Lovers Autumn

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.

Era ansioso e si sentiva uno stupido.
E più si sentiva uno stupido, più era ansioso.
Un circolo vizioso che non sapeva come fermare.
Il mago sospirò, sistemandosi per l'ennesima volta i polsini della tunica nera. I bottoncini neri della manica si intravedevano appena sul tessuto.
Vestirsi completamente di nero per un appuntamento, forse, non era una buona idea, ma non era un esperto di appuntamenti galanti. E, comunque, lui voleva essere se stesso.
Non poteva fingere, non più: era stato un attore per la maggior parte della sua vita.
Ora voleva essere solo Severus.
E il suo vero io comprendeva i vestiti neri, l'espressione dura e le cicatrici del corpo e nell'anima.
Forse non era poi così diverso da com'era prima.
Se c'era qualcosa che la lunga guerra gli aveva insegnato, e non solo quella contro Voldemort, ma anche quella con la sua anima, era che essere se stessi è sempre la soluzione migliore.
Ma non era facile essere Severus Piton.
Spia doppiogiochista, braccio destro di Silente e assassino di Silente, i giornali l'avevano anche nominato angelo custode del Prescelto.
Gli venivano ancora di brividi se ci ripensava, nonostante gli anni passati.
Il Preside abbandonò quegli inutili pensieri e guardò l'ora sistemandosi, senza neppure rendersene veramente conto, i polsini della giacca.
Era quasi l'ora.
Con un sospiro che non si sarebbe mai lasciato sfuggire di fronte agli altri docenti uscì dalla sua stanza, sigillò con un gesto automatico la porta e si incamminò per i corridoi.
Gli studenti erano in gita ad Hogsmeade e non sarebbero tornati prima di alcune ore.
Mentre saliva le scale che portavano al quarto piano lanciò un'occhiata fuori dalla finestra. Le temperature non erano ancora troppo fredde per una passeggiata eppure gli alberi, in pochi giorni, si erano tinti dei caldi colori autunnali.
Solitamente preferiva l'inverno, freddo e grigio, decisamente più affine alla sua personalità, ma da quando si era reso conto che lei era molto più che una semplice collega e amica, aveva iniziato ad apprezzare altre cose.
Come i colori dell'autunno.
Se qualche anno prima qualcuno gli avesse detto quello che stava per fare l'avrebbe affatturato all'istante, senza farsi nessun problema.
Invece stava per succedere.
Severus Piton aveva un appuntamento.
Aveva preparato tutto nei minimi dettagli, era una settimana che si preparava per quella giornata.
Una settimana per sentirsi uno stupido idiota e per cedere alla tentazione di mandare tutto al diavolo.
Forse il vecchio Severus l'avrebbe fatto, troppo schiacciato dal passato e dalle colpe per poter anche solo pensare di trovare un briciolo di felicità. Ma il nuovo Severus, quello più cosciente di se stesso, quello che voleva vivere, non la pensava più così.
Certo aveva un passato, aveva delle colpe, e gli incubi non se n'erano andati. C'erano ancora notti insonni e fantasmi che dal passato tonavano a fargli visita, ma aveva deciso che non si sarebbe mai fatto più schiacciare da essi.
Arrivato davanti alla quarta porta del corridoio, restò quasi un minuto a fissare il legno scuro, ritrovandosi quasi a pregare che tutto andasse bene.
Che quel suo sentirsi stupido non influenzasse quella giornata che aspettava con trepidante attesa.
Bussò con un tocco delicato e l'uscio fu aperto quasi all'istante.
La strega lo accolse con un sorriso caldo e luminoso, quasi quanto i colori che tingevano il parco in quei giorni.
Non si dissero nulla, si fissarono solo negli occhi prima di chiudersi la porta alle spalle e iniziare quella giornata.
Usciti dal castello, li accolse un rassicurante tepore e i profumi della natura matura, quasi pronta per il lungo sonno invernale.
Senza dirsi una sola parola, la strega lo prese a braccetto e si lasciò guidare per la lunga scalinata che portava al Lago Nero, vicino alla rimessa delle barche.
Lo guardò incuriosita mentre incantava una delle piccole barche, la fissava oscillare sull'acqua e non sapeva cosa aspettarsi.
- Dove mi stai portando, Severus? - gli domandò mentre lui l'aiutava a salire. - Non preoccuparti. - rispose sedendosi di fronte a lei e prendendo i remi. - Ma... sai usare i remi?
- Non ti fidi di me?
- Certo che mi fido, ma...
- Hai accettato di uscire con me, giusto?
- Sì, ma...
- Hai detto che lasciavi tutto a me, giusto?
- Sì...
- Allora zitta e goditi la passeggiata. - le disse e, nonostante le parole, sembrava che stesse sorridendo, non con le labbra ma con gli occhi e, sicuramente, con il cuore - Hogwarts é bellissima in autunno.

