Il tramonto è nei tuoi occhi.

di LilyOok_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Emyrin ***
Capitolo 2: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 3: *** Mercoledì ***
Capitolo 4: *** "Voglio andarmene di qui..." ***
Capitolo 5: *** La settimana di Kili ***
Capitolo 6: *** Il segreto di Dhelia ***
Capitolo 7: *** Sotto la luce delle stelle ***
Capitolo 8: *** Dietro quel lucchetto ***
Capitolo 9: *** Inconvenienti e preoccupazioni. L'idea di Kili ***
Capitolo 10: *** Lirys. Una nuova casa. ***
Capitolo 11: *** "Ti amo, Emy." ***
Capitolo 12: *** Festa a sorpresa ***
Capitolo 13: *** Fortuite circostanze. Di dolcezza, amore e desiderio. ***
Capitolo 14: *** Tristi ricordi e brutti presentimenti ***
Capitolo 15: *** Presagi. ***
Capitolo 16: *** Lacrime amare ***
Capitolo 17: *** Guardami ***
Capitolo 18: *** Addio o arrivederci? ***
Capitolo 19: *** Sorpresa ***
Capitolo 20: *** Speranza ***
Capitolo 21: *** Distance ***
Capitolo 22: *** Corri! ***
Capitolo 23: *** Primi passi ***
Capitolo 24: *** "Non smetterò di sperare, mai." ***
Capitolo 25: *** Quando anche il suo volto inizia a svanire ***
Capitolo 26: *** Stanca di sperare ***
Capitolo 28: *** One last time ***
Capitolo 29: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Emyrin ***


Il tramonto è nei tuoi occhi.
 
Parte prima
Vita
 
1. Capitolo uno.
Ered Lûin – 2929, Terza Era.
 
Una ciocca di capelli ribelli le ricadde davanti agli occhi. Con un gesto spazientito la portò di nuovo dietro l’orecchio.
Sbuffò sonoramente; odiava i suoi stupidi capelli. Una massa informe di ricci color carota che non ne volevano sapere di pettinarsi.
Raddrizzò la schiena e poggiandosi al bastone della scopa si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore.
Odiava anche il suo lavoro.
Cameriera in una locanda piena di Nani sporchi e sudati, il lavoro dei suoi sogni insomma.
“Erin, sbrigati con quella scopa. Tra poco dobbiamo aprire e tu sei ancora a carissimo amico.”
“Il mio nome è Emyrin!” Ribatté la giovane per l’ennesima volta.
Dhelia, la proprietaria della locanda, era una vecchia Nana scorbutica e decisamente troppo tirchia per alzarle di qualche spicciolo lo stipendio mensile.
Viveva con quella donna da ormai decenni. Non aveva idea di chi fossero i suoi genitori: Dhelia le aveva raccontato che l’aveva trovata davanti alla porta della locanda mezza svenuta dalla fame; non ricordava granché di nulla, tranne come si chiamava. L’aveva presa con sé fin da subito. ‘Per farmi sgobbare!’ aveva pensato in seguito Emyrin.
“Erin, Emin, fa lo stesso, basta che ti muovi.”
Era incredibile come in tutti quegli anni non avesse mai imparato il suo nome.
La ragazza sbuffò ancora, poi riprese a spazzare.
Una volta finito, si sedette esausta. Quel dannatissimo locale era enorme e sempre strapieno di gente. Pochi minuti ancora e sarebbe diventato il caos più totale: ordinazioni di qui e di là, quello che voleva altra birra, quell’altro che la faceva cadere a terra e via subito con lo strofinaccio.
“Che vitaccia la mia...” Mormorò sconsolata fra sé. Per sua sfortuna, Dhelia era sì vecchia, ma non sorda.
“Ringrazia che ce l’hai una vita, ragazzina.”
 
 
Come previsto, in meno di tre minuti dall’apertura nella locanda vi era il delirio.
I Nani usciti dalle miniere o dalle fucine andavano a rifocillarsi lì. E come c’era da aspettarsi, andavano via fiumi di birra che era una bellezza.
Come ogni sera, il lavoro era tantissimo e lei riusciva a malapena a stare dietro a tutti gli ordini.
‘Certo che quella vecchiaccia poteva anche assumere qualcun altro oltre me.’ Pensò scocciata, mentre ascoltava uno dei Nani lamentarsi per il ritardo del suo terzo boccale.
 
 
Il campanellino sulla porta tintinnò di nuovo e fecero la loro entrata il Principe di Erebor, Thorin Scudodiquercia e  i figli della principessa Dìs, Fili e Kili.
La giovane provvide a farli sedere nell’angolo più tranquillo del locale.
“Cosa vi porto?” Domandò sorridente.
Diede una rapida occhiata ai nipoti del Nano, mentre quello le dettava l’ordine.
Fili, il più grande dei due, aveva un aspetto simpatico con quelle adorabili treccine che gli pendevano dai baffi. Mentre Kili... era un po’ sbarbato, ma era davvero carino.
‘Smettila, Emyrin! Non puoi pensare questo di un princ-’
“Perché mi fissi?” Domandò d’un tratto il giovane e la ragazza divenne rossa come i suoi capelli.
“Ehm, io...”
“Avanti ragazza, non farmi aspettare.” Intervenne Thorin. Il suo tono non era stato autoritario, ma era comunque provvisto di un briciolo di impazienza.
“S-si, mi dispiace, arrivo subito!” Esclamò Emyrin, dileguandosi all’istante.
“Che strana tipa, quella.” Commentò il biondo, poggiandosi allo schienale della sedia.
Kili fece spallucce, mentre con lo sguardo seguiva i movimenti della giovane fino al bancone.
 
 
“Che aspetti, sbrigati! Non sono numerose le volte che il Principe e gli Eredi si fanno vivi alla nostra locanda, non farli attendere!” La rimbeccò Dhelia, non appena arrivò con l’ordinazione.
“Forse le cose andrebbero meglio se ci fosse qualcun altro a darmi una mano.” Commentò acida lei.
“Tu pensa a fare il tuo lavoro, Erin!”
“Mi chiamo Emyrin! E-MY-RIN, vuoi mettertelo intesta una buona volta? E non lamentarti se i clienti attendono perché la colpa è solo tua vecchia tirchia!” Per l’ennesima volta la rossa sbottò gridando contro la padrona del locale che come da rituale le mollò uno schiaffo sulla guancia.
“Piccola ingrata! Non permetterti più di alzare i toni con me. Ricordati che se io non ti avessi sfamato a quest’ora saresti stata bella che morta in chissà quale posto con quei disgraziati dei tuoi genitori.”
“Tu non sai niente di loro!” Gridò ancora la ragazza.
Invece tu si?” Emyrin non seppe cosa ribattere. “Servi il Principe, adesso.”
 
 
Con lo sguardo basso, la giovane Nana servì il tavolo di Thorin.
“C’è altro che desiderate, mio Signore?” Domandò a voce bassa, con gli occhi fissi sulle scarpe.
“No.” Rispose lui ma quando la giovane fece per andarsene, la richiamò.
“Si, mio Signore?”
“Cos’hai fatto alla guancia?” Le chiese, allungando una mano per scostarle i capelli dal viso.
Lei si tirò via di scatto, portando una mano a coprire il gonfiore.
“Niente, ve lo assicuro.” Disse. “Se non c’è altro, ho dei clienti da servire. Con permesso.” Aggiunse poi, e con un lieve inchino girò i tacchi sparendo tra la folla.
“Zio...” Mormorò Fili, guardandolo sconvolto.
Thorin sospirò e si voltò verso Kili.
“Non mangi, Kili?” Gli chiese, toccando il suo piatto.
Il moro era completamente assorto nei suoi pensieri.
Quella ragazza era stata picchiata pochi istanti prima e Thorin non aveva detto nulla.
“Perché non hai fatto niente?” Gli chiese, alzando la testa.
“Talvolta, pur volendo aiutare qualcuno si finisce per peggiorare le cose. Se parlassi con Dhelia, potrei solo metterla nei guai.” Ripose lui.
“Ma tu sei il Principe. Puoi fare tutto.”
“Sarò anche il Principe, ma non sono onnipresente. Appena ce ne andremo, se intervenissi, scommetto che quella ragazza ne prenderebbe il doppio.” Spiegò. “Ora mangiate, prima che si freddi.
 
 
Finalmente chiusura.
Emyrin era esausta. Le era sembrato di correre ininterrottamente per tutta la serata a destra e a manca del locale, senza nemmeno riposare cinque secondi. ‘Ah no, aspetta, è stato così.’
Si lasciò scivolare su una sedia e chiuse per un istante gli occhi.
Le doleva la guancia.
‘Maledetta... aspetta che accumulo un altro po’ di soldi e poi voglio vedere come te la caverai senza di me.’
“Porta fuori la spazzatura!” Le urlò Dhelia dall’altro lato dalle cucine.
Alzò gli occhi al cielo e poi fece come le era stato detto.
Fuori si gelava. Ogni respiro era una nuvoletta condensata che fluttuava in aria.
L’inverno era sempre rigido sugli Ered Lûin, ma quell’anno sembrava essere tra i più freddi.
Come ogni sera, nel vicolo dove affacciava il retro della locanda, trovò Rhor ad attenderla.
Rhor era un cucciolo di cane che era stato abbandonato dai genitori davanti alla locanda, proprio come lei molti anni prima. Le aveva dato un nome ed era come se quel cucciolo fosse suo.
Le si spezzava il cuore ogni qualvolta pensava a quel batuffolo di pelo grigio esposto al freddo della notte.
Quella stupida vecchia non gli permetteva di tenerlo dentro al caldo. Non voleva nemmeno che gli desse da mangiare.
Ma come sempre, la giovane aveva nascosto nel grembiule un po’ di pane e degli ossi racimolati dai piatti dei clienti.
“Ecco a te, piccolino.” Gli disse, guardandolo fiondarsi sul cibo.
Gli accarezzò la nuca per un po’, poi lo lasciò mangiare tranquillo, rimanendo accucciata davanti a lui.
 
 
“Ti prenderai un malanno se resterai qui fuori.”
Quella voce...
Si alzò di scatto, voltandosi verso l’inizio del vicolo.
Kili era in piedi davanti da lei e la fissava, in attesa di qualcosa.
“Io... non credo vi riguardi la cosa, mio Signore.” Disse, cercando in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo.
“Non chiamarmi ‘mio Signore’, è così altisonante... non fa per me.” Rise il giovane, grattandosi il capo.
Le scappò un sorriso.
“E come volete che vi chiami?” Domandò poi, accucciandosi di nuovo per accarezzare la piccola peste che le stava mordendo il vestito.
“Semplicemente Kili. Ah, dammi del tu” Rispose lui, avvicinandosi. “È tuo?” Le chiese, accucciandosi con lei.
“No, cioè, sì. Ma non posso tenerlo dentro, Dhelia non me lo permette. Odia i cani. In realtà, odia un po’ tutto e tutti. Odia anche me.” Sospirò Emyrin, carezzando la pancia del cagnolino.
“Perché ti odia?”
“Pretende i miei servigi soltanto perché mi ha salvato da morte certa... che donna orribile.” Rispose quasi divertita.
“Qual è il tuo nome?” Le chiese Kili, mentre la osservava togliersi un ricciolo da davanti gli occhi nocciola.
“Emyrin.” Sorrise la rossa, voltandosi a guardarlo.
Si ritrovò con il volto troppo, troppo, vicino a quello di lui. I loro fiati condensati si scontravano l’un l’altro.
Rimase immobile, trattenne perfino il respiro.
‘Certo che ha davvero il suo fascino...’ non poté far a meno di pensare.
Kili stava per dire qualcosa quando la voce della vecchia Dhelia ruppe il momento.
“Erin, dove diavolo sei finita? Sei andata alla Montagna Solitaria a portare l’immondizia?”
“Mi chiamo Emyrin, perché non lo capisce, perché?!” Mormorò fra i denti, strappando una risatina al giovane Nano.
“Non lo trovo divertente.” Ribatté lei, alzandosi in piedi.
Mosse un po’ la chioma rossa e si strinse nelle spalle.
ERIN!
Alzò gli occhi al cielo.
“Devo proprio andare, ora.” Disse, liberando un’altra nuvoletta di condensa.
“Dove potrò rivederti?” Le chiese Kili, fermandola sulla soglia.
“Vieni in locanda quando vuoi, sono sempre qui.”
“Non ce l’hai un giorno libero?”
Emyrin ci pensò un attimo.
“Il mercoledì. Di solito vado a leggere nella radura dietro il bosco dei falegnami. Vieni lì, qualche volta.” Sorrise. ‘Ma che sto facendo?!’
“Mercoledì, alla radura. Ci sarò!”
“Buonanotte, mio s... ehm, Kili.” Lo salutò un po’ imbarazzata.
“Buonanotte, Emyrin.”
La giovane si chiuse la porta alle spalle.
Kili rimase lì a fissare il legno come uno scemo.
“Hei, fratello, possiamo andare ora? Mi si stanno gelando i baffi!” Lo chiamò Fili, da dietro l’angolo.
“Si, si, arrivo.”
 
