ℒαѕт 𝒮υммer ⁓ 𝒶 𝓖olden𝓗eart ғairyτale #2

di marwari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ⁓ 𝕊olstice ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ⁓ ℂastle ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ⁓ 𝕊ilk & ℙebbles ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ⁓ 𝔹lack 𝕌nicorn ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ⁓ ℙearl ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ⁓ 𝔾iant ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ⁓ ℍide and 𝕊eek ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ⁓ ℙortal ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ⁓ ℂurioser ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ⁓ ℙurple & 𝔹lue ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ⁓ 𝔽lwasps ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ⁓ 𝕎rong ℙath ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ⁓ 𝕄aze ***
Capitolo 14: *** Cap.14 ⁓ 𝔽yllateras ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ⁓ 𝔼ngulfed ***
Capitolo 16: *** Cap.16 ⁓ ℝiddle ***
Capitolo 17: *** Cap.17 ⁓ ℂaterpillar ***
Capitolo 18: *** Cap.18 ⁓ 𝔾oing ℍome ***
Capitolo 19: *** Cap.19 ⁓ 𝔾etting ℝeady ***
Capitolo 20: *** Cap.20 ⁓ ℙroposal ***
Capitolo 21: *** Cap.21 ⁓ ℂloaking ***
Capitolo 22: *** Cap.22 ⁓ 𝕋il 𝕎e 𝕄eet 𝔸gain ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ⁓ 𝕊olstice ***


Mistress {riassunto}: Cora è una modesta cittadina di Storybrooke, dedita al suo lavoro di panettiera della città e alla sua indipendenza faticosamente guadagnata. Non si considera più speciale di chiunque in quel grigio ed anonimo sobborgo del Maine, nonostante in passato fosse stata una delle streghe più potenti mai conosciute, al fianco di Rumpelstilskin. Quest'ultimo è conosciuto ora con il nome di Mr. Gold, temuto da tutti, rispettato per paura, l'unico uomo a conservare i ricordi della sua vita passata. Dopo anni passati a seguire diligentemente le regole della maledizione, decide di prendere coraggio e scoprire cosa potrebbe accadere se lui provasse a corteggiare, come se fosse la pria volta, la sua perpetua fiamma d'amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Last Summer - a GoldenHeart Fairytale

 

«Well, what happened? Couldn’t you take the King’s heart?»
« No, I was able to do it. I chose not to.»

-The miller’s daughter (Once Upon a Time S02E16)

 

Rumpelstilskin aspettava impaziente sotto l’albero di quercia. Era ancora un albero giovane, eppure era già stato testimone di fatti che alberi molto più antichi di lui, non immaginavano nemmeno; e stava per fare da sfondo anche al momento più importante della sua vita.

Apparentemente una notte come le altre, quella cupa sera di primavera non era altro che l’inizio di una vita completamente diversa da quella che aveva immaginato e da quella che aveva vissuto fino ad ora. Era felice e forse spaventato per la prima volta da quando era diventato the Dark One; eppure la sua paura era un sentimento differente che, Rumpelstilskin, da cattivo con il cuore raggrinzito quale era, non riusciva bene a definire. Se non avesse smesso di provare sentimenti lasciando che l’oscurità si fosse impadronita del suo cuore, avrebbe capito che quella che provava non era paura, non era debolezza.. era agitazione, impazienta, eccitamento per qualcosa che non poteva controllare, per l’ignoto di una vita totalmente diversa, per il sentimento più puro che uomo, mago e creatura potesse provare, il sentimento più forte e più fragile di tutti: l’amore.

Anche se il suo cuore si era fatto più piccolo, non aveva saputo resistere al fascino di quella fanciulla dai capelli spettinati e lo sguardo fiero, una combattente in abiti stracciati che poteva competere, in quanto animo e fervore, con il più potente dei re. Non aveva mai compreso il motivo, ma era stato attratto da lei dal primo istante.

Se in un primo momento aveva atteso, come un avvoltoio sulla preda, il momento buono per intervenire e proporle uno dei suoi contratti, non appena la incontrò, tutto il suo mondo cominciò a mutare: non stava più cercando un ricatto, Rumpelstilskin stava cercando di aiutare, di ottenere ciò che in passato non aveva mai chiesto.. non un favore, non n oggetto in cambio, ma la cosa che c’era di più prezioso in quello e n tutti i mondi che conosceva. Cercava l’amore, in quella ragazza, cercava l’amore e lo aveva trovato.

Sospirò rumorosamente, mentre camminava avanti ed indietro su una piccola porzione di terreno, al riparo dai raggi della luna, dove l’erba ormai piegata aveva lasciato spazio a leggeri solchi marroni. Voleva alleviare la tensione che sentiva nel petto, ma non riuscì nel tentativo. Si girò un’ultima volta verso il castello, osservando la torre solitaria che si ergeva prepotente sopra tutte le altre, l’unica che aveva la finestra illuminata dalla luce tremolante del fuoco, dove immaginava il re Xavier intento a contare le enormi ricchezze che lui, indirettamente, gli aveva procurato.

Si ritrovò a pensare a tutte le cose che sarebbero potute andare storte, pensò alle guardie armate che avrebbero potuto farle del male, pensò alla cattiveria di Xavier che le si riversava contro, pensò addirittura al figlio del re, l’inetto Henry che, vedendosi privare dell’unica opportunità di maritarsi, dava sfogo a tutta la sua ira e le impediva il successo. D’un tratto si pentì di non averla accompagnata, digrignando i denti infastidito.

Non appena abbassò lo sguardo, tuttavia, notò una figura avvicinarsi a passo lento, il cappuccio alzato e il passo incerto. Non poteva essere completamente sicuro che fosse lei finchè non avesse visto i suoi occhi.

Era bella, pensò, con i capelli finalmente acconciati in una lunga treccia e il corpo avvolto in abiti che si addicevano alla regina quale era.. eppure la sua bellezza non era data dalle sete chiare che aveva addosso, non era data dai gioielli che decoravano la sua pelle diafana, la sua bellezza era qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegare, una luce e una forza che aveva visto subito, non appena i loro occhi si erano incrociati; la sua bellezza era la forza, era la determinazione, era l’assenza di paura che l’aveva portata ad essere la prima creatura ad avergli detto “no”, era affascinante e forse misteriosa quanto lo era lui, ma per qualità diverse. Era tutto quello che aveva sempre cercato, Cora, lei era la dolcezza, era la determinazione, era la furbizia e il mistero; lei era la damigella che aveva dovuto essere salvata e che non avrebbe esitato a salvare lui, se la situazione lo avesse richiesto.

«Cora?» la chiamò con voce sottile, chinando la schiena per poter avere la possibilità di vedere il suo volto prima che lo scoprisse. La donna abbassò il cappuccio e gli sorrise «Stavo cominciando a preoccuparmi.»

«Sono qui, mio caro Rumpel.» gli rispose lei con una voce talmente felice e rilassata che quasi stentò a riconoscere. Non ci pensò due volte ad andarle in contro, stringerla e baciarla

«Allora?» quando si allontanò da lei, vide che I suoi occhi, lucidi, tremavano appena «Cosa succede? Non sei riuscita a prendergli il cuore?» Cora si bloccò per un lungo attimo in cui Rumpelstilskin sperimentò nuovamente la sua paura

«Avrei potuto. Ho scelto di non farlo.» lei deglutì, lui non seppe cosa pensare

«Ah.» rispose solamente, troppo sconvolto per dire altro

«Lui.. lui mi ha umiliato. Ucciderlo nelle sue stanze.. era troppo poco.» l’espressione spaventata di Rumpelstilskin si trasformò in un ghigno compiaciuto. La strinse di nuovo e sospirò «Voglio fare molto di più. Voglio umiliarlo come a fatto lui con me, davanti a tutti i suoi sudditi.»

«Lo faremo, mia cara..» mormorò lui, guardandola per un lungo istante e sollevandole il cappuccio bianco sulla testa «Te lo prometto.» non aveva ancora in mente un piano, ma ne avrebbe studiato uno perfetto apposta per lei, per il loro futuro e anche per quell’uomo che lo aveva reso possibile.. sì, lo avrebbe premiato a dovere.

Rumpelstilskin sorrise, si inchinò leggermente, e le offrì la mano. Lei l’afferrò senza alcuna esitazione

«Dove andiamo?»

«Verrai con me, a casa. Avremo una vita intera per farla pagare a chiunque tu voglia, mia regina.»

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Capitolo 2
*** Cap.2 ⁓ ℂastle ***


Era ancora notte quando arrivarono al castello. Non c’era da sorprendersi, poiché Rumpelstilskin non impiegava più di pochi istanti per muoversi da un regno all’altro della foresta incantata. Cora faticava a vedere il castello nel buio che albergava in quella landa di terra, circondata da alti alberi nodosi e dalle fronde scure, agitati da un lieve vento tiepido che annunciava l’arrivo dell’estate imminente.     
Anche se non era riuscita a scorgere praticamente nulla, era sicura che quel luogo le sarebbe piaciuto anche alla luce del sole, quando i raggi avrebbero fatto scappare quella coltre di mistero in cui era avvolto.

Sorrise compiaciuta, eccitata per quella nuova avventura inaspettata che le stava cambiando la vita.. a volte aveva la brutta impressione di stare solamente sognando e, dopo questo o quell’avvenimento, di essere in procinto di svegliarsi dal più magnifico dei sogni, ritrovandosi nuovamente nella vecchia casa malandata a dormire su sacchi di iuta riempiti di paglia. Eppure no, non era così: quel cavaliere dalla pelle lucente era venuta a salvarla e non solo era riuscita a scampare la morte, era riuscita a trovare il lieto fine che, pensava, non aveva diritto nemmeno ad aspettare; Rumpelstilskin le aveva offerto la vita, le aveva offerto la magia, le aveva offerto il potere e infine le aveva offerto l’amore. Lei aveva preso tutto senza esitazione.

«Benvenuta a casa, mia regina.» esclamò con voce acuta lui, distogliendola dai suoi pensieri. Aveva un’aria spavalda, orgogliosa e quel suo sorriso divertito era il segno lampante che l’espressione sbalordita e confusa di lei fosse proprio quello che attendesse. Aveva aperto le braccia di colpo, senza toccare nessuna delle due massicce porte di legno e come a voler mimare il suo movimento, entrambe le imposte si aprirono all’istante, rivelando l’ampio corridoio dalle pareti decorare, l’enorme tappeto rosso scuro e ornato d’oro e mille altri oggetti tra mobilia e vasi e statue i cui contorni indefiniti rilucevano ai raggi della luna.

Le permise di entrare per prima, inchinandosi – forse eccessivamente – a lato di una delle due porte dell’ingresso; quando fu il momento giusto, ripeté il movimento al contrario, riavvicinando le braccia e chiudendo i pugni e il portone si sigillò con un sordo rumore metallico. Cora era senza parole e trasalì quando, ad uno schiocco di dita, gli enormi lampadari che sostenevano file e file di candele, si accesero l’uno dopo l’altro, illuminando l’intera stanza

«E’ di tuo gradimento?» era una chiara domanda retorica, e la sua voce canzonatoria lo sottolineava solamente. Rumpelstilskin s avvicinò baldanzoso alle sue spalle, la mani dietro la schiena e le labbra accanto al suo orecchio «E’ molto meglio di quello del re salmone e principe totano.» spalancò gli occhi e la fissò per alcuni istanti facendola ridere e girare verso di lui «Ti darò molto più di tutto quello che avresti mai potuto desiderare.» disse poi, la voce roca ma impostata

«Lo so, mio caro Rumpel. Ma non ho scelto te per le ricchezze e le opportunità che mi offri..» gli carezzò piano la guancia, sorridendo alla sensazione appena ruvida della sua pelle sotto al palmo «Ho scelto di venire con te perché siamo più simili di quanto noi stessi vogliamo credere.» lui imitò il suo sorriso, poi annuì piano

«Hai ragione. Ma la mia maledizione gioverà ad entrambi..» gli rivolse un sorriso soddisfatto e mosse piano le mani, trasformando il mantello perlaceo di Cora in un sottile abito di velluto blu; lei ridacchiò e scosse la testa

«Ma la tua non è affatto una maledizione.» lo pensava davvero. Chi avrebbe mai osato sfidarlo? Chi aveva mai avuto il coraggio di pronunciare il nome del Dark One senza temerne le conseguenze? Con i poteri di quella che tutti consideravano una maledizione, poteva plasmare reami interi, eppure non lo faceva, poteva far perire migliaia di persone, nemiche e amiche, con un solo schiocco di dita, eppure non lo faceva.. lui voleva solamente essere rispettato per tutte le volte che non lo era stato. Da chi andavano se non da lui, per un aiuto magico? Perché era conosciuto in ogni angolo del reame e il suo nome era stato sussurrato dalle labbra di uomini e creature di addirittura altri mondi? Con quel potere avrebbe potuto fare tutto, eppure si limitava a curare gli interessi di quelli che chiedevano aiuto e i suoi.. e tutto per vivere serenamente e soddisfacentemente il futuro. Non era un mostro, anzi, agli occhi di Cora stava agendo una nobile causa, una battaglia che tutti avrebbero condotto, se si fossero trovati nei suoi stessi panni. Lui era rispettato e occupava un posto di prestigio in praticamente tutte le vite degli abitanti del regno.. senza di lui, probabilmente, non ci sarebbe nemmeno stato un reame in cui vivere.      
Ogni singola casa, albero o castello con i loro re e sudditi, erano in piedi grazie a lui.. quale appagamento doveva regalare un tale merito? Nessuno lo aveva mai capito, naturalmente, eppure Rumpelstilskin lo sapeva, sapeva di avere in mano il potere, e lo usava quando più gli faceva comodo. Gioiva in silenzio. Quella era la sua forza: era consapevole di tutto e gongolava da solo.              
O, almeno, lo aveva fatto fino a quel momento.      
Perché si fosse innamorato proprio di lei, questo non lo sapeva. Ma forse la risposta era più semplice di quello che poteva immaginarsi: probabilmente, il fatto che fosse diventato il mago più potente e oscuro di tutti, non aveva annullato del tutto la sua parte umana, forse doveva condividere la sua vita con qualcuno, i suoi successi o i suoi fallimenti, doveva condividere la sua vita e Cora, forse, era l’unica persona che lo aveva visto con occhi diversi; avevano avuto un destino simile, in fondo, e avrebbero avuto un futuro altrettanto simile insieme.

«Non lo è?» chiese lui con un filo di voce, il sorriso dipinto sulle labbra. Lei scosse la testa

«No.» gli circondò il collo con le braccia e si avvicinò per baciarlo. Pochi millimetri prima che le loro labbra si incontrassero, sentì Cora saltargli via dalle braccia; aprì gli occhi infastidito e la guardò a lungo, il naso arricciato

«Un topo! Non l’hai visto?» i suoi occhi cercavano assiduamente sul pavimento, lui ridacchiò divertito senza dire nulla «Questo posto è un disastro.» concluse lei osservando meglio l’ambiente: non c’era oggetto, fatta eccezione di una porzione del tavolo, la poltrona e il filatoio, che non fosse ricoperto da uno spesso strato di polvere «Di’ la verità, cercavi una cameriera..» nella sua voce c’era ironia, ma lui sembrò contrariato da quella frase

«Nah.» rispose seccamente. «Mi piace così. Quelli che entrano senza invito pensano che sia disabitato. Li faccio spaventare volentieri. E’ lugubre: si addice alla mia personalità.» concluse con voce squillante, lei gli sventolò la mano sotto al naso

«Storie.» gli diede le spalle, lui la osservò perplesso: avrebbe mai visto il giorno in cui Cora non lo avrebbe contraddetto? «Hai la magia dalla tua parte, no?» alzò le braccia e mosse velocemente le dita «Rimetti in ordine questo posto..» si girò e prima che lui potesse sgridarla, lo guardò fisso, rivolgendogli un dolce sorriso. Rumpelstilskin aggrottò le sopracciglia

«Bene.» rispose infine, alzando poi l’indice «Domattina.» le sfiorò il naso involontariamente e chiuse il pungo imbarazzato, lei non si scompose

«Deal.» Cora gli sorrise con aria trionfante e lo baciò fugacemente. Lui si mostrò seccato e infastidito mentre le indicava le imponenti scalinate e le mostrava la casa, in realtà era felice che qualcuno fosse in grado di tenergli testa. Era stata la prima e sarebbe stata l’unica. E poi aveva maltrattato quell’enorme castello troppo a lungo. Gli dava un senso di pace il pensiero che l’indomani mattina, con il sole, si sarebbe risvegliato anche la dimora più bella di tutti i regni che aveva visitato fino ad allora. Lo avrebbe fatto per lei e per lei soltanto e lo rendeva immensamente felice.

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Capitolo 3
*** Cap.3 ⁓ 𝕊ilk & ℙebbles ***


Comparve alle sue spalle con un ghigno divertito, le mani giunte e le dita che si sfioravano, di tanto in tanto. Non aveva fatto alcun rumore e, di questo, sembrava esserne molto fiero.  
Aveva solo provocato un minimo spostamento d’aria, di cui lei nemmeno si era accorta, che le aveva mosso lievemente un ciuffo di capelli bruni liberatisi dalla morbida treccia in cui erano acconciati. Pensò che fosse bella, alla luce fioca, quasi bianca, della mattina, nella camicia da notte lunga e appena stropicciata, con i capelli appena spettinati e legati, in fondo, da un fiocco di seta rosso.   
La osservò a lungo, come rapito, mentre li scioglieva, e onde ordinate e simili le piegavano elegantemente le lunghe ciocche che, alla luce del sole, sembravano fatte della stessa seta di cui era composto il fiocco. Rosso. Sì, era un colore ce le si addiceva, il rosso era il suo colore.

Si avvicinò con passo felpato al davanzale dell’ampia finestra su cui era seduta, la schiena appoggiata al muro di pietra e lo sguardo perso oltre la foresta di pini scuri i cui aghi frusciavano lenti al soffio del vento; mosse le dita seguendo la forma del suo corpo e quando fu soddisfatto dell’immagine che gli si era formata nella mente, la sua voce squillò in una risata acuta che fece sobbalzare Cora. Un momento prima che si fosse girata verso di lui, la banale camicia da notte bianca era stata sostituita da u lungo abito di velluto rosso scuro, adornato solamente da una sottile cintura di cuoio che le fasciava la vita

«Buongiorno, mia regina.» piegò la testa di lato quando si alzò camminando verso di lui con un sorriso felice che le incorniciava le labbra

«Un altro vestito?» le sue sottili dita passarono quasi timidamente sul velluto morbido «Non ne ho mai posseduti così tanti..» ridacchiò lei, andandogli incontro

«Beh, mia cara.. il bello di possedere la magia è anche scoprire che non bisogna avere tanti abiti ma solo tanta fantasia.. un abito può diventare mille altri abiti diversi, se solo lo immagini qui.» picchiettò l’indice sulla sua tempia e le sorrise felice «A noi non servono armadi.» lui ricambiò il suo sguardo. Poteva vedere dai suoi occhi che stava pensando a qualcosa di importante o forse solamente ad un modo per ribattergli

«A me piacciono gli armadi. Non ne ho mai avuto uno che stesse in piedi da solo.» disse infatti e lui le rivolse una smorfia: non poteva dirgli così e lei lo sapeva. Per qualche assurda ragione sapere che Cora, in passato, non aveva posseduto qualcosa, una forza misteriosa spingeva Rumpelstilskin a procurarsela, crearla e a donarla a lei. Schioccò le dita con aria soddisfatta e nella stanza si costruì velocemente un massiccio armadio della stessa fattura della mobilia già presente nella stanza, di scuro legno finemente intarsiato. Cora non seppe resistere alla tentazione di aprirlo e, quando lo fece, con sua grande sorpresa a dispetto di quello che gli aveva detto poco prima, ritrovò tutti i vestiti che aveva posseduto ordinatamente sistemati dal più pesante al più leggero; il mantello perlaceo all’estrema destra.

Lei non disse niente, limitandosi ad abbracciarlo e premere le labbra sulle sue

«Spero di non svegliarmi mai.» sussurrò dopo alcuni istanti, lui sorrise perché le labbra di lei, che sfioravano le sue, gli facevano solletico

«Non dovrai farlo.» ridacchiò lui, stringendole appena i fianchi «Dunque.» sospirò rumorosamente e si allontanò per permetterle di raccogliere i capelli con un’elegante spilla che le aveva fatto trovare sul comodino

«Dunque..?» lo incalzò lei, guardandolo a lungo non appena fu pronta

«Direi di iniziare subito con le tue lezioni. Non vorremo sprecare del tempo prezioso..» saltellò quasi impercettibilmente sul posto alla sola idea di tutto quel potere racchiuso in un corpo tanto giovane e grazioso. Se aveva imparato a filare la paglia in oro in una sola notte, chissà cosa sarebbe stata in grado di fare dopo settimane, mesi o addirittura anni di assiduo addestramento. Avrebbe potuto accompagnarlo in tutti i suoi viaggi senza correre alcun pericolo, sarebbe stato un enorme vantaggio e avrebbe potuto condividere ogni suo piano con lei.. sarebbe stata di sicuro un’immensa gioia e poi chi l’avrebbe convinta a rimanere al castello mentre lui era via?

«Hai dei progetti per caso?» domandò lei, Rumpelstilskin era sicuro che si stesse riferendo a qualche regno da conquistare o vite da salvare in cambio di proficui ricatti come aveva fatto con lei e, per quel motivo, scosse la testa, facendo sobbalzare i riccioli biondo scuro

«Non per oggi, mia cara.» aveva detto quella frase ridendo «E non nel prossimo futuro..» le saltellò attorno mentre lei lo seguiva girando solo la testa «Mi dedicherò alla mia regina finchè questioni ingenti non mi chiameranno altrove. E chissà potrà essere domani o tra vent’anni.» la canzonò con voce squillante, piegando la schiena in un inchino pronunciato

«Ne dubito.» ridacchiò lei e gli afferrò il braccio, nonostante la posizione scomoda in cui si trovava «Quindi godiamoci tutto il tempo che è a nostra disposizione.» lui raddrizzò la schiena di scatto e, un attimo dopo, si ritrovarono nei giardini del castello. Cora non ricordava di averli visti così curati.. anzi, forse non li aveva visti perché si trovarono nel retro del castello, ma aveva supposto che fossero nello stesso stato dei giardini posti all’entrata. Forse Rumpel aveva veramente risistemato l’intero castello. Cora provò il forte desiderio di visitare il tutto da capo.

