The Truth Beneath The Rose di The Mad Tinhatter (/viewuser.php?uid=8814)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Request Of The Rose ***
Capitolo 2: *** Into The Painting ***
Capitolo 3: *** And Then I Met You ***
Capitolo 4: *** The House In The Middle Of Nowhere ***
Capitolo 5: *** Return ***
Capitolo 1 *** The Request Of The Rose ***
The Truth Beneath The Rose
Cap. 1: The Request Of The Rose
Luna Lovegood era
sdraiata sul suo letto, in pigiama. Era stanca, ma qualcosa le impediva
di addormentarsi. Come se una magia la tenesse sveglia.
Quel primo giorno
di scuola era stato un fallimento totale. Dopo ben cinque anni di
permanenza nella scuola, quasi nessuno aveva imparato a rispettarla.
Erano tutti lì, a giudicare basandosi soltanto sulle
apparenze. Vedevano solo gli orecchini, le collane, gli occhiali. Non
vedevano altro.
La vedevano fuori
dal mondo, e pensavano che non li avrebbe sentiti se parlavano male di
lei. Ma lei li sentiva, eccome. Sentiva le loro parole:
“lunatica”, “strana”,
“matta” . L’espressione che
più le dava fastidio era “fuori di
testa” .
Lei era soltanto
lei. Che male c’era ad essere così? Forse sarebbe
stata lei ad avere il diritto di dire qualcosa a loro. Tutti uguali,
così noiosi. Tutti a seguire la moda del momento. Ragazze
sciocche. Ragazzi tanto idioti da far accapponare la pelle.
Beh, su questo
punto poteva anche fare un’eccezione. Perché
c’era un ragazzo, uno solo in un’intera scuola, che
avesse fatto qualcosa per farla stare meglio. Che non si fosse limitato
a quella sorta di sterile accettazione che le avevano dato Harry, Ron e
Hermione. Si erano visti durante l’estate, erano diventati
amici. Ma, anche lì, c’era una pecca. Dopo il
banchetto d’inizio anno, la sera precedente, non si era
più fatto vedere. Nulla. Non era nemmeno nella Sala Grande
per cena.
Chissà,
magari avrà avuto i suoi motivi per non farsi vedere, magari
lei nemmeno era interessata, magari….
Improvvisamente,
qualcosa attirò la sua attenzione. Un luccichio anomalo,
diverso da quello normale della luna e delle stelle, proveniva dalla
finestra.
Luna si
avvicinò, incuriosita. Man mano che la finestra era
più vicina, Luna potè vedere che sopra al
davanzale c’era qualcosa. La ragazza aprì la
finestra, per vedere cosa fosse quel qualcosa. Un leggero venticello
entrò nella stanza, scompigliandole i capelli.
In effetti, sul
davanzale c’era un oggetto. Una rosa. Luna la prese e la
avvicinò ai suoi occhi per osservarla meglio.
Era una rosa
bellissima, rossa e fresca. Era ancora ricoperta di gocce di rugiada,
nonostante fosse notte. Ed era strana. Era come se fosse ghiacciata, la
rugiada non accennava nemmeno a voler scivolare via dai petali. Era
come se la rosa fosse stata finta, con le gocce di rugiada di plastica
attaccate. Eppure, Luna non avrebbe potuto cogliere una rosa che le
fosse sembrata più reale di quella in nessun altro luogo. I
suoi petali erano incredibilmente morbidi, il suo colore uno splendido
rosso scuro che non accennava a sbiadire.
La
annusò. Il profumo che emanava era inconfondibile. Simile a
quello di una rosa normale, ma allo stesso tempo particolare.
Luna si
avvicinò al letto per immergere la rosa nella brocca
dell’acqua, chiedendosi chi mai le avesse fatto quello
splendido dono. E fu allora che si accorse del biglietto. Attaccato
alla rosa, c’era un biglietto. Forse era il nome del
mittente….
La grafia era
graziosa e ordinata, l’inchiostro nero come la pece, steso su
un pezzo di carta color pergamena.
E no, non
c’era scritto il nome del mittente misterioso.
C’era scritta soltanto una piccola parola….
“Aiutami….”
*
Il ragazzo vagava
per la foresta. E dire che non sapeva nemmeno come ci fosse entrato.
Un attimo prima,
era nel suo mondo, quello di un normale studente. Poi l’aveva
notato. Un quadro. E aveva sentito qualcosa attirarlo verso di esso. Fu
un secondo. In un battito di ciglia, si era ritrovato nel bel mezzo di
quella foresta. E in quel momento stava cercando una via
d’uscita, apparentemente inesistente.
Eppure, il posto
in cui si trovava era splendido. Un vero paradiso terrestre. Ma lui ne
aveva paura. Non era il luogo in cui sarebbe dovuto stare. Non era a
scuola, con i suoi amici. Sarebbe potuto restare lì per
sempre. Da solo.
Scacciò
il pensiero dalla sua mente. Perché ci doveva essere una via
d’uscita. Era impossibile che fosse lui l’unico ad
essere caduto nel quadro. Doveva essere successo a qualcun altro, che
con ogni probabilità aveva trovato una via
d’uscita.
Il bello era che,
apparentemente, quel quadro sembrava un ritratto. Eppure, non appena
lui vi era entrato, tutto era completamente deserto. Non era nemmeno
arrivato nella foresta che era raffigurata come sfondo.
L’aveva raggiunta camminando, dopo varie ore di viaggio.
Si sedette su una
roccia, una delle tante che si trovavano in riva al fiume nel bel mezzo
della foresta. Si tolse le scarpe, e bagnò i piedi
nell’acqua gelida. Aveva bisogno di pensare.
Doveva anzitutto
uscire dalla foresta, o si sarebbe perso ancora di più.
Poi avrebbe dovuto
cercare qualcosa, un oggetto che indicasse, magari, l’uscita.
