Under a Dark Spell

di Little_GirlMoon005
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XVI (Ending) ***
Capitolo 15: *** XVI (Good Ending) ***



Capitolo 1
*** I ***


The devil within
Piccola premessa prima di iniziare;
vorrei ringraziare coloro che hanno letto e recensito le mie prime due storie su LOTR, in particolare leila89 e evelyn80.
Se non fosse stato per le loro, non avrei mai passato l'intera estate a sviluppare una fanfiction con un Legolas cattivello.
E si, mi sono divertita!
Quindi... Hannon le, ragazze.

Che il buon Tolkien mi perdoni...
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I
Incontri











Il Principe di Bosco Atro arrivò a Gran Burrone il 24 ottobre 3018, anno della Terza Era. Aveva già visitato spesso il Reame di Sire Elrond, solo come amico di passaggio.
Quando arrivò a destinazione, la bella città elfica gli sembrò molto diversa; quel giorno il Principe non si presentava al Re come viaggiatore, bensì come messaggero di Thranduil, signore di Bosco Atro, nonchè suo padre. Doveva portare al Consiglio importanti notizie sulla creatura chiamata Gollum, ma sentiva che il suo compito non si sarebbe fermato lì; era una sensazione che lo perseguitava da molti giorni.

Smontò dal suo cavallo guardandosi attorno estasiato; nonostante avesse più di duemila anni d'età, rimaneva sempre a bocca aperta davanti alla bellezza sublime e perfetta di Gran Burrone. Uno scudiero prese le redini del suo cavallo e lo portò nelle grandi stalle reali. Un Elfo di poco più giovane si avvicinò al Principe, e s'inchinò profondamente.
''Benvenuto Legolas, Principe di Bosco Atro, permettetemi di farvi strada.''
Lagolas annuì al giovane e iniziò a seguirlo per le vie di Gran Burrone. Mai quel regno aveva permesso a tanti individui di razze diverse e, talvolta, nemiche di incontrarsi pacificamente al suo interno. Si fermò quando due personaggi attirarono la sua attenzione.

Uno era un Uomo appena giunto a cavallo da uno degli ingressi laterali. Si guardava attorno con diffidenza e stupore. Dai suoi movimenti e dal portamente sicuro Legolas capì che era un nobile. Era di bell'aspetto; aveva lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle. Un grande scudo circolare giganteggiava sulla sua schiena.
''Chi è quell'Uomo?'' chiese l'elfo al suo accompagnatore. ''E' Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor. E' qui in missione per conto di suo padre Denethor.''
Legolas osservò ancora il cortile, e vide che era appena giunta anche una compagnia di Nani. Essa passò sotto l'arco d'entrata e si guardò attorno spaesata, e anche leggermente disgustata. Tra di loro vi era un Nano che sembrava più giovane degli altri, a giudicare dal fatto che i suoi capelli e la sua barba non erano grigi ma sul rosso.
Legolas lo indicò all'elfo che aveva accanto. ''Quello più giovane è Gimli, e il Nano più vicino a lui è suo padre Gloin.'' gli rispose. ''Si dice che quest'ultimo sia un amico di Mithrandir. Vogliamo andare, adesso?''

Legolas riprese a seguirlo, ed egli lo condusse in un grande salone in cui poteva rinfrescarsi e darsi una sistemata. C'era ancora un giorno prima del Consiglio, e aveva saputo che il giovane Hobbit che aveva portato l'Anello fin lì si era appena ripreso dall'attacco di un Nazgul. Si tolse il mantello e le protezioni di cuoio, restando con la veste e i pantaloni. Era contento, in un certo senso, che l'Anello fosse in mano a un Hobbit. Sempre meglio di un Nano, e se fosse caduto nelle mani dell'Uomo sbagliato non avrebbero avuto alcuna speranza di sconfiggere Sauron.

Legolas aveva sempre pensato che un Elfo sarebbe stato il Portatore ideale, ma il suo popolo era sempre più debole. Il loro tempo stava per arrivare, lo sapeva, e forse questa sarebbe stata l'ultima missione in cui avrebbero partecipato.
''E così sei arrivato, alla fine. Speravo che tuo padre mandasse te come suo araldo.''
Una voce, molto familiare, lo fece voltare di scatto. Un sorriso radioso si dipinse sul viso dell'elfo. ''Aragorn!'' L'uomo allargò le braccia e l'elfo non esitò ad andargli incontro, buttandosi in un abbraccio fraterno. Restarono abbracciati per qualche istante, poi lui si allontanò. ''Legolas, amico mio... E' una gioia rivederti! Non sei cambiato per niente.'' disse l'uomo. L'elfo gli sorrise.

''Tu invece sei cambiato, Estel... sei più maturo, più robusto. Gli anni passati tra i Raminghi ti hanno reso più forte, a quanto pare.'' gli fece notare Legolas. ''E tu invece sei diventato troppo gentile.'' ribattè Aragorn strappando una risata all'amico. ''Sono passati anni.'' sospirò.
''Tanti Estel, sono passati tanti anni.''
''Per i Valar, quanto tempo... ma dimmi, come stai? E come sta tuo padre?'' chiese poi Aragorn avvicinandosi al balcone del salone. ''Sta bene, e ti porge i suoi saluti. Quanto a me... ci sono stati tempi peggiori.'' gli rispose il Principe affiaccandosi a lui con le mani dietro la schiena.

Aragorn sembrò guardarlo con fare interrogativo. ''Problemi?'' domandò.
''No, solo presagi... sento il pericolo aleggiare nell'aria, in ogni albero, in ogni goccia d'acqua del fiume...'' disse l'elfo con tono grave. ''Quest'ombra che viene dall'Est mi ha lasciato confuso e disorientato.'' Aragorn sospirò; anche lui avvertiva la minaccia di Sauron, era impossibile non percepirla. Sorrise poggiando una mano sulla spalla dell'amico.

''Non preoccupiamoci di questo, almeno non stasera,'' gli disse: ''Teniamo gli affanni lontani dai nostri cuori ancora fino a domani. Riposati, vedo dai tuoi occhi che sei stanco, anche se so che non lo ammetterai mai.'' concluse con fare ironico. ''No, infatti.'' ribattè l'elfo con lo stesso tono. L'altro sorrise. ''Ci rivedremo domani mattina al Consiglio.''
''Buonanotte, Estel.'' disse, e lo vide allontanarsi.
Non avrebbe voluto che se ne andasse, ma dopotutto aveva ragione: il viaggio da Bosco Atro a Gran Burrone non era cosa da poco, e l'elfo era affaticato. Chiamò qualcuno perché lo conducesse nella camera preparata per lui, si infilò nel grande letto a baldacchino e si addormentò.




Quando si svegliò il sole era appena sorto: il Consiglio si sarebbe tenuto a breve. Si alzò mettendosi una lunga veste e i pantaloni, e scese per la colazione.
Subito dopo raggiunse il luogo in cui si sarebbe svolto il Consiglio. Era uno dei primi, c'erano solo gli Elfi che insieme a lui rappresentavano il suo popolo e gli Uomini di Gondor, Boromir compreso. Le creature eterne si alzarono e si inchinarono al suo passaggio, mentre gli Uomini lo squadrarono da capo a piedi. Legolas non capì se con ammirazione o disprezzo.

Rivolse a loro un saluto veloce e si sedette sulla sedia che gli era stata riservata, esattamente in mezzo ai suoi compagni. Poco dopo arrivarono anche gli altri convocati; la compagnia dei Nani e, infine, re Elrond insieme a Mithrandir, al giovane Hobbit di nome Frodo e ad Aragorn.
Il Consiglio stava per cominciare:

''Stranieri di remoti paesi e amici di vecchia data...'' esordì Elrond, al che ogni mormorio cessò e l'attenzione di tutti si catalizzò sul sovrano di Gran Burrone. ''Siete stati convocati per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è sull'orlo della distruzione, nessuno può sfuggire.'' Legolas si voltò verso Aragorn e incrociò il suo sguardo: non riusciva a capire cosa ci fosse nei suoi occhi. Malinconia, rabbia, timore... non riusciva a leggere nei suoi pensieri, questo lo fece preoccupare.

''O vi unirete, o crollerete.'' la voce di Sire Elrond lo riportò alla realtà. ''Ogni razza è obbligata a questo fato, a questa sorte drammatica.'' Il Re si voltò verso l'Hobbit e, con gesto conciliante, gli chiese di portare l'Anello su piedistallo di pietra posto al centro del cerchio di sedie. Frodo si alzò e obbedì. Gli invitati non poterono trattenere commenti a mezza voce. Nessuno di loro aveva mai creduto che quell'Hobbit avesse davvero l'Unico Anello in suo possesso. Legolas non capì quello che veniva detto, le voci si sovrapponevano, ma udì Boromir sussurrare quasi a se stesso, ''Allora è vero...''

Quando il momento di stupore passò, il figlio di Denethor si alzò in piedi. Legolas vedeva nei suoi occhi che se l'Anello fosse finito in mano sua, il mondo sarebbe caduto. Non avvertiva malvagità nel suo cuore, ma i suoi pensieri lo inquietavano: pensieri di guerra, di sangue e di morte.
''Questo è un dono...'' sibilò, attirando l'attenzione di tutti. ''Un dono ai nemici di Mordor. Perché non usare l'Anello? A lungo mio padre, Sovritendente di Gondor, ha tenuto le forze di Mordor a bada! Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre terre sono rimaste al sicuro! Date a Gondor l'arma del Nemico! Usiamola contro di lui!''

Mentre Boromir era impegnato nel suo monologo, l'elfo fissava Aragorn, curioso di vedere le sue reazioni al discorso dell'Uomo. Sembrava spazientito, sospirò diverse volte, non riuscendo a capire come Boromir potesse anche solo pensare di poter usare l'Anello per i suoi scopi. Poi il ramingo prese la parola; ''Non potete servirvene. Nessuno di noi può. L'Unico Anello risponde soltanto a Sauron: non ha altri padroni.'' scandì bene l'ultima frase per essere sicuro che tutti avessero capito. Boromir ribatté con rabbia. ''E cosa ne sa un Ramingo di questa faccenda?''

Legolas non pote' sopportarlo; era un assoluta mancanza di rispetto. Aragorn era pur sempre l'erede al trono, Boromir avrebbe dovuto essere suo suddito. Come poteva Aragorn sopportare questo trattamento? Balzò in piedi, pronto a difendere il suo amico. ''Non è un semplice ramingo!'' esclamò, e percepì lo sguardo dell'amico. Voleva che l'elfo si fermasse, che non rivelasse la sua vera identità, ma Legolas non poteva permettere che Boromir lo trattasse come un'infima creatura. Era pur sempre un re, anche se senza corona. ''Lui è Aragorn, figlio di Arathorn: si deve a lui la vostra alleanza!''

Molti degli invitati lo squadrarono come se avesse appena detto una terribile eresia. Frodo fissò lo sguardo sorpreso su Aragorn, e lo stesso fece Boromir. ''Aragorn?'' nella sua voce erano evidenti il disprezzo e l'incredulità. ''Questo è l'erede di Isildur?''
''Ed erede al trono di Gondor.'' aggiunse l'elfo, voleva che fossero chiari i ruoli: era Aragorn il legittimo re, non Boromir. Quest'ultimo gli doveva rispetto. ''Havo dad, (Siediti) Legolas.'' gli disse Aragorn, fissandolo intensamente. Stava per obbedire, quando sentì le ultime parole di Boromir; parole pronunciate con rabbia. Fissò prima l'elfo come se volesse incenerirlo, poi postò lo sguardo su Aragorn.

''Gondor non ha un re... a Gondor non serve un re.'' Con questo chiarì quali erano i suoi sentimenti verso il ramingo. ''Ha ragione Aragorn; non possiamo servircene.'' Intervenne Gandalf, e Legolas ne fu molto grato. Elrond riprese il controllo del Consiglio. ''Non esiste altra scelta: l'Anello deve essere distrutto!''
''Allora cos'aspettiamo?!'' l'attenzione di tutti fu attirata da uno dei Nani, Gimli. Balzò in piedi, impugnando l'ascia che ogni Nano teneva sempre a portata di mano. Si avvicinò all'Anello e lo colpì con forza.

Nel momento in cui l'ascia tocco il gioiello, un dolore lancinante attraversò la testa dell'elfo, che dovette fare uno sforzo sovrumano per non crollare in ginocchio urlando. C'era una voce che dall'Anello si disperdeva nell'aria, e Legolas non era l'unico a sentirla. Frodo era nelle sue stesse condizioni, forse stava anche peggio. Uno degli elfi accanto a Legolas incrociò il suo sguardo e gli rivolse una muta domanda. Scosse la testa e riportò l'attenzione sul Nano. L'ascia era andata in mille pezzi e Gimli era stato sbalzato indietro da una forza misteriosa, ma l'Anello... era ancora intatto.

Re Elrond non sembrava però sorpreso. ''L'Anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Gloin, qualcunque sia l'Arte che noi possediamo. L'Anello fu forgiato tra le fiamme del Monte Fato: solo lì può essere annientato.'' disse. La voce dell'Anello era sempre più nitida nella mente di Legolas. Non si accorse nemmeno che le mani gli tremavano, e i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quell'oggetto. 

''Deve essere condotto nel paese di Mordor e va ributtato nel baratro infuocato da cui è venuto. Uno di voi deve farlo.''

Il silenzio calò sull'assemblea, finché Boromir, sospirando, non prese nuovamente la parola. ''Non si entra con facilità a Mordor. I suoi cancelli neri sono sorvegliati da più che meri Orchi. Lì c'è il male che non dorme mai, e il Grande Occhio è sempre all'erta. E' una landa desolata, squassata da fiamme, cenere e polvere. L'aria stessa che si respira è un'esalazione velenosa. Neanche con diecimila uomini sarebbe possibile, è una follia.''

Legolas balzò di nuovo in piedi. Sentì che le parole dell'Uomo avevano fatto breccia nel cuore dei presenti, ma sapeva che qualcuno doveva prendersi quella responsabilità. ''Non avete sentito ciò che ha detto Re Elrond?'' sbottò; sembrava arrabbiato con Boromir, ma in realtà ce l'aveva con l'apatia dei convocati, con la loro volontà di restarsene al sicuro nelle proprie terre, aspettando che giungesse un salvatore chissà dove. ''L'Anello deve essere distrutto!'' esclamò. Gli Elfi lo fissarono con orgoglio. Aragorn cercava di incrociare il suo sguardo, ma Legolas lo sfuggiva: sapeva che voleva farlo desistere dal suo proposito.

''E scommetto che pensi che sarai tu a farlo!'' esclamò Gimli, rivolto all'elfo. Quest'ultimo lo gelò con lo sguardo. ''Se nessuno dei presenti avrà il coraggio di prendersi questa responsabilità, ebbene sì, lo farò io. Non posso permettere che la Terra di Mezzo venga distrutta per la codardia di alcuni uomini!'' disse, e alle orecchie dei convocati dovevano essere sembrate dei pesanti insulti. ''E se falliamo cosa accadrà?'' Boromir balzò in piedi, fronteggiando l'elfo. ''Cosa accadrà quando Sauron si riprenderà ciò che è suo?'' gridò.

Anche Gimli si alzò in piedi. L'atmosfera si stava scaldando. ''Sarò morto prima di vedere l'Anello nelle mani di un Elfo!'' I compatrioti dell'elfo persero la pazienza e aggredirono la compagnia dei Nani con insulti e provocazioni. Legolas cercò di fermali mettendosi in mezzo, ma presto anche gli Uomini si unirono alla zuffa. Gandalf lì raggiunse subito dopo, affermando che mentre loro erano impegnati a litigare, il potere di Sauron si accresceva. Elrond e Aragorn osservarono la scena a debita distanza. Era prevedibile una reazione del genere; i tre popoli della Terra di Mezzo non erano mai stati particolari amici, specialmente Nani e Elfi.

La voce dell'Anello si fece nuovamente strada nella testa di Legolas. Capì che l'Unico si stava beando di quella scena, amava tutto ciò che era odio e rancore, esattamente come il suo Signore. Si portò le mani alla testa... sentiva dei versi girare a circolo chiuso nel suo cervello, e sembravano tanti spilli arroventati...


'' Ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul, ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul ''


No. Nessuno sembrava notare il dolore dell'elfo, nè quello di Frodo.
Legolas posò di nuovo gli occhi sull'Anello, mentre quelle parole si fecero più nitide, così forti da sovrastare quelle dei presenti. Serrò con forza le palpebre e nel momento in cui lo fece... gli apparve l'immagine di un grande Occhio, senza palpebre, avvolto nelle fiamme. A stento riuscì a trattenere un sussulto. Sentì le gambe deboli, come se qualcosa gli stesse succhiando via tutta la linfa vitale.

Elrond posò lo sguardo su Legolas, che sentì la sua voce dire qualcosa a qualcuno seduto accanto a lui. Un minuto dopo due braccia robuste sorreggevano il corpo dell'elfo, e una voce sussurrargli all'orecchio. ''Legolas! Coraggio, torna in te!'' Nell'udire quella voce Legolas sembrò ritrovare la pace. Si aggrappò a lui con tutte le sue forze, e ben presto la voce di Aragorn prese il posto di quella dell'Anello. Sollevò piano le palpebre, trovandosi davanti il volto preoccupato di Estel. ''Come ti senti?'' chiese quest'ultimo, guardandolo negli occhi. L'elfo ci mise qualche secondo a ritrovare la voce. ''Sono stato meglio...'' gli sussurrò, poi Aragorn lo aiutò ad alzarsi.

Nessuno si era accorto di quello che era successo, solo Sire Elrond, che fissava l'elfo preoccupato. Legolas annuì nella sua direzione, e il re sembrò più sollevato.
''Cos'è successo?'' chiese Aragorn.
''L'Anello...'' bisbigliò Legolas, ancora scosso per quello che era appena successo. ''Ho sentito la sua voce nella mia testa...'' concluse guardando preoccupato gli occhi dell'amico. Aragorn sembrava stupito. ''Che cosa ti ha detto...?'' domandò, cauto. ''Non lo so, e... non voglio saperlo.'' disse Legolas abbassando lo sguardo verso il pavimento. ''Comunque... sto bene, Estel.'' lo rassicurò con un sorriso sforzato, cercando di fermare i tremiti che aveva in corpo. Non gli disse niente dell'Occhio, non volendo farlo preoccupare ancora di più.

''Lo porterò io.''

Quella flebile voce... nessuno a parte Legolas sembrava averla udita.

''Lo porterò io!''

Adesso sì che l'avevano sentita. Era Frodo, lo sguardo determinato e le mani strette a pugno. L'attenzione di tutti si spostò su di lui, e l'hobbit perse parte della sua baldanza.
''Porterò io l'Anello a Mordor.'' sembrava che lo ripetesse per se stesso, non per gli altri. ''Solo... non conosco la strada.'' ammise, quasi imbarazzato.
Gandalf sospirò: non avrebbe mai voluto che fosse il giovane Baggins ad accollarsi quella responsabilità, ma ormai quel che era fatto era fatto. ''Ti aiuterò a portare questo fardello, Frodo Baggins, finché dovrai portarlo.'' gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle con fare protettivo, e l'hobbit gli sorrise. Aragorn si voltò verso di lui, e parlò. ''Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a proteggerti, io lo farò.'' Si inginocchiò davanti a Frodo, arrivando così alla sua altezza.

''Hai la mia spada.'' disse.
''E hai il mio arco.'' sarebbe partito anche Legolas.
''E la mia ascia!'' Gimli si affiancò all'elfo, anche se controvoglia.

Boromir si fece strada tra gli invitati che li guardavano sbalorditi. ''Reggi il destino di tutti noi, piccoletto...'' disse rivolto a Frodo, poi parlò a beneficio di tutti i presenti. ''Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà.'' concluse con voce chiara. Elrond accennò a un leggero sorriso.
''EHI!'' Una voce proveniente da dietro un cespuglio attirò l'attenzione di tutti. ''Padron Frodo non si muoverà senza di me!'' Sam si affiancò a Frodo, impuntandosi sulla sua decisione di partire con lui. Elrond lo riprese amichevolmente. ''No, certo, è quasi impossibile separarvi, anche quando lui viene convocato ad un Consiglio segreto e tu non lo sei.'' il povero giardiniere abbassò lo sguardo imbarazzato.

''Ehi! Veniamo anche noi!'' udirono altre due voci; erano Merry e Pipino. Re Elrond non credeva ai suoi occhi, e si poteva immaginare cosa si stesse ripetendo nella sua testa.
Fissò Legolas che sembrava divertito da quella scena. ''Dovete mandarci a casa legati in un sacco per fermarci!'' esclamò Merry deciso.
''Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questo genere di... missione!'' il termine a quanto pare non soddisfaceva Pipino. ''ricerca...'' ancora non gli piaceva. ''cosa!''

Merry lo guardò con un mezzo sorriso. ''Ma così ti autoescludi, Pipino!''

Elrond ignorò il battibecco tra i due e li squadrò uno per uno. Era visibilmente soddisfatto; neanche nelle sue più rosee aspettative aveva immaginato tanti volontari per una missione che appariva suicida. ''Nove compagni... E sia! Voi sarete la Compagnia dell'Anello!'' dichiarò.
''Grandioso!'' esclamò Pipino agitandosi sul posto. ''Dov'è che andiamo?'' chiese poi, lasciando alibito Merry. Qualcuno scoppiò a ridere, e si udì la flebile voce di Frodo dire qualcosa tipo ''Ma cos'ho fatto male?''


Il giorno dopo, la Compagnia partì...





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Capitolo 2
*** II ***


The devil within (2)
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II
L'Anello va a sud








E così la Compagnia dell'Anello aveva lasciato Gran Burrone. Nove compagni, come aveva detto Elrond, più un decimo infiltrato: il pony Billy.
Non successe niente di particolare durante l'inizio del loro viaggio, nè i giorni che si susseguirono. Un giorno decisero di accamparsi su un ammasso di rocce ai piedi del passo di Caradhras per riposare e recuperare le forze. ''Seguiremo questa direzione ad ovest delle Montagne Nebbiose per quaranta giorni... Se la fortuna ci assiste, la Breccia di Rohan sarà ancora aperta, e da lì volteremo verso est, per Mordor.''
Gandalf aveva già pianificato tutto il viaggio, ma dalle sue parole era evidente che avesse semplificato tutto. Non sarebbe stato poi così semplice.

Merry e Pipino si erano messi in testa di imparare a combattere con la spada, e avevano convinto Boromir a far loro da maestro. Era divertente osservarli, e inoltre l'Uomo di Minas Tirith si era molto affezionato a quei due hobbit nel corso del viaggio.

''Due, uno, cinque! Bene, molto bene!''

Merry aveva finito la sua sequenza ed era visibilmente soddisfatto, così Boromir passò subito a Pipino. ''Muovi i piedi!'' consigliò Aragorn al giovane hobbit, mentre stava seduto su un masso con la pipa accesa. ''Mmh, bravo Pipino!'' commentò Merry rivolto all'amico. ''Grazie!'' disse, prima di riprendere l'addestramento.
''Più veloce! Più veloce!'' Boromir era lanciatissimo, e dovette ammettere che i suoi erano bravi allievi. Sam e Frodo sedevano su un'altra roccia, intenti a mangiare qualcosa per riempire lo stomaco.

''Se qualcuno chiedesse la mia opinione, e noto che nessuno la chiede, direi che abbiamo preso la strada più lunga.'' disse Gimli avanzando verso lo Stregone. Egli si voltò verso il nano, anche se sapeva quale sarebbe stata la sua proposta; era dall'inizio del viaggio che non faceva altro che esaltare i grandi pregi di Moria e di suo cugino. ''Potremmo attraversare le Miniere di Moria! Mio cugino Balin ci darebbe un benvenuto regale!'' esclamò Gimli.
''No Gimli, non prenderei la strada attraverso Moria a meno che non avessi altra scelta.'' rispose Gandalf, deciso. Legolas, che si trovava sopra una roccia e fare la guardia, sospirò sollevato; non era raggiante all'idea di attraversare bui e stretti cunicoli sotterranei, da cui non poteva vedere il cielo e gli alberi.

Ad un tratto sentì una vibrazione strana nell'aria, e si portò su una roccia più alta, guardando il cielo in lontananza. Sentiva che qualcosa, di non molto amichevole, stava arrivando, ma era ancora troppo lontana perché lui potesse riconoscerla. ''Per la Contea!'' Dietro di lui Merry, Pipino e Boromir stavano litigando scherzosamente tra loro, e le loro risate eccheggiavano nell'aria.
''Che cos'è?'' chiese Sam osservando il cielo. Anche lui ora vedeva qualcosa nell'aria. ''Niente, solo una nuvoletta.'' sbottò Gimli; era ancora risentito perché Gandalf aveva rifiutato la sua proposta di attraversare Moria.

''Si sposta velocemente,'' commentò Boromir guardando il cielo, poi si rese conto di un particolare che era sfuggito a tutti. ''E contro vento!'' Il quel momento l'elfo capì di cosa si trattava. ''I Crebain da Dunland!'' egli gridò per farsi sentire da tutti.
''Via, nascondetevi!'' gridò Aragorn, prendendo tutto ciò che gli capitava a tiro e nascondendolo tra i cespugli e sotto le rocce. Gli altri lo imitarono, spegnendo il fuoco e togliendosi dalla vista dei grandi corvi. Gli uccelli neri volarono velocemente sopra di loro e passarono oltre. Legolas fu il primo ad uscire, poi Gandalf. ''Spie di Saruman!'' disse quest'ultimo, nascondendo l'ira per il tradimento del Bianco. ''Il passaggio a sud è sorvegliato.'' sospirò, voltandosi verso i monti. ''Dobbiamo prendere il passo di Caradhras.''




Ben presto la neve prese il posto dell'erba verde, e dovettero arrancare faticosamente. Aragorn chiudeva la fila, qualche metro dietro Frodo. E improvvisamente vide l'hobbit mettere un piede in fallo e scivolare. Rotolò verso il ramingo che si affrettò a fermare la sua discesa. Era stanco, come tutti loro, e in più doveva sopportare il peso dell'Anello. ''Frodo.'' lo chiamò Aragorn, per assicurarsi che stesse bene, poi lo aiutò ad alzarsi. Il mezzuomo cercò freneticamente qualcosa sotto la camicia, ma quando alzò gli occhi vide che Boromir l'aveva trovata per primo.

Il gioiello giaceva in mezzo alla neve.

''Boromir...'' mormorò Aragorn, preoccupato. Il Gondoriano era quello che ne più era attratto; temeva che avrebbe potuto fare qualcosa di pericoloso. Sollevò l'Anello da terra, afferrando la catenina che Frodo aveva legato al gioiello. Non lo toccò, limitandosi solo a guardarlo. ''Che strano destino... dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così piccola...'' Boromir sussurrò queste parole come se si trovasse in un altro mondo, in cui non esisteva nessun'altro. ''un oggettino...'' fissava intensamente l'Anello, e fece per prenderlo in mano.

Dietro il Gondoriano Legolas stava lentamente imbracciando l'arco, pronto a scoccare la freccia. Aragorn afferrò l'impugnatura della spada. ''Boromir!'' gridò con autorità. L'uomo di Minas Tirith sembrò risvegliarsi. ''Dà l'Anello a Frodo!'' ordinò il ramingo. Il giovane hobbit guardava Boromir con paura, e non potevano biasimarlo. L'uomo si avvicinò a Frodo e gli porse la catenina. Egli l'afferrò in fretta e se la rimise al collo, nascondendo il gioiello maledetto sotto i vestiti. ''Come desideri,'' disse Boromir. Si forzò a ridere per fingere che ciò che era successo per lui non aveva significato nulla, ''non mi interessa.'' disse.
Scompigliò amichevolmente i capelli a Frodo, che si ritrasse leggermente al suo tocco, poi riprese il cammino. L'uomo fece un cenno in direzione dell'elfo, questo mise da parte l'arco, e Aragorn lasciò l'elsa della sua spada.

Arrivarono presto al Passo di Caradhras, senza fermarsi; volevano attraversare la montagna il prima possibile. Ma gli hobbit non erano abbastanza alti per camminare nella neve alta circa un metro. ''Boromir!'' lo chiamò Aragorn. ''Prendi Merry e Pipino! Non sono in grado di proseguire da soli!'' Boromir annuì, e i due hobbit guardarono il ramingo con gratitudine. Aragorn si avvicinò a Frodo e Sam e li sollevò di peso. Non erano particolarmente pesanti, ma l'aria era pungente e il freddo penetrante. Faticava terribilmente. Legolas invece camminava leggiadro sulla neve, senza lasciare nemmeno un'impronta. Aveva superato Gandalf portandosi all'inizio della fila. Poi si fermò improvvisamente, spingendo lo sguardo fin dove poteva arrivare, mentre il vento e la neve gli graffiavano la pelle del viso.

''C'è un'empia voce nell'aria!'' gridò per farsi sentire al dì sopra del rombo di vento. Anche Gandalf si fermò ad ascoltare. ''E' Saruman!'' gridò.

La neve sopra di loro si staccò all'improvviso, provocando una piccola valanga che lì mancò di poco. ''Vuole buttare giù la montagna!'' gridò Aragorn. ''Gandalf! Dobbiamo tornare indietro!''
''No!'' ribattè lo stregone. Si portò sul ciglio del crepaccio che correva alla loro sinistra e pronunciò mistiche parole. ''Losto Caradhras, sedho, hodo, nuitho i 'ruith!'' Non successe nulla. Aragorn lasciò gli hobbit in compagnia di Gimli, e si avvicinò a Gandalf. Sentiva anche lui una voce profonda rimbombare tra le montagne e le valli, e immaginava Saruman il Bianco, in cima alla torre a Orthanc che gridava al vento incantesimi di morte.

Improvvisamente un sasso piuttosto grosso cadde dall'alto, dritto sulla schiena di Legolas. L'elfo perse conoscenza e crollò in ginocchio. ''Legolas!'' gridò Aragorn. Era terribilmente vicino al crepaccio, e rischiava di cadere. Al suono della sua voce, tutti si voltarono nella sua direzione, in tempo per vedere l'elfo sparire oltre il bordo del crepaccio. ''NO!'' Aragorn si lanciò verso di lui. Lo raggiunse appena in tempo e gli afferrò una mano tesa verso l'alto. Era ancora svenuto. ''Legolas! Forza, svegliati!'' gridò Aragorn. Boromir accorse in aiuto del ramingo, ma non riusciva a raggiungere Legolas. Il ramingo aveva le mani bagnate a causa della neve, e sentiva la mano dell'elfo scivolargli. Questo sembrò lentamente riprendersi, e si rese subito conto della precaria situazione in cui si trovava. Non fece movimenti bruschi, si limitò a guardare in alto in direzione di Aragorn.

''Coraggio Legolas! Afferra la mia mano!'' gridò Boromir. Aragorn fu lieto che si trovasse al suo fianco in quel momento. Legolas fece qualche tentativo, ma non riuscì a raggiungere la mano di Boromir. Aragorn sentì quella dell'elfo allentare la presa sulla sua. ''Lasciami Estel! Rischi di precipitare anche tu!'' gridò. ''No!'' rispose Aragorn.
Anche gli altri li avevano raggiunti e guardavano la scena col fiato sospeso. La montagna poteva cadere da un momento all'altro. ''Non ti lascio Legolas!'' In un impeto di rabbia, concentrò tutte le sue forze sul braccio che ancora sosteneva l'elfo nel vuoto, e lo tirò verso di sè. Riuscì a sollevarlo quel tanto che bastava a Boromir per afferarlo a sua volta.

Esausto, Aragorn si lasciò cadere sulla neve. Legolas crollò al suo fianco, e sembrò cercare il suo sguardo. ''Aragorn!'' lo chiamò poggiandogli le mani sulle spalle, l'uomo si sollevò su un gomito per guardarlo in viso: aveva il respiro affannato per lo spavento che si era preso, i capelli spettinati e coperti di neve, e gli venne quasi da ridere. L'elfo si gettò tra le sue braccia, abbracciandolo con forza. ''Diamine Estel, non dovresti rischiare la vita per me!" gli disse sottovoce, "E che razza di amico sarei?" ribattè l'uomo, e ricambiò subito l'abbraccio, sotto gli sguardi sorridenti di Frodo e gli altri.

Ma quel momento di tranquillità durò per poco: improvvisamente un fulmine squarciò il cielo, colpendo la cima della montagna, e la neve cadde con forza addosso alla Compagnia. Legolas si staccò dall'amico lanciandosi verso Gandalf, allontanandolo dal ciglio del crepaccio. Aragorn e Boromir protessero gli Hobbit, e tutti si avvicinarono al muro di rocce sulla loro sinistra. La neve lì seppellì completamente.



Legolas fu il primo ad uscire dal cumolo di neve, e si guardò attorno alla ricerca degli altri. Gandalf spuntò vicino a lui, Boromir e Aragorn liberarono gli hobbit e Gimli dalla neve, che ora arrivava ai loro petti. Quando furono tutti fuori dalla neve, l'uomo di Gondor gridò qualcosa verso Gandalf. Teneva tra le braccia Merry e Pipino, sollenvandoli perché non rimanessero seppelliti nella neve. ''Dobbiamo abbandonare la montagna!'' disse. ''Verso la Breccia di Rohan! Prendete la via ovest per la mia città!'' Ma Aragorn non era dello stesso avviso. ''La Breccia di Rohan ci porta troppo vicino a Isengard!'' rispose ad alta voce. Gimli tornò all'attacco con la solita proposta. ''Non possiamo passare sopra le montagne! Passiamoci sotto, attraverso le miniere di Moria!''

Gandalf, questa volta, non rifiutò subito la proposta del nano. ''Colui che porta l'Anello, decida.'' affermò infine.

Frodo lo guardò spaesato. Finora il fatto di essere il Portatore dell'Anello non aveva comportato il prendere decisioni così importanti. Dalla sua risposta poteva dipendere il destino della Compagnia e della Terra di Mezzo. Frodo lanciò uno sguardo a Sam, quasi cercando il suo consiglio, ma sapeva che il povero giardiniere non avrebbe potuto essergli di alcun aiuto. Riportò lo sguardo su Gandalf. ''Attraverseremo le Miniere.'' disse poi.
''Così sia fatto.'' sospirò Mithrandir.  Tornarono indietro; la montagna li aveva sconfitti.



Arrivarono di notte davanti a quella che sembrava un'immensa parete rocciosa ben levigata. Gimli sembrava essere davanti alla cosa più bella che avesse mai visto. Davanti a quel muro di roccia c'era un piccolo lago, e le sue acque erano scure e troppo tranquille.
''Oh! Le mure di Moria!'' esclamò il Nano con venerazione. Gandalf lì condusse in un punto esatto delle mura e ne esaminò la superficie. ''Dunque, vediamo... Ithildel: riflette solo i raggi del sole e della luna.'' non appena ebbe detto queste parole, la nuvola nera che aveva coperto fin'ora la luna, permise all'astro d'argento di apparire in tutto il suo splendore. I raggi lunari si rifletterono sulla parete, creando il luminoso disegno di una porta ben lavorata. C'erano delle iscrizioni sulla sommità della porta, e Mithrandir le tradusse a beneficio di tutti. Le indicò con il proprio bastone.

''C'è scritto: 'Le porte di Durin, signore di Moria: dite amici ed entrate.''
''E che cosa vorrebbe dire?'' esclamò Merry, perplesso. ''Oh, è semplice!'' ribattè Gandalf. ''Se uno è amico dice la parola magica e le porte si aprono.'' avvicinò il proprio bastone e pronunciò le seguenti parole; 'Annon Edhellen edro hi ammen'!''

Non successe assolutamente nulla, e un silenzio imbarazzante calò sulla Compagnia. Gandalf, interdetto, provò a spingere le porte con la forza, inutilmente. Passò diverso tempo, e ancora lo stregone non era riuscito ad aprire le porte. Frodo sedeva su una roccia, mentre Merry e Pipino giocavano tra loro. Gimli si era acceso la pipa e Boromir misurava a grandi passi la striscia di terra tra la parete rocciosa e il piccolo lago. Legolas se ne stava in disparte. Aragorn e Sam stavano liberando il pony Billy. Il giovane Gamgee sembrava sull'orlo delle lacrime. ''Le miniere non sono adatte a un pony, anche se è coraggioso come Billy.'' sussurrò Aragorn. ''Addio Billy.'' disse Sam, accarezzando l'animale con affetto.

''Vai Billy!'' Aragorn lo spronò ad andare, poi vedendo lo sconforto dell'hobbit cercò di consolarlo. ''Non preoccuparti Sam; conosce la via di casa.'' Poi si avviò per raggiungere l'elfo. Merry e Pipino cominciarono a lanciare sassolini nel lago, e Aragorn fermò il braccio di Pipino a mezz'aria prima che questo potesse lanciare l'ennesimo sasso. ''Non disturbate l'acqua.'' sibilò. Infine si avvicinò a Legolas, che lo invitò a sedersi accanto a lui. ''Come ti senti?'' chiese Aragorn. ''Bene, Estel.'' l'elfo gli rivolse un sorriso. ''Mi dispiace...'' gli disse poi. ''per quello che è successo sul Passo di Caradhras, non volevo farti spaventare. Dovevo essere più prudente.''

Aragorn gli sorrise. ''Non è colpa tua. Era normale che avessi paura: temevo di perderti.'' gli circondò le spalle con un braccio, e Legolas poggiò la testa sulla sua spalla, quasi come se fosse esausto. Restarono così per un po', e Legolas si perse nei suoi innomerevoli pensieri. Ripensò a ciò che era successo al Consiglio, e alla visione dell'Occhio. Rabbrividì a quel pensiero, e Aragorn si accorse del disagio dell'amico. ''Tutto bene?'' chiese. Legolas rimase silenzioso; forse era giusto parlargliene. ''Aragorn,'' lo chiamò a bassa voce. ''C'è una cosa che ti devo dire, e riguarda il Consiglio di Erlond.'' l'altro semplicemente annuì. L'elfo stava per parlare, quando un rumore assordante catturò la loro attenzione. Entrambi si voltarono verso la parte rocciosa; le porte si stavano aprendo. Frodo aveva risolto l'enigma dell'iscrizione, pronunciando la parola 'amici' in elfico.

Mellon

''Bene, le porte sono aperte. Andiamo!'' Aragorn si alzò e Legolas fece per fermarlo, ma poi immediatamente si bloccò. ''Oh, non importa.'' sussurrò quasi a se stesso, abbassando lo sguardo. Riprese il suo arco e fece per raggiungere gli altri, quando si fermò voltandosi di scatto, i biondi capelli mossi dall'improvviso movimento, gli occhi colmi di stupore e paura. Aveva avuto l'impressione di essere osservato, e di aver udito all'orecchio un sibilo venefico da far venire la pelle d'oca. Ma non vide nient'altro che il piccolo lago, eppure era davvero convinto che qualcuno lo avesse chiamato. Piano indietreggiò guardandosi attorno, allarmato. Scosse il capo, cercando di darsi una calmata e raggiunse il resto della Compagnia.
''Presto, Mastro elfo, gusterai la leggendaria ospitalità dei nani,'' disse Gimli mentre attraversarono le grandi porte. ''Grandi falò, birra di malto, carne stagionata con l'osso. Questa, amico mio, è la casa di mio cugino Balin, e la chiamano una miniera... una miniera!'' Ma c'era qualcosa di strano in quella caverna, uno strano odore nell'aria... odore di... morte.

Centinaia di corpi in putrefazione giacevano in mezzo alla polvere e ai ragni. Lo spettacolo era dir poco stomachevole. ''Non è una miniera...'' mormorò Boromir, altrettanto scosso. ''E' una tomba!'' Gimli urlò tutto il suo dolore, in quel momento tutti provarono pena per lui. Legolas si avvicinò al corpo di quello che doveva essere stato un nano. Era morto trafitto da una freccia mortalmente precisa. Conosceva quella fattura, e immediatamente comprese che cosa aveva causato quel massacro. ''I goblin!'' gridò. Non appena anche gli altri realizzarono la situazione, estrassero le proprie armi. Legolas prese il suo arco, pronto a colpire.

''Dirigiamoci alla Breccia di Rohan...'' disse Boromir. ''Non saremo mai dovuti venire qui! E ora andiamocene! Fuori!'' sbottò.
Improvvisamente si sentirono gli hobbit urlare e chiamare aiuto. Una creatura gigantesca e rivoltante era comparsa dalle profonde acque del lago. Aveva lunghi tentacoli robusti con cui frustava l'aria: uno di questii aveva afferrato il Portatore per una gamba e ora lo teneva sollevato a terra, sulla sua bocca spalancata. Legolas scoccò una freccia colpendo la creatura, ma ella non sembrò risentirne. Presto anche Aragorn e Boromir si unirono alla lotta, tagliando di netto i tentacoli che gli capitavano a tiro. Aragorn tranciò quello che aveva afferrato Frodo, e l'hobbit cadde tra le braccia del Gondoriano.

''Nelle miniere!'' gridò Gandalf. Gli hobbit e Gimli lo seguirono. ''Legolas! Nella caverna!'' gridò Boromir nella sua direzione. L'elfo però continuò a colpire la creatura assicurandosi che Aragorn e gli altri fossero al sicuro. Quando tutti furono entrati, l'elfo si voltò cominciando a correre. I tentacoli della creatura colpirono la roccia e la fecero franare sopra le loro teste. Legolas corse più veloce, i polmoni che scoppiavano per lo sforzo, ma non cedette. Saltò evitando la caduta di alcuni massi, e si lanciò in avanti, ritrovandosi a terra. La caduta dei massi cessò, e le porte erano ormai bloccate. ''Legolas! Stai bene?'' chiese Aragorn avvicinandosi all'elfo. Gli tese una mano e Legolas l'afferrò accettando il suo aiuto. ''Si, sto bene.'' rispose, pulendosi le vesti dalla polvere.

''Non abbiamo altra scelta.'' affermò Gandalf mentre soffiava sul suo bastone, accendendolo. ''Dobbiamo affrontare le lunghe tenebre di Moria. State in guardia: ci sono cose antiche e più malvagie degli orchi nelle profondità della terra. Ora silenzio! E' un viaggio di quattro giorni fino all'altra parte, speriamo che la nostra presenza passi inosservata.''

Quel viaggio sarebbe stato terribilmente difficile per la Comapgnia...













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Capitolo 3
*** III ***


The devil within (3)
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III
Un viaggio nell'oscurità









Stavano camminando da più di due giorni ormai, tra eterne scalinate e cunicoli bui.
Erano tutti desiosi di terminare al più presto il viaggio nell'oscurità, e disposti, stanchi com'erano, a continuare ad avanzare per molte altre ore. Gandalf camminava in testa come prima; nella mano sinistra teneva levato il suo bastone luminoso, che illuminava il terreno innanzi ai suoi piedi e nella destra teneva la sua spada. Lo seguiva Gimli, dietro di lui Frodo, con Pungolo sguainata. Egli era seguito da Sam, e questi a sua volta da Legolas, da Merry e Pipino e da Boromir. E Aragorn si trovava in retroguardia.

L'aria si fece calda e soffocante, ma non malsana. Al pallido raggio del bastone di Gandalf si intravedevano scale e archi, corridoi e tunnel, che salivano verso l'alto, o verso il basso, o si aprivano nel buio.
Erano alle prese con l'ennesima scalinata ripida e scivolosa. Moria era in rovina, e le rocce si sgretolavano sotto il loro peso. Alcuni membri della Compagnia misero un piede in fallo, rischiando di rovinare giù per la scalinata. Pipino stava quasi per cadere addosso a Merry, ma entrambi si alzarono facendo meno rumore possibile e proseguirono. L'unico che sembrava a suo agio era Gimli, ma le Miniere di Moria erano vaste e intricate più di quanto egli non potesse immaginare, pur essendo figlio di Gloin.

Stavano camminando da parecchie ore, fino a quando la scalinata terminò, e si ritrovarono davanti a tre porte perfettamente uguali che portavano in tre direzioni diverse. ''Non ho memoria di questo posto...'' disse Gandalf, esitando incerto sotto l'arco.
La Compagnia allora si lasciò cadere su alcune rocce che giacevano lì intorno, in attesa che Gandalf ricordasse la strada da seguire. Aragorn sedeva accanto a Legolas, che sembrava turbato; aveva il respiro veloce, e i suoi occhi guardavano verso l'alto alla ricerca di un cielo che non c'era. ''Odio questo posto, Estel...'' disse con voce sottile ma sicura. Aragorn si voltò verso di lui, ascoltandolo. ''E' così buio, stretto e chiuso.'' continuò l'elfo. ''Non posso vedere il cielo, non posso udire il canto degli alberi, e non posso sentire il profumo dei fiori...'' tremò leggermente. ''Come può una qualunque creatura vivente decidere di vivere per sempre lontano dalla luce del sole e dalla bellezza della natura?''

Ascoltare un elfo parlare era una delle più grande meraviglie della Terra di Mezzo. Le parole del Principe, sebbene ricche di tristezza mal celata, entravano nel cuore e lì restavano. Aragorn si meravigliò per tali parole. ''Non temere questo luogo, Legolas.'' disse, ''Esso è oscuro, questo è vero, ma dopo la notte nasce sempre un nuovo giorno. La luce tornerà presto a baciare i nostri visi.'' Quelle parole sembrarono rincuorare l'animo dell'elfo; sentì il proprio respiro tornare regolare, e i brividi abbandonare il suo corpo.

''Ah! Quella è la via!'' esclamò lo stregone, e tutti scattarono in piedi. ''Se l'è ricordata!'' esclamò Merry felice. ''No, ma laggiù l'aria non ha un odore così fetido.'' replicò Gandalf. ''Quando sei in dubbio, Meriadoc, segui sempre il tuo naso!'' disse con fare amichevole al giovane hobbit.
Per otto buie ore continuarono la marcia. Non incontrarono pericoli, non udirono nulla, e non videro altro che il pallido bagliore della luce dello stregone che scintillava innanzi a loro come fuoco fatuo. Il corridoio che avevano scelto serpeggiava deciso verso l'alto. Più andavano avanti, più lo spazio si allargava... e improvvisamente le pareti sulla destra e sulla sinistra scomparvero. ''Voglio osare un po' più di luce...''

Gandalf alzò il suo bastone, e per un breve istante vi fu una vampata simile a un lampo. Delle grandi ombre spiccarono il volo, e per un secondo essi scorsero un ampio soffitto sulle loro teste, sostenuto da molte possenti colonne di pietra. Avanti a loro e da ambedue le parti, si estendeva un immenso salone vuoto; le pareti nere, lucide e lisce come il vetro, scintillarono e lampeggiarono. Mai i loro occhi avevano visto tanta magnificenza nelle profondità della terra; le gigantesche colonne e le grandi volte che sorreggevano il soffitto non avevano l'eleganza e sinuosa grazia delle costruzioni elfiche, ma erano così immense che quel luogo... ''Ti fa spalancare gli occhi, è certo.'' commentò Sam.

Si incamminarono silenziosamente in quell'immensità, rovinata solo dall'odore di morte che ancora aleggiava nell'aria. Un odore che aumentava man mano che si avvicinavano ad una stanza laterale, dove la luce era più intensa. Gimli corse verso essa in preda alla disperazione, e nessuno riuscì a fermarlo. Raggiunsero il nano in quella piccola sala, e si guardarono attorno; era in rovina, e decine di corpi di nani e orchi giacevano a terra. Esattamente nel mezzo, sotto l'unico raggio di luce che entrava dall'esterno, c'era una tomba. Gimli era inginocchiato davanti a quel sarcofago, in preda al dolore, e gridava per cercare di alleviare la propria sofferenza. Gandalf si avvicinò alla tomba e ne lesse le incisioni.


BALIN FIGLIO DI FUNDIN
SIGNORE DI MORIA



''E' come temevo.'' sospirò Gandalf. Legolas si avvicinò ad Aragorn e gli sussurrò, ''Dobbiamo proseguire, non possiamo indugiare.'' disse.
Lo stregone raccolse un libro dalle braccia scheletriche di un nano, e lo aprì per leggerne le ultime righe. Iniziò a parlare ad alta voce, in modo che tutti potessero ascoltare;
''Hanno preso il ponte, e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli, ma non possiamo restare a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano.''
Gandalf si sforzò di leggere mantenendo un tono di voce piatto, ma la disperazione che quelle poche frasi comunicavano penetrò nei cuori della Compagnia. Quei nani erano morti come topi in trappola, non avevano potuto difendersi, non avevano avuto alcuna possibilità di scampo.

Sobbalzarono tutti quando un improvviso rumore rimbombò per tutta Moria. Si voltarono velocemente verso Pipino, che aveva inavvertitamente fatto cadere lo scheletro di un nano, un secchio e una catena all'interno di un profondo pozzo. Il rumore tuonò per qualche istante, poi svanì. Tutti si guardarono intorno, nervosi... poi sospirarono quando tutto tornò alla tranquillità. Gandalf si voltò lentamente verso l'hobbit, con uno sguardo che non prometteva niente di buono, e con un colpo secco chiuse il libro. ''Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità!'' sbottò.

La sua reazione sembrava abbastanza esagerata, ma chi poteva biasimarlo; quell'incidente che sembrava banale, poteva portare gravi conseguenze alla Compagnia. E il povero hobbit ora aveva lo sguardo triste, e rivolto verso il basso.
Dum, dum...
L'elfo percepì un lieve suono, e si congelò sul posto quando capì di cosa si trattava. Presto anche il ramingo percepì ciò che aveva terrorizzato il suo amico. Tamburi.
Dum, dum, continuava a tuonare, come se immense mani avessero trasformato le caverne stesse di Moria in un gigantesco tamburo. D'un tratto echeggiò uno squillo: un grande corno suonò nel salone, mentre in lontananza si udivano rispondere altri corni, strilli acuti. Infine si udì il rumore frettoloso di molti piedi.

''Stanno venendo...'' sussurrò Legolas. Sam guardò l'elsa di Pungolo. ''Frodo!'' Quest'ultimo sguainò la spada velocemente; splendeva di un'intesa luce azzurra. Boromir non perse tempo e corse verso la porta di legno della stanza, alla ricerca dell'origine di quel suono. ''Boromir! Indietro!'' gridò Legolas al Gondoriano. Fortunatamente ascoltò il suo avvertimento. Un secondo dopo, due frecce si conficcarono nel punto in cui lui si trovava prima. ''Restate vicino a Gandalf!'' gridò Aragorn impugnando l'arco. Boromir chiuse le pesanti porte, aiutato da Aragorn e Legolas che gli lanciavano delle lunghe e robuste alabarde perché potessero bloccare l'entrata. ''E' un Troll di caverna!'' gridò Boromir.

Gimli salì sulla tomba di suo cugino per avere il favore dell'altezza, mentre Aragorn, Boromir e Legolas si posizionarono davanti. ''Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria c'è ancora un nano che respira!'' sbottò.
Aspettarono.
Quando le prime asce degli Orchi crearono delle brecce nelle porte, Legolas e Aragorn scoccarono le loro frecce, cominciando a fare le prima vittime. Ben presto però le porte cedettero e Aragorn abbandonò l'arco per la spada. Legolas insistette ancora per qualche istante con le frecce, ma presto gli orchi furono così vicini che non potè evitare il corpo a corpo. Sfoderò le daghe elfiche che portava alla cintura.

Boromir, Aragorn e Gimli si stavano battendo come leoni, e anche Ganldaf e i giovani Hobbit si erano uniti al combattimento. Aragorn tagliò la testa di un Orco, e poi si girò verso la porta con gli occhi spalancati. L'elfo seguì il suo sguardo, e lo vide; un gigantesco, ripugnate e maleodorante Troll di caverna. Legolas riprese l'arco e lo colpì con una freccia, ma sembrò non risentirne minimamente. Alzò la sua pesante arma -un martello di guerra- su Sam, che colto dal panico saltò in avanti e passò sotto le gambe del Troll. Aragorn e Legolas lottarono per un po' schiena contro schiena. ''Aragorn!'' lo chiamò l'elfo. Lui annuì nella sua direazione, per fargli capire che lo stava ascoltando, senza distogliere l'attenzione dal combattimento. ''Voglio provare a salire sulla schiena del Troll, forse così riuscirò a metterlo fuori gioco.''

''Stai attento.''
''Stai attento anche tu, Estel.''

Il Troll calò la pesante arma sulla tomba di Balin con l'intento di colpire Gimli., ma egli saltò evitando il colpo. Non c'era grazia nei suoi movimenti e colpi, solo forza bruta, che era molto utile in questa situazione. Legolas scagliò due frecce contro il Troll cercando di distrarlo, poi sempre con l'arco tra le mani estrasse un pugnale eliminando tre orchi che gli impedivano di salire su una roccia abbastanza alta da saltare sulla bestia. I suoi occhi notarono un particolare; il Troll aveva una catena al collo, che usava come frusta. Una mezza idea gli balenò nella mente. La creatura cominciò ad attaccarlo con la catena. Evitò un paio di attacchi, e poi riuscì a bloccarla sotto il piede. Con un agile balzo, l'elfo gli fu sopra la schiena. Strinse le gambe attorno al collo taurino del Troll, e gli conficcò una freccia nella testa. Iniziò a dimenarsi per il dolore, e l'elfo perse l'equilibrio cadendo a terra.

