~Once Upon A Dream

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** …then you’ll be afraid ***
Capitolo 2: *** What power do you have to stop me? ***
Capitolo 3: *** ...and prove that true love conquers all ***
Capitolo 4: *** Please, just stay away from me. Stay away! ***
Capitolo 5: *** But if I know you, I know what you'll do ***
Capitolo 6: *** Can't hold it back anymore ***
Capitolo 7: *** I will be right here {Anna} ***
Capitolo 8: *** But see the gracious whim of fate {Malefica} ***



Capitolo 1
*** …then you’ll be afraid ***


Note Autrice:
Raccolta di momenti incentrati sulla DragonIce, nome della ship che vede Elsa e Malefica protagoniste!
Ci tengo a specificare che l'immagine presente appartiene a SelenaWhiteWolf, su Deviantart, e della stessa autrice vi consiglio la visione di questo VIDEO, che tratta questa coppia :3
Pubblicherò regolarmente, massimo una volta a settimana (anche prima).
Faccio presente che il titolo di ogni capitolo è una frase appartenente ad uno dei due film ("La bella addormentata nel bosco" e "Frozen") che meglio si addice al suo contenuto ;)
Buona lettura :D


 
…then you’ll be afraid
 
























Quell’inquietante foresta di rovi sembrava aprirsi davanti a lei, quasi a darle il giusto spazio per arrivare sino al cancello della Fortezza Oscura.
Si stringeva nel mantello bluastro, il cappuccio calato a nascondere il volto nonostante una leggera brina si posasse sulla vegetazione al suo solo passaggio: aveva freddo, maledettamente freddo.
Assurdo, considerando che lei era la regina dei ghiacci, eppure quell’aria tetra, quell’oscurità avvolgente le penetravano sino nell’animo, opprimendola.
Quella era la forza del male più infimo?
Quella la spaventosa grandezza di chi governava le tenebre?
Il vestito si strappò in alcuni punti per via delle spine ma la Regina cercò di non badarci troppo: prendere la decisione di andare lì, nell’ultimo posto al mondo dove chiunque –con un po’ di sanità mentale- non avrebbe mai messo piede, era stato difficile, molto difficile.
Ma non si sarebbe tirata indietro, inspirò profondamente e si decise a raggiungere l’enorme cancello nero.
Ne sfiorò le lunghe aste metalliche ma questo si aprì autonomamente, con un cigolio sinistro che la fece sussultare: avrebbe potuto cambiare idea, lì, in quel momento, tornare indietro e dimenticare quell’assurdo tentativo.
Si sentiva osservata, studiata, scrutata da una delle fate più temute e pericolose esistenti, come se dal singolo istante in cui avesse deciso di andare proprio da lei la sua mente ed i suoi pensieri non le fossero più appartenuti.
Entrò in quell’enorme castello nero, il picchiettare dei tacchi cristallini era l’unico suono udibile: silenzio, solo un inquietante silenzio l’avvolgeva, la costringeva ad avanzare perché il solo pensiero di tornare indietro la faceva rabbrividire.
Buffo, che per non essere più un mostro si stesse per rivolgere proprio ad uno di questi, forse il peggiore.
Chiunque sarebbe già divenuto uno scheletro, o un cadavere, o un mucchietto di cenere poiché la Signora del Male non concedeva a nessuno di mettere piede lì. Vivo naturalmente.
Salì una lunga rampa di scale, una volta in cima Elsa si ritrovò dinnanzi ad un immenso salone, probabilmente se fosse stata in un castello normale l'avrebbe trovato ben pulito e decorato, magari con un tappeto rosso e lampadari ad illuminarlo.
Invece quel luogo era tetro, sempre più tetro: andando verso l'alto invece che incontrare la luce ci si immergeva nelle tenebre.
Il pavimento era di marmo nero, le pareti umide e scure, l'aria rarefatta e la forza di gravità pareva pesare il doppio.
«Benvenuta nelle tenebre, regina di Arendelle.» La voce le ghiacciò il sangue nelle vene, tanto era profonda e al contempo maligna.
Quel gelo profondo dedito solo a lacerare gli animi.
Le iridi celesti si posarono su di una figura autorevole affacciata alla finestra, la debolissima luce esterna ne delineava un profilo deciso e al contempo raffinato, labbra rosse e carnose, occhi gialli e maligni come unico faro nelle tenebre.
«Voi… voi siete…» Balbettò intimidita. Lei che non conosceva il mondo e le sue sfumature, lei che non aveva mai vissuto lontana dai suoi cristalli immobili e dalla paura di se stessa, trovarsi davanti tanta sicurezza ed autorità racchiuse in un’unica persona l’aveva disorientata.
L’aveva disorientata più che il lungo mantello nero a celarne le forme, più che quelle spaventose corna sulla nuca, più che quella pelle tanto simile ad un verde oliva.
«Potresti averne paura.» Tagliò corto l’altra, senza rivolgerle veramente lo sguardo.
Il suo volto era impassibile, austero, velato di una tremenda eleganza.
«Io… avrei una richiesta.» Disse debolmente, facendosi coraggio.
Soltanto il silenzio spadroneggiò per qualche attimo, sin quando una risata malefica e del tutto ironica non si levò nell’aria.
«Una richiesta?» Domandò metaforicamente la Signora del Male, volgendo il proprio sguardo verso di lei: profondo, maledettamente profondo, tanto tagliente che Elsa si sentì perforata da parte a parte.
«Un’anima buona e candida che viene a fare una richiesta a me? A me, signora di ogni male?!»
Questa volta gridò, e nell'attimo esatto in cui si voltò completamente verso di lei colonne di un fuoco verdastro si innalzarono tutte intorno al salone, percorrendone il perimetro con fare minaccioso: alte, aggressive.
Non era un fuoco naturale, non era nulla di normale: la natura piegata alla volontà della più tetra oscurità.
Eppure, nonostante la presenza delle fiamme, era ancora maledettamente freddo... freddo come quelle iridi che non lasciavano scampo alla regina, la minacciavano ed aggredivano in ogni modo.
Elsa si strinse a sé istintivamente, indietreggiò rispetto a quel fuoco malsano, prima di tornare a volgere lo sguardo a Malefica: continuava a fissarla con un’intensità disarmante, quasi non volesse lasciarle scampo.
«Insegnatemi a controllare il mio potere…» Bisbigliò di nuovo, cercando di farsi coraggio.
«Ve ne prego…» Era una richiesta, una supplica, una preghiera.
Non si era rivolta a Malefica casualmente, ma perché sapeva che con quella dark fairy avrebbe potuto veramente dare sfogo a tutte le proprie potenzialità senza ferire né distruggere.
La Signora del Male era potente, molto potente, e per quanto Elsa sapesse quale rischio fosse mettersi nelle sue mani, era altrettanto consapevole che sarebbe stata capace di contenerla, contrastarla tanto da aiutarla a controllarsi.
Di nuovo quel silenzio angoscioso invase il salone, almeno fino a quando la Signora del Male non aprì lentamente le labbra carnose, lasciando che un sorriso sadico e tremendamente ironico si palesasse sul suo volto.
Poi d'un tratto scomparve, si dissolse nel nulla per poi riapparire alle spalle di Elsa, ad una manciata di centimetri: un'ombra oscura e prepotente dietro di lei, che incombeva minacciosa.
Le si avvicinò appena, quanto bastava per arrivare con le labbra dinnanzi alle sue orecchie, con gesti tanto lenti da far gelare il sangue nelle vene.
«Voglio la tua anima.» Le bisbigliò. Elsa rabbrividì, gli occhi cercavano nel vuoto una risposta a quella richiesta.
Darsi in mano ad un mostro come Malefica significava, di fatto, rinunciare a se stessa, rinunciare alla possibilità di essere ciò che più desiderava…
Eppure era consapevole che soltanto in quel modo avrebbe imparato a controllarsi, senza essere più un pericolo per la sua gente e le persone che amava.
Una vita per tante vite.
«D’accordo.»
E Malefica sorrise, di nuovo, ghignando sommessamente.
I suo corpo, dette quelle parole, tornò a divenire ombra ed investì Elsa completamente, senza provocarle alcun danno se non qualche istante di faticoso respiro.
Riapparve sul suo trono di rovi oscuri: gelida, immonda, tremendamente soddisfatta.
«Benvenuta all'inferno, Regina di Arendelle.»
Aveva emesso la sua sentenza.

