Just take a breath.

di ThisisAlice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno. ***
Capitolo 2: *** Due. ***
Capitolo 3: *** Tre. ***
Capitolo 4: *** Quattro. ***
Capitolo 5: *** Cinque. ***
Capitolo 6: *** Sei. ***
Capitolo 7: *** Sette. ***
Capitolo 8: *** Otto. ***
Capitolo 9: *** Nove. [First part] ***



Capitolo 1
*** Uno. ***


Premetto con il dire che ho deciso di scrivere una storia perchè ne avevo semplicemente voglia di stare al computer e comporre qualcosa di mio, e beh, perchè non aggiungere anche quel belloccio di Michael? Prima di andarmene definitivamente e lasciarvi leggere la mia 'storia', tengo a dirvi che non credo di scrivere commenti alla fine del capitolo o cose del genere, credo che siano inutili. Perciò, se volete recensire, recensite. Se volete insultarmi, insultate. Se volete fare finta che io non esista, siete liberi di farlo. Consigli, pareri e altro sono sempre bene accetti.
Detto questo, Hope you like it! -Alice






Uno.




'Stessa monotona giornata della stessa monotona vita.' È questo quello che ho pensato questa mattina, appena svegliata.
Puntualmente mi sveglio alle 7:58, appena due minuti prima che la sveglia suoni. Mi rendo conto di quanto il continuare a tenerla sia stupido, ma poi ripenso all'unica volta che ho provato a levare quella maledetta, risultato: ho  dormito fino alle 10:20. Da quel giorno mi limito a imprecare contro mia mente malata, che sembra prendersi gioco di me.
Mi alzo molto lentamente e molto lentamente decido che anche oggi non diventeró l'Einstein, la Beyonce, o l'Obama di turno e saró semplicemente me stessa, con tanto di difetti e ciabatte dei Minions. Ebbene si, ventiquattro anni e adoro quegli esserini gialli e cicciottelli.
Mi osservo allo specchio, che si trova di fronte al mio letto e mi rendo conto delle mie condizioni: capelli talmente arruffati da sembrare Maleficent, trucco sbavato e sguardo accigliato e sconfortato.
Mi schiaffeggio mentalmente per non essermi struccata ieri sera, ma ovviamente non ero in condizione. Devo ringraziare non so quale dio per avermi dato, ieri sera, la capacità di ricordare dove abitassi. Perchè decido sempre di uscire la domenica sera? E perchè finisco sempre per ubriacarmi, nonostante sappia che il giorno dopo ho lezione? Mah.
Resto ad osservare il mio riflesso per una buona manciata di minuti, fino a quando mi convinco di darmi una smossa. Mi reco così al bagno e mi fiondo sotto la doccia, sperando di lavare via il trucco, la stanchezza e l'alcol rimanenente nel mio corpo. 
Appena finito, mi asciugo per poi andare a mangiare qualcosa e prendere un'aspirina, prima che questo mal di testa mi uccida. Benedetta, la mia coinquilina nonchè migliore amica, sta ancora dormendo e così stanno facendo Alex e Christian. 
'Meglio così' mi dico, almeno ho più tempo per stare in pace. Ma non faccio in tempo neanche ad attraversare il corridoio per andare in cucina che mi si para davanti un moretto assonnato: Chris.
«Che cazzo è successo ieri sera?» Mi dice impastando talmente tanto, che quasi non capisco una parola.
«È una bella domanda, peccato che io non sappia la risposta perchè per colpa vostra io mi ritrovo sempre ubriaca a fine serata!» Rispondo velocemente, ridendo
per la sua faccia sconvolta, per poi proseguire «Sto andando in cucina armata di aspirine, se ti vuoi aggregare.»
Non se lo fa dire due volte, che eccolo seguirmi come un cagnolino. apro il frigorifero, afferro il cartone del latte e cerco la cheescake che abbiamo preso alla pasticceria in centro ieri, e me taglio due fette: una per me e una per il tizio vicino a me. Neanche il tempo di girarmi, che lo vedo buttarsi letteralmente sul tavolo, tendendosi la testa tra le mani. Bene, almeno so che c'è qualcuno messo peggio di me. Molto confortante.
Porgo a Chris la torta, un bicchiere di latte e l'aspirina, che divora immediatamente, per poi fare la stessa cosa anche io. «Hai lezione anche tu stamattina?» gli chiedo tra una sorsata e un'altra.
«Sì, filosofia del diritto o qualcosa del genere.» annuisco «Per fortuna che io ci metto meno di te a prepararmi, non glie l'avrei fatta a svegliarmi alle 8! Le lezioni di mattina dovrebbero essere illegali.» continua, mentre io non posso fare altro che accennare una risata.
«Bere come ieri sera, dovrebbe essere illegale!» aggiungo, per poi guardare l'ora, 8:35. «io devo solo truccarmi e lavarmi i denti, dieci minuti e ho fatto. Se vuoi ti aspetto».  Annuisce e se ne va, mettendo i piatti sporchi sul lavandino. Imito le sue mosse, pensando che tanto pulirà Benedetta, precisa e ordinata com'è. «Sono pronto, andiamo splendore.» Chris deve essersi ripreso, visto che ha riacquistato anche il buonumore. Beato lui. Stavo così comoda su questo divano, perchè devo alzarmi? Maledetta facoltà.
Prendo la borsa, il cappotto e esco di casa seguita dal moro. Prendiamo l'ascensore ovviamente e percorriamo la strada fino a verso il parcheggio, senza fiatare. «Guido io, non ti vedo tanto favorito stamattina» prendo in giro il mio amico, sedendomi al volante, senza neanche aspettare la sua approvazione. «No infatti. Sto uno schifo, peró almeno mi sono ripreso e sembro quasi una persona sana.» ride, appoggiando la testa sul vetro del finestrino.
Il tragitto fino all'università è silenzioso, nessuno dei due ha voglia di parlare, sentiamo solo la musica proveniente dalla radio. Parcheggio, finalmente, dopo aver imprecato più volte a causa del mancato posto dove mettere questa dannata macchina.
Ci incamminiamo verso l'entrata dell'università, dove vedo le mie "colleghe" e alcuni ragazzi della facoltà di Chris. «Ci vediamo a pranzo, splendore» mi dice lui, per poi piazzarmi un bacio nella guancia.
Mi reco dalle altre che, come sempre, fissano me e Chris con un sorriso. Ecco, ci risiamo. «Io peró vi vedrei bene insieme, Bekah” dice Elena, seguita da Giada. E mi ritrovo per la cinquantesima volta a spiegare che io e Chris siamo come fratelli, che gli voglio solo bene e che nè ora nè mai io e lui potremmo essere più che amici. Sbuffo, perchè so già che da un orecchio gli entra e dall'altro gli esce.
«Andiamo, mi avete stressata» gli dico, non riuscendo a trattenere un sorriso. Non c'è bisogno di tante parole con loro e sanno capire quando scherzo e quando no, per questo sono mie amiche.
Io e Giada prendiamo posto vicine, mentre  Elena si va a sedere vicino al suo nuovo ragazzo, Davide, un tizio che, poverino, verrà scaricato tra probabilmente meno di una settimana. Lei fa sempre così.
Mentre chiacchiero con la mia amica del più e del meno, raccontandogli, su insistenza di lei, anche di ieri sera o di quel poco che mi ricordo, veniamo interrotte dal professore. «Silenzio ragazzi» batte le mani «oggi vi dovevo comunicare chi erano i ragazzi selezionati per lo stage» dice. Merda, mi ero scordata. Ti prego fa che non sia io, ti prego fa che non sia io.
«Giulia Melaglia» dice il professore guardando una tipa con gli occhiali che si alza e sorride felice, bah. Non ci trovo niente di particolarmente emozionante. 
«Leonardo Cherusin» continua, guardando un ragazzo biondo, che sorride anche lui. Doppio bah. Oggi sorridono tutti, si vede che non hanno bevuto come me ieri sera.. Al solo pensiero mi viene da vomitare, che schifo.
«E Rebekah Baudino» no, merda, merda, merda. Io non volevo neanche farlo quel concorso! Ho dovuto accettare solo per far contento questo infame di professore, maledetto. Faccio un sorriso tirato e vengo richiamata dall'uomo paffutello con gli occhiali, che vuole spiegarci in cosa consiste questo stage.
«Allora Leonardo, partiamo da te. Devi andare a fare un'intervista agli VMA, che ci saranno la settimana prossima» ma che culo, peró. «Tu, Giulia ti occuperai della nuova edizione di San Remo» continua «e tu, invece, mia cara, avrai l'onore di osservare niente popo di meno che l'ambiente di XFactor!».
No, ditemi che è uno scherzo. 

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Capitolo 2
*** Due. ***


Due.





Ma perchè ho scelto di fare la facoltà di comunicazioni? Ma perchè non mi sono fatta gli affari miei quando mi sono iscritta a questo stage? Mi maledirei da sola per la mia stupidità e per la mia incapacità a dire di no.
Dopo 5 anni di università e due di specializzazione, ancora faccio gli stage. Mi sembra di essere tornata al liceo, cose da pazzi. Fortunatamente ho più un anno e poi potró finalmente dichiararmi una giornalista, se tutto procede come deve. E per farlo, ho bisogno anche di questo concorso, che io lo voglia o meno.
Sbuffo, per la terza volta nel giro di due minuti, ripensando alle parole dette dal professor Sborzacchi. "Devi presentarti già da domani agli studi di XFactor, così ti ambienterai. Poi dovrai intervistare i concorrenti, i giudici e chi ti sembra più opportuno, per poi scrivere una relazione finale e un articolo." Che schifo.
Gli altri compagni mi fanno i complimenti per aver ottenuto il posto e molti di loro, soprattutto ragazze, mi guardano con una sorta di invidia negli occhi, alla quale vorrei solo comunicare che di questo dannato stage non me ne importa assolutamente niente.
La mattinata procede così, tra sguardi di fuoco e sbuffi dalla sottoscritta, che non vede l'ora di andare a casa. Per fortuna la lezione dura solo due ore, cosicché posso riposarmi un po', dato che il mal di testa è tornato. Maledetti alcolici.
Mentre sono seduta al bar dell'università con le altre, mi si presenta un Christian sorridente seguito da alcuni suoi amici. «Buongiorno, bellissime» ci salutano.
Posso percepire il disagio di Giada, nel momento in cui Luca, un amico di Chris, si mette a sedere vicino a lei. Al che, alzo un sopracciglio sorniona, e sposto lo sguardo velocemente tra i diretti interessati.
Osservo il moro di fronte a me che mi mima un 'che succede tra loro?', ma che trova come risposta solo uno scuotimento di testa, visto che veramente non so nulla. «Com'è andata?» mi chiede, poi, Chris alludendo alle condizioni con cui sono andata a lezione stamane.  Provo a pronunciare un 'bene' ma vengo bloccata da Giada, che tutta pimpante annuncia l'inizio del mio stage.
Ho paura di quando dirà al mio coinquilino che dovró andare a XFactor. Lui ama Fedez, e di conseguenza stravede per il programma e per tutte le cose che sono collegate al rapper. Non so che ci trovi in lui, sarà che non ascolto cantanti italiani e soprattutto non il rap.
Nel momento in cui Giada glie lo dice, Chris si esibisce in una delle sue espressioni sorprese migliori, farfugliando un «Cooooosa? Allora potrai conosce Fede! Oddio non ci credo, posso venire con te?»
Lo sapevo io che era meglio non dire niente. «Allora, uno: perchè lo chiami Fede? Mica è tuo amico» rido, peró poi continuare «e due: no, non puoi venire anche se ti cederei volentieri il posto. Ma sai, com'è..» mi dispiace deluderlo, ma già non voglio fare tutto ció, non voglio creare anche altre ulteriori complicazioni.
Annuisce, sapevo che avrebbe capito e per grazia di Dio, aggiungerei, la conversazione prosegue senza più accennare a XFactor.





