CrD - 1 - Alba di Cristallo [da revisionare]

di Ghost Writer TNCS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. MGN-5 Solaria ***
Capitolo 3: *** 2. Spore ***
Capitolo 4: *** 3. La nave dei mostri ***
Capitolo 5: *** 4. Avanzare senza uccidere ***
Capitolo 6: *** 5. Assedio ***
Capitolo 7: *** 6. Senza speranza ***
Capitolo 8: *** 7. Cuori che battono ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La MGN-5 Solaria era una meravigliosa astronave da crociera di proprietà della Aurora Stellare, un’importante compagnia specializzata in viaggi-vacanza con sede sul pianeta indipendente di Beltor.

Con un equipaggio di quasi 1.500 persone e una capienza fino a 5.000 passeggeri, la Solaria era pienamente nella media della sua categoria. I sedici ponti ospitavano cinque piscine – di cui una dotata di maxischermo – sette ristoranti, una trentina di bar, due cinema, un’avanzata area benessere, un acquario, diversi campi sportivi e numerose altre zone per lo svago dei passeggeri più o meno facoltosi.

In quel momento l’astronave si trovava nei pressi dei pianeti gemelli Lyuki 1 e Lyuki 2, non abitabili a causa dell’atmosfera troppo rarefatta, ma ricchissimi di magia, al punto che interi blocchi di roccia si staccavano dalle rispettive superfici e fluttuavano a mezz’aria, venendo levigati da flussi di energia che li trasformavano in tozze lance avvolte da linee di luce azzurra. Nutriti gruppi di queste pietre si protendevano ben oltre il livello delle atmosfere, formando colonne luccicanti che lasciavano a bocca aperta tutti i turisti che avevano la fortuna di ammirarle dal vivo.

Essendo stata costruita per affrontare lunghi viaggi interplanetari, la Solaria era dotata anche di capienti serbatoi per l’aria e di un complesso sistema di areazione che aveva il compito di mantenere un adeguato bilanciamento fra i vari gas in ogni parte dell’astronave. La sala di controllo era resa inaccessibile ai non addetti da una robusta porta blindata con relativa serratura elettronica; in quel momento però il battente era aperto. Il breve corridoio subito dopo era deserto, l’unica presenza anomala era la carcassa di un droide della sicurezza, reso inservibile da un colpo d’arma da fuoco – probabilmente ad energia – che aveva aperto un buco nel suo blocco centrale.

La porta successiva – anch’essa blindata – era solo accostata, quindi sarebbe bastato spingerla per scoprire all’interno i resti di altri quattro robot. E non solo i loro. Il cadavere di una persona era riverso a terra con una letale ferita al petto, e un altro era accasciato sull’insanguinato piano dei comandi, reso irriconoscibile da un proiettile ad energia ricevuto in pieno viso.

Una terza persona, l’unica ancora in vita, aprì un canale di comunicazione dal suo overwatch. «Avete collegato?»

La risposta arrivò dal ponte inferiore, più precisamente dalla zona dove erano posizionati i serbatoi d’aria ausiliari. «Bombola collegata e aperta. Cisterna uno.»

La persona nella sala di controllo digitò una serie di comandi sulla tastiera olografica che aveva davanti e sullo schermo apparve una richiesta di conferma: “Aprire cisterna 1?”

Il comando venne confermato e la scritta cambiò: “Cisterna 1 aperta. Gas immessi nel sistema di aerazione.”

«Ci siamo riusciti?» chiese la persona nella zona dei serbatoi.

«Ci siamo riusciti.» confermò il suo compagno «Morte agli infedeli!»

«Morte agli infedeli!»

Follemente appagati, i due terroristi si lasciarono cadere a terra, felici di aver condannato più di 6.000 persone ad un destino orribile e ingiusto.

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Capitolo 2
*** 1. MGN-5 Solaria ***


1. MGN-5 Solaria

Data: 4118 d.s., ultima deca[1]
Luogo: spazio aperto nei pressi dei pianeti gemelli Lyuki 1 e Lyuki 2
 

La Raamos era una piccola astronave da trasporto rapida e molto manovrabile, per questo veniva utilizzata da numerosi eserciti, tra cui la FANTOM. Dopo aver affrontato un salto a velocità superluminale, ora l’agile mezzo si muoveva in maniera irregolare, continuando a serpeggiare da una parte all’altra per scansare le rocce luminose che si frapponevano sulla sua rotta.

L’equipaggio che portava era formato da sei soldati più nove unità di supporto, per la precisione quattro droidi, tre cloni e due homunculus. Se gli esseri artificiali non avevano problemi a sopportare tutti quei bruschi cambi di direzione, così non si poteva dire per uno dei militari: si trattava di una ragazza dai capelli biondo platino raccolti in una crocchia e la pelle chiarissima suggeriva un’affinità con gli ambienti freddi, indizio accentuato dal tatuaggio che aveva sulla guancia destra: un cuore formato da cristalli di neve. Trasse un profondo respiro e poi riaprì i grandi occhi azzurri con le pupille verticali. «Queen… non è che potresti andare più dritta…?»

«Lo farei volentieri, però se colpissi un asteroide, ti assicuro che staremmo tutti molto peggio.» rispose la pilota. Indossava un casco che le assicurava un totale controllo della Raamos e le permetteva di percepire qualsiasi ostacolo nelle vicinanze.

«Cerca di fare respiri lenti e profondi, oppure prova ad appoggiarti al poggiatesta.» le suggerì l’uomo seduto di fronte a lei. Aveva la pelle bruna e sull’occhio destro c’era una doppia cicatrice, probabilmente il ricordo di una vecchia battaglia. Intorno al collo portava un foulard nero con sopra disegnate delle fauci ferine, e come suo solito stava fumando una sigaretta elettronica. «Potresti ascoltare della musica, e se hai caldo, usa i tuoi poteri per farti fresco.»

«D’accordo, ci proverò.» annuì lei prendendo degli auricolari dal suo marsupio e infilandoli nelle orecchie da canide.

«Manca ancora molto?» chiese uno strano essere simile ad un pupazzo di neve. Aveva due tizzoni ardenti al posto degli occhi e il naso era fatto da un aguzzo pezzo di legno. Al contrario degli altri soldati, non indossava l’uniforme rinforzata ma solo una cintura con numerose tasche dimensionali, tuttavia probabilmente non ne aveva bisogno. «Non vedo l’ora di far bruciare qualcosa!» esclamò accendendo le mani lignee di ardenti lingue di fuoco.

«Mantenendo quest’andatura, dovremmo raggiungere la Solaria tra una decina di minuti.» annunciò la IA della pilota. Si trattava del modello Gioiosa, di colore verde, ed era stata realizzata per supportare al meglio i militari incaricati di guidare astronavi, mecha o veicoli di altro tipo.

La ragazza al posto del copilota smise di passare in rassegna le pagine olografiche che aveva davanti e sollevò lo sguardo. Pur non essendo la più alta in grado – era sergente maggiore – si era accordata col suo superiore per avere lei il comando, in modo da fare subito esperienza sul campo. Era la prima vera missione che lei e i suoi uomini affrontavano in autonomia, e sebbene cercasse di non darlo a vedere, era un po’ nervosa. Cinque dei sei membri della squadra erano dei novellini – lei e due suoi subordinati erano da poco usciti dall’accademia, mentre altri due si erano uniti alla FANTOM solo nelle ultime deche – per fortuna però c’era anche un soldato molto esperto con loro e questo la faceva sentire più tranquilla. Fino a quel momento avevano partecipato solo ad operazioni all’interno di gruppi più ampi, ora però era finalmente arrivato il momento di dimostrare le loro capacità, e lei aveva tutte le intenzioni di partire col piede giusto.

Del resto lei era Eslife Hellmatyar, figlia del magnate delle armi Howard Hellmatyar, doveva fare del suo meglio per dimostrarsi degna del cognome che portava.

Oltre al cognome, da suo padre aveva ereditato il leggero piumaggio azzurro intenso delle braccia, l’ottima vista e i piedi da uccello – caratteristiche tipiche delle metarpie[2] – mentre da sua madre, una succuba[3], aveva ricevuto i capelli azzurri, lisci come seta e dello stesso colore delle ciglia e delle sopracciglia, e le mani con unghie invece di artigli. Il suo nome in codice era “Crystal Queen”, e questo perché il suo obiettivo era quello di diventare la leader di un’armata tanto potente da poter rivaleggiare con qualsiasi nemico. Non era certo un sogno facile da realizzare – per alcuni sarebbe stata pura utopia – ma la squadra di cui era al comando era già un embrione molto promettente.

Eslife guardò davanti a sé, scrutando la sagoma slanciata della Solaria con i suoi occhi azzurri intenso. Per quanto bella e suggestiva, quella zona era interessata anche da alcuni fastidiosi inconvenienti, tra cui delle interferenze a tutti i dispositivi non schermati che impedivano l’uso di comunicatori a lungo raggio e praticamente ogni tipo di portale.

La giovane abbassò lo sguardo e tornò a concentrarsi sulle sue pagine olografiche. Il rapporto introduttivo non era molto prolisso, ma del resto era molto probabile che l’astronave da crociera avesse avuto solo un banale guasto ai sistemi di comunicazione ausiliari, ossia delle sonde che venivano mandate all’esterno della zona d’interferenza per inviare e ricevere i messaggi per poi tornare indietro con il loro carico di informazioni. La principale alternativa era quella di un attacco da parte di pirati, e questo giustificava l’insistenza della Aurora Stellare nel richiedere l’intervento della Forza Armata.

«Excalibur, sei riuscita a metterti in contatto con la Solaria?»

La IA bianca apparve di fronte a lei. Si trattava del modello pensato per affiancare i membri del genio militare e i soldati con incarichi di comando come Eslife, quindi le sue funzioni principali erano quelle di coordinare e gestire grandi quantità di informazioni, ma anche di mantenersi in contatto con tutti i soggetti interessati da un’operazione. «Sto provando con vari tipi di frequenze e modalità, ma per il momento non sono riuscita ad ottenere risposta, nemmeno dai sistemi automatici.»

«Continua a provare.»

Dopo aver serpeggiato per una decina di minuti fra le torri di rocce luccicanti e i blocchi solitari privi di controllo, finalmente raggiunsero la Solaria, e Queen visualizzò la planimetria tridimensionale dell’astronave da crociera per capire dove far atterrare la Raamos.

Mentre la navicella da trasporto si avvicinava alla zona interessata, la IA Excalibur provò a richiedere la disattivazione dello scudo difensivo pensato per respingere i pirati spaziali, ma senza successo.

«Stanno attivando le misure difensive.» annunciò Gioiosa.

Pochi secondi dopo arrivò il primo colpo, seguito a ruota da una raffica di proiettili ad energia. Nonostante il volume di fuoco messo in campo dalla Solaria, la soldatessa alla guida della Raamos non parve minimamente preoccupata e si limitò a schivare con disarmante semplicità tutti i colpi, andando a ripararsi dietro una colonna di rocce luminose per guadagnare tempo.

Queen von Death[4] era una donna dal corpo sensuale e il viso attraente, con i capelli corvini a sposare gli occhi scuri e ammalianti, ma soprattutto era una pilota fuori dal comune; del resto era un’ibrida creata proprio con l’intenzione di esaltare le caratteristiche necessarie alla guida. Il suo principale difetto era la quasi totale assenza di pudore, il che la portava ad avere atteggiamenti piuttosto “estroversi” con chiunque, perfettamente riassunti dal suo nome in codice: “Lust”. Non era chiaro se le due cose fossero collegate o se ci fosse stato un errore nella scrittura del suo codice genetico.

«Eslife, vado di penetrazione o mi diverto coi preliminari?»

La sergente maggiore, che dopo tre anni di accademia era abituata ai doppi sensi della sua pilota, non si scompose: «Raggiungi la zona per l’atterraggio, non avremmo speranze in uno scontro a fuoco con la Solaria.»

Queen sorrise. «Mi devi un giro di preliminari allora.»

Con uno scatto fulmineo uscì dalla zona riparata dietro le rocce e si lanciò a tutta velocità verso l’astronave da crociera. Scansò abilmente i primi colpi, quindi sparò a sua volta un proiettile a vibrazioni che aprì uno squarcio nello scudo e vi si fiondò dentro, superando la barriera dell’hangar un attimo prima che le paratie metalliche d’emergenza si chiudessero. In una frazione di secondo ridusse la velocità, ruotando la navicella su se stessa per controllare la zona d’atterraggio: nessun nemico in vista, poteva ridurre la potenza.