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Capitolo 2
*** What power do you have to stop me? ***


What power do you have to stop me?
 


«Sei andata ancora da lei, vero?» La voce di Anna era un misto di rabbia e delusione allo stesso tempo.
 Ferma sulla porta della stanza osservava la sorella sistemarsi la treccia dinnanzi ad un lungo specchio, facendo di tutto per non guardare in faccia alla minore.
Sospirò, mantenendo un tono del tutto calmo e benevolo, per quanto le riuscisse.
«Anna, quante volte devo ripeterti che-»
«Lei è il male!» Gridò d’improvviso Anna, entrando completamente nella stanza, furibonda, gesticolando.
Elsa ebbe un sussulto ma si contenne, cercò di ignorarla mentre la temperatura della stanza pian piano scendeva.
«Ha ferito una ragazza innocente, messo in pericolo un regno intero e terrorizzato chiunque!» Continuava imperterrita, avvicinandosi con sempre maggior enfasi.
Adirata, arrabbiata, confusa: non poteva credere che la sorella si fosse rivolta proprio a lei.
«Se la chiamano “Signora del Male” un motivo ci sarà!» Rimase così, con le labbra dischiuse, la rabbia in volto almeno quanto il dispiacere: amava sua sorella, l’amava più di ogni cosa al mondo, e mai l’avrebbe voluta vedere affianco dell’oscurità.
Si quietò appena nel vedere che Elsa non rispondeva, non reagiva, come ogni volta teneva dentro di sé pensieri ed emozioni, lasciando soltanto un velo d’apatia a parlare per lei.
Niente emozioni, niente emozioni...
«Non ti aiuterà, Elsa. Quella donna è un mostro
Strinse i pugni, non riuscendo a reggere l’ennesima accusa.
«Anche io lo sono.» Disse piano, sottovoce, quasi sperando che Anna non la udisse.
Perché lo sapeva, che si sarebbe arrabbiata, che per l’ennesima volta le avrebbe fatto una sfuriata, ripetendole che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe riuscita a controllare quei poteri da sola o quantomeno con l’aiuto dell’amore… non certo delle tenebre.
«Elsa tu non-»
«Lo sono invece!» Si volse verso di lei con altrettanta rabbia, stringendo i pugni per evitare che il proprio potere si manifestasse ancora, soprattutto contro la sorella.
Le pareti cominciarono a ricoprirsi di una leggera brina, il pavimento lentamente gelò ed Anna non poté fare a meno di restarne stupita, guardandosi attorno con fare circospetto, senza però lasciarsi intimidire.
Determinata, come ogni volta.
«Guardami, Anna. Guardami.» Le intimò con tono basso, sommesso: ancora una volta si stava dando tutte le colpe, ancora una volta si rese consapevole delle proprie tremende capacità.
«Non sono capace di controllarmi con te, la persona a cui voglio più bene… come pensi che potrei riuscirci con chiunque?» Si guardò le mani con astio, prima di portarle al petto e richiudersi appena su se stessa.
La sorellina non disse nulla, si limitò ad ascoltarla e ad osservarla, cercando di capire cosa volesse veramente dirle.
«E chi meglio di colei che ne è la signora suprema può insegnarmi a controllare la paura e la rabbia?» La domanda era ovviamente metaforica.
Anna accennò a parlare, ma ancora una volta la voce della sorella la interruppe poco prima.
«Ma non è solo questo.» Ammise tornando ad alzare il capo, le mani ancora strette al petto, il volto che andava lentamente distendendosi, rilassandosi.
«Con lei io mi sento… libera.» Ammise accennando ad un sorriso, un sorriso che Anna non vedeva in Elsa da molto, molto tempo.
«Non devo trattenermi, non devo aver paura di ferire, non devo costringermi ad essere qualcuno che non sono.» La sorellina sbarrò gli occhi, sinceramente stupita da quelle parole.
Elsa era felice, mentre parlava di quel mostro.
Felice come Anna non era stata capace di farla sentire negli ultimi tempi.
Possibile che la Signora del Male fosse, forse inconsciamente, riuscita dove lei aveva fallito?
«Elsa, tu…» Bisbigliò, anche lei incredula per quello che stava per dire.
Elsa alzò lo sguardo verso di lei, tornando in sé, in attesa di una affermazione che tardò ad arrivare.
Anna deglutì, ma non era nella sua indole non essere sincera, né tantomeno mentire dinnanzi all’evidenza… anche se, ne era certa, quella verità l’avrebbe uccisa.
«…ti stai innamorando di lei.»



Note Autrice:
Ecco il secondo piccolo capitoletto!
Per quanto la ship sia del tutto particolare, cercherò di mantenere IC i due personaggi ;)
Fatemi sapere che ne pensate :D

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Capitolo 3
*** ...and prove that true love conquers all ***


Note Autrice:
Felicissima che questa piccola raccolta di one-shot stia piacendo =D
Non sono lunghi, i capitoli, proprio perchè vorrei pubblicarne parecchi senza annoiare.
Ho dato a questo capitolo una battuta che Malefica dice ironicamente a Filippo nel film ma che, per quanto la riguarda in questo capitolo, le giocherà un tiro mancino ;)

 

…and prove that "true love" conquers all!
 
