Vita Densi

di mikyintheclouds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** capitolo nove ***
Capitolo 10: *** capitolo dieci ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Kensi era ferma immobile, incredula.
Ricontrollò per la millesima volta le istruzioni, ma la cosa era facile. Una lineetta negativo, due positivo.
Guardò il suo test. Due nitide linee blu si stagliavano sul bianco.
Questo significava una sola cosa. Era incinta. Di tre mesi all’incirca. 
Sapeva quando era successo e sapeva anche chi fosse il padre.
Ripensò a quella volta, la loro prima e unica volta e il suo cuore cominciò a battere veloce al ricordo di quel piacevole momento.
 
Quel giorno il team aveva seriamente rischiato la vita.
Qualcuno li aveva attirati in una trappola in un edificio abbandonato che poi era stato fatto saltare in aria e loro erano riusciti a uscirne vivi per un pelo.
Solo Callen si era rotto un braccio dopo esserci caduto sopra a seguito di un salto, mentre lei, Deeks e Sam avevano solo qualche contusione e qualche bruciatura.
Callen era stato portato in ospedale e Nell, incaricata da Hetty, era andata con lui, Sam era tornato a casa dalla sua famiglia, mentre lei, che non voleva stare sola perché ancora un po‘ scossa per quello che era successo anche se non voleva ammetterlo, aveva accettato la proposta di Deeks di un hamburger accompagnato da una bella birra ghiacciata a casa sua.
La serata era trascorsa piacevolmente, tra chiacchiere, risate, i loro soliti battibecchi e forse qualche birra di troppo.
La verità, però, è che non poteva incolpare l’alcool, ma solo sé stessa, per quello che era successo. Anche se “incolpare” non era la parola giusta. Lei voleva fare quello che aveva fatto.
Si era avvicinata a lui piano piano con fare seducente e lui, innamorato di lei da sempre, aveva accettato quel corteggiamento e l’aveva addirittura incoraggiato attirandola a se e dandole morbidi baci prima sul collo, poi più in su verso il suo viso a cercare la bocca.
Le loro mani, intanto, a volte si intrecciavano, altre cercavano di esplorare il corpo dell’altro, mentre i vestiti piano piano venivano tolti e gettati lontano.
Quando le loro bocche si incontrarono per la prima volta entrambi sentirono un’ intensa emozione mai provata prima, mentre le loro lingue calde si intrecciavano, giocavano e lottavano.
Quando sentì che era il momento giusto Deeks entrò dolcemente in lei e iniziò a muoversi rendendo i loro corpi una cosa unica, uniti in un sentimento che mai nessuno dei due aveva sperimentato prima di quel momento.
Raggiunto insieme l’apice del piacere, lei soffocò un grido sulla sua spalla, mentre lui ricadeva piano sopra di lei e le spostava con molta delicatezza una ciocca di capelli dal volto.
Si separarono, ma rimasero vicini, a coccolarsi, baciarsi e parlarsi fino a che si addormentarono abbracciati.
La mattina seguente Kensi si alzò per prima, si rivestì in fretta e, con molto imbarazzo, lasciò la casa del partner senza nemmeno svegliarlo.
Quando lui la raggiunse al lavoro si guardarono per un breve ma intenso momento. Lui aveva uno sguardo carico di sentimento, la voleva, la desiderava, ma vide nei suoi occhi qualcosa che lo fece desistere.
Lei non era pronta ad affrontare le conseguenze di quello che era successo, così lui, rispettando il suo volere, non tornò mai sull’argomento, anche se ogni volta che la guardava le comunicava il suo affetto che giorno dopo giorno andava aumentando.
Il loro rapporto, tuttavia, rimase, almeno in apparenza, lo stesso di prima, tant’è che nessuno si accorse di niente, tranne la scaltra Hetty, ovviamente.
 
Il suono del campanello interruppe quei pensieri e la riportò con forza alla realtà. 
Lei. Incinta.
Lei.
Che non aveva avuto la presenza della madre per buona parte della sua vita, stava facendo crescere dentro di se una creatura che sarebbe dovuta completamente dipendere da lei per i prossimi anni.
- No, stai calma, non ti agitare, magari è sbagliato il test, no? A volte capita. Andrò dal ginecologo per essere più sicura.- Si disse per darsi coraggio.
I sintomi, tuttavia, erano palesi. Nausee mattutine, ormoni sballati che la facevano passare dall’essere irritata all’essere esuberante in pochi minuti e poi la continua fame.
Il campanello suonò di nuovo con maggiore insistenza e si decise ad andare ad aprire.
Ebbe un tuffo al cuore quando vide sulla soglia di casa sua il suo collega, nonché padre della creaturina che cresceva in lei.
Rimase basita per qualche secondo, poi si riscosse e lo lasciò passare facendolo entrare in casa.
“Scusa, non mi è suonata la sveglia e non sono ancora pronta.” Mentì.
“Accomodati pure mentre mi finisco di preparare.”
“Potrei darti una mano a vestirti, o meglio, a svestirti.” Disse Deeks malizioso.
La ragazza gli lanciò un’occhiataccia ricordandogli, senza dire nulla, la tacita promessa che si erano fatti di non parlare più di quello.
“Scusa, hai ragione, pessima battuta.” Disse sedendosi sul divano ingombro di vestiti, oggetti e vaschette di cibo.
-Prima o poi glielo dovrai dire.- Disse la vocina dentro di lei. -Quando sarò certa che è vero, glielo farò sapere.- Le rispose, acida.
Si preparò in fretta e uscirono insieme per andare al lavoro.
Durante il viaggio in macchina calò un silenzio imbarazzato fino a quando lei, interrompendolo, disse: “Domani mattina non ci sarò. Devo andare a fare una breve visita dal medico.” “Tutto a posto, spero.” “Si, si. Tutto normale. Visita di routine.” lo rassicurò sorridendogli, mentre dentro di lei cresceva la preoccupazione per quello che sarebbe venuto dopo.
Come avrebbe fatto a dirglielo?
E come avrebbe reagito lui?
E gli altri? Cosa avrebbero detto?
E Hetty? L’avrebbe licenziata?
E lei? Sarebbe stata in grado di crescere un bambino, anche da sola supponendo che Deeks non ne volesse sapere?
Immersa in quei dubbi che le attanagliavano lo stomaco e le mettevano paura, fu distratta e silenziosa tutto il giorno al lavoro.
Fortunatamente non avevano alcuna missione, quindi nessuno ci fece troppo caso, tranne Deeks che, leggermente preoccupato, le chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
“No, figurati. Sono solo concentrata sui rapporti, cosa che anche tu dovresti fare.”
Deeks, però, era poco persuaso di quello che lei gli aveva detto e decise di passare da lei la sera, dopo che, finito il lavoro, erano tutti tornati a casa.
Bussò alla porta e Kensi andò ad aprire vestita con un paio di pantaloncini corti e una canottiera attillata che lasciavano poco spazio all’immaginazione, soprattutto a quella di un uomo innamorato che non vedeva l’ora di coprire di baci il suo corpo perfetto.
“Deeks.” disse lei leggermente sorpresa. “Che ci fai qui?”
“Sai, la verità è che non me la sono bevuta la storia che hai raccontato oggi. Tu hai qualcosa, l’ho visto nei tuoi occhi stamattina e non dire che stai bene, perché quando dici che stai bene in realtà non stai bene.” 
Kensi si rese conto di non avere più vie di uscita. Decise, quindi, di raccontargli tutto, o meglio, i suoi sospetti.
“Va bene, te lo dirò. Entra.”
Si sedette sul divano con la schiena appoggiata al bracciolo e i piedi raccolti al petto.
Lui la imitò.
Erano seduti l’uno di fronte all’altra, ma lei evitava accuratamente di guardarlo negli occhi.
Traditrici, due lacrime le scesero involontarie e silenziose percorrendo più o meno rapidamente i lineamenti del suo viso.
Deeks se ne accorse e, preoccupato, si avvicinò a Kensi.
“Hei, che succede? È una cosa così grave?”.
“Ti ricordi circa tre mesi fa, quando ero a casa tua e noi..” Disse evitando le domande del collega.
“Noi abbiamo fatto l’amore. Si, Kens, me lo ricordò molto bene. È stato il giorno più bello della mia vita.”
Sentendo quelle parole lo stomaco della ragazza fece una capriola. Anche per lei era stato il giorno più bello della sua intera esistenza, non aveva mai amato nessuno come aveva amato lui quella notte e, forse, in tutta la sua vita non sarebbe stata più in grado di trovare un uomo che la faceva sentire unica e speciale come lui sapeva fare.
“Ecco, io … tu … noi …” Oddio, non sapeva nemmeno da che parte cominciare. E come poteva dopo quello che lui le aveva appena dichiarato?
“Che stai dicendo, Kensi, non riesco a capirti. Che vuoi dire? Che ti sei pentita? O che ora, invece sei pronta? Perché se non sei ancora pronta ti posso capire, come ho fatto fino ad adesso e, anche se mi pesa, rispetto la tua decisione, anche se, ovviamente, preferirei che tu …” Replicò iniziando a parlare a macchinetta.
“Deeks.” Lo interruppe secca Kensi.
“Sono incinta. O meglio, penso, ma ne sono sicura al 99%. Domani ho appuntamento col ginecologo per avere una conferma.”
Guardò il ragazzo, ora completamente zitto, fermo come una roccia e leggermente pallido.
“Tu sei cosa?”


ciao a tutti! allora cosa ne pensate del primo capitolo?? commentate e fatemi sapere se è il caso che vada avanti o se è meglio che lasci perdere tutto dall'inizio.
Grazie, come al solito, a tutti quelli che mi leggono, mi commentano e mi seguono, soprattutto alle mie affezionate che non mancano mai di farmi sapere il loro pensiero. Continuate a farlo perchè è importante per me =)

bacioni!! alla prossima!

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


 
Hetty Lang stava camminando sola lungo una strada con una falcata decisa e sicura che rispecchiava il suo carattere, la testa alzata e lo sguardo fiero.
Entrò in un bar, si sedette su uno sgabello senza troppa fatica nonostante la sua altezza ridotta, ordinò uno Scotch liscio e si girò verso l’uomo che la stava aspettando.
“Buongiorno signor Deeks.” Disse rivolgendosi al suo agente di collegamento.
“Posso sapere per quale motivo sono stata convocata qui?” Chiese conoscendo già, almeno in parte, la risposta.
“Ciao Hetty, avevo bisogno di vederti e parlarti.” Rispose il biondo detective.
“L’ascolto.”
“Non so bene da che parte cominciare.” Disse dopo qualche minuto di silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.
“In questo caso cominci dal principio. Perché ha voluto che ci incontrassimo proprio qui?”
“Questo bar è il posto da cui è iniziato tutto.” Rispose. “Qui mi hai chiesto di diventare il vostro agente di collegamento con la polizia, qui ho iniziato ad essere il partner di Kensi.”
Hetty lo guardava piena di interesse e di curiosità.
“Vada avanti signor Deeks.”
Deeks si prese qualche altro secondo per raccogliere i suoi pensieri e formulare una frase che suonasse logica, almeno a lui. Intanto sorrideva leggermente come era solito fare in quei momenti di imbarazzo in cui non sapeva cosa dire e non aveva il pieno controllo della situazione.
“Quando ho iniziato a lavorare per voi non mi trovavo molto bene con la squadra i primi tempi. Anche con Kensi i rapporti erano un po’ complicati. Lei è testarda, convinta di saper fare tutto e bene, non ammette mai di avere paura o di avere bisogno degli altri, è una tosta, ma poi …” 
“Poi cos’è cambiato, signor Deeks?”
“Tutto, Hetty, tutto è cambiato. Ora mi sento parte della squadra, o meglio parte di una famiglia, anche i rapporti con Callen e Sam, soprattutto Sam, sono migliorati, così come quelli con Kensi. Fin troppo.”
“Che significa fin troppo?”
“Significa che stare con lei giorno dopo giorno mi ha dato l’opportunità di conoscerla meglio e voglio essere onesto con te Hetty, mi sono innamorato di lei.” Disse tutto d’un fiato stupendo persino sé stesso.
“La cosa non mi sorprende affatto, signor Deeks. Ho visto come vi guardate, lei e la signorina Blye, e penso che anche lei provi le stesse cose, o mi sbaglio?”
“No, non ti sbagli. E vedi, quando succede che ci si innamora, poi ci sono delle volte in cui si creano delle situazioni …” Iniziò con i suoi discorsi senza un reale filo logico, ma venne subito bloccato da Hetty.
“La signorina Blye è incinta, non è vero signor Deeks?”
Deeks la guardò attonito. Come lo sapeva?
Vedendo quella reazione, che confermava i suoi timori, l’anziana agente fece un grave respiro e spiegò: “Ho capito subito che era successo qualcosa tra di voi, anche se devo ammettere che siete stati molto bravi a nasconderlo, il resto del team non ha capito nulla. Ma non io, signor Deeks. Vedevo il modo in cui lei guardava la sua partner, come se non fosse mai sazio, come se da un momento all’altro la signora Blye potesse scomparire, la guardava come un uomo innamorato guarda la propria donna. Poi ho riconosciuto i sintomi. La signorina Blye arrivava al lavoro con la faccia sciupata, le occhiaie, pallida, tutti segni che mettevano in mostra il fatto che non stesse bene. All’inizio ho pensato che fosse malata, ma quando ho parlato con lei e mi ha assicurato che non lo era, allora ho collegato prima ancora che lo facesse lei stessa. Ma mi dica, quando l’ha saputo?”
“Me lo ha detto Kensi, una settimana fa. Non ne era ancora certa, ma poi siamo andati insieme il giorno dopo dal ginecologo che ce lo ha confermato.”
 