«Non toccare le piante con gli steli rossi, mi servono per le pozioni.» la avvertì Rumpelstilskin non appena notò la sua curiosità: aveva già allungato la mano per poter sfiorare i petali di una camelia di colore arancio «E la maggior parte di esse sono velenose. Estremamente.» Cora annuì portando le mani dietro la schiena. Indicò guardinga un cespuglio di rovi ricco di more e quando Rumpelstilskin le diede il suo benestare, prese a raccoglierne alcune per se stessa e per lui

«Fermalo!» esclamò ad un certo punto lui, facendola girare; prima che potesse capire il perché di quell’urlo acuto che le aveva spedito direttamente il cuore in gola, un sassolino appuntito le colpì il braccio

«Perché l’hai fatto?» chiese indispettita, massaggiandosi il braccio mentre con sguardo triste osservare le poche more che aveva colto e, senza rendersene conto, lasciato cadere «Volevo prepararti una torta e..» il suo risolino la interruppe; non capiva proprio cosa ci fosse di tanto divertente

«Volevo testare i tuoi riflessi.» spiegò lui, avvicinandosi con passo baldanzoso «Se vuoi imparare a comandare le persone non devi semplicemente strappare loro il cuore dal petto. Lo dovrai estrarre ancora intatto. Le migliori cavie sono gli unicorni.. troveresti sorprendente quanto siamo simili a quelle creature.. ad ogni modo.. dovrai imparare ad immobilizzarli, non vorrei mai che venissi colpita da uno di quegli zoccoli.» mimò con le mani un cerchiò decisamente grande che, secondo lui, doveva rappresentare l’ampiezza dello zoccolo di un unicorno

«E lanciarmi sassi addosso credi che sia il modo migliore per insegnarmi ad immobilizzare gli oggetti?» ribattè lei, ancora infastidita. Rumpelstilskin rise ancora

«Certo che no! Era per vederti arrabbiata. Mi piace quando sei arrabbiata: i tuoi occhi sprizzano fuoco anche contro di me

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Capitolo 4
*** Cap.4 ⁓ 𝔹lack 𝕌nicorn ***


Cora adesso era diventata esperta nel mobilizzare gli oggetti o piccoli animali. Rumpelstilskin l’aveva allenata per alcuni giorni, portandola nella foresta accanto al castello: lui la precedeva lungo sentieri che lei non poteva conoscere e dopo aver piegato dei rami per passare, li rilasciava senza avvisarla; dopo molti rami in faccia, lei aveva imparato a bloccare quelle piccole foglie aguzze che le avevano graffiato il viso e il collo.      
Ora si sentiva padrona di quell’arte e immobilizzava con destrezza il thè di Rumpel prima che lui lo portasse alle labbra, rendendolo impossibile da bere, immobilizzava delle farfalle monache dai colori brillanti per mostrarle a lui mentre filava, aveva salvato numerosi vasi antichi provenienti da non si sapeva quale regno misterioso che, inavvertitamente, aveva urtato. Era un’abilità che si era rivelata molto utile e, a tratti, anche divertenti e, come tutte le cose pratiche che si rivelavano creative, a lei piaceva.

Per questo cercava disperatamente di pensare a quale altra abilità, con le stesse fondamentali caratteristiche, avrebbe potuto supplicare Rumpelstiskin perché gliela insegnasse, invece di concentrarsi – come aveva detto lui – sul percorso che l’aveva obbligata a compiere

«Manca ancora molto?» si abbassò all’ultimo secondo per evitare di coprire un ramo basso con la fronte, i suoi occhi erano troppo impegnati ad assicurarsi che il terreno su cui appoggiava i piedi fosse abbastanza stabile. Lei aveva il fiatone, ma lo tallonava per dimostrargli di essere forte.. e lui continuava a camminare, quasi saltellando, come se fosse una semplicissima passeggiata nei giardini. Forse per lui era veramente facile o forse voleva solo metterla alla prova e farla cedere per prima

«Può darsi di sì come può darsi di no.» ridacchiò con voce acuta, sollevando gli indici e muovendoli velocemente. Cora sbuffò

«Vuoi almeno dirmi cosa stiamo cercando così assiduamente da ore?» si bloccò per alcuni secondi, appoggiando le mani alla schiena e sospirando mentre buttava la testa all’indietro. Si perse per lunghi secondi a guardare le luci che si erano formate davanti ai suoi occhi grazie ai raggi del sole, agli aghi dei pini e, perché no, anche alla sua stanchezza

«E rovinarti la sorpresa?» quando raddrizzò la schiena, lui era davanti a lei, un’espressione fintamente dispiaciuta e la mano premuta al petto «Non mi crederai davvero così crudele!» lei gli rivolse una smorfia e scosse la testa. Rumpelstilskin ridacchiò, estremamente soddisfatto di se stesso

«Allora che stiamo cercando?» domandò Cora, incapace di trattenere un sorriso divertito nonostante volesse mostrarsi irritata dall’intera situazione. Forse, in parte lo era: gli bastava pensare ad un luogo per trovarsi lì, perché non lo faceva anche in quel caso? Forse non stava cercando un luogo?

«Apri la mano.» squittì lui, avvicinandosi a lei in piccoli saltelli e prendendole la mano, girando il palmo in modo che guardasse in alto. Lui non aveva nulla in mano, eppure quando aprì il pugno che era stato chiuso per solo qualche istante, sulla pelle di Cora si depositarono una dopo l’altra decine di bacche piccole e rosse

«Cosa sono?» domandò lei sorpresa, avvicinando la mano agli occhi per osservare meglio

«Bacche della foresta di Paimpont.» le diede le spalle e sorrise eccitato, gli occhi famelici puntati sulla fitta vegetazione «Gli unicorni ne vanno matti. Ne sentono la delicata fragranza a reami di distanza!»

«Unicorni?!» prima che lei potesse chiedere ulteriori spiegazioni, sentì il risolino acuto di Rumpel e una sfuggente ombra nera che schizzò vicino a loro, protetta dagli arbusti più bassi. Cora girò su se stessa, indecisa se essere curiosa per qualcosa che l’avrebbe potenzialmente uccisa oppure temere la creatura e lasciare che Rumpelstilskin le desse istruzioni. Non ne sapeva molto riguardo quelle creature e ancora meno conosceva le intenzioni di Rumpel, quindi optò ben volentieri per la seconda ipotesi.

Stavano entrambi in silenzio, le orecchie tese all’ascolto di quel rapido fruscio dei rami e i pochi sordi battiti degli zoccoli che ora stavano a destra e ora a sinistra

«Alle tue spalle, mia cara!» aveva esclamato lui con voce tranquilla ma forte e non appena Cora si girò, vide l’unicorno ritto sulle zampe posteriori che sferzava il vento con due enormi zoccoli neri tanto quanto il suo mantello. Qualcosa diceva a Cora di lasciare a terra le bacche e andarsene, ma non lo fece: sapeva esattamente cosa volesse Rumpelstilskin da lei.

Indurì lo sguardo e concentrò le sue energie nel petto, le spinse in basso, come aveva imparato a fare e alzò le braccia quando fu certa di padroneggiare i suoi poteri. Quella creatura che fino a pochi istanti prima si muoveva con furia impetuosa, ora non sembrava più che una statua estremamente realistica

«Eccellente!» si congratulò lui, avvicinandosi baldanzoso e battendo leggermente le mani. Cora si sentiva pervasa da una strana energia e le piaceva immensamente «Ora dominalo. Fai che sia tuo. Fai in modo che ti sia sempre fedele.» lei annuì una sola volta, avvicinandosi cautamente all’animale e allungò la mano destra verso il suo petto. Attraversò il suo corpo come se fosse composto da aria e quando le sue dita raggiunsero il cuore, lei sorrise, estraendo la propria mano con aria trionfante. Poi sbloccò l’unicorno.

Aveva in mano il cuore di quella creatura e quello le dava il potere di controllare la sua mente e il suo corpo. Poteva renderlo schiavo e guerriero, poteva ucciderlo o tenerlo come mansueto animale da compagnia. Aveva letteralmente la sua vita nel palmo della mano.

«Ebbene? Come ci si sente?» chiese Rumpel con un sorriso compiaciuto, socchiudendo gli occhi per godersi meglio le sue parole che, in ogni occasione lo avevano piacevolmente sorpreso

«Stupidi.» rispose lei, le sopracciglia leggermente aggrottate e il viso piegato di lato. Lui aprì gli occhi stupefatto e leggermente deluso «Non fraintendermi è un’ottima arma contro i nemici. Se desideri la loro fedeltà per gioco.»

«Per gioco?» la sua voce era un sussurro roco, a volte non la comprendeva

«Ma non è molto più bello riuscire a conquistare la fedeltà, la lealtà e il cuore di qualcuno senza doverglielo strappare dal petto?» non attese la sua risposta, avvicinandosi all’animale e rimettendo il suo cuore a posto. L’unicorno si agitò per alcuni istanti, durante i quali Rumpelstilskin fu sull’orlo di pararsi davanti a lei e prendere in mano la situazione perché non venisse colpita, ma non appena l’animale si fu calmato un po’, lei allungò la mano, mostrandogli le bacche.

La maestosa creatura nera, seppur con titubanza, andò a mangiare direttamente dal suo palmo, lasciandosi persino sfiorare la lunga criniera

«Non saprai mai se ti è fedele in questo modo.» lui la guardava ancora sconcertato, osservando una magia che lui non conosceva e che forse, per la prima volta, non comprendeva

«Perché no?» lei si avvicinò a lui mentre l’unicorno galoppava via, sparendo in un battito di ciglia fra la vegetazione. Cora si spolverò le mani e lo abbracciò, premendo il proprio palmo sul petto di lui «Non ti posseggo, forse, io? Come tu possiedi me?» Rumpelstilskin la guardò in silenzio, anche se non riusciva a comprendere la sua stessa confusione «Tu possiedi il mio cuore come io possiedo il tuo. E’ una magia molto più forte di quella che mi hai appena mostrato.. Come la fiducia conquistata non per forza, ma per sincera volontà. Domani forse quell’unicorno tornerà da te senza che tu lo chieda.. tu non ne conoscerai il motivo, ma lo farà.» lui non riuscì a cogliere fino in fondo il senso di quelle parole, eppure sapeva che, un giorno, le avrebbe comprese.

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Capitolo 5
*** Cap.5 ⁓ ℙearl ***


Rumpelstilskin guardò Cora con la coda dell’occhio. Lei sapeva si essere osservata e aveva quel sorriso compiaciuto stampato sulle labbra che metteva sempre in crisi la mente di Rumpel: da un lato doveva esserne infastidito, dall’altro invece lo trovava estremamente grazioso e, come al solito, non sapeva come comportarsi.

La verità era che lui era geloso. D’un tratto il suo magnifico stallone nero, una creatura tanto rara quando imponente, che lo faceva sentire il padrone di ogni terra che calpestava, non era diventato altro che un comune cavallo dal manto fulvo; chi poteva mai competere con l’unicorno di Cora?

Come era riuscita a domare un unicorno senza strappargli il cuore, per lui, era un mistero e ancora di più perché quella creatura magica ora si stava comportando come un qualunque animale domestico, con la sola differenza di possedere un manto nero e ludico, la criniera dai riflessi argentei e un corno i pure magia che sorgeva appuntito tra i due grandi occhi scuri.

«Non dirmi che sei ancora invidioso.» lo canzonò lei. Rumpelstilskin si voltò dall’altra parte, aggrottando le sopracciglia

«No.» disse monocorde

«Io te l’avevo detto che funzionava meglio del tuo metodo.» si vantò lei, ridacchiando non appena sentì il leggero sibilo scocciato provenire dalle labbra di lui

«Non è magia.» ribatté lui, alzando il capo senza degnarla di uno sguardo

«Quante storie. E’ un altro tipo di magia!» socchiuse appena gli occhi e si voltò verso Rumpelstilskin

«Io insegno.» le lanciò un’occhiata infuocata, arricciando appena le labbra «Tu apprendi.» concluse, voltando l’indice – che fino a pochi istanti prima aveva premuto contro il proprio petto – verso di lei. Cora agitò la mano, carezzando distrattamente la criniera lucida dell’animale

«Non si finisce mai di imparare.» lei puntò lo sguardo sull’orizzonte, rispondendo con tono saccente. Lui non proseguì, incassando i capo tra le spalle.           
Per la prima volta non sapeva come replicare a quelle parole: sapeva benissimo che aveva ragione, sapeva benissimo di essere invidioso del fatto che lei, giovane ed inesperta, aveva  domato la più ribelle delle creature con semplicità e sapeva benissimo che se avesse ammesso tutto quello, lui avrebbe perso quel minimo di superiorità che poteva vantarsi rispetto a Cora. Non che ce ne fosse molto, in realtà.
Lei gli rispondeva a tono, spesso e volentieri, e lui non voleva certo perdere l’opportunità di conversare con qualcuno, anche se quel qualcuno, a volte, lo faceva zittire con fresi senza senso. Gli piaceva tutto, lo affascinava, e non comprendere e non padroneggiare almeno un aspetto della sua vita, lo rendeva, in qualche modo, immensamente felice.

Come lei trovava più divertente ed appagante possedere e controllare gli unicorni a suo modo, lui trovava molto più affascinante convivere con una persona come Cora che non con una persona qualunque, spaventata dal suo aspetto e dal suo potere, che poteva rispondergli solamente “sì” e “no” senza esitazione, cercando di interpretare i suoi pensieri ed evitare una spiacevole punizione.

«Vedrò mai il giorno in cui mi dirai dove stiamo andando?» Cora sbuffò, accasciandosi sul collo nero dell’animale e guardando Rumpelstilskin con aria indifesa. Lui non sapeva mai bene come porsi davanti a quella sua espressione; irrigidì la schiena e la guardò a lungo con una smorfia che gli piegava il viso

«Forse sì forse no.» avrebbe voluto dire quelle poche parole con voce squillante e scherzosa, come sempre, ma uscirono in un sussurro monocorde che appariva come triste

«Ma io sono stanca..» si lamentò lei «E ho fame.» lui emise un sordo guaito durante il quale mosse solo le labbra in maniera buffa, Cora sorrise trionfante

«Solo pochi minuti.» mormorò alquanto contrariato, facendo comparire una torta fumante davanti a loro, seduti su un masso a riposarsi.

La foresta era talmente silenziosa da sembrare quasi di sognare, la luce creava speciali ombre e colori che si riflettevano ovunque sull’erba, sul piccolo sentiero, sui loro visi e nei loro occhi. Sembravano catturare la bellezza di quei luoghi ad ogni loro respiro

«Cosa stiamo cercando?» domandò di nuovo Cora, mangiando la torta e sgranocchiando con gusto le nocciole al suo interno

«Una pianta.» squittì lui, sicuro di riceve la solita occhiata perplessa e sorpresa di Cora. Non venne deluso.

«Non ci potevi trasportare lì con la magia?» Rumpelstilskin scosse vigorosamente la testa

«Volevo godermi il viaggio con te.» disse sinceramente. La verità? Che Cora gli aveva insegnato anche ad apprezzare quelle cose che lui dava per scontate. Quand’era stata l’ultima volta che per raggiugere qualcosa lo aveva fatto con una lunga passeggiata a cavallo? L’ultima volta che si era fermato nel bosco a mangiare, a godersi i primi caldi senza dover pensare a piani per conquistare menti innocenti o incantesimi da preparare? Non lo sapeva nemmeno lui, non se lo ricordava.

Con Cora invece aspettava il sole per poterla fare felice con dei biscotti o una torta, aspettava appollaiato sulla finestra che fosse pronta, aspettava di poter passeggiare con lei nei giardini sempre fioriti e che non aveva mai veramente visitato, se non per cercare questa o quella pianta utile per le pozioni; con Cora apprezzava anche le cose che ignorava o non aveva mai considerato, perché lei, inconsapevolmente, gli insegnava a vedere il mondo con i suoi occhi.. e a lui piaceva quel mondo, era come averlo riscoperto.       
Ed era bello il sole, quel pomeriggio, era bella la foresta con i suoi alberi colorati che sussurravano attraverso il vento, erano belli i fiori, oramai sbocciati ed era bella soprattutto lei, con gli occhi chiusi ad osservare le luci arancioni che le attraversavano le palpebre, sorridendo senza nemmeno rendersene conto.
Si sdraiò accanto a lei, senza dire nulla, risvegliandosi solamente quando fu lei a chiamarlo; si finse infastidito di essersi addormentato quando invece non aveva fatto altro che rimanere lì, accanto a lei, a vegliare e ad incidere quell’immagine nei suoi ricordi. Ciò che non sapeva era che Cora era rimasta a lungo immobile per lo stesso motivo.

Quando si rimisero in marcia sorridevano entrambi. Grande fu lo stupore di Cora quando si fermarono davanti ad una pianta tanto alta da sparire tra le nuvole, dalle foglie grandi come case e ricoperta da sottili liane che sprofondavano nel terreno appena smosso.

«Avevo promesso di donarti tutto mia regina.» sorrise lui, aiutandola a scendere dall’unicorno. Una volta che fu a terra, non lasciò per un solo istante i suoi fianchi, anzi, la strinse ancora più forte «Ti regalerò i frutti che ha da offrirci il cielo.» alzò la mano e avvicinò l’indice e il pollice di alcuni centimetri davanti al uso naso «Piccole perle. A forma di fagiolo.»

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Capitolo 6
*** Cap.6 ⁓ 𝔾iant ***


Cora scivolò sull’ultima grande foglia, ma prima che potesse anche rendersi conto di stare cadendo da almeno dieci metri di altezza, si ritrovò aggrappata al collo di Rumpelstilskin, il quale, smaterializzandosi in un battito di ciglia, l’aveva presa al volo, per poi ricomparire al suolo. Aveva tentato molte volte di insegnarle a spostarsi da un luogo ad un altro usando la magia, ma non sembrava il suo talento naturale: era riuscita ad atterrare – e nel mentre distruggere – su un letto a baldacchino delle stanze vuote, una teca che conteneva pozioni preziose e l’ultima volta era finita tra i rovi. Si era lamentata per un’intera giornata anche dopo che Rumpel l’aveva guarita; dopo quella volta, ci aveva rinunciato, pesando bene di rimandare la lezione a quando non fosse lei a richiederla.   
Nel frattempo, ovviamente, c’era lui a salvarla dalle cadute potenzialmente pericolose, a portarla via quando volevano andarsene via e a farla spaventare, comparendo davanti a lei mentre stava facendo qualcosa di importante, giusto per vedere lei mentre si arrabbiava.

La tenne stretta a lungo, sorridendo orgoglioso e divertito al tempo stesso

«Non mi avevi detto dei giganti..» Cora alzò lo sguardo, tentando invano di riuscire a scorgere quel castello immenso che fluttuava tra le nuvole. Aveva il fiatone, era spaventata eppure nelle sue vene scorreva un’energia che non aveva mai percepito.. e le piaceva immensamente; non era solo magia, era una fuoco che le animava il petto e la mente e le faceva crescere la voglia di correre, combattere e scoprire tutto quello che c’era da scoprire.

«Non mi hai mai chiesto dei giganti.» ribatté lui prontamente, permettendo di sciogliersi dal suo abbraccio. Cora gli rivolse una smorfia

«E non mi hai detto nemmeno che la mia magia non aveva potere su di loro. Ho rischiato di essere schiacciata come una formica!» Rumpelstilskin emise una risolino acuto

«Non mi hai mai chiesto se la tua magia--» lei lo zittì agitando la mano e aggrottando le sopracciglia

«Perché non sono riuscita a bloccarlo?» lui la indicò con un sorriso

«Ecco, questa è una buona domanda.» disse con voce squillante. Le girò attorno con lo sguardo fisso sul terreno «Immagina di essere questa fiammella..» si fermò davanti a lei alzando l’indice e sulla punta del suo dito comparve una sottile lingua di fuoco tremolante. Cora osservò estasiata «Se una goccia d’acqua ti minacciasse.. non ti recherebbe alcun male perché il tuo calore la prosciugherebbe.» fece una piccola pausa e sorrise compiaciuto della sua attenzione e curiosità «Eppure se invece di una goccia fossero più gocce.. o una pioggia addirittura.. la tua fiamma si estinguerebbe lentamente fino a non bruciare più.» soffiò velocemente sul proprio dito e la osservò «E’ ciò che è successo.. la tua magia è sempre la stessa, ma quello che stavi tendando di immobilizzare era molto più grande dei tuoi poteri, perciò hanno fallito.» Cora annuì

«Ma tu ci sei riuscito.»

«Per pochi minuti, sì. Il mio potere è più grande del tuo, mia cara.» agitò in aria la mano e pochi istanti dopo il suo stallone nero si avvicinò a testa bassa

«Come posso far crescere il mio potere?» lo imitò e subito il suo unicorno arrivò trottando alle sue spalle. L’espressione di Rumpelstilskin si tramutò in una smorfia contrariata

«Con l’allenamento.» rispose seccamente, con un tono che provocò il riso della donna. Entrambi salirono in groppa ai loro animali, percorrendo il sentiero nella direzione opposta, diretti a casa.       
Rumpel tenne stretta la scarsella che aveva legata alla cintura, ricca di fagioli magici appena raccolti.