 
Emyrin aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Zampettava felice per la sala, mentre metteva a posto le ultime cose.
“Cos’hai da sorridere in quel modo? La spazzatura ti rende felice?”
“Oh, non sai quanto.” Ribatté al sarcasmo della Nana.
“Puoi dormire con lei, se vuoi.” Le disse Dhelia, con il suo solito tono burbero.
“Ha-ha, spiritosa, davvero. No, grazie! Me ne vado a letto, nel mio letto. Buonanotte Dhelia.”
E così dicendo, salì le scale fino alla sua stanza.
Si buttò sul letto e abbracciò il cuscino.
Nessuno si era mai interessato a lei e poi boom!, il Principe Kili andrà a trovarla nella radura il mercoledì successivo.
Si sentiva felicissima.
E felicissima si addormentò, vestita, abbracciata al cuscino, con i capelli ribelli sparsi sulle lenzuola.













 
-Angolino autrice.-
Buonaseraaa :D
Ebbene si, non potendo rimanere con le mani in mano ora che Non sempre si combatte per ciò che è giusto sta finendo, mi sono messa all'opera.
Come inizio, che ne pensate?
Questa volta sarà Kili del mio cuore il protagonista della FanFiction :3
Scappo che ho un sonno tremendo.
Che ne pensate della nostra Emyrin?
Io me la immagino così:
Spero vi piaccia.
Un saluto a tutti e a tutti buonanotte.
LilyOok_

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Capitolo 2
*** Incontro inaspettato ***


2. Capitolo due.
 
 Il martedì era il giorno peggiore della settimana per Emyrin poiché Dhelia la faceva sgobbare sempre il doppio essendo quello dopo il suo giorno libero.
Quella mattina l’aveva buttata giù dal letto con la forza. Non aveva avuto nemmeno il tempo di fare colazione che si era ritrovata già con il foulard intesta e lo straccio in mano.
Sbadigliò sonoramente, mentre usava l’olio di gomito per far venir via la robaccia dai vetri della locanda.
“Erin!”
“Emyrin, Emyrin, Emyrin! Per Mahal, non è difficile da pronunciare!”
“Non imprecare e vieni subito qui!” La rimbeccò Dhelia.
Scesa dallo sgabelletto con un balzo e andò dalla Nana.
Quella la stava aspettando a braccia conserte con la sua solita espressione da cane al quale hanno tolto l’osso.
E a proposito di cane, dalla porta fece capolino la testa di Rhor.
Emyrin tranne il respiro.
“Quante volte ti ho già detto che questo cane deve sparire?” Si lamentò la vecchia.
“Non ha un posto dove stare. Ho chiesto un po’ in giro in città, ma nessuno sembra volerlo prendere con sé.” Si giustificò lei.
“Allora portalo nel bosco e lascialo lì!”
“No! Ma scusa, che fastidio ti da se ne sta buono nel vicolo?”
“Non ci deve stare e basta. Non lo voglio qui, né sulla porta principale né nel nostro retrobottega, intesi? Vedi di farlo sparire o lo farò io stessa.” Le disse, battendole un indice sul petto per poi superarla.
La giovane guardò il tenero musetto di Rhor e sospirò sconsolata.
“Aspettami qui, Rhor, non muoverti. Intesi?”
 
 
Tornò con tanto di mantella beige e sciarpetta rossa.
“Andiamo piccolino...” Gli disse, e Rhor la seguì.
Uscì dal vicolo entrando nel pieno della vita cittadina di Gabilgathol. Erano poche le volte che accadeva. Non usciva quasi mai dalla locanda se non per delle rare commissioni che Dhelia le affidava.
Non voleva che andasse girando per le vie della città, ma non le aveva mai detto il perché.
Il mercoledì la osservava dalla porta finché non spariva tra gli alberi del piccolo bosco di fianco al locale.
Non sopportava di essere controllata a vista, ma almeno quando era nella radura era sola e in pace con sé stessa. Quando pioveva e non poteva recarvisi, passava anche il suo giorno libero a lavorare senza ricevere un mero centesimo.
“Sta attenta.” Le disse un Nano su un carro che per poco non la investì. Assorta nei suoi pensieri non si era accorta di essere già sulla strada principale.
Prima di attraversare guardò a destra e a sinistra e finalmente fu al mercato.
Era una bella giornata e la maggior parte delle Nane era in giro con i figli per le bancarelle della piazza centrale.
Emyrin inspirò l’aria fresca che le solleticava la pelle. La neve ai bordi della strada, la fontana ghiacciata, e i bambini che giocavano a rincorrersi imbacuccati fino al midollo dalle madri premurose; tutto quello le metteva gioia nel cuore.
Rhor abbaiò e riportò la ragazza alla realtà.
“Dove ti porto io, eh?” Chiese la cagnolino, che la guardò piegando il capo di lato. Poi tirò fuori la lingua e le leccò la mano con la quale lo stava accarezzando.
Sospirò.“Vieni, Rhor, andiamo.”
Si guardava in torno mentre passava fra le varie bancarelle. Si fermò davanti a una che vendeva dei bellissimi gioielli. Li osservava ammaliata. Quanto le sarebbe piaciuto potersene permettere uno.
“Osserva questi, mia cara, si intonano ai tuoi occhi color nocciola.”
La voce delle vecchia Nana dietro il bancone le fece alzare lo sguardo.
Le stava mostrando due cerchi dorati, non troppo grandi, da mettere al posto dei piccoli orecchini che portava.
“Sono molto belli, avete ragione, e la ringrazio ma non posso permetterli.” Le disse, sorridendole.
La vecchietta scese dalla seggiola e le andò accanto con uno specchio.
Le mise un cerchio vicino l’orecchio e la fece specchiare.
“Guarda come ti donano.” Le disse.
“Già...” Scappò alla giovane.
“Si vede che ti piacciono molto. Prendili, te li regalo.”
Emyrin si scostò subito dallo specchio.
“Oh no, non posso accettare.” Disse, mettendo le mani in avanti.
“Perché no? Questi gioielli li faccio con le mie mani; ne farò degli altri. Prendili.” Le disse ancora la vecchietta.
“No, davvero... io non-”
Ehi, giovane Nana, guarda dove vai.”
Indietreggiando, Emyrin era finita contro una Nana. La sua voce limpida suonò melodiosa alle sue orecchie.
Si voltò per chiedere scusa ma rimase a bocca aperta.
“Principessa... Valar, chiedo scusa, non vi avevo visto.” La ragazza chinò il capo in segno di rispetto e sperò con quel gesto di non far notare come fosse diventata rossa in viso.
‘Ma perché faccio tutte queste figuracce...’
“Alza il viso.” Le disse Dìs, sorridendo.
Emyrin lo fece e incontrò gli occhi azzurri della Principessa.
Quella la scrutò attentamente, dalla testa ai piedi e la Nana si sentì improvvisamente nuda sotto il suo sguardo.
Vergogna, ecco cosa provava in quel momento.
Il suo vestito arancione era sbiadito e leggermente macchiato ai bordi finali. La mantella era rovinata. Per non parlare dei suoi capelli orribilmente disordinati. L’unica cosa decente in lei era forse la sua sciarpa.
“Tu devi essere la ragazza della locanda infondo alla strada, dico bene?” Le chiese Dìs, facendola sobbalzare.
“S-si, sono io.”
“Puoi per piacere rammentarmi il tuo nome?”
“Mi chiamo Emyrin, Altezza.”
“Emyrin... davvero un bel nome.” Sorrise la Nana.
“Vostra Altezza, ditele anche voi quanto le donano questi orecchini dorati.” La vecchia della bancarella si intromise nella conversazione.
“Le ho già detto che non posso permettermeli.”
“E io ti ho anche già detto che te li voglio regalare.”
“Non potrei mai accettare, davvero.”
“Perché no?” Chiese curiosa Dìs.
Emyrin fece un sospiro e abbassò lo sguardo.
Il perché era Dhelia. Quella strega maledetta le avrebbe strappato le orecchie pur di evitare di farle avere qualcosa di prezioso indosso. E sicuramente ne avrebbe tratto profitto lei.
“Prendili.” Le disse la Principessa.
“Ma, Vostra Altezza, io-”
“Non esigo obbiezioni.” La bloccò lei.
“Grazie, grazie mille, Altezza.” Si inchinò di nuovo e di nuovo Dìs le ordinò di rialzarsi.
Da dietro l’ampia gonna blu della Principessa sbucò fuori la testolina del cucciolo.
“Rhor, cosa ci fai lì?! Vieni subito qui!” Intimò e il cagnolino zampettò al suo fianco. “Chiedo scusa, Principessa.”
“È tuo?”
“In verità sto cercando qualcuno a cui affidarlo. La mia padrona non vuole che stia nel nostro retrobottega. Ma nessuno vuole prenderlo sotto il proprio tetto.” Sospirò Emyrin.
“Si chiama Rhor, giusto?”
“Sì.”
“Lirys.” Chiamò Dìs, e una delle sue damigelle si fece avanti.
“Si, mia Signora?”
“Porta a casa il piccolo Rhor e assicurati che abbia tutto ciò di cui ha bisogno un cucciolo di cane.”
“Altezza... non so come ringraziarvi. Avete fatto molto per me oggi.” Emyrin era ammirata. Non aveva mai avuto una conversazione così lunga con un reale, tanto meno con la Principessa di Erebor. E quello che aveva fatto...
‘Oggi i Valar sembrano volermi bene!”
“Saluta il tuo piccolo amico, Emyrin.”
La giovane accarezzò il musetto di Rhor.
“Fai il bravo, eh? Mi raccomando.”
Quando si rialzò, incontrò ancora il cielo che Dìs aveva negli occhi e il suo sorriso.
 
 
Emyrin salutò la sorella di Thorin con un lieve inchino e poi si voltò verso la vecchia. Quella le porse un sacchetto con gli orecchini e le sorrise.
Quando rimise piede nella locanda, Dhelia le gridò contro per il tempo che aveva impiegato con quella stupida bestia e le tolse il pranzo.
Si gettò sul suo letto e nascose gli orecchini sotto il materasso.
                           