Una settimana prima a casa di Kensi.
Deeks pensava di aver capito male. Kensi incinta? La guardò ancora basito da quella affermazione e vide i suoi occhi riempirsi di lacrime, le stesse che per tutto il giorno aveva cercato di tenere a bada.
Ebbe, allora, la certezza che non stava mentendo o scherzando.
Vedendola in quello stato, così impaurita e fragile, le mani che nascondevano il volto, si avvicinò piano e la circondò con il più dolce degli abbracci.
La ragazza pose la testa nell’incavo tra il collo e la spalla del ragazzo e si lasciò cullare da quelle braccia forti e muscolose che la proteggevano.
Deeks la accarezzò, le sussurrò parole dolci all’orecchio dicendole di calmarsi, che avrebbero trovato una soluzione, che le cose si sarebbero sistemate in un modo o nell’altro.
“Non voglio lasciare il mio lavoro Deeks. È la cosa che amo fare di più al mondo, non voglio rinunciarci.” Dichiarò Kensi quando i singhiozzi si placarono.
“Non è necessario che lo molli. Solo dovrai stare più attenta. Più lavoro di ufficio e meno sul campo per i prossimi mesi e poi potrai tornare come prima.”
“Ma non capisci? Hetty mi licenzierà. Non sono, non siamo, stati professionali. Può essere che ti cacci dall’NCIS.”
“Non ti preoccupare, ci penso io a Hetty.” La rassicurò il ragazzo con la voce più calma che possedeva, ma con l‘ansia che cominciava ad insinuarsi dentro di lui.
“Domani verrò con te.” Disse poi con una voce sicura e autoritaria che non ammetteva repliche.
“D’accordo.” Rispose flebile Kensi, la fatica del giorno che iniziava a farsi sentire.
“Rimani.” Disse a Deeks all’improvviso.
“Non voglio rimanere da sola stanotte.” Ed era vero. Odiava ammetterlo, ma aveva paura e la presenza di Deeks le dava sicurezza, poi in fondo era il padre del bambino, non poteva più escluderlo dalla sua vita, anzi, presto avrebbero dovuto decidere insieme cosa fare, dove abitare, come organizzare la loro vita che, con il lavoro che facevano, era senza orari e caotica.
Ma quei pensieri potevano aspettare, la stanchezza era troppo, le lacrime l’avevano prosciugata e ora aveva solo bisogno di dormire e della rassicurante presenza del suo partner? Fidanzato? Compagno? -anche questo era ancora da definire- accanto a se.
Andarono insieme in camera di Kensi e si sdraiarono sul letto, il corpo di Kensi raggomitolato contro quello di Deeks che la cingeva stretta fra le sue braccia.
“Ho paura Deeks.” Ammise finalmente.
“Anche io Kensi, ma non ti preoccupare, insieme possiamo fare tutto. Io non ti lascio.”
Il cuore di Kensi accelerò i battiti, un sorriso le comparve sul viso, il primo di quella lunga giornata, e chiuse gli occhi con una sensazione positiva che scacciava in parte l’angoscia opprimente che aveva avuto per tutto il giorno. 
 
Hetty guardò il suo giovane agente di collegamento. Aveva uno sguardo così preoccupato che non se la sentiva proprio di infierire.
In fondo lo sapeva, sapeva i rischi che avrebbe potuto correre affiancando quel biondino scaltro, capace e in gamba, oltre che bello, a una ragazza intelligente, determinata e altrettanto bella come Kensi.
Aveva osservato per lungo tempo Deeks prima di richiederlo in squadra e non si era mai pentita. Era davvero il migliore.
Aveva visto subito come aveva reagito Kensi. Lui era l’unico che poteva stare al passo con lei, che poteva scioglierla con il suo carattere solare e aiutarla se lei fosse stata nei guai.
Era stata lei a farli conoscere, ad affiancarli, in un certo senso a legittimare quell’unione e ora non poteva fare altro che accettarla.
“Sei arrabbiata, Hetty?” Chiese Deeks con un tono contrito e un po’ preoccupato.
“Non sono arrabbiata, signor Deeks, non ne ho motivo. Un bambino è un dono del cielo. Certo non siete stati molto professionali, avrei preferito che tutto ciò non accadesse, ma non posso controllare i sentimenti delle persone, anche se devo ammettere che in qualche caso non mi dispiacerebbe.
Sarà d’accordo con me che le cose cambieranno. Non potrò più permettere alla signorina Blye di andare sul campo e, qualora non accettasse questa soluzione, sarà compito suo, signor Deeks, farla ragionare e tenerla al sicuro. Intesi?”
“Certo. Io potrò rimanere?”
“Assolutamente, signor Deeks. Non ho intenzione di perdere un valido membro del team. Non a questo punto.”
Deeks si rilassò e sorrise guardando con gratitudine il suo anziano boss.
“E non preoccuparti, Marty” Disse Hetty, dopo aver fatto un sospiro, con un tono inaspettatamente materno “Le cose si sistemeranno. Non esiste un problema senza soluzione, l’ho imparato sulla mia pelle quella volta che ho scalato l’Himalaya e mi creda, li si che c’erano veri problemi. Sarete degli ottimi genitori.”
Detto questo gli regalò uno sguardo di approvazione, gli diede una pacca sulla spalla, scese dallo sgabello dopo aver bevuto l’ultimo sorso del suo Scotch e fece per uscire quando le parole del detective la trattennero.
“Cos’è successo sull’Himalaya?” 
“Non chieda, signor Deeks, non chieda.” Rispose mentre si avviava fuori dalla porta con un sorriso soddisfatto impresso sul viso.
 
 
 
Ciao! Eccomi col secondo capitolo. Non è molto densi, ma spero vi piaccia comunque. Mi rifarò poi con i prossimi=)
Fatemi sapere cose ne pensate=)=)
Grazie a tutti.
Un bacione!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Kensi quella sera rimase al lavoro più a lungo del solito.
Callen e Sam se ne erano già andati, Deeks, controllato che nessuno li stesse guardando, le diede un bacio veloce sulla fronte e, borbottando qualcosa sul fatto che dovesse vedere qualcuno in un bar, la lasciò sola con la promessa che sarebbe passato più tardi da casa sua e le avrebbe spiegato.
Kensi lo salutò, ma non fece troppo caso a quello che stava dicendo, doveva parlare con qualcuno, con lei.
Salì in sala operativa, salutò Eric che se ne stava andando e chiese a Nell se poteva fermarsi un attimo a parlare.
In quei due anni Nell era diventata per lei la cosa più simile ad una amica.
Con il suo lavoro, il cambio di abitudini continuo e la necessità di mantenere segreta la sua identità di agente speciale, non era facile per lei farsi delle amiche.
Doveva inventare sempre vite fasulle, raccontare bugie e la cosa non le piaceva e comunque non funzionava.
Come quella volta che aveva finta di essere una critica d’arte e la sua amica l’aveva smascherata e ora non si parlavano più.
Con Nell, invece, le cose erano diverse. Non era costretta a fingere e quando uscivano insieme si divertivano molto.
Apprezzavano molto la reciproca compagnia, soprattutto considerando il fatto che, escludendo Hetty, erano le uniche due donne della squadra.
“Dimmi tutto, Kensi. Qualcosa non va?” Chiese Nell, quando vide la faccia un po’ tesa dell’amica.
“Ho bisogno di parlare con qualcuno e tu sei l’unica a cui posso rivolgermi.” Disse con una voce molto seria.
Nell capì subito che qualcosa non andava e fece cenno a Kensi di accomodarsi sulla sedia di Eric, accanto alla sua.
Kensi si sedette e si girò verso la ragazza, in modo da essere una di fronte all’altra.
Nell la guardava attendendo che dicesse qualcosa e Kensi rispondeva al suo sguardo fissandola, ma incapace di dire una sola parola.
Non era una cosa facile da dire. Nemmeno ad una amica.
Dopo tutto loro due non avevano mai parlato dei loro sentimenti per qualcuno all’interno del team. Kensi non le aveva mai rivelato che provava qualcosa per il suo partner, così come Nell, d’altra parte, non aveva mai rivelato a Kensi di aver baciato Eric la notte di Natale e non aveva mai nemmeno detto a nessuno che la cosa le era anche piaciuta.
“Kensi ti sei addormentata?” La riscosse l’amica.
“Uhm? Scusa, stavo pensando a come dirtelo.”
“Dirmi che cosa?”
Kensi ignorò la domanda e optò per iniziare dall’inizio.
“Tre mesi fa sono stata con qualcuno. La cosa non sarebbe dovuta accadere, ma sai com’è in questi casi, uno prova a trattenersi, ma dopo un po’ bisogna anche ascoltare il proprio cuore, no?”
Nell la guardava stranita. Non riusciva a capire cosa stesse dicendo o a chi stesse facendo riferimento, in più Kensi era molto strana. Le sembrava di sentire parlare Deeks in uno dei suo monologhi senza senso. Era incredibile come quei due avessero preso uno le abitudini dell’altro stando sempre insieme.
“Non riesco a capire Kensi …”
“Mi sono innamorata Nell.” Affermò secca l’agente.
Gli occhi di Nell si illuminarono di gioia. “Oh Kensi, ma è fantastico! Lui chi è? Quel morettino che abbiamo conosciuto qualche mese fa in quel pub? Avete continuato a sentirvi? Avevo capito che non volessi un secondo appuntamento da lui, ma magari …”
“È Deeks, Nell. Mi sono innamorata di Deeks.” Tagliò corto Kensi.
“Oh.” L’entusiasmo di Nell venne bruscamente smorzato da quella affermazione.
Era felice che l’amica si fosse finalmente lasciata andare e si fosse concessa a qualcuno, ma non pensava proprio a Deeks.
Insomma, non era cieca e vedeva come si comportavano quando stavano insieme. Erano molto affiatati, si volevano bene e si vedeva che erano molto affezionati l’uno all’altro. Però pensava si trattasse di un rapporto di solida amicizia, nulla di più, un po’ come quello tra lei e Eric, nonostante quel bacio.
“Beh, è … inaspettato, ma … ehm … bello?” Era molto imbarazzata e non sapeva assolutamente cosa dire.
Poi collegò la frase precedente di Kensi e spalancò gli occhi per lo stupore dicendo: “O mio Dio, tu e Deeks siete stati a letto insieme?”
Kensi non potè fare a meno di ridere vedendo la faccia buffa di Nell.
“E adesso perché ridi?” Le chiese l’analista.
“Rido per la tua faccia, Nell. Scusa, ma era molto divertente.” Rispose Kensi ricomponendosi e tornando seria, focalizzandosi nuovamente sul motivo di quella chiacchierata.
“Quindi …” Riprese Nell. “… Tu e Deeks ora state insieme e tu sei preoccupata perché non sai come reagirà Hetty o cosa dirà il resto della squadra?”.
“Anche.”
“Che significa anche, c’è dell’altro che ancora non mi hai detto?”
“… Sono rimasta incinta Nell.” Rivelò infine Kensi.
Appena quelle parole lasciarono la sua bocca sentì il petto che si alleggeriva di un peso che non era più disposta a portare da sola.
L’aveva fatto, l’aveva detto. Ora almeno uno dei suoi compagni sapeva che lei e Deeks presto sarebbero diventati genitori.
Nell rimasi in silenzio per qualche minuto, completamente sbigottita da quella notizia e senza parole.
Non ci poteva credere, ma poi vide gli occhi di Kensi che si stavano riempiendo di lacrime e si sporse per abbracciarla.
“Hei, calma, calma, non piangere. Va tutto bene.” Disse con una voce dolce e rassicurante.
“Ho paura, Nell. Cosa succederà? Cosa dovrò fare quando nascerà il bambino? Io non sono capace di fare la mamma.”
Singhiozzava e la sua voce esprimeva tutto il panico che provava.
“Non preoccuparti ora di questo. Sono sicura che quando arriverà il momento saprai esattamente cosa fare, e poi con te ci sarà Deeks. Perché lui lo sa, vero?” Cercò di tranquillizzarla Nell.
“Si, lo sa da una settimana, da quando l’ho scoperto.”
“E come l’ha presa?”
“All’inizio era stupito, ovviamente. E anche spaventato anche se non lo dava a vedere. Ma mi è stato molto vicino questa settimana. Si è trasferito momentaneamente da me e mi ha rassicurata e protetta come fa sempre.” Disse Kensi con un dolce sorriso sulle labbra, i singhiozzi ormai interrotti.
Nell rimase piacevolmente sorpresa da quella indiretta dichiarazione. Di solito Kensi non si esponeva mai e soprattutto mai prima di allora avrebbe detto qualcosa su Deeks senza prenderlo in giro.
“Sa essere proprio dolce Deeks quando vuole.” Riconobbe Nell. “Sarà un ottimo padre e non ti lascerà sola.” Continuò.
“Lo so.” Disse Kensi sicura.
In quella settimana, infatti, si era resa conto di quanto amasse Deeks, ma anche di quanto lui amasse lei, anche se non se lo erano ancora detto apertamente.
Era bello avere qualcuno alla sera cui dire -buonanotte- e svegliarsi al mattino tra le braccia di un uomo che, ora ne era certa, ci sarebbe stato in qualsiasi momento per lei e per il loro bambino.
Dovevano ancora trovare una soluzione per la casa, il lavoro e tutto il resto, ma per ora quello che le bastava era che lui era accanto a lei.
La voce di Nell la riportò alla realtà. “L’hai già avvisata?” Chiese.
“Chi?” Rispose Kensi che non aveva sinceramente idea a chi si stesse riferendo l’amica.
Nell fece il suo tipico sguardo come a dire -Non è ovvio?-
Kensi allora comprese e il suo sguardo si rabbuiò per un istante.
“No. Non so se le interessa.”
“Stai scherzando, spero. Le interessa e lo vorrebbe di certo venire a sapere. Non credi che si è già persa troppe cose della tua vita per perdersene anche una così importante? Pensaci.”
Kensi non rispose.
“Comunque” Riprese Nell “Sono davvero contenta per te e Deeks. E non ti preoccupare, anche gli altri lo saranno. Dopo aver superato il piccolo shock iniziale, naturalmente.” Disse con una risata.
Anche Kensi rise.
“Grazie Nell. Mi ha fatto bene parlare con te.”
“A cos’altro servono le amiche, altrimenti?”
Si alzarono e insieme si avviarono fuori dall’edificio.
“Andiamo a mangiare qualcosa?” Propose Nell.
“Mmmhh … scusa, ma Deeks mi aspetta a casa. Poi ho una cosa importante da fare.” 
Nell capì al volo a cosa si riferisse l’amica, le diede un abbraccio e la salutò.
“A domani Kensi.” “Ci vediamo.”
Kensi guidò fino a casa sua, entrò e vide che Deeks non era ancora arrivato.
Meglio così. Era una cosa che voleva fare da sola, anche se era grazie a lui, in parte, che poteva farla.
Prese in mano la cornetta del telefono e digitò un numero.
Dall’altro capo del filo rispose una voce femminile.
“Ciao mamma.” Disse dopo un momento di esitazione. “Sono Kensi. Ti disturbo?”.
 