                                       

«Non dire sciocchezze, Grimilde. Il Vero Amore non esiste.» Un tono superficiale e tutt’altro che interessato a quell’argomento, mentre sfiorava con la punta delle dita il bracciolo in pelle della poltrona sulla quale era comodamente seduta.
«Non per quelli come noi, almeno.» Terminò mentre la Evil Queen le lanciava uno sguardo di sfuggita, intenta a liberare il suo prezioso specchio della brame da un telo che lo ricopriva.
Malefica non disse nulla, lo scettro saldamente tenuto fra le mani, le labbra rosse dischiuse ed uno sguardo altezzoso quanto perplesso.
«Io non ne sarei così sicura, fossi in te, mia cara.» Le rispose la regina, ponendosi davanti all’enorme specchio di forma ovale, al cui interno sembrava muoversi una strana polvere violacea.
Grimilde era forse una delle poche creature con la quale era rimasta in buoni rapporti – e per buoni rapporti si intende un’alleanza solida, naturalmente, ben lontana dall’affetto.
Un volto maschile non ben definito comparve all’interno dello specchio, il quale accennò ad un inchino alla sua signora.
«Salute a voi, mia Regina.» Disse con cautela. Nello stesso istante il corvo appollaiato sulla spalla di Malefica emise un lieve gracchiare, costringendo la dark fairy ad allungare una mano sulle sue piume, carezzandolo appena.
Grimilde si volse alla Signora del Male, scostandosi di lato di qualche passo, in modo tale che lo specchio avesse un contatto visivo diretto con ella.
«Mostrami il Vero Amore di colei che hai davanti.» Ordinò cauta, inutile dire che Malefica le lanciò un’occhiata omicida tutt’altro che rassicurante.
«Come desiderate, mia regina.» Rispose lo specchio, scomparendo momentaneamente dalla loro vista.
«Cos’è questa pagliacciata?!» Inveì tutt’altro che concorde con quanto stesse accadendo, le labbra rosse increspate, la fronte corrugata per il disgusto di una tale possibilità: mai, nella sua vita, aveva anche solo preso in considerazione l’ipotesi che potesse esistere un uomo degno della sua attenzione, figurarsi dell’amore!
Aveva rinnegato, distrutto e disintegrato quel sentimento per tutta la vita, figurarsi se l’avrebbe mai considerato reale, non per se stessa almeno.
«Grimilde, non costringermi a…» Ma si interruppe nel momento esatto in cui, nello specchio, una figura in particolare si palesò in tutta la propria bellezza: capelli argentati, occhi celesti, abito cristallino e quella meravigliosa capacità di controllare il ghiaccio e la neve a proprio piacimento.
Elsa.
«Ma che…» Non terminò la frase nemmeno questa volta. Si alzò in piedi di scatto, furibonda, tanto che Diablo si apprestò a volare altrove: Malefica era tremenda da calma, figurarsi se in preda alla rabbia.
«Che diavolo è questa messinscena, eh?!» Sbraitò contro Grimilde, alternando lo sguardo fra lei e svariate immagini di Elsa che si susseguivano continuamente, quasi a volerla ossessionare.
«Lo specchio mostra solo la verità, cara Malefica. E credimi, sono consapevole che questa faccia più male del dovuto, il più delle volte…» Ne aveva pagato personalmente il prezzo, del conoscere la verità della realtà per mezzo di quello specchio.
Eppure continuava a consultarlo, incapace di farne a meno.
Malefica strinse i denti, adirata, irritata, ferita nel profondo del proprio orgoglio smisurato.
«E’ impossibile.» Sentenziò infine, cercando di riprendendo la calma, di regolarizzare il respiro, cominciando a camminare nervosamente per la stanza.
«Oh, non lo è, a quanto pare.» Le fece presente l’altra con un sorrisetto soddisfatto.
Malefica si fermò, le iridi che prima erano perdute nel vuoto si volgono lentamente in direzione della Evil Queen, gelide, impassibili, tremendamente maligne.
«La ucciderò.» Ed un sorriso sadico si aprì sulle sue labbra, lasciando spazio ad un’insana risata.

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Capitolo 4
*** Please, just stay away from me. Stay away! ***


Note Autrice:
Più di un mese di ritardo è un pò tanto, in effetti, ma mi è davvero capitato di tutto...
Spero di riuscire a pubblicare regolarmente, da ora, ed annuncio che il rpossimo capitolo sarà un pochettino "hot" :3
Enjoy my gif u.u

 

Please, just stay away from me. Stay away!