 
Quel pomeriggio sembrò infinito.
Le ore passavano estremamente lente e le cose da fare sembravano ancora un’infinità.
Aveva lavato i panni, lavato i piatti, rifatto i letti, pulito la cucina, i bagni e le sale, spazzato ovunque, finito di lavare i vetri e messo a posto le sedie e i tavoli.
“Erin.” La chiamò Dhelia, di nuovo.
“Cosa devo fare ancora?” Domandò la giovane esausta, entrando in cucina.
La vecchia le mise in mano un piatto strabordante di brodaglia verde. “La tua cena.”
“Ehm... non ho molta fame.” Commentò lei, poggiandolo sul lavandino. Anche se aveva i crampi allo stomaco si rifiutava di mangiare quella roba.
Ingrata.” Sputò la Nana, andando ad aprire il locale.
Emyrin sospirò e si allacciò il grembiule in vita.
‘Forza, Emy, tanto prima o poi dovrà schiattare.’
 
 
A dispetto di quell’infernale pomeriggio, la serata fu tranquilla e passò in fretta.
Dopo la chiusura, decise di concedersi un bel bagno caldo rilassante.
Tolse il foulard e liberò i ricci color carota. Si guardò al vecchio specchio ingiallito e sorrise.
L’indomani avrebbe incontrato Kili alla radura.
Era eccitata ma anche un po’ impaurita. Cosa gli avrebbe detto? E lui cos’avrebbe fatto?
Infine decise che ci avrebbe pensato l’indomani stesso e affondò nel catino ricolmo di acqua bollente.
“Finalmente, un po’ di puro e sano relax...” Mormorò chiudendo gli occhi.
L’acqua le era sempre piaciuta, ma mai quanto il fuoco. Adorava osservare le fiamme del camino ardere e sollevarsi in aria. Le era sempre sembrato che danzassero.
Uscì dal catino che l’acqua ormai era diventata semifredda.
Si avvolse l’asciugamano intorno al corpo e andò nella sua stanza.
Asciugò i capelli, massaggiandoli bene e cercò di pettinarli, invano.
Mise la sua camicia da notte e si infilò sotto le coperte. Quella sera si gelava.
Guardò la luna e si chiese cosa stesse facendo in quel momento il secondogenito di Dìs.





















 
-Angolino autrice-
Salve, buonasera, ciao.
Ho appena finito di vedere la première de Lo Hobbit e sono tipo su di giri :3
Anyway, ecco il capitolo.
Vi avverto stubito che non ho intenzione di fare Dìs come tutti la tendono: crudele. 
La mia Dìs sarà una principessa dolce, buttata giù dalle disgrazie che ha subito, ma mai cattiva o meschina.
Ebbene, Emyrin fa sempre figire di m****, un po' come me XD
Kili... :3 Mi manca hahahah non parlo di lui per un capitolo e *MUORO*
Ebbene, spero vi sia piaciuto ^^
E a proposito di questo (poi mi dileguo) , non vorrei dire niente eh ._. però... insomma... un parerino me lo preste anche dare.. 
Anyway, vi amo tutti u.u
Saluti!
Your Lily :D

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Capitolo 3
*** Mercoledì ***


3. Capitolo tre.
 
Dopo una nottata passata a rigirarsi nel letto per il mal di schiena, Emyrin era bardata per affrontare l’inverno.
Con la solita mantella e la tanto amata sciarpa rossa uscì all’aria fresca del mattino e si diresse con il suo libro verso la boscaglia, osservata a distanza dalla vecchia arpia.
Aveva il sorriso stampato sulle labbra e gli occhi che luccicavano.
Non appena addentratasi tra gli alberi prese il sacchetto dalla tasca e vi tirò fuori i due orecchini dorati, indossandoli per l’occasione.
 
 
La radura d’inverno era qualcosa di eccezionale: una distesa bianca con al centro un piccolo laghetto ghiacciato. Tutto intorno vi erano conifere innevate che proteggevano lo spiazzo dalle correnti d’aria gelida.
La giovane arrivò alla solita pietra dove si poggiava in quel periodo dell’anno – per non gelarsi il didietro nella neve – e vi lasciò il libro, incamminandosi verso il lago.
Non le era mai importato tanto del suo aspetto, ma quel giorno era diverso.
Si specchiò nel ghiaccio, anche se ciò che vide del suo viso fu solo il contorno sfocato.
Il dorato degli orecchini riluceva al sole e rifletteva sulla superficie gelata.
Sorrise, si alzò e tornò alla roccia.
Si sedette e prese il suo libro in mano; lo aprì, ma non lesse una parola. La sua mente era troppo protesa a farsi dei film mentali su cosa avrebbero fatto o detto quel giorno lei e l’Erede di Durin.
Ma il tempo passava e di lui neanche l’ombra.
 
 
‘Che stupida sono stata a pensare che sarebbe venuto. Lui è un principe e io solo una misera cameriera di una lurida locanda di ubriaconi.’
Di nuovo al bordo del lago, Emyrin osservava i contorni degli alberi che si riflettevano sul ghiaccio e le nuvole correre verso ovest, spinte dal vento. E sospirava.
Prese un mucchietto di neve da terra e lo appallottolò, lanciandolo il più lontano possibile per poi vederlo infrangersi sul duro ghiaccio.
Liberò un ultimo sospiro condensato e poi si voltò, sconsolata, considerando l’idea di tornarsene a ‘casa’.
Face un paio di passi con lo sguardo fisso a terra ma si bloccò all’istante.
Un paio di stivali marroni sostavano davanti a lei.
Alzò lo sguardo, non realizzando subito a chi appartenessero.
“Per Mahal!” Gridò, indietreggiando. Slittò sul ghiaccio ma una mano la afferrò saldamente evitandole una rovinosa scivolata.
“Non sapevo di farti questo effetto.” Rise Kili, riportandola in piedi.
Di nuovo, la giovane si ritrovò troppo vicina al Nano.
Con un lieve rossore sulle guance si scansò.
“Spiritoso. Mi hai spaventata.” Gli disse, mettendogli un finto muso.
“Mi dispiace, non era mia intenzione.” Si scusò lui, grattandosi il capo.
‘Dannazione, ma come si fa a tenergli il muso quando fa quella faccia? ... Emyrin, contegno!’
“Fa niente, anzi, grazie per avermi evitato di cadere.” Sorrise, alzando lo sguardo.
“Roba da niente.” Rispose il giovane. Poi tornò serio. “Scusa, ho fatto un po’ tardi, ma non riuscivo a liberarmi da mio zio.”
“Oh, figurati, non stavo mica andando via.” Mentì lei, ridendo nervosamente.
Si guardarono un istante, poi scoppiarono a ridere all’unisono.
 
 
“Cosa leggi?” Le chiese, seduto accanto a lei, rigirandosi il suo libro fra le mani.
“Oh, è un libro vecchissimo. L’ho letto si e no... dodici volte.”
Dodici volte?” La faccia che fece Kili fu di pura sorpresa. “Deve piacerti molto.”
“In realtà no, ma è l’unico che ho a parte ‘Contorni e delizie dai Colli Ferrosi’ e preferisco di gran lunga leggermi dodici volte quello piuttosto che un ricettario.” Fece un’alzata di spalle e sorrise.
Le lentiggini sul piccolo naso si ravvicinarono.
Kili considerò il posto in cui viveva e la persona che le era accanto. Decisamente non doveva passarsela economicamente bene.
“Ti donano molto quegli orecchini. Stanno bene con i tuoi occhi.” Le disse all’improvviso, facendola arrossire.
Se ne era accorto; non poteva crederci che le avesse fatto quel complimento.
Emyrin toccò l’orecchio scoperto dai capelli e sorrise.
“Ti ringrazio.” Disse solo, guardandolo negli occhi.
Erano dei pozzi magnetici, profondi e scuri come la notte.
“Ti piace proprio fissarmi, eh?” Scherzò il giovane ed Emyrin inarcò un sopracciglio.
“Sarà perché sei sbarbato.” Ghignò vittoriosa.
In effetti Kili non aveva di che ribattere. Quella volta gliel’aveva fatta.
“Sei furba vedo, Emy.”
Emyrin diventò seria tutto d’un colpo.
“Ho detto qualcosa di sbagliato? Se non vuoi che ti chiami così, basta che me lo dici.”
Ma poi sfoderò un grande sorriso.
“No, no, va benissimo. Mi piace.”
E Kili le sorrise di rimando.
 
 
“Così vivi nella locanda della vecchia Dhelia. Non lo sapevo.” Disse il giovane, seguendo lo sguardo di lei: dall’altro lato del lago, due lepri bianche si rincorrevano tra di loro. Si nascosero sotto un cumulo di neve.
“Sono anni ormai.”
Dal ramo di un pino cadde un mucchio di neve fresca che si infranse su quella a terra con un suono sordo.
“Sei nata qui, sugli Ered Lûin, immagino.”
Suppongo di si.” Rispose Emyrin, continuando a guardare il punto in cui erano scomparsi i due animali.
Kili non le fece altre domande sulle sue origini, visto la reazione che aveva avuto: il mento era completamente scomparso, come la bocca, inghiottiti dalla sciarpa. Sembrava come se si fosse... vergognata? di qualcosa che di certo lui non poteva immaginare.
Mentre era impegnato a fissare il suo profilo delicato, Emyrin vide qualcosa di assolutamente divertente: all’improvviso, una delle lepri era saltata fuori dalla neve e l’altra le era zompata addosso, facendo finire entrambe a pelle di leopardo sulla superficie liscia del lago.
La Nana non poté far a meno di ridere a crepapelle.
La sua voce era piacevolmente orecchiabile e la sua risata era addirittura contagiosa, tant’è che Kili, pur non avendo visto la scena, non riuscì a trattenere un sorriso.
“Li hai visti?” Chiese Emyrin, tenendosi la pancia.
“No, cosa?” Fece lui, voltando lentamente il capo.
Dopo essersi ripresa dalle risa, gli spiegò il motivo di tanta ilarità e non poterono evitare di ridere ancora.
 
 
Lo stomaco della giovane gorgogliò e con un po’ di imbarazzo scostò una ciocca di capelli dal viso.
“Ehm... chiedo scusa.” Disse nervosa.
In effetti, era abbastanza plausibile che il suo stomaco brontolasse: era ancora digiuna dalla sera del lunedì precedente.
Tanta era la voglia di arrivare il più presto possibile in quel luogo incantato che non aveva pensato minimamente a portarsi qualcosa da mangiare.
Per sua fortuna, mamma Dìs pensava sempre a tutto.
Kili prese dalla sua sacca due involti di carta e ne porse uno alla giovane.
“Ti ringrazio.” Gli disse. In realtà lo stava adorando al limite dell’immaginazione, o meglio, lo stava facendo la sua pancia vuota.
“Figurati, è la porzione di mio fratello.” Kili fece spallucce e guardò divertito la giovane fermarsi con il laccio del pacchettino in mano e guardarlo con espressione indecifrabile.
“Tranquilla, puoi mangiarlo. Te lo ha ceduto volentieri.” La tranquillizzò divertito e lei sembrò tornare a respirare.
L’involto nascondeva un piccolo muffin ripieno di marmellata ai lamponi.
Ne assaggiò un boccone e rimase stupita da quanto fosse buono.
“Valar, è la cosa più dolce che abbia mai mangiato. È buonissimo!” Disse, prendendone un altro morso.
“Li ha fatti mia madre.” Un po’ la sorpresero quelle parole. Non immaginava la Principessa ai fornelli.
“Beh, sei davvero fortunato ad avere una madre che fa queste cose buone.” Sorrise. Le sarebbe piaciuto anche a lei poter avere qualcuno di così premuroso accanto.
“Devo ammettere che hai pienamente ragione.”
 