Il suo piano però aveva ottenuto l'effetto contrario; ora il Troll era ancora più furioso. Decise di avventarsi contro il gruppo formato da Frodo, Pipino e Merry. Gli hobbit saltarono e Frodo si sitrovò separato dagli altri due. Aragorn e Legolas cercarono di raggiungerlo, ma degli orchi gli sbarrarono la strada. Una delle freccie dell'elfo trafisse la gola di quelle creature. ''Vai da Frodo, Aragorn! Qui ci penso io!'' gli gridò l'elfo, mentre il Portatore veniva afferrato per la caviglia, e trascinato contro una roccia.
''Aragorn!'' gridò Frodo.
Il ramingo si guardò attorno alla ricerca di qualcosa con cui colpire il Troll. ''Prendi!'' gridò Boromir lanciandogli una lunga lancia dalla punta acuminata. Aragorn non perse tempo e si lanciò davanti a Frodo per proteggerlo, trafiggendo la bestia con la lancia. Ma la pelle del mostro era troppo resistente. Scaraventò Aragorn contro il muro, che perse conoscenza.

Usò la lancia come nuova arma, puntando dritto su Frodo. La punta colpì il fianco destro dell'hobbit che lanciò un grido, prima di cadere stremato sul pavimento.
Con un urlo, Merry e Pipino saltarono sulla schiena del Troll e Legolas schioccò una freccia. Per sua grande fortuna, Pipino riuscì a far aprire la bocca della bestia e l'elfo colpì di nuovo, e la freccia si conficcò nel palato della bestia, che non fu più in grado di respirare. Non si fermò a qui; spinto da una forza che non riusciva a capire, Legolas continuò a tempestarlo di dardi, finchè non sentì una mano calda poggiarsi sul suo braccio. L'elfo sembrò sussultare, come appena risvegliato da un incubo. ''Smettila, Legolas. E' morto.'' Era Boromir: la sua voce era debole per via della stanchezza.

Legolas si calmò, avvicinandosi poi ad Aragorn che nel frattempo aveva ripreso conoscenza, mentre gli altri si assicuravano che Frodo stesse bene. ''Sto bene,'' balbettò quest'ultimo. ''Non sono ferito.'' Aragorn, quasi dalla sorpresa, esclamò. ''Credevo fossi morto. Quella lancia avrebbe ucciso un cinghiale.''
''In questo Hobbit c'è molto più di quanto l'occhio non possa vedere.'' commentò Gandalf, sollevato nel vedere il mezzuomo sano e salvo. Frodo si portò le mani sulla camicia, e ciò che tutti videro mandò un'esclamazione di stupore; sotto la logora camicia una cotta d'argento scintillava innanzi ai loro occhi come luce su di un mare increspato, le gemme in essa sfavillarono come stelle.

''Mithril... sei sempre pieno di sorprese, Frodo Baggins.'' esclamò il nano con stupore.

Il rumore degli Orchi interruppe quel momento.
''Al Ponte di Khazad-dum!'' disse Gandalf..




Corsero per interminabili minuti lungo l'immenso salone centrale. Lungo i muri di pietra e le colonne, gli orchi correvano per raggiungerli, aggrappandosi sia con i piedi che con le mani. E all'improvviso si pararono davanti alla Compagnia, circondandoli. In trappola, come topi. Sguainarono le loro armi. Se dovevano morire, sarebbero morti combattendo.
Poi un rumore spaventoso proveniente dalle profondità della terra fece sobbalzare tutti, persino gli orchi che si guardarono attorno, anche loro confusi e spaventati. E poi, tra i striduli acuti, si dispersero. I membri della Compagnia abbassarono le loro armi mentre li osservavano fuggire via. Poi in fondo al salone videro una galleria illuminarsi di vivo fuoco. Nessuno riuscì a staccare gli occhi da quelle oscure fiamme. ''Cos'è questa nuova diavoleria?'' balbettò Boromir avvicinandosi a Gandalf. ''Un Barlog.'' egli rispose, ''Un demone del mondo antico. E' un nemico al di là delle vostre forze. Fuggiamo!''

Legolas ne aveva sentito parlare; erano flagelli infuocati, chiamati anche Valaraukar, i demoni al servizio di Morgoth. Eppure credeva che ormai non ne esistessero più.

Ripresero a correre senza voltarsi indietro. Ormai gli hobbit sembravano sul punto di crollare, e anche Gimli non se la passava bene. Legolas era ancora in forze, respirava solo più velocemente, Boromir faceva fatica a portare il suo grande scudo circolare, Aragorn era tremendamente stanco, e Gandalf spaventato per il nuovo orrore che adesso li seguiva. Ma l'adrenalina nei loro corpi gli davano la forza di andare avanti.
Arrivarono nei pressi di un arco di pietra, che un tempo doveva essere stato una porta, e Gandalf si fermò aspettando che tutti lo attraversassero. Quando fu il turno di Aragorn, egli sentì la mano di Gandalf calare pesantemente sulla sua spalla. Si voltò verso lo stregone; non l'aveva mai visto tanto agitato e in preda al panico.

''Conducili fuori, Aragorn! Il ponte è vicino...''
Aragorn esitò; Gandalf stava affidando l'intera missione nelle sue mani, gli stava affidando la vita dei suoi Compagni. Provò a ribattere, ma l'altro lo interruppe spingendolo leggermente perché riprendesse la corsa. Il ramingo si voltò verso la grande caverna che gli stava davanti. Riusciva, sforzando lo sguardo, a vedere il ponte. ''Fà come ti dico! Ormai le spade non sono più utili!'' Scesero in fretta una stretta scala che portava dritta al ponte. Ai lati non c'era nessun tipo di protezione; un passo farlso e sarebbero precipitati nel vuoto. Boromir e Legolas, che aprivano la fila, si fermarono di colpo; la scala era rotta. Legolas saltò dall'altra parte. ''Gandalf!'' la sua voce musicale richiamò l'attenzione dello stregone, che saltò a sua volta finendo tra le braccia di Legolas.

Boromir prese Merry e Pipino per la vita sollenandoli di peso, lanciandosi con loro dall'altra parte. Nello stesso momento in cui i tre atterrarono, la roccia si sbriciolò, allungando il salto. La terra cominciò a tremare, segno che il Barlog era sempre più vicino, e gli orchi tornarono all'attacco, bombardandoli di frecce che, fortunatamente, non colpivano i propri bersagli. Andavano tutte a segno invece quelle scoccate da Legolas, non un dardo mancavano il suo bersaglio, e gli orchi cominciarono a cadere come mosche.

Aragorn afferrò Sam lanciandolo dall'altra parte, dove Boromir era già pronto a prenderlo. Si voltò per fare la stessa cosa con Gimli, ma egli lo fermò. ''No, nessuno può lanciare un nano!'' Prese lo slancio e si gettò in avanti. Il nano toccò con i piedi la roccia, ma si sbilanciò indietro rischiando di cadere. Legolas si accorse del pericolo e si voltò in tempo per afferrare la barba rossa di Gimli e trascinarlo in salvo. L'elfo non ascoltò la sua lamentera e lo tirò a sè, poi riprese a decimare i nemici con le sue frecce. Ora rimanevano solo Frodo ed Aragorn. Sotto i loro piedi sentirono la roccia cedere, e Aragorn spinse Frodo indietro per metterlo in salvo. Il ramingo si ritrovò appeso nel vuoto, con le mani che cercavano disperatamente un appiglio. Il mezzuomo gli afferrò un braccio e cominciò a tirare, permettendogli di risalire sulla scalinata. ''Grazie Frodo.'' annaspò in cerca d'aria, poi sussultò quando un gigantesco masso frantumò la scalinata poco dietro di loro.

Saltare era diventato impossibile. Il frammento di roccia si cui stavano Frodo ed Aragorn oscillava pericolosamente. Ma al ramingo venne in mente un piano che, per quanto folle, avrebbe anche potuto funzionare.

Gli altri si ritrovarono a fissare i due col fiato sospeso. Come un lampo, si resero conto che i movimenti di Aragorn erano calcolati. Legolas e Boromir si mise in posizione, intanto il ramingo aveva iniziato a dare disposizioni a Frodo. ''Chinati!'' fu l'ultima cosa che disse. L'hobbit eseguì, e presto il frammento di scalinata cominciò a oscillare in avanti. Frodo saltò e Boromir lo afferrò al volto. Aragorn fece lo stesso, e Legolas lo prese tra le braccia. Ripresero a correre mentre udivano il rumore della scalinata schiantarsi molti metri sotto di loro. Ormai le fiamme crepitavano senza controllo in tutta la caverna. Il Barlog era vicino.

Legolas si impietrì, voltandosi all'indietro quando sentì il tremendo ruggito del mostro di fiamma. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, quasi catturato dalla sua immagine letale. ''Legolas! Andiamo!'' Aragorn gli afferrò un braccio e cominciò a trascinarlo verso il ponte. L'elfo lo lasciò fare senza opporre resistenza, era completamente ammaliato da quel demone di brace. Nella sua testa sentiva le sue urla, era una sensazione strana ma... familiare.

L'Anello. Era la stessa sensazione della voce dell'Anello nella sua mente. Lo spirito dell'Unico e quello del Barlog era affini, perché entrambi traevano i propri poteri da un'entità comune. Sauron.

Si riprese dal suo stato di intontimento in tempo per rendersi conto che Aragorn era riuscito a portarlo con gli altri al di là del ponte.''Attraversate il ponte!'' gridò Gandalf, radunando le proprie forze. Lo stregone rimase da solo in mezzo al ponte, con la mano sinistra si appoggiava al bastone, mentre nella destra Glamdring scintillava, fredda e bianca. Il nemico si arrestò, fronteggiandolo, intorno a esso l'ombra allungò due grandi ali. Del fuoco si sprigionava dalle sue narici: ma Gandalf rimase immobile, mentre Frodo lo chiamava da lontano.

''Tu non puoi passare!'' gridò Gandalf. ''Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun!'' Dall'ombra una spada rossa si rizzò fiammeggiante. Glambring rispose col suo bagliore bianco, e la spada bel Barlog volò in mille frammenti.

''Ritorna nell'Ombra!'' Il Barlog scoccò la sua frusta di fuoco, e balzò in pieno sul ponte. ''Tu non puoi passare!'' in quel momento Gandalf rizzò il bastone, e gridando con voce possente colpì il ponte innanzi a sè. Questo scricchiolò; si ruppe immediatamente sotto i piedi del Barlog, e la pietra sulla quale egli si ergeva piombò nell'abisso, mentre il resto rimase immobile. Ma la frusta del Barlong si attorcigliò attorno alla caviglia di Gandalf, trascinandolo con sè nelle profondità di Khazad-Dum. Lo Stregone si aggrappò ai resti del ponte, ma non era in grado di risalire.

Aragorn scattò in avanti per accorrere in suo aiuto. In quel momento una voce esplose nella testa dell'elfo...

'' FERMALO ''

Spronato da una forza che nemmeno seppe spiegare, Legolas corse verso Aragorn afferrandolo per la vita e bloccandolo con un braccio sul petto, impedendogli di proseguire. Lui tentò di aggirarlo, addirittura spingerlo da parte, ma l'elfo non desistette e lo strinse in una morsa quasi violenta. Non ci stava capendo niente, nella sua testa continuava a sentire quella voce -la voce dell'Unico- echeggiare forte, sovrastando qualsiasi altro suono, qualsiasi voce, anche quella di Aragorn che supplicava all'amico di lasciarlo andare. L'elfo però la ignorava completamente.

E poi, la voce dell'Unico svanì, e ne riconobbre un'altra, quella di Mithrandir...
Si irrigidì improvvisamente; i suoi occhi caddero sulla figura dello Stregone, incrociando il suo sguardo. Legolas non si scordò mai le sue ultime parole.

''Fuggite, sciocchi!''

E si lasciò andare. Frodo lanciò un grido disperato, accorrendo verso il luogo in cui era caduto Gandalf, ma Boromir lo fermò sollevandolo di peso, portandolo verso l'uscita.
''Aragorn!'' gridò il Gondoriano. Il ramingo si liberò infine dalla presa dell'elfo, e si voltò per guardarlo in viso. Gli Orchi erano tornati all'attacco con le loro frecce, ma i due non li degnavano di uno sguardo. Una freccia passò a qualche centimetro dal viso dell'elfo, tracciandogli una linea vermiglia sulla guancia, ma non si mosse. Non c'era nient'altro in quel momento; solo loro due.

''E' colpa tua!''
Quelle tre parole, dette con rancore e rabbia, erano pari a un pugnale nel cuore.

''Avrei potuto salvarlo!''
In un attimo si rese conto di cosa aveva fatto. Le lacrime minacciarono di rigargli le guance, ma lui le ricacciò indietro... per difendere il proprio orgoglio.

''Se non mi avessi fermato, Gandalf sarebbe ancora vivo!''
C'era l'ira nella sua voce, così tanta che Legolas rabbrividì.

''Tu... l'hai ucciso.''

Una freccia si piantò vicino al piede di Aragorn, che voltò le spalle all'elfo e corse per raggiungere gli altri.
Legolas rimase immobile ancora per qualche attimo, e sperò che arrivasse qualcosa che portasse via il peso che sentiva nel suo cuore. Si voltò lentamente poggiandosi contro una parete rocciosa, setendosi mancare le forze.

Improvvisamente urlò; un urlo straziante, colmo di un dolore, angoscia e disperazione che lacerò l'improvviso silenzio. Le ginocchia cedettero e si accasciò sul pavimento. I singhiozzi a stento soffocati e le lacrime che scorrevano sul suo volto dai suoi occhi profondi sembravano del tutto inappropriati alla sua figura nobile. Gli sfuggì un gemito di dolore che poteva essere o non essere il nome dello Stregone. La sua bocca si dischiuse in un urlo silenzioso. Il dolore -qualcosa che credeva di non conoscere- esplose nel petto di Legolas con una violenza che minacciava di farlo impazzire.

Eppure si sentiva... così felice. E allo stesso tempo sentiva una strana disperazione dentro di lui.

Le sue labbra screpolate si piegarono in un ghigno mentre le lacrime continuavano a rigargli le guance. ''L'ho ucciso...'' allargò di più il suo sorriso, e cominciò a ridere, ridere, ridere a crepapelle. ''L'ho ucciso!'' gridò nel buio. Poi il silenzio.




La Compagnia giunse infine insperatamente sotto il cielo libero, e sentirono il vento sfiorar loro il viso. Sostarono soltando quando furono fuori portata di freccia dalle mura di Moria. La Valle dei Rivi Tenebrosi si estendeva ai loro piedi. Il sole brillava; le nubi  erano bianche e alte. Ma questo non rincuorò i cuori della Compagnia. Fu allora che sopraffatti dal dolore piansero; gli uni in piedi e silenziosi, gli altri prostrati. Sam era seduto su un masso col viso tra le mani, Frodo in piedi lontando da loro. Merry e Pipino, insieme come sempre, si consolavano a vicenda, stretti in un abbraccio disperato.

Aragorn era in piedi, stava ripulendo la spada; il volto impassibile. Boromir, che era accanto a Gimli, diede un'occhiata veloce a ogni membro della Compagnia.... ma non intravide la figura dell'elfo. Vide Gimli alzarsi in piedi e affrettarsi verso la caverna. Il Gondoriano lo fermò, afferrandogli il braccio, e sfuggendo al suo sguardo; non voleva che vedesse le lacrime sul suo volto.
''L'elfo non è uscito!'' esclamò Gimli preoccupato. Boromir ci mise qualche secondo a realizzare le sue parole. ''Aragorn!'' gridò, in preda al panico. ''Dobbiamo tornare indietro! Legolas è ancora dentro, probabilmente è ferito!''

L'erede di isildur lo guardò con aria spenta e tremendamente triste. Nei suoi occhi c'era il vuoto più totale. ''...forse morendo rimedierà al suo errore.'' mormorò, senza guardarlo. Il Gondoriano sussultò a quelle parole; qualcosa doveva essere successo tra i due...
Ricorse mentalmente le ultime vicende. Quando Gandalf stava per cadere, Aragorn si era lnciato per aiutarlo, ma Legolas l'aveva inspiegabilmente fermato. Doveva essere per quello. Eppure c'era una spiegazione per il comportamento di Legolas; l'elfo non aveva mai fatto avventatezze. Magari aveva sentito un pericolo iminente e aveva cercato di limitare le perdite.

Afferrò saldamente il grande scudo circolare e si precipitò all'interno di Moria. Scese la piccola scalinata e raggiunse il ponte. E lo vide; accovacciato a terra come una bambola di pezza, senza alcuna forza nei muscoli, senza alcuna luce nei splendidi occhi azzurri. Lo raggiunse velocemente e cercò di scuoterlo dal suo tupore. ''Legolas! Legolas, per l'amor del cielo, rispondi!'' lo sollevò facendogli poggiare la schiena contro il muro. E vide le palpebre dell'elfo tremare, come se si sforzassero di restare aperte.

''...cciso...'' Boromir percepì un lievissimo sussurro dalle labbra di Legolas. Non capì cosa disse. ''Legolas? Ti hanno colpito? Sei feri-''
''L'ho ucciso...'' sussurrò debolmente, ma quando Boromir capì cosa aveva detto gli si gelò il sangue. ''L'ho ucciso...'' sussurrò ancora, con lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse parlando da solo. ''L'ho... ucciso...'' e lo disse ancora, la musica nella sua voce si era affievolita fino a sparire.

''Legolas!'' esclamò il Gondoriano alzando la voce e scuotendogli le spalle. Lui sussultò, e finalmente sembrò rendersi conto della sua presenza. Lo trapassò con lo sguardo. ''Boromir...'' disse con voce rotta, e fece qualche sospiro per poi continuare, ''Mi odia... perché sei venuto? Lasciami morire qui...'' e Boromir vide le lacrime pungergli gli occhi. In un attimo capì. Aragorn.

Stava parlando di lui, sicuramente. Il ramingo doveva averlo accusato della morte di Gandalf, visto e considerato che l'aveva bloccato quando aveva tentato di salvarlo.
Non sapeva cosa dirgli... ma sapeva che non poteva restare ancora lì dentro. Era pur sempre un membro della Compagnia, non doveva essere escluso. Non poteva lasciarlo lì, in quel luogo oscuro. Passò un braccio sotto alla sua vita e lo sollevò. Lui si aggrappò saldamente, ma non contribuì quando cominciarono ad avviarsi verso l'uscita. Quando finalmente uscirono da quell'inferno, Boromir poggiò delicatamente Legolas a terra, contro una roccia, e lo osservò attentamente. Sobbalzò quando vide i suoi occhi immobili, fissi in un punto imprecisato. Sembrava morto, eppure il suo cuore batteva e il suo petto si alzava e abbassava ad ogni respiro.

Guardò ancora i suoi occhi; non c'era più niente, solo... dolore. Sembravano perdere il loro colore naturale, come se si stessero consumando, come una luce che veniva inghiottita dalle tenebre. ''Che gli è successo?'' la voce di Pipino alle sue spalle lo fece sussultare, e vide l'hobbit avvicinarsi inginocchiandosi accanto a lui. Presto vennero anche Merry e Gimli. Sam faceva compagnia a Frodo, e Aragorn invece lì guardava da lontano.
''E' per Gandalf che sta... così male?'' chiese Pipino scioccato; gli sembrava di avere un morto davanti a sè, non lo splendido e valoroso Elfo che aveva conosciuto. ''Per i Valar...'' commentò Gimli sottovoce. Boromir accennò a un sorriso quando vide il giovane Peregrino prendere la grande mano dell'elfo con tanta gentilezza, come se fosse fragile. Le mani dell'hobbit era davvero piccole rispetto a quella di Legolas.

''In piedi, dobbiamo andare!'' la voce di Aragorn era quasi irosa e spiacevole. Quando Legolas sentì la sua voce rabbrividì. ''Concedi loro un momento, te ne prego!'' replicò Boromir voltandosi verso Aragorn. ''Stanotte queste colline brulicheranno di Orchi!'' gli rispose quest'ultimo. ''Dobbiamo raggiungere i boschi di Lothlorien. Andiamo!'' si avvicinò a Sam e lo tirò in piedi quasi con malgrazia, poi si guardò attorno alla ricerca di Frodo. Quando incrociò gli occhi del Portatore, una grande pena crebbe nel suo cuore. Gandalf era sempre stato un grande amico per lui, il suo punto di riferimento in quest'avventura terribile. E lui non c'era più.

Boromir tornò a guadare l'elfo. ''Ce la fai ad alzarti?'' gli chiese. Legolas annuì col capo, senza guardarlo in viso, e lentamente si mise in piedi. Non appena fece un passo le sue gambe non lo ressero, e barcollò pericolosamente. Il Gondoriano lo afferrò. ''Sto bene, sto bene...'' si affrettò a dire l'elfo, ritirandosi dalle braccia di Boromir. ''E' solo un capogiro.'' disse, con tono gelido. Racchiuse tutte le forze che aveva in corpo, alzò il capo fiero e questa volta riuscì ad avanzare senza guardare in faccia nessuno. Boromir incrociò il viso dell'elfo solo per pochi secondi, ma ciò che vide lo fece rabbrividire; aveva un espressione fredda come il ghiaccio, e gli occhi spenti, vuoti.


La Compagnia si lasciò le spalle l'oscurità di Moria, e avanzarono verso i boschi di Lorien...







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Capitolo 4
*** IV ***


The devil within (4)
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IV
Lothlorien









Camminarono per ore, immersi nella natura selvaggia. Il vento accarezzava dolcemente i loro visi e il profumo dell'erba riempiva loro le narici. Più avanzavano, più gli alberi si facevano numerosi. Erano già lontani da Moria, ma non abbastanza vicini al cuore del Regno degli Elfi per essere completamente al sicuro. Per Legolas era diventato difficile sopportare gli sguardi rabbiosi di Aragorn, e nemmeno l'elfo gli offriva delle occhiate amichevoli. Tutti gli altri percepirono una tensione tra i due, e le occhiate che si lanciavano ogni tanto non promettevano nulla di buono. Ma Boromir sembrava l'unico ad aver capito il motivo per cui i due si ignoravano.

Legolas salì su una roccia leggermente sopraelevata e guardò fin dove il suo sguardo poteva spingersi. ''Vedi qualcosa?'' chiese Boromir. ''Non ne sono sicuro...'' mormorò l'elfo, focalizzando su una linea verde all'orizzonte. ''Ma credo proprio che entro un paio d'ore entreremo nel Reame di Lothlorien.'' scese dalla roccia, e inaspettatamente inciampò. Si immobilizzò per riprendere l'equilibrio e scacciare un fastidioso senso di vertigine che lo aveva colto all'improvviso. Sospirò alzandosi, non appena si voltò il suo sguardo incrociò per un'attimo quello di Aragorn. Ma si apprestò a ignorarlo e continuare a camminare.

''Gli passerà, vedrai.'' gli disse Boromir.

Finalmente raggiunsero i famosi Boschi di Lothlorien, e vi entrarono cautamente. Aragorn apriva la fila, e Legolas era subito dietro di lui. Gimli si guardava attorno, quasi spaventato e agitato. ''State vicini, giovani hobbit...'' l'elfo sentì nella voce del nano una vena di paura e tensione, e gli venne quasi da ridere. ''Dicono che una grande fattucchiera viva in queste boschi. Una strega Elfo, con poteri straordinari. Tutti quelli che la guardano, cadono sotto il suo incantesimo, e non li si vede più...'' Legolas osservò il nano con la coda dell'occhio. ''Le tue parole non sono altro che polvere.'' disse, poi si voltò verso di lui, fissandolo con uno sguardo che Gimli sentì il proprio stomaco restringersi nelle dimensioni di una ghianda. ''Non parlate della Dama di Lothlorien se non sapete nulla.'' Gimli si sentì terribilmente a disagio.

Ma poi sembrò riprendersi. ''Be', uhm... ecco un nano che lei non intrappolerà così facilmente!'' Legolas alzò gli occhi al cielo, sbuffando. ''Ho gli occhi di un falco, e le orecchie da volpe, io!'' Non aveva neanche avuto il tempo per finire la frase che si ritrovarono puntate contro decine di frecce di fattura elfica. Legolas aveva già estratto il suo arco, ma non si sentiva minimamente minacciato. Si udì una voce ironica, e alternata allo stesso tempo. ''Il nano respira così forte che potevamo colpirlo al buio...'' un'elfo si fece spazio tra gli altri, avvicinandosi alla Compagnia senza staccare lo sguardo da Gimli. ''Haldir di Lorien...'' sussurrò Aragorn accennando a un inchino. ''Siamo qui in cerca di aiuto. Ci occorre la tua protezione.''

''Aragorn! Questi boschi sono pericolosi. Torniamo indietro!'' Legolas trattenne a stento un sorriso nel sentire il nano così spaventato e confuso. Lui non avvertiva la pace che regnava su quei luoghi. Il canto degli alberi di Lothlorien avevano il potere di rinfrancare lo spirito e allontanare ogni tipo di turbamento.
''Siete entrati nel reame della Dama dei Boschi, non potete tornare indietro. Venite... Lei vi aspetta.'' Disse Haldir squadrandoli uno a uno per la prima volta, e solo allora sembrò rendersi conto della presenza del Principe di Bosco Atro. I suoi occhi si allargarono di stupore, e ordinò in elfico agli arcieri di allontanarsi immediatamente. A quel punto anche Legolas ripose l'arco, accennando a un sorrisetto. Haldir sembrava terribilmente imbarazzato.

''Legolas! E' sempre un piacere per noi accoglierti a Caras Galadhon. Ti prego di perdonare la mia irruenza, ma non avevo notato la tua presenza nella Compagnia.''
''E' passato molto tempo dalla mia ultima visita...'' tese la mano al suo vecchio amico, che la strinse con vigore. ''Sono contento di vederti, Haldir.''

Visto e considerato che la loro piccola conversazione stava avvenendo in lingua elfica, tutti a parte Aragorn li squadravano come se stessero dicendo chissà quali bestemmie. Una flebile risata scappò dalle labbra di Legolas. ''Seguitemi!'' disse poi Haldir in lingua comune, e la Compagnia cominciò a seguire il sentiero che li avrebbe condotti nel cuore del regno di Lothlorien; a Caras Galadhon, dove risiedevano Sire Celeborn e Dama Galadriel. Legolas si affiancò a Boromir, e lo guardò negli occhi scorgendo confusione, e turbamento.

''Non sembri molto felice di essere entrato a Lothlorien, amico mio...'' gli disse, accennando a un sorriso. Il Gondoriano sospirò, scuotendo la testa. ''Qualcosa non va?''
''In tutta onestà, non mi sento tranquillo,'' disse. ''da quando siamo entrati a Lorien, non faccio altro che sentire una presenza nella mia testa. Dice che non devo cedere, che non devo ripetere l'errore che porta ogni Uomo alla fine... ma non riesco a capire a cosa si riferisce.''
Legolas lo guardò ancora per qualche istante, poi distolse lo sguardo. Lui invece aveva capito, eccome se aveva capito...

''La voce che senti nella tua mente è Dama Galadriel...'' si limitò a dire, non accennando a dirgli quello che il suo cuore suggeriva; sapeva che anche Galadriel aveva avvertito l'evidente attrazione di Boromir per l'Anello. Per fortuna giunse l'esclamazione dei giovani hobbit a interrompere la loro conversazione, e Legolas non ci mise molto a capire cosa aveva catturato in tal modo l'attenzione dei mezzuomini; erano finalmente arrivati a Caras Galadhon.
Camminarono in silenzio, immersi nell'atmosfera mistica della città elfica. Bianche scale correvano tutt'attorno ai grandi tronchi degli alberi, e su di esse luminosi Elfi si fermavano per osservare la Compagnia, che ai loro occhi parevano dei pellegrini. Le luci disposte lungo i rami degli alberi, come gocce di rugiada, creavano nella cittadella un'intensa luminosità dai toni lavanda, che contribuivano a rendere l'atmosfera più spirituale.

Era una meraviglia, un'assoluta meraviglia.

Si fermarono ai piedi di una scalinata, e si voltarono tutti verso l'alto quando un intensa luce colpì i loro occhi. Due figure, da prime distanti, si fecero più nitide man mano che scendevano lentamente le scale. Aragorn si inchinò davanti ai Signori di Lothlorien; erano molto alti, e la statura della Dama era pari a quella del Signore; i loro volti erano gravi e belli. Le vesti erano bianche, e i capelli della Dama di un oro intenso, e quelli di Sire Celeborn d'argento, lunghi e lucenti. I loro occhi erano penetranti come lance, impenetrabili. Dama Galadriel era ciò che di più bello esistesse nella Terra di Mezzo.

Gli hobbit avevano gli occhi e la bocca spalancati, Gimli non credeva ai suoi occhi. Boromir però sembrava spaventato.

''Otto sono qui, eppure nove si sono allontanati da Gran Burrone. Dimmi, dov'è Gandalf? Perché desidero parlare con lui...'' disse Sire Celeborn, e sembrava rivolgersi ad Aragorn. Galadriel lì guardo uno a uno, soffermandosi su ognuno di loro per qualche istante. ''Egli è caduto nell'ombra...'' parlò la Dama; la sua voce era chiara e armoniosa ma più profonda del tono solito di una donna. C'era tristezza nella sua voce. Ci fu un attimo di silenzio.
Fu Legolas a parlare, l'unico che ne aveva il coraggio. ''E' stato preso sia dall'ombra che dalle fiamme. Un Barlog di Morgoth. Siamo finiti inutilmente nella rete di Moria.'' Parlò con assoluta calma, ma nel tono della sua voce il tormento e l'angoscia si mescolavano ad una sorta di fiducia nelle capacità di Gandalf. Aragorn lo guardò stupito, non l'aveva mai sentito parlare così. Lui ricambiò il suo sguardo, sicuro di sè.

La Dama parlò: ''Mai inutile è stata un azione di Gandalf nella vita. Ancora non conosciamo a pieno il suo scopo.'' i suoi occhi si posarono sulla figura del nano, che teneva il capo basso. ''Non lasciare che il vuoto d Khazad-Dum riempia il tuo cuore, Gimli figlio di Gloin, perché il mondo è ormai colmo di pericoli. E in tutte le terre l'amore ora si mescola con l'angoscia.'' poi passò sul Gondoriano, che sembrava ancora più intimorito.
''Cosa avverrà a questa Compagnia?'' riprese Celeborn. ''Senza Gandalf non c'è speranza.''
''La vostra Missione è sulla lama di un coltello.'' disse la Dama, posando lo sguardo sull'elfo, l'unico che riuscisse a guardarla negli occhi. ''Una piccola deviazione, ed essa fallirà trascinando tutti in rovina. Ma vi è ancora speranza fin quando la Compagnia sarà tutta fedele.'' E dicendo così, li liberò dai suoi occhi e sorrise.

''Che i vostri cuori non si turbino, perché siete logori dal dolore e dalla molta fatica. Questa notte dormirete in pace...''





In gwidh ristennin, i fae narchannen
I lach Anor ed ardhon gwannen
Mithrandir, A Randir Vithren
ù-reniathach i amar galen





Da pochi minuti si erano levati le voci etere degli Elfi, inafferrabili, di una bellezza struggente. Gli hobbit alzarono le loro teste guardando in alto, come per voler scorgere chi stava cantando.

''Un lamento per Gandalf...'' Legolas si era cambiato d'abito, e ora indossava una splendida tunica bianco-argentata che faceva risaltare i suoi occhi, e i suoi capelli d'oro. E si era unito anche lui al canto. I mezzuomini non l'avevano mai sentito cantare, e rimasero affascinati dalla sua voce, armoniosa e dolce. ''Cosa significano queste parole?'' chiese Merry, rivolgendosi all'elfo. ''Non ho il cuore di dirtelo...'' si voltò lentamente verso il giovane hobbit. ''per me il dolore è ancora troppo vicino...''
Fino a poco tempo prima, udendo una frase simile lasciare le sue labbra, Aragorn non si sarebbe trattenuto nell'aggredirlo. Infondo, se Gandalf era ''caduto nell'ombra'', la colpa era quasi esclusivamente sua. La sua voce era sì dolce, ma del tutto falsa. ''Ti prego, Legolas. Cosa significa questo canto?'' lo supplicò Pipino. Prima che Legolas potesse rispondere, Aragorn si alzò in piedi e lo raggiunse, iniziando a tradurre le parole.


'' Il legame interrotto, lo spirito infranto
La Fiamma di Anor ha lasciato questo Mondo
Mithrandir, il Grigio Pellegrino
Non vagherai più per i verdi campi di questa terra ''



Poi si voltò verso l'elfo. ''E' corretto?'' Legolas gli rivolse uno sguardo freddo, e anche sospettoso. ''Ogni singola parola.'' disse, quasi in un sussurro. Lo sguardo di Aragorn si rabbuiò, ma Legolas non cambiò espressione. ''Vieni con me, se hai qualcosa da dirmi.'' gli disse, per poi voltarsi camminando rapidamente lungo un sentiero che risplendeva d'argento. Gli hobbit distolsero lo sguardo, sentendo chiaramente la tensione tra loro due.
Aragorn seguì i passi di Legolas, e lo raggiunse in una piccola radura poco distante, nel centro della quale luccicava uno specchio d'acqua limpida e cristallina. L'elfo era seduto sul bordo, con una mano immersa nell'acqua.

Aragorn si sedette al suo fianco, ma a debita distanza e senza mai guardarlo. Nessuno dei due parlò per qualche minuto, poi a rompere quel silenzio fu la voce dell'elfo, mescolandosi al canto degli Elfi del Bosco. ''Davvero mi avresti lasciato morire, a Moria? Senza rimpianti?'' la sua voce era flebile. ''In quel momento si.'' disse Aragorn in un soffio. L'elfo chiuse gli occhi a quella rivelazione, e strinse i pugni. ''Ma ora non ne sono più sicuro.'' proseguì il Ramingo. Legolas alzò lo sguardo per incrociare il suo, e Aragorn vide nei suoi occhi confusione, e curiosità anche.

''Perché?''
''Perché ho avuto tempo per riflettere.'' Legolas sembrò trattenere per un attimo il respiro. ''E a che conclusione sei arrivato?''
''Che niente al mondo è mai riuscito a farmi sentire confuso e amareggiato come ha fatto la tua indifferenza in queste ore.''  
''Tu non mi hai permesso di avvicinarmi. I tuoi occhi mi hanno tenuto lontano.'' gli disse abbassando il capo.

''Gandalf è morto...'' quella di Aragorn era una semplice constatazione. Sebbene non lo ammettesse, voleva una spiegazione, voleva sapere perché lo aveva fermato quando aveva tentato di correre in aiuto dello Stregone. ''Non è stata colpa mia...'' replicò l'elfo. Non disse altro. L'altro lo guardò frustato. ''Come posso crederti, Legolas? Tu mi hai fermato. Mi hai impedito di raggiungerlo! Se non ti fossi messo in mezzo, forse ora Gandalf sarebbe ancora qui, vivo, a guidarci verso Mordor!''
L'elfo aprì leggermente la bocca, e strinse le mani sulle ginocchia. ''Mi reputi un assassino, Aragorn?'' disse, la sua voce era un debole sospiro, ma l'uomo lo udì perfettamente nel silenzio della notte. ''E' questo che mi stai cercando di dire?'' parlò ancora l'elfo, voltandosi lentamente verso di lui. L'altro non gli rispose, mentre l'elfo lo guardava negli occhi. Si lasciò scappare un aspra risata. ''E' così, per te, la morte di Gandalf è avvenuta per causa mia. Hah! Bell'amico che sei!'' sbottò alzandosi improvvisamente con l'intento di allontanarsi. 

''Legolas!'' Aragorn immediatamente si rimise in piedi e gli afferrò un polso. L'elfo si fermò, e non fece nulla per divincolarsi dalla sua presa. Il canto degli elfi si era fermato. ''Voglio sapere solo... perché.'' sussurrò Aragorn. Legolas non si voltò, e sentì la mano dell'uomo lasciare la sua. ''Non vedo perché t'interessi.'' disse l'elfo, con tono assente.
''Dannazione Legolas,'' urlò il ramingo, ''Ho tutto il diritto di sapere perché mi hai fermato, lasciando Gandalf nelle braccia della morte!'' subito l'elfo fu preso da un senso incontrollabile di odio contro Aragorn. ''Credi che me ne importi qualcosa?! E' morto, fine della discussione!'' gridò voltandosi di scatto verso l'uomo. Aragorn ebbe un brivido lungo la schiena. Rimasero silenziosi.

''Che cosa ti sta succedendo?'' fu l'uomo a rompere quel silenzio. ''Non lo so... dimmelo tu, Mellon.'' sibilò l'elfo. L'uomo scosse il capo, come incredulo. ''Valar Aragorn, tu dovresti ringraziarmi per averti fermato; se fossi caduto anche tu-''

''No, tu non meriti nessun ringraziamento!'' lo interruppe Aragorn. "Sei... cambiato, Legolas." disse, poi con voce amara. 
Legolas scosse la testa. ''No, forse sei tu che non mi conosci abbastanza bene.'' gli rispose secco. Aragorn non disse nulla, non riuscì a dire nulla; era letteralmente scioccato dal suo atteggiamento. Freddo. No, gelido; era l'aggettivo perfetto per descrivere Legolas in quel momento.

Quest'ultimo rimase ancora a guardarlo per qualche istante. ''Sembra che tu non abbia altro da dirmi. Allora posso tornare a riposare. Buonanotte, Estel.''
Si voltò e con passo veloce ma leggero ritornò al padiglione. Aragorn lo guardò allontanarsi, pietrificato. Insensibilità e freddezza erano sentimenti che non avevano mai fatto parte dell'animo di Legolas. Era così diverso, e non riusciva a capirne il motivo...




''Eccoli che arrivano!'' sussurrò Pipino quando vide l'elfo e il Ramingo tornare insieme. I due si sistemarono nei loro rispettivi giacigli, senza degnarsi di uno sguardo. I quattro hobbit si scambiarono un'occhiata veloce; riuscirono a percepire una forte tensione tra loro. ''Hanno litigato.'' sussurrò con tono basso Merry a Pipino. ''Come ne sei sicuro?'' chiese quest'ultimo. Meriadoc osservò l'elfo, la testa bassa e la mano che si passava nervosamente tra i capelli biondi. ''Perché li ho sentiti urlare.'' rispose guardando l'amico. "E io riesco a sentire voi." L'elfo si voltò verso di loro, facendogli capire che dovevano chiudere la bocca. I due spalancarono gli occhi, e subito distolsero lo sguardo chinandosi suoi loro materassi.

''Da quando gli elfi fanno così paura?'' bisbigliò Merry ancora più a bassa voce. ''Non lo so, ma cavolo... sembrava volesse bruciarmi vivo.'' borbottò Pipino, stringendosi nelle coperte. ''Credi che... faranno pace?'' chiese all'amico. ''Spero di si, e presto anche. Questa tensione non fa affatto bene alla compagnia.'' rispose Merry. Poi sospirò. ''Non pensiamoci, e cerchiamo di dormire.'' Pipino annuì, per poi sdraiarsi sul suo giaciglio e cadere in un pacifico sonno. Gli altri lo seguirono, e il loro riposo non fu turbato da sogni o da rumori. Legolas fu l'unico a rimanere ancora sveglio, ma fu solo questione di pochi istanti prima di sentire le palpebre pesanti. Chiuse gli occhi, e cadde tra le braccia di Morfeo...






Ciò che l'elfo vide appena sollevò le palpebre... era l'oscurità. Tutto intorno a lui era nero. Sentiva il proprio corpo leggerissimo, senza penso, ma aveva ancora i piedi per terra. I suoi occhi scrutarono il vuoto intorno a lui. Fu in quel momento che il suo udito sensibilissimo udì qualcosa alle sue spalle, si immobilizzò; erano passi, leggeri ma veloci come quelli di un elfo. Legolas rimase ancora immobile, trattenne il respiro che nel silenzio sembrava un sibilo. Sentì un brivido nella schiena, uno strano fremito gelido, eppure non si trattava di paura o di terrore. E immediatamente, come se si fosse spezzato un incantesimo, Legolas si rilassò... e agì; si voltò, tendendo il suo arco e stendendo una freccia con movimenti così veloci che lo sguardo di qualsiasi uomo non riusciva a seguirli.

Ma subito dopo si rese conto di star puntando una freccia contro... se stesso.

Era come guardarsi allo specchio, ma il suo riflesso non teneva l'arco tra le mani, e aveva le braccia lungo i fianchi. Il vero Legolas gli stava ancora puntando la freccia contro, e quando vide che non accennava a un singolo movimento, abbassò lentamente l'arco. Inclinò leggermente il capo di lato, credendo che il suo riflesso avrebbe fatto lo stesso, ma non si mosse. Rimase a fissare Legolas, con una certa malizia nelle pupille scure come la notte, in netto contrasto con quelle del vero Legolas, che erano blu come il mare.

''Ma che diamine...?'' borbottò Legolas. Non sapeva neanche lui se era una domanda, o un esclamazione. Il suo riflesso non interruppe il contatto visivo. ''Chi-cosa sei...? chiese questa volta, alzando la voce. Il Legolas-non-Legolas lo guardò ancora, gli occhi fiammeggianti colmi di malizia. E quando parlò, la sua voce era un sibilo di ghiaccio che proveniva da tutte le direzioni e da nessuna. ''Tu mi conosci, hai già udito la mia voce più volte.'' rise, una risata che riecheggiò nell'oscurità incalzante. Legolas aveva lasciato intanto cadere l'arco tra le mani, con le braccia tremanti lungo i fianchi, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quelli senza fondo del non-Legolas.

E riconobbe la sua voce; l'aveva udita al Consiglio di Elrond, e a Moria quando Gandalf era caduto nell'ombra.

''Io so chi sei...'' mormorò Legolas, con la voce che gli tremava. ''Allora dillo. Dì il mio nome!'' disse l'altro, con un sorriso di scherno.
''L'Anello...''
''Si...''
''L'Unico Anello...''
''Siii...'' sussurrò, con un sibilo venefico.

Legolas arretrò di un passo, mentre l'elfo-Anello lo chiamava. ''Che cosa vuoi da me...?'' di tutte le cose che voleva dirgli, gli era uscita quella stupida domanda. L'altro proruppe in una risata sibilante, mentre si avvicinava lentamente a Legolas. ''Io non voglio niente da te...'' la sua risposta lo lasciò perplesso. Ma prima che potesse riprendere la parola, l'elfo-Anello parlò nuovamente. ''Sei tu che mi brami.'' Legolas si sentì mancare il respiro.

''No..!'' si affrettò a ribattere, con voce tremante.
''Si invece; da quando mi hai visto non fai altro che pensare a me. Tu mi vuoi, Elfo... '' e cominciò a girargli attorno molto lentamente. ''Lo so anche che, invece del piccolo Mezzuomo, mi avresti portato tu stesso.'' si fermò, e Legolas sentì il suo respiro sfiorargli l'orecchio. ''Non sarei mai stato scelto come 'Portatore dell'Anello'. Ormai, quel che è fatto, è fatto. Sarà Frodo a distruggerti.'' affermò cercando di apparire sicuro. ''Chi ha detto che non ti avrei accettato, Elfo? Devi aver frainteso tutto al Consiglio di Elrond.''
''Che cosa vuoi dire?'' balbettò Legolas, restando immobile.

''Ricorderai perfettamente quando ti parlasti al Consiglio... le mie parole, le ricordi?''
''Mi rifiuto di dirle, sono nella Lingua Nera di Mordor.''
''Non dissi solo quelle. Ti sono sfuggite le più importanti. E allora... lascia che te le ripeta.'' l'elfo-Anello avvicinò la bocca all'orecchio di Legolas, e schiuse le labbra in un sussurro che fece tremare l'elfo.


'' Portami con te ''


E Legolas perse un battito. ''Io potrei darti quello che vuoi.'' cantilenò l'elfo-Anello.
La bocca di Legolas si era seccata improvvisamente, ed il cuore aveva accelerato i battiti. Chiuse i pugni talmente forte che sentì le proprie unghie penetrare nei palmi. ''Puoi diventare molto di più...'' sibilò l'elfo-Anello, e il suo respiro gli fece venire i brividi. ''No!'' Legolas si allontananò da lui. Col respiro corto si voltò verso l'Unico Anello; il suo sguardo sembrava trattenerlo come catene di Mithril. Avrebbe tanto voluto scappare, ma si sentiva come ipnotizzato.

''No, no, no, no...'' singhiozzò Legolas portandosi le mani fra i capelli mentre gli dava le spalle. Il desiderio che stava provando era sbagliato, lo sapeva, lo sentiva; doveva resistere. Ma si rese conto che... lo voleva. Si lasciò cadere in ginocchio, quasi stremato, mentre si stringeva le ciocche bionde tra le dita. Pianse silenziosamente. ''Perché mi tormenti? Che vuoi da me? Quale... possibilità pensi di avere?''  riuscì a dire con la voce rotta dal pianto. Sentì due dita gelide come il marmo alzargli il viso, e i suoi occhi lacrimosi incontrarono quelli senza fondo dell'Unico. Sorrideva. ''Ho bisogno di te, come tu hai bisogno di me. Ci completiamo, mio bel Principe. Siamo come il giorno e la notte; nessuno dei due può fare a meno dell'altro.'' rispose, mentre con le dita fredde gli asciugava le lacrime salate. Legolas chiuse gli occhi, premendo la guancia contro la mano dell'altro per assaporare quella carezza.

L'Unico Anello... la sua voce... il suo potere... l'incantesimo estremo. Si stava perdendo completamente, stava cadendo nell'oblio, e non riusciva a tornare indietro. Lui non voleva tornare indietro. Le sue labbra si dischiusero in un sospiro, ''Cosa vuoi in cambio?'' disse guardandolo negli occhi. Il volto dell'altro si fece serio. ''Nessun prezzo.''  disse, sfiorando una ciocca dei capelli di Legolas. ''Cosa...?''
''Hai sentito. Nessuno prezzo.'' ripetè, allontanando la mano dal suo viso. Si rimise in piedi e arretrò di qualche passo. ''Solo, prendimi. E tutto ciò che brami sarà tuo.'' l'Anello tese una mano verso l'elfo... e attese.

''Ma mettiamo caso che tu dica di no, posso tranquillamente trovare qualcun'altro da usare.'' alzò gli occhi al cielo pichiettandosi il mento con il dito. ''Mm, vediamo...'' fece pensieroso. ''Oh, ma certo! Il tuo caro amico...'' si interruppe e fece un giro su se stesso. In quel momento la sua forma cambiò, assumendo quella di... ''Ta-da! Aragorn!'' esclamò l'Unico allargando le braccia con fare teatrale. ''Estel!'' gridò il Principe allarmato. L'altro scoppiò a ridere, e la cosa più disturbante è che  aveva la voce di Aragorn, ma era distorta e innaturale. ''Non osare nemmeno!'' lo minacciò Legolas. ''Ma sentilo! 'Non osare','' ripetè l'altro prendendolo in giro. ''Altrimenti che fai?''
''Non devi nemmeno pensare di avvicinarti a lui-''
''Allora accetta, e non lo farò.''

Gli accarezzò il viso con una mano e gli strinse il mento con due dita. ''Avanti, devi solo...'' di allontanò tendendo nuovamente la mano. ''Dire di si.''
Sapeva di correre in grosso rischio, ma non poteva permettere a quel mostro di far del male a Estel. Avrebbe fatto di tutto per lui. ''Va bene.'' disse, e l'altro sorrise tornando di nuovo nella sua precedente forma.

Lentamente, Legolas allungò la mano poggiandola sul palmo dell'altro. Quando intravide un luccichio sul suo anulare, il Principe chiuse gli occhi mentre l'elfo-Anello tirò la testa indietro e rise. ''Hai scelto... e allora PRENDIMI.''

L'oscurità si ammassò attorno al corpo dell'elfo, che si sentì quasi soffocare. La figura del non-Legolas stava cambiando; improvvisamente si ingigantì e divenne scura come il Crepuscolo e i suoi occhi sembravano brillare nell'oscurità livida. Le dita delle sue mani si allungarono come viscidi tentacoli, e si avventarono sul corpo dell'elfo, immobilizzandolo completamente. Allora Legolas urlò, senza rendersi nemmeno conto di urlare, nè delle parole che gridava... e mentre si lasciava andare a quell'incantesimo maledetto, sentì la voce dell'Unico sovrastare i suoi urli. Fredda e tagliente come una lama di ghiaccio; il sibilo velenoso di un serpente.







'' Finché un dì sarai crudele,
uno splendido assassino! ''




...





Legolas sollevò lentamente le palpebre, puntando lo sguardo verso il manto di cielo blu, il luccichio delle stelle sembrava riflettere sulle sue iridi color pece, scure come due pozzi senza fondo. Disteso su quel manto di foglie, con un braccio sotto la testa e l'altro abbandonato sul ventre, l'elfo sorrise; sentì come se fosse subentrata un'altra natura in lui, un altro istinto. Un istinto quasi feroce...

Improvvisamente il suo sorriso si tramutò in una risata insana quando la sua mente cominciò a immaginare la violenza, e la morte che presto avrebbe portato, facendo tremare l'intera Terra di Mezzo.

Sorrise ancora; il Suo momento era finalmente giunto.







E quella stessa notte,  qualcun'altro fu destato dal suo sonno pacifico...

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Capitolo 5
*** V ***


The devil within (5)

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V
Lo Specchio










Frodo sobbalzò destandosi dal suo sonno, e si guardò attorno sbattendo un paio di volte le palpebre. Il giovane Mezzuomo sembrava in contemplazione di qualcosa che si rivelò solo a lui, come se qualcuno gli stesse parlando. Nessun'altro sembrava sentirla, eppure era così chiara nella testa dell'hobbit. Una voce chiara e morbida. Poi la riconobbe; era la voce di Dama Galadriel che lo chiamava a sè. E poi, come se giungesse in risposta alle sue domande, la vide; alta e bianca e splendente avanzava fra gli alberi. Non disse parola, ma lo chiamò a sè con un cenno.

Lo condusse lontano, dove attraversando una verde siepe entrò in un giardino. Non vi erano alberi, e si apriva al libero cielo. Galadriel osservava il Portatore avanzare verso di lei, i suoi passi risuonavano leggeri contro i gradini di marmo. Frodo scese la lunga scalinata, e mise piede in una profonda conca, attraversata dal mormorante ruscello d'argento che sgorgava dalla fontana sulla collina. Sul fondo una vasca d'argento bassa e poco profonda poggiava su un piccolo piedistallo scolpito come un albero; accanto vi era una brocca d'argento. ''Desideri guardare nello Specchio?'' domandò la Dama di Lothlorien. Le sue vesti bianche le aderivano all'esile corpo, e i lunghi capelli biondi le incorniciavano il viso. Bellissima, luminosa e tranquilla come ciò che si trovava in quel luogo.

Frodo la osservava incantato, e lei aspettava.

''Mi consigli tu di guardare?'' domandò Frodo restando immobile. Vide la donna sorridere. ''No,'' gli rispose. ''Io non consiglio. Lo Specchio mostra molte cose;'' prese la brocca d'argento, e con l'acqua del ruscello riempì la vasca sino all'orlo. ''Cose che furono, cose che sono... e alcune cose che devono ancora verificarsi.'' poi la Dama vi soffiò, e l'acqua tornò nuovamente calma. Frodo la guardò con ancor più meraviglia.

Se voleva guardare? Si, avrebbe tanto voluto scorgere la bella Contea, e vedere che cosa stava accadendo a Casa Baggins.

Lentamente avanzò di qualche passo verso il catino d'acqua. Posò entrambe le mani ai lati della vasca, salì sulla base del piedistallo e si sporse verso lo Specchio. L'acqua aveva un aspetto duro e cupo, e delle stelle vi si specchiavano.

Poi le stelle si spensero; lo Specchio diventò grigio, come se fosse stato levato un oscuro velo, infine tornò limpido e chiaro.

Sulla superficie dell'acqua apparve l'immagine di Legolas, voltato di spalle. Poi la visione cambiò; Frodo intravide una piccola radura, dove vi si era consumata una battaglia, e poco più lontano c'era Boromir a terra, con la schiena poggiata contro un albero; con orrore si accorse che il suo petto era trafitto da molte frecce, e che era morto. L'immagine si mosse, e adesso Boromir non era solo; accanto a lui c'era Aragorn, in ginocchio col volto insaguinato, sofferente e velato da lacrime salate. Lo Specchio mostrò nuovamente Legolas, ma questa volta egli si voltò lentamente verso Frodo. Un ombra oscura pareva velare le iridi del Principe, e prima che la sua immagine sparisse, l'hobbit riuscì a scorgere l'ombra di un sorriso.