«Elsa, sono arrivati!» Il grido preoccupato di Anna la ridestò dai suoi pensieri, ancora avvolti da quelle fiamme verdastre, prigionieri di quel sorriso inquietante.
Immediatamente si affrettò a raggiungere la grande balconata del palazzo di Arendelle, sgranando gli occhi celesti nel vedere l’esercito del Regno vicino avanzare pericolosamente in direzione della cittadina.
«Cosa facciamo?» Le domandava continuamente la sorellina accanto a lei, decisamente in ansia per quella scomoda situazione: si era sparsa la voce troppo, troppo in fretta, riguardo i poteri sovrannaturali -e pericolosi- della Regina di Arendelle, dunque nessuno aveva esitato ad organizzare un’offensiva a quella cittadina commerciale.
Anna le scuoteva un braccio, come a cercare di farla riprendere da quel momento di smarrimento: di nuovo aggredita, di nuovo giudicata, di nuovo costretta a rivelare una parte di sé che per sempre avrebbe voluto dimenticare.
Quella del mostro e del pericolo, per sé stessa, per i suoi cari e anche per coloro dai quali doveva difendersi.
Inspirò profondamente, si strinse il petto con una mano: aveva imparato a controllare i propri poteri, ormai non era più una sprovveduta e lo avrebbe dimostrato.
«Ci penso io.» Affermò con voce flebile, voltando le spalle ad Anna e al terrazzo.
Scese sino ai piedi del palazzo, la gente si accalcava nella piazza, pensierosa e preoccupata mentre la Regina avanzava, regale ed impeccabile come sempre.
«Che nessuno esca dalle mura!» Gridò cercando di imporsi con una certa autorità, mentre il cuore palpitava sempre più forte nell’uscire allo scoperto, avanzando verso l’esercito nemico, oltre le mura protettive e soffocanti della sua cittadina.
Aveva imparato a controllare i suoi poteri, certo, ma restava umana.
Una fragile anima umana che ancora non era in grado di oscurare i sentimenti, nemmeno per un istante.
Sentì  il cancello chiudersi alle proprie spalle, se non fosse stata gelida per natura probabilmente avrebbe sentito un brivido freddo percorrerle la schiena.
L’esercito non accennava a fermarsi, ormai solo una ventina di metri lo separava dall’elegante figura della Regina, ancora combattuta sul da farsi.
«Fermatevi.» Disse con tono di voce alto, che si sforzava di essere deciso, per quanto possibile.
Loro tremarono, ma non si arresero: la minaccia andava estirpata, anche con la forza se necessario.
La brutalità dei pregiudizi e la spregiudicatezza della paura.
«Fermatevi, vi prego!» Li intimò di nuovo, il tono appena strozzato, sinceramente preoccupato: per loro, certo non per se stessa.
Ma nemmeno questa volta l’ascoltarono, sebbene rallentando la loro avanzata continuava.
Elsa si guardò intorno, conscia di dover reagire, di dover proteggere la sua città che altrimenti sarebbe stata messa a ferro e fuoco, quasi sicuramente: ma soprattutto non voleva che le persone fossero costrette ad impugnare le armi, a ferirsi, ad ammazzarsi.
A diventare dei mostro per lei e come lei.
Tese le braccia poco davanti a sé, si concentrò e con una facilità incredibile creò una sorta di muro di ghiaccio, tanto largo che circumnavigarlo sarebbe stato fin troppo impegnativo.
L’esercito fu costretto a fermarsi, ma tempo qualche attimo e con tutto ciò che avevano cominciarono a colpire la parete di ghiaccio, nella speranza di frantumarlo.
Elsa si morse un labbro, indecisa sul da farsi: tese di nuovo le mani in quella direzione, spingendo il lastrone di ghiaccio verso di loro.
Indietreggiarono, costretti dal ghiaccio della Regina, del mostro.
Indietreggiarono senza arrendersi tanto da arrivare ormai in prossimità del grande lago alle loro spalle e soltanto in quel momento l’avanzare della lastra si fermò.
Avrebbero rischiato di annegare, le acque erano gelide da mesi e lei non voleva assolutamente fare loro del male, solo intimidirli e costringerli ad andarsene.
Ma loro no, il tempo di riprendersi e con spari e lame distrussero quella parete di ghiaccio, riprendendo l’avanzata ancora più agguerriti di prima.
Aveva avuto pietà di loro, aveva rinunciato a ferirli, aveva rinunciato a dare loro la prova di ciò che credevano.
E cosa aveva ricevuto in cambio?
Un’avanzata ancora più agguerrita, nemici più aggressivi, menti incapaci di comprendere e perdonare.
Indietreggiò istintivamente, le labbra piegate in un’espressione afflitta, dolorosa, di chi è letteralmente con le spalle al muro: uccidere e salvarsi o condannarsi a morte?
«Vi prego, vi prego state lontani!» Gli gridò. «Non voglio farvi del male!» Ripeté subito dopo, ma ancora una volta non venne ascoltata.
Qualcuno cominciò a lanciare delle frecce, Elsa si protesse d’istinto ma una vera e propria pioggia di lame appuntite era completamente indirizzata a lei: spaventata, offuscata da un sadico combattimento interiore.
Anna, bloccata dalle forti braccia di Kristoff, le gridava di rientrare e di scappare, ma lei sembrava non udire nulla di tutto questo: fissava con occhi sbarrati quella pioggia di frecce che di lì a poco l’avrebbe trafitta.
Inerme, attendeva la morte.
Forse, alla fine, era la scelta migliore…
…ma non per tutti.
Ma non accadde nulla di tutto questo: d’improvviso le frecce presero fuoco, si disintegrarono ancor prima di arrivare a sfiorare il longilineo corpo di Elsa.
L’esercito si fermò di colpo, un mezzo infarto colpì Anna e con lei tutta Arendelle, mentre alla Regina non restava che rimanere con le labbra dischiuse, sconvolta: davanti a lei si ergeva l’imponente e terrificante figura di Malefica, il mantello nero come la morte ad avvolgerle il corpo e le prorompenti corna di demonio sulla nuca.
«Idioti!» Gridò rabbiosa verso l’esercito, senza concedere nemmeno uno sguardo alla ragazza alle sue spalle.
Questi, d’istinto, indietreggiarono dinnanzi alla Signora di ogni Male.
«Come osate toccare ciò che mi appartiene?!» Era furiosa, letteralmente furiosa mentre pronunciava quelle parole, quelle minacce, quelle maledizioni.
Il cuore di Elsa perse un battito.
Con un gesto violento del proprio scettro lanciò un’orda di fiamme maligne verso l’esercito, alcuni soldati presero fuoco, altri fuggirono terrorizzati, altri ancora si gettarono spontaneamente in mare.
Sì, li avrebbe uccisi tutti, dal primo all’ultimo, nel giro di pochi attimi.
«N-No! Ferm-» Tentò Elsa, ma non fece in tempo a fare mezzo passo in avanti che una stretta forte le cinse il collo, dita roventi e longilinee si strinsero attorno alla sua pelle fin troppo delicata.
E quegli occhi, quelle iridi gialle e terrificanti, non le concedevano nemmeno uno straccio di salvezza.
«Dì addio alla luce, Regina di Arendelle.» Sentenziò con voce glaciale, il male condensato in quel tono graffiante e maledettamente autorevole.
Non le diede il tempo di rispondere, non diede tempo a nessuno: ciò che voleva se lo prendeva, che fosse una persona, un oggetto o un desiderio bramato.
L’avvolse col proprio mantello e con ella sparì, d’improvviso, lasciando quell’esercito in preda al terrore e tutta Arendelle allibita, sconvolta, scioccata.
«Elsaaaaa!» Ed il grido di Anna a squarciare il terrore del silenzio che Malefica si era lasciata alle spalle.

 

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Capitolo 5
*** But if I know you, I know what you'll do ***