«Lasciami morire qui! Ti prego Bon» sono cinque minuti buoni che Benedetta ha deciso di rompermi le palle, visto che mi devo alzare per andare negli studi. Non la sento più parlare, e quando succede non è un buon segno. 
Neanche a dirlo, che sento le coperte scivolare da me e lasciarmi in balia del freddo milanese. Stronza. Mi alzo, visto che ormai è l'unica cosa da fare, e tutta indignata la guardo, schiaffeggiandola su un braccio.
«Sei un mostro» le dico, per poi alzarmi definitivamente, vedendola ridere mentre vado diretta in cucina per mettere qualcosa sotto i denti, visto che nel mio stomaco è in corso la terza guerra mondiale. Necessito urgentemente di cibo.
Appena finito, butto tutto nel lavandino, beandomi di come Bon si arrabbierà appena vedrà il casino che io e i ragazzi facciamo in cucina. Probabilmente caccerà uno dei suoi urli rompi-timpani e ci maledirà per il nostro disordine, tipico.
torno in camera, dopo aver fatto una breve doccia e mi trattengo ad osserarvare il mio riflesso allo specchio. Lo faccio tutte le mattine, ma non per vanità, solo perche mi piace vedere se qualche particolare in me cambia. Ma questo non succede quasi mai.
Respiro profondamente vedendo la mia immagine. Sono soddisfatta del mio aspetto fisico, non che sia niente di che, anzi sono piuttosto banale, ma non mi lamento. Carnagione chiara ereditata da mia madre, capelli castani misti al rame ereditati da mio padre e occhi castani ereditati da, beh, me stessa. Ovviamente vista la mia dote naturale di atturare le disgrazie, i miei hanno entrambi gli occhi verdi e io, la stronza di turno, sono l'unica in famiglia a non averceli.
Almeno, in compenso, sono abbastanza alta e magra per una ragazza della mia età : 1,75 m per 50 kg. E mangio come un bufalo, dalla mattina alla sera. No-stop. 
Guardo il polso e vedo l'ora: le 8:43, devo cambiarmi o rischio di fare tardi. Prendo al volo un paio di jeans strappati, un maglione rosso boreaux, le mie converse bianche e una borsa al volo, dove infilo tutto ciò che ho nella cartella dell'università.
In meno di mezz'ora sono pronta, così decido di aspettare insieme a Bon i nostri coinquilini, visto che ci tengono ad accompagnarmi.  Dio, mi sento come una bambina il primo giorno di scuola.
Finalmente, vediamo un Alex in tutto il suo splendore nel suo giacchetto di pelle e un Chris in camicia di jeans, che tutti sorridenti mi prendono in giro sul fatto che io non abbia voglia di andare a XFactor. È così difficile da credere? Non ho voglia, semplicemente. Non mi piace la folla, non mi piacciono le ragazzine urlanti e non mi piacciono i talent show, visto che è tutto una farsa. Quindi, di conseguenza, preferirei veramente scalare il K2 con solo la biancheria intima addosso.

Ok. Siamo arrivati. Sbuffo, apro lo sportello e scendo, farfugliando un 'ciao' o qualcosa di simile. Mentre mi incammino, sento gli altri abbassare un finestrino e chiamarmi. «Mi raccomando Bekah, fai per bene e non insultare nessuno!» mi urlano ridendo.
Stronzi. Mi giro ridendo e mandandoli a quel paese, ma continuando a camminare senza guardare avanti. Grosso errore.
Neanche il tempo di riportare l'attenzione su dove io stia andando, che ecco che vado a sbattere con qualcuno. Impreco mentalmente, e forse anche verbalmente, con l'energumeno privo di grazia che mi è venuto addosso.
«Oh my.. scusa, I'm so sorry» dice, o meglio balbetta, il tizio che un secondo prima mi ha spiaccicato al suolo. Vedo che mi porge una mano per aiutarmi. Respiro profondamente, maledicendomi per avere accettato di fare questa stronzata e per essermi fatta travolgere da un cristone di un metro e novanta.
Accetto la sua mano, che prontamente mi tira su. «I'm really sorry» continua a dire «come posso scusarme?» conclude, con un accento inglese. Lo riconosco subito, visto che io lo avevo identico quando mi sono trasferita da Liverpool a Milano. «Tranquillo, hai già fatto abbastanza» ribatto acida, per poi guardarlo in faccia per la prima volta.
Credo che la mia espressione sia un misto tra stupore, disagio, rabbia e shock. L'energumeno non è niente meno che Michael Holbroock Penniman Junior, o meglio, Mika.
Cazzo, iniziamo proprio bene! 

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Capitolo 3
*** Tre. ***


Tre.





Ma possibile che la sfortuna deve sempre andare a braccetto con me? Che frustrazione. Tra tutte le persone che ci sono qui, dovevo andare a sbattere proprio con una celebrità, la mia solita botta di culo.
Decido di smettere di fissare il ragazzo di fronte a me e rispondere alla domanda che mi ha fatto «Sto bene, tranquillo» ripeto, con una voce mista tra la noncuranza e l'irritazione. È pur sempre una persona normale, non mi frega niente se è famoso, se ha milioni di fans e se per questo deve essere trattato diversamente. Per me resta comunque l'idiota che mi ha travolto. Ed è la seconda volta che mi domanda sempre le stesse cose.
Non so se si aspettasse delle scuse, o un urlo dalla serie 'oh mio Dio! Mika mi ha appena fracassato lo sterno con una culata e sono finita a terra!' Come se fosse il più bel giorno della mia vita. Ma proprio no. Continua a fissarmi, cosa che detesto. Che ha da guardare? Osservo il mio riflesso sulle porte di vertro girevoli: il mio aspetto è esattamente come quello che avevo quando sono partita da casa. Forse sono più alterata e stufa, ma niente di nuovo. 
Lancio un ultima occhiata al cantante, che ancora se ne sta lì immobile, per poi dileguarmi. Prima entro, prima me ne vado. La mia nuova filosofia di vita per i prossimi.. Quanto dura questo stage? Due mesi. Bene, la mia nuova filosofia per i prossimi due mesi di merda. Evviva.
Roteo gli occhi al cielo e, con un passo degno di un bradipo senza una gamba, entro dentro il salone. Peró, non è niente male. Se non fosse la moltitudine di gente esaurita a causa delle audizioni, sarebbe quasi un bel posto. No, non è vero. Sembra un accampamento, gente seduta che aspetta il suo turno, ragazzi che cantano do re mi fa eccetera eccetera, tizi dello staff, presumo, che corrono a destra e manca. Un bel branco di matti, tanto per capirci.
Provo a ricordarmi cosa mi ha detto Sborzacchi e, una volta tornato in mente, vado verso un tendone con su scritto "stampa e personale". Ok, che abbiano inizio le danze.
Entro dentro questa specie di stanza, agghindato a ufficio stampa, sala d'attesa e buffet, dove vedo oltre che membri dell'organizzazzione, anche gli altri giudici: Elio, Skin e Fedez, insieme al conduttore Cattelan, o come si chiama.
Subito questo mi viene incontro, non appena mi vede, con un sorriso da un orecchio all'altro. Beato lui che se la ride, io mi ucciderei qui all'istante. «Tu dovresti essere la ragazza della facoltà!» dice tutto spumeggiante. Come fa a sapere chi sono? E perchè non mi fanno parlare con i responsabili dell'ufficio stampa? La sua esclamazione mi mette a disagio, dato che ha fatto girare tutti gli altri individui presenti nella stanza. Benissimo.
Deve aver capito dalla mia espressione confusa e imbarazzata che non mi aspettavo di parlare con lui. «Oggi Pamela, la ragazza che doveva farti vedere come funziona qui, non c'è e siccome non vogliamo farti perdere un giorno così tanto per, abbiamo deciso che saró io a presentarti agli altri e a farti ambientare» spiega tutto di un fiato. Sembra simpatico, in fondo. Un po' iperattivo, ma simpatico.
Gli sorrido forzatamente, sentendo ancora gli sguardi puntati su di me. «Allora, come ti chiami? Io sono Alessandro, piacere» continua lui, mentre batte su una spalla di Elio, che si era intanto avvicinato.
«Sono Rebekah Baudino, sono qui per.. Beh lo sai» dico, ancora a disagio. «Piacere mio» gli stringo la mano, cosa che faccio anche con i tre giudici, che si sono interessati alla conversazione.
Prima di continuare con i convenevoli, mi chiedono se voglio un caffe, che non rifiuto mai e per la prima volta sorrido sinceramente. Non si puó non sorridere se ti preparano il caffè.
Mi fanno sedere su delle poltroncine e da qui ho capito che sarebbe iniziato l'interrogatorio. Ma prima di iniziare con le domande, sento qualcuno correre e lanciarsi sul divano di fronte a me. Oh fantastico, è Mika.
Lancio un'occhiata nella sua direzione, e noto dalla sua faccia che mi ha riconosciuta. Certo, è successo neanche venti minuti fa, è anche lecito.
«Oh bene ci siamo tutti!» dice Cattelan «Rebekah ti presento Michael o Mika, scegli tu!» dice sempre sorridente. Decido di fare finta di niente e, con la migliore espressione indifferente che ho, gli stringo la mano mormorando un 'piacere', per poi rigirarmi e aspettare la serie di domande che mi faranno, che peró consistite solo in una sola: chi sei?
Sorrido, pensando che probabilmente non c'è domanda più strana che avrebbero potuto farmi. «Bella domanda, non lo so.» dico alzando le spalle, sinceramente. Mi merito sguardi di stupefazione e di curiosità, tant'è che mi affretto a spiegare «Se intendete il mio nome, la mia data di nascita e le altre cose, ci sono scritte anche nel curriculum, ma se ci tendete tanto ve lo dico. Allora, sono Rebekah, ho ventiquattro anni, sono nata a Liverpool e mi sono trasferita a Milano ormai da 6 anni. I miei genitori sono metà italiani, metà inglesi, ma non vivono con me, quindi li sento poco. Studio comunicazioni, è il mio ultimo anno.» dico senza riprendere fiato «Se invece intendete chi sono come persona non lo so, so solo chi voglio essere e su questo ci sto lavorando. Niente di più e niente di meno.» finisco il monologo.
Devo averli sorpresi, visto che continuano a fissarmi a bocca aperta. Ho detto solo la verità. Il primo a parlare è Fedez «Wow, bella presentazione! Già mi stai simpatica» dice, e non posso fare a meno si ridere, pensando che se al posto mio c'era Chris, sarebbe sicuramente svenuto dalla gioia. «Mi piace come ragioni» continua, poi. Bene, almeno quello.
Elio prende parola, facendomi i complimenti per aver ottenuto il posto e, visto che ha fatto ricerche su di me, a quanto pare, anche per i voti dei passati semestri. Neanche la cia tutti questi controlli, forse mi hanno scambiata per un terrorista. Ok che non sono un angioletto, ma neanche una possibile serial killer.
Anche Alessandro e Skin mi sorridono e mi dicono che sarà un piacere lavorare con me, cosa che mi fa ridere, visto che non hanno ancora capito chi sono veramente, ma apprezzo lo stesso. L'unico che non fiata è Mika, che ancora è accigliato. Ma sinceramente non mi interessa più di tanto. Bevo il mio caffè, sentendo ora il suo sguardo addosso, quasi penetrante, come se stesse cercando di capire qualcosa della mia vita solo squadrandomi. Faccio finta di niente, ma non posso che sentirmi un po' infastidita. 
Oh sarà una vera a propria tortura questo stage!
 