 
“L’ho incontrata, ieri mattina, sai?”
“Chi, mia madre?”
“Si, al mercato... le ho praticamente pestato un piede per sbaglio mentre indietreggiavo da una vecchietta.”
Kili scoppiò a ridere.
“Guarda che non c’è niente da ridere! Immagina che figura ho fatto... mi guardavano tutti!” Lo rimbeccò, portandosi poi le mani al viso. Il ricordo di quell’esperienza le fece venire un brivido.
“Scusami, ma non posso credere che tu sia qui, viva e vegeta, con tutte le ossa al loro posto, dopo aver pestato un piede a mia madre.”
“È così terribile?” Domandò Emyrin, sinceramente divertita.
“Sì, credimi.” Stavolta fu Kili ad avere un brivido.
“A me non è sembrata. Pensa, ha preso con sé Rhor salvandolo da morte certa... Dhelia non lo voleva più nel vicolo e mi aveva obbligato a cercare qualcuno a cui lasciarlo o ci avrebbe pensato lei stessa. Voleva addirittura che lo abbandonassi nel bosco... Quella maledetta strega!
“Aspetta, stai dicendo che il piccolo Rhor è a casa mia?” Chiese il Nano, sorpreso.
“Sì... credevo lo sapessi.”
“Mh, no. In realtà, io e mio fratello abbiamo passato la notte con nostro zio e quest’oggi non siamo passati per niente a casa. O almeno io no, perché sono qui con te.” Disse innocentemente.
Emyrin si sentì strana in quel momento. Era come se si fosse aperta una voragine nel suo stomaco e qualcosa vi svolazzasse dentro.
“Beh, portagli i miei saluti quando lo vedrai... già mi manca quella piccola pallina di pelo. Ci avevo fatto l’abitudine a portargli qualche avanzo dopo la chiusura.”
“Tranquilla, lo farò.” Disse Kili. “Perché non vieni a trovarlo, qualche volta?” Le chiese poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo bussare alla porta della Principessa per vedere un cane.
“Non potrei nemmeno volendo.” Sospirò la ragazza, abbassando lo sguardo.
“E perché no?”
“Dhelia non mi lascia andare in giro da sola, se non per qualcosa di urgente che le serve. Controlla ogni mercoledì mattina che non cambi strada e mi lascia venire soltanto qui.”
“Ma, non capisco il perché...” Chiese lui, visibilmente confuso.
“Ah, questo non me lo spiego nemmeno io! Forse ha paura che scappi da qualche parte, chi lo sa.”
“Vorrà dire che qualche volta, da Principe, ti ordinerò di seguirmi e lei non potrà certo obbiettare la mia parola!” Esclamò il giovane, facendola sorridere.
 
 
“Si sta facendo tardi... devo tornare.” Disse Emyrin tristemente.
Quella giornata era stata davvero in ottima compagnia e l’aveva resa assai felice, ma Dhelia le faceva pagare salato gli sgarri.
Il cielo si stava arrossando e tra poco si sarebbe fatto buio.
“Ti accompagno.” Le disse Kili, scendendo dal masso per poi tenderle la mano ed aiutarla. Mano che lei accettò volentieri.
Una volta in piedi, la Nana spiegò il vestito e si allacciò meglio la mantellina.
Nel frattempo, Kili pensò bene di anticiparla e prese il libro dal masso che però gli scivolò a terra, fra la neve bagnata.
Il tempo si fermò in quell’istante.
La giovane lo guardava come se avesse commesso il più grave dei crimini su questo mondo.
‘Il mio... libro...’ Pensò disperata, piangendo e urlando nella sua mente.
“Mi dispiace!” Disse il moro, chinandosi per raccogliere quell’ammasso di carta fradicia.
“Non fa nulla, tanto... lo avevo letto dodici volte e iniziava un po’ a stancarmi.” Mentì lei, mentre imprecava in tutte le lingue che conosceva – cioè solo la Lingua Corrente – nella sua testa.
“Te ne porterò un altro, per scusarmi. Ma ti prego di perdonarmi, non era mia intenzione, davvero.” Kili era decisamente mortificato e le fece tanta tenerezza.
“Ma no, non ce ne è bisogno, davvero!” Gli disse, sfoderando uno dei suoi sorrisi più dolci.
“Dovrò farlo, o non mi perdonerò mai di averti fatto questo torto.”
Beh, dire che Emyrin si quagliò come burro al sole era solo forse un eufemismo di quello che realmente stava accadendo dentro di lei.
 
 
Attraversarono il boschetto, poi presero la via che entrava in città e svoltarono nel vicolo che dava sul retro della locanda.
Per tutto il tragitto avevano continuato a chiacchierare: Kili le aveva raccontato qualcosa sulla Montagna Solitaria – quel poco che sapeva dagli antichi racconti di Balin e le storie di suo zio – e aveva appurato che la giovane non sapeva quasi nulla di tutto ciò che le aveva detto. Ma Emyrin si mostrò interessata e questo gli diede spunto per il prossimo incontro. Perché sarebbe tornato nella radura per vederla.
 
 
“Sono stata bene, oggi. Mi ha fatto piacere che tu sia venuto.” Gli disse mentre era sulla porta.
“Anche a me, per questo verrò anche il prossimo mercoledì.” Fece lui e il cuore della ragazza perse un battito.
‘Emy, non montarti la testa, ti prego.’
“Perfetto!” Le scappò con un po’ troppo entusiasmo e le sue gote si tinsero di rosso. “Ti aspetterò con piacere.” Disse poi con più calma.
“Va bene. Buonanotte allora, Emy.” La salutò infine il Nano, sorridendole.
Quel sorriso le rimase in mente per tutta la notte.



















 
-Angolino autrice-
Ebbene.. il trezo capitolo è nelle vostre mani.
Vogliate perdonarmi se sfora nel banale, o se non è come ve lo aspettavate o se qualsiasi altra cosa.
Qualcuno di voi lo sa già, che non è un bel momento per me questo, soprattutto questi ultimi due giorni che sono stati un devasto.
Ho voluto aggiornare per il semplice fatto che sono piena zeppa fino ai capelli di compiti in classe e il tempo per scrivere sarà davvero poco, se non nullo.
Lascio a voi la parola, adesso.
Grazie, LilyOok_
 

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Capitolo 4
*** "Voglio andarmene di qui..." ***


4. Capitolo quattro.
 
Erano passati tre giorni dal mercoledì che Emyrin aveva passato con Kili e mai i lavori che le appioppava Dhelia le erano sembrati così leggeri da svolgere. Inoltre, sulle sue labbra era stampato il sorriso e canticchiava qua e là per la locanda mentre puliva o riordinava i tavoli.
Durante l’orario di piena era a mille e volava da un ordine all’altro in soli cinque minuti. La vecchia Dhelia la osservava da sotto le folte sopracciglia grigie, chiedendosi cos’avesse quella ragazzina d’esser così felice.
Ebbene quel sabato mattina, nonostante non volesse, l’anziana Nana mandò Emyrin nella bottega della vecchia Hirina, proprio nel centro di Gabilgathol, a comprare le spezie.
Hirina era una Nana dolcissima e ogni volta che la ragazza andava da lei per comprare gli aromi, quella le regalava sempre un sacchetto contenente ogni volta un tipo diverso di the proveniente da altrettante diverse parti della Terra di Mezzo.
 
 
Entrò nella piccola drogheria accompagnata dal cristallino suono della campanella in cima alla porta.
“Buongiorno, signora Hirina.”
La vecchietta si voltò verso la porta sfoggiando il suo solito sorriso allegro.
“Buongiorno a te, cara.” Le disse, sistemandosi il grembiule giallino.
“Dhelia mi ha mandato per le solite spezie, ma questa volta al posto dell’origano vorrebbe del rosmarino.” Disse la ragazza, sedendosi sullo sgabello di fronte al bancone.
“Ti preparo subito il pacchetto, tesoro.” Hirina si voltò e iniziò ad aprire i vari cassetti incastonati nel muro, cercando i giusti aromi.
“Come stai, Emy?” Le chiese, mentre sbuffando sonoramente richiuse l’ennesimo cassetto sbagliato. Alla rossa scappò un sorriso divertito.
“Beh, tutto come al solito eccetto che... sono uscita con un ragazzo, questo mercoledì.” Rispose con un sorrisetto furbo.
“Ah sì? E chi è questo misterioso giovanotto fortunato?” Domandò la vecchina, tirando fuori un sacchetto lilla. “Ah, ho trovato il rosmarino, finalmente.”
“Lui, beh... è il Principe Kili.”
La Nana la guardò sorpresa.
“Oh Hirina, non hai idea di quanto sia carino e dolce Kili! È... non è come Thorin, con lo sguardo severo e silenzioso e chiuso... Kili è più sciolto, è simpaticissimo e pensa, mi regalerà un libro nuovo perché l’unico che avevo gli è caduto nella neve e l’inchiostro ha stinto sulle pagine.”
Hirina la guardò con dolcezza e le accarezzò una guancia. “Ma guardati, Emyrin, come sei bella! Sembri proprio innamorata.”
“Ti ringrazio, Hirina, io... cosa? No, no. Kili è l’Erede di Durin e io non potrei mai amarlo o quantomeno lui non potrebbe mai amare me. È di ottima compagnia, questo sì, e poi mi ha offerto un muffin ripieno alla marmellata preparato da sua madre che era la fine del mondo... Non avevo mai mangiato niente di così buono!”
Gli occhi della giovane brillavano di una luce particolare e le sue guance erano leggermente arrossate. Parlava di lui con lo sguardo rivolto in un punto indefinito della stanza, sognante.
“Oh, Emyrin cara, non si può negare che però ti piaccia molto.” Le disse la vecchietta. “Vi vedrete altre volte?”
“Sì, mercoledì prossimo nella radura dietro il boschetto dei falegnami.”
“Ho capito... bene, allora ti auguro tante belle cose.” Le disse, mentre finiva di chiudere la scatola di legno con le varie spezie.
Emyrin tirò fuori dalla tasca del suo vestito arancione un sacchetto di cuoio con i soldi che le aveva dato Dhelia. Precisi, non un centesimo di più e non uno di meno.
“Tieni, Emy, e salutami Dhelia.”
“Lo farò.” La rossa scese dallo sgabelletto e si avviò alla porta ma l’anziana la richiamò.
“Mi sono dimenticata di darti questo.” Le disse, sparendo dietro una tendina azzurra e uscendone un grosso pacco colorato.
“Per me?” Domandò la giovane, al quanto sorpresa. Si aspettava il solito pacchettino di the, ma questa volta Hirina aveva pensato in grande.
“Aprilo, avanti.” Le disse col sorriso. Voleva guardarla mentre vedeva cosa aveva fatto per lei.
Emyrin, che non riceveva mai regali, era più che entusiasta di sciogliere il nastro che legava il pacco e di aprirlo.
E quando lo fece, gli occhi le si appannarono di lacrime di gioia.
“Ti piace?”
“Hirina... non so cosa dire, davvero! È stupendo!”
“L’ho fatto io con le mie mani, per te. Sono mesi che ci lavoro.” Le sorrise la vecchietta.
Emy tirò fuori dalla scatola un ampio vestito verde, semplice, ma allo stesso tempo bellissimo. Le spalline e il colletto erano più chiare rispetto al resto, molto più sulla tonalità di un verde smeraldo.
Davanti, sul petto, aveva anche un merletto.
“Ti ringrazio tantissimo, è davvero splendido!”
 