O qualche stramba formula magica che l’avrebbe catapultato di
nuovo ad Hogwarts.
Tolse i piedi
dall’acqua, e rimase parecchio sorpreso da ciò che
vide. I suoi piedi erano rimasti colorati di blu, come se
l’acqua del fiume fosse stata acquerello.
Si
guardò intorno, e si rese conto di un particolare che,
durante lo shock iniziale, non aveva considerato.
I colori erano
strani, irreali. Il verde era troppo verde, il grigio troppo grigio.
Come poteva succedere solo in un quadro.
Si rimise le
scarpe, e corse nella foresta, come se gli alberi, così
irreali, volessero aggredirlo. Uscì in fretta dalla foresta,
per scoprire che non era affatto tornato nel punto da cui era partito.
Si trovava di fronte ad uno splendido, coloratissimo campo di fiori.
Margherite, dalie, petunie, primule… c’erano tutti
i fiori possibili e immaginabili. E tutti dai colori vivaci e vividi,
così come erano nella foresta.
Forse fu per
questo che quel cespuglio di rose saltò immediatamente ai
suoi occhi. Perché almeno quelle, in mezzo a tutti quei
fiori, sembravano reali.
Si
avvicinò al roseto, con cautela, quasi quei fiori potessero
morderlo.
Osservò
ogni singolo fiore, provando ogni volta una sensazione di ritorno alla
realtà.
Erano rose
splendide, di un magnifico rosso scuro. La rugiada le bagnava.
Il ragazzo ne
toccò i petali. Erano così morbidi sotto le sue
dita, così delicati, e così… veri.
Forse una di
quelle rose sarebbe stato il suo lasciapassare per il mondo reale.
Forse sarebbe
stata la sua salvezza dalla condanna di restare intrappolato
lì.
Si
avvicinò ancora di più al roseto, sempre
lentamente, con attenzione. Poi colse una rosa.
Improvvisamente,
una folata di vento si mosse verso il ragazzo.
La sua presa sulla
rosa appena colta non fu abbastanza salda. E lui non potè
far altro che osservarla librarsi nell’aria, e rincorrerla,
sperando che il vento si calmasse e che la rosa tornasse a terra.
Continuò
a correre, ma più si avvicinava alla rosa, più il
vento aumentava d’intensità. ,la vide librarsi
sempre di più, sempre più lontana. Infine
scomparve, nel cielo fin troppo blu, tra le nuvole fin troppo bianche.
- No! –
gridò il ragazzo, lasciandosi cadere a terra. Aveva corso
troppo. Aveva attraversato e superato il campo di fiori, ed era troppo
concentrato sulla rosa per curarsi di dove stesse andando.
Sbuffò.
Si era perso. Di nuovo.
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Capitolo 2 *** Into The Painting ***
Cap.
2: Into The Painting
Luna
si alzò il mattino seguente con un paio di maledette
occhiaie sotto agli occhi. Quasi non aveva dormito, pensando a quella
rosa. Perché proprio lei? Lei che, in fondo, non aveva
poteri particolarmente sviluppati, lei che, da quel punto di vista, era
una comunissima strega.
Chi
era il misterioso personaggio che chiedeva il suo aiuto?
“Certo
che avrebbe potuto anche firmare” , pensò Luna,
cercando i suoi Spettrocoli. Indossandoli, avrebbe evitato di far
vedere a tutti le sue spaventose occhiaie.
Mise
la rosa dentro alla borsa senza nemmeno sapere perché. Forse
un paio di lezioni l’avrebbero aiutata a capire qualcosa di
più.
Uscì
dal dormitorio, e si avviò subito verso la prima lezione. Si
era addormentata troppo tardi per svegliarsi in tempo per la colazione.
Passò
le ore di lezione e il pranzo a pensare a come avrebbe potuto aiutare
una persona di cui nemmeno sapeva il nome o dove si trovasse.
Ovviamente,
non giunse a nessuna conclusione. Certo, come faceva a pensare se
attorno a lei c’era gente che chiacchierava o mangiava o
spiegava? Decise di prendersi un paio d’ore da sola, in un
posto completamente deserto. Quindi, non la Sala Comune.
Passeggiò
per la scuola, cercando di trovare il suo luogo. Giunse vicino
all’aula d’Incantesimi, e vide una cosa che, in
cinque anni di carriera scolastica, non aveva mai notato. Un ritratto.
Era
splendido, e particolare. Rappresentava un uomo, in posa molto solenne.
Eppure i suoi abiti sembravano troppo umili per appartenere a un re. Ma
la vera particolarità stava nel paesaggio che lo circondava.
Di solito per i paesaggi nei ritratti venivano scelti colori tenui, in
modo da far risaltare il soggetto del quadro. In questo caso, invece
tutto sembrava essere diverso dal normale.
Lo
sfondo era quello di una foresta, con un fiume che la attraversava. I
rami degli alberi non erano fitti, si poteva scorgere cosa vi fosse al
di là della foresta. Sulla destra, c’era una
macchia variopinta, sembrava un campo di fiori. Sulla sinistra, si
poteva vedere un sentiero che portava al fiume.
I
colori erano vividi, quasi più vivaci del normale, sia nella
figura dell’uomo che nella natura che lo circondava. E poi,
c’era un’altra cosa che, agli occhi di Luna, parve
molto strana.
A
differenza degli altri quadri della scuola, ogni elemento che componeva
il quadro era perfettamente immobile. Sugli alberi, nessuna foglia
frusciava. L’acqua del fiume non scorreva. L’uomo
non si muoveva.
“Chissà
che mal di schiena, poveretto” , pensò la ragazza.
Luna
si sedette per terra, in un angolo del corridoio, proprio davanti al
quadro. Aveva deciso il suo posto. Sentiva che, senza sapere come, quel
quadro l’avrebbe aiutata a capire qualcosa di più
di quella faccenda.