Un sorriso che per Frodo non vi era niente di tranquillo. Quel volto perfetto e sereno sembrava invece urlargli che un'ombra terribile si stava avvicinando.

Vi fu quindi una pausa, seguita da molte rapide scene che Frodo si sforzò di comprendere; vide una vasta pianura e molti cavalieri che cavalcavano veloci sui loro possenti cavalli, che andavano incontro a una mandria di grandi e feroci mannari guidati dagli Orchi. Mentre l'esercito degli Uomini combatteva, dall'altra parte centinaia di donne, bambini e anziani venivano condotti il più lontano possibile dalla battaglia.
Ancora una volta il riflesso si mosse; mostrò Aragorn caduto dal suo cavallo, ferito da una freccia dalla piuma rossa, e non ebbe il tempo neanche di mettersi in piedi che un mannaro gli andò contro. L'Orco che era in sella alla bestia afferrò il ramingo per un braccio e lo trascinò pericolosamente vicino a un precipizio. Per quanto Aragorn tentasse di liberarsi fu tutto invano, poiché la creatura era riuscito in qualche modo a bloccargli il polso con le redini della sella.

L'Orco smontò da sopra la bestia prima che essa sparisse oltre il precipizio insieme ad Aragorn.

L'immagine cambiò, mostrando Legolas che si avvicinava all'estremità del dirupio. Con cautela si sporse per guardare, per poter scorgere la figura del ramingo, ma non lo vide. Rimase a fissare le acque sotto di lui con una tale indifferenza che a Frodo vennero i brividi. Poi vide quel sorriso comparire nuovamente sul suo volto.

Lo Specchio mostrò l'immagine del corpo di Aragorn trascinato dalla forte corrente del fiume, per poi fermarsi quasi dolcemente sulla riva. La testa gli sanguinava per via di una ferita sulla tempia, e Frodo sperò con tutto il cuore che non fosse morto. Un'altra figura fece la sua comparsa; in sella a un cavallo bianco, vi era un giovane uomo. Aveva un lungo manto blu scuro, e il cappuccio gli copriva il volto, ma l'hobbit riuscì a scorgere dei lunghi capelli biondi. Lo vide scendere dal suo destriero inginocchiandosi velocemente accanto ad Aragorn.

La visione cambiò ancora, e adesso mostrava una Torre, immersa in un oscurità perenne e nebbiosa. Ai lati di un ponte che conduceva al cancello della Torre si stendevano prati neri costellati di fiori bianchi come ossa, emananti di un intenso fetore di morte. E proprio davanti al bivio, oltre al ponte bianco vi era un cancello, che dopo pochi secondi si spalancò come una bocca dai denti scintillanti. Un esercito ne uscì.

Ogni soldato era vestito di nero, buio come la notte. Frodo vedeva stagliarsi file di piccole figure dal passo silenzioso e veloce, che sgorgavano in un flusso interminabile. Eran precedute da un gran numero di Uomini a cavallo, alla cui testa cavalcava il più alto di tutti; un Cavaliere interamente nero, che aveva però sulla testa incappucciata un elmo.

Poi tutto fu sommerso dall'oscurità, e si levò una grande tempesta. Gli apparve l'immagine di una bianca fortezza, e poi un albero morto del medesimo colore, avvolto nelle fiamme. Vedeva una città devastata dalla guerra, vi erano tante fiamme, e il fumo s'innalzava. Ancora una volta lo Specchio mostrò immagini terribili, riguardanti proprio colui che Frodo temeva di affrontare; Legolas era inginocchiato a terra, con i vestiti lacerati e sporchi di sangue. Tra le sue braccia vi era un uomo; era vestito di nero con un lungo mantello rosso che gli ricadeva lungo le spalle; gli occhi chiusi, il corpo tremendamente immobile, e il sangue che gli imbrattava il petto.
Frodo lo riconobbe; era Aragorn. Si trovava tra le braccia dell'elfo. Ed era... morto.

Il Principe di Bosco Atro sembrava in preda alla disperazione e ai sensi di colpa; piangeva, piangeva disperatsmente, gridando verso il cielo il nome di Aragorn. Legolas continuò a stringere a se' il corpo del ramingo, e la visione poi cambiò. E fu proprio quest'ultima a turbare l'hobbit più di ogni altra; Legolas prese uno dei suoi pugnali e, dopo averla osservata con la stessa espressione disperata, rivolse l'acuminata punta verso di sè e spinse la lama nel suo cuore, crollando a terra in un lago di sangue.
Frodo non riuscì a trattenere un urlo, osservando le immagini terrorizzato. Avrebbe voluto allontanarsi e cancellarle dai propri occhi e dalla propria mente

E poi la vide... la Contea. Ma era diversa.
I verdi prati ricoperti di fiori erano stati rasi al suolo, gli alberi sdradicati e lasciati marcire, le case distrutte e date fuoco, tutto il bestiame ucciso, e la maggior parte degli hobbit erano... morti.

Frodo aprì la bocca per urlare, ma lo Specchio aveva altro da mostrargli e dalle sue labbra non uscirono suoni, solo un breve gemito.

Divenne all'improvviso completamente buio, come se un abisso si fosse aperto sotto la sua superficie e lui guardasse nel vuoto. Nel nero baratro apparve un Occhio, che crebbe lentamente, invadendo quasi tutto lo Specchio. Frodo ne fu paralizzato, incapace di gridare o di distogliere lo sguardo. I contorni dell'Occhio erano di fuoco, la fessura nera della pupilla si apriva come una finestra sul nulla. Incominciò a vagare, e Frodo sapeva perfettemante che cercava lui. L'Anello appeso alla catenella intorno al collo divenne pesante, trascinando la sua testa verso il basso. Frodo si sentì scivolare in avanti. Poggiò le mani sui bordi di marmo intarsiato, e con tutte le forze che aveva in corpo si diede una spinta cadendo all'indietro sul terreno compatto. Si alzò tremante e levò lo sguardo verso la Dama.

''Io so cos'è che hai visto,'' ella disse; ''perché è anche nella mia mente.'' Poi Frodo udì la voce della Dama nella sua mente. ''E' ciò che si verificherà se tu dovessi fallire. La Compagnia si sta disperdendo, la cosa è già cominciata. Vi tradirà e si schiererà dalla parte dell'Oscuro Signore, e incorrerete a una grande Guerra. Il destino della Terra di Mezzo dipende dalla tua impresa; se fallirà non ci sarà più speranza. Uno a uno, vi distruggerrà tutti.'' Frodo rimase in silenzio, mentre le immagini di quella visione scorrevano ancora davanti ai suoi occhi. La Terra di Mezzo completamente distrutta... e per mano della persona più improbabile che potesse immaginare. Perché proprio lui? Perché Legolas...?
Frodo aveva sempre visto gli elfi come creature dal cuore puro e sincero, che non avrebbero mai permesso al Male di consumarli...

E la Dama sorrise indovindando i pensieri del Mezzuomo. ''Ci reputi creature Sagge e potenti, ma purtroppo... anche gli elfi possono essere plagiati dal male. Non siamo molto diversi dagli Uomini.'' ella disse, e il suo sguardo penetrante tornò su Frodo, osservando l'Anello. ''E non nego che anche il mio cuore lo ha desiderato a lungo.'' la Dama avvicinò la mano verso il gioiello senza toccarlo, e l'hobbit notò che anche lei aveva un anello al dito. Galadriel rimase ancora a fissare l'Unico. ''Al posto dell'Oscuro Signore tu avresti una Regina!'' poi improvvisamente levò in alto le mani, e si irradiò una grande luce che illuminò solo lei, lasciando tutto il resto al buio. A Frodo parve immensamente alta, potente, e la sua bellezza era insostenibile.

''Non oscura, ma bellissima e terribile come l'alba. Infida come il Mare. Più forte delle fondamenta della terra. E tutti mi ameranno, disperandosi!'' Ma poi lasciò ricadere le braccia, e la luce scomparve, e tornò a essere un'esile donna elfica vestita di semplice bianco, dalla voce morbida. I capelli le ricaddero dolcemente sulle spalle. ''Ho superato la prova,'' sospirò socchiudendo gli occhi. ''Perderò i poteri, me ne andrò all'Ovest,'' e improvvisamente rise. ''e rimarrò Galadriel.'' Calò un lungo in silenzio.

''Non posso farcela da solo.'' sussurrò l'hobbit. Il volto della Dama si fece serio. ''Sei il Portatore dell'Anello, Frodo. Portare l'Anello del Potere vuol dire essere soli. Questo incarico è stato affidato a te, e se tu non troverai il modo nessuno lo potrà.''
''Allora io so cosa devo fare, solo...'' rimase per un attimo in silenzio. ''solo che ho paura di farlo.''
''Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro.'' Galadriel gli sorrise, e si abbassò arrivando all'altezza dell'hobbit. ''Temi per la sorte dei tuoi Compagni. Sappi che lo Specchio è pericoloso; alcune immagini sono utili, altre nefaste. Quello che tu hai visto è solo ciò che deve ancora accadere. C'è ancora speranza. E nel bene o nel male, io credo che il Principe di Bosco Atro abbia ancora un compito da portare al termine.''

Frodo tacque.
''E ora che tu vada a riposare.'' gli consigliò Dama Galadriel. Quando Frodo si allontanò, ella si voltò puntando lo sguardo su una figura che la osservava, lontano. Le iridi blu della dama si velarono di tristezza.



'' Principe di Bosco Atro, colui che ha visto l'Occhio,
non lasciare che il male soprafagga il tuo nobile cuore... ''



Legolas rimase immobile, nascosto nella penombra, i suoi occhi brillarono nell'oscurità della notte.



'' Mia Signora, è troppo tardi;
il Principe ha fatto la sua scelta. ''






...



L'indomani mattina, quando stavano cominciando a imballare i loro esigui beni, apparvero degli Elfi carichi di provviste e di abiti in dono per il viaggio. Gran parte del cibo consisteva in dolci estremamente sottili, di farina infornata, bruno all'esterno, e all'interno d'un bianco cremoso. In particolare vi era il Lembas, molto più nutriente di qualsiasi cibo fatto dagli Uomini. E mangiarne una piccola dose sarebbe stata sufficiente per un lungo giorno di marcia.
Gli Elfi diedero a ciascun membro della Compagnia ciò che gli era stato destinato; vi era per ognuno un manto con cappuccio, fatti su misura, di un stoffa di seta leggera ma calda. Il colore sembrava sul grigio, ogni cappa veniva chiusa al collo da una spilla simile a una verde foglia venata d'argento.

Allora abbandonarono la città degli Elfi, andando verso le sponde del Fiume. Innanzi a loro si stendeva un lungo prato di erba luccicante, cosparsa di elanor che brillavano al sole. Sulla destra e a ovest scorreva scintillante l'Argentaroccia, sulla riva vi era una banchina in pietra e in legno bianchi, ove erano ormeggiante tre piccole barche grigie, e in queste gli Elfi deposero il bagaglio.

''Prima che partiate, vi sono dei doni che il Signore e la Dama vi offrono in memoria di Lothlorien.'' disse uno degli Elfi, mentre Galadriel si avvicinava alla Compagnia. Si rivolse a Boromir, al quale diede una cinta d'oro; a Merry e a Pipino donò piccole cinture d'argento a forma di fiore d'oro. A Legolas offrì un arco come quello dei Galadhrim, più lungo e più robusto degli archi di Bosco Atro.

A Sam diede una piccola scatoletta di semplice legno grigio, con un'unica runa d'argento sul coperchio. ''La scatola contiene terra del mio frutteto. Quando avrai sparso in terra il contenuto della scatola, pochi giardini fioriranno come il tuo nella Terra di Mezzo. Quel giorno ricorderai Galadriel, e ai tuoi occhi apparirà una lontana visione di Lòrien.'' Sam strinse forte la scatoletta cercando di sfoggiare il suo più bell'inchino.

''E quale dono un Nano gradirebbe ricevere dagli Elfi?'' domandò Galadriel rivolgendosi a Gimli, in quel momento aveva lo sguardo basso e sembrava esser imbarazzato. ''Non vi è nulla ch'io desideri.'' rispose poi Gimli. ''E' per me un regalo sufficiente l'aver veduto la Dama dei Galadhrim, e udito le sue parole.'' e la Dama gli sorrise, quasi stupita dalle parole del nano. Egli accennò a un inchino e fece per andarsene, ma si fermò. ''Ma forse, se mi è permesso, vorrei un capello della tua chioma.''

''Cosa faresti di un tale dono?''
''Lo custodirei come tesoro, mia Dama.''  Galadriel allora disfece una delle sue lunghe trecce, e tagliò tre capelli d'oro che pose nella mano di Gimli.
Per ultimo si rivolse al Portatore dell'Anello, e gli mostrò una piccola fiala di cristallo, che sprigionava raggi di luce bianca. ''A te, infine, dono la luce della stella di Earendil. Possano i suoi raggi guidarti nei luoghi oscuri, ove tutte le altre luci si spegnessero.'' Frodo prese la fiala e fece un inchino.
Infine tutto fu pronto, e la Compagnia partì. Le acque increspate li trascinavano via dolcemente, allontanandosi da Lorien. I viaggiatori sedevano immobili, e silenziosi. Dama Galadriel in piedi li osservava, sola e muta. Frodo si voltò per guardarla e la vedette alzare un braccio un segno di saluto. La sua figura divenne presto piccola e distante.



Non scorsero alcuna traccia di nemici durante i giorni che seguirono, e navigarono veloci tra le acque del fiume, verso sud. Le monotone ore grigie passavano senza che nulla accadesse. Il cielo era ancora grigio e coperto, il vento soffiava da est, e la campagnia da ambedue i lati cominciò a trasformarsi rapidamente. La Compagnia si stava avvicinando alle grigie colline dell'Emyn Muil, il confine sud delle Terre Selvagge.
Frodo intravide, scrutando il fiume, due grandi scogli distanti che si avvicinavano; parevano immensi pinacoli e pilastri. Alti e minacciosi montavano la guardia ai due lati del letto. Tra essi vi era una stretta breccia, ove la corrente sospinse le barche.

''Aragonath...'' mormorò Aragorn. ''Le Colonne dei Re!'' le grandi colonne parevano egersi come torri incontro alla Compagnia. Ebbero l'impressione di vedere dei giganti, grandi figure grigie, silenti ma minacciose. Ma poi si accorsero che le rocce erano scolpite e modellate; esse conservavano ancora, nonostante i lunghi anni, le possenti sembianze che erano loro state date. Su grandi piedistalli immersi nelle acque si ergevano due grandi re di pietra; immobili, con gli occhi che fissavano il Nord. La loro mano sinistra era alzata, col palmo rivolto verso l'esterno, in segno d'ammonimento; in testa portavano un elmo e una corona ormai corrosa dal tempo. Erano rivestiti ancora di una grande potenza e maestà.

L'ammirazione s'impadroni ben presto della Compagnia che si ritrovò col naso all'insù, a osservare quei silenziosi guardiani di un regno scomparso da epoche immemorabili.

''Da tempo desideravo mirare gli antichi re della mia terra.'' disse Aragorn, in quel momento una luce brillava nei suoi occhi e pareva Aragorn figlio di Arathorn, orgoglioso ed eretto, e che con mano sicura conduceva la barca. Li condusse al braccio destro del fiume. Sulla riva occidentale, un verde prato si stendeva, all'ombra di Tol Brandir, dai piedi di Amon Hen sino al bordo dell'acqua. Al di là, le prime pendici del colle erano coperte d'alberi, e altri alberi fiancheggiavano verso ovest le curve sponde del lago. Tirarono a secco le barche sulle verdi rive, e decisero di accamparsi. Pipino e Merry con l'aiuto di Gimli accesero un fuoco con legna d'abete e di cespugli, e si affretarono a preparare qualcosa da mangiare. Sam riposava ai piedi di un albero, e Legolas sedeva un po' in disparte su una pietra.

''Attraverseremo il lago al calar del sole,'' disse Aragorn, rivolgendosi alla Compagnia. ''Nascondiamo le barche e andiamo avanti a piedi. Raggiungiamo Mordor da nord.'' i suoi occhi caddero sulla figura dell'elfo, seduto su una roccia, e osservava intensamente gli alberi davanti a sè. L'uomo lo guardò con fare molto sospettoso; aveva la sensazione che gli stesse nascondendo qualcosa. Dall'episodio che era successo a Lorien non si erano rivolti nuovamente la parola fino ad adesso. Più Aragorn ci pensava, più era convinto che Legolas fosse cambiato. Si rendeva conto che non era lo stesso elfo che aveva conosciuto. Ma era davvero sicuro di conoscerlo bene? Non lo sapeva neanche lui. Il suo istinto gli diceva di guardarsi le spalle, di non abbassare la guardia, di stare attento. Come se Legolas potesse essere pericoloso! Che stupidaggine, pensò Aragorn. Lui non era... pericoloso. Eppure, si sentì il dovere di parlargli. Era da parecchio che non gli rivolgeva la parola. Gli si avvicinò, restando in piedi.

"Tutto bene?" chiese. L'altro non osò nemmeno guardarlo in faccia. "Perchè me lo chedi?" replicò con un'altra domanda l'elfo, e il suo tono pareva estremamente seccato. Aragorn ispirò profondamente. "Perchè sembri molto strano." disse. "Oh," fece Legolas fingendosi sorpreso. "Che intendi dire?" chiese picchiettando le dita sul legno dell'arco.
"So che sei un tipo silenzioso, e solitario per certi aspetti," fece l'uomo. "Ma questo improvviso distacco dalla Compagnia non lo concepisco. Se sei ancora turbato per quello che è successo a Lorien io-"

"Sei venuto per scusarti di avermi accusato di aver lasciato Gandalf tra le braccia della morte nel tentativo di salvare te?" lo interruppe Legolas voltandosi verso di lui. L'uomo non rispose, settendosi quasi a disagio. Il bel Principe sorrise, un sorriso così angelico quanto inquietante. "Oh amico mio, è acqua passata ormai! Non ho motivo di essere in collera con te, e credo che tu pensi la stessa cosa, vero?" gli domandò continuando a sorridere, e ad Aragorn quel sorriso non gli piaceva.

"Legolas, sei sicuro di stare bene?" sussurrò. L'altro lo guardò divertito. Poi si alzò lentamente. "Non è di me che ti dovresti preoccupare." affermò. Aragorn lo guardò confuso. "Che intendi dire?" gli disse, e sembrò quasi in mincaccia. L'elfo non rispose rimanendo impassibile. "Legolas!" l'uomo lo afferrò per le vesti tirandolo verso di se con uno strattone. "Che cosa diavolo volevi dire!? Se hai avvertito un pericolo dimmelo subito oppure-"

"A che scopo se i tuoi occhi sono talmente velati da non riuscire a vederlo quando potrebbe essere sotto il tuo naso?"
La voce del giovane Peregrino li interruppe e Aragorn si voltò verso l'hobbit evidentemente agitato. ''Dov'è Frodo?'' a quell'esclamazione, tutti balzarono in piedi e lo cercarono con lo sguardo. Persino Sam che si stava quasi appisolando ai piedi di un albero scattò subito in piedi, e l'uomo raggiunse gli altri lasciando Legolas da solo, l'unico che non sembrava sorpreso; da quando si erano fermati ai piedi di Amon Hen infatti aveva seguito attentamente i movimenti dell'hobbit senza dare nell'occhio. E non si stupì nemmeno quando vide la postazione di Boromir vuota, e il suo scudo circolare abbandonato contro un'albero.









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Capitolo 6
*** VI ***


The devil Within (6)

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VI

La Compagnia si scioglie










Girovagando senza una metà precisa, Frodo si accorse che i piedi lo conducevano verso le pendici del colle. Incontrò un sentiero, le rovine cadenti di un'antica via; in alcuni punti vi erano state intagliate scale nella roccia, ormai logore e crepate, spaccate dalle radici degli alberi. Continuò a salire giungendo così in una radura erbosa, tutt'intorno crescevano sorbi. Frodo si fermò, guardando fisso a oriente, ma vedendo ben poco con gli occhi. Nella sua mente tornò tutto ciò che era accaduto dopo la partenza da Lorien, e aveva riflettuto parecchio all'idea di abbandonare la Compagnia, di andarsene da solo per Mordor. Aveva riflettuto su come l'avrebbero presa gli altri, specialmente Sam, l'unico che forse non avrebbe capito. Portare l'Anello del Potere vuol dire essere soli. E quelle parole erano più vere che mai. La Compagnia non sarebbe stata ancora unita, e di questo se ne rendeva conto. Era vero che fin'ora avevano viaggiato in buon accordo, ma sapeva che qualcosa avrebbe diviso le loro strade. Gli uni avrebbero scelto una via, gli altri la via opposta.

Frodo era il Portatore dell'Anello, solo lui doveva scegliere la sua di strada. Sospirò, quanto avrebbe voluto che Gandalf fosse lì, a dargli consiglio. Ma lui non c'era più.

Improvvisamente qualcosa lo destò dai suoi pensieri; la strana sensazione di una presenza dietro di sé, come se due occhi ostili lo stessero fissando. ''Nessuno di noi dovrebbe girovagare da solo, e tu meno di tutti.'' con grande sorpresa vide solo Boromir, intento a raccogliere della legna. Rimase un attimo silenzioso. Il vento mormorava fra i rami.
''So perché cerchi la solitudine; soffri. Lo si vede ogni giorno.'' sospirò Boromir, piazzandosi davanti al giovane hobbit. Frodo rabbrividì. ''Sei certo di non soffrire inutilmente?'' disse, ''Ci sono altri modi, Frodo. Altre vie che possiamo prendere.''

''So già cosa mi diresti.'' disse l'altro interrompendolo. ''Sembrerebbe un consiglio saggio, ma il cuore mi mette in guardia.''
''In guardia?'' domandò brusco Boromir, e Frodo scorse una strana luce nei suoi occhi. ''Chiedo solo di avere la forza per difendere il mio popolo!'' gridò improvvisamente, lasciando cadere la legna sull'erba. Era ancora convinto che quel piccolo oggetto fosse un dono da parte dei nemici di Mordor, e voleva adoperarne il potere contro il Nemico per lottare contro di lui. Non bramava il potere dell'Anello, ma solo la forza necessaria per difendere Minas Tirith.

L'hobbit fece un rapido passo indietro, guardando allarmano l'Uomo che in quel momento sembrava spazientito. ''Se tu mi prestassi l'Anello...'' egli tentò di avvicinarsi al mezzuomo, ma questo indietreggiò. ''Perché indietreggi? Non sono un ladro.'' disse con tono più dolce.
''Non sei te stesso!'' gridò Frodo, fronteggiandolo. ''Il Consiglio ha dato a me l'incarico di portarlo. Non c'è altro modo!'' scandì bene l'ultima frase per essere sicuro che l'altro avesse compreso. Ma l'effetto che ottenne fu assai peggio; il ben viso del Gondoriano venne deformato dalla rabbia, e un fuoco infuriava nei suoi occhi.
Frodo gli diede le spalle cominciando ad allontanarsi. ''E' tuo solo per un malaugurato caso. Avrebbe potuto essere mio. Doveva essere mio!'' urlò Boromir accelerando il passo, poi d'un tratto si lanciò su Frodo che finì con la schiena a terra e un Uomo -alto quasi il doppio e infinitamente forte- sopra di lui.

Il mezzuomo cominciò a dimenarsi, opporre resistenza, mentre Boromir tentava in tutti i modi di strappargli la catenina al collo. Vi era una sola cosa che Frodo potesse fare; tirò fuori l'Anello appeso alla catenella e se l'infilò velocemente al dito, proprio nel momento in cui Boromir si lanciava nuovamente su di lui. L'Uomo rimase come boccheggiante, con lo sguardo fisso sul punto ove prima c'era il mezzuomo, poi si sentì colpire al viso e un fruscio dietro di se, come qualcuno che stesse correndo. Si riprese subito dal suo stato confusionale, e cominciò a gridare parole incise di odio, che sembrarono echeggiare per tutta la radura. ''Ora capisco le tue intenzioni. Vuoi portare l'Anello a Sauron! Ci tradirai! Che tu sia dannato alla morte e all'oscurità!''

Inciampò in un sasso, e cadde bocconi disteso per terra. E rimase immobile per un certo colasso di tempo, come fulminato dalla propria maledizione; poi si sollevò, e sentì le lacrime pungergli gli occhi. ''Che cosa ho fatto?'' sussurrò, con la voce tremante. ''Che cosa ho fatto? Frodo, Frodo!'' chiamò ripetutamente. ''Torna, ti prego!'' Ma non udì nessuna risposta. Le sue grida non erano nemmeno giunte alle orecchie del mezzuomo, che era lontano. Correva, correva ciecamente su per il sentiero, con ancora il ricordo del viso folle di Boromir. Non si accorse nemmeno di essere arrivato sulla vetta di Amon Hen, e si fermò respirando affannosamente. Non riusciva a distinguere granchè davanti a sé, sembrava essere avvolto dalla nebbia; aveva ancora l'Anello al dito. Si poggiò su quella che doveva essere un'antica costruzione, e guardò davanti a se. Gli sembrò vedere una Torre completamente nera, più la guardava più essa sembrava avvicinarsi, e sulla cima della Torre poteva scorgere l'Occhio, avvolto nelle sue fiamme.

Il mezzuomo udì subito la voce dell'Unico farsi strada nella sua testa, e lo sguardo puntato su di lui. Come successe a Lorien, Frodo si irrigidì dalla paura, incapace di fare qualsiasi movimento o di emettere versi dalla bocca. Ma poi si fece coraggio, cominciò ad indietreggiare velocemente mentre si toglieva l'Anello e presto l'immagine del maledetto Occhio sparì. Fece qualche passo indietro di troppo perché si sentì mancare il pavimento di marmo sotto i piedi, e cadde ritrovandosi di nuovo sul terriccio compatto. Guardando in alto, vide un alto seggio sorretto da quattro colonne, a cui si accedeva tramite una scala dai molti gradini. Non se ne era nemmeno accorto di esserci salito.

''Frodo!'' una voce lo fece sobbalzare, subito si rimise in piedi e vide che era Aragorn. ''Si è impossessato di Boromir!'' gli uscirono di fretta le parole, sembrava di averle quasi urlate. Aragorn avanzò verso di lui. ''Dov'è l'Anello?''
''Non ti avvicinare!'' gridò Frodo, sentendo la paura scorrere nuovamente nel suo cuore. ''Frodo!'' esclamò il ramingo seguendo l'hobbit, che stava tentando di scappare, ma poi fermò la corsa. ''Ho giurato di proteggerti.'' disse Aragorn, con tono gentile e rassicurante. Ma Frodo non si sentì al sicuro, aveva ancora impressa nella mente gli occhi infuocati di Boromir. Levò lo sguardo verso il ramingo, e con voce quasi tremante disse. ''Puoi proteggermi da te stesso?''

Quelle parole lo lasciarono confuso, e in un primo momento non capì. Poi riflettè; Boromir doveva averlo aggredito e tentato di prendere l'Anello con la forza. Aragorn lo guardò meglio negli occhi; era talmente spaventato che forse non riusciva a fidarsi nemmeno di lui. Il ramingo lo vide prendere l'Anello tra le mani. ''Tu lo distruggeresti?'' disse, alzando lo sguardo verso l'uomo. Le iridi azzurre chiare di Aragorn fissarono il piccolo gioiello sul palmo del mezzuomo, lentamente avanzò e udì un sibilo agghiacciante nella sua mente. Era l'Unico, che lo stava chiamando a sé.

Alzò una mano per sfiorarlo, Frodo non si mosse. Aragorn si fermò a pochissimi centimetri dall'oggetto, e con la propria mano chiuse quella minuta del Mezzuomo in un pugno e la strinse. Si inginocchiò incontrando lo sguardo lacrimoso di Frodo. ''Sarei venuto con te sino alla fine, tra le fiamme di Mordor.'' sussurrò, lasciando la sua mano. Ed era vero, l'avrebbe seguito nonostante tutto, gli sarebbe rimasto fedele come aveva sempre fatto, però se il Portatore voleva proseguire il suo viaggio da solo lui non era nessuno per impedirglielo. Ma Aragorn sperava in cuor suo che le loro strade si sarebbero di nuovo incontrate.

''Lo so.'' disse Frodo. Non si sentì più spaventato, ma il cuore gli doleva poiché avrebbe presto abbandonato gli altri, e gli sarebbero mancati. Ma doveva farlo. ''Abbi cura degli altri, specialmente di Sam... lui non capirà.'' Un sospiro uscì dalle labbra del ramingo, poi il suo sguardo cadde su Pungolo e il suo viso divenne serio. Balzò in piedi sguainando la propria spada. Frodo, notando l'aria preoccupata di Aragorn, abbassò lo sguardo verso Pungolo; la lama brillava di blu intenso; c'erano Orchi nelle vicinanze.
''Va' Frodo! Scappa!''
Frodo nascose l'Anello e iniziò a correre sparendo nella boscaglia mentre giungevano, stridule e feroci, le urla degli Orchi. Aragorn uscì allo scoperto, e dinanzi a lui gli si parava un gruppo di Uruk-hai formato da una cinquantina di loro, forse anche di più, ma questo non fece preoccupare minimamente il Ramingo.

Il primo gli si avventò contro e lui evitò il suo fendente, colpendolo successivamente alle gambe e passò agli altri. Colpì il successivo sulla lama facendo in modo che si sbilanciasse, e lo finì con un colpo diretto al petto. Scaraventò il terzo a terra colpendolo con l'impugnatura della spada. Era accerchiato, ma nessuno di loro sembrava voler attacare. Esitarono, per un attimo intimoriti dalla forza di quel mortale. Aragorn saltò sulla scalinata dell'altare e lì riuscì ad affrontarli uno alla volta, ma il numero dei nemici cresceva e fu costretto ad indietreggiare raggiungendo la cima. Continuò combattere assestando colpi talmente forti da far cadere gli Orchi dall'altare.

Uno di loro, che doveva essere sicuramente il loro capo, gridò con voce possente... ''Trovate il Mezzuomo! Trovate il Mezzuomo!'' e alcuni Uruk-hai si divisero in diversi gruppi alla ricerca del Portatore. Aragorn si lanciò immediatamente sopra di loro, abbattendone il maggior numero possibile. Ma nonostante fosse molto forte, non era semplice combattere contro una marea di Orchi da solo. Infatti alcuni sfuggirono ai suoi colpi, e s'inoltrarono nella boscaglia.

In aiuto del ramingo arrivò anche Gimli, che aveva udito i rumori del combattimento, e subito iniziò a uccidere gli Orchi che circondavano il suo amico. Poi i due lanciarono all'inseguimento degli Uruk-hai riuscendo ad intercettarli quando avevano quasi raggiunto Frodo. Ne uccisero quanti più potevano, e ciò permise al mezzuomo di scappare e successivamente di nascondersi dietro a un albero. Per sua fortuna, gli Uruk oltrepassarono il suo nascondiglio e ne persero le tracce. Frodo rimase immobile come una statua, aspettando che tutti gli Orchi si fossero allontanati da lui, e potè sospirare sollevato.

''Frodo!'' udì una voce chiamarlo. E quando volse lo sguardo alla sua sinistra vide le teste di Merry e Pipino sbucare da dietro un cespuglio. ''Nasconditi qui. Presto!'' disse Pipino a bassa voce, assicurandosi che non ci fosse nessun'altro Orco nelle vicinanze, e Merry fece cenno con la mano di raggiungerlo. Ma Frodo indugiò, accennando a un 'no' col capo. Pipino lo guardò con fare interrogativo. ''Che cosa fa?'' chiese, rivolgendosi a Merry che aveva capito il perché del cenno negativo di Frodo.
''Se ne va.'' rispose. Il giovane Tuc sembrava però contrario alla scelta di Frodo, e uscì fuori dal suo nascondiglio con l'intento di raggiungerlo. ''Pipino!'' lo chiamò Merry uscendo allo scoperto e fermando l'amico. In quel momento videro arrivare un gruppo di Uruk-hai, e un idea balzò nella mente dei due hobbit.

''Ehi voi! Siamo qui! Siamo qui!'' cominciarono a gridare, agitando le braccia verso l'alto, fino a quando non attirarono l'attenzione su di loro. Merry si voltò per un ultima volta verso Frodo muovendo le labbra, e l'hobbit nel labiale comprese... ''Scappa.'' Merry e Pipino iniziarono a dirigersi verso Nord attirando gli Orchi, permettendo a Frodo di uscire dal suo nascondiglio e scappare verso Est.
''Funziona!'' esclamò Pipino voltandosi nella direzione degli Uruk-hai. ''Lo vedo che funziona, scappa!'' gridò Merry trascinandolo quasi per un braccio. Continuarono a correre quando si ritrovarono davanti un'altro gruppo di Orchi. Erano bloccati sia alle spalle che davanti. Un Uruk-hai armato di una grande ascia si precipitò contro di loro. E nell'istante in cui abbassò la pesante arma contro i due hobbit, Boromir arrivò bloccando l'attacco e uccidendo il loro aggressore. Merry e Pipino sguainarono le loro spade e si unirono alla battaglia insieme al Gondoriano.

Intanto sulla cima di Hamon Hen lo scontro continuava. Aragorn perse per un attimo la spada, evitò il colpo di un Orco e sfoderò il pugnale colpendolo all'altezza dello stomaco. ''Dov'è Legolas!?'' gridò Aragorn riprendendo la spada, per poi tagliare la testa di un'altro Orco. Non l'aveva visto da quando lui e Gimli avevano iniziato a combattere, si aspettava che arrivasse in loro aiuto, ma di lui non vi era traccia.
''L'ho perso di vista mentre accorrevo in tuo aiuto! Potrebbe essere stato circondato da altri Orchi. Ce ne sono fin troppi!'' rispose di fretta Gimli. ''Ci servirebbero le sue frecce in questo momento!'' sbottò, colpendo un'altro Orco. Intenti a uccidere gli ultimi rimasti, udirono il richiamo roco e profondo di un corno. Gimli scattò improvvisamente. ''Cos'è stato?''

''Il corno di Boromir!'' gridò Aragorn. ''Chiede aiuto!'' e si precpitò giù lungo il sentiero, verso la base della collina.

Dall'altra parte, Legolas stava combattendo contro un gruppo di Orchi, e appena il suo udito sensibile percepì il richiamo del Corno di Gondor, scattò subito verso la sua direzione. Sfoderando i suoi pugnali elfici, l'elfo abbatteva velocemente qualsiasi creatura che gli si parava davanti, senza mai fermare la sua corsa. E si fermò solo quando vide da lontano Boromir combattere contro una marea di Orchi, e suonare disperatamente il corno. Un sorriso piegò le labbra dell'elfo; era il momento giusto. Si alzò il cappuccio nascondendo il viso, e senza farsi notare dal Gondoriano, troppo impegnato a combattere per notare la presenza dell'elfo, imbracciò l'arco, tese la corda... e poi scoccò.

La freccia colpì dritto in pieno nel petto dell'uomo; un gemito strozzato uscì dalla sua bocca socchiusa, gli occhi spalancati e lo sguardo perso in un punto non specifico, che poi andò a posarsi su quella freccia conficcata nella sua spalla. Faceva male, e poteva sentire il sangue iniziare a macchiargli i vestiti. I due hobbit a quella vista improvvisamente si bloccarono; non si mossero, rigidi come due pezzi di legno.
L'uomo di Minas Tirith cadde inginocchio, e dalle sue labbra uscì un debole sospiro mentre la vista iniziava ad annebbiarsi. Da lontano Legolas sorrise, come compiaciuto della sua opera, e abbassò l'arco. Ma quel suo ghigno sparì immediatamente; Boromir si rialzò, in un impeto di rabbia, e ricominciò a combattere assestando un fendente mortale a un Orco, e colpito un'altro con la spada che stringeva con entrambe le mani.

Il ghigno venne sostituito da un velo di stupore; lo aveva colpito al petto, un colpo mortale persino per un elfo, sarebbe dovuto morire all'istante, e invece sembrava avere più forza di prima. Serrò la mascella, prese un'altra freccia e la scoccò velocemente. Questa volta l'uomo venne colpito allo stomaco, gemette portandosi istintivamente una mano in quel punto. Le gambe gli cedettero nuovamente, barcollò all'indietro e cadde di nuovo sul terreno. E Legolas attese, attese che la morte lo prendesse con i suoi artigli e lo portasse via dal mondo dei vivi. E Boromir la voleva, la morte, che gli avrebbe strappato quel dolore insopportabile. Tossì, e vide il suo stesso sangue macchiare il terriccio. Le forze lo abbandonarono, la vita scivolare via lentamente. E sarebbe davvero morto lì, non avrebbe mai più rivisto la sua Minas Tirith, e non avrebbe rivisto mai più suo fratello. Non ci sarebbe stata una tomba per lui.

Eppure c'era qualcosa che lo spingeva a non arrendersi, e quel qualcosa era davanti a lui; nonostante la sua vista si annebbiasse, nel suo campo visivo entrarono gli sguardi di Merry e Pipino, colmi di paura, amarezza, stupore. Era per loro che era ancora in vita, per quelle due piccole pesti a cui Boromir si era affezionato durante il viaggio. Erano loro a spingerlo a non arrendersi. Si rialzò ancora, e ricominciò a combattere. Lo stupore, e anche la rabbia, aumentarono nell'elfo; ne aveva tanta di forza, il mortale, ma non avrebbe resistito ancora. Boromir uccise ancora, prima di essere ferito nuovamente. E questa volta cadde definitivamente, enon ebbe più la forza di alzarsi.
E Legolas rise. Una risata carica di promesse, di perfidia.

Fu allora che gli hobbit trovarono un po' del loro coraggio e partirono all'attacco, ma Boromir vide la loro mossa per ciò che era; un inutile tentativo. Furono catturati sotto i suoi occhi, senza che lui potesse intervenire. 
Gli Orchi ignorarono l'elfo, comprendendo che non era una minaccia per loro, e se ne andarono. Solo uno gli si avvicinò, Lurtz. Ma Legolas rimase impassibile. ''Io non perderei tempo se fossi in te. Il ramingo ti cerca. Va', prima che lui ti tagli la testa.'' gli disse con voce autorevole, poi la sua attenzione cadde sul Gondoriano. ''Ci penso io a lui.'' sibilò. E Lurtz si allontanò, lasciandolo solo.

Legolas si fermò a pochi passi da lui, con l'arco in mano. E Boromir trovò il coraggio di guardarlo negli occhi; aveva uno sguardo crudele, e un sorrisetto soddisfatto sul viso. Non c'era più bontà nei suoi occhi, prima di un blu mare, che ora sembravano due pozzi neri senza fondo. I tremori incontrollabili scuotevano il corpo dell'uomo, ma non accennò ad abbassare lo sguardo da quello dell'elfo. Sarebbe morto, sì, ma a testa alta e senza paura. Legolas lo fissò a lungo. ''Dov'è Frodo?'' chiese infine. L'uomo non rispose. Legolas sbuffò. ''Facciamo così; tu rispondi e ti risparmio altro dolore, che ne pensi?'' disse poi con evidente sarcasmo.

''Che tu sia dannato, elfo...!'' sibilò l'uomo con una certa ira. Legolas lo fissò con un espressione interrogativa alzando un sopracciglio. Poi rise, divertito da tale scena. Si apprestò ad afferrare un'ultima freccia. ''Allora resta in pace, Figlio di Gondor.''
Boromir si preparò a ricevere l'ultimo colpo fatale; ma non arrivò. Lo vide abbassare di colpo l'arco, allontanandosi poi da lui con passo veloce e leggero. E Boromir si lasciò cadere a terra, ormai privo di forze.



Quando Aragorn raggiunse il campo di battaglia, trovò Boromir... immobile, stesso sul terreno. Il ramingo vide il suo petto trafitto da molte frecce. Intorno a lui vi erano ammucchiati i corpi di molti Orchi. ''No...'' Aragorn gli si inginocchiò accanto, lasciando cadere la propria spada. Boromir sollevò di poco le palpebre, e Aragorn gli strinse una mano; aveva la pelle terribilmente gelida, il corpo scosso da forte tremiti e il sangue usciva copioso dalle ferite.
''Hanno preso i piccoletti...'' riuscì a dire, e sembrò agitarsi al pensiero che quei mostri potessero far del male ai due hobbit. ''Frodo... dov'è Frodo?'' gemette. Il ramingo lo guardò negli occhi. ''L'ho lasciato andare.'' disse, in un sussurro. ''Hai fatto quello che io non ho potuto,'' s'interruppe, cercando di prendere fiato, e poi continuò. ''Ho cercato di togliergli l'Anello.'' una lacrima gli rigò lentamente la guancia. ''Perdonami. Vi ho deluso tutti.''

''No Boromir!'' esclamò Aragorn, accarezzandogli il viso freddo, e asciugandogli quell'unica lacrima.''Hai dimostrato coraggio, e conservato il tuo onore.'' disse. Quando tentò di rimuovere le frecce, sentì la mano del Gondoriano bloccare la sua. ''Lascia stare. E' finita. Il mondo degli Uomini cadrà, su tutto calerà il buio, e sulla mia città la rovina...'' s'interruppe nuovamente, facendo fatica a respirare.
''Io non so quanta forza c'è nel mio sangue,'' fece Aragorn. ''ma ti giuro, non lascierò che Minas Tirith cada. Nè che il nostro popolo fallisca.''
''Il nostro popolo...'' ripetè Boromir, in un sussurro appena percettibile. Aragorn annuì, sentendo i propri occhi lucidi. Notò che cercava di impugnare la spada, che giaceva accanto a lui. Aragorn la prese poggiandola sul suo petto che si alzava e abbassava lentamente, in direzione del cuore che ancora batteva.

Legolas aveva assistito alla scena dall'inizio, inginocchiato e nascosto dietro un cespuglio, col cappuccio che ancora gli copriva il volto. Ed era riuscito ad ascoltare anche la loro conversazione. Che scena toccante. Si era detto, osservando divertito e anche incuriosito. Nel mentre, aveva pensato all'idea di uccidere anche Aragorn, lasciarlo lì insieme al Gondoriano, e andare via immediatamente senza lasciare le sue tracce. 
Lentamente, uscì cautamente dal suo nascondiglio...

''Io ti avrei seguito Fratello mio. Mio Capitano. Mio Re.'' udì le sue ultime parole, poi non parlò più. E il vero Re di Gondor pianse, pianse stringendo forte la mano del Gondoriano, rimanendo inginocchio. L'elfo si era avvicinato silenzioso, lento, come un cane in aguato. ''Ahimè!'' sussurrò, in una finta espressione triste. ''E' scomparso l'erede di Denethor. Sei accorso appena udito il corno... ma ormai è troppo tardi, a quanto pare. E' una fine amara!'' continuò, impugnando lentamente il lungo pugnale.
Aragorn si rimise in piedi, e voltandosi finalmente lo vide; l'artefice di tutto questo. "Tu...!" Un impeto di rabbia, lo prese per il colletto e lo sbattè contro il tronco di un albero. La sua mano calò sul pugnale attaccato alla cinta, sfilandola e puntandola contro la gola dell'elfo. Gli occhi chiari dell'uomo si velarono di rancore, e anche tristezza.

Gimli intanto aveva raggiunto la radura, e si bloccò vedendo la scena che gli si parò davanti; Boromir steso a terra, morto, e Aragorn che puntava una lama contro Legolas. ''Per tutti i Durin, Aragorn! Che cosa stai-''
''Ha ucciso Boromir!'' gridò il ramingo senza voltarsi, continuando a puntargli l'arma alla gola. La sua mano che stringeva l'elsa gli tremava. L'elfo lo guardò in viso; aveva un espressione seria, dura, arrabbiata, ma riuscì a vedere dei piccoli dettagli; il respiro rapido e nervoso, gli occhi velati da un leggero strato di lacrime, sembrava si stesse sforzando di non piangere.

A quella vista l'elfo sorrise divertito, cosa che fece infuriare ancor di più il ramingo, poi assumendo un espressione angelica, disse. ''Mi hai beccato, a quanto pare.'' Aragorn sembrò trattenere il respiro per un attimo. ''Tu non sei Legolas.'' sussurrò, senza mai smettere di puntargli la lama alla gola.
''Certo che no!'' Legolas lo guardò. ''Lui se n'è andato... e non tornerà più.'' Il ramingo sussultò, e l'altro sembrò molto divertito poiché cominciò a ridere. La rabbia crebbe di più nell'animo dell'uomo, e fece pressione con la lama. Legolas interruppe la sua risata, mantenendo però un ghigno beffardo.

''Perché, Mellon, hai permesso che ciò accadesse? Perché hai permesso a Lui di avvelenarti la mente? Non voglio sapere cosa ti ha detto, nè di quando o dove sia successo, ma non permettergli di avere la meglio su di te. Ti ha solo mentito; qualsiasi promessa ti abbia fatto, Lui non la manterrà. Le sue parole sono bugie, false e sporche bugie. Sarai solo un'altra sua pedina, come Saruman. Un bottino di Guerra. Guardati; hai ucciso Boromir, macchiandoti le mani del suo sangue. E forse anche la morte di Gandalf è opera tua... non è così?'' c'era tristezza nella sua voce, ma questo non sembrò smuovere l'elfo. Aveva ancora quel ghigno stampato in faccia. ''Sei intelligente. mortale. Ebbene sì, è stata colpa mia. Avevi ragione ad accusarmi, a Lorien.'' Aragorn avrebbe tanto voluto togliergli quel sorrisetto dalla faccia.

''I tuoi occhi sono talmente velati che non riesci più a distinguere gli amici dai nemici. Lui non ti darà niente, Legolas, soltanto dolore. Ti prego, Mellon-''
''Io non sono tuo amico.'' lo interruppe bruscamente l'altro, e uno strano ghigno soddisfatto comparì sul suo volto. Aragorn sentì come un pugno nello stomaco, ''Non puoi dirlo veramente...'' il suo era un flebile sospiro, e lentamente abbassò la lama ma senza interrompere il contatto visivo, incapace di muoversi. Dov'era andato a finire Legolas, l'elfo nobile e leale? Dov'era andato a finire quell'amico conosciuto sessant'anni fa, a cui avrebbe affidato la sua stessa vita? Dov'era? Sentì la paura avvolgere il suo corpo.
''L'hai perso...'' mormorò l'elfo, leggendogli nel pensiero, e guardandolo negli occhi. ''Non hai la forza di salvarlo, mortale.'' Aragorn strinse i pugni.

''Ma...'' sussurrò l'elfo, attirando di nuovo l'attenzione dell'uomo e del nano, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che osservare la scena col fiato sospeso, e stringendo l'ascia tra le mani. ''Io potrei ridarti il vero Legolas, oh si, il tuo migliore amico.'' L'uomo lo guardò confuso. L'altro lo guardò stupefatto; stava davvero trattando con lui?  ''Spiegati meglio.'' chiese.
Legolas gli si avvicinò, arrivando ad un soffio da lui. Sorrise divertito. ''Se tu diventassi Re, Re di tutta la Terra di Mezzo, saresti amato, e acclamato. Avresti potere, ricchezza, e l'amore di una splendida elfa solo per te. Ma sentirai come un vuoto nel tuo cuore, un vuoto che poteva colmare solo una persona a te molto cara. A quel punto non avrai mai pace con te stesso, la sua morte graverà sulla tua coscienza, e ti porterà alla pazzia.'' ridacchiò.

''Tu mi stai chiedendo di... arrendermi? Di rinunciare...?
''Ti sto chiedendo di non essere più la speranza per questa bella Terra, di non essere la loro salvezza. Scegli Legolas, rinuncia alla Corona, e lo riavrai, ma su tutto calerà l'oscurità. Scegli l'Onore, e giuro che la sua casta e pura anima sarà tormentata; il suo corpo marcirà nelle più profonde e oscure celle di Mordor, gli saranno inflitte le torture più crudeli, e il suo dolore sarà musica per le Sue orecchie. Quello sarà il suo destino! Adesso, a voi la scelta, Maestà.''

Da una parte, la caduta, il tradimento, e Legolas.
Dall'altra, la salvezza, l'onore, e il tormento.
Aragorn poteva ancora scegliere?

''Io... scelgo Legolas.'' disse in poco più di un sussurro. Ci teneva a lui, come poteva non sceglierlo?
L'elfo sorrise, ma sussultò violentemente quando Aragorn lo sbattè contro l'albero, stringendogli una mano intorno al collo. ''Cosa stai...?'' annaspò. ''Cosa mi stai...?''
''Il vero Legolas. Il mio amico! Quello che mi odierebbe a morte se tradissi la mia causa!'' gridò il Ramingo, incapace di contenere la propria rabbia. L'elfo tentò di liberarsi dalla sua presa, ma inutilmente, e il risultato fu che il ramingo gli strinse di più le dita attorno al collo.
''No! Aragorn no, no!'' gemette, e la sua voce era di nuovo quella di Legolas. Un sussurro morbido, non più il sibilo venefico di pochi istanti prima. Il ramingo strinse i denti, e avvicinò il volto a quello dell'elfo. ''Non avrai mai nulla da me, se non il mio disprezzo. Io ti ripudio!'' sibilò, mentre una luce si accese nei suoi occhi.

''Aragorn... ti prego, no!'' implorò ancora, senza fiato, guardandolo con occhi supplichevoli. Ma Aragorn non si lasciò ingannare, nemmeno quando vide le sue guance rigarsi di lacrime. ''Così mi ucciderai! Mi ucciderai!'' gridò, per quanto gli fosse possibile, poi dalle sua labbra scappò un singhiozzo. ''Estel...''
Aragorn ansimava, la rabbia che ardeva dentro di lui. Alzò l'altra mano, quella che ancora impugnava il pugnale e lo sollevò avvicinandolo pericolosamente al viso dell'elfo. ''Allora muori!'' disse, prima di rendersene conto. ''Aragorn no!'' fu Gimli a parlare questa volta, che subito scattò verso il ramingo e lo costrinse ad allontanarsi, prima che potesse fare una mossa azzardata. ''No Aragorn! E' quello che Lui vuole!'' gli gridò, stringendolo in una morsa fino a quando non lo sentì calmarsi, e abbassare la spada.

Intanto Legolas era caduto a terra, con una mano al collo e con l'altra si reggeva sul terriccio. Cercava di recuperare aria, e tossiva talmente forte da sentire la gola bruciare. Dopo qualche istante, che sembrava eterno, Legolas alzò il capo verso il ramingo, fulminandolo con lo sguardo. Lentamente, si rimise in piedi, con un espressione truce negli occhi.
''Vattene.'' gli disse Aragorn, con evidente disprezzo. ''Sparisci dalla mia vista. E non tentare di seguire Frodo.'' aggiunse infine, stringendo l'arma. L'elfo inclinò la testa di lato, con fare curioso e, mentre scrollava le spalle, disse: ''Ai tuoi ordini, Sire. Non era comunque mia intenzione.''
Aragorn non reagì, ignorando i sentimenti violenti che stavano implodendo in lui. L'elfo voltò le spalle e se ne andò in fretta.

''Aragorn...!'' lo chiamò Gimli, vedendo il ramingo abbassare il capo. Egli voltò il viso verso di lui e gli sorrise, un sorriso sforzato. ''Tutto bene?'' chiese il nano, cauto. Il sorriso di Aragorn vacillò, scosse la testa e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Gimli sospirò, e gli poggiò una mano sul braccio, in segno di conforto. ''Lo sai che non è del tutto colpa sua, Aragorn.'' disse. ''Lo so.'' riuscì a dire.

La loro attenzione cadde sul loro amico, e decisero di trasportarlo sino alla riva. Il percorso fu breve. Deposero Boromir al centro di una delle imbarcazioni che l'avrebbe trasportato via. Posarono la sua spada sul petto, e accanto a lui il corno spaccato. Slegarono l'imbarcazione funebre nelle quale giaceva Boromir, calmo, sereno. Egli scivolò poi via in seno ai flutti. La corrente lo trascinò con sè, mentre i suoi compagni osservavano la barca allontanarsi, fino a diventare una macchia scura contro la luce d'orata; poi scomparve. I due rimasero a lungo in silenzio, con lo sguardo perduto là dov'era scomparsa l'imbarcazione. Aragorn, in ricordo dell'amico, aveva preso i suoi bracciali e li mise, per poi dare un'occhiata veloce sulla sponda orientale. ''Non intendi seguirlo, vero?'' chiese Gimli. ''Il destino di Frodo non è più nelle nostre mani.'' rispose Aragorn. 

''Allora è stato tutto vano.'' sussurrò, abbassando il capo e poggiando il braccio sull'ascia. ''La Compagnia ha fallito.'' Il ramingo sospirò, avvicinandosi al nano poggiandogli una mano sulla spalla. ''No, se siamo fedeli l'uno a l'altro. Non abbandoneremo Merry e Pipino ai tormenti e alla morte. Non finché ci resterà forza. Lascia tutto ciò che non ti occorre, viaggeremo leggeri.'' esclamò, rifoderando il suo pugnale. ''Andiamo a caccia di Orchi!'' concluse deciso.