But if I know you, I know what you'll do
 
Il calore era qualcosa che non aveva mai provato, non in quel modo almeno.
Sentiva la pelle pizzicarle ad ogni tocco, ogni singolo stimolo che quelle dita esperte sapevano donarle era qualcosa di unico, di proibito.
E ardevano, quei tocchi, ardevano quasi volessero penetrarle dentro, nell’animo, rimanerle impressi come un marchio indelebile.
Non poteva farne a meno.
«Ah…»
Dischiuse involontariamente le labbra, il corpo ebbe un sussulto e prese lentamente a tremare.
Lei, la regina dei ghiacci, tremava.
Tremava perché quel tocco sapiente era tanto delicato quanto bramoso, perché ogni spasmo era sentito, manifestava un piacere che mai aveva provato.
Ogni cosa, ogni sensazione, ogni emozione, ogni maledettissimo attimo passato con quella fata del male era qualcosa che lei non si era mai immaginata.
Si era data per persa molti, molti anni prima: reclusa, abbandonata, isolata.
Ma ora, completamente soggiogata da quella lussuria, il mondo sembrava averle riaperto le porte.
Le porte del Male, certo, quelle più crudeli, infime e spietate, ma avevano il sapore della libertà.
«M-Malefica…»
Bisbigliò ancora, le gote palesemente arrossate.
Anche i capelli chiari, perennemente costretti in una acconciatura, si distendevano liberi sul cuscino.
Pochi attimi e dalle lenzuola che la coprivano sino al ventre emerse il volto spigoloso quanto sadico della Signora del Male, autoritaria e dominatrice non le dava modo di scappar o di ribellarsi ai quei tocchi, a quell’insano circolo di libidine proibita.
Piegò appena le labbra rosse in una smorfia soddisfatta, quell’espressione perennemente demoniaca nello sguardo.
«Hai paura?» C’era ironia, in quella domanda ben lontana dall’essere premurosa.
La costringeva sotto di sé, quel corpo troppo delicato per reagire, quell’animo troppo fragile per opporsi ad una volontà tanto potente come quella di Malefica.
E si divertiva, la Signora del Male, si divertiva da morire con quel nuovo giochino particolarmente eccitato.
«N-No…» Bisbigliò Elsa, reggendo il suo sguardo, ancora fremente sotto di lei.
Desiderava essere toccata ancora, ancora e ancora.
Desiderava quella terribile donna più di qualsiasi altra cosa al mondo, perché in quel male lei vedeva il proprio bene.
Sentì premere contro la propria intimità, rabbrividì appena ma non riuscì a gemere, poiché le labbra aggressive dell’altra premettero contro le sue.
Avide, bramose, possessive.
Non le dava tregua, le dita esperte si muovevano per provocarle piacere, mentre la lingua si insinuava tra le labbra di Elsa quanto bastava per torturarla, per mandarla in estasi come non mai.
Doveva temerla e invece la desiderava.
Venne, non poté farne a meno.
Gemette senza potersi trattenere e solo a quel punto Malefica le concesse un attimo d tregua: abbandonò le labbra per avventarsi sul collo, lasciandole lividi, segni del suo passaggio e del suo possesso.
Le sfiorò il lobo dell’orecchio con la lingua, esperta, lussuriosa.
«Sei una sciocca.» Le bisbigliò con un ghigno.
Aveva ragione, dannazione, aveva maledettamente ragione.
Si era lasciata alla mercé della peggior creatura esistente, eppure quel calore era divenuta una droga per lei.
Con che coraggio sarebbe tornata ad Arendelle?
Con che coraggio avrebbe guardato in faccia sua sorella, probabilmente in ansia come non mai per la sua scomparsa?
Mentre lei, invece, se ne stava tra le lenzuola della più temuta creatura al mondo, la lasciava libera di percorrere ed assaporare il suo corpo come più l’aggradava.
Anna piangeva ed Elsa gemeva.
Anna si disperava ed Elsa si abbandonava al piacere.
Si riscosse quasi d’improvviso da quei pensieri, sbatté le palpebre ma si rese conto ben presto che quei due famelici occhi gialli la stavano fissando intensamente, chissà da quanto: si era accorta della sua condizione, e quello sguardo pareva le avesse davvero letto nel pensiero.
«Sciocca ed ingenua.» Sentenziò con una smorfia, quasi disgustata.
Si rialzò lentamente dal letto, con una eleganza raccapricciante, da far accapponare la pelle: era pur sempre una fata, dopotutto.
Non si curò di essere nuda agli occhi della Regina di Arendelle, in fondo ciò che lei era davvero nessuno lo avrebbe mai saputo, quella ragazza tantomeno.
Ed era bella, maledettamente bella: la pelle era olivastra, eppure di una morbidezza incredibile.
Il volto era spigoloso, ma le labbra e lo sguardo bastavano a renderlo invidiabile.
Il corpo era alto e snello eppure non mancava delle proprie curve.
Perdeva un battito ogni volta, ed ogni volta che la guardava Malefica sapeva di essere guardata, ammirata, desiderata, e questo le provocava una risata sadica e tutt’altro che cristallina.
Dopo quell’attimo di incanto riprese coscienza delle proprie condizioni, d’istinto riportò il lenzuolo sino al seno, come se si vergognasse d’esser nuda: le gote arrossate su quel volto delicato non potevano che incrementare ulteriormente un’espressione ingenua, pura, immacolata.
Tutto ciò che la Signora del Male non era, né era mai stata.
Si sentiva un’egoista, una gran egoista.
Mentre il suo popolo e sua sorella erano in pensiero, forse in pericolo, lei era lì a farsi…
A farsi cosa?
Coccolare? Proteggere? Viziare?
Amare?
Avrebbe voluto, tanto voluto, ma sapeva che non era così.
Era lì a farsi usare e lo sapeva benissimo. Ma le andava bene così.
«Sarai debole fin quando gli resterai legata.» Queste furono le parole fredde di Malefica, solo ora Elsa si accorse che si era già rivestita, sempre un passo davanti a lei.
Non replicò, la Signora del Male le volse un’occhiata profonda, diversa dal solito, meno ricca di odi e rancori che affogava e sfogava sulla gracile Regina di Arendelle.
«Non sei come loro, Elsa. Accettalo.»
In un attimo le fu addosso, la mano rovente le cingeva il volto, ad un soffio da lei.
Ammaliatrice, maledettamente provocante.
«Tu sei come me
Perché quelle parole suonavano come una rassicurazione?
Perché il suo cuore accelerò i battiti d’un colpo ed un brivido le percorse la schiena?
Non c’era paura, nel suo animo, né quell’angosciante disperazione, né tormentati sensi di colpa.
Sorrise. Ingenua, illusa, stupidamente speranzosa. Ma con un sorriso sincero stampato sulle dolci labbra rosate.
Con chissà quale forza di volontà, per la prima volta prese iniziativa e si sbilanciò appena in avanti, andando a baciare l’altra d’improvviso.
Era un bacio dolce, quello di Elsa, molto lontano dall’impetuosità di Malefica, eppure nessuna delle due accennò a distaccarsi.
Per la prima volta in vita sua non si sentiva sola.

 

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Capitolo 6
*** Can't hold it back anymore ***