 
 
Sto cercando di ascoltare quello che sta dicendo Cattelan da più di dieci minuti, ma sinceramente mi sono fermata a quando ha detto «È la nona edizione del programma..» e bla bla bla. Mi spiace non prestargli attenzione, anche perchè si vede quanta passione mette nel suo lavoro, ma proprio non riesco. Sto osservando lo studio e la moltitudine di gente sclerata che lo popola. 
«Lasciala stare, Ale» ride Elio «non glie ne puó fregare di meno di tutto ció, vero Rebi?» il giudice si rivolge a me, riportandomi sul pianeta terra. Frena.. Come mi ha chiamato?
Storco la bocca in un'espressione di disgusto, neanche a due anni mi chiamavano così e quando lo facevano era roba che correvo e me ne andavo velocemente per non uccidere l'essere che aveva osato pronunciare quella parola. «No è okay, per me. Ma non chiamarmi Rebi, per favore, sto seriamente cercando di non prenderti a schiaffi in questo preciso istante» dico sinceramente, dandogli ormai del tu. Mi sta simpatico, nonostante le sopracciglia che meriterebbero una bella sfoltita e la maglia piena di hashtag, assolutamente di cattivo gusto per i miei standard.
Mi guarda un secondo per poi scoppiare a ridere, anche se stavo seriamente per prenderlo a schiaffi. «Perchè no?» sento qualcuno con un accento inglese, domandarmi. È strano sentire la sua voce, fino ad ora non ha parlato quasi mai, se non per dire giusto un 'si' o un 'no'. Fino ad ora l'inglese sembrava essere assorto nei suoi pensieri e tutto a un tratto eccolo ripiombare nel mondo reale. «Non c'è un motivo, semplicemente non mi piace» rispondo alzando le spalle, senza guardarlo «Mi chiamano tutti Bekah, ma solo ed esclusivamente così» finisco, stavolta girandomi per osservarlo e vederlo annuire.
«Va bene, Bekah» dice Alessandro, sempre e dico sempre sorridente «adesso ti faccio fare il giro dello studio, così ti rendi conto di dove siamo. E voi tre, miei cari giudici» afferma poi, rivolto agli altri e non so perchè non a Mika «dovete prepararvi! Andate a truccarvi, per favore, che tra poco iniziamo. Tu, invece, Michael puoi venire con noi se ti va, o fai come ti pare» dice all'inglese-francese-libanese e chi più ne ha più ne metta. Ti prego fa che non venga, ti prego. Mi mette a disagio e quando sono in soggezione ho la brutta abitudine di non essere spontanea e di diventare acida. Che carattere di merda.
Ma puntualmente i miei pensieri non vengono ascoltati e Mika, Michael, Holbrook o come si chiama decide di venire con noi. Inizia così il tour guidato attraverso gli studi di XF9.
Purtroppo, come se la mia sfiga non fosse mai abbastanza, Alessandro, dopo neanche avermi mostrato le prime tre stanze, se ne deve andare per controllare la scaletta o cose del genere. Ed ecco che mi ritrovo sola con il cantante.
Non che abbia niente contro di lui, per carità, ma sono ancora irritata per prima, quando ha quasi cercato di uccidermi. Ok, questa è una di quelle situazioni strane e surreali che a una persona come me non dovrebbero capitare, visto che sono già strana di mio. Ancora mi fissa, con la stessa espressione che aveva fuori l'entrata, dopo avermi fatta cadere. 
Mi guardo intorno, dondolandomi sui talloni e aspettando che mi dica cosa fare, ma non sembra muoversi di pezzo. Stanca di tutto ció, dico «Allooora, dobbiamo stare ancora qui a fissarci o possiamo proseguire?» speriamo si dia una svegliata.

 

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Capitolo 4
*** Quattro. ***


Quattro.





«Allooora, dobbiamo stare ancora qui a fissarci o possiamo proseguire?» speriamo si dia una svegliata. A quanto pare ha funzionato: come per magia, sbatte le palpebre e ritorna ad essere una persona e non un automa. Ottimo, possiamo proseguire.
«Sorry, I just..» prova a dire, ma lo blocco sul nascere. «Possibile che devi sempre scusarti con me?» e gli rivolgo per la prima volta da stamattina un sorriso di puro divertimento. La situazione è abbastanza comica infatti: Mika, la super popstar di livello internazionale,  che si trova a chiedere scusa per la seconda volta in meno di due ore a me, semplice studentessa di comunicazioni e aspirante nullità di livello internazionale. 
Annuisce e, siccome mi sta facendo tenerezza e visto che dovró stare qui per i prossimi due mesi, decido di ricominciare da capo con lui. Prendendo un respiro profondo, gli porgo la mano e aspetto che me la stringa. Ma non deve aver capito le miei intenzioni, dato che mi sta fissando, stranamente, abbastanza stralunato, così mi affretto a chiarire «So che sta mattina sono stata un po' brusca e che abbiamo cominciato con il piede sbagliato, quindi.. Che ne dici di ricominciare da capo? Io sono Rebekah, ma puoi chiamarmi Bekah» butto fuori tutto di un fiato.
Devo averlo tranquillizzato e, infatti, il suo volto si illumina di uno dei sorrisi più belli e genuini che io abbia mai visto. Aspetta, ma che sto pensando? Oh mio dio, sarà il sonno. «Good! Piaccere allora, sono Mika, but you can call me Michael» dice mischiando l'italiano con l'inglese, cosa che non puó fare altro se non farmi sorridere. Ero esattamente come lui sei anni fa, che coincidenze. «Scusa per il mio italiano» dice poi.
Lo tranquillizzo spiegandogli che avevo anche io i suoi stessi problemi, ma che  avrebbe imparato a parlare correttamente in poco tempo e intavoliamo così una conversazione sulle difficoltà di essere inglesi, e per la prima volta non mi sento a disagio con lui. Infondo è anche simpatico, forse un po' esuberante, ma simpatico. 
Continuiamo il giro panoramico, che comprende la sala audio, i camerini e l'arena dove si svolgeranno le audizioni, che, devo ammettere, mette veramente ansia. Non sono una ragazza timida, anzi tutt'altro, eppure credo che stare su quel palco di fronte a tanta gente mi farebbe sentire in imbarazzo. Quando ti trovi sopra un palco con più di mille occhi puntati su di te, ti senti più piccolo e solo di una formica. Perlomeno è questa la sensazione che mi ha dato stare lì, e per questo mi ritrovo ad ammirare il coraggio e la passione che devono metterci i concorrenti. 
Mentre penso a tutto ció, mi squilla il telefono e, chiedendo scusa al cantante vicino a me, rispondo. È Chris.
«Ehi» dico semplicemente, non facendo a meno di sorridere. So già dove vuole andare a parare, ma lo lascio comunque chiacchierare visto che tanto qualsiasi mio tentativo di dire qualcosa sarebbe pressoché vano.
«Ehi, bellezza! Allora come procede? Visto Fedez? Che dice? Ti sta simpatico? Ma certo che ti sta simpatico, lui è Fedez!» esclama tutto eccitato, alzando di un'ottava la sua voce già acuta di suo. Sono costretta ad allontanare il telefono dall'orecchia, dato che ora sta direttamente urlando. La pazzia.
«Chris, frena un attimo. Riprendi fiato e smettila di urlare se non vuoi che stasera appena torno a casa ti picchi» lo minaccio io. Michael si gira, osservandomi divertito e.. Cos'è quella faccia? Sembra infastidito, ma probabilmente mi sto sbagliando. Perchè mai dovrebbe essere infastidito, e da cosa poi? Smetto di pensarci e rispondo alla moltitudine di quesiti che il mio coinquilino mi sta ponendo. Lo picchieró sul serio appena torno, sta continuando a urlare l'idiota.
Dopo aver esaurientemente risposto a tutto quello che voleva sapere e promesso di fare la brava, lo saluto  e gli confermo la mia presenza alla festa di stasera. Pessima mossa, so già che domani mattina avremo tutti quanti un mal di testa terribile. Ma non ci bado più di tanto, ormai è abitudine e in più questa festa l'organizza l'universitá.
«Scusa, ma mi fanno il terzo grado» spiego al ragazzo, sorridendo ripensando a quanto sia stupido e apprensivo il mio amico. 
Io e Christian ci conosciamo da praticamente tutta la vita. Nonostante io abbia vissuto a Liverpool, i miei nonni paterni abitavano a Milano e perció spesso mi ritrovavo a passare le vacanze qui in Italia. La prima volta che sono arrivata è stata quando avevo 5 anni ed ero una bambina tutta ossa e capelli. Un opossum, insomma. Ho conosciuto Chris durante le vacanze estive e siamo subito diventati amici: nei mesi in cui ero in Inghilterra ci tenevamo sempre in contatto e quando tornavo dai miei nonni, passavo la maggior parte del tempo con lui e con i suoi amici. È grazie a lui che ho conosciuto Benedetta e Alex, due anni più tardi,  e da quella volta non ci siamo più separati. Siamo il 'quartetto delle meraviglie' così ci chiamano gli altri nostri amici.
Poi quando mi sono trasferita a Milano definitivamente per finire il liceo e seguire l'università, abbiamo deciso di andare a vivere insieme. Più che deciso, è stato il caso a volerlo. Io e Benedetta avevamo stabilito di trovare un appartamento in centro, e stessa cosa avevano fatto i ragazzi. Il destino ha voluto peró che entrambi prendessimo casa sullo stesso palazzo e, siccome non erano tanto spaziosi, ci siamo ritrovati d'accordo sull'unire i due appartamenti e creare una specie di attico all'ultimo piano, dove vivere tutti insieme appassionatamente.
E ora sono sei anni che condivido la mia quotidianità con due palestrati ingurgitatori di tutto ció che è commestibile e futuri avvocati e con una secchiona precisina, con la passione per la medicina.
Chris è praticamente il mio esatto opposto, però il legame che ho con lui è qualcosa che va al di sopra della semplice ammirai. E' come se fossimo legati da una sorta di filo invisibile, che spesso si annoda, ma non si rompe mai. Gli voglio un bene dell'anima, anche se non lo lascio intravedere agli altri poiché il mio carattere non me lo permette. Però non ho bisogno di dimostrazioni con lui, mi conosce e conosce il mio modo di fare ed ha imparato ad apprezzarmi per come sono e a capirmi con un solo sguardo. Forse è questa la cosa che mi piace di più di lui: oltre ad essere un bellissimo ragazzo, cosa che nego davanti a lui fino alla morte, è la 'metà della mela' mancante, la mia metà della mia mela. Alex, beh, Alex è Alex. E' il più bambino del gruppo, quello che non riesce a stare fermo un minuto, quello che deve sempre avere qualcosa da vare perchè si annoia, quello che è in grado di dipingerti dei baffi con l'indelebile mentre dormi. ma è anche uno dei ragazzi più intelligenti e svegli che io conosca, sul serio, riesce a trovare una soluzione anche dove non ce ne sono. Ed è fantastico essere sua amica, visto che è capace di caricarti di positività solo standogli intorno. Poi c'è Bon, Benedetta, la sorella che non ho mai avuto. Quella ragazza che è in grado di spiazzarti con una semplice frase o con un sorriso, la ragazza che, quando ero depressa a causa del mio ultimo ragazzo, anche se non lo mostravo, si è presentata con cuffiette, coperta e pacchetto di sigarette e, senza neanche dire una parola, mi ha tirato su il morale in un batter d'occhio. E poi ci sono io, l'italo-inglese che sogna di fare la giornalista, la più disordinata dei quattro, quella a cui non frega niente del parere degli altri e che fa tutto di testa sua. Che deve sempre avere l'ultima parola su tutto, che si arrabbia per delle sciocchezze ma che si dimentica subito dopo, sono quella che vorrebbe fare tante cose e allo stesso tempo niente.
Siamo una sorta di mix esplosivo, insomma. Tanto che spesso ci meravigliamo noi stessi di quello che facciamo quando siamo insieme.
«Era il tuo boyfriend?» mi domanda Mika incuriosito, esattamente come fa chiunque quando mi vede o mi sente parlare con Chris. Non bastavano già le mie amiche di facoltà e tutta la famiglia, no, ci si doveva mettere anche un perfetto sconosciuto. Sospiro, e rispondo di no, ripetendo sempre la stessa solfa.
«È il mio migliore amico» spiego per poi rispondere alla sua domanda, che mi chiedeva se abitassimo insieme «Si, viviamo insieme da cinque anni più o meno» non so perchè gli interessi tanto, visto che ci conosciamo da si e no metà mattinata. «Io credevo che tu fossi in love with him, stavi sorridendo quanto lui ti chiamava» continua.
«Io? Innamorata di Chris? No, assolutamente» rido divertita «Sarebbe un incesto, è come mio fratello. Che schifo» mi do una manata in fronte, per cercare di togliere dalla mente l'immagine mia e di Christian mentre ci baciamo. È successo solo una volta quando avevamo 10 anni e per colpa del gioco della bottiglia e posso assicurarvi di non volerlo fare mai più. 
 