 
Ciao a tutti!! Eccomi con il terzo capitolo all-Kensi. Ditemi cosa ne pensate! Dal prossimo prometto che sarà tutto Densi =)
Grazie mille alle mie affezionate che non mi fanno mai mancare il loro appoggio.
Invito chi mi legge “in silenzio” a dirmi cosa ne pensa delle mie fic =)
Bacioni!! Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** capitolo quattro ***


Kensi guidava lentamente per le vie di Los Angeles in direzione di casa sua. 
Accanto a se, sul sedile del passeggero, pullulavano i pacchi e i sacchetti risultato della giornata di shopping che aveva appena trascorso con sua madre.
Era ormai al quarto mese di gravidanza e la pancia cominciava a vedersi. Aveva bisogno di pantaloni più larghi dei suoi soliti jeans attillati che amava indossare e ne aveva approfittato per trascorrere del tempo con sua mamma.
Da quando l’aveva chiamata per annunciarle che aspettava un bambino si erano viste e sentite più spesso.
Era contenta che sua madre avesse preso bene la notizia e le era grata che le stesse vicina senza opprimerla o diventare apprensiva.
Era più che altro come avere una amica più adulta e matura che si era già trovata nella sua stessa situazione e sapeva come consigliarla e aiutarla senza risultare invadente.
Accese la radio e cambiò più volte stazione fino al momento in cui trovò una canzone che le piaceva particolarmente “The Only Exception”.
Mentre canticchiava la canzone ripensò alla cena a cui sua madre aveva invitato lei e Deeks circa tre settimane prima e un dolce sorriso le illuminò il viso.
Non era la prima volta che Marty incontrava Julie, anche se il contesto in quella occasione era den diverso, loro stessi erano diversi.
Erano già ottimi amici, partners, forse provavano già dei sentimenti l’uno per l’altra, lei gli aveva dichiarato che era l’unica persona di cui si fidava, ma sarebbe passata ancora molta acqua sotto i ponti prima di arrivare alla situazione attuale.
Inoltre quella era stata la prima volta che rivedeva sua madre da anni. Non si erano nemmeno più parlate da quando lei era scappata di casa per raggiungere suo padre.
Durante la cena Kensi era nervosa, continuava a osservare la madre per vedere le reazioni a ciò che Deeks diceva o faceva.
Ci teneva particolarmente che lei avesse una buona opinione di lui e il suo desiderio non rimase inesaudito.
Julie fu completamente conquistata da Deeks. La sua simpatia, i modi di fare, il suo bell’aspetto le confermarono il presentimento che aveva avuto appena l’aveva conosciuto, quella volta in cui aveva suonato il campanello e l‘aveva portata al sicuro dall‘assassino di suo marito. Era un bravo ragazzo adatto a stare accanto ad una come Kensi.
-In fondo io e la mamma non siamo poi così diverse.- Si era ritrovata a pensare Kensi mentre la serata scorreva allegramente tra battute e risate, proprio come succede in una famiglia, proprio come una di quelle serate che l’agente avrebbe voluto avere anche quando era piccola e suo padre ancora vivo.
Mentre pensava a queste cose arrivò a casa.
Marty si era momentaneamente trasferito da lei, insieme a Monty, mentre avevano deciso di sistemare l’appartamento del detective , più grande, spazioso e vicino all‘oceano, per andare a viverci insieme quando anche il bambino sarebbe nato.
Entrò in casa carica delle sua spese, chiuse piano la porta e rimase a guardare la scena che le si presentò agli occhi.
Deeks era al bancone della cucina e stava cucinando qualcosa per la loro cena, la radio accesa, “Don’t Stop Me Now” dei Queen ad alto volume e lui che ballava mentre mescolava le varie pentole e padelle che aveva sui fuochi usando il cucchiaio di legno come microfono seguendo le parole con una voce leggermente stonata.
Kensi, ancora ferma all’ingresso, si rese conto di non essere stata sentita entrare e ne approfittò per osservarlo.
Non poteva fare a meno di ridere nel vederlo. Indossava anche un grembiule -non sapeva nemmeno di averne uno in casa- un po’ stretto che lo rendeva dolcemente ridicolo, ma anche sexy.
Il viso della ragazza si aprì in un sorriso, gli occhi lo seguivano con uno sguardo molto intenerito e ripensò alla canzone che aveva sentito poco prima in macchina.
Sembrava un po’ la descrizione della sua vita. 
Due genitori che si separano, la figlia delusa che giura a se stessa di non innamorarsi mai, poi però arriva lui, l’unica eccezione, che smonta tutte quelle certezze facendole cadere come un castello di sabbia.
Nel suo caso Marty era la sua eccezione, il suo uomo, l’unico che aveva amato e che continuava ad amare in modo totale e assoluto, per la prima volta in vita sua senza la paura di essere delusa.
La canzone finì e fu seguita da una più lenta.
Kensi appoggiò le borse, abbandonò la sua posizione e andò a salutare il suo compagno che, ancora girato verso i fornelli, aveva ripreso a cucinare, dopo aver abbassato il volume della radio.
La ragazza arrivò di soppiatto e lo abbracciò da dietro. Lui si girò con un piccolo sussulto di spavento e la vide.
“Buonasera raggio di sole.” Disse appoggiando il cucchiaio e abbracciandola, tirandola a se regalandole un bacio molto appassionato.
“Ciao cuoco ballerino.” Rispose lei allegra con una risatina quando si staccarono. 
“Che cosa mi hai preparato di buono?” Indagò deliziandosi dei profumi che provenivano dai tegami.
“Pasta al sugo e sogliole.”
“Wow. Che fine hanno fatto i nostri hamburger?” Chiese dandogli un bacio sulla guancia e staccandosi da lui per apparecchiare la tavola.
“Aboliti. È ora che inizi a mangiare sano, ora siete in due.” Disse con un tono orgoglioso e gli occhi che brillavano di gioia. 
“Allora, come è andata la giornata sole donne?” Riprese con curiosità dopo aver scambiato con lei un’occhiata affettuosa.
“Molto bene. Abbiamo parlato anche di te.”
“Solo cose belle spero.”
Kensi non rispose e gli lanciò uno sguardo furbetto.
Si misero a tavola, continuando a parlare, lanciarsi frecciatine, fare battute e ridere come sue ragazzini innamorati.
Entrambi si erano perfettamente abituati alla vita di coppia. Vivere insieme era così naturale che sembrava fossero sposati da anni.
Mentre stavano mangiando la radio trasmise “Something” dei Beatles, una canzone che entrambi amavano.
Ascoltandola Deeks si rese conto che era la perfetta descrizione di quello che provava per Kensi.
-Qualcosa nel modo in cui si muove, mi attrae come nessun’altra amante- cantava John Lennon.
-Amo il modo in cui si muove Kensi, è sempre così sensuale.- pensò Marty.
-Qualcosa nel modo in cui mi corteggia … - continuò la canzone.
-Non mi ha mai corteggiato come hanno fatte le altre donne che ho avuto, ma è questo che mi piace di lei. Mi ha completamente conquistato semplicemente rimanendo se stessa.- correvano i pensieri del ragazzo.
Marty alzò la testa dal piatto e incontrò gli occhi bicromatici della sua donna.
Allungò una mano chiudendola su quella della ragazza e iniziando ad accarezzarla dolcemente col pollice.
“Ti va se balliamo?” Le chiese senza staccarle gli occhi di dosso.
Kensi lo guardò sorpresa e annuì con un leggero cenno della testa.
Iniziarono a muoversi cullati dalle note di quella canzone, abbracciati molto stretti, la testa di Kensi appoggiata alla spalla del ragazzo.
-Qualcosa nel modo in cui sa che tutto ciò che devo fare è pensare a lei …
“Hai sentito queste parole, Kens?” Sussurrò Deeks all’orecchio della ragazza. “Ecco la mia missione nella vita. Pensare a voi due, proteggervi e non lasciarvi mai.” Riprese appoggiando delicatamente una mano sul suo ventre.
Kensi lo guardò negli occhi in modo intenso, pervasa da una forte emozione che minacciava di farla piangere.
“Ti amo Marty.” Disse in un sussurro, le parole della canzone che aveva sentito in macchina che le ritornavano in mente. Lui era davvero la sua unica eccezione e lei ci credeva.
“Ti amo Kensi.” Sussurrò lui in risposta, a fior di labbra, ricambiando lo sguardo con la stessa intensità, mentre la prendeva per mano e la conduceva lentamente nella loro camera da letto, la cena che si freddava, la radio che continuava a trasmettere canzoni. 
 
 
Ciao!! Eccomi con il quarto capitolo all Densi! Come avrete notato due canzoni mi hanno particolarmente ispirata per scriverlo, sono “The Only Exception” Paramore e “Something” Beatles. Mi scuso con chi non le conosce, ma invito ad ascoltarle, anche per comprendere meglio (forse) il capitolo.
Spero vi sia piaciuto e commentate!
Un ringraziamento come sempre alle mie affezionate che mi seguono sempre =)
Bacioni! Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***


Marty Deeks sfrecciava rapidamente tra le strade di Los Angeles diretto all’ospedale. Erano le 5 del mattino e lui era appena uscito da un locale in cui stava svolgendo una missione sotto copertura.
Non dormiva da quasi ventiquattro ore, ma in quel momento non era importante, aveva talmente tanta adrenalina in corpo che avrebbe agevolmente corso una maratona senza la minima fatica.
 
Kensi Blye era stesa su un letto di ospedale in preda a forti dolori.
Erano le 5 della mattina, stava per partorire e di Marty neanche l’ombra.
 
Quel giorno era andata la lavoro insieme a Marty. Da quando aveva scoperto di essere incinta aveva dovuto rinunciare al lavoro sul campo, per ovvie ragioni, e la cosa era stata pesante da gestire i primi tempi, in quanto odiava passare tutto il tempo chiusa nel quartier generale, ma, quando la pancia aveva iniziato a crescere, aveva dovuto ammettere che, anche volendo, non sarebbe stata di aiuto ai ragazzi, anzi, avrebbe intralciato il loro lavoro.
Stavano seguendo un nuovo caso e Marty e Sam erano stati mandati sulle tracce di un trafficante d’armi, quindi avevano passato l’intera giornata fuori, mentre lei era rimasta in ufficio con Callen.
Mancavano ufficialmente due settimane al giorno previsto per il parto, ma quella mattina Kensi si era sentita strana, già appena sveglia.
Verso mezzogiorno aveva iniziato e provare dei dolori sommessi che aveva tentato di ignorare per tutta la giornata fino alla sera, quando erano diventati troppo difficili da sopportare.
Callen, accanto a lei, l’aveva osservata di nascosto per tutto il tempo e si era accorto che qualcosa non andava.
Lui, Sam e Eric avevano, dopo un primo e comprensibile momento di sgomento, accettato bene la nuova situazione dei colleghi.
In fondo si erano sempre accorti dell’affetto che legava i due partner e non si erano poi troppo stupiti del fatto che si fossero innamorati.
Sam fu il primo ad accettare la cosa. La loro storia gli ricordava molto quella sua e di Michelle, mentre Callen era stato l’ultimo a capire, essendo sempre così professionale e apparentemente distaccato come voleva mostrarsi.
Eric era stato subito molto felice e sperava segretamente che anche Nell seguisse l’esempio dell’amica e si lasciasse andare con lui. Ancora non si era scordato quel bacio sotto il vischio che lei gli aveva dato la notte di Natale.
Alla sera Sam e Deeks erano tornati alla base e, una volta riferite le informazioni che avevano appreso, avevano organizzato un piano per catturare il trafficante d’armi che li avrebbe condotti in un famoso locale in cui il detective aveva degli agganci grazie al suo lavoro in polizia.
Kensi stava già molto male, ma fece l’indifferente per non far preoccupare il suo compagno.
“Stai attento.” Gli disse salutandolo con un bacio.
“Mi mancherai al mio fianco, Fern.” Rispose lui.
La ragazza sorrise. Era da molto tempo che lui non usava quell’orribile nome con lei, ma non si arrabbiò questa volta, anzi, ricordò con una certa nostalgia quell’episodio.
“Tienimelo d’occhio, Sam.” Disse dando una pacca sul braccio del collega.
“Non sono il suo baby-sitter.” Rispose, sogghignando, l’agente facendosi sentire da Deeks, ma scambiando un occhiolino di intesa con la ragazza.
Poco dopo che se ne erano andati, Kensi sentì un dolore più forte degli altri che le fece mancare il respiro per alcuni secondi e le fece venire le lacrime agli occhi.
-Hey, amore, che succede?- Chiese rivolta alla sua pancia -non ora, non sono ancora pronta, okay?-
Callen la vide e non poté più trattenersi.
“Tu non stai bene, Kens. È tutto il giorno che lo nascondi, ma adesso mi sto un po’ preoccupando. Ti porto all’ospedale.”
“No, non serve, sto bene. Solo una fitta. Il dottore ha detto che può capitare.”
“Ritengo, comunque, che sia meglio se vai all’ospedale. Meglio andare per un falso allarme che rischiare.”
“Non è necessario, davvero. Torno a casa, però. Non dire niente a Marty, per favore.”
“Non lo farò. Chiama se hai bisogno.”
“Okay.”
Kensi arrivò a casa con una certa fatica. I dolori persistevano ed erano sempre più insistenti.
Decise di stendersi sul divano, dopo essere corsa in bagno a fare pipì -ultimamente doveva andare molto frequentemente- e si addormentò.
 