Can't hold it back anymore


Il sangue colava sul pavimento di pietra nera, cadeva goccia dopo goccia sporcandolo di un rosso fin troppo vivo.
Non aveva mai avuto pietà per nessuno, tantomeno ne avrebbe avuta per quell’umana troppo istintiva e spavalda per rendersi conto del reale pericolo in cui si trovava.
«Ora spiegami, mocciosa, perché dovrei risparmiarti la vita…» Sussurrò ironicamente, lasciando che una sadica risatina invadesse l’androne della Fortezza Oscura.
Se ne stava comodamente seduta sul proprio trono marmoreo, le iridi gialle fissavano quella figura martoriata con un insano divertimento: l’avrebbe torturata e uccisa nel peggiore dei modi, poco ma sicuro.
«L-lascia…andare…Elsa…» Erano bisbigli appena udibili, deboli, soffocati.
Un conato di sangue le uscì spontaneamente dalle labbra sottili dopo quell’immenso sforzo, quei rovi che le avvolgevano il corpo e la ferivano in ogni dove, senza il minimo risentimento.
Questa era la malvagità, questo il sadismo più cinico, questo l’odio di chi era sempre stato ripudiato.
Questa era Malefica, e solo ora la principessa se ne rendeva conto.
Inarcò un sopracciglio dopo quelle ennesime parole, se non altro quella ragazzina era testarda, doveva concederglielo.
«E’ almeno la dodicesima volta che lo dici, da quando hai disgraziatamente deciso di mettere piede qui…» Affermò leggermente scocciata, accarezzando con una insana delicatezza il dorso del fedele corvo. «…cominci ad annoiarmi.» Sentenziò alla fine, alzandosi lentamente dal proprio trono, mentre il corvo si allontanava di buon grado: brutta situazione, se Malefica si annoiava.
Non presagiva assolutamente nulla di buono per le sue vittime, sotto alcun punto di vista.
Ma Anna non si dava per vinta, nonostante il corpo martoriato ed una tremenda morte imminente, continuava a pensare che essere venuta fin lì ne era valsa la pena: mai, mai e per nessun motivo avrebbe abbandonato sua sorella nelle mani di un essere tanto spregevole.
A costo di rimetterci la vita, lei avrebbe tentato.
Le iridi chiare osservavano quella figura autoritaria avanzare e non poteva non notare quanto, effettivamente, fosse elegante nei movimenti.
Malvagia, crudele, spietata, eppure possedeva quell’innato fascino delle tenebre.
Ma non si lasciò distrarre da quegli occhi incantatori, da quelle movenze calcolate su misura per ogni situazione, come se avesse già previsto e studiato ogni cosa: nulla era un segreto, per la Signora di Ogni Male.
Nulla al di fuori della sua anima nera.
Allungò una mano e le prese il mento con una insana delicatezza, la costrinse a guardarla negli occhi, a specchiarsi in colei che le aveva tolto ciò che più amava: sua sorella.
Perché sì, doveva averle fatto un qualche incantesimo per averla costretta ad abbandonare l’affetto di Arendelle per un posto gelido e malsano come quello.
Doveva, per forza, averla costretta. Elsa non avrebbe accettato di unirsi ad una creatura del genere di sua spontanea volontà…
Oppure sì?
Il dubbio la invase per una frazione di secondo, ma quasi d’istinto lo abbandonò: no, Elsa era buona, non cattiva. Elsa desiderava l’amore, non l’odio.
Elsa avrebbe sempre scelto il bene.
«Così schiava dell’amore…» La voce gelida di Malefica la riportò alla realtà, costringendola a scontrarsi con quello sguardo spietato. «Patetica.» La stuzzicò spudoratamente, ancora non aveva finito di divertirsi con lei, di torturarla fisicamente quanto psicologicamente.
Erano così maledettamente divertenti, gli umani, nella loro benevola stupidità.
«Almeno…io…ho qualcosa…per cui…vivere…» Biascicò Anna con fin troppo coraggio, lo sguardo che si sforzava di reggere quello dell’altra, ogni singola parte del corpo che gridava di dolore.
Aveva paura, maledettamente paura di quella fata senza pietà, eppure non si sarebbe arresa, né ora né mai.
Perché se c’era una cosa in cui credeva era l’amore che la legava alla sorella.
Una smorfia infastidita comparve sulle labbra rosse di Malefica, dopo quelle parole: per quanto la considerasse alla pari di un inutile scarafaggio, Anna aveva comunque saputo colpire il suo fantomatico orgoglio.
«Cosa ti fa pensare che anche io non ce l’abbia, principessina?» Rispose a tono, lasciandole il volto con un gesto sgarbato e voltandole le spalle.
No, decisamente non si aspettava una risposta del genere, non da una creatura del male come quella almeno.
Fece solo un paio di passi, il bastone picchiettò a terra due volte, poi si fermò.
Silenzio. Inquietante silenzio.
Si voltò di nuovo, di scatto, nella mano libera aveva preso forma una sottospecie di sfera infuocata, rovente, di un verde macabro ed aggressivo.
«Sei ottusa quanto tutte le altre. Coraggiose, buone, di nobili intenzioni ed un sacco di altre cretinate, ma siete limitate solo a ciò che conoscete.» La accusò bruscamente.
Anna aveva le iridi sbarrate, in un istante il mondo le si aprì bruscamente: aveva sempre creduto nel bene e nell’amore, fermamente e più di ogni altra cosa. Eppure quelle parole gelide avevano saputo ferirla, farle insorgere anche il minimo di dubbio.
Quella dark fairy era davvero senz’anima?
La sfera venne lanciata brutalmente contro la principessa inerme, la quale socchiuse gli occhi, aspettandosi il peggio, ma qualcosa intercettò quel colpo: un raggio di gelo.
Volse lo sguardo di lato, stupita almeno quanto Malefica di vedere Elsa, ansante, quasi più sconvolta di loro: il bivio che le si presentava davanti l’aveva tormentata da sempre ed ora la costringeva ad una scelta.
«Anna…» Bisbigliò appena, volgendosi verso la sorella.
La principessa azzardò ad un sorriso, dolorante tanto che avrebbe voluto urlare si aggrappò a quel salvataggio estremo come ad una speranza prorompente.
«…vattene.» Fu tutto ciò che le disse, la voce tremante, il cuore che di nuovo si lacerava.
Ed in un attimo il mondo cascò di nuovo addosso ad Anna, come non molto tempo prima si ritrovava ad essere cacciata.
La Signora del Male sogghignò divertita, con un gesto della mano ritirò i rovi, facendo cadere la principessa al suolo, insanguinata e quasi incapace di muovere un singolo arto.
Ma non si arrese, si costrinse ad alzare lo sguardo verso l’amata sorella: i suoi occhi erano volti a Malefica in un’espressione che non riuscì a comprendere…
Tutto ciò che capì era che tra le due era nata una insana complicità in cui la dominatrice non avrebbe abbandonato la sua preda.
«Lei non ti ama, Elsa!» Gridò quasi in preda alla disperazione, con una forza che nemmeno lei pensava di avere ancora.
La Regina di Arendelle la guardò sconvolta, stupita come non mai, mentre Malefica si limitava ad una alzata di sopracciglio, come se quella voce disperata fosse solo un ronzio fastidioso.
«Non sarebbe disposta ad abbandonare le tenebre per te!» Le gridò ancora, stringendo i denti per il dolore  e la rabbia.
Elsa rimaneva con le labbra dischiuse, senza sapere cosa dire, cercando ancora una volta lo sguardo della Signora del Male, quasi a cercare una indicazione, un qualsiasi suggerimento.
E vi trovò solo uno sguardo tagliente.
«Scegli.»

 

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Capitolo 7
*** I will be right here {Anna} ***


Note Autrice:
Ringrazio chi ha ancora la pazienza di seguirmi, prima di tutto! XD
Siccome reputo la possibilità che Elsa scelga Anna allo stesso livello della scelta di Malefica, ho deciso di fare due capitoli distinti in cui possiamo vedere entrambe le scelte.
In questo, Elsa sceglie Anna.
Enjoy it!

 
 
I will be right here {Anna}

 
Quasi tremava, il cuore quanto le consapevolezze lottavano per avere la meglio, per prevaricare l’una sull’altra, sbattendole in faccia la realtà.
Aveva disperatamente cercato conforto nello sguardo di quell’oscura creatura di cui non riusciva fare a meno, ma vi aveva trovato soltanto il nulla.
Non c’era premura in quelle magnetiche iridi gialle.
Non c’era un interesse disinteressato in quei gesti di sadica passione.
Tantomeno c’era amore in un animo che avrebbe sempre scelto il male.
Lo sapeva, Elsa, lo sapeva benissimo: Malefica non avrebbe mai rinunciato a se stessa per qualcuno. Non avrebbe rischiato la propria integrità, tantomeno per una regina troppo debole e troppo insicura – per quanto maledettamente avvenente e ricca di potenziale.
La donna di cui era innamorata non l’avrebbe mai scelta, non quanto lei stessa avrebbe fatto almeno.
«Allora?» Tuonò imperiosa la Signora di Ogni Male, mentre andava risedendosi sul proprio trono di pietra verdognola e gelata, con gesti di smisurata irritazione e noia.
Decisamente quella situazione la seccava, se avesse saputo che quella mocciosetta con le trecce era una tale piattola l’avrebbe uccisa nell’immediato – rinunciando, ahimè, a quell’insano divertimento.
«Non ho tutto il girono da perdere con queste sciocchezze.» Ribadì con un tono che andava divenendo sempre meno promettente.
E la regina dei ghiacci era lì, il cuore che batteva, correva, le urlava di scegliere, di porre fine a quell’agonia opprimente che, ne era certa, avrebbe finito per soffocarla di lì a pochi minuti.
«Elsa…» Di nuovo quella voce. Di nuovo quel suono che, nonostante tutto e tutti, era sempre capace di farsi udire.
Un suono che aveva un inspiegabile effetto balsamico su quell’animo tormentato.
Il cuore decelerò i battiti, l’animo si quietò e nel momento in cui le iridi celesti di Elsa incontrarono quelle della sorellina le parve di sfiorare la calma. La pace.
La tanto agognata pace.
Perché Anna non serbava rancore nei suoi confronti, non lo aveva mai fatto.
L’aveva abbandonata più di una volta, l’aveva scacciata, l’aveva relegata al secondo posto in più di un’occasione eppure lei era ancora lì, sanguinante e morente, a lottare per lei.
A sorriderle.
 