 
 
 
 
MIKA'S POV
 
 
 
Non so perchè mi sto interessando così tanto della sua vita privata, ma non sono riuscito a frenare la mia lingua. Devo sembrare proprio un idiota: fino a un'ora prima credevo mi detestasse, e avrebbe avuto anche tutte le ragioni per farlo vista la nostra 'presentazione', eppure adesso stiamo parlando come due persone normali e addirittura mi permetto di farle domande su questioni personali.
C'è qualcosa in questa ragazza che mi spiazza, anche se non capisco cosa. Mi incuriosisce il suo atteggiamento e i suoi modi di fare, che la fanno passare dall'odiarti allo scherzare con te nel giro di un batter d'occhio. Forse è perchè abbiamo lo stesso carattere e quindi rivedo in lei me stesso. Solo nella versione femminile che non è niente male. Ma che sto dicendo? Sono gay, fino a prova contraria.
Eppure credo che tra di noi ci sia feeling, almeno secondo me. Forse lei mi detesta e sta cercando di sorridere e di scherzare, solo per educazione dato che, a quanto ne so, dobbiamo vederci quasi tutti i giorni.. Peró non mi pare il tipo. Da quello che ho capito nel tempo passato con lei è che, oltre ad essere bellissima e intelligente, oh mio dio ci risiamo! Che cazzo mi prende?
Dicevo, oltre ad essere intelligente, sembra anche una senza peli sulla lingua, che dice sempre quello che pensa senza stare a badare gli altri. Ed è una cosa che ammiro molto, visto che essendo un cantante, io non posso fare. Probabilmente è questa la parte più brutta del mio lavoro, devo sempre dar peso alle parole per cercare di non deludere nessuno, anche se nella maggior parte delle volte non ci riesco. Ogni tanto vorrei essere più libero di essere me stesso, cosa che riesco a fare solamente quando canto. Ecco perchè ho fatto della musica la mia vita, mi piace il fatto di riuscire a far comunicare i miei sentimenti a coloro che mi ascoltano e mi piace ancora di più quando vedo che questi si rispecchiano nei miei testi. 
Uno schiocco mi risveglia dai miei pensieri. Si è data uno schiaffo da sola?  
«Perchè ti schiafeggi?» domando con un misto di curiosità e divertimento. Non credo la capirò mai al cento per cento, ma cercheró nel giro di questo mesi di farlo anche se sarà una vera e propria impresa. Da quello che ho dedotto, non mi sembra una ragazza semplice da comprendere e, il fatto che lei non mostri quasi mai quello che sente, non fa che dimostrare la mia ipotesi.
Ride, e che bella risata. Michael smettila, se il primo giorno che la conosco già penso queste cose non immagino quelle che potrei pensare tra un po' di tempo. «Si, ho ripensato a una volta in cui io e il ragazzo di cui secondo te sono innamorata, ci siamo baciati. È stato traumatizzante, perció cercavo di levarmi quell'immagine raccapricciante dalla mente» confessa, tirando su gli angoli della bocca.
«E quanto tempo è stato?» maledetta lingua. Perchè non mi sto zitto ogni tanto? La sto importunando con tutte queste domande e probabilmente lei si sta chiedendo il perchè del mio comportamento, ma non lo so neanche io, le parole mi escono di getto d non posso farci niente.
Devo ammettere che un po' mi da fastidio pensare a lei che si bacia con un altro, ma scaccio subito questo pensiero, ricordandomi e ripetendomi mentalmente quanto io sia stupido.
«Cosa?» dice lei. Non so se ha capito cosa intendevo e quindi sta facendo finta di niente, o se realmente non mi ha capito, cosa che potrebbe anche essere dato il mio italiano.
Ormai tanto la frittata è stata fatta, perció sarebbe inutile qualsiasi tentativo di salvataggio e in piu voglio davvero saperlo. «I mean, quando vi siete bacciati?» butto fuori, velocemente. Posso sentire le mie guance colorarsi di un pallido rossore, devo sembrare proprio un cretino. Lei invece sembra a suo agio, completamente e assolutamente disinvolta mentre mi risponde che è stato quando erano bambini. E non posso fare altro che tranquillizzarmi, sia perchè a lei non è importato se io mi sono permesso di farle questa domanda, sia perchè è successo anni fa. Ok, ora devo seriamente farla finita. Non capisco cosa mi stia prendendo.
Decido di continuare a farle fare il giro dell'arena prima di fare altre figure di merda ma, nell'esatto momento in cui la lascio passare per proseguire la visita, non posso fare altro che abbassare gli occhi sul suo fondoschiena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Cinque. ***


Cinque.




La nostra prossima tappa è il corridoio dei giudici, in cui ci sono i camerini di quest'ultimi e di Alessandro. In realtà più che camerini sono salottini, muniti di divani in pelle, tv, stereo, tavolo con annesse sedie, frigobar e una moltitudine di cuscini. Seriamente, ci sono più cuscini che altro qui. Li mettono ovunque, sto iniziando ad avere paura di trovarli persino dentro il caffè. 
Comunque, tra un cuscino e l'altro, io e Michael abbiamo appena visto quello di Alessandro e quello di Fedez.
Mentre il primo è semplice e arredato con uno stile minimalista (tranne per un manichino vestito da messicano, che ha provocato la mia risata divertita), quello del rapper è un misto tra l'eccessivo e il sobrio. A un normalissimo tavolo in legno, infatti, si oppone un divano di pelle nera che occupa praticamente quasi tutta la stanza su cui ci sono cuscini dalle fantasie più disparate: basta dirvi che ce n'è uno con l'immagine del suo chihuahua. E poi ci sono lampade su lampade dalla montatura fatta completamente d'oro e a forma di mitra o di fucile, che personalmente trovo veramente pacchiane, peró i gusti sono gusti e credo che sia quello di Fedez che quello di Cattelan rispecchino i loro.

Ora tocca a quello di Mika e ad essere sincera, sono un po' curiosa di come questo possa essere. Mi sono fatta un'idea su come sia veramente Michael e perció, se anche il suo camerino rispecchia i suoi gusti, potrei confermare o ritrattare completamente le mie ipotesi.
Purtroppo peró, mentre il cantante sta per aprire la porta annunciandomi contendo che questo era il suo, veniamo bloccati da un Alessandro Cattelan trafelato in seguito a una probabile corsa.

«Ragazzi, eccovi! Vi ho cercato dappertutto» dice ansimando. sí confermo, ha appena corso «Bekah perdonami per averti lasciato da sola, ma non potevo fare altrimenti» si rivolge a me, mettendomi una mano su una spalla. Non so se lo fa perchè si sente in colpa o per appoggiarsi per riprendere fiato. Credo sia più probabile la seconda, bastardo penso sorridendo tra me e me.
Sento il cantante qui vicino protestare «But.. Io chi sono, sorry?» dice, aggrottando le sopracciglia e sporgendo in avanti il labbro inferiore. Rido insieme al conduttore alla vista dell'espressione appena compiuta da Michael: sembra un cucciolo così.
Alessandro lo abbraccia chiedendogli perdono e complimentandosi su quanto fosse stato bravo e gentile ad essersi occupato di me e, con un fare del tutto ruffiano, si butta addirittura in ginocchio, attaccandosi letteralmente come un koala ad una gamba di Mika. 

Alla vista di questa scenetta, Fedez, che nel frattempo è piombato qui da non so dove, mi osserva e ride alla vista della mia faccia divertita e sconcertata.
«È tutto normale, tranquilla» mi confessa avvicinandosi a me, quasi come se fosse un segreto «fanno più o meno cosi tutti i giorni» conclude poi, ridendo. E credo che davvero mi stia dicendo la verità perciò mi lascio andare anche io in una risata, mentre continuiamo ad osservare i due che proseguono il teatrino. Anche se non posso fare altro che pensare che qui di normale non c'è assolutamente niente.

 

 

Sono quasi le 13 e finalmente, avendo finito il tour, posso uscire da questa specie di manicomio per artisti. Non che mi sia trovata male, anzi tutt'altro, solo che è stancante camminare due ore e mezza per i labirinti dell'arena. Il mio telefono squilla per la cinquantesima volta da stamattina, giuro che se è di nuovo Chris lo uccido.
Neanche a dirlo, eccolo. Di nuovo. Sblocco il telefono e rispondo al mio amico. «Ciao caro amico, che mi ha rotto i coglioni per tutta la mattinata con le sue chiamate inutili per sapere quante volte Fedez ha respirato» lo saluto, molto cordialmente.
«Ciao amica che mi ha risposto male ogni volta che provavo a chiamare» mi risponde, usando il mio stesso tono. Faccio la finta offesa «Ehii, io ho detto caro amico» aggiungo, sottolineando il "caro" e il fatto che lui non ce l'abbia messo. 
«Si lo so cosa hai detto, sciocchina» ma.. bastardo! Si sta scavando la fossa da solo, dovrebbe saperlo. Prima le continue telefonate, ora vuole fare il simpatico. Me la pagherà. «Oggi pomeriggio vado da Luca, andiamo a pranzo insieme? Poi ti riporto agli studi» mi dice.
Ok, sta acquistando punti. Cibo! «Va bene, sei la mia gioia quando mi parli di cose da mangiare lo sai» esclamo tutta contenta «Ti aspetto fuori» gli attacco, non prima di sentirmi dire che sarebbe arrivato tra 5 minuti.
Fantastico, si mangia. Dato che ho tempo, mi accendo una sigaretta e mi appoggio sul muro vicino all'uscita. Mentre butto fuori il fumo, sento la porta aprirsi e far comparire un inglese ricciolino e un ragazzo pieno di tatuaggi, che probabilmente stanno andando a pranzare. Appena mi vedono, mi si avvicinano curiosi. 
«Non sapevo fumassi» esordisce il rapper, per poi chiedermi gentilmente di prestargli l'accendino visto che il suo se lo è dimenticato dentro. Mika annuisce alle parole dei Fedez, guardandomi con attenzione mentre aspiro il fumo dalla mia Winston.
«Mi conoscete da neanche un giorno e non ve l'ho accennato, credo sia logico che non lo sapevate» gli ammetto ridendo, riprendendomi l'accendino e mettendolo a casaccio nella borsa. Loro annuiscono, dandomi ragione. 
Mentre Michael sta per dire qualcosa, sentiamo un clacson che ci suona. Oh, è Chris che ha fatto prima del previsto. Gli faccio cenno di scendere e gli indico la sigaretta che ancora è a metà e lui, capendo al volo, scende e, in tutta la sua bellezza, fa la sua comparsa.
«Ciao bellezza» mi dice sorridente per poi baciarmi la guancia, gesto che ricambio con altrettanto saluto. Sento un colpo di tosse un po' infastidito, che attribuisco all'inglese, dato che Fedez sta ancora fumando. Vedo così Chris girarsi dalla parte dei due cantanti, realizzando solo ora che uno dei suoi idoli si trova davanti a lui. Ora sviene, me lo sento.
Prima che possa iniziare a urlare, lo prendo per le spalle e gli presento i due giudici. «Chris, loro sono Mika e Fedez. Ragazzi, lui è Christian» dico il tutto gesticolando come un vigile stradale spartitraffico.
Stranamente il mio amico risulta essere molto calmo, anche se so che dentro sta saltando dalla gioia, e confessa al rapper di essere suo fan, cosa che gli fa molto piacere visto che iniziano a chiacchierare suoi prossimi concerti.

Intanto guardo di sfuggita Michael, che nel frattempo non ha detto una parola, mentre osserva i due nuovi 'amiconi'.
Non mi ero mai resa conto di quanto fosse bello il suo viso. Cioè, sapevo che era un bel ragazzo, ma non avevo mai fatto caso ai suoi lineamenti dolci, ai suoi occhi, castani e profondi, e alle sue labbra, carnose e rosee. Per la prima volta penso che Michael sia bello, di una bellezza semplice ma disarmante, che quando sorride sembra risplendere di luce propria. E poi osservo la sua figura, nel suo complesso: il suo fisico tonico e longilineo, le spalle larghe, le gambe affusolate, le mani curate.
Mi stupisco dei pensieri che sto facendo e per riprendermi, prima che lui si accorga della mia radiografia, gli chiedo se va tutto bene. Mi risponde di sì, e per la prima volta da quando ci siamo incrociati qui fuori, sorride.

Sentendomi un po' piu leggera, mi intrometto tra i due tirando Chris per una manica come fanno i bambini, e come io ho sempre fatto con lui. «Ciibo» gli dico mettendo il broncio.
Sa che quando faccio così deve correre, se non vuole ritrovarsi a piedi. «Ora andiamo» mi sorride rassicurante «stavo appunto dicendo a Fede che stavamo andando a pranzo, e siccome loro avevano la stessa intenzione mi ha chiesto se si possono unire a noi» mi dice, poi. La mia domanda è: da quand'è passato a chiamarlo Fede? 

