essere troppo in là con l'età ma il suo aspetto e la sua stempiatura lo facevano apparire più vecchio. Si presentò come Ernesto Gabioni e se Nobili era il un diavolo degli Inferi quello ne era il re.

Intercettai qualche voce tra i mormorii degli studenti: la gente al suo esame usciva piangendo per l'umiliazione che riservava, richiedeva il Codice a memoria e a lezione avrebbe chiesto di citare random articoli su articoli. Tutti io mi ritrovai a pensare inevitabilmente ma non diedi conto a quelle voci fino al momento in cui alzò quei suoi piccoli e neri occhietti perfidi incontrando i miei “Signorina con il maglione rosso in quinta fila” certo, in fin dei conti la mia sfiga era più che conosciuta e già mi ero arresa al fatto che sarei capitata anche tra le grinfie di quest'altro demonio. Risposi alla sua domanda ma dalla sua smorfia capii che non era pienamente soddisfatto ma la parte peggiore fu che la lezione sembrò interminabile e impossibile da seguire.
Per la prima volta nella mia carriera accademica mi persi nel prendere appunti, mi persi nel seguire e non riuscii a stargli dietro; era l'esatto opposto di Nobili: brutto e per nulla coinvolgente ma in una gara sul più bastardo esemplare sulla Terra non avrei saputo dire chi dei due sarebbe arrivato primo.


Arrivai alla mia macchinetta sconvolta e stanca e con un enorme bisogno di caffeina con la consapevolezza che non sarei sopravvissuta a quel semestre, se il primo si era palesato difficoltoso per la presenza di Nobili al corso più importante dell'anno, ora i fattori avversi erano aumentati: sarei riuscita a sostenere quei ritmi senza un crollo nervoso?! Probabilmente no.
"Che coincidenza! E io che credevo di aspettare ancora qualche ora per vederti" quella voce mi sollevò facendomi voltare con un grande sorriso “Spero vivamente che le tue lezioni siano andate meglio delle mie Max, perché credo di aver fatto un dispetto a qualcuno per avere tutta questa sfiga nella mia vita!” espirai frustrata "Credo di aver trovato l'unico professore che possa compere con Nobili, credo anche che in una gara all'uomo più odioso e detestabile del mondo possa addirittura batterlo!"
Max ridacchiò "Credevo fosse una cosa impossibile per te trovare qualcuno peggiore di lui" mi canzonò, incrociai le braccia sul petto lanciandogli uno sguardo torvo ma la sua mano si posò improvvisamente sulla mia testa accarezzando i miei capelli e sistemando i ciuffi ribelli che erano sfuggiti alla mia coda mezza disfatta dietro l'orecchio, quel gesto mi rilassò ed addolcì, lasciai che il suo tocco delicato si spostasse sul mio viso.
I nostri nasi si sfiorarono impercettibilmente mentre io avevo completamente abbassato le mie difese di fronte a quelle coccole e alla mia stanchezza, come se dopo tutto lo stress di quei mesi fosse la cosa che più mi serviva per smetterla di sentirmi così tesa.
Se Max poggiasse le labbra sulle mie forse tutto questo alone di confusione smetterebbe di offuscarmi la vista e capirei che è di lui che ho davvero bisogno.
Qualcuno si schiarì la voce dietro di noi spezzando quel momento di dolce intimità, mi allontanai di qualche passo come presa in flagrante con le guance rosse in piena incandescenza.
"Appartatevi da un'altra parte" il tono era seccato, arrabbiato e duro "questo non è certamente il luogo per farlo!" con l'occhiata che mi riservò in quel momento, i suoi occhi di ghiaccio mi parvero così freddi da potermi congelare il sangue con il solo sguardo e il mio cuore ebbe un sussulto così forte che temetti mi stesse per scoppiare nel petto. Le sue labbra non erano incurvate in nessun ghigno erano strette ed arricciate.
Mi irrigidii sotto quello sguardo, mi sentii così piccola ed indifesa e non più capace di sopportarne un altro, mi avrebbe distrutta lasciandomi lì come una bambina a piangere per l'estremo vuoto che era riuscito a farmi provare.
Rabbia pura condita con il gelo dei suoi occhi, un miscuglio che portava il nome di un solo sentimento distruttivo ma che non avevo la forza di chiamare.
Passò in mezzo a me e Max sfiorandomi distrattamente mentre un collega lo seguì verso la macchinetta continuando a parlare come se quello che era successo aveva unicamente sfiorato noi due, Max dal canto suo aveva un'espressione confusa e sorpresa ma il sorriso che si palesò sul suo viso fu di divertimento ed incredulità.
Mentre io mi sentivo frastornata, con le guance a fuoco e gli occhi lucidi in un misto di emozioni che andavano dalla rabbia all'umiliazione mentre fissavo la sua schiena coperta dalla giacca scura.
Non era né il diabolico Nobili né quello affascinante era solo un gran pezzo di bastardo, uno stronzo egoista ed egocentrico!
Ma che cosa vuoi da me?! Avrei voluto gridargli tirandolo per la giacca dalla piega perfetta.

Che cosa siamo noi per permetterti di guardarmi così?!

 

"Em?" la voce di Max non mi calmò ma lo fece il suo braccio impedendomi di fare un passo avanti per scaraventarmi come un fiume in piena contro di lui mentre il mio cuore martellava nel petto come un pazzo "Dai andiamo" mi sussurrò con dolcezza.
Max era calmo come se non fosse stato per nulla toccato dalle parole fredde e seccate di Nobili, non era rimasto estremamente interdetto come me ma sorrideva tranquillo. 
Stavo mentendo a me stessa e stavo continuando a farlo ignorando le voci nella mia testa, rinchiudendo ogni batticuore, utilizzando scuse per giustificare la mia continua ricerca del suo sguardo a lezione mentre spiegava all'aula intera ma Nobili non incrociò il mio, nemmeno per sbaglio, dopo quello che era successo due ore prima. Avrei voluto alzarmi, fare qualcosa per farmi notare, ma non potevo così con l'amaro in bocca rimasi a seguire le sue parole perdendone completamente il senso. 

 

Innamorarmi di Max sarebbe stata la cosa più logica e sensata da fare ma quello stupido cuore romantico che mi ritrovavo aveva già deciso tutto da solo e per quanto la mia razionalità cercasse di combatterlo, aveva già vinto in partenza. 
Il classico chiodo scaccia chiodo forse non avrebbe funzionato. 



 

Emma qui, lo ammetto, è difficile da gestire. Continuo ad immaginarmela (passatemi il paragone) come quando mettete la ceretta sulla gamba e poi vi ci appoggiate la striscia, fregate per farla adagiare meglio; ecco quel momento, il "ora tiro al tre" ma anche se contate fino a tre avete comunque un terrore tremendo e nella vostra testa continuate 
a rimandare in bilico se farlo o no. 
Ecco questo è un po' quello che c'è nella testa di Emma, è consapevole che una volta messa la ceretta deve strappare 
ma non ha il coraggio. 

Il nostro Nobili, "geloso" per la seconda volta! Questa volta però ha lasciato di stucco Emma,
un pochino esagerato il nostro diabolico avvocato.

Ps. Ernesto Gabioni fa la sua comparsa assieme ad Edoardo grande amico e spalla di Max, 
interessato a Let :) 
Let che da un utile consiglio ad Emma: accontentarsi porta unicamente all'infelicità se non si rischia
mettendosi in gioco. 


I guai di Emma sono solo agli inizi e le Nobili tentazioni si stanno facendo sempre più forti


Ovviamente un grande bacio e un Grazie ancora più grande a tutti voi!

Aki



 

 

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Capitolo 11
*** Lezione 08 ***


Lezione 08: Nel fior fiore dei miei anni danni

 

Come previsto sopportare il peso di quelle lezioni era impraticabile, dopo la prima settimana ero più che esausta senza contare che mi ero anche ammalata di un raffreddore che non voleva passare.

Solamente il sabato riuscii a trovare un po' di tempo per rilassarmi ma, purtroppo per me, dovetti affrontare un altro problema: Max.
Avevo deciso di accettare il secondo appuntamento con lui, quello ufficiale, il perché di quella mia decisione era dovuto al fatto che nella mia testa il mio affascinante professore continuava a martellare con troppa pressione e più cercavo di cacciare il pensiero più sembrava aggrapparsi con le unghie e con i denti.

Ero così decisa a cambiare la mia vita che quella mattina che mi tagliai anche i capelli, niente di esageratamente innovativo: dai soliti scompigliati capelli raccolti in una coda sfatta ad una lunghezza medio/corta che sarei riuscita a gestire decisamente meglio o almeno quello era l'obiettivo. Avevo anche deciso di fare del buon sano shopping terapeutico, la mia autostima ne uscì decisamente vittoriosa ma non potei dire lo stesso del mio portafoglio e dei miei risparmi.
Tutto sommato prendermi cura di me stessa mi aveva dato modo di smetterla di pensare a tutti i casini della mia vita, almeno per qualche ora e fu decisamente piacevole prendersi del tempo per me, dovevo imparare a farlo più spesso.

“Tutto bene?” alzai gli occhi per incrociare quelli di Max dall'altra parte del tavolino, annuii con poco entusiasmo “Sei bellissima Em” espirò con un grande sorriso arrossendo leggermente guardandomi ammirato ed era vero, non che mi considerassi bellissima, ma quella sera mi fece sentire come l'unica ragazza degna di nota in quel ristorante.
Mangiammo parlando al solito del più e del meno e anche se una volta usciti provai una sorta di repulsione ogni volta che mi stringeva a sé, cercai di ignorare ogni vocina nella mia testa.
Ma che volevo di più?! Nobili?! Ero davvero seria? Lorenzo Nobili oltre al fatto di essere il mio professore, cosa che oramai era ovvia, era un gran bastardo egocentrico e aveva undici anni più di me; e io lo detestavo, io lo detestavo !
Sapevo quale sarebbe stata la conseguenza di dar peso tutti quei pensieri e fantasie su di lui: nel migliore dei casi, sarei finita per avere una cotta platonica per un uomo affascinante e provocate, in quello peggiore sarei finita nel suo letto completamente sedotta e abbandonata.

Non l'avrei mai permesso, non mi sarei mai lasciata andare a semplici impulsi che attanagliavano le altre ragazze del mio corso, non ero immune al suo fascino ma non ci sarei cascata!
Mi sarei accontentata di Max: la scelta più corretta e responsabile, la scelta con meno variabili in gioco.

Let aveva ragione: avevo ventitré anni non ero poi così male come ragazza, la mia ultima relazione risaliva a due anni prima... ero nel fior fiore dei miei anni! Se non mi sarei divertita e non avrei rischiato, quando lo avrei fatto? E avrei certamente rischiato con Max!


“Max...” lo richiamai decisa mentre era intento a parlare del suo allenamento di rugby, non l'avevo nemmeno ascoltato troppo intenta nei miei monologhi mentali.
Si voltò con un sorriso, incuriosito dalla mia interruzione ma io ero già pronta al mio suicidio sentimentale: con la fretta distruttiva di un kamikaze mi alzai sulle punte dei piedi e piantai con prepotenza le mie labbra su quelle di Max reggendomi al suo colletto.
Il suo viso era caldo, le sue labbra morbide e dolci e il bacio che ci demmo in mezzo alla strada tra la neve che scendeva dal cielo scuro, fu più romantico di quanto meritassi e più passionale e coinvolgente di quanto volessi.
Le mani di Max mi strinsero di più e le sue braccia mi avvolsero in un abbraccio saldo “Emma” sussurrò staccandosi un poco e sorridendo come un bambino il giorno di Natale. Ma io non osai alzare gli occhi per guardarlo in faccia, so che quel gesto lui lo interpretò come imbarazzo e timidezza ma in realtà era solo vergogna.
Quello era il bacio con il quale la sera del teatro avrei voluto cancellare il ghigno dalla faccia di Nobili quando aveva stretto la mia mano, quando mi aveva impedito di fuggire, quando avevamo brindato e quando mi aveva guardato con quello sguardo glaciale alle macchinette.
Complimenti Emma sei la persona più meschina e terribile sulla faccia del pianeta, hai baciato un ragazzo illudendolo e l'hai baciato non con la freddezza del caso: l'hai fatto con passione immaginando di baciare il tuo professore e non sei solo meschina sei anche una grande stronza!

Let aveva ragione sarei stata io a frantumare il cuore di Max, il danno era fatto e cercai di rimediare goffamente con il viso rosso di vergogna ignorando il gesto che avevo compiuto e dire che non avevo nemmeno bevuto!
"Sai, aspettavo questo momento da un sacco ma non pensavo prendessi tu l'iniziativa, lo ammetto" ridacchiò grattandosi il capo con le gote arrossate.
Già, infatti è stata la cosa più stupida che abbia mai fatto, come me ne tiro fuori adesso?!
Mi schiarii la voce "Nemmeno io lo credevo" fiatai nascondendo il viso nello sciarpone di lana cercando di girarci intorno, i minuti che ne seguirono furono imbarazzati e silenziosi, mi schiarii nuovamente la voce "Sì è fatto un po' tardi" sorrisi debolmente, lui annuì sovrappensiero "Hai ragione, domani ho gli allenamenti" mi sorrise teneramente cercando la mia mano che involontariamente sfuggì correndo velocemente ai ripari nella mia tasca.

Che cavolo avevo combinato?!
Evitammo il discorso per tutto il viaggio in macchina, Max mi conosceva da abbastanza tempo da sapere come prendermi e come un cavaliere d'altri tempi non forzò la mano davanti al mio visibile indietreggiamento. Mi diede un bacio leggero sulle labbra augurandomi la buonanotte, non mi meritavo affatto un ragazzo del genere, lui meritava di meglio che una confusa ragazza che si lasciava sopraffare dai suoi futili problemi, una così orgogliosa che piuttosto che ammettere a sé stessa di provare qualcosa per il suo professore preferiva ingannare un amico; non ero affatto fiera di me.

La mia vita accademica era un casino, un tale casino che non riuscivo nemmeno più a stargli dietro e non facevo altro che danni. Espirai gettandomi sulla sedia nella mia solita affezionata quarta fila, nuovamente sola dato che Max si era preso l'influenza (forse per colpa mia e del mio raffreddore), mangiai al volo un panino osservando distrattamente l'aula che si riempiva di studenti stanchi quanto me per quell'ultima lezione.
Con la stanchezza combinata all'ennesima lezione tormentata di Gabioni, al pensiero di quello che avevo combinato con Max e alla presenza di Nobili non riuscii nemmeno a stare dietro al suo discorso mentre trascrivevo parole caotiche, a volte rileggevo le frasi: erano sconnesse e senza senso avrei voluto prendere il mio block notes e gettarlo a terra con rabbia.
Era ora di finirla, di riprendere in mano le redini della mia vita: sarei scesa alla cattedra e avrei chiesto delucidazioni al mio professore di corso, era un suo dovere e un mio diritto, non importava se quel professore era Nobili, erano giorni che mi tormentavo con quel capitolo senza averci capito nulla o poco. Avrei aspettato pazientemente che la folla di oche e galline si diramasse, poi avrei messo da parte i miei sentimenti, il mio astio e gli avrei chiesto aiuto come era logico e sensato che facessi.

Mi avvicinai alla cattedra stringendomi nelle spalle, incerta ad ogni passo mentre scendevo la scalinata, l'aula era ormai vuota e solamente io e Nobili eravamo in quella stanza, forse anche lui stava indugiando nel ritirare le sue cose “Le serve qualcosa?” la sua voce mi raggiunse prima dei suoi occhi. Sospirai in modo esageratamente rassegnato, ormai era fatta era inutile tirarsi indietro “Non credo di aver capito le ultime lezioni professore quelle riguardanti il capitolo 12” ammisi imbarazzata, lui mi guardò sorpreso e poi si morse il labbro “Non ho molto tempo ora Emma ma domani mattina...” prese l'agenda sfogliandola con calma, mi sorpresi di quanto fosse fitta della sua scrittura nera che indicavano impegni “...alle 9.15 nel mio ufficio, sai dove si trova?” il suo tono era diverso dal solito, tirai le maniche del maglione per nascondere le mani in un gesto nervoso e imbarazzato "N-no"
I suoi occhi azzurri mi raggiunsero per un secondo per poi abbassarsi afferrare la penna e scarabocchiare qualcosa su un pezzo di carta.

Terzo piano D3 stanza 19

9.15


Mi passò il foglietto che afferrai in fretta prima che lui potesse approfittarsi di quella situazione “Grazie” sussurrai con un sorriso teso.

Mi allontanai per uscire dall'aula ma la sua voce si schiarì “Stai bene” fu un flebile sussurro come se fosse stata una confessione che non era sicuro di fare, mi voltai confusa e con il suo tono di indifferenza si mise le mani in tasca dopo aver indicato un punto poco sopra la spalla, intendeva i miei capelli.
Forse lo fissai con un'espressione beota e imbecille perché aggiunse mentre ritirava l'agenda “Mi piacciono” fissai il suo profilo un po' troppo e il suo sguardo mi raggiunse con la coda dell'occhio assieme al suo solito ghigno mentre io sembravo sotto shock.
Nemmeno gli risposi, sbuffai rinsavita e mi allontanai congedandomi con un seccato gesto della mano ignorando il rossore del mio viso; era sempre stato così bello? Voglio dire era bello ed affascinante di fatto, ma lo era mai stato in questo modo?!
Rigirai il bigliettino tra le mani sentendo il cuore battere in gola Terzo piano D3 stanza 19 ore 9.15, domani... sarei finita nella tana del lupo di mia spontanea volontà.