Aprì
la borsa, ed estrasse la rosa. La guardò, intensamente, come
se lei potesse suggerirle la risposta giusta.
In
effetti, qualcosa era cambiato. Le gocce di rugiada, ghiacciate,
brillavano come diamanti.
Lo
stelo della rosa si muoveva, incurvandosi verso il quadro. Non era come
se si stesse afflosciando, ma come se una forza la stesse attirando.
Una forza che proveniva dal quadro.
Era
abbastanza forte da trascinare anche Luna con sé. Era
inutile lottare, non ce l’avrebbe mai fatta a contrastarla.
Ciononostante,
Luna non aveva alcuna intenzione di finire spiaccicata contro il
quadro. Cercò di mollare la rosa, ma fu come se questa si
fosse attaccata alla sua mano. Cercò di opporre resistenza,
ma ciò che la attirava diventava sempre più forte
man mano che si avvicinava al quadro… ormai
c’erano solo pochi centimetri di distanza… le
gocce di rugiada brillavano di una luce accecante… troppo
accecante… Luna chiuse gli occhi….
E
poi cadde. Quella misteriosa forza aveva cessato di agire, e lei, a
causa del suo stesso tentativo di contrastarla, era caduta.
Aprì
gli occhi, e scoprì di non essere più a scuola.
Era nel bel mezzo di una foresta. La foresta del quadro.
*
Il ragazzo
continuava a camminare. Era strano. Chissà per quanto tempo
aveva camminato, eppure non sentiva né fame né
sonno. Per fortuna. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa da
mangiare laggiù, o dormire sulla nuda terra.
Sembrava che
fosse fuori da ogni concetto di civiltà. Soltanto alberi
dipinti, qualche fiore ogni tanto, la terra, il cielo e lui.
Se non altro,
niente di delicato da rompere, e nessuna pozione da preparare.
C’erano tante piante, erano la sua passione, non sarebbe
dovuto essere felice?
Ci
pensò, mentre camminava. No, ci sarebbero state molte
persone che gli sarebbero mancate. E qualcuno a cui sarebbe mancato.
Non avrebbe
più visto nessuno. Nessuno che lo facesse ridere, nessuno
con cui parlare.
E poi, si poteva
dire che quello non era proprio il suo mondo. Sarebbe potuto essere il
mondo ideale di Luna, ma non il suo.
In un attimo, si
ritrovò a pensare che cosa avrebbe potuto dire Luna se fosse
stata al suo fianco, in quell’universo colorato. Avrebbe riso
come una matta, buttandosi nel fiume, cercando di diventare tutta blu.
Avrebbe colto un fiore di ogni specie per farne un mazzo.
Sorrise. Si,
assieme alla sua amica avrebbe sopportato meglio tutto. Era
così solare che non poteva fare a meno di essere contagiosa.
E, in ogni caso, avrebbe cercato di farlo ridere con lei.
Chissà
cosa aveva pensato, non vedendolo? Forse avrebbe pensato che si fosse
dimenticato di lei. Che enorme bugia. Era soltanto grazie a lei che la
sua estate non si era trasformata in un mortorio allucinante, come
avrebbe mai potuto dimenticarsela?
Alzò
gli occhi davanti a sé. Era ritornato nel campo di fiori.
Corse con gioia tra ciclamini e papaveri, diretto verso le rose, pronto
a fare un altro tentativo. Ma più correva, più il
campo sembrava grande… il roseto sembrava sempre
più lontano… il campo sembrava
infinito….
Si
bloccò. L’ultima volta che l’aveva
attraversato, il campo non era infinito. Era evidente. C’era
qualcosa che gli impediva di raggiungere le rose. Come se la sua fosse
stata una possibilità, e che l’avesse stupidamente
sprecata.
Decise di
ritornare alla foresta, che ormai era il suo punto di riferimento.
Si sedette
all’ombra di un albero al limitare della foresta. Aveva
scelto di restare ad aspettare. Chi glielo faceva, a girare per tutto
il quadro cercando una via d’uscita, se ce n’era
solo una che non aveva saputo sfruttare? Prima o poi, qualcun altro
sarebbe finito dentro al quadro, come lui. Almeno avrebbe avuto
qualcuno che gli avrebbe fatto compagnia.
Non sarebbe stato
più solo….
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Capitolo 3 *** And Then I Met You ***
Cap.
3: And Then I Met You
Luna si
rialzò. La foresta la circondava. Le sembrava
anche abbastanza fitta, nonostante nel ritratto non le fosse sembrata
così. Si aggirò, vicino al fiume, e
cercò l’uomo raffigurato nel quadro. Lo
chiamò, pur non sapendone il nome, ma invano.
Lì,
nella foresta vicino al fiume, non c’era assolutamente
nessuno, a parte lei.
Si
sentì perduta, per un attimo. Non sapeva dove andare, anche
se era sicura che, chiunque lei dovesse salvare, si trovasse dentro a
quel quadro, esattamente come lei.
Si
guardò intorno, cercando di orientarsi, e sorrise.
Tutto era
eccessivamente colorato. Sugli alberi le foglie non erano foglie. Erano
pennellate. A dire il vero, tutto attorno a lei sembrava fatto di
pennellate. Anche nell’acqua, poteva vedere il bianco del
riflesso della luce come se fosse stato dipinto. Luci ed ombre erano
impresse, in un modo che sembrava permanente, sulle rocce, sugli
alberi, per terra.
Luna
immaginò che la luce stessa non fosse vera, ma dipinta. Per
accertarsene, guardò dietro di sé, per vedere se
aveva un’ombra. Esito negativo. Dietro di lei, solo il verde
dell’erba, e niente ombra a coprirlo.
Non aveva mai
provato a stare senza ombra, lei. E non era poi così diverso
da averla dietro di sé.
Luna decise di
godersi al massimo quel mondo variopinto e strano. Si sentiva quasi un
essere superiore, lei, senza ombra….