«Ragazzi, siamo arrivati. I sensori danno aria ok, come siete messi coi caschi?»

«Caschi attivi.» rispose un soldato «Facci scendere.»

Il portellone si aprì con un leggero sbuffo per via della pressione positiva, a quel punto tre soldati e le nove unità di supporto scesero per controllare l’area, solo Queen, Eslife e la ragazza col tatuaggio sulla guancia rimasero a bordo, quest’ultima ancora provata dalla nausea.

«Mi spiace Larah. Se vuoi, dopo vedo di farmi perdonare.» si offrì Queen dal posto di guida. Non sembravano esserci nemici nei paraggi, però fino a quando i suoi compagni non avessero messo in sicurezza la zona, era opportuno che la Raamos fosse pronta a ripartire.

La giovane si limitò ad un vago gesto con la mano.

«Qui Scars. L’area è sicura, non c’è nessuno.»

Mesut Scahars era il soldato con il grado più alto, aveva combattuto innumerevoli battaglie, e quindi aveva accettato di unirsi alla squadra di Eslife con l’obiettivo di fornirle tutto il supporto necessario in termini di esperienza. Il fatto che fosse un tartariano[5] ne faceva tra l’altro un guerriero straordinario, quelli della sua specie infatti erano stati creati per essere i carcerieri del Tartaro, e di conseguenza avevano delle abilità combattive fuori dal comune. La pelle bruna, le dita artigliate e le iridi rosse erano tutte caratteristiche tipiche per i suoi simili; teneva i capelli corti, e le basette curate gli arrivavano quasi alla mandibola. Era un accanito fumatore e intorno al collo portava sempre il suo foulard; secondo alcuni era il suo portafortuna, tuttavia Mesut non si era mai preoccupato di confermare o smentire tale supposizione. Il suo nome in codice, “Scars”, era un riferimento alla doppia cicatrice che aveva sull’occhio destro e un gioco di parole col suo cognome.

Le tre soldatesse rimaste a bordo scesero a loro volta dalla Raamos con le armi in pugno e si guardarono intorno insieme ai loro compagni. Effettivamente non c’era proprio nessuno, e questo era abbastanza strano: d’accordo non aspettarsi un comitato di benvenuto, però avevano appena fatto irruzione, qualcuno doveva pure venire a controllare!

Probabilmente non si trattava di un banale guasto al sistema di comunicazione…


[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L’anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati “deche”.
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell’anno terrestre.

[2] Specie originale di TNCS. Il termine richiama le arpie, loro antenate; le metarpie si sono evolute rinunciando alla capacità di volare in cambio di un cervello più grande e di un corpo più robusto.

[3] Le succube (o succubi; al singolare succuba, succube, succubo o succubus) sono demoni delle leggende della Roma antica. Il nome deriva dal latino “succuba, ae” che significa amante.

[4] Altri due ibridi della serie von Death compaiono in Protezione e Giustizia e nella saga La via degli assassini.

[5] Specie originale di TNCS. Il nome è un riferimento al Tartaro, luogo dove – nella mitologia greca – erano rinchiusi i titani, vi finivano le anime dei malvagi e da esso erano generati esseri mostruosi.

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Capitolo 3
*** 2. Spore ***


2. Spore

«Crystal Queen, c’è qualcosa che non va nell’aria.» annunciò uno dei cloni. Non essendoci ancora un vero ufficiale medico nella squadra, il compito di verificare che le condizioni sulla Solaria fossero in linea con i parametri vitali standard era passato ad una delle unità di supporto.

«Qual è il problema?» chiese Eslife. Le loro uniformi rinforzate erano in grado di proteggerli e, entro certi limiti, di filtrare l’aria che respiravano, in ogni caso era meglio non abbassare la guardia.

«C’è qualcosa nell’aria, si direbbero dei microrganismi. Non sembrano virus o batteri, i sensori li identificano come spore.»

«Come quelle dei funghi?» chiese Queen.

«Esatto, ma di nessuna delle specie registrare nel rilevatore. I caschi sono in grado di filtrarle, tuttavia non ci sono dati sull’effetto che possano avere se inalate.»

Di colpo fra i presenti calò il silenzio. E se la Solaria fosse stata il teatro di un’epidemia?

«Non saltiamo a conclusioni affrettate.» intervenne Eslife «Ci hanno mandato qui per verificare la situazione, ed è quello che faremo. Ci divideremo…»

«Crystal Queen, arriva qualcuno.» la interruppe uno dei droidi.

Subito tutti si voltarono con le armi pronte e ben presto videro avvicinarsi un gruppo di persone, cinque in totale. Da come erano vestite, sembravano far parte della sicurezza, infatti indossavano delle divise con lo stemma dell’Aurora Spaziale in bella mostra sul petto.

«Siamo della FANTOM, ci hanno mandato qui per verificare la vostra situazione.» affermò la mezzademone facendo qualche passo avanti e abbassando il fucile «Abbiamo provato a metterci in contatto con voi, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.» Preferì sorvolare sul fatto che, se non avessero avuto una pilota del calibro di Queen, probabilmente non sarebbero nemmeno arrivati a bordo, ma dopo aver fatto irruzione in quel modo in uno degli hangar, era meglio fare ricorso alla diplomazia per evitare ulteriori problemi.

«È tutto sotto controllo, stiamo risolvendo il problema.» le spiegò uno degli uomini in divisa, un ailurantropo[6] a giudicare dall’aspetto di felino umanoide, «Potete andare.»

«Vorremmo controllare ugualmente.» ribatté la soldatessa in tono fermo.

L’ailurantropo sembrò ignorare la sua richiesta e ripeté quanto detto prima: «È tutto sotto controllo, stiamo risolvendo il problema. Potete andare.»

«Eslife, c’è qualcosa che non va.» esalò Larah «Quei tizi hanno qualcosa di strano…»

«Anche Nessie ha un brutto presentimento.» riferì un altro soldato, un tipo grande e grosso con una fatina che si librava a pochi centimetri dalla sua spalla.

Al sentire quelle parole, la sergente sollevò il suo fucile e lo mise in modalità impulsi stordenti. Bastò quel gesto per mettere in allerta i suoi compagni e le unità di supporto, che subito puntarono le loro armi. Due dei tre cloni si posizionarono davanti ad Eslife per proteggerla, dato che era la più vulnerabile fra i sei soldati della squadra.

«Dichiarate immediatamente i vostri nome e cognome, data e pianeta di nascita.»

Invece di rispondere, qualcosa parve accendersi nelle menti degli uomini della sicurezza, che cominciarono a correre verso di loro, del tutto incuranti delle armi pronte a sparare.

«Ragazzi, bloccateli senza ucciderli.» ordinò Eslife.

«Ci penso io.» affermò Larah. Come Eslife, anche lei era una mezzademone, per la precisione era una han’you[7] dal momento che i suoi genitori erano una yuki-onna[8] e un canidiano[9]; il suo nome in codice, “WinterHeart”, era un riferimento al tatuaggio che aveva sulla guancia destra.

Aprì una mano verso gli aggressori e nel giro di un istante un flusso di vento gelido li raggiunsero, circondandoli e bloccandoli all’interno di una spessa cupola di ghiaccio. Essere la figlia di una yuki-onna aveva i suoi vantaggi, e la necessità di difendere sua sorella minore in una zona di guerra l’aveva resa ancora più temibile di sua madre. Grazie ai suoi poteri avrebbe potuto facilmente trasformare quei cinque in altrettante statue di ghiaccio, in quest’altro modo invece aveva potuto bloccarli senza rischiare di fare loro del male.

Le guardie della Solaria, imprigionate, continuavano a colpire la robusta lastra di ghiaccio nel vano tentativo di romperla, ma la cosa più strana era che non stavano utilizzando le armi stordenti che tutte quante avevano nella cintura.

«C1, puoi dirci cosa non va in loro?» chiese Eslife.

Il clone che aveva scoperto la presenza delle spore si fece avanti. I nomi utilizzati per le unità di supporto erano, nella maggior parte dei casi, a discrezione dei soldati con cui dovevano operare, quindi era frequente chiamarli con sigle, codici, nomignoli o anche nomi propri.

«Ci sono delle spore all’interno dei loro corpi, sembra che si siano connesse al sistema nervoso come dei parassiti per assumerne il controllo.» riferì C1 dopo aver effettuato una scansione.

«Come avviene il contagio?» volle sapere Mesut.

«Mi spiace, non dispongo di informazioni sufficienti per stabilirlo. Probabilmente le spore sono entrate nei loro corpi tramite il sistema respiratorio, poi si sono diffuse attraverso il circolatorio e in questo modo hanno preso il controllo del sistema nervoso centrale e di quello periferico.»

«Beh, la buona notizia è che Katha è ancora normale.» fece notare Larah.

«Se di normalità si può parlare per uno così.» commentò Queen.

Il diretto interessato si esibì in un ghigno malvagio. «Ci vuole ben altro per sciogliere questo pupazzo maledetto!» esclamò battendosi un pugno sul petto candido. Pur essendo fatto di neve, Katha Nørgaard aveva scelto come nome in codice “Wildfire”, e questo la diceva lunga sul suo temperamento. Il suo passato era per buona parte avvolto nel mistero, infatti tutto ciò che aveva accettato di condividere era che non era sempre stato un pupazzo di neve, ma che un tempo era una persona – non aveva specificato di che specie – e che era diventato così dopo aver stretto un patto con Tremotino[10].

«Possono essere curati?» domandò la mezzademone.

«Neanche questo posso stabilirlo con certezza. Comunque di sicuro non possiamo farlo con le nostre strumentazioni.»

«D’accordo, in tal caso non dobbiamo ucciderli. Utilizzate le munizioni stordenti, uccideteli solo se non avete altra scelta.»

«Ricevuto.» risposero in coro i soldati.

«Vuoi dire che ci troviamo su una nave piena di tizi posseduti e non possiamo nemmeno farli fuori?» fece Queen.

«L’idea non entusiasma neanche me, però lo sai quanto sanno essere rompicoglioni certi civili.»

«Una dozzina contro migliaia, e dobbiamo pure trattenerci.» commentò il soldato grande e grosso con la fatina su una spalla «Il modo ideale per cominciare la settimana.»

«Dai Kenvster[11], è divertente fare l’impossibile.» ribatté Katha con un sorriso maligno.

L’altro si limitò ad un mugugno di assenso. Come Larah, anche lui si erano unito alla FANTOM da meno di un anno, il suo nome in codice era “Kaijuu[12]” ed era una chimera di tipo umano-alligatore, il che gli conferiva una notevole forza fisica. Aveva la pelle ramata, i capelli castano scuro erano lisci e lunghi fino alla base del collo, e gli occhi di un marrone tendente al giallo avevano delle pupille verticali che richiamavano la sua parte da rettile. Era in grado di sanare molto rapidamente le proprie ferite e di aiutare la rigenerazione altrui, tuttavia questo non era sufficiente per fargli avere la specializzazione di medico.

«Excalibur, invia una sonda per segnalare quello che abbiamo scoperto.» ordinò Eslife.

«Devo fare richiesta di rinforzi?» domandò la IA.

«Dubito che arriveranno in tempi utili, ma sì. Chiedi di portare una strumentazione adatta per esaminare i corpi dei passeggeri, e fai in modo che le astronavi abbiano abbastanza spazio per poter ospitare eventuali superstiti.»

«Ricevuto. Invio immediatamente la sonda.»

La mezzademone stava per dare disposizioni sul da farsi, ma venne interrotta dalla sua assistente virtuale: «Brutte notizie: i sistemi difensivi della Solaria hanno distrutto la sonda.»

La sergente digrignò i denti. La loro navicella disponeva solo di un altro trasmettitore autonomo, se anche quello fosse stato distrutto, la loro unica possibilità restava di mandare la stessa Raamos al di fuori della zona d’interferenza per inviare il messaggio.

«Invio la sonda rimanente?» chiese Excalibur.

«No, la distruggerebbero. Qualcuno deve andare nella sala di comando per disattivare i sistemi difensivi.»

«Posso occuparmene io.» si offrì Mesut. Oltre a essere un soldato esperto, aveva anche la specializzazione di hacker, quindi era quello con più possibilità di riuscire a ripristinare il sistema.