 
“Ma quanto ci hai messo?”
Dhelia. Coglieva sempre l’occasione per arrabbiarsi con lei di qualcosa. Emyrin non rispose, lasciò sul bancone le spezie e si avviò nella sua stanza per posarvi il pacco.
“Cosa c’è in quella scatola?” Domandò la vecchia, seguendola.
“Non sono cose che ti riguardano. È un regalo della signora Hirina.” Rispose seccamente lei.
“Chi le ha dato il permesso di farti dei regali, mh?”
“Perché, adesso serve il permesso anche per questo? Quando la smetterai di controllare la mia vita respiro per respiro?” Emyrin si sentiva davvero stanca di discutere con Dhelia, ma non ne poteva davvero più delle sue cattiverie.
“Portami più rispetto, ragazzina, ricorda che io sono stata quella che-”
Quella che ti ha salvato da morte certa. Se non ci fossi stata io a quest’ora saresti morta di fame e di freddo e blablabla! Smettila di ripetermi sempre le stesse cose: se dovevi ‘salvarmi’ per poi rinfacciarmi ogni giorno della mia vita di averlo fatto, allora era meglio che mi lasciavi morire.” Gridò arrabbiata.
Dhelia la guardò con disprezzo.
“Dopo tutto quello che io ho fatto per te, dovresti baciare la terra dove cammino invece di venirmi sempre contro. Sei una stupida ingrata.” Le gridò, lanciandole uno schiaffo sulla guancia.
Emyrin non si scompose di un millimetro ma nei suoi occhi crebbero le fiamme della rabbia e dovette arpionare con forza il vestito per evitare di sbatterla a terra per i capelli.
“Ah davvero? Dovrei esserti grata per farmi sgobbare come un mulo dalla mattina alla sera? Per non farmi mai uscire in città? Per segregarmi in camera dopo la chiusura? Per avermi costretta a cacciare Rhor dal vicolo? Per mandarmi in giro a fare il tuo lavoro mentre tu te ne stai qui, a crogiolarti dietro la tua stupida cassa a contare i tuoi stupidi soldi?!”
 
 
La chiave girò nella toppa ancora una volta prima di arrivare al limite.
Emyrin tirò un calcio alla sedia che aveva in stanza e si gettò supina sul letto, le braccia conserte e le guance rosse per le urla di poco prima.
Alla fine Dhelia l’aveva chiusa nella sua camera e le avrebbe riaperto solo al momento dell’apertura della locanda.
‘Voglio andarmene di qui...’ Pensò, rivolgendo lo sguardo alla finestra. Per un attimo le passò di mente di uscire da lì, ma calcolò che nonostante fosse sul vicolo e Dhelia non avrebbe vista, la sua stanza era al primo piano e lanciarsi su un lastricato di sassi larghi quanto un pugno non era un bel modo per morire.
Sospirò rassegnata.
Il tempo le sembrava non passare mai. Quasi le pareva meno noioso lavorare che starsene sdraiata a torcesi i riccioli fra le dita e sbuffare in continuazione.
Poi si ricordò del vestito che le aveva fatto la signora Hirina con le sue mani e decise di provarlo.
Lo tirò fuori dalla scatola e lo mise dopo essersi tolta quello che aveva.
Si guardò al grande specchio e fece una giravolta su se stessa, gonfiando d’aria la gonna.
Sorrise alla sua stessa immagine, pensando a quando lo avrebbe indossato il mercoledì successivo, per l’incontro con Kili.
Le cadde l’occhio sulla scatola e intravide che vi era qualcos’altro al suo interno: si chinò e ne tirò fuori un fiocco delle stesse tonalità del vestito.
‘Questo sì che sarà una sfida metterlo...’ Pensò la giovane, rigirandoselo tra le mani.
Guardò nuovamente il suo riflesso e pensò a come sistemare i suoi ricci in moto da non essere impresentabile all’appuntamento.
Li raccolse in una coda, ma non le piacque come le stava il fiocco. ‘Troppo in vista.’ Aveva pensato mentre li scioglieva.
Dopo un’ora circa a provare e riprovare diverse acconciature, scelse di lasciare sciolti i capelli davanti e di legarlo solo con quelli di dietro. ‘Perfetto! Emyrin 1, capelli 0!’
 
 
Fece in tempo a richiudere con cura il pacco che la serratura emise un rumore secco prima di spalancarsi.
“A lavoro.”
“Arrivo...” Rispose seccata.
Alzò gli occhi al cielo e attese che la vecchia la seguisse per andare ad aprire.
Andò Emyrin ad aprire la porta principale della locanda e con sua grande sorpresa vi trovò già qualche Nano pronto per essere servito.
Da una parte le fece piacere: dopo aver passato tre ore e più senza far niente chiusa in una stanza di venti metri quadri, un po’ di movimento le faceva bene e soprattutto le faceva passare il tempo più in fretta.
Quella sera, verso l’orario di chiusura, entrarono nel locale il Principe Thorin e suo nipote Fili.
‘Perché Kili non è con loro?’ Pensò subito la ragazza, rischiando di rovesciare un boccale di birra sul pavimento.
Gli andò incontro, consigliando loro il posto della volta scorsa.
“Ti ringrazio.” Le disse Thorin, accomodandosi stancamente.
Fili la guardò per un istante di troppo ed Emyrin, sentendosi i suoi occhi addosso, arrossì violentemente.
“C-cosa vi porto?” Domandò loro. Trasudava nervosismo da tutti i pori e cercava in ogni i modo di evitare direttamente i loro occhi.
“Da bere e...” Emyrin prese appunti mentalmente e se la diede a gambe levate il più presto possibile, riportando l’ordine in cucina. Ma suo malgrado, dovette tornare per servirli.
“Ecco a voi. Se vorrete dell’altro basterà un cenno e io arriverò.” Disse ai due, sperando che la lasciassero andare subito. Ma ovviamente le cose non vanno mai come tu le speri.
“Aspetta. Avvicinati, per favore.” Le disse Thorin, lanciando un’occhiata a Fili.
Emyrin, quasi timorosa, fece un paio di passi fin quando non urtò leggermente il tavolino.
“Guardami.” Le disse, non con tono severo né le stava dando un ordine.
Emyrin fece scontrare i loro occhi e dopo qualche attimo di silenzio Thorin le sorrise e con la coda dell’occhio vide l’altro Nano tirare un sospiro di sollievo.
“Puoi andare, grazie.”
 
 
“Cosa voleva da te il Principe?” Le chiese Dhelia, avvoltoio, chiudendo a chiave la porta.
“Nulla, in realtà. Mi ha solo guardata.”
Nient’altro?”
“Nient’altro.”
‘Ma guarda tu che vecchia impicciona.’ Pensò Emyrin con fastidio, mentre finì di mettere a posto tutte le sedie.
Mangiò un boccone prima di salire nella stanza e infilarsi sotto le coperte.
Stava morendo di freddo e il cielo era stato coperto da una coltre di nuvole grigie. Sembrava proprio dovesse nevicare.
Ripensò a Thorin e a cosa avrebbe dovuto significare il suo gesto. Chissà se Kili gli aveva detto qualcosa su di lei...
Chiuse gli occhi e crollò in meno di cinque minuti.
Quella notte fu senza sogni.



















 

-Angolino autrice-
Signori e signore buonasera!
Premetto che questo capitolo non è che mi sconfifferi più di tanto, però starà a voi giudicare u.u
Alla fine di questa nota vi metterò la nostra cara ragazza con il nuovo vestito (mi scuso per lo sofndo ma sono limitati e ne ho messo uno più simile ad una stanza... anche se di una casa giapponese XD)
Ebbene, cosa avrà voluto 'vedere' Thorin?
E Fili? Sospiro di sollievo? Perché mai?
Vabbè, vi lascio tranquilli... 
Addieu (?)

Lily :*






 

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Capitolo 5
*** La settimana di Kili ***


5. Capitolo cinque.
 
Anche quella mattina il sole splendeva nonostante facesse un gran freddo.
Emyrin era pronta per uscire, con il suo bel vestito nuovo, la solita mantella e la solita sciarpa.
Era riuscita a sistemare il fiocco senza troppe difficoltà e imprecazioni, strano.
Tutto sembrava andare bene quella mattina, e scese di corsa le scale per la colazione.
“Buongiorno, Dhelia!” Esclamò raggiante, ma la vecchia come al solito non la degnò di uno sguardo. Stava facendo i suoi conti mattutini e non si sarebbe staccata da quelle monete nemmeno se obbligata.
La giovane entrò nelle cucine e si preparò una bella tazza di latte con qualche biscotto. Alcuni di quei deliziosi dolcetti li impacchettò in un sacchetto che mise nella tasca del vestito.
Andò alla porta e trovò Dhelia ad aspettarla.
Prese un bel respiro e uscì sotto il suo sguardo che la accompagnò come d’abitudine finché non entrò nel boschetto dei falegnami.
Come la volta precedente, cambiò gli orecchini e procedette tranquilla verso la radura.
Vi era meno neve rispetto alla settimana prima.
‘Finalmente si avvicina l’arrivo della primavera!’ Pensò, riempiendosi i polmoni di aria fresca.
Un abbaio in lontananza, poi un altro e un altro più vicino ed Emyrin si vide zomparle alle caviglie un batuffolo di pelo grigio.
“Rhor!” Sorrise felice, accucciandosi per riempirlo di carezze.
“Buongiorno, Emy.” La voce di Kili le riempì le orecchie e alzò gli occhi per guardarlo.
“Buongiorno a te, Kili.”
 
 
“Come hai passato questa luuuunga settimana senza di me?” Rise il giovane, accomodandosi sulla roccia con la rossa.
“È stata stancante, la solita routine.” Rispose lei, grattando la pancia del cagnolino sdraiato sulle sue cosce.
Rhor si leccò il naso, felice, scodinzolando. Era buffissimo con le orecchie per aria ed Emyrin non poté far a meno di ridere.
Nel frattempo, Kili prese qualcosa dalla sua tracolla di cuoio marrone.
“Per te.” Le disse, porgendole un libro. Sulla copertina vi era il titolo Dei Silmaril e delle inquietudini dei Noldor*.
“Ma non dovevi!” Emyrin si sentì un po’ a disagio, ma poi vide il sorriso radioso di Kili e quella sensazione scomparve all’istante.
“Dovevo, invece! È una vecchia storia che raccontava mio zio a me e Fili quando eravamo bambini. Sono certo che ti piacerà.” Le disse.
“Ti ringrazio, davvero... adoro leggere! Quando vengo qui mi immergo nella lettura ed entro in un altro mondo.” I suoi occhi brillavano.
“Sono contento di sentirtelo dire.”
 
 
“L’altra sera sono venuti Thorin e tuo fratello, alla locanda.”
“Lo so. Purtroppo non sono potuto venire, sono rimasto a casa con mia madre per darle una mano con delle faccende. Mi sarebbe piaciuto venirti a trovare.” Disse il giovane, abbozzando un sorriso.
“Sai, Thorin ha voluto osservarmi. Mi ha messo un po’ in soggezione, devo ammettere.” Raccontò Emyrin, rigirandosi un ricciolo tra le dita.
“Ah sì? Chissà... forse mia madre gli ha parlato di te.” Disse lui, pensieroso.
Emyrin sgranò gli occhi. “Cosa? Ma... lei... insomma...” Si agitò e le guance le divennero rosse.
“Calmati, non è successo niente!” Esclamò Kili, ridendo. Era davvero buffa quando si agitava. Ma era anche molto carina. “Mi ha detto che vi siete viste al mercato e io le ho palato di te. Forse ne ha parlato con Thorin.” Spiegò.
Questo, invece di calmarla, la fece agitare ancora di più.
“E-e che le hai detto, di grazia?” Gli chiese.
“Beh, soltanto che ero venuto in questo posto e sarei tornato oggi per rivederti. Tutto qui.” Rispose, poi, prima che lei potesse tirare un sospiro di sollievo, aggiunse: “Ah! E che sei molto carina.”
Inutile dire che Emyrin quasi collassò.
“Ma...”
“Tranquillizzati, per piacere: lei è d’accordo con me.”
 