Marty guidava il più velocemente possibile, purtroppo il locale era dalla parte opposta rispetto all’ospedale.
Quando Nell lo aveva chiamato per avvisarlo di quello che stava succedendo non ci poteva credere. Stava accadendo davvero. Stava per diventare papà. Papà. Quella parola gli fece venire un brivido allo stomaco.
Sarebbe stato un bravo papà, o almeno ci avrebbe provato.
Non aveva avuto un buon esempio, ma, se avesse dovuto ringraziare il suo vecchio per qualcosa, sarebbe stato proprio il fatto che gli avesse mostrato ciò che un genitore non dovrebbe fare.
Nel frattempo era arrivato al parcheggio dell’ospedale, finalmente.
Spense il motore e si precipitò dentro, chiedendo informazioni alla reception.
Quando gli dissero dove avrebbe trovato la ragazza, corse alle porte dell’ascensore, si accorse che era fuori uso e iniziò a salire le scale più veloce che poté fino al reparto maternità.
 
Kensi urlava disperata, Nell le teneva la mano.
Aveva chiamato l’analista quando, dopo essersi svegliata di soprassalto dal suo pisolino sul divano, si era resa conto di essere completamente bagnata.
Spaventata, capì che le si erano rotte le acque, prese il cellulare e chiamò Nell, mentre i dolori si facevano più acuti e il suo respiro irregolare.
“Kensi, che succede?” Chiese la ragazza con la voce impastata di sonno.
“Mi si sono rotte le acque. Sono iniziate le contrazioni. Dov’è Marty?” Rispose con voce rotta dai singhiozzi, dall’agitazione e dal fiato corto per via dei dolori.
“Ferma li, arrivo subito.” Replicò l’amica, di colpo completamente sveglia.
In pochi minuti Nell la raggiunse a casa, prese un borsone e vi gettò dentro qualche vestito alla rinfusa e partì, sorreggendo l’amica, alla volta dell’ospedale. Durante il tragitto avvisò Marty che, appresa la notizia, chiamò Hetty ed Eric che erano ancora in sala operativa a seguire la missione, riferì loro ciò che stava succedendo ed ebbe il permesso di lasciare l’operazione; Callen sarebbe andato a sostituirlo.
 
Deeks guardò l’orologio mentre saliva le scale, sudato e affannato; erano le 5.50. Fra una decina di minuti sarebbe stata l’alba, il momento della giornata che più amava.
Corse lungo il corridoio finché giunse alla stanza della sua compagna.
Spalancò la porta, entrò e vide la sua Kensi.


 
Ciao a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo. Ho fatto un salto in avanti, ma non vi preoccupate … racconterò anche tutto quello che c’è stato nel mentre.
Che ne pensate? Commentate!
Un saluto e un ringraziamento alle mie affezionate e a chi mi segue in silenzio, anche se comunque invito sempre a dire la vostra opinione.
Un bacio!
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


“Amore mio, sei arrivato!” Disse Kensi con il fiato corto quando vide entrare Deeks.
-Amore mio?- pensò Deeks leggermente divertito nonostante il momento -Deve stare parecchio male se mi chiama così. È già una buona cosa che abbia iniziato a chiamarmi Marty e non più Deeks da quando stiamo insieme.-
“Eccomi raggio di sole.” Rispose Marty raggiungendola anche lui un po‘ ansimante per la corsa fatta, poi aggiunse rivolgendosi all‘analista che sedeva di fianco a Kensi: “Grazie Nell per avermi avvisato e per averla portata qui.”
“Figurati. Io aspetto fuori, vi lascio soli.”
Deeks le rivolse un sorriso riconoscente e l’analista abbandonò la stanza.
Deeks prese la mano di Kensi e, con molta delicatezza le scostò ciocche di capelli dal bel viso sudato.
“Hei bellissima, come stai?” Le chiese molto dolcemente.
“Non ce la posso fare, Marty.” Disse Kensi ansimando. I dolori si erano fatti, se possibili, ancora più intensi.
“Certo che ce la farai, piccola, andrà tutto bene. Sono qui con te, adesso. Scusa se ci ho messo tanto.”
“Ho paura. Non so cosa devo fare, mi fa male ovunque. Non voglio Marty, non sono pronta.”
“Ma certo che lo sei. Entrambi lo siamo. Saremo dei bravi genitori, Kensi, te lo prometto.”
In quel momento entrarono il dottore e l’ostetrica che valutarono la situazione.
“Ci siamo quasi, signorina Blye, spinga.” Le disse il dottore.
Kensi urlava e stringeva la mano di Deeks che intanto cercava di rassicurarla con parole dolci.
“Vedo la testa.” Disse il dottore. “Coraggio, continui a spingere, sta andando benissimo.” Riprese poco dopo.
Quando sentì queste parole Deeks provò un brivido lungo tutto il corpo.
-Ci siamo- pensò eccitato -Finalmente ti vedo.-
 
La sua mente andò a ripescare il ricordo del giorno in cui aveva visto per la prima volta quell’incredibile miracolo di cui era, almeno in parte, responsabile. Era la volta in cui aveva accompagnato Kensi alla sua prima ecografia.
Aveva scoperto che sarebbe diventato padre solo la sera prima. Un vortice di emozioni attanagliavano il suo stomaco in quel momento. Gioia, ovviamente, ma anche paura. Si sentiva più protettivo del solito con Kensi, ma non voleva opprimerla troppo. Voleva farla stare tranquilla, aiutarla a superare quel momento di paura, ma lui stesso si sentiva terrorizzato anche se faceva finta di niente con lei.
Il viaggio in macchina all’ospedale la mattina seguente fu silenzioso. Un silenzio carico di ansia, timori, cose non dette.
Il ginecologo confermò la gravidanza e fece un’ecografia per vedere se fosse tutto a posto.
Kensi era sdraiata sul lettino, il volto serio, ancora zitta. Deeks, seduto su una sedia accanto a lei, sentiva il cuore battere a mille.
Quando videro per la prima volta quell’immagine confusa in cui si vedeva il profilo di quello che sarebbe diventato il loro bambino, il peso sul loro petto si sciolse di colpo, come la neve fresca sotto il sole.
Si guardarono in modo intenso e innamorato. Non potevano credere che quella creaturina presto sarebbe stata una persona vera. L’emozione impediva loro di parlare e, quando sentirono quel piccolo cuoricino battere forte e vigoroso, si presero per mano, gli occhi lucidi di lacrime, il volto arrossato per l’emozione, un silenzio perfetto che incorniciava quell’attimo.
 
“Coraggio signorina Blye, ci siamo quasi.” Urlò il dottore per sovrastare le disperate urla di dolore della ragazza.
“Forza, cucciola, stai andando benissimo.” Disse Deeks sempre tenendola saldamente per mano, quasi volesse portarle via una parte del dolore che provava.
“La testa è uscita. Il più è fatto. Un’altra spinta ancora.”
Kensi emise un ultimo urlo spingendo più forte che poté. Si sentiva la schiena a pezzi. Era esausta e sudata, non avrebbe potuto reggere oltre …
Un vagito, inaspettatamente potente, riempì la stanza, sovrastando i rumori.
Kensi si lasciò cadere sui cuscini, stanca e felice, le lacrime che le rigavano il volto.
Deeks si alzò in piedi, piangendo.
“Complimenti, è una bella bambina. Vuole tagliare il cordone, signor Deeks?”
Deeks si asciugò velocemente le lacrime di gioia che sgorgavano incontrollate, raggiunse il dottore e vide per la prima volta la sua bimba. Era bellissima, proprio come se la immaginava da mesi.
Prese le forbici dalle mani dell’ostetrica e tagliò il cordone stupendosi di quanto fosse duro.
Il dottore, poi, consegnò la bambina all’ostetrica che la portò a lavarla, lasciando i due neo genitori soli.
“Ce l’hai fatta, piccola.” Disse Deeks raggiungendo Kensi, ancora stesa sul letto, e dandole un bacio dolce e appassionato.
“Non vedo l’ora di poterla vedere.”
Il suo desiderio fu subito accontentato.
L’ostetrica era già di ritorno con la bambina pulita dal liquido amniotico e avvolta in una coperta.
“Provi a vedere se ha fame.” Disse gentilmente porgendo la bimba nella braccia di Kensi, la quale la avvicinò un po’ titubante al suo seno.
“Guardala, Marty, la nostra bambina. È bellissima.” Disse Kensi con le lacrime agli occhi, mentre la piccola si attaccava al capezzolo senza difficoltà e iniziava a succhiare avidamente.
Marty rimase deliziato da quello spettacolo, così dolce e naturale. Eccole li le donne della sua vita.
 
Mentre guardava quella scena gli tornò in mente la prima volta che aveva sentito la presenza vera di sua figlia.
Una sera lui e Kensi erano seduti sul divano a guardare la televisione, i piedi appoggiati al tavolino, lei semi sdraiata sopra di lui che intanto le cingeva le spalle con un braccio.
Kensi stava quasi per addormentarsi, quando sentì la bambina scalciare. Subito ritornò sveglia e lucida. Veloce prese la mano di Deeks e la mise su quel punto della pancia.
“Senti!” Aveva sussurrato emozionata.
Deeks sentì i piedini della bimba che scalciavano sulla pancia di Kensi e sorrise emozionato.
“Ciao amore del papà.” Disse con la classica vocina che si usa con i bambini. “Tutto bene la dentro?” 
Si chinò e baciò la pancia di Kensi che intanto rideva felice.
“Sbrigati a crescere, mammina e papino non aspettano altro che te.” Sussurrò dando altri baci alla pancia.
Kensi lo guardava con un sorriso molto dolce e gli occhi pieni di affetto. Sarebbe stato il miglior padre del mondo.
Gli accarezzò i capelli e poi gli chiese: “Sei felice?”
“Voi mi rendete felice.” Rispose facendo quel suo sorriso da bambino e gli occhi da cucciolo.
Kensi gli prese il viso tra le mani e lo baciò, mentre lentamente si stavano sdraiando sul divano, lui sopra di lei …
 
“Hei, stai sognando ad occhi aperti?” Chiese una voce che riportò Deeks alla realtà.
Era Nell che nel frattempo era entrata a vedere la bambina, dopo aver avvisato il resto della squadra del lieto evento.
“Ricordavo.” Rispose vago Deeks con la voce carica di emozione.
“Allora, come la chiamate alla fine?” Chiese nuovamente l’analista.
 
Ovviamente avevano pensato a molti nomi, ma non avevano ancora trovato un accordo.
Deeks di solito proponeva nomi stupidi, come Fern, Kiki o nomi simili che aveva affibbiato anche a Kensi.
“Non chiamerò mia figlia come una porno star.” Rispondeva sempre in modo acido l‘agente federale, dopo che al quinto mese ebbero scoperto che si trattava di una bambina, appunto.
“Perché non la chiamiamo Clarissa o Penelope?” Propose la ragazza.
“Non voglio un nome così altisonante. Ci penseremo.” Rispondeva sempre lui lasciando l’argomento in sospeso.
 
Erano le 6.30 della mattina. Il sole era spuntato inondando la città e l’oceano con il suo colore dorato.
Deeks guardò fuori dalla finestra e vide quello spettacolo, poi guardò la sua bambina.
Aveva la carnagione abbastanza chiara, pochi capelli neri come quelli di Kensi e gli occhi del colore confuso che hanno i bambini appena nati. Il naso era tutto del padre, le labbra belle come quelle della madre.
Aveva appena finito di mangiare e giaceva sazia e beata tra le braccia protettive di Kensi che la cullava per farla addormentare.
Era nata proprio all’alba, il momento della giornata che preferiva. Non poteva essere un caso.
Il sole entrava dalla finestra, caldo e luminoso, illuminando la stanza e il viso di Kensi e della bambina di un colore particolare.
Deeks non ebbe più dubbi.
“Che ne dite di Aurora?”
 
 
Ciao a tutti!! Che ne pensate? Mi scuso per aver aggiornato con un po’ di ritardo quando invece avevo detto che avrei fatto in fretta, ma non ho davvero avuto tempo.
Spero vi piaccia, comunque!
Grazie a tutti per i commenti, soprattutto alle mie affezionate!
Invito sempre tutti a dire la vostra.
Un bacio! Alla prossima!!