«Excalibur, dammi un ologramma della Solaria.» ordinò Eslife.

La IA eseguì immediatamente e davanti alla sergente apparve una rappresentazione tridimensionale dell’astronave.

«Quali postazioni hanno i privilegi necessari per accedere ai sistemi difensivi esterni?»

«Solo la plancia di comando, si trova nel ponte uno.» rispose la IA evidenziando con un colore diverso la zona citata.

«Da lì posso avere le immagini di tutta la nave?»

«Non secondo le specifiche a mia disposizione. La zona adibita a questa funzione è il centro di sorveglianza, dove vengono convogliate le riprese delle telecamere posizionate in tutta l’astronave. Si trova nel ponte otto.»

Eslife rimuginò tra sé, riflettendo sulle esigenze più immediate: mettersi in contatto con la base, verificare la presenza di superstiti e assumere il controllo della Solaria, tutto il resto poteva aspettare. Sarebbe stato utile poter eliminare le spore, ma date le dimensioni della nave, ci sarebbe voluto sicuramente molto tempo.

«Ragazzi, questo è il piano: ci divideremo in due gruppi, il mio gruppo si dirigerà verso il centro di sorveglianza per poter avere una visione completa della nave, il gruppo di Scahars invece raggiungerà la plancia di comando e disattiverà il sistema di difesa esterno. Nel mio gruppo ci saranno Queen e Katha; nel gruppo di Scahars ci saranno Larah e Kenvster. Due droidi a testa, noi prendiamo i tre cloni e voi i due homunculus. Quei cinque chiudeteli in un deposito, dovrebbe essercene almeno uno abbastanza grande in questo hangar. Domande?»

Nessuno sollevò interrogativi, così i soldati e le unità di supporto si misero al lavoro per liberare le guardie possedute – che ancora stavano cercando di rompere la cupola di ghiaccio della han’you – e le chiusero a chiave in un magazzino.

Mentre i suoi uomini lavoravano, Eslife prese un profondo respiro per calmare la mente ed essere pronta a far fronte a nuovi, inevitabili imprevisti. Lei e i suoi compagni avevano già combattuto in territori ostili durante le operazioni su ampia scala, ma quella era la prima volta che dovevano far fronte ad una possibile epidemia non simulata.

Due dubbi in particolare la tormentavano: chi poteva essere il responsabile di quella situazione? Ma soprattutto, c’era ancora qualcuno da salvare sulla Solaria?


[6] Specie originale di TNCS. Il nome è una fusione delle parole greche “ailouros” (gatto) e “anthropos” (uomo).

[7] Gli han’yō (traslitterato han’you) sono creature del folklore giapponese metà umane e metà yōkai (traslitterato youkai), esseri paragonabili ai demoni occidentali.

[8] Nel folklore giapponese, le yuki-onna sono una tipologia di youkai e il termine significa “donna delle nevi”.

[9] Specie originale di TNCS. Il nome richiama la famiglia dei Canidae, che nella classificazione scientifica raggruppa i canidi.

[10] Tremotino viene citato anche in DS - 1 - Senza memoria.

[11] Kenvster è presente anche in DS - 2 - L’isola bianca ed è uno dei protagonisti della saga.

[12] In giapponese kaijū (traslitterato kaijuu) vuol dire “strana bestia” ed è un tipo di mostro gigante.

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Capitolo 4
*** 3. La nave dei mostri ***


3. La nave dei mostri

I due gruppi si erano divisi già da un paio di minuti e quello guidato da Eslife si stava dirigendo dal ponte undici – dove erano atterrati – verso l’otto, deciso come l’altro ad utilizzare le scale invece degli ascensori: non avevano ancora un quadro chiaro della situazione a bordo della Solaria, quindi era meglio muoversi con la massima prudenza.

In testa al gruppo c’erano Queen, Katha e un clone; Eslife stava nel mezzo insieme agli altri due cloni, e subito dietro si trovavano i due droidi: la mezzademone non era particolarmente dotata fisicamente e tecnicamente – se avesse scelto di unirsi alla fanteria, le avrebbero quasi sicuramente assegnato il rango C, quello più basso – quindi era meglio che restasse in una posizione di maggiore sicurezza. Del resto lei era il leader della squadra, il suo compito principale era quello di tirare fuori il meglio dai suoi subordinati e di fare in modo di riportarli tutti a casa sani e salvi.

Grazie alle IA non era difficile orientarsi all’interno dell’astronave, tuttavia dovevano fare molta attenzione perché in ogni momento era possibile incontrare una persona infettata dalle spore. Se non altro gli ampi spazi – pensati per risultare agevoli anche a specie più grandi – offrivano un buon margine di movimento.

«Non ho mai fatto sesso con uno zombie.» rifletté Queen ad alta voce «Chissà come sarebbe…?»

«In realtà non credo che quelli siano zombie,» ribatté Katha «caso mai sono non-morti.»

L’ibrida gli lanciò uno sguardo poco convinto attraverso il casco. «E cosa cambia?»

«Gli zombie sono dei morti resuscitati, i non-morti invece – come dice il nome – non sono morti.» chiarì Larah attraverso il comunicatore incluso nelle uniformi.

«Credevo che i morti resuscitati fossero i redivivi.» obiettò Kenvster.

«Gli zombie sono cadaveri riportati in vita, i redivivi invece sono delle persone resuscitate con la loro personalità e i loro ricordi.» precisò Mesut.

«In ogni caso dovremmo trovare un modo rapido per chiamare le persone infettate dalle spore.» dichiarò Eslife «Se non altro per facilitare la comunicazione.»

«Chiamiamoli zombie.» propose Queen scrutando un corridoio che sembrava deserto.

«Ti abbiamo appena spiegato che non sono zombie.» le fece notare Larah «Sarebbe più corretto chiamarli non-morti.»

«Ma zombie è figo!»

«Ma chiamiamoli solo “nemici”!» esclamò Katha «Così li posso arrostire…»

«Hellmatyar, chiamiamoli “meta-zombie”, così von Death è contenta e ci capiamo in fretta.» propose Mesut.

«D’accordo, vada per meta-zombie.» assentì la figlia di un metarpia.

«Scars, una ventina di meta-zombie di fronte a noi.» segnalò uno dei droidi del gruppo di Mesut.

«Possiamo aggirarli?»

«Negativo. Vengono verso di noi.»

«Allora usiamo gli impulsi stordenti e diamogli una bella lezione.»

Nel frattempo, il gruppo di Eslife aveva raggiunto uno dei numerosi ristoranti della Solaria e tutti quanti si stavano guardando intorno alla ricerca di nemici. I rapidi esami svolti sulle guardie non erano stati in grado di determinare se quei meta-zombie fossero controllati da qualcuno o se agissero solo come animali, il loro incontro però aveva confermato che in loro era rimasto un certo grado di intelligenza, quindi dovevano considerare la possibilità di subire imboscate o di venire attirati in una trappola.

Il silenzio intorno a loro era tale da risultare inquietante, alcune sedie erano a terra, c’erano pezzi di cibo e piatti rotti un po’ ovunque, ma nessun segno di vita. Forse i meta-zombie erano da un’altra parte.

I militari avanzarono, sempre all’erta e con le armi puntate. Eslife e Queen impugnavano entrambe un NRT-72, un versatile fucile d’assalto ad alta cadenza di fuoco in grado di sparare sia proiettili ad impulsi che al plasma; Katha invece aveva un Hollowkeeper, un fucile a pompa dalla forma bombata pensato per sparare granate o piccoli missili, ma in grado di scagliare anche pericolose scariche elettriche in grado di folgorare più bersagli in sequenza. Anche le unità di supporto imbracciavano le stesse armi, tutte prodotte dalla Hellmatyar Corporation, l’azienda controllata dal padre della mezzademone.

«Peccato, siccome siamo in un ristorante, mi sarebbe piaciuto arrostire qualche meta-zombie.» commentò il pupazzo di neve.

«Io invece avrei voluto vederne qualcuno con gli abiti tutti strappati.» ammise l’ibrida «Del resto le spore non hanno cambiato il loro aspetto, quindi un bel fusto sarebbe rimasto un bel fusto…»

«Ragazzi, restate concentrati.» li richiamò Eslife. Avendo fatto il triennio di accademia insieme, li conosceva molto bene ed era perfettamente consapevole delle loro capacità – non a caso la sua sezione aveva vinto per tre anni consecutivi il torneo di calcio a sette con lei in panchina a guidare la squadra – ora però si trattava di una vera missione dove mettevano in gioco le loro vite e quelle di molte altre persone. Non potevano fallire.

«Non ti preoccupare, ho sempre un occhio di riguardo per il mio leader preferito.» affermò Queen allungando una mano sul fondoschiena di Eslife e facendo schioccare il proprio casco con quello della mezzademone.

«Perché non usi il tuo occhio di riguardo per i meta-zombie che affollano la nave piuttosto?» ribatté la giovane.

«Arriva qualcuno.» segnalò il clone in testa al gruppo «Un gruppo davanti a noi.»

«Meta-zombie?»

«Non posso stabilirlo da questa distanza.»

«L’aria è piena di spore, saranno sicuramente infetti.» affermò Katha.

«Lo penso anch’io.» annuì Eslife «Excalibur, ci serve un’altra strada.»

«Alla vostra sinistra c’è un corridoio, vi farà allungare solo di qualche decina di metri.»

«Ricevuto, muoviamoci.»

Il gruppo si affrettò verso la via di fuga, ma anche questa volta il clone in testa li avvisò dell’arrivo imminente di un buon numero di persone.

«Nemici alle nostre spalle.» segnalò uno dei due droidi nella retroguardia.

 «L’unico passaggio rimasto è per le cucine.» disse Excalibur senza bisogno di venire interpellata.

«Temo che anche quello sia bloccato.» ribatté Katha, gli occhi di brace che scrutavano la processione di cuochi in arrivo.

Erano circondati.

«Adesso però possiamo almeno ucciderli.» dichiarò Queen. Si voltò verso Eslife. «Vero…?»

***

Anche il gruppo di Mesut era stato ormai circondato dai meta-zombie, per la maggior parte turisti a giudicare dai vestiti allegri e sgargianti. All’inizio i loro volti avevano espressioni vuote, assenti, ora invece erano dominati da ringhi aggressivi che accompagnavano il loro attacco di massa.

La prima linea difensiva venne garantita da Larah, che di nuovo creò uno sbarramento di ghiaccio per fermarli, questa volta però c’erano troppi nemici per pensare di poterli bloccare facilmente. Se i primi non riuscivano a superare la barriera, altri si arrampicavano sopra di loro, e così via fino a riuscire a saltare oltre: quegli esseri potevano anche essere privi di raziocinio, ma di sicuro avevano una determinazione incrollabile che anche gli impulsi stordenti faticavano a sopprimere. Nemmeno un colpo alla testa era sufficiente per placarli, solo paralizzando loro tutti gli arti si poteva sperare di fermarli.

«Così non va bene, ci stanno circondando.» ringhiò Kenvster. Grazie al suo corpo muscoloso non aveva problemi a maneggiare un’arma pesante come la M331 Light-Meteorgun – una mitragliatrice gatling di fanteria pensata per i proiettili al plasma, ma perfettamente in grado di sparare anche terrificanti raffiche di impulsi stordenti – tuttavia contro simili nemici, e soprattutto in tal numero, nemmeno una dotazione del genere poteva permettere di restare fermi in uno stesso punto per troppo tempo.

«D3, ho bisogno che ci fai da ariete.» ordinò Mesut.

«Sissignore.» Il droide cambiò subito la struttura fisica, passando da umanoide a quadrupede, posizionò il suo NRT-72 sulla schiena per conservare la potenza di fuoco e poi creò uno scudo energetico davanti a sé per essere in grado di penetrare il compatto schieramento di meta-zombie.

«Kenvster, aprici una via di fuga da quella parte. D3, sfrutta il fuoco di Kenvster per aprirti in un varco. Larah, usa il ghiaccio per mantenere aperto il passaggio. D4 e homunculus, copriteci le spalle.»

«Sissignore!»

La formazione richiesta dal tartariano si rivelò efficace e la combinazione di potenza di fuoco, forza bruta e coordinazione permise loro di ritagliarsi una via di fuga attraverso un ampio corridoio. I meta-zombie si lanciarono immediatamente all’inseguimento, tuttavia il ghiaccio di Larah si frappose sulla loro strada e consentì ai militari di riprendere fiato.