«Sempre se a voi due sta bene» aggiunge in fretta il rapper, rivolgendosi a me e a Michael, il quale dice che non c'è nessun problema, anche se secondo me qualcosa che non va c'è eccome.
«Anche per me va bene, basta che ci muoviamo se non volete essere costretti a occultare un cadavere di una povera ragazza morta di fame» gli dico mettendomi dietro di loro e spingendoli, per invitandoli a camminare verso le macchine «Su su su, destra sinistra! Avanti scout!» li continuo a incitare, visto che sono delle lumache.
«Fa sempre così?» Si rivolge Mika direttamente a Chris, per la prima volta da quando li ho presentati. Ha usato un tono divertito, mi sta prendendo in giro. Stronzo di un inglese.
Il mio amico si lascia andare in una risata, coinvolgendo anche i due giudici «E non avete visto ancora niente!» conclude prendendomi anche lui in giro. Che personacce. 

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Capitolo 6
*** Sei. ***


Sei.




È passata circa una mesata dal mio primo giorno a XFactor e le cose stavano andando complessivamente bene. Mi ero ormai inserita nella routine, a volte troppo forsennata a volte noiosa, dell'arena e mi potevo dire soddisfatta.
Lo staff era sempre disponibile con me e avevo finalmente conosciuto Pamela, il mio 'supervisore', che si era dimostrata davvero simpatica e con cui avevo legato fin da subito. Era una donna di circa trent'anni, alta e magra, dal fisico tonico e dai capelli castani e ricci. Il fatto che ragionavamo sulla stessa lunghezza d'onda aveva facilitato non poco le cose, visto che dovevo passare con lei quasi la maggior parte del tempo.
Per questo, era da circa una settimana che non vedevo i giudici e Alessandro. E devo dire che in fondo mi mancavano, avevo legato tantissimo con Fedez e Mika, si erano dimostrate persone simpaticissime con cui poter passare piacevolmente il tempo. Un po' mi mancavano. In questi giorni, infatti, io e Pamela passavamo da una conferenza all'altra e non ci curavamo più di tanto di cosa facessero i giudici, che probabilmente si erano presi una pausa, dato che non c'erano registrazioni in programma.
Devo ammettere, per quanto mi dispiaccia farlo, che stare qui non è così orrendo come pensavo e che alla fine dei conti mi sarebbe potuta andare molto peggio, come a quella tizia che deve fare il tirocinio per il Festival di Sanremo esattamente in corrispondenza all’inizio della seconda sessione di esame. 
Anche le varie riunioni a cui dovevo assistere non erano tanto terribili e tutto sommato le trovavo abbastanza brevi rispetto alle ore di spiegazione a cui i miei compagni di corso dovevano assistere e poi, avevo imparato più cose tecniche in questi sette giorni che in cinque anni di università.  Osservo il comportamento che tenevano i giornalisti delle varie riviste, ascoltavo le domande che facevano ai responsabili, prendevo appunti. Tutte attività che rendevano la mia giornata frenetica.
A giornate così, però, si alternavano anche quelle di totale noia, caratterizzate dall’assenza della maggior parte del personale e da quella dei concorrenti in quanto gli studi erano chiusi. Oggi, per mia grande sfortuna, era una di quelle.
Al momento infatti mi ritrovo seduta su una sedia girevole e sbatto la matita a ritmo del nuovo singolo di Madh, il ragazzo che l'anno scorso è arrivato secondo a XFactor. Forse è questa la cosa più irritante del fatto di stare qui, oltre la calca di gente è ovvio: mettono in continuazione canzoni dei concorrenti degli anni precedenti, o dei giudici. Credo di aver seriamente imparato a memoria la scaletta, che iniziava con “Magnifico” di Fedez e Francesca Michelin e terminava con quella di Lorenzo Fragola, intitolata “#fuoricèilsole”. 
Dopo aver compiuto il trentesimo giro su questa poltroncina, decido che posso anche alzarmi e andarmi a fare un giretto per gli studi, visto che coloro che di solito mi fanno compagnia in momenti come questo sono non so dove a fare non so cosa, compresa Pamela.
Guardo l’ora e rinsavisco quando noto che il mio turno è quasi finito, ma subito penso che oggi, essendo lunedì devo tornare qui anche il pomeriggio. Infatti il mio orario comprende due pomeriggi su sei, oltre che tutte le mattine dalle 10:00 alle 13:00 dal lunedì al sabato. La domenica, se Dio vuole, ho il giorno libero visto che dal giovedì in cui iniziano i live dovrò essere presente anche la sera.
Al solo pensiero mi viene l’angoscia e perciò, per evitare di stare qui senza fare assolutamente niente, penso che andró a prendere un caffè e a fumarmi una sigaretta fuori, giusto per stare un po' all’aperto, sperando che l’ora di chiusura arrivi in fretta. 
Dopo aver tirato fuori il mio espresso dalla macchinetta, imbocco il primo corridoio che vedo e mi reco verso l'uscita. Ebbene si, nonostante il labirinto di strade e porte che mi hanno creato non poca confusione, sono riuscita, dopo svariati tentativi falliti, a farmi più o meno un'idea di come si esce da qui.
Mentre inizio a fumare la mia sigaretta, vedo il mio telefono illuminarsi e far comparire la scritta "numero sconosciuto". Giuro, se è qualche scherzo idiota divento una bestia. Sono giorni ormai che ricevo queste chiamate da qualcuno che non sa cosa fare della sua vita e perció deve infastidire la mia. 
Rispondo con un semplice "pronto" ma non sento nessuna risposta dall'altra parte. Ci risiamo. "Senti mi stai seriamente stufando, se mi vuoi dire chi sei ok, altrimenti non mi chiamare più!» riaggancio furiosa. 
Mi sta innervosendo questa situazione, più che altro perchè mi sembra di essere presa in giro. Se questo chiunque mi deve dire qualcosa me lo dicesse, dannazione! Non ne posso più delle sue continue chiamate! Neanche Christian mi chiama così spe.. 'Chiamata in arrivo da numero sconosciuto'.
Ora mi sente. «Ascolta, mi hai veramente rotto le palle! Mi spieghi chi sei e cosa vuoi da me?» dico alzando di un'ottava la mia voce.
Sta volta peró sento una risata piuttosto familiare provenire dall'altra parte. Chi diavolo è? «Bekah?» ma è Mika! Ci deve essere un errore, non è possibile che sia lui che da una settimana a questa parte mi tormenta. «I'm Michael, stai beene?» mi domanda con il suo accento inglese.
«Si, sto bene» rispondo in fretta «sei tu che mi stai chiamando in continuazione?» dico acida. Se è lui, lo picchio. Non mi interessa se sia famoso, se le sue fans mi uccideranno, o se il suo manager mi rinchiuderà in qualche prigione sotterranea: se è lui, me la pagherà.
«What? No, è la prima volta che ti chiamo. I swear» dice lui. E dal tono sincero con cui me la detto, non posso fare altro che credergli. In effetti, se ci penso, non avrebbe avuto senso se fosse stato lui. «Ti chiamavo because I want to know if you are in XFstudio» si affretta a spiegare.
Dove vuole che stia? «Certo, che ti serve?» gli dico curiosa. Non so neanche come abbia fatto ad avere il mio numero, ma in fin dei conti lui è Mika, avrá anche il numero di Obama, vai a sapere. 
«Nothing, mi annoiavo e devo stare a studio later e pensavo che noi potevo, potressi.. How do you say? Potessimo? Oh anyway, andare a mangiare insieme!» mi dice allegro. Accetto, un po' stupita ma sinceramente contenta, dato che almeno non dovró stare sola a pranzo e mi accordo con lui sull'orario. Mi passerà a prendere appena finisco il "turno", cioè tra 10 minuti e dopo ritorneremo qui.
È strano pensare di andare a pranzo insieme ad un cantante famosissimo, cosa che non avrei immaginato potesse accadere nemmeno tra un milione di anni. E invece eccomi qua: sono stata addirittura invitata da lui. Wow.
Ritorno dentro e afferro le mie cose, per poi lasciare un biglietto a Pamela avvertendola del fatto che andró a pranzo fuori e che ci vedremo oggi pomeriggio, sempre che lei non abbia da fare.
Vado anche in bagno e mi do una sistemata veloce, anche se da sistemare non c'è più di tanto, visto che i miei capelli mossi non si possono badare in nessun modo e che mi sono truccata pochissimo. In un attimo sono pronta e così decido di andare fuori e aspettare l'arrivo di Mika. 
L'ultima volta che sono andata a pranzo con lui era stato all'inizio del mio stage, quando c'erano anche Chris e Fedez ed è stato un po' strana come cosa.
Inizialmente sembrava procedere tutto a gonfie vele: io avevo il mio cibo e i ragazzi erano a loro agio. Alla fine, peró, si è venuto a creare un certa tensione che è scattata nel momento in cui, dopo la domanda scontata di Fedez riguardante la relazione immaginaria tra me e il mio amico, Michael ha iniziato a innervosirsi, senza un apparente motivo. 
Da lì, la situazione è andata degenerando nell'imbarazzo dato che nessuno dei tre riusciva a capire il perchè di quella reazione. Per fortuna ci siamo "sbloccati" finalmente nel momento in cui lo stesso inglese è andato a fare una chiamata e noi siamo rimasti a tavola, parlando di quello che era appena successo.
«Non so perchè abbia fatto così, sembrava quasi che fosse geloso» la frase pronunciata da Fedez ce l'ho ancora in mente e a quanto pare non intende andarsene. Forse perchè non ne intuisco il senso.. Mi resta sempre un po' complicato ragionare a mente lucida quando si parla di Michael e, anche di questo, non riesco a capirne il motivo. 
Sono sempre stata una ragazza abbastanza loquace che capisce fin da subito le persone, che si fida delle prime impressioni e che raramente si sbaglia sul loro conto, ma con lui è diverso. È stato diverso fin da subito, fin da quando ci siamo scontrati davanti all'entrata degli studi. Infatti avevo inizialmente pensato che fosse il solito cafone, che si crede chissà chi e che resta imbambolato davanti a un qualsiasi individuo che abbia coraggio di rispondergli a tono, ma nel giro di ben due ore mi sono ricreduta. 
E non mi succede mai. Ho capito che persona sia realmente e sono davvero contenta di aver cambiato idea, ma rimane il fatto che le poche parole del rapper restano impresse nei miei pensieri e non accennano a svanire, anzi, si fanno sempre più forti.
Così non posso fare altro che sbuffare, un po' per frustrazione un po' perchè non capisco cosa mi stia prendendo. Voglio davvero capirlo, voglio scoprire come mai al solo pensiero di lui mi fa sperare che la frase pronunciata da Fedez sia vera e voglio scoprire perchè il fatto di andare a pranzo con lui mi renda così nervosa. 
Fortunatamente non ho tempo di darmi una risposta che probabilmente non sarei stata in grado di formulare, in quanto è arrivato il diretto interessato. Si presenta dentro una Berlina nera, molto bella devo dire, che mi sorride da dietro il vetro. Sorrido di rimando, non potendo fare altro, e salgo nella sua macchina.
Che lo spettacolo abbia inizio.




Ore 13:12. Siamo fermi al semaforo e tra di noi regna il silenzio, ma non uno di quelli causati dalla tensione, bensì un silenzio che ti fa sentire a tuo agio, in una condizione di serenità.
Non c'è bisogno di tante parole con lui e lo stesso vale per me, a parte i vari convenevoli iniziali e le solite domande su come stessimo a cui la gente solitamente preferisce rispondere 'bene' per non dover raccontare i propri fatti. L'unico suono a rompere questo silenzio è la melodia prodotta dalla radio della Berlina di Michael, da cui, per uno strano gioco del destino, provengono le note di "Enjoy the Silence" dei Depeche Mode.

Picchietto le unghie laccate di nero a tempo di musica mentre guardo fuori dal finestrino osservando le varie persone che passeggiano nel marciapiede.
È strano il fatto che nelle città grandi come Milano o Londra i passanti passeggino senza far caso agli altri soggetti che li circondano. Sono tutti troppo occupati a pensare ai fatti loro, a non arrivare tardi al lavoro o a casa, dimenticando a volte di prendere un respiro e fermarsi.
L'esempio più palese è questa donna, bella, sulla quarantina. La sto osservando mentre attraversa la strada in fretta, rischiando di andare addirittura contro qualcuno ma infischiandosene e proseguendo la corsa per raggiungere l'altra parte della strada. Sta parlando al telefono e sembra sfinita, forse va a prendere i figli a scuola o forse è semplicemente in pausa pranzo e deve sbrigarsi. Vorrei continuare a vedere cosa fa, ma il semaforo è di nuovo verde e noi sfrecciamo via, lasciandola alla sua vita e continuando la nostra.

