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CAPITOLO 1 - Allenamenti
Il cielo, così limpido e
senza nuvole, sembrava quasi stridere con il polverone alzato dallo spiazzo
sottostante: il turbinio di armi e colpi sferzavano l’aria e, con essa, anche la
terra si alzava, formando quella che poteva sembrare una sfera di sabbia.
“Per oggi basta così” decretò
una voce che non ammetteva repliche, mentre i movimenti si fermarono
improvvisamente. Due occhi bianchi, quasi trasparenti, fissavano la donna che si
trovava davanti, ansimante, che con un mano si asciugava la fronte imperlata di
sudore.
“Sta diventando ogni giorno
più difficile riuscire a starti dietro” disse lei, con un bel sorriso, mentre
con un gesto veloce raccolse il rotolo che giaceva per terra.
“Anche tu sei migliorata,
Tenten” asserì l’altro, con un leggero sorriso in volto, mentre anche lui
raccoglieva le sue cose, pronto per tornare a casa.
Tenten sorrise tra sé, sapeva
bene che quello era il tipico modo di Neji per dirle che era stata brava, quel
giorno, e che era l’unico modo con cui se lo sarebbe sempre sentito dire. Era
sempre stata dell’idea che fosse un ragazzo molto particolare, chiuso, ma
crescendo si era resa conto che in fondo era molto cambiato, e tutto grazie a
Naruto Uzumaki. Si mosse velocemente, affiancandolo nel cammino.
“Oggi è stata una bella
giornata, non è vero? E’ stato quasi un peccato allenarsi” esordì lei,
sorridendo. Non appena vide l’espressione accigliata di lui, continuò “non
fraintendermi, non sto dicendo che non mi piacciono gli allenamenti, però il
cielo era completamente senza nuvole, ed era davvero meraviglioso!”
“Davvero era sereno? Non ci
ho fatto caso” disse lui, con tono ingenuo e sincero, facendo spallucce.
*Ha occhi che vedono
lontanissimo, eppure non riesce nemmeno ad ammirare ciò che gli sta intorno*
pensò lei, ridacchiando senza nemmeno accorgersene.
“Ho detto qualcosa di
divertente?” Neji inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
“Eh?” Tenten sembrò quasi
cadere dalle nuvole, si girò istintivamente verso di lui “No, stavo
semplicemente pensando ad una cosa, tutto qui” e poi sorrise. Si accorse di non
averlo convinto del tutto, ma sapeva bene che non avrebbe ribattuto, non era nel
suo carattere.
Continuarono a camminare,
l’uno di fianco all’altro. Ogni tanto lei si trovava a guardarlo, pensando a
quanto fosse diventato alto in questi ultimi tempi, tanto che la superava di
quasi dieci centimetri. Non potè fare a meno di sorridere tra sé, guardando
distrattamente il cielo e salutando alcuni degli shinobi che incontrava, mentre
camminava verso casa. Neji l’accompagnava ogni sera dopo gli allenamenti, quasi
come in un tacito accordo, in parte perché la casa di Tenten era di strada, e in
parte perché pensava che fosse piacevole poter scambiare qualche parola con lei,
sebbene il più delle volte lui stava zitto e lei animava la conversazione. La
guardò aumentare il passo e superarlo, finchè non arrivo di corsa davanti alla
piccola porta di casa sua.
“Ci vediamo presto” disse
lei, salutandolo con un cenno della mano, al quale lui rispose allo stesso modo.
Una volta che fu entrata in
casa, Neji si aggiusto la sacca che teneva in spalla e si rimise in cammino,
diretto verso villa Hyuga. Per quanto amasse il suo clan e per quanto avesse
imparato ad apprezzare Hinata e gli altri membri della sua famiglia, sentiva
quella casa fredda, troppo grande per poter esser riscaldata dai cuori di chi vi
abita. Superò l’imponente androne lasciando le sue scarpe di fuori, salì le
scale, buttò la sacca sopra al suo futon e si diresse in bagno, pronto per farsi
una doccia ristoratrice.
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“Neji-kun, tu verrai al
festival di primavera?” Esordì così Hinata, a metà cena, mentre a tavola tutti i
commensali se ne stavano zitti, intenti a mangiare.
“Il festival di primavera?”
Domandò lui di rimando, quasi automaticamente. Pensava che fosse una cosa
stupida, soprattutto non adatta ad un villaggio di ninja, eppure non riusciva
ancora a capire come potesse riscuotere così tanto successo.
“Sì, il festival di
primavera” fece lei, con un piccolo sorriso “ci saranno tutti…” e si fermò,
arrossendo un poco e abbassando lo sguardo “proprio tutti”
“Ne sono contento” e prese un
mochi, come a far capire alla cugina che preferiva che la discussione finisse
lì.