 

«Insegnami questo.» la voce decisa di Cora lo distrasse dal suo lento filare

«Mh?» Rumpelstilkin si voltò verso di lei: stava tenendo in mano un libro e gli stava mostrando una pagina fitta di appunti scritti tra righe sottili come fili d’erba. Non riusciva a capire poi molto. Dopo pochi istanti capì che, se voleva farlo, si sarebbe dovuto alzare per andarle in contro perché lei, nonostante la posizione che lui riteneva assolutamente scomoda, lei non si sarebbe mossa.

Allungò e gambe con un mugolio di disappunto e camminò verso di lei trascinando i piedi sull’ampio tappeto; quando fu abbastanza vicino a lei, piegò la testa di lato per poter capire meglio di cosa stesse parlando

«Questo. Desidero imparare.» Cora picchiettò con insistenza sulla pagina che aveva davanti, richiuse il libro rivelando un altro volume sotto di esso, ed indicò una figura sbiadita. Rumpelstilskin non comprese cosa avessero in comune le due cose.        
Portò le mani dietro la schiena e si chinò in avanti, per poi voltarsi verso di lei ed appoggiare le labbra al suo orecchio

«Ti dirò una cosa, mia cara: trovo che tu sia molto attraente anche ora.» rise delle sue stesse parole mentre lei gli rispondeva con una smorfia e una lunga occhiata

«Non per sempre. Voglio imparare a trasformarmi.» fece scorrere l’indice sulle fitte parole e quando ebbe trovato ciò che cercava, lesse ad alta voce «L’abilità di mutare la propria forma e il proprio aspetto in qualsiasi creatura, magica o mortale, e in qualsiasi oggetto si desideri.» si votò verso di lui e lo guardò come se si fosse spiegata, ma era ovvio che lui non avesse compreso le sue vere intenzioni

«Ci arriveremo.» agitò le dita come se tutto quello fosse cosa di poco conto «Devi prima imparare a spostarti da un posto all’altro senza distruggere qualcos--» Cora si alzò in piedi aggrottando le sopracciglia

«Hai detto che mi lasciavi il mio tempo!» protestò animatamente «L’hai detto tu che se sono motivata imparo più in fretta. E io sono motivata su questa cosa della metamorfosi.» lui la guardò con una smorfia, emettendo un triste squittio

«Perché mai..?» chiese incuriosito, avvicinandosi a lei ed osservando con la coda dell’occhio i due volumi aperti sul tavolo

«Hai detto che mi devo allenare per far crescere i miei poteri.» lui annuì lentamente, gli occhi socchiusi e le labbra appena arricciate «Questo significa che se tu dovrai partire per delle missioni pericolose non mi farai venire..» lui la guardò balbettando, insicuro su cosa rispondere: sì? Lei si sarebbe giustamente lamentata. No? E se poi non fosse stato in grado di tenerla al sicuro? «Bene.» proseguì lei «Quindi se io imparo a diventare un gigante o un drago o una creatura molto forte, anche i miei poteri aumenteranno, no? Quindi sarò in grado di difendermi anche se non sono una strega esperta quanto lo sei tu. E potrò seguirti sempre.» Rumpelstilskin non rispose.
Era una buona idea. Ed era invidioso perché non capiva il motivo per non averlo pensato per primo.

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Capitolo 7
*** Cap.7 ⁓ ℍide and 𝕊eek ***


Rumpelstilskin la stava osservando, nascosto dietro ad un’altra credenza che aveva creato solo per lei. La osservava spesso, in realtà, senza farsi vedere, per ore, quando le diceva di uscire per una passeggiata alla ricerca di un oggetto o una pianta indispensabile per questo o quell’esperimento. Invece non si spostava dal castello, rimanendo con occhi curiosi ad analizzare le sue mosse, ciò che faceva; la vedeva crescere, un giorno dopo l’altro, in quel castello sperduto, ricco di oggetti pregiati ed incredibilmente silenzioso.        
Le aveva insegnato a creare pietanze succulente con il solo gesto della mano, le aveva insegnato a creare ingredienti con un schiocco di dita, le aveva insegnato a chiamare a sé qualsiasi tipo d oggetto perché lei non fosse costretta a fare nulla.. eppure lei cucinava per lui, per ore, sistemava la loro stanza e l’ingresso con impegno e minuzia, e lui proprio non capiva cosa la rendesse così felice.         
Era di umili origini, proprio come lo era stato lui, aveva subito soprusi ed ingiustizie, proprio come lui, aveva ottenuto la possibilità di riscattarsi da tutto quello, proprio come lui.. eppure utilizzava la magia solo per azioni che, da sola, non era in grado di compiere. Conservava dentro di sé l’entusiasmo di una fanciulla, si sentiva in dovere di prendersi cura di lui come tutte le donne del suo villaggio avevano fatto con i loro mariti e lei era sempre contenuta quando poteva farlo.. eppure non finiva tutto lì.

In Cora c’era la dolcezza e la dedizione e poi c’era un fuoco indomabile che nemmeno lui riusciva a spiegare e a comprendere fino in fondo.            
Era quello che lo affascinava: possedeva la più devota delle mogli e anche la più spietata, assetata di battaglie, e vendetta, e successi almeno tanto quando lo era lui. Erano tanto diversi eppure tanto simili. Potevano non comprendersi del tutto, ma si amavano e questo era sufficiente per entrambi.

«Ti ho visto!» Rumpelstilskin sobbalzò. In un attimo fu costretto a levarsi quel sorriso imbambolato che aveva dipinto sulle labbra; scomparve velocemente prima che qualcosa – forse un mestolo di legno – lo colpisse dritto in testa.

Cora aggrottò le sopracciglia, divertita ed infastidita allo stesso tempo, guardandosi a lungo attorno con le mani sui fianchi. Sentiva solo la sua risatina acuta che, ovattata, risuonava nell’aria «Perché mi spii?» domandò, alzando la voce e puntando lo sguardo in un angolo del soffitto «Mi fai spaventare. Ti nascondi sempre negli angolini bui. Una cosa nera che mi osserva con due occhi gialli appollaiata in un angolino.. e non mi dovrei spaventare!» Cora sbuffò, lasciando il mestolo che aveva in mano sul tavolo di marmo e si spostò verso il forno. Fu lì che si sentì stretta da due braccia invisibili e percepì il suo respiro sul collo «Perché mi spii?» chiese ancora con voce lamentosa. Non passarono che pochi istanti prima che i suoi occhi si socchiusero e lei si abbandonasse a quell’abbraccio inaspettato

«Mi piace farlo.» rispose lui semplicemente, ritornando visibile pian piano «Che stavi facendo?» domandò lui con voce carezzevole

«Da quanto sei qui?» si voltò quanto più poteva, por poter guardare il suo viso anche solamente con la coda dell’occhio

«Abbastanza.» mormorò lui, la sua voce tradiva un lieve sorriso. Cora si voltò nel suo abbraccio, ritrovandosi con le labbra a pochi millimetri dalle sue

«Allora perché lo chiedi?» gli rivolse una smorfia, lui ridacchiò

«Farina, nocciole.. funghi magici.. non è una torta.» elencò lui con voce acuta

«Sto cercando di fare una pozione. Volevo farti una sorpresa.» confessò lei con un sorriso divertito

«Non ne ho mai vista una così.» commentò lui, le baciò una guancia sapendo che lei ne sarebbe rimasta delusa – sperava sempre in qualcosa di più di un bacio sulla guancia – e le afferrò il polso, riconducendola vicino al tavolo di marmo sul quale stava lavorando

«Mi hai detto che con quei fagioli andremo in un altro regno.» Cora indicò la teca incantata che conteneva il barattolo dai sfavillanti baccelli «E in questo regno c’è l’oggetto che ci permetterà di umiliare Xavier.»

«Corretto, mia cara.»

«Voglio che prima si fidi di noi.» mormorò con un sorriso, indicando dei piccoli biscotti a forma circolare «Voglio che ci creda persone di cui si fida e quando saremo sicuri di averlo ingannato.. attueremo il nostro piano davanti a tutta la corte.» era impossibile dire di no all’espressione entusiasta e al contempo maligna di Cora e lui di certo non poteva dare un responso negativo di fronte alla sua proposta

«Eccellente, mia cara.» lui ridacchiò, battendo piano le mani «Chi dovremmo diventare?»

«I nuovi sposini reali, naturalmente!» disse spocchiosamente lei, piegandosi in un inchino visibilmente ridicolo. Il figlio di Xavier e la principessina Eva non erano altro che due creature fragili, viziate e che non avevano altre colpe che esistere, in quel mondo che necessitava solamente di un po’ di pace e tranquillità. Ucciderli sarebbe stata cosa di poco conto e prenderne il posto ancora più facile

«E quelli a che ti servono?» lui raddrizzò la schiena, portando un braccio dietro il busto e appoggiando l’indice dell’altra mano al naso. Aveva assunto un’espressione volutamente arrogante e schizzinosa con il duplice scopo di farla ridere e farle capire che lui era completamente d’accordo con la sua idea

«Senza offesa Rumpel.. ma le tue pozioni non sembrano avere un gusto particolarmente dolce..» lui arricciò le labbra: non poteva ribattere «Così sarà più facile bere uno di quelli intrugli speciali che prepari tu.» Rumpelstilskin si avvicinò a lei con passo baldanzoso

«Che ti serve?» lei scrollò le spalle con noncuranza

«So trasformarmi in altre persone, come mi hai insegnato tu.. ma non aspettarti che accetti il fatto di vederti con quella faccia da pesce che ha Henry per tutto il tempo.» lui si finse triste

«Non vuoi regalarmi l’opportunità di baciare la principessina Eva?» socchiuse gli occhi e arricciò le labbra mentre si sporgeva verso di lei. Cora scosse la pesta e lo colpì al braccio

«No.» rispose seccamente, incrociando le braccia al petto. Lui ridacchiò divertito, saltellando sul posto

«Andremo domani stesso a procurarci tutto l’occorrente nel nuovo regno.» squittì lui, prendendola per il polso e baciandola a lungo. Quando si staccarono, la mano di Cora gli stava carezzando la guancia

«Per una volta, mi dici dove andiamo?» lui annuì distrattamente. Era troppo preso dal momento per concentrarsi a tal punto di tenerle segreto, come faceva sempre, il luogo di destinazione

«Wonderland.»

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Capitolo 8
*** Cap.8 ⁓ ℙortal ***


Cora aveva sistemato soddisfacentemente tutto ciò che sarebbe potuto servirle sul letto della loro stanza. Dal momento che non sapeva cosa le sarebbe necessitato, aveva accumulato una serie di oggetti inutili che lei, per un motivo o per un altro, aveva ritenuto indispensabili

«La parsimonia non è una parola che ti sia addice, mia cara.» ridacchiò Rumpelstilskin, entrando a passo lento dalla porta socchiusa

«Come al solito non mi dici nulla, non so cosa portare.» rispose lei con voce lamentosa, girando su se stessa con lo sguardo basso sicura che qualcosa le fosse sfuggito. Si chinò per prendere un paio di stivali lunghi che si erano incastrati sotto il letto

«Ma la risposta è semplice, mia cara.» proseguì lui, facendo scomparire tutto ciò che c’era sul letto in un nuvola viola. Cora rimase a fissare la coperta perfettamente sistemata con le mani lungo i fianchi e gli stivali in mano

«Mi ci vorrà una vita per tirare fuori tutto. Di nuovo.» protestò lei, andando con passo sicuro verso l’armadio dove, sapeva, erano stati riposti tutti i vestiti. Non si sbagliava

«Ho io la soluzione.» squittì Rumpel, avvicinandosi a lei in pochi passi. La donna era in attesa «Non porteremo niente.» concluse con un sorriso

«Niente?!» domandò lei sbalordita, puntandogli al petto un taccho dei due stivali «E se poi--» Rumpel alzò la mano

«Abbiamo la magia.» prese a girarle attorno e, nel mentre, chiuse la porta socchiusa dell’armadio «Più precisamente.. la tua.» le solleticò il collo con l’indice ma Cora non comprese

«Che vuoi dire?» voltò il capo verso di lui per seguirne il lento avanzare

«Lo considereremo.. un allenamento sul campo.» sussurrò lui con un sorriso determinato «Sarai tu a fare tutto. Salvo imprevisti, è chiaro.»

«Chiaro..» ripeté diffidente lei con una smorfia

«Sarà la tua ombra, mia cara. Pronto a sostenerti quando vacillerai.» enfatizzò la sua frase stringendole con presa salda le braccia.     
Cora pensò a Xavier.         
Pensò al piano di Rumpel che, per lei, era ancora un parziale mistero. Pernsò alla soddisfazione di veder ripagate tutte le umiliazioni, pensò al gusto che avrebbe avuto la sua vendetta contro quell’uomo, pensò anche all’appagamento di vederlo cadere per mano sua.

«Se vacillerò.» mormorò con un sorriso, osservando il ghigno di lui da oltre la sua spalla

«Questo è lo spirito giusto.»

 

Rumpelstilskin aprì con cautela il barattolo della teca, prese due fagioli, riponendoli nella scarsella e ne porse uno a Cora. La donna lo afferrò con attenzione, osservando più da vicino le sue striature perlacee, come in continuo movimento, testimonianza della forte magia che scorreva in esso. Ancora stentava a credere come un oggetto tanto piccolo potesse creare addirittura un portale per un altro mondo.   
Di metodi, naturalmente, ne esistevano molti, come aveva detto Rumpel, ma in pochi ne possedevano e ora potevano dirsi tra i pochi fortunati: c’erano i figlioli magici, delle speciali porte nascoste nei regni, cappelli e maledizioni.. che però era rischioso utilizzare.

«Che devo fare?» domandò curiosa lei, osservando Rumpel mentre si preparava per la partenza imminente

«Conservalo. Per ogni evenienza.» spiegò lui mentre sistemava una bacchetta e altri oggetti magici nella bora di cuoio che aveva assicurata alla cintura «Se per un malaugurato caso dovessimo perdere il fagiolo del ritorno.. saremmo bloccati a Wonderland fino al ritrovamento di un nuovo portale che ci riporti a casa.» Cora annuì: comprendeva l’importanza di proteggere quell’oggettino e proprio per la sua rarità non potevano portarne molti per il pericolo di venire attaccati da chiunque anelasse a possederne uno.

Qualche minuto dopo erano pronti a partire. Cora aveva incantato la teca che conteneva il prezioso barattolo in modo che chiunque – essere magico o mortale e qualsiasi creature – avesse provato a violarlo sarebbe divenuto cenere all’istante, con la sola clausola che se fosse stata lei stessa o Rumpel a tentare di afferrarne il contenuto, non sarebbe capitato nulla. Rumpelstilskin invece aveva incantato il castello: aveva creato una bolla di magia tanto grande da contenerlo tutto, in grado di proteggere dalla magia e da qualunque calamità naturale in loro assenza. Cora sperava che, un giorno, divenisse abbastanza potente per creare una barriera simile lei stessa.

«E ora che facciamo?» chiese curiosa la donna. Questa volta era lei che saltava di impazienza, precedendolo sul sentiero poco battuto che stavano percorrendo; di Wonderland conosceva solamente il nome, Rumpel non aveva voluto rivelarle nulla di più e le fremeva per il viaggio: non era mai stava fuori dal suo regno. Viaggiari addirittura in altri mondi non era un pensiero che, fino a poco tempo fa, non contemplava nemmeno

«Ora.. lascia fare a me.» Rumpelstilskin e sorrise incoraggiante e le strinse la mano. Estrasse un fagiolo magico e lo lanciò in mezzo ad una radura dall’erba giovane e verde. Cora era un po’ delusa dal fatto che per creare un portale servisse solo quello.. niente pozioni strane, niente formule, niente oggetti che appartenevano a quel nuovo mondo «Aiutami. Concentrati su Wonderland.» la istruì lui e Cora si impegnò al massimo per farlo.

Non aprì gli occhi nemmeno quando percepì un vento sferzante avvolgerli con potenza sempre maggiore, cercando di catalizzare ogni suo pensiero su un mondo sconosciuto che desiderava tanto visitare. Aspettò a lungo, contando nella sua testa e sforzandosi per non distrarsi e quando il vento cessò, aprì titubante un occhio, poi l’altro.

Si aspettava un mondo colorato, dai grossi alberi ricchi di frutti e popolato da creature strane e fantastiche, con castelli alti e storti che seguivano linee contorte e figure impossibili.     
Trovò solamente i soliti alberi e la solita foresta: non si erano mossi di un millimetro.

«Rumpel?» lui però non sembrava deluso quanto lo era lei. Anzi, era felice e le mostrava i denti in un largo sorriso entusiasta

«Guarda lì.» esclamò Rumpelstilskin con voce acuta

«E’ una buca.» mormorò con voce piatta Cora. Lui scosse la testa

«Non è un buca. E’ una tana.» precisò, avvicinandosi e stringendo le dita della donna fra le sue «Una tana di un coniglio, precisamente. Dopo di te, mia cara.»

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Capitolo 9
*** Cap.9 ⁓ ℂurioser ***


Rumpelstilskin si accorse forse tropo tardi di non poter utilizzare i suoi poteri per evitare quella caduta infinita. Non sapeva se alla fine di quella buca ci sarebbe stato un materasso o un letto di foglie oppure nulla per attutire il colpo che, a giudicare da quanto tempo stavano precipitando, sarebbe stato praticamente fatale; forse pochi istanti prima della fine di quel cunicolo gli sarebbe stato dato il permesso di utilizzare i suoi poteri e allora lui sarebbe scomparso e riapparso poco dopo sul terreno. Ma fino ad allora, non poteva conoscere le loro sorti e la sua mente continuava a viaggiare velocissima per trovare una soluzione

«Da quanto tempo stiamo cadendo?» Cora aveva dovuto alzare la voce a causa del vento. Lui le strinse la mano, tirandola a sé perché si ritrovassero alla stessa altezza

«Troppo.» rispose contrariato, lo sguardo fisso verso quel punto nero ai loro piedi che sembrava non avvicinarsi mai. Cora non lo aveva mai visto preoccupato e la sua espressione la inquietò: lui sapeva sempre come padroneggiare ogni tipo di situazione, forse era il nuovo mondo che non gli permetteva di essere il mago potente che tutti temevano?

«Come facciamo?» domandò lei, gli occhi che cominciavano a bruciare a causa della forte corrente

«La magia funziona sempre in modo diverso mia cara..» la voce di Rumpelstilskin scemò verso la fine della frase. Il suo sguardo era fissato su una barriera blu che si stava velocemente avvicinando a loro.. e non riusciva proprio a capire di cosa si potesse trattare. Troppo tardi si accorse della piccola cascata che immetteva acqua cristallina all’interno del tunnel ma, invece di cascare dritta verso il basso, compiva movimenti circolari che formavano, dal nulla, una specie di piccolo laghetto che ostruiva loro la strada «Trattieni il fiato.» esclamò velocemente lui, stringendo forte le dita di Cora mentre, entrambi, si preparavano all’impatto: dall’altezza da cui erano caduti, sarebbe stato sicuramente come sbattere contro un muro di pietra.

Chiusero entrambi gli occhi e, sorprendentemente, la sensazione di mutare mutò in una molto più piacevole: stavano galleggiando.. o era solo impressione?

Rumpelstilskin fu il primo ad aprire gli occhi e a constatare che, effettivamente, quell’acqua aveva accolto entrambi come un soffice materasso e aveva fatto visibilmente decelerare il loro precipitare. Non era sicuro di provare anche a respirare in un’acqua che non sembrava acqua, quindi si limitò a stringere la mano di Cora, spingendola ad aprire, a sua volta, gli occhi.      
Non passarono che pochi istanti prima che lo strato d’acqua cessasse, facendo proseguire la loro avanzata accompagnati da una sottile lingua d’acqua azzurra; il lato positivo di quello strambo laghetto era che li aveva lasciati asciutti, incolumi e aveva rallentato la loro folle corsa.

Cora osservò stupefatta gli oggetti che fluttuavano accanto a loro, forse reduci da quella strana acqua che li aveva salvati: vedeva quadri con lepri dalle lunghe orecchie bianchi ed abiti eleganti, vedeva vasi ricchi di fiori, vedeva pale di mulini, ruote di arcolai e scarpe che si inseguivano a vicenda. Non era certa se chiedere o aspettare che quelle stranezze finissero, perciò si limitò a lanciare un’occhiata perplessa a Rumpel

«Non fare domande, cara.. Wonderland è un regno strambo.» per lui era una risposta abbastanza esauriente, per lei lo era in parte.      
Continuarono a fluttuare per altri minuti, poi, senza preavviso, Cora notò un motivo a scacchi che, da puntino incolore, si stava trasformando in un vero e proprio pavimento. Rumpelstilskin sorrise.

«Ci siamo.» ghignò lui, sistemandosi con i piedi rivolti verso terra e subito Cora lo imitò.

Vennero accompagnati gentilmente fino alla piccola stanza circolare, piena di porte, quando sollevarono lo sguardo verso l’alto, per vedere a che punto si trovava il cielo, rimasero entrambi sconvolti dal fatto che l’apertura della tana del coniglio si trovava a pochi metri sopra i loro nasi. Si sentivano entrambi raggirati, ma non ci potevano fare nulla

«Proseguiamo..» mormorò lui con una smorfia. Cora lo seguì fiduciosa mentre si sedeva a terra, le spalle ad un tavolino di cristallo ed ottone. Rumpelstilskin estrasse dalla sua scarsella un libricino in pelle dalle lettere sbiadite e fece scorrere velocemente le pagine. Lei non comprese molto, eppure, dai sottili disegni neri, comprese che si trattasse di un libro che parlava proprio di quel mondo

«Che dice?» domandò curiosa, allungando il collo per poter vedere meglio. Lui le indicò una figura

«Siamo diretti qui.» picchiettò con l’unghia sulla pagina «E’ un labirinto speciale. Oltremodo pericoloso, certo.. ma al suo interno si trova ciò che cerchiamo.» la donna annuì «Per arrivarci, da qui.. la strada è lunga.» le sorrise e si alzò in piedi «Ce la faremo.» annuì fiducioso e si posizionò davanti a lei

«Devo dirti io come arrivarci?» chiese contrariata, le labbra piegate in segno di dissenso: non aveva la minima idea di cosa fare e, men che meno, da dove partire.