 

 

 

 

Prendete carta e penna e segnatevelo: Domani ore 9.15, terzo piano D3 stanza 19 ;)


Siamo umani facciamo errori, facciamo soffrire persone a noi care per un briciolo di puro egoismo o orgoglio; non siamo perfetti, nessuno di noi, Emma nemmeno.

Aki

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Capitolo 12
*** Lezione 09 ***


Lezione 09: Galeotto fu il libro... sì, ma anche il professore.

 


Non riuscii a dormire per tutta la notte, ero agitata e nervosa. L'idea di rimanere da sola con Nobili, in una piccola stanza degli uffici dei professori continuava a tormentarmi, sarei rimasta da sola con lui.
Le 6, lessi dall'orologio digitale, ancora tre ore;
Nobili, Lorenzo Nobili aveva notato il mio nuovo taglio di capelli e per di più aveva esattamente affermato che gli piacessero, a che punto stavamo arrivando?
La sua insistenza con me, l'odio, il suo provocare... io e lui soli a teatro poi lo sguardo glaciale e pieno di rancore dopo che Max mi aveva quasi baciato e ora questo, possibile che... No! Tagliai corto fissando il soffitto, non c'è niente tra me è Nobili, niente.
Ma allora perché non riuscivo più a togliermelo dalla testa, avevo baciato Max con la voglia di assaggiare le sue di labbra e ora tra tre ore sarei rimasta da sola con lui.
Mi stavo solo tormentando: io e Max ci stavamo frequentando e dal giorno in cui avevamo deciso di farlo io avevo capito di essere cotta di Nobili, come poteva andare peggio di così?! La cotta per Nobili sarebbe passata e mi sarei innamorata di Max?
Gridai mentalmente soffocando l'urlo nel cuscino.
Se non riesci nemmeno a dormire un paio d'ore sarai un mostro domani! Mi ammonii severa, inutile dire che appena riuscii a prendere sonno la sveglia iniziò a suonare.



Per la prima volta in vita mia non solo ero puntuale ad un appuntamento, ma ero addirittura in anticipo e il mio anticipo mi aveva permesso di vagare per la facoltà alla ricerca della famigerata stanza 19 del terzo piano e quando la trovai una sorta di magone mi prese lo stomaco; la stessa sensazione quando alle medie durante l'ora di ginnastica il professore gridava il mio nome e io mi ritrovavo davanti alla cavallina consapevole che non sarei riuscita a saltarla.

Ciao Max! Non aspettarmi faccio colazione con Jo, ci troviamo a lezione.

Non so perché, forse perché mi sentivo in colpa ma non volevo che Max sapesse del mio incontro con Nobili, era per un fatto accademico ovviamente, non 'era nulla di male, qualsiasi professore poteva chiedere un colloquio. Allora perché mi stavo preoccupando?
Dovevo sembrare irrequieta e pazza in quel corridoio bianco e luminoso perché l'inserviente mi fissò con un sopracciglio aggrottato "Salve" dissi incerta alzando la mano a mo' di saluto ma lei mi ignorò e borbottò qualcosa che non riuscii ad afferrare.
Il cellulare vibrò facendomi sobbalzare, Max:

 

Peccato, avevo voglia di stare da solo con te. Ci vediamo dopo Em


Mi tormentai il labbro sovrappensiero così concentrata sullo schermo del telefono stare solo con te quelle parole scritte mi mandarono nel panico, ero io a non voler restare sola con lui... ora che ci stavamo frequentando sarei dovuta stare all'erta per ogni “attacco” di Max e dire che ero stata io la prima a saltargli addosso! Che cavolo avevo combinato?! La mia vita non può filare liscia come quella di tutti? Arrossii più per la rabbia e per la frustrazione che per altro, soffiai sbuffando seccata appoggiandomi maggiormente alla parete osservando il soffitto.
“Emma” quella voce mi fece sobbalzare, abbassai lo sguardo timorosa incrociando quello di glaciale di Nobili, cercai di nascondere il mio imbarazzo dietro ad una maschera di indifferenza “Buongiorno!” dissi con tono superiore defilando lo sguardo. Nobili ridacchiò sotto i baffi aprendo la porta, fece un gesto esageratamente plateale indicandomi di entrare. Ero sicura sopra quella porta ci fosse attaccato un grande cartello luminoso stile Las Vegas con su scritto Inferi.
“Accomodati pure non mordo” scherzò con tono provocante, gli lanciai un'occhiataccia fulminandolo con lo sguardo, essere intimi quando eravamo soli era così facile, che mi stupii di me stessa e della mia audacia per quel gesto.
Lo seguii nel suo ufficio accomodandomi sulla sedia “Non mi sembra che tu avessi problemi fino ad ora” mi disse con aria diffidente socchiudendo gli occhi per poi sorridere incrociando le mani sulla scrivania.

Ehi, che cosa stava insinuando?! Che la mia fosse una tattica per vederlo?

“No infatti” ammisi senza abbassare lo sguardo “Non mi è solo chiara una parte del capitolo...” sostenni ma lui mi ignorò “Gli altri corsi sono duri?” mi chiese abbandonandosi sullo schienale della poltrona scura.
“Un inferno!” esclamai espirando con troppa enfasi come se davanti avessi una delle mie coinquiline e non un professore, e lui non era uno qualsiasi lui era Nobili. Ridacchiò “Gabioni eh?” lo guardai sbalordita, come diavolo faceva a sapere che corsi seguivo?! Si sistemò sulla sedia sorridendo con un sorriso così suadente da lasciarmi sbalordita, si passo impercettibilmente la lingua sul labbro inferiore, prima di assumere il suo solito ghigno “Anche lui lo hai definito un bastardo sessualmente represso o questa è unicamente una mia prerogativa?!”

 


Oh Merda.


Ero finita, era in trappola! Avrei voluto sprofondare mentre i suoi occhi glaciali mi scrutarono attenti e compiaciuti “Anche se io credo che a lui ci stia decisamente meglio quell'etichetta” disse con tono divertito.
Ero rossa? Sì, fui sicura di essere diventata di un colore poco umano.
Avrei voluto cancellargli dalla faccia quel suo sorrisetto divertito, ecco le conferme! Mi aveva sentita Nobili, Nobili mi aveva sentita; avrei voluto piangere dalla vergogna, ma mi irrigidii sulla sedia cercando di riprendere un autocontrollo che non riuscivo più a trovare.
“Torniamo al nostro lavoro... cosa non ti è chiaro del capitolo 12?” riprese con tono indifferente, non capivo se fosse un modo per aiutarmi o semplicemente il suo fare professionale, io annuii tirando fuori il pesante tomo dalla mia borsa, inizialmente la voce uscì incerta e spezzata; probabilmente avevo pronunciato frasi senza alcun senso ma quando cominciai a spiegargli le parti che non mi erano chiare per l'imbarazzo e il nervosismo cominciai a parlare a raffica.
"E poi qui, qui non ho capito questa parte!" esclamai voltando la pagina del libro e indicando in modo nevrotico il paragrafo "Poi quest'altra, e quest'altra ancora" espirai rassegnata "L'altro giorno a lezione hai det..." mi schiarii la voce, razza di stupida "lei ha detto" mi corressi in fretta sperando che lui non avesse percepito la mia agitazione.
"Emma" mi richiamò con tono serio, alzai lo sguardo riprendendo fiato, il suo ghigno palesò divertito sul suo viso "Una cosa per volta o non riesco a seguirti"
Deglutii rumorosamente sbrigandomi a sfuggire al potere magnetico del ghiaccio dei suoi occhi "S-sì, hai ragione... no, volevo dire ha... ha ragione!" sulle mie guance si potevano tranquillamente cuocere due bistecche.
Nobili ridacchiò, anche se avevo lo sguardo abbassato notai con la coda dell'occhio il suo movimento in avanti e la cravatta blu oscillare sulla scrivania, la sua poltrona emise un flebile scricchiolio.
Si era alzato per affiancarmi, si chinò leggermente in avanti sfiorandomi la spalla con il braccio "Ripartiamo dall'inizio" quel tono serio e professionale che aizzava la folla di ormoni delle ragazze del mio corso ora induceva anche i miei ad urlare come in preda ad una possessione.
Mi focalizzai sulle due parole che leggevo in quel maledetto testo "caso" e "obbiettore" ripetendole nella mia testa all'infinito, tanto che mi accorsi all'ultimo della sua mano che correva velocemente verso la mia bloccata al bordo del libro.
La ritrassi velocemente prima che potesse anche solo sfiorarla accidentalmente, ma ormai già tutto il suo corpo era vicino al mio.
La sua mano riportò velocemente le pagine del libro all'inizio del capitolo 12; avrei dovuto riuscire a seguire la sua spiegazione ma troppe variabili mi impedivano di farlo: il suo profumo mi lasciò spiazzata, la sua voce bassa e il suo continuo sfiorarmi il braccio ogni volta che indicava un punto sul libro o voltava pagina “Vedi qui, questo è il passaggio importante...” disse evidenziando un paragrafo, il suo viso non era mai stato così vicino al mio; era solo a fianco a me e non osai nemmeno guardarlo “Ma se prendiamo ad esempio il caso Giscardi...” osservai con tono incerto portandomi la mano in modo che tatticamente nascondesse il mio rossore al suo viso “...sarebbe un controsenso” non ero nemmeno certa che quelle parole uscissero realmente dalla mia bocca, tutta quella situazione era irreale.
“Sì lo sarebbe, ma la clausola più avanti prevede la soluzione per entrambi, guarda” voltò la pagina indicandomi la riga, lessi con attenzione.
“Ti è tutto più chiaro ora?” annuii voltandomi un poco ma me ne pentii, era vicino... miseriaccia troppo vicino.
I suoi occhi catturarono i miei e il mio olfatto si inebriò del odore di dopobarba, mi schiarii la voce sonoramente “S-Sì grazie” esclamai con tono stizzito sentendomi le gote avvampare, potevo sentire il suo respiro sulle mie labbra, i suoi occhi azzurri piantati nei miei.
Perché non si allontanava? Perché stava indugiando... cosa stava aspettando?! Cosa cavolo stava aspettando?!
Mi stavo innervosendo, avrei voluto fuggire, odiavo sentirmi così in trappola in balia di sentimenti e sensazioni che non riuscivo a capire e che mi procuravano un enorme senso di nausea e sfarfallii vari; dovevo scappare più veloce della luce ma lui fu più veloce di me.
“Emma...” la sua voce era roca con un tono duro e seccato ma così tremendamente sensuale, le sue dita catturarono spazientite il mio mento facendomi voltare: i suoi occhi azzurri mi guardarono in quell'espressione indecifrabile e poi tutto accadde così in fretta che quasi mi scoppiò il cuore nel petto.

Senza chiedere il permesso, le sue labbra si posarono prepotentemente sulle mie, arrogante, presuntuoso e troppo sicuro di sé... c'erano così tanti lati di lui che odiavo, che detestavo... ma allora perché il mio cuore sembrò scoppiare come un pazzo?!
La mano che prima mi aveva fatta voltare ora saliva seguendo la linea della mascella fino ad inoltrarsi nei miei capelli ed aprirsi a palmo aperto procurandomi brividi lungo tutta la schiena. Il suo bacio non era minimamente come me l'ero immaginato, le sue labbra si erano appoggiate alle mie, per poi mordicchiare leggermente il labbro inferiore mentre la sue mani mi presero il viso: spazientito, arrogante e seducente al tempo stesso ma decisamente più bello di quello della mia fantasia.
Forse stavo ancora sognando, la sveglia doveva ancora suonare o dopo tutta la notte passata in bianco ero ancora nelle coperte a dormire.
Quando percepii le sue labbra schiudersi mi irrigidii ritrovando quel poco di razionalità che i miei ormoni e i miei sentimenti mi avevano cancellato, indietreggiai quel poco per staccare le sue labbra dalle mie, il respiro della sua bocca ancora schiusa accarezzava il mio labbro inferiore, ogni fibra del mio corpo malediceva a gran voce la mia inopportuna razionalità.
Sorrise soddisfatto mentre il suo ghigno balenò nuovamente sulle suo viso, la punta del naso che ancora sfiorava la mia mentre il suo sguardo glaciale provocante e seducente trovò il mio; mi chiesi se per lui era una specie di prova per dimostrare a se stesso che ogni donna cadeva ai suoi piedi, come si permetteva?! E cosa mi aspettavo io poi, che mi avrebbe baciato con dolcezza, che si sarebbe innamorato di me? Era un gioco, ogni cosa che non era lui stesso era un gioco, Nobili era un gran bastardo, solo un gran bastardo!

Ci sono cascata.
Razza di stupida.

Mi alzai, sfuggendo alla sua mano ancora sul mio viso, non ero sorpresa né innamorata o indispettita, ero furiosa con me stessa, prima ancora che con lui: alla fine ci ero cascata.
I miei occhi lo fissarono rabbiosi senza dire una parola coprendomi le labbra con la mano, il suo ghigno si spense improvvisamente “Emma...” il suo tono era ansioso e preoccupato, non lo lasciai finire avevo finalmente spazio a sufficienza per scappare; raggiunsi la porta come una saetta “Arrivederci professore!” sibilai sottolineando quella sua posizione.
Era forse impazzito?! Non aspettai una sua risposta e mi dileguai senza ancora riuscire a realizzare quello che era successo.
In ascensore mi bloccai, sgranai gli occhi e mi strinsi nelle spalle “Merda” fiatai “merda, merda, merda!”

Nobili... Nobili aveva appena baciato me... Emma, ed io ero appena scappata a gambe levate.

 

Avevo baciato Max pensando a Nobili fiondandomi sulle sue labbra ardente di passione e ora che Nobili mi aveva teso quella trappola... ora che... sentii le lacrime in procinto di scendere: era tutto un casino! Stavo facendo di tutto per non illudermi, di tutto e Nobili non faceva altro che peggiorare la situazione, era arrivato addirittura a baciarmi per colpa di quel gioco insano che si era creato tra di noi.
Sarei finita certamente per soffrire ma l'espressione soddisfatta del suo ghigno si sovrappose a quella immediatamente successiva: lo sguardo preoccupato e consapevole di aver esagerato, come se per un secondo nuovamente avessi avuto la possibilità di vedere dietro a quella maschera da uomo professionale e affascinante che si era creato.
Ma perché ero così indispettita io?! Non che desiderassi il suo bacio, il suo contatto era riuscito a farmi andare in tilt tutto il mio corpo cervello compreso. Ma era sbagliato! Nobili era il mio professore, undici anni più di me e poi... io mi stavo frequentando con Max e poi chissà quante altre studentesse erano passate dal suo ufficio in quel modo, a quel pensiero un senso di nausea mi attanagliò nuovamente lo stomaco.

Mi fermai con il fiatone, mi ero messa a correre senza nemmeno accorgermene, la mia vita mi stava sfuggendo di mano ed era solo colpa di Nobili del suo sadico ghigno, quell'uomo era entrato nella mia vita e l'aveva stravolta!
“Let...” quasi gridai bussando alla porta, aprì cinque secondi dopo, sì li avevo contati.

“Em, ma non devi essere a lezione tu?!” esclamò sbalordita, la abbracciai gettandomi tra le sue braccia e piansi tutte le lacrime che avevo in corpo, mi consolò stringendomi forte “Tesoro, che succede?”
“Mi ha baciata” singhiozzai
“Max?” mi chiese seria, scossi la testa abbracciandola più forte “Perché lo ha fatto? È sbagliato lui dovrebbe saperlo più di me!” balbettai stringendola.
“Em..?!” era seria e visibilmente preoccupata e capivo che non riusciva a tenere il filo del discorso; già perché chi mai avrebbe immaginato una roba del genere?! E io... mi sentivo confusa, mi sentivo una traditrice, mi sentivo piena di sentimenti così forti da farmi venire la nausea.
“Nobili... Let... Nobili mi ha baciata” ammisi stropicciandomi gli occhi, lei mi fissò sbalordita portandosi le mani alla bocca incredula “Porca vacca Emma! Tu che hai fatto?!”
“Come che ho fatto Let?! Non sono certamente rimasta lì a farmi prendere in giro! Perché dovevi vederlo come era compiaciuto quello stronzo! Integrità morale... quello né ha zero! E lui è il professore! Di solito questi ruoli non sono invertiti?!” vaneggiai sull'orlo di una crisi di nervi gesticolando come un'ossessa, il pianto e la confusione aveva lasciato il posto alla rabbia.
“Forse è interessato a te Em” commentò lei con un sorriso, mi zittii soppesandola con lo sguardo e dopo qualche secondo le puntai un dito contro “No Let, non mettermi in testa strane idee! Non le voglio! Sto già cercando di farlo capire a me stessa ed è difficile!” protestai furente “Quell'uomo non farà altro che farmi soffrire!”
O sarà il grande amore della tua vita!” disse lei con un grande sorriso, la fissai diffidente ma lei allargò le braccia “Andiamo Em! Lasciati andare! Non c'è niente di più eccitante alla nostra età di una storia con il proprio professore, non te lo devi mica sposare!”
Incrociai le braccia indispettita “Credevo che ti piacesse Max!”
“A me piace Max ma non c'è paragone Emma!” ridacchiò “perché non lo ammetti!”
“Perché è sbagliato!” quasi gridai “Con che faccia vado a lezione... poi con Max che crede...” mi arrestai e lei mi guardò con aria interrogativa, sospirai appoggiandomi al tavolo “...ho baciato Max, l'ho baciato pensando a Nobili, lo so che è sbagliato è stato da stronza!”
Tu hai baciato Max?!” urlò incredula “Quando?!”
“Due giorni fa”
“Emma!” mi rimproverò "Baci un tuo amico pensando all'uomo di cui ti sei innamorata e poi quando lui ti bacia tu scappi?!" il suo tono era divertito e a stento riusciva a trattenersi dal ridere.
“Non lo so mi sembrava la cosa più sensata da fare!” borbottai ferita "Ehi, aspetta! Io non sono affatto innamorata di Nobili!" gridai rossa in viso.
"Vallo a contare a qualcun'altra bella! Sei cotta di lui dal giorno in cui ti ha messo quel 17 scarso e solo che sei troppo orgogliosa e testarda per ammetterlo a te stessa" esclamò con tono vittorioso.
"A proposito di quel giorno..." sibilai demoralizzata "...ti ricordi al telefono quando lo avevo definito un represso, un bastardo egocentrico e tutto il resto?" lei annuì "Bhè, ecco..." mi schiarii la voce "Mi aveva sentito!"
Let sgranò gli occhi per poi gettarsi a terra e ridere a crepapelle come mai le avevo visto fare "Non ci credo, sei proprio un caso umano Emma!"
Mi lasciai cadere accanto a lei sconfitta "Lo penso anche io"
"E ora che fai, ti butti giù?" mi canzonò tirandomi a terra insieme a lei, entrambe fissammo il soffitto bianco dell'appartamento sdraiate sul pavimento "Ora non so che fare" ammisi con lo sguardo perso in quel bianco stropicciandomi gli occhi arrossati.
"Nemmeno io" ammise lei ridendo, scoppiai a ridere insieme a lei "Andiamo Let, contavo su di te! Sono una frana in certe cose!"
"Non lo avevamo capito" mi punzecchiò lei ridendo.
Una volta Let mi aveva detto che io ero una di quelle persone che tendeva a fuggire davanti ad ogni situazione troppo complicata da risolvere in campo sentimentale, lo aveva detto quando eravamo coinquiline solo da tre mesi e già aveva capito così tanto di me.
Espirai sconfitta fissando il soffitto "Mi sono messa in un bel casino eh?"