«Nessun nemico nelle immediate vicinanze.» annunciò un homunculus.

«Allora non perdiamo tempo e approfittiamone per salire al ponte superiore, ce ne mancano ancora sette.»

La fatina che accompagnava Kenvster squittì qualcosa con la sua vocina acuta. Il suo corpicino esile e i dieci centimetri d’altezza contrastavano con la fisicità della chimera, aveva i capelli castani tagliati corti con una ciocca tinta di rosa sul davanti, i suoi occhi erano grandi e verdissimi e aveva alcune lentiggini. I due si erano conosciuti sull’Isola Che Non C’è, dove l’uomo aveva trascorso alcune deche prima di unirsi alla FANTOM, e la fata aveva deciso di andare con lui per scoprire posti nuovi e conoscere l’universo.

«Certo Nessie, come se ci avessi aiutati.» ribatté il soldato.

Lei sollevò il mento con aria di superiorità e si librò elegantemente grazie alle sue ali diafane e luccicanti. Al contrario dei presenti, non indossava l’uniforme rinforzata, ma portava una cintura che ne replicava la maggior parte delle funzionalità, ad esempio poteva generare un piccolo scudo energetico a forma di bolla in grado di difenderla dalla maggior parte degli attacchi e dalle spore.

Il gruppo raggiunse una scala e con fare rapido ma guardingo cominciarono a salire i gradini. La presenza delle unità di supporto in cima e in coda alla fila offriva maggiore protezione contro eventuali imboscate, ma in una situazione del genere il rischio peggiore era di rimanere circondati in un luogo chiuso e stretto come quello.

Dovevano sbrigarsi a raggiungere la plancia di comando.

***

Le piccole dita avvolte in un guanto ermetico ticchettarono in sequenza sul tavolo di plastica dura mentre gli occhi scrutavano con attenzione le file di monitor olografici attraverso la visiera a specchio.

Si aspettava di ricevere visite, i suoi ospiti erano arrivati solo con un leggero anticipo rispetto a quanto aveva ipotizzato all’inizio. Il loro pilota doveva essere davvero molto capace se era riuscito a farli arrivare nell’hangar in così poco tempo, e per questo non era riuscito ad organizzare un comitato di benvenuto adeguato.

Beh, pazienza, aveva tutto il tempo per rifarsi. Quei soldati erano pochi ma molto capaci e mandare contro di loro qualche decina di meta-zombie sarebbe stato inutile, a conti fatti però era meglio così: avere a che fare con degli avversari di un certo livello avrebbe dato molto più valore ai suoi test.

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Capitolo 5
*** 4. Avanzare senza uccidere ***


4. Avanzare senza uccidere

Se da una parte il gruppo di Eslife aveva la fortuna di dover salire soli tre piani invece dei dieci richiesti a quello di Mesut, dall’altra avevano la sfortuna di dover attraversare quasi tutta la Solaria per passare dalla zona di prua dove erano atterrati, a quella di poppa dove era situato il centro di sorveglianza.

Percorrere una tale distanza senza incappare in folti gruppi di meta-zombie era impossibile, in ogni caso più procedevano, e più avevano la sensazione che il numero di persone infette aumentasse. Già diverse volte erano stati costretti a tornare indietro per cambiare strada prima di essere attaccati, avevano consumato numerose granate stordenti per evitare di essere inseguiti, ma la loro situazione non accennava a migliorare.

«Stiamo facendo il giro dell’oca, così non arriviamo da nessuna parte!» imprecò Katha «Arrostiamone un po’ e vedrete che impareranno la lezione.»

«Dubito che impareranno la lezione…» obiettò Queen.

Il pupazzo di neve sorrise malignamente. «È quello che spero…»

«No, dobbiamo evitare di ucciderli.» ribatté Eslife «Sarei molto seccata se ci convocassero in tribunale già al nostro primo incarico.»

«Crystal Queen, c’è un nutrito numero di ostili alle nostre spalle.» segnalò un clone «Temo che ci raggiungeranno a breve.»

«E allora sbrighiamoci ad andare avanti.»

La mezzademone sapeva che, in una situazione del genere, non c’era una soluzione giusta: per salvare i suoi uomini avrebbe dovuto uccidere i meta-zombie, questo però avrebbe significato trovarsi sulla coscienza le vite di decine – per non dire centinaia – di persone che magari potevano essere curate. Doveva pensare, in accademia le avevano insegnato che c’era sempre un modo per ridurre le perdite se si aveva la mente abbastanza aperta per trovarlo. Il gruppo di Mesut poteva contare sul ghiaccio di Larah, il fuoco di Katha invece non andava bene. Restavano lei, Queen e le unità di supporto… Ma certo: Queen! Se fossero riusciti a trovare un veicolo, l’ibrida sarebbe stata in grado di farli arrivare in un attimo dall’altra parte della Solaria riducendo al minimo gli effetti collaterali.

«Excalibur, dove possiamo trovare un veicolo nelle vicinanze?»

«Il punto più vicino è l’autodromo del ponte sette.»

 «Oh, sì, così mi piaci Eslife…» esalò Queen con quel suo tono saturo di piacere.

Un rumore improvviso mise in allerta il gruppo.

«Consiglierei di rimandare i discorsi e affrettare il passo.» suggerì un clone.

«Giusto, muoviamoci!» ordinò la mezzademone «Excalibur, ricordami che ci vuole qualcun altro con poteri simili a quelli di Larah.»

«Annotazione salvata.» confermò la IA.

Nonostante le difficoltà, alla fine era riuscita a trovare quella che credeva essere una buona soluzione: avrebbero allungato un po’, ma probabilmente avrebbero raggiunto il centro di sorveglianza in minor tempo. Dovevano solo sperare di non incontrare un assembramento di meta-zombie lungo la loro nuova strada…

***

Mesut e i suoi non riuscivano a superare un ponte che continuavano a trovare nuovi e cospicui assembramenti di meta-zombie. Ad ogni piano dovevano misurarsi con decine di persone infettate dalle spore e stava diventando sempre più difficile avanzare senza uccidere nessuno.

In quel momento si trovavano in un grande salone, probabilmente una pista da ballo. Dal soffitto pendevano sei grandi lampadari pieni di cristalli luccicanti, il pavimento bianco e lucido faceva risplendere l’ambiente e le ampie vetrate offrivano un panorama mozzafiato sulle colonne di roccia all’esterno, a loro volta illuminate dalle venature di energia.

Nonostante la situazione in cui si trovavano, Larah non riuscì a non rimanere estasiata da quell’ambiente principesco. Non aveva mai visto decorazioni così eleganti e raffinate, il palco situato di fronte alle vetrate era assolutamente magnifico e la musica soave le faceva venir voglia di cantare.

Non era mai stata su un’astronave da crociera. Le sarebbe piaciuto moltissimo fare un viaggio fra le stelle su un velivolo come quello, però sapeva bene di non poterselo permettere. Escludendo Eslife, nessuno dei membri della squadra navigava nell’oro e tutti quanti vivevano dello stipendio che ricevevano dalla FANTOM. Lei in particolare era costretta a stare attenta alle spese, infatti doveva mantenere anche la sua sorellina Lilith[13] dato che i loro genitori erano morti nel corso della guerra civile di Shytia. Non era una situazione facile, ma riuscivano a tirare avanti senza bisogno di chiedere aiuto. Molti degli abitanti di Shytia non erano stati così fortunati.

«Arrivano!»

L’esclamazione di Mesut la ridestò dai suoi pensieri. Avevano quasi raggiunto l’ingresso dalla parte opposta del salone, ma come al solito era arrivato un nutrito numero di meta-zombie a mettersi sulla loro strada.

Nessie lanciò un gridolino di stizza.

«Sono d’accordo, la cosa si sta facendo davvero seccante…» annuì Kenvster.

Il tartariano neutralizzò con precisione chirurgica un acinonyano[14] meta-zombie, che grazie alla sua velocità era scattato in testa al gruppo. «Solito schema, non perdiamo tempo.»

Un droide si mise subito in assetto quadrupede e caricò a testa bassa il punto dove la Light-Meteorgun della chimera aveva aperto una falla, al che gli altri membri della squadra si fiondarono subito nel corridoio tenuto aperto da Larah, decisi a superare in fretta anche quello sbarramento.

Erano quasi dall’altra parte quando una meta-zombie superò con un salto lo sbarramento di ghiaccio. Si trattava di una fibromorfa[15], aveva sfruttato le fibre del suo corpo per allungarsi e saltare oltre la barriera cristallina, e ora si trovava ad un passo dai militari. Con un balzo afferrò il braccio di un homunculus e con foga animalesca vi affondò i denti, cercando disperatamente di lacerare l’uniforme rinforzata.

L’unità di supporto cercò di divincolarsi, provò a colpirla con alcuni impulsi stordenti, ma non poteva fare di più perché l’ordine di Eslife era stato di non uccidere le persone infette.

Ben presto Mesut capì di dover intervenire, sollevò il fucile e abbatté con forza il calcio sulla guancia della meta-zombie. Un colpo del genere non sarebbe stato fatale, ma l’energia che vi impresse bastò per rompere la mandibola della meta-zombie e liberare l’homunculus.

«Presto, andiamo via!» ordinò il tartariano dopo aver esploso qualche colpo stordente.

Finalmente riuscirono a mettersi alle spalle la massa di persone infette e Larah creò una nuova barriera di ghiaccio per coprirsi la fuga, ma non erano ancora al sicuro.

«Scahars, rilevo un aumento di spore all’interno del corpo di H2.» segnalò l’altro homunculus.

Mesut lanciò una colorita imprecazione. Aveva già visto la ferita lasciata dai denti della fibromorfa sul braccio dell’unità di supporto, ma in quel momento non aveva avuto il tempo di rifletterci sopra; ora invece era diventata un problema da risolvere immediatamente, prima che le spore riuscissero a prendere il controllo di tutto il corpo: neutralizzare dei civili in abiti da villeggiatura era un conto, un homunculus dotato di uniforme rinforzata era tutta un’altra cosa.

Larah lanciò uno sguardo preoccupato. «Che facciamo?»

Il tartariano sapeva di dover prendere una decisione in fretta, così passò alla ragazza il suo NRT-72 e aprì una delle tasche dimensionali della sua uniforme. Dal nulla comparve un Thareuss 14, lo puntò alla testa dell’unità di supporto e fece fuoco: i proiettili balistici da 8.54 bucarono senza difficoltà il casco e fecero scempio del suo cranio, così come del torace e dell’addome.

«Scars, cos’è successo?» chiese Eslife, allarmata dal rumore dei colpi.

«Un meta-zombie ha morso H2 e ho dovuto ucciderlo prima che le spore avessero il sopravvento.»

«Vuoi dire che l’ha contagiato?» fece Queen.

«Ma allora non sono meta-zombie!» esclamò Katha «Sono meta-ghoul[16]

«No, sono meta-zombie!» ribatté l’ibrida.

«Comunque c’era da aspettarselo che le spore potessero diffondersi anche attraverso le ferite.» fece notare il tartariano.

«Voi altri state bene?» volle sapere Eslife.

«Sì, stiamo bene, tra poco arriveremo al ponte uno. Voi a che punto siete?»

«Noi… avanziamo spediti.»

Dopo aver raggiunto l’autodromo del ponte sette, Gioiosa aveva hackerato il sistema di avviamento di un paio di hovercar, permettendo a Queen e un droide di mettersi al volante. L’ibrida aveva subito assunto la posizione di testa e si era fatta guidare dalla sua IA attraverso gli ampi e lussuosi corridoi della zona per gli ospiti, avevano superato alcune porte di sicurezza grazie alle intelligenze artificiali e ora si trovavano nella parte di poppa della Solaria, quella riservata al personale, dove gli spazi erano meno ariosi e le rifiniture meno eleganti.

«Meta-zombie davanti a noi.» segnalò Gioiosa.

«Non investirli.» la ammonì Eslife.

«Nessun problema.»

Queen sollevò una leva sul cruscotto e l’hovercar aumentò la distanza dal suolo, diede uno strattone col volante e il velivolo fu sottosopra. Subito abbassò la leva di quota e gestì la piroetta senza nemmeno guardare i posseduti che sfrecciavano sotto di loro. Completò l’acrobazia e diede di nuovo potenza ai sistemi di sospensione, recuperando in un attimo l’assetto ideale.