Malefica non avrebbe mai rinunciato alle tenebre per lei, Anna lo faceva ogni giorno.
Ogni giorno con sempre maggior forza e determinazione, come volesse dimostrarle che sì, l’amore vince, l’amore trionfa, l’amore non si lascia scoraggiare nemmeno dalla più temibile delle creature.
 
Sospirò pesantemente, socchiuse appena le iridi e prese quanto coraggio avesse in corpo, mentre l’abito cristallino tintinnava ad ogni respiro.
«Malefica…» Bisbigliò, attirando nuovamente l’attenzione di entrambe.
Anna sgranò gli occhi, il sorriso andò spegnendosi con terrore, mentre la fata oscura rialzava lo sguardo con fare indifferente e sinceramente scocciato.
Dio, quanto detestava quelle scene diabetiche!
«…lasciala andare.» Disse riaprendo gli occhi e puntando il proprio sguardo sulla Signora di Ogni Male: decisa, questa volta, decisa come mai l’aveva vista prima.
«Come, scusa?» Domandò ironicamente Malefica, accennando ad alzarsi, lo scettro in pugno ed il fedele corvo che già volava via, presagendo una terribile battaglia che di lì a poco si sarebbe combattuta.
Elsa strinse i pugni, un brivido gelido le percorse la schiena, il cuore si incrinò e l’animo d’improvviso prese fuoco: paura, aveva maledettamente paura.
«Lasciala andare, ho detto.»
Paura perché l’avrebbe persa. Paura perché, lo sapeva, la sentenza che quel mostro avrebbe emesso di lì a poco sarebbe stata inderogabile ed eterna: non era Anna, non si sarebbe ricreduta, non si sarebbe pentita.
Le labbra rosse della dark fairy rimasero semichiuse per una frazione di secondo, dopodiché quell’apparente stupore si tramutò in cattiveria.
Cattiveria nuda e cruda.
Perché non lo avrebbe mai ammesso, ma quella era per lei era una sconfitta: non una delle tante, ma di nuovo quella del male di fronte alla potenza dell’amore.
E mai, mai lo avrebbe tollerato, né tantomeno perdonato.
Anna gemette, un rivolo di sangue uscì dalla sua bocca e nel momento esatto in cui Elsa le si avvicinò, quasi sperasse di soccorrerla, Malefica portò una mano affusolata al proprio scettro, sfiorando la sfera posta all’apice.
«Hai scelto la tua condanna, reginetta.» Disse con tono freddo ed apatico, senza accennare effettivamente a distruggerle: perché sì, la maledizione peggiore che potesse lanciarle se l’era inflitta già da sola.
Il male più grande che potesse infliggerle era già stato scagliato, dalla sua stessa artefice.
Le iridi gialle si assottigliarono, tutt’attorno a loro cominciò a farsi buio, inspiegabilmente buio, tanto che solo quei due orripilanti e magnetici fari di luce rimasero visibili.
Ed Elsa non poté dire né fare altro, poiché dopo pochi attimi si ritrovarono nel suo palazzo di ghiaccio, senza la minima traccia di quella Fortezza Oscura in cui tanto aveva appreso e disperato.
 

Dopo molto tempo, quegli occhi erano ancora maledettamente impressi dentro di lei, nella sua mente così come nell’animo.
Ogni volta che si ritrovava al buio la cercava e, vanamente, sperava.
Ogni volta che si coricava, stringendosi al cuscino, lo sguardo vagava oltre la finestra e cercava conforto al di fuori delle mura reali.
Poi, quando l’angoscia stava per corroderla, ecco che piccoli passettini si facevano largo nella sua ampia stanza, una figura minuta si intrufolava sotto le coperte e le si accovacciava affianco.
«Elsa…» Bisbigliava dolce, e alla regina non restava che voltarsi ed abbracciarla, lasciando che un sorriso amorevole le comparisse sulle labbra ed il cuore si scaldasse di un piacevole tepore.
«Domani facciamo un pupazzo di neve?»
 
Elsa aveva scelto l’amore a discapito della libertà…
e non se ne sarebbe mai pentita.

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Capitolo 8
*** But see the gracious whim of fate {Malefica} ***


Note Autrice:
Dopo più di un anno - secoli praticamente! - mi sono ricordata di questa fic incompiuta, precisamente dell'ultimo capitolo.
Ho voluto riprenderla in mano e, sebbene credo che il mio stile sia un pò cambiato, ho cercato di rimanere in linea con quello che avevo iniziato.
Questo è il capitolo finale, o meglio, il finale in cui Elsa sceglie Malefica invece di Anna.
Mi scuso per questo ritardo, la mia vita personale ha subito radicali modifiche ed ho perso un pò i "contatti" con ciò che avevo fatto prima ... ma spero di aver "recuperato" e, soprattutto, data un'ipotesi di finale (la seconda) degna della fanfiction in sé.
Grazie a chi mi ha seguita, a chi ha recensito, a chi in generale ha apprezzato. Ho apprezzato moltissimo anche io - davvero - che una storia un tantino fuori dalle righe abbia avuto il suo seguito.
Dopo così tanto tempo, spero comunque di aver lasciato qualcosa.
Ps. Le fanart non sono mie, solo il montaggio.
Enjoy it!

 