"Sai che ti serve? Una persona che corra più veloce di te, che sia sempre un passo avanti così la smetterai di fuggire davanti ai tuoi sentimenti una buona volta!"
"Nah, non esiste una persona del genere Let. Morirò sola con 70 gatti!"
"Guarda che se la trovi mi devi cento euro, ci stai?"
"Guarda che non ti serve fare scommesse assurde per racimolare due soldi Let"


"Proprio in un bel casino Emma, li hai cento euro vero?"

 




 

Non ho molto da commentare qui, riutilizzando la metafora della scorsa volta: uno, due e tre e... via! Emma ha strappato la striscia di ceretta... ma forse non solo lei... :)

Casualmente mi sta capitando che le lezioni bis (ovvero i PdV di Nobili) mi escano sempre ogni 3 lezioni, così pensavo di farla diventare una cosa regolare (3,6,9,12, ecc...); inoltre il mio astio iniziale nel scrivere dal punto di vista del bel professore sta scemando e non nascondo di essermi piacevolmente divertita nel scrivere la bis di questa lezione, che ovviamente seguirà tra qualche giorno questa.

"Galeotto fu il libro..." ho voluto citare il buon vecchio Dante ed il libro che tentò Paolo e Francesca facendoli baciare anche se nel nostro caso il testo è un pesante tomo accademico tutt'altro che romantico!

Grazie a tutti voi che ancora seguite questa storia, per l'aumentare dei seguiti, per chi mi lascia un commento (che fa sempre piacere) ma anche a chi legge semplicemente questa storia, Grazie.

Un bacio, Aki

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Capitolo 13
*** Lezione 09 bis ***


Lezione 09 bis: Galeotto fu il bacio... sì, ma anche il professore!

 

Ricordo che le "lezioni bis" sono PdV di Lorenzo Nobili



Nella mia vita avevo sempre detestato le persone esageratamente caotiche, ma ora Emma, più che infastidirmi mi affascinava; il fatto che fosse così agitata a causa mia, che le sue guance fossero rosse perché si trovava lì con me mi compiaceva, dovevo ammetterlo.

"E poi qui, qui non ho capito questa parte! Poi quest'altra e quest'altra ancora" sorrisi senza rendermene conto, avevo davvero pensato che potesse essersi inventata una scusa per rimanere da sola con me, ma ogni volta che mi indicava ciò che non aveva capito era frustrata come se per lei non fosse normale rimanere indietro nello studio e aveva davvero bisogno di un chiarimento per quella parte di libro.

"L'altro giorno a lezione hai det..." si schiarì la voce correggendosi velocemente tornando a darmi il lei come nella sua mente era giusto che fosse, distaccata e rispettosa dei ruoli;
"Emma" la richiamai in tono serio e autoritario interrompendola in mezzo ad una frase di cui non riuscivo nemmeno a capire il senso, alzò gli occhi scuri e mi fissò per un secondo stizzita "Una cosa per volta o non riesco a seguirti" addolcii inevitabilmente il tono davanti alla dolcezza del suo sguardo e la vidi rilassarsi tirando un sospiro "Sì, hai ragione..." si morse la lingua strizzando gli occhi davanti al suo secondo errore "no, volevo dire ha, ha ragione!" sbuffò leggermente tornando a tormentarsi le maniche del maglione.
Mi lasciai sfuggire una risata divertita alzandomi dalla sedia, e così diventava agitata e più rossa di un peperone se non riusciva ad avere il controllo della situazione o ero finalmente io a farle quel effetto?
Mi sistemai di fianco a lei che si irrigidì come una statua, si coprì il viso con una mano nascondendo il rossore; il suo profumo era semplice, niente fragranze costose dai toni esotici come le ultime donne che avevo frequentato, solo il leggero aroma di quello che doveva essere il suo shampoo.
Dovetti frenare l'improvvisa voglia di assaporare da più vicino quel leggero profumo che si faceva più intenso ogni volta che nervosamente spostava ciocche di capelli dal viso.
Le spiegai con calma le parti che non aveva capito, mi seguiva con attenzione cercando di non incrociare lo sguardo con il mio, nemmeno per errore. Ero più che convito che lo facesse per mantenere la concentrazione, in fin dei conti era venuta qui per un chiarimento, per questo volevo risolvere tutti i suoi dubbi con professionalità fino a quando non avessimo terminato. 

"Ti è tutto più chiaro ora?" le sussurrai con tono basso in un sorriso sghembo, si voltò in fretta lasciando che le punte del naso si sfiorassero.
"S-sì grazie" borbottò senza riuscire ad abbassare lo sguardo dal mio, la vidi aggrottare le sopracciglia incerta, le labbra fremettero pronte a dire qualcosa che non avrei voluto sentire.

"Emma..." la voce mi uscì più roca di quanto volessi, ero impaziente di quella situazione, di quello stallo che si era creato tra di noi.
Avevo accantonato l'idea di lei dopo la serata a teatro, non mi sarei fatto travolgere da quella attrazione ma non potevo ignorare il senso di rabbia e fastidio quando quel ragazzo l'aveva sfiorata. Nemmeno sapevo che cosa c'è tra di loro, ma ora non mi importava, ero stufo di vedere il suo sguardo sfuggire dal mio, seccato ogni volta che si allontanava da me.
La mia mano si mosse da sola, le mie dita catturarono il suo mento facendola voltare, i suoi occhi scuri era sgranati in un'espressione sorpresa, non ha più nemmeno altro rossore per colorare le sue guance ed è così bella, dio è così bella.
Affondai le labbra nelle sue prima che la sua espressione stupita si trasformasse nella solita interdetta e seccata, prima che potesse rialzare tutte le difese e prima che anche io potessi tirarmi indietro.
La sentii fremere sotto la mia mano che le accarezzava il viso, ora non sarebbe più scappata lo percepii dall'irregolarità del suo respiro quando trattenni delicatamente il suo labbro inferiore tra i denti; mi ero promesso di lasciar perdere, poi di assaggiare le sue labbra per sapere che effetto avrebbe fatto su di me, ma ora non volevo più fermarmi: ogni limite o regola che mi imponevo su Emma veniva sempre superata, era inutile negarlo.
Aprii la mano che era scivolata dietro la sua nuca tra i morbidi capelli castani, mossi ed indomabili come sempre anche se un po' più corti; intrecciai le dita tra quei fili e insistetti con quel bacio.
La sua bocca fremette, il suo respiro soffiò nel mio prima che catturassi avidamente il suo labbro superiore.
Avrei voluto sfiorare la pelle calda sotto il pesante maglione bordeaux che portava, avrei voluto vedere lo spettacolo che si celava sotto tutta quella stoffa inutile, ma se avessi esagerato Emma sarebbe scappata, ormai avevo imparato a conoscerla.
Solo che ero così stufo ed eccitato all'idea che lei volesse continuare a sfuggirmi nonostante quello che certamente avevamo constatato entrambi: c'era qualcosa tra di noi, qualcosa che ci impediva di stare lontani.
E sentirla così vicina ora mi faceva impazzire, ero tornato il ragazzino impulsivo che si emozionava al primo bacio anche se ormai ero un uomo bello che fatto, quello era l'effetto che Emma faceva su di me, sgretolava tutte le maschere che mi ero creato ricordandomi chi ero oltre all'affascinante avvocato dalla carriera brillante.
Presi il suo viso tra le mani schiusi le labbra contro le sue, non avrei più resisto, non le avrei chiesto il permesso perché lei non me l'avrebbe dato, così orgogliosa e testarda com'era.
Non ebbi il tempo di sfiorarla con la lingua che percepii il vuoto di fronte a me, il suo corpo rilassato ora era diventato rigido come un paletto di legno.
Alzai lo sguardo, serrando la bocca frustrato; sfiorava ancora la punta del mio naso con il suo, sorrisi soddisfatto di vederla finalmente così arresa a me, sorrisi compiaciuto perché sapevo che quel ragazzo non poteva farle provare quello che aveva appena sentito con me e lo sapeva anche lei.
Non ebbi nemmeno il tempo di baciarla nuovamente che si alzò sfuggendo come acqua tra le mie dita, mi guardò con gli occhi che sembravano un pozzo di pece con l'espressione più indignata e arrabbiata che le avevo mai visto sfoggiare.

Avrei voluto canzonarla e dirle di smetterla di essere così rigida, in fondo le era piaciuto era evidente. Odiavo quel lato di lei, come riusciva a trasformare tutto in modo esasperato, bastava un suo sguardo per spiazzarmi, si era coperta la bocca come se il mio bacio l'avesse sconvolta come se fossi stato del tutto inopportuno continuando a guardarmi offesa.
"Emma..." la richiamai allarmato, allungai la mano per trattenerla ma mi sfuggì nuovamente "Arrivederci professore!" sottolineò con un sibilo indietreggiando fino ad uscire dalla stanza più veloce della luce, senza nemmeno sentire il mio "Aspetta!".
Espirai fregandomi la fronte "Ma che devo fare con te?"

Sapevo che a lezione non ci sarebbe stata, ma mi aspettai comunque con una certa ansia che arrivasse. Mi ritrovai ad osservare in modo attento il ragazzo a fianco al quale si sedeva sempre, lo stesso delle macchinette: alto, sportivo e con la faccia da bravo ragazzo della sua stessa età o poco più grande. Negli ultimi mesi li avevo visti diventare sempre più intimi, anche se Emma non sembrava interessata tanto quanto lo era lui. Per il ragazzo macchinetta ogni scusa era buona per sfiorarla, per sorriderle con un ebete e quello mi mandava in bestia.
Mi morsi l'interno della guancia seccato, come potevo essere infastidito da quel tipo?! Forse quei due stavano insieme, per quello lei era rimasta così interdetta e sconvolta di fronte al mio bacio; o quello che frenava Emma era il suo stupido grande senso del dovere, non serviva essere un genio in psicologia per capire che ogni volta che sottolineava il fatto che fossi il professore lo utilizzava più per se stessa che per me, ma almeno non potevo affatto lamentarmi che non fosse una ragazza seria, anzi lo era fin troppo.
Le lezioni erano state decisamente dure, per quanto immedesimarmi nel professore serio e affabile era la cosa che mi riusciva meglio non fui certamente brillante come al mio solito, la fuga di Emma mi aveva lasciato l'amaro in bocca.
Quando terminai di lavorare uscii velocemente dalla Facoltà ritrovandomi poi a guidare verso un luogo che non vedevo da tempo.

La parrocchia e l'ex orfanotrofio erano state la mia casa per oltre quindici anni, ora l'orfanotrofio era diventato un oratorio frequentato da ragazzi e bambini che avevano bisogno di un luogo sicuro e confortevole dove passare qualche ora, più o meno aveva sempre la stessa funzione.
Non sapevo perché improvvisamente quel tardo pomeriggio mi ero ritrovato lì: solitamente aspettavo che Giorgio finisse di giocare con i ragazzi in un bar poco lontano evitando che potessi incontrare suor Lina.
Lei era la cosa più simile ad una madre per me; la mia, quella biologica, non si era mai interessata, almeno fino a qualche anno fa quando valeva la pena avere un figlio che guadagnasse lo stipendio di un avvocato e a quel punto fui io a non voler avere nulla a che fare con lei. Non ho mai voluto sapere la sua versione dei fatti, essere abbandonato mi era più che sufficiente e il fatto che Lina avesse insistito affinché la perdonassi non aveva fatto altro che incrinare il nostro rapporto negli ultimi tempi, ecco perché a causa di quello stupido risentimento evitavo di vederla.
Giorgio invece li aveva persi i suoi in un incidente d'auto, sua nonna era troppo malata per prendersene cura e così quando una notte di dicembre era arrivato stretto nel grosso cappotto scuro, rosso in viso dal pianto mi ero fatto avanti e gli avevo promesso che mi sarei preso cura di lui perché se anche lui era lì allora eravamo fratelli.

Da quel giorno era diventato la mia famiglia, l'unica parte che mi importasse, l'unica che contava.

Parcheggiai la macchina davanti al campetto della parrocchia, mi lasciai cadere sul sedile osservando le maglie colorate dei ragazzi correre da una parte all'altra, insieme a loro Giorgio saltava come se 34 anni li avesse lasciati nel bagagliaio della mia macchina; era di nuovo il bambino che si sporcava di fango e che rischiava sempre di prendersi le botte dagli orfani più grandi.
Mi levai la cravatta e la giacca gettandoli nel sedile di dietro e uscii di getto dalla macchina "Ehi! C'è un posto in squadra?" chiesi a gran voce.
Giorgio mi guardò illuminandosi in volto "Certo che c'è fratello!" gridò di rimando facendomi cenno di entrare, mi presentò ai ragazzi con un grande sorriso "Lui ragazzi è Lorenzo" allungò il braccio cingendomi le spalle "Mio fratello" annunciò fiero.
"Siete fratelli?" la voce di un bambino di colore mi fece sorridere, mi piegai sulle ginocchia osservandolo con un sorriso "Purtroppo" ridacchiai
"Ehi, ehi Sefu lo so che sembra impossibile, lui ha preso i geni dell'intelligenza io ho preso quelli della bellezza!" precisò Giorgio facendo l'occhiolino, sfoderando il suo solito sorriso beffardo passandosi una mano tra i corti capelli biondi.
"A me sembra che i geni li abbia presi tutti lui Gio!" lo canzonò una ragazzina con vestiti larghi da skater che si era presentata come Ele
"Vedi, lei sì che ha capito Giorgio! Mi piaci ragazzina!" esclamai indicandola, lui sbuffò lanciandomi la palla che presi tra le mani "Basket, te lo ricordi ancora come si gioca Lore?"
"Mai dimenticato!" sottolineai con un sorriso.

"Una volta calciò così forte il pallone da rompere il vetro della finestra della suora, avevamo... quanto Lore?"
"Dieci anni" aggiunsi passandomi una mano tra i capelli sudati mentre i marmocchi ascoltavano Giorgio pendendo dalle sue labbra seduti sul pavimento del campetto
"Dieci anni, cavolo ancora me lo ricordo. Suor Lina si era arrabbiata così tanto che ci impedì di giocare a calcio per una settimana..."
"E voi?" Sefu sorrise mostrando i denti bianchi, allungai la mano per strofinare la sua nuca "Il giorno stesso io e Giorgio rubammo un pallone da basket dall'oratorio e ci siamo costruiti due cesti da pallacanestro con la rete delle porte e del fil di ferro"
Ele sgranò gli occhi "Dovevate essere due tipi forti da giovani voi due" esclamò posizionando il cappellino con la visiera
"Ci stai dando dei vecchi?!" espirò Giorgio risentito
"Ehi, siamo forti ancora adesso ragazzina!" replicai con finto disappunto, lei ridacchiò insieme a tutti quei marmocchi.

Giorgio si lasciò cadere sul sedile dell'auto "Com'è che si chiama?"
"Cosa?" replicai con voce atona, ma lui sorrise dandomi una pacca sulla spalla "La tua nuova fiamma"
"Ehi, non sono come te, io non cambio umore in base alla donna che mi porto a letto" mi affrettai a dire mettendo in moto e avviandomi per la strada 
"Sì, lo so" disse con tono pensieroso guardando fuori dal finestrino, dopo qualche minuti si voltò guardandomi con i suoi occhi nocciola pieni di sospetto "Allora, è carina?" insistette nuovamente con un sorriso beffardo
"Giorgio..."
"Guarda che lo so che c'è una donna, ti conosco da quando hai otto anni bello!" espirai lanciandogli un'occhiata seccata "Forse..."
"E che ha combinato per farti venire voglia di venire al campetto?"