«Per di qua.» squittì allegro lui, facendo un paio di passi indietro e scostando una pesante tenda rossa. Cora non vide nulla, in un primo momento, poi scorse, vicino alla sua caviglia, un piccola porta finemente intarsiata

«Non ci passeremo mai.» protestò lei, indicandola con la mano

«Abbiamo la magia, non mi stavi ascoltando?» Rumpelsilskin ridacchiò «Di solito ci vogliono minuti interi per capire che bisogna mangiare il biscotto, la pozione, prendere la chiave che sta sul tavolino.. troppo complicato.» Cora si era persa quando aveva incominciato a parlare del biscotto. Aveva capito poco e niente, ma non fece domande

«Devo rimpicciolirci?» chiese titubante, lui annuì

«Precisamente.» Rumpelstilskin si allontanò per qualche istante per recuperare una piccola chiave e ritornò alla posizione in cui si trovava poco prima «Puoi farcela, mia cara.» la incitò e lui le sorrise incoraggiante. Cora prese un profondo respiro prima do concentrare le sue energie e i suoi pensieri su ciò che doveva fare, allungò le mani verso di lui e quando sentì le dita pizzicare, lasciò che la magia scorresse attraverso di lei. Quando riaprì gli occhi un Rumpel alto poco più di dieci centimetri saltellava vivacemente. Lei sorrise a quella buffa visione.

Le fece un cenno con la mano e, poco tempo dopo, si ritrovò accanto a lui. Tutto sembrava enorme da quella prospettiva

«Sei stata brava, mia cara.» le prese la mano e aprì con uno scatto la porticina che, ora, li superava di almeno il doppio della loro altezza.

C’era un mondo meraviglioso ad attenderli dall’altra parte: cavalli a dondolo con ali da libellula, albero dai tronchi rotondi e rami multicolore dalle foglie tanto movimentate da parere vive, fiori alte come case che cantavano strambe melodie.
Cora non riuscì a pensare a quel mondo, era troppo strano e impossibile per lei. Pensò a tutto e a niente, riuscendo solo a ricordare che, in quel mondo, pareva essere di statura normale, nonostante nella foresta Incantata sarebbe stata alza quanto un bicchiere

«E se poi non ritornassi più della mia statura? Se restassi così per sempre?» Rumpelstilskin ridacchiò della sua voce, appena più acuta del normale. Le prese la mano e presero, insieme, ad incamminarsi su un piccolo sentiero di ghiaia viola

«Ti porterei in giro nella mia piccola tasca.»

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Capitolo 10
*** Cap.10 ⁓ ℙurple & 𝔹lue ***


Sembrava di stare camminando da ore, eppure, se si voltavano indietro, si rendevano conto di aver percorso solo pochi metri. Era la loro statura che giocava brutti scherzi oppure era quel mondo che, fin dal loro arrivo, stava tentando di imbrogliarli?

«Da che parte dobbiamo andare?» tutta la curiosità di Cora per quel mondo era velocemente scemata una volta compresa l’illusoria natura di quel luogo

«Mmh..» Rumpelstilskin non era meno frustrato: la sua magia funzionava diversamente e quando tentava di ingannare quel sentiero per trasportarsi all’incrocio che vedeva davanti a lui, si ritrovava retrocesso dei pochi metri guadagnati. Aveva tentato anche di pensare al contrario, desiderando di andare all’indietro, ma nemmeno quello aveva funzionato

«Nord..? Ovest?» lo incalzò Cora, guardandosi attorno con occhi stanchi e poggiando le mani ai fianchi per riprendere fiato. Erano sfiniti e avevano percorso solo qualche metro dalla porticina. L’incrocio sembrava sempre tanto distante..

«Noriente.» mormorò lui, girando più volte il libro che aveva in mano. Aveva pronunciato quella parola con semplicità, eppure lui era il primo a non averne compreso il senso. La donna sospirò senza fare domande

«Vivere qui deve essere un incubo.» Rumpelstilskin scrollò le spalle mentre aumentava il passo con espressione infastidita

«Credo sia solo questione di abitudine.» bofonchiò e quando finalmente giunsero sotto il cartello, alzarono il naso per poter leggere i nomi riportati sul legno scuro. Erano scritti in strani caratteri e nessuno di quei luoghi portava il nome di una vera e propria direzione come nessuno di quelle poteva essere un vero e proprio regno o un vero e proprio villaggio. Sembravano essere tutti l’unione di qualcosa e le combinazioni erano a dir poco strampalate

«Cambierebbe qualcosa se tornassimo delle nostre stature?» Cora aveva ancora lo sguardo putato su uno dei cartelli, anche se non riusciva a comprenderne nemmeno uno; stava decidendo se fosse affascinata da quel mondo, oppure spiazzata, non lo sapeva ancora per certo

«Forse.» mormorò lui. Cora puntò lo sguardo su di lui e mentre la sua solita espressione divertita e determinata stava per formarsi sul suo viso – era quello il sorriso che aveva sempre quando stava per compiere una magia – Rumpelstilskin le afferrò i polsi, facendola, volutamente, distrarre.

«Niente magia, mia cara. Almeno per ora.» le diede un fugace bacio per sopprimere velocemente la sua arrabbiatura «In questo mondo la magia funziona diversamente. Rischieremmo di diventare ancora più piccoli.» forse. La voglia di tentare era forte, eppure non poteva rischiare di farli diventare ancora più piccoli o troppo alti, visto che la teoria del contrario era assolutamente relativa.

Diede le spalle al cartello, cercando di non notare il fatto che la piccola porta da cui erano passati, era distante solamente una decina di metri: se ci avesse pensato, probabilmente l’impulso sarebbe stato quelli di distruggere la porticina – che ora si trovava da sola, come fosse stata un fiore che sorgeva dalla terra, priva di muro, in cima ad una collinetta verde smeraldo.

«Di qua.» Rumpelstilskin si era confuso un paio di volte tra i cartelli e più volte si era corretto tra destra e sinistra: erano privi di una guida, erano soprattutto privi di una mappa e in quel luogo sconfinato ricco di creature che non avrebbero dovuto avere la facoltà di parlare, non c’era creatura che serbava qualche traccia di umanità a cui chiedere. Cora aveva tentato di domandare indicazione ad uno di quegli altissimi fiori colorati, ma lui aveva preso a cantarle in faccia con una nota acuta e subito dopo tutti gli altri gli avevano fatto da coro; Rumpel l’aveva tolta di torno appena in tempo, trascinandola via di peso, prima che un enorme dente di leone riuscisse ad azzannarla. Avevano dunque deciso di non fidarsi più di quelle creature e di parlare solamente con qualcuno che avesse conservato una parvenza di civilizzazione.

Presero a camminare con passo sicuro sul sentiero di ciottoli porpora, che scricchiolavano piacevolmente sotto le suole delle loro scarpe. Quella volta sembravano avanzare normalmente, il cartello si allontanava gradualmente man mano che proseguivano e la foresta si faceva sempre più fitta. Quegli alberi erano abbastanza simili a quelli a cui erano abituati, la differenza era che al posto delle foglie versi, sfoggiavano dei sottili cerchi di stoffa blu, che frusciavano rumorosamente ad ogni alito di vento; attorno a loro c’era una piacevole luce verdastra e brillante e le loro orecchie sature di una strane melodia che ricordava il cadere regolare della pioggia e le note acute di flauti. Era un luogo affascinante, nonostante tutto.

«Rumpel io ho fame..» Cora lo fissò e solo in quel momento si accorse di provare lui stesso un forte languore. Aveva pensato di far comparire qualcosa da mangiare, eppure un attimo prima di agitare la mano, si bloccò, temendo di invocare pietanze immangiabili o cose che nulla avevano a che fare con il cibo

«Mhh..» bofonchiò irritato, conducendo entrambi appena fuori dal sentiero e sedendosi sull’erba morbidissima, anch’essa di stoffa e anch’essa blu come la notte. Fu in quel momento che notò la strana fauna che popolava quei boschi: quelle che avevano creduto strane farfalle bianche e gialle erano in realtà buffe fette di pane imburrato. Fu sufficiente una rapida occhiata perché i due, scattando in piedi, prendessero a rincorrere gli strani volatili e a saziarsi con quei dolci inaspettati

«Bene, ora direi di riprendere il cammin--» Rumpelstilskin girò più volte su se stesso.

«Dov’è il sentiero?» era impossibile che fosse sparito. Erano rimasti rasenti ai ciottoli violacei, mentre rincorrevano le fette di pane imburrato, proprio per evitare di smarrirsi e ora.. ora si ritrovavano in mezzo ad una foresta sempre più buia, tutta uguale, che sembrava averli inghiottiti. Non sapevano nemmeno da quale parte fossero giunti. Rumpel notò con la coda dell’occhio un grosso cane con la coda a forma di scopa che, soddisfatto, ripuliva quello che rimaneva del sentiero: una chiazza purpurea che scomparve in pochi istanti. Il cane corse via allegro non appena lui tentò di avvicinarsi.

«E adesso che facciamo?» chiese lei, appena spaventata dagli strani vecchi che provenivano in lontananza

«Immagino che ci converrà aspettare l’alba. Non è saggio avventurarsi nella foresta di notte.» Rumpelstilskin si guardò attorno a lungo, per sincerarsi che dal cespuglio, mossosi fino a pochi istanti prima, ne uscisse un serpentello con il muso da scoiattolo.. e che quindi non fosse una minaccia. Sospirò, selezionando con minuzia una albero abbastanza alto e con i rami alquanto vicini al suolo, ma non troppo.. sarebbe stato un luogo perfetto per dormire e si sarebbero protetti dalle creature più pericolose dal momento che non conoscevano nessuna delle minacce che avrebbero potuto incontrare

«Il lato positivo è che sono tremendamente comodi..» mormorò compiaciuta Cora, sistemandosi con la schiena contro il tronco dell’albero e facendo posto a Rumpel mentre si sistemava al suo fianco

«Queste fronde speciali ci ripareranno dal freddo.» le baciò la guancia e la abbracciò, preparandosi a dormire e cercando di non pensare al freddo che, inesorabile, stava calando

«Pessima idea!» sobbalzarono entrambi per quella voce inattesa, roca ed accompagnata da sottili fusa. I due si guardarono attorno a lungo

«Chi ha parlato?» Rumpel prese la parola, aguzzando lo sguardo verso un gruppo di foglie più fitto

«Il bosco gela la notte e voi, piccoli vermetti nudi, non avete pellicce.» Cora vide con sorpresa due occhi grandi e azzurri comparire dal nulla, poi due lunghe orecchie a punta e, infine, i corpo di un gattino grigio con la coda pelosa. Era un cucciolo e aveva la voce di un uomo adulto.          
Era strano, curioso che parlasse, era sproporzionato.. eppure era la cosa più simile al concetto di normale che avessero visto fino ad allora

«Ci puoi indicare la strada?» Rumpel alzò dubbioso il sopracciglio e dal suo viso era sempre presente un’espressione stranita e diffidente

«Io so tutto e non so niente, dipende da quello che sapete voi.» il gattino si mise seduto e, nel guardare entrambi, sfoggiò un sorriso più largo del suo muso.

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Capitolo 11
*** Cap.11 ⁓ 𝔽lwasps ***


«So che parlare con un gatto è una perdita di tempo.» sibilò Rumpelstilskin, e in tutta risposta ottenne un’agitata di coda

«Senza dubbio.» miagolò lo strano animale e, senza preavviso, prese a fluttuare attorno a loro: il suo corpo sembrava composto da fumo violaceo entro il quale le sue pelose zampe scomparivano «Tuttavia.. miei cari vermetti, gelerete tra poco. Le fiocchespe non perdonano.» Cora osservava la scena in silenzio, cercando inutilmente di capire quelle frasi e quei nomi strani che, di tanto in tanto pronunciava

«Fiocchespe?» domandò perplessa e il gatto annuì con aria saccente

«Pungono tutti. Tranne quelli che hanno un soffice pelo nero e grigio.. come il sottoscritto.» spiegò tranquillamente mentre la sua coda, fattasi più affusolata, fungeva da dito indicando le strisce di vario colore che costituivano il manto del felino. Non aveva nemmeno finito di spiegare che un lieve canto catturò la loro attenzione

«Cos’è?» la donna aveva parlato con voce flebile

«Sono loro. Vi conviene scappare. Io vi ho avvisato.» il gatto sorrise nuovamente, ancora più largamente di prima, se possibile, ma per quando quel fastidioso canto si era fatto molto più forte, di lui rimanevano solamente i grandi occhi blu sospesi nel vuoto e, pochi istanti dopo, nemmeno quelli.

Rumpelstilskin si voltò nuovamente, incontrando lo sguardo di Cora, incapace di pensare logicamente su cosa potessero essere quelle fiocchespe di cui aveva parlato il gatto e, prima di tutto, se ci si poteva fidare di un felino aveva facoltà di parola e con un sorriso inquietante.         
«Cosa ne pensi..?» Cora gli rispose con uno sguardo confuso e perplesso ed una lieve scrollata di spalle

«Se quel micino diceva il vero, non siamo poi molto al sicuro..» aggrottò le sopracciglia quando sentì il canto ancora più forte

«Non chiamarlo micino.» bofonchiò irritato Rumpelstilskin, provocando la risata divertita di Cora; non passò poi molto tempo prima che le sorridesse anche lui.

Era di gran lunga quel rumore a preoccuparlo e il fatto di non sapere cosa aspettarsi, non gli piaceva affatto

«Queste fiocchespe non ci sono nel libro.» commentò poi, sfogliando velocemente le pagine del libro. Stava cominciando a pensare che quel gatto avesse detto loro una bugia per sviarli dal sentiero, magari per fare loro prendere la strada, e anche se il motivo per compiere una cosa del genere poteva ricondurlo solamente al fatto che fossero due stranieri, non escludeva l’ipotesi che quel felino li avesse raggirati.

Eppure quel canto si sentiva sempre più distintamente. E non era più un canto, sembravano degli strani gorgheggi acuti

«Rumpel, che sono quelli?» Cora aveva puntato il dito su quella che parevano tanti uccellini assieme che si muovevano in modo irregolare tra le fronde degli alberi

«Ti direi che sono.. api..» disse poco convinto, cercando di aguzzare la vista. Sì, sembravano api oppure vespe.. ma non ronzavano e al posto dell’acceso colore giallo erano a strisce nere e bianche con due grossi pungiglioni ricurvi.. poteva vederlo bene, ora, perché una di loro, staccatasi dal gruppo, si era posata sull’albero di fronte al loro. Non erano sembrate minacciose finchè quella piccola vespa, piantati i denti aguzzati nel tronco dell’albero, lo fece trasformare in un blocco di ghiaccio in pochi istanti; le foglie che prima erano blu e fruscianti ora si polverizzavano ad ogni soffio di vento.

«Ecco la neve. E quelle sono vespe. Un nome indicato, non trovate?» il sorriso del gatto comparve di fronte a loro mentre la sua coda indicava prima i mucchi di ghiaccio accatastati alle radici dell’albero e poi lo sciame in rapido avvicinamento «Io vi suggerirei di darvela a gambe, miei cari vermetti.» sbattè per un paio di volte i grandi occhi blu prima di scomparire nuovamente.

La vista dell’albero ghiacciato che si sgretolava era sufficiente per entrambi, quindi si affrettarono a scendere velocemente dal loro albero e presero a correre cercando di evitare di venire punti da quegli spiacevoli insettini.

Rumpelstilskin provava un certo odio per quella creatura che, prima gli aveva informati del pericolo e poi non aveva fornito loro un luogo di salvezza. E poi, perché era sempre stato tanto vago nelle sue risposte? Che l’avesse mandato qualcuno da loro? Forse il proprietario di quello strambo regno? Che motivo aveva di prendersela con loro? In fondo si erano recati in quel luogo per prendere un oggetto indispensabile e di cui loro, strambi abitanti, certo non erano sforniti.. E se li avesse scambiati per ladri, come aveva saputo del loro arrivo?

«Per di qua!» esclamò Rumpel, saltando oltre un ramo caduto e, seppur con un po’ di difficoltà a causa del vestito, anche Cora lo seguì

«Dove stiamo andando?» chiese con il fiato corto mentre, alle loro spalle, la foresta si riduceva in cumoli di ghiaccio cristallino sotto i denti di quelle creature e tra i loro canti apparentemente stonati

«E’ una scorciatoia per il labirinto, secondo il libro..» gli occhi di Rumpel viaggiavano famelici tra gli alberi, in cerca di un qualsiasi oggetto che gli indicasse il cammino. Voleva ritrovare il sentiero, o qualche rimasuglio di esso, voleva trovare dei cartelli, per quando confusionari fossero, ma più di tutto desiderava uscire dalla foresta: secondo la logica, le creature della foresta rimanevano nella foresta così come quegli altissimi fiori pazzi rimanevano nella piccola radura vicino alla collina. Non era molto, come ragionamento, ma era qualcosa.

«Ma dove andiamo?» domandò lei, mentre si lasciava trascinare per il polso verso l’unica fonte di luce visibile, che sembrava segnare la fine di quegli alberi blu

«Andiamo a festeggiare il fatto che oggi non è il nostro compleanno.» squittì allegro non appena furono fuori dall’intrico degli alberi e notò che quelle vespe micidiali non li seguivano più «Prenderemo un thè con il cappellaio, la lepre e il ghiro.» le indicò una casa storta ai piedi della collina con un grosso albero arancione che faceva da tetto. Cora lo guardò stranita

«Stai cominciando a parlare come loro.»

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Capitolo 12
*** Cap.12 ⁓ 𝕎rong ℙath ***


Era decisamente una situazione strana quella che stavano osservando, nascosti, tra i rami di un cespuglio. Non solo la casetta di legno e paglia sembrava in procinto di collassare su se stessa, non solo era pericolosamente storta e non solo aveva, per tetto, une enorme albero arancione che sembrava fatto di vetro, ma le sue radici si muovevano sinuose, fuori dal terreno ed una di queste, invece di chiedere acqua dal terreno, compiva una prepotente svolta all’insù e dalla punta ne usciva, a zampilli, acqua limpida che si convogliava in una conca a mo’ di fontana.

All’ombra di quelle strane foglie dai colori del tramonto si trovava una lunga tavolata, come quelle regali, pronta ad accogliere almeno trenta persone, eppure c’erano solo tre briosi invitati, tutti pigiati in un angolo della tavola. Ogni posto a sedere era elegantemente apparecchiato con tazze di ceramica, teiere dai colori tenui e posate d’argento mentre, al centro, erano esposti dolci di tutti i tipi, molti dei quali non avevano mai né visto né assaggiato, invitanti e profumatissimi, accanto a lunghi candelabri dai quali colavano lunghi fili di cera.

Sembrava un’allegra comitiva intenta a fare festa, eppure ripetevano in continuazione poche frasi e tutti sembravano gioire del fatto che non fosse il compleanno di nessuno.

Strambi, pensò Cora e altrettanto fece Rumpelstilskin.

Cercò di non soffermarsi poi troppo sul fatto che quelli che stavano cantando spensieratamente fossero uno strambo ometto con il nasone ed un cilindro troppo grande per la sua testa, una lepre dagli occhi sporgenti e una camicia strappata che giocava maniacalmente con un cucchiaio e un ghiro con due grossi stivali ai piedi che si svegliava di tanto in tanto, per dare un morso ad un biscotto, sibilando di sonno mentre si univa ai festeggiamenti.

«Non dobbiamo farci vedere.» mormorò Rumpel, tirando appena Cora per il braccio verso il sentiero che, silenzioso, proseguiva oltre una delle colline a nord, dietro la casetta storta

«Perché? Sembrano innocui..» la donna lo seguì, eppure si sentiva incuriosita da quei tre, dai loro inusuali festeggiamenti e, soprattutto, a quei dolci che profumavano di zucchero e cannella

«Sembrano.» confermò lui «Ma il libro è molto chiaro a riguardo.» si acquattò dietro ad un tronco e Cora lo imitò

«Perché, che hanno che non va?»

«Tutto. Non li hai visti?» Rumpelstilskin li indicò con le dita tese e un’espressione che voleva sottolineare l’ovvietà delle parole che aveva appena pronunciato. Ad una seconda occhiata, Cora non poteva dargli certo tutti i torti «Se mangi uno di quei dolci o bevi un po’ di quel thè.. non potrai mai più farne a meno. Senza accorgertene vorrai rimanere a quella tavolata in eterno e con il passare del tempo.. si diventa matti.» spiegò. Fu in quel momento e Rumpelstilskin si abbassò, mentre una tazzina si frantumava sul tronco d’albero, nel punto preciso dove, fino a pochi istanti prima, c’era la sua testa; Cora notò che la lepre era saluta sul tavolo e stava brandendo una lunga forma di pane a mo’ di mazza mentre il cappellaio, piegato in due dalle risate, lanciava in aria una tazzina dopo l’altra per farle colpire dal proprio compare. Il ghiro rideva a tratti, nel sonno

«Vieni.» sibilò infastidito lui e, confidando nel fatto che non li avessero visti, proseguì il cammino sul nuovo sentiero. «Ci siamo risparmiati una seccatura..» sospirò, il naso all’insù per osservare i cartelli piantati, disordinatamente, nel terreno.

«Dice che per il labirinto bisogna andare.. a giud.» lesse Cora sicura. Si ritrovò confusa solamente quando comprese che la direzione indicata era quella da cui erano giunti

«Destra o sinistra?» domandò Rumpelstilskin, demoralizzato di non riuscire a trovare una soluzione logica anche per la più piccola cosa: quei sentieri erano del tutto inaffidabili, per non parlare dei cartelli e le loro indicazioni e loro non sapevano su cosa contare se non il loro istinto e qualche consiglio, caduto dal cielo, di cui non potevano in alcun modo verificarne l’affidabilità.