La popstar seduta accanto a me intanto canticchia le parole della canzone ormai finita e di tanto in tanto, esattamente come faccio io, mi lancia delle occhiate fugaci.
Mi piace mentre guida, sembra rilassato e in più il sole gli illumina il volto, coperto in parte dagli occhiali, in modo da farlo apparire quasi non umano. Devo seriamente smettere di pensare a queste cose, o altrimenti diventerò pazza e non voglio andare al manicomio a questa età. È troppo presto.

Parte una nuova canzone e subito riconosco la voce del cantante: è Michael. Mi giro verso di lui prendendolo in giro «Oh ma come siamo modesti! Addirittura una tua canzone, ma complimenti» gli dico ridendo, cosa che fa anche lui appena finisco di pronunciare la frase.
«Non guardare me, it's the radio» dice lui in tutta risposta «Vuol dire che hanno un buono gusto per la musica» si giustifica, facendo il gradasso. Effettivamente "Staring at the sun" è una bella canzone, anche se non è proprio il mio genere. «Ma sentitelo!» replico poi, io.
Mi piace scherzare così con lui, è semplice farlo. Non richiede uno sforzo da parte di nessuno dei due, ci viene naturale stuzzicarci a vicenda. E questa cosa mi diverte da matti, visto che lui è una persona di quelle che stanno sempre al gioco e che hanno subito la risposta pronta.
Il resto del tragitto lo passiamo ridendo o canticchiando, lui in modo impeccabile e io, beh, io no. «Ho famissima» constato più a me stessa che a lui, mentre chiudo lo sportello seguita a ruota dalla popstar. Lui ride, ma io sono seria. Ancora non ha capito che quando si parla di cibo con me non è mai uno scherzo?
Mi fa strada verso l'entrata del ristorante, dove veniamo accolti da un cameriere che ci scorta al nostro tavolo. È un bel posto, piccolino ma accogliente e in più, a detta di Mika, è piuttosto riservato e non rischia di essere riconosciuto. 
Ci sediamo e iniziamo a parlare del piu e del meno di cosa abbiamo fatto questi giorni, dato che non ci siamo visti, e mi dice di aver lavorato su una nuova collaborazione con Fedez. Mi congratulo con lui e prevedo un singolo di successo, vista la bravura dei due artisti.
Il ragazzo torna a prendere le ordinazioni riservando un occhio di riguardo per me, cosa che non mi da fastidio, infondo non è niente di che. Vedo Michael raggelare appena questo se ne va verso la cucina. 
Osservo turbata il cantante davanti a me mentre giocherella nervosamente con le chiavi della macchina, lo sguardo fisso sulla targhetta con il numero del tavolo. «Ehi popstar! Che succede?» gli chiedo, appoggiando una mano sulle sue e facendolo smettere di torturare quel povero mazzo di chiavi «Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
Si limita a fermarsi e a guardare le nostre mani a contatto. Sto cercando di accantonare la scarica di adrenalina provata nel toccarlo e mi concentro su di lui. «Quel tipo non ti ha tolto gli occhi di doso da quando siamo qui» dice a voce tanto bassa da essere quasi un sussurro «It's enervating» conclude, passandosi una mano tra i ricci con fare nervoso. 
«Non so perchè abbia fatto così, sembrava quasi che fosse geloso» ed ecco che le parole del rapper tornano a logorarmi.
La risposta di Michael mi ha lasciato interdetta, ovviamente non mi aspettavo una risposta del genere. Deciso così di sorvolare e fare finta di niente facendo procedere il pranzo nel miglior modo possibile, nonostante sia un'impresa abbastanza ardua.
Per fortuna peró, a parte un iniziale momento di imbarazzo, è andata piuttosto bene e alla fine abbiamo dimenticato (più o meno) la situazione di prima. È infatti quando ci alziamo, che il cameriere mi richiama e mi lascia un biglietto.

Stupita, lo osservo andare via mentre sento due occhi fissi su di me. Apro il foglietto e inizio a leggere: 'Se hai voglia di uscire, chiamami. Sono Marco' è il testo, seguito poi da un numero di telefono.
Alzo lo sguardo e incontro subito quello di Michael, sembra quasi furioso.  
Mi trascina letteralmente fuori, spingendomi con una mano sulla schiena. Appena oltrepassiamo l'uscita mi fermo di scatto, mentre lui prosegue imperterrito ad andare vero la macchina.
È quando non sente più i miei passi dietro di lui che si ferma e si volta verso di me. «What are you doing? We had to go» dice duro, sottolineando l'ultima frase.

Ok, questa situazione mi sta stancando. Non puó pretendere di darmi ordini e di fare anche l'arrabbiato. «No, non vado da nessuna parte se non mi spieghi che sta succedendo e perchè hai cambiato umore da un minuto all'altro!» la mia voce deve essere salita di un'ottava mentre pronuncio ció, ma poco mi importa.
Non mi muoveró di qui fino a che non otterró una qualche sorta di risposta.

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Capitolo 7
*** Sette. ***


Sette.




Sono qui ferma davanti ad un ristorante il cui nome mi è passato di mente, tanto sono confusa e arrabbiata con il ragazzo che non si degna neanche di rispondermi.
Ci stiamo fissando negli occhi per quelli che sembrano anni, senza neanche dire una parola. Voglio davvero scoprire il perchè di questa sua reazione.. Stava andando tutto bene fino ad ora e non riesco a capacitarmi di cosa sia successo per averlo fatto infuriare così tanto. Perchè sì, si vede che è arrabbiato. E che io sono la causa, anche se non ho capito dove ho sbagliato.

«Potresti almeno rispondermi al posto di continuare a guardarmi così» commento acida. Il lato brutto del mio carattere sta venendo fuori. Posso essere simpatica, spigliata e gentile ma nel momento in cui mi arrabbio, divento veramente una vipera. Non mi capita spesso, ma quando succede non mi ferma nessuno. È per questo che cerco sempre di controllarmi il più possibile, ma Michael mi sta rendendo le cose sempre più difficili e credo proprio che entro breve tempo mi lasceró andare.
Continua a ripetermi, o meglio ordinarmi, che dobbiamo ritornare agli studi di XFactor. Ho capito, lui non mi dirà niente e tutto ció non è altro che una causa persa in partenza.
Ma questo non vuol dire che io mi arrenda così facilmente. Non pensasse neanche per un secondo che solo lui puó stare sulla difensiva, perchè non intendo rivolgergli la parola fino a quando non mi dirà cosa gli prende.

Il viaggio di ritorno è, come mi aspettavo, silenziosissimo e la tensione è alle stelle: nessuno dei due è intenzionato a cedere. Io di sicuro non lo faró.
Diversamente dall'andata non ci sono sguardi complici o occhiate fugaci, lui fissa la strada con la mascella contratta e io continuo a guardare fuori dal finestrino, sperando di arrivare il prima possibile.

Dopo un quarto d'ora di vera e propria agonia siamo finalmente giunti al termine. Non mi giro neppure e, senza dire una parola, vado per aprire lo sportello ringraziando dio di essere
arrivata.
Non vedo l'ora di scappare da questa situazione bizzarra e malsana, tant'è che mi fiondo direttamente verso l'entrata. Ma non faccio un tempo ad andare verso il cancello che mi si piazza davanti lui.

«Come hai detto tu, dobbiamo andare. Lasciami passare. Hai avuto tempo di dire qualcosa, ora siamo in ritardo» dico ció con tutta la cattiveria che ho in corpo, mi ha trattato davvero male e se c'è una cosa che non sopporto, è proprio questo. Provo a spostarmi verso destra, ma prontamente mi blocca di nuovo il passaggio.
«Why don't you understand?» bene, ora ha iniziato a parlare solo in inglese. Sa che posso capirlo benissimo, quindi la domanda che mi viene spontanea è: capire cosa? 
«Cosa dovrei capire?» Ora sono davvero confusa. Arrabbiata, certo, ma anche confusa. «E ti prego, parla in italiano sta volta».
Vedo Michael sospirare e volgere lo sguardo verso il basso. Non credo intenda rispondermi. «Senti, io me ne vado, quando sarai tornato a comportarti come una persona normale fammi un fischio» concludo, riuscendo sta volta ad oltrepassarlo.
Neanche il tempo di fare due metri che vengo presa per un braccio e trascinata verso sinistra. Ma che cazzo succede? Mika mi ha praticamente trascinata via e io non potendo fare resistenza, sono costretta a seguirlo contro la mia volontà.
Dopo aver percorso un breve tragitto, ci ritroviamo in una parte deserta dell'arena, in cui non ero mai stata e dove non passa nessuno. Finalmente si ferma e mi si pianta davanti, senza peró continuare a tacere.
Strattono violentemente il mio braccio, facendolo scivolare dalla sua presa ferrea e inizio a sbraitargli contro.
Chi si crede di essere? Non puó fare come gli pare. «Mi spieghi qual è il tuo problema? Non hai neanche la decenza di parlarmi e ora mi hai praticamente costretto a venire qui per cosa?» ora sto decisamente urlando, ma in tutta onestà non ne posso più. 

«You!» dice guardandomi negli occhi, io cosa? «Tu sei il mio problema!» ora sta gridando anche lui «You drive me crazy e io non so perchè».
E poi è successo tutto in un attimo. Non ho avuto neanche il tempo di ragionare, di metabolizzare.  
Il ragazzo che fino ad un minuto prima mi stava sbraitando contro, mi sta baciando.
Michael Holbrook Penniman Junior mi sta baciando. 

Non riesco a capire che sia potuto accadere visto che fino un attimo fa stavamo litigando, almeno fino a quando mi ha ripreso per un braccio e ha toccato le mie labbra con le sue. Ma non è un bacio delicato, piuttosto feroce, famelico. Quasi come se lui avesse bisogno di me, e io avessi bisogno di lui.. 
Infatti, se in un primo momento ero rimasta palesemente scioccata dal gesto, ora non posso fare altro che rispondere. La verità che a me piace baciarlo. E che forse sto provando cose che non dovrei affatto provare. Un turbinio di emozioni, ecco cosa. Sto letteralmente passando dall'essere contenta dal gesto all'essere furiosa per come mi ha trattato fino ad ora, dall'essere sconvolta perchè una popstar sta baciando ME all'essere insospettita. 
È tutto talmente confuso. Io, lui probabilmente, la situazione in sè. Ma un flash mi ritorna in mente come un fulmine a ciel sereno: lui è gay. E tutto ció è sbagliato.
Mi stacco subito da Michael, ponendo fine al bacio anche se non avrei voluto. Va bene così. Lo guardo un momento negli occhi in cerca di una spiegazione e posso vedere una strana luce dentro quelle iridi nocciola. L'imbarazzo regna sovrano, mentre continuiamo a fissarci e il rumore a malapena udibile dei nostri respiri affannati fa da sottofondo.
«Perchè?» ora sto sussurrando, avrei voluto dire tante cose ma l'unica che mi è uscita è stata solo questa. È strano ritrovarmi senza parole, eppure ora non me ne vengono in mente altre, come se nella mia testa non ci fosse niente, completamente vuoto. 
Probabilmente Michael si aspettava una domanda del genere visto che la sua faccia non mostra sorpresa, tuttavia non sa cosa rispondere. «I d-don't know.. I just..» sta balbettando, è in imbarazzo. Sono io quella che dovrebbe essere imbarazzata! Non lui! 
La sua risposta mi è bastata per farmi riprendere da questo stato momentaneo di trance. Un motivo ci deve pur essere, insomma. Io non vado a baciare qualcuno così tanto per, ci deve essere qualcosa. Che non mi vuole dire, per giunta. Io peró me ne levo fuori, preferisco uscire da questa situazione prima che sia troppo tardi. «Io non so sul serio che ti prende oggi. Prima mi urli contro, poi mi baci. Mi conosci un mese, Cristo santo! E in più non sai darmi neanche una risposta, che dovrei pensare?» la mia domanda è retorica e per fortuna lui non risponde, ma si limita a guardarmi. Sta ascoltando attentamente ogni singola parola pronunciata da me, come se le stesse aspettando da sempre «Io me ne tiro fuori, non voglio far parte dei tuoi sbalzi di umore! Ti chiedo solo di lasciarmi in pace e basta, per favore Michael. Non mettermi in mezzo a queste situazioni» concludo. 
Lo so che ha capito, lo vedo dai suoi occhi. Spero che abbia recepito tutto. Non voglio essere cattiva, ma credo sia meglio così. 
Ho già una vita strana, non voglio complicare ulteriormente le cose, non ho bisogno di altre incomprensioni. E Michael, a quanto pare, è una di queste. 