Raccolse la rosa
da terra. Forse non le sarebbe più servita, ma sarebbe stato
uno splendido ricordo di quell’avventura.
Si
incamminò subito, sia per curiosità, sia per
cercare l’altra persona che, come lei, si trovava
lì. Si diresse subito verso destra. Voleva subito vedere il
campo di fiori. Chissà come sarebbero stati, i fiori,
laggiù.
Si
inoltrò sempre di più nella foresta, con calma,
osservando tutto ciò che la circondava nei minimi
particolari.
Riconobbe quasi
subito lo stile del quadro così come lo aveva visto da
fuori: i colori forti, le pennellate decise, la quasi totale assenza di
contorni, gli oggetti delineati da semplici macchie di
colore… stava vivendo il quadro, ne era
circondata… ed era felice come una pasqua. I suoi sogni
erano sempre stati audaci, ma, come spesso accade, la realtà
aveva superato nettamente qualsiasi fantasia.
Piccole farfalle
fatte di sole pennellate si posavano sulla sua spalla, creando uno
strano contrasto con la sua figura dalle linee decisamente
più definite. Era un’aliena, lo sapeva ma non se
lo sentiva.
“Chiunque
abbia dipinto tutta questa roba dev’essere un
genio” , pensò la ragazza.
C’era un
solo difetto: tutto sembrava così fragile, come se potesse
sciogliersi sotto le sue dita.
Ma la cosa
migliore era che tutto sembrava essere animato da una propria vita.
Sembrava che gli alberi si muovessero senza vento.
Fu solo dopo un
po’ che Luna si accinse a toccare la corteccia di uno di
essi. Si aspettava di sentirla morbida, quasi irreale, e invece no. Era
esattamente come toccare un albero normale, o quasi.
La foresta si
stava infittendo. Mentre lei non lasciava nessun’ombra, gli
alberi, alti e possenti, creavano una sorta di oscurità, di
cui però Luna non ebbe paura.
Dopo
un’ora circa di cammino, Luna cominciò a sentirsi
stanca. E fu allora che gli alberi cominciarono a diradarsi, e a
lasciar passare un po’ di luce. Il campo di fiori cominciava
già ad intravedersi, splendido in tutti i suoi colori.
*
Il ragazzo stava
cominciando ad annoiarsi. Ciò che stava facendo, non aveva
alcun senso. Cosa mai avrebbe potuto fare, seduto da solo
all’ombra di un albero?
Nulla, se non
sbadigliare come un matto per la noia. Niente fame, niente sonno,
niente di niente.
In quel momento
non invidiava affatto gli abitanti dei quadri della scuola. Beh, almeno
loro potevano dormire o mangiare cioccolatini. Lui no.
Stava per alzarsi
e cercarsi qualcosa da fare, quando sentì un rumore. Passi.
No, sicuramente
doveva essere un’allucinazione.
Dopo qualche
secondo, sentì una risata. Era fin troppo familiare. Solo
lei sapeva ridere in quel modo.
Altra
allucinazione, sicuramente. Si era ritrovato a pensare a lei
perché gli mancava, forse aveva pensato anche alla sua
risata, ma lei non poteva essere lì.
Sentì
altri passi, sempre più vicini, e sentì un
piccolo urlo.
- Fiori!
Finalmente!
Un attimo dopo,
ecco una figura sbucare fuori dalla foresta, diretta verso il campo di
fiori davanti.
Era
inconfondibile. Capelli biondi, e quello stile tutto suo. Spettrocoli
in testa come un cerchietto, orecchini a forma di ravanelli. Era lei.
- Luna?
– esclamò lui, vedendola.
Luna si
bloccò improvvisamente, al suono della sua voce. Era lui,
che le aveva chiesto aiuto? Era lui, il prigioniero nel quadro?
Poi lo vide. Non
seppe perché, ma il suo cuore cominciò a battere
a mille.
Era solo felice di
vederlo, tutto qui, ne era sicura.
In
un’estate che aveva passato con lui, non aveva mai provato
niente di simile.
-
N-neville…
Era quasi senza
voce. Eppure appena due secondi prima, aveva gettato un urlo che
chiunque doveva aver sentito a un chilometro di distanza.
- Mi sei
mancata… - disse lui.
Non era mai stato
così sincero. Di tutte le persone che aveva conosciuto, lei
era quella a cui aveva pensato di più, nei momenti peggiori
della sua permanenza là dentro. L’aveva
rincuorato, e lui aveva spesso desiderato che ci fosse lei,
lì accanto.
Ma non si sarebbe
mai sognato di vederla lì, davanti a lui, con le farfalle
appollaiate sulla sua spalla.
Era felice, mentre
le sorrideva.
Passeggiarono per
il campo di fiori, raccontandosi ciascuno le proprie avventure.
- È
splendido qui – disse Luna.
- Sapevo che ti
sarebbe piaciuto – le rispose lui.
- Sai, mi sono
preoccupata, quando sei scomparso.
- E invece, come
puoi ben vedere, sono sano e salvo.
Luna
provò un impulso strano. Non le era mai successo, in
presenza del ragazzo… voleva abbracciarlo. Perché
lei gli voleva bene. E perché non si erano visti per ben due
giorni, e le erano sembrati un’eternità.
Gli
buttò le braccia al collo, facendolo quasi cadere tra i
fiori. Ecco, quello era il suo modo di dimostrare la sua
felicità. Un gesto che sicuramente valeva molto
più delle mille parole che avrebbe potuto dirgli…
avrebbe potuto urlare, o ridere, e niente di ciò sarebbe
stato come quell’abbraccio.
E fu allora che
accadde il finimondo.
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Capitolo 4 *** The House In The Middle Of Nowhere ***
Cap.