«Destra.» rispose lei non troppo convinta e pochi istanti dopo si ritrovarono su un sentiero a scacchi bianco e rosso.         
Prometteva bene? Forse no: Rumpelstilskin aveva letto di quella spiacevole faccenda delle rose e quei due colori non riusciva ad associarli a nient’altro se non a quello.

Camminarono a lungo, minuti e forse ore in cui non capirono se fosse un’illusione come i pochi metri davanti alla porta, oppure se fosse un sentiero talmente lungo da sembrare interminabili

«Non di là, vermetti.» il sorriso del gatto sornione fece di nuovo la sua apparizione, bloccando i due con i suoi denti aguzzi a pochi centimetri dai loro visi. Rumpelstilskin gli rivolse una smorfia contrariata e, per un attimo, gli mostrò i denti «Non vorrete andare proprio oggi al castello de re!»  del gatto ora era visibile anche il corpo, composto di fumo che, piano piano, prendeva sempre più forma e consistenza.

Cora si distrasse per un attimo dal micio: era convinta di aver visto qualcosa rotolare sotto un cespuglio al lato del sentiero. Tirò la manica di Rumpel, ma questo era impegnato a scoprire i misteri che quello strano felino stava celando

«Perché no? E’ forse lui che non ci vuole? Come ha fatto a sapere del nostro arrivo? Qualche uccellino con pelo e coda gli avrà spifferato qualcosa, non è vero?» puntò l’indice in mezzo ai due grandi occhi celesti ma ricevette solo un largo sorriso in cambio

«No, miei cari vermetti. E’ giorno della caccia ai lepricci. La regina ama giocare a Croquet.» il gatto si rivoltò su se stesso, finendo per fluttuare sulla sua schiena mentre guardava, lo sempre più da vicino

«Lepricci? Croquet?» Rumpelstilskin si era avvicinato all’animale, deciso ad acciuffarlo per farsi piegare, ma quando strinse il pugno, non afferrò altro che aria.

«Io vi ho avvisato.» si voltarono giusto in tempo per vedere il muso del gatto che, alle loro spalle, svaniva velocemente. Né Rumpel né Cora avevano domande da farsi: oramai avevano accettato la loro situazione di inerzia.. dovevano lasciarsi trasportare ed adattarsi n quel mondo con le loro capacità.

«Credo di aver visto qualcosa..» Cora si schiarì la voce e, indicato il cespuglio, si chinò per poter osservare meglio e Rumpelstilskin, subito, la imitò.  
Scostarono alcune foglie basse e, nell’ombra, scorsero due occhietti luminosi che li fissavano. Non riuscivano proprio a capire di che animale si trattava, finchè non squittì vivacemente

«E’ un topo.» Rumpel non ne era poi troppo convinto e, quando tentò di afferrarlo per portarlo alla luce, ritrasse subito la mano a causa di un inaspettato dolore

«Punge.» disse stringendo il pungo con le sopracciglia aggrottate.       
Si allontanò appena e quando entrambi gli lasciarono abbastanza spazio, la creaturina si avvicinò ai loro piedi, rivelando la sua forma di riccio con quattro lunghe zampe ricurve che gli permettevano di correre veloce e saltellare

«Com’è carino!» sorrise Cora

«Sì, sì. Ma ora torniamo indietro, dobbiamo prendere l’altro sentiero..» per quando Rumpel si era girato, la donna aveva già preso in mano la creaturina e gliela stava mostrando mentre, seduta compostamente sui suoi palmi aperti, sbatteva i due piccoli occhi neri e vispi «No.» mormorò alzando un sopracciglio. Cora lo supplicò con lo sguardo «Non possiamo tenerlo.» disse con voce sicura

«Ma è tutto solo..» continuò lei con voce appena lamentosa

«Solo non direi..» Rumpelstilskin le indicò una massa informe in rapido avvicinamento: tantissimi lepricci appallottolati su loro stessi, che rotolavano lungo il sentiero senza un ordine preciso e, dietro di loro, un branco di soldati con uniformi di carta che li inseguivano con lance acuminate.. e non avevano intenzione di fermarsi.

«Va bene, va bene, lo teniamo.» si affrettò Rumpel, girandola e sospingendola per la schiena sul sentiero, nella direzione opposta dalla quale erano venuti.

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Capitolo 13
*** Cap.13 ⁓ 𝕄aze ***


Continuarono a correre il più veloce possibile mentre i lepricci, spaventati e confusi, rotolavano accanto a loro e, più di una volta, rischiando di farli cadere.         
Rumpelstilskin non riusciva ancora a capire come quelle piccole creature servissero a far divertire i sovrani, a meno che quella non fosse come la caccia al cervo che si organizzavano nella Foresta Incantata.. E allora perché non c’erano anche altri nobili che inseguivano le prede? E perché scegliere delle creature così ordinarie da seguire e non quelle più sfuggenti per aumentare il diletto? Insomma, si potevano organizzare facilmente alcune reti e catturarne a centinaia senza il minimo sforzo.

«Tagliategli la testa!!» Cora si voltò per un istante e quando si accorse che quella frase era rivolta a loro, spalancò gli occhi dalla sorpresa: che avevano fatto di male per meritare una simile sorte?

Seguirono il sentiero correndo a perdifiato, oltrepassarono un ponticello che passa sopra ad un fiumiciattolo violaceo che profumava di lavanda, svoltarono dietro a molte colline eppure quel gruppetto non si disperdeva mai, come se la caccia non fosse più ai lepricci ma a loro due

«Per di qua, vermetti.» il sorriso sornione dell’ormai consueto felino si materializzò davanti a loro, poi i grandi occhi blu e infine la coda, a punta, che indicava una siepe più rada delle altre. Quella volta non se lo fecero ripetere due volte, sia per stanchezza che per mancanza di tempo.

Si buttarono entrambi in quello stretto spazio, schiacchiandosi il più possibile per non farsi vedere e quando si furono sistemati, il gatto si mise davanti a loro e, nel momento esatto in cui la prima guardia, dietro all’ammasso informe di lepricci in fuga, apparve dietro l’angolo con la lancia stretta in mano, il corpo del micio si trasformò in rami e foglie del tutto similari a quelle che c’erano vicino a loro. La guardia si guardò confusamente attorno e, con un nasale “li ho persi di vista” proseguì la sua corsa seguito dal resto delle guardie rettangolari e sottili come un foglio di pergamena, un cavallo piccolo e grassoccio che trottava a testa alta sotto il peso di un’enorme signora con le labbra a cuore e un cavallo più grande, forte e muscoloso, che portava sulla groppa un ometto piccolo e baffuto con la corona in testa. Era un’immagine decisamente buffa da osservare, eppure era il loro territorio, erano in tanti e, senza la magia, non avrebbero potuto avere la meglio se non fosse stato per quel nascondiglio

«Ci è mancato poco, vermetti miei, dovreste stare più attenti e dare retta allo stregatto.» li canzonò il gatto, girando su se stesso

«Stregatto?» domandò curiosa Cora, impegnata tuttavia a sincerarsi che il piccolo lepriccio – a giudicare dalla grandezza dei suoi compagni, un cucciolo – stesse bene dopo la corsa

«Io, vermetti. Sono.. la vostra guida, diciamo.» miagolò con voce profonda prima di ritornare della sua forma evanescente e lasciarli uscire dal loro nascondiglio.

Rumpelstilskin lo guardò con una smorfia circospetta. Non veniva da un mondo in cui i favori non si pagavano e soprattutto, lui, non era tipo da ricevere o dare favori senza nulla in cambio: era il barattatore per eccellenza

«Perché ci aiuti?» chiese con un sibilo, incrociando le braccia al petto

«Perché è quasi pienamente mio compito.» disse lui, estraendo un unghia facendola sbattere con le altre «Il brucaliffo mi ha assegnato voi due vermetti per aiutarvi a prendere una certa cosa. Così, ecco.. lui spera di ottenere un oggettino minuscolo che si trova nello stesso luogo in cui state andando voi..»

«Perché non è venuto lui?» domandò Rumpel dubbioso. In risposta lo Stregatto rise per pochi istanti

«Con quelle zampette non riuscirebbe a fare cinque metri prima di venire schiacciato.. La sua forza sta nella sua conoscenza.» spiegò «E un animale con le mie capacità evanescenti non può mettere piede nel labirinto.. la magia là non ha effetto.. scomparirei in un battito di ciglia.» aggiunse «Io vi condurrò là.. ma una volta dentro, dovrete cavarvela da soli.» Rumpelstilskin sembrò soppesare la proposta a lungo, poi annuì, sospirando, perché non poteva ignorare il fatto che, in quel luogo cos differente ed estraneo, non se la sarebbe cavata tanto bene quanto avrebbe fatto a casa sua

«Deal.» mormorò, seppure riluttante

«Molto bene.» miagolò felice il gatto, muovendo la sua coda e puntandolo verso un bivio poco distante «Loro si saranno diretti al castello. Non penseranno mai che siate così sciocchi da addentrarvi nel labirinto.. Quindi.. a sinistra.» il suo sorriso si allargò, poi prese a fluttuare accanto a loro seguendone il passo. Rumpelstilskin ignorò spontaneamente il fatto che avesse dato loro, indirettamente, degli sciocchi, focalizzandosi principalmente sul sentiero dalle mattonelle gialle e arancioni con cerchi di varie dimensioni a decorarle che conduceva verso quella che sembrava una foresta sterminata di siepi verde scuro dai rami minuziosamente accorciati di modo che formassero forme squadrate e precise

«Ci siamo quasi, vermetti. Una volta al centro troverete un piccolo mausoleo. Vi sarà un enigma per entrare.. troverete ciò che serve a voi e ciò che serve al brucaliffo.» il gatto li precedette ancora per qualche metro, fermandosi davanti all’entrata del labirinto: una grossa porta a forma di arco con rose e ferro battuto che reggeva un elegante cartello che recitava “Se sei matto, non entrare.”

«Anche noi abbiamo la magia.» mormorò Cora, tanto poco convinta quanto lo era Rumpelstilskin

«Ma voi non siete composti tutti da magia e non venite da questo mondo. Perderete solamente la facoltà di usare la magia.. dopotutto non siete matti, ancora.» il gatto si sdraiò sull’erba, appallottolandosi pacatamente «Entrate pure, vi aspetterò qui.»

Rumpelstilskin sospirò, afferrando la mano di Cora mentre quest’ultima sistemava il lepriccio nella scarsella di cuoio che portava a tracolla; ne spuntavano solo il naso appuntito e i due occhi neri e vispi dall’apertura

«Che dobbiamo recuperare?»

«Un bozzo.» allungò per un attimo le zampe, mimando un oggetto di dimensioni simili a quelle di una forma di pane «Il brucaliffo ha bisogno di un cambiamento.. e anche voi due, a quanto sembra.» tracciò delle figure senza senso tra i fili d’erba, con noncuranza, prima di appoggiare il mento alla zampa ed osservarli con aria saccente pur rimanendo in silenzio. Rumpel non aveva capito il significato di quelle parole, eppure comprendeva che non preannunciavano nulla di buono

«Buona fortuna, vermetti, la vostra avventura non è che all’inizio.» miagolò, chiudendo gli occhi e sbadigliando rumorosamente «State attenti a non farvi sbranare.» disse lui, prima di addormentarsi, ma né Rumpel né Cora l’aveva udito.

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Capitolo 14
*** Cap.14 ⁓ 𝔽yllateras ***


Era praticamente impossibile orientarsi tra quelle siepi: erano altissime e ricche di spine, quindi non era possibile arrampicarsi su di essi per vedere a che punto del labirinto si trovassero.. inoltre una cosa del genere sarebbe stato classificato con un imbroglio e non erano sicuri di passarla liscia se non giocavano secondo le regole.
Ogni tanto si sentivano rumori ben poco rassicuranti, sordi boati che provenivano dalle loro spalle oppure dei fruscii di foglie qualche corridoio più in là

«Dobbiamo lasciare qualcosa indietro.» mormorò Rumpelstilskin demoralizzato, mentre osservava il muro verde davanti a loro che li aveva rinchiusi nell’ennesimo vicolo cieco

«Non abbiamo niente..» lui grugnì contrariato, perché sapeva che, in fondo, aveva ragione Cora. Eppure dovevano pur trovare qualcosa per segnare la loro direzione, altrimenti avrebbero rischiato di girare intorno senza nemmeno rendersene conto.

«Una volta fuori di qui ne creerò degli altri..» borbottò Rumpel, alzando una gamba e rimanendo in equilibrio con l’altra mentre si slacciava lo stivale e lo appoggiava a terra; lo aveva sistemato con la punta rivolta nella direzione che avrebbero preso, così, se ci fossero ritornati, sarebbero andati nella direzione opposta.

Per quando entrambi furono a piedi nudi, senza né scarpe né calzini, capirono di star procedendo a vuoto e ogni loro piccola, presunta, vittoria, non si rivelava un fallimento

«E’ inutile..» si lamentò Cora, recuperando per la sesta o settima volta la sua scarpa, per poi riposizionarla più avanti al bivio successivo «Non capisco proprio perché questo metodo non debba funzionare..» ma, nel momento stesso in cui raddrizzò la schiena, tutto parve chiaro: un muro verde, dal nulla, si stava creando davanti a loro, ostruendo la strada che, di lì a poco, avrebbero percorso.

Quel labirinto impediva loro di usare la magia.. eppure quei rami e quelle foglie e quelle spine non potevano essere altro se non magiche. Forse dovevano pensare al labirinto come un essere pensante? Sarebbe stata una buona cosa, perché se lo avessero considerato come un nemico, probabilmente avrebbero avuto molte più probabilità e motivazione per sconfiggerlo

«Se ci dividessimo?» propose titubante Cora, ma lui scosse prepotentemente la testa

«Non è mai una buona idea.. rischieremmo di perderci o non ritrovarci più. Inoltre non possiamo essere sicuri che queste siepi siano l’unico trucco di questo posto.. potrebbero esserci creature mostruose per scoraggiare i curiosi..» le disse con voce tranquilla e un sorriso pacato dipinto sulle labbra. Rumpelstilskin sapeva che il suo unico desiderio era quello di uscire da quel luogo opprimente e sconfortante, ma non poteva permettersi errori, quanto più quel labirinto poteva essere popolato da creature pericolose, tentatrici o insidiose

«Tipo..?» chiese la donna curiosa e, mente lui le passava il braccio attorno ai fianchi per convincerla a camminare ancora, si mise ad ascoltare con orecchie attente sia alle sue parole che ai rumori che, sempre più spesso, li facevano sobbalzare

«Non hai avuto tempo per leggere ogni libro nella biblioteca. Nemmeno io, in tutti i miei anni, l’ho mai trovato.. eppure la sezione delle creature fantastiche e leggendarie l’ho esaminata a fondo e più volte. E’ importante conoscere i nemici o quello che può essere scagliato contro di te..» proseguì lui con voce squillante, cercando di sopprimere quel silenzio che cominciava a divenire fin troppo inquietante e accentuava ogni minimo rumore sinistro «Per esempio.. ho sconfitto draghi, Chernabog, ninfe d’acqua, orchi, furie, spiriti succhia anima..» elencò con voce orgogliosa. Cora si trattenne a stento dal chiedergli di raccontare ognuna di quelle storie, pensando poi, in un secondo momento, che quei racconti sarebbero stati molto meglio apprezzati al castello con un buon pasto caldo, su morbidi cuscini e davanti ad un bel fuoco scoppiettante

«E quali di queste si trovavano in un labirinto?» domandò tuttavia, curiosa di quali creature avrebbe potuto, inaspettatamente, incontrare

«Nessuna.» squittì lui allegro «Tuttavia creature come il centauro sono mitologiche e nessuno sa se veramente esistano oppure no..» Cora aggrottò le sopracciglia: non riusciva a trovare il nesso tra quelle creature mitologiche e il labirinto in cui si trovavano. Rumpelstilskin lo comprese subito «Per esempio.. tu hai mai sentito parlare del Minotauro?» Cora scosse la testa

«No, ma non promette nulla di buono.» come se fosse stato chiamato, un sodo boato si fece largo, con un preoccupante eco, tra i corridoi intricati del labirinto: sembrava una grande e pesante porta di pietra che si era aperta

«Una creatura umanoide con la testa e la forza e la natura di un toro.. molto poco amichevole..» spiegò conciso, guardandosi attorno con aria preoccupata. Che quello strano luogo avesse il potere di captare le loro paure e i loro timori? Non sarebbe stata la prima volta.. in passato aveva sentito di luoghi simili. Il fatto che avesse nominato una creatura del genere comportava veramente la sua imminente comparsa? In fondo una labirinto magico che cambiava a seconda della direzione che prendevano i suoi ospiti, poteva creare creature spaventose anche senza che esistessero veramente..

«Perché mai ci dovrebbero essere creature del genere in un labirinto? L’intrico di siepi non è già abbastanza demotivante?» Cora girò su se stessa, sicura di aver sentito un fruscio alle loro spalle

«Sono sempre a guardia di qualcosa..» spiegò Rumpel con occhi stretti e concentrati

«Il mausoleo di cui ha parlato lo stregatto?» ipotizzò Cora, indietreggiando di alcuni passi sotto la stretta guida di lui

«Probabile.» disse velocemente «Sono contenuti oggetti di valore inestimabile.. tra cui quello di cui abbiamo bisogno noi. Farei anche io così se dovessi proteggere qualcosa di importante e raro..»

«Così non sei rassicurante.»

Si immobilizzarono all’istante quando videro un ramo della siepe farsi più spesso sotto i loro occhi, le spine crescere e le foglie - fino a poco tempo prima dei piccoli germogli – aprirsi, e altri rami vicino fare la medesima cosa, crescendo velocemente in loro direzione. Sentirono dei brusii farsi sempre più forti e minacciosi e, infine, da dietro l’angolo più vicino, spuntare un massiccio piede composto da intricati rametti spinosi, poi quattro zampe non meno robusti, un corpo gigantesco e una testa d’albero, apparentemente innocua, che una volta aperte le grandi fauci, rivelava rami acuminati e taglienti. Non aveva l’aspetto di un minotauro, eppure doveva essere il guardiano del labirinto.. delle siepi sterminate non erano evidentemente abbastanza per quel luogo..

«Lo sapevo che non dovevo darti gli stivali.» borbottò Cora spaventata, prima di lasciarsi trascinare via da Rumpel e il misterioso mostro, alle loro spalle, li inseguiva ruggendo.

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Capitolo 15
*** Cap.15 ⁓ 𝔼ngulfed ***


«No, non di qua!» Rumpelstilskin si girò di scatto, finendole contro e sospingendola via mentre un muro di rami si formava alle loro spalle. Più volte si erano trovate a pochi passi da quel mostro e i graffi che coloravano di rosso i loro abiti erano stati causati dalle spine che, sempre più frequentemente, riuscivano a raggiungerli

«Non possiamo scappare in eterno!» esclamò Cora allarmata, constatando che il suo respiro si faceva sempre più corto; le bruciavano i piedi per il terreno argilloso sul quale erano costretti a correre, le bruciava la gola così come i polmoni e Rumpel non era certo messo meglio.

Cora aveva ragione, eppure non potevano trovare un luogo abbastanza sicuro per nascondersi, sia per l’inesistenza di quel “posto sicuro”, sia perché il labirinto era la casa di quel mostro e, con tutte le probabilità, conosceva ogni corridoio, ogni ostacolo e ogni inganno di quelle siepi.

Non potevano scappare, eppure affrontarlo era fuori discussione o, perlomeno, lo era senza essere in possesso della magia. Dovevano per forza riuscire ad arrivare al mausoleo e uscire da quel posto incantato che legava loro le mani.. dopotutto non sarebbe mai comparso quel mostro, proprio in quel momento, se non fossero stati vicini alla loro meta, giusto?

Corsero ancora a lungo, cercando di svoltare più volte possibile nell’estremo tentativo di ingannarlo, ma nulla sembrava funzionare: per quando corressero, svoltassero e fuggissero, quella creatura stava sempre alle loro calcagna, ruggendo e digrignando i denti legnosi mentre protendeva i suoi rami spinosi verso di loro.           
Non sembrava stancarsi mai, a differenza loro e quello costituiva un grosso vantaggio contro il quale non potevano competere a lungo: ben presto si accorsero di non avere più aria nei polmoni, i muscoli delle gambe che tremavano e minacciavano di farli cadere da un momento all’altro e, tanta era stata la paura e la fatica, che la loro vista era appannata e stanca e le loro menti lavoravano più lentamente del solito. Era una situazione decisamente spiacevole che non faceva altro che far aumentare la loro paura e il loro nervosismo

«Che facciamo?!» domandò Cora, la voce spezzata e le dita stretta attorno alla spalla di Rumpelstilskin

«Dobbiamo trovare un modo per sconfiggerlo.» rispose risoluto, seppure le sue parole fossero anch’esse inframezzate da respiri pesanti. Fu sufficiente un’occhiata per far capire alla donna di allontanarsi, lentamente, e posizionarsi in un corridoio adiacente, a pochi centimetri da quello di Rumpelstilskin. Da quella posizione si potevano vedere, potevano comunicare e, nel caso si fossero messe male le cose, sarebbero potuti fuggire in due direzioni opposte per poi ritrovarsi nello stesso punto: conoscevano bene quel bivio, grazie allo stivale che Rumpel aveva calciato con noncuranza sotto la siepe.

Il mostro, non appena li vide, sembrò disorientato da quel cambio di programma: non doveva più seguirli e colpirli con le sue grosse spine. Entrambi capirono che quella creatura li stava studiando, cercando di capire quale sarebbe stato il loro piano, se ne avevano uno e lui come si sarebbe dovuto comportare di conseguenza.

Si avvicinò lentamente, mentre  suoi rami crescevano ancora e ancora e le sue spine, lucenti da quanto erano affilate, diventavano grandi tanto quanto una mano aperta.