“Tu non vieni?” domandò poi
lei, non demordendo, e appoggiando il viso tra le mani, aspettando una risposta.
Neji la guardò, un poco
contrariato, mentre posava il mochi sul suo piatto. Sospirò a fondo, chiedendosi
dove volesse andare a parare la cugina.
“Non lo so, ma non penso di
venire” scosse la testa, lasciando ondeggiare i lunghi capelli neri, che
lasciava sciolti in casa. La guardò con occhi interrogativi, più curioso che
irritato.
“Io avevo intenzione di…” si
fermò, arrossendo ancora “di invitare una persona ma…” deglutì rumorosamente
“sì, beh, ecco” cominciò a giocherellare con i capelli “sì, insomma, non
gliel’ho detto”
“Hinata-sama, me ne
dispiaccio, ma non vedo come tutto questo c’entri con me” schietto, come al
solito, forse un po’ troppo. Riprese il suo mochi tra le bachette, pronto a
mangiarselo.
“Neji-kun, potresti
accompagnarmi tu?” Disse lei d’un fiato, imbarazzata.
Per poco il mochi non gli
andò di traverso. Tossì cercando di mantenere un aspetto dignitoso e si colpì
diverse volte il petto, del tutto basito da una richiesta di quel genere.
“Prego?” il tono della voce
non risultò così contrariato come doveva essere, quello che gli uscì dalla bocca
fu un suono leggermente gracchiante, a causa della tosse, tanto che ad Hanabi
scappò una risatina, subito repressa una volta incrociati gli occhi burberi di
suo padre Hiashi.
“Oh, non dovrai stare con me
tutta la sera, è solo che per una ragazza è brutto arrivare senza un
accompagnatore” continuò lei “poi potrai andare, non voglio che tu rimanga se
non desideri farlo” e lo guardò sorridendo, con quegli occhi dolci che avevano
sempre quella sfumatura di supplica, specialmente quando chiedeva qualcosa.
Rimase per un po’ in
silenzio, imperscrutabile, mentre i suoi occhi passavano alternativamente da
Hinata a suo zio. Hiashi aveva assistito alla scena senza aprir bocca,
continuando a mangiare, lanciando di tanto in tanto delle occhiate alla figlia.
La tensione era quasi palpabile, Neji che si rifiutava di dare una qualsiasi
risposta, e Hinata che continuava a guardarlo, speranzosa. Anche i servitori
stavano guardando la scena, curiosi e divertiti allo stesso tempo, raramente le
cene in casa Hyuga erano così, come dire, “animate”.
“Non penso sia una cattiva
idea, vero Neji?” a rompere il silenzio fu il capoclan. In realtà la sua fu più
una domanda retorica che altro, a giudicare dallo sguardo che lanciò al nipote,
un misto di sarcasmo ed autorità. Per un attimo il ragazzo rimase perplesso, poi
sospirò
“Va bene” esordì con voce
forte e alterata, il sopracciglio alzato, sintomo di un umore non proprio
ottimo. Hinata sorrise raggiante, mentre a Neji sfuggì il numero di volte che
sua cugina gli disse grazie.
Quella sera si buttò sul
letto veramente sfinito, l’allenamento lo aveva stancato parecchio, anzi,
ultimamente tornava sempre dai suoi allenamenti abbastanza spossato. *Tenten è
migliorata* pensò subito, toccandosi una gamba e sentendola dolorante, sotto le
sue dita. Negli ultimi due anni non aveva fatto altro che intervallare missioni
ed allenamenti con i suoi compagni di squadra, sebbene trovasse più
soddisfazione nell’allenarsi con la donna, piuttosto che con Lee, in particolare
perché le sue armi mettevano alla prova le potenzialità del suo byakugan. Poi,
veloce come un fulmine, la sua espressione cambiò, diventando imbronciata.
Ripensò a come si era fatto fregare da suo zio, che lo aveva praticamente
costretto ad accompagnare Hinata alla festa. Aveva sempre odiato il festival di
primavera, era dell’idea che fosse una cosa inutile, soprattutto a causa della
marea di coppie che invadeva le strade del villaggio. Un tripudio di fiori e di
bancarelle dove poter comprare regali per il proprio fidanzato, donne in kimono
che strattonano i propri uomini qua e la, bambini che urlano: un vero e proprio
inferno. Si era sempre fermamente opposto a questo tipo di evento e non mancava
di allenarsi in quel giorno, spesso e volentieri solo, proprio perché tutti
sembravano avere qualcosa di meglio da fare. Sospirò, portandosi le mani dietro
la nuca e chiudendo gli occhi. *Non c’è nulla di cui preoccuparsi, devo solo
accompagnare Hinata e poi tornare a casa, niente di particolarmente difficile,
poi mi allenerò come al solito*. Era un banale tentativo di auto convincimento
per evitare di arrabbiarsi, ma in cuor suo sapeva che non avrebbe funzionato.