 
Non poteva credere alle sue orecchie: la bellissima Principessa Dìs la riteneva carina.
Abbassò gli occhi su Rhor che nel frattempo di era addormentato placidamente, rannicchiato in grembo alla ragazza.
Gli fece alcune carezze e quello stirò le zampine, rimanendo però nel mondo dei sogni.
Kili osservava il suo profilo; in quel momento pensava solo a quanto fosse dolce la sua espressione  e che carattere meraviglioso aveva.
“Emy.” La chiamò d’un tratto, e lei si voltò a guardarlo. Le lentiggini che le incoronavano il naso e le gote erano una moltitudine e di colore chiaro; i suoi occhi profondi si puntarono in quelli di lui.
“Cosa c’è?”
In realtà, Kili non voleva nulla: aveva solo espresso il desiderio di perdersi in quelle pozze scure e misteriose, come le proprie.
Infine le sorrise e lei ricambiò.
L’imbarazzo precedete era scomparso anche se Emyrin non poteva fare a meno di pensare a quel che aveva detto la madre del giovane.
 
 
“Se posso chiederti, com’è la settimana di un principe?”
“Beh, a volte divertente ma altre volte davvero noiosa.” Sospirò lui.
“Vuoi raccontarmene?” Domandò lei, con la speranza che quello acconsentisse. E così fu.
“Beh, fin da piccoli io e mio fratello siamo stai educati alla Storia Antica dal vecchio Balin, ma quando inizia a raccontare aneddoti della sua giovinezza in fatti presenti nella storia diventa prolisso. È un gran maestro, su questo non ci sono dubbi, ma la storia è la storia. Noiosa. Le parti divertenti e piene di azioni sono le lezioni del signor Dwalin! Oh, non hai idea di quanto io e mio fratello ci divertiamo.” Rise Kili, ma Emyrin non capì.
“Esattamente, cosa vi insegna questo signor Dwalin?”
“Combattimento.”
“Oh.” Rispose lei, reprimendo un brivido di eccitazione.
“E com’è combattere? Dai, racconta!” Lo incitò e lui colse la palla al balzo.
“La spada è l’estensione del tuo braccio. Diventa una parte di te. E quando combatti senti l’adrenalina scorrerti nelle vene e, veloce come le rapide si un fiume, espandersi in tutto il tuo corpo. Non ho mai partecipato ad una vera battaglia, devo ammetterlo questo, ma lottando contro mio fratello – che non mi risparmia un colpo – è come avere un vero nemico di fronte e queste emozioni che sento sono la parte migliore.”
Emyrin ascoltò, interessata, e notò come il giovane fosse eccitato dalle sue stesse parole.
“Deve essere una forza!” Esclamò, rendendosi conto più tardi di quel che aveva appena detto.
“Tu... vorresti combattere?” Domandò il Nano, sorpreso.
“Non ho detto questo... anche se mi sono sempre chiesta come sarebbe stato nascere maschio e poter impugnare una spada o un’ascia. Avere un qualcosa con cui sfogarsi, anche solo contro un fantoccio di paglia.” Spiegò, sospirando.
Kili pensò alla sua situazione e si chiese quanta sofferenza avesse repressa dentro di sé.
“Beh... la spada è abbastanza pericolosa in mano a chi non ha idea di come si usi, ma un arco no.”
Emyrin lo guardò, inclinando la testa di lato.
“Che intendi?”
“Vuoi imparare a tirare?”
 
 
“Sì!” Il sorriso della Nana arrivava alle stelle. Una proposta inaspettata, tanta felicità.
“Bene, allora il prossimo mercoledì porterò il mio arco.” Sorrise lui, altrettanto felice.
Rhor sbadigliò, rannicchiandosi ancora più su se stesso.
“Sai, sei molto fortunato ad essere nato nella famiglia reale. Puoi permetterti un sacco di cose, come studiare. Parli di noia, ma io darei qualsiasi cosa per poterne sapere di più sul mondo che ci circonda, sui nostri Avi, sui Valar, sui fatti accaduti nella Prima e nella Seconda Era fino ad oggi. Quel che successe secoli, millenni fa. Dhelia non mi permette di fare nulla, per questo non posso neanche prendere in prestito libri di storia dalla biblioteca della città. Ripeto, sei davvero molto fortunato.”
Ancora una volta, Kili provò un’immensa tenerezza per quella ragazza. Ogni qualvolta si rattristava per qualcosa, sentiva il suo cuore stringersi in una morsa dolorosa.
“Posso insegnarti quel che ho appreso dalle lezioni di Balin.” Propose allora, facendo nascere sul suo viso un sorriso enorme.
“Davvero?!”
“Certo, non ci sono prob-” La frase fu troncata da un abbraccio inaspettato. Emyrin gli si era gettata al collo e il movimento brusco aveva fatto finire il povero Rhor con il muso nella neve e il di dietro all’aria.
“Ops... scusami, perdona il mio entusiasmo, ti prego.” Disse imbarazzata, staccandosi da lui.
“Ma no, figurati, mi piace il tuo entusiasmo!”** Ribatté il giovane, raccogliendo il cagnolino da terra.
“Scusa, piccolino...” Rise Emyrin, togliendogli la neve dal nasino umido. Quello le leccò le dita e scodinzolò, guardando poi Kili.
I due si mossero all’unisono per accarezzargli la testolina e scontrarono le loro mani.
Per Emyrin, arrossire era quasi diventato d’abitudine, ma per Kili fu una strana sensazione.
 
 
Quando la giovane rientrò alla locanda con il sorriso stampato sulle labbra, questo scomparve nell’istante in cui trovò Dhelia seduta ad uno dei tavoli con Thorin.
“Siediti, ragazzina.” Le ordinò la vecchia e lei fece come richiesto, sentendo le ginocchia cederle per la tensione.
“Sei stata con mio nipote, non è così?” Domandò diretto il Principe, lasciandola a bocca aperta.
Esitò. Cos’avrebbe dovuto rispondergli?
“Parla, il tuo Re ti ha fatto una domanda.” S’intromise Dhelia, battendo il palmo sul piano del tavolo.
Thorin la ammonì con lo sguardo e subito dopo tornò a guardare la giovane.
“Io... no. Cioè, si! Ma non è successo nulla, noi... noi abbiamo solo parlato, dovete credermi, io non...”
“Calma, calma. Non sono qui per punirti.” Le disse Thorin, ma Emyrin iniziò a sudare freddo.
“Voglio solo parlare con te. Voglio solo ricordarti qual è il tuo posto. Qual è il tuo posto. Qual è il tuo posto. Qual è il tuo posto.
“Lo sapevo che avresti portato solo guai! Di un po’, stai cercando di accomodarti con il figlio della Principessa per derubarlo del suo oro?! E Quegli orecchini? Dove li hai presi? Li hai rubati, non è così? Piccola ladruncola, ti taglierò le mani!” Gridò d’un tratto Dhelia, afferrandole un polso.
Emyrin ritirò il braccio bruscamente, sciogliendosi dalla sua presa.
“Ma che dici?! Non sarei mai capace di rubare né di fare nulla di simile a ciò che hai detto! Perché insinui certe assurdità su di me? Per di più davanti al Re? Io non sono una ladra, né tantomeno sono meschina come te!” Gridò la giovane con le lacrime che copiose le bagnavano il viso e il collo, sparendo sotto il vestito.
“Adesso basta!” Disse Thorin e il silenzio tornò padrone nella stanza. Puntò i suoi occhi freddi come il ghiaccio in quelli di lei. “Come dicevo, sono venuto solo per ricordarti il tuo posto. Mio nipote è uno degli Eredi di Durin e non lascerò mai che si unisca a te.”
Quelle parole rimbombarono nella mente vuota di Emyrin. Le si dilatarono le pupille: Thorin divenne enorme e la sovrastò con la sua imponenza.
Non potrà mai essere tuo. Mai. Mai. Mai. Mai.
***
Aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi nel suo letto, sudata e con le lacrime agli occhi.
“Era... solo un incubo?” Domandò a se stessa, ad alta voce.
Si asciugò gli occhi e si alzò in piedi. Doveva esserne certa, o non sarebbe più riuscita ad addormentarsi.
A passi decisamente leggeri entrò nella stanza di Dhelia e cominciò a scuoterla violentemente.
“Che diamine ti prende, ragazzina?” Si alterò quella, strattonandole un braccio.
“Dhelia, è venuto il Principe Thorin a parlarmi? Rispondi, ti prego, è importante!” Le chiese quasi strillando.
“Ma che ti sei fumata? Il Principe qui? Per parlare con te poi? Tornatene a letto, che è meglio. E non farti vedere fino a domattina!”
 
 
Emyrin saltellò contenta dentro il suo letto e si coprì fino al naso.
La paura di ciò che potesse pensare Thorin le si era riproposta come incubo, ma per un attimo le era sembrato tutto così reale... e invece niente lo era stato.
Guardò fuori; il cielo era illuminato dalla luna ed un suo raggio filtrava dalla finestra e faceva luce sul suo volto.
Prese il libro che le aveva regalato Kili e decise di iniziarlo quella notte stessa.
 
 
“Fëanor, giunto alla pienezza del proprio vigore...”***






*Tratto da: Il Silmarillion, p. 133, cap. VII - Tolkien.
**Tratta da: La sposa Cadavere, Cit. Emily & Victor - Tim Burton.
***Tratto da: Il Silmarillion, p.133, cap. VII - Tolkien.









-Angolino autrice-
Eccomi qui con un ritardo madornale causa scuola e prfessori super impazziti che mettono verifiche su verfiche togliendoti il respiro.
Ebbene, che ne pensate di questo capitolo? Vi piace? Non vi piace? 
E il sogno? Ci eravate cascati?
Fatemi sapere daiiiiiii :D
Bacione, carissimi, e nel caso non dovremmo risentirci in tempi brevi,
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO A TUTTI VOI :*
LilyOok_

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Capitolo 6
*** Il segreto di Dhelia ***


6. Capitolo sei.
 
Un raggio di sole la colpì dritta negli occhi.
Si girò dall’altra parte e sotterrò la faccia nel cuscino.
‘Dannato sole.’ Ringhiò nella sua mente.
Passò qualche minuto; era sul punto di addormentarsi di nuovo quando...
“Erin! Alzati pelandrona!”
Dal piano di sotto le giunse la voce gracchiante di Dhelia che le fece salire il malumore ancor prima di vederla in faccia.
‘Ma perché a me?!’
Sospirò e si alzò, mettendosi le scarpe per fare tappa al bagno.
Quando si guardò allo specchio per poco non lanciò un grido. Di corsa cercò di sistemarsi i capelli arruffati, che come sempre non avevano alcuna intenzione darsi una piega decente.
‘Bene, Emy, come inizio di giornata è davvero pessimo!’
Scese nel locale e si piazzò davanti alla cassa dove Dhelia stava effettuando il suo conteggio mattutino.
“Cosa c’è da gridare tanto?” Domandò con un pizzico di irritazione nella voce.
“Devi andare a prendere le carote da Borli, stasera siamo di stufato e non ce ne è rimasta nemmeno una.” Le disse la vecchia, mettendole in mano un cestino di vimini.
“Cosa?! Ma ci sono andata l’altro ieri! Mi sono caricata tre chili di carote e le hai già finite?!” Domandò lei, incredula.
“Non mi interessa cosa hai fatto. Va’ e torna in tempo per dare una bella pulita da cima a fondo alle cucine.”
 