Sbuffai fermandomi al semaforo rosso "L'ho baciata" confessai, lui sgranò gli occhi con espressione di finto stupore "Oh, che Romeo!"
"E lei è scappata" aggiunsi
"Che vuol dire che è scappata?" mi chiese confuso
"Quello che ho detto"
"Lorenzo, fratello, le donne non scappano più nemmeno se sei un maniaco sessuale con una stanza dei giochi bondage, che cavolo le hai detto?!"
"Non le ho detto nulla, l'ho baciata e lei è scappata" tagliai corto.
Notai con la coda dell'occhio Giorgio sistemarsi meglio sul sedile "Che fosse un uomo, no in quel caso sarebbe scappato lui..." borbottò ignorando che potevo sentirlo benissimo "Aspetta! Signor faccio la predica!" ululò puntandomi un dito contro "è una studentessa non è vero?!" gridò facendomi quasi perdere l'udito.
Alzai gli occhi al cielo "Oh sei più sveglio di quanto pensassi"
Giorgio scoppiò a ridere "Lo sapevo, lo sapevo che non avresti resistito fratello! La studentessa e il professore andiamo è un cliché da urlo"
"E tu lo sai bene" sottolineai lanciandogli un'occhiata di ammonimento
"Andiamo Lore, sono passati cinque anni quante volte vuoi rinfacciarmelo ancora? Guarda che le ragazze di oggi non sono come quelle ai nostri tempi, sono già predisposte, già belle ai tuoi piedi nemmeno un santo resisterebbe! Dovevi vederle tutte in tanga e pantaloncini aderenti durante l'ora di ginnastica" mi tirò una gomitata facendo un fischio "E ora anche tu lo sai bene"
"Lei è diversa" sottolineai infastidito "e io non sono un professore del liceo Giorgio, le mie studentesse non hanno diciassette anni!"
Lui sbuffò lasciandosi nuovamente cadere sul sedile "Comunque il mestiere del professore non faceva per me" si affrettò a dire "e quella troietta si è fatta mettere incinta da un delinquente alla fine" osservò offeso

"Diversa eh?" aggiunse dopo qualche minuto di silenzio
"Già" tagliai corto senza aver la minima intenzione di parlare di Emma a lui, mi avrebbe tormentato per tutta la serata; poteva sembrare un duro palestrato ma la verità è che era solo un grande romanticone dal cuore d'oro con il debole per le donne, si definiva lui stesso il più grande estimatore del genere femminile! 
"Allora se ti fa questo effetto, non lasciartela scappare o questa volta sarò io a farti la predica fratello"



 

Un po' di zucchero con Nobili eh? ;)
 

Tra Nobili e Max io sono di parte...... e dico Giorgio! Ovviamente non concorrerà per il cuore di Emma ma aspettatevene delle belle perché lei e lui sono della stessa forza, povero Lorenzo!

Ve lo aspettavate un Nobili giocatore di basket? (il calcio era troppo main stream ;P)

Aki

 

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Capitolo 14
*** Lezione 10 ***


Lezione 10: Ma quelli che scappano in amore, dove vanno?!



Aula 32

Lessi nella mia mente la scritta nera sulla targhetta di vetro smerigliato, le mie gambe non davano cenno di smettere di tremolare come budini; mi sarei certamente sfracellata al suolo se non ritrovavo una consistenza per le mie ossa degna di essere chiamata tale. Tormentai la spallina della borsa incerta sui miei passi, incerta se entrare o no.
Presi un grande respiro aggrottando le sopracciglia; potevo farcela, potevo affrontare come se nulla fosse le variabili incasinate della mia vita: Max, il ragazzo che frequentavo da pochi giorni e con il quale dovevo certamente chiarire la mia posizione e Lorenzo Nobili (la variabile più imprevedibile), il professore che mi aveva baciata nel suo ufficio, l'uomo che, purtroppo, mi faceva battere il cuore e sbarellare i miei ormoni senza il mio esplicito consenso, ma ormai ero finita dalla padella alla brace.
Gli altri studenti mi scansarono seccati borbottando insulti e parole che nemmeno mi importava di ascoltare, ero immobile come la più grande idiota della facoltà ferma davanti all'aula dove Nobili avrebbe tenuto la sua lezione, come da sei mesi a quella parte.
Vorrei vedere voi al posto mio! Avrei voluto gridare a pieni polmoni con il viso rosso per la rabbia, per tutti quelli studenti che mi lanciavano occhiate come se fossi un alieno o avessi un terzo occhio sulla fronte. Gli esemplari femminili non indugiavano certamente sulla porta sapendo che cosa si trovasse al suo interno: un esemplare raro e magnifico di uomo trentenne dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio.


"Devi entrare come se nulla fosse Emma, fa come se non fosse accaduto nulla e vedi come và, cosa fa lui" quello era stato il consiglio di Let, peccato che non avevamo fatto i conti con la gran parte dei miei difetti che mi impedivano di entrare in quell'aula.
"Fai come se nulla fosse" mi ripetei a bassa voce ma l'effetto fu quello di ricordarmi la sensazione delle sue labbra sulle mie, non certamente quello sperato "Già come se nulla fosse, posso farcela!" ripetei con sempre meno convinzione.
Feci un passo avanti piena e carica di determinazione, potevo certamente farcela! Ovviamente! Ero un leone, sarei entrata a testa alta e avrei salito quella scalinata fiera fino al mio solito posto.
Catturai il suo profilo vicino alla cattedra in mezzo a quella orda di studentesse ammiccanti: vestitini, cosce e seno di fuori mentre io sembravo un eschimese appena uscito da un igloo più che da un'estetista.
Espirai pesantemente mordendomi il labbro fino a farmi male "No, non posso farcela" constatai voltando i tacchi e defilandomela il più velocemente possibile, camminando a passi veloci per il corridoio lasciandomi quell'aula alle spalle.
Nemmeno oggi ci ero riuscita
Tre giorni, tre giorni che facevo così: arrivavo davanti alla porta dell'aula, stranamente in anticipo, ma con tutta la convinzione che riuscivo a trovare ogni volta che lo intravedevo tutto il mio coraggio si spegneva e correvo (letteralmente) il più lontano possibile.
Stavo certamente diventando la pazza dell'Aula 32 e in tutto quello non potevo essere del tutto sicura che non mi avesse notata.

La biblioteca della facoltà sarebbe stata il mio rifugio anche quel giorno, tirai fuori il pesante tomo del corso di Nobili e iniziai a studiare da sola le parti che stavo saltando.
La biblioteca era un luogo ampio e pieno di ragazzi in silenzio, anche solo respirare ti dava l'impressione di disturbare e ovviamente il mio cellulare aveva deciso di squillare, dannata me mi ero dimenticata il silenzioso! Arrossii di colpo colta in flagrante sotto gli sguardi omicida di almeno una trentina di persone.
"S-scusate" balbettai riafferrando le mie cose ed affrettandomi ad uscire da quel luogo.

Andrea aggrottai le sopracciglia sorpresa
"Andy?" richiamai timorosa, Andrea era mia cugina; la mia era una famiglia numerosa sparsa in ogni parte del Paese tanto che non eravamo nemmeno più sicuri di quale fosse la nostra reale provenienza. Andrea era quel genere di cugina, poco più grande di te, con il quale ci si confida sempre e ci si fa' man forte durante le chiassose riunioni familiari.
"Mina! Ciao tesoro, come stai?" la sua voce era squillante come sempre, non aveva troppi problemi passava da una vacanza ad'Ibiza ad una a Courmayeur, tra feste e bei ragazzi; il genere di vita che in quel momento avrei tanto voluto avere.
"Sono in facoltà. Tu come stai? Dove sei adesso di bello?" dissi tormentando la spallina della borsa
"In città tesoro! Sono arrivata stamattina, Ale mi ha detto che ti trovava strana in questi giorni e allora mi sono detta che avevi di certo bisogno di un'uscita da bollino rosso con tua cugina!" la sua voce era suadente e divertita ed era così estroversa e coinvolgente che non potevi non unirti alla sua risata. Forse era quello l'effetto di non avere una vita stressante, una vita senza studio, lavoro ed esami da preparare con una vita sociale che rasentava lo zero assoluto.
"In realtà... è quello che mi servirebbe in questo periodo, svuotare i pensieri e tutto il resto" ammisi appoggiandomi contro la parete del corridoio "C'è qualche fanciullo in vista Mina?"
espirai pesantemente "Ho appena finito le lezioni, riesci a passarmi a prendere in facoltà? Ti aspetto fuori"
"Va bene tesoro, venti minuti e sono lì"

Nella rossa e costosa auto di Andrea le raccontai della mia vita dall'ultima volta che ci eravamo viste, passammo l'intero pomeriggio ad aggiornarci, le raccontai di Max accennando però che in testa avevo un altro ragazzo, senza andare troppo nello specifico. Le mie chiacchiere e i miei racconti si spegnevano di fronte ai suoi, con il suo super sorriso smagliante e i suoi lunghi capelli rossi naturali, magra e altissima; la sua mancanza di curve era compensata dal suo fascino libertino e l'aria solare che aleggiava intorno a lei.
"Ti sei fatta proprio carina Mina, questa sera dovrò sfoderare le mie armi migliori per riuscire a tenerti testa" mi diede un affettuoso bacio sulla nuca mentre osservavo la nostra immagine riflessa nel lungo specchio della mia camera "Non scherzare" borbottai. Tirai giù il tubino nero troppo a filo del mio fondo schiena, ma se da una parte lo tiravo giù dall'altra dovevo ritirarlo su, il tutto su un paio di decoltè che altro non erano che trampoli. Un inferno.
"Il segreto è non preoccuparti troppo" esclamò Andrea ridacchiando passando una mano tra i lunghi capelli rossi, incurvando le labbra in un sorriso con la solita disinvoltura che le si addiceva.
"Il segreto è mettersi un vestito più lungo, mi sento nuda"
Alzò gli occhi al cielo dandomi un puffetto sulla spalla "Smettila di preoccuparti Emma, divertirsi non ha mai ucciso nessuno, non lo farà nemmeno con te! E poi ora che hai questo fisico, perché dovresti nasconderlo?! Andiamo! "
Avevo bisogno di staccare dai miei pensieri, dalla mia vita e Andrea aveva il grande potere di riuscire a inglobarti nel suo umore festaiolo, per quanto fossimo diverse, completamente agli antipodi qualche volta era necessario accogliere nella vita una festaiola incallita con una filosofia bizzarra.

Il locale dove andammo era un disco pub frequentato da persone che in media avevano trent'anni, l'ultima volta che ero stata in una discoteca era stato parecchi anni prima e di certo l'ambiente non era così adulto e tranquillo. Andrea aveva sostenuto che quello era un locale in e che certamente non avremmo trovato la feccia della città.
Non ci volle molto perché qualcuno si avvicinasse a noi, più grazie al fascino da cattiva ragazza di mia cugina che al mio, ma nessuno sembrava alla sua altezza: il suo gesto di allontanamento era eloquente oppure lasciava che li liquidassi io al posto suo, da un lato era divertente.
La sua gomitata mi fece gemere sorpresa "Fa' finta di niente Mina" mi ammonì, naturalmente quel suo mettersi in posa con finta disinvoltura denotava che si stava avvicinando il così detto pesce grosso.
"Ciao, credevo che questo locale fosse una noia fino a quando non vi ho visto ragazze" alzai gli occhi al cielo pronta a cacciarlo via, lui e la sua banalità! Ma Andrea ridacchiò con una risata seducente che incantò l'uomo che la seguì compiaciuto mostrando i denti bianchissimi.
Quello davanti a noi non era un ragazzo della nostra età e nonostante avesse più di una trentina d'anni ne dimostrava meno. Dalla camicia bianca si potevano intravedere i muscoli tirati e stretti in quel tessuto, era alto almeno un metro e novanta, pelle abbronzata e un sorriso sornione a 36 denti; capelli erano leggermente lunghi ma tirati all'indietro e di un colore del grano perfettamente abbinati ai suoi occhi nocciola. Tutto sommato non era male.
"Io sono Giorgio" esclamò a voce alta per sovrastare la musica poggiandosi una mano sul petto, Andrea sorrise piegando la testa leggermente di lato "Io sono Andrea e lei..."
"Emma" borbottai incrociando le braccia sul petto nascondendo la scollatura che aveva già adocchiato un po' troppe volte per i miei gusti.
L'uomo ridacchiò facendo segno alle sue spalle "C'è un mio amico laggiù, vi va di unirvi a noi?"
Lanciai un'occhiata supplicante ad Andrea che naturalmente mi ignorò "Ti prego" fiatai trattenendola per un braccio ma lei roteò gli occhi "Hai sentito? Ha un amico e poi lo sai che ho un debole per i biondi palestrati"
Trotterellò dietro Giorgio afferrandolo per il braccio, io dietro di loro strisciavo i piedi con un espressione da funerale, quando raggiungemmo i divanetti dove il suo amico era seduto non avevo nemmeno alzato lo sguardo.
Giorgio si parò davanti a me indicandolo con il pollice e un sorriso enorme stampato sul volto

 

"Lui è Lorenzo"

 

 

Non avevo mai sentito nessuno chiamarlo unicamente per il nome di battesimo.

Dovetti concentrarmi con tutte le mie forze per non cadere rovinosamente a terra per colpa del mio mancamento mentre i suoi occhi di ghiaccio incontrarono i miei per un nano secondo, indifferenti e freddi, non diede segno di riconoscermi e stetti al suo gioco ignorandolo anche io.
“Andiamo Lorenzo non fare il solito maleducato” lo provocò ridacchiando, Andrea fece un passo avanti allungando la mano "Andrea" la seguii senza nemmeno pensarci "E-Emma" la mia voce uscì più incerta di quanto volessi, Nobili alzò gli occhi e mi congelò con lo sguardo, era rabbia quella che vedevo in lui? Fu solo per un secondo poi tornò la solita maschera di indifferenza “Piacere Emma” tutta quella situazione era assurda, al limite dell'inverosimile.
In tre giorni era diventato tremendamente più bello, per quanto fosse possibile: con la sua giacca scura e la camicia bianca leggermente sbottonata, senza cravatta, un filo di barba e i soliti capelli corvini. Fantastico!
Andrea si mise a sedere di fianco a Giorgio, io mi ritrovai da sola nel divanetto di fronte con un basso tavolino a separarmi da tre paia di occhi, inutile dire quanto tremendamente in imbarazzo mi sentivo mentre cercavo di ignorarlo, anche se era esattamente di fronte a me.
Rimasi in silenzio, Nobili aveva un'espressione seccata, infastidito anche dall'aria che gli stava intorno mentre Giorgio e Andrea parlavano come se fossero amici da una vita, non si sarebbero mai accorti della strana tensione tra noi due nemmeno se qualcuno glielo avesse fatto notare, troppo presi da loro stessi.
“Che cosa studi Emma?” la voce del biondo mi distolse dai miei pensieri
"C-come?" balbettai ma lo sguardo di Nobili si alzò incrociando il mio, la sua espressione indecifrabile, risposi prontamente con il cuore in gola prima che Andrea potesse rispondere al posto mio “Lettere” mia cugina mi guardò con un'espressione confusa, ma poi rivolse nuovamente l'attenzione all'uomo.
Non osai guardarlo, per paura del suo sguardo che non faceva altro che essere scuro e infastidito dalla mia presenza. Mentre io mi sentivo in preda ad un senso di nausea senza fine, era infastidito da me, non ne capivo il motivo e quello mi tormentava e mi rendeva tesa come una corda di violino; e dire che ero uscita per divertirmi!
Andrea si alzò improvvisamente prendendo la mano di Giorgio "Andiamo balliamo Gio!"
No, no, no, no, no! Resta qui non lasciarmi qui da sola con lui! Gridai mentalmente sentendomi avvampare.
Rimanemmo il silenzio ed evitai di guardarlo per tutto il tempo tormentandomi le mani e lui fece lo stesso senza dire una parola “Vi porto qualcosa?” chiese la cameriera con un grande sorriso, bassina e con un paio di occhiali fluo, sventolando il blocchetto “Vuoi qualcosa Emma?” il suo tono era improvvisamente addolcito, alzai lo sguardo sorpresa annuendo leggermente; ora sembrava una persona differente rispetto a quella che avevo davanti un secondo prima, che razza di lunatico! “Quello che prendi...” mi schiarì la voce “...tu” lui annuì ordinando un qualcosa di alcolico che nemmeno avevo mai sentito, alle mie orecchie suonò come qualcosa di sofisticato e costoso.