E i due scattarono come daini, saettando tra gli alberi. Andavano veloci, lasciandosi finalmente alle spalle la foresta.









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Capitolo 7
*** VII ***


The devil within (8)

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VII

Imboscata











Legolas si era lasciato indietro i boschi intorno al lago, andando lontano, sempre più avanti, instancabile e rapido. Aveva avanzato per due giorni di seguito quasi senza sosta nelle lunghe ore nuvolose interrotte qua e là da un raggio di sole. Attraversava la vasta solitudine, e il suo mantello elfico si stemperava nello sfondo delle pianure grigio-verdi. Il secondo giorno era già sul finire quando toccò lunghi pendii senza alberi che conducevano a una linea di bassi colli tondeggianti. Nulla si muoveva, non vi era visibili segni di uomini o animale. Tutta la regione era vuota, ma il silenzio che regnava non pareva la quiete della pace. Da quando era giunto ai piedi dell'Emyn Muil, aveva avvertito un'oscura potenza che sembrava man mano sembrava avvolgere le terre di Rohan. Davanti a sè, a nord-ovest, vide la buia foresta di Fangorn; le sue propaggini ombrose distavano ancora una decina di leghe. Dalla foresta sbucava l'Entalluvio. La pista degli Orchi deviava dalle colline e si dirigeva al fiume.


...


Era l'alba del terzo giorno quando aveva lasciato la pista degli Orchi che erano stati brutalmente trucidati dai cavalieri di Rohan, alle pendici della buia foresta di Fangorn. Cavalcava lungo le vaste pianiure, lasciando che il vento gli sfiorasse il viso, godendo del momento di tranquillità che aveva, e ascoltando il suono degli zoccoli che colpivano il terreno. Chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare dal vento. E poi udì una voce. Sorrise; sapeva perfettamente di chi si trattasse.

Hai compiuto delle grandi gesta... ne sono molto soddisfatto.
La Sua voce si fece chiara nella sua mente, e Legolas rimase un attimo silenzioso. Poi rispose, usando il pensiero:

Vi ringrazio, mio Signore.

Ho un'altro compito per te, ora che hai guadagnato la mia fiducia.

Che cosa?

Saruman ha il controllo della mente di Re Theoden, Signore di Rohan. Ma temo che non resisterà a lungo; qualcosa si avvicina, e può costituire una minaccia. Voglio che tu vada da lui, a Isengard, per vedere se riuscirà l'ultimo dei suoi incarichi; distruggere Rohan. Se fallirà ancora una volta, non esitare ad ucciderlo. E' solo un folle, accecato dal potere, niente di più.

E con quello, abbandonò la mente dell'elfo. Arod nutrì, spingendo la testa all'indietro e attirando l'attenzione di Legolas che gli accarezzò il collo. Disse qualcosa in elfico, e il cavallo scattò subito al galoppo, cavalcando veloce come il vento.




Raggiunse Isengard due giorni dopo. Aveva cavalcato senza sosta, senza guardarsi indietro, e mantenendo una velocità costante. E dovette ammettere che Arod era un cavallo molto forte. Si fermò ammirando i cancelli davanti a sè, e si guardò attorno; gli alberi erano stati sradicati, fino alla radice, lasciando posto a una landa desolata, e grigia. La torre di Isengard si ergeva, in tutta la sua immensa grandezza, in mezzo a quella terra spoglia.
Legolas, continuando a stare su Arod, si avviò ai cancelli che si aprirono subito. Oltrepassato l'ingresso, gli Orchi indietreggiarono, intimoriti dallo sguardo severo e gelido dell'elfo, lasciando che avanzasse. Legolas sorrise quasi compiaciuto; avevano ragione a temerlo. Continuò a camminare verso la Torre, e guardandosi attorno poteva scorgere molti Uruk-hai armati; sembravano prepararsi per una grande battaglia. Molto probabilmente dopo uno o due giorni sarebbero aumentati di numero, arrivando forse a diecimila.

Quando raggiunse le porte della Torre, Legolas scese dal cavallo e vide alcuni Orchi avvicinarsi. ''Non vi avvicinate a lui!'' esclamò l'elfo, con tono severo. ''Non si fa toccare da nessun'altro, figuriamoci da voi.'' accarezzò affettuosamente il muso dell'animale che spinse la testa verso il suo petto, a mo' di carezza. ''E non c'è bisogno che lo leghiate; non si muoverà da qui, e attenderà il mio ritorno.'' l'elfo gli sussurrò qualcosa nella sua lingua, poi si diresse verso le porte ed entrò salendo una lunga scala a chiocciola. Si fermò appena raggiunse una stanza, dove sembrava essere passata una tempesta; il pavimento lucido era coperto di carte e libri, di scaffali buttati sul pavimento, e l'unica fonte di luce era una misera candela consumata lasciata su una scrivania di legno. Legolas alzò un sopracciglio; aveva reputato Saruman un mago ordinato. Avanzò, stando attento a non incampare e salì un'altra rampa di scale.

Raggiunse un'altra stanza, molto più ampia, e fu lì che Legolas vide lo Stregone bianco. Era affacciato al proprio balcone, e sembrò non accorgersi della presenza dell'elfo. Quest'ultimo fece per avvicinarsi a lui, ma la sua attenzione venne catturata da qualcosa coperto da un manto nero, poggiato su un grande piedistallo di marmo. Legolas lanciò una veloce occhiata allo Stregone, lo vide ancora voltanto di spalle, e incuriosito avvicinò la mano per scoprire il misterioso oggetto. ''Non toccarlo.'' L'elfo sussultò di colpo quando udì la voce chiara e forte del Bianco. ''Mi hai... spaventato.'' ridacchiò Legolas. ''Credevo non mi avessi sentito arrivare.''

Lo Stregone si voltò lentamente verso l'elfo, avanzando di pochi passi. Legolas rimase immobile, e i due si guardarono per pochi istanti. Saruman sembrava avere un espressione quasi furiosa, mentre Legolas sorrideva beffardo.
''Che cosa ci fai qui?'' sbottò lo Stregone. Ma l'elfo non cambiò espressione. ''E' stato Lui a mandarmi qui per vegliare su di te. Qualcuno deve pur assicurarsi che tu faccia bene il tuo lavoro.'' gli rispose semplicemente.
''Non ho bisogno di essere controllato da un Principino elfico dalle orecchie a punta!'' ribattè Saruman. ''Sono un grado di gestire le cose da solo.'' a quel punto l'elfo gli si avvicinò. ''E invece sembra proprio invece che tu non sia riuscito nel tuo intento!'' gli disse beffardo. Il vecchio non rispose, e gli diede nuovamente le spalle.

Il Principe sospirò. ''E' successo, vero? Re Theoden è stato liberato dall'incantesimo. Ma com'è possibile? Chi altro poteva tenerti testa?'' disse, col volto serio. ''Gandalf.'' rispose Saruman, e quando l'elfo sentì quel nome si irrigidì, e spalancò gli occhi.''Gandalf?'' ripetè, in un sussurro. ''Ma lui è-''

''No,'' lo interruppe il Bianco, voltandosi verso di lui. ''è stato rimandato qui per terminare il suo compito, per guidare ancora una volta i restanti membri della Compagnia.'' l'elfo girò la testa di lato serrando le mani in pugni. ''Dovrebbe essere morto!'' sibilò con rabbia, quasi urlando. ''Ma invece è vivo. Sembra che tu non sia riuscito nel tuo intento, elfo.'' ribatte' Saruman, e Legolas lo fulminò con uno sguardo gelido. Poi sospirò, incrociando le braccia al petto. ''E dimmi, adesso che cosa hai intenzione di fare, Stregone?'' chiese, allontanandosi per poggiarsi con le spalle contro il muro. Saruman rimase un momento silenzioso, poi parlò;
''Re Theoden penserà al bene del suo popolo, e lo condurrà al Fosso di Helm. Partiranno in fretta, lasciando la città. E' una strada difficoltosa, poichè si trova vicino ai Monti. E porteranno con sè donne, anziani, bambini e bestiame; per questo si muoveranno molto lentamente.''

''Momento!'' lo interruppe l'elfo, ''come fai ad esserne sicuro?''
''Ho le mie buone spie.'' l'altro rispose, quasi sorridendo.
''Ohhh... molto astuto.'' esclamò il Principe accennando a un sorriso. ''Ma ti ricordo che Theoden non sarà solo; ci sarà anche Aragorn, il quale non si lascerà intimorire di certo da un gruppo di Orchi, e poi c'è Gimli che, nonostante non sia veloce, ha una forza brutale quando mette i piedi a terra. Non sarà così semplice.'' disse Legolas, con tono quasi assente senza degnarlo di uno sguardo. Ma quando udì la sua risposta, alzò velocemente il capo.

''Per questo sarai tu a guidare quest'imboscata.'' gli aveva detto, lasciandolo per un attimo senza parole. L'elfo alzò un sopracciglio, e una risata aspra uscì dalle sue labbra. ''Un elfo che guida un branco di Orchi senza cervello...?'' replicò, con un certo sarcasmo. Rise ancora. ''Ma dici sul serio, vecchio?'' Poi, vedendo come Saruman lo stesse guardando, smise di ridere immediatamente e si zittì.
''Sono serio.'' parlò lo Stregone. ''Ti sto offrendo la possibilità di avere il controllo sugli eserciti di Isengard, e di essere il loro Capitano. Non sei costretto ad accettare sai? Puoi sempre fare per conto tuo, per non spocarti quelle belle manine di sangue.'' disse Saruman con una certa ironia.
''Sono disposto a macchiarmi del sangue di chiunque si metta contro la mia strada.'' sibilò l'elfo. ''E poi, noi due abbiamo lo stesso obbiettivo. Potremmo unire le nostre forze, e fare finta di essere dei buoni compagni.''

''Ci proverò allora." rispose il Bianco. L'altro sorrise e gli tese una mano. "Allora, compagni?" chiese. Il Bianco rimase un attimo silenzioso, e poi glie la strinse. "Va bene." disse, riluttante. L'elfo sorrise soddisfatto. "Allora, immagino che il nostro obbiettivo sia Aragorn, dico bene?" chiese. "Esatto." disse Saruman. "E spero sia vero che voi elfi abbiate una mira perfetta. Quel ramingo non deve salire al trono di Gondor." Una strana luce si accese nelle iride scure dell'elfo, mentre le labbra si piegarono in un sorriso perfido.
''Non avrà nemmeno il tempo di guardarmi che sarà già morto.'' lo disse con un tono talmente venefico e agghiacciante che Saruman ebbe un brivido lungo la schiena, perché mai aveva sentito così tanto odio nella voce di un elfo. Si voltò e con un cenno del capo lo invitò a seguirlo.

I due uscirono dalla Torre e raggiunsero quella che per Legolas sembrava una 'miniera'; intorno a lui numerosi Orchi lavoravano nella forgatura di spade, lame, elmi, scudi... tutto ad un ritmo frenetico che non aveva fine. Sembravano veramente un esercito che si prepava a una grande battaglia. L'aria era soffocante e molto calda, e Legolas si sentì la gola bruciare. Il suo udito, nonostante la lontananza, percepì dei rumori; erano feroci versi di mannari. Sembravano che si stessero scannando tra di loro. Poi Saruman si fermò, e Legolas vide davanti a sè una profonda conca scavata nella terra, e dentro era pieno di quelle bestie, grandi come orsi, dotati di una lunga fila di denti affilati e con gli occhi innondati di odio. L'elfo rimase immobile, osservandoli. ''Sei in grado di gestire un gruppo di Orchi in sella a dei mannari selvaggi, elfo?'' chiese Saruman.

''Non mi fanno paura, se è quello che pensi.'' esordì Legolas accennando a un sorriso. Allora Saruman si rivolse ad un Orco che si trovava accanto a lui. ''Preparate i mannari.'' ordinò, poi riportò l'attenzione su Legolas, ''E credo che sia meglio anche per te prepararti,'' gli osservò per un attimo i vestiti. ''sicuramente abbiamo qualcosa di meglio di questi stracci.'' gli mosse il manto elfico col bastone. ''Molto premuroso da parte tua.'' commentò Legolas, portandosi una mano sulla spilla che chiudeva il mantello elfico, se la tolse lasciandola poi cadere a terra. ''In effetti, non ne ho bisogno. Chiedo solo di tenere le mie armi; sono le uniche cose che non voglio cambiare.'' disse. Saruman annuì, per poi allontanarsi seguito dall'elfo. ''Ah, e non credere che io cavalchi una di quelle orribili bestie. Preferisco usare il mio cavallo!'' chiarì bene quest'ultimo.

''Come desideri,'' rispose Saruman con disinteresse. Poi si fermò, voltandosi di scatto verso di lui. ''Un momento; sei venuto a cavallo?'' l'elfo incarnò un sopracciglio poggiando le mani sui fianchi. ''Perchè ovviamente sono arrivato qui in due giorni con la forza delle mie gambe! Oh, stregone, certo che no!" sbottò.
''E dimmi, dove l'hai preso un cavallo? Non è sicuramente sbucato dal nulla in mezzo a delle pianure desolate.''
''Posso dirti che è stato..." si fermò cercando la parola giusta. "un regalo?''
''Spiegati meglio.''

Legolas si schiarì la voce, e cominciò a raccontare;
''Mi trovavo nelle pianure di Rohan e stavo seguendo le tracce degli Uruk-hai. Fu allora che vidi degli Uomini a cavallo venirmi incontro. Non potevo nascondermi, e in pochi istanti mi ritrovai completamente circondato da questi Cavalieri. Io non feci nulla; attaccarli era del tutto inutile e stupido, anche perché erano in gran numero... e inoltre mi stavano puntando delle lance contro. Un certo... Eomer di Rohan si fece avanti, cominciando a pormi domande su domande, sospettando che fossi una delle tue spie. Una vera seccatura! Comunque, lo assecondai raccontandogli tutto ciò che era successo; della partenza da Gran Burrone, del viaggio a Moria e della perdita di Mithrandir, della sosta a Lorien, dell'attacco a sorpresa su Amon-Hen, e infine del rapimento di due membri che facevano parte della Compagnia. Sia chiaro, in parte ho dovuto mentire, e gli ho fatto capire che non avevo cattive intenzioni. Infine, si ritrovò a dover fare una scelta; rendermi un suo prigioniero e portarmi a Edoras, o lasciarmi andare.''

''E che cosa ha scelto?'' chiese Saruman. L'altro piegò le labbra in un sorrisetto. ''Secondo te?'' domandò. ''Ed ora eccomi qua, ed ecco spiegato perché adesso ho un destriero; sono stati loro a donarmelo. Direi che sono stato piuttosto convincente!'' disse, e lo superò. Poi si voltò per guardarlo. ''Allora, andiamo? Non indugiamo oltre.'' fece un cenno col capo prima di riprendere a camminare. Saruman sospirò affiancandosi all'elfo.



...




Quando Aragorn e Gimli si addentrarono nella buia foresta di Fangorn alla ricerca dei due giovani hobbit, incontrarono Mithrandir, tornato per compiere la sua missione. Ed era conosciuto come Gandalf il Bianco, e non più Gandalf il Grigio. Aveva raccontato di quello che era successo a Moria, dello scontro contro il Barlog di fuoco, e di aver incontrato Merry e Pipino, che ora erano sotto la protezione di un Ent, un guardiano della Foresta, chiamato anche Balbalbero. Aragorn e Gimli raccontarono le vicende dopo Moria; da quando avevano stostato a Lothlorien, dall'attacco degli Uruk-hai a Hamon Hen, e infine parlarono di Legolas, e di cosa gli fosse successo a causa dell'Anello.
Quando gli raccontarono dell'ultimo avvenimento, Gandalf non sembrava sorpreso; ''Temevo che sarebbe accaduto,'' aveva detto. ''Avevo i miei dubbi, dopo il suo comportamento al Consiglio di Erlond. Ma dopo quello che è successo a Moria -e grazie al vostro racconto- i miei sospetti ora sono chiari; Legolas è stato accecato dal Potere dell'Unico. Ormai è al servizio dell'Oscuro Signore.''

Aveva poi condotto Aragorn e Gimli a Edoras, la casa di Theoden, Signore del Mark e di Rohan. Da molto tempo la mente del Re era stata avvelenata dal potere di Saruman, e dalle parole velenose di Vermilinguo, un uomo al servizio dello Stregone bianco. Ma Gandalf riuscì a liberarlo dall'incatesimo oscuro, e ora Theoden aveva ordinato che la città fosse abbandonata, perché avrebbe condotto il suo popolo al fosso di Helm. Tutto fu subito pronto; donne, anziani e bambini abbandonarono le loro case, portandosi solo il necessario per viaggare. L'unico a non partire insieme a Theoden fu Gandalf; temeva per Rohan, e che il fosso di Helm poteva divenire una trappola, e non più la loro salvezza. Per questo sarebbe partito alla ricerca di più uomini. Confidò in Aragorn che le difese della fortezza dovevano sorreggere, e che sarebbe rimasto accanto a Theoden per aiutarlo.
All'alba del quinto giorno, guarda ad est. Furono le sue ultime parole, prima di partire.




Il Re cavalcava in testa, insieme ad Aragorn e i suoi Uomini. Galopparono a velocità costante, restando al passo con il popolo, e avanzarono per due giorni sostando solo di notte, non accendendo fuochi essendo la situazione incerta; ma tutt'intorno le sentinelle montarono la guardia. All'alba del terzo giorno suonarono i corni, e in meno di un'ora erano di nuovo in cammino.

In cielo non si scorsero nubi, e il sole sorgeva alto e mancavano solo alcune leghe per raggiungere il fosso di Helm. Theoden e il suo popolo avanzava lento nella vasta e verde pianura di Rohan, dove un silenzio quasi tombale incombeva nell'aria. Due Cavalieri avanzarono per controllare le zone più vicine, allontanandosi così dalla vista del Re. Ma non sfuggirono a quella di qualcun'altro; infatti Legolas si trovava sopra una roccia e con il suo sguardo seguiva attentamente i movimenti dei due Cavalieri, dietro di se' aveva una schiera di mannari. Gli Orchi che li cavalcavano brandivano asce e spade, pronte a far cadere quante più teste possibili. Il Principe sentiva chiaramente che erano spazientiti, e udiva le loro aspre voci che si lamentavano di continuo. ''Quando attacchiamo? Voglio infilare la mia spada nella loro carne!'' sbottò uno di loro che si trovava accanto all'elfo. Quest'ultimo non gli rispose subito, ma poi si voltò raggiungendo Arod. ''Stanno arrivando; mettetevi in posizione!'' disse, rivolgendosi alla schiera di Orchi. ''Due cavalieri stanno ispezionando le zone vicine...'' si rivolse poi all'orco che aveva accanto. ''occupati di loro.'' egli annuì balzando poi sul suo mannaro, allontanandosi veloce.

''Il resto con me! Attaccate solamente al mio segnale.''
gridò Legolas salendo su Arod, si portò le mani dietro la schiena alzandosi il cappuccio. Fece un fischio in direzione di uno degli Orchi vicino a lui. Questo gli si avvicinò. "Devi fare qualcosa per me.'' disse l'elfo abbassando la voce. L'altro annuì, e a quel punto Legolas continuò; ''Tra i Rohirrim c'è un Ramingo del Nord, nonché l'erede di Isildur...'' si fermò, voltandosi verso l'orco. ''Devi aiutarmi a ucciderlo.'' sibilò infine. Lo vide ghignare divertito. ''Come vuoi che lo uccida?'' gli disse. Legolas rimase un attimo silenzioso, pensandoci bene. ''Fammi contento, fargli fare una bella caduta giù dal dirupo.'' rispose afferrando una delle sue frecce, ma rispetto alle altre aveva le piume rosse, e un liquido nero era stato versato sulla punta coprendola del tutto.

 
Dall'altra parte i due cavalieri continuarono a ispezionare le zone circostanti, poi improvvisamente uno dei loro destrieri si fermò senza che il suo padrone impartisse ordini. ''Hàma, cosa c'è?'' chiese l'altro, fermandosi accanto a lui. Notò che il suo cavallo era agitato, come se percepisse un pericolo vicino. ''Non lo so...'' sussurrò, guardandosi attorno allarmato, non riuscendo a vedere il mannaro che si trovava sopra le loro teste, su per una collina. Poi la bestia attaccò; balzò giù dal dirupo addosso ai due cavalieri, azzannandoli entrambi. Le loro grida di dolore si dispersero nell'aria, arrivando alle orecchie di Aragorn. Rimase immobile per un attimo, poi corse nella direzione dei cavalieri e gli si mozzò il fiato quando li vide entrambi feriti a morte.

Legolas si portò il corno alle labbra ed esso suonò chiaro e forte. Gli Orchi scattarono veloci dividendosi in piccoli gruppi. In quel momento Aragorn alzò lo sguardo e vide altri mannari venire nella loro direzione. Davanti a loro cavalcava il più alto di tutti; alto e fiero, dai lunghi capelli biondi, e dallo sguardo penetrante. ''Legolas...!'' Il Ramingo tornò sui suoi passi, e Theoden gli andò incontro a cavallo. ''Aragorn!'' lo chiamò. ''Cosa succede? Cos'hai visto!?''
''I mannari! Ci attaccano!'' egli rispose, e subito il panico prese il sopravvento tra le persone, che cominciarono a sparpagliarsi attorno, rompendo quella fila che si era creata durante il viaggio. Le donne gridarono impaurite, i bambini si strinsero contro le loro madri. Nonostante l'attacco a sorpresa, Theoden non si lasciò intimorire. ''Tutti i Cavalieri i testa alla coda!'' ordinò voltandosi verso i suoi uomini, poi si avvicinò a una giovane fanciulla dai capelli biondi.''Eowyn, devi condurli al fosso di Helm.''

''Posso combattere!'' ribatte' la Dama di Rohan, ma venne interrotta dal Re. ''No! Fallo per me.'' Egli la vide annuire, e poi riuscire a condurre la popolazione il più lontano possibile. Aragorn balzò su Hasufel con spada in pugno, affiancandosi poi al Re e i magnifici destrieri di Rohan, pronti a dar battaglia. Le lance scintillarono, e le chiome bionde dei cavalieri oscillarono contro il vento. Gli occhi chiari del ramingo erano puntati su una singola figura; Legolas, e non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe andato contro di lui. Scacciò gli innumerevoli pensieri che gli occupavano la mente, e si concentrò sulla battaglia; ormai Legolas era divenuto un loro nemico.
E poi fu battaglia.

I mannari piombarono feroci sui poveri uomini, ferendoli con i denti e gli Orchi finivano il loro lavoro brandendo le loro asce e spade ricurve, riuscendo a far cadere quanti più uomini possibili. I cavalieri combatterono con tutte le loro forze, come se non ci fosse un domani, tentando di sfuggire ai denti affilati di quelle imponenti bestie, permettendo alla carovana, sotto la guida della principessa di Rohan, di arrivare a valle. Theoden fendeva l'aria con la sua spada, assestando colpi mortali ai mannari, incoraggiando i suoi uomini a combattere per proteggere la gente di Edoras. Aragorn abbatte' quanti più nemici possibile e la terra venne imbrattata del loro sangue nero. Gimli combatteva a terra, e con l'ascia dalla lama nanina troncava gambe e ginocchia con una forza a dir poco brutale. I cavalieri scoccarono le loro frecce che, veloci come il vento, si conficcavano negli addomi e nelle fronti dei nemici.

Improvvisamente, una chioma bionda si stagliò contro il sole, in groppa ad un bianco destriero. Afferrando arco e frecce, Legolas colpì abilmente con i suoi dardi che non mancarono nessun bersaglio. Freccia dopo freccia scoccò, e molti dei destrieri di Rohan caddero al suolo come foglie d'inverno. Continuò ad assestare dardi con una mira perfetta, schivando con agilità i colpi di freccia o spada dei cavalieri. E Arod cavalcava veloce, instancabile come il suo padrone che ancora non si saziò di tutta quella morte che stava spargendo; abbandonò l'arco ed impugnò la spada, assestando veloci fendenti; il sangue degli uomini scorreva fresco sulla sua lama. Fu allora che lo vide; il re senza corona, il ramingo. Intorno a lui vi erano nemici che cadevano sotto i suoi colpi. Ripose immediatamente la spada, imbracciando l'arco e afferrando quell'unica freccia che aveva lasciato soltanto per lui.
Arod continuava a cavalcare, senza fermarsi.

''Più a destra...'' sussurrò l'elfo. Arod eseguì il suo ordine. ''Più veloce...'' e gli zoccoli del cavallo scalpitarono contro il terreno. ''Ancora un po' vicino...!'' Tese la corda, e fu in quel momento che Aragorn fece voltare Hasufel, e i suoi occhi chiari incrociarono quelli scuri dell'elfo. Fu solo un attimo, prima che Legolas scoccasse la freccia colpendolo poco sotto la spalla. Un gridò di dolore uscì dalle labbra del ramingo, ed egli cadde dal suo destriero. Chiuse gli occhi, cercando di resistere al dolore e con molta fatica tentò di rimettersi in piedi. Fu allora che accadde; uno dei mannari si staccò dal gruppo correndo in direzione del ramingo. L'orco che sedeva sopra la bestia gli afferrò il braccio stringendolo in una morsa. Nonostante il dolore alla spalla, Aragorn tentò di dimenarsi colpendolo con il suo pugnale, e con orrore si accorse di avere un polso incastrato nei legacci che agganciavano la sella al dorso dell'animale. Il dirupo si avvicinava sempre di più e il mannaro non pareva rendersene conto. Ma Aragorn sì. Arrivati a pochi metri dal dirupo, l'orco smontò da sopra la bestia che si lasciò cadere verso il fiume sottostante, con ancora il ramingo agganciato al fianco.

Legolas aveva assistito a tutta la scena, e sorrise soddisfatto nel vedere Aragorn precipitare giù dal dirupo. Ripose l'arco in spalla e spinse lo sguardo fin dove poteva, scrutando il fiume. ''Sei stato bravo, Mellon nin.'' sussurrò accarezzando il collo dell'animale, e si ritirò dalla battaglia, ormai conclusa.

''Aragorn!'' Gimli si guardava attorno, per scorgere lo sguardo dell'amico. Vide i cadaveri di molti caduti, e alcuni feriti che venivano messi sopra i cavalli aiutati da altri del tutto illesi. Cominciò a esaminare ogni corpo che incontrava nel suo cammino, ma non vide quello del ramingo. ''Aragorn!'' gridò ancora, sperando con tutto il cuore che fosse ancora vivo. Un debole gemito attirò la sua attenzione, e quando si voltò vide un orco steso a terra. Aveva molte ferite da pugnale sull'addome, e il sangue nero usciva copioso, ma respirava ancora. Gimli gli si avvicinò puntandogli pericolosamente l'ascia alla gola. ''Dimmi che cosa è successo, e ti faciliterò la cosa!'' disse con rabbia, ma l'orco ghignò divertito. ''Ha fatto... una piccola caduta giù dal dirupo...'' riuscì a dire debolmente tra le risate, prima di emettere il suo ultimo respiro. Il nano rimase immobile, incredulo alle parole dell'orco; chi diceva che in realtà gli stesse mentendo? Intravide un luccichio nella sua mano, e ne afferrò il contenuto; un ciondolo bianco. Gli occhi del nano si spalancarono quando si rese conto che quella collana era di Aragorn.

Quando alzò il capo vide un dirupo davanti a se, si avvicinò guardando il fiume sottostante. ''Aragorn...'' sussurrò, con gli occhi lucidi, rendendosi conto della fine amara dell'amico. Sentì dei passi alle sue spalle. ''I feriti sui cavalli. Lasciate i morti.'' Gimli si voltò di scatto verso il Re, aprì la bocca per dire qualcosa ma uscì soltanto un sospiro. Theoden gli mise una mano sulla spalla, e chinò il capo. ''Mi dispiace.'' Gimli osservò ancora una volta il fiume, e anch'egli abbassò la testa. ''Vieni.'' disse l'altro, per poi allontanarsi. Gimli si fece forza, impedendo alle lacrime di uscire dagli occhi, e seguì il re. Due uomini lo sollevarono posandolo sopra a uno dei cavalli, e nonostante fosse circondato da molti cavalieri, non si sentì così solo in tutta la sua vita.


Ripresero la loro marcia, e finalmente raggiunsero il Fosso di Helm...






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Capitolo 8
*** VIII ***


The devil within (9)

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VIII
Un nuovo alleato











Un cavallo bianco correva veloce, splendente sotto i raggi del sole. La sua bardatura scintillava e sfavillava come gemme brillanti simili a stelle vive. La cappa scura del cavaliere sventolava dietro, il cappuccio gli ricadeva sulle spalle, e i capelli dorati ondeggiavano al vento. I suoi occhi color cielo osservarono attentamente tutto ciò che lo circondava. Il giovane continuò a cavalcare veloce, mentre la paura si impadroniva di lui, e il suo cuore scalpitava contro il suo petto.
Da molti giorni aveva lasciato Gran Burrone per ordine di Re Elrond; quest'ultimo aveva avuto una visione di un terribile episodio che sarebbe presto accaduto all'erede di Isildur, portandolo forse alla morte. E lui sarebbe partito per impedire che ciò accadesse.

Raggiungere le pianure di Rohan aveva richiesto molti giorni di viaggio, e quasi mai si concesse una breve sosta, temendo di arrivare troppo tardi. E adesso, mentre cavalcava tra gli alberi fitti, quel pensiero lo tormentò nuovamente. Il suo cuore sembrava dirgli che qualcosa di terribile era successo. Il giovane elfo spronò il cavallo ad andare più veloce. ''Avanti!'' egli gridò, ma poco dopo rallentò il destriero e si fermò, volgendo lo sguardo verso dei cespugli.

Vicino alla riva di un limpido fiume, giaceva immobile, piegato su un fianco, l'erede di Isildur. Il giovane smontò subito da cavallo avvicinandosi subito al ramingo, e lo stese a pancia in su'. Aveva la pelle pallida, e il respiro appena percettibile. Il suo sguardo cadde subito sulla ferita alla spalla; la scoprì strappando un pezzo della sua veste e la sfiorò con la punta delle dita. L'espressione sul suo viso si fece grave. ''Spero di non essere arrivato troppo tardi...'' sussurrò. Lo guardò ancora in viso, e capì che doveva essere stato colpito da una freccia avvelenata, e ormai il veleno scorreva già nel sangue. Ma Aragorn fortunatamente respirava ancora, anche se con molta fatica.

L'elfo sollevò il suo corpo sul dorso del suo destriero, che si inginocchiò per permettere ad Aragorn di poggiarsi contro il suo collo. L'altro balzò subito dietro di lui, stando attento che non cadesse. Lo sentì gemere di dolore mentre stringeva la criniera del destriero. ''Cerca di resistere. Ti porteremo in salvo.'' gli sussurrò, e volgendosi al cavallo disse con voce chiara nella lingua elfica; ''Noro lim, noro lim, Asfaloth!'' E il destriero balzò in avanti, veloce come il vento.


Il sole stava già tramontando, per lasciare spazio al dolce crepuscolo, quando l'elfo giunse finalmente il fosso di Helm. Sospirò, sollevato di essere giunto in fretta, e si affrettò a raggiungere il cancello. I Cavalieri alla guardia della porta osservarono lo sconosciuto, riconoscendo la figura seduta davanti a lui; era Aragorn. Subito vennero aperte le porte e l'elfo entrò, raggiungendo la cima del fosso. E lo stupore si sollevò tra la folla incredula.

''E' ancora vivo!''
''Come ha fatto a sopravvivere?''
''Che siano benedetti i Valar!'' loro dicevano, osservando il cavaliere misterioso. Dama Eowyn si fece spazio tra la gente, sentendo tutto quel trambusto. E appena lo vide, i suoi occhi divennero lucidi. ''Aragorn!''  L'elfo smontò da cavallo, e vide una giovane fanciulla avvicinarsi a lui e prima che ella potesse dire una parola, disse; ''E' stato colpito da una freccia Morgul. Ha il veleno nel sangue!'' e la sua voce era una melodia alle orecchie della dama. ''Portatelo in una stanza, e prendete delle erbe curative. Presto!'' Eowyn annuì e alcuni volontari sollevarono il corpo del ramingo, portandolo subito dentro il palazzo.

Eowyn si rivolse al cavaliere con un sincero 'grazie'. Lui non le rispose, si limitò a sorridere. ''Per tutti i Durin, che cosa sta succedendo!? Fatemi passare!'' l'elfo si voltò in direzione di quella voce profonda, e vide un giovane nano dalla barba rossa avvicinarsi alla dama. ''Mia signora, è vero quel che dicono? Aragorn è sopravvissuto alla caduta, ed ora è qui?'' chiese, con la speranza nel cuore. ''Si. Sire Aragorn è qui.'' ella rispose. ''E tutto grazie a questo nobile cavaliere.'' e solo allora Gimli sembrò accorgersi dell'individuo che era accanto alla dama. Aggrottò le sopracciglia, guardandolo in viso, coperto però dall'ombra a causa del cappuccio.

L'elfo rimase a guardarlo ancora qualche istante. ''Siete voi Gimli, figlio di Gloin?'' chiese poi. Il nano annuì, e stava per chiedergli come sapesse il suo nome, ma l'altro non gli diede tempo per replicare; si abbassò il cappuccio rivelando un viso giovane, incorniciato da una chioma di capelli biondi, un po' mossi, e non perfettamente pettinata. I suoi occhi erano blu come il cielo, e la pelle bianca come il latte. Le sue labbra rosee si schiusero in un sussurro; ''Siete un membro della Compagnia dell'Anello, allora. Conoscevate senza dubbio Legolas Verdefoglia.''

A sentir quel nome, il nano strinse i denti e borbottò qualcosa nella sua lingua. Ma poi disse, nella lingua corrente. ''Si. Lo consideravo un amico, almeno da parte mia.'' l'elfo annuì, poi si rivolse alla dama. ''Se posso chiedere, a chi devo affidare la custodia del mio amico?'' chiese, accarezzando il muso dell'animale. ''Lasciate che sia io a portarlo nelle stalle, ve ne prego.'' ella rispose. Allora l'elfo lasciò l'animale alla dama, entrando poi nel palazzo e Gimli lo seguì. Chiese ad una donna di passaggio dove fossero le stanze per i feriti, e lei gli indicò la strada.

''Qual'è il vostro nome, Mastro elfo? E vorrei sapere come fate a conoscere il mio.'' chiese Gimli. ''Voi vi fidate di me?'' chiese a sua volta l'elfo. ''Non so più di chi fidarmi.'' rispose il nano, e l'altro si fermò di colpo. ''Il mio nome è Glorfindel. E per ordine di Elrond sono stato mandato qui per aiutarvi nella vostra impresa.'' si voltò verso il nano, e gli rivolse un sorriso. ''Di me potete fidarvi, Mastro Gimli. Ma comunque... siete libero di non farlo.''

Raggiunsero infine la stanza dove Aragorn era stato steso su un letto, con addosso solo i pantaloni, e tre persone tentavano di tenere fermo il suo corpo scosso da movimenti erratici. Vi era una ciotola, delle bende e varie erbe curative. Si tolse immediatamente il mantello lanciandolo su una sedia presente nella stanza. ''Avete dell'Athelas?'' chiese, osservando il volto del ramingo che diveniva contratto dalle smorfie di dolore a causa della ferita. Uno degli uomini annuì, e andò alla ricerca di alcune Foglia di Re. ''Tenetelo giù.'' ordinò prima di avvicinarsi. Mise la mano sul suo petto e lo bloccò sul letto, ripetendo di nuovo. ''Tenetelo giù!''

L'uomo tornò nella stanza con in mano l'erba curativa. L'elfo la prese e la impastò tra le dita, infine la posò sulla ferita. Un urlo di dolore uscì dalle labbra del ramingo, ma l'elfo riuscì a tenere ferma quella spalla e sussurrò una frase che sarebbe servita a dare aiuto ai poteri dell'athelas.



''Menno o nin na hon... i eliad annen annin... hon leitho o ngurth.''
(Fate che la grazia che mi è stata concessa passi da me a lui... fate che venga liberato dalla morte)



Sussurrò quella cantilena nel silenzio, e i presenti nella stanza rimasero affascinati da quella voce armoniosa, e quasi magica. Glorfindel rialzava di tanto in tanto le palpebre per guardare il volto sofferente del ramingo che lentamente si distendeva, assumendo infine dei tratti rilassati. La sua pelle riprese di nuovo colore, e il respiro tornò regolare. Lo vide muovere la testa e chiudere di nuovo gli occhi. ''Non temete,'' disse l'elfo, comprendendo la paura dei presenti. ''Ha solo perso i sensi, ma sta bene. Si riprenderà.'' poi chiese loro di lasciare la stanza, per permettere ad Aragorn di riposare, ma lasciò che il nano rimanesse. Glorfindel si ripulì le mani, per poi fasciare la ferita dopo averla accuratamente pulita. Gimli si era intanto avvicinato osservando ogni azione dell'elfo, catturato da quelle mani curatrici.

''Ho sempre sentito parlare dell'abilità degli elfi nel curare le persone,'' sussurrò il nano. ''E' un privilegio aver assistito a una tale scena.'' l'elfo lo guardò, sorpreso da tali parole. ''Quindi... ho guadagnato la vostra fiducia?'' esclamò sorridendo. L'altro emise una flebile risata. ''Credo di si.'' rispose poi, tornando serio. Il sorriso sul volto di Glorfindel sparì, lasciando spazio a un'espressione quasi malinconica, nel momento in cui tornò a osservare la figura dell'uomo steso tra le coperte. Si sedette affianco a lui, su un piccolo sgabello di legno, e abbassò il capo. ''Non posso credere lui l'abbia fatto davvero.'' con le dita sfiorò la spalla del ramingo. "Se non fossi arrivato in tempo," Gli spostò alcune ciocche di capelli dalla fronte, e gli sfiorò una guancia. "Non me lo sarei mai perdonato. Perchè lui-"

''E' l'Anello che l'ha ridotto così.'' esclamò il nano, interrompendolo, capendo a chi si riferiva. Glorfindel si voltò verso di lui, i tratti del viso contratti in un espressione dura. ''Il Principe non ha avuto abbastanza forza di volontà per resistere alla tentazione.'' disse, senza celare la rabbia che provava verso Legolas. ''Questo prova che ha un animo debole, e Lui ha colto l'occasione per farlo diventare il suo burattino.'' concluse senza esitare.

Il nano non rispose. Il giovane Vanya si alzò e si avvicinò alla finestra, portandosi le mani al viso per poi buttarsi i capelli all'indietro. Sospirò. ''Perché lo difendete, dopo ciò che ha fatto?'' sussurrò poi, con una certa curiosità. ''Perché so che la colpa non è esclusivamente sua. Era un potere talmente grande perfino per lui.'' replicò Gimli. Glorfindel non rispose. Udì un debole sospiro e, incuriosito, guardò il ramingo.

Lentamente Aragorn si mise seduto, e si guardò attorno, quasi spaesato. ''Dove sono?'' chiese. ''Sei al fosso di Helm.'' gli rispose Gimli. L'altro si guardò ancora intorno, mentre i ricordi dell'ultima battaglia gli tornarono alla mente: il cammino verso il fosso; l'attacco dei mannari; e l'essere precipitato da un dirupo a causa di un mannaro. Alzò una mano portandosela sulla spalla fasciata. ''Oh! Quasi me ne dimenticavo...'' borbottò Gimli, che poco dopo allungò una mano in direzione di Aragorn. Questo lo guardò con fare interrogativo, ma poi vide che cosa conteneva la mano; la stella del Vespro. Il ramingo la osservò, spalancando gli occhi; credeva di averla persa.

La prese mettendosela al collo. ''Grazie Gimli.'' disse, e il nano gli sorrise. ''Già sveglio, Estel? Mi stupisci.''

Il ramingo alzò il capo in direzione di quella voce. I suoi occhi si illuminarono di stupore. ''Glorfindel...!'' il re senza corona portò la mano al cuore e la spinse in fuori; il classico gesto di saluto e rispetto usato dagli elfi. E Glorfindel ricambiò accennando a un sorriso sincero, felice di vederlo sveglio. ''Sei stato tu... a portarmi qui?'' chiese Aragorn. ''Si.'' rispose l'altro. ''E fortunatamente sono arrivato in tempo. Il veleno ti aveva quasi ucciso; poche ore e saresti morto.''
''Come facevi a sapere che-''

''Re Elrond l'aveva previsto.'' lo interruppe l'elfo. ''Per questo ora sono qui per aiutarvi in questa guerra.'' il suo sguardo si volse verso la finestra, e si accorse che il sole era già tramontato da tempo. ''Mi duole dirlo, poiché il tuo corpo deve ancora riprendere tutte le forze, ma ti chiedo di alzarti, perché devi portarmi dal Re di Rohan. C'è qualcosa di importante di cui dobbiamo parlare, e devi esserci anche tu.''





''Un grande esercito dici?'' disse Theoden, che camminava in mezzo alla sala. ''Arriva da Isengard, mio Signore.'' rispose Glorfindel.
''Quanti ne sono?'' chiese il Re, continuando a dare le spalle all'elfo. Quest'ultimo esitò per un attimo, poi rispose; ''Dieci mila, almeno.'' Aragorn spalancò gli occhi voltandosi verso di lui. E anche il Re fece lo stesso. ''Dieci mila?!'' ripetè quasi in un sussurro, e con lo stupore in volto. ''Forse anche di più.'' aggiunse l'elfo. Vide Aragorn sospirare, e passarsi una mano sul mento, ispido per la barba.

Glorfindel riprese la parola; ''E non stiamo parlando di un esercito di orchi comuni senza cervello, ma di un esercito di Uruk-hai; sono stati creati per un unico e solo scopo...'' Theoden si voltò lentamente verso di lui, e lo stesso fece il ramingo. ''Distruggere il mondo degli Uomini.'' concluse l'elfo con voce calma, ma nel suo tono si mescolavano tormento e angoscia.

Quelle parole fecero breccia nel cuore del Re, e l'elfo riuscì a scorgere la paura nei suoi occhi. ''Comprendo i vostri timori, mio Signore.'' disse, ''Ma non permettete a questo esercito di sopraffare voi e i vostri uomini. Dovete combattere, e io darò il mio contributo.'' Il Re allora ordinò che tutti gli uomini fossero preparati per la battaglia, e le donne e i bambini venissero condotte nelle caverne.

L'armeria era una piccola stanza ricavata in una grotta all'interno della montagna, separata dal resto della fortezza. Era ben attrezzata, con spade, archi, lance e scudi, tutti disposti ordinatamente sulle grandi tavole di spesso legno, e lungo i muri. In un angolo vi erano conservati gli elmi, le cotte di maglia e molte altre protezioni. Aragorn si guardò in giro, mentre la popolazione di Rohan prendeva quello che i soldati di Theoden porgevano loro. ''Stalieri, maniscalchi, coltivatori... questi non sono soldati.'' commentò Aragorn, osservando le persone con i suoi occhi azzurri. Gimli aveva un'espressione scettica in viso. ''Molti di loro hanno visto troppi inverni.'' disse.

''O troppo pochi...'' sussurrò Glorfindel con lo sguardo basso mentre si raccoglieva i lunghi capelli in una coda, lasciando libere poche ciocche bionde che gli ricaddero dolcemente sulle spalle. Poi proseguì, questa volta alzando il capo. ''Lo sapevo... sono spaventati, lo vedo nei loro occhi.'' la sua voce attirò l'attenzione, e tutto sembrò essersi fermato. Guardò Aragorn e proseguì in lingua elfica, in modo che solo il ramingo potesse comprenderlo.

''Boe a hug: neled herain den eaer meing!'' (E hanno ragione: trecento... contro diecimila?)
''Si, beriathar hyn ammaeg na ned Edoras'' (Hanno più speranza di difendersi qui che ad Edoras) rispose Aragorn con tono sicuro. Glorfindel aggrottò le sopracciglia. ''.Nedin dagor hen u'eriri orcheri.'' (Non possono vincere questa battaglia) disse, catturando di nuovo la sua attenzione. ''Natha daged dhaer!'' (Moriranno tutti!) pronunciò quelle parole, per un attimo dubitando del valore e delle capacità di Aragorn. Quest'ultimo gli si parò improvvisamente davanti, arrivando ad un soffio da lui. ''E io morirò come uno di loro!'' esclamò quasi gridando. Glorfindel rimase spiazzato da quella reazione. ''Aragorn, c'era un motivo se parlavamo in elfico.'' commentò alzando un sopracciglio, notando gli sguardi dei presenti. Senza guardare nessuno, Aragorn si girò e lasciò l'armeria. Glorfindel non lo seguì, e riprese a sistemare le sue armi.

Il tramonto preannunciava l'arrivo di una sera di nubi, senza luna e stelle. Aragorn era seduto sulle scale che portavano alla Sala del Trono, osservando la gente che lentamente si recava nelle caverne, o prendeva posto per la battaglia. E vide anche lui la paura nei loro occhi. Sospirò; forse Glorfindel aveva ragione. Il suo sguardo vagava qua e là, perso in innumerevoli pensieri, fino a quando non vide un ragazzino; aveva all'incirca tredici anni. ''Dammi la tua spada.'' Aragorn attirò la sua attenzione, e il giovane gli si avvicinò. ''Come ti chiami?'' chiese Aragorn, a bassa voce, mentre prendeva dalle mani del giovane la spada che gli veniva posta.
''Haleth, figlio di Hàma, mio Signore.'' egli rispose. ''Gli uomini dicono che non sopravviveremo alla notte. Dicono che non c'è speranza.''

Erano parole vere le sue, ma Aragorn cercò di dargli coraggio. ''E' un ottima spada, Haleth figlio di Hàma. C'è sempre speranza.'' E ne era davvero convinto. Improvvisamente, una nuova forza si accese dentro di lui. Si alzò dirigendosi a passo spedito verso l'armeria, ormai vuota. Infilò la cotta di maglia sopra la tunica, cominciò ad annodare saldamente i vari lacci della casacca di pelle, sistemò la cintura e si legò alla vita il pugnale. Cercò con lo sguardo la sua spada... e si accorse che era tra le mani di Glorfindel e glie la stava porgendo, quasi sorridendo. ''Perdonami per quello che è successo prima.'' disse. ''Tutte quelle persone si fidano di te, e anch'io lo farò.'' l'altro lo rassicurò con un sorriso. ''Non chiedere perdono. Infondo forse hai ragione; siamo pochissimi, ma non ci tireremo indietro.''

Le labbra dell'elfo si piegarono in uno strano sorriso. ''Si, siete pochi... ma non per molto.'' Aragorn aggrottò le sopracciglia mentre Glorfindel non smetteva di sorridere; sembrava stesse nascondendo qualcosa. Stava per parlare, quando una voce alle sue spalle lo interruppe. ''Se ci fosse tempo la farei sistemare.'' era Gimli, che aveva appena infilato una cotta di maglia che gli andasse bene, una delle poche. Ma era talmente lunga che il resto della cotta cadde a terra con un tonfo. Guardò le facce dei suoi compagni, in parte divertiti. ''E' un po' stretta sul torace.'' aggiunse il nano. ''A giudicare dalla lunghezza non ti farà di certo rimanere in piedi, Mastro Gimli.'' commentò l'elfo divertito.
Poi il suono di un corno lì distrasse.

''Sono arrivati. Venite, svelti!'' esclamò Glorfindel uscendo dall'armeria, seguito poi dal ramingo. E si ritrovarono davanti una imponente schiera di elfi, armati di arco, altissimi e fieri. Theoden scese dalle scale di una delle torri vedetta, e il suo volto era di puro stupore. ''Com'è possibile?''
Davanti al Re si fece avanti, in tutto il suo splendore, il capo degli arcieri elfici; Haldir di Lorien. Accennò a un inchino, per poi parlare; ''Porto notizie da Elrond di Gran Burrone. Un'alleanza, esisteva una volta tra Uomini ed Elfi. Molto tempo fa abbiamo combattuto e siamo morti insieme. Siamo qui per onorare questa lealtà.'' il suo sguardo era fiero e severo, ma le sue labbra si aprirono in un caldo sorriso quando vide giungere Aragorn insieme a Glorfindel. ''Tu sapevi?'' chiese il ramingo a Glorfindel. L'altro fece le spalluccie. "Sorpresa." Esclamò sorridendo. 

Aragorn si poggiò una mano sul petto, gesto per salutare gli elfi, ma poi abbracciò fraternamente il nuovo arrivato. Egli rimase per un attimo spiazzato, ma poi ricambiò l'abbraccio. ''Sei più che benvenuto.'' disse, e anche Glorfindel si avvicinò per i soliti convenevoli.
''Siamo orgogliosi di combattere al fianco degli Uomini, ancora una volta.'' parlò ancora Haldir, e Theoden gli illustrò velocemente la situazione. Gli arcieri e gli Uomini di Rohan poi si diressero verso la cinta muraria, pronti per cominciare la battaglia al Fosso di Helm. E da lontano si udirono avvicinarsi i passi del nemico, e la voce di Theoden sussurrare;

''E così ha inizio...''












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Capitolo 9
*** IX ***


The devil within (10)

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IX
La Battaglia per il Fosso di Helm













La calma che regnava nell'aria pesante era un presagio di tempesta. La mezzanotte era già passata, e le stelle erano velate da grosse nubi. Elfi e Uomini si trovavano sulla cinta muraria della fortezza, silenziosi e immobili attendevano.
Una brezza gelida colpì i loro visi pallidi, procurando dei leggeri brividi. Le ciocche bionde di Glorfindel si mossero al vento, stagliandosi contro il cielo scuro. Le sue mani stringevano l'arco, una lunga spada d'oro legata ai fianchi, e gli occhi puntati sul nemico, che lentamente avanzava. Aragorn era accanto a lui, lo sguardo perso nell'orizzonte. E a seguire c'era Gimli, con la sua affilata ascia.

Improvvisamente un lampo accecante squarciò le nubi, e per un attimo videro tutto lo spazio tra loro e la Diga illuminarsi di luce bianca. E fu allora che tutti li videro; orde di creature sputate dalle profondità dell'inferno, grandi e crudeli, con grossi elmi e cupi scudi. Lunghe lance sorgevano dalle schiere come aste da impalatore, e i fuochi delle fiaccole davano una chiara idea di quanto l'esercito fosse numeroso.

''I tuoi amici sono con te, Aragorn.'' disse Glorfindel, senza staccare gli occhi dai nemici.
''Fino alla fine di questa notte.'' disse Gimli. Aragorn poggiò le mani sulle spalle di entrambi, prima di allontanarsi e raggiungere la sua postazione. Un'altro lampo illuminò i volti dei combattenti, e le prime gocce di pioggia caddero dal cielo. Perfino i Valar piangevano per il nefasto destino che li attendeva. Poco lontano si intravedeva Haldir, anche lui fermo a osservare la vallata, il viso ormai bagnato dalla pioggia. E l'esercito nero avanzava, passo dopo passo. I tuoni rimbombavano, la pioggia scrosciava. Poi il nemico si fermò improvvisamente, a qualche centinaio di metro dalle mura della fortezza. Tutto taceva.

''A Eruchin, ù-dano i faelas a hyn an uben tanatha le faeles!'' (Non mostrate loro pietà. Perché voi non ne avrete!) Si avvertì la voce di Aragorn, le parole gridate in elfico per guidare gli arcieri di Haldir. Poco dopo si affiancò a quest'ultimo. ''Riesci a vederlo?'' chiese Aragorn. L'elfo capì a chi si stava riferendo, e scrutò con lo sguardo i nemici davanti a se'; non ci mise molto tempo a intravedere la figura di Legolas, che era in piedi sopra una roccia alta. Il volto perfetto contratto in una espressione seria, gli occhi scuri come la pece illuminati però di una nuova forza, e i capelli sciolti divenuti pesanti a causa della pioggia. L'arco dei Galadhrim in spalla, i pugnali dietro la schiena e così anche la faretra, insieme a delle frecce con le piume nere. E una tunica scura con disegnato sopra l'emblema rosso dell'Occhio gli fasciava il corpo magro.

''Si... è qui.'' rispose Haldir, e allora anche Aragorn lo vide; bellissimo e letale. ''In mezzo a quell'esercito sembra una piccola luce nel buio.'' sussurrò l'arciere di Lorien. Il ramingo non pote' che essere d'accordo con lui, ma solo un'unica cosa lo accomunava agli Uruk-hai; l'odio e l'istinto omicida verso di loro. Lo sguardo del ramingo cadde sulle mani di Haldir; stringevano talmente forte l'arco che le vide tremare. Nonostante il volto sereno, Aragorn riuscì a scorgere della rabbia nei suoi occhi.