4: The House In The Middle Of Nowhere
-
L-luna… - fece Neville, che guardava dietro di
sé, nella direzione da cui erano venuti, ancora avvolto
dalle braccia della ragazza. Sembrava allarmato. Quasi terrorizzato, a
dire la verità.
Anche la ragazza
si voltò, e vide il terribile spettacolo davanti a lei.
Gli alberi della
foresta si muovevano, minacciosi, verso di loro. I loro rami
ondeggiavano come braccia, andando alla cieca alla ricerca della preda
che, con ogni probabilità, erano proprio loro due.
Neville prese Luna
per mano, cercando di mettere la massima distanza possibile tra loro e
gli alberi. Attraversarono tutto il campo di fiori, senza nemmeno
sapere cosa ci fosse dopo. Per fortuna i fiori non si erano ribellati
contro di loro, altrimenti per loro sarebbero stati dolori.
Corsero a
perdifiato, fino a ritrovarsi davanti ad altri alberi.
Un’altra foresta.
- Siamo in
trappola! – disse Neville.
- Non penso
proprio. – rispose Luna – Entriamo tra questi
alberi, gli altri non potranno certo seguirci!
La ragazza corse
tra gli alberi, e il ragazzo seguì il suo esempio.
Si ritrovarono
dentro la piccola foresta che, a differenza di quella precedente, era
perfettamente immobile.
- Per fortuna
questi alberi sono più tranquilli – disse Luna,
sedendosi su una radice sporgente di uno degli alberi più
vicini.
Aveva ancora la
rosa in mano. La osservò: era ancora freschissima.
- Malandrina
– sussurrò la ragazza, rivolta alla rosa.
- Sai, Neville?
È lei che devi ringraziare se sono qui…
altrimenti non sarei mai riuscita a raggiungerti. E, anche se stavamo
per rischiare la vita, è una cosa che mi rende felice.
Davvero, sono contenta di essere la tua salvatrice.
Neville si
sentì arrossire, e non sapeva nemmeno perché.
Forse perché, alberi a parte, stava adorando quei momenti
con lei in un modo piuttosto vergognoso. In fondo, cos’era?
Lui e lei, da soli, in quel quadro, nel bel mezzo del nulla. Il suo
desiderio massimo sarebbe dovuto essere quello di tornare nel mondo
reale. E invece no. Ora capiva. Lui desiderava stare lì, con
lei.
- Come io sono
contento di essere salvato da te – disse lui, timidamente.
- E poi, questo
posto è così bello! Come non amare questi
alberi… e le farfalle! Neville, dimmi che ne hai viste
tante, mentre eri qui!
Il ragazzo scosse
la testa. – Ero più impegnato a cercare
l’uscita, non credi?
- Pensa: un mondo
come questo. Nessuno che ti dica niente, nessuno che ti critichi, solo
tu, io e questa splendida natura….
La sua espressione
si fece ancora più sognante del solito.
L’espressione
di Neville, invece, si fece preoccupata.
- Luna….
La sua voce era
diventata bassissima, ma Luna riuscì a sentirlo.
- Cosa
c’è, Neville? – domandò lei,
ancora tra le nuvole.
- Luna…
spostati….
Troppo tardi.
I rami
dell’albero si avventarono sulla ragazza, afferrandola per i
polsi e sollevandola; altri rami cominciarono a legarla al tronco
dell’albero, cominciando dai piedi: era come se volessero
inglobarla nell’albero.
- Fai qualcosa!
– strillò Luna, impaurita. Avrebbe fatto tutto da
sola, ma i suoi polsi intrappolati le impedivano di raggiungere la
bacchetta.
Le mani di Neville
tremavano. Ora toccava a lui salvarla. Cercò di ricordare un
incantesimo che potesse essere efficace in quell’occasione.
- Diffindo!
– urlò il ragazzo, puntando
l’incantesimo contro i rami. Ma l’incantesimo non
ebbe alcun effetto.
- Non sono rami
normali, Neville! Sono dipinti! – urlò la ragazza,
che ormai era avvolta dai rami fin sopra la vita.
Neville
pensò a cosa avrebbe potuto distruggere un albero dipinto.
Poi gli balenò in mente un’idea… era
stupida, ma tanto valeva provare….
- Aquae Eructo!
Un getto
d’acqua sprizzò dalla punta della bacchetta del
ragazzo, e colpì i rami. Questi si ritrassero, come se
fossero stati colpiti da acido, e lasciarono andare Luna.
Neville corse
verso l’albero: non voleva lasciare che Luna cadesse per
terra. La prese al volo tra le braccia.
La ragazza scosse
la testa per riprendersi dallo shock. Essere afferrata da un albero non
è proprio una di quelle esperienze che si vorrebbero
ripetere.
Sbattè
gli occhi, e la prima cosa che si ritrovò davanti non appena
li riaprì fu il volto di Neville.
Improvvisamente,
cominciò a tremare, e il cuore cominciò a
batterle di nuovo molto forte. Arrossì, ma del resto poteva
vedere che anche lui era rosso come un peperone. Sentì una
sorta di blocco ai polmoni, come se tutt’a un tratto non
fosse più in grado di respirare correttamente.
Capì
che forse era meglio ritornare con i propri piedi per terra per
conservare il proprio equilibrio fisico e non svenire tra le braccia
del ragazzo.
Anche quando
ricominciò a camminare sulle proprie gambe non si
sentì completamente bene. Forse stava impazzendo, forse
ciò che stava vivendo non era vero. Perché
c’era solo una cosa che avrebbe potuto provocare quelle
reazioni, ma era così… improbabile….
Ci si
può innamorare improvvisamente di una persona in
così poco tempo?
E in quel momento
non era nemmeno nelle sue condizioni migliori. I suoi abiti erano
sporchi di pittura marrone, proveniente dagli alberi che, con
l’acqua, si erano sciolti su di lei.
Luna
continuò a camminare in avanti, senza vedere se Neville la
stesse seguendo.