“Perché non vieni più a lezione?” il suo tono era basso e profondo, presi un grande respiro cercando di distrarre lo sguardo verso il bar del locale, qualsiasi scusa avessi inventato non avrebbe retto. Mi strinsi nelle spalle ricercando Andrea tra la folla senza la minima intenzione di rispondergli "Se il mio gesto ti ha imbarazzata così tanto potevi ignorarlo” il suo tono era seccato e infastidito, mi voltai guardando i suoi occhi di ghiaccio.
“Tanto fai così ogni studentessa no?” fiatai con odio, non fece in tempo a ribattere che la cameriera arrivò con il suo bel sorriso e due grossi calici riempiti di un liquido rosso intenso “Ecco a voi” disse lanciandomi un sorriso.
“Grazie” il mio ringraziamento suonò esageratamente plateale, ma la cosa di cui avevo in quel momento era accompagnarmi a braccetto insieme a quel liquido alcolico, qualunque fosse. Gli occhi di Nobili mi fissarono di soppiatto mentre allungai le dita afferrando il calice, era la seconda volta che ci trovavamo in quella situazione e ogni volta era sempre più irreale e stramba, da non crederci!
Feci un leggero gesto in avanti in segno di brindisi e sperai di apparire come una di quelle donne sofisticate, con le gambe incrociate e anni e anni di carriera, l'effetto fu del tutto diverso.
Quando il liquido mi solcò la gola era così buono e fruttato che lo sorseggiai avidamente, il suo profilo era perfetto mentre distrattamente osservava la folla sorseggiando lentamente.
Quelle labbra si erano posate sulle mie giorni fa, perché Nobili doveva essere così? Così irraggiungibile, così perfetto... così stronzo e diabolico, perché poi io avevo una dannata voglia di baciarlo ancora.
Ihac! Mi portai la mano alla bocca, sgranando gli occhi e sentendo le gote arrossarsi, il singhiozzo da ubriacona ci mancava davvero solo quello! Dannazione! I suoi occhi mi raggiunsero più azzurri e freddi del ghiaccio eppure c'era sempre una dannata tensione elettrica tra i nostri sguardi, quella tensione che non avevo mai provato con nessun ragazzo.
Si chinò in avanti poggiando il calice sul tavolino (il suo era quasi pieno, il mio completamente scolato) “Non fac...”
Il suo amico Giorgio gli diede una pacca sulla spalla interrompendolo sul più bello, chissà quale stupida giustificazione avrebbe usato, sapevo che con il suo talento oratorio mi avrebbe abbindolata facilmente quindi: Grazie Giorgio!
Andrea piantò un bacio sulle labbra del biondo e con un sorriso si lasciò cadere a fianco a me gettando la testa all'indietro “Sei fidanzata Emma?” mi chiese lui con un sorriso, mi strinsi nelle spalle guardandolo con espressione confusa “Io? N-no” risposi
“E quel ragazzone muscoloso? quello carino che viene a lezione con te...” incalzò Andrea forse per paura che il suo focoso biondo si interessasse troppo a me, l'alcol mi aveva annebbiato un poco la mente e ci misi qualche secondo a capire a chi si riferisse, ovviamente la mia mente era impallata su Nobili “Ah, Max!” esclamai “Siamo solo amici” non so per quale motivo ma il mio sguardo si alzò timidamente ricercando gli occhi di Nobili, che naturalmente erano lì attenti, mi analizzò in silenzio come era solito fare e il suo amicone Giorgio se ne accorse sorridendo, non mi sfuggì il colpo con il ginocchio che gli diede.

“Spostiamoci di sopra” annunciò Andrea con un sorriso “Qui è una noia” con di sopra intendeva la parte disco del locale, il posto dove non avrei mai voluto mettere piede, figuriamoci insieme al mio professore.
La guardai supplicante ma Giorgio e Loren... Nobili! Si alzarono seguendola “Stai lì Mina?” mi chiese, sbuffai alzandomi così velocemente che barcollai su quei micidiali trampoli, con mia grande sfiga l'unico ad aver notato quel mio spettacolo fu Nobili che mi aspettò per poi affiancarmi silenzioso con le mani in tasca.
Arrestò il passo davanti alle scale “Riesci?” mi chiese divertito con quel insopportabile ghigno, nemmeno gli risposi mentre a testa alta lo superavo non troppo sicura della mia camminata, adorando il corrimano che mi sosteneva senza difficoltà come un cavaliere.
Sperai che il tubino non decidesse di tirarmi il brutto scherzo e di alzarsi troppo mentre Nobili era dietro di me, mi sentii arrossire all'idea che lui potesse squadrarmi da meno di quattro scalini di distanza.
Mi arrestai voltandomi indispettita “Che c'è?” ridacchiò con finta innocenza passandosi una mano tra i capelli scompigliandoli “Perché non passi avanti?” sibilai socchiudendo gli occhi diffidente, sorrise sghembo soffermandosi un po' troppo sulle mie gambe nude per poi incontrare nuovamente i miei occhi “Non ci penso neanche” ammise alzando un sopracciglio appoggiandosi al corrimano con quel sorriso sornione.
Sentii le gote arrossarsi e sgranai gli occhi “C-come?” fece due scalini azzerando la distanza tra di noi mi prese il mento tra le dita “Troppi lupi affamati per perderti di vista” il suo tono era provocante, così troppo provocante da farmi rabbrividire “Non credi di aver esagerato con il vestito questa sera?” anche i miei ormoni sembravano nuovamente impazziti, mi squadrò in un misto di malizia e indignazione.
“Non credo proprio!” esclamai voltandomi continuando a salire, indispettita e piccata sapendo quanto avesse ragione.
Come mia grande delusione Andrea e la sua nuova fiamma Giorgio erano già spariti “Immagino non gli vedremo per tutta la serata” borbottai seccata appoggiandomi alla ringhiera.
“Ed è un peccato?” la sua voce mi piombò alle orecchie e mi sentii andare a fuoco
“Non farti strane idee”
“Mi dai del tu senza problemi adesso?” ridacchiò divertito, rimasi a bocca aperta per qualche istante fissandolo indignata, scossi la testa e incrociai le braccia sul petto. Che tipo!
“Dai andiamo spostiamoci da qui” la sua mano mi serrò l'avambraccio dolcemente e lo seguii tra la folla in un angolo più tranquillo “Non ci posso credere che mi abbia lasciato da sola con uno sconosciuto” fiatai allibita senza riuscire a frenare la mia indignazione.
“Tecnicamente non sono uno sconosciuto Emma” disse lasciandosi cadere su un divanetto; non potevo assolutamente sopportare quella serata senza un'altro drink “Dove vai?” mi chiese allarmato, alzai il sopracciglio soppesandolo diffidente “A prendere qualcosa da bere” esclamai frastornata ne ho bisogno avrei voluto aggiungere, si alzò seguendomi silenziosamente come un ombra, perfetto avevo anche una guardia del corpo adesso!
Quando presi un cocktail mi sentii come una bambina accompagnata a prendere un gelato da un adulto, senza contare l'espressione seria di lui che mi fece intuire che non apprezzava il fatto che avessi bisogno di bere per reggere la situazione tra di noi. Ma non mi importava, mentre il liquido scendeva e gli occhi glaciali di lui mi fissavano contrariati, sentii piano piano i freni inibitori allentare la presa, al decimo sorso la mia razionalità imbevuta di mojito andava finalmente a braccetto con cuore, ormoni e compagnia bella.
Vedevo solo l'azzurro ghiaccio dei suoi occhi oltre al bordo del bicchiere di plastica trasparente, abbassai lo abbassai mordendomi il labbro inferiore e continuando a fissarlo, sorrisi senza stupirmi dalla mia intraprendenza. Sapevo flirtare e provocare anche io un uomo, solo che avevo bisogno di un colpetto per sciogliermi.
"Ne vuoi un sorso?" gli chiesi con un sorriso, lui si avvicinò in un soffio, chinò la testa appoggiando le labbra sul bordo, la mano calda si appoggiò sulla mia che ancora tratteneva il bicchiere, la ritrassi con il cuore in gola e uno sfarfallio di numerose specie di farfalle diverse che avrebbero dato lavoro anche al più preparato dei tassonomisti.
Aggrottò le sopracciglia assumendo quell'espressione che tanto amavo, almeno una delle... "Non è un po' troppo forte per te, Emma?" mi stuzzicò assumendo un espressione contrariata, mi alzai in punta di piedi riafferrando il bicchiere "Niente affatto" fiatai sulle sue labbra, ridacchiai della sua espressione sorpresa e con un gesto impavido gli presi la mano serrando le dita tra le sue "Dai, balla con me"
"Emma..." protestò cercando di fare forza per non essere trascinato in mezzo alla pista
"Ehi!" esclamai con finto disappunto senza riuscire a trattenere una risata "Guarda che non accetto un no come risposta!" lui sorrise assieme a me lasciandosi condurre dalla mia determinazione.
Quando mi voltai mi sentii tirare verso di lui e mi ritrovai le mani contro il suo petto, quanto alcol c'era nel mio corpo per permettermi di fare gesti così assurdi? Percepii la sua pelle sotto il tessuto della camicia, i miei polpastrelli che sondavano i muscoli dei pettorali; le sue mani scesero sui miei fianchi, e io salii inevitabilmente intrecciando le braccia dietro al suo collo. I nostri corpi si mossero in mezzo alla folla sempre più stretti, mi alzai in punta di piedi per raggiungere il suo orecchio “Tu sei uno di quei lupi affamati da cui dovrei stare alla larga?” sussurrai, sentii le sue mani stringersi maggiormente.
“Ci stai già alla larga da me” ribatté lui allentando la presa con il suo solito ghigno, i nostri respiri si ritrovarono nuovamente l'uno nell'altro “La cosa ti dispiace?” mi lasciai uscire dalla bocca con un sorriso.
“Non mi provocare Emma” un ruggito rauco e basso, sorrisi innocente “Ti sto provocando?” sfiorai con la punta delle dita la pelle nuda dietro al collo, quel piccolo lembo di pelle tra i capelli e il colletto della camicia.
"Perché ho l'impressione che tu conosca già le risposte a tutte le domande che mi fai?"
Abbassai le braccia indietreggiando di un passo ridacchiando ora che il ritmo si faceva più incalzante, strinse la mia mano con un sorriso rilassato.
"Non conosce l'esistenza delle domande retoriche professor Nobili?" lo provocai divertita.

Non so per quanto ballammo ma mi sembrò la cosa più naturale che avessi mai fatto, la sua mano mi fece roteare e mi ritrovai con la schiena contro il suo petto le mani intrecciate, le sue labbra si appoggiarono sul mio collo provocandomi mille brividi "Dimmi che non fai così con tutte le studentesse, non lo sopporterei" diedi fiato ai miei pensieri senza nemmeno accorgermene, lui mi strinse più forte avvolgendomi in quello che era diventato un intimo abbraccio senza più seguire il ritmo della musica, sarei potuta stare lì tra le sue braccia per ore anche se avessi accumulato uno strato di polvere, chiusi gli occhi percependo la sua guancia ruvida contro la mia.
Le sue labbra raggiunsero il mio orecchio "Tu dimmi che non fai così con il tuo amico, non lo sopporterei Emma... non ci riuscirei davvero"
“Vedo che vi state divertendo” la voce del suo amico Giorgio arrivò ridacchiando mentre Andrea era avvinghiata al suo braccio come un koala, si sentivano già la nuova coppia dell'anno!
Le mani di Nobili mi lasciarono riassumendo il solito cipiglio indifferente mentre io dovetti seguire Andrea per accompagnarla al bagno.
“Giorgio ha detto che il suo amico, Lorenzo, può accompagnarti a casa” affermò sistemandosi i capelli e rifacendosi il trucco "E non sembri poi tanto dispiaciuta nel rimanere sola con quel bel tipo" mi provocò dandomi una gomitata.
“Che cosa?!” esclamai “Perché tu dove vai?!” mi scompigliò i capelli affettuosamente “Piccola ingenua Mina”

“Aspettami qui!” mi ordinò indicando una piccola panchina, mi lasciai cadere sulla superficie bianca con uno sbuffo “Dove vuoi che vada?!” borbottai gesticolando esageratamente.
Andrea e Giorgio erano spariti e questa volta in modo definitivo, così al mio professore era toccato l'ingrato compito di accompagnarmi a casa anche se prima aveva bisogno di fare un salto alla toilette.
Non lo sopporto quando fa così! Impartisce ordini come se dovessi ubbidire ad ogni sua parola” sibilai accavallando le gambe e tirando giù nervosamente il vestito “Maledetto vestito, maledette scarpe e maledetto alcol!” continuai massaggiandomi la caviglia. Nemmeno mi aveva risposto, non avevo le conferme che non facesse così con le altre, aveva unicamente rigirato la cosa chiedendomi di Max. Max dovevo assolutamente chiarire le cose con lui.
“Ehi!” una voce mi fece alzare lo sguardo incrociai un paio di occhi chiari
“Ehi” ricambiai con poco entusiasmo per poi continuare ad ignorarlo “Come ti chiami?” alzai lo sguardo soppesandolo disgustata “Io sono Roberto”
Che fortuna” sbottai infastidita notando il suo sorriso malizioso nel fissarmi, incrociai le braccia sul petto per nascondere la scollatura, lui ridacchiò “Che gattina scontrosa che sei...”
“C'è qualche problema?” il tono di Nobili era seccato, il ragazzo si voltò infastidito “Ma che vuoi tu?!” sbottò.
La sua mano afferrò il mio polso tirandomi in piedi “Andiamocene!” soffiò arrabbiato, quasi mi presi una storta sul tacco dodici ma ridacchiai voltandomi verso Roberto “Dai non fare il maleducato Lorenzo!” lui non sembrò aver capito la mia ironia mentre citavo il suo amico “Ehi, ehi! Fa' piano! Ho i tacchi, ehi! Ho dett...” si arrestò di colpo e mi ritrovai tra le sue braccia di nuovo.
Il suo sguardo glaciale era freddo e infuocato allo stesso tempo, non so se quella che lessi in lui fu nuovamente gelosia “Senti, devi finirla di credere che io non possa cavar...”
Non posso nemmeno lasciarti da sola per un secondo!” ruggì infuriato "un attimo senza che qualcuno possa venirti ad importunare o a provarci con te”
“Non sono una bambina!” ribattei con lo stesso tono “Smettila di trattarmi così”
Ridacchiò seccato “Oh, mi sembrava strano che non ti fossi ancora messa sulla difensiva con me!”
“Che cosa stai insinuando?!” ruggii alzando il tono “Te e la tua aria da uomo vissuto: il vestito è troppo corto per i tuoi standard, bevo troppo per i tuoi standard, non credo nemmeno di essere minimamente vicina ai tuoi standard qualitativi!” sbottai rossa in viso "Allora che cavolo vuoi da me, si può sapere?!"
Indurì la mascella e in quel momento credetti che mi avrebbe lasciato là, entrambi pieni di rabbia troppo orgogliosi per cedere.
“Andiamo, ti accompagno a casa” esclamò serio indicando le scale, mi strinsi nelle spalle annuendo un poco, con la voglia di piangere e correre via.

Ecco che la mia linguaccia e i miei modi di fare rovinavano sempre tutto. Perché non riuscivo a comportarmi come una ragazza normale quando ero con lui!?


 

Capitolo lunghissimo, ma questa serata verrà divisa già in due parti e dividere il capitolo in due quindi allungare la serata a tre capitoli, non mi piaceva.
Ci siamo... chissà che si diranno in macchina, voi che pensate?
Ci voleva un po' di alcol per sbloccare Emma, ora non si può più tirare indietro.

Il nostro Nobili, che sarà meglio che ci abituiamo a chiamare Lorenzo, con una delle ultime frasi si riferisce: a Max e la macchinetta, il tizio a teatro e ora questo! Gelosia portami via ;)

Un grazie di cuore a tutti quelli che stanno seguendo questa storia, grazie davvero :)

Aki

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Capitolo 15
*** Lezione 11 ***


Lezione 11: In vino veritas... veritas un po' troppos!

Mi strinsi nel leggero cardigan scuro maledicendo me stessa di aver avuto la splendida idea di lasciare la giacca nella macchina di Andrea, ma non volevo dare a vedere a Nobili che stavo tremando dal freddo, sicuramente con un qualche gesto di cavalleria mi avrebbe conquistata più di quanto già non lo fossi.
Tutto sommato tutto quel freddo mi stava schiarendo la mente e la nebbia di alcol che vi aleggiava.