«Ehi! La prossima volta avvisa prima di fare una roba del genere!» imprecò Katha, sdraiato tutto storto sui sedili posteriori e in parte addosso al clone che viaggiava con loro.

«Te l’avevo detto di attivare le ancore di sicurezza.»

Dietro di loro, anche l’hovercar pilotata dal droide superò il gruppo di meta-zombie, però lo fece semplicemente aumentando la sospensione e quindi i posseduti ricevettero una brusca spinta verso il basso che li spedì a terra.

«La scala a destra e poi a sinistra.» annunciò la IA verde.

Queen non se lo fece ripetere e si infilò nell’apertura, curvò dalla parte indicata e in un attimo furono di fronte al centro di sorveglianza.

«Destinazione raggiunta, grazie per aver viaggiato con noi.» commentò l’ibrida mentre si guardava intorno per controllare la situazione.

Gli altri due soldati e il clone scesero dall’hovercar, appena in tempo per vedere arrivare le unità di supporto. Al contrario del mezzo pilotato da Queen, quello guidato dal droide riportava diversi graffi e ammaccature che non c’erano quando avevano deciso di prenderlo in prestito.

«Non rilevo nessuna presenza all’interno del centro di sorveglianza.» annunciò la Cortana di Katha.

Effettivamente non c’erano meta-zombie nella zona, ma così non sarebbe stato a lungo. L’ibrida e il droide spostarono le due hovercar per ostacolare il passaggio agli imminenti nemici, ma questo li avrebbe solo rallentati un po’.

«Allestite delle barricate,» ordinò Eslife «ho bisogno che questa zona resti sicura il più a lungo possibile.»

«Sissignora.»

Mentre Queen e quattro unità di supporto si occupavano di eseguire l’ordine, Katha e un droide entrarono nel centro di controllo per assicurarsi che la rilevazione della IA del pupazzo di neve fosse esatta. Così fu: non c’era assolutamente nessuno.

«Eslife, sbrigati, i monitor si stanno spegnendo!»

La mezzademone si affrettò ad entrare a sua volta e, con suo grande disappunto, vide che gli schermi olografici stavano scomparendo uno dopo l’altro. Ma le brutte notizie non erano finite: la sua attenzione venne catturata da una registrazione in tempo reale e un misto di pensieri contrastanti le affollò la mente. «Oh, cazzo…»


[13] Lilith Zimheart è presente in Armi contro il passato.

[14] Specie originale di TNCS. Il termine deriva dal nome scientifico del ghepardo: Acinonyx jubatus.

[15] Specie originale di TNCS. Il nome richiama le fibre che costituiscono la maggior parte del suo corpo.

[16] I ghoul sono mostri del folklore islamico simili a vampiri.

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Capitolo 6
*** 5. Assedio ***


5. Assedio

Mesut sparò una raffica di impulsi stordenti contro il meta-zombie di fronte a lui, ne respinse allo stesso modo altri due da sinistra e rifilò una gomitata ad un quarto. Colpì quest’ultimo col calcio del suo NRT-72 e poi lo spedì al tappeto con un pugno dritto in faccia.

Finalmente erano arrivati al ponte uno, ma non credeva che avrebbero dovuto faticare tanto. Non che avesse dato fondo a tutte le sue capacità. Lui era un rango Z – la classificazione riservata ai supersoldati – quindi probabilmente avrebbe potuto spazzare via tutti quei meta-zombie anche da solo, ma farlo senza ucciderli sarebbe stato praticamente impossibile. Uno dei privilegi del suo rango era quello di avere in dotazione un’armatura, un rivestimento nettamente migliore dell’uniforme rinforzata, tuttavia aveva preferito non indossarla per sentirsi più vicino ai suoi commilitoni.

E a proposito dei suoi commilitoni, doveva ammettere che sapevano il fatto loro; nonostante la situazione in cui si trovavano, era felice di aver accettato la proposta di Eslife di unirsi alla sua squadra. Lui si era arruolato esternamente, quindi combatteva per la FANTOM, ma prendeva ordini da un soggetto esterno – alleato della Forza Armata – e riceveva uno stipendio che era pagato prevalentemente da quest’ultimo; era stato proprio il suo superiore a dargli l’assenso finale per accettare la proposta della mezzademone. In effetti il suo capo e la società gestita dal padre di Eslife erano in affari già da decenni – la madre della giovane era stata praticamente presentata dal suo datore di lavoro – quindi il suo compito era anche quello di osservare dall’interno lo sviluppo di quella squadra per capire se poteva diventare un buon alleato per il futuro.

«Ci siamo, dovrebbe essere questo.» annunciò il tartariano fermandosi di fronte ad un robusto battente di metallo chiaro. Anche loro avevano dovuto superare alcune porte di sicurezza per accedere a quel settore della nave, ora però i software delle loro IA non sarebbero stati sufficienti per bypassare la sofisticata serratura elettronica.

Larah aveva creato una nuova barriera di ghiaccio per tenere occupati i meta-zombie, ma non era il caso di perdere tempo.

«Non si apre?» chiese Kenvster.

«Bussa pure.» rispose Mesut facendosi da parte.

Il primo colpo fece tremare il corridoio. Il secondo deformò la porta. Al terzo pugno, il battente ebbe un sussulto e crollò a terra con uno schianto fragoroso, rivelando la figura imponente della chimera. La sua parte da alligatore era emersa per la prima volta da quando erano arrivati sulla Solaria e il suo corpo, già alto e robusto, era diventato ancora più imponente. L’uniforme rinforzata si era adattata senza problemi alla sua nuova stazza grazie ad un semplice sigillo alchemico, e altrettanto fece quando il soldato tornò al suo aspetto originario.

«Controllate il corridoio, qui ci penso io.» affermò il tartariano entrando nella plancia di comando con il fucile pronto.

Bene, non c’era nessuno, poteva lavorare in relativa tranquillità. Ripose la sua arma in una delle tasche dimensionali dell’uniforme e raggiunse una delle postazioni. «Allora Althea, che mi dici del sistema?»

La IA si delineò di fronte a lui. Pur essendo un modello Cortana, il suo corpo era rosso, ma questa era solo una personalizzazione al pari del nome. «Ho rilevato alcuni virus, sembra siano stati caricati nelle ultime ore. Comincio il processo di eliminazione, ma ci vorrà un po’.»

«Ti do una mano.»

Mesut sfruttò la connessione di prossimità per collegarsi al computer e cominciò il suo lavoro di ripristino delle normali funzionalità dell’astronave. Nel suo corpo erano state impiantate numerose parti biomeccaniche che, oltre ad aumentare sensibilmente le sue capacità combattive, gli permettevano di interfacciarsi in maniera molto più efficace con la maggior parte degli apparecchi elettronici. Erano proprio questi innesti che gli erano valsi il rango di supersoldato, e a fornirglieli era stato il suo superiore.

Kenvster e Larah intanto erano fermi davanti alla porta insieme alle unità di supporto rimaste, ossia solo i due droidi, ma per il momento i meta-zombie sembravano occupati con la barricata di ghiaccio della han’you.

«Oh, cazzo…»

L’imprecazione di Eslife li mise in allerta e la ragazza bionda chiese subito spiegazioni.

«Ci sono dei superstiti.» spiegò il capo della squadra «Qui però c’è un virus e non sono riuscita a capire dove si trovino. Sembravano almeno duecento persone, forse anche di più.»

«Riuscite ad eliminare il virus?» chiese Larah.

«Le IA ci stanno lavorando, ma non ho idea di quanto ci vorrà. Voi a che punto siete?»

«Mesut è al lavoro nella plancia di comando; io, Kenvster e i due droidi stiamo tenendo d’occhio la situazione. Uno di noi può andare dai superstiti quando capite dove si trovano.»

Un urlo bestiale interruppe la loro conversazione, seguito da altri altrettanto furiosi. Gli occhi della han’you affiancarono subito quelli della chimera e anche lei vide la parete di ghiaccio che cominciava a creparsi sotto i colpi dei meta-zombie. Il materiale però non stava cedendo per il numero di percosse che aveva accumulato, al contrario erano i nuovi attacchi che si erano fatti molto più violenti, come se i corpi delle persone infette avessero improvvisamente acquisito una forza straordinaria.

Nessie squittì preoccupata.

«Già, non piace nemmeno a me.» assentì Kenvster «Hellmatyar, che facciamo?»

«C1, cosa sta succedendo?» volle prima sapere la metarpia.

«Rilevo un brusco aumento di energia magica in alcuni meta-zombie. Sembra che le spore abbiano iniziato una reazione per aumentare la forza dei corpi ospiti, ma in questo modo li stanno consumando rapidamente e avranno bisogno di molto cibo per non autodistruggersi.»

«Ora però li uccidiamo sul serio.» affermò Katha.

«D’accordo, avete la mia autorizzazione e me ne prendo la piena responsabilità. Ma solo i meta-zombie potenziati.»

«Ricevuto, uccidiamo solo i super-meta-zombie.» confermò Queen «Ma come capiamo se sono “super” o no?»

Le hovercar che bloccavano il corridoio ricevettero un colpo violentissimo che le fece schizzare in avanti e le mandò contro le barricate d’energie erette dai soldati, neutralizzandole. Subito dopo una figura imponente avanzò nel passaggio così creato: il suo aspetto era deforme, ingrandito e ributtante, inoltre tutto il suo corpo era attraversato da venature luminose che ricordavano quelle delle rocce intorno alla Solaria.

«Ok, credo di aver capito come riconoscerli.»

L’enorme mostro urlò, pronto ad aggredire uno dei cloni, ma non fu abbastanza rapido: un proiettile lo centrò in pieno, esplodendogli nel petto e spargendo una poltiglia disgustosa mista a parti organiche in ogni direzione.

«Ora cominciamo a ragionare…» ghignò il pupazzo di neve e caricò un nuovo proiettile nel suo Hollowkeeper.

Ben presto altri due meta-zombie potenziati si fecero avanti, anche loro con i busti enormi, le braccia giganti e le teste ripugnanti in cerca di cibo.

 Katha, Queen e le unità di supporto aprirono immediatamente il fuoco, Eslife invece rimase nel centro di controllo a supervisionare il lavoro delle IA. Si fidava dei suoi uomini ed era certa che sarebbero stati in grado di gestire la situazione, lei non doveva fare altro che mantenere la calma e riflettere su quale fosse il modo migliore per mettere al sicuro i civili ancora sani. In realtà non era del tutto certa che le spore non li avessero raggiunti, ma doveva comunque fare il possibile per aiutarli.

Finalmente il monitor dove li aveva visti venne ripristinato e la giovane ebbe modo di osservarli con maggiore attenzione: si trovavano nella zona di poppa del ponte cinque, in un settore riservato al personale dove potevano trovare cibo e servizi igienici. Avevano attivato le paratie di emergenza per isolarsi dal resto della nave, ma i meta-zombie premevano e un paio di loro si era già trasformato nella versione più grande e temibile.

A questo proposito, avrebbe voluto sapere quale fosse la ragione che ne avesse determinato l’improvvisa comparsa, ma purtroppo non disponeva di elementi sufficienti. Difficilmente si trattava di eventi casuali, e il fatto di aver trovato dei virus sia nella plancia di comando che nel centro di sorveglianza le suggeriva la presenza di qualcun altro sulla Solaria, molto probabilmente il responsabile, o i responsabili, di quell’epidemia.

«Ho elaborato dei percorsi per raggiungere i superstiti sia dalla nostra posizione, sia dalla plancia di comando del ponte uno.» annunciò Excalibur.

«Ottimo, invia i dati a tutte le IA. Ragazzi, ascoltatemi: voglio che Katha, Queen, Kenvster, Nessie e i tre cloni vadano immediatamente in soccorso delle persone al ponte cinque. Larah, tu resta con Mesut e coprilo mentre ripristina il sistema difensivo.»

«Eslife, e tu?» chiese subito l’ibrida.

«Io resto qui finché non sarò sicura che non ci sono altri superstiti. Vi raggiungerò appena possibile.»

«Eslife, lo sai che in combattimento sei una pippa, vero?» le rammentò Katha.

«E due droidi non resisteranno a lungo contro i nuovi meta-zombie.» aggiunse Larah.