- Forse
è meglio se proseguiamo, e usciamo di qui – disse
Luna, cercando, inutilmente, di suonare più naturale
possibile.
- Si…
attenta a non toccare gli alberi, però….
Il ragazzo la
raggiunse quasi subito, e ora camminavano fianco a fianco. Erano
entrambi piuttosto imbarazzati, ma cercavano di non darlo a vedere.
La foresta era
troppo tranquilla, come se fosse morta.
- È
tutto troppo calmo – disse Luna.
Ad un tratto,
sentirono una forza strana, come una sorta di vento. Si resero conto
che veniva dagli alberi ai lati, che sembrava volessero risucchiare
tutto ciò che stava loro attorno.
Era una forza
incontrastabile che li attirava verso gli alberi, e verso i loro
rami–tentacoli.
Il primo ad essere
preso fu Neville che, con i polsi bloccati, si dimenava cercando
inutilmente di liberarsi.
Luna
riuscì a tenere la mano con cui teneva la bacchetta (e la
rosa) libera, così riuscì a liberarsi velocemente.
Fece scaturire
acqua dalla sua bacchetta per liberare anche Neville, ma forse ci mise
troppo entusiasmo….
- Grazie
– disse il ragazzo, grondante d’acqua.
-
Scusami… - disse Luna, diventando rossa. Aveva avuto
così tanta paura di perderlo… che aveva esagerato.
- Non importa
– rispose Neville, scuotendo la testa per eliminare parte
dell’acqua.
- Forse
è meglio correre, per evitare altri episodi del
genere… - fece Luna.
Neville non se lo
fece ripetere due volte. La foresta ora sembrava minacciosa, e non
vedevano l’ora di uscirne.
Giunsero al
limitare della foresta, che terminava lasciando spazio ad un piccolo
sentiero.
I due proseguirono
per quella via. Attorno a loro, a parte qualche pietra qua e
là, c’era il nulla, soltanto terra di un colore
giallo ocra, vivido come tutti gli altri. Il cielo era scuro, come se
si stesse per scatenare un temporale.
- Che strano posto
– disse Neville.
- Anche piuttosto
noioso – fece Luna. In effetti, stavano camminando da almeno
un’ora, e nulla era cambiato nel paesaggio.
Dopo un
po’, i due cominciarono ad intravedere qualcosa della loro
destinazione. Un tetto rosso, seguito immediatamente da muri dipinti di
rosa, con due piccole finestrelle. Una casetta dall’aspetto
assolutamente innocuo.
- Entriamo?
– domandò Neville.
- Si…
forse è meglio fermarci. Sai, per riposarci, visto che qui
sembra non esserci roba commestibile.
Giunsero alla
porta della casa, e la aprirono. Si ritrovarono davanti una piccola
sala con un camino, arredata soltanto da un tavolo, una sedia e un
divanetto. Tutto dipinto nello stile del quadro. Il fuoco ardeva nel
camino, ma in modo strano, come se i ciocchi fossero pezzi di tela che
stavano bruciando.
Al tavolo stava
seduto un uomo anziano, anche lui dipinto, che scriveva qualcosa.
Luna gli si
avvicinò con cautela.
- Ehm…
signore?
L’uomo
alzò gli occhi da ciò che stava scrivendo. Non si
voltò verso di loro, ma disse: - Ce ne avete messo di tempo,
ragazzi… vi stavo aspettando.
- Scusi?
– fece Neville.
L’uomo
si alzò, e si volse verso di loro. E loro lo riconobbero.
- Lei…
lei è l’uomo ritratto nel quadro! –
esclamò Luna.
- Esatto
– disse l’uomo – e, per essere precisi,
ne sono anche il pittore.
- Lei è
il creatore di tutto questo? – domandò Neville, un
po’ irritato. Ecco l’autore della sua prigione.
Ecco l’uomo che aveva creato quegli alberi imbizzarriti.
- Si –
rispose l’uomo.
- Anche degli
alberi che per poco non ci hanno ucciso?
L’uomo
sospirò. – Si, anche di quelli.
- Oh, non si
preoccupi… - disse Luna, poggiando una mano sulla spalla del
vecchio – Noi stiamo….
- Stai lontana da
lui, Luna! – disse Neville, strattonando la ragazza per
allontanarla dall’uomo.
- Oh, Neville,
calma! Non penso che l’abbia fatto apposta… e poi,
alberi a parte, è tutto così bello qui! Davvero
tanti complimenti, signore!
- Luna…
non ti rendi conto che è per colpa sua che i nostri abiti
sono sporchi di pittura? Quegli alberi stavano per ucciderci!
- Calma, ragazzo,
– lo interruppe l’uomo – la ragazza ha
ragione. Non ho mai voluto fare del male a nessuno. Ma la storia di
questo quadro è lunga, e a tratti imprevedibile anche ai
miei occhi. Ora, accomodatevi. Non voglio far stare troppo in piedi i
miei ospiti.
Il mio nome
è Astrophel Bailey, sono nato nel 1785 e ho esercitato la
professione di pittore fino alla mia morte. Ho sempre pensato alla
pittura come un modo per trovare sé stessi, e come qualcosa
di… vivo. Ho sempre desiderato di finire dentro uno dei miei
quadri e verificare se era possibile viverlo. Voi certo non potete
immaginare la mia sorpresa quando, alla mia morte, mi è
stato concesso di rivivere in uno dei miei quadri, e dargli vita.
È una possibilità che viene data a tutti i
pittori, ma che non tutti sfruttano, purtroppo.
Io ho deciso di
vivere in questo mio autoritratto; il paesaggio che ho dipinto attorno
a me è probabilmente una delle cose più belle che
abbia mai visto… voi non l’avrete mai visto dal
vivo, ma è un vero e proprio paradiso terrestre….