Da quella sotto specie di discussione eravamo entrambi in silenzio, si era davvero innervosito per quel ragazzo che si era avvicinato a me? “Hai freddo?” la sua voce mi fece sussultare “No, sto bene” borbottai continuando a camminare sul marciapiede.
“Ho parcheggiato un po' lontano, non vorrei che mi attribuissi la colpa se ti prendi un malanno” sentii la sua giacca cadermi sulle spalle prima che potessi protestare, mi voltai fissandolo in quegli occhi glaciali senza paura che potessero leggermi dentro “Come lo devo interpretare tutto questo?” lo fissai seria e interdetta sistemandomi meglio la giacca scura, calda e impregnata del suo profumo; le mie gote arrossirono un poco, sapeva benissimo a che cosa ora il mio stato di non sobrietà si stesse riferendo.
Quando non ricevetti risposta ritornai a camminare al bordo del marciapiede, concentrandomi sui miei passi, lui camminava in silenzio di fianco a me, come un'ombra.
Uffa! Quando avevo bisogno di risposte io, potevo stare pur certa che non ne avrei avute sopratutto da lui.
“Attenta!” esclamò allungando prontamente il braccio cingendomi la vita, evitando che prendessi una storta colossale e mi sfracellassi a terra.
Mi ritrovai ancora una volta tra le sue braccia aggrappata alla camicia bianca, tanto che sfiorai nuovamente la pelle nuda del suo petto, mi schiarii la voce lasciando la presa ed indietreggiando piccata “Guarda che non sei costretto a portarmi a casa, posso prendere l'autobus, il taxi o chiamare qualcuno”
“Lo so” si grattò il mento osservando un punto non troppo definito nell'orizzonte “Vuoi prendere un taxi?”
Voglio che tu mi dica che cosa c'è tra di noi! Avrei voluto urlargli addosso ma mi morsicai la lingua per l'ennesima volta.
“Io non so che cosa fare” espirai improvvisamente bloccandomi sul marciapiede, si fermò anche lui dopo pochi passi senza voltarsi “Con cosa?” mi chiese serio, la sua voce arrivò prima del suo sguardo glaciale.
Dannato alcol, dannato professore e dannata me!
Strinsi i pugni e mi sentii completamente gettata in un campo di battaglia, senza armi e senza protezione “Con te” quella verità scivolò via dalle mie labbra senza che nemmeno riuscissi a frenarla.
Il suo sopracciglio si alzò leggermente sorpreso per poi fissarmi in silenzio con quello sguardo curioso aspettando che continuassi, ormai ero un fiume in piena che aveva completamente rotto i suoi argini e poco mi importava di apparire come una ragazzina davanti a quell'uomo “Ci sono volte in cui non ti sopporto, ti detesto tu e il tuo modo di fare come se il mondo fosse sempre completamente ai tuoi piedi, come se tutte le donne cadessero ai suoi piedi ad un tuo solo gesto... okay, non è propriamente come se... è esattamente quello che succede dannazione! Poi il fatto che continui a comportarti come se fossi una bambina da proteggere, come se ogni esemplare maschile che mi si avvicinasse fosse una specie di drago sputa fuoco e tu te ne arrivi con la tua splendida armatura a scacciarli via con la tua lingua tagliente! Ho cercato di non pensare a te in quel modo, ma porca vacca come faccio a non farlo?! Dimmi come dovrei interpretare tutto questo, poi a teatro a lezione... Guarda che cosa fai! Io non ci capisco più niente! E Dio se sei insopportabile, pure il tuo bacio è stato insopportabile lo sai?!” esclamai cercando di riprendere fiato, com'è che diceva il detto? In vino veritas e a quanto pare non volevo dar segno di volermi fermare, per una volta ero io quella a tenere il discorso in mano “L'uomo affascinante, il grande avvocato che prova a sé stesso che può far cadere ai suoi piedi qualsiasi studentessa! Porca miseria, hai fatto un corso o ci sei nato così tremendamente affascinante e incredibilmente irritante!?” finii con la voce che rasentava lo stridulo e il fiato corto per l'immensità di parole che avevo gli avevo gettato addosso.
Mi fissò serio, interdetto per qualche secondo per poi scoppiare in una risata che non riusciva più a trattenere. Si stava davvero divertendo?! Osservai accigliata ed infastidita “Va' al diavolo!” borbottai ferita riprendendo a camminare su quel marciapiede, mi si affiancò nuovamente con il suo ghigno seducente che cercava di sovrastare quella sua risata che ancora splendeva sul suo viso “Non so se prendere le tue parole come un complimento o come un insulto anche se certamente dall'inizio abbiamo fatto passi da gigante!” osservò con un grande sorriso “Ecco la sua carrozza” esclamò con esagerato gesto plateale “Te lo ricordi dove abiti?” sussurrò al mio orecchio provocandomi.
Ah ah” mi scappò alzando gli occhi al cielo “Non sono così ubriaca e non ti azzardare ad aprirmi la portiera” lo raccomandai puntandogli il dito contro.
“Non ho mai conosciuto nessuna donna che non amasse i gesti di cavalleria” commentò ridacchiando, dovetti appoggiarmi alla carrozzeria scura della sua costosa macchina per riuscire a raggiungere la portiera “Oh scommetto che ne hai conosciute parecchie” mi uscì in un espiro seccato.
Lui si appoggiò contro la lamiera scura e fui grata che ci fosse quella macchina a separarci, si armò del sorriso più seducente e disarmante che c'era nella sua artiglieria “Sei gelosa per caso?” sbuffai senza rispondergli, non mi importava nulla di quante donne fossero passate nelle sue grazie. Non è vero, mi importava eccome!
Mi gettai sul sedile richiudendo la portiera “Bella macchina” borbottai incrociando le braccia sul petto “Mmh, l'unico complimento degno di nota della serata se l'è beccato l'auto” mi voltai sorridendo obliqua “Che c'è, sei geloso per caso?” i nostri occhi si trovarono e non riuscii a fare a meno di ridacchiare, lui scosse la testa con sorriso.
Era così strano stare sola con lui, io ero diversa con lui, nonostante il nervosismo una volta superato quello mi ritrovavo ad essere completamente me stessa, senza pensare troppo a quello che dovevo dire. Mi sembrava che Nobili mi conoscesse da una vita.


"E le altre volte?” chiese lui pensieroso girando la chiave e avviando il motore, osservai il suo profilo ricordando benissimo a che cosa si stesse riferendo con quella domanda, il mio cuore cominciò a fare le capriole come un pazzo “Che te importa delle altre volte, dovresti essere tu quello a stroncare questa cosa non io!” esclamai indispettita “Tu sei l'adulto, io ho smesso di essere un adolescente da meno di quattro anni!”
Lui ridacchiò di nuovo “Appunto” osservò lui, lo fissai con fare inquisitivo “Appunto che?” mi lanciò uno sguardo malizioso tornando poi a fare retromarcia e uscendo dal parcheggio “Siamo entrambi adulti Emma” quella consapevolezza mi si seccò in gola, Che cosa voleva dire?! “Ma non ho intenzione di conversare con te ora su questa faccenda” osservò con un sorriso concentrato sulla strada “Hai bevuto un po' troppo non credi?” si fermò allo stop avvicinandosi pericolosamente al mio viso “Domani potresti pentirtene” osservò con voce roca e bassa, deglutì sentendomi avvampare “Non me ne pentirei affatto” ammisi incerta “Tu te ne pentiresti?” la mia voce fu un sussurro, la sua mano si posò sulla mia guancia “Non mi sono pentito di averti baciato Emma... lo rifarei”
“Anche adesso?” perché l'alcol aveva la grande facoltà di farmi dire a voce alta i miei pensieri più reconditi, le sue labbra si fecero a pochi passi dalle mie “Specialmente adesso...” soffiò sulle mie labbra, chiusi gli occhi aspettandomi di essere travolta da quel bacio.
Ma il suono di un clacson mi fece sobbalzare, Nobili sbuffò, mentre con insistenza la macchina dietro continuava a incitarci a muoverci in tempi rapidi, quanto eravamo stati fermi a quello stop? Poco importava mentre dentro di me stavo insultando l'idiota della macchina dietro. Sarei davvero scesa e avrei iniziato ad insultarlo in tutte le lingue del mondo.
Forse Nobili aveva ragione, forse senza tutto quell'alcol la paura mi avrebbe completamente bloccato. Ma ora come potevamo tirarci entrambi indietro? Forse era solo un sogno, ma mi sentii il cuore leggero mentre le solite preoccupazioni di Emma mi scivolarono addosso come acqua. Mentre osservavo le luci della notte passare, entrambi eravamo in silenzio solo la voce del navigatore che indicava a Lorenzo, ora avevo pure mentalmente iniziato a chiamarlo per nome, la direzione da seguire.

“Eccoci arrivati!” annunciò rallentando fino a fermarsi davanti al portone del mio appartamento “Sei sicura che non ti serve una mano a salire?” mi chiese incerto, lo fissai con un sopracciglio alzato “Sicurissima” esclamai, Let era con Edo e se lui si era fermato a dormire da noi come l'ultima volta avrei rischiato che mi vedesse con Nobili, e se ne avesse parlato con Max... rabbrividì al pensiero Sai Max, Emma è arrivata alla tre di notte con un tipo ieri sera... uno di trent'anni, giacca e cravatta e inumanamente affascinante lui avrebbe capito subito di chi si fosse trattato.

“Aspetta” mi fermò con il suo solito tono da ammiraglio, mi strappo il telefono senza chiedermi minimamente il permesso, ci trafficò un po' per poi ridarmelo “Fammi sapere se domani ti sei ripresa okay?” annuii troppo agitata di incontrare Edo per preoccuparmi di quello che aveva combinato.
Feci per aprire la portiera ma mi voltai allungandomi per stampare un bacio sulla sua guancia “Grazie, Buonanotte Lorenzo” fiatai con un sorriso, incredula di come il suo nome pronunciato dalle mie labbra uscisse così facilmente.
Lo vidi sorridere senza malizia o strani ghigni compiaciuti “Buonanotte Emma”

 

Okay Emma. Come il piccolo Bambi che impara a camminare da solo, respira, respira, un passo per volta... non deve assolutamente credere che tu non riesca a reggerti sulle tue gambe, sarebbe patetico. Perché ho scelto di mettermi i tacchi?! Perché? Ora il dolore dei piedi era del tutto insopportabile, presi la borsa e cercai di infilare la chiave nella toppa ma questa non ne voleva sapere di farmi entrare, così mi scivolarono le chiavi di mano e quando feci per chinarmi mi sbilanciai pericolosamente. Due mani forti impedirono che mi capottassi a terra “Sono io!” sussurrò lui evitando che mi mettessi ad urlare come una pazza svegliando tutto il quartiere.
“Oh!” esclamai, lui afferrò le chiavi e aprì il portone in poco più di un nano secondo “Ecco fatto, a che piano?” mi chiese con voce bassa.

Sbiancai “No, no tu non puoi salire. E se ti vedessero?” fiatai paranoica, lui alzò il sopracciglio “Sono le tre di notte Emma, sta tranquilla non ci vede nessuno” Lo guardai ancora una volta ansiosa e poi annuii “Terzo piano” dissi in un sussurrò osservando con risentimento la rampa di scale e il cartello guasto appiccicato all'ascensore, era così da almeno due mesi.
“Avanti” esclamò lui.
“Avanti che?” bisbigliai paranoica, guardandomi intorno.
“Evitiamo che tu ti possa slogare una caviglia o peggio”
“O peggio” ripetei confusa. Quasi gridai per lo stupore quando con facilità mi prese in braccio “C-che stai facendo?” esclamai piccata “Mettimi giù!”
“Shh! Fa' silenzio per qualche secondo Emma, dannazione!” mi zittì autoritario lanciandomi un'occhiataccia, lo fissai interdetta per poi aggrapparmi alla sua camicia chiara.
Mi lasciò unicamente quando gli indicai la porta del mio appartamento, il cuore mi batteva a raffica mentre sperai con tutta me stessa che Edo non fosse a casa, Lorenzo notò il mio nervosismo ma non diede segno di darci peso.
“Grazie, Buonanotte!” esclamai velocemente infilando la chiave nella toppa e aprendo lentamente la porta, uno spiraglio tanto da permettermi di entrare senza lasciar che un presente Edo potesse vederlo “Notte” esclamò con tono leggermente deluso mordendosi il labbro. Entrai richiudendo immediatamente la porta alle mie spalle, mi appoggiai su di essa lanciando un sospiro di sollievo, Edo o no erano tutti a dormire.

 

Riaprii la porta, con un moto di insolito coraggio dopo aver calciato via quelle scarpe infernali. “Ehi” lo richiamai uscendo sul pianerottolo al bordo delle scale, si arrestò sorpreso voltandosi.
 

Non farlo Emma, non farlo!
Fallo Emma, fallo!

 

Non so se ci fu qualche strana forza cosmica che mi spinse, ma lo raggiunsi alzandomi in punta di piedi e lasciando un leggero bacio sulle sue labbra.
Mi sentii completamente andare a fuoco, mi schiarii la voce “O-okay, devo andare” balbettai indicando la porta del mio appartamento “Bhè, ci vediamo in giro” continuai in preda ad un imbarazzo “Buonanotte” continuai indietreggiando “E-e grazie per avermi accompagnato e per tutto l'alcol che... bhè hai capito” quando ero nervosa e agitata continuavo a dire cose senza senso, mi stupii anche che non iniziai a recitare il suo libro a memoria oppure che iniziassi a parlare con uno slang senza senso.
“Emma...” mi richiamò
“Per avermi impedito di sfracellarmi a terra per ben due volte, sai che figura?!” continuai con una risata isterica “oh e per il ball...”
“Emma!” la sua voce autoritaria mi zittì “Lo sai che parli troppo?” ruggì sulle mie labbra con un ghigno posandomi le mani sui fianchi “A-a volte mi capita” ammisi arrossendo “Ma...”
Le sue labbra si posarono sulle mie, baciandomi avidamente, fui grata che avesse trovato un modo così piacevole per farmi smettere di parlare.
Questa volta non avevo la minima voglia di scappare, sarei stata lì a baciarlo sul mio pianerottolo per tutta la mattina, Lorenzo Nobili poteva davvero zittirmi tutte le volte che voleva.
Il suo corpo caldo e la sua mano che continuava ad accarezzarmi il fianco, mentre i miei polpastrelli sondavano il suo viso pungente dalla leggera barba, schiusi le labbra lasciando che approfondisse quel bacio stringendomi maggiormente a lui.
Quando ci staccammo eravamo entrambi trafelati ed occhi negli occhi, mi sentii andare a fuoco con le guance che formicolavano per il troppo rossore “Basta questo a farti rimanere buona e silenziosa?” mi canzonò con il suo solito ghigno, aprii la bocca per protestare ma le parole mi morirono in gola e mi limitai a fissarlo indispettita, mentre la sua mano mi sistemò dolcemente una ciocca di capelli ribelle “Certo che no” borbottai piccata.
“Meglio” ammise con un tono che rasentava il dolce e il malizioso allo stesso tempo, quel tono di voce che era in grado sciogliermi. Ormai la mia razionalità sbuffava in un angolo del mio cervello, completamente arresa “Mi piace quando parli troppo, ti scappano sempre un sacco di cose che altrimenti non ammetteresti mai” continuò con il suo ghigno, mi baciò un ultima volta sulle labbra arrossate “Buonanotte Emma” disse dolcemente scendendo le scale con il sorriso più soddisfatto di sé che gli avessi mai visto, aggrottai il sopracciglio con un sorriso divertito e dire che mi era sembrato un quindicenne alle prime armi che un trentenne navigato com'era.
Rientrai nell'appartamento facendo attenzione a non svegliare nessuno, anche se avrei voluto piombare nella stanza di Let mi trattenni.

 

Mi arrestai davanti allo specchio con il cuore in gola “La giacca!” esclamai rischiando di svegliare mezzo vicinato, mentre mi osservai con quella giacca dal taglio elegante con le maniche che coprivano ampiamente le mie mani, più che una femme fatal sembravo un pulcino arruffato.




 

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Capitolo 16
*** Lezione 12 ***


Lezione 12: Non rispondere a messaggi di maniaci sconosciuti

 

 

 

Mi svegliai con il mal di testa più grande della storia e due vesciche ai piedi che facevano provincia. Non mi ero neppure tolta il vestito e anche se Let era venuta a controllare più volte che fossi viva e mi aveva procurato un'aspirina, era già mezzogiorno e il dopo sbornia non dava segno di voler passare.
Dovevo aver esagerato, la mia testa era così innaspata dal sonno e dalle nebbie alcoliche che il solo cercare di pensare anche a come mi chiamassi mi procurava un mal di testa atroce.
Il mio telefono vibrò un paio di volte e lo afferrai di controvoglia, sfogliando i soliti messaggi di Max ai quali non risposi ci avrei pensato dopo, con una mente più lucida.
Un messaggio più di altri mi fece allarmare

Da: Numero sconosciuto h.10.33

Cerca di non dimenticarti di darmi tue notizie Emma.

Rilessi il messaggio e il numero almeno dieci volte. Ma chi cavolo era? Che avessi abbordato un maniaco e nemmeno lo ricordavo?! Cercai di ignorare il messaggio ma la curiosità mi rodeva dentro, magari era un bel Marc'Antonio conosciuto al locale.

A: Numero sconosciuto h. 12.13

Ci conosciamo?

Fissai il telefono in attesa di risposta “Che fai?” mi chiese Jo vedendomi a gambe incrociate sul letto a fissare il mio telefono come se fosse una bomba “Un tizio mi ha scritto ma non ho il suo numero salvato quindi non ho idea di chi sia, potrebbe essere un maniaco Jo! Di sti tempi non ci si può fidare, ricordi il programma di ieri pomeriggio Appuntamenti da Incubo o era Chi Diavolo ho sposato?” lei annuì senza aver ben capito la faccenda “Dico a Let che ti sei ripresa e hai cominciato a delirare come di tuo solito. Sarà felice di saperlo” annunciò con la sua solita poca enfasi.
Il cellulare vibrò e quasi saltai sul letto “Ecco, ha risposto!” urlai
“Ma chi?!” sbraitò Sara grattandosi la nuca bionda, se io sembravo reduce da una notte all'insegna della follia, lei sembrava reduce da una guerra, con occhiaie e trucco sbavato.
“Emma ha incontrato un maniaco” le riassunse Jo sbadigliando.
“Era figo?” mi chiese, feci spallucce gesticolando “Magari è figo, digli di mandarti una foto!” continuò sbadigliando e mettendosi a sedere sul mio letto.

Da: Max h.12.15

Ehi Em! Forse già lo sai ma Edo e Let vanno al cinema oggi pomeriggio se ti va potremmo andare con loro.