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.

Non era stata zitta un istante!
Eppure la sua voce era una dolce musica. Quella stessa voce che anni prima – una vita prima – aveva sempre ritenuto irritante e troppo saccente.
La guardava e rispondeva a monosillabi, a volte con piccole frasi, spesso stava solo zitto.
A dire il vero non sapeva bene come fermare quel flusso di parole senza premere con forza e desiderio le labbra sulle sue.
Era innamorato di lei.
L'aveva capito non appena la luce dorata le aveva baciato la pelle.
Amava averla vicina, lo faceva sentire libero, vivo, felice.
Ma dirglielo senza sembrare un imbranato era una delle difficoltà maggiori che avesse mai affrontato. E lui, di certo, non poteva vantare una vita agiata e senza problemi.
In quanto a relazioni sociali era un adolescente nel corpo di un quasi quarantenne.
Un caso senza speranze.
Sulla barca c’erano voluti quasi dieci minuti prima che lei si rilassasse.
Erano abbastanza simili sotto molti aspetti e sapeva che non avere il totale controllo della situazione era per lei un problema. Il fatto che avesse dato a lui piena liberà per quella giornata così importante era una grande prova di fiducia.
Una fiducia che gli era sempre mancata in tutta la sua vita.
Anzi... altri maghi gli avevano dato la loro fiducia, ma solo per tenere segreti e uccidere qualcuno senza dare nell'occhio.
Ricacciò quel pensiero da dove era venuto e tornò a concentrarsi sulla donna che aveva accanto.
Il Lago Nero era molto più grande di quanto uno studente poteva immaginare. Lui personalmente ne conosceva solo una metà; forse neppure Silente l'aveva mai visto tutto.
L'aveva portata su un piccolo isolotto, abbastanza lontani da non essere visti, ma abbastanza vicini per vedere il tramonto dietro il castello.
Hogwarts era veramente bellissima in autunno, la pietra delle mura si tingeva di un colore particolare che aveva solo in quel periodo dell’anno: tutto sembrava più caldo, accogliente. Il maniero non incuteva paura con tutte le sue alte guglie, le torri e i gargoyle minacciosi che li guardavano dall'alto.
Severus ammise a se stesso che l'autunno stava diventato la sua stagione preferita.
La seconda parte di quella giornata stava per arrivare al termine. Avevano portato con loro una coperta, un cestino che gli elfi avevano riempito di leccornie e avevano pranzato su quell’isolotto. Lontano da tutto e tutti.
Solo loro due.
Sguardi incrociati e sorrisi appena accennati.
Si riteneva un uomo cui il coraggio non era mai mancato, eppure non era stato in grado neppure di sfiorarla da quando erano arrivati.
Proprio uno stupido adolescente impacciato.
Quando il sole aveva iniziato a calare dietro il castello aveva trasfigurato un masso in una panchina e si erano seduti ad ammirare i colori caldi che tingevano il panorama attorno a loro.
Sembrava quasi un quadro.
Lei respirava piano, sfiorandogli appena il braccio, i suoi ricci che gli sfioravano una spalla.
Il suo profumo si mescolava meravigliosamente con i profumi della natura autunnale.
E lui non sapeva cosa fare.
O meglio, lo sapeva perfettamente, ma non trovava il coraggio.
Quello stesso coraggio che gli aveva permesso di mettere fine alla vita di Silente sembrava svanito.
Forse era morto in quella stamberga puzzolente con parte della sua vecchia vita.
Si sentiva un fallito.
Mentre il sole moriva dietro la torre di Astronomia, la donna sospirò.
- Avevi ragione, Severus.
- Io ho sempre ragione, Granger.
Un veloce pensiero nacque nella sua brillante mente in quel preciso momento: era un'idiota, incapace di lasciarsi andare. Forse troppo spaventato da un suo rifiuto o dalla possibilità di essere finalmente felice.
- Potresti anche chiamarmi per nome.
- Sì, potrei.
- Non lo farai, vero?
- Non lo so. - rispose dopo alcuni istanti di indecisione.
- E' un primo appuntamento strano.
- Parli troppo, Granger.