«Grazie per la franchezza Katha, ma non vi preoccupate: abbiamo fatto centinaia di simulazioni del genere in accademia e vi assicuro che non ho nessuna intenzione di rimetterci le penne nella nostra prima missione autonoma. Ora andate, non c’è un secondo da perdere.»

I suoi due ex compagni di accademia sapevano che Eslife non era una che si lasciava trasportare dal momento, quindi se aveva detto loro di agire in quel modo, voleva dire che aveva pronti almeno due piani di riserva se la sua idea primaria non avesse funzionato.

«Ricevuto.» annuì il pupazzo di neve. Lanciò una granata stordente per rallentare i meta-zombie, quindi si voltò verso i tre cloni: «Andiamo!»

Avevano ripristinato alla meno peggio le barricate mobili, quindi per un po’ i due droidi sarebbero stati in grado di gestire la situazione.

«A proposito Excalibur, nella squadra manca qualcuno in grado di spostarsi molto rapidamente dove richiesto.» rifletté Eslife.

«Annotazione salvata.»

Nel frattempo anche Kenvster si avviò insieme a Nessie, la Light-Meteorgun in pugno e pronta a sparare micidiali proiettili al plasma energizzato contro chiunque si fosse trovato sulla sua strada. Non gli importava di morire, ma non avrebbe sopportato che altri perdessero la vita se aveva anche solo una minima possibilità di impedirlo.

Larah osservò la chimera e la fatina che si allontanavano, preoccupata più per i suoi compagni che per se stessa, Mesut invece rimase in silenzio nella plancia di comando, seduto su una delle confortevoli poltrone imbottite e impegnato a risanare il computer dai malware. Non aveva voluto dire nulla, tuttavia era rimasto piacevolmente colpito dal modo con cui Eslife aveva gestito la situazione: il suo tono era stato deciso ma rilassato, aveva dato prova di grande lucidità anche in un momento critico come quello, inoltre per convincere i suoi subordinati ad eseguire l’ordine aveva fatto appello al proprio talento nel gestire le difficoltà, non al suo grado.

«Althea, segnati questa situazione.» ordinò telepaticamente «Al capo farà piacere.»

«Annotazione salvata, criptata e nascosta.»

***

Nel frattempo, nel ponte nove, una figura bassa e protetta da una tuta stagna stava correndo rapida attraverso un lungo corridoio deserto.

Non si aspettava che i soldati avrebbero utilizzato delle hovercar per raggiungere il centro di sorveglianza, per questo aveva dovuto fare tutto di fretta: mettere un virus che disabilitasse gli schermi, andarsene portandosi via tutte le sue strumentazioni e poi innescare lo stadio critico nelle spore di alcuni meta-zombie.

Avrebbe preferito restare a monitorare la situazione ancora per un po’, ma quei soldati si erano rivelati dei nemici molto più ostici del previsto: nonostante la schiacciante superiorità numerica, non era sicuro che i suoi mostri sarebbero riusciti ad avere la meglio.

Poco male, ormai il suo lavoro era quasi ultimato. Ancora un po’ d’impegno e poi se ne sarebbe andato da quell’astronave, avrebbe fatto rapporto e finalmente si sarebbe goduto un meritato weekend di relax.

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Capitolo 7
*** 6. Senza speranza ***


6. Senza speranza

I virus caricati nella plancia di comando avevano fatto parecchi danni all’interfaccia e ai sistemi di input, per fortuna però non erano riusciti ad intaccare tutti quei programmi indispensabili al corretto funzionamento dell’astronave.

L’algoritmo che stabiliva se attaccare o meno i velivoli in avvicinamento era stato manomesso, ma non si trattava di un problema particolarmente radicato e Mesut riuscì ad aggirarlo riscrivendo da zero la funzione: ora la Solaria sarebbe rimasta indifferente a qualsiasi mezzo di trasporto si fosse avvicinato, sia esso amico o nemico.

«Hellmatyar, ho disattivato il sistema di difesa esterno.»

«Ricevuto, ottimo lavoro. Excalibur, invia una sonda per chiedere aiuto immediato.»

«Sissignora.»

«Scars, le navicelle d’emergenza?»

«Un momento… Trovate. Ce ne sono sei per ogni ponte dal 3 al 14 compresi, posizionate due a prua, due a poppa e due nel mezzo. Ognuna può ospitare un centinaio di persone.»

«Invia alle IA i punti dove possono trovarle, bisogna evacuare subito i passeggeri. Ne manca qualcuna?»

«Stavo appunto controllando, ma sembra ci siano tutte. Del resto nessuno avrebbe potuto allontanarsi con il sistema difensivo guasto.»

«Puoi utilizzare le paratie d’emergenza per predisporre un percorso sicuro?»

Il tartariano si concesse un attimo per rifletterci. «Sì, dovrei poterlo fare. Mi metto subito al lavoro.»

«Bene. Appena avrai finito, andate anche voi dai superstiti.»

«Ricevuto.»

Il tartariano e la sua IA si misero nuovamente al lavoro, ma un allarme attirò la loro attenzione.

«Che succede?» volle subito sapere Eslife.

Mesut osservò la scritta sul monitor e non riuscì a nascondere il proprio disappunto: «‘fanculo! Quello che temevo.»

***

Queen e Katha avanzavano in maniera relativamente spedita, seguiti a ruota dai tre cloni e braccati da un numero sempre crescente di meta-zombie.

Per fortuna Eslife aveva accordato loro il permesso di uccidere almeno la versione potenziata di quei mostri, altrimenti avanzare sarebbe stato letteralmente impossibile. Avevano già ucciso una decina di quegli esseri ributtanti, ma il peggio doveva ancora arrivare.

 In quel momento si trovavano nel ponte sei – il fatto di trovarsi già vicino alle scale era stato un bel vantaggio – e già da lì era possibile notare un aumento nel numero di meta-zombie.

Bastò svoltare un angolo e si trovarono di fronte ad una scena rivoltante, con corpi sbudellati e fatti a pezzi: c’era sangue ovunque, ma per fortuna le uniformi li ripararono dal puzzo orribile che appestava l’aria. Anche lì c’erano parecchi mostri ammassati, e le bocche intrise di rosso erano un indizio piuttosto lampante di quanto era successo.

«Si sono mangiati a vicenda.» intuì Katha.

«Attenzione, ci attaccano.» segnalò uno dei cloni.

Queen sparò alcuni colpi stordenti, ma riuscì solo a mandarne al tappeto un paio di meta-zombie: la folla che veniva verso di loro contava decine di persone, e altre ancora continuavano ad arrivare dal piano di sopra, attirate dal rumore.

«Strategia poco efficace, suggerisco la ritirata.»

«Ora ci penso io.» affermò Katha, le braccia di legno avvolte da fiamme dirompenti.

«Wildfire, le ricordo che Crystal Queen ha ordinato di non uccidere i meta-zombie.» obiettò l’unità di supporto di prima.

«Ha detto che possiamo farlo solo se strettamente necessario.» lo corresse il pupazzo di neve «E adesso è strettamente necessario.»

La vampata esplose con forza inarrestabile, investendo i corpi all’apparenza sani e schiacciandoli uno sull’altro, come in una fornace. Con i suoi poteri, Katha non avrebbe avuto problemi ad ucciderne a dozzine con un attacco simile, tuttavia si sforzò di trattenersi e solo i meta-zombie colpiti direttamente subirono delle ustioni, tra l’altro non molto gravi.

«I danni collaterali sono di bassa entità, ma non è stato risolto il problema di passare oltre.» fece notare il clone.

«Taci!» lo sgridò Queen «Appena torniamo, ti scambio con una sexdoll!»

Katha sospirò tra sé. «È in momenti come questo che avrei preferito fare squadra con Kenvster. Avanti, venitemi dietro!»

Il soldato usò la sua ultima granata stordente per paralizzare i nemici, quindi si lanciò in avanti e con un getto rovente aprì una breccia nella barriera di corpi, avanzando spedito per evitare che qualche meta-zombie riuscisse a prenderlo.

Queen andò subito dietro di lui e sparò a tutte le mani che cercavano di avvicinarsi, quindi fu il turno delle unità di supporto.

Superare un simile ostacolo senza subire perdite sembrava un’utopia, e infatti gli unici ad arrivare dall’altra parte furono i due soldati e uno dei cloni; le altre due unità vennero catturate dal groviglio di mani, le loro uniformi rinforzate vennero lacerate dai morsi di quelle folli creature e i loro corpi artificiali furono rapidamente smembrati e divorati.

«I superstiti sono dietro quella porta blindata.» annunciò la Cortana di Katha.

Il battente di metallo riportava già diversi danni e i cardini erano deformati, ma la notizia peggiore era che una coppia di meta-zombie potenziati vi si stava accanendo contro per cercare di abbatterlo.

Il pupazzo di neve non ci pensò due volte e con il suo Hollowkeeper li tramutò in poltiglia sanguinolenta sulle pareti.

«Bisogna scortare i civili fino alle scialuppe di salvataggio.» affermò il clone rimasto.

«Ecco, dillo a loro.» ribatté Queen senza smettere di sparare sui meta-zombie.

In un modo o nell’altro riuscirono a raggiungere il portone blindato e vi si piazzarono davanti per difenderlo, il problema era che adesso si trovavano praticamente in trappola.

«A volte odio il mio lavoro…» ammise Katha con disappunto.

All’improvviso uno dei meta-zombie ebbe un sussulto e il suo corpo si gonfiò come un pallone, l’esoscheletro da insettoide si deformò per cercare di assecondare le nuove forme del corpo, sulla testa si allungò un enorme corno da coleottero e qua e là comparvero le poco rassicuranti venature luminose.

«Eh, a volte lo odio anch’io…» gli fece eco Queen.

Il pupazzo di neve prese la mira e sparò tre volte col suo Hollowkeeper: i piccoli missili centrarono in pieno il bersaglio – uno in faccia, uno sul collo e uno sull’addome – mandarono in frantumi il suo esoscheletro e dilaniarono i suoi organi interni fino a lasciare solo le gambe circondate da un cerchio di sangue e interiora deformi. «Ti dirò, uccidere questi mostri mi fa sentire molto meglio.»

L’ibrida sorrise tra sé. Alla fine essere in squadra con una testa calda aveva anche i suoi vantaggi.

Uno schianto di ossa rotte li riscosse. Dalla massa di meta-zombie ne era avanzato uno potenziato che, se possibile, era ancora più raccapricciante degli altri: aveva due teste e quattro braccia, zoppicava sulle gambe di lunghezza diversa e il suo busto sembrava l’unione di quelli di un uomo e di una donna di specie diverse. Era perfino più alto degli altri super-meta-zombie e aveva le bocche sporche di sangue e budella.

«Secondo me stavano facendo sesso.» disse Queen.

Katha le rivolse uno sguardo molto significativo. «È davvero la prima cosa che ti è venuta in mente?!»

***

«Una scialuppa di salvataggio ha appena lasciato la nave.» spiegò Mesut «Ponte dieci, zona centrale. Guarda caso, è vicina al centro di controllo…»

La notizia non fece piacere ad Eslife, tuttavia la mezzademone sapeva che c’erano altre priorità al momento. «Lasciatela andare, non abbiamo il tempo per fermarla. Occupatevi delle paratie stagne.»

«D’accordo, non ci vorrà molto.»

La previsione del tartariano per fortuna si rivelò esatta, infatti nel giro di un minuto lui e la sua IA riuscirono a prendere il controllo del sistema che si occupava di gestire il funzionamento dei blocchi di sicurezza necessari per isolare i vari settori della nave in caso di emergenza.

«Althea, puoi gestirlo in remoto?»

«Naturalmente. Comincio a predisporre un percorso ottimale per noi e Kenvster verso la zona dei superstiti.»

«Ti ringrazio. Hellmatyar, abbiamo finito.»

«Ottimo lavoro. Andate dai superstiti e aiutate gli altri con l’evacuazione, io vi raggiungerò a breve.»

«Ricevuto.»

Il tartariano lasciò la plancia di comando e chiamò Larah. La han’you e il droide rimasto si affrettarono a seguire il loro superiore, rapidi ma anche attenti a non lasciare le spalle scoperte ad eventuali attacchi. Mentre Mesut si occupava di ripristinare il sistema, loro erano stati costretti a fermare quasi venti zombie potenziati, e i danni sull’automa rimanente erano un chiaro indizio delle difficoltà affrontate.