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Capitolo 7
*** capitolo sette ***


Kensi venne svegliata dai caldi raggi del sole mattutino che provenivano dalla finestra.
Aprì leggermente un occhio per vedere l’orologio sul comodino accanto al letto. Le 6.30. 
Era un po’ nervosa. Quel giorno avrebbe ripreso a lavorare dopo due mesi trascorsi a casa con la sua piccolina.
L’idea di lasciarla per tutto il giorno le provocava una stretta allo stomaco. Non sapeva se fosse ancora pronta, ma prima o poi sarebbe dovuto accadere, non voleva rinunciare per sempre al suo lavoro, sentiva che aveva ancora molto da dare al suo Paese.
In ogni caso avrebbe lasciato Aurora in buone mani. Sua madre, infatti, era estasiata dall’idea di essere diventata nonna e si era subito proposta come babysitter.
Kensi, ovviamente, aveva accettato. Non solo la sua bimba sarebbe stata con una persona fidata, ma questo avrebbe anche giovato al loro rapporto, che stavano cercando di recuperare dopo quindici anni di silenzi.
Kensi si avvicinò alla metà del letto mentre con il braccio cercava il corpo caldo di Deeks, ma, con sorpresa, non lo trovò. Il lato sinistro del letto era freddo e vuoto.
Involontariamente, ma con un’intensità che la turbò non poco, ritornò a quella mattina di Natale in cui Jack se ne era andato.
La dinamica dei fatti era stata la stessa, lei si era svegliata, lo aveva cercato, ma accanto a se aveva solo trovato le lenzuola tirate indietro e il letto abbandonato.
Il cuore iniziò a battere più rapido, ma poi si diede della stupida e cercò di calmarsi.
Deeks non era Jack e soprattutto lei si fidava del suo compagno, si fidava di lui più di chiunque altro.
Scacciò quel pensiero malsano dalla mente e si alzò. Di sicuro si era svegliato presto ed era andato a correre, o a portare fuori Monty, oppure era in cucina a preparare la colazione.
Quando arrivò in salotto, però, vide una delle immagini più tenere e dolci che avesse mai visto.
Deeks era sdraiato sul  divano addormentato, con Aurora sdraiata a pancia in giù sul suo petto e Monty accoccolato ai piedi del divano.
Prese il cellulare e scattò rapidamente una foto, prima che qualcuno di loro si accorgesse della sua presenza.
Sorrise guardando con occhi pieni d’amore il suo compagno e sua figlia e si avvicinò a loro lentamente, con passo felpato.
Monty, però, si accorse della sua presenza e iniziò a uggiolare. Kensi lo zittì temendo che svegliasse Deeks e la bambina.
Si fermò in piedi di fronte a loro e rimase qualche minuto a guardarli dormire e notò che avevano entrambi lo stesso modo buffo di arricciare il naso.
Si sedette sul pavimento e avvicinò il viso a quello del detective, appoggiando la testa sulla sua spalla e iniziando a dargli morbidi baci sulla guancia e sul collo.
Deeks aprì gli occhi, girò il viso e incontrò quelli etero cromatici di lei e si sporse leggermente per darle un lungo bacio.
“Buongiorno raggio di sole.” disse sorridendo.
“Buongiorno, mi chiedevo dove fossi finito.”
“Scusa, mi sono alzato per andare in bagno e ho sentito Rory piangere, così ho deciso di venire qua per non disturbarti. Oggi ritorni al lavoro. Avevi bisogno di riposare.”
“Grazie.” disse semplicemente, persa in quegli occhi blu, domandandosi per l’ennesima volta cosa avesse fatto di buono nella sua vita per meritarsi un uomo simile.
si girò, poi, verso Aurora, profondamente addormentata e protetta dalle braccia sicure del padre che le circondavano il piccolo corpo.
“Come mai piangeva?”
“Credo avesse delle coliche. Si tirava tutta, povera piccola.”
Kensi la prese in braccio stando attenta a non svegliarla.
Ancora non poteva credere che fosse sua figlia. Era così piccola, bella, delicata e perfetta che aveva paura di romperla ogni volta che la prendeva tra le braccia, come quando si prende in mano una rosa troppo fiorita e i petali cadono.
Iniziò a cullarla canticchiandole una melodia che sua madre cantava a lei da piccola. Deeks la guardava rapito pensando a quanto fosse cambiata Kensi da quando Rory era entrata nelle loro vite. Era molto più femminile, dolce e anche rilassata in un certo senso, anche se le leggeva negli occhi la paura di commettere sempre qualche errore.
Quello di cui lei non si rendeva conto, pensò, è che non poteva essere una madre migliore. In quei due mesi a casa aveva accudito la bambina senza lamentarsi per il fatto che non fosse al lavoro, teneva l’appartamento pulito e ordinato, cosa insolita per Kensi che era abituata a vivere nel caos più completo, e aveva persino imparato a cucinare le cose più semplici, per ora.
Era incredibile come la maternità cambiasse una donna e lui si sentiva fortunato ad avere al suo fianco una ragazza straordinaria come Kensi. Non era nemmeno consapevole di quanto fosse bella anche con addosso i pantaloncini e la canottiera che usava come pigiama e con tutti i capelli scompigliati
“Cosa c’è?” chiese lei vedendo che continuava a fissarla, distogliendolo dai suoi pensieri.
“Pensavo.” 
“È meglio se vai a farti la doccia. Non voglio arrivare tardi il primo giorno di lavoro.” 
“Miss Kensi Badass Blye è nervosa a quanto vedo.” iniziò lui a prenderla in giro giocosamente.
“Muoviti.” rispose lei facendoli una linguaccia non potendolo colpire dato che aveva Rory in braccio.
“Io intanto preparo il caffè e le cose per Rory da portare da mia madre.” riprese portando sua figlia nella sua cameretta e posandola delicatamente nella culla.
Quando furono pronti, dopo aver dato da mangiare e da bere a Monty, uscirono di casa  per raggiungere quella di Julia Feldman.
Kensi ci mise qualche minuto a lasciare sua figlia tra le braccia della nonna. Le sembrava sbagliato, ingiusto. E se non fosse stata bene? E se avesse avuto bisogno di lei? Forse non era ancora il momento, forse doveva aspettare ancora un po’, in fondo aveva solo due mesi.
Deeks, resosi conto dei suoi pensieri, le si avvicinò mentre Julia rientrava in casa con la bambina, le appoggiò le mani sui fianchi e il mento sulla spalla.
“Starà bene, non ti preoccupare.” le sussurrò rassicurante mentre assaporava il suo profumo, ormai così famigliare. 
“Come puoi saperlo?”
“Perché se ha preso dalla madre è una tipa tosta.” disse facendo ridere Kensi che si girò verso di lui e lo abbracciò posando la testa sul suo petto muscoloso.
“Mi manca già.” 
“Manca anche a me, ma non le succederà nulla, te lo prometto.”
Rassicurata da quelle parole si lasciò condurre in macchina.
Quando raggiunsero l’NCIS Kensi fu accolta dai suoi colleghi che la abbracciarono e le diedero il bentornato.
“Allora mi avete portato la piccola?” chiese Sam completamente entrato nella parte dello zio.
“No, l’ho lasciata da mia madre. La tiene lei durante il lavoro.”
“Peccato mi sarebbe piaciuto vederla.” disse Callen. “Deve essere cresciuta dall’ultima volta.”
“Che acuta osservazione, G, quando l’hai vista era appena nata. Certo che è cresciuta.” lo prese in giro Sam facendo ridere gli altri.
“Signori, mi dispiace interrompere questo momento, ma il lavoro chiama. Innanzitutto ben tornata Miss Blye. Detective Deeks, una parola nel mio studio, prego.”
Disse Hetty allontanandosi, poi, con uno sguardo che non presagiva nulla di buono.
 
 
Ciao a tutti! Come prima cosa mi scuso per non aver aggiornato prima, ma sono stata davvero presa con l’università.
Ringrazio come sempre chi mi segue e anche i nuovi lettori e i nuovi recensori.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere! Baci =)
 
 
  

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


“Che succede Hetty?” Chiese Deeks seguendo la piccola donna nel suo ufficio.
“Si sieda.” Rispose secca indicando con un gesto della mano la sedia posta dietro alla scrivania.
“Su…sulla tua sedia, Hetty?” Balbettò il ragazzo con una risata sorpresa. Tutti, infatti, erano a conoscenza della gelosia di Hetty nei confronti della sua postazione, della sua sedia, della sua scrivania, delle sue cose.
“Sì, signor Deeks, sulla mia sedia.” Replicò con un tono di voce imperturbabile.
“Cos’ho fatto di così grave?” Chiese tra lo scherzoso e il preoccupato rimanendo fermo e studiando l’anziana agente con uno sguardo indagatore.
“Lei nulla a quanto mi risulta, ma non posso dire lo stesso di un’altra persona. Una persona a lei cara. La prego ora, si sieda e guardi il video sul computer.” Rispose con una nota grave nella voce.
Quel tono non faceva presagire nulla di buono, ma Deeks non riusciva a capire. Una persona a lui cara? Ne esistevano ben poche tolte Kensi e Rory e quelle che rimanevano si trovavano lì con lui in quel momento, sotto il suo stesso tetto.
A meno che…
Un’idea gli balzò improvvisa nella mente e si affrettò a sedersi su quella sedia troppo alta che lo costringeva a stare lontano dalla scrivania affinché le gambe non vi s’incastrassero sotto.
Con uno sguardo preoccupato premette il tasto play e il suo pensiero si materializzò dolorosamente sotto i suoi occhi.
Il video mostrava il suo amico Ray che frantumava la vetrina di un negozio, entrava e ne usciva poco dopo. “Ray…” Riuscì solo a mormorare con il panico e la rabbia che si stavano velocemente impossessando di lui e un nodo alla gola gli impediva quasi di respirare.
“Ma dov…quand…come…perché…sappiamo dov’è adesso?” Un turbinio di domande invasero la sua mente, impedendogli di pensare con lucidità.
“Si calmi, signor Deeks.” Intervenne prontamente Hetty.
“Calmarmi, Hetty? Come faccio a calmarmi quando il mio migliore amico è stato ripreso da una telecamera di sicurezza mentre rapina un negozio, non si sa per quale motivo, rischia di finire in prigione per sempre questa volta, è tornato e non si sa perché e non mi ha nemmeno avvisato?!” Sputò rabbioso mentre il tono della sua voce andava aumentando.
Cosa diavolo stava combinando quel pazzo? Aveva finalmente una compagna fissa, un figlio, una famiglia, tutto ciò che aveva sempre desiderato, perché buttare via tutto nuovamente? E poi perché non si era nascosto meglio? Insomma, sapeva come rubare, l’aveva già fatto, aveva fatto molte azioni illegali, sapeva stare attento, sapeva eludere i controlli, perché in quel momento aveva guardato la telecamera? Voleva forse essere scoperto…apposta?
La risposta alle sue confuse domande non tardò ad arrivare.
“So che la cosa l’ha sconvolta, signor Deeks” Riprese Hetty cercando di mantenere le redini della situazione. “Ho comunque bisogno che sia presente, calmo e che mi ascolti. Ho la risposta ad alcune delle sue domande.”
Si avvicinò al computer e, dopo aver aperto un altro video, invitò Deeks a guardarlo.
La datazione risaliva a due giorni prima e le immagini mostravano un bambino di due anni circa, legato ad una sedia e imbavagliato, il viso rigato di lacrime e un brutto livido su un occhio.
“Suo figlio.” Mormorò Deeks riconoscendolo subito per via della forte somiglianza con Ray. Era incredulo e completamente frastornato dalla situazione. Cosa diamine stava succedendo?
“Esatto.” Confermò Hetty. “Ieri il signor Beal e la signorina Jones hanno intercettato il video della rapina operata dal signor Martindale da una telecamera di sorveglianza di un supermercato ed io li ho incaricati di indagare il motivo per cui fosse accaduto e hanno trovato questo.”
“Hanno preso suo figlio per arrivare a lui.”
“Non esattamente.”
“Cosa?”
“Hanno preso il bambino per arrivare al padre, questo è vero. Ma non sono venuti a Los Angeles per caso, signor Deeks. Il loro vero obiettivo è un altro. È lei, Detective, o meglio è Max Gentry.”
“Ma che significa tutto questo Hetty?” Chiese di nuovo sempre più confuso.
“Significa che Max ha messo i piedi in testa a un po’ troppe persone e vogliono fermarlo.” La voce di Callen s’intromise nella conversazione.
“Abbiamo appena visto i video.” Spiegò G vedendo lo sguardo perso di Deeks spostarsi su di lui.
“Ma ancora non riesco a capire.” Disse dopo qualche minuto di silenzio. “Chi? Chi vuole arrivare a me? È da un po’ che non uso la copertura di Max Gentry.”
“I fratelli Ramones.” Spiegò Sam.
Deeks ripescò dalla memoria i nomi di quei due individui e improvvisamente ricordò.
Grazie alla copertura di Max, era venuto a conoscenza del loro commercio di droga e del riciclaggio di soldi e, una volta ottenute le prove sufficienti, li aveva incastrati ed erano finiti in prigione.
“Sono convinti” Riprese Sam “E a buon grado, devo dire, che tu, o meglio Max, li abbia incastrati per agevolare i tuoi traffici e ora proclamano vendetta. Siccome sanno che è difficile arrivare a te, hanno pensato bene di rapire il figlio di Ray, convinti che lui si fosse rivolto a te e in questo modo ti avrebbero stanato. Per questo la rapina, voleva farsi trovare da te senza destare sospetti. Non poteva contattarti, altrimenti sapeva che ti avrebbe messo in pericolo.”
Deeks sbattè rabbiosamente un pugno sul tavolo di Hetty.
Senza dire niente abbandonò il gruppo e si avviò verso l’armadio con gli occhi che bruciavano per le lacrime che minacciose tentavano di farlo piangere, pronto a trasformarsi nell’alias tanto odiato.
“Voglio aiutarti.” La voce di Kensi lo riscosse dai pensieri che turbinavano impazziti nella sua testa.
“No.”
“Marty.”
“No, Kensi. È una cosa che devo fare da solo. Io devo la vita a Ray. Lui c’è stato quando nessuno c’era. Lui mi ha dato la pistola con cui ho sparato a mio padre quando voleva uccidere me e la mamma. Gli devo tutto e guarda per colpa mia che fine ha fatto. Ha dovuto cambiare identità, abitazione e ora suo figlio è in pericolo. Lui stesso molto probabilmente è in pericolo. Tutto per colpa mia. Non posso rischiare che anche a te o agli altri accada qualcosa.”
“Non è colpa tua e non sei solo in tutto questo, lo sai. Io ti voglio aiutare e lo farò. Non ammetto repliche.” Concluse Kensi con un tono duro che non lasciava spazio ad ulteriori discussioni.
Deeks fu costretto ad arrendersi.
“Come pensi di fare?”
“Abbiamo già un piano.”
Deeks abbassò la testa sconsolato. Non gli piaceva per niente l’idea che i suoi compagni rischiassero la vita per una cosa che riguardava solo lui, tanto meno che Kensi rischiasse la sua vita.
Se quegli uomini erano arrivati a Ray e a suo figlio che si trovavano in un altro paese, con falsa identità, significava che avevano a disposizione dei mezzi potenti e che erano disposti a tutto. Non sarebbe stata una passeggiata liberare il bambino e sistemare l’intera faccenda.
Kensi, vedendolo così triste, gli si avvicinò e lo abbracciò stresso appoggiando la testa al suo petto.
“Andrà tutto bene. Vedrai che andrà tutto bene.”
 