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Capitolo 8
*** Otto. ***


Otto.








Il pomeriggio procede lento e noioso. I fatto avvenuti dopo pranzo mi hanno davvero provata e non mi permettono di fare alcun tipo di cosa. Per fortuna, almeno per ora, io e Michael non ci siamo incontrati ed è meglio così, visto che al solo pensiero mi sale una rabbia mai avuta prima.
Che diavolo gli è preso? Lui è gay e a me non piace, credo. O forse sì, ma non è importante. Sono infatti piuttosto sicura che il mio piccolo "interesse" verso di lui sia dovuto esclusivamente al fatto che sia un bel ragazzo. Perchè andiamo, Michael è veramente bello, una di quelle persone che se te lo incontrassi per strada saresti costretto a fermarti per guardalo meglio e osservare i suoi occhi dolci e profondi.
Cercando di scacciare questi pensieri per la millesima volta nel giro di due ore, guardo l'orologio e mi rendo conto di dover stare qui un'altra ora. Sto veramente tentando di non impazzire, Pamela se ne è andata per accordarsi con i tecnici riguardo ai comunicati da pubblicare sui vari profili di XFactor, che saranno attivi a partite da giovedì prossimo, ovvero quando ci sarà il primo live.
Ebbene sì, i giudici hanno già deciso i dodici concorrenti che si esibiranno in diretta davanti al pubblico italiano e devo ammettere che sono tutti molto bravi e simpatici. Ovviamente non li conosco più di tanto, visto che ho scambiato con loro solo poche chiacchiere ai Bootcamp.
Gli altri giornalisti mi hanno, poi, già avvertito di quando tutto ció sia stressante e noioso: da quando manderanno in onda la puntata, ogni giorno dovremmo pubblicare una serie di articoli riguardanti ció che si svolge negli studi. Uno spasso insomma. Inoltre, la restante parte di collaboratori deve addirittura occuparsi di monitorare i vari profili sui social e sull'app.
Non mi sarei mai immaginata che dietro questo programma ci fosse tutta questa amministrazione e organizzazione scrupolosa, anche la scelta delle parole è fondamentale, come dice sempre la mia professoressa di scrittura.
Per quanto molto spesso mi ritrovi a pensare che tutto ció sia noioso agli occhi degli altri, non riesco a non rimanerne affascinata. Scrivere è bellissimo, è una forma d'arte, con esso puoi fare tutto.
Qualcuno ha detto che chi ha una penna e un foglio puó fare ció che vuole, ed ha assolutamente ragione. Probabilmente è per questo che ho accettato di fare questo stage, infondo è una nuova esperienza e favorirà la crescita delle mie competenze anche in ambito letterario.
Decisa a buttare giù qualcosa anche per mantenere la mente allenata, accendo il computer che ho davanti e inizio ad andare su internet. Apro la mia e-mail e vedo che c'è un nuovo messaggio da leggere. Lo apro: viene dal professor Sborzacchi. Vuole sapere come sta andando e se io mi sia ambientata, visto che non lo vedo da parecchio tempo. Per mia grande fortuna, siamo riusciti a far conciliare il mio tirocinio a XFactor con il semestre privo di lezioni e di esami, altrimenti credo che avrei avuto molti problemi.
Gli rispondo in fretta, riferendo un breve excursus su ció che faccio qui e su come stanno procedendo i miei "studi". Che in realtà vanno bene, anche se i recenti fatti non è che mi abbiano reso tanto felice, anzi.
Sbuffo ripensando al comportamento dell'inglese e non posso fare altro che infuriarmi con lui, perchè mi ha baciato senza un motivo e con me, che non riesco a togliermi l'accaduto dalla testa.
Ad interrompere i miei pensieri, se Dio vuole, è un Alessandro Cattelan tutto sorridente e saltellante. Io non so dove trovi tutta questa energia, davvero. «Ehi studentessa» mi saluta «hai voglia di venire con me? Devo andare a scegliere i vestiti per la diretta di giovedì» spiega, mettendosi a sedere sulla mia scrivania. Accetto felice, visto che mi ha sicuramente salvato da un pomeriggio monotono.
Mi porge così la mano destra, che io prontamente afferro, per tirarmi su. «Come mai fai venire me?» gli chiedo curiosa, mentre camminiamo verso il suo camerino «non ci sono persone esperte in questo?»
Lui mi guarda un secondo, per poi aprire una delle porte dello studio e lasciarmi passare per prima. Che galantuomo. «Mi piace il tuo stile» dice semplicemente, alzando le spalle «la tizia che c'era prima mi metteva ansia e mi faceva vestire come un vecchio» spiega come se fosse la cosa più scontata del mondo. La sua risposta mi basta e non faccio ulteriori remore. 

 

 

Siamo qui da quaranta minuti e io sto seriamente per uccidermi. Non avrei mai pensato che Alessandro Cattelan fosse così precisino riguardo l'abbigliamento: per scegliere una semplice giacca ci stiamo mettendo un'eternità. E quella è troppo blu, quella troppo scura, quella no perchè lo ingrassa, quella lo fa sembrare un ragazzino di quindici anni. My God.
E’ anche per questo che ormai ho preso possesso di una delle sue poltrone di pelle, sono fantastiche. Mentre sto comodamente stravaccata su di essa, sento un urlo disumano provenire dall'altra stanza, dove si trova Alessandro.
«Ale? What the hell are you doing?» il suo grido deve averlo sentito anche un certo inglese, visto che si precipita nel camerino del conduttore. Ci mancava solo questa.
Non appena mi vede, si blocca all'istante e io con lui. Credo di star trattenendo il respiro, tanto sono a disagio. Mi ero già programmata tutto per non incontrarmelo: io l'avrei evitato tutto il tempo e poi sarei andata via 10 minuti prima, evitando di incrociarlo in qualche modo. Ma quando si dice la sfortuna..
«Ciao» un Michael titubante si rivolge a me «che ci fai tu qui?» Non ho intenzione di rispondere e tantomeno di parlare con lui, perció nel momento in cui compare Alessandro mi ritrovo a ringraziare tutte le divinità di mia conoscenza.
«Opss, scusa Mich. Si è sentito per caso? » dice il conduttore per poi scoppiare a ridere. È una forza della natura quest'uomo.
«Ma no Ale, che ti pare?» rispondo io, sorniona e per un attimo mi dimentico della presenza del cantate vicino la porta. Ma solo per un attimo.
In risposta ricevo una linguaccia e una cuscinata in faccia, mentre continuo a sentire uno sguardo penetrante su di me. Decido di ignorarlo e maledico mentalmente sia lui che il proprietario del camerino per avermi quasi demolito la faccia con un cuscino. «Allora hai deciso o ancora siamo in alto mare?» gli chiedo, sperando vivamente che mi confermi la prima ipotesi.
Alessandro deve aver visto la faccia confusa di Michael, poichè si affretta a spiegare «Bekah mi sta aiutando con l'outprit, outsit, utfìts.. quella cosa lì insomma, da mettere giovedì» dice rivolto alla popstar.
Rido, seguita a ruota da quest'ultimo. «Si dice outfit» lo corregge poi, beccandosi un "e io cosa avevo detto?" da parte di un finto Cattelan offeso, che tenta di convincere Mika a rimanere. «Ora che sei qui, dammi un parere anche tu che altrimenti io e Bekah finiamo per scannarci. Credo di averla portata all’esasperazione oggi» mi indica, beccandosi un'occhiataccia da parte mia. Ti prego, ti prego, ti prego non fermarti. Vai via e continuiamo questa conversazione un altro momento in un altro giorno di un'altra vita.
«Va bene» acconsente semplicemente per poi guardarmi. Come se non bastasse si siede addirittura sulla poltroncina accanto alla mia, l'idiota.
L’imbarazzo e la tensione a questo punto hanno preso il posto del bel clima pacifico che prima del suo arrivo si era creato. Alessandro infatti è ritornato nell'altra stanza per provarsi i sui "outprits" , in modo che noi due possiamo giudicare il migliore.
Afferro il telefono, evitando in qualsiasi modo il suo sguardo e una possibile conversazione con l'individuo seduto vicino a me. Entro sul gruppo 'Roomates powah’ per vedere le varie cavolate che i miei coinquilini stanno scrivendo. Mentre scorro i vari messaggi riguardanti idee su cosa fare stasera, ho un'illuminazione: c'era una festa al The Club di un tizio che avevo conosciuto una sera lì con Benetetta. Esattamente quello che ci voleva. Ricevo tutte risposte positive e, con un sorriso sulla faccia, saluto i miei amici e blocco il telefono.
Appena peró alzo lo sguardo, incontro l'espressione curiosa di Michael. Sbuffo, girandomi poi dall'altra parte iniziando ad osservare una specie di statuetta a forma di scimmia verde, che si trova sopra uno dei mobili.
«Hai intenzióne di non considerarme?» mi chiede, sperando in una mia risposta che peró non arriva. Ma che bella questa scimmietta, così colorata. Preferisco esplorare le varie caratteristiche di questo strano oggetto piuttosto che socializzare con lui. Non ho intenzione di parlargli, voglio solo finire questa cosa, andare a casa, stare con i miei amici e divertirmi.
«Posso spiegarti?» continua imperterrito. Ah, ora vuole spiegare. Peccato che io non abbia intenzione di starlo a sentire. «Per favore» non appena mette una mano sulla mia gamba, mi volto verso di lui e lo fisso. Non posso farne a meno. Non so per quanto stiamo così, io che lo guardo in quegli occhi profondi e castani e lui che si appoggia sul mio ginocchio.
Ad interromperci ci pensa la voce di Alessandro, che ci avverte di prepararci per mostrare ció che ha scelto. Accavallo così le gambe, facendo cadere la sua presa su di esse e voltandomi verso la porta da dove esce il conduttore. Si è messo una giacca assolutamente perfetta: fatta di strass viola, blu e neri. È questa la prescelta.
Applaudo divertita le mani appena lo vedo e il mio gesto deve avergli fatto piacere, visto che mi fa un inchino e un giro su se stesso. «È lei Ale, è lei» gli dico sorridendogli. Gli sta davvero bene e poi è particolare, colorata, originale esattamente come la sua personalità.  Anche Michael è d'accordo con me e gli fa i complimenti riguardo l'abbinamento.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere, decido di andarmene e levare le tende. Questa situazione sta diventando strana e ho paura che si possa vedere, perció saluto i due e, guardando l'ora, mi incammino fuori realizzando che per mia fortuna posso tornare a casa.
Purtroppo per me, la ruota non gira neanche sta volta a mio favore. Vengo infatti prontamente raggiunta da Michael, che allunga il passo quando cerco di far finta di non aver sentito la sua voce che mi richiamava.
«Ehi» mi dice, camminandomi a fianco «We need to talk, please.. Io voglio spiegarte» continua mischiando il suo inglese con un italiano non altrettanto corretto.
Respiro profondamente, questa volta rispondendogli cordialmente senza tanti giri di parole. «Io non ho niente da dirti, sul serio. Facciamo finta di niente e basta» penso davvero che sia meglio così, possiamo continuare la nostra vita tranquillamente senza starci a fasciare la testa per qualcosa senza senso.
«But io sì, per favore» continua a provare a convincermi. Ormai siamo arrivati all'uscita degli studi e, dopo aver salutato con un sorriso le persone che incontriamo, mi blocca il polso per quella che credo sia la quinta volta della giornata.
Sa che oramai sono costretta ad ascoltarlo, dato che non ha intenzione di lasciare andare il mio braccio tanto facilmente. «Io.. Non so why I've kissed you.. Maybe volevo solo provare» inizia. 'Provare cosa?' penso dentro di me, ma non faccio in tempo a chiederglielo che lui continua «A pranzo ero gialoso, perchè sono atratto da te, but I'm gay» confessa, forse più a se stesso che a me.
Dire che sono scioccata è dire poco. Cioè io gli piaccio per qualche strano motivo a me e a lui, credo, sconosciuto e a lui inoltre piacciono gli uomini. E io non sono un uomo e di questo sono convinta. Quindi, che diavolo stiamo facendo? Mi ha totalmente preso in contropiede «Si dice geloso» è l'unica cosa che infatti so dire.
Devo averlo confuso, aggrotta le sopracciglia, così gli spiego «Geloso, non gialoso» e calco la pronuncia per far sì che colga la differenza.