Dall'altra parte Legolas osservò la schiera di uomini ed elfi; si sorprese non poco quando vide Haldir con i suoi arcieri, e non riuscì a trattenere un imprecazione quando vide Aragorn... vivo. Ancora una volta i loro sguardi si incrociarono. Era convinto di averlo ucciso durante quell'imboscata, e si chiese come aveva fatto a sopravvivere a una tale caduta e al veleno che aveva in corpo. Sospirò; aveva davvero sottovalutato la forza di quel mortale, e per la seconda volta aveva fallito nell'ucciderlo. Poi vide anche lui, Glorfindel; era accanto a Gimli che tentava di vedere la situazione oltre le mura, ma l'altezza glie lo impediva. Perfetto. Pensò Legolas. Non sarà così semplice vincere.

Le creature iniziarono a grugnire, ringhiare, assaporando il sangue che avrebbero versato quella notte. ''Che cosa succede?'' domandò Gimli allarmato, saltando nel tentativo di scorgere qualcosa oltre le mura. ''Procuratevi un rialzo.'' rispose Glorfindel beffardo, e per tutta risposta Gimli rise. Improvvisamente le lance e le spade dei nemici presero a battere al suolo, sulle armature, procurando un martellare fragore di morte. Aragorn lentamente sguainò la sua spada con un leggero rumore metallico. Gli uomini incoccarono le loro frecce, puntandole verso i nemici che continuarono a battere, sempre più forte. Alcuni sentirono un groppo formarsi nelle loro gole, i loro corpo pronti a scattare a qualunque segnale di pericolo. Molti sentirono il coraggio abbandonarli, lasciando spazio alla paura.

''Quanti nemici riuscirà ad abbattere la vostra ascia?'' domandò Glorfindel a Gimli, con tono provocatorio. Il nano lo guardò sospettoso. ''Mi state sfidando?'' sbottò, lo vide sorridere. ''Mmh, può essere.''
''E sentiamo, quante frecce voi riuscirete a scoccare?''
''Quante bastano per abbattere molti più nemici di voi.'' i due si guardarono per un attimo. ''Vi dispiace se vi do del 'tu'? Infondo, vista la situazione, potrebbe essere la mia ultima battaglia che affronto in compagnia di un nano.'' disse poi l'elfo. ''Affatto! Infondo, questa potrebbe essere la mia ultima battaglia che affronto insieme a un elfo.'' esclamò il nano. ''E comunque, accetto la sfida. Che vinca il migliore!''

I nemici continuarono con quel rumoroso fragore di metallo. Ancora, ancora, e ancora...

Poi improvvisamente uno degli Uruk cadde a terra; una freccia lo aveva colpito nel punto in cui il collo rimaneva scoperto dall'armatura. Gli altri si fermarono, dando fine a quel battere di lance e spade. ''Dartho!'' (Fermi!) Aragorn gridò, voltandosi verso uno degli uomini di Rohan, anziano, che si guardava intorno, colpevole. Legolas non si sorprese al gesto dell'uomo; era quello che sperava accadesse. Le grida disumane degli Uruk risuonarono nell'aria, rompendo quel silenzio che si era creato. E ricominciarono ad avanzare.
''Tangado a chadad!'' (Prepararsi ad attaccare!) all'ordine di Aragorn, gli arcieri di Haldir incoccarono la prima freccia, accarezzandone lentamente le piume e puntando gli occhi sugli Uruk. ''Faeg i-varv din na lanc a nu ranc!'' (La loro armatura è debole al collo, e sotto le braccia!) disse Glorfindel agli altri elfi.

''Hado i philinn!'' (Scoccate le frecce!) urlò Aragorn, e una tempesta di frecce accolsero i nemici. Molti di loro caddero, ma continuarono ad avanzare; come l'alta marea guadagnavano terreno. Elfi e uomini continuarono a scoccare frecce, una dopo l'altra, instancabili. I nemici risposero anche loro con le frecce, e alcuni caddero sotto i loro dardi. ''Pendraith!'' (Scale!) gridò il ramingo; gruppi di Uruk avanzarono con delle scale di legno, arrivarono alle mura e le sollevarono permettendo così agli orchi di raggiungere la cima della muraglia. A quel punto gli elfi abbandonarono gli archi e sguainarono le loro spade. Gli orchi balzarono sulla muraria colpendo brutalmente chiunque si trovasse davanti a loro. Le lame elfiche affondarono nei loro addomi, e i loro corpi vennero buttati giù dalla muraria. Aragorn fece vibrare la sua spada come se fosse stata un'estensione del suo braccio. Tutti combatterono come guidati dalla follia, abbatterono nemici su nemici, perdendone il conto.

Gimli aveva appena ucciso un orco, colpendolo all'addome, quando si voltò verso l'elfo; ''Elfo, sono già a due!'' gridò. Vide due orchi andargli incontro, ma quest'ultimo li colpì, conficcandogli due frecce alla tempia. I loro corpi si afflosciarono a terra. ''Diciassette!''
''Che cosa? Non permetterò che un'elfo mi batti!'' gridò Gimli, prima di assestare un colpo in mezzo alle gambe di un orco, e finirlo spaccandogli il cranio. L'elfo colpì altri due orchi che in quel momento stavano salendo la scala di legno. ''Diciannove!'' gridò in direzione del nano, che continuava ad assestare colpi mortali e contando i caduti. ''Diciassette... diciotto... diciannove!''

Aragorn osservò il ponte, e vide una schiera di orchi, armati di scudi per proteggersi, avanzare verso il cancello. ''Mirate al ponte! Mirate al ponte!'' gridò il ramingo, e gli arcieri cominciarono a colpire, mirando perfettamente ai loro punti deboli. La vittoria sembrava vicina per il Re di Theoden, ma l'esercito doveva ancora sfoderare la sua arma migliore.

Degli Uruk trasportarono qualcosa che Aragorn non riuscì a riconoscere verso un punto specifico delle mura. Poi vide un orco correre verso quel punto con una fiaccola che faceva scintille. ''Togo hon dad, Glorfindel!'' (Uccidilo, Glorfindel!) gridò Aragorn allarmato. Glorfindel prese l'arco e mirò all'orco; nonostante i colpi ben mirati, la creatura continuava a correre. ''Dago hon! Dago hon!'' (Uccidilo!) continuava a gridare il ramingo. Freccia dopo freccia l'elfo scoccò, ma l'orco continuò la sua corsa. Glorfindel si fermò quando comprese ciò che sarebbe accaduto. ''Fuggite! Fuggite tutti!''
Di colpo, Aragorn sentì il terreno mancargli sotto i piedi; un boato si propagò nell'aria, mentre il fumo e la polvere si dispersero nell'aria, riempendo i polmoni e accecando la vista. L'ultima cosa che ricordò era solo di star cadendo; un impatto violento con il suolo... poi il buio.



''Aragorn! Aragorn!''
Quando udì qualcuno chiamarlo tentò di aprire gli occhi; non si rese subito conto di dove si trovasse, aveva la mente annebbiata e tutto attorno a lui sembrava confuso. Sentì le orecchie che ancora fischiavano, e un dolore su tutto il corpo. Vide un ombra accanto a lui che tentava di farlo alzare, e un'altra alle sue spalle che respingeva alcuni nemici. Riconobbe Gimli, alle sue spalle, che lo stava difendendo dagli Uruk. E poi Glorfindel. ''Che è successo?'' gemette il ramingo, mentre lui lo aiutava ad alzarsi. ''Hanno aperto una breccia sul Trombatorrione; gli Urk stanno conquistando la fortezza!'' rispose l'elfo con tono grave. ''Inoltre stanno attaccando il cancello!'' Aragorn riuscì finalmente ad alzarsi, e guardandosi attorno capì la gravità della situazione. ''Il Re ha dato la ritirata.'' concluse poi l'elfo.

''Va bene, tu avverti Haldir! E fai attenzione.'' rispose l'uomo. L'elfo annuì, dirigendosi verso la breccia, e udì la voce di Aragorn che gridava la ritirata. Degli Uruk si scagliarono su di loro, privi di protezione. L'elfo lì abbatte' velocemente, e cercò immediatamente con lo sguardo l'arciere di Lorien; lo vide ancora sulla cima della muraglia, intento a combattere. ''Haldir!'' lo chiamò, e una volta che si fu voltato disse; ''Dobbiamo ritirarci!'' l'altro annuì e gridò ai suoi arcieri di ritirarsi. L'arciere di Lorien focalizzò la sua attenzione sugli orchi, permettendo a tutti gli altri di salvarsi all'interno del Fosso. Con la coda dell'occhio intravide il movimento di qualcuno che si stava per abbattere su di lui.

Riuscì a parare in tempo il colpo con la propria spada, ritrovandosi il volto del Principe di Bosco Atro a pochisdimi centimetri di distanza. "Felice di vederti, Haldir." sussurrò il principe sorridendo beffardo. "Tu, traditore!" Gli gridò l'arciere con disprezzo, e tra i due iniziò uno scontro serrato sotto la violenta pioggia. Haldir si ritrovò più volte a parare i colpi fuoribondi di Legolas ritrovandosi quasi senza forse, e le braccia che gli dolevano.

Un gemito soffocato uscì dalla sua bocca quando si sentì ferire al fianco. Cominciò a indietreggiare cercando di riprendere le forze, mentre Legolas avanzava nuovamente verso di lui. L'arciere di Lorien strinse i denti sopportando il dolore, e fece per colpirlo con la spada. Ma Legolas fu più veloce; evitò il colpo e, con altrettanta velocità, piantò letteralmente la lama del pugnale nella gola dell'arciere, trapassandola da intrambi i lati.

Del rosso cremisi fuoriuscì dalla bocca di Haldir insieme ai dei gemiti che sembravano più dei gorgoglii, come se stesse soffocando nel suo stesso sangue. "Sembra che nessuno verrà a salvare te..." sibilò Legolas mentre lo costringeva indietreggiare fino a ritrovarsi con la schiena verso il vuoto, l'unica cosa che lo teneva sospeso era la daga ancora conficcata nella gola.

Con un calcio Legolas spinse il corpo privo di vita giù dalla muraglia, poi alzò il viso, incontrando lo sguardo sconvolto del giovane Vanya, che lo guardava da lontano. Gli sorrise, con tutta la naturalezza del mondo, e poi scappò via.

Glorfindel impiegò qualche istante per rendersi conto di cosa fosse successo, poi le sue gambe si mossero da sole sino a giungere dove l'elfo giaceva a terra. ''Haldir...!'' sussurrò, piegandosi su di lui. Gli spostò il capo, e la sua mano immediatamente si macchiò di sangue, dalla gola lacerata continuò a uscire quel copioso liquido cremisi. Per la prima volta vide una creatura come Haldir più come un essere umano, che essere eterno e immortale. Lo guardò ancora in viso, e con una mano gli abbassò le palpebre, celando gli occhi privi di luce.

''Che tu possa trovare la pace dopo la morte.''

In mezzo al caos che lo circondava, Glorfindel si rimise in piedi estraendo la lunga spada, e con un grido che sovrastò lo scrosciare dell'acqua tornò in battaglia. Evitò l'ennesimo attacco, conficcando la spada nella giugulare di un altro Uruk. Osservò il mostro che si accasciava a terra, mentre le gocce di pioggia scivolavano dai capelli biondi. Udì dei rumori per niente rassicuranti dal portone principale della fortezza; capì che il duro legno stava per cedere sotto la potenza dell'orda nemica. Velocemente Glorfindel arrivò alla Sala del Trono, dove vi erano anche Aragorn, Gimli e Re Theoden, e molti dei suoi uomini tentavano di sigillare la porta come meglio potevano.

''Glorfindel! Che è successo?'' lo chiamò il ramingo, allarmandosi quando lo vide sporco di sangue, pensando fosse suo. ''Aragorn... Haldir è morto...!" disse l'elfo con voce grave. "Mi dispiace...''
Aragorn non ebbe nemmeno il tempo di realizzare la cosa che un rumore attirò la loro attenzione; tutti si voltarono verso la porta, preoccupati; gli Uruk stavano cercando di sfondarla. ''La fortezza è stata conquistata. E' finita...'' disse Theoden, con tono grave. ''Hai detto che avresti difeso questa fortezza! I tuoi uomini sono morti per difenderla!'' gridò Aragorn, avvicinandosi al Re. ''Non c'è un'altra via per le donne e i bambini per uscire dalle grotte?'' domandò Aragorn, a uno degli generali del Re. ''C'è un passaggio; conduce alle montagne, ma non andranno lontano. Gli Uruk-hai sono troppi!'' egli rispose. Un'altro colpo alla porta attirò la loro attenzione.

''Cosa possono gli uomini contro un odio così scellerato?'' sussurrò Theoden, voltandosi verso il ramingo. Egli rimase silenzioso, mentre Gimli e Glorfindel aiutavano gli uomini a sigillare il portone come meglio potevano. ''Vieni fuori con me. Affrontiamoli a cavallo.'' sussurrò poi.
''Per la morte e la gloria...'' fece Theoden.
''Per Rohan, per il tuo popolo.'' continuò il ramingo avvicinandosi al re. ''Il sole sta sorgendo...'' osservò Gimli, con lo sguardo rivolto sulla piccola finestra. Aragorn osservò le prime luci dell'alba, e nella sua mente riaffiorarono le parole di Gandalf.

Attendi il mio arrivo alla prima luce del quinto giorno. All'alba... guarda ad est.


L'animo del re si accese di una nuova fiamma; una nuova forza prese possesso del suo corpo. Non capì da dove provenisse, ma non importava. Il coraggio prese il posto della paura, del dolore, e della disperazione. ''Il corno di Helm Man di martello suonerà nel Fosso... un ultima volta!'' disse il Re. Gimli esultò alzando l'ascia, prima di correre verso la cima, dove era situato il corno. Gli Uruk colpirono con maggior forza la porta. Non avrebbe resistito ancora per molto.
Theoden si avvicinò al ramingo, posandogli una mano sulla spalla. ''Fa che questo sia il giorno, in cui sguainiamo le spade insieme.'' il Re balzò sul suo destriero, e lo stesso fecero Aragorn e Glorfindel. Sguainarono le loro spade, mentre gli uomini si allontanarono dal portone.

''Feroci atti sveglia,
 Non per collera, non per rovina, o la rossa aurora.''

E il corno di Helm risuonò possente e feroce nell'aria, e il portone venne sfondato dalla forza dei Uruk.
''Forza Eorlingas!'' i cavalieri gridarono insieme al Re, cavalcando fuori dalla sala travolgendo qualsiasi orco che gli si parava davanti. Cavalcarono senza sosta, e gridavano perchè il giorno era ormai giunto recando terrore e meraviglia. La notte era ormai scomparsa. Gli orchi cadevano sotto i colpi dei cavalieri, ma i nemici sembravano esserci moltiplicati. E in quel momento, quando la speranza e ogni vittoria sembrava persa, su una collina apparve il Bianco Cavaliere, splendente nel sole appena nato. ''Gandalf...'' sussurrò Theoden con meraviglia. ''Theoden è solo...'' sussurrò lo Stregone, ed Eomer gli si affiancò. ''Non più...'' e dietro alle loro spalle comparvero mille cavalieri che brandivano le loro spade.
''Per il Re!'' E dall'alto l'esercito del Bianco cavaliere piombò su quello di Isengard. Gli Orchi vacillarono e urlando abbandonarono spade e lance. L'esercito di Gandalf prevalse su quello di Saruman, e si levarono canti di gioia mentre il sole sorgeva fiero nel cielo. Gli Uomini avevano vinto.




Quella stessa mattina, Re Theoden e Gandalf si incontrarono per progettare i prossimi piani, e discutere delle azioni future. Alcuni uomini si trovavano ancora al Fosso, occupandosi dei corpi dei caduti. Gimli si trovava lì, intento a fumare la pipa approfittando di quel piccolo momento di tranquillità. Anche Glorfindel era lì, intento però a raccogliere le frecce, poiché aveva finito le sue. Con la coda dell'occhio notò la figura del nano, intento a fumare. Gli si avvicinò, con l'aria di uno che aveva vinto una scommessa. ''Credo di aver vinto; quarantadue!'' disse vittorioso. Il nano cacciò fumo dalla bocca. ''Quarantadue? Oh...!'' esclamò, fingendo una nota di stupore. ''Non male per un guerriero elfico dalle orecchie a punta.'' disse poi, ridendo. Glorfindel lo guardò, interrogativo. ''Io sono seduto comodamente sul numero quarantatré!'' scandì bene l'ultima parola prima di tornare a fumare la pipa. L'elfo alzò un sopracciglio, osservandolo con uno sguardo indecifrabile. Poi, con movimenti talmente veloci che il nano nemmeno si accorse, prese una freccia e mirò in mezzo alle sue gambe, colpendo però il cadavere.

Gimli sobbalzò; guardò prima la freccia, e poi il volto dell'elfo. ''Quarantatré!'' esclamò Glorfindel, alzando il mento fiero. ''Questo era già morto.'' sbottò Gimli, con ancora il fumo che usciva dalla bocca. ''Ma... si contorceva.'' si giustificò l'elfo, con un espressione innocente.
''Si contorceva? Perché lui ha la mia ascia conficcata nel suo sistema nervoso!'' sbottò il nano stringendo agitando l'ascia che era letteralmente conficcata nella testa dell'orco. Le labbra di Glorfindel si piegarono in un sorriso. ''Mi superi di un punto, allora.'' disse riponendo l'arco. ''Va bene, accetto la sconfitta con onore. Ma non provo rancore, anzi, sono felice di vederti vivo.'' disse, con tono sincero. Il nano si stupì di certe parole. ''Ti ringrazio, è la prima volta che un elfo mi rivolge tali parole.'' disse, sorridendo. Glorfindel fece lo stesso, e riprese a raccogliere frecce.

''Chissà se con Legolas sarebbe stata la stessa cosa...'' sussurrò Gimli, con ancora la pipa tra le labbra. A sentir quel nome, Glorfindel, che si era chinato per raccogliere l'ennesima freccia, si bloccò e lentamente si rialzò.
''Che c'è...? Ho detto forse qualcosa che ti ha turbato?'' chiese Gimli preoccupato, vedendo lo sguardo cupo di lui. Glorfindel non rispose subito, lentamente gli diede le spalle. Sospirò. ''Ha ucciso Haldir...'' disse, con un groppo alla gola. Sentì il nano tossire; forse non si aspettava una tale notizia. ''Intendi l'arciere? È stato Legolas?" chiese. ''Si.'' rispose l'elfo rabbrividendo. ''L'ho visto con i miei occhi. Gli ha strappato via la vita, ed è subito fuggito. Ho visto la luce della vita spegnersi in una creatura eterna, e il suo sangue macchiare le mie mani...'' sussurrò quasi sottovoce, e nella mente ripercorrevano le immagini di quel momento. ''Non lo credevo capace di arrivare a... uccidere i suoi simili.'' chiuse gli occhi, e sospirò.

''Io... mi dispiace...'' disse Gimli, alzandosi dal cadavere. ''Uhm, credo che adesso dobbiamo andare, non indugiamo oltre.'' Gli poggiò una mano sul braccio, l'elfo si voltò verso di lui. ''Ti consiglio di berci sopra. L'amico alcool è sempre d'aiuto.'' consigliò il nano. L'elfo rise. "Forse... più tardi." E insieme a Gimli si allontanò dal campo di battaglia raggiungendo il resto dei loro compagni.











-lo so, non è di certo lunghissimo, ma io sono parecchio negata a descrivere le battaglie :') ma spero comunque che sia di vostro gradimento!

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Capitolo 10
*** X ***


The devil within (11)

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X
La voce di Saruman






Theoden e Gandalf si incontrarono di nuovo sull'erba accanto al fiume Fossato. Vi erano anche Aragorn, insieme a Eomer e tutt'intorno erano radunati i Rohirrim.
''Salute, Sire del Mark!'' disse Gandalf, inchinandosi profondamente. Il Re gli si avvicinò. ''Benvenuto, Gandalf il Bianco. Il giorno è tornato a risplendere, e di nuovo giungi inatteso nell'ora del bisogno.'' disse Theoden.

''Dissi che sarei tornato e ci saremo incontrati qui.'' disse Gandalf. ''Anche se non dissi l'ora, nè il modo in cui sarei giunto.'' aggiunse ridendo. In quel momento, Gimli e Glorfindel li raggiunsero, e gli occhi dell'elfo si riempirono di stupore alla vista dello Stregone. ''Mithrandir!'' esclamò, ed egli si voltò. ''Oh! Glorfindel di Gran Burrone, è un onore vederti qui.'' esclamò Gandalf. ''Posso dire lo stesso.'' disse l'elfo portandosi una mano sul cuore, per poi spingerla fuori. ''Possente è la tua arte di Stregone.''

''Ma finora ho solo dato Consigli,'' disse Gandalf. ''Il merito lo hanno il vostro coraggio.'' Poi si rivolse nuovamente al Re. ''Se desideri venire con me adesso,  io ho intenzione di tornare a Isengard.''
''Isengard?'' esclamò il Re.
''Si.'' disse Gandalf. ''Voglio parlare con Saruman al più presto, e potremmo vedere cose molto strane. Conviene che anche tu sia presente, ma non farti scortare da molti uomini. Lascia che i feriti riposano. Non andremo lì per combattere, ma per parlare.''

Il Re annuì, e scelse dei cavalieri illesi per mandarli in ogni vallata del Mark ad annunciare la vittoria. Ordinò che feriti tornassero a Edoras per riposare, lo stesso per la gente dell'Ofestfalda. Come scorta per il suo viaggio a Isengard il Re scelse Eomer e alcuni uomini del proprio seguito. Gandalf sarebbe stato accompagnato da Aragorn, Glorfindel e Gimli. Tornarono nel Trombatorrione, ove dormirono un sonno calmo e tranquillo, mentre gli altri uomini continuarono ad occuparsi dei numerosi cadaveri al fosso di Helm. I cadaveri degli Orchi furono ammucchiati, ma avevano poca legna per il fuoco, e i corpi erano troppo grandi per la sepoltura. E decisero di lasciarli lì. La scorta del Re partì nel pomeriggio, quando il lavoro della sepoltura era appena incominciato.

Infine Theoden, insieme a Gandalf e i loro compagni, galopparono giù dalla Diga. Giunsero ai margini del bosco, ove gli alberi parevano grigi e minacciosi, e i lunghi rami pendevano come dita. Per un attimo i Cavalieri erano restìì ad entrare, ma Gandalf riuscì a condurre la compagnia. ''Questa foresta è molto vecchia,'' sussurrò Glorfindel che cavalcava tenendosi vicino a Gandalf. ''Sento intorno a me una tremenda collera.'' disse, continuando a guardarsi attorno, e avrebbe voluto fermarsi per ascoltare i rumori del bosco. Si udivano scricchiolii e gemiti di rami, grida distanti, brusii di voci senza parole che mormoravano tra loro. ''Sono alberi strani, questi.''
''Non hai torto, Glorfindel.'' disse Gandalf. L'elfo sospirò. ''Quanto vorrei comprendere i loro pensieri.'' disse. ''Io no.'' ribatte' Gimli, che era seduto dietro Glorfindel. ''E preferirei essere molto lontano da questo posto, in questo momento.''

Giunsero nella Valle dello Stregone, un tempo verde e rigoglioso. Ma adesso parte della valle era ormai desolata, e al centro della pianura si ergeva una torre dalla forma meravigliosa; era la fortezza di Saruman, un tempo creata dagli antichi costruttori che avevano fabbricato il Cerchio di Isengard, ma che Saruman aveva lentamente trasformato secondo i suoi scopi. Gandalf avanzò e gli altri lo seguirono. Lungo la strada grosse pozzanghere d'acqua riempivano i fossi, e quando giunsero alle porte di Isengard videro che giacevano in terra, travolte e contorte, e tutt'intorno erano sparse pietre spaccate e infrante. Lo spazio all'interno del cerchio era inondato d'acqua, ove galleggiavano relitti di alberi e travi, di casse e armature ormai distrutte. Il Re e i suoi compagni si guardarono attorno mentre avanzavano verso una grossa roccia, ove potevano scorgere due piccole figure comodamente coricate sulla cima. Entrambi erano seduti a gambe incrociate, e dalla bocca emettevano lunghe spirali e piccoli cerchi di fumo.

Il Re e i suoi rimasero immobili e stupefatti a guardarli. Uno dei due si accorse improvvisamente della loro presenza, e balzò immediatamente in piedi. Alto circa la metà di un uomo, la sua testa bruna e riccioluta era scoperta, e addosso portava un manto logorato dal tempo.

''Benvenuti, signori, a Isengard!'' disse a voce alta, allargando le braccia. ''Voi, teste di legno! Che bell'inseguimento ci avete fatto fare!'' gridò Gimli, incapace di trattenersi. ''Duecento leghe attraverso paludi e foreste soltanto per salvare voi! Ed ecco che vi troviamo intenti a... fumare!'' un caldo sorriso piegò le labbra dei presenti. ''Circondati inoltre di quello che si potrebbe definire un gran bottino, Gimli.'' disse ridendo Glorfindel. L'hobbit rizzò le orecchie udendo una nuova voce, perfino il suo compagno balzò in piedi, e allora Glorfindel si fece avanti. ''Allora, sono questi i famosi... hobbit che stavate cercando!'' esclamò scrutandoli a lungo, e Merry e Pipino rimasero silenziosi a osservare l'affascinante creatura etera. ''E voi, di grazia, sareste?'' chiese infine Pipino, ritrovando la voce.

''Glorfindel di Gran Burrone, al vostro servizio.'' disse. ''Voi siete?'' domandò poi. ''Oh, il mio nome è Meriadoc, figlio di Saradoc,'' fece Merry. ''E il mio compagno è Peregrino, figlio di Paladino.'' Il giovane Tuc accennò a un simpatico sorriso. ''E siamo qui seduti e vittoriosi in mezzo a un campo di battaglia, fra bottini ben meritati!'' esclamò poi, rimettendosi la pipa in bocca. I Cavalieri risero, mentre lo Stregone sospirò; ''Ah, hobbit...''
''Ho un messaggio che mi è stato lasciato; se volete recarvi alle mure settentrionali, troverete Barbalbero che sarà molto felice di accogliervi.'' disse Merry. ''Bene!'' esclamò Gandalf. ''Allora, Théoden, vieni con me in cerca di Barbalbero.''

''Se permetti Gandalf,'' fece Aragorn scendendo dal proprio cavallo. ''Io, Gimli e Glorfindel vi aspetteremo qui insieme ai giovani hobbit.'' concluse, osservando Merry e Pipino impegnati in una conversazione con Glorfindel, il quale stava rispondendo a ogni singola domanda che egli ponevano. Allora lo Stregone acconsentì con un caldo sorriso sulle labbra, e insieme a Theoden si incamminò alla ricerca di Balbarlbero mentre Aragorn, Glorfindel e Gimli si sedettero ove l'erba era ancora alta iniziando a raccontare tutte le loro avventure agli hobbit, ed egli fecero lo stesso.




Dopo aver discusso con Barbalbero e fatto qualche piano, Gandalf raggiunsero gli altri e insieme poi ripresero il cammino. I Cavalieri avanzarono con cautela, avvicinandosi a Orthanc.Gandalf cavalcava in testa, con Pipino seduto davanti a lui, e al suo fianco vi era Theoden. Poi dietro vi erano Aragorn e Eomer, e Merry sedeva dietro quest'ultimo. E per ultimi Glorfindel e Gimli, che sedeva dietro di lui. L'acqua era ormai interamente assorbita, restavano soltanto poche pozzanghera qua e là.
Si fermarono quando si trovarono innanzi alla Torre nera. Lanciarono sguardi cupi nella sua direzione, alcuni Cavalieri sedevano irrequieti sui loro cavalli. ''Mostra il tuo viso...'' sussurrò Aragorn, alzando lo sguardo. ''State attenti.'' li avvertì Gandalf. ''Anche nella sconfitta, Saruman è pur sempre pericoloso.''
''Prendiamoci la sua testa e facciamola finita!'' commentò Gimli, con nonchalance. ''No.'' ribattè Gandalf. ''Ci occorre vivo. Ci occorre che parli.''


All'interno della Torre, Legolas lì stava osservando da quando erano entrati. Fortunatamente nessuno si era accorto della sua presenza, si era nascosto abbastanza bene da non farsi notare. E quando li vide avvicinarsi a Orthanc, riuscì a distinguerli perfettamente; davanti a tutti si ergeva Gandalf, accompagnato da Theoden che era di fianco a lui. Aragorn e Eomer, insieme ai due Hobbit, erano dietro di loro. E infine Gimli, insieme a Glorfindel. Si allontanò immediatamente dalla finestra, e si poggiò contro il muro. ''Dannazione!'' imprecò a denti stretti. ''Non mi bastavano solo Gandalf e Aragorn, ma anche 'l'Ammazza Barlog'.'' disse, poggiando la testa contro il muro. Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro, cercando di calmarsi. ''Perché sono venuti qui!? Perché...?!'' si interruppe, guardando verso l'alto. ''Saruman...!'' Con un gesto secco chiuse la finestra, e velocemente si avviò verso il tetto.


Mentre osservava la torre, Aragorn notò una delle finestre -finora rimasta aperta- chiudersi di colpo. E di certo non per via del vento. Strinse leggermente gli occhi, ma non vide nessuno nel buio vano. Aspettarono ancora, e improvvisamente udirono una voce, il cui suono pareva un incantesimo. ''Hai combattuto molte guerre e molti nemici, Theoden...e ristabilito la pace.'' Essi levarono lo sguardo e videro la figura di Saruman, che li osservava dal tetto della torre. Il corpo era avviluppato in una grande manto; i capelli e la barba erano bianchi, ma con ancora qualche ciocca nera; gli occhi scuri parevano gravi, e un po' stanchi. Glorfindel osservò sia Gandalf, che Saruman. ''Così simili, eppur diversi.'' sussurrò.

Theoden non disse nulla, levando lo sguardo su Saruman che lo fissava con i suoi occhi solenni. Gandalf non si mosse, immobile e silenzioso; sembrava esitare. ''Non possiamo discuterne insieme come facemmo ai vecchi tempi, mio buon amico?'' disse Saruman, con voce meno soave, mentre una luce balenò nei suoi occhi. ''Non può esservi pace, tra me e te?'' Theoden continuò a tacere, come se stesse lottando contro la collera e il dubbio. ''Tra noi vi sarà pace...'' disse infine con voce sforzata. Aragorn lo guardò. ''Tra noi vi sarà pace quando tu e tutte le tue opere sarete distrutti, insieme a quelle del tuo Oscuro padrone.'' ma ora il suo tono pareva chiaro e deciso. ''Quando tu risponderai all'incendio dell'Ovesfalda, e dei bambini che giacciono morti lì! Tra noi vi sarà pace quando la vita dei soldati fatti a pezzi nonostante giacessero morti davanti alle porte del Trombatorrione sarà vendicata! Quando penzolerai da una forca, per lo spasso dei tuoi stessi corvi... tra noi vi sarà pace!'' concluse, osservando Saruman con con odio.

I Cavalieri fissarono Theoden stupefatti, e ad alcuni pareva di vedere all'improvviso la collera accendersi nello sguardo di Saruman. ''Forche e cornacchie.'' un ombra passò sul volto dello Stregone. ''Rimbambito!'' sibilò, e si stupirono del suo improvviso cambiamento.
''Cosa vuoi, Gandalf il Grigio?'' gridò e la sua voce era quasi un urlo. ''Lasciami indovinare; la Chiave di Orthanc, o magari le chiavi di Barad-dur stesse; insieme alle corone dei sette re e i bastoni dei Cinque Stregoni!''

''Il tuo tradimento è costato già molte vite,'' disse Gandalf. ''E altre migliaia sono ora rischio, ma tu puoi salvarle Saruman. Tu eri addentro i disegni del nemico!''
''Così sei venuto per informazioni,'' disse Saruman, con tono beffardo. ''Ne ho alcune per te...'' da sotto il manto, Saruman prese il Palantir mostrandolo a tutti. 

Egli osservò la sfera attentamente, scrutandola a lungo. ''Qualcosa cresce nel cuore della Terra di Mezzo,'' disse senza staccare lo sguardo dal Palantir. ''Qualcosa che è sfuggito alla tua vista...'' rimase un attimo silenzioso. ''Ma il grande Occhio lo ha veduto.'' disse poi, riponendo la sfera nel manto. ''Perfino ora Lui aumenta il suo vantaggio. Il suo attacco avverrà presto, e tutti voi morirete.'' I giovani hobbit rabbrividirono, e avrebbero voluto rimanere ai cancelli poiché si sentivano poco utili e poco sicuri. Gandalf non disse nulla, ma avanzò con cautela. E Saruman continuò; ''Ma tu questo lo sai bene, vero Gandalf?'' il suo sguardo truce passò su Aragorn. ''Non puoi pensare che questo ramingo si siederà mai sul trono di Gondor. Questo erede di Isildur strisciato fuori dall'ombra non sarà mai incoronato Re!'' sibilò con voce fredda e stridula, guardandolo con disprezzo. Aragorn rimase silenzioso, riuscendo a ignorare la rabbia che implodeva in lui. ''Gandalf non esita a sacrificare quelli più vicini a lui, quelli che egli professa di amare. Dimmi, quali parole confortati hai avuto per il mezzuomo, prima di spedirlo alla rovina?''

Gandalf aprì la bocca per parlare, ma da essa uscì solo un debole sospiro. Un ghigno compiaciuto comparì sul viso di Saruman; evidentemente il ricordo di quando Frodo aveva preso l'incarico di essere il Portatore aveva fatto breccia nel suo cuore. E per un attimo Gandalf pensò a dove potesse essere il giovane hobbit in questo momento. E se era ancora vivo. ''La strada sulla quale lo hai posto... può portare solo alla morte.'' disse Saruman. Gandalf abbassò lo sguardo, mentre un improvvisa angoscia lo assalì.
Gimli non riuscì più a trattenersi. ''Ho sentito abbastanza!'' sbottò, rompendo quell'improvviso silenzio. Agitò il braccio di Glorfindel e disse; ''Finiscilo con una freccia nel becco.'' ma l'elfo replicò, "No Gimli, un momento..." con grande sollievo di Gandalf. Egli guardò nuovamente Saruman.

''Vieni giù, Saruman! E' la tua vita verrà risparmiata.'' gridò con voce chiara. L'orgoglio e il livore ripresero il sopravvento in Saruman. ''Conserva pietà e compassione! Non so che farmene!'' gridò, per poi muovere il suo bastone creando una palla di fuoco e lanciarla verso Gandalf. Esso non si mosse, e venne completamente avvolto nelle fiamme. I Cavalli di Theoden e dei suoi uomini nutrirono di paura, mentre le fiamme si dissolsero lentamente. Con grande stupore di tutti, Gandalf era totalmente illeso. Per un attimo, Saruman si sentì con le spalle al muro.

''Saruman!'' Gandalf levò la mano, e parlò con voce limpida e fredda. ''Il tuo bastone è rotto.'' Si udì uno schianto e il bastone si spezzò nella mano di Saruman. In quel momento dietro di lui apparve un altra figura, vestita di nero. Theoden spalancò gli occhi appena lo riconobbe. ''Grima!'' lo chiamò. ''Non sei obbligato a seguirlo. Non sei sempre stato come sei ora! Una volta eri un uomo di Rohan; scendi!'' disse speranzoso. Vermilinguo sembrò guardarlo con crescente meraviglia, ma non appena fece per abbandonare definitivamente la Torre, la voce di Saruman lo bloccò.

''Un uomo di Rohan? Cos'è la casa di Rohan se non una stalla di paglia dove i briganti bevono nel fetore, e i loro marmocchi rotolano a terra insieme ai cani.'' sputò quelle a parole con evidente disprezzo. ''La vittoria al Fosso di Helm non è opera tua, Theoden Signore dei Cavalli! Tu sei il figlio minore dei grandi Re.'' Il Signore del Mark non diede peso alle parole di Saruman, e si rivolse nuovamente a Vermilinguo. ''Grima, liberati di lui.''

''Libero?'' disse lo Stregone col viso contorno dalla rabbia. ''Lui non sarà mai libero.'' Grima lo guardò in silenzio, e ci mise qualche stante per ritrovare la voce, per ritrovare la forza di opporsi a lui. ''No!'' riuscì a dire. Saruman si voltò e l'uomo si sentì lo stomaco diminuire alle dimensioni di una nocciolina. ''A terra, carogna!'' Immediato, come un secchio d'acqua gelata scaraventata sulla faccia, arrivò il suo schiaffo. Un colpo netto e talmente forte da far cadere l'uomo all'indietro.

''Saruman!'' lo chiamò Gandalf. Ed egli si voltò lentamente verso di lui. ''Tu eri addentro ai disegni del nemico. Dicci quello che sai.'' il quel momento una strana luce balenò negli occhi di Grima, e lentamente estrasse un pugnale da sotto la sua veste. Ma prima che potesse alzarsi, sentì una mano sul braccio e girò il capo trovandosi Legolas inginocchiato accanto a lui. L'elfo si poggiò un dito sulle labbra per fargli capire di restare in silenzio. ''Vattene via. Scappa.'' gli disse a bassa voce. Si rimise in piedi mentre Grima abbandonava per sempre la Torre. Lo Stregone non si accorse della presenza dell'elfo. ''Ritirate le vostre guardie, e io vi dirò dove il vostro destino verrà deciso.'' parlò ancora Saruman. ''Non sarò tenuto prigioniero qui!''

''No, certo che no.'' commentò Legolas, facendo voltare lo Stregone. Aragorn sussultò. ''Legolas...!'' e tutti gli altri riuscirono a vederlo.
''Che cosa ci fai qui? Sparisci! Non ho più niente a che fare con un folle omicida come te.'' sbottò lo Stregone, tornado poi a guardare Gandalf. Il volto dell'elfo divenne cupo, mentre una luce rossa gli covava negli occhi. Improvvisamente rise. ''Ti avevo già avvertito.''

Scattò verso Saruman, con il pugnale elfico stretto nella mano. L'altro ebbe il tempo solo per voltarsi che si ritrovò la lama dritta nel cuore. Aragorn, Gandalf e tutti i presenti rimasero di sasso a quella scena. Il Palantir cadde dal manto di Saruman e rotolò sul pavimento fino ad essere fermato prontamente dallo stivale dell'elfo. Questo guardò lo Stregone dritto negli occhi sussurrando, "Mi sarei macchiato del sangue di chiunque mi ostacolasse."

Spinse il corpo di Saruman giù dalla Torre, esso atterrò violentemente su un arco di pietra, coperto di spine. Gli Hobbit voltarono la testa di lato, inorriditi alla vista del petto dello Stregone trafitto da una di quelle spine, mentre gli altri osservarono l'elfo senza parlare. ''Legolas Verdefoglia!'' gridò Gandalf, mentre passava uno straccio sulla lama del pugnale. ''Che cosa hai fatto!?'' disse lo Stregone. l'elfo inclinò la testa di lato. ''L'avete visto con i vostri occhi, non è difficile da capire.'' rispose con tono indifferente. Ripose il pugnale ormai pulito, e la sua attenzione cadde di nuovo sul Palantir. Incuriosito lo raccolse per osservarlo meglio alla luce del sole. Poi si sedette con le gambe a penzoloni, con ancora il Palantir tra le mani.

Rise, notando come tutto lo stessero guardando. ''Suvvia," disse sorridendo spocchioso. ''non mi dite che siete dispiaciuti per lui? Gli avreste risparmiato davvero la vita? Certo, forse da te me lo sarei aspettato, Mithrandir. '' guardò lo Stregone, mentre giocherellava col Palantir. ''Mm, tpico di Gandalf il Grigio, vero?''

''Perché l'hai ucciso?'' chiese Gimli. ''Credevo che tu-''
''Alt, Mastro nano.'' lo interruppe Legolas, mettendo una mano avanti. ''Non l'ho ucciso per fare un favore a voi. Anche se... un grazie non mi farebbe dispiacere." replicò sempre sorridendo. Poi la sua espressione divenne seria. ''Saruman era un peso inutile persino per me. Insomma, tutti i suoi servitori sono stati distrutti e dispersi; i suoi vicini sono diventati suoi nemici; infine ha ingannato il suo nuovo padrone, o almeno ha tentato di farlo. E si da il caso che il suo padrone sia anche il mio, quindi la cosa mi tocca particolarmente.'' osservò il Palantir per qualche instante, rimanendo silenzioso. ''Dovreste vederlo; il suo occhio è davvero rosso di collera!'' commentò per poi ridere divertito. ''Non per vantarmi, ma io sono molto più affidabile di quello stolto Stregone, per questo Lui ha riposto tutta la sua fiducia in me... e non lo deluderò.'' concluse portandosi una mano al petto.

''Non ti darà niente, Legolas.'' esclamò Aragorn, osservando l'elfo quasi con pietà. ''Lui non condivide il Potere con altri; ti darà solo sofferenza. Per lui non sei altro che una delle sue tante pedine in una grande scacchiera; un misero giocattolo che butterà via quando non gli sarà più utile. Perché non riesci a comprenderlo? Perchè-'' si fermò di botto, quando si rese conto che erano parole sprecate. Alzò nuovamente lo sguardo verso l'elfo, che lo guardava curioso.

In quel momento una folata di vento mosse i suoi lunghi capelli biondi. ''Potere?'' sussurrò Legolas alzando un sopracciglio. ''Io non lo faccio per quello. Lo faccio perché vi odio.'' esclamò piegando le labbra in un sorriso perfido. ''E perché vi voglio tutti morti. Nessuno escluso.'' precisò infine con un tono così glaciale da var venire la pelle d'oca. ''Tu prima di tutti, Sire.'' cantilenò osservando Aragorn. ''Non diventerai mai Re! E su questa bella terra cadrà l'ombra e la rovina, e il ricordo delle vostre gesti eroiche si affievolerà come una fiamma al vento; non ci saranno canti, nessuno avrà motivo di festeggiare perché non ci sarà vittoria. Per voi non c'è alcuna speranza! La stirpe dei Re verrà finalmente spezzata.''

''Questo è da vedere...'' sibilò Aragorn a denti stretti. ''Arriverà il momento in cui il tuo Padrone verrà distrutto, e la sua feccia sparirà per sempre dalla Terra di Mezzo. A quel punto non ci sarà vittoria per lui, e nemmeno per te.'' Legolas non sembrò intimorito da quelle parole, e continuò a sorridere divertito. ''Stai sottovalutando il Suo Potere, Aragorn!'' disse. ''E se questo vi consola, sappiate che il giovane mezzuomo si avvicina sempre di più a Mordor.'' fece una pausa e sbuffò, come annoiato. ''Non credevo che Frodo avesse così tanta forza da riuscire a portare quel fardello maledetto. Mi ha sorpreso; lo credevo morto già da tempo!'' disse poggiando il braccio sulla gamba, e il mento sul palmo della mano. ''Ah! Quasi mi dimenticavo,'' esclamò improvvisamente, ''Hai ripensato alla mia proposta, Aragorn?'' chiese.

''E' passato molto tempo da quella volta, ma sei ancora in tempo per cambiare idea.''
''Ho fatto la mia scelta!'' ribattè il senza corona. ''...Bene. Vorrà dire che il destino del tuo Principino Elfico non sarà così roseo.'' commentò l'elfo osservando Aragorn. Quest'ultimo rimase silenzioso, incatenato da quei occhi che sembravano scrutarlo nell'anima. ''Lo sai, sono quasi tentato di lasciarti vivo,'' parlò ancora Legolas. ''Solo per vederti impazzire, tormentandoti all'idea che non hai potuto fare niente per salvarlo.''

''Non hai ucciso me, e non ucciderai lui.'' ribatte' Aragorn, ritrovando la voce. ''Non te lo permetterò. Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a proteggerlo, io lo farò.'' esclamò, e l'elfo sembrò esitare. ''Tu non sai con chi hai a che fare, insulso mortale!'' disse solamente a denti stretti.
''Tieni quella lingua forcuta tra i denti, e scendi da lì!'' sbottò Gimli, che si stava parecchio agitando. ''Sempre se hai ancora il coraggio di sfidare un nano.'' Legolas strinse leggermente gli occhi, lanciandogli un occhiata truce. ''Non credere che non ti uccida, nano. Sarebbe un piacere.'' sibilò.

''Egli non è solo!'' disse Glorfindel quasi in un urlo. Con movimenti talmente veloci che lo sguardo non riusciva a seguire, tese il suo arco stendendo una freccia e subito dopo la scoccò in direzione di Legolas. Gli sfiorò di poco la guancia, ma il Principe non si smosse minimamente. "Ma guarda; un elfo che difende un nano. Che cosa curiosa!'' esclamò divertito, passandosi le dita sulla striscia di sangue sul viso. ''Così hanno mandato l'Ammazza Balrog a prendere il mio posto. Spero che tu ti stia divertendo allora! E, Gandalf, a quanto vedo non ha capito che siete qui solamente per parlare. Dovrebbe controllarsi.''

Gli occhi limpidi del giovane Vanya divennero due fessure. ''Parli di controllo quando tu stesso stai creando il caos.'' disse. ''Non sei una minaccia per me, ti conviene smetterla di giocare a fare il cattivo.''
''Che paura, tremo come una foglia.'' commentò deridendolo. ''Vedi di non vantarti, Glorfindel. Tutto quello che hai di speciale è uscito solo dalle mani dei Potenti. Tu nemmeno saresti qui, se non fosse per loro." Il Vanya trasalì, tentò di ribattere ma ogni sua parola si trasformò in qualche balbettio senza senso. Legolas sorrise. ''Ti sei per caso offeso? Mi dispiace.'' cinghuettò sarcastico rimettendosi in piedi tenendo il Palantir stretto in una mano. ''Dove credi di andare, Legolas?'' disse Gandalf. ''Non abbiamo finito con te.''

''Ma io si invece.'' ribattè il Principe. ''Non abbiamo più niente da dirci. Andate via, ma se proprio volete tornare qui allora fatelo; le porte sono sempre aperte.'' aggiunse prima lasciare la presa sul Palantir, e la sfera cadde dall'alto con fracasso, finendo poi su una pozzanghera. ''Ci vediamo presto.'' fece un inchino prima di allontanarsi e sparire dalla vista. Pipino corse a raccogliere la sfera, e rimase a guardarlo per qualche istante vedendo come una fiamma incandescente nel globo del cristallo. Gandalf gli andò subito incontro. ''Dai qua, ragazzo, lo prenderò io.'' disse togliendo velocemente il globo dalle mani dell'hobbit, avvolgendolo nelle falde del proprio mantello. ''Di certo non è un oggetto che Saruman avrebbe desiderato gettare via.'' sussurrò guardando la Torre.

''La discussione è terminata,'' disse infine Gandalf. ''Andiamo.''







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Capitolo 11
*** XI ***


Under A Dark Spell (12)

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XI
Ritorno a Edoras








Theoden e Gandalf, insieme al resto della compagnia, ritornarono a Edoras dove si era organizzata una festa che si sarebbe tenuta la sera stessa. Durante il giorno si svolsero i preparativi per l'occasione, festeggiando la vittoria al Fosso di Helm onorando anche coloro che erano caduti in battaglia. Inoltre era un modo per passare una serata per divertirsi, allontanando per un attimo tutte le preoccupazioni, senza pensieri per la testa e circondati dalle persone che amano. ''Una festa?'' chiese Glorfindel, che si era cambiato d'abito mettendosi una leggera tunica argentata. ''Non mi sembra il momento opportuno per... ubriacarsi e abbuffarsi, sollazzandosi con musica e donne.'' disse con una certa ironia, mentre si intrecciava i capelli selvaggi alla maniera elfica.

L'uomo accennò a un sorriso e si voltò verso di lui mentre finiva di vestirsi. ''Dici così perché non sei mai stato ad una festa di uomini.'' ribatte' con la stessa ironia. ''No infatti. E sono un po' spaventato.'' disse Glorfindel. Aragorn rise. ''Allora cerca di non pensare a nulla, solo a divertirti. Forse sarà l'ultima volta che passeremo del tempo con le persone che conosciamo.'' disse infine, e l'elfo percepì tristezza nella sua voce. Gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla. ''Ti proibisco di essere triste, Elessar!'' esclamò facendolo ridere. ''Tu stesso hai detto di stare senza pensieri, ebbene... divertiamoci. Oh!'' improvvisamente, Glorfindel si ricordò di qualcosa che si era portato durante il viaggio, e che poteva essere adatto per quell'occasione. ''Aspetta un momento.'' si allontanò, e frugò tra i suoi beni per poi cacciare un oggetto avvolto in una stoffa blu.

''Speravo di poterla usare durante questo viaggio.'' esclamò osservandolo per un istante prima di scoprirlo. E Aragorn vide una stupenda arpa dorata dalle piccole dimensione, adatte per portarsela durante i viaggi. ''Molto bella.'' commentò osservando lo strumento. ''Ma chissà se qualcuno vorrà sentirti suonare durante la festa.'' disse ironicamente. ''Qualche giovane donzella ci sarà sicuramente. Adesso andiamo!''


Arrivarono nella sala del trono e, subito, si ritrovarono nel caos completo. L'intera stanza era colma di decine e decine di uomini e donne, che brindavano, danzavano e si divertivano nei più svariati modi. Mangiavano e bevevano senza interruzione. La sala era arredata con tavoli di legno, e in un angolo un gruppo di musici con flauti suonava, ma era impossibili sentirli data la confusione.

Aragorn e Glorfindel si fecero strada, dando di gomito più volte per farsi largo tra gli ospiti, stando attenti a coloro che si spostavano con grossi calici stracolmi di vino. Stavano per raggiungere Gandalf quando la voce di Gimli catturò la loro attenzione. L'elfo si voltò e lo vide avvicinarsi a lui e dirgli qualcosa che non riuscì a comprendere, per via della confusione. Stava per parlare quando il nano lo prese per il braccio trascinandolo verso qualche tavolo più in là. Il ramingo non ci fece caso, e continuò ad avanzare.

''Gimli, si può sapere dove mi stai...'' esclamò l'elfo, fermandosi di colpo quando vide un tavolo davanti a se' colmo di bicchieri e una botte di legno. Alzò un sopracciglio, inizialmente non capendo perché si trovava lì, circondato da altri uomini. ''Ecco, mastro elfo. Unisciti a noi.'' esclamò il nano mentre si accomodava a tavola, e vide Eomer porgergli una brocca di legno piena sino all'orlo. L'uomo di Rohan sorrise, divertito dall'espressione confusa dell'elfo e da come si stringeva l'arpa al petto, e ne riempì un'altra porgendola a lui. ''Nessuna pausa.'' disse semplicemente, continuando a sorridere.

Glorfindel lo afferrò con una mano, titubante, e spalancò gli occhi quando capì; si voltò nuovamente verso il nano. ''Mi hai portato qui per una gara di bevute...!'' chiese, aggrottando le sopracciglia, osservando nuovamente l'uomo. ''E quale sarebbe lo scopo?'' chiese. ''L'ultimo che rimane in piedi, vince!'' rispose Gimli scoppiando in una risata, mentre alcuni uomini esultavano alzando i loro bicchieri. Glorfindel deglutì piano osservando il boccale che aveva in mano, mentre Gimli stava già svuotando il primo.

''Io... credo che posso anche lasciar perdere.'' declinò Glorfindel. ''Andiamo!'' lo incitò Eomer. ''Non ti fa male. Non ti va di festeggiare con noi?''
''Non così. Grazie mille, ma davvero... non serve.'' rifiutò nuovamente, e fece per andarsene. ''Ah, allora quelle voci sugli elfi sono vere.'' lo stuzzicò Eomer. Glorfindel si fermò. ''Spiegati meglio.'' disse. ''Che siete troppo carini per bere e per sporcarvi le mani.'' continuò Eomer guardandosi le unghie. L'elfo si voltò lentamente e ritornò sui suoi passi, avvicinandosi al bordo del tavolo. ''Troppo carini per bere?'' ripetè osservando l'uomo stringendo lievemente gli occhi.

Posò l'arpa a terra poggiandola contro una colonna di legno, e afferrò il bicchiere, ''Che sia la prima e ultima volta!'' esclamò portandosi il boccale vicino alle labbra e iniziando a bere lentamente, gustandosi il sapore forte della bibita. Svuotò il primo boccale, e sentì una goccia scivolargli lungo il collo pallido. Si pulì col dorso della mano, e gli venne dato un'altro bicchiere. Glorfindel lo prese in fretta, e bevve tutto d'un sorso. E fece così con il terzo, poi il quarto, e il quinto...

Continuò così, riuscendo a svuotare un certo numero di boccali sotto gli sguardi meravigliati degli uomini, colpiti dal fatto che l'elfo fosse ancora lucido di mente nonostante tutti quei bicchieri che aveva bevuto. Persino Eomer si sorprese della resistenza della creatura eterna, come se la loro bevanda non gli facesse nessun effetto. E mentre Glorfindel pareva perfettamente savio, Gimli cominciava a sentire l'effetto della bevanda. Davanti a lui si era formata una montagna di boccali vuoti, e il povero nano a fatica riusciva a svuotare un'altro bicchiere. Glorfindel si rigirò tra le mani l'ennesimo boccale di birra. E mentre il liquido, chiaro e fresco, scendeva ancora una volta lungo la gola dell'elfo, esso improvvisamente si fermò posando il bicchiere sul tavolo con un tonfo sordo.