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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Un disastro.
Quel loro appuntamento si era rivelato un errore.
Lei che non smetteva di parlare. Lui che, invece, non riusciva a dire nulla.
Mentre remava per tornare alla rimessa delle barche, ripensò ad ogni momento passato insieme, a tutte le cose che avrebbe potuto e voluto dirle, ma che gli erano rimaste in gola.
Bloccate da un sentimento che non era più in grado di gestire, anzi che non era mai stato in grado di gestire.
Era più facile amare una donna morta. Almeno lei non parlava se non nella sua testa.
Però, ora che ci pensava, neppure il fantasma di Lily era stato facile da azzittire.
Avrebbe voluto buttarsi nel lago e lasciare il suo destino ai tentacoli della Piovra Gigante. Una fine degna del codardo che era diventato.
Codardo… quello che non era mai stato nella sua vita.
E lei bellissima nella sua semplicità. Nel suo essere donna.
Non più una ragazzina. Non più una SoTutto saccente, ma una donna che, decisamente, meritava di meglio che un vecchio Preside ammutolito.
Remò con un po' più di vigore come se volesse scappare dai suoi stessi sentimenti, allontanarsi il più possibile da quel cuore che aveva ripreso ad amare e dalla vergogna di non essere riuscito a padroneggiare meglio la giornata.
Hermione sfiorò l'acqua con le dita, giocando con l'acqua fredda. Sorrideva avvolta dai caldi colori dell'autunno.
Forse rideva di lui.
Più remava, più si avvicinava alla rimessa, più iniziava ad odiarsi e ad odiare quella malsana idea di uscire con lei.
Cosa pensava?
Lui non era un uomo come gli altri.
Pensava veramente di poter avere un appuntamento normale con una donna? Pensava, sul serio, che tutto sarebbe stato semplice, facile anche per uno come lui?
Povero illuso.
Lei, molto probabilmente, aveva accettato di uscire solo per pietà. Per riconoscenza, troppo gentile per rifiutare un suo invito.
Chissà cosa avrebbe raccontato alla sua amica. Quante parole di compassione avrebbe sprecato per il vecchio Severus Piton che aveva provato a vivere una giornata come ogni uomo innamorato.
Arrivati alla rimessa era di pessimo umore, seccato con se stesso per quell'idea stupida.
Si chiuse ancora di più nel suo ostinato mutismo. Aveva un'improvvisa voglia di andarsene da lì, chiudersi nella sua stanza e maledirsi.
Scesero dalla barca. Il dolce vento fresco che si era alzato verso sera aveva portato con sé il chiacchiericcio degli studenti di ritorno da Hogsmeade. Segno che il loro appuntamento era finito.
Hermione si voltò a guardarlo, sorrideva a differenza di quello che si era aspettato.
- Severus è stata una giornata meravigliosa! Il lago, il pic-nic, il tramonto e tutti quei colori.
Il mago sollevò un sopracciglio scettico.
Lo stava prendendo in giro?
- Tu che non sei stata zitta neppure un minuto!
La strega mise le mani sui fianchi, era palese che si sforzasse di sembrare offesa. - Compensavo la tua mancanza di parole.
- Ammiravo il panorama... e te...
Lei arrossì e sorrise avvicinandosi, abbandonando sul nascere l’idea di fingersi offesa.
- Oh... io... io... Severus...
Quel groppo in gola che sembrava bloccargli ogni parola si scioglie all'improvviso ed ogni parola era lì, pronta ad uscire.
Pronto a mettere il suo cuore a portata di mano.
E lei sembrava l'unica capace di capirlo fino in fondo. L'unica in grado di sfiorare il suo cuore senza lasciarsi ingannare o contagiare della sua oscurità.
Sorrise anche lui avvicinandosi.
- Cosa devo fare per farti stare un po' zitta?
Hermione gli sfiorò un lembo del mantello nero; ora era così vicina che poteva sentire il calore del suo corpo.
- Perché non usi la fantasia?
Non erano parole di compassione. Non stava scappando o ridendo di lui. Non aveva paura.
Il suo era un invito.
E lui non se lo lasciò scappare.
Voleva vivere.
Voleva la felicità.
Voleva l'amore.
Voleva le sue labbra.
E senza più pensare a nulla se le prese.

FINE


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