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Capitolo 9
*** Nove. [First part] ***


Author's corner

Okay, perdonatemi per aver aggiornato la storia così tardi. Sono stata impegnatissima e l'altra mia FF sempre su Michael, ovviamente, mi ha preso tantissimo. Sooooo, ci tenevo a ringraziarvi per le visite e per le recensioni e a invitarvi a leggerla hhahaha si chiama "Love me two times" ed è vista da una prospettiva moolto diversa da questa che c'è in "Just take a breath".
Comunque, questo capitolo è solo una parte, la prima. Volevo infatti farlo più lungo, ma poi ho deciso di dividerlo altrimenti non saprei dire quanto altro tempo sarebbe dovuto passare perima di aggiornare. 
Okay, ora me ne vado e vi lascio alla vostra lettura, sperando sempre che vi piaccia :)
Besoooos :)
Alice








Nove.



«..E niente, questo è quanto» sospiro, terminando il mio racconto riguardo il susseguirsi di eventi anormali avuto oggi.
Sono in camera con Benedetta e la sto aggiornando su quello che c'è stato tra me e Michael, ovvero il bacio e il suo discorso, dove provava a spiegarmi il motivo di quel gesto. Devo averla scioccata, visto che da quando ho concluso di raccontare non ha fatto un frizzo ed è rimasta a bocca aperta. È normale, penso, ho avuto esattamente la sua stessa reazione, solo molto prima di lei.
«Okaay, ora basta di guardarmi così» le dico, vedendo che non accenna a muoversi. Va bene che è sconvolta ma se lei è così, io come posso stare? «Seria Bon, smettila. Mi inquieti» continuo, aggrottando le sopracciglia. Sventolo una mano davanti ai suoi occhi per farla rinvenire, e solo dopo questo pare riprendersi magicamente. Grazie a Dio.
«Cioè, l'hai baciato? Hai baciato un cantante famoso, una popstar mondiale! Complimenti Bekah» esclama, gongolando.
«Nonono, LUI ha baciato me! Io non ho fatto niente, calma» le rispiego, mentre inizio a gesticolare. Ho questo brutto vizio di iniziare a sventolare in aria le mani come un poliziotto sparti-traffico, quando sono nervosa. Ed adesso lo sono, sia per la situazione in sé, sia per Bon che si sta comportando come un'idiota.
«Okay come vuoi..» continua a prendermi in giro, per poi fermarsi a ragionare un attimo «Ehi! Ma tu gli hai risposto davvero in quel modo?» dice, dopo aver avuto un'illuminazione, iniziando a ridere.
La sua risata mi giunge talmente divertita che non posso fare a meno di imitarla a mia volta. Va bene, ammetto che rispondere a tutto quel monologo con solo la spiegazione della pronuncia corretta non sia stato proprio il massimo. «Ma non sapevo che dirgli, andiamo!» esclamo dopo essermi ripresa.
«Poi che è successo?» domanda lei, sempre più curiosa, mettendosi più comoda sul letto.
Imito le sue mosse, schiarendomi la voce. «Poi niente» spiego scrollando le spalle «Per fortuna l'ha chiamato uno dei produttori e io sono praticamente sgattaiolata via» continuo, ripensando alla scena.

Non so che dire, davvero. È tutto così strano per me, è tutto così surreale. Ma perchè devo essere messa in mezzo sempre io? Non si poteva, che ne so, invaghire di un'altra qualsiasi ragazza sulla terra? È gay, diamine.
Eppure non riesco a non essere contenta almeno in piccola parte, c'è uno 0,1 % di me che non avrebbe sopportato l'idea di lui con un'altra. E questo non va bene, non va bene per niente.
«Si ha ragione, sorry» mi dice sorridendo, devo aver tolto con la mia “battutina” almeno un po' di imbarazzo che ormai si era creato.
Non posso fare a meno di piegare le labbra in un sorriso, a mia volta e mentre lo faccio, non penso ad altro che a quanto questa situazione sembri perfetta, da fuori. Insomma, non capita spesso che una popstar mondiale si sia interessata a te. Ma a me, sembra tutto tranne che perfetta. È un totale casino!
«So.. what do you think about this?» mi chiede, poi, abbassando lo sguardo. Deve essere a disagio,non più di me comunque.
«Io.. ehm..» per una strana botta di culo, non faccio in tempo a rispondere che sentiamo una voce chiamare Michael. Sia lodato il Signore, grazie!
«Ehm.. ne possiamo parlare later? I have to go» mi dice, dispiaciuto. Beh, io non sono proprio dispiaciuta, anzi. Sto letteralmente gioendo dentro.
«No tranquillo, faremo un altro giorno» provo a dileguarmi io. Sto già immaginando che Mika non mi lasci andare, ma per la mia seconda botta di culo della giornata la voce del produttore lo richiama di nuovo.
Sembra incerto sul da farsi, so che vorrebbe continuare la conversazione ma deve andare. E chi sono io per impedirlo? «Vai, vai» lo incito, sorridendogli incoraggiante.
Devo averlo convinto, visto che mi saluta e corre via verso l'interno. Finalmente, libera.

La vedo annuire e mi butto sul letto, iniziando ad osservare il soffitto. Dovrei attaccare più foto, penso, ci sono alcuni spazi vuoti che non mi piacciono. E così è la mia vita, esattamente così per l'appunto.
Sopra il mio letto ci saranno non so quante foto mie, dei miei amici, della mia famiglia, dei posti dove sono stata, dei viaggi che voglio fare. Eppure ci sono ancora spazi vuoti, forse per qualcuno che deve arrivare, o forse semplicemente per nuove avventure che dovranno accadere.
Sento un peso buttarsi accanto a me, è Bon. «Andiamoci a preparare per il The Club, stasera ti voglio splendida» dice lei, sorridendomi.
Mi volto verso la mia amica, sorridendole a mia volta. È una sorella perfetta per me.

 

 

«Il tavolo dovrebbe essere lì, venite» dice Alex, indicandoci la direzione. Siamo al The Club e stasera c'è un casino infernale, so che di solito è molto popolare come discoteca, ma stasera si rischia davvero di non respirare dalla gente che c'è.
Afferro la mano che gentilmente mi porge il mio amico, vedendo Chris fare lo stesso con Benedetta. Maledetti tacchi, sono belli per quanto sono scomodi. In più in serate come questa ammetto di non aver fatto un'ottima scelta mettendomeli e infatti tutte le volte mi riprometto di non mettermeli, ma puntualmente mi faccio persuadere da queste scarpe che mi guardano con occhi da cucciolo. Posso resistergli? Assolutamente no.

Dopo aver percorso un breve tragitto, che però è durato tanto a causa della calca, siamo giunti finalmente ai nostri divanetti, dove ad aspettarci ci son alcuni nostri compagni di corso.
«Okay, primo giro?» domanda la mia amica, dopo aver posato la borsa sul tavolo. Annuiamo tutti contenti, stasera voglio ubriacarmi e non pensare a niente.
Appena arriva il cameriere, ordiniamo vari shortini e cocktail che prontamente arrivano. Ingurgito la mia tequila in un solo sorso, non prima di aver fatto un brindisi 'Alla nostra' con gli altri. Faccio una faccia schifata da quanto sia forte ciò che sto bevendo quando il liquido mi attraversa la gola, espressione imitata anche dagli altri.
«Dovrebbe venire anche Fedez, dopo» mi dice Chris, alzando la voce per farsi sentire da me.
«Come mai?» urlo a mia volta, corrugando la fronte. Da quanto sono così amici? E perchè io non ne sapevo niente?
«L'ho sentito prima, ha detto che verrà con alcuni amici» conclude, poi.
Annuisco, Fedez mi è simpatico e la sua compagnia non mi turba affatto. Mi diverto sempre un casino quando è nelle vicinanze, quindi la sua presenza è gradita. Dopo altri vari giri di brindisi e bevute, posso considerarmi alticcia e decido di andare a ballare. Trascino così Benedetta e le altre ragazze verso la pista, insultando quelle tante persone che spingono o che mi si mettono in mezzo, facendomi traballare un po'.
Quando finalmente siamo arrivate ad un posto decente dove poter ballare senza rischiare di essere soffocate o cose del genere, inizio a concentrarmi esclusivamente sulla musica. Ancheggio così a ritmo delle canzone messe dal dj e mi ritrovo a complimentarmi con lui mentalmente, ottime scelte di brani.
Mentre le casse fanno rimbombare la voce di David Guetta, vedo due visi familiari dirigersi verso noi: Chris, seguito a ruota dal rapper e da quelli che presumo siano i suoi amici. Il mio amico mi fa cenno di avvicinarmi a loro, cosa che faccio, dopo aver avvertito le mie amiche che sarei tornata subito.
«Ehi ragazza troppo alta!» mi saluta, sorridente. Mi ritrovo a guardarlo dall'alto al basso a causa delle mie scarpe. Okay che ho acquistato 15 cm con un colpo solo, ma c'è da ammettere che anche lui non è che sia chissà quanto alto.
Lo saluto a mia volta, rivolgendo un sorriso anche ai due ragazzi vicino a lui, che mi presenta. Scopro che si chiamano Danny e Fabio. Devo averli già incontrati da qualche parte, anche se non mi ricordo dove, ma comunque hanno facce conosciute.
Mi intrattengo a parlare con loro alcuni minuti, chiedendogli se fossero solo loro. In quel caso avrebbero potuto benissimo unirsi al nostro tavolo, essendo solo in tre.
Tuttavia mi rispondono di essere insieme ad altri loro amici, che però hanno peso di vista tra la folla, e alle loro ragazze, che invece li stanno aspettando al tavolo.
«Bene! Dopo allora vado a salutare Giulia» dico a Fedez, sorridendo felice. In questo mese, oltre che con i vari componenti di Xfactor ho stretto anche con la sua fidanzata. Poiché molto spesso il rapper è occupato con la trouppe o con lo staff e che io mi annoio, non avendo niente da fare, avevamo iniziato a parlare e a fare vari commenti sul tutto. Inutile dire che in pochissimo tempo ci eravamo ritrovate a diventare amiche.
Subito dopo mi congedo, provando a ritornare dalle mie amiche in pista, ma senza risultati. Visto che me le sono persa. Ora come diavolo faccio? Avanzo un po' e poi mi giro, cercando con lo sguardo almeno Chris o il tavolo dove erano i miei amici, ma senza risultato.
Sbuffo spazientita, mi sono persa tutti tra la folla. L'unica cosa che vedo è il bancone del bar e così decido di fare un tentativo, forse sono lì. E se non ci sono, pace, mi berrò qualcosa per conto mio. Ovviamente, non c'è nessuno di mia conoscenza neanche qui, che bello.
Mi ritrovo di nuovo a maledirmi per non aver fatto più attenzione e ordino alla barista una vodka, senza ghiaccio. Dopo un minuto me la porta e ingurgito tutto l'alcool presente in quel bicchierino.
Lo appoggio sul piano e monto sullo sgabello. Mi sporgo sulla sedia, tentando di individuare qualcuno dei miei amici che mi stanno bellamente ignorando, anche se non proprio di loro spontanea a volontà.
Sono talmente presa dalla ricerca che non mi rendo conto neanche della presenza accanto alla mia destra. Con gli occhi che saettano, tento di intravedere, nuovamente, qualsiasi tizio che conosco ma niente da fare.
«Chi cerchi?» mi fermo. Respiro. So di chi è questa voce, la potrei riconoscere tra mille. Nonostante la musica alta, la gente che urla, che canta, che ordina da bere. La sento, forte e chiara nella mia testa.
«Che ci fai qui?» chiedo, non rispondendo alla sua domanda.
«Lo sai che non si risponde with another question?»
«L'hai appena fatto anche tu, mi pare» mi rigiro verso la pista, non riesco a guardarlo negli occhi, non almeno da oggi pomeriggio.
«Sono venuto with Fedez» dice semplicemente. Non credevo avrebbe risposto. Annuisco, ora ho scoperto chi fa parte degli altri amici che il rapper si era perso tra la massa di gente.
«Talk to me» mi dice dopo un po' di silenzio.
«Di cosa?» domando, non degnandolo si uno sguardo.
«Oggi pomeriggio» afferma deciso.

«Michael..» sussurro io, girandomi verso di lui e guardandolo dritto in quegli occhi nocciola.




 

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