Sicuramente vi
starete chiedendo come mai siete qui, e qual è lo scopo di
questo quadro: ecco a voi la risposta. Ho creato tutto ciò
per coloro che non sanno bene cosa vogliono… e il modo per
uscire arriverà soltanto quando chi si trova qui si
sarà un po’ schiarito le idee.
- Quindi la
rosa… - fece Luna.
- Si, la rosa
è uno dei tanti modi per uscire; ma a quello
arriverò tra poco.
Non è
mai stata mia intenzione quella di fare del male a qualcuno,
naturalmente, ma la pittura magica deve aver interpretato male le mie
intenzioni e, ogni volta che l’ospite nel quadro si avvicina
alla soluzione dei suoi problemi, fa di tutto per non farlo uscire
vivo… non sono in molti quelli che giungono fino a me
incolumi, dovreste considerarvi fortunati per questo.
- Magnifico, ma
tornando al nostro problema? Come faremo ad uscire? – gli
domandò Neville.
-
Basterà rimettere la rosa al suo posto, nel roseto.
Riconosco il fatto che sia un souvenir piuttosto allettante da portare
a casa, ma fa parte del quadro, e fuori non rimarrà in
quello stato per molto tempo. Mi dispiace.
- Peccato, era
davvero bella – disse Luna.
- Piuttosto,
saremo costretti ad affrontare di nuovo quegli alberi? –
disse Neville, preoccupato.
- No, ragazzo.
Inspiegabilmente, tutto si calma in poche ore, anche se per il momento
l’unico posto sicuro è questa casa. Io ne
approfitterei: non so tu, ma la ragazza sembra essere stanca. La stanza
di sopra è tutta per voi.
- Grazie, signor
Bailey – disse Luna.
- Prego, ragazza.
- A
proposito… abbiamo dimenticato di presentarci. Io mi chiamo
Luna.
Neville si
picchiò la fronte con la mano. Che sbadati, si erano
lasciati prendere così tanto dalla storia da dimenticarsi di
presentarsi.
- Io sono Neville,
piacere.
- Il piacere
è tutto mio, ragazzi. Ma ora andate - . Sembrava che stesse
cercando di mandarli via.
I due salirono, ed
entrarono nella camera. Era una stanza molto semplice, con un letto e
una cassettiera. Sarebbe stato strano, dormire lì. In un
letto dipinto, con delle lenzuola di un bianco leggermente opaco e con
le ombre delle pieghe che non sarebbero scomparse.
Luna si sedette
sul letto, e Neville fece lo stesso.
- Ce
l’abbiamo fatta, - disse il ragazzo – tra poco
usciremo da qua.
-
Già… finalmente.
- Bene…
ora tu vorrai dormire, immagino….
Si, lei voleva
dormire. Ma c’era qualcosa che mancava a quella giornata
così piena. Forse la parte migliore, se non la
più difficile.
Era servita a
quello, tutta la loro avventura? A farle capire che lui era tutto
ciò che stava cercando, tutto ciò che avrebbe
voluto?
Forse….
- No, non subito
– disse Luna, bloccando il ragazzo, che già si era
alzato per andarsene.
- Neville, io ti
devo parlare.
- Si…
certo… dimmi….
Luna prese un bel
respiro, poi cominciò a parlare.
- Non so nemmeno
da dove cominciare… penso che tutto sia cominciato dal
momento in cui ci siamo incontrati, qui nel quadro. So solo che
l’attimo in cui ti ho visto ho provato qualcosa. Non ero
soltanto contenta di vederti, ma molto di più. Quando tu mi
hai salvata da quell’albero, e mi sono ritrovata tra le tue
braccia… non so come, ma avevo capito. E quando
l’albero ti ha intrappolato, ho avuto troppa paura di
perderti… e ho esagerato. Non so come sia potuto accadere,
davvero… ma anche tu hai sentito le parole del pittore, noi
siamo qui per trovare ciò che vogliamo realmente…
e io l’ho trovato. Sei… sei tu,
Neville….
Neville
arrossì, e sorrise. Perché si rendeva conto che
tutto ciò che diceva Luna era vero, e che anche lui aveva
provato quelle sensazioni. Quando l’aveva vista, quando
l’aveva presa tra le sue braccia… e anche lui
aveva trovato ciò che voleva realmente. Lei, solo e soltanto
lei.
- Sai…
nel momento preciso in cui ti ho vista, ero felice. Non
perché qualcuno fosse arrivato per salvarmi, ma
perché eri tu. Soltanto per quello.
Lei gli sorrise, e
lo abbracciò. Era più delicata di quando, per
poco, aveva rischiato di buttarlo a terra. I loro volti erano,
tutt’a un tratto, vicinissimi….
E lei lo
baciò. Un bacio leggero, a fior di labbra.
Sorrisero
entrambi. Neville alzò timidamente una mano, e
accarezzò la guancia di Luna, ancora rossa.
- Dormi, ora
– le disse, dolcemente.
E Luna decise di
dormire, per magari scoprire che il suo era stato tutto un sogno.
Sentiva le mani di Neville che accarezzavano i suoi capelli…
e quello non era un sogno….
Neville rimase al
suo fianco finché non si addormentò. Era
bellissima….
Le diede un bacio
sulla fronte, poi scese. Non aveva voglia di dormire, e una
chiacchierata col signor Bailey non gli avrebbe certo fatto male.
Mentre loro erano
su, l’uomo aveva ricominciato a scrivere.
- Cosa sta
scrivendo? – domandò Neville.
- Un diario
– rispose l’uomo – Serve per ricordarmi
che giorno è, ed è un ottimo rimedio contro la
noia.
- Viene spesso
qualcuno a… trovarla?
- No…
sono già pochi quelli che entrano dentro il quadro, e ancora
di meno quelli che possono fare qualcosa contro di esso. È
orribile, ma sembra che sia più semplice sconfiggere quegli
alberi se si è in coppia. E molti devono trovare
ciò che vogliono da soli. A proposito… come va la
tua ricerca, ragazzo?