“Si sa dove si trova Ray in questo momento?” Chiese Deeks ad Eric e Nell, raggiungendoli in sala operativa.
“Stiamo ancora cercando di rintracciare la sua auto con Kaleidoscophe.” Rispose la ragazza.
“Sappiamo dove si trova suo figlio, però.”
“Mandami l’indirizzo sul cellulare, Eric, se vogliono Max Gentry, lo avranno.” Aggiunse uscendo di corsa dalle porte scorrevoli e scendendo precipitosamente le scale.
Non avrebbe permesso che altri corressero ulteriori rischi, si sarebbe fatto vivo lui stesso, avrebbe affrontato i fratelli Ramones di persona.
“Fermati.” Ordinò la potente voce di Sam. “So cosa vuoi fare e capisco come ti senti, credimi, ma questa non è la soluzione, ti farai ammazzare.”
“Meglio morire, piuttosto che dover far soffrire nuovamente il mio migliore amico.” Rispose brusco avviandosi verso l’uscita con passo spedito.
“E a Kensi non ci pensi? E a Rory?” All’udire quei nomi Deeks si fermò di botto, serrando la mascella e stringendo i pugni lungo il corpo.
“Loro hanno bisogno di te, Deeks. Tua figlia ha bisogno di un padre. Non farti prendere dalla rabbia, non fare un gesto sconsiderato di cui poi potresti pentirti. È il nostro lavoro e dobbiamo farlo, ma abbiamo anche un dovere nei confronti della nostra famiglia. Non sopporterei mai l’idea di perdere Michelle o nostra figlia. Lasciati aiutare, Callen ha già un piano.”
Deeks sospirò pesantemente lasciando che le parole del suo collega entrassero nella sua testa e facessero effetto. Sam aveva ragione. Dovevano salvare Ray e il bambino, ma non poteva rischiare la sua vita, lo doveva alla sua Kensi e alla sua bambina.
“D’accordo.” Rispose poi con un sussurro.
 
Ripassarono ancora una volta il piano mentre si avvicinavano al luogo in cui gli scagnozzi dei Ramones avevano portato il figlio di Ray.
“Situazione, Eric.” Mormorò Callen.
“Due uomini all’ingresso sul retro, un cecchino sul tetto, tre all’interno. Da quello che vedo, il bambino dovrebbe trovarsi esattamente al centro della stanza.” Rispose sicuro il ragazzo.
Come programmato Kensi, Deeks andarono sul retro, Callen si avviò verso l’ingresso principale, mentre Sam si sarebbe occupato dell’uomo sul tetto, sfruttando la buona posizione di un palazzo lì accanto.
Kensi e Deeks si liberarono facilmente dei due energumeni sul retro.
“Pronta Kens? Al mio tre…uno, due, tre!” Urlò Callen, facendo poi irruzione, insieme ai suoi compagni, nell’edificio.
“State attenti al bambino!” Urlò nuovamente Callen.
“Lo vedo!” Rispose Kensi di rimando “Me ne occupo io.”
Le urla dei tre agenti si mischiavano con quelle degli uomini dei Ramones, con gli spari assordanti e con il pianto disperato del piccolo.
Deeks uccise prontamente uno dei tre, l’altro cercò di scappare e venne inseguito da Callen, mentre il terzo prese il bambino e si nascose in un angolo della stanza, tra barili vuoti e resti arrugginiti di un macchinario scassato.
Kensi lo inseguì, ma presto lo perse di vista e si accucciò anch’ella dietro ad un riparo di fortuna per non farsi colpire.
Sentì all’improvviso il grido spaventato del bambino e subito la botta di una mano che lo colpiva pesante e le lacrime del piccolo.
-Bastardo.- Pensò. –Lascia che ti prenda e te lo insegno io come si trattano i bambini.-
Da quando era diventata mamma, kensi aveva un’altra visione del mondo e della vita in generale. Le sue priorità erano cambiate, ora aveva qualcuno completamente dipendente da lei che meritava ogni singolo istante della sua attenzione.
Non aveva mai particolarmente amato i bambini, ancora era terrorizzata all’idea di avere una figlia tutta sua, molto spesso si chiedeva se quello che stava facendo fosse corretto, ma di una cosa era sicura, quella piccola creaturina dalla pelle candida e morbida le aveva cambiato la vita.
Continuava a sentire le lacrime di quel povero bambino che le stringevano il cuore e minacciavano di far uscire anche le sue.
Presa dalla rabbia si sporse e per un soffio riuscì a schivare una pallottola, si sporse a sinistra, cercando nuovamente riparo, ma inciampò e cadde.
L’uomo la raggiunse, le puntò addosso l’arma e stava per sparare. Kensi chiuse gli occhi e sentì uno sparo che rimbombò nelle sue orecchie e in tutto l’edificio.
Poi aprì piano gli occhi, non capendo bene cosa fosse successo, guardò dinnanzi a lei e vide l’uomo steso per terra, un foro in fronte e una pozza di sangue sotto la sua testa.
“Sono arrivato al momento giusto?” Chiese Sam con leggera ironia, aiutandola ad alzarsi.
“Grazie.” Rispose debolmente, dando una pacca sulla spalla dell’amico.
Raggiunse il bambino di corsa. Lo trovò sanguinante, aveva un brutto taglio sullo zigomo, piangeva, ma nel complesso sembrava stare bene.
“Ciao piccolo, mi chiamo Kensi. Non avere paura, ora ti porto dal tuo papà.” Le disse gentilmente, mentre si avvicinava a lui, lo prendeva in braccio e lo coccolava per calmarlo.
Callen arrivò poco dopo, trascinando l’ultimo scagnozzo che era ancora vivo, in manette.
“Dov’è Deeks?” Chiese subito dopo Kensi, preoccupata, non vedendolo più da nessuna parte.
“Ragazzi, ho appena mandato l’indirizzo del luogo in cui si trova Ray sui vostri telefoni, credo che Deeks ci stia andando da solo.” Sentirono nelle loro orecchie, all’unisono.




Ciao! Okay, so che è da più di un anno che non aggiorno, ma avevo mille altre idee per altre fic anche di altri fandom, ero super impegnata con l'università tra esami, tirocinio e laurea e non avevo più ispirazione. Ma sono tornata!! Spero che questo capitolo vi piaccia e SPERO di aggiornare a breve, ora che le idee sembrano essere tornate =)
Ditemi cosa ne pesate!! =)

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Capitolo 9
*** capitolo nove ***


Deeks, uscito rapidamente dall’edificio in cui si trovavano i suoi compagni e il figlio del suo migliore amico, prese la macchina di Kensi, rilesse brevemente l’indirizzo sul cellulare e partì in quarta in direzione di quel luogo.
Voleva arrivare in tempo, doveva farlo! Molto probabilmente Ray era in pericolo, anzi ne era sicuro perché se lo sentiva dentro, aveva quella strana sensazione che ti prende quando sta per accadere qualcosa di brutto e lui doveva correre, doveva trovarlo e salvarlo, rendergli il favore.
Aveva spento l’auricolare per non essere disturbato da nessuno, ma così non aveva più contatti con Eric e non sapeva bene dove cercare, avrebbe dovuto affidarsi solo al suo istinto, che per altro raramente sbagliava.
Dopo una manciata di minuti arrivò in una zona industriale. Era troppo vasta, piena di edifici abbandonati in cui potersi nascondere indisturbati. Sperò che fossero ancora all’indirizzo fornitogli dal tecnico informatico e che non si fossero mossi, altrimenti non l’avrebbe più trovato.
-Dove sei, Ray?- Pensò –Aiutami. Mandami un segnale, così che posso trovarti.-
Iniziò a correre cercando di non fare rumore, attraversò un vicoletto poco accogliente e che odorava di urina, mentre calpestava siringhe usate e finalmente riuscì a vedere Ray e i due fratelli Ramones.
Erano in un vicolo cieco, Ray appoggiato al muro, spaventato, ammaccato e insanguinato e gli altri due sopra di lui che lo prendevano a calci e pugni.
“Ragazzi, ve l’ho già detto. Non sono più in contatto con Max, non so nemmeno dove sia. Probabilmente si è trasferito. Chi vi dice che sia ancora qui a Los Angles? Avanti, ridatemi mio figlio!”
Deeks riconobbe subito la voce del suo migliore amico. Era debole, ma canzonatoria come sempre e sentì una stretta al cuore nell’udirla. Gli era mancato davvero.
Un sorrisino spuntò agli angoli della sua bocca riflettendo sulle parole appena pronunciate da Ray. Lo stava proteggendo, di nuovo e nonostante tutto.
Era grato a Dio, al mondo, al destino, a qualunque cosa fosse ciò che li avesse fatti incontrare perché non aveva mai avuto un amico come lui.
Si erano sempre voluti bene e protetti come due fratelli, sempre insieme a combinare guai, sempre insieme a pagarne le conseguenze.
Nel buio del suo passato, Ray era stata l’unica luce che gli aveva permesso di andare avanti, non mollare, non arrendersi.
Ray, però, non avrebbe resistito ancora per molto questa volta, doveva elaborare un piano e in fretta anche.
Quello che gli balzò in mente, tuttavia, era tutto fuorché un bel piano, ma doveva guadagnare un po’ di tempo. Era sicuro che da un momento all’altro sarebbero arrivati i suoi compagni; Kensi a quell’ora avrebbe già sicuramente notato la sua assenza.
“Hey signori, mi stavate cercando?” Disse con la migliore voce alla Max Gentry che potesse usare, uscendo dal suo nascondiglio, dopo essersi levato il distintivo e il giubbotto antiproiettile.
“Guarda, guarda, il nostro amico Max.” Esclamò con tono ironico uno dei due, girandosi verso Deeks e richiamando l’attenzione del fratello con una gomitata.
“Sei arrivato, finalmente. Che piacere rivederti.” Lo accompagnò l’altro.
“E così tu volevi farci credere di non essere più in contatto con lui, o sbaglio?” Ruggì il primo in faccia a Ray, assestandogli un pugno ben piazzato nello stomaco.
“Lascialo stare, bastardo!” Intervenne prontamente Deeks in tono rabbioso, spintonando l’energumeno lontano dall’amico.
Per un breve istante Deeks e Ray ebbero tempo di scambiarsi un’occhiata, leggendoci chiaramente la felicità di essere insieme, la paura di non farcela, il rimorso di Deeks per tutti i problemi che aveva causato a Ray, il rimpianto di Ray per essersi sempre cacciato in situazioni scomode e averci trascinato anche Deeks.
Di fronte alla provocazione del poliziotto, però, il secondo fratello reagì prendendolo da dietro e scaraventandolo contro il muro, vicino a Ray.
“Per te si mette male, ragazzino.” Abbaiò il primo fratello, rialzandosi. “Questa me la paghi, insieme agli anni che mi hai fatto perdere in galera. So che sei stato tu a fare la soffiata alla polizia.”
Caricò il pugno, pronto a sferrarlo sul bel viso del biondo poliziotto quando, con uno stridio di freni, l’auto di Sam si fermò bruscamente in mezzo a strada, in orizzontale, in modo che i due malviventi non potessero scappare, ma gli agenti potessero ripararvisi dietro.
“Fermi, Agenti Federali!” Gridò Callen puntando l’arma contro i due fratelli.
Quello che stava per sferrare un pugno a Deeks cercò di completare la sua opera, ma il detective, approfittando del tempo concessogli dai colleghi, gli diede un calcio in uno stinco e poi si avventò con tutto il suo corpo su di lui, buttandolo a terra. L’altro tentò di scappare, ma venne raggiunto dalla mira infallibile di Kensi e stramazzò al suolo.
Deeks e il fratello superstite stavano ancora lottando per terra, Callen s’intromise tra loro, dando il tempo a Deeks di sgusciare fuori da sotto il corpo dell’uomo, alzarsi in piedi, prendere la pistola e sparargli.
Finita.
Era finalmente finita.
Almeno quella battaglia.
Kensi, nel frattempo, aveva raggiunto Ray e stava controllando le sue condizioni fisiche.
“È davvero bello rivederti, Wikipedia.” Disse Ray, esausto ma sorridente.
“Anche per me, Ray.” Rispose, sorridendogli a sua volta.
“Dov’è mio figlio?” Chiese, poi, l’uomo, preoccupato.
“In auto, al sicuro. Ora chiamiamo un’ambulanza e vi portiamo entrambi in ospedale.” S’intromise Callen mentre un’infuriata Kensi si avventava su Deeks.
“Tu!! Stupido idiota! Avresti potuto morire! Come ti è saltato in mente di venire qui da solo e senza avvertirci?” Gridò guardandolo con il suo sguardo assassino e assestandogli un pugno sulla spalla.
“AH! Kensi, scusami, davvero, mi sono fatto trasportare dalle emozioni e dovevo fare qualcosa.”
“Avevamo detto che avremmo risolto insieme la questione!”
“Infatti siete arrivati…giusto in tempo, devo dire.” Tentò di smorzare la tensione, beccandosi, tuttavia, un’altra occhiataccia dalla sua fidanzata.
“No, hey, hey, hai ragione, scusami, vieni qui.” Rimediò Deeks, abbracciandola.
Lei si lasciò cullare da quelle braccia ormai conosciute, appoggiò la testa sul suo petto e annusò il suo profumo famigliare.
Aveva avuto davvero paura quando non l’aveva più visto e non aveva ricevuto alcuna risposta all’auricolare. Ora lui non era più solo il suo partner, era il suo compagno, il padre di sua figlia, non voleva perderlo e lui doveva capirlo.
“Avevo ragione su di voi, allora!” Intervenne giocosamente Ray. “C’era qualcosa.”
“Beh, in effetti…” Iniziò Deeks avviandosi verso l’auto di Kensi che, celere, gli rubò le chiavi di mano.
“Non t’azzardare, guido io.” Disse, poi, secca.
“Ma vedo che comanda ancora lei.” Concluse Ray ridendo e facendo ridere anche gli altri.
 