“Falso allarme è Max” dissi, Sara sbadigliò di nuovo “Che noia!”
La chioma rosso fuoco di Edo apparve dalla porta “Buongiorno principessa!” mi salutò con un grande sorriso “Party hard eh Emma! Non ti facevo tipa da locali tosti!”
“Oddio Pel di Carota!” strillò Sara “Quante volte ti devo dire di metterti una maglietta, con il tuo pallore potresti abbagliarci!” sbraitò uscendo dalla stanza.
“Così eviteresti di andare dall'estetista a farti le lampade Sara, lo faccio per te” le ridacchiò dietro.
Si mise poi a sedere accanto a me “Let sta preparando il pranzo ti unisci a noi bella addormentata?” Sorrisi incerta, per qualche motivo che non riuscivo a capire mi sentivo ansiosa alla sua presenza, tremendamente ansiosa.
“Sì, certo” esclamai con un sorriso “Max mi ha appena scritto del cinema... sicuro che non disturbiamo forse te e Let vorrete starvene un po' da soli” Ti prego di di sì, Ti prego dì di sì.
“Maccheddici!” esclamò velocissimo con un sorrisone dandomi una pacca fraterna sulla schiena “Dovete venire per forza! Max adora quel film e adora te” esclamò tirandomi una gomitata, sì ma io non adoro lui, non in quel senso.

A: Max h.12.20

Ehi Max! Certo mi farebbe piacere

Un suono sordo e un urlo che riconobbi come quello di Let “Che succede?” chiesi confusa, Edo ridacchiò “Credo che il belloccio di Sara abbia combinato qualcos'altro è tutta la mattina che non fa che far infuriare la mia amata Let!” disse con un sospiro esagerato “Vado a vedere che succede, tu datti una sistemata eh principessa”.
A quanto pare il nostro appartamento era sovraffollato, oltre alla presenza di Edo, della quale non mi dispiaceva affatto, in casa si erano anche fermati gli "amici" delle mie altre due coinquiline.
L'idea di poter passare una domenica tranquilla a riflettere sulla mia vita, come se non riflettessi abbastanza, era ormai impensabile.
Rimasi finalmente sola nella stanza e afferrai controvoglia un paio di pantaloni della tuta e mi misi una felpa grigia, mi legai i capelli e mi struccai con una salvietta che recuperai dallo zaino.
Quando il cellulare vibrò insistentemente avevo già buttato gli occhi sull'elegante giacca scura appoggiata alla sedia insieme ad una miriade di vestiti, sgranai gli occhi portandomi la mano alla bocca davanti allo schermo del telefono.

Da: Numero Sconosciuto h.12.37

Eri davvero così ubriaca da non ricordarti nulla?

Mi rimisi a sedere sul letto fissando sconcertata la giacca, Oddio, oddio, oddio, oddio.
Le guance a fuoco, scossi la testa sconcertata ed incredula.

Da: Numero Sconosciuto h.12.38

Sono Lorenzo, l'uomo affascinante, il grande avvocato, quello tremendamente affascinante e incredibilmente irritante. Parole tue! La lista è lunga devo continuare?

Arresto cardiaco. Un intero sciame di vespe nello stomaco. Altro che maniaco! Come avevo fatto a dimenticarmi? Mi toccai le labbra ricordando il bacio sul pianerottolo, quindi era vero! Quindi era vero!
Dovevo parlarne a Let, avevo bisogno di parlarle ma sarebbe stata con Edo tutto il giorno e poi sarebbe arrivato Max, espirai pesantemente lasciandomi cadere tra le coperte del letto disfatto.
"Oddio"

A: Lorenzo N. h.12.45

Ah! Ora ricordo, quel Lorenzo! Incredibilmente irritante è stato decisivo!

Io, Emma Franceschi, stavo flirtando per messaggio con Lorenzo N. alias il professor Nobili dopo che ci eravamo appassionatamente baciati sul pianerottolo del mio appartamento alle tre di notte.
Se qualcuno fosse entrato nella mia stanza in quel momento avrebbe trovato una replica vivente dell'Urlo di Munch.

Avevo decisamente bisogno della mia Let, il sostegno della propria migliore amica era necessario in una situazione del genere.


Quando vibrò nuovamente il telefono ero a tavola insieme a tutti, sentii le gote arrossare e il cuore in gola. Let mi lanciò un'occhiata confusa. Ti devo parlare. Mimai con la bocca cercando di non farmi vedere da nessuno.

Da: Lorenzo N. h.13.21

Ne ero certo. Ti senti meglio?

“Ah! Quindi il maniaco ha un nome adesso!” esclamò Sara alle mie spalle, bloccai il telefono e lo rimisi in tasca lanciandole un'occhiataccia “Lorenzo... già sentito” disse pensierosa.
Edo si spinse in avanti ridacchiando ma fu Let a parlare “Maniaco? Mi sono persa qualcosa?”
Jo fece spallucce illustrando a chi se lo fosse mancato che quella mattina avevo ricevuto uno strano messaggio da un tizio e che avevo visto troppe puntate di Crimini del cuore.
“Quindi sai chi è?” mi chiese Edo, annuii “Un tizio... uno simpatico...” dissi vaga lanciando segnali di fumo a Let che continuava a fissarmi con un sopracciglio alzato.
Ci mise, cronometrati, 7 secondi e mezzo a collegare il tutto con il suo filo di logica professionalità psicoanalitica, lo capì da come sgranò gli occhi mentre boccheggiava in cerca di aria. La storia allora non risultava incredibile solo a me.
“Emma, dammi una mano con le stoviglie!” era un secco ordine da generale
“Sissignora!” esclamai alzandomi afferrando i primi piatti che riuscii a raggiungere
“Lascia stare Em, ci penso io!” disse Edo ma quello che ricevette fu un'occhiataccia “Ho detto Emma tesoro!” disse con voce addolcita.

Le raccontai, o meglio le bisbigliai tutto per filo e per segno, lei a volte smetteva di insaponare guardandomi incredula e a volte ridacchiava. La parte in macchina e il nostro bacio interrotto fu la scena che la divertì maggiormente.
“Non mi ha detto che era una cosa sbagliata Let!” sibilai indispettita più che incredula “Ha detto che siamo adulti, entrambi
“Ha ragione” disse lei annuendo
“Sì, ma io non ho capito che c'entra...” bisbigliai ingenua, lei alzò lo sguardo al cielo “Che sei all'Università, all'ultimo anno di laurea triennale. Le cose non sono così complicate come credi, se mi avessi lasciato spiegare, se vuoi frequentare Nobili fatti cambiare di corso o dai l'esame al prossimo appello quando ritornerà il professore che sostituisce” la fissai con occhi sbarrati ed espressione sconcertata “Non ci avevo pensato” ammisi in un sussurro.
“Lo so, te l'ho detto tendi ad esagerare e quando ti fai prendere dalle tue turbe mentali non riesci a vedere nemmeno le soluzioni più semplici. Ovviamente credo anche che intendesse il fatto che è liberissimo di provarci con te senza rischiare una denuncia! Emma se vuoi battere in ritirata sei liberissima di farlo ma...”
“Non ne sono sicura Let” bisbigliai, lei mi sorrise “Ma dall'altra...” sbuffai “...Max e il resto... io non so niente di lui, niente di Nob...” mi schiarii la voce “...Lorenzo”
“La gente non sa la biografia completa delle persone che inizia a frequentare Em, ti piace? Ci esci e provi a capire se ci può essere qualcosa di più, se va bene, bene se no... avanti un altro!”
“Perché suona tanto come un discorso da Andrea?” le chiesi turbata, Let inarcò le sopracciglia seccata “La sua filosofia è leggermente diversa, senza offesa”
Ridacchiammo entrambe.
“Perchè ho l'impressione che questo maniaco non sia poi così maniaco?” ammiccò Edo con un sorriso cingendo i fianchi di Let, io mi allontanai ridacchiando.

A: Lorenzo N. h.14.23

Sì, va decisamente meglio. Grazie ancora per questa mattina, sei stato davvero gentile ad accompagnarmi a casa

Mentre mi preparavo per il cinema, non facevo altro che lanciare occhiate alla giacca di Nobili, qualche volta mi ero anche ritrovata a sfiorarla con le dita.
Per quanto mi preparassi con lentezza per distrarmi, mi ero ritrovata a sentire quel scombussolamento quando si aspetta il messaggio dal ragazzo della classe accanto, quello carino che spii di sottecchi nei corridoi all'intervallo.
Il cellulare mi vibrò quando salii sulla macchina “Il maniaco!” esclamò Edo ridacchiando vedendomi illuminare in modo esagerato “Povero Max! Il cavaliere dall'armatura scintillante completamente stralciato da un balordo maniaco d'osteria!” osservò divertito con enfasi, io arrossii stringendomi nelle spalle ma prima che potessi ribattere, Let gli tirò una gomitata divertita “Eddai Edo! Io non lo definirei proprio l'ultimo balordo maniaco d'osteria” mi strinsi nella giacca arrossendo.

Da: Lorenzo N. h.14.55

Non preoccuparti. È stato inaspettato incontrarti ieri sera, aver passato la serata insieme in un contesto insolito mi ha fatto piacere.

Quel suo messaggio mi parve cauto e se non avessi ricordato le sue parole di quella sera e le miei avrei stupidamente pensato che volesse freddare la cosa. Forse pensava che fossi stata troppo ubriaca per ricordarmi cosa fosse successo.
Non gli risposi, continuando a tormentarmi. Gli avrei voluto rispondere Non mi sono pentita affatto, non ho intenzione di scappare come una codarda solo perché questa situazione mi terrorizza.
Max mi diede un bacio sulla guancia leggero e dolce “Ciao Em!”
“Ciao” ricambiai con un sorriso tirato, ringraziando che Edo avesse abbastanza sale in zucca da non citare il maniaco che in realtà era il professore mio e di Max.
Anche durante il film continuavo a tormentarmi le unghie macinando una risposta adatta per quel messaggio. Così presa da non accorgermi dell'attacco di Max, pensavo fosse troppo preso dal film! Mi scostai un poco, guardandolo con occhi sgranati, impauriti... fortunatamente la mia mano davanti impedì un bacio diretto. “Che c'è?” mi chiese dolcemente portandomi una ciocca dietro le orecchie, il mio cervello si resettò immediatamente ripensando alla mano di Nobili sulla mia guancia, al suo stringermi e alle sue labbra sulle mie.
Mi schiarì la voce gettando via il pensiero di Nobili, dovevo affrontare Max una volta per tutte, ma la voce mi morì in gola.
“Il film” dissi con voce spezzata, indicando lo schermo, lui ridacchiò “Hai ragione, ne parliamo dopo” mi baciò sulla guancia anche se volontariamente prese mezza bocca.
Aspetta parlare di cosa?
Io dovevo parlare a te Max!
Mi fissai sulle immagini ma mi persi del tutto il significato del film, la trama e nemmeno fui sicura di ricordarmi il titolo. Quando uscimmo erano già le sei di pomeriggio e ringraziai che Edo era così preso a parlare che Max si dimenticò totalmente di aver tentato di baciarmi.

“Devi dirglielo!” la voce di Let arrivò come un ammonimento, mi morsi il labbro annuendo “Non so come fare, non voglio dire che è il nostro professore Let... non voglio sembrare quel genere di ragazza non dopo che mi ha messo 29" arricciai il naso incrociando le braccia "Non sono nemmeno sicura di essere stata valutata in modo equo rispetto agli altri" abbassai lo sguardo cercando di cacciare via quel pensiero che mi tormentava. Ero fatta così, odiavo le disparità e le preferenze, un conto era essere presa di mira dal professor Nobili e dai suoi diabolici trucchetti un altro era essere privilegata da Lorenzo.
La mia non era una frequentazione accademica per puro vantaggio e quel dannato 29 gravava come un macigno sul mio senso di colpa e sul mio orgoglio accademico, come potevo evitare di chiedermi se il voto era influenzato da quello che poteva provare per me?! Non che non credessi che non sapesse svolgere il suo lavoro, ma... Forse sto esagerando.
“Emma se non ti sbrighi questa storia salterà fuori da sola” Let mi prese per il braccio “E se salta fuori da sola probabilmente salta fuori per intero! Di' che hai conosciuto un tipo ieri sera, ci hai messaggiato un po' e vorresti uscire con lui perché Max lo vedi solo come un amico, la verità
“Lo so” bisbigliai “Glielo dirò okay, domani a lezione... cercherò" le mi guardò spazientita per poi scuotere la testa, codarda me lo ripetevo anche io.
Non che Max non mi piacesse, era il ragazzo più gentile e carino che avessi mai conosciuto; era il ragazzo perfetto per me, il mio ideale di fidanzato ma nella mia vita era entrato Lorenzo Nobili e aveva deciso di scombinare tutti i miei piani, tutte le carte in tavola!


A: Lorenzo N. h.19.12

Anche a me ha fatto piacere.

“Digli della giacca!” esclamò Let
“Cosa? Ma ho già inviato Let!” ululai in preda alla in preda al panico, mi prese il cellulare dalle mani. Eravamo entrambe sotto le coperte del mio letto a guardare un film con il solito vasetto di nutella frapposto tra di noi “Che ne dici di: Non mi sono affatto pentita, avrei così voglia di rivederti di abbandonarmi al tuo corpo e lasciare che le tue arroganti labbra mi bacino con passione e desiderio!”
“Let!” urlai cercando di riprendere il telefono
“Andiamo!” mi canzonò lei
“Non direi mai una cosa del genere, se ne accorgerebbe subito!”
“Scommetto che l'hai pensato più di una volta invece! Inviato!”
“Cosa? Che hai inviato!?” urlai in preda al panico cercando di recuperare il mio telefono.

A: Lorenzo N. h.19.16

Ho ancora la tua giacca, devo restituirtela ma non posso farlo in facoltà.

“Ho appena lanciato l'amo Emma”
Fissai con apprensione il telefono e lei come me, vibrò illuminandosi pochissimi minuti dopo.
“Che velocità professore!”
“Magari è Max” dissi insicura non osando guardare
“Non credo proprio”

Da: Lorenzo N. h.19.18

Domani sera ti passo a prendere alle otto, così puoi restituirmi la giacca senza problemi Emma.

Io e Let ci guardammo per un secondo lei mi sorrise raggiante mentre io sembravo in fase di shock.
Ti passo a prendere alle otto.

 

Ti passo a prendere.

 

Ehi, non era un appuntamento giusto?

 

 

 

 

"Ti passo a prendere alle otto" Appuntamento o no?
Voi che dite ;)

 

 

Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia :D

Grazie davvero!

 

Un bacio, Aki 

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Capitolo 17
*** Lezione 13 ***


 

Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione ma le esigenze

lavorative mi hanno portato via un sacco di tempo con scadenze strette

e altre problematiche. Posso dirvi che tutto il mese di marzo

e metà aprile sarà un periodo molto tosto e la pubblicazione potrebbe essere irregolare.

Quindi non temete! Non abbandonerò questa storia a meno che io non ci

rimanga secca sotterrata dall'immensa mole di lavoro, studio e tavole!

 

 

Lezione 13: Questo non è un appuntamento, giusto?



Quella mattina la sveglia era suonata tremendamente presto; davanti alla solita tazza di caffé fumante mi ero informata di quale fosse la migliore tintoria vicino alla mia università e alle 8.30 ero già davanti a Perla e Lavaggi!
Pregai la scorbutica donna al bancone una decina di minuti buoni per farmi preparare la giacca per le cinque di quel pomeriggio, sostenendo che era davvero urgente e alla fine cedette alla mia disperazione assicurandomi che si sarebbe messa a lavarla quella mattina stessa.
Quando varcai la soglia della facoltà era già troppo tardi: Lorenzo Nobili mi avrebbe tagliato la testa prima o poi, ne ero certa. Nonostante il bacio che c'eravamo dati sul mio pianerottolo non ero sicura di quello che realmente ci fosse tra di noi.
Entrai trafelata con il fiato corto, i capelli spettinati e accaldata il suo sguardo azzurro si piantò nel mio, sentii le guance arrossarsi più di quanto la corsa le avesse già colorate "Scusa" mimai con le labbra, roteò lo sguardo seccato per poi sorridermi di sottecchi.

 

Se sei deciso a frequentarmi anche dopo aver visto il peggio di me sicuramente sei l'uomo della mia vita caro avvocato!


Salii le scalinate con la grazia di un elefante e mi lasciai cadere accanto a Max con uno sbuffo plateale “Fatte tutte le commissioni?” chiese con il solito sorriso
“Sì, ce l'ho fatta” risposi trionfante, lanciai un'altra occhiata a Nobili che ricambiò nuovamente lo sguardo, non c'era la solita tensione tra di noi ora c'era qualcosa di diverso, per esempio... la mia voglia di baciare di nuovo le sue labbra?


Okay Emma, non possiamo affrontare d'ora in avanti nessuna lezione di Nobili, troppe distrazioni dannazione!

 

Ora anche io ero volubile al suo fascino e sforzarmi di non guardarlo e tenere la testa china non funzionava affatto anche se lui evitava il mio sguardo di proposito. Avevo l'impressione che fosse più teso del solito, forse era vero: il fatto che non avesse frequentato mai una sua studentessa.

I capelli neri gli ricadevano in avanti mentre era concentrato a leggere dal pesante tomo del corso, dovetti ammettere che l'irrefrenabile voglia di accarezzarli, di infilare le dita tra quelle leggere onde nere mi impediva di seguire il filo logico delle sue parole.

 

"Terra chiama Emma!"
Mi schiarì la voce Smettila di pensare a certe cose, concentrati! "Eeeh?" mi voltai guardando Max come se fosse un marziano appena sceso sul nostro pianeta.
“Stai bene?” mi chiese preoccupato
“Chi io?” ridacchiai nervosa con un acuto che fece voltare la fila davanti a me “O-Ottimamente!”