Si passò la lingua sulle labbra, già umide a causa della birra, e si guardò la mano. ''Sento qualcosa...'' sussurrò confuso, mentre col pollice si sfiorò le dita e sentì la pelle leggermente accaldata. Eomer lo guardò con fare curioso. ''Come un formicolio nelle mie dita... oh, per tutti Valar!'' esclamò mentre la sua espressione da confusa passò a spaventata. L'uomo di Rohan si lasciò scappare una flebile risata. ''Oh Valar, vuol dire che vedrò un elfo ubriaco!'' esclamò con stupore poggiando una mano sul tavolo. Glorfindel posò lo sguardo sull'uomo alzando un sopracciglio e guardandolo con fare interrogativo.

La voce roca del nano catturò la loro attenzione. ''Che cosa vi avevo detto?'' disse ridendo. Glorfindel lo guardò, vide che gli era rimasta della schiuma nella folta barba e aveva il viso completamente arrossato. Riuscì a trattenersi nel scoppiare a ridere. ''Lui non regge... questa bevanda...'' borbottò il nano, prima di cadere all'indietro insieme allo sgabello. ''Ouch.'' sussurrò l'elfo con un sorrisino divertito.

Si voltò nuovamente verso Eomer e gli altri uomini che lo guardavano con stupore. ''Fine dei giochi!'' esclamò vittorioso. Riprese l'arpa e si allontanò.



Poco lontano Merry e Pipino avevano iniziato a ballare a braccetto su un tavolo, cantando a squarciagola una delle canzoni della Contea, ed entrambi reggevano dei boccali di birra. Gli ospiti li osservarono divertiti e battevano le mani al ritmo di musica, e persino Gandalf che li guardava da lontano fece lo stesso, e le paure, i timori, e la tensione accumulata durante la battaglia sembravano solo un ricordo lontano. Alla fine della canto tutti applaudirono ai due giovani hobbit, che chiusero la serata sorseggiando la loro birra. In un angolo poco lontano vi era Glorfindel intento a suonare per un gruppo di fanciulle che si erano avvicinate a lui e, anche se non riusciva a sentirlo, capì che stava cantando. E le giovani donne sembravano affascinate dalla figura elfica e dalla sua voce angelica, poichè lo stavano guardando come se si trovassero davanti alla cosa più bella che avevano mai visto. Gandalf accennò a una flebile risata quando vide Glorfindel prendere la mano di una delle ragazze posandogli delicatamente le labbra sopra, ella sembrò arrossire tutta in viso e lui le sorrise dolcemente.

Lo stregone si accorse poco dopo che Aragorn lo aveva raggiunto. ''Nessuna notizia di Frodo.'' disse, dopo un momento di silenzio. Gandalf sospirò. ''Nessuna traccia. Nulla.'' disse con voce grave.

''Abbiamo ancora tempo. Ogni giorno Frodo è sempre più vicino a Mordor.'' ribatte' Aragorn. ''Come sappiamo che non sia morto?'' disse lo Stregone. Quella poca calma e pace recuperata svanì ancora. Il ramingo sospirò a lungo. ''Che cosa ti dice il cuore?'' replicò. Gandalf si bloccò, rimanendo silenzioso, poi si voltò lentamente. Nei suoi occhi brillava la speranza. ''Che è ancora vivo.''




La notte passò lenta, e la festa giunse al termine. Lentamente le persone abbandonarono il Palazzo di Meduseld ritornando nelle loro case, e quando la sala si svuotò del tutto alcuni presenti cominciarono a sistemarla e pulirla come meglio poterono.

A Gandalf e i suoi compagni venne concessa una stanza per riposare la notte; era molto spaziosa nonostante le dimensioni ridotte. Si avvolsero nelle loro coperte e si misero a dormire. Aragorn invece, incapace di prendere sonno, si alzò uscendo dal palazzo. Una leggera brezza fredda gli mosse i capelli mentre osservava il cielo notturno; il chiarore della luna era l'unica luce in quella sera buia. Il ramingo sentì che non era il solo a non riuscire a riposare quella notte; alla sua sinistra vide una figura girata di spalle avvolta in un mantello scuro, il capo coperto dal cappuccio e con lo sguardo fisso dinnanzi a se'. Con passo lento Aragorn lo raggiunse, mettendosi al suo fianco.

Glorfindel non accennò a voltare il capo, osservando le pianure del paese. Il ramingo lo guardò per un attimo; aveva un espressione seria, lo sguardo che vagava chissà dove, le braccia incrociate al petto e le labbra leggermente aperte. I due rimasero in silenzio, non dicendosi nulla per un certo lasso di tempo. Aragorn udì un sospiro uscire dalle labbra dell'elfo. ''Tu più di tutti dovresti restare dentro e riposare...'' egli disse, senza voltarsi. ''Non ho sonno.'' replicò Aragorn con lo sguardo basso.
''Se qualcosa ti turba, con me puoi parlarne liberamente.'' disse Glorfindel voltandosi verso di lui. L'uomo chiuse gli occhi, per poi riaprirli poco dopo puntando lo sguardo verso il cielo. ''Tu credi...'' disse. Si fermò deglutendo. ''che dopo la distruzione dell'Anello, Legolas morirà?'' riuscì a dire. Era un pensiero che lo tormentava da quando erano tornati a Rohan, a cui non trovava risposta.

Glorfndel restò silenzioso. Nella sua mente ripercorrevano le immagini di ciò che era successo a Isengard, e rammentò le parole del Principe. ''Non so quanto siano veritiere le sue parole.'' rispose. ''Forse era solo un modo per metterti timore. Insomma, è chiaro che ora sia un manipolatore, come il suo Padrone."
''E se fosse vero?'' lo interruppe Aragorn voltandosi verso di lui. ''Che cosa gli succederà?'' sussurrò, mentre sentiva la paura avvolgerlo completamente. L'elfo scorse angoscia e tristezza nelle iridi chiare del ramingo, e anche timore per un amico a cui avrebbe affidato la sua stessa vita. ''Quel che gli succederà dopo la distruzione dell'Anello, lo ignoro.'' disse l'elfo. ''Ma se il destino di Legolas è la morte, non c'è niente che tu possa fare.'' concluse, cercando di avere un tono calmo e fermo. Vide i suoi occhi diventare lucidi e abbassò il capo, per nascondere il dolore e cacciare indietro le lacrime.

Glorfindel sospirò lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. ''Comprendo che per te è difficile da accettare, ma che scelta abbiamo? L'Anello deve essere distrutto, Aragorn!'' esclamò. ''E'... Legolas...?'' la voce del ramingo era un sussurro, e sentiva un tremendo nodo alla gola. Glorfindel aprì la bocca per parlare, ma non uscì alcun suono. ''Mi dispiace.'' riuscì a dire. L'uomo ebbe la sensazione di aver ricevuto un pugno al cuore; non riusciva a realizzare che il suo amico sarebbe morto, e lui non poteva fare niente per impedirlo. Si voltò nuovamente, rompendo il contatto visivo con Glorfindel. Questo fece lo stesso, tornando a guardare davanti a se'.

''Molto viene rischiato in guerra, persino le persone che ami.'' disse l'elfo, una brezza d'aria mosse alcune sue ciocche bionde, procurandogli un leggero brivido freddo. ''Eppure... ci deve essere un modo... non è tutto perduto...'' sussurrò Aragorn chiudendo i pugni, strinse talmente forte le mani da far sbiancare le nocche.

''Non credo che per lui ci sia più speranza.'' e Glorfindel lo disse così, senza esitazione. Aragorn si voltò di scatto verso di lui. ''Che vuoi dire?'' chiese. ''Sai cosa intendo; il male ha prevalso sul Principe, non c'è più bontà in lui!'' rispose Glorfindel. ''No, non è così!'' lo interruppe Aragorn. ''C'è ancora del buono in lui, io... io lo so. So che è così!'' esclamò. Glorfindel alzò un sopracciglio. ''Non credo proprio, vista la situazione.'' ribattè. ''Ora come ora, non riuscirei a perdonarlo per questa sua debolezza, per avergli permesso di avere la meglio su di lui! Capisco che è colpa dell'Anello, ma in parte lo è stata anche di Legolas, e lo sai bene. Metti da parte i sentimenti Aragorn; Legolas ormai è divenuto un nostro nemico. E se non lo fermiamo continuerà con questo spargimento di sangue. Ne ho viste fin troppe nella mia lunga vita.'' gridò l'elfo, perdendo completamente la calma.

''E che cosa vuoi fare? Vuoi ucciderlo!?'' esclamò Aragorn quasi urlando. ''Lo farò se mi costringerà a farlo. Se prima, a Isengard, quella freccia fosse andata a segno ci saremo tolti un gran peso dalle spalle!'' sussultò violentemente quando lui lo afferrò per gli abiti, e si ritrovò il volto di Aragorn ad un soffio dal suo. ''Non osare nemmeno, Glorfindel! Non deve nemmeno sfiorarti la mente l'idea di ammazzarlo!!'' urlò l'uomo completamente accecato dalla furia.

Il giovane Vanya esitò, intimorito dalla rabbia dell'uomo. Poi si riprese, poggiò le mani su quelle di Aragorn e lo costrinse a lasciarlo. Indietreggiò di un passo. ''Vuoi lasciarlo continuare tutto questo, Aragorn?'' chiese, e si portò una mano sui fianchi dove teneva il pugnale. Temeva una reazione eccessiva da parte sua. ''Non si fermerà se non lo fermiamo noi. Ha giurato di ucciderti, Aragorn!''
''Non lo farà...'' sussurrò l'uomo. ''Mi vuoi far credere che davanti a te esiterà nell'affondare la lama nel tuo cuore!?'' sbottò Glorfindel. ''No Aragorn. Ha ucciso Haldir, ha ucciso perfino Saruman... e farà lo stesso con te, quando ne avrà l'occasione.'' il suo tono di voce era triste, quasi angosciato.

Nessuno due parlò per qualche istante, e all'elfo parve che Aragorn fosse più rilassato adesso. Allontanò così la mano dal pugnale. ''Aragorn, sono partito da Gran Burrone perché... si, sono stato incaricato di aiutarvi, ma anche per proteggerti.'' disse con tono più calmo. ''Ha già tentato di ucciderti, e non ci è riuscito per tua fortuna. Ma se dovesse succedere... non potrei perdonarmelo.'' Rimasero ancora in silenzio, e il Vanya lo vide abbassare il capo. ''Aragorn?'' lo chiamò, pacato, avvicinandosi a lui.

Udì un singhiozzo fuoriuscire dalle sue labbra. ''Oh Glorfindel...'' sussurrò Aragorn guardandolo con gli occhi lucidi. L'elfo sussultò. ''Se solo avessi capito,'' parlò ancora l'uomo. ''avrei potuto impedire che gli accadesse questo.'' e sentì una lacrima rigargli lentamente la guancia, ma si apprestò subito ad asciugarla con il dorso della mano. ''Mi manca, Glorfindel. Mi chiedo... se per lui è lo stesso.''

Il Vanya abbassò lo sguardo sentendo un improvvisa angoscia dentro di se. Posò una mano sulla spalla dell'uomo. ''Sono sicuro che sia così.'' sussurrò dolcemente, e gli sorrise. L'altro lo guardò sorpreso. ''Forse è vero... che una parte dell'animo nobile del Principe non è del tutto perduta, e che ci sia ancora del buono in lui. Non credo tu sia nel torto.''
''Se solo fosse veramente così.''
''Non eri tu quello a dire che vi era sempre speranza?'' disse Glorfindel, e vide Aragorn sorridere. ''Ci credi ancora, Aragorn?'' chiese l'elfo. ''Si, credo ci sia speranza.'' rispose l'uomo, sembrò trovare un po' di sollievo e la sensazione di pesantezza che sentiva nel cuore svanì.

''Perdonami, per prima.'' disse il Vanya chinando il capo, visibilmente in colpa. ''Non avrei dovuto lasciare che la rabbia prendesse il sopravvento. E non avrei dovuto dire quelle cose su Legolas. So quanto tu ci tieni a lui, e... che faresti di tutto per salvarlo, e-'' Aragorn lo interruppe poggiando due dita sul suo mento e alzandogli il viso. ''Non importa, davvero. Non c'è nulla da perdonare.'' disse, e l'elfo gli sorrise.

Non si dissero nient'altro, e il silenzio calò nuovamente tra loro. Le iridi azzurre dell'elfo tornarono a scrutare l'orizzonte. Poi alzò lo sguardo verso il cielo, e parlò nuovamente; ''Le stelle sono velate. Qualcosa si muove a Oriente; un insonne malanimo. L'Occhio del nemico si sta muovendo.'' qualcosa dentro di lui gli diceva che c'era un pericolo serio all'orizzonte. Qualcosa da non prendere alla leggera. Sentì improvvisamente un boato nella sua mente che lo fece quasi urlare. Si piegò in due, le mani alla tempia. ''Aragorn...!'' boccheggiò sofferente. Aragorn si chinò velocemente sorreggendolo con le braccia. ''Che succede?'' chiese evidentemente preoccupato. Il corpo dell'elfo si irrigidì improvvisamente, voltò il capo verso Aragorn e lo fissò disperato. ''Lui... Lui è qui!'' riuscì a dire.

Si udì un urlo stridulo provenire dall'edificio. ''Pipino!'' esclamarono all'unisono Glorfindel e Aragorn, e rientrarono velocemente all'interno del palazzo. Il ramingo spalancò la porta, facendo irruzione nella stanza; vide Pipino a terra, il corpo scosso da improvvisi tremiti, come se cercava di divincolarsi a qualcosa che Aragorn non riusciva a vedere, e tra le mani aveva il Palantir. Pareva incandescente, e al centro del globo delle luci giravano vorticosamente su se stesse.
Aragorn si affrettò a strappare la sfera dalle mani del mezzuomo. Appena le sue dita toccarono la superficie del cristallo le forze gli venero a mancare, come se gli fosse stata risucchiata tutta la linfa vitale. Il suo corpo si afflosciò a terra, ma a pochissi centimetri dall'imminente impatto col pavimento Glorfindel lo afferrò in tempo, posandolo dolcemente a terra.

''Aragorn!'' Lo chiamò. Quando però vide che teneva gli occhi chiusi sentì il proprio respiro venirgli a mancare. ''No... no Aragorn! Apri gli occhi. Svegliati!'' gli accarezzò la fronte, e percepì la pelle fredda del viso contro il palmo, e sentì una morsa di terrore e impotenza dentro di se'.
Senza pensarci, lo strinse a se, condividendo con lui quel legame con il signore di Mordor. ''Torna alla luce! Non cedere, Estel!'' Recitò una preghiera in elfico, scongiurando che il male se ne andasse. Poi, quelle mani mortali, prima abbandonate come senza vita sul pavimento, vennero percorse da una nuova forza e si rialzarono sulle spalle dell'elfo. E le strinsero forte, come per evitare di allontanare quella figura che gli stava donando vigore.

Glorfindel lo sentì muoversi tra le braccia, e lo vide aprire finalmente gli occhi. ''Stai bene?'' gli sussurrò. Aragorn lo osservò silenzioso, ancora scosso da quel che era successo. ''Io... sto bene.'' disse. Il Vanya allora sospirò sollevato, e sorrise. ''Bene.'' sussurrò.

Udendo tutto quel trambusto e la voce di Merry chiedere aiuto, Gandalf scattò subito in piedi e come vide la sfera rotolare a terra, si apprestò subito a coprirla gettandoci sopra il proprio manto. ''Idiota di un Tuc!'' esclamò pronto a dare l'ennesima predica al mezzuomo, ma quando lo vide a terra, pallido e rigido che fissava il soffitto con gli occhi sbarrati la sua rabbia si tramutò subito in paura. Gli si inginocchiò accanto e prendendogli la mano si curvò sul suo viso ascoltandone il respiro. Posò una mano sulla sua fronte, sussurrando un incantesimo a voce bassa. Gli occhi del mezzuomo si chiusero, poi li riaprì fissando attonito i visi preoccupati intorno a lui. ''Gandalf! Gandalf, perdonami, ti prego.'' sussurrò Pipino, sopraffatto dai sensi di colpa. ''Guardami.'' ordinò lo Stregone. ''Che cosa hai visto?'' disse severamente.
Il mezzuomo si fece coraggio, e dopo aver preso un profondo sospiro iniziò a parlare;

''Un albero, c'era un albero bianco in un cortile di pietra. Era morto, e la città era in fiamme.'' si fermò per un attimo, respirando rapidamente con i residui di quella visione ancora davanti agli occhi. E Gandalf riuscì a vederlo; l'albero bianco di Minas Tirith avvolto nelle fiamme, e il fumo che si innalzava nel cielo coperto da nubi scure. ''Cos'altro hai visto?'' disse Gandalf, pacato. Pipino esitò, mentre il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo frenetico dei polmoni. ''Ho visto... ho visto Lui.'' disse, con voce sforzata. A quelle parole tutti i presenti ebbero un brivido lungo la schiena. ''Ho sentito la sua voce nella mia testa. Mi ha chiesto il mio nome; non ho risposto. Mi ha fatto male. E... non ricordo più nulla.''

''Che cosa gli hai detto di Frodo e dell'Anello?'' disse Gandalf guardandolo dritto negli occhi. Pipino fece lo stesso, ma non parlò. Lo stregone lo fissò per un momento in silenzio, poi il suo viso si addolcì e apparve l'ombra di un sorriso. ''Va bene, non ti domando altro.''  disse, sollevando con delicatezza Pipino e riportandolo a letto. Merry lo seguì e si sedette accanto al compagnio. ''Ora vi lascerò soli, voi due, per qualche minuto.''

Detto ciò Gandalf si accostò agli altri, e si ritrovarono poco dopo nella sala del Re.


Gimli sedeva su un tavolo poco distante, mentre Aragorn e Glorfindel erano in piedi l'uno accanto all'altro. Pipino aveva un aria davvero dispiaciuta e Merry lo fissava come se volesse prenderlo a schiaffi da un momento all'altro. Gandalf stava mettendo Theoden al corrente di ciò che era successo. ''Siamo stati fortunati.'' aveva detto. ''Non c'era menzogna nei suoi occhi, e non ha rivelato nulla di Frodo e dell'Anello. Inoltre è riuscito a scorgere una parte dei suoi piani futuri.'' Tutti trattennero il fiato per qualche secondo, aspettando la sua rivelazione. L'elfo e l'uomo si guardarono, temendo quel che pensavano. ''Sauron attaccherà Minas Tirith.'' l'unico a non essere colpito da quelle parole era Theoden. E Gandalf si rivolse a lui dicendo; ''Devi offrire il tuo aiuto alla città dei Re.''

''Ma loro non si sono mai degnati di aiutarci.'' lo interruppe Theoden, con aria noncurante. ''Sono troppo orgogliosi perfino per chiedere aiuto, e moriranno da soli.''
''Io non starò a guardare.'' s'intromise Aragorn. ''Andrò a Minas Tirith.''
''E ci andrai, ma per un'altra strada.'' disse Gandalf. Gli si avvicinò sussurrandogli all'orecchio; ''Segui il fiume, e cerca le navi nere.'' Aragorn annuì.

E lo stregone si rivolse nuovamente a Theoden. ''Io parto oggi stesso. Devono essere avvertiti del pericolo.'' Si voltò verso Pipino, osservandolo con un piccolo sorriso.
''E non ci andrò da solo.''










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Capitolo 12
*** XII ***


Under a Dark Spell (13)


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XII
I Campi di Pelennor






Erano passati quattro giorni da quando Gandalf era partito con Pipino a Minas Tirith; Ombromanto doveva aver dato tutto sè stesso per coprire quella distanza in così poco tempo. E inaspettatamente i fuochi di segnalazione si erano accesi nella città dei Re; una chiara richiesta di aiuto che Theoden aveva accolto quasi con gioia. Quello stesso giorno il Re insieme ai Rohirrim partirono a cavallo da Edoras per raggiungere il grande accampamento sulle montagne, dove si sarebbero uniti con gli eserciti delle altre città. Dopo ore di viaggio arrivarono agli accampamenti, iniziando a montare le tende per il soggiorno che si prevedeva più lungo del previsto. In tutto gli uomini erano almeno 6000, meno della metà che Theoden e Aragorn speravano. Il ramingo sapeva che non erano abbastanza da spezzare le forze di Mordor, ma il Re era fiducioso e sicuro che altri uomini sarebbero arrivati.

Glorfindel si guardò attorno, distogliendo per un attimo l'attenzione dal suo lavoro, e notò un grigio sentiero poco lontano dall'accampamento. I cavalli si agitavano ogni volta che si avvicinavano a quella strada, come se vi fosse una presenza maligna che alimentavano la loro paura. Con passo lento si avvicinò al sentiero. ''I cavalli sono irrequieti, e gli uomini silenziosi.'' disse, ascoltando i nitrii degli animali impauriti. Anche il nano osservò, seppur con un leggero timore, la cupa strada. ''Quel sentiero, dove conduce?'' chiese, vedendo Eomer avvicinarsi a loro. ''Quella strada conduce ai Sentieri dei Morti.'' rispose l'uomo lanciando un occhiata alla montagna. ''Il loro cancello si trova a Dunclivo, ma nessun uomo lo può varcare. Nessuno è mai tornato indietro... vivo.'' disse, prima di allontanarsi.

Glorfindel e Gimli rimasero ancora a osservare il sentiero, e l'unico cuore a non tremare di paura era quello dell'elfo. ''Spero di non intraprendere quella strada.'' sussurrò il nano. ''Credo invece che presto o tardi succederà.'' disse Glorfindel. Il nano alzò lo sguardo verso di lui. ''Scommettiamo?'' chiese. L'elfo piegò le labbra in un ghigno. ''Vuoi per caso un'altra sconfitta?'' esclamò, ritornando a montare la tenda. ''Non questa volta, elfo!'' sbottò il nano. Glorfindel rise. ''Vedremo. Dai, vieni ad aiutarmi con queste tende! ''



Più tardi, quando il sole lasciò spazio al dolce crepuscolo, una figura avvolta in un mantello scuro si stava dirigendo verso l'accampamento scalando la montagna in sella a un destriero bianco. Con una mano teneva le redini e l'altra una lunga spada custodita in un fodero. Una delle sentinelle corse ad avvertire il Re, mentre l'altra si parò davanti allo sconosciuto appena questo ebbe raggiunto l'accampamento. ''Mostrate il vostro volto.'' egli disse, lanciando occhiate nervose verso l'arma che l'altro possedeva. La figura avvolta nel manto sorrise da sotto il cappuccio. Poi senza dire nulla lo lasciò cadere sulle spalle, mostrandosi alla luce dei fuochi accesi. Il soldato impallidì riconoscendolo. Accennò a un inchino. ''Perdonatemi, non vi avevo riconosciuto.'' disse. L'altro scese dal suo destriero. ''Lascia stare le giustificazioni. Devo parlare con il Re, e con Aragorn.'' ordinò, tagliando corto. L'uomo annuì guidandolo poi alla tenda del Re.


Aragorn si era appena alzato dal giaciglio sul quale si era brevemente addormentato quando una delle sentinelle entrò nella tenda. ''Mio signore.'' a quel richiamo, l'uomo si voltò verso di lui. ''Re Theoden vi attende, mio signore.'' disse la sentinella prima di allontanarsi. Aragorn uscì e raggiunse l'accampamento di Theoden. Superò la tenda e lo vide parlare con una figura completamente coperta da un manto scuro, seduta su una piccola poltrona. Quando notò la presenza del ramingo Theoden lasciò la tenda, e i due rimasero da soli. Aragorn osservò lo sconosciuto, domandandosi chi ci fosse sotto quel cappuccio, e se era un amico o un nemico.

La risposta fu immediata; l'altro si mise in piedi voltandosi verso l'uomo, e si abbassò il cappuccio rivelando la sua identità. Aragorn si paralizzò nel vedere il Signore di Gran Burrone lì, davanti a lui. ''Mio Signore Elrond.'' disse, abbassando il capo in un cenno d'inchino. ''Vengo da parte di colei che io amo.'' sussurrò l'elfo, e la sua voce era bellissima e soave come la pioggia d'autunno. L'uomo alzò nuovamente lo sguardo. ''Arwen sta morendo.'' disse lentamente l'elfo. Su di loro calò per un attimo il silenzio. ''Non sopravviverà a lungo al male che ora si sparge da Mordor.'' parlò ancora. Per istinto Aragorn si portò la mano all'altezza del ciondolo sfiorandolo con le dita, ascoltando attentamente le parole dell'elfo. ''La luce della Stella del Vespro si affievolisce. Mentre il potere di Sauron aumenta, le sue forze diminuiscono. La vita di Arwen ora è legata al destino dell'Anello. L'Ombra è su di noi, Aragorn. La fine è giunta.'' Aragorn cercò di non trasalire, ma quelle parole risultavano pesanti da accettare.

''Non sarà la nostra fine ma la Sua.'' ribattè. ''Tu vai verso la guerra ma non verso la vittoria.'' replicò Elrond. Aragorn gli lanciò uno sguardo piuttosto scettico. ''Gli eserciti di Sauron avanzano su Minas Tirith, e questo lo sai... ma in segreto egli invia un'altra forza che attaccherà dal fiume; una flotta di navi dei Corsari veleggia dal sud. Entreranno nella città tra due giorni. Siete numericamente inferiori; vi occorrono più uomini!'' esclamò infine. ''Non ce ne sono.'' rispose Aragorn con voce grave. Elrond sembrò esitare sulle sue prossime parole. Poi con voce quasi forzata, sussurrò; ''Ci sono coloro che dimorano nella Montagna.'' un vento gelido da far accapponare la pelle mosse le tende, e Aragorn sembrò udire per un attimo delle voci, voci che gli vorticavano attorno come fantasmi sospesi a mezz'aria nel crepuscolo.

''Assassini, traditori...'' le parole gli uscirono con evidente disprezzo. ''Dovrei chiamarli a combattere? Non credono in nulla! Non rispondono a nessuno.'' esclamò con rabbia. ''Risponderanno al Re di Gondor!'' Come disse queste parole, Elrond estrasse da sotto la stoffa un fodero di pelle scura, dal quale spuntava un'elsa inconfondibile, e con voce chiara esclamò; ''Anduril, Fiamma dell'Occidente, forgiata dai frammenti di Narsil!'' Aragorn fece un passo avanti, osservando l'arma affascinato. Lentamente ne afferrò il manico, ''Sauron non avrà dimenticato la spada di Elendil.'' e poi la svelò dalla sua protezione, in tutta la sua suprema bellezza. Osservò la lama lucete e abbagliante, illuminata dal fuoco delle torce. ''La lama che fu spezzata farà ritorno a Minas Tirith.'' disse mentre una nuova luce si accendeva nei suoi occhi.

''L'uomo che può brandire il potere di questa spada può chiamare a sé un esercito più micidiale di qualunque altro su questa terra! Metti da parte il ramingo; divento ciò che sei nato per essere. Prendi la via del Dimult.'' disse Elrond. ''Onen i-Estel Edain.'' (Io do speranza agli uomini.) sussurrò poi in elfico. ''ù-chebin estel anim.'' (Ma non ne ho per me.) replicò l'uomo con lo sguardo basso, prima di riporre la spada nel fodero di pelle.

L'elfo prese congedo, e fece per andarsene. Ma la voce di Aragorn lo fermò; ''Ho bisogno di sapere una cosa.'' egli disse, e il signore di Gran Burrone si voltò verso di lui che gli dava le spalle. ''Che cosa c'è nel futuro di Legolas?'' chiese l'uomo. Elrond sospirò, e con voce decisa disse, ''Ho visto nel suo futuro, e ho visto morte.'' Aragorn strinse forte i pugni. ''Ma con essa riaffiorerà la vita.'' concluse poi, e Aragorn corrucciò la fronte pensieroso a quelle frasi. Si voltò immediatamente per chiedergli spiegazioni, ma l'elfo era sparito...



Poco tempo dopo uscì dalla tenda, predisponendosi a preparare i bagagli ficcandoli nelle sacche del suo cavallo. Si fermò notando una figura avvicinarsi a lui; Eowyn. Aragorn si voltò e la vide come una luce nella notte. ''Aragorn, perché fai questo?'' ella disse, e i suoi occhi erano infocati. ''La guerra è vicina, non puoi andare via alla vigilia di una battaglia. Abbiamo bisogno di te.'' Aragorn si voltò, distogliendo l'attenzione dai suoi bagagli, e la guardò negli occhi; scorse rabbia, ma anche una tremenda tristezza. ''Perché sei venuta?'' fu la risposta dell'uomo. La dama rimase per qualche attimo silenziosa, poi disse; ''Non lo sai?'' Aragorn non rispose subito, come intento a soppesare il significato delle sue parole. Infine si voltò e sussurrò: ''E' solo di un ombra e un pensiero che sei innamorata. Non posso darti quello che cerchi.''

A quelle parole, il mondo le era diventato silenzioso. Incrociò gli occhi chiari del ramingo, in cui poteva leggere 'mi dispiace'. Ella sentì tutto il suo corpo pesante, e l'aria che faticava ad arrivare ai polmoni. Tentò di tornare in possesso del suo corpo e delle sue emozioni, ma era difficile... e doloroso. Riuscì a recuperare quelle poche forze per indietreggiare mentre i cristallini occhi si velarono di amare lacrime. Aragorn alzò una mano sfiorandole dolcemente una guancia con la punta delle dita. ''Addio, Dama di Rohan.'' non disse altro, semplicemente afferrò le redini del suo destriero e si allontanò lasciandola da sola. E lei rimase immobile come una statua, con le mani strette sui fianchi a osservarlo mentre svaniva nelle tenebre.

Aragorn raggiunse con passo lento il sentiero grigio, lasciandosi alle spalle l'accampamento. Aveva appena oltrepassato l'ennesima tenda quando udì una voce. ''Dove credi di andare, giovanotto?'' Si voltò; era Gimli, che se ne stava seduto fuori a fumare. ''Non questa volta,'' disse Aragorn deciso. ''Devo andare da solo, Gimli.'' il nano non rispose, spense la pipa e si mise in piedi. Il ramingo udì dei passi alle proprie spalle, e il rumore di zoccoli. ''Non credo proprio.'' si voltò e vide Glorfindel insieme al suo destriero.

''Verremo con te, che ti piaccia o no; fin'ora ti abbiamo sempre seguito, e lo faremo anche stavolta.'' disse il giovane Vanya.
''Concordo con il guerriero dalle orecchie a punta.'' ribattè il nano.

Aragorn guardò i due compagni con un caldo sorriso sulle labbra; era davvero grato di averli affianco, ancora una volta. ''Ah, sai,'' fece l'elfo mentre avanzavano. ''io e Gimli prima abbiamo fatto una piccola scommessa; se avremmo intrapreso il Sentieri dei Morti, oppure no.''
''Ah, e chi ha vinto?'' chiese Aragorn. In quel momento Gimli lanciò un piccolo sacchetto marrone verso Glorfindel, che lo prese al volo. "Ho un sesto senso per le persone che si buttano in situazioni pericolose. È la mia specialità." esclamò ironico. Il ramingo lo osservò divertito.

Aragorn salì su Hazufel, Glorfindel e Gimli su Asfaloth, e insieme intrapresero la via del Dimult.





Poco prima dell'alba i Rohirrim giunsero alla Città Bianca, che era ormai sull'orlo della distruzione. Guidati da Thèoden e Eomer, attaccarono con la cavalleria gli orchi distruggendo i soldati di Rhun e Knand. La cavalleria nemica venne abbattuta e gli orchi calpestati, alcuni invece di combattere si diedero alla fuga alla vista dell'esercito di Rohan che cavalcava verso Minas Tirith. A migliaia i nemici furono schiacciati dalla potente carica dei Rohirrim e i pochi superstiti erano terrorizzati e isolati, senza possibilità di ricevere comandi o rinforzi. Quando sembrava la fine di Mordor e la vittoria vicina, fu allora che dal Sud giunse una nuova minaccia, del tutto inaspettata.

La terra tremò, e da lontano apparvero i titanici Olifanti da combattimento, dotati di zanne spinose con numerosi guerrieri sul dorso; si trattava dell'esercito degli Haradrim. Con uno squillo di tromba, Legolas lo fece avanzare contro la cavalleria di Rohan. Gli Olifanti si aprirono la strada a suon di colpi delle loro zanne, e l'esercito dei Rohirrim iniziò a subire molte perdite.

Thèoden provò a contrastarli, ma le enormi bestie spaventarono i cavalli col solo odore e la cavalleria venne resa inutilizzabile. Molti però tentarono di ucciderli colpendoli alle zampe, ma gli procurarono solo dei graffi poichè erano grosse come tronchi d'albero. Gli Haradrim scoccarono le loro frecce contro la Cavalleria, e molti di loro caddero al suolo come mosche.

''Bene, divertiamoci un po'.'' sibilò Legolas estraendo la spada incitando il suo destriero a cavalcare più veloce. Il cavallo nitrì e si lanciò nella mischia, e l'elfo cominciò a combattere. Munilò la lama a destra e sinistra, menando fendenti e tagliando teste, abbattendo molti Rohirrim. E anche Arod, con i suoi calci e morsi, combatteva aiutandolo nella lotta. Legolas galoppava a destra e sinistra, passando sotto gli Olifanti, e evitando i colpi nemici.

Improvvisamente, delle frecce vennero scagliate contro di lui, ma colpirono il suo destriero alla base collo. L'animale nutrì di dolore e cadde rovinosamente sul terreno, e Legolas fu sbalzato in avanti rotolando a qualche metro di distanza. Sbattè la testa contro una roccia e la vista gli si annebbiò per qualche istante.

Si costrinse a riprendersi velocemente, e come si voltò vide Arod steso di fianco mentre il sangue usciva dalle ferite. ''Arod!'' per un attimo si dimenticò di tutto ciò che lo circondava e si buttò sull'animale cingendogli il collo con le braccia. ''No, no, Arod!'' Nitrì debolmente di dolore mentre Legolas osservava gli occhi dell'animale, e riuscì a percepire la sua vita che lentamente scivolava via. Gli accarezzò il muso dolcemente, e sussurrò: ''Sei stato un bravo combattente, e un grande compagno. Namarie, Mellon nin.'' gli diede un'ultima carezza, e lentamente si rimise in piedi allontanandosi con passo calmo intorno a quella mischia. Vide un cavaliere andargli incontro con la spada alzata verso l'alto, e l'elfo sentì quasi un istinto omicida fremergli il corpo. Lo colpì brutalmente, e continuando a camminare abbattè senza nessuna difficoltà i nemici intorno a lui.

Fu allora che accadde qualcosa che egli non aveva previsto; con orrore vide i Signori delle Montagne cavalcare lungo le terre di Minas Tirith, facendo piazza pulita, spazzando via qualsiasi orco che calcasse quelle terre semplicemente con il loro passaggio. La scena era qualcosa di impressionante, da lasciar a bocca aperta. Chi combatteva si era fermato per osservare, meravigliato e terrorizzato allo stesso tempo, con quanta disinvoltura le anime scorressero fra le file dei loro nemici. Ma Legolas non si lasciò incantare da quella visione e continuò a combattere instancabile. Non voleva arrendersi, non doveva arrendersi.

Aveva appena lacerato la gola a un uomo quando udì una voce roca e profonda alle proprie spalle. ''Maledetto orecchie a punta!'' Gimli alzò la sua ascia per colpirlo alla schiena, ma l'elfo riuscì a bloccarla con la propria spada.

''Mi sei mancato.'' ridacchiò Legolas. Il nano e l'elfo cominciarono a combattere, Gimli assestava colpi forti e decisi, ma Legolas riusciva ad evitarli agilmente senza subire danni. Gimli allora abbassò la sua difesa lanciandosi contro di lui. Legolas sorrise. ''Pessima scelta!'' riuscì a colpirlo e il nano si ritrovò a terra, con una ferita sulla tempia. L'elfo intanto si stava avvicinando, pronto ad assestare il colpo di grazia.

Nel momento in cui abbassò la spada contro di lui, arrivò Glorfindel, bloccando il suo attacco e riuscì ad allontanarlo da Gimli. ''Non osare.'' lo minacciò. "Togliti di mezzo!'' gli ringhiò contro Legolas. Ma Glofindel non si mosse. "Bene, sarò felice di tagliarti la gola." sibilò Legolas.

Estrasse la spada puntandola verso il Principe. ''Provaci." replicò Glorfindel. Legolas si morse con forza il labbro tra i denti, ma non interruppe il contatto visivo con l'elfo. Si ritrovò a ridere amaramente.

''Davvero mi uccideresti?'' domandò ironico. ''Si. Siamo al punto di non ritorno.'' gli disse il giovane Vanya con voce dura. ''Gimli vattene" esclamò appena lo sentì rialzarsi alle sue spalle. ''Ci penso io qui.'' disse, e sembrò quasi un ordine. Quando il nano tentò di ribattere, Glorfindel ripetè con tono più alto. ''Me ne occupo io. Vai via da qui!'' e il nano, sepur con leggero timore, lo lasciò da solo insieme al Principe. Questo sentì un ghigno di sfida dipingersi sul proprio volto. ''Molto bene, se è questo ciò che vuoi...'' il Principe estrasse la spada e con un gesto della mano lo incitò a combatterlo. ''Così sia!''

Il giovane Vanya gli si scagliò contro e il Principe fece appena in tempo a parare il colpo di spada, la vibrazione scaturita dall'incrociarsi delle lame gli risalì il braccio come una scossa. Glorfindel era forte quanto lui, magari anche di più. Era l'unico in grado di affrontarlo ad armi pari.
Glorfindel lo costrinse ad un combattimento serrato, fatto di continui attacchi e parate ma nessuno dei due riusciva a portare un vero colpo a segno, solo qualche graffio su gambe, braccia e viso. Ma nessuno dei due demorse.

La lotta li portò lontani dalla calca della mischia, più isolati dagli altri. Con un attacco a sorpresa Glorfindel riuscì a fargli volare via la spada, Legolas cadde di schiena sul terreno. ''Arrenditi, è l'unica cosa che dovresti fare!'' gli disse Glorfindel puntandogli la lama alla gola, aveva il fiatone e parlava prendendo grosse boccate d'aria, affannato. Legolas scosse leggermente il capo. ''Mi devo per caso inginocchiare e implorare pietà? No, ci si diverte di meno!'' finito di parlare gli diede un calcio alle gambe facendogli perdere l'equilibrio e mollare la spada. Quando Glorfindel fu a terra il Principe gli si scagliò e iniziarono a lottare corpo a corpo.

Scansandosi a vicenda con uno spintone si divisero dandosi una tregua per poter respirare. Si rialzarono entrambi, Glorfindel si pulì il rivolo di sangue che gli stava colando dal naso, Legolas sputò sangue misto alla saliva per terra, e grunì nello scaraventarsi contro di lui. Caddero di nuovo a terra rotolando tra gomitate e ginocchiate. Erano un groviglio di corpi in una lotta disperata senza esclusione di colpi. Due cani randagi che si azzuffavano per la strada stanchi, ma non intenzionati a demordere.
Con un urlo Glorfindel si liberò dalla sua presa sferrandogli un calcio in pieno stomaco, che lo fece allontanare da lui, e ne approfittò per riprendere la sua spada. Legolas tentò di fare lo stesso, ma si ritrovò a urlare di dolore quando Glorfindel gli schiacciò con il piede il braccio sul terreno, impedendogli di raggiungere la sua arma.

Alzò lo sguardo verso il giovane Vanya che lo sovrastava, gli occhi chiari che lo guardavano con tutto il disprezzo che poteva provare, e la mano che stringeva forte l'elsa dalla spada. Legolas deglutì piano e gli sorrise. ''Tanto lo so... ' gli disse con l'affanno. ''Lo so... che tu non vuoi uccidermi. Perché non sai a come pitrebbe reagire Aragorn-''

''Al diavolo Aragorn. Tu ti sei venduto l'anima nel momento in cui hai posato gli occhi su quel maledetto Anello!!'' gridò il Vanya interrompendolo, e Legolas non sorrise più. ''Mi ringrazierà per questo!'' alzò lentamente, con entrambe le mani, la spada sopra la testa, apprestandosi a colpirlo. ''No... no, no, no, stai commettendo un grosso errore!'' iniziò a farfugliare Legolas sorridendo nervosamente, ma la rabbia aveva accecato completamente il giovane Vanya. Strinse più forte l'elsa della spada e la abbassò, ma a pochissima distanza dall'emmintente colpo mortale, Legolas gridò; ''TI PREGO 'FIN!''

Il Vanya si bloccò sul posto, con la lama vicinissima al viso del Principe, che aveva chiuso gli occhi. Ciò che fece pietrificare Glorfindel non fu solo la disperazione che percepì il quel grido, ma il fatto che lui l'avesse chiamato con quel nomignolo. 'Fin. Solo il vero Legolas lo chiamava così per prenderlo in giro. ''Ti prego...'' ripetè il Principe, aprendo di nuovo gli occhi. Glorfindel sussultò sul posto; c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, come una muta implorazione di aiuto. E la sua voce non era più crudele, ma flebile e strozzata dal dolore. Un dolore che Glorfindel non capì. In quel momento non vide il mostro che aveva causato tutta quella morte, rivide il Principe di Bosco Atro. Che cos'era quell'improvviso cambiamento? Che cosa gli stava mostrando l'Unico? Glorfindel allontanò lentamente la lama dal suo viso, e lo guardò ancora. Era davvero rimasto un barlume di speranza di lui? Poteva davvero...?

Non riuscì a completare il pensiero... che Legolas, con una velocità che nemmeno lo sguardo poteva seguire, estrasse un pugnale nascosto nello stivale e lo colpì, affondando la lama nella gamba di Glorfindel, che cacciò un urlo di dolore barcollando all'indietro. Il Principe scoppiò in una fragorosa risata, per poi buttarsi su di lui cadendo così insieme sul terreno. Il Vanya continuava a gemere di dolore poichè quella lama era ancora conficcata nelle sue carni. Il Principe ne afferrò il manico e girò la lama più volte, da un verso all'altro, godendosi le sue grida di dolore come se fossero musica per le sue orecchie. E mentre sorrideva maligno a quel gesto, Glorfindel sotto di lui urlava, tremando, mentre lacrime di dolore scorrevano dai suoi occhi chiari.

Con un sorriso macabro sulle labbra, Legolas strappò via il pugnale dalla sua gamba, e ne osservò la lama imbrattata di rosso. Glorfindel respirava affannosamente, con le guance umide dalle lacrime, e poteva sentire il sangue fluire dalla ferita. Legolas, senza interrompere il contatto visivo con il Vanya, cacciò fuori la lingua percorrendo tutta la linea della lama leccando via il suo sangue. Glorfindel non seppe nemmeno con quale coraggio riuscì a guardarlo mentre lo faceva.
''Valar, sei proprio idiota...'' gli sputò Legolas con la lama a pochissima distanza dal suo collo. Glorfindel lo guardò negli occhi lasciandosi scappare un insulto in elfico.

''Se me lo concedi, prima di uccideti, voglio che tu assista alla sconfitta definitiva di Gondor.'' ridacchiò il Principe, e con la mano gli voltò con forza il viso, costrigendolo a guardare la propria fazione che abbatteva quella di Aragorn. Glorfindel non disse nulla, con una guancia schiacciata contro il terreno... sorrise. Legolas aggrottò le sopracciglia. ''Io non sarei così sereno se fossi in te!'' sbottò. ''Non cantare subito vittoria. Non è ancora la fine.'' disse l'altro. ''Ti sbagli; ormai con l'ascesa del Re dei Nazgul non vi è alcuna speranza. Nessun uomo può ucciderlo!'' ribatte' Legolas. ''Ma egli non cadrà per mano di un uomo!'' esclamò Glorfindel.

Legolas sembrò vacillare. ''Che cosa vuoi dire?'' chiese. ''Voltati, e guarda con i tuoi stessi occhi.'' disse l'altro. Il Principe si voltò lentamente e riuscì a vedere la cavalcatura del Signore dei Nazgul ucciso dalla Dama Bianca di Rohan, e con l'aiuto di Meriadoc che colpì la schiena del nemico Eowyn si apprestò a dargli il colpo di grazia affondando la lama fra la corona e il manto del nemico, mettendo fine alla sua esistenza. Glorfindel approfittò del momento di distrazione del Principe. Gli sferrò un pugno in pieno viso togliendoselo da dosso e subito si trascinò lontano da lui, resistendo al dolore alla gamba. Legolas lo osservò con un mezzo sorriso, mentre si rialzava. ''Tu, maledetto Ammazza Balrog!'' disse con tono minaccioso, ma sussultò quando sentì qualcuno afferrargli il polso in una morsa ferrea piegandogli il braccio dietro la schiena. Si ritrovò con una spada puntata sua gola, ''Io non mi muoverei se fossi in te.'' sibilò Aragorn alle sue spalle, puntandogli Anduril contro.

''Non osare sfidarci, non vinceresti'' parlò ancora l'uomo. Legolas non disse nulla, e con riluttanza si arrese. Non oppose resistenza, e subito si ritrovò con i polsi legati dietro la schiena. Si voltò verso il ramingo, riservandogli uno sguardo carico d'odio. ''Hai perso, Legolas.'' egli disse riponendo Anduril. Il principe lo guardò ancora, prima di spostare lo sguardo verso Eomer che con uno strattone lo costrinse a camminnare. ''Ehy uomo di Rohan, vacci piano! So usare le mie gambe.'' si lamentò il Principe prima di essere allontananto dagli altri.

Aragorn si chinò immediatamente accanto all'elfo e, strappandosi un pezzo della sua tunica, tentò di fasciargli la ferita. ''Stringerà un po'.'' lo avvertì l'uomo. Glorfindel gemette nel momento in cui Aragorn strinse la fasciatura intorno alla sua gamba. E poi lo aiutò ad alzarsi. ''Che cosa vuoi fare con lui?'' chiese Glorfindel riferendosi a Legolas. ''Lo teniamo nelle prigioni.'' rispose Aragorn. ''Rimarrà qui a Gondor fino al terminare della Guerra dell'Anello. Forse con la Sua distruzione, tornerà alla normalità.'' disse Aragorm. ''Come fai a saperlo?'' chiese Glorfindel. ''Io non lo so. Io ci spero.'' rispose Aragorn.

La battaglia era stata infine vinta. E le anime dei morti erano state liberate, andando finalmente in pace.





...


Freddo e umidità, e sussurri che echeggiavano tra le pareti di roccia; ecco che cosa sentiva Legolas mentre si guardava attorno. Si trovava in una delle tante celle del Palazzo, la stanza era piccola e vuota, ad eccezione per un vecchio materasso buttato lì in un angolo e delle vecchie catene arrugginite dal tempo appese al muro. E se non fosse stato per alcune torce appese ai muri il buio sarebbe stato totale. L'elfo era seduto sul materasso, la schiena poggiata contro il muro, con le mani incatenate da bracciali di ferro davanti al ventre, la gamba destra era distesa mentre l'altra era piegata.

L'unico rumore percettibile era il suo stesso respiro che sembrava un sibilo nel silenzio quasi tombale. Da lontano il suo udito percepì dei rumori, sembravano dei passi. Non si voltò, continuando a tenere lo sguardo rivolto verso il muro. Poi i passi si fermarono, e con la coda dell'occhio intravide la figura di Aragorn, in piedi davanti alle sbarre della cella.

''Ciao Aragorn...'' sibilò l'elfo, la voce appena percettibile a causa della gola secca, e si voltò verso di lui. Egli non rispose, continuando a fissarlo. ''Dopo tutto questo tempo vieni ora a farmi visita. Quanto tempo è passato da quando mi avete chiuso qui dentro?'' parlò ancora Legolas, mentre si metteva in piedi. ''Perché sai, è noioso fissare un maledetto muro.'' lentamente si avvicinò ad Aragorn poggiando le mani sulle sbarre, unico elemento che lo separava a pochissima distanza da lui.

''Precisamente sono passate cinque ore, se vuoi saperlo. Il sole è ancora alto nel cielo.'' rispose Aragorn, puntando lo sguardo nei suoi occhi scuri. L'elfo fece scorrere lentamente le dita sulle sbarre. ''Perché sei qui?'' chiese con voce roca. ''Ho pensato che forse avevi bisogno di riempire lo stomaco.'' rispose l'uomo, solo allora Legolas si accorse che aveva tra le mani una brocca d'argento abbastanza sottile da poter passare attraverso le sbarre, e un vassoio con della frutta fresca.

L'uomo gli porse prima la brocca, e l'elfo la prese iniziando a bere con voracità. Si fermò appena la ebbe svuotata, osservando l'uomo che intanto aveva poggiato il vassoio a terra, oltre le sbarre e vicino al materasso. In quel momento Aragorn si accorse di quanto fosse pallido in viso, e a giudicare dai movimenti lenti che faceva sembrava quasi stremato, privo di forze. ''Che c'è?'' sbottò l'elfo, notando come egli lo stesse guardando. Lasciò la brocca a terra e tornò a sedersi sul materasso, abbandonando il capo contro il muro sospirando rumorosamente, e prese una fragola portandosela alla bocca. ''Nulla, solo che sembri... così...'' fece Aragorn. ''Così come?'' borbottò l'elfo, intento a masticare.

''Così... esausto.'' concluse l'uomo. L'elfo deglutì, ed emise una flebile risata. ''Dimentichi che sono pur sempre un elfo e ho i miei svantaggi.'' disse, ''Dannati elfi, sono così abituati a stare all'aria aperta che a malapena reggono i posti chiusi e bui.'' si fermò sospirando profondamente, mentre afferrava un'altra fragola. ''E pensare che potrebbero morire se li lasci da soli, al buio, mentre l'oscurità risucchia le loro energie.'' ridacchiò prima di addentarla. ''Comunque ti ringrazio per l'acqua e tutto il resto, non credevo ci tenessi a me.''

''Io tengo a Legolas, non a te.'' lo interruppe Aragorn. ''Sai che non permetterei a nessuno di fargli del male.'' sibilò con rabbia. Legolas prese una ciliegia vermiglia e se la portò alle labbra sottili, addentandola. Si leccò le labbra, e sorrise. ''I miei complimenti; ora che hai catturato il cattivo che cosa vuoi fare? Torturarmi? Uccidermi?'' prese un piccolo grappo d'uva, rigirandoselo tra le dita. ''Fallo, tanto non cambierà nulla. Sai che morirà comunque.'' sibilò. ''No, tu menti! C'è ancora speranza per Legolas!'' disse Aragorn quasi in un urlo stringendo una delle sbarre. ''Ne sei davvero così convinto?'' chiese l'elfo mentre strappava ogni uva dal grappolo. ''Si.'' rispose l'altro. Una risata agghiacciante proruppe dalle labbra dell'elfo, lentamente si rimise in piedi avvicinandosi nuovamente ad Aragorn.

Rimase silenzioso per qualche istante, poi d'un tratto sbattè le mani contro le sbarre, procurando un rumore assordante che rimbombò nel silenzio. Legolas strinse le dita sulle sbarre, osservando il volto del ramingo con uno sguardo truce negli occhi. Poi sorrise. ''Vuoi vedere il destino del tuo Principino? Vuoi vedere ciò che gli accadrà?'' disse, mentre avvicinava il viso alle sbarre provocatoriamente. ''Stanotte, se il sonno non ti coglie, osserva nel Palantir e Lui rivelerà l'amara verità davanti ai tuoi occhi.''

''E dovrei crederti?!'' sbottò il senza corona, che venne interrotto violentemente quando le mani dell'elfo lo afferrarono per i vestiti, bastendolo con forza contro le sbarre. Serrò le palpebre reprimendo un gemito di dolore, il viso schiacciato sul ferro arrugginito, e quello del Principe ad in soffio dal suo. ''Non continuare con questa lagna, Aragorn.'' sibilò con tono crudele quest'ultimo. "Smettila di vedere speranza là dove non c'è. Sei solo un patetico mortale. Non l'erede di Isildur, non la speranza degli uomini... soltanto un miserabile uomo!" A quest'ultima parola lo spinse via facendolo barcollare all'indietro.

L'uomo si dovette poggiare contro il muro per non perdere l'equilibrio, e solo allora incrociò lo sguardo di colui che un tempo era il Principe di Bosco Atro.
Un sorriso spuntò sul viso di Legolas. "Le mie parole sembrano ferire il tuo animo..." allargò ancora di più quel ghigno. "O devo constatare che ti ferisce di più sentirle con la sua voce, mentre ti guarda con i suoi occhi..."  Quando Aragorn provò a ribattere, l'altro lo interruppe. "Non mentire ai tuoi stessi pensieri! Lo sai anche tu, non sei forte abbastanza da salvarlo, insulso erede strisciato fuori dall'ombra."

