02 - Capitolo 02: 21 Maggio 2009
Nota: Se c'è qualcuno
che sta leggendo... thank you!
Capitolo 02: 20 Maggio 2009 - Parte
1
Il pomeriggio era scivolato
lentamente in serata e la serata in nottata. Poco dopo mezzanotte, Flack studiò
il suo orologio da polso, si stropicciò gli occhi, si alzò stiracchiandosi e
dichiarò che sarebbe andato a prendersi un caffè.
“Uno anche a me,
grazie”, fu il solo commento di
Stella.
Lui le sorrise, “Era sottinteso.
Che persona pensi che sia? I miei mi hanno educato
bene!”
Pochi minuti
dopo, al suo rientro, la collega stava guardando la foto di un altro
sospettato. Lui appoggiò le due tazze sulla scrivania ed estrasse un pacchetto di biscotti dalla
tasca.
“Che ne dici di questo?”, gli
chiese Stella.
“Albert Mullighan, veterano
dell’Iraq. Perché è in questa lista?”
“Ha provato ad arruolarsi
anche per l’Afghanistan ma è stato scartato.”
“PTSD?”
“In parte… quando è stato
rifiutato, per due volte, ha commesso qualche atto di vandalismo alle proprietà
governative. Nulla di grave. Da qualche mese, però, sembra
tranquillo.”
“Qui dice che ha avuto un
bambino.”
Stella sospirò. Per qualche
minuto continuarono a lavorare in silenzio.
“Jess è stata punita, vero?”,
chiese la donna all’improvviso.
Flack non si scompose. Non era
un caso che avesse scelto di essere lì con la criminologa. “Più o meno. Diciamo
che al momento ha perso il suo status ‘eseguo gli ordini, ma ho una certa
libertà di movimento’”
“Capisco… però il compito datole è un po' esagerato.”
“Stella… ha lavorato sotto copertura
ad un caso a cui non era stata assegnata, un caso che non doveva esistere
per di più”, Flack terminò alzando leggermente la voce.
“Mi dispiace” lei gli toccò un
braccio.
“No, non... sapevo che stavate
combinando qualcosa, ma… ti dirò una cosa che non dovrà mai uscire da qui… me lo
prometti?”
“Ha la mia parola”, sorrise
lei.
“Ho avuto paura. Non so cosa farei
se le succedesse qualcosa. Abbiamo discusso, lei è uscita sbattendo la porta,
ma sai una cosa? Non è importante: anche se dovesse odiarmi, sarebbe
viva.”
Stella valutò per un secondo le
parole del collega, “È ancora arrabbiata?”
“Nuhh, so farmi perdonare”,
concluse con una risata.
“E noi due? Siamo a
posto?”
“Certo… sempre che tu non stia organizzando qualcos’altro
di misterioso e pericoloso. Però confesso: un viaggetto in Europa
me lo farei volentieri”, le fece l’occhiolino.
***
Danny stava cercando di capire
se Terrence Davis gli piacesse o meno. Doveva ammettere che il giovane era
parecchio affabile, oltre che dotato di spirito imprenditoriale, ma non riusciva
del tutto a fidarsi di lui. Oh beh, tanto è un informatore di
Flack.
Si girò verso il
detective, in preda all’ennesimo starnuto.
“Salute!”, disse
divertito. Era sempre bello ridere alle spalle dell'amico.
“Maledetti gatti…”,
mugugnò
Don.
Terrence li accolse nel suo ufficio; era
stato proprio lui a chiedere di incontrare Flack il prima possibile.
“Allora… e sii conciso o faccio
venire la protezione animali per i gattacci.”
“È un
leopardo.”
“Seh, seh… perché hai
chiamato?”
“Sono un uomo d’affari e
mi piace che il mio locale funzioni bene. E sai cosa bisogna fare per far andare
le cose per il verso giusto?”
“Cos’è? Imprenditoria
del nuovo millennio? Davis, veloce!”
“Controllare i clienti.
Farsi una cerchia di clienti fedeli ed affidabili. Niente
scavezzacolli.”
“La sparatoria di
qualche mese fa c’entra qualcosa con questa nuova filosofia?", si informò
Danny.
Terrence arrossì, “Può
darsi.”
Flack si mangiò un
sorrisetto.
“Comunque… se i clienti si
divertono e sono tranquilli, tornano. E se tornano, portano soldi e magari altri
clienti.”
“E quando tocchi l’acqua ti
bagni”, commentò Flack. “Sto finendo la pazienza, è l’ultimo
avvertimento.”
“C’erano dei tizi strani
stasera. Clienti nuovi, mai visti”,
finalmente, Terrence andò al punto.
“Perché
strani?”
“Erano in tre. Due ben vestiti e ben
ordinati. Abiti puliti e stirati, linee dritte, niente fronzoli, colori neutri.
Ed anche l’aspetto: capelli corti, niente barba. L’altro, invece… trasandato,
jeans strappati, maglietta larga e sformata, colori sgargianti, capelli lunghi ed
incolti. Hanno parlato fitto fitto tutta sera. Quando una delle mie ragazze si
avvicinava per gli ordini tacevano ed aspettavano. Se ne sono andati dopo un
paio d’ore.”