But see the gracious whim of fate {Malefica}


Amava sua sorella.
L’amava forse più di qualunque cosa al mondo, forse anche più di se stessa.
L’amava eppure in lei non vedeva futuro, non quello che aveva sempre sperato, sempre desiderato per se stessa.
Una fitta le pervase il cuore: da quando era così egoista?
Lanciò uno sguardo a Malefica, quell’autorevolezza innegabile, quel portamento deciso, quella sicurezza che a lei era sempre mancata.
Era una dominatrice, la Signora di Ogni Male … ma prima di tutto era dominatrice di se stessa.
Ed Elsa non era mai stata nemmeno questo.
«Elsa … ti prego … Arendelle ha bisogno … della sua regina …» bisbigliò la giovane principessa, stringendosi il ventre per un taglio tutt’altro che rassicurante.
Era ormai distesa a terra, gemeva, stringeva i denti dal dolore, ma non demordeva, non lo aveva mai fatto dinnanzi all’eventualità di perdere la persona che più amava.
Ma l’amore sarebbe stato sufficiente a rendere felice la Regina dei Ghiacci?
Una risata si levò nel grande salone di marmo nero, l’ironia ed il sadismo che vi aleggiavano erano dei più temibili mai uditi.
«Regina?» Ripeté quella parola con un tono divertito, ma di quel divertimento cinico, cattivo, colmo della crudeltà più nuda e cruda.
La ferì, la ferì inevitabilmente con quel fare perennemente aggressivo e maligno, eppure dotato di una sicurezza incredibile.
Lei – Elsa – che aveva sempre creduto che l’unica sicurezza fosse il Bene, si trovava a dover ammettere che le tenebre lo fossero probabilmente di più.
«Non esiste nessuna Regina, in quello sputo di Regno.» Sentenziò, questa volta il tono era serio, lo sguardo glaciale puntato su Anna.
La Regina dei Ghiacci non sapeva come comportarsi, le sue iridi cristalline si spostavano freneticamente dalla sorella all’amante, senza riuscire a comprendere chi avesse ragione, chi sapesse davvero di cosa stesse parlando.
«Non … ascoltarla …» biascicò la rossa, nella disperata speranza di dissuaderla dall’ascoltare quello che a lei sembrava un’accusa assurda, nella speranza che l’amore che le aveva dimostrato bastasse a riportarla a casa con sé.
Già, casa … quel regno era davvero la sua casa?
Ed Anna, nella sua ingenua determinazione, poteva davvero bastare ad una come lei?
«Fa male venir contraddetti a ragione, eh principessina?» La provocò, quell’accusa sottile e pungente, le labbra rosse che andavano distendendosi.
E lo sguardo di Anna, perennemente coraggioso e sicuro, che si faceva man mano più consapevole.
Elsa aveva cominciato a capire, Anna sperava di non doverlo fare.
La fata oscura volse il proprio sguardo gelido alla fragile amante, uno sguardo dannatamente sicuro, che sapeva ogni volta provocarle brividi acuti lungo tutta la schiena.
La verità stava per essere emessa, ed il suo animo lo bramava più d’ogni altra cosa quanto ne aveva una folle paura.
«Se vuoi giocare a far la reginetta di gentaglia che non ti vede come tale e mai ti vedrà una di loro, fai pure. Sarai la fragile e diversa che tutti si aspettano tu sia.» Parole chiare, veritiere, senza la benché minima pietà.
Perché Malefica non le nascondeva la realtà dei fatti, non lo aveva mai fatto: a costo di ferirla era sempre stata dannatamente sincera, senza preoccuparsi di nasconderle nulla.
Senza preoccuparsi di tenerle celata la realtà pur di non farla soffrire, come aveva sempre fatto Anna.
Senza preoccuparsi di farla soffrire ed al contempo renderla più forte, contrariamente ad Anna.
Con Anna sarebbe sempre stata protetta, sì, ma debole.
E forse non era la protezione che lei necessitava.
Quelle labbra carnose e malefiche si aprirono ulteriormente, il cuore di Anna perse un battito.
«Se resti qui, sarai la vera regina che credi di essere. Sarai la regina di te stessa.» Rimase così, con le labbra sottili dischiuse, il cuore che aveva cominciato a palpitare come mai prima d’ora – o meglio, come quando si trovava in sua presenza, solo in sua presenza.
Il cuore pareva aver riconosciuto la propria strada, e questo terrorizzò Anna come non mai.
Perché Elsa non aveva mai chiesto di diventare Regina, non aveva mai chiesto di prendersi cura di un popolo che la ripudiava, di sacrificare se stessa e la propria esistenza per paura di ferire qualcuno che, in realtà, non l’aveva mai voluta.
Anna l’amava, lo riconosceva, ma ora più che mai era certa che non le sarebbe bastato, né in quel momento né mai.
Tutto ciò che Elsa aveva sempre desiderato era essere libera, libera di essere se stessa, libera da paure che gli altri le avevano imposto e che lei, nel suo intimo più profondo, non avrebbe mai voluto avere.
Avrebbe continuato a portarsele dietro? A gravarsi di quel peso che per vent’un anni l’aveva oppressa, relegata, isolata?
Non aveva forse cercato in ogni modo di farsi amare dalla gente, arrivando a rinnegare ciò che lei stessa era?
Le labbra si chiusero lentamente, lo sguardo cristallino ed ancora colmo di una purezza invidiabile andò a volgersi lentamente a Malefica.
Una Malefica vittoriosa e dannatamente soddisfatta.
«Voglio restare qui.» La sua scelta, la sua sentenza.
Lo sguardo si spostò poi su Anna, una fitta al cuore la invase, la consapevolezza che non l’avrebbe più rivista la ferì profondamente, ma lo ritenne inevitabile.
Per la prima volta nella sua vita stava scegliendo, non scappando.
«Ti voglio bene, Anna. Te ne vorrò sempre …» asserì con voce flebile, con quel tono quasi dolce, rancoroso.
Mosse qualche passo verso la Signora di Ogni Male e si strinse leggermente al suo braccio, mentr’ella non si muoveva da quell’atteggiamento fiero e sicuro.
«… ma l’amore non mi lascerà mai essere ciò che sono.» Non sorrise nel pronunciare quelle parole, eppure il suo animo si liberò di un peso che per troppo tempo l’aveva oppressa.
Si sentì liberata, si sentì libera.
Lacrime calde cominciarono a scendere sul volto limpido di Anna, lacrime che non fecero in tempo a bagnare quel gelido pavimento, poiché un gesto di Malefica fu sufficiente per farla sparire, per riportarla al suo squallido castello.
Elsa rimase così, a fissare quel punto preciso del salone con una velata malinconia, eppure non aveva lasciato il contatto con la fata, pareva tenerla stretta a sé come una necessità impellente.
E Malefica ne gioiva, ne gioiva come mai prima d’ora.
Per una volta – la prima nella sua lunga vita – l’amore non aveva trionfato, l’amore non era bastato, non era stato all’altezza.
L’ennesima risata sadica e maligna si levò nel palazzo.



Dopo molto tempo, ancora non aveva rimesso piede in quel salone. Se ne stava lì, appoggiata alla balconata di una delle torri della Fortezza Oscura, le pareti nere e gelide in alcune parti ricoperte da consistenti strati di ghiaccio.
Di ghiaccio nero.
Davanti a lei, la grande foresta di rovi rilasciava in alcuni tratti scintillii azzurrognoli, un azzurro cupo, tetro, ma che non mancava di mostrarsi.
Dopo molto tempo, il ghiaccio si era unito alle tenebre, libero di espandersi, libero di manifestarsi in quello splendore tetro, ma pur sempre splendido.
Sentì alcuni passi raggiungerla alle proprie spalle, un calore innaturale l’avvolse per qualche attimo, per poi rendersi conto che il suo bell’abito celeste aveva appena assunto tonalità nere, scure, eppure a lei così familiari. La fata la raggiunse, una mano rovente le si appoggiò dinnanzi al collo libero, mentre quella presenza alle sue spalle era ancora capace di emozionarla – nel bene o nel male – come nient’altro al mondo.
Era diventata parte di qualcosa, qualcosa che era anche se stessa.

Elsa aveva scelto la libertà a discapito dell’amore …
e non se ne sarebbe mai pentita.

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