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Il giorno seguente, dopo
essersi accordato con Tenten, andò di nuovo al campo di allenamento, questa
volta accompagnato anche da Rock Lee. Si limitò semplicemente a salutare i suoi
compagni di squadra, sintomo che i suoi amici interpretarono subito come un
segno di umore nero. Neji non era mai stato un tipo particolarmente aperto, ma
negli ultimi due anni aveva maturato un carattere più adulto, più gradevole, per
chi poteva godere della sua compagnia. Le sue risposte, il più delle volte, si
limitavano a dei monosillabi e a dei cenni del capo, ma ora sorrideva,
sicuramente più di quanto non aveva fatto prima di allora.
L’allenamento fu estenuante,
Neji non si fermò un solo minuto, continuò a far cadere le armi di Tenten e a
respingere i calci di Lee, fino a che questi due, ormai praticamente esausti,
non chiesero una pausa.
“C’è qualcosa che non va?”
Esordì la ragazza, asciugandosi il collo e la fronte con un asciugamano.
“No” subito le lanciò uno
sguardo torvo, smorzato da quello che doveva essere un sorriso, ma che si rivelò
essere un ghigno poco convincente.
“Neji, ma sei sicuro?” e gli
si avvicinò, incrociando le braccia “Non spererai davvero che io ci creda, che
va tutto bene. Quanto ti alleni con così tanta foga c’è sempre qualcosa che non
va” e volse lo sguardo verso l’altro compagno di squadra, che si limitò ad
annuire. Lo Hyuga tirò un sospiro, prima di rispondere.
“Hinata mi ha chiesto di
accompagnarla al festival di primavera” lo disse velocemente e a bassa voce,
come per evitare di farsi sentire.
“Ma come, tutto qui?” E
Tenten non potè fare a meno di soffocare una risata, coprendosi la bocca con le
mani. Si accorse bene dello sguardo omicida che le veniva rivolto, ma non ci
potè fare nulla.
“Ma come, Neji, non volevi
dirci che esci con Hinata?” e subito gli occhi di Lee si illuminarono. Prese le
mani del compagno “Ah, la forza della giovinezza! Già vi vedo, sotto ai ciliegi
in fiori, mano nella ma-” Non riuscì a finire la frase che subito si sentì
arrivare dritto in faccia un cazzotto. Neji si alzò in piedi, furente.
“Brutto stupido, non esco con
Hinata!” sbottò, alzandosi in piedi “è solo mia cugina” disse poi girandosi
dall’altra parte, sinceramente offeso dalle insinuazioni di Rock Lee, che oltre
ad essere infantili erano anche oltraggiose.
“Ma no, Lee stava scherzando”
Tenten stava cercando di salvare la situazione, si alzò in piedi e possò una
mano sulla spalla del compagno. “In ogni caso non c’è niente di male, Hinata ti
ha semplicemente chiesto un favore” fece poi spallucce, per sdrammatizzare.
“Poteva chiederlo a qualcun
altro” rispose stizzito lui
“Andiamo, ma cosa ti costa
accompagnarla” Tenten si portò le mani sui fianchi, guardandolo con fare
sconsolato.
“Se ci tieni così tanto,
perché non l’accompagni tu? Alle donne piacciono, queste cose”
A quella risposta, la ragazza
si ammutolì, spalancando gli occhi e arrossendo un poco. Neji si aspettava tutto
fuorchè una reazione di quel tipo, era difficile poter zittire Tenten,
figuriamoci in una discussione come quella. Lei, di tutto rimando, si limitò a
guardare per terra, scuotendo la testa, lo smarrimento era durato a malapena
qualche secondo, ma fu praticamente certa che lui se n’era accorto.
“Fa un po’ come ti pare” si
limitò a dire, prendendo la borsa “io me ne torno a casa”
Lee e Neji videro la loro
compagna dirigersi verso casa con passo più spedito del solito, si guardarono un
poco perplessi. Lo hyuga vide che l’amico stava per apri bocca.
“Non una parola, Lee” e lo
sguardò che gli lanciò fu più che eloquente, tanto che il compagno chiuse subito
la bocca. “Hai già detto abbastanza stupidaggini, per oggi”.
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