"Sarò anche solo un uomo," ammise Aragon "ma l'amicizia che mi lega a Legolas è ciò che mi da la forza di andare avanti. Non cambierai questo sentimento che c'e tra noi. Sei in svantaggio su questo." Il viso dell'altro si indurì. "Voi uomini siete così patetici da aggrapparvi a sentimenti come l'amicizia, la lealtà, e l'amore. Ma guardiamo in faccia la realtà; siete allo stremo delle forze. E credimi, arriverà l'ora in cui vi farò a pezzi."

"Sarà difficile rinchiuso la dentro. E ci dovrai rimanere per un bel po'." ribattè Aragorn, sentì l'altro ringhiare di rabbia prima di sferrare un pugno contro le sbarre. Sospirò. "Mi dispiace Legolas." sussurrò tristemente, prima di voltarsi per abbandonare le prigioni. E potè sentire dietro di sé le grida disumane dell'elfo. Tra le urla ricolme di odio, rancore e insulti, aveva iniziato battere i pugni contro le sbarre, sferrare calci, tirare con insistenza il ferro corroso dal tempo con una forza pari a quella di una preda che tenta di fuggire dalle fauci del predatore.

Continuò così per un'ora, ininterrottamente. E le guardie, quando dopo un'altra mezz'ora l'elfo non accennava a smettere di gridare, tentarono di farlo calmare in tutti i modi. Ma tutto ciò che ne ricavarono erano dei graffi sul viso causati dall'elfo stesso che aveva tentato di ferirgli gli occhi. Si ritrovarono costretti a fargli bere dell'acqua con una dose di sonnifero, e fasciargli la bocca per farlo tacere.

Si ritrovò di nuovo da solo, seduto dul pavimento, con ai polsi manette ancora più strette, un bavaglio di stoffa blu che gli cingeva le labbra mentre il sonnifero faceva lentamente il suo effetto. Tentò di rimanere sveglio, ma le palpebre gli divennero pesanti, le ciglia tremavano per lo sforzo di tenerle aperte. Debolmente si poggiò contro il muro e la testa ciondolò cadendo pigramente contro la fredda pietra. Tutto si fece indistinto. Poi il buio.



La notte sopraggiunse in fretta, a Gandalf e i suoi compagni vennero date delle camere da letto, e dormirono un sonno tranquillo non tormentato da incubi. L'unico che non riuscì a trovar pace era Aragorn. Se ne stava seduto sul letto, le mani poggiate sul materasso e lo sguardo rivolto verso la finestra. La luce pallida della luna illuminava la sua camera, e le stelle sembravano riflettersi sul catino d'acqua. Il senza corona non riusciva a riposare, o precisamente non voleva; aveva deciso di aspettare il calar della notte, che tutti nel palazzo andassero a dormire, avendo la possibilità di fare quello che Legolas gli aveva detto di fare.

Una parte di lui era decisa a scorgere il destino del proprio amico, abbandonando così ogni incertezza, ma dall'altra aveva paura di affrontare la verità. Si era aggrappato all'idea che ci fosse ancora salvezza per Legolas, che c'era ancora speranza, ma col passare del tempo si era affievolita fino a scomparire. Si passò una mano sul viso sospirando, e il suo sguardo cadde su Anduril, poggiata su un tavolo di legno presente nella stanza. Si alzò avanzando lentamente verso l'arma, la prese osservandola a lungo. Infine, decise.



''Che ci fate qui?'' chiese l'uomo che stava di guardia alle prigioni. ''Dovreste riposare, sire.''
''Al dire il vero,'' fece Glorfindel. ''non riesco a prendere sonno, ero un po' in pensiero per il Principe, e... volevo solo vedere come sta.'' l'uomo lo guardò per qualche istante. Poi si soffermò su un oggetto che l'elfo aveva in mano. Egli se ne accorse, ''Oh...'' si affrettò ad aggiungere; ''Ho pensato che... lì sotto potesse gelare; insomma, le prigioni sono sempre umide e fredde.'' disse, guardando per attimo la coperta che reggeva tra le mani. ''Fate in fretta.'' disse poi l'uomo porgendogli le chiavi. L'elfo le prese, aprì la porta chiudendosela poi alle spalle. Scese silenziosamente la scalinata e lentamente avanzò verso la cella di Legolas. Lo trovò a terra, accovacciato su se stesso con una spalla poggiata al muro di pietra, lo stesso per il capo. Sembrava dormire.

Rimase immobile osservandolo, e per un attimo provò quasi un senso di pietà nei suoi confronti. Nonostante tutto, era pur sempre Legolas, era il Principe di Bosco Atro... traviato da un potere oscuro e maligno. Ma continuava a provare rabbia, rabbia per aver mostrato debolezza, per nulla degno alla sua figura nobile. Rammentò le parole di Gimli, la prima volta che si sono conosciuti. Era un potere talmente grande perfino per lui. E forse non aveva tutti i torti. Nessun'altro sarebbe riuscito a resistergli, forse nemmeno lui stesso. Glorfindel rabbrividì all'idea di vedere quel gioiello maledetto, di lasciarsi andare al Suo incantesimo cadendo così nell'oblio più profondo, e permettere all'oscurità di afferrarlo, divorare la sua anima, privandole della bontà, della gentilezza, lasciando spazio all'odio. Solamente al puro odio. Glorfindel ebbe un'altro brivido lungo la schiena; non avrebbe mai voluto essere la suo posto.

Aprì la cella e cauto si avvicinò a Legolas, inginocchiandosi. Cercando di non svegliarlo lo coprì con la coperta, assicurandosi che lo coprisse fino al collo, e senza volerlo gli sfiorò la guancia con le dita; aveva la pelle fredda. Lo osservò ancora per qualche istante, allungò le mani abbassandogli la stoffa sulla bocca. Infine si alzò e fece per andarsene; un improvviso fruscio però lo bloccò. Non ebbe il tempo di voltarsi che Legolas gli andò contro cingendogli il collo con il braccio, e iniziò a stringere. Glorfindel buttò il capo all'indietro colpendo la fronte del Principe, e come sentì la pressione sul collo diminuire sgusciò dalla sua presa. "Dove credi di andare!?" Ma il Principe lo afferrò per i capelli e senza esitazione lo sbattè violentemente contro il muro.

Con quello stesso pezzo di stoffa che gli avevano messo sulla bocca afferrò i polsi del vanya legandoglieli velocemente dietro la schiena. Glorfindel tentò di liberarsi dalla sua presa, ma inutilmente. Tentò di urlare per chiedere aiuto, ma Legolas lo schiacciò talmente forte contro il muro privandolo dell'ossigeno. ''Silenzio Glorfindel...'' gli sussurrò sfiorandogli provocatoriamente l'orecchio con le labbra. ''A quest'ora di notte stanno tutti riposando.''

Glorfindel sussultò, e Legolas sorrise nel sentirlo tremare contro il suo corpo. ''Fai il bravo, e resta fermo.'' sibilò, minaccioso. Glorfindel non disse nulla, faticava a respirare. ''Dimmi una cosa,'' gli disse. ''Tutte quelle cose che mi avevi detto prima, nei campi di Pelennor, le pensi ancora?'' chiese, inclinando il capo di lato con fare quasi curioso. L'altro ringhiò di rabbia tentando nuovamente di liberarsi, e sentì la mano del Principe schiacciargli il viso contro il muro. ''Quale parte di 'resta fermo' non hai compreso?'' gli ringhiò contro.

''Lo sai, tutto quello che posso fare è solamente aspettare... aspettare che l'Anello venga distrutto,'' riuscì a dire Glorfindel. ''e vedere la tua feccia scomparire per sempre dalla Terra di Mezzo. Sarai solo un brutto ricordo, e finalmente il vero Legolas troverà la pace. Sei solo un folle se pensi di farla franca!" Un ringhio animalesco uscì dalla bocca di Legolas, prima di afferrare l'elfo per i capelli e voltarlo verso di sè per guardarlo negli occhi. ''Valar, perchè lo fai? Perchè...?" Le parole lasciarono la bocca di Glorfindel ancor prima di pensarle. L'altro schioccò la lingua. "Cosa?" Legolas gli rise quasi in faccia. "Spezzare il collo di un uomo a mani nude? Fare a pezzi quelli che tu chiami innocenti? Per una sola ragione..."

Poi rimase spiazzato quando in un momento di lucidità Legolas lo prende per il collo e lo attirò a sé in un bacio violento. Quando il Principe si allontanò, Glorfindel lo guardò orripilato, ma non per il bacio. Cio' che lo sconvolse fu la realizzazione che l'elfo davanti a lui sia pienamente consapevole delle sue azioni, senza provare ribrezzo per quanto crudeli siano. Improvvisamente Legolas gli sbatte' la testa contro il muro, tanto forte da farlo quasi gridare di dolore. ''Perchè no?" e lo fece un'altra volta, e ancora, e ancora, beandosi dei gemiti di dolore dell'altro che tentava in tutti i modi di liberarsi dalla sia presa. Più Glorfindel si sforzava, più Legolas aumentava la stretta ai capelli. Il giovane Vanya cominciò a sentire un dolore lancinante al capo, ma si costrinse a resistere. Non doveva perdere i sensi.

Legolas poi lo scaraventò dall'altra parte, contro le sbarre e lo vide crollare a terra. "Non dovevi immischiarti, Glorfindel." Preso da un improvviso attacco d'ira gli sferrò il calcio in pieno di viso. "Non saresti dovuto entrare nella compagnia, era meglio per te." si interruppe solo per colpirlo allo stomaco, sorrise nel vederlo contorcersi dal dolore. E Glorfindel sentì il sapore metallico del sangue in bocca.

''Perché ogni volta che ti vedo," lo afferrò nuovamente per la chioma d'orata, costringendolo ancora una volta ad alzare il viso. "ho voglia di spaccarti questo..." con le dita dell'altra mano gli percorse le labbra sporche di sangue. "bel viso delicato che ti ritrovi." disse con voce bassa, passando la lingua su un lato della sua bocca leccando via il sangue. Questo gesto scosse violentemente il Vanya, che si ritrovò di nuovo scaraventato a terra mentre il Principe si lasciò scappare una risata insana, ma Glorfindel non lo sentì. Tutto si fece indistinto, e poi perse sensi. Quando Legolas si accorse che era svenuto, si chinò su di lui e afferrò le chiavi liberandosi dalle catene.

Si alzò massaggiandosi i polsi doloranti, e si voltò di scatto quando udì dei passi alle sua spalle; era la guardia della prigione che osservava paralizzato la scena. Come lo vide tentare di scappare, Legolas scattò verso di lui cingendogli il collo con il braccio, trattenendolo contro di se' fino a quando l'uomo smise di dimenarsi, e allora l'elfo lasciò cadere il corpo a terra. Afferrò la spada che teneva legata ai fianchi, e uscì dalle prigioni...



Silenziosamente Aragorn aveva raggiunto la grande sala del Castello. I suoi passi rimbombarono tra le grandi mura di marmo, e i raggi lunari penetravano lungo le finestre. Al centro giganteggiava il trono, accanto vi era un piedistallo e su di esso vi era il Palantir, coperto da un manto nero. Il ramingo avanzò e senza esitazione scoprì il cristallo maledetto; in quel momento all'interno del globo si udì un sibilo venefico. Esitò per un attimo; era ancora in tempo per tornare indietro e lasciar perdere. Ma forse ne valeva la pena. Deciso avvicinò la mano verso la sfera e la prese; in quel momento apparvero delle luci girando vorticosamente su se stesse. Per tutto il tempo tenne serrate le palpebre, poi si fece coraggio e riaprì gli occhi; vide per la prima volta l'Occhio.

Mentre l'Oscuro Signore parlava nella lingua nera, Aragorn con voce chiara e decisa parlò; ''A lungo mi hai dato la caccia,'' disse, ''A lungo sono stato nell'ombra; adesso non più!'' E alzò Anduril, in tutta la magnificenza. ''Ammira la lama di Elendil!'' egli gridò. Allora l'Occhio gli mostrò l'immagine della Stella del Vespro, morente, stesa su una panca di legno ricoperta di cuscini morbidi. La maestosità e la sicurezza di Aragorn figlio di Arathorn vacillarono. La visione cambiò in un istante, e stavolta vide il suo amico, Legolas, steso a terra... e sotto di lui si estendeva una pozza di sangue.

Aragorn non riuscì a sopportale tali visioni. Strozzò in un gemito di terrore barcollando all'indietro, il Palantir cadde a terra con un tonfo rotolando sul pavimento e il senza corona cadde in ginocchio, stremato, ferito nell'anima. Vedere Arwen sul punto di morte gli spezzò il cuore, e Legolas... oh, adesso si pentì amaramente di aver osato guardare nel Palantir. Improvvisamente spalancò gli occhi. ''Oh no... Legolas...'' velocemente si rialzò, e corse immediatamente verso le prigioni.

Quando arrivò vide la porta spalancata, e dell'uomo che faceva la guardia non ve ne era traccia. Scese immediatamente la scalinata, e lo vide a terra, immobile. Alzò lo sguardo verso la cella; era aperta e in terra giaceva Glorfindel, privo di sensi. Aragorn lo raggiunse in fretta e lo prese tra le braccia. Aveva il labbro spaccato, sanguinava dal naso e dalla testa. L'elfo aprì piano gli occhi, ''Se n'è andato...'' sussurrò. ''Aragorn va'... non pensare a me...'' gemette nuovamente mentre le palpebre gli calarono pesantemente sugli occhi. L'uomo però lo prese in braccio facendogli poggiare il capo sul petto. ''Lasciami, Aragorn... ti farò perdere tempo...''

''Dannazione, sei ferito! Non posso lasciarti qui.'' ribattè l'uomo uscendo in fretta dalle prigioni. Passando tra i corridoi del palazzo vide un gruppo di cavalieri venirgli incontro. ''Sire, il prigioniero è fuggito, e abbiamo incontrato dei feriti lungo la strada!'' disse uno di loro. ''Che alcuni di voi si occupino di loro,'' egli ordinò. ''Voi altri date l'allarme; fermatelo a qualsiasi costo, ma fate in fretta, potrebbe essere molto lontano. E non fategli del male!'' disse Aragorn. Gli uomini obbedirono. Venne dato l'allarme, tutti nel palazzo si svegliarono, e subito una schiera di cavalieri a cavallo era già all'inseguimento del Principe.



Quest'ultimo era riuscito a raggiungere le stalle dove vi erano i cavalli, e ora cavalcava veloce tra le vie della cittadella bianca. Legolas si voltò un istante a guardare; i Cavalieri alle sue spalle erano alle calcagne, e li vedeva avvicinarsi sempre di più. L'elfo si rivolse al cavallo gridando, ''Cavalca!'' l'animale nitrì e balzò in avanti, volando come il vento sul tratto di strada. Si accorse che avevano cominciato a scoccargli delle frecce contro, e una di queste gli ferì il braccio tracciando una linea vermiglia sulla pelle, ma non ne diede peso. Continuò a cavalcare tra le vie dove la gente si dava da fare per rimettere in ordine i danni causati dalla battaglia, e molti furono costretti a scansarsi al suo passaggio e a quello dei cavalieri.

Si avvicinò ai cancelli distrutti, sigillati momentaneamente con delle semplici assi di legno. Gli uomini che erano intenti a ripararli interruppero il lavoro appena videro il Principe andargli contro. Immediatamente si pararono davanti al cancello sguainando le loro spade. Il panico si impadronì di Legolas; era bloccato da entrambi i lati, non aveva via di fuga. Il cavallo non fermò la sua corsa, continuò a cavalcare avvicinandosi sempre di più al cancello. Legolas non pensò più a nulla. Chiuse gli occhi e si avvinghiò al collo dell'animale.

Quando quelli intimarono l'alt il cavallo si limitò a superarli con un salto, volando letteralmente sopra le loro teste, atterrando agilmente dall'altra parte e sfondando le travi di legno con un colpo di testa, e rapido uscì dalle mura di Minas Tirith.

Legolas, sentendo l'animale rallentare un poco il passo, riaprì gli occhi e volgendo lo sguardo all'indietro non vide più i cavalieri seguirlo. Osservò il proprio destriero e una mezza risata uscì dalle sue labbra. ''Sei... sei stato... fantastico...!'' esclamò, tra le risate. Il cavallo nitrì spingendo la sua lunga criniera nera all'indietro. L'elfo lo osservò per qualche istante per poi esclamare; ''Ma sei una femmina!'' Ella nitrì nuovamente, e lui rise. ''Sei possente quanto lo era Arod, ma testiamo anche la tua resistenza.'' esclamò, poi volse lo sguardo verso l'orizzonte, notando i primi raggi di sole illuminare ciò che lo circondava. ''Credo che ti chiamerò Haita, si addice a te. Che ne pensi?'' l'animale nitrì. ''E allora, Haita, cavalca veloce come il vento!'' La cavalla obbedì, allontanandosi verso est, in direzione di Mordor.





Era appena sorta l'alba quando Legolas Verdefoglia evase dalle prigioni di Gondor. Quella stessa mattina, i feriti vennero portati alle case di Guarigione, e la compagnia si era riunita nella sala del Castello dove Gandalf li aveva convocati. Vi erano Gimli, Aragorn, Eomer, il Principe Faramir, e dei generali dell'esercito. Glorfindel aveva insistito di partecipare alla riunione. Dopo essersi medicato le ferite, raggiunse gli altri trascinandosi una sedia e un sacchetto pieno di ghiaccio da mettere sul capo ancora dolorante.

''Siamo davvero pochi...'' sussurrò Gimli. Gandalf annuì. ''Purtroppo si, poiché Re Theoden è deceduto durante lo scontro.'' disse. Si susseguì un momento di silenzio, carico di sofferenza per la grave perdita. ''Ma Rohan ha già il suo nuovo monarca.'' parlò ancora Gandalf, e lanciò un occhiata a Eomer. ''E in più l'erede al trono di Gondor è finalmente giunto.'' guardò Aragorn che si limitò ad annuire sotto gli sguardi sorpresi e incuriositi di chi non lo conosceva. ''Per quanto riguarda Denethor,'' continuò lo Stregone. ''la sua follia ha preso il sopravvento, portandolo a dare fuoco il suo stesso figlio.'' il giovane Principe sorrise amaramente mentre i ricordi si fecero nitidi nella sua mente. ''e infine se stesso, crollando dalle mure in un mare di fiamme.''

''Come stanno gli Hobbit?'' chiese Glorfindel. ''Merry è stato ferito durante la battaglia, ma ora sta bene e il giovane Peregrino se ne sta occupando amorevolmente.'' rispose Gandalf. ''Ma ora ci attende un'altra missione, l'ultima per nostra fortuna... o sfortuna.''  Tutti tacquero, rimanendo in ascolto alle sue parole. ''Sauron ha subito una sconfitta, è vero. Ma dietro le mura di Mordor il nemico si sta riorganizzando. Inoltre, la fuga di Legolas è un'altro svantaggio da parte nostra, e adesso potrebbe essere molto vicino a Mordor.''

''Che rimanga lì. Che marcisca!'' sbottò Gimli, seduto sul trono a fumare. ''Perché interessarci?'' Gandalf si voltò verso di lui. ''Perché diecimila orchi ora si trovano tra Frodo e il Monte Fato.'' rispose, i suoi occhi si velarono di tristezza. ''L'ho mandato... alla morte.'' sussurrò con tono grave. ''No. C'è ancora speranza per Frodo.'' ribattè Aragorn, i muscoli contratti e lo sguardo determinato. ''Ha bisogno di tempo, e questo possiamo darglielo noi.''

''Come?'' chiese Gimli. ''Attiriamo gli eserciti di Sauron, svuotiamo le sue terre, raduniamo le nostre truppe e marciamo verso il Nero Cancello.'' rispose, e Gimli per poco non soffocò a causa del fumo. ''Ma non possiamo ottenere la vittoria con la forza delle armi.'' intervenne Eomer. ''Non per noi stessi. Ma possiamo dare a Frodo una possibilità se teniamo l'Occhio di Sauron fisso su di noi. Renderlo cieco ad ogni altra cosa che si muova.'' disse Aragorn osservando i visi degli altri. ''Che intendi fare?'' esclamò improvvisamente Glorfindel. Aragorn si voltò verso di lui. ''Affrontare un perfido Principe soggiogato dall'Unico Anello, e il suo esercito?!'' sbottò l'elfo. L'uomo fece le spallucce. ''Si, più o meno.''

Il giovane Vanya lo fissò stupito. ''Sai che non potremmo mai vincere-'' un gemito lo interruppe, e si poggiò nuovamente la borsa di ghiaccio sul capo. ''Non dobbiamo per forza vincerla, questa battaglia,'' ribattè Aragorn. ''Dobbiamo soltanto cercare di resistere finché l'Anello non sarà distrutto.''
''Stai dicendo che dovremmo lanciarci in un'impresa suicida!'' gridò Glorfindel. ''Quanti altri uomini vuoi perdere, Aragorn? Non ne sono morti già abbastanza? Numericamente non potremmo resistere nemmeno un'ora, non contro un esercito del genere.''
''Ma dobbiamo almeno tentare! Non c'è altro modo, se vogliamo aiutare Frodo!'' gridò Aragorn, sostenendo il suo sguardo.

''Quella piccola botta in testa ti ha reso parecchio nervoso.'' commentò Gimli, guardando l'elfo. Glorfindel spalancò la bocca. ''Voleva uccidermi quel maledetto-!''
''Ehy, vacci piano con le parole!'' lo interruppe Aragorn. ''No Aragorn.'' ribattè l'elfo alzandosi di scatto. ''Ha tentato di spaccarmi il cranio... e... io...'' si interruppe, lasciandosi cadere sulla sedia. ''Mi dispiace.'' sussurrò. L'uomo lo guardò sorpreso. ''E' stata colpa mia. Davvero, io... non sarei dovuto andare da lui.''

''Nessuno avrebbe previsto che sarebbe accaduto questo.'' disse Aragorn poggiandogli le mani sulle spalle. ''Vi ho solo creato problemi!'' sospirò frustato l'elfo chinando il capo. ''No, non è vero. Non fartene una colpa.'' lo rassicurò, l'altro alzò lentamente lo sguardo su di lui. ''E chiamala fortuna o... ringrazia i Valar, perché tu sei ancora qui con noi.'' concluse serio. Glorfindel sospirò, accennando a un sorriso. ''Si be', uhm... mi ha comunque lasciato qualche livido come ricordo.'' rise, come per alleviare la tensione, e l'uomo fece lo stesso. ''Ma ti seguirò lo stesso, e non saranno un paio di lividi a impedirmelo!''

''Hai ritrovato lo spirito, orecchie a punta!'' esclamò il nano. L'elfo gli sorrise, ''Non voglio più dubitare di te, Aragorn. Quindi... si, facciamo questa cosa.'' si interruppe, e deglutì prima di continuare. ''Ma non farti uccidere. Ti prego, si prudente Estel. Sai di cos'è capace.'' disse, e Aragorn lesse preoccupazione dei suoi occhi. ''Non gli darò questa soddisfazione.'' ribattè l'uomo poggiandogli una mano sulla spalla, e l'altro sorrise ricambiando il gesto. Il nano parlò nuovamente a voce alta.

''Quindi, analizziamo la situazione; certezza di morte; scarse probabilità di successo! Che cosa aspettiamo?''

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Capitolo 13
*** XIII ***


Under a Dark Spell (??)

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XIII
Luce e polvere











Tre giorni dopo partirono con settemila uomini, mettendosi in marcia verso oriente lasciandosi la città dei Re alle spalle. L'ultimo scintillare del sole del mattino su lance e scudi svanì. L'esercito arrivò a Osgiliath a mezzogiorno, e lì operai e artigiani erano intenti a rinforzare i traghetti e i pontili che il nemico aveva distrutti e in parte costruiti. Oltrepassarono le rovine dell'antico Gondor, fermandosi cinque leghe dopo Osgiliath e concludendo il primo giorno di marcia. Continuarono ad avanzare giungendo al Crocevia la sera stessa, e per loro fortuna non vi erano tracce di nemici.

La marcia verso la loro metà durò altri tre giorni durante i quali, ogni tre ore, gli araldi annunciavano l'arrivo di Re Elessar. Benchè marciassero in un'apparente pace, i cuori dei soldati erano abbattuti e più si avvicinavano al Nord, più una sensazione di iniquità diventava opprimente.

Giunsero finalmente al Nero Cancello di Mordor all'alba del quinto giorno. La struttura enorme era composta da due possenti porte di ferro, e sulle mura non vi era anima viva. I soldati rimasero immobili alla vista del Morannon, osservandolo con il cuore che tremava di paura. L'esercito si schierò sulle cime di due collinette, suddividendosi in due ali; la prima al comando di Eomer e Imrahil, l'altra da Aragorn stesso.

Il futuro Re cavalcò verso il Cancello accompagnato da Gandalf, Eomer, Imrahil, Glorfindel e Gimli, insieme ai due hobbit. Gli araldi squillarono le loro trombe, annunciando l'arrivo del Re. Egli si fece avanti e spinse la sua voce oltre le mura di Mordor. ''Che il Signore della Terra nera venga avanti. Che giustizia sia fatta su di lui!'' egli gridò. Seguì un lungo silenzio, dalle mura non risposero nè grida nè rumori, e niente si mosse. E proprio nel momento in cui i Capitani stavano per allontanarsi, il silenzio fu improvvisamente interrotto; la porta del Cancello fu spalancata con fragore, accompagnato da un sinistro cigolio, e apparve un'alta figura su di un cavallo nero.

Il cavaliere era interamente vestito di nero, arco e faretra in spalla, le daghe elfiche dietro la schiena, e una lunga spada attaccata alla vita. I capelli lunghi, un tempo biondi e chiari come la luce del sole sulla neve, erano ora striati di bianco, e la sua pelle era più pallida del latte. Ciò che fece spaventare di più Aragorn era il vuoto che mostravano i suoi occhi.
Tutti si lasciarono scappare un gemito di sorpresa. ''Oh, Legolas...'' riuscì a dire Glorfindel, osservando il Principe dalla testa ai piedi. Fece del suo meglio per sopprimere l'orrore che lo pervase, nel vedere la sua bellezza eterna quasi soffocata dal potere dell'Unico.

Alle spalle di Legolas vi era una piccola compagnia di soldati dalle armature nere e da un unico vessillo, nero con l'emblema rosso dell'Occhio Malefico.
Arrestandosi a pochi passi dai Capitani, egli parlò: ''Il mio padrone, Sauron il Grande, vi porge il benvenuto.'' piegò le labbra in un sorriso, mentre alcuni lo fissarono con sdegno. Nessuno osò parlare. Legolas li guardò dalla testa ai piedi, e poi rise. ''Qualcuno tra di voi ha l'autorità di trattare con me, o che abbia anche il cervello per capirmi?'' domandò. ''Di sicuro tu.'' disse con tono sarcastico deridendo Aragorn.

Egli non rispose fissandolo negli occhi, trattenendolo con lo sguardo, e lottarono così per un momento. Poi il Principe volse lo sguardo verso il giovane Vanya. "Ripreso in fretta da quella piccola scaramuccia, Glorfindel? Valar, che brutto aspetto!" Lo derise, beffardo. Glorfindel lo guardò gelido. D'un tratto gli occhi dell'elfo caddero su Anduril. ''Ohh...'' esclamò, inclinando la testa di lato. ''Sai che per fare di te un Re non basta semplicemente un pezzo di vetro elfico come quella?''

''Non veniamo per trattare con Sauron,'' parlò Gandalf, riportando la sua attenzione su di lui. Legolas si voltò verso lo Stregone. ''Infedele e maledetto!'' egli concluse.
Un sospiro fuoriuscì dalle labbra dell'elfo. ''È quasi un peccato che tu sia qui, e non a vagare nell'Oscurità di Moria senza ritorno.'' disse, poi con uno schiocco di dita fece chiamò una delle guardie e questi si avvicinò con un fagotto avvolto in un panno nero. ''Mi è stato ordinato di mostrarvi... questi.'' disse sorridendo, e mostrò degli oggetti; la mithril di Frodo, la spada di Sam e un manto elfico.

In quel momento di silenzio il mondo pareva fosse immobile, e nei loro cuori era svanita anche l'ultima speranza. Pipino e Merry si lasciarono scappare un'esclamazione di sgomento. ''Frodo, no!''

''Silenzio!'' disse Gandalf severo, ma si potè percepire una nota di angoscia nella sua voce. ''Vi portate ancora dietro questi mocciosi?" esclamò Legolas, fissando crudelmente i due hobbit. Loro sembrarono rabbrividire dalla paura, e distolsero subito lo sguardo. L'elfo ghignò divertito. ''A che cosa vi servono queste creature inutili? Oh, ma certo; inviarli a Mordor! Questa sì che è una buona idea.'' esclamò allargando di più il suo sorriso sollevando la cotta di Mithril per guardarla meglio. La fece tintinnare prima di lanciarla in direzione di Aragorn che la afferrò al volo. La osservò a lungo, senza parlare. ''Perché... li hai portati qui?'' chiese poi, senza distogliere gli occhi dall'oggetto.

''Segni di cospirazione, Maestà.'' rispose Legolas. Afferrò la spada di Sam, ''Magari...'' cominciò a percorrere con le dita tutta la linea della lama, ''coloro che portavano questi oggetti non vi davano dispiacere... '' poi si fermò, e li guardò negli occhi. ''o forse sì?''
Nessuno gli rispose, ma egli vide gli occhi dei giovani hobbit riempirsi di lacrime, mentre gli altri lo guardavano con tristezza mista a rabbia. E rise di nuovo beandosi di quella scena. ''Vi erano cari i mezzuomini, nevvero? O molto di più la loro missione? Ebbene, sappiate che è fallita.'' si fermò osservandoli con una certa malizia negli occhi. Alcuni di loro abbassarono lo sguardo.

''E che devono sopportare una lunga agonia per mano di chi lo ha ospitato.'' aggiunse con un tono di falsa tristezza. ''Delle creature così piccole... che devono sopportare tanto dolore.'' cantilenò osservando lo Stregone, e rise notando i suoi occhi lucidi. Meriadoc lo guardò con infinita rabbia, Pipino era in lacrime, Aragorn aveva lo sguardo basso puntato sulla cotta, Glorfindel lo osservò con gli occhi colmi di tristezza e paura, mentre Gimli dietro di lui ringhiò di rabbia, lasciandosi scappare qualche insulto in nanesco. ''Quello è il loro destino, a meno che accettiate le condizioni del mio Signore. Non ho tutto il tempo, decidete!'' concluse Legolas, e attese.

''...Ti ascoltiamo.'' disse Aragorn con voce ferma, ma sembrava distrutto sino in fondo. Legolas incrociò il suo sguardo, e dopo essersi schiarito la voce parlò;

''Ritiratevi insieme ai vostri alleati, giurando di non assalire mai più Sauron con le armi, in segreto o apertamente. I territori dell'Anduin sino alle Montagne Nebbiose e alla Breccia di Rohan saranno sotto il Suo controllo. Isengard verrà ricostruita, dove risiederà il suo luogotenente, ovvero qualcuno più degno di fiducia. Vi invito a indovinare chi sarà.'' disse poi spocchioso, e tutti capirono che sarebbe divenuto lui il luogotenente, e sarebbe stato il loro tiranno che avrebbe dominato su tutto l'Occidente. Aragorn si accostò al luogotenente dell'Oscuro Signore, con Anduril stretta nella mano. ''Non ci credo!'' sibilò, fremente di rabbia, strappandogli di mano gli oggetti restanti. ''E mai ci crederò! Rigettiamo le tue condizioni, non vogliamo sprecare altre parole con te... e ora vattene.''

Legolas non rise più. Il suo viso si contorse dalla rabbia, rassomigliando a quello di un animale selvaggio che era appena stato colpito al muso. "Come volete."
Sussurrò qualcosa in elfico e galoppò verso il Cancello che si spalancò lentamente, mostrando un esercito immenso che si estendeva a perdita d'occhio per le pianure di Mordor. Un fremito di terrore percosse tutta la piccola armata. Il futuro Re tornò indietro, enunciando parole di incoraggiamento ai suoi uomini.

''...Figli di Gondor, di Rohan, fratelli miei. Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore.Ci sarà un giorno, in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l'ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest'oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere, Uomini dell'Ovest!'' levò la spada in alto con un grido che infuse coraggio e forza.

Rivolse lo sguardo verso i loro nemici, tutti schierati come un mare di nero tormento. Glorfindel sospirò profondamente stringendo l'elsa della spada nella mano. Al suo fianco vi era Gimli, che impugnava l'ascia. Sospirò prima di esclamare, ''Non avrei mai pensato di morire fianco a fianco ad un elfo.'' quella voce di solito sempre con una nota di umorismo, in quel momento era seria e profonda. Glorfindel si voltò verso di lui. ''Che ne dici di 'fianco a fianco... ad un amico'?'' replicò. Gimli lo guardò. 
''Suona meglio, non credi?'' disse Glorfindel. Il nano gli sorrise. ''Niente sembra abbatterti di spirito.'' disse. Gli occhi dell'elfo si focalizzarono sui nemici. ''Quell'esercito però si.'' rispose. Gimli poggiò una mano sul braccio dell'elfo, ed egli poggiò la propria sulla spalla del nano. "Se questo ti consola," parlò ancora Glorfindel, "sappi che la morte non è così terribile come pensi." disse. "Ne sembri così sicuro." rispose il nano. "Lo sono." ribattè l'altro con tono serio, prima di concentrarsi sull'esercito nemico.

Aragorn puntò il suo sguardo verso Legolas, che lo guardava con gli occhi brucianti di vendetta; un fuoco che nessuno sarebbe stato in grado di spegnere. Chinò la testa sospirando, promettendogli che l'avrebbe portato via da quell'inferno, che avrebbe fatto in modo di farlo tornare nel suo paradiso.
Per te, Legolas.

Legolas estrasse la spada, respirando a pieni polmoni. Sentì i suoi sensi prepararsi alla battaglia, stirandosi, vibrando, avviluppandosi strettamente al suo petto per poi esplodere tutt'intorno. ''Riempite l'aria col pianto degli Uomini e la terra col loro sangue.'' egli gridò levando in alto la spada, guidando la carica di orchi.

''Per Frodo!'' Aragorn si lanciò in avanti con un grido, guidando i suoi uomini contro la schiera nemica che si infranse contro la barriera di uomini. E fu battaglia.




Iniziarono a combattere; i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia stanche per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed appiccicosi per il sudore.

I mostri da uccidere erano davvero troppi, ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a combattere; il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a combattere contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo, sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente, udì alle proprie spalle un urlo, una voce che stava gridando il suo nome.

Prima che potesse completare il pensiero, Legolas si lanciò verso di lui. Aragorn parò il colpo ad un soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli avrebbe fatto del male. Doveva solo resistere, fino a quando l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe finito.

''Hai ucciso tanti nemici lungo la tua strada,'' ansimò l'elfo con voce roca. ''Adesso fai lo stesso con me!!'' Aragorn barcollò e Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla sua gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se non ti fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò. Scattò in avanti, menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la lama, mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la spada dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.

''Fallo, che cosa stai aspettando!? Guardami! Sono quello che ha ucciso Boromir, quello che sta portando rovina e morte. Non sono più tuo amico.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a schivare un affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero, sospese in un gioco di forze. ''Ti prego Mellon! Questa è una pazzia. Se sei ancora lì, ascoltami. Possiamo mettere fine a tutto questo, insieme!'' lo implorò Aragorn. ''Troppo tardi!" gli sputò l'elfo. ''E sai, andare in guerra con un esercito che non supera nemmeno la metà del mio... è proprio una pazzia!'' Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti piombarono su di loro.

Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento. Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare nel cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti, richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si tirò indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica sbocciò una linea rossa.

Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo sentì la furia che aumentava sempre di più, come una belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di lui. Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul suo viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì a disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli occhi, e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto. Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò finito con te, riserverò lo stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' poi fu ferito. Gridò di dolore, mentre i fiotti di sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una mano sulla ferita alla coscia.

Legolas poi lo colpì facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi, lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la dura pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.


''Aragorn!!'' Glorfindel gridò il suo nome, lasciando cadere la spada tra le mani scattò verso di lui, spingendo via a mani nude chiunque gli si parasse davanti. Ma i nemici erano troppi, e si ritrovò bloccato nella foga della battaglia. Allungò una mano verso di lui, come per raggiungerlo, ma non pote' fare altro che guardare impotente.


Legolas lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola, lucida di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a morto. Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri dalla sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di battermi?'' sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro. ''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici? Io ti odio!'' Aragorn deglutì, senza distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe scoperto in quel momento.

''È stato divertente, estremamente divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas sorridere mentre alzava il pugnale. Aragorn attese, impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a rigargli lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro continuò a tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...'' continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli occhi, e si preparò al peggio.
Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua espressione, da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso svanì, la mano con cui stringeva il pugnale iniziò a tremare, e i suoi occhi brillarono di una strana luce.

Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi perché quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso. Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento? Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando l'Anello? Il tempo pareva essersi fermato.
Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e lo rivide; Legolas, il suo amico, era ancora lì. La speranza in Aragorn sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui! 

Ma improvvisamente, quando Aragorn stava per gridare il suo nome con tutta la gioia di cui era capace, la luce nei suoi occhi svanì, come velata da un manto nero, le sue labbra si piegarono di nuovo in quel ghigno agghiacciante, crudele. L'uomo sgranò gli occhi sentendo altre due lacrime rigargli le guance. E fu colto alla sprovvista quando Legolas gli strinse improvvisamente la gola, affondando le unghie nella sua carne, impedendogli di respirare regolarmente. "Non farti strani pensieri Aragorn," disse lui freddamente. "Ho permesso al tuo Principe di guardarti negli occhi," e sorrise ancora, in un modo quasi grottesco. "Un ultima volta." Poi dischiuse le labbra in un agghiacciante sibilo. ''Namarie, Elessar.''

La carne cominciò a lacerarsi, pressata da quella lama elfica. Il dolore fisico era asfissiante, buttò la testa all'indietro gridando di dolore sentendo la lama affondare di più nel suo petto. Un peso immaginario si posò sul suo corpo inerme, e si sentì trascinare. Non c'era più dolore, non c'era guerra, e non c'era rumore.

Improvvisamente, la voce di Gandalf arrivò alle sue orecchie; ''Le aquile! Arrivano le aquile!'' gridò con voce chiara.

Aragorn riuscì a sollevare le palpebre quanto bastava per riuscire a scorgere il Re dei Venti, Gwaihir, lanciarsi contro uno dei Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E poi accadde; la torre di Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa. L'esercito di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il Monte Fato. Legolas si rimise in piedi lentamente, e mentre gli orchi si diedero alla fuga lui rimase immobile, a osservare la Torre crollare come un castello di carte, e l'Occhio spegnersi lentamente. L'Anello era stato distrutto. Frodo aveva portato a termine il suo incarico.

Eppure questo non sembrò turbarlo più di tanto. E cominciò a ridere, ridere talmente forte da farsi mancare il fiato. Poi si voltò lentamente verso Aragorn e cominciò a ridere ancora più forte alla vista del corpo inerme che aveva dinnanzi, per fargli capire che era contento di ciò che aveva fatto, che era contento di vederlo morire prima che tutto finisse. Si strinse la tempia con entrambe le mani piegandosi in avanti quando sentì un forte boato nella sua testa. E si rese conto che era arrivata anche la sua ora. Alzò il capo al cielo, e lanciò un urlo disumano, che si disperse nell'aria, accompagnato da quello di Sauron. E come la Torre cadde definitivamente a terra, le gambe dell'elfo cedettero ed egli si afflosciò a terra, privo di forze.

Fu l'ultima cosa che Aragorn vide, prima di chiudere gli occhi. La morte, tanto temuta, lo stava raggiungendo.



...



Legolas aprì gli occhi. Le palpebre erano stranamente pesanti, e si costrinse di nuovo a chiuderle per via delle luce del sole. Gli doleva tutto, gli scoppiava la testa, e le orecchie fischiavano. Tentò nuovamente di aprire gli occhi, questa volta lentamente abituandosi man mano alla luce. Cercò di alzarsi, ma una forte sensazione di vertigine lo costrinse ad abbandonare il capo sul suolo.

Ogni arto del corpo gli doleva, le gambe stranamente pesanti come due grossi macigni di pietra, e quasi non si sentiva più le braccia. Aspettò che la sensazione di vertigine svanisse, poi con un enorme sforzo si puntellò coi gomiti, sollevando il busto. Ispirò profondamente, con fatica; gli sembrò di avere un peso attaccato al petto. Alzò piano il capo, la vista sfocata. Sbattè più volte le iridi azzurre, e una volta inquadrato il campo visivo davanti a lui, i suoi occhi sgranarono dall'orrore.

Davanti a lui vi era una distesa di uomini morti, uccisi brutalmente, le loro armi abbandonate al suolo, e il loro sangue macchiava la landa desolata. A quella vista l'elfo sentì quasi i conati di vomito salirgli lungo la gola. Si portò una mano al viso, e la sentì sporca. Quando la guardò la vide sporca di terreno e sangue, e dei calli si erano formati sulle dita. Perché si trovava lì? Tentò di ripercorrere gli ultimi istanti prima di perdere i sensi; stava combattendo uccidendo chiunque gli si trovasse davanti, senza nessuna pietà.
Si era scontrato con Aragorn, e infine...

Il suo corpo si irrigidì. Una profonda ondata di terrore pervase le sue membra dure come la pietra viva. Scosse il capo, tremante. No, non poteva essere successo. Una parte di sè si stava psicologicamente preparando al peggio, ma era deciso a non cedere, a sperare. ''Estel...?'' esclamò. La sua voce si perse nel vento. Lentamente si voltò, e i suoi occhi si velarono di un sottile strato acquoso, prima di strozzare un gemito di terrore.

Lo vide; figura alta, slanciata. Capelli scuri, lunghi fino alle spalle. Una veste nera, lacerata e sporca, con lo stemma dell'albero di Gondor, gli fasciava il corpo. Anduril giaceva lontano dal suo padrone. Gli si bloccò il fiato; Aragorn era lì, fermo. Tetramente fermo. Il sangue denso e scuro che gli imbrattava il petto. I suoi occhi erano chiusi.
Si paralizzò. Tutto il mondo attorno a lui si spense. C'erano solo lui, e quella dannata tempesta interiore; tristezza, paura, angoscia, malinconia. Era intrappolato in questa devastante tenaglia, e non aveva la forza di uscirne. Alcune lacrime di disperazione gli rigarono il viso tetro dalla paura.

''No, Aragorn no... Ti prego... NO!'' le sue gambe si mossero da sole, e con le poche forze che aveva si trascinò verso il suo corpo. Era terribilmente pallido. Schiaffeggiò ripetutamente il suo viso. ''No, no, no, Aragorn!'' Lacrime amare rigavano il suo volto angosciato, mentre le sue labbra si schiudevano nervose, sussurrando ripetutamente il suo nome. Vide le sue palpebre tremare, e aprirsi di poco. ''Guardami, guardami Aragorn, sono qui! Non te ne andare, resta con me!'' Un debolissimo gemito uscì dalla sua bocca. Legolas gli accarezzò il viso dolcemente, mentre lui lo guardava perdendosi nel blu mare dei suoi occhi, tornati com'erano una volta. Un debole sorriso piegò le sue labbra; era lì. Lui era lì. E si rese conto che tutto ciò che aveva fatto non era stato una perdita di tempo, perché Legolas era finalmente lì.

''Ben tornato...'' riuscì a dire, prima di sputare sangue. E Legolas gli sorrise, tra le lacrime, accarezzandogli il viso. Con le poche forze che aveva, Aragorn alzò una mano e con le dita gli sfiorò una guancia, asciugando le sue lacrime. ''Alla fine, tutto questo... è valsa la pena." riuscì a dire prima di essere interrotto da un colpo di tosse. Fece dei sospiri prima di continuare a parlare. "Perchè adesso sei veramente qui." Il Principe si morse con forza il labbro inferiore, percepì il sapore delle sue stesse lacrime. "Mi dispiace Estel," singhiozzò. "Non sarei dovuto venire con voi. Niente di tutto questo sarebbe accaduto!"

"No..." lo interruppe l'altro con flebile voce. "Non è colpa tua."
"Come puoi dirlo!? Per colpa mia stai... morendo-" l'ultima parola gli uscì a stento a causa dei singhiozzi che avevano ricominciato a scuotergli il corpo. "Ti prego, non andartene!" gridò stringendoselo al petto. "Non lasciarmi, non ora che è tutto finito, non ora che mi rendo conto di tutti gli sbagli che ho fatto! Ti prego, non lasciarmi solo... ti prego!"

Il Re di Gondor mosse debolmente una mano verso di lui, poggiandola sul suo petto in direzione del cuore. "Non sei mai solo..." poi quella mano cadde priva di forze sul terreno, e i suoi occhi si chiusero, per sempre.


Legolas sentì una sensazione lacerante al petto, un dolore straziante e soffocante. E pianse, pianse come non aveva mai fatto nella sua lunga vita. Sentì delle gocce d'acqua ghiacciata calare sul suo corpo, alzò lo sguardo; pioveva. Oh, anche i Valar piangevano per la scomparsa del Re. Lo strinse a se, nel vago tentativo di trasmettergli calore. Le sue lacrime salate bagnarono i suoi capelli, le dita dell'elfo affondarono in questi attraendo il suo corpo spento ancora più a sè. ''Estel, ti prego, svegliati...'' continuò a dire, in modo frenetico. Nulla.

Un'ondata di disgusto pervase il suo corpo singhiozzante. Cominciò a tremare, a rendersi conto che lui se n'era andato. Aragorn era morto, e la colpa era soltanto sua. I suoi singhiozzi si dispersero dall'aria, mentre si dondolava in avanti e indietro, gridando in preda alla totale disperazione, come per alleviare il proprio dolore, ma invano. I suoi urli erano talmente forti da sovrastare lo scrosciare dell'acqua, e chiunque ebbe l'impressione che prima o poi gli si sarebbero spezzate le corde vocali.

Poggiò la fronte contro la quella di Aragorn, e iniziò a recitare delle preghiere in elfico con tutta la forza che aveva in corpo, scongiurando che la morte se ne andasse, che prendesse la sua di anima e non quella di Aragorn. ''Sarà il mio tempo a finire, non il tuo.'' singhiozzò prima di lasciarlo andare.
Fissò ancora il suo corpo, steso, privo di vita sul freddo e bagnato terreno, mentre la pioggia continuava a cadere. Poco lontano giaceva il suo pugnale, complice della sua morte.

Lo prese, con mano tremante, e lo strinse forte osservandone la punta tagliante, e chiudendo gli occhi puntò la lama contro il petto. "Legolas!!" Udì qualcuno chiamarlo; era Glorfindel, che lo guardava con il terrore negli occhi, pregandolo con lo sguardo di non fare ciò che stava per fare. ''Legolas... non farlo! Abbassa quel pugnale...'' disse allarmato, avanzando cauto. L'altro lo fissò disperato, con la punta della lama pericolosamente vicina al cuore. Un colpo, non bastava altro.

Senza esitazione colpì il petto con il pugnale, e le sue labbra si ricoprirono subito di sangue. Si lasciò cadere a terra portandosi le mani al petto, premendo sulla ferita. Glorfindel scattò immediatamente verso di lui prendendolo tra le braccia, mentre Gandalf e alcuni uomini si preoccuparono di Aragorn. ''Legolas! Legolas, guardami!'' Glorfindel poggiò una mano sulla nuca del Principe, facendogli voltare il viso verso di lui.

''Mi dispiace,'' gemette Legolas, il corpo scosso da forti brividi, e gelido a causa della pioggia. ''Mi dispiace, mi dispiace...'' sussurrò ancora, in modo frenetico, con le lacrime agli occhi. L'altro gli posò una mano sul viso. ''Va tutto bene, Legolas. Va tutto bene.'' disse dolcemente. "Mi dispiace... mi dispiace per-" il principe tossì e un rivolo di sangue gli colò dalla bocca. "Boromir, Haldir... ed Estel. Io... io non volevo!"

"Lo so, lo so Legolas." sussurrò Glorfindel. "Non mi odiare... 'Finn, non mi odiare." gemette ancora il Principe, e il Vanya ebbe un tuffo al cuore. Lo strinse delicatamente a se. Un braccio gli cingeva le spalle, l'altra mano che gli accarezzava i capelli, mentre gli sussurrava parole confortanti nella sua lingua. Sapeva che stava morendo, ma voleva che il suo spirito non fosse tormentato dai sensi di colpa. Lo sentì calmarsi un poco tra le proprie braccia.

''Perché l'hai fatto?'' sussurrò il Vanya, incrociando il suo sguardo. Legolas, semplicemente, gli sorrise. Non ebbe paura della morte. Perché era proprio tra le sue ombre fitte e scure, che avrebbe ritrovato la pace. ''L'ho fatto per lui...'' riuscì a dire, con la voce ridotta a un soffio. ''L'ho fatto... per... lui...'' ripete', mentre le palpebre divennero pesanti, e si abbassarono lentamente fino a coprire il blu mare dei suoi occhi.
Poi vide finalmente la luce...



''Legolas?'' lo chiamò il Vanya, ma non ottenne nessuna risposta. ''Legolas!?'' ripetè, e lo scosse leggermente, ma non si mosse. Poggiò il proprio orecchio sul petto del Principe, ma il suo cuore che per più di duemila anni aveva battuto, ora era fermo. Glorfindel sentì come un freddo intenso avvolgerlo, e lentamente sollevò il viso incontrando quello del Principe. La sua espressione era così rilassata, e tranquilla. A cosa stava pensando, prima di morire? Quel sorriso era così beffardo, così in contrasto con l'intera situazione. Non c'era nulla per cui sorridere! Come la vita del Principe si spensi, la pioggia cessò improvvisamente lasciando spazio a delle raffiche di vento.

Il bell'elfo alzò gli occhi velati da un leggero strato di lacrime, e vide le nuvole correre velocemente nel cielo. Il vento era più impetuoso del solito...

Spalancò gli occhi stringendo ancora tra le braccia il corpo privo di vita di Legolas, mentre il vento gli asciugava il viso e i capelli bagnati a causa della pioggia di prima. Quelle raffiche non erano normali.

Il Vanya capì che qualcosa stava accadendo nelle Dimore dei Potenti, percepiva una forte e chiara voce nell'aria. Infine comprese; era già successo, l'aveva provato lui stesso, dopo lo scontro con il Balrog di Fuoco. I suoi pensieri vennero interrotti quando vide Gandalf inginocchiarsi davanti a lui, esaminando il corpo del Principe. ''Sta accadendo...'' sussurrò Glorfindel, attirando l'attenzione dello Stregone. ''La stessa cosa che è successa a me e Echtelion. Entrambi sono caduti, insieme, ma... chi? Chi dei due tornerà?''
Gandalf poggiò delicatamente una mano sulla fronte del Principe. ''Possiamo solo attendere.'' disse infine, pacato.

Glorfindel non si era sbagliato; i Valar avevano convocato un concillio per decidere su qualcosa che avrebbe cambiato le sorti di un uomo e di un elfo. Di due compagni, caduti insieme. E solo ad uno sarebbe stato concesso il ritorno...







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Capitolo 14
*** XVI (Ending) ***


Under a Dark Spell 15
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XIV
N a m a r i e








'' Questi ricordi li tratterrò,
Con la tua benedizione andrò,
Per giungere finalmente ai sentieri che portano a casa.
Anche se non so dove la strada mi porti. Non so dirlo.

Abbiamo fatto tutta questa strada,
Ma ora è arrivato il giorno di dirti addio.

Ti saluto dal più profondo del cuore ''








...







    Una voce calda e morbida lo chiamò a se. Una melodia elfica, dolce, confortante, che l'avvolse in un piacevole tepore. Quell'incanto lo stava salvando dall'oblio, e si sentì trascinare da quel dolce canto. Una luce abbagliante e forte colpì i suoi occhi addormentati. Li aprì lentamente, rivelando il loro azzurro intenso. Un bianco accecante colpì il suo sguardo stanco, poi quella luce diminuì di più, sempre di più, fino a quando non vide sopra di sè un soffitto bianco.
Era forse in una sorta di universo parallelo, riservato alle anime sole?

Dischiuse le labbra in un sospiro e sbattè le palpebre. Si guardò ancora intorno, e vide che era in un immenso salone, vuoto, fatta eccezione per alcune colonne bianche ed un grande specchio argentato su una parete. Si mise seduto, o almeno, gli sembrò di farlo; non sentiva nulla, nè il proprio corpo, nè il proprio respiro, nemmeno il battito del suo cuore. Un pensiero gli balenò nella mente, un pensiero che nessun'uomo dovrebbe mai farsi; sono davvero morto?
Focalizzò lo sguardo sulla superficie dello specchio, ma non c'era nessun riflesso su di esso. Poi iniziò a vedere qualcosa; dei contorni pallidi e indefiniti ma che presto si trasformarono nella propria immagine; non portava stivali, solo candidi abiti che lo facevano sembrare irreale. 