Rumpelstilskin temeva quello sguardo minaccioso che scambiava ripetutamente da lui a Cora ed era quasi certo che avrebbe puntato lei, che sembrava più vulnerabile tra i due, perché era quello che avrebbe fatto lui se fosse stato nei panni di quel mostro. Attese pazientemente, in silenzio, con il cuore in gola, che in uno scatto lo superasse per avventarsi su Cora e, quando lo fece, balzò anche lui in avanti, incurante delle spine che gli graffiavano la pelle, afferrandogli una gamba con tutta la forza che aveva. Rumpelstilskin non doveva essere poi troppo pesante per lui, e nemmeno tropo fastidioso anche se era attaccato alla sua gamba, eppure la creatura si voltò verso di lui, ruggendo tanto forte da scompigliargli i capelli riccioluti.

Cora stava gridando, lasciando qualche pezzo di mattonella rotta addosso al mostro, ma lui copriva la sua debole voce e ignorava quelle pietruzze che non percepiva nemmeno.

La creatura alzò un braccio, fatto da un intricato cumolo di rami e radici, e lo scagliò contro Rumpelstilskin, il quale, troppo debole di fronte alla forza brutale del mostro, fu costretto a lasciare la presa, ritrovandosi sbalzato qualche metro più in là con la faccia a terra. Si sentiva stordito, impaurito per le sorti di Cora e le sue, in un luogo in cui poteva camminare normalmente, sfoggiare una pelle dorata che faceva spavento a tutti, eppure incapace di utilizzare ciò che lo rendeva invincibile: la magia.

Sbattè più volte le palpebre, facendo forza sui palmi per alzarsi e mentre schivava un ramo acuminato rotolando sul fianco, notò il fagiolo magico che oscillava su una mattonella del sentiero

«No, no, no..» mormorò allarmato, cercando di strisciare il più velocemente possibile per recuperarlo e rimetterlo a sicuro nella tasca interna della sua giacca.. ma non ci riusciva. Il suo corpo era indolenzito e i rami di quella creatura non gli davano tregua e, incapace di distinguere la rarità di quell’oggettino – che forse non riusciva nemmeno a vedere data la sua statura – lo stava facendo avvicinare sempre di più alle alti siepi. Ci sarebbe voluta una vita per ritrovarlo tra quegli intricatissimi rami e loro non disponevano nemmeno di pochi minuti.

Rotolò sulla schiena, schivando di seguito tre fendenti che il mostro gli aveva scagliato contro e quando ritornò sulla pancia, vide solamente uno dei rami strisciare sul terreno, graffiando la pietra ed il fagiolo che, inesorabile, veniva lanciato contro la siepe. I rami si colorarono per un istante e il fagiolo sparì.. era stato letteralmente inghiottito.

Rumpelstilskin sorrise, si rialzò in un balzo con un piano preciso ben calcolato nella mente. Evitò tutti i rami spinosi che gli venivano gettati contro e corse verso Cora, afferrandola per il braccio e ricominciando a correre

«Hai perso il fagiolo?» Cora continuava a guardarsi alle spalle: quella creatura sembrava anche più arrabbiata di prima

«Non ha importanza.. ne abbiamo un altro e poi.. so esattamente cosa fare!» la donna non chiese spiegazioni, seguendo la sua corsa fino ad un altro bivio che avevano percorso più volte

«E’ un vicolo cieco!» esclamò lei e Rumpelstilskin annuì, aumentando il passo non appena si sincerò che il mostro, alle loro spalle, si era lanciato a tutta velocità contro di loro

«Esattamente mia cara.» ridacchiò soddisfatto lui e mentre la parete di foglie scure si stava formando davanti a loro, il suo sorriso si allargò a dismisura «Abbassati, ora!» Cora venne trascinata dal braccio di Rumpel e, per pochissimo, non cadde a terra rovinosamente. Il mostro non ebbe il tempo di fermarsi: inciampò nei suoi stessi rami e, evitandoli del tutto, finì con il dorso sul muro di siepi. Pochi secondi e sparì nel nulla inghiottito da quelle foglie intrise di magia.

Cora era senza parole. Si rialzò come se avesse solamente sognato, le labbra dischiude e gli occhi, ricchi di orgoglio e stupore, incollati al viso di Rumpel mentre lui, soddisfatto, faceva finta di niente

«Dopo di voi, mia regina.» disse tranquillamente lui, schiarendosi la voce, non appena quello stesso muro che li aveva salvati scomparve, rivelando una piccola radura da verdi e lunghi fili d’erba con un piccolo mausoleo al centro.

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Capitolo 16
*** Cap.16 ⁓ ℝiddle ***


Rumpelstilskin tentò di utilizzare la magia per rimettere delle scarpe, o stivali, ai loro piedi.. ma non funzionò. Probabilmente la maledizione del labirinto che gli privava di tale abilità non se n’era andata assieme a quella creatura mostruosa.  
La radura che avevano davanti era abbastanza grande, circondata da una siepe alta ma più verde di quelle del labirinto, con quattro entrate squadrate sormontati da archi di piccole foglie tonde e piccole spine. Sembrava quasi il giardino del castello di Rumpel, per l’erba tagliata, i piccoli boccioli di rosa che sembravano in procinto di germogliare, le statue ai quattro angoli dal marmo bianco e lucido e le piccole fontane dello steso materiale con l’acqua che scorreva al contrario.. rispetto a quello del castello era solamente molto più monocromo e minaccioso.

«Lo Stregatto non aveva parlato di un enigma?» domandò curiosa Cora, avvicinandosi cautamente al mausoleo sotto istruzioni di Rumpelstilskin

«Sì, ma non ha specificato che tipo di enigma..» spiegò lui, guardandosi attorno circospetto «Può essere un indovinello, un puzzle per aprire la porta, un mostro saggio che ci fa delle domande.. può essere un sacco di cose. Non ci resta che scoprire quale c’è in serbo per noi.» non poteva negarlo: lo intrigava enormemente. A Rumpelstilskin piacevano gli indovinelli e nella sua sterminata collezione aveva raccolto innumerevoli rompicapo, alcuni dei quale aveva impiegato mesi per risolvere.. riuscire a trovare la soluzione in problemi apparentemente impossibili era estremamente appagante.

Per quando arrivarono davanti al mausoleo, non era capitato lor nulla. Niente botole sulle mattonelle, niente trappole con dardi avvelenati che avevano puntato contro di loro, niente insetti fastidiosi che avrebbero potuto ucciderli e niente tazzine volanti in loro direzione.. sembrava tutto sicuro, per il momento

«Mmh..» Rumpelstilskin lesse mentalmente le strambe lettere incise sul marmo mentre Cora le leggeva ad alta voce, cercando di decifrare ognuno di quei simboli che rendeva il tutto ancora più impossibile da risolvere

«In una porta potrete entrare, nell’altra una belva che vi vorrà divorare. Scegliete cautamente quella che dall’altra parte vi condurrà, poiché una porta dice il vero e l’altra falsità.» Cora abbassò lo sguardo, puntandolo ora sulla prima porta, ora sull’altra

«Qui c’è la belva.» lesse Rumpelstilskin, posizionando la mano sotto il mento e con gli occhi rivolti verso la prima porta

«Una delle due porte ospita la belva.» concluse la donna, gli occhi incollati sulla seconda porta

«Dobbiamo scegliere bene.. non possiamo sconfiggere un altro mostro, soprattutto se quest’ultimo ci balzasse addosso.» borbottò lui, passeggiando avanti e indietro davanti alle due porte. Pensava e ripensava, eppure non trovava un modo sicuro per ottenere la sua risposta; si stava concentrando su tutti i rompicapi più complicati e difficili che aveva voluto risolvere, ma nulla sembrava venirgli in aiuto.. finchè non sentì la risata di Cora

«Io ho capito.» rispose lei tranquillamente, di fronte alla sua occhiata sorpresa. Rumpel fece una smorfia: era contento perché ora poteva essere orgoglioso di Cora quanto lei lo era stato di lui quando li aveva salvati entrambi dal mostro di fogli e rami

«Spiegami..» la provocò lui, incrociando le braccia al petto

«Dice che una delle due porte dice il vero, quindi ci deve essere una belva da qualche parte..» cominciò lei, posizionandosi nel mezzo «Quindi quella che dice il vero è la seconda porta “Una delle due porte ospita la belva”. Se il mio ragionamento è giusto, quella porta, la prima è quella falsa.» concluse, titubante ma soddisfatta «Dovremmo andare di là.» indicò la porta che proclamava di contenere una belva e deglutì. E se si fosse sbagliata? E se in quel mondo funzionava tutto al contrario? E se il suo ragionamento non avesse né capo né coda in quel mondo?        
Tutto quello riportava entrambi al punto di partenza: entrambe potevano essere quelle letali quanto sicure.

«Tu cosa dici?» Cora respirò agitata per alcuni istanti, facendo viaggiare velocemente lo sguardo da un’iscrizione all’altra

«La prima.» rispose lui risoluto e lei annuì rincuorata. La verità era che si era posto le stesse identiche domande, ma se non avessero rischiato, avrebbero potuto anche passare tutta la vita davanti a quel mausoleo senza riuscire a capirne la soluzione.

Si sistemò davanti a lei e, con uno scatto, fece girare il pomello dorato della prima porta, la spalancò e chiuse gli occhi, aprendone poi uno alla volta: c’erano solo scale.

«Bravissima.» le strinse i fianchi, girandosi e poggiando per pochi minuti le labbra sulle sue «Ora non ci resta che entrare, prendere quello che ci serve, e tornarcene a casa.» ridacchiò soddisfatto, indicando le scale a chiocciola alle sue spalle con il pollice teso.

Questa volta fu lui ad andare per primo, scendendo lentamente i gradini mentre si guardava circospetto attorno: non era possibile che fosse tanto facile, una volta risolto quell’indovinello

«Ora mi dici quello che stiamo cercando?» sussurrò Cora, divertendosi del leggero eco che aveva prodotto

«Ti potrei rovinare la sorpresa.» Cora non vide il ghigno divertito che si formò sulle labbra di lui.

Scesero ancora, a lungo, fino ad arrivare ad una stanza sotterranea illuminata fiocamente dalle crepe nei muri da dove, sinuosamente, si erano intrufolati dei rampicanti striati che pendavano ora da alcuni buchi e macerie, ora dal soffitto. Sembrava un luogo incantato e conservava un fascino misterioso che fece sorridere i due

«Ora me lo dici?» insistette lei, solo per sentirlo sbuffare

«Là.» borbottò lui infatti, indicando con la mano una piccola urna di legno giallo, illuminata da un fascio di luce proveniente da cristalli lunghi e affilati. Cora rimase in attesa mentre lui si avvicinava all’urna, allungava le mani e alzava la parte superiore, facendo scattare il meccanismo che teneva chiuso lo scrigno; lo vide trafficare a lungo e per quanto tentasse di allungare il collo per vedere, non riusciva a causa di Rumpelstilskin stesso. Quando si girò, con un sorriso sulle labbra e i palmi aperti rivolti in sua direzione, il suo sorriso scemò di colpo

«Un fungo?» mormorò incredula «Abbiamo fatto tutto questo per un funghetto?!» lui socchiude gli occhi, facendola calmare con un’agitata di mano

«Questo fungo è speciale. Il cappello è in grado di far ingrandire una creatura, magica o mortale, per sempre, irreversibilmente e il gambo, ha le stesse proprietà, solamente.. fa rimpicciolire.» avvicinò l’indice e il pollice per enfatizzare il concetto e ripose il fungo al sicuro, nella sua scarsella.

«Bene, ora come usciamo di qui?» domandò distrattamente la donna mentre, a sua volta, recuperava l’unico oggetto simile al bozzo che lo Stregatto aveva richiesto, nella sua borsa

«Ripercorrere il labirinto è una pazzia.. in più.. deve esserci una ricompensa e una via d’uscita rapida.. è il giusto premio per essere arrivati fin qui.» commentò Rumpelstilskin, cercando attorno qualche passaggio segreto o magico. Fu il lepriccio che, fuggito dalla scarsella di Cora, si fece inseguire fino ad un buco nascosto dentro il muro che, a ruota, trascinò la creaturina, Cora e Rumpel in un piccolo portale intriso di magia.       

Sentirono solo le strilla del gatto che, dopo essere stato investito da loro – incidente in cui la sua coda pelosa fu schiacciata più volte – gli soffiava contro con rabbia mista a sorpresa

«Vermetti?» miagolò «Guardate dove atterrate!» li rimproverò, lisciandosi il pelo con la lingua. Rumpelstilskin si guardò alle spalle, osservando il piccolo portale che, ancora girava su se stesso, rivelando la sua natura magica

«Questo portale.. conduce al mausoleo, non è vero?» il micio lo guardò con ovvietà

«Certo.»

«Perché non ce l’hai mostrato subito? Ci saremmo risparmiati un sacco di fatica..»

«Voi non l’avete chiesto.»

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Capitolo 17
*** Cap.17 ⁓ ℂaterpillar ***


La voglia di uccidere quel gatto con le proprie mani era forte in Rumpestilskin. Eppure decide di mantenere un certo decoro, primo per Cora alla quale, per ragioni ignote, sembrava piacere quel felino parlante e secondo per il fatto che, in quel mondo, era inutile arrabbiarsi: sarebbe stato inutile e dispendioso, in quanto a tempo perso.

«Bene.» mormorò monocorde, lasciando trapelare il suo tono decisamente contrariato mentre incrociava le braccia e puntava lo sguardo sull’orizzonte

«Avete il bozzo?» chiese sibilando lo Stregatto, tornando a volteggiava davanti a loro con uno sguardo a metà tra l’affamato e l’esaltato. Congiunse le zampe anteriori davanti a sé, allungando gli artigli lucidi in loro direzione

«Sì, è qui..» mormorò Cora, frugando nella borsa e tirando fuori l’oggettino bianco e luminoso

«E’ perfetto..» nei grandi occhi del gatto si vedeva riflesso il bozzo, lucido, che costituiva le sue due pupille; la donna richiuse la mano a pugno «Venite.» miagolò la creatura subito, come se nulla fosse successo.

Fu sufficiente uno scambio di occhiate per capire che i due stessero pensando la medesima cosa: era stato un comportamento strano oltre che ambiguo ed inquietante. Che lo Stregatto non stesse dicendo loro la verità?

«Da questa parte, vermetti: il Brucaliffo vuole vedervi.» mormorò la creatore, prendendo a fluttuare davanti a loro con un’espressione strana, quasi triste

«Come faceva a sapere che avremmo preso il bozzo?» domandò curiosa Cora, mentre rimetteva il lepriccio al sicuro nella sua scarsella

«Lui sa tutto, vermetto mio.» rispose il gatto con semplicità e il suo sorriso tornò ad allargarsi, facendo spuntare file e file di denti aguzzi e bianchi come perle.

Avrebbero potuto arrabbiarsi per quella nuova svolta: quel famigerato Brucaliffo forse avrebbe saputo molte cose e, consultando il suo sapere, forse si sarebbero potuti risparmiare moltissime seccature. Perché quella creatura era tanto misteriosa? Perché aspettava il momento meno opportuno per rivelar loro informazioni importanti? Solo per farli innervosire? Solo per farli sentire sciocchi? O farli impazzire?

Rumpelstilskin prese Cora sotto al braccio e, cercando di creare due stivali lunghi, fece comparire delle buffe pantofole ai piedi di entrambi: erano di quattro colori diversi, due con la punta che terminava in una girandola e le altre con delle nappe lungo tutto il bordo

«Io..» sospirò lui infastidito

«Le adoro..» ridacchiò lei, alzando il piede e mostrandogli che, se lo muoveva velocemente, il campanello attaccato alla punta trillava allegro. Gli baciò la guancia e Rumpel le sorrise.

«Andiamo vermetti, muoviamoci. Altrimenti saremo costretti a rimanere a cena dalla duchessa oppure le aragoste vorranno ballare la quadriglia con voi..» agitò per un attimo la folta coda «Quelle antipatiche non apprezzano le doti danzanti di un gatto evanescente tanto quanto dovrebbero..». 
Nessuno dei due aveva capito nulla di quella frase, non sapevano chi fosse la duchessa e nemmeno cosa fosse una quadriglia e perché delle aragoste avrebbero dovuto ballarla, però non volevano attardarsi oltre, questo era certo.

Camminarono ancora sul sentiero, costeggiando la foresta dagli alberi di stoffa che, gradatamente, cambiavano il loro colore diventando sempre più chiari; giunsero ad un bivio che era quasi il tramonto, il cielo era dipinto di un arancione acceso con nuvole bianche e dense che fluttuavano ognuna per conto proprio, in alto.

«”Non in montagna”?» Rumpelstilskin lesse il cartello con una smorfia mentre lo Stregatto, senza nemmeno fermarsi, prese la strada che svoltava a sinistra, un sentiero che si immergeva in una foresta di alti alberi spogli e dai rami scuri e secchi

«E’ la strada più corta, vermetto.» spiegò lui, agitando la coda verso la foresta «Da questa parte.» sorrise largamente e il suo corpo sparì, lasciando solamente i due grandi occhi blu a fare loro da guida.

La foresta sembrava sterminata, ricca di alberi di ogni dimensione, occhi grandi e minacciosi che li scrutavano dai rami e versi sinistri di animali. Rumpelstilskin e Cora si avvicinarono tra loro, eppure in pochi passi forse cinque, si trovavano già fuori. Probabilmente era l’ennesima illusione creata per scoraggiare i viaggiatori, una scorciatoia che solo un abitante di Wonderland poteva conoscere

«Presto vermetti! Le aragoste stanno uscendo dall’acqua.» mormorò il gatto, facendo cenno loro di nascondersi dietro un cespuglio. Camminarono cautamente sulla sabbia soffice come schiuma, rasenti ai cespugli, con gli occhi puntati sullo strambo corteo che si stava riunendo metri più in là, sul bagnasciuga: c’erano molte aragoste dai colori vivaci, pesci che si reggevano fermamente sulla pinna posteriore e saltavano sulla sabbia come se nulla fosse, tartarughe marine dalla corazza fluorescente e diversi gamberi, che si urtavano fra loro perché alcuni camminavano dritti ed altri al rovescio. Stavano discutendo animatamente sulle coppie da formare e, grazie a quello, i tre riuscirono a superarli senza essere notati. Solo molto dopo, in procinto di imboccare un altro sentiero a scacchi nero e marrone, sentirono un leggero canto stonato e, girandosi, videro una strana danza di coppia con pariglie improbabili che cantavano allegri

«Possono ballare fino all’alba, vermetti.» disse il gatto, facendo ricomparire buona parte della sua pelliccia «E una volta che avete accettato non vi fanno smettere.» Cora guardò Rumpel, in attesa di conferme, ma lui scosse la testa

«Non ho letto di questo.. però è lo stesso principio per cui non bisogna assolutamente sedersi alla tavola della lepre, del ghiro e del cappellaio.» disse sottovoce «Quindi è possibile. Dobbiamo solamente fidarci del gatto.» Cora poteva giurare di aver visto il sorriso della loro guida farsi più largo.

Camminarono a lungo, schivando con destrezza pitti e stoviglie provenienti da una casa apparentemente normale ma dalle finestre rotte e dai muri, a tratti, fatiscenti. Rumpelstilskin cominciò subito a starnutire senza controllo

«La cuoca adora il pepe.» ridacchiò il gatto, girando su se stesso e continuando ad avanzare.

L’ultimo tratto fu il più lungo e noioso: attraversarono foreste abitate da strani animali, altre che volevano risucchiarli con le radici dei loro alberi, oltrepassarono laghi sui quali era possibile camminare e strani villaggi colorati fatti di dolci ed altri di vetro.. Cora si chiese come sarebbe stato percorrere la strada lunga.

«Siamo arrivati, vermetti.» annunciò lo Stegatto, una volta che furono arrivati un una foresta di salici ricchi di rugiada, fiori appena sbocciati e un albero di quercia che sembrava essere stato intagliato da mani piccole ed esperte.

Rumpelstilskin entrò per primo, spostando le lunghe foglie dei salici che coprivano l’arco di legno che faceva da entrata ad una piccola casa, fatta di vetro, con funghi di vari dimensioni, fiori, e un grosso narghilè che ribolliva, al centro; ad una estremità, sdraiato sul fungo più grande, un bruco grasso e blu che fumava tranquillamente, mandando larghi cerchi di vapore verso il soffitto

«Chi siete voi?» domandò il bruco il quale, nonostante le ridotte dimensioni, parlava con voce roca e gutturale

«Il mio nome è Rumpelstilskin e lei è Cora.» si presentò lui «Siamo venuti per--»

«Chi siete voi?» ripetè l’animaletto, espirando con aria annoiata ed infastidita. Rumpelstilskin cerò aiuto nella donna, ma anche lei non sapeva che altro dire

«Veniamo dalla Foresta Incantata.» provò lei, con voce ferma

«Questo lo so. Ditemi qualcosa che non so.» insistette lui

«Abbiamo portato il bozzo.» disse Rumpel con voce irritata, allungando l0oggetto verso il fungo su cui riposava il Brucaliffo. L’animaletto sembrò interessarsi di quell’ultima parte e, con un cenno del capo, attirò una mantide religiosa di colore viola, che nessuno dei due aveva notato, e quella prese in custodia il bozzo

«Molto bene, stranieri.» li ringraziò il Brucaliffo «Immagino stiate cercando risposte.»

«In realtà vorremmo solo tornare a casa..» proseguì Rumpel incrociando le braccia al petto e trattenendosi a stento dall’andarsene, per non risultare troppo maleducato

«Questo viaggio vi sarà più utile di quello che pensiate. Lo Stregatto vi condurrà nel luogo perfetto per tornare a casa.. dovete solo chiedere la cosa giusta.» disse con una lieve e roca risata «Alla fine del bivio ci sono due villaggi, in un i menzogneri, nell’altro onesti personaggi. Se incontri un viandante che torna a casa sul sentiero, quale domanda farai, per non finire in quello menzognero?»