Deeks accompagnò Ray e Sean, il figlio, all’ospedale, si accertò che stesserò entrambi bene e poi li portò a casa sua, per un ultimo saluto prima di separarsi di nuovo.
Quando Deeks aprì la porta di casa, Ray si aspettò di essere salutato da Monty, come di solito accadeva ai vecchi tempi quando s’incontrava con il suo amico. Il cane, in effetti, andò da lui, lo annusò, lo riconobbe e iniziò a saltargli attorno nella speranza di ricevere una grattatina dietro l’orecchio che non mancò.
Ray, però, fu anche accolto da un altro suono, ben diverso dall’abbaiare del cane, il pianto di un neonato.
Guardò stupito Deeks che sorrideva con una gioia in volto che non gli aveva mai visto prima, gli occhi che brillavano di orgoglio e soddisfazione.
“Accidenti, amico! Congratulazioni! Lo sapevo che quella brunetta faceva al caso tuo, l’ho sempre detto.” Disse Ray sorridendo e dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
I due uomini e il piccolo Sean entrarono in casa e videro Kensi, appena rincasata dopo essere passata a prendere Rory da sua madre, che cullava la piccola con fare amorevole, cercando di calmare il pianto.
“Prova a girarla a pancia in giù.” Disse Ray con fare esperto, avvicinandosi alla donna e alla bambina. “A Sean piaceva e lo aiutava a calmarsi. Ma di sicuro saprai come trattarla, Wikipedia sa sempre tutto.” Continuò prendendola in giro giocosamente.
“Cavoli, è una meraviglia!” Affermò, guardandola. “Ottimo lavoro, amico, ma speriamo prenda tutto dalla mamma.” Aggiunse facendo ridere sia Kensi sia Deeks, che si finse offeso.
“Vi volete fermare per cena?” Chiese Kensi, ospitale.
“No, grazie, meglio se torniamo a casa. A questo ometto manca la mamma e al suo papà pure.” Rispose prendendo in braccio il bambino.
“Guarda, Sean, tra qualche anno voi due potrete uscire insieme.” Disse al piccolo, indicando Rory.
“Scordatelo, amico! Prima che qualcuno possa anche solo avvicinarsi alla mia bambina deve affrontare un bel terzo grado.” Ribatté all’istante Deeks, geloso, facendoli ridere.
 
 Kensi salutò Ray con un abbraccio che l’uomo ricambiò calorosamente mentre le sussurrava all’orecchio: “Te l’avevo detto che gli piacevano le brune. Sei una ragazza fortunata. Tienimelo sempre d’occhio, mi raccomando.”; poi andò a posare Rory nella culla, accompagnata da Sean e, successivamente, si diresse in cucina per preparare la cena mentre i due amici rimasero in soggiorno a parlare.
“Grazie per oggi, Marty. Scusa se ti ho messo di nuovo in pericolo, ma avevano mio figlio.”
“Non dirlo nemmeno per scherzo. Io ti ho messo in situazioni scomode tante di quelle volte che ormai ho perso il conto. Dici che la supererà?”
“Sean dici? Di sicuro, è tosto.”
“Come suo padre. Come sta Sandra?”
“Benissimo, ma starà ancora meglio quando arriveremo a casa entrambi sani e salvi. C’è ancora una cosa che non ti ho detto…ora lei è mia moglie. Ci siamo sposati poco dopo la nascita di Sean.”
“Congratulazioni Ray! Te lo meriti proprio. Ti meriti la famiglia che non abbiamo mai avuto.”
“Già. Nonostante tutto ce la siamo cavata, Marty, e guarda dove siamo ora. Tu uno sbirro che sta insieme a una splendida ragazza e ha una bimba incantevole, io sposato, con un figlio e finalmente un lavoro fisso e onesto.”
“Ce lo siamo meritati entrambi.”
“Siamo stati proprio fortunati. Kensi è splendida, non farle nulla o dovrai vedertela con me.” Lo prese in giro.
“Tranquillo, non ci penso nemmeno. Non ho mai amato nessuno come lei.”
“Si vede, lo capisco dai tuoi occhi. T’illumini quando parli di lei o sei in sua compagnia e, credimi, è stato così fin dall’inizio e lo stesso vale per lei. Siete fatti l’uno per l’altra.”
Deeks sorrise guardando la sua bella fidanzata in cucina che si dava da fare tra i fornelli.
“Non conosco bene Sandra, ma sono sicuro che lo stesso vale per voi.”
Questa volta fu Ray a sorridere.
“Bene, amico mio, ora dobbiamo proprio andare.” Disse pochi minuti dopo. “Sean, tesoro, vieni che andiamo.”
Il bambino arrivò dal padre correndo nel modo sghembo e dolce dei bambini e subito si gettò tra le sue braccia che lo lanciarono in aria, facendolo volteggiare.
“Ciao campione.” Lo salutò Deeks scompigliandogli i capelli, poi si avvicinò all’amico e lo abbracciò stretto.
“Fatti sentire qualche volta, Ray.”
“Puoi contarci.”
“Fratelli?”
“Sempre.”




Rieccomi! Questa volta molto prima del previsto, ma ho l'ispirazione e la devo sfruttare. Con questo capitolo si conclude l'arco dedicato a Ray (un personaggio che mi è piaciuto particolarmente) e dal prossimo ci saranno nuovi avvenimenti, magari ci sarà uno scorcio di vita famigliare deliziosamente Densi...non so...vedremo! Intanto, se vi va, ditemi cosa ne pensate di questo! Baci!

 

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Capitolo 10
*** capitolo dieci ***


Era appena scattata la mezzanotte. Udiva i rintocchi provenire dal buffo orologio a cucù della cucina, attutiti dai muri e dalle porte chiuse. Si girò sul fianco e la guardò.
Si era addormentata da poco, ma era talmente stanca dopo quella dura giornata di intenso lavoro che li aveva visti impegnati in un caso tutt’altro che semplice, che era già immersa in un sonno profondo; poteva dedurlo dalla bocca leggermente aperta e dal respiro lento e regolare, quasi un dolce russare. Aveva i capelli neri corvini sparsi sul cuscino dietro di lei, tranne una ciocca, che ricadeva morbida sulla fronte, dividendola in due parti, rendendole il viso leggermente asimmetrico, e finiva sul naso, terminando in una soffice onda.
L’orologio aveva smesso di emettere i suoi dodici rintocchi; era ufficialmente il 29 luglio, il compleanno di quella bellissima donna che giaceva rannicchiata accanto a lui.
Sorrise al pensiero di quello che sarebbe accaduto di lì a poche ore e già si pregustava la sorpresa che avrebbe scorto nei suoi occhi e nei suoi lineamenti. Si avvicinò ancora di più a lei, la abbracciò, lei schiacciò il viso nel suo petto e lui appoggiò il capo su quello di lei, chiuse le palpebre e si addormentò a sua volta, l’ombra del sorriso ancora impressa sulle sue labbra, sperando che tutto andasse come sarebbe dovuto andare.
 
Kensi venne svegliata dai caldi raggi del sole che penetravano dalla finestra, smorzati dalle tende che contribuivano a rendere soffusa la luce nella stanza, un’atmosfera sospesa, misteriosa, quasi magica.
Allungò una mano verso l’altra metà del letto, quella occupata dal suo compagno e la trovò fredda e vuota. Stupita aprì gli occhi, si voltò e notò qualcosa di particolare: il suo costume da bagno era stato disposto ordinatamente sulle lenzuola, accanto a un paio di pantaloncini, una maglietta e un biglietto che riportava scritto “indossami”.
Un sorriso ironico e curioso le illuminò il viso e decise di stare al gioco.
Si vestì in fretta, aprì la porta e, guardando per terra, trovò dei post-it su cui era stato scritto “seguimi” disposti uno accanto all’altro, in modo da formare un percorso, un “sentiero” sul pavimento, che ovviamente avrebbe dovuto seguire.
Mentre si avvicinava alla cucina sentiva sempre più intenso il profumo del caffè e il sorriso, ancora stampato sulle sue labbra, si allargò.
Passando accanto alla porta della cameretta di Aurora, si affacciò per salutare la sua piccolina che a quell’ora sarebbe stata senza dubbio sveglia e smaniosa di essere tirata fuori dal lettino per iniziare la sua giornata.
Con sua sorpresa, però, non trovò nessuno all’interno.
Proseguì, allora, verso la cucina, aspettandosi di trovare lì sia Deeks, sia sua figlia ma, quando aprì la porta, trovò il locale deserto.
La luce del sole che penetrava dalle ampie vetrate che davano sulla veranda l’accecò per un momento ma, quando si abituò al sole, notò la tavola riccamente apparecchiata con tutti quei cibi e bevande che più amava; otto ciambelle, ognuna di un gusto diverso, erano disposte a formare un cuore, all’interno del quale erano stati disposti un numero considerevolmente elevato di barrette di cioccolato e merendine formato mignon.
Un pancake, cotto a puntino, era stato disposto in un piatto vicino al cuore e con lo sciroppo d’acero erano stati scritti due numeri su di esso: 33.
Una ciotola con frutta assortita e una tazza gigante e colma di caffè fumante completavano quel quadretto idilliaco.
Si sedette leggermente sopraffatta da tutto quello che vedeva; se fosse stata un’emoticon, in quel momento sarebbe stata certamente quella con gli occhi a cuoricino. Osservava tutto meravigliata, mentre una forte emozione si impossessava di lei perché nessuno le aveva mai fatto una cosa simile, mai nella sua vita aveva avuto un simile trattamento. Si sentiva una principessa, pensava di essere la persona più amata e, nella sua mente, di sicuro in quell’istante lo era. Si era svegliata da 10 minuti, era il suo compleanno e tutto era perfetto.
Notò un bigliettino appicciato alla tazza che a prima vista, distratta da tutto quel ben di Dio, aveva mancato di vedere. “Bevimi, mangiami e segui gli altri” recitava quel piccolo pezzetto di carta.
-Segui gli altri?- Si domandò, sporgendosi leggermente dalla sedia per individuare altri post-it che ancora non aveva scorto. E li individuò; partivano dall’estremità opposta del tavolo si dirigevano verso la portafinestra.
Era sempre più curiosa di sapere cosa avesse escogitato quel matto di Deeks per stupirla, sorprenderla, renderla felice, come se già non lo fosse a sufficienza per il solo fatto che lui fosse ogni giorno al suo fianco, per come la faceva sentire quando la guardava, le sorrideva, la toccava, per quello che avevano costruito insieme e quello che continuavano a costruire giorno dopo giorno, imparando a essere sempre più amici, amanti e genitori.
Nonostante la voglia di correre fuori, buttarsi tra le braccia di Deeks, ringraziarlo per quello splendido risveglio, baciarlo e stringerlo finché non avessero avuto più ossigeno in corpo, si prese del tempo per consumare la sua abbondante colazione. Si lasciò coccolare dalla morbidezza dell’impasto delle ciambelle, dalla dolcezza dei pancake ancora caldi, dall’aroma pungente del caffè, mitigato dalla leggerezza della frutta, che le riscaldava la gola e lo stomaco mentre lo beveva, donandole le energie che, ne era certa, le sarebbero servite durante quella giornata.
Ripose le merendine e il cioccolato in una scatola di latta in cui riponeva i suoi peccati di gola e la sistemò nella credenza, poi si mise a seguire i bigliettini fino alla portafinestra e uscì in veranda in quella calda domenica mattina di fine luglio.
Anche questa volta rimase sorpresa di non vedere né Deeks, né sua figlia ad attenderla in giardino. Ora che guardava meglio, nemmeno Monty era lì.
Ma dov’erano finiti?
Il percorso di bigliettini continuava anche all’esterno e finiva davanti alla sua macchina. Sul vetro della porta del conducente era appicciato un altro biglietto: “guidami”.
Rosa dalla curiosità, aprì la portiera, accese il motore notò che il navigatore era già stato impostato su un percorso che, ipotizzò, avrebbe dovuto seguire.
Accese la radio e si mise in marcia. Dalle casse uscivano le note delle sue canzoni preferite; un’altra piccola trovata di Deeks per rendere il suo viaggio piacevole.
Essendo domenica mattina le intricate strade di Los Angeles non erano ancora così trafficate come lo sarebbero state in un giorno settimanale e Kensi si godette il tragitto, con il sole che la riscaldava penetrando dal finestrino abbassato e l’aria fresca che le scompigliava i capelli, mentre ogni tanto cantava a squarciagola un brano di qualche canzone. Mentre guidava sentì un bip dal cellulare che indicava l’arrivo di un messaggio. Rallentando per non rischiare di finire fuori strada, prese il cellulare e lesse il breve messaggio di Callen che le augurava buon compleanno. Pochi istanti dopo ricevette, in successione, i messaggi di auguri da parte di Eric, Sam, Hetty e Nell e fu proprio quello dell’amica ad incuriosirla di più.
 