Ormai avevano perso più di metà delle loro unità di supporto, la buona notizia però era che nessun soldato era stato ferito. Non ancora per lo meno…

***

Il clima fra i superstiti non poteva certo essere definito sereno. Quelli che erano riusciti a rifugiarsi lì con i loro familiari se ne stavano chiusi in piccoli gruppi, gli altri invece rimanevano isolati, troppo scossi per riuscire a parlare con qualcuno, troppo preoccupati per i propri cari dall’altra parte della porta blindata.

In mezzo a quell’atmosfera cupa e talvolta rassegnata, stava una ragazza bionda dagli occhi rossi. Indossava una veste bianca lunga fino a terra che le fasciava il corpo minuto, un lungo ciuffo di capelli le ricadeva sul viso dai tratti armoniosi e sul suo capo splendeva un’aureola dorata. Il suo nome era Claire[17] ed era un angelo uditore, era riuscita a sentire la paura e le mute preghiere d’aiuto dei passeggeri della Solaria e per questo era subito corsa in loro aiuto, purtroppo però era riuscita a salvarne solo una piccola parte.

Avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto trovare le parole giuste per ridare speranza a quelle persone, ma purtroppo non sapeva più cosa dire. Chi mai sarebbe stato in grado di far tornare la fiducia a qualcuno che ha perso tutto e che è ormai ad un passo da una morte orribile?

Un botto improvviso scosse l’animo dei presenti. Era da un po’ che non sentivano arrivare colpi dalla porta blindata, ma questo era stato talmente forte che l’intera astronave aveva sussultato.

Claire rivolse i suoi occhi rossi al robusto battente metallico. Cosa stava succedendo dall’altra parte…?

***

«Queen!»

Il grido di Katha riscosse lo stesso pupazzo di neve dallo shock di ciò che aveva davanti: il meta-zombie a due teste era riuscito a superare in un lampo le loro barricate e aveva conficcato il suo indice-artiglio nell’addome dell’ibrida, trapassandola da parte a parte e schiacciandola contro il portone blindato.

Infiammato dalla rabbia, il soldato si dimenticò della sua arma e con un pugno fiammeggiante colpì il nemico. L’impatto scatenò un torrente di fuoco che scaraventò indietro il mostro, consumando il suo corpo ributtante come se l’inferno stesso avesse deciso di divorarlo.

«Di solito preferisco essere penetrata in un altro modo…» gemette l’ibrida.

«Sta’ zitta, risparmia il fiato!» la sgridò Katha «Kenvster, sbrigati! C’è bisogno di te! Ora!»

«Stiamo facendo più in fretta possibile!»

«Cos’è successo?!» chiese Eslife.

«Queen è stata ferita gravemente! Deve essere curata subito!»

«Katha, sai cosa fare in queste situazioni: mente fredda e non far avvicinare nessuno.»

«Per la mente fredda non ti posso garantire…» ringhiò il pupazzo di neve, gli occhi ancora più ardenti del solito.

«Scars, tu e La… Un momento. Merda, ci mancava solo questa! Ragazzi, c’è un altro problema!»

Si udì un botto metallico, poi un rumore di vetro infranto.

«Oh, cazzo!»

Uno schianto coprì tutti gli altri rumori, poi degli spari e delle grida selvagge.

«Ragazzi, c’è qualcosa nel ponte dieci! Sembra una bom…»

Silenzio.


[17] Claire compare anche in DS - 1 - Senza memoria.

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Capitolo 8
*** 7. Cuori che battono ***


7. Cuori che battono

La linea comune venne intasata dalle richieste di spiegazioni dei soldati, al punto che Mesut decise di disattivare momentaneamente la sua per riuscire a pensare più lucidamente.

«Scars, che facciamo?» gli chiese Larah, preoccupata.

«Eslife starà bene, restiamo concentrati sulla missione. Excalibur ci ha inviato delle coordinate, potrebbe trattarsi di una bomba. Scenderemo insieme fino al ponte cinque, poi tu andrai a dare una mano ai superstiti, io e il droide invece andremo a controllare la bomba.»

«Sei sicuro?»

«Loro hanno molto più bisogno del tuo aiuto.» gli garantì il tartariano.

Voltarono un angolo, ma dovettero fermarsi. Di fronte a loro c’era un enorme meta-zombie potenziato, era talmente alto che doveva stare piegato nonostante il soffitto di quattro metri abbondanti, e le spalle enormi continuavano a graffiare le pareti. Le linee luminose sul suo corpo erano ancora più fitte del solito e intorno a lui c’erano i resti di altri meta-zombie normali, o meglio quel poco che il mostro non si era preso la briga di divorare.

Le orecchie della han’you si abbassarono. «Questo lo lascerei a te…»

Mesut si limitò ad un mugugno di assenso e avanzò di qualche passo per attirare l’attenzione della creatura. Sparò una raffica col suo Thareuss 14, ma perfino i proiettili balistici calibro 8.54 erano pressoché inefficaci contro un essere tanto grosso e resistente.

Il meta-zombie urlò con forza e caricò a testa bassa, incurante dei danni che stava causando alla Solaria, eppure Mesut non si mosse, anzi fece sparire il suo fucile mitragliatore in una tasca dimensionale e caricò il braccio destro.

Di fronte a quella scena, le mani di Larah vennero avvolte da esalazioni gelide. Si fidava del suo compagno, ma quel mostro le sembrava oggettivamente troppo grande.

La fiera spiccò un balzo in avanti, bramosa di avventarsi sulla sua preda. Tese le mani enormi, Mesut arretrò leggermente, ma subito scattò in avanti. Una scarica elettromagnetica fece tremare il corpo del gigante, il pugno del tartariano premuto contro il suo viso deforme. L’enorme meta-zombie sobbalzò all’indietro e poi stramazzò al suolo, il cranio sfondato.

Eppure si rialzò. Non poteva vedere né sentire o anche solo fiutare, ma non voleva fermarsi. Le spore nel suo corpo lo spingevano ad attaccare alla cieca, sempre e comunque.

«Aah, che figlio di puttana!» imprecò Mesut.

Tornò all’attacco, tempestando il nemico con una raffica di pugni intrisi di una qualche forma di energia. Bastò meno di mezzo minuto per trasformare il super-meta-zombie in una massa di carne informe e, se possibile, ancora più raccapricciante.

«Andiamo.»

Larah ebbe un sussulto e si affrettò a seguire il tartariano, decisamente impressionata da quella schiacciante prova di forza.

Mesut si concesse un verso di stizza. «Figa, mi sono pure dimenticato di usare l’armatura!»

***

«Kenvster, ci vuole ancora molto?!» imprecò Katha.

«Eccomi, ci sono!» La chimera caricò senza mezze misure lo schieramento di meta-zombie e li abbatté come birilli grazie alla potenza della sua Light-Meteorgun e alla forza dei muscoli.

Superò con l’aiuto di Nessie le barricate allestite dai suoi compagni e finalmente raggiunse Queen. Era a terra, tremante di dolore, ma ancora cosciente. L’uniforme rinforzata aveva attivato le misure di emergenza per bloccare l’emorragia esterna, però quella interna era altrettanto grave e nemmeno le capacità rigenerative dell’ibrida sarebbero state sufficienti a salvarla senza un aiuto adeguato.

«Nessie, dammi una mano!» ordinò la chimera.

La fatina, che aveva già creato una barriera magica supplementare per tenere lontani i meta-zombie attratti dal sangue, si affrettò ad unirsi a Kenvster nel processo curativo. La colonna vertebrale e i polmoni non erano stati intaccati per fortuna, ma molti altri organi erano stati squarciati dal dito artigliato e andavano risanati nel modo giusto.

Ci volle poco meno di un minuto per completare l’intero processo, ma a tutti quanti parve un’eternità.

«Von Death…? Von Death, mi senti?»

Il silenzio che seguì preoccupò non poco la chimera, poi però qualcosa gli prese la mano e la portò sul seno dell’ibrida.

«Dammi una strizzata alle tette e vedrai che starò meglio.» affermò Queen con voce appena affaticata.

Nonostante il contatto attenuato dalle uniformi, la chimera rimase un attimo imbambolata, almeno finché Nessie non lo riscosse con uno stizzito calcio sul casco.

«È lei che mi ha preso la mano!» si affrettò a dire Kenvster, decisamente imbarazzato.

La fatina gonfiò le guance, rossa in volto.

Katha respinse l’ennesimo nemico e poi, sollevato, lanciò uno sguardo all’improbabile triangolo che era venuto a crearsi. «Ragazzi, non potreste discuterne dopo?»

«Ma guardatevi! Non posso lasciarvi soli due minuti!»

«Hellmatyar!» esclamò Kenvster.

«Eslife! Mi dai anche tu una strizzata alle tette?»

«Zitta!» la sgridò la mezzademone «Katha, Kenvster, posizionatevi ai lati del corridoio e sparate a tutti quelli che si avvicinano. Queen, tu stai qui con me e vediamo di coprirli. Nessie, tieniti pronta con le barriere se una barricata dovesse cedere. Mesut, Larah, da voi come procede?»

I soldati non persero un secondo e si disposero come ordinato, improvvisamente più concentrati e determinati. Anche l’ultimo clone era stato fatto a pezzi, quindi restavano solo loro a difesa dei superstiti.

Queen prese la mira contro un meta-zombie più rapido degli altri, premette il grilletto, ma non accadde nulla. «Figa… credo di avere la batteria scarica…»

«Cosa? Ma non l’hai controllata prima di partire?» fece Eslife, piuttosto contrariata.

«Ecco… temo di essermene dimenticata…»

«Ti sei dimenticata?!»

«Ehi! Hanno cambiato la centralina che controlla l’erogazione del carburante sulla Raamos e ti assicuro che quello che l’aveva regolata non aveva mai guidato un’astronave! L’ho dovuta ricalibrare quasi da zero!»

La mezzademone spirò di rabbia e le diede il suo NRT-72.

«Grazie Eslife, saprò farmi perdonare.»

Con una raffica di impulsi stordenti mandò al tappeto un pyrovad[18] infettato, quindi tornò a lanciare uno sguardo in direzione della sua compagna di accademia. «A proposito, che mi sono persa?»

«Dal centro di controllo ho visto qualcosa che sembrava una bomba nel ponte dieci, vicino al punto dove si trovava una scialuppa di salvataggio mancante, però non ho fatto in tempo a darvi disposizioni perché i meta-zombie hanno fatto irruzione e sono dovuta scappare.»

«E come hai fatto?»

«Ho usato un anello per la spettrizzazione.» rispose la mezzademone sollevando la mano sinistra «Me l’ha regalato mio fratello per situazioni come quella di prima.»

«Ottima idea! Dici che ne regala uno anche a me se ci vado a letto?»

«È molto probabile, adesso però pensa ai meta-zombie.»

La guerriglia andò avanti ancora per una manciata di minuti, poi di colpo accadde quello che nessuno poteva aspettarsi: tutti i meta-zombie si bloccarono e uno dopo l’altro stramazzarono al suolo, come svenuti; solo quelli che avevano raggiunto lo stadio critico continuarono ad attaccare. Neutralizzati questi ultimi, la Solaria piombò nel silenzio.

L’assenza delle grida e del fragore degli spari accentuò tutti gli altri suoni ed Eslife scoprì di avere il battito accelerato. Cos’era successo? Perché erano tutti svenuti? I parametri vitali sembravano nella norma, ma allora…

«La bomba è esplosa, solo che evidentemente non era fatta per distruggere la Solaria.» annunciò Mesut.

La mezzademone non ci mise molto per capire cosa intendesse dire il tartariano. «Excalibur, le spore?»

«Spiacente, non dispongo di rilevatori adatti a verificarne la presenza.»

«Credi che la bomba abbia fatto sparire le spore?» le chiese Queen.

«Ma perché?» obiettò Larah «Non avrebbe senso.»

«Invece ha senso.» ribatté Mesut «Niente spore, niente studi per capire come debellarle.»

«Eslife, che facciamo?» volle sapere Katha.

«Tenete gli occhi aperti e non, ripeto non toglietevi i caschi: non sappiamo se le spore sono state effettivamente debellate. Mesut, Larah, raggiungeteci; voi, ragazzi, date un’occhiata ai corpi dei meta-zombie normali e verificate i loro parametri vitali, ma mantenete una distanza di sicurezza. Excalibur, puoi mettermi in contatto con i superstiti?»

«Mi collego alla rete della Solaria e provo ad accedere ai comunicatori nella zona interessata.»