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Capitolo 18
*** Cap.18 ⁓ 𝔾oing ℍome ***


Erano decisamente stanchi degli indovinelli, degli enigmi, erano stanchi di quelle frasi in rima che non avevano senso e soprattutto erano stanchi che trattassero sempre di menzogne ed onestà quando in quel mondo erano tutti ingannatori o si spacciavano per quello che non erano

«Coppia singola, paglia e oro, pensate.. pensate.. la soluzione è di costoro..» borbottò il Brucaliffo, producendo anelli di fumo che si incastravano fra di loro, mentre li guardava con aria insofferente «Vi credevo più svegli, invero..» commentò, mentre le sue numerose zampette si accavallavano fra di loro «Ma sarete stanchi. Non voglio pensare cosa vi avrebbe fatto il viaggio intero..» proseguì, con lo stesso tono.

Ne’ Rumpelstilskin né Cora lo stavano ascoltando più da un pezzo, troppo impegnati a cercare la soluzione a quella sua frase: desideravano, più di tutto, tornarsene a casa e utilizzare i frutti di quella loro avventura per il loro ingegnoso ed ingannevole piano.

«Se non rispondiamo correttamente ho idea che non ci mostreranno mai un luogo sicuro per utilizzare la nostra magia.. il portale potrebbe portarci in un regno del tutto diverso dalla Foresta Incantata. Potremmo rischiare l’unica possibilità di tornare a casa.» borbottò Rumpel infastidito: più pensava al fatto di poter essere raggirato, più non riusciva a pensare lucidamente, per il timore di finire in un altro luogo misterioso che avrebbe potuto intrappolarli a lungo

«Quindi l’indovinello parla di noi..» mormorò lei con una smorfia, osservando con la coda dell’occhio il grasso insetto

«Immagino di sì.» sospirò Rumpel, sistemandosi a gambe incrociate su un fungo «Allora..» cominciò, grattandosi appena il mento, mentre i suoi occhi si perdevano altrove «La soluzione pare chiare.. eppure c’è sempre il problema di capire se è una persona proveniente dal villaggio dei buoni o da quello dei cattivi.» disse sommariamente, cercando conferma in Cora la quale annuì decisa

«Sì, ma se ci basiamo sul fatto che potrebbe dire una bugia così come potrebbe dirci la verità.. dobbiamo domandargli qualcosa che comporti sempre un’unica risposta..» lui la imitò, allungando l’indice come se avesse, all’improvviso trovato la risposta

«Esatto. Quindi se gli domandiamo di portarci al suo villaggio, potrebbe indicarci la via se è una persona onesta e la parte opposta se è una persona che dice bugie.» concluse soddisfatto e, dopo una breve occhiata a Cora, si alzò in piedi, osservando con risolutezza il Brucaliffo

«Sì, miei stranieri? Avete trovato la soluzione?» mormorò, sputando una nuvola di fumo in faccia a Rumpel

«Chiediamo.. di portarci al suo villaggio.» disse convinto

«Buon viaggo-a-vederci.» sorrise il bruco, producendo un’enorme nuvola di fumo denso che lo riparò dalla vista dei due per un solo istante, sufficiente però, a farlo scomparire, una volta che il fumo si dissipò.

Rumpelstilskin era sconcertato dall’evolversi degli eventi: il Brucaliffo era scomparso nel nulla e di lui non restava che il piccolo bozzo bianco che gli avevano portato, non aveva detto loro se la soluzione che avevano trovato fosse quella giusta oppure una errata e poi li aveva salutati con quella stana frase.. che voleva dire, che la loro avventura e il loro viaggio non erano ancora terminati? Quanto ancora avrebbero dovuto esplorare di quel luogo senza senso?

«Seguitemi vermetti..» i due grandi occhi blu del gatto comparvero dal nulla sopra il fungo, pochi centimetri al di sopra da dove si trovava il bozzo del Brucaliffo. Sembrava tutto molto piccolo ora che lo Stregatto stava fluttuando sopra le loro teste «Avanti, non vorremo far tardi. Il Bianconiglio è molto geloso, dice sempre che è sua prerogativa esclusiva.» sospirò rumorosamente e prese a leccarsi le zampe con noncuranza «Secondo me è solo egocentrico. Avete visto casa sua?» scosse la testa con disapprovazione e senza attendere la loro risposta – se mai ne avrebbero trovata una – li precedette nel bosco.

Rumpelstilskin e Cora oramai avevano smesso di farsi domande, cercando di tenere bene a mente che, di lì a poco, avrebbero fatto ritorno a casa con buone probabilità: quel mondo poteva essere certamente strano, contorto ed ingannevole, ma non avevano mai ancora sperimentato quanto fossero bugiardi i suoi abitanti.. in fondo tutti gli enigmi che avevano ascoltato giocavano sulla verità, sulle bugie.. sarebbe stato decisamente controproducente se gli abitanti di Wonderland si fossero rivelati dei menzogneri cronici.

Ci vollero ancora qualche ora di cammino prima di arrivare ad una radura. Era un luogo paradisiaco, alla vista, con bassi e grassi pini dai colori vivace, cavalli a dondolo con ali che svolazzavano tranquilli come libellule e uno specchio d’acqua ricco  di bolle di sapone, con occhi e zampe, che nuotavano pacifiche da una sponda all’altra

«Avete il vostro passaggio?» domandò curioso il gatto, facendo ticchettare gli artigli anteriori fra loro; nessuno di loro disse nulla, ancora perplessi dall’espressione bramosa del gatto. Si guardarono per un lungo istante e poi, per mancanza di prove che potessero supportare i loro pensieri guardinghi, Cora si sentì abbastanza sicura da frugare nella borsa, evitando abilmente le spine del lepriccio addormentato, ed estrarre il fagiolo magico che, quasi capisse di stare per essere utilizzato, brillava un po’ più del solito

«Buon viaggioa-vederci, miei cari vermetti.. Spero di rivedervi, un giorno.» miagolò tristemente lo Stregatto, appallottolandosi su un ramo alto dell’albero più vicino.

La sua espressione al cospetto de fagiolo, allora, sarebbe rimasta un mistero: forse era attratto dalla sua magia? Forse voleva fuggire da Wondrland ma qualcosa, o qualcuno, glielo impediva? Sì, probabilmente, una volta tornati a casa, avrebbero indagato e forse un giorno avrebbero fatto ritorno in quella stramba terra.. forse per riportare il lepricico dai suoi simili, quando ne avrebbe avuto voglia.

I due salutarono, felici di poter tornare a casa e spettò a Cora, quella volta, a lanciare il fagiolo a terra, a pochi metri da loro. In pochi secondi, dal nulla, crebbe un albero dai folti rami verdi, un albero della Foresta Incantata, robusto, profumato e con una porticina intagliata nella corteccia

«Dopo ti voi, mia regina.» mormorò contento Rumpelstilskn, lasciando che la prima ad entrare fosse la donna, poi fu il suo turno e, insieme, si schiacciarono all’interno del tronco, in modo che fosse possibile richiudere la porta. In pochi secondi l’albero venne risucchiato dalla terra stessa e, dopo alcuni attimi di buio, il sole venne a porgere i propri omaggi.

Era un sole caldo, finalmente, e i profumi della loro foresta solleticavano le narici di entrambi. Potevano vedere l’entrata castello dal piccolo nodo bucato del legno.     
Erano a casa, finalmente. E il ricordo di quel viaggio sarebbe stato con loro per sempre, dentro quell’albero cavo che, ora, aveva messo radici nel loro giardino.

 

 

𝐹𝒾𝓃𝑒 𝒫𝓇𝒾𝓂𝒶 𝒫𝒶𝓇𝓉𝑒

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Capitolo 19
*** Cap.19 ⁓ 𝔾etting ℝeady ***


Passarono il giorno seguente a dormire. Non solo erano stanchi per il viaggio interminabile e sfiancante, ma anche i loro sogni sembravano essere stati infettati da quella frenesia colorata e senza senso del mondo che avevano visitato e dal quale erano da poco partiti: avevano spesso sognato degli insetti giganti che li inseguivano, avevano sognato di aver partecipato al thè del cappellaio, del ghiro e della lepre, avevano sognato anche di essere mangiati da un fiore giganti, di combattere contro mostri e draghi spaventosi o di essere imprigionati dai buffi regnanti e lo Stregatto che li salvava un attimo prima della loro dipartita tramite decapitazione.. l’aspetto più particolare, però, era che sognavano le medesime cose, come se non avessero mai lasciato Wonderland e la loro avventura non fosse mai veramente finita.       
Forse era quella la follia di cui raccontava il libro, quei pensieri assurdi che si affollavano nella mente di ogni viaggiatore, ricordandogli quel mondo di stranezze nel sonno così che durante le ore di veglia non faceva altro che pensare a quello.. sarebbero mai passati?

«Presto vuoi, non vuoi danzar?» Cora si svegliò  a causa di un brontolio soffuso che proveniva dalle labbra di Rumpel: stava canticchiando quella strana canzone che le aragoste e le tartarughe e gli altri strani animali avevano ballato sulla spiaggia e, come un tarlo, stava rientrando nei suoi pensieri, minacciando di ritornare, fastidiosa, ogni volta che cercava di scordarla

«No, no.. basta..» si lamentò lei, premendo i palmi sulle orecchie e voltandosi dall’altra parte.. ma oramai era troppo tardi. Già cantava delle aragoste e delle tartarughe marine e delle chiocciole che blateravano della loro lentezza; l’aveva ascoltata una sola volta, mentre si allontanava, eppure era come se la conoscesse a memoria fin da quando era piccola «Rumpel.. Rumpel!» lo scosse piano, cercando di svegliarlo con un bacio sulla guancia, ma quando lo sentii continuare a cantare quella tremenda filastrocca, lo scosse più forte, sospirando di sollievo quando si sollevò di scatto dal guanciale

«Stavo cantando di nuovo?» chiese sorpreso lui, girandosi con un occhio socchiuse verso la grande finestra a causa della luce

«Sì.» mormorò lei, infilando le dita fra i propri capelli «Anzi, ho scoperto come finisce la terza strofa.»

«Come finisce..?» domandò Rumpelstilskin ingenuamente, ma gli occhi di Cora si infiammarono

«Sto cercando di dimenticarlo.» strinse le palpebre, cercando di non scolpire quelle parole allucinanti nella sua mente come era successo per il resto della canzone «Dobbiamo fare qualcosa.. qualsiasi cosa.. o diventeremo più matti di loro.»

Rumpelstilskin cercò di scrollarsi il sonno di dosso, annuì piano, stropicciandosi l’occhio destro con le dita

«Sono d’accordo..» sbadigliò «E poi il nostro piano non si compirà da solo, dico bene?» si sporse verso di lei, poggiando le labbra sulle sue

«Quando cominciamo?» chiese lei impaziente, spostando il lepriccio addormentato ai piedi del letto per poter scendere senza fargli del male

«Anche subito se lo desideri, mia regina.» esclamò lui rinvigorito, come se l’idea di rimettersi nel laboratorio, creare magia, studiare piani e tutto il resto gli avesse risvegliato una sorta di eccitamento primordiale che gli scorreva nelle vene quando aveva la possibilità i utilizzare i suoi oscuri poteri per qualcosa di calcolato e perfetto.

Con quel pensiero alla mente, non ci misero molto a riordinare quella che era stata la loro casa per alcuni giorni; quella stanza non era mai stata così disordinata come in quel momento eppure, con uno schiocco di dita, ritornò splendente ed ordinata come lo era sempre stata. Rumpelstilskin si dedicò a riordinare i libri che trovava qua e là sparsi per tutto il castello, senza magia, perché era una delle cosa che gli piacevano ancora fare alla vecchia maniera, mentre Cora, indossato uno dei suoi vestiti preferiti, era impegnata a raccogliere dei frutti nei giardini per una lauta colazione. 
La donna osservò distrattamente l’albero che aveva messo radici nella dura roccia e si ritrovò a chiedersi se mai, da quella porticina intarsiata, sarebbe uscito qualcosa o qualcuno di Wonderland.. sarebbe stato sicuro tenerlo lì senza lacuna barriera magica? Ancora non avevano appurato se fosse solamente di bellezza o conservasse la magia e il potere di fare da carrozza tra vari mondi.

Arrivò nel laboratorio che Rumpel era arrampicato su una scala di bronzo sbilenca, allungato fino allo scaffale più in alto, intento a riporre il libro che aveva fatto lo ro da guida in quello strambo mondo

«Apriamo le danze?» Cora aveva alzato la voce e quando lui la guardò dall’alto della scala, con il suo vestito rosso e il cestino di vimini al braccio, non potè sopprimere un sorriso sincero. Scomparve in una nuvola di fumo violaceo, solo per comparire davanti a lei e rubare una fragola dalla cesta

«Volentieri..» mormorò divertito, camminando baldanzoso verso il tavolo di lavoro con il braccio piegato al petto e le dita in agitazione «Non ci vorrà molto, vedrai..»

Fece comparire il fungo dalla cappella rossa e lo posizionò in una teca al centro del tavolo mentre sul piano, ordinatamente, comparivano un mortaio, delle piante dai colori e dalle forme insolite, recipienti di vetro, tubi sottili dello stesso materiale ed uno strano aggeggio di bronzo in grado di convogliare un piccolo fuoco alimentato ad olio sul fondo di un contenitore di ottone «Ne basterà uno spicchio.» a istruì e Cora, sotto il suo occhi attento, tagliò accuratamente un pezzetto della cappella del fungo

«E il resto?» chiese incuriosita, osservando il fungo che aveva ancora in mano

«Non sfiorirà, mia cara.» ridacchiò lui «Lo conserveremo con gli altri ingredienti per ogni evenienza..» lei sorrise, felice di ricordarsi esattamente come e dove Rumpel custodiva tutti i suoi magici oggetti, anche se glielo aveva mostrato una sola volta

«Impari in fretta..» mormorò compiaciuto Rumpel, spostando il mortaio verso di lei ed aggiungendo erbe secche e filtri colorati mentre lei pestava con mano delicata «Ne basterà una goccia.. ed avrà effetto immediato.» sorrise quando dal mortaio uscì uno sbuffo di fumo chiaro. Afferrò tutto il contenuto e lo rovesciò all’interno del recipiente di ottone, accendendo il fuoco e collegando i tubi fino ad una piccola fialetta di vetro. Il vapore si colorò presto di sfumature vivaci, cambiando spesso di minuto in minuto, fino a quando arrivò alla fiala, stabilizzandosi in un blu notte dalle sfumature perlacee. Rumpel prese la fiala, chiudendola con un tappo di sughero fatto su misura.

«Non ci resta altro da fare che studiarci i due principini..» ridacchiò soddisfatto, ammirando la scura pozione che reggeva davanti ai loro occhi, tra il pollice e l’indice.

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Capitolo 20
*** Cap.20 ⁓ ℙroposal ***


«Anche oggi niente messaggero?» Rumpelstilskin era seduto ad uno dei corti stretti della lunga tavolata, sorseggiando thè in eleganti tazze di porcellana rosa e oro

«No.» avrebbe dovuto mostrarsi triste e delusa, Cora, ma in realtà sfoggiava un sorriso fintamente dispiaciuto che nascondeva – o tentava di nascondere – un ghigno divertito. Posò sul tavolo la cesta di vimini ricolma di fiori freschi e lasciò ricadere il cappuccio del mantello sulle spalle «Le magnolie stanno cominciando a fiorire. Devono avere avuto problemi con gli scrivani di corte.» esclamò lei con tono divertito e noncurante.

Era ben ovvio che non avrebbero ricevuto nessun invito al matrimonio del principino Henry e della principessina Eva, nonostante il castello di Xavier fosse nel regno accanto; di sicuro non avrebbero mai invitato la donna che era scappata da corte, rifiutando lusso e ricchezza e soprattutto umiliando il povero figlio di Xavier e tanto meno avrebbero accolto volentieri colui che aveva sminuito il potere dello spocchioso padre e che era la causa di tutte i disonori di quel reame in rovina.

A loro non importava poi molto di aver ricevuto l’invito o meno, perché prima o poi si sarebbero presentati al cospetto dei futuri sposini per attuare il loro piano: da giorni si divertivano a fingersi delusi per non essere stati convocati per il lieto evento, ridendo soprattutto della stupidità di quei reami che, sicuramente, volevano tenere celato lo sposalizio alle loro orecchie di modo che i due maghi non potessero interferire con maledizioni o incantesimi rovinando la giornata.. non si erano poi impegnati molto a mantenere quel segreto. Se fossero stati davvero intenzionati a maledire i due sposini, non sarebbe nemmeno stato difficile.         
Anche se il loro obiettivo non erano né Henry né la principessa Eva, non avrebbero pensato due volte ad usarli per i loro scopi.. e infatti così avrebbero agito.

«Quando verrà il nostro turno?» domandò curiosa lei, pur mantenendo un tono tranquillo mentre parlava

«Tra non molto mia cara..» squittì lui con voce compiaciuta, riponendo la tazza sul suo piattino «Questa sera, poco prima che il sole tramonti, i due innamorati rientreranno dalla loro quotidiana passeggiata a cavallo.. forse.» ridacchiò lui, osservandola rapito mentre Cora tagliava i gambi dei fiori a pari altezza, sistemandoli ordinatamente nei vasi con schemi colorati ben precisi. Non si era mai accorto di adorare il profumo delle rose e dei gelsomini, come non credeva di amare anche le macchie di colore che donavano all’ambiente che, fino a quel momento, era sempre stato sempre troppo cupo, troppo ricco di oggetti magici e non che aveva accumulato durante i secoli «Ricordi ancora come andare a cavallo, vero mia regina? Ci farai scoprire subito se non conserverai un portamento regale ed elegante.» Rumpelstilskin le stava girando attorno, molleggiando sulle ginocchia in modo da mimare il passo lento di un destriero, con il busto dritto come il manico di una scopa e un’espressione insofferente dipinta sul volto

«Sì che mi ricordo.» lo stava osservando con la coda dell’occhio e con una smorfia che doveva essere di rimprovero e che, invece, era solamente divertita «E comunque la mia parte è molto più facile della tua, se ci scoprono so a chi dare la colpa!» ribatté lei «Io devo solo interpretare una bambina viziata.. tu invece devi dare il meglio di te per interpretare un merluzzo con l’espressione stupida e senza un minimo di iniziativa. E dovrai obbedire in tutto e per tutto al volere del caro padre.»

«Non per sempre..» borbottò Rumpel, già infastidito da quella prospettiva «E poi.. sarà a buon rendere.» disse sicuro, cercando di convincere più se stesso che Cora.

 

Dare l’addio temporaneo al castello non fu facile. Non fu facile per Rumpelstilskin, consapevole di lasciare tra quelle mura tutti i suoi tesori e il laboratorio e non fu facile nemmeno per Cora la quale, forse per la prima volta da quando era nata, si era sentita a casa tra quelle mura alte e protettive. Eppure non avevano nulla di cui essere veramente tristi perché non se ne sarebbero andati via per sempre e, anche se il castello avrebbe fatto sentire la propria mancanza, sarebbero stati insieme e quello era tutto ciò che contava.

Presero con loro il minimo indispensabile: la pozione che aveva preparato, un piccolo foglio spiegazzato dove avevano tutto l’albero genealogico dei entrambe le famiglie reali e qualche libro di incantesimi rapidi, in caso qualcuno dei due fosse finito nei guai.

Protessero il castello con vari incantesimi, a partire da sigillare il castello ed ogni singola stanza, incantando poi vari oggetti, come scope e spolverini in modo che si prendessero cura dell’ambiente quando loro non potevano farlo; un armadio antico, da lungo rimasto inutilizzato, poi, aveva assunto atteggiamenti antropomorfi e si era subito preso cura del lepriccio. Erano tutti quanti sistemati e, a parte le normali apprensioni, erano entrambi abbastanza tranquilli per partire.

Non ci volle che un battito di ciglia perché si ritrovassero in un ampio terreno dall’erba fresca e verde, piegato da morbide colline e decorato da alberi profumati e rigogliosi. In lontananza si potevano osservare le torri tozze del castello di Xavier

«Vieni mia cara.. dobbiamo raggiungere il sentiero.» disse lui con voce importata, mentre le afferrava il braccio e, con passo baldanzoso, si dirigeva verso la foresta. Si acquattarono dietro ad un cespuglio e davanti a loro c’era una sentiero sferrato alquanto battuto con decine di impronte di cavalli impressi sulla terra morbida. Rumpelstilskin aveva studiato a lungo le abitudini dei due reali ed era certo di poter tendere loro una perfetta imboscata, così, quando vide i due cavalli bianchi come la neve apparire da dietro un enorme albero di quercia, non aspettò un istante di più, comparendo davanti ai due e sbarrando loro la strada.     
Cora osservava compiaciuta e in silenzio mentre gli animali si spaventavano e il destriero della principessina la disarcionava con una facilità disarmante. Rumpel si spostò con la magia di fianco al principe, gli strappò il cuore e lo polverizzò in pochi istanti, calmando il cavallo con una sola occhiata mentre, la principessa, veniva trasportata con un gesto della mano nelle segrete del loro castello.

Era successo tutto talmente in fretta che Cora quasi non si era resa conto di nulla.

Rumpelstilskin raggiunse Cora con passo tranquillo e le redini dei due cavalli nelle mani    
«Tra pochi giorni ci sposeremo e non ho ancora avuto il tempo per propormi.» l’uomo si inchinò profondamente, porgendole le redini di uno dei due cavalli.