“Li riconosceresti?", Flack
aveva socchiuso gli occhi, all’erta. C'era qualcosa nelle parole di Davis che aveva solleticato
il suo istinto di poliziotto.
“Non proprio. Non mi sono
avvicinato. Ma Josie ha portato
loro da bere per tutta la serata. Ve la chiamo, se
volete”, Terrence concluse, facendo un gesto verso una delle porte del suo
ufficio.
Josie studiò i due
poliziotti con circospezione. Era vestita in modo sexy, abitino stretto e tacchi
alti, ma aveva un visetto ingenuo e da bambina, cosparso di efelidi dorate.
“Sapresti tracciare l’identikit
degli uomini che hai servito stasera?”, chiese Don, dopo essersi
presentato.
La ragazza sembrò esitare
per un istante, incerta sul da farsi. Poi, a voce bassa e titubante, disse:
"Potrei fare di più... diciamo che conosco uno dei
tre."
“Lui
sa che lo hai riconosciuto?”, volle sapere Flack.
Lei si guardò gli abiti, facendo scorrere
le dita dalle lunghe unghie laccate sul tessuto “Mhh… no. Per lui sono solo
la sorellina fastidiosa di Freddy, il tizio con cui qualche volta gioca a basket.
Si fa chiamare Crazy Tony, ed è il proprietario di un’autofficina. Gliel’ha
lasciata il padre… anche se non credo che oggi ne sarebbe molto
contento.”
Flack e Danny si guardarono
brevemente negli occhi, scambiandosi uno sguardo d’intesa. Si
alzarono.
“Grazie, Josie”, Don le strinse
la mano. Poi fece un cenno a Davis, “Ci vediamo. Fai il bravo,
Terrence.”
“Ora non lo sono stato? Lo sai
cosa meriterei…”
Flack lo gelò con lo sguardo,
“Questo non è il luogo né il momento.”
***
Jessica Angell era
stanca. E nervosa. E, probabilmente, anche un po’ annoiata. Aveva bussato già ad una decina di
porte, ma non aveva ottenuto nulla. Molti dei proprietari si erano arrabbiati
per essere stati tirati giù dal letto e tutti le avevano fornito risposte
smozzicate e rancorose. Senza smettere, però, di apprezzare l’aspetto fisico
della detective. Jess ne era esasperata: al prossimo un angelo caduto dal
cielo tutto per me era certa che non avrebbe potuto evitare di prendere a
pugni il malcapitato. Sbuffando, rispose al cellulare che stava trillando nella
tasca della giacca.
“Angell.”
“Abbiamo un
indirizzo!”, nonostante l’ora e la situazione, la voce di Don sembrava piena di
eccitazione. Dovevano aver trovato una pista promettente.
“Inviamelo. Vado lì
con una pattuglia.”
“Ci andiamo
insieme.”
“Flack…”, lei si sentì quasi
offesa e messa da parte. D’altra parte era lei che, fino a quel momento, aveva dovuto subire tutti quegli
esseri umani patetici.
“Ascolta…”, lo sentì esitare, “Non
voglio rubarti il merito o dire che non hai fatto nulla fino ad ora. So quanto
dev’essere stato palloso quello che hai fatto, ma è meglio se siamo in due.
Chi modifica auto per farne macchine da guerra non ha scrupoli. Di nessun
tipo.”
Lei rimase in silenzio per
qualche istante e poi dovette trovarsi d’accordo con lui. “Ti aspetto,
allora.”
***
Dopo aver parlato con
Crazy Tony, Flack sedeva in macchina, rimuginando, muto. Detestava il modo in cui
il proprietario
gli aveva rivolto la parola, il suo stupido atteggiamento di superiorità;
detestava il modo in cui aveva squadrato Jess, dicendole di avere un
posto nel letto se era stanca; detestava come aveva dovuto fare il macho per farsi
dare retta; detestava aver quasi dovuto minacciarlo per farsi dare risposte sensate. Ma soprattutto, detestava quello
che il mondo sembrava diventare un giorno dopo l’altro. L'unica consolazione
era che Crazy Tony, non del tutto volontariamente, li stava seguendo su
una volante per un interrogatorio approfondito.
“Tutto okay?”, Jess lo guardava
dal sedile del passeggero.
Lui non disse nulla, scuotendo
la testa.
“Terra chiama Flack”, riprovò
lei.
“Scusa… è solo che… io sono un
uomo e non lo sopporto. Non capisco come fai tu a non fare una strage ogni volta
che ti ritrovi davanti degli imbecilli sessisti del genere.”
“La violenza è normalmente
l’arma dei suddetti imbecilli sessisti”, commentò con un
sorrisetto.
“Hai ragione… pensi che
riusciremo a trovare la vera identità
della persona dietro a tutto?”
“Perché? John Doe ti suona forse
finto?”, domandò lei con sarcasmo.
“Mi fa venire in mente quello di
Seven. Ricordi?”
“Detectiveee!”, Angell lo imitò
alla perfezione, “Bel film. Quando tutto questo sarà finito lo
riguardiamo.”
“Col lavoro che facciamo dovremmo guardare solo commedie romantiche, ed
invece...”
Lei scoppiò a ridere
sentendo il suo tono rassegnato e sconvolto allo stesso tempo. La tensione si
era sciolta, ed il viaggio proseguì tranquillo fino alla
centrale.
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