- Benissimo. Ho
già trovato ciò che voglio. E dire che ce
l’avevo proprio sotto il naso….
- Era lei, vero?
Neville
annuì.
- Sono contento
per voi, allora. Siete entrambi pronti per uscire.
Neville
osservò, da una finestrella, il paesaggio fuori dalla casa.
Lentamente, tutto stava tornando alla normalità.
Sospirò.
- Mi sembra quasi
che questo mondo sia diventato parte di me – disse il ragazzo.
- O, piuttosto,
che tu sia diventato parte di esso… - gli rispose il vecchio.
D’istinto,
Neville si guardò le mani. I contorni erano poco definiti, e
le dita sembravano pennellate. Stava diventando parte del quadro.
- Oh
no… - disse.
- Non
preoccuparti… finché la trasformazione non si
completa, sarà sempre reversibile. Ma penso che comunque non
sia il caso di attendere molto.
Luna si
svegliò qualche ora dopo.
-
Neville… cosa è successo alla tua faccia?
Sembra… sembra dipinta! – esclamò lei,
appena lo vide.
Neville le
spiegò tutta la faccenda.
- Allora, cosa
stiamo aspettando? Muoviamoci! – disse la ragazza, allarmata.
Ora che lui era suo, non voleva perderlo.
Neville
guardò di nuovo fuori dalla finestra. Tutto era calmo.
- Va bene
– disse lui – ma prima salutiamo il signor Bailey.
I saluti furono
piuttosto veloci.
- Grazie per
averci ospitato, signor Bailey – disse Luna.
- È
stato un piacere conoscervi, signore – fece Neville.
- Il piacere
è tutto mio – rispose l’uomo, stringendo
le loro mani.
- Vi auguro buona
fortuna, ragazzi – continuò il signor Bailey.
I due uscirono,
mentre il vecchio li salutava con la mano.
- Che avventura
– disse Neville, prendendo Luna per mano.
- Già
– rispose lei.
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Capitolo 5 *** Return ***
Cap.
5: Return
Attraversarono
tranquillamente la foresta, stavolta senza paura di essere avvolti o
attaccati dagli alberi. Riuscirono addirittura a godersi un
po’ della pace di quel posto, il cui unico rumore era quello
del cinguettare degli uccelli.
Giunsero
nuovamente al campo di fiori, luogo del loro incontro e, ora, della
loro liberazione.
Arrivarono
davanti al roseto. Luna aveva la rosa in mano, e la stringeva con
fermezza.
- Ora devo
soltanto metterla qui, e tutto sarà finito… -
sussurrò Luna.
- Meglio farlo
subito, non ho nessuna voglia di restare qui per sempre….
Luna
allungò la mano che reggeva la rosa verso il cespuglio, e
posò la rosa sopra uno degli steli. La rosa subito si
integrò col cespuglio, come se non fosse mai stata staccata.
Una forza,
proveniente dal terreno, la stessa forza che li aveva attirati verso il
quadro, li spingeva verso l’alto. I loro piedi si staccarono
da terra. Stavano volando.
- Fantastico!
– esclamò Luna. Era finita dentro un quadro, e ora
stava volando… cosa voleva di più?
Continuarono ad
andare sempre più su, verso il sole… gli alberi
erano diventati una grande massa verde… il disco giallo del
sole era sempre più vicino, con la sua luce
abbagliante….
Chiusero gli
occhi, mentre letteralmente attraversavano il sole… era pura
luce dipinta, non poteva fare loro del male….
Improvvisamente,
fu come se avessero attraversato una barriera. La forte luce scomparve,
e poterono riaprire gli occhi.
Erano ritornati a
scuola, nel corridoio dell’aula di Incantesimi.
- Wow –
disse Luna, appoggiandosi al muro.
- Oltre ogni tua
aspettativa, immagino – le disse Neville, appoggiando una
mano sulla sua spalla. Lei sorrise.
- Non poteva
andare meglio di così – disse, e si
avvicinò, lentamente, per baciarlo di nuovo….
- Finalmente vi
ho trovati! – tuonò una voce dall’altra
parte del corridoio.
I due si
voltarono, e videro la McGranitt che si avvicinava a loro con fare
minaccioso.
- Vedo che avete
deciso presto di marinare le lezioni! Immagino che vi siate divertiti
molto a nascondervi! E guardatevi… avete sporcato le
uniformi di fango!
- Ma…
professoressa… il quadro… - disse Neville,
cercando di spiegarsi.
- Ci siamo finiti
dentro! – continuò Luna.
- Avete proprio
una bella fantasia, ragazzi! Nessun quadro qui ad Hogwarts ha mai
permesso agli studenti o a nessun altro di entrare, perciò
dubito che voi possiate essere gli eletti! Davvero, non me
l’aspettavo da voi due!
- Ma
professoressa… - dissero i due, assieme.
- Niente ma! Il
vostro comportamento è stato inaccettabile, ed è
per questo che toglierò venti punti alle vostre Case e che
vi assegnerò una bella punizione! Stasera, nel mio ufficio,
e non inventatevi altre scuse strane!
La professoressa
si allontanò, senza nemmeno dare loro il tempo di rispondere.
I due non
parlarono per tutto il tragitto di ritorno ai loro dormitori. Erano
troppo arrabbiati con la professoressa e avevano paura di lasciarsi
scappare qualche parola di troppo.
Giunsero di
fronte all’ingresso per il dormitorio di Corvonero.
- Mi dispiace per
la punizione… - disse Neville.
- Guarda il lato
positivo della situazione – gli rispose Luna –
Almeno avremo un po’ di tempo da passare assieme, durante la
punizione.
- Sei incredibile
– le rispose il ragazzo, per poi baciarla.
- Ti amo
– disse lui.
-
Anch’io… - rispose Luna, per poi dirigersi col suo
solito passo saltellante verso il dormitorio.
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