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Capitolo 21
*** Cap.21 ⁓ ℂloaking ***


Rumpelstilskin le aveva insegnato a trasformarsi quasi subito. Fu uno dei primi trucchetti che le fece imparare, perché era uno dei più difficoltosi, a suo parere, e voleva dimostrare a Cora che la magia non era sempre semplice e che, anzi, si trattava di un percorso in salita.. quello che invece Cora dimostrò a lui era che possedeva un talento innato per gli incantesimi di quel tipo. Dalla prima volta che aveva assunto, con successo, le sembianze di qualcun altro, si era allenata strenuamente, diventando molto abile a trasformarsi e a mantenere quell’incantesimo per molte ore, dimenticandosi, a volte, persino di sfoggiare un volto diverso dal proprio. Erano entrambi sicuri che fosse pronta per seguirlo in quell’impresa; tutto sembrava essere caduto perfettamente: il tempo che impiegò Cora a padroneggiare quell’arte fu lo stesso tempo che impiegarono Henry ed Eva a fidanzarsi e ad organizzare le nozze e gli incastri che Rumpelstilskin aveva predetto si rivelarono assolutamente funzionanti.
Quando anche lui si accorse del suo imminente successo, non riuscì a trattenere una risatina acuta

«Non credo ci sia proprio nulla da ridere..» mormorò Cora con voce lamentosa, tastandosi le guance come se fossero fatte di un materiale deformabile. L’immagine che vedeva riflessa nel laghetto non le piaceva per niente: ora capiva perché quella ragazzina sembrava sempre avercela con il mondo intero; era quel viso odioso, quei lineamenti delicati che cozzavano con lo sguardo acido che erano assolutamente ridicoli e gli abiti che doveva portare a dir poco appariscenti.. odiava ogni cosa di Eva e odiava ancora di più doverla interpretare in tutto e per tutto

«Almeno non hai gli occhi di un merluzzo..» Rumpelstilskin stava parlando mentre decise di trasformarsi, il che gli fece pronunciare la frase in modo ridicolo; prima con la sua acuta voce scherzosa e poi con una più bassa e delicata. Aveva assunto un’espressione perplessa lui stesso ed ora si stava osservando nel laghetto, tirandosi la giacca bianca decorata da drappi rossi e dorati con le dita. No, non piaceva nemmeno a lui quel suo nuovo aspetto «Mmh..» mormorò pensieroso, tornando su suoi passi per recuperare i due bianchi destrieri

«Deve esserci qualcosa che ci aiuti..» Cora si alzò, spolverandosi l’ampia gonna che seguiva frusciante ogni suoi movimento «I merluzzi non sono il mio genere..» lo guardò con un leggero ghigno, camminando lentamente verso di lui ed afferrò le redini del suo cavallo, prendendo a carezzargli piano il naso come se non avesse detto nulla. Rumpelstilskin ricambiava la sua falsa noncuranza con un’occhiata di sfida

«Ci sarebbe un incantesimo.» mormorò con voce atona salendo a cavallo per primo ed afferrando le redini. La donna salì subito dopo di lui, non disse nulla, eppure ogni fibra del suo essere era protesa verso Rumpel in cerca di ulteriori chiarificazioni «E’ una conoscenza che si tramanda da Oscuro ad Oscuro, a partire dal primo di noi.. sono incantesimi antichissimi e che molti, se non tutti, non hanno mai avuto l’opportunità di applicare..» spiegò lui, spronando il cavallo al passo lungo il sentiero del ritorno

«Come mai?» chiese lei incuriosita

«Perché questi incantesimi necessitano di un elemento alquanto raro.. soprattutto per chi porta il nome di Oscuro Signore.» fece una piccola pausa e le sorrise; non era un’espressione scherzosa o beffarda, era un sorriso vero, appena accennato, piccolo e sincero «Ciò che ci vuole è l’amore, Cora.» la donna ricambiò subito il sorriso, accompagnandolo a due gote rosa acceso.  
Le prese la mano, carezzandole il dorso con il pollice e, lentamente, cercò di insegnarle a pronunciare quelle parole, dal suono strano, che provenivano dall’antico popolo degli elfi, ormai solo un ricordo in quella landa.        
Quando furono entrambi sicuri di essere in grado di pronunciare quelle parole, socchiusero gli occhi, reclamando la magia a loro e pensando, come aveva detto Rumpelstilskin, al loro sentimento e alla natura, poiché era l’unico modo di far funzionare quell’incantesimo

«Slo eymorg fur vinya, slo mellen ech veela*.»

Quando riaprirono gli occhi, entrambi sorrisero felici di poter osservare I loro volti, esattamente come li conoscevano mentre, negli occhi dell’altro, il riflesso donava un’immagine del tutto diversa: agli occhi del mondo erano un fiacco principe e una principessina viziata, eppure tra di loro vedevano i loro volti reali, dagli sguardi risoluti, divertiti e, soprattutto, innamorati.

Rumpelstilskin sorrise, consapevole di essere stato uno dei pochi, se non il primo, ad essere riuscito con successo ad applicare uno degli incantesimi dell’antico libro degli elfi. Essi erano creature troppo eteree per sopravvivere in una terra di guerre, magia nera ed incantesimi e, con il passare degli anni, di quella popolazione non rimasero che i loro libri e le loro antiche magie; millenni erano trascorsi senza che nemmeno un mago oscuro, possessore tramandanti di quegli antichi volumi, fosse stato in grado di poter accedere a quell’enorme magia, uno dopo l’altro privi di quel sentimento che legava gli elfi e la natura e lo spirito di ogni cosa in modo quasi simbiotico.

Rumpelstilskin era il primo oscuro che aveva avuto accesso alla magia, all’amore e quindi anche a quei sortilegi. Forse perché non era mai stato un mago come i suoi predecessori, forse perché dopo innumerevoli anni, uno di loro, aveva deciso di accogliere l’amore anziché di allontanarlo, forse perché aveva trovato qualcuno così simile a lui da poter ricevere supporto e curiosità e voglia di imparare anziché paura, rifiuto e desiderio di separazione.

«A cosa pensi?» la voce di Cora arrivò quasi troppo debolmente al suo orecchio e si voltò con espressione appena spaesata «Alla faccia di Xavier quando, alla fine, scoprirà tutto quanto?» lui scosse la testa, nonostante quell’immagine fece comparire un sorriso compiaciuto sulle sue labbra

«Penso a quando daremo in moglie la nostra principessina prigioniera a re Leopold delle terre più a Sud, a quando la loro primogenita sarà causa di faide e conflitti e a tutti gli accordi che potremo fare allora. Stiamo cambiando i nostro destino e quello di un intero regno in questi istanti.. Ci aspettano anni e anni di divertimento.» Cora eguagliò la sua espressione, quasi sognante e decisamente soddisfatta: le aveva mostrato quella visione, fatta di immagini spezzate eppure nitide, che mostravano guerre e conflitti, molti nati per inezie e quella bambina, dalla pelle candida come la neve e dai capelli più scuri del carbone, che cresceva e alimentava le faide di un regno in rovina che lei si rifiutava di governare. Dalla sfortuna di molti si potevano ricavare i migliori patti.

Rumpelstilskin le aveva spiegato che, in molti casi, quelle immagini mostravano un futuro incerto, scene di un domani ambiguo e che rivelavano solo la meta omettendo il percorso.. eppure ognuna di esse era fonte di entusiasmo per il loro corrente operato.  Erano entrambi certi delle loro azioni e, in un modo o nell’altro, le visioni di Rumpelstilskin e i tentativi di Cora, erano molto promettenti.

Ci vollero parecchi minuti prima di scorgere, al di là dell’ultima collina, il sentiero lastricato di pietre candide che portava al palazzo di Xavier, eppure per loro il tempo era trascorso velocissimo, perso nel rilassante rumore degli zoccoli dei cavalli e dei loro infiniti progetti che riguardavano prossimi o lontani futuri.         
Il tramonto aveva già posato colori pacati e caldi sulle mura e per quando, fianco a fianco, calpestarono il ponte levatoio in una corte di scudieri e cortigiani festanti, il grande portone si era chiuso alle loro spalle. Entrambi faticarono a mantenere un’espressione distaccata da tutto quello, eppure i loro cuori gioivano, poiché il re aveva accolto i suoi nemici nella propria dimora e li avrebbe chiamati figli, acclamati e celebrati al posto di coloro che avevano ucciso ed imprigionato.          
Erano solo all’inizio.. eppure la vittoria era già loro in pugno.

 

 

 

 

*allora straniero celo, all’amore svelo.

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Capitolo 22
*** Cap.22 ⁓ 𝕋il 𝕎e 𝕄eet 𝔸gain ***


I giorni trascorrevano veloci e frenetici. Erano stati entrambi risucchiati in cerimonie e tradizioni che nessuno dei due poteva controllare senza compromettere la riuscita del loro piano.

Si trovarono di malavoglia in due stanze separate, alle estremità opposte del castello, i loro incontri erano strettamente sorvegliati e benchè Cora morisse dalla voglia di raccontare a Rumpel di tutte le assurdità a cui doveva attenersi, doveva mostrarsi fredda e distaccata ogni volta che, dopo tanto tempo, lo vedeva di nuovo.

L’indifferenza che dovevano mostrare era il compito più difficile per entrambi, così vogliosi di stare assieme, di allenarsi e di ridere di quegli sciocchi che, troppo presi dal matrimonio, non si erano accorti che i loro preziosi reali erano stati sostituiti da giorni.

Forse avevano fatto un piacere al principe Henry: triste come suo padre ben poco lo conoscesse e attribuisse tutti gli errori di Rumpel, durante prove per le cerimonie ufficiali, alla totale mancanza di intelligenza del proprio figlio.

Le cose positive in quell’ambiente soffocante ed opprimente erano veramente poche, eppure ognuna di esse volgevano dalla loro parte: la notte, per esempio, era una di quelle. Dopo che il re e i suoi più fedeli cortigiani si ritiravano nelle stanze private, nel castello calava un silenzio lugubre e quasi irreale, dove ogni corridoio ampliava anche il più piccolo dei rumori; era ancora più divertente poter usufruire della magia, scomparire dalle proprie stanze per riapparire al fianco di Cora e, nel silenzio e nel buio, raccontare e ridere della propria giornata. Erano felici, erano profondamente felici entrambi, con il sapore dolce della vittoria costantemente sulle loro labbra.

«Sono venuto ad augurarvi la buonanotte, mia regina.» la voce di Rumpelstilskin fece piegare in un sorriso sincero le sue labbra. Cora non si voltò, limitandosi ad osservare il suo viso dorato brillare alla luce debole delle candele che danzavano pacatamente al suo fianco; il suo riflesso era quasi assente, nello specchio davanti a lei, confuso con il buio che avvolgeva l’intera stanza

«Non ancora..» mormorò lei divertita, continuando a spazzolare i suoi lunghi capelli castani, sciolti su una spalla

«Sei sempre stata una regina, ai miei occhi.» le rispose lui, togliendo la spazzola dalle sue dita e prendendo a lisciare le morbide ciocche con le setole d’avorio «Domani ci sposeremo.. e basta.» Rumpel arricciò subito le labbra: desiderava sposare Cora più di ogni altra cosa al mondo.. ma con quella frase sembrava aver annullato tutto il suo entusiasmo. La donna si voltò di scatto verso di lui, le labbra dischiuse ed un’espressione fintamente offesa

«”E basta”?» lo fissò, sforzandosi di non sorridere «Pensavo che mi amassi!» lui irrigidì la schiena, piegando le labbra in una smorfia

«Possiamo avere tutti i regni che desideri, non ci serve l’aiuto di Xavier per questo.» mormorò risentito. Cora sorrise

«Questo lo so.. ma è divertente diventare re e regina per mano loro.» Rumpel eguagliò subito la sua espressione: aveva assolutamente ragione.

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I preparativi cominciarono all’alba.      
Fin dai primi raggi di sole entrambi sentirono i corridoi popolarsi, parole concitate levarsi dai giardini, dalle sale, persino da oltre le mura del castello, unendosi in un unico, fastidioso, coro di gaudio per un morto e una prigioniera.

Rumpelstilskin si rigirava seccato tra le morbidissime coperte di seta, attendendo il momento giusto per prepararsi, mentre Cora, incredibilmente calma, sorrideva tra un sogno e l’altro.

La cerimonia non si sarebbe svolta prima di mezzogiorno, eppure le loro funzioni solenni non erano che all’inizio: dalla vestizione del finto Henry, coronato di medaglie e nappe che sicuramente non si era guadagnato, all’interminabile preparazione di Cora, in un ampio abito bianco ricoperto di pietre preziose che avrebbe voluto donare al popolo per assicurare ad ognuno di loro una vita ricca e senza preoccupazioni.

Al matrimonio sarebbero stati presenti molti nobili, tra i quali l’austero Leopold, l’eroe che, secondo i loro piani, avrebbe dovuto salvare la principessina Eva dalle grinfie di due loschi individui. C’erano le fate e per la prima volta anche ai sudditi fu permesso l’accesso al palazzo, per volere del principe Henry.

Quando le campane del villaggio suonarono il mezzogiorno, la cerimonia a palazzo cominciò. Era una cerimonia che univa i due regni, i possedimenti di Xavier e le terre del Nord, appartenenti di diritto alla principessina una volta sposata.

Entrambi sorridevano mentre rispondevano compostamente alle domande del rito, accoglievano le corone sulle proprie teste dopo essere stati dichiarati ufficialmente sovrani regnanti dei due territori e, soprattutto, venivano dichiarati marito e moglie, promessi l’una all’altro per l’eternità.

Si strinsero la mano, rivolgendosi uno sguardo che, molto poco probabilmente i veri Henry ed Eva si sarebbero rivolti.       
Quando la folla si quietò e gli applausi scemarono, i due si alzarono in piedi, volgendosi verso tutta la popolazione ai loro piedi, i fazzoletti in mano e i sorrisi festanti che ancora piegavano le loro labbra.

Fu il vescovo a far dividere la gente, lasciando che un lungo corridoio si formasse di fronte a loro, in modo da farli giungere fino alla terrazza, affacciata sul resto del villaggio, che attendeva trepidante l’inizio del nuovo regno e la speranza di una vita migliore. Ma loro non avanzarono di un passo

«Accogliamo il re e la regina..» l’eco delle parole dell’uomo risuonò a lungo nell’enorme sala di pietra.

Rumpel e Cora avevano sciolto l’incantesimo che celava il loro vero aspetto.

«Voi.» fu la voce di Xavier a risuonare nell’ambiente, mentre tutti, comprendendo ciò che di lì a poco sarebbe accaduto, si dileguavano uscendo in fretta dalla sala dell’incoronazione. Le guardie arrivarono prontamente, chiamate da un rapido cenno della mano del vecchio re «Come avete osato?» urlò adirato l’uomo, la voce spezzata e il viso livido

«Abbiamo osato..» rispose tranquillamente Rumpelstilskin, dipingendo l’espressione della vittoria sul suo viso mentre scendeva lentamente i gradini dinnanzi a lui. Agitò la mano e, in un battito di ciglia, si ritrovarono tutti e tre in mezzo alla folla di cittadini, reali e creature magiche, tutti intrappolati in un incantesimo che impediva loro di muoversi, ma che li costringeva a vedere e ad ascoltare. Erano tutti immobili, tranne Xavier.

«Perché lo state facendo?» i suoi occhi spenti si posarono fulminei su Cora «Per vendetta?»

«Che sovrano intelligente.» le parole taglienti di Rumpel lo costrinse nuovamente a voltarsi verso di lui

«Che ne avete fatto di mio figlio?» la domanda dell’uomo era quasi un sussurro

«Morto.» li rispose Rumpel nello stesso tono

«E la principessa Eva?» proseguì lui. Rumpelstilskin agitò la mano con noncuranza

«Irrilevante.» compì un passo verso di lui «Ora..» gli sorrise divertito, prendendo a girargli attorno «Ciò che è rilevante è quanto voi siate assetato di ricchezza anche a discapito dei vostri sudditi. Quanto voi siate stupido da non accorgervi di aver accolto nella vostra casa i vostri nemici, dando loro da mangiare e i migliori trattamenti possibili quando il vostro popolo arranca nel fango ogni giorno.» si chinò, avvicinando le labbra al suo orecchio «Il vostro popolo vi odia, Xavier.» raddrizzò la schiena e, allontanandosi, tornò al fianco di Cora

«Volete provare a vedere che succede se i vostri sudditi vengono sciolti dall’incantesimo mentre le vostre guardie no?» il re non rispose, limitandosi a sostenere il loro sguardo, ma con fervore sempre meno forte. Lo avevano raggirato, avevano ottenuto le sue ricchezze con l’inganno ed ora erano loro sotto ogni diritto.. lo avrebbero ucciso? Probabilmente.

Fu il turno di Cora ad avvicinarsi a lui, mentre tutti gli altri, sciolti dall’incantesimo, rimanevano immobili come se fossero stati sotto il suo effetto. La donna allungò la mano, affondandola senza troppe difficoltà nel petto dell’uomo che le stava davanti, percepì il suo cuore pulsare nel suo palmo, lo strinse e lo tirò a sé, osservando a lungo quella tenue luce che brillava nella sua mano. Avrebbe potuto schiacciarlo senza alcun problema, avrebbe potuto fare del re il suo servo più fedele, avrebbe potuto costringerlo a fare di tutto.. lei lo sapeva e, probabilmente, anche tutti quelli che stavano osservando lo sapevano. Sospirò impercettibilmente, prese l’ampolla e la aprì, versando il contenuto sul cuore dell’uomo, poi, senza dire nulla, lo rimise al suo posto. Rumpelstilskin la avvicinò con passo baldanzoso e un sorriso soddisfatto che gli piegava le labbra, mentre un mormorio confuso si levava dalla folla attorno a loro.

Dalle labbra di Xavier proruppe una grassa risata.. che subito si trasformò in un gridolino più debole fino a spegnersi del tutto: il re era poco più alto di un pollice.

Cora era soddisfatta di non averlo ucciso, godeva assieme a Rumpel della decisione del popolo di tenerlo in una teca all’interno del palazzo, arricchendosi grazie alle sue minuscole dimensioni che attiravano visitatori dai luoghi più remoti del regno. Era stato un pessimo re, un piccolo uomo e un grande richiamo per chiunque avesse sentito parlare della vendetta di Rumpelstilskin e Cora.

Avevano rimesso in moto un regno, umiliato Xavier per il resto dei suoi miseri giorni ed erano conosciuti, temuti e reclamati in ogni regno che necessitava di accordi o di aiuto.
E quando un giorno, il re Leopold con la sua armata, si presentò al loro castello per sfidarli ed ottenere la libertà della principessa Eva, i loro progetti presero piede.

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Passarono molti anni, durante i quali i loro poteri crebbero e le loro abilità si svilupparono, loro erano sempre più legati e c’erano ben poche cose che non potevano fare.. una di quelle era l’antica maledizione oscura, che necessitava il sacrificio della persona più amata, il che la rendeva inaccessibile a loro.

Da anni avevano riposto le loro speranze in una giovane e promettente strega malvagia, Regina, di umili origini e grandi aspirazioni, negli anni divenuta acerrima nemica della loro preziosa Snow White, figlia di Eva e di Leopold. La piccola Snow era stata sorvegliata e guidata da Rumpelstilskin affinché divenisse il motivo dell’odio della strega cosicché un giorno, quando fosse stata pronta, avrebbe scagliato la maledizione più potente di tutte, con l’unico scopo di ferire la principessa dalla pelle candida come la neve e dalle labbra color del sangue.

Rumpelstilskin aveva visto il nuovo mondo che li avrebbe accolti e, nonostante avesse sperimentato nel modo più doloroso come quelle visioni mostrassero solamente piccole parti di un disegno molto più grande, nutrivano entrambi ancora tante aspettative per un mondo senza magia che, probabilmente, avrebbe restituito loro ciò che da anni stavano cercando.. ma non era privo di rischi: avrebbero dovuto attendere 28 lunghi anni, anni di oblio per chi non possedeva l’antica magia oscura dentro di sé, anni di attesa e malinconia, anni privi di ogni significato e grigi come quel mondo che li avrebbe ospitati.

«E’ oggi.» mormorò con voce spezzata Cora, il cuore diviso tra la paura per l’ignoto che l’avrebbe attesa e la consapevolezza di rimanere per così tanto tempo lontana da lui. Osservava la nuvola viola di magia che avanzava rapidamente dal regno del Nord, inghiottendo foreste, colline, laghi e villaggi nella sua incessante avanzata.

Rumpelstilskin avrebbe ricordato, avrebbe dovuto vivere con i propri ricordi senza poter fare nulla se non al momento giusto; Cora invece avrebbe vissuto la sua vita desolata come tutti gli altri, poiché la maledizione doveva consentire solamente ad una, Regina, la felicità che agognava, relegando a tutti gli altri l’eterno sconforto fino a quando l’incantesimo non sarebbe stato spezzato. Era quella di Rumpel la prova più difficile da affrontare.

Avevano atteso quella notte a lungo, eppure ora che le lancette di ogni regno della Foresta Incantata segnavano le sette e un quarto di sera, i loro cuori erano gonfi di inquietudine: e se tutti quegli anni, alla fine, non sarebbero serviti? E se non avessero trovato ciò che cercavano?

«Funzionerà?» gli occhi di Cora erano fissi sulla finestra, nemmeno l’abbraccio saldo di Rumpelstilskin sembrava donarle il sollievo di cui aveva bisogno

«Funzionerà.» lui cercò di rassicurarla, nonostante fosse il primo a temere le sorti di quel disperato tentativo. Sospirò, portandosi davanti a lei e la baciò delicatamente «Verrò a trovarti ogni mattina, anche se tu non mi riconoscerai il mio volto. Quando tutto sarà finito, saranno passati solamente pochi istanti per te, nulla sarà cambiato: sarà.. come se qualcuno avesse schioccato le dita per farti risvegliare da un sogno.» le posò la mano sulla guancia, mordendosi il labbro perché gli occhi di lei non vedessero le sue lacrime come ultima immagine di quel mondo. Sospirò, stringendola forte, mentre la nuvola viola, minacciosa eppure leggera, li investiva, frantumando i grandi vetri colorati delle finestre del palazzo. «Non temere, Cora.. un giorno.. un giorno ti ricorderai di me.»

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