Tutta l'aula si stupì quando Nobili concesse una pausa e un gruppetto di tre ragazze ne approfittò per scendere la scalinata e raggiungerlo. Quanto avrei voluto che tutte e tre inciampassero nei loro stupidi tacchi e rotolassero come palle da bowling. Stupide oche!
La bionda la riconobbi subito, era la ragazza dell'esame di settembre, mi morsi il labbro corrucciata osservando attenta ogni piccolo minimo particolare di quelle tre.
La ragazza bionda fece una risata argentea sfiorando la manica della giacca di Nobili e mi sentii avvampare di un sentimento distruttivo e totalmente disarmante. Ma dimmi te quell'oca giuliva! Quando gli occhi glaciali di Lorenzo raggiunsero i miei fui del tutto convinta di essere circondata dalle fiamme dell'inferno, di sicuro percepiva il mio istinto animalesco che voleva azzannare quelle tre e ovviamente ne era completamente divertito e compiaciuto. Anche se tra me e Lorenzo c'è poco più di niente la mia parte irrazionale decantava già un certo possedimento, un certo... diciamo tutto!
Sviai il suo sguardo, rimettendomi composta, non gli avrei dato quella soddisfazione di mostrarmi ingelosita da altre studentesse.
Ma dopo pochi secondi con la coda dell'occhio ricercai la chioma dell'audace bionda “Ma che ha tanto da parlare quella!?” esclamai acida, capii di averlo detto ad alta voce solo quando sentii Max ridacchiare e appoggiare la fronte contro il mio braccio.
“Sei gelosa di Nobili adesso?”

 

 

 

Come? Come?

 

 

 

Lo so che era una battuta ma mi misi in allarme, deglutì sonoramente “Ma che dici! E' solo che non sopporto quelle che fanno così, dico io ma che ha da chiedere tanto! Cioè... voglio dire...” ridacchiai isterica, dovevo distrarlo prima di tradirmi, non ero brava a mentire “Ritornando a ieri cos'è che dovevi dirmi?” chiesi con un sorriso teso


Emma Franceschi sei la più grande idiota della Galassia.

 

Anzi, dell'Universo.


Mi sorrise, ridacchiò imbarazzato grattandosi il capo “Vuoi davvero parlarne qui? Nella pausa della lezione di Nobili”
“No appunto stavo scherzando” avrei voluto rispondergli ma invece rimasi zitta a fissare i suoi occhi ambrati “Bhè... volevo chiederti se ti andava di uscire a cena stasera, per stare un po' tranquilli insieme, da soli
Dovetti assumere un'espressione aliena perché Max si tormentò nervoso il labbro e si grattò la nuca, ma mi chiedo io... da quando va di moda invitare una ragazza a cena il lunedì?!
“Stasera...” mormorai agitata No Max stasera no, vedi quello? Sì Nobili il prof... stasera passa a prendermi alle 8 “Stasera non posso” tagliai corto.
Max mi mise la mano sulla nuca osservandomi dolcemente “Rinunceresti così facilmente a un triplo cheeseburger dal tuo pub preferito?” Gli occhi mi brillarono al suono di triplo sorrisi piena di gioia ma poi il mio sorriso si spense “è davvero arduo ma stasera davvero non posso”
“Okay, okay” si arrese con un sorriso, ma ancora non tolse la mano dalla mia testa e nemmeno gli occhi dai miei, sapevo cosa gli stava per passare per la testa e prima che potessi ritrarmi, qualcuno di mia conoscenza si schiarì la voce al microfono “Riprendiamo!” esclamò Lorenzo suscitando sospiri rassegnati da parte della popolazione femminile.
Dapprima credetti che il suo tempismo fosse stato del tutto casuale ma nella seconda parte della lezione invece che ignorarmi mi sembrò che ricercasse continuamente il mio sguardo.
Sistemai le cose con calma dopo la lezione, forse perché speravo in un saluto tra me e Lorenzo “Andiamo?” mi chiese Max con un sorriso, io alzai lo sguardo “Certo” fiatai un po' delusa.
Dovevo assolutamente riuscire a farmi cambiare il corso e dovevo parlare a Max.

 

* * *


Ricorsi con fiato corto le scale fino a raggiungere la porta dell'appartamento “Em?” lanciai il mio giaccone sul divano e mi sfilai gli anfibi rossi “Em?” gracchiò Let seguendomi verso la mia stanza e riacchiappando il pullover scuro che mi ero sfilata “Oddio, oddio è in giacca e cravatta Let!” fiatai innervosita “devo trovare qualcosa da mettermi e fare qualcosa per questi stupidi odiosi capelli! Let devi aiutarmi! Ma perchè cavolo mi sono vestita come tutti i giorni!?" urlai sull'orlo di una crisi di nervi "Io te l'avevo detto Emma!" gridò lei di rimando correndo da una parte all'altra trepidante e più entusiasta di me.

Mi infilò un tubino rosso scuro e mentre mi truccavo mi ritoccò la peluria sulle gambe passandomi velocemente la lametta "Non tagliarmi, non tagliarmi Let!" la pregai a bocca aperta mentre applicavo il mascara.
"Devi stare ferma!" mi ammonì lei passando al ferro arriccia capelli.

Non mi resi conto di aver fatto tutto nel tempo record di 20 minuti, afferrai la giacca e mi precipitai giù di sotto quasi volando, per minimizzare i tempi mi sarei potuta anche calare giù dal balcone e spiaccicarmi direttamente sul suo parabrezza ma evitai.

Lo vidi lì fermo di fianco alla sua macchina scura "Ciao" mi sussurrò con un sorriso, il suo sguardo glaciale mi fece salire il cuore in gola.

"Ciao, scusami per il ritardo" mi grattai il capo nervosa abbassando lo sguardo, allungai il braccio mostrando trionfante la giacca con un sorriso anche se mi risparmiai il Ta-daan! "Non dovevi Emma, comunque non preoccuparti già lo sapevo che mi avresti fatto aspettare così ho prenotato per le nove" il ghigno che avevo tanto odiato si palesò di nuovo sulle sue labbra. Mi aprì la portiera e mi sorrise ancora più seducente, allungò la mano prendendomi per un fianco ed attirandomi a sè. Il suo corpo contro il mio aveva la grande capacità di farmi perdere totalmente il senso della realtà che mi circondava "Lo so già che odi i miei gesti di cavalleria ma per stasera permettimi di essere galante" mi provocò con voce bassa e roca prima che potessi ribattere.

Lanciai un ultimo sguardo alla finestra giusto per vedere Let, Sara e Jo farmi gesti di incitamento e altri poco consoni.

"Dove andiamo?" chiesi nervosa mordendomi il labbro, non è un appuntamento è solo una sorta di ringraziamento per aver portato la sua giacca in tintoria, davvero non è un appuntamento. Non ti illudere.

"Al Gatoux"

Quasi mi strozzai con la saliva quando pronunciò quel nome, il Gateaux era il ristorante più chic e caro della città con due stelle Michelin "Non ci sono mai stata" sussurrai.

 

Stupida Emma è ovvio che non ci sei mai stata, non puoi permetterti nemmeno un insalata là dentro!

 

"Buonasera avvocato, signorina" ci salutò il cameriere, che in realtà doveva avere una qualche speciale mansione con un nome francese, ma io sono una ragazza alla buona e per me sono tutti camerieri. Il Gateaux aveva un enorme salone con un soffitto altissimo, fissai il tipo accigliata nessuno mi aveva mai chiamato signorina con quel tono altezzoso.
Seguii Lorenzo e il cameriere fino al nostro tavolo, il Baffetto così da me soprannominato fece il gesto di tirarmi indietro la sedia ma io afferrai prontamente lo schienale "Ma no grazie faccio da sola, non sono mica invalida. Vede? Ci riesco benissimo" esclamai con un tono troppo acuto e la ridarola sulla bocca, lui alzò un sopracciglio indignato e si allontanò di un passo cercando di nascondere la sua indignazione "Come preferisce signorina, vedo che ce la fa benissimo da sola"

Gli sorrisi ma lui arricciò il naso Che antipatico!

Quando mi sedetti notai la mano di Lorenzo nascondere una risata "Credo di non stargli molto simpatica" sussurrai, afferrai i lati della sedia e la trascianai in avanti per avvicinarmi meglio.

Il suono sordo rimbombò per tutta la sala e Baffetto dall'altra parte mi lanciò un'occhiataccia, sentii le gote arrossarsi e alzai la mano verso il cameriere in segno di scusa, Lorenzo ridacchiò sistemandosi meglio... bhè se non fossi diventata la sua ragazza sarei certamente riuscita a diventare il suo giullare preferito! Senza dubbio!

Inutile dire quanto mi sentii fuori luogo in quel posto, lui era lì era davanti a me ma l'atmosfera era tutt'altro che rilassata, tra Baffetto e le perfide vecchie arpie al tavolo di fianco al nostro che continuavano a lanciarmi occhiate acide e superiori.

Il ragazzo che ci portò la bottiglia di vino, anche lui sicuramente avrà avuto un nome francese che ignoravo del tutto, stappò il vino davanti a noi e Lorenzo fece un gesto verso di me. Il cameriere poggiò il mio calice e ne versò un po', poi indietreggiò portandosi un braccio dietro alla schiena. Aggrottai le sopracciglia, alzai gli occhi confusa per incontrare lo sguardo glaciale di Lorenzo "Bevi e digli se ti piace" sussurrò facendomi l'occhiolino.

 

Bhè, facile! Io già pensavo che ci fosse qualche sorta di tranello!

 

Come una vecchia ubriacona d'osteria afferrai il calice e lo trangugitai come un fulmine per poi sbattere il bicchiere con troppa enfasi "Buonissimo!" esclamai con voce troppo alta, il ragazzo si morse le labbra per evitare di ridere e io mi sentii nuovamente la più grande stupida della sala mentre le vecchiacce arricciarono il naso guardandomi con disgusto; Baffetto aveva già perso le speranze.

Abbassai lo sguardo e presi un grande respiro davanti al menù, ovviamente non avevo minimamente idea di quello che c'era scritto ma i prezzi erano più che esorbitanti, era tutto in francese e non potei fare a meno di pensare al triplo cheeseburgher che mi aveva proposto Max.
"Prendiamo il menù dello chef ti va?" mi chiese chiudendo il menù e facendo segno a Baffetto di avvicinarsi "Sì va bene" sussurrai poco convinta.
Ero silenziosa, più del solito almeno, il posto mi rendeva nervosa e completamente a disagio così mi limitavo a rimanere in silenzio o ad annuire a qualche domanda di circostanza di Lorenzo. Sperai vivamente che quello non fosse un appuntamento perchè se lo era per davvero Lorenzo non sarebbe uscito con me una seconda volta.

Le portate del menù dello chef consistevano in piatti minuscoli di cibi che non mi ispiravano per nulla, per questo stranamente mangiai poco e niente e decisamente controvoglia con lo stomaco stretto per il nervoso, davvero non riuscivo a capire come si potesse spendere tanto per così poco. Certmente io non ero un palato fine!

 

"Guarda, i gomiti sul tavolo che cafona" quella voce mi arrivò nuovamente alle orecchie, e quando roteai gli occhi una delle due vecchie arpie voltò nuovamente lo sguardo.
"Che portamento sciatto" rispose l'altra, strinsi i denti e continuai a tormentare la povera quaglia nel mio piatto "Si vede che non ha mai frequentato qualcosa che non fosse un osteria, mi chiedo perchè l'avvocato Nobili si accompagni ad una ragazza così mediocre"
Non so se ci portava le sue solite conquiste in quel ristorante ma, portare me era stato decisamente un errore. Immaginai l'assistente al posto mio, la stessa che aveva interrogato me all'esame, ecco lei sarebbe stata perfetta io no. Dannazione! Quelle vecchie arpie stronze avevano ragione e quel posto, il suo modo di vivere al di fuori della Facoltà lo dimostrava; in fin dei conti erano due realtà differenti la mia e la sua.

"Emma" alzai gli occhi incontrando i suoi "Sei silenziosa"

"Bhè non voglio rischiare che Baffetto ti sbatta fuori per colpa mia" sussurrai

"Baffetto?"

"Il tizio che ci ha accompagnati al tavolo"

"Ah, il maître intendi"

"Lo sapevo che aveva un nome francese!" esclamai soddisfatta

"E l'hai chiamato Baffetto?" ridacchiò divertito, abbassai lo sguardo stringendomi nelle spalle "Lo so che è una cosa stupida" ammisi. Lui ridacchiò ancora e quando lo alzai lo sguardo i suoi occhi azzurro ghiaccio catturarono il miei sentii un enorme vuoto alla bocca dello stomaco, farfalle, coleotteri o quello che volete "Mi piace il tuo modo di vedere la realtà che ti circonda" osservò compiaciuto, non aveva bisogno di sfiorarmi con la mano, bastava il suo sguardo, credetemi, bastava solo il suo sguardo non avevo bisogno di altro "Let dice che sono solo esagerata" sussurrai arrossendo, lui rise di gusto "Sì, forse è quello ma qualsiasi cosa sia mi piace".

Il menù dello chef consisteva anche nella conclusione con il saluto dello chef e io non potevo fare figura peggiore mentre Lorenzo parlava di accostamenti di gusti, vini e qualche termine francese che mi faceva venire l'orticaria, dissi unicamente che il pane era delizioso e l'uomo alzò il sopracciglio grugnando qualcosa di incomprensibile, probabilmente un insulto francese! Sicuro!

Non indagai su quanto potesse aver pagato ma quando salimmo in macchina mi sentii delusa e più che convinta che Lorenzo avrebbe cambiato velocemente idea sul fatto di uscire insieme se davvero ne avesse avuto idea, nonostante la frase sul fatto che il mio esagerare gli piacesse, il resto era del tutto da buttare.

 

Durante il tragitto in macchina aleggiava uno strano silenzio fino a quando qualcuno o meglio qualcosa non decise di interrompere bruscamente quel silenzio: il mio stomaco che si lamentava del poco e pessimo cibo che gli avevo serivito!

 

La serata non poteva andare peggio di così!

 

Lorenzo si schiarì la voce, aveva imprecato a bassa voce stringendo il volante di pelle e io mi vergognai così tanto che quello stupido mio stomaco si fosse messo a brontolare in un momento così inopportuno.
“Immagino che non mi concederai un secondo appuntamento” fiatò a bassa voce, non doveva essere uno che era abituato a mancare così tanto la mira, lo capii da quanto sembrasse nervoso e affranto e questo mi fece sentire ancora peggio prima che le parole secondo e appuntamento avessero totalmente mandato in tilt il mio cervello. Quindi quello era un appuntamento, mai avuto uno in vita mia come potevo riconoscerlo?
“Era un appuntamento...” espirai a bassa voce più a me che a lui ma gli dovette sembrare come una presa di coscienza perché percepii il suo corpo irrigidirsi e il suo petto muoversi in un espiro stanco “Era un appuntamento” confermò senza guardarmi.
“Oh” esclamai sentendomi arrossire, mi schiarì la gola “Non è andato poi così male come primo appuntamento” ribadii ridacchiando nervosa mentre svoltava nella via del mio appartamento. Lui mi guardò con la coda dell'occhio per poi concentrarsi di nuovo sulla strada “Non sei brava a mentire Emma” piccata mi voltai verso il finestrino con uno sbuffo “Non stavo mentendo!” la macchina si arrestò al civico 176 “Ma uscirò con te per un secondo appuntamento solo se il posto lo scelgo io!” sottolineai con un sorriso, i suoi occhi mi puntellarono attenti soppesandomi con lo sguardo, dopo pochi secondi gli angoli della bocca si incurvarono nel suo solito ghigno seducente “Ma certo” sussurrò con voce rauca e bassa tanto da far vibrare ogni tendine del mio corpo, quel suo tono di voce stava diventando pericolosamente un mio tallone d'Achille.
Le sue labbra si posarono sul mio dito indice che avevo prontamente appoggiato sulla sua bocca prima che fosse troppo vicina, sorrisi audace mentre godendomi la sua espressione confusa pronunciai in un sussurro incerto e impacciato “Niente bacio al primo appuntamento”
mi fissò da prima contrariato ma quando capì che ero seria percepii le sue labbra incurvarsi in un sorriso tenero, allontanai lentamente l'indice osservandolo con aria trasognante, ma che regola stupida avevo imposto! Io che avevo così tanta voglia di baciarlo, di sentirmi stretta a lui. Per un momento sperai che non mi desse ascolto, la sua mano raggiunse la mia gota spostandomi con il pollice una ciocca di capelli ribelle “Una fanciulla d'altri tempi” osservò con un sorriso beffardo che si tramutò presto nel sorriso più dolce che gli avessi mai visto indossare, mi sfiorò la guancia con le labbra mentre il mio cuore martellava come impazzito “Buonanotte” sussurrò al mio orecchio.
“B-buonanotte” balbettai scendendo dall'auto con le gambe che tremavano come budino.
La scura macchina di Lorenzo aspettò che fossi entrata nel portone e che lo salutassi con la mano prima prima di partire nella notte scura.
Mi appoggiai al portone con un sorriso ebete che non riuscivo a togliermi dalla faccia.

 

 

Io e Nobili, quello era un appuntamento, tralasciando le vecchie insulse, il cibo, Baffetto e tutto il resto, quello era un appuntamento

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