Eslife non dovette attendere a lungo e, mentre i suoi uomini si occupavano di eseguire gli ordini, lei riuscì per la prima volta a parlare con le persone scampate alle spore. Avrebbe voluto farlo dal centro di controllo, ma la sua IA era già occupata a debellare il virus e non ne aveva avuto il tempo.

«Quali sono le vostre condizioni? Ci sono dei feriti?»

«Per fortuna qui noi stiamo tutti bene,» rispose un licantropo dal muso schiacciato, simile a quello di un bulldog, «cos’è successo sulla Solaria?»

«Ci sono state delle complicazioni, ma ora la situazione sembra sotto controllo. I miei uomini hanno già messo in sicurezza la zona limitrofa alla vostra.»

«Allora possiamo uscire?» chiese una donna dal corpo diafano, forse una ninfa.

«Mi spiace, ma dovrete pazientare ancora un po’. Stiamo aspettando i rinforzi per essere sicuri che non ci siano altri pericoli.»

Eslife continuò a parlare con i superstiti per cercare di rassicurarli e in parte di tenerli occupati fino all’arrivo dei soccorsi, in questo modo riuscì anche a scoprire che era stato un angelo uditore di nome Claire a portare in salvo quelle persone.

Quando ormai la squadra della mezzademone si fu riunita e la situazione sembrava sotto controllo, ecco arrivare la frase tanto attesa: «Qui parla il tenente Pumpkin; sergente maggiore Crystal Queen, mi ricevete?»

«Forte e chiaro, ben arrivati ragazzi!»

«Com’è la situazione?»

«Il divertimento è finito, abbiamo più di duecento civili pressoché incolumi e gli altri sono per la maggior parte privi di senso ma vivi. Noi abbiamo perso quasi tutte le unità di supporto, ma stiamo bene.» La giovane riferì delle spore e si raccomandò di fare un attento controllo dell’aria, quindi spiegò brevemente quanto successo.

Come ipotizzato, l’ordigno doveva aver in qualche modo eliminato le spore, così si decise che non era nemmeno indispensabile lasciare la Solaria, e si limitarono a dirottarla verso l’astroporto più vicino per effettuare al più presto dei test approfonditi.

Prima di far uscire i superstiti dalla zona in cui si erano rifugiati, i militari si occuparono di ripulire i corridoi limitrofi dai resti dei super-meta-zombie uccisi e dal sangue, fecero stendere quelli all’apparenza sani dovunque fosse possibile e poi, non appena l’impianto d’areazione ebbe smaltito la puzza, diedero ordine alla porta blindata di aprirsi.

L’aria dall’altra parte era densa e viziata, ma la principale preoccupazione di tutti era quella di chiedere notizie dei propri cari. Dopo una discussione fra i militari, era stato deciso di non rivelare delle spore, limitandosi a dire che c’era stato un attentato terroristico basato su gas tossici.

«Beh, missione compiuta.» disse Larah.

«Abbiamo perso le unità di supporto, ma la cosa importante è che voi stiate tutti bene.» affermò Eslife.

«Ora però ci toccherà stare in quarantena come gli altri nonostante le uniformi.» fece notare Mesut.

Queen sbuffò sonoramente. «E io che già mi pregustavo il mio appuntamento…»

 

Note dell’autore

Acciderbolina, la storia sta per finire! Questo weekend pubblicherò l'epilogo, mercoledì prossimo invece spazio ad una nuova ministoria della raccolta Bandiera Nera!

A presto e grazie per essere arrivati fin qui! :D

 


[18] Specie originale di TNCS. Il prefisso “pyr” riprende il significato di “fuoco” in greco antico.

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo

«Alla nostra.» propose Larah sollevando la bottiglia di reeb[19]. Il clima tiepido suggeriva un abbigliamento leggero, così la han’you aveva deciso di indossare dei pantaloncini di jeans e una canotta bianca e azzurra. I capelli biondo platino erano raccolti in una morbida treccia e degli orecchini impreziosivano le sue orecchie canine.

«Alla nostra!» risposero in coro gli altri soldati.

«E alla nostra magnifica sergente!» aggiunse Queen. Per tenere fede alla propria fama, aveva deciso di indossare degli short particolarmente attillati e una fascia sul seno che non lasciava quasi nulla all’immaginazione; nonostante la ferita infertale dal meta-zombie, sul suo addome perfetto non c’era nemmeno un segno. Con un movimento sinuoso si allungò verso Eslife e le stampò un bacio sulla guancia, al che la mezzademone si ritrasse, memore delle abilità dell’ibrida nel raggiungere in un attimo punti ben più audaci.

«Mesut, secondo te come siamo andati?» chiese Katha. Come al solito non indossava abiti – un pupazzo di neve vestito sarebbe sembrato ridicolo – ma in testa aveva un berretto nero con la scritta “burn”.

Alla fine il rapporto della missione aveva portato alla luce un bilancio di quasi cinquecento morti e una manciata di feriti non particolarmente gravi, a cui si aggiungeva la distruzione di otto delle nove unità di supporto. Dal punto di vista militare, il fatto di aver riportato a casa sani e salvi il novanta percento dei passeggeri della Solaria era qualcosa che faceva gonfiare il petto ai membri della squadra, tuttavia, in quanto persone, tutti quanti loro avevano sentito una stretta allo stomaco davanti a quei numeri.

Il tartariano, che aveva già vissuto diverse volte esperienze simili, ci pensò su sorseggiando la sua reeb. La maglia grigio carbonio che indossava era un prodotto ufficiale delle Brawl Machines – una famosissima squadra di ironball[20] – e intorno al collo aveva l’immancabile foulard nero con le fauci. «Mmh, direi che ve la siete cavata bene» sentenziò prima di fare un tiro della sua sigaretta elettronica «per essere dei novellini…»

Subito la fatina protestò animatamente per la sua ultima osservazione. Indossava una gonna e una maglietta a spalle scoperte, e anche lei si era unita al brindisi utilizzando un tappo come bicchiere.

«Nessie, lo sai che non reggi l’alcol.» le rammentò Kenvster. La sua camicia a maniche corte metteva in risalto le braccia possenti – muscolose ma con un leggero strato di grasso – e lasciava intravedere la catenella che aveva al collo, il cui pendente era però nascosto dal tessuto scozzese. «Non esagerare.»

La diretta interessata non mancò di ribattere, quindi si scolò l’ultimo sorso di reeb.

«Ecco, appunto…»

Una leggera suoneria interruppe il loro momento di relax.

«Scusate, vedo di fare in fretta.» promise Eslife alzandosi. Al contrario di quello dei suoi compagni, il suo abbigliamento era abbastanza elegante, con una camicia chiara che si abbinava alla gonna, l’azzurro delle piume e degli occhi invece era ripreso dalla cravatta e dalle rifiniture dei sandali.

Si allontanò di qualche passo dal tavolo a cui erano seduti e controllò la notifica.

«Hanno ultimato le analisi sui passeggeri; in tutti i casi le spore sono completamente sparite.» le spiegò Excalibur. Pur non essendo in missione, non era strano che un membro della FANTOM come lei mantenesse la propria IA, e questo per permettere all’Intelligenza Artificiale di adattarsi ancora meglio al proprio possessore. «Secondo gli esperti, la “bomba” ha inviato un segnale di autodistruzione alle spore e poi è esplosa per impedirci di ottenere informazioni.»

«D’accordo, lo riferisco agli altri.»

Tornò al tavolo, ma subito si accorse che mancava qualcuno. «Dov’è Queen?»

Katha le fece segno col dito, lei si voltò e vide l’ibrida intenta a baciarsi con grande trasporto insieme ad un’altra donna, un’elfa probabilmente.

«Sono stata via neanche trenta secondi…»

«Mi sembra di aver capito che c’è stata a letto qualche giorno fa.» chiarì il pupazzo di neve.

«Dovevi dirci qualcosa?» chiese invece Mesut.

«Ah, sì. Si tratta dei meta-zombie: le spore sono sparite completamente, a quanto pare la “bomba” le ha eliminate senza lasciare alcuna traccia.»

«Beh, se non altro sono guariti.» disse Larah tirando un sospiro di sollievo.

Anche gli altri sembravano felici della notizia, anche se il pensiero che qualcuno potesse liberare quelle spore in una città, restava a preoccuparli. Le alte sfere avevano deciso di mantenere segreta la notizia e il gruppo di fanatici religiosi che aveva rivendicato l’attentato non vi aveva accennato.

«È inutile stare a scervellarci, noi abbiamo fatto il nostro dovere.» affermò Eslife.

«Giusto, quindi direi che ci meritiamo un po’ di svago.» assentì Queen, adesso a braccetto con un insettoide alto e prestante.

L’ibrida salutò i suoi compagni e si allontanò col suo nuovo amico, lasciando gli altri senza parole.

«Prima non era con un’elfa?» riuscì a dire Kenvster.

«Ma come fa…?» esalò Larah, le orecchie basse, «Voglio dire, non sarò un’esperta, però ci vuole del tempo per rimorchiare… o no?»

«Ma hai visto com’è svestita?» ribatté Mesut.

«E questo è niente per Queen.» assicurò loro Katha.

Eslife sollevò un braccio per chiamare un cameriere. «Dai, non fate quelle facce. Vi offro un altro giro.»

***

La figura bassa e pelosa armeggiò ancora un attimo con l’antenna miniaturizzata e poi finalmente l’accese. Era un procyonide – lo si capiva dalla pelliccia bruna, corta ma folta, e in particolare dalla parte quasi nera sugli occhi simile ad una mascherina – indossava degli abiti eleganti ma informali e aveva un orecchino all’orecchio destro.

Non dovette attendere a lungo e ben presto vide comparire l’ologramma di un uomo dal viso in ombra con un gatto in grembo. L’animale aveva un manto bianco e tre occhi verdi ora socchiusi per assaporare le carezze del proprio padrone.

«Salve signor Vul’gus, com’è andato l’esperimento?»

«Molto bene, signor Coordinatore,» rispose il procyonide «le spore hanno funzionato alla perfezione e gli ospiti rispondevano agli ordini, tuttavia le loro capacità intellettive erano ancora limitate, ad esempio non usavano le armi e non riuscivano a parlare in maniera autonoma. Ho anche verificato lo stadio critico, e il campo ha confermato i dati delle simulazioni: la loro forza ha avuto picchi che sfioravano il settecento percento, tuttavia il loro tempo utile è appena più lungo di quello previsto.»

«Che mi dice dei soldati?»

«Purtroppo non sono riusciti ad ucciderne neanche uno, nemmeno passando allo stadio critico, però quasi tutte le unità di supporto sono state eliminate. Alla fine ho dovuto abbandonare il campo prima che mi scoprissero, in ogni caso ho provveduto ad avviare la procedura di smaltimento prima di lasciare la Solaria.»

«Bene, molto bene; farò richiesta al team di sviluppo affinché venga aumentata l’efficacia in combattimento. Per il momento è tutto, signor Vul’gus, il saldo verrà trasferito non appena ci saranno pervenuti i dati. La ricontatterò quando ci sarà nuovamente bisogno di lei. Arrivederci.»

«Grazie signore, comincio subito l’invio dei dati. Arrivederci.»

L’ologramma si dissolse e nella stanza calò il silenzio.

L’esperimento sulla Solaria aveva permesso di raccogliere tutte le informazioni preventivate, ma le buone notizie non finivano qui, infatti era stato possibile scaricare la colpa e una parte dei costi di ricerca sul gruppo di fanatici religiosi che aveva comprato la bombola di spore.

Ora finalmente era giunto il momento di passare alla fase successiva: il progetto Infection poteva continuare…


Note dell’autore

Claire compare in DS - 1 - Senza memoria.

Kenvster e Nessie sono presenti in DS - 2 - L’isola bianca.

Lilith Zimheart, la sorella minore di Larah, compare in Armi contro il passato.

Altri due ibridi della serie von Death compaiono in Protezione e Giustizia e nella saga La via degli assassini.

 

Siamo arrivati alla conclusione di questo racconto, grazie infinite per avermi seguito fino a qui!

Ovviamente TNCS non si ferma, quindi mercoledì prossimo non perdetevi la nuova ministoria della raccolta Bandiera Nera!

A presto! :D


[19] La reeb è una bevanda alcolica di bassa gradazione estremamente diffusa.

[20] Sport simile al football americano.

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