 
Odio. Era l’unica cosa che provava in quel momento, fatta eccezione per il freddo pungente che la penetrava fin dentro le ossa.
Era al quanto stufa di dover obbedire a tutto quello che le veniva imposto. Ma come poteva sottrarsi da una simile tortura? Non aveva abbastanza denaro per lasciare il lavoro alla locanda, tantomeno aveva un posto dove rifugiarsi.
Sospirò, rassegnata, uscendo dal vicolo e attraversando la via principale fino alla grande piazza con la fontana nel centro.
Si fermò proprio vicino a quest’ultima e osservò come anche quella mattina il mercato cittadino fosse popolato da una moltitudine di Nani, Nane e Nanetti. Pensò a quanto sembrasse diverso lo scorrere del tempo al di fuori delle quattro mura della locanda.
Sbuffò una nuvoletta di condensa, sistemandosi meglio la sciarpa. Le cadde l’occhio sull’acqua che zampillava nella grande fontana.
“Due giorni fa era ghiacciata...” Mormorò, non accorgendosi di averlo detto ad alta voce.
Sta arrivando la primavera.” Una voce frizzante la fece sobbalzare.
“Kili!” Esclamò, voltandosi. “Mi hai spaventata.”
“Scusami, non era nelle mie intenzioni. Ti ho vista e... ho pensato di venire a salutarti.” Disse lui, grattandosi il capo.
Lo sguardo che le rivolse era come impacciato e – se gli occhi di Emyrin funzionavano ancora bene – si sarebbe potuto dire benissimo che Kili era arrossito.
Un piacevole calore le pervase il petto facendole dimenticare per un istante il gelido venticello che spirava per le vie della città.
“Dove vai di bello?” Le chiese poi il Nano, indicando il cestino.
“Uhm... Dhelia mi ha spedita in missione: comprare le carote per lo stufato, grande menù della serata.” Rispose ironicamente, alzando gli occhi al cielo.
“Quindi andavi verso l’orto del signor Borli... beh, vorrà dire che ti accompagnerò fino ad un pezzo di strada. Anche io sto andando da quella parte.” Le disse, mettendo su un sorriso sornione.
 
 
“Come va alla locanda?” Chiese il Nano, rilasciando una nuvoletta condensata; era da un po’ che non vi passava.
La neve sostava ancora ai lati della strada, mentre in centro era solcata dalle ruote dei carri e vi erano le impronte degli zoccoli dei pony.
“Credo che impazzirò. Dhelia è diventata più insopportabile di prima. Vorrei andarmene ma... non saprei dove andare.”
“Non puoi trovare un altro lavoro?”
“Certo che posso, ma non potrei mai più dormire sotto lo stesso tetto di quella strega. Mi caccerebbe, perché sarei inutile. E a quel punto dove potrei andare?”
Kili osservò il suo viso ombreggiarsi un istante a quei pensieri, ma poi gli rivolse uno dei suoi enormi e bellissimi sorrisi e cambiò discorso.
“Sai, sono arrivata a metà del libro che mi hai regalato!” Disse entusiasta.
“Ti piace?”
“Se mi piace? È bellissimo! È una storia avvincente e poi, Fëanor, è un personaggio davvero interessante. Sono tanto curiosa di sapere come finisce la storia e di sapere che fine fanno i gioielli tanto ambiti.”
“Sono contento di vedere tutto questo entusiasmo. Ho fatto centro!” Rise Kili.
‘Sì, nel mio cuore...’
“Già.” Disse invece Emyrin, lasciando quelle parole nei suoi pensieri.
Poco più avanti, sulla destra, si iniziava a scorgere lo steccato dell’orto di Borli.
“Io giro qui.” Disse Kili, fermandosi davanti al punto in cui la strada si biforcava.
“Beh, allora ciao. È stato un piacere incontrarti.” Gli disse lei, sorridendo.
Si guardarono un istante, poi il Nano le prese le mani fra le sue – e inutile dire che avvampò in una frazione di secondo – e le disse: “Emy, lo so che sei forte. Vedrai che prima o poi la tua situazione si sistemerà, ne sono certo!” Le scoccò un bacio sulla guancia e soffiò un “ciao” sulla sua pelle, per poi dileguarsi per la stradina sterrata alla loro sinistra.
 
 
Emyrin passò cinque buoni minuti ferma immobile in mezzo alla strada, sguardo fisso davanti a sé e testa completamente altrove.
Portò una mano alla guancia e ripensò a quando il giovane vi aveva poggiato le labbra. Il solo ricordo le fece di nuovo imporporare le guance.
Era la prima volta che un ragazzo, o comunque qualcuno in generale, ma che un ragazzo, le dava un bacio. Era del tutto innocente e casto, per di più sulla guancia, ma per lei fu qualcosa di indescrivibile.
Quando finalmente mosse i piedi in direzione dell’orto, sentì le gambe intorpidite e gelate e dovette inoltre fare attenzione a non inciampare nei suoi stessi passi.
 
 
“Salve Emyrin.” La salutò allegro il vecchio Nano dall’altra parte dello steccato.
“Buongiorno signor Borli.” Disse lei, ricevendo uno sguardo ambiguo.
“Buongiorno? È quasi ora di pranzo oramai.” Rise il Nano, piantando la pala nella terra che stava riemergendo dalla neve ormai sciolta.
Ora di pranzo?!” Esclamò lei. “Ma è tardissimo!”
“Beh, dimmi cosa ti occorre.”
 
 
 
 
“L’acqua della fontana si è scongelata. Tra poco nella radura inizieranno a spuntare di nuovo i fiori colorati.” Disse la giovane, posando il cestino pieno di carote sul bancone. C’era anche qualche altro ortaggio che Borli aveva insistito per farle portar via.
Dhelia non rispose; prese il cesto e lo portò sul retro, tornando con stracci e scopa – che mollò in mano alla rossa senza nemmeno darle il tempo di togliersi sciarpa e mantella.
“Deve essere tutto pulito al mio ritorno, sono stata chiara?” Le disse con severità, avviandosi verso la porta.
“Dove vai?” Emyrin si lasciò sfuggire quella domanda, senza contare che reazione avrebbe potuto avere lei.
“Non sono affari tuoi, piccola impicciona ficcanaso che non sei altro.” Esordì la Nana, sbattendo la porta.
Emyrin sospirò, scuotendo la testa.
 
 
Passate tre ore buone a pulire, era stremata a dir poco.
Bevve un sorso d’acqua e subito dopo il suo stomaco brontolò per la mancanza di cibo.
Vista la lunga assenza del cane da guardia, decise di rovistare tra le dispense e mettere qualcosa sotto ai denti.
‘Sto davvero morendo di fame...’ Pensò, aprendo un cassetto per cercare un dannato coltello con cui tagliare il pane.
“Ma le posate dove diavolo sono?!” Si lamentò ad alta voce, continuando a rovistare finché le sue dita non urtarono qualcosa di spesso e metallico.
“Ma che...” Tirò fuori una scatola larga almeno quanto la sua mano e la poggiò sul tavolo.
‘E così,’ Si disse la giovane, ‘anche Dhelia ha i suoi segreti.’
Notò il piccolo lucchetto chiuso sull’apertura e si domandò perché un oggetto del genere si trovasse nel cassetto delle posate.
Emyrin non era un’impicciona come la definiva Dhelia, era buona, dolce, gentile con tutti e nonostante venisse trattata come una pezza faceva sempre tutto ciò che le veniva chiesto o ordinato.
Purtroppo però era anche curiosa. Quel piccolo scrigno era lì che chiedeva di essere aperto.
‘Se Dhelia mi scoprisse non oso immaginare cosa mi farebbe...’ Pensò e un brivido le attraversò la colonna vertebrale.
Ripose tutto al proprio posto, mangiando infine la fetta di pane dopo aver miracolosamente trovato un coltello.
Quella scatola aveva un non si sa cosa che l’attirava come un orso al miele.
Il punto sarebbe stato cercare la chiave. Di certo la Nana la teneva nascosta chissà dove nella sua stanza, ma dato che sarebbe potuta tornare da un momento all’altro Emy decise che l’avrebbe cercata alla prossima occasione.
Chissà se avrebbe scoperto qualcosa sul suo passato.














-Angolino autrice-
SCUSATEMI.
Lo so che è vergognoso il mio ritardo ma....... ecco.... beh..... IN REALTA' NON HO SCUSE.
Ebbene, miei cari lettori e care lettrici so anche che devo chiedervi scusa per questo capitolo così corto e povero...
Odio i dannati capitoli di passaggio, ma servono, ahimè.
Anyway, fatemi sapere...
Vorrei dirvi troppe cose che non posso...
Però, essendo stta trooooppo in ritardo vi darò uno spoiler per i prossimo capitolo:

"Voleranno simpatici sassolini nel capitolo numero 7."
Vi saluto, belli.
Buoanotte :3
LilyOok_

 

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Capitolo 7
*** Sotto la luce delle stelle ***


7. Capitolo sette.
 
Finalmente mercoledì.
In meno di un quarto d’ora era già pronta per uscire.
Il venticello le increspava leggermente il vestito verde, le smuoveva i capelli e le rinfrescava il viso.
Quando giunse nella radura scoprì con piacere che oltre all’acqua della fontana nel centro di Gabilgathol, anche quella del lago si era sghiacciata.
Inspirò a pieni polmoni e infilò due dita nell’acqua. Un brivido di gelo le corse lungo la schiena.
Mentre attendeva l’arrivo di Kili passeggiava lenta, lasciando le impronte dei suoi stivali sul sottile strato di neve rimasto, scoprendo l’erbetta che vi era sotto.
Si sedette, infine, e attese.
 
 
 
 
Chiuse con forzala porta del retro, facendosi sentire da Dhelia. Quella accorse allarmata, pronta a colpire chiunque si fosse intrufolato nella locanda, ma quando la vide posò il trincia carne sospirando sollevata.
“Sei tu, Erin. Sei tornata prima del solito.” Le disse in tono scocciato.
Emyrin non rispose e salì in camera sotto lo guardo freddo della Nana.
Kili non si era presentato.
‘Avrà avuto i suoi impegni...’ Pensò, anche se non poté far a meno di rattristarsi al pensiero che qualcosa lo aveva allontanato da lei.
‘Ma a cosa pensi, Emyrin, stupida!’ Si rimproverò mentalmente.
Si sdraiò sul letto con i piedi a penzoloni per la poca voglia di togliersi gli stivali.
 
 
Tic...
Tic... tic...
...
Tic...
Tic... tic... tic...
“Ma cosa...” Emyrin si mise a sedere e si stropicciò gli occhi durante un lungo sbadiglio.
Si era addormentata.
Tic..
“Mh? Allora non me lo sono sognata!”  Esclamò alzandosi in piedi.
Doveva essere nel cuore della notte.
Tic...
Adesso basta, che stava accadendo?
Tic...
Un movimento alla finestra attirò la sua attenzione. Si avvicinò e la aprì, affacciandosi... “Ahi!” Gridò, massaggiandosi la fronte. Guardò ai suoi piedi: un sassolino.
“Ma chi...?!” Mormorò, raccogliendolo.
Si sentì chiamare all’improvviso e trasalì un istante. Quando si riaffacciò vide il giovane Nano alzare una mano a mo’ di saluto e farle cenno di scendere.
Emyrin si ritirò dentro per aggiustarsi i capelli e sciacquarsi il viso, stringersi in mantella e sciarpa e avviarsi per le scale facendo il massimo silenzio. Meglio non farsi sentire.
 