Sullo specchio, come prima, vide formarsi un'altra immagine alle sue spalle.
Era forse un angelo quello che era in piedi dietro di lui, con una lunga cascata di capelli biondi, e dalla pelle chiara? Aragorn lo guardò, con occhi quasi sognanti, e l'immagine si fece più chiara; due pezzi di cielo erano incastonati nei suoi occhi. Una lunga veste bianca ricopriva il suo corpo, e una sottile corona di Mithirl vi era sul suo capo.

Aragorn ispirò lentamente. ''Legolas?'' bisbigliò sfiorando la superficie dello specchio. ''Non è possibile, deve essere un sogno...'' sussurrò ancora con voce appena udibile, fissando come ipnotizzato la sua immagine. Legolas rise. Il suono della sua risata era soave, un qualcosa di puro che riusciva a scogliere il cuore. L'uomo spalancò gli occhi quando lo sentì ridere, e lentamente si voltò.

E lo vide, ora inginocchiato davanti a sè, luminoso e splendido come avvolto da un'aura di luce.

L'uomo puntò lo sguardo sull'elfo, e non provò nessuna emozione definibile. Sentì solo che era giusto così, che tutto quello che era successo non era privo di senso, se Legolas era di nuovo lì nulla contava più. Nè Sauron, nè l'Anello, nè tutto quello che era appena accaduto, perchè Legolas era lì.



''Legolas.''


L'elfo sorrise, non riuscì a definire quello che provò in quel momento; forse gioia, commozione, e ringraziò dentro di sè i Valar di avergli concesso questo loro, ed ultimo momento insieme. ''Ehi, Estel.'' sussurrò l'elfo. Aragorn lo guardò, sentendo i propri occhi riempirsi di lacrime.
Legolas mosse appena le palpebre, come se anche lui dovesse scacciare le lacrime. ''Mi sei mancato.'' disse.

Aragorn si guardò la mano, e lentamente la mosse in direzione di Legolas. Egli sembrò voler arretrare. ''No Aragorn...'' sussurrò, tristemente.
''Non puoi toccarmi qui... Non puoi-'' s'interruppe, e qualcosa si contrasse dolorosamente dentro di lui quando egli riuscì a toccargli la spalla.

I due si guardarono negli occhi, muti. ''Aragorn...!'' sospirò Legolas, alzando una mano poggiandola su quella dell'uomo.
''Legolas...!'' l'uomo ripete' il suo nome, e strinse forte la sua mano.

Entrambi rimasero immobili, e poi, di scatto, Aragorn si buttò tra le braccia dell'elfo, aggrappandosi alle sue spalle con la stessa disperazione di un naufrago.
''Mi dispiace, mi dispiace.'' singhiozzò l'elfo, affondando il viso sul suo collo. ''Perdonami, perdonami. Non volevo che accadesse questo.''  l'uomo sentì le sue lacrime bagnare la sua pelle, lo strinse più forte e senza rendersene conto iniziò a piangere anche lui.

''Lo so, lo so, Legolas. Ma non è stata colpa tua.'' rispose Aragorn, accarezzandogli la schiena. ''Ma Estel, ho fatto del male, ho portato morte e distruzione...'' sussurrò ancora Legolas. Si allontanò improvvisamente, quanto bastava per guardarlo in viso. Aragorn incrociò il suo sguardo lacrimoso. ''E' stata colpa mia, tutta colpa mia.'' singhiozzò l'elfo. ''Ti prego, Estel, perdonami...''

''Ehi, Legolas guardami.'' sussurrò l'uomo accarezzandogli gli zigomi coi pollici. ''ù-moe edaved, Legolas.'' (Non c'è nulla da perdonare) disse asciugandogli le lacrime. ''Non è mai stata colpa tua.'' Gli sorrise dolcemente, e con grande sollievo vide l'altro fare lo stesso. Poi Legolas si levò in piedi e tendendo una mano verso l'uomo lo aiutò ad alzarsi. Si guardarono ancora negli occhi. ''Dove siamo?'' chiese Aragorn guardandosi attorno.

Sulle labbra di Legolas si disegnò un sorriso triste. ''Siamo nella aule di Mandos,'' spiegò. ''Adesso, gli spiriti degli Uomini e degli elfi potranno perdurare insieme nelle stesse Aule, in onore dell'Alleanza che li ha uniti da sempre; così hanno deciso i Valar, nella loro saggezza.''

''Però tu... Legolas tu...'' susssurrò Aragorn. ''Tu... non dovresti essere qui. Tu non sei morto.''
Legolas non disse nulla. ''Sei solo un illusione?'' parlò ancora l'uomo.

''No Aragorn,'' rispose l'elfo. ''Tu sei morto, e io anche. Ma solo tu hai la possibilità di fare ritorno.
Ho pregato ai Valar affinchè loro potessero strapparti via dalla morte, perché tu avevi ancora tanto da dare... mentre io... non avrei fatto altro che annegare nel tormento. Loro, vedendo togliermi la vita con la speranza di salvare la tua, hanno ascoltando la mia richiesta, e nonostante tutte le cose orribili che ho fatto... mi hanno perdonato. Il mio sacrificio ti ha donato nuovamente la vita. I Potenti ti permetteranno di vivere ancora, in onore delle tue gesta, fino alla fine del tuo tempo.''

Aragorn lo guardò sconvolto. ''Che cosa? Che cosa hai fatto?'' sussurrò, incredulo. L'elfo semplicemente gli sorrise, prendendogli una mano.
''L'ho fatto per te.'' disse semplicemente. Aragorn continuò ad agitare il capo, le lacrime che ricominciarono a pungergli gli occhi. ''Tu meritavi la vita, Aragorn. La Terra di Mezzo ha bisogno di te, della tua guida; la stirpe dei Re deve continuare.'' parlò ancora Legolas.

''Volevo solamente rimediare ai miei errori, volevo che tu fossi vivo.'' una lacrima solitaria gli rigò lentamente una guancia. Aragorn non si accorse nemmeno di aver ricominciato a piangere. ''Tu eri vivo, Legolas. Nonostante l'Anello fosse stato distrutto, eri vivo! Perché l'hai fatto?''

''Perché sei mio amico, e ti voglio bene.'' rispose il Principe, lo sguardo carico di tenerezza.
''Per me non ci sarebbe stato nessun conforto per alleviare il dolore della tua scomparsa. Sarei stato trascinato nell'oscurità e nel dubbio. Quella sarebbe stata la mia dimora, e avrei consumato i miei lunghi anni nel mio dolore nascosto da tutto e da tutti. Ma non poteva finire così, non in quel modo, perché era quello che Lui voleva. E lì, davanti al Morannon oramai distrutto, con il tuo corpo privo di vita tra le mie braccia, ho tentato il tutto per tutto. Ti prego, non tormentarti per me, io non valgo nulla.''

Aragorn avvolse la sua mano con le proprie. ''Invece vali molto. '' disse. ''Sei un fratello, e un amico. Tutto ciò che è successo ci ha allontanati per molto tempo, ma non dubitare mai dell'affetto che provo per te.'' Legolas semplicemente rise, una risata sforzata.

''Io... non posso farcela senza di te, Legolas.''
''Puoi invece.'' ribattè l'altro, con decisione. ''Non sei solo. Hai Arwen, l'affetto del tuo popolo e dei tuoi cari, e avrai l'amore del tuo futuro figlio. Tu hai la forza per andare avanti!'' intrecciò le proprie mani sul cuore di Aragorn. ''Io ci sarò... sempre.'' L'uomo non aveva la forza per parlare. 

''Ma che senso avrà avuto tutto questo... se mi lascerai?'' sussurrò poi. ''Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per te, per salvare la tua vita! Ma ho fallito.''
''No,'' replicò Legolas dolcemente, ma deciso. ''Non darti colpe, perché finalmente la sento, Estel...''

''Che cosa?''
''La Pace, mi sento in pace con me stesso.'' esclamò Legolas, quasi con gioia.
''Tu mi hai salvato e io voglio ricambiare. Se era destino che dovessi morire, bene, allora che le Aule di Mandos accolgano il mio spirito!''
Aragorn, continuando a stringere la mano dell'elfo, la portò vicino al viso e le sue lacrime andarono a bagnare la candida pelle di Legolas. ''Ti prego,'' implorò l'uomo. ''Non lasciarmi, Legolas. Non posso sopportarlo.''

''Io non ti lascerò mai, Estel.'' ribattè Legolas con dolcezza. Delicatamente prese la mano dell'uomo portandola al proprio petto, in direzione del cuore. Poi fece la stessa cosa con la propria mano, poggiandola però sul petto dell'uomo. ''Sono sempre qui.'' sussurrò. ''A occupare una piccolissima parte del tuo cuore.''
''Credimi,'' fece Aragorn. ''Non è poi così piccola.''

E allora Legolas sorrise, sorrise come non faceva da tempo.
Un sorriso dolce accompagnato da una risata pura e innocente.

Una luce bianca e pura sembrò avvolgere il corpo di Aragorn. E Legolas si girò, dandogli le spalle. ''Devi andare.'' sussurrò.
Ma si sentì afferrare per un braccio, e si ritrovò nuovamente tra le braccia di Aragorn, che lo strinse forte a se'.
Legolas ricambiò l'abbraccio, e rimasero uniti ancora per qualche istante, un ultima volta.
''Hannon le.'' disse Aragorn.
Tante erano le parole che avrebbe voluto pronunciare, ma sentì che quel grazie sincero era abbastanza.


Poi si staccarono lentamente, Aragorn continuava però a stringergli la mano.
''Promettimi che quando tuo figlio sarà grande, gli insegnerai ad usare l'arco per me. Promettimi che dirai a mio padre che l'ho voluto bene.''
disse Legolas., e s
i allontanò. Aragorn tenne ancora la sua mano, ma poi la distanza lo costrinse ad allentare la presa.

''E prometti, prometti che andrai avanti!''
Aragorn rimase immobile, lentamente la luce acquistò maggiore intensità fino a diventare quasi accecante ma non chiuse gli occhi.
La voce di Legolas divenne via via più lontana, indistinta, poi quella luce lo pervase e la sentì entrare dentro di sè, e portarlo via, lontano...
E Legolas lo vide sparire nella luce.


''Namarie, mellon nin.''







...








Il sole della sera illuminava dolcemente una tranquilla camera della Casa di Guarigione a Gondor. Aragorn si svegliò di soprassalto, sbarrando gli occhi, il cuore che dava l'impressione di voler uscire dal suo petto. Si accorse di essere disteso sopra un soffice letto, e di trovarsi in una stanza dalle proporzioni enormi; le colonne di marmo sfilavano come soldati lungo le pareti; il cielo notturno si apriva in una voragine azzurra aldilà di bianchi archi.

La luce della luna scorreva dentro la sala, riflettendosi nel pavimento lucidato, un catino d'acqua chiara stava in un angolo. Una smorfia di dolore si dipinse sulle sue labbra, scosso da un dolore al petto. Si accorse solo in quel momento essere a petto nudo, e delle bende bianche gli fasciavano la ferita. Le sfiorò con le dita, e capì che dovevano essere state cambiate da poco. Lentamente si mise seduto, e notò una piccola figura accanto a lui; bassa di statura aveva la testa riccioluta poggiata sul materasso, e Aragorn udì il suo lieve russare.

Avvicinò una mano alla sua spalla, e lo scosse dolcemente. ''Pipino?'' come disse il suo nome, il giovane hobbit alzò il capo, svegliandosi di botto. Aprì la bocca da cui uscì un gran sbadiglio. ''Ah, quanto tempo devo aver dormito!'' si disse, strofinandosi gli occhi, e nel momento in cui si accorse che Aragorn era sveglio, spalancò occhi e bocca. Non gli diede il tempo di dire qualcosa che si alzò immediatamente correndo fuori dalla stanza con aria gioiosa. Aragorn lo sentì gridare; ''E' sveglio! Aragorn è sveglio!''

Dopo pochi istanti, i restanti membri della compagnia entrarono nella stanza; Gandalf apparve innanzi a lui, vestito di bianco, Glorfindel accompagnato da Gimli, e i quattro giovani hobbit si avvicinarono subito a lui. Pipino balzò sul letto e si strinse forte a lui, piangendo e ridendo allo stesso tempo. Merry tentò inutilmente di staccarlo da Aragorn. E Sam e Frodo, affianco come sempre, si limitarono a sedersi sul bordo del letto. Aragorn strinse a se i giovani hobbit, passando una mano fra i loro capelli riccioluti. Gandalf lo osservò sorridente, Gimli piangeva di gioia e Glorfindel cercava di consolarlo.

''Come ti senti, Signor Grampasso?'' chiese Sam sorridente. L'uomo rimase un attimo silenzioso. ''Non ci credo, state tutti bene...'' riuscì a dire dalla gioia. Li osservò uno per uno; erano tutti vivi, eppure aveva la sensazione che mancasse qualcosa. O meglio, qualcuno. Gli hobbit capirono che qualcosa non andava. ''Aragorn, va tutto bene?'' chiese Frodo, vedendo il suo sguardo perdersi in un punto non preciso della stanza. Aragorn sussultò e guardò lo Stregone. Le parole gli uscirono lente; ''Dov'è Legolas?'' chiese.

Gli hobbit abbassarono lo sguardo; Gimli sentì i propri occhi riempirsi nuovamente di lacrime; Gandalf sembrò esitare. Nessuno parlò. Aragorn li guardò ancora, aspettando una qualsiasi risposta. Ma temeva il peggio. L'unico che non abbassò lo sguardo fu Glorfindel.
Egli fece un profondo sospiro e, con la voce soffocata dall'angoscia, disse; ''Mi dispiace, Aragorn.''




...








A ogni passo che fa il Sovrano di Bosco Atro si avvicina sempre di più alla consapevolezza di ciò che già sa, ogni passo lo porta verso l'orrida realtà, e ogni passo è un dolore che non lo lascerà guardare oltre. Il vento gli accarezza le pelle mentre avanza tra i giardini reali di Minas Tirith, un unico pensiero lo fa sentire in colpa, un unico pensiero gli sporca la coscienza. Continua sui suoi passi mentre il tramonto infuoca la cittadella bianca e ciò per cui Thranduil è venuto, lasciando il suo Regno.

Rimane lì, immobile, a contemplare la pietra tombale che recitava il nome di suo figlio.
Dei piccoli fiori bianchi e dorati erano stati adagiati sopra la sua tomba, insieme al suo arco, simbolo della sua forza.
Come legge il suo nome sente formarsi un nodo alla gola e un gonfiore agli occhi.
Questo vento, a lui così gelido lo costringe a stringersi il busto con le braccia e cadere in ginocchio.

Riesce a raccogliere del coraggio, quanto basta per allungare una mano e toccare la lapide; un brivido gli percorre il corpo. Quella pietra era così fredda...
Sfrega il palmo contro quella lapide, come se volesse accarezzarla. Era ruvida, le parti scheggiante tagliavano, ma Thranduil non se ne curava.
Voleva accarezzarlo. Voleva accarezzare i capelli biondi di suo figlio almeno un'ultima volta, ma si doveva accontentare della gelida pietra.

La morte di Legolas è un suo personale fallimento. Non come Re, ma come padre.

Si stringe di più nelle braccia e chiede perdono, perdono per non essere stato il padre che Legolas avrebbe sempre voluto.
Il dolore sembra lacerargli il petto, e il Re mostra le sue lacrime, quelle lacrime che aveva tenuto nascosto per molto tempo.
La disperazione apre la pelle del suo volto, mostrando l'orrida cicatrice che lo sfigura.

Non c'è nessuna magia che possa cancellare questo dolore.

E adesso non era più il gelido Sovrano di Bosco Atro.
Era Thranduil, che piangeva davanti alla tomba del proprio figlio.

Sente dei passi avvicinarsi, e i suoi singhiozzi cessano mentre il vento gli asciuga le lacrime che restano sulla sua pelle.
Re Elessar si inginocchia accanto a lui, e sembra cercare il suo sguardo. ''E' colpa mia...'' dice semplicemente Thranduil, osservando la fredda lapide.
''Sono io che lo mandato a quella missione. L'ho mandato io alla morte.''
L'uomo, di slancio ma con delicatezza, lo abbraccia, stringendo l'antico elfo a sè. E lui si lascia andare tra le sue braccia.

''Thranduil,'' l'uomo sussurra il suo nome con dolcezza. ''Non è colpa tua.''
L'elfo ricomincia a piangere, singhiozzare, aggrappandosi alle spalle del Re degli Uomini. Quest'ultimo lo stringe a se, quasi cullandolo.
''Io ti devo ringraziare, Sire,'' dice Aragorn sforzandosi di sorridere. La sua voce tremava.
''Per che cosa?''
''per aver permesso che le nostre strade si incontrassero.''

I due Re si lasciano andare a un pianto libero, davanti a quella fredda lapide.
Su di essa vi erano incise, nella lingua Sindarin, le seguenti frasi;








L E G O L A S   V E R D E F O G L I A,
F I G L I O   D I   T H R A N D U I L

C O L U I   C H E   E'   S T A T O   U N   P R I N C I P E,
U N   G U E R R I E R O,
U N   E L F O   V A L O R O S O,
U N   A M I C O,


Q U I   D O R M E   A V V O L T O   N E L   S U O   S O N N O   D I   P A C E










Così, trapassa Legolas Verdefoglia, distrutto dal male e dall'oscurità di Sauron.
E tutti lo ricordano così, negli anni a venire.
...
Ma Aragorn lo ricorda come colui che morì solamente per amicizia.
















-angolino autrice.
Ebbene... siamo giunti alla fine.
Questo è un capitolo a cui ci tengo particolarmente. Perché è dedicato a loro due, Aragorn e Legolas, i miei personaggi preferiti in assoluto della Terra di Mezzo. Forse leggendo avete notato dei leggerissimi accenni di Aralas (non proprio leggerissimi ma meh credo di essermi presa fin troppa libertà per quest'ultimo capitolo!)

L'ho modificato talmente tante volte che ne sono usciti due di finali; un Good Ending dove tutti sarebbero sopravvissuti, compreso Legolas. E poi... questo che avete appena letto.

Non so se definirlo un Bad ending, alla fine è un finale abbastanza semplice; si è salvato chi si doveva salvare, ed è morto chi doveva morire. Aragorn riporterà la pace nella Terra di Mezzo mentre Legolas ci dice bye bye.

Sapete, ancora non ci credo di averla scritta! Ero davvero restìì a pubblicarla e tenermela invece come progetto personale, perché non ne vedevo nessun potenziale -soprattutto dal fatto che è nata da una oneshot scritta completamente di getto- ma alla fine l'ho fatto, volevo proporre qualcosa di innovativo, per quanto lo può essere.

Io spero vivamente che l'idea sia stata apprezzata da voi, e che abbiate trovato la storia piacevole da leggere. Non sarà la più bella che abbiate mai letto, ma spero sia stata un qualcosa che vi abbia appassionato fin dal primo capitolo. E se siete arrivati fin qui... direi che sono riuscita a creare qualcosa di buono. 

Io ringrazio in particolare coloro che hanno recensito la storia, ovvero...
evelyn80
(grazie per la fiducia che hai avuto per questa fic :'')
Kishin Shruikan
(grazie per le recensioni che mi hanno fatto scompisciar dal ridere),
Thranduil_Oropherion
(grazie mille, my dear),
e... anche dragonwolf (ok, ne hai lasciata solo una XD ma ti ringrazio lo stesso!)

Ringrazio anche quelle poche persone che l'hanno aggiunta tra le seguite, o anche tra i preferiti.

Ma se permettete, vorrei chiedere una recensione anche da parte di color che si sono limitati a leggerla, senza però esprimere la loro opinione -dai, dai, lo so che siete lì ;) ammesso che ci siano altri, e non i soliti che ho appena citato, che hanno seguito la storia-

Nel caso dovessero esserci, ve lo chiedo col cuore in mano; almeno per questo ultimo capitolo, fateme' sta' pietà. E non chiederò altro. Perché senza di voi non sarei mai andata avanti. Ultima cosa, poi ho finito, giuro; le parole a inizio capitolo sono tratte dalla canzone The Last Goodbye, del nostro amato Billy Boyd, conosciuto da tutti come Peregrino Tuc!


Hannon le,
... e vissero tutti felici e contenti, dopo tutto.

Un abbraccio,
GirlMoon :)





...
ah, NON ho finito; per questo capitolo mi aspetto recensioni che superino le 15 righe ;)
Quindi... dite tutto quello che volete dire. Le voglio belle lunghe ;))

Chiedo forse troppo? ;D

















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Capitolo 15
*** XVI (Good Ending) ***


under a dark spell (alternative ending)


Avevo detto che la storia era finita.
Be', si, effettivamente è così, ma come ho detto all'ultimo capitolo c'era anche un Good Ending, che ho deciso di postare per collegarlo alla storia.
Dato che questo capitolo è identico al capitolo finale, ho voluto cominciare dal momento in cui la battaglia ha inizio, giusto per non darvi noia.
L'inizio è uguale, ma verso la fine le cose tenderanno a prendere una piega diversa.

Buona lettura!

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XVI
Rise Above












(...)





Aragorn puntò i suoi occhi verso Legolas, che lo guardava con gli occhi brucianti di vendetta; un fuoco che nessuno sarebbe stato in grado di spegnere. Chinò la testa sospirando, promettendogli che l'avrebbe portato via da quell'inferno, che avrebbe fatto in modo di farlo tornare nel suo paradiso.
Per te, Legolas.

Legolas sguainò la spada, respirando a pieni polmoni. Sentì i suoi sensi prepararsi alla battaglia, stirandosi, vibrando, avviluppandosi strettamente al suo petto per poi esplodere tutt'intorno. ''Riempite l'aria col pianto degli Uomini e la terra col loro sangue.'' egli gridò levando in alto la spada, guidando la carica di orchi.

''Per Frodo!'' Aragorn si lanciò in avanti con un grido, guidando i suoi uomini contro la schiera nemica che si infranse contro la barriera di uomini.
E fu battaglia.



Iniziarono a combattere; i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia stanche per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed appiccicosi per il sudore.

I mostri da uccidere erano davvero troppi, ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a combattere; il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a combattere contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo, sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente, udì alle proprie spalle un urlo, una voce a lui molto familiare.

Prima che potesse completare il pensiero, Legolas si lanciò verso di lui, sguainando la spada. Aragorn parò il colpo ad un soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli avrebbe fatto del male, mai. Doveva solo resistere, fino a quando l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe tornato alla normalità.

''Hai ucciso tanti nemici lungo la tua strada, adesso fai lo stesso con me!!'' ansimò l'elfo con voce roca. Aragorn barcollò e Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla sua gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se non ti fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò. Scattò in avanti, menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la lama, mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la spada dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.

''Perché non comprendi?! Il Principe che conoscevi, non esiste più.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a schivare un affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero, sospese in un gioco di forze. ''Legolas, questa è una pazzia. Fermati prima che sia troppo tardi!'' gridò ancora Aragorn. ''No, Aragorn, non lo è!!'' gli sputò l'elfo. ''Andare in guerra con un esercito che non supera nemmeno la metà del mio; questa si, che è pazzia!'' Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti piombarono su di loro.

Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento. Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare nel cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti, richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si tirò indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica sbocciò una linea rossa.

Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo sentì la furia che aumentava sempre di più, come una belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di lui. Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul suo viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì a disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli occhi, e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto. Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò finito con te, riserverò lo stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' e poi Aragorn fu ferito. Gridò di dolore mentre i fiotti di sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una mano sulla ferita alla coscia.

Legolas poi lo colpì facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi, lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la dura pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.

Egli lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola, lucida di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a... morto. Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri dalla sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di battermi?'' sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro. ''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici? Io ti odio!'' Aragorn deglutì, senza distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe scoperto in quel momento.

''Lo ammetto, è stato divertente, estremamente divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas sorridere mentre alzava il secondo pugnale. Aragorn attese, impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a rigargli lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro continuò a tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...'' continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli occhi, e si preparò al peggio.

Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua espressione, da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso crudele svanì e i suoi occhi brillarono di una strana luce.

Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi perché quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso. Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento? Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando l'Anello? Lo guardò, c'era qualcosa che non andava in Legolas; tremava. Gli fremevano le mani e sembrò lottare in tutti modi contro se stesso per non colpirlo con quella affilata lama.

Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e... e lo rivide; Legolas, il suo amico, era lì. ''Legolas?'' disse appena in un sussurro. La speranza in Aragorn sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui!
''Legolas! Sono io, il tuo amico, il tuo Estel.'' disse dolce, ma deciso. E qualcosa scattò in Legolas; con un ringhio di rabbia premette ancor di più la lama sul suo collo. ''Sta zitto. Sta zitto!'' gridò, assumendo la stessa espressione crudele di prima. Aragorn lo guardò affranto. Capì che l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli bastava altro.

Con una buona dose di coraggio alzò la mano verso di lui, per portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per poi sentire la sua pelle fredda contro il palmo, carezzandogli una guancia.

Il tocco di quella mano calda era quasi impercettibile, ma fu come un pugno allo stomaco per Legolas. Come poteva Aragorn rimanere così sereno quando lo stava per uccidere?

''Io sono qui, Legolas.'' sussurrò l'uomo. L'elfo vacillò, facendo cadere il pugnale a terra il cui rumore fu attutito dal terreno. No, non poteva ucciderlo, non ci riusciva. Lentamente, quasi tremante, si allontanò alzandosi dal suo corpo. Per tutto quel tempo non distolse lo sguardo dall'uomo. Egli sospirò appena sentì la lama allontanarsi dal suo collo, e subito si mise seduto incrociando gli occhi colmi di paura dell'elfo.

Poi dal cielo, come un segno divino, arrivò il Re dei Venti, Gwaihir, che si lanciò contro uno dei Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E la torre di Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa. L'esercito di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il Monte Fato. Gli orchi si diedero alla fuga, ma Legolas rimase immobile, mentre alle sue spalle la Torre crollò come un castello di carte.

Tutti compresero che l'Anello era stato distrutto, e che Frodo aveva portato a termine il suo incarico.

Legolas portò gli occhi all'indietro e cadde a terra, privo di forze, come una marionetta a cui gli sono stati tagliati i fili che la tenevano in piedi. Aragorn ignorò completamente il dolore alla gamba, e subito si lanciò verso di lui mentre i cancelli crollavano sotto gli sguardi degli uomini che si fermarono, oramai avendo compreso che la battaglia era terminata. E la Terra smise di tremare.

''Legolas!'' l'uomo lo prese tra le proprie braccia sollevandolo da terra, e lo scosse tentando di svegliarlo. Ma non successe nulla. Il panico si impadronì di Aragorn, il cui viso era deformato dalla tetra paura. ''Legolas... Legolas! Andiamo! Svegliati!!'' gridò continuando a scuoterlo, iniziando a dare dei piccoli schiaffi sulla sua guancia. Ma non diede ancora segni di vita. ''No... no, ti prego...'' implorò Aragorn scuotendo il capo. Gli mise una mano sulla schiena sollevandogli il busto e poi poggiò un orecchio sul suo petto, in direzione del cuore. Rimase immobile per qualche istante, silenzioso. Non percepì nulla. Il suo cuore era fermo. Tetramente fermo.

Dagli occhi chiari del futuro Re sgorgarono lacrime, e pianse in silenzio come non aveva mai fatto prima di allora affondando il viso sul petto dell'elfo. Gli uomini che lo circondavano osservarono la scena, muti. Alcuni di loro, come Gandalf, Glorfindel, Gimli e i due hobbit, che avevano imparato a non odiare il Principe, chinarono il capo. Tutti gli altri li imitarono, come una catena, e si susseguì un momento carico di sofferenza.

E Aragorn rimase così, immobile, a singhiozzare contro il petto dell'amico, bagnandogli la tunica nera con le sue lacrime. Improvvisamente, a interrompere il suo pianto disperato, fu uno strano rumore che arrivò alle sue orecchie. Un rumore così sottile, eppure riuscì a percepirlo.
Tum...
Che cosa poteva essere quel rumore?
Tum tum...
Altri due. Più rumorosi. Poi altri due.
E altri due ancora. Sempre più forti.

Quel suono era familiare, Aragorn lo aveva già sentito. Sembrava un... cuore. Ed un cuore che pulsa è un cuore... vivo. L'uomo, con gli occhi colmi di meraviglia, alzò lo sguardo verso il viso di Legolas. Speranzoso, poggiò nuovamente l'orecchio sul suo petto. Il rumore veniva da lì, era il cuore di Legolas. Stava battendo!
Il corpo dell'elfo si mosse appena appena, accompagnato da un lieve sospiro. Il futuro Re alzò ancora il capo, vide le sue palpebre aprirsi lentamente rivelando il loro vero colore naturale; un azzurro intenso paragonabile al cielo di una giornata di primavera.

''Legolas...!'' sussurrò Aragorn, un po' titubante... ma felice. L'elfo ci mise qualche istante a ritrovare la voce. ''Ti ha fatto del male...?'' chiese in un sussurro appena percettibile, mentre alzava una mano verso il suo viso. L'uomo scosse il capo. ''No, sto bene. Tu... tu stai bene?'' chiese. Vide i suoi occhi diventare lucidi. ''A chi importa oramai...?'' disse quasi tristemente, mentre una lacrima gli rigò lentamente la guancia pallida. Aragorn gli strinse la mano, ricominciando a singhiozzare. ''A me importa.'' riuscì a dire, con le labbra che gli tremavano.

Legolas scoppiò letteralmente in lacrime e Aragorn lo strinse subito tra le braccia, accarezzandogli la schiena con una mano mentre l'altra la passava tra i suoi lunghi capelli ormai divenuti bianchi. L'elfo affondò il viso nella sua spalla, bagnandola con le sue lacrime, aggrappandosi a lui disperatamente. Non voleva incrociare il suo sguardo, non voleva farsi odiare ancora... non da lui. ''Ti prego, non mi odiare... non anche tu...'' singhiozzò, con la voce soffocata dalla spalla. ''Oh, Legolas,'' gli sussurrò Aragorn dolcemente. E sorrise, tra le lacrime, anche se Legolas non lo vide. ''Io non ti potrei mai odiare, fratello mio.'' disse.
''Ma... Estel,'' lo chiamò Legolas, ''ho fatto tante cose orribili...'' sussurrò, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi. Il suo sguardo sembrò rassicurarlo. ''Non è stata colpa tua, Mellon.'' disse l'altro asciugandogli le guance.

''E' finita adesso. Non devi più temerlo.''
''Vuoi dire... che Lui... non c'è più?'' chiese Legolas con la stessa innocenza di un fanciullo. Aragorn rise, di gioia. ''Esatto. E' tutto finito.''
''...Allora hai vinto, Aragorn-''
''Abbiamo vinto.'' lo corresse subito l'altro stringendolo di nuovo a se. Gli diede un dolce bacio sulla fronte, e rimasero ancora abbracciati, uniti come non lo erano stati da molto tempo.

Gli uomini erano rimasti a osservare l'intera scena; molti meravigliati, altri con un caldo sorriso sulle labbra, e altri iniziarono a gridare al cielo, gioiosi, annunciando la loro vittoria. Pipino e Merry, tra le lacrime, alzarono le spade al cielo gridando; ''Lunga vita al Re!'' e così fecero Gimli, Gandalf, e tutta la schiera di uomini si ritrovò a gridare quella frase. Glorfindel, sguainando la propria lama, la sollevò e con voce possente, gridò;

''Lunga vita al Re... e al Principe!''



(...)



Dopo aver salvato Sam e Frodo dall'inferno di Mordor grazie all'intervento delle Aquile, l'esercito tornò a Minas Tirith. I feriti vennero portati alle Case di Guarigione, così anche i due hobbit che vennero curati amorevolmente nei giorni a seguire. E anche Legolas si trovava lì; con la distruzione dell'Anello erano sparite anche gran parte delle sue energie, e Aragorn voleva che si riposasse e recuperasse le forze. Sul calar della sera Glorfindel gli fece visita -si era preso la responsabilità di prendersi cura di lui- con in mano il solito vassoio contenente il cibo. Solo che, in quei giorni, Legolas non toccò cibo se non solamente l'acqua, e il Vanya lo riportava indietro così come lo aveva lasciato.

Aprì piano la porta della sua camera, e lo trovò seduto a gambe incrociate al centro di materasso. Si era avvolto nella coperta, e osservava il cielo stellato dalla finestra. Gli dava le spalle. ''Ehi,'' fece Glorfindel chiudendo la porta. Legolas non si mosse. Il Vanya si avvicinò sedendosi accanto a lui. ''Come stai oggi?'' chiese, cercando il suo sguardo. Il Principe chinò il capo. ''Meglio.'' fu la sua risposta. Il Vanya annuì. ''E il sonno?'' chiese poi. ''...Ah, meglio.'' rispose Legolas, un po' titubante. Glorfindel annuì, e gli porse il vassoio. Solo in quel momento Legolas si voltò verso di lui. Guardò prima il suo viso, poi il cibo. ''...Non mi va.'' disse, distogliendogli subito lo sguardo.

''Legolas,'' tentò il Vanya. ''So che noi elfi non abbiamo bisogno di mangiare come gli Uomini ma, almeno tu, ne hai bisogno.'' disse. Lo vide sospirare. ''Fallo per me,'' parlò ancora Glorfindel. ''Sai com'è, non vorrei che Aragorn mi prendesse a schiaffi sapendo che non riesco a farti mangiare nemmeno oggi. E' capace di spezzarmi in due.'' concluse guardando il cielo insieme al Principe. E lui rise, una piccola risata, ma era pur sempre una risata. Buon segno! Non sorrideva da quando erano tornati a Minas Tirith.

''Quindi... non te ne andrai? E resterai qui fin quando non avrò svuotato l'intero vassoio.'' chiese il Principe giocherellando con i lembi del lenzuolo. ''Esatto.'' fu la risposta del Vanya, e dopo che Legolas si mise con la schiena poggiata allo schienale del letto, gli mise il vassoio sulle ginocchia. Il Principe iniziò a mangiare, prima lentamente, poi velocemente, sentendo la fame crescere improvvisamente. E il Vanya lo osservò, quasi divertito. Sorrise soddisfatto quando vide che aveva svuotato tutto il vassoio.

Legolas si pulì la bocca con la manica della tunica, appena finì di mangiare. ''Grazie.'' disse poi al Vanya, posando il vassoio sul comodino di lato. Glorfindel sorrise, e i suoi occhi caddero sui suoi capelli. ''Posso pulirteli?'' chiese sfiorandoli con le dita. Appena ebbe un cenno dal Principe si alzò andando nella stanza da bagno, collegata a quella, e prese una brocca d'argento riempiendola con acqua calda, e un pezzo di stoffa pulito. Poi si sedette accanto a Legolas e, dopo aver bagnato la stoffa, prese a pulirgli i capelli. Nessuno dei due parlò, e un silenzio quasi imbarazzante riempì la stanza.

''Sai, anche se non torneranno più come prima,'' fece Glorfindel pulendo l'ennesima ciocca, bianca come la neve. ''Ti donano.'' concluse. ''Mmh,'' fece Legolas, e non dissero nient'altro e Glorfindel finì di pulirgli i capelli. Li intrecciò poi alla maniera elfica, e si alzò dal letto posando la brocca e il pezzo di stoffa.
''Se vuoi,'' fece asciugandosi le mani passandole sui propri vestiti. ''posso farti compagnia per questa notte.'' chiese poi, voltandosi verso di lui. Aveva già capito che Legolas non stava per niente bene, come egli voleva far credere. Si era chiuso in se stesso, come un riccio, e adesso che lo guardava non aveva un bell'aspetto; il volto sembrava affaticato, e le mani gli tremavano visibilmente. Intuì che la causa del suo malessere erano gli incubi che egli faceva di notte. Legolas glie ne aveva parlato, qualche giorno fa, ma non era entrato nei dettagli affermando che erano solo incubi, e alla fine riusciva a riposare nuovamente. Glorfindel non gli credette, ma non lo fece notare.

Dovevano essere dei sogni davvero terribili se lo abbattevano in quel modo, rifiutando perfino di mangiare, rimanendo sempre chiuso nella sua camera. E si rifiutava di uscire nelle giornate quando il sole splendeva sulla cittadella bianca. E non era normale, per un elfo, stare lontano dall'aria aperta per tanti giorni.

Quando Legolas si voltò Glorfindel potè vedere nei suoi occhi azzurri una profonda stanchezza e un enorme sconforto. ''Grazie, ma no, non ti disturbare.'' rispose cercando di mantenere un tono calmo. L'altro sospirò, un po' sconsolato, ma non poteva costringerlo. Gli sorrise, e si avviò verso la porta. ''Se hai bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi.'' disse prima di uscire dalla stanza e raggiungere la propria, distante di pochi passi da quella del Principe. Si chiuse la porta alle spalle, si tolse la tunica sostituendola con una leggera veste per la notte. Siccome non aveva voglia di riposare accese la candela che era poggiata accanto al letto, si stese su quest'ultimo dopo aver preso un libro e iniziò a leggere.


Dall'altra parte, Legolas era steso a letto, con lo sguardo rivolto verso il soffitto, e rimase così per svariati minuti. Poi chiuse gli occhi e si addormentò.
E sognò; sogni confusi, impossibili da comprendere.

Sognò di essere davanti al Morannon, e vide i corpi privi di vita -sia di uomini e orchi- stesi sul terreno intriso di sangue scuro.
Vide Aragorn in piedi, davanti a se, che lo guardava. E quella visione si trasformò poi in una scena orripilante: adesso era steso a terra, immobile. I suoi occhi erano bianchi, vuoti come fogli senza scritte, come i pozzi più desolati, il sangue colava dappertutto, inzuppando i suoi vestiti, i suoi capelli, e il suo viso. E Legolas urlò, portandosi le mani al viso, e sentì qualcosa di viscido sulla sua pelle. Se le guardò, e le vide macchiate di sangue...


Si svegliò all'improvviso, urlando e coperto di sudore freddo, incapace di controllare il tremito incontrollabile che gli aveva pervaso le membra. Sentiva ancora la sensazione del viscido sangue sopra di sè, vedeva ancora gli vuoti, morti, di Aragorn. Si strinse nelle braccia, nascondendo il viso dietro le ginocchia piegate verso il petto. Serrò forte le palpebre, ma non riuscì a scacciare i residui di quell'incubo che lo tormentava da più di una notte. La paura cominciò a prendere il sopravvento, il cuore prese a battere fortissimo, il respiro divenne quasi affannoso. Tentò di calmarsi, a concentrare la propria mente su qualsiasi pensiero che non fosse quell'incubo, ma invano. Una folata di vento oltrepassò la tenda della finestra, sfiorando il corpo dell'elfo, e questo rabbrividì.

La sua mente cominciò ad immaginare viscide Ombre raggiungerlo lentamente nel letto, e sfiorarlo con dita scure, lunghe come artigli. E sentì delle voci, sussurri incompressibili, poiché erano mormorati tutti all'unisono. Tra tutti però ne riconobbe uno, di colui che ha tormentato a lungo la sua mente. Lo sentì pronunciare il suo nome, lentamente, in modo insistente, opprimente. E Legolas si sentì piccolo, debole, indifeso...

Poi quei mormorì cessarono, e udì invece il rumore di nocche che battevano sulla porta di legno. Lievi colpi, che però lo fecero trasalire.


''Legolas? Posso entrare?'' domandò Glorfindel a voce bassa. Quando non sentì risposta dall'esterno, aprì le dita serrate a pugno e posò il palmo della mano al legno istoriato che lo divideva da quella stanza. ''Legolas? Ti ho sentito urlare, va tutto bene?'' ancora niente. ''Legolas, di qualcosa!'' disse a voce alta, ma controllata. Nessuna risposta.
Sospirò e, incurante delle buone maniere e sapendo che la porta non era chiusa a chiave, abbassò la maniglia e la spalancò, sbattendosela poi alle spalle dopo averla oltrepassata. E vide il Principe rannicchiato sul letto, le braccia che avvolgevano le ginocchia, e il viso nascosto dietro quest'ultime. ''Legolas...'' sussurrò, quasi sconvolto.

Il Principe si strinse ancor di più nelle braccia tanto che le unghie affondarono nei vestiti. ''Vattene...'' disse tormentato, e Glorfindel si sorprese da quella richiesta. Il Vanya però si avvicinò, e Legolas sentì il materasso muoversi, segno che l'altro elfo si era seduto accanto a lui. Glorfindel gli poggiò una mano sulla spalla, e lo chiamò ancora, con fare cauto. Improvvisamente il Principe si buttò addosso a lui, rannicchiandosi sul suo corpo, e Glorfindel portò la testa di lui dolcemente contro il suo petto, stringendolo poi a se cingendogli le spalle con l'altro braccio. ''Glorfidel io... io... mi dispiace, mi dispiace tanto...'' disse il Principe tra un singhiozzo e l'altro, e iniziò a piangere così forte fino a farsi mancare il respiro.

''Ssh, va tutto bene,'' sussurrò il Vanya, tento di calmarlo. ''Sei al sicuro, sei al sicuro.'' ripetè. Era vero, era al sicuro tra le mura della Casa di Guarigione, ma non dai suoi incubi e paure. Glorfindel passò una mano fra i suoi capelli un'ultima volta. ''Tutto bene?'' chiese alzandogli il viso, appena lo sentì calmarsi. Lo vide annuire e allora si staccò leggermente da lui. Ci fu un momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il respiro dell'altro. Legolas non sapeva che cosa dire, perché ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare l'interno della stanza.

''Legolas...'' mormorò sommessamente Glorfindel. ''Ma che cosa sogni da farti svegliare così? Perché non me ne hai parlato?'' chiese. Vide che aveva ancora gli occhi lucidi, in quel momento sembrava davvero un bambino indifeso. Il Principe si asciugò le guance con la manica della propria tunica, ''Faccio lo stesso sogno da quando siamo tornati qui,'' riuscì a dire. ''Sogno il Morannon... la battaglia si è appena conclusa... Estel è davanti a me, e mi guarda...'' si fermò e dovette fare qualche sospiro prima di continuare; ''E poi... lo vedo morto...'' tremò leggermente. ''E quando mi sveglio... lui... mi chiama, e la sua voce... è così profonda... riempie tutta la stanza, e la mia testa,''
Glorfindel ebbe un brivido su tutto il corpo. ''Oh Valar, sto impazzendo!!'' esclamò Legolas portandosi le mani alla tempia.

E allora Glorfindel lo abbracciò di nuovo, e rimasero così fino a quando Legolas si calmò del tutto, e i brividi che scuotevano il suo corpo cessarono. ''So cosa stai provando, anche se... la mia situazione era un po' diversa, da allora...'' fece il Vanya, e il Principe lo ascoltò;

''Gondolin era stata distrutta, e a me era stato concesso il ritorno da parte dei Potenti... ma i giorni che ne seguirono furono orribili; i miei sogni erano tormentati dai ricordi della battaglia; la mia mente veniva assalita dalle immagini delle fiamme, ardenti, rosse e vivide, stagliate contro un cielo nero come disegnate sulla superficie scura della volta celeste dalla mano di un pittore. Le stesse fiamme che avevano arso Gondolin fino a raderla al suolo, le stesse che avevano danzato tra le case e sulle mura. Le stesse fiamme che avevano portato via... il mio compagno di battaglia, ma anche di vita. Rivedevo lo scintillio di Orcrist che fendeva l'aria cercando di colpire il nemico, e il suo ultimo sguardo disperato prima di sprofondare nelle acque della Fonte, annegando assieme alle fiamme. Rivedevo me precipitare insieme al demone di fuoco in basso, giù, sulle affilate rocce del Passo delle Aquile. E l'immagine di Echtelion, sfregato e sfigurato dalle ferite che aveva ricevuto al momento della sua morte, tormentava il mio sonno... e non riuscivo a fare altro che chiudermi in me stesso, e disperarmi...'' rise amaramente. ''Che crudele destino! Entrambi caduti, ma solo a me è stato concesso il ritorno... quando desideravo ardentemente restare accanto a lui.''

E quando Legolas alzò lo sguardo verso il suo viso, vide i suoi occhi fieri e valorosi velati di lacrime che non accennarono a scendere, e stranamente sorrideva. ''Ma forse quel sogno mi imponeva di fare una scelta,'' parlò ancora il Vanya. ''Continuare ad annegare nel dolore e nei ricordi, oppure andare avanti e cercare di lasciarmi tutto alle spalle.'' poi guardò il Principe. ''Forse anche a te spetta fare una scelta.'' disse, e lo vide sospirare. ''Ma è così... difficile.'' sussurrò.

''Ci sono cicatrici che porteremo con noi per tutta la vita, ma bisogna avere la forza di andare avanti.'' disse il Vanya.
''Non sono sicuro se io ne ho abbastanza.'' disse Legolas.

''Io credo di si.'' ribattè l'altro e fece per andarsene, ma la voce di Legolas lo fermò. ''Glorfindel,'' l'altro si voltò. ''Puoi restare...ancora un po'?'' chiese con la stessa innocenza di un fanciullo. Il Vanya sorrise e tornò a sedersi accanto a lui, e Legolas si stese completamente tirandosi le coperte al petto. ''Non credo che riuscirei a riaddormentarmi.'' disse, un po' sconsolato. ''E se,'' iniziò Glorfindel, esitante. ''provassi a cantare una canzone, per farti rilassare?''
Una ninna nanna? Pensò Legolas, aggrottando le sopracciglia. Era un po' imbarazzante, ma alla fine, spinto da un disperato bisogno di chiudere la mente da qualsiasi pensiero, si convinse e annuì. Glorfindel allora poggiò la schiena contro la tastiera, distese le gambe, ed intonò una dolce melodia, che pervase la stanza, ed ebbe un effetto benefico sulla mente di Legolas. Riuscì lentamente a calmarsi e a smettere di pensare, e finalmente si addormentò, cadendo in un sonno senza incubi.



(...)



''Ma perché ci mette tanto?'' continuò a sussurrare Glorfindel agitandosi leggermente sul posto.
Finalmente il giorno dell'Incoronazione di Aragorn era venuto, e tutta la città era pronta ad acclamare il loro nuovo Re. Glorfindel si trovava insieme ad un gruppo di elfi, compreso il Signore di Gran Burrone, all'interno del palazzo, venuti per assistere all'incoronazione. Tutti erano pronti, tranne una persona. Infatti l'unico a non essersi presentato era il Principe di Bosco Atro. Glorfindel sospirò frustato, passandosi una mano sul viso. Certo, mancava ancora un po' all'evento, ma si aspettava di vederlo al più presto. Una voce dietro di lui lo fece voltare. Si voltò; era Mithrandir, vestito di bianco candido. ''Sei preoccupato per il Principe?'' chiese. L'altro annuì. ''Prima o poi arriverà.'' disse. ''Non credo che vorrà perdersi il giorno più importante per Aragorn.''


Legolas Verdefoglia osservava la folla sottostante dalla finestra di una piccola camera da letto. Sul letto c'erano una tunica argentata, e una sottile corona di Mithirl poggiata su quest'ultima. Avrebbe dovuto essere lì, insieme agli altri elfi, ma qualcosa lo teneva bloccato lì. Aveva paura, paura di affrontare tutte quelle persone; la stessa gente che, un tempo, aveva tentato di distruggere. Perché nonostante tutto, molti provavano rancore, rabbia, e disprezzo nei suoi confronti, ma non poteva biasimarli, non dopo quello che aveva fatto, non dopo tutte le vittime che aveva causato. L'odio era ancora rimasto.

Sospirò chiudendo gli occhi. No, non poteva andare lì. Non voleva farsi odiare ancora. Nessuno l'avrebbe difeso, e sarebbe stato reputato il cattivo. Improvvisamente riaprì di colpo gli occhi. Ma che cosa stava facendo? Era il giorno dell'Incoronazione di Estel, il più importante di tutta la sua lunga vita, e lui se ne stava lì, chiuso in quella stanza, nascosto da tutti, scappando dalle sue responsibilità. Non era mai scappato, non si era mai tirato indietro, perché l'avrebbe dovuto fare proprio ora, in quel giorno, dove la sua presenza era importante per Aragorn?

Si voltò osservando la sua veste argentata. Poi guardò nuovamente la folla. Deglutì; forse se ne sarebbe pentito, ma doveva tentare; doveva far capire a tutta quella gente che ora era diverso, doveva avere il loro perdono. Si cambiò immediatamente d'abito, e si allacciò la tunica argentata lavorata con fini tessuti del suo Popolo, e si guardò allo specchio. Il suo sguardo si soffermò sui suoi capelli sciolti; erano così bianchi e lunghi, gli ricordavano troppo lui...
Scosse il capo. Basta, non doveva pensarci. Quello era il passato, doveva guardare al futuro.

Su un tavolo vi erano poggiati il suo arco, e i pugnali custoditi nei loro rispettivi foderi di pelle. Ne prese uno e tornò a guardarsi allo specchio. Veloce lo estrasse gettando il fodero a terra, il suo viso riflettè sull'acciaio della lama, e i suoi occhi brillarono di una luce che credeva ormai perduta. Guardando il suo riflesso nello specchio avvicinò la lama ai propri capelli, dopo averli raccolti tutti in una mano. Un gesto fluido, veloce, e gran parte della sua chioma cadde dolcemente sul pavimento lucido. Riuscì a legarseli con una sottile treccia dietro la testa, e si portò la corona sul capo. Ispirò a pieni polmoni, e sorrise; era pronto.


Glorfindel sospirò sollevato appena udì il rumore di passi frettolosi. Si voltò, per chiedergli perché ci avesse messo così tanto tempo, ma gli morirono le parole in gola quando lo vide. Lo stesso accadde per gli altri elfi, che rimasero a bocca aperta. ''Perdonate,'' fece Legolas chinando leggermente il capo. Poi lo rialzò, e i capelli che non gli arrivarono nemmeno alle spalle si mossero leggermente. ''Spero di non essere in ritardo.'' disse. Glorfindel sorrise. ''Non lo sei.'' ribattè. Il Principe ricambiò il sorriso, e seguì Glorfindel che lo condusse verso il grande portone che dava sulla scalinata e sul giardino del palazzo. Legolas avrebbe dovuto aspettare lì dietro, e uscire soltanto dopo l'incoronazione. ''Sei agitato?'' chiese Glorfindel osservandolo. Aveva una postura dritta e fiera, e lo sguardo intenso. ''Si.'' rispose sincero. ''Ma qualsiasi cosa succeda, la affronterò.'' concluse.

''Come sto?'' chiese poi, lo sguardo fisso dinnanzi a se. Il Vanya lanciò un'occhiata al servitore, accennando una risata. ''Come un Principe.'' rispose. Sentirono le trombe degli Uomini suonare, e la voce di Gandalf suggellare definitivamente l'incoronazione del nuovo Re di Gondor. ''E' ora.'' gli ricordò Glorfindel. ''Buona fortuna.'' gli disse, prima di allontanarsi. Legolas sentì gli applausi, e la voce chiara e decisa di Aragorn;  ''Questo giorno non appartiene ad un Uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo da poter condividere nei giorni di pace.'' egli disse. E Legolas lo sentì cantare,



'' Et Earello,
Endorenna utùlien.
Sinome maruvan
ar Hildinyar,
tenn' Ambar-metta, ''



Poi le porte si aprirono e la luce del sole colpì i suoi occhi chiari. Li serrò per pochi istanti per poi riaprirli, iniziò poi a scendere le scale e lentamente raggiunse Aragorn.
Sentì chiaramente gli sguardi della gente addosso; alcuni lo fissarono con gli occhi sgranati, molti con paura, altri con disprezzo, e cominciò a sentire mormorìì e i commenti. Ma cercò di rimanere il più calmo possibile, e si fermò quando si ritrovò davanti la figura maestosa e regale di Aragorn, che lo guardava quasi stupito. Si inchinò davanti a lui. ''Salute, Re Elessar.'' disse semplicemente. Aragorn però gli fece cenno con la mano di rialzarsi, Legolas obbedì e quando incrociò il suo sguardo lo vide sorridere. E sorrise anche lui. ''Da te voglio essere chiamato semplicemente Aragorn, o Estel, amico mio.'' disse il Re di Gondor poggiandogli una mano sulla spalla.

Legolas fece lo stesso, e poi improvvisamente si buttò tra le sue braccia, tra gli sguardi stupiti del popolo e di Aragorn stesso. Ma quest'ultimo ricambiò immediatamente l'abbraccio, e su alcuni volti della folla si formano dei sorrisi. Molti sembrarono guardare l'elfo con meno disprezzo, e meno paura.
''Hannon le, Estel.'' sussurrò Legolas, continuando ad abbracciarlo. E tutti, tutti quanti, sorrisero, e Legolas capì che erano sinceri. Non vi era oscurità nei loro sguardi. Capì che loro lo avevano accettato, e perdonato. Udì uno scroscio di applausi, che man mano diventarono sempre più forti.

''Perché ti sei tagliato i capelli?'' domandò Aragorn nel momento in cui si staccò da lui.
Legolas sorrise a quella semplice domanda. Poi, con gli occhi lucidi, rispose;
''Per non dimenticare mai.''













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