Tanti auguri Kens, goditi questa giornata e…fammi sapere ;)
 
-Fammi sapere?- Si domandò, incuriosita. -Cosa le dovrei far sapere?- Quella giornata si stava rivelando sempre più meravigliosa, misteriosa ed eccitante.
Le rispose brevemente chiedendole cosa sarebbe successo, sapendo che comunque non avrebbe ricevuto alcuna spiegazione dalla piccola tecnica informatica.
Seguendo il navigatore si ritrovò su strade che non aveva mai percorso, distanti dai suoi soliti tragitti che normalmente frequentava e che conosceva per lavoro.
Si era lasciata da una mezz’ora la città alle spalle quando il navigatore la fece svoltare a destra decretando che era arrivata a destinazione. Kensi spense il motore, azionò il freno a mano, alzò lo sguardo e quello che vide le mozzò il fiato in gola per la meraviglia. Si trovava in cima ad una collinetta e sotto di sé vedeva una pineta che scendeva morbidamente verso l’oceano la cui acqua, inondata dal sole, brillava e luccicava come un diamante, formando giochi di luce che le si riflettevano negli occhi estasiati.
Scese dalla macchina e vide un piccolo sentiero che portava verso una spiaggetta che dalla macchina non era riuscita a scorgere. Si incamminò sul sentiero, passando attraverso la pineta, respirando il profumo intenso della resina e ascoltando il frinire di mille cicale che riposavano tra le fronde degli alberi.
Via via che camminava la terra si trasformava in sabbia e dopo pochi minuti arrivò al limitare di una piccola spiaggetta, occupata da un ombrellone, alcuni asciugamani distesi sotto di esso, un uomo, un cane e una bambina.
Sorrise alla vista della sua famiglia e si prese qualche minuto per osservare la scena. Monty correva sul bagnasciuga, rincorrendo il frisbee che Deeks gli lanciava, eccitato dall’acqua che lo bagnava e dalle onde che sembravano inseguirlo. Quando riusciva a prendere il giocattolo, lo riportava soddisfatto e scodinzolante al suo padrone che prontamente glielo rilanciava, animando la brama del cane di correre ed afferrarlo e suscitando le risa della piccola Rory, seduta accanto a lui.
Il sole rendeva l’oceano uno specchio, colorava di un riflesso dorato e argentato l’acqua e la schiuma del mare, donava ai capelli biondi di Deeks sfumature ancora più chiare e faceva risplendere quelli neri di Aurora.
Kensi estrasse il cellulare e scattò una fotografia; certi momenti valgono la pena di essere immortalati per sempre.
Si avvicinò silenziosamente, ma Monty la notò e iniziò a correre verso di lei saltando, abbaiando, scodinzolando e schizzando sabbia ovunque. Quando la raggiunse le saltò addosso, desideroso di ricevere un bel grattino dietro le orecchie, cosa che Kensi non mancò di fare.
Deeks la raggiunse con in braccio Rory che emetteva gridolini eccitati alla vista della madre. “Si, piccola, è proprio la mamma quella.” Disse Deeks in risposta ai versetti della bimba che tendeva le braccia verso Kensi. “Ciao amore mio!” Esclamò lei prendendola amorevolmente dalle braccia dell’uomo e baciandole dolcemente la pelle rosata della pancia nuda, che sapeva di salsedine e crema solare, un profumo che aveva imparato ad associare a Deeks nel corso dei lunghi anni di conoscenza e lavoro fianco a fianco. Si rivolse poi proprio a lui con un sorriso che venne ricambiato. Si guardarono fissi negli occhi per secondi che sembrarono ore, senza bisogno di parlare per dirsi quello che pensavano, perché già sapevano. Fu lui il primo a rompere quella sorte di incantesimo, avvicinandosi a lei e baciandola dolcemente sulla bocca.
“Auguri baby”, le disse lasciandole un piacevole aroma salato sulle labbra.
“Grazie.” Rispose lei. “Per tutto. Era tutto fantastico.” Continuò.
“E ancora non hai visto il meglio.” Esclamò il ragazzo.
“Wow, le sorprese non sono ancora finite? Potrei abituarmi a questo trattamento speciale.” Scherzò lei.
Deeks le indicò l’ombrellone e i teli e Kensi notò anche una borsa frigo. “Oggi ci prendiamo una giornata tutta per noi e ci rilassiamo. Picnic in spiaggia.” Decretò il ragazzo, soddisfatto.
“Fantastico! Il viaggio in auto mi ha messo fame. Vieni Rory, andiamo a sederci.”
“Hai ancora fame dopo quella colazione? Sei proprio irrecuperabile, Kens.” La prese in giro Deeks, guadagnandosi un pugno giocoso sulla spalla.
Kensi fece sedere Rory sul telo più in ombra per ripararla dal sole che cominciava ad essere più caldo e notò intenerita che era completamente sporca di sabbia.
“Vedo che qualcuno qui si è divertito a rotolarsi nella sabbia.” Commentò divertita.
“Si…hem, ecco…come dire…ha visto Monty rotolarsi nella sabbia e ha pensato di fare lo stesso. Ho cercato di impedirle di farlo, ma è stata troppo rapida. Sta diventando proprio come sua madre.”
Kensi lo guardò facendo finta di essere arrabbiata. “Cosa vorresti dire con questo?”
“Nulla baby, solo che Rory è come te, quando si mette in testa qualcosa la fa. Esattamente come te.”
“Questo perché siamo donne risolute, vero tesoro? Nessuno ci può fermare.” Disse facendo il solletico alla bambina, tentando di pulirle il pancino dalla sabbia. Rory rise mostrando un unico dentino che stava crescendo e Kensi notò ancora una volta quanto la sua risata e il suo sorriso fossero identici a quelli del padre mentre i lineamenti del visto, il taglio degli occhi e il colore dei capelli richiamassero così fortemente i suoi. Il colore degli occhi, invece, era un particolarissimo grigio, come se l’azzurro di quelli di Deeks e il marrone/nero di quelli di Kensi si fossero perfettamente fusi in qualcosa di unico, che l’avrebbe resa il miscuglio perfetto dei genitori.
Decisero di fare un bagno prima di mangiare, per rinfrescarsi e risero insieme nel vedere la gioia dipinta sul volto della piccola quando la immersero nell’acqua, quasi fosse nel suo elemento naturale e Kensi notò che quel particolare comportamento l’aveva ereditato dal padre che, a sua volta, nuotava e si muoveva agile tra le onde facendo buffi versi a pelo d’acqua per far divertire la bambina. Presto, penso sicura Kensi, le avrebbe insegnato a surfare, così come aveva insegnato a farlo a lei pochi anni prima.
Ritornarono ai loro asciugamani e si sdraiarono al sole ad asciugarsi e riscaldarsi, completamente felici e rilassati, felici di avere quel piccolo paradiso terrestre solo per loro.
Diedero da mangiare alla bambina, poi fecero una breve passeggiata sul bagnasciuga per farla addormentare e, quando la piccola chiuse gli occhi cullata dal rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia e sicura tra le braccia di Deeks, la posero dolcemente sull’asciugamano, coprendola con un leggero pareo di Kensi che Deeks si era assicurato di mettere nello zaino la mattina.
Mangiarono i sandwich preparati da Deeks, poi si sdraiarono uno accanto all’altra e parlarono e si coccolarono fino a quando si addormentarono, cullati dallo sciabordare del mare e dal tepore del sole.
 
Kensi fu svegliata dai gridolini eccitati di Aurora dopo quelle che le sembrarono ore e si tirò a sedere sul telo, osservando Deeks che faceva volare un aquilone sopra la testa di una particolarmente eccitata Rory. La bambina protendeva le mani verso l’alto, in un vano tentativo di raggiungere quel colorato e bizzarro oggetto che fluttuava come per magia sopra di lei.
Kensi si alzò, li raggiunse e abbracciò Deeks dal dietro, facendogli perdere la concentrazione.
“Scusa, non ti volevo spaventare.”
“Non preoccuparti. Anzi, sei arrivata nel momento opportuno. Io e Rory volevamo darti una cosa.”
Tornarono insieme verso l’ombrellone e Deeks prese qualcosa dallo zaino, porgendolo a Kensi. Erano due sacchettini molto graziosi.
“Buon compleanno!” Esclamò Deeks battendo le mani, subito imitato dalla bambina.
“Le hai insegnato a battere le mani?” Chiese stupita Kensi.
“Ci è voluta buona parte della mattina, ma ce l’abbiamo fatta, vero cucciola?”.
Kensi, rosa dalla curiosità, aprì il primo sacchettino e ne estrasse una collanina di corda, chiaramente fatta a mano, con una conchiglia di madreperla come ciondolo.
“Questa” Cominciò a spiegare Deeks, vedendo lo sguardo sorpreso della ragazza, “è una conchiglia che Rory ha trovato proprio qui appena siamo arrivati. Era già bucata e ho pensato di inserirla in un cordino. Consideralo come il primo regalo da parte di tua figlia.”
Kensi lo guardò intenerita. Ma come faceva ad essere sempre così perfetto? Cosa aveva mai fatto per meritarsi un uomo che la trattava come una principessa? Dopo suo padre, nessuno l’aveva mai fatta sentire così speciale come lui sapeva fare.
“Grazie amore mio.” Disse Kensi schioccando un bacio salato sulle guance rosee della bambina.
Aprì, poi il secondo sacchettino e ne estrasse un medaglione, infilato in una catenina d’oro. Lo aprì e vide una foto con loro tre, scattata qualche settimana prima. Sapeva di essere di parte, ma doveva ammettere che erano proprio una bella famiglia.
Guardò Deeks per un minuto, aveva il viso teso in una smorfia di dubbio. Sembrava un bambino in attesa dell’approvazione della maestra dopo aver presentato il suo lavoro. Sorrise intenerita. Quella sua faccia da cucciolo non la smetteva di farla innamorare di lui ogni giorno di più.
“Lo so che non è molto, magari ti aspettavi un altro regalo, qualcosa di più utile, so che ami i coltelli, ma ho pensato che, sai, in questo modo ci avresti avuti sempre con te, qualsiasi cosa accada e…”
“Deeks!” Lo interruppe.
Lui alzò lo sguardo su di lei che lo ricambiò con un bacio appassionato.
“Non dovevi.” Riprese lei quando si staccarono. “Non c’era bisogno che mi facessi alcun regalo. La sola cosa che voglio la posseggo già. Siete voi, tu e Rory, la mia famiglia, la cosa più bella che mi potesse capitare. Mi sento come ho sempre desiderato sentirmi. Felice.”
Deeks sorrise a quelle belle parole e l’attirò ancora una volta a sé. “Veni qui” Le sussurrò sulle labbra, prima di baciarla nuovamente con ancora più passione.
Trascorsero il resto del pomeriggio a giocare con Monty e con Rory, a ridere, a scherzare, a battibeccare e prendersi in giro, fino a quando il sole non cominciò la sua lenta discesa dietro la linea dell’orizzonte, cominciando a colorare il cielo di un colore via via più rosso che si rifletteva nell’acqua liscia dell’oceano, rendendo indimenticabile quello spettacolo e quella giornata perfetta.
Rimasero seduti per alcuni minuti ad osservare il lento, ma inesorabile arrivo della sera, Kensi placidamente appoggiata al petto di Deeks che le cingeva la vita da dietro e Rory seduta tranquilla e al sicuro tra le gambe del padre e quelle della madre e intenta a giocare con la sabbia.
Poco dopo Deeks si alzò e si avvicinò nuovamente alla borsa frigo, da cui estrasse due piccoli cupcake, per concludere in bellezza il compleanno di Kensi.
“Alla festeggiata.” Disse, porgendogliene uno.
Kensi lo ringraziò e lo prese, addentandolo subito.
“Mhhh…caffè!” Disse con la bocca piena, estasiata dal sapore gustoso del dolce che mischiava la delicatezza della glassa alla panna al più marcato aroma di caffè.
Diede un secondo morso quando, inaspettatamente, i suoi denti batterono su qualcosa metallico.
Ritrasse la bocca stupita e vide qualcosa che luccicava alla forte luce rossa del sole che ormai sembrava una palla di fuoco pronta per essere inghiottita dalle acque.
Il suo cuore, ancora prima del cervello, cominciava a realizzare cosa potesse essere quel cerchietto metallico che adesso stava estraendo delicatamente dal dolce con mani tremanti.
“Deeks.” Chiese debolmente con la voce roca, il cuore che batteva all’impazzata. “Cosa significa?”
Guardò sbigottita il ragazzo che sosteneva il suo sguardo e lo ricambiava con un cipiglio di serietà che raramente si poteva vedere in quegli occhi azzurri così sinceri e aperti.
“Mi vuoi sposare?”
 
 
 
 
 
 
Sono tornata! Ne è passato parecchio di tempo dall’ultima volta che ho aggiornato e mi scuso, spero di non avervi fatto troppo arrabbiare, ma la permanenza in Australia mi aveva distratta dal mondo delle fanfiction. Devo essere sincera, sono rimasta parecchio indietro con NCISLA (devo ancora vedere la sesta stagione e in America sono già alla settima!), ma non mi sono mai dimenticata di questa storia e, dopo aver visto un video su quel bellissimo bacio tra Kensi e Deeks a colazione, mi sono lasciata prendere dall’ispirazione e ho deciso di aggiornare. Cosa ne pensate?

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