 
“Cosa ci fai qui a quest’ora?” Domandò al Nano, avvicinandosi a lui.
“Volevo vederti. Sai, oggi... mi dispiace, ma mio zio ha voluto per forza che andassi con lui.” Disse quello, abbassando gli occhi.
Nonostante le fosse dispiaciuto non aver avuto la sua compagnia nella radura, ora era lì e le si riempì il cuore di gioia.
“Non preoccuparti, non sei obbligato a venire sempre.”
“Comunque sia, ora sono qui e vorrei portarti in un posto.”
Emyrin sorrise, ma poi gettò uno sguardo alla locanda dietro di sé: “Io... mi piacerebbe molto, ma non posso. Se Dhelia mi scoprisse sarebbe la fine.” Stavolta fu lei ad abbassare gli occhi, ma Kili le alzò il viso con una carezza.
“Hei, Emy, sta tranquilla, Dhelia non ti scoprirà. E se volesse farti del male o punirti io ti difenderò.”
Emyrin ricacciò indietro le lacrime. Nessuno si preoccupava mai per lei e i modi di quel ragazzo le provocavano un mare di sensazioni inspiegabili.
“Non so cosa dire.” Fece, beandosi della mano di lui ancora poggiata sulla sua guancia.
“Allora non dire nulla e seguimi.” Le disse il Nano, prendendola per mano.
La condusse per il boschetto che, buio, le incuteva un certo timore.
Strinse involontariamente la mano attorno alla sua e lui subito ricambiò la stretta per dirle che era lì e che non doveva avere paura.
Sbucarono nella familiare radura ed Emyrin la scoprì completamente illuminata dalla luna e le stelle che in una miriade di puntini luminosi brillavano in cielo.
“Valar...” Mormorò, sciogliendo la mano da quella di lui e facendo qualche passo in avanti.
“Ti piace?”
Il cielo stellato si rifletteva nel lago, immergendo l’universo infinito in quelle acque rese nere dalla notte. La luna appariva sotto morbide onde dovute alle increspature dell’acqua date dal vento.
Si voltò verso di lui e questa volta non riuscì a trattenere le lacrime.
“Grazie, Kili... davvero, io non-”
Le parole le morirono in gola quando il giovane le prese una mano e avvicinò il volto al suo, facendo sfiorare i loro nasi.
Occhi negli occhi, Kili le asciugò le lacrime con l’altra mano e poggiò la fronte su quella di lei.
“Tu mi piaci, Emy. Dal primo momento che ti ho vista mi hai rapito il cuore.” Il fiato caldo di lui sbatteva sul suo naso gelido.
Emyrin fece quello che non si sarebbe mai aspettare di fare: portò le mani al suo viso e si alzò in punta di piedi, baciando le sue labbra venendo subito ricambiata.
 
 
Kili aveva steso la giacca sul masso per far si che Emyrin non prendesse freddo e si era sdraiato accanto a lei.
Guardavano le stelle insieme, mano nella mano.
Emyrin credeva che il cuore le sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Non riusciva a credere che tutto quello fosse reale e stava accadendo a lei.
“Guarda là.” Disse d’un tratto il Nano, indicando il cielo. “Quella costellazione ha nome Corona di Durin. Sai, Balin mi ha insegnato il nome di alcune costellazioni e stelle che sono possibili vedere. Studiando con lui Storia delle Origini ho appreso che Varda, Regina dei Valar, creò le stelle per realizzare il destino dei Primogeniti di Eru.”
“Primogeniti?”
“Sì, gli Elfi chiamati Eldar. Sono gli Elfi delle Stelle. Si dice che Varda raccolse la rugiada di uno dei due grandi alberi che illuminavano Valinor – la città dei Valar – e con essa realizzò nuove stelle e nuove costellazioni. Mi sembra che l’albero fosse Telpèrion.” Spiegò lui.
Emyrin ascoltava affascinava le parole del giovane; aveva il fiato sospeso.
“Vediamo, se non ricordo male quella lassù è Elemmire, la Stella Gioiello, e quella è Soronumë, la costellazione dell’Aquila
*.” Emyrin seguiva il suo dito e guardava il cielo con occhi diversi dal solito. Ora riusciva a vedere tutte quelle forme che prima non avrebbe mai notato. “Quella là invece è Wilmar, la costellazione della Farfalla**.” Kili indicò un mucchietto di stelle che formavano una W un po’ allungata. “I nomi di stelle e costellazioni ci sono pervenuti in Quenya, pochi sono i nomi in Khuzdul o in Lingua Corrente oppure in Sindarin, la seconda lingua degli Elfi. Balin mi ha spiegato che essendo stati proprio gli Elfi i Primogeniti, è toccato a loro – sotto la guida di Varda – scegliere quelle che sono oggi per noi costellazioni o stelle importanti***.”
“Wow... sai moltissime cose.” Disse lei, affascinata. “C’è qualche altra stella che si vede da qui?” Domandò curiosa, spostando lo sguardo in ogni dove nella volta celeste.
“Una, Morwinyon. In Lingua Corrente è chiamata Scintilla del Crepuscolo. Ha più o meno il colore dei tuoi occhi
****.” Rispose, accarezzandole il dorso della mano con il pollice.
Emyrin si alzò su un gomito per guardarlo bene in viso. “Se non la smetterai con tutti questi complimenti mi farai esplodere il cuore nel petto.” Gli disse, arrossendo come una bambina.
Non seppe nemmeno come era riuscita a dirgli quelle cose, lei, la timida Emyrin. Eppure Kili le dava sicurezza.
Il giovane, dal canto suo, non poté non sorridere a quelle parole.
Si alzò quel che bastò per posare le labbra sulle sue in un bacio delicato e senza pretese.
Quando si divisero Emyrin sospirò amareggiata.
“Credo che ora sia meglio che torni alla locanda.”
 
 
Il momento del saluto era arrivato, infine.
“Cercherò di passare domani sera, con mio fratello.” Le disse, tenendole le mani.
Lei annuì ricambiando il sorriso.
“Grazie ancora, Kili, mi hai fatto proprio una bellissima sorpresa e poi, quelle cose che mi hai detto sulle stelle e Varda e... oh cielo, è stato fantastico! E poi, beh... io-”
Kili le tappò letteralmente la bocca con le sua, in un altro tenero bacio.
“Mi piaci quando arrossisci.” Le disse, ammiccandole.
“Beh... buonanotte.”
 
 
Quando Emyrin si sdraiò nel suo letto, portò le mani al viso e sorrise come un’ebete per almeno cinque minuti.
‘Non ci posso credere. Va bene, Emy, calma. Devi mantenere la tua solita lucidità.’





* La costellazione dell'Aquila viene identificata nel nostro mondo come Lyra. (http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/5280/l-astronomia-della-terra-di-mezzo/)
** La costellazione della Farfalla invece sarebbe Cassiopea (Stessa fonte.)
*** Questa frase sottolineata è di mia invenzione. Non sta scritto da nessuna parte che i nomi alle stelle glieli hanno dati gli Eldar ;)
**** Questa frase è un riferimento al titolo essendo la stella di cui si para "Scintilla del Crepuscolo".

















-Angolino autrice-
Come sempre arrivo sempre a quest'ora a postare D:
Mannaggia..
Eh, vabbè.
Insomma, chene dite dei due piccioncini che guardano le stelle? :3
VI è piaciuto i capitolo?
Buonanotte e tanti baci,

LilyOok_

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Capitolo 8
*** Dietro quel lucchetto ***


8.Capitolo otto.
 
Inutile dire che la mattina seguente fu un’impresa bella e buona alzarsi dal letto.
Sembrava che Dhelia non si fosse accorta di niente e quando scese di sotto realizzò che il bel sogno era finito e che la solita routine l’avrebbe travolta ancora un altro giorno.
Con un sospiro mise a posto i piatti della colazione. Fissò per un momento il cassetto delle posate, ripensando alla scatola metallica col lucchetto. Forse se avesse saputo qualcosa su Dhelia avrebbe potuto sfruttare quelle informazioni a suo favore, in qualche modo.
Scosse il capo, scacciando quel pensiero. Lei non era una persona meschina.
 
 
Si recò nella sala principale e chiese quale compito le sarebbe spettato quel giorno.
“Badare alla locanda mentre io non ci sono. E non andartene in giro per la città perché tanto lo verrò a sapere.” Rispose la vecchia, avvolgendosi in una mantella viola sbiadita.
Emyrin non disse niente e non appena quella si chiuse la porta alle sue spalle salì le scale ed entrò nella sua stanza.
Era tutto in perfetto ordine. La camera di Dhelia era l’unica che lei non aveva il permesso di pulire.
Non aveva mai destato alcun sospetto il comportamento della vecchia, ma ora le sembrava nascondesse qualcosa e credeva proprio di sapere cosa fosse.
Esitò però sulla soglia, chiedendosi se fosse giusto quello che stava per fare.
E se nella scatola non ci fosse stato veramente nulla che la riguardasse? Avrebbe frugato nelle cose di Dhelia inutilmente e ingiustamente.
Ma se fosse stato il contrario...
Con quest’ultimo pensiero decise infine di entrare.
Iniziò aprendo qualche cassetto: biancheria, qualche gonna dai colori spenti e sbiaditi, bluse ingiallite da tempo. Decisamente niente di utile.
Aprì le ante dell’armadio e vi trovò solo vecchi vestiti impolverati.
Con un sospiro si sedette sullo sgabello davanti alla toletta dove Dhelia teneva vecchie boccette di profumo vuote e piccoli vasetti che fungevano da portagioie.
Si guardò allo specchio chiedendosi cosa stesse facendo.
Abbassò lo sguardo e notò che uno dei portagioie era pieno di gingilletti argentati che luccicavano.
Smosse un po’ i gioielli – che mai aveva visto indosso alla Nana – trovando vari bracciali e catenine luccicose. Una le saltò all’occhio; aveva un ciondolo a forma della runa corrispondente alla E
*, l’iniziale del suo nome.
La tirò fuori e scoprì che vi era un secondo ciondolo: una chiave.
 
 
Aveva il cuore che batteva fortissimo.
Doveva sbrigarsi, Dhelia sarebbe potuta tornare a momenti.
Con un profondo sospiro infilò la chiave nella serratura.
Era la sua.
La girò lentamente finché non fece scattare il lucchetto, aprendolo.
 
 
Lettere.
C’erano un mucchio di lettere a nome Khlara e Glanmir.
Forse erano famigliari di Dhelia.
Forse non avrebbe dovuto leggerle.
O forse si.
Ne prese alcune e aprì la più in basso.
 
A mia figlia.
 
Emyrin sgranò gli occhi quando lesse il seguito.
 
Emyrin cara,
 
Emyrin.
Era senza dubbio il suo nome.
Non capiva.
Andò avanti.
 
A mia figlia.
 
Emyrin cara,
come stai? Io e tuo padre aspettiamo sempre tue notizie, speriamo che un giorno ci perdonerai per averti lasciato a Gabilgathol. Ma devi capire, figlia mia, che lo abbiamo fatto per te.
Stavamo andando in rovina e dovevamo partire...

 
Emyrin mise giù la lettera con le mani che tremavano e il cuore che galoppava veloce.
Continuava a non capire. O forse stava fingendo.
Posò quella lettera senza finire di leggerla e ne prese un’altra e un’altra.
 
Cara Emyrin,
ci dispiace ma non potremo venire a prenderti ancora per un po’. Tuo padre si è ammalato e i soldi che avevamo guadagnato stanno andando via per le medicine...

 
Un brutto pensiero si insinuò nella sua mente, mentre i suoi occhi iniziavano ad appannarsi.
 
Emyrin...
Tuo padre ci ha lasciate.
Mi dispiace tantissimo non poter essere lì con te, non poter abbracciarti... spero che Dhelia lo farà al posto mio, confortandoti come avrebbe fatto tua madre...

 
Le lacrime scendevano copiose sulle guance. Non riuscì a trattenere i singhiozzi.
Dhelia era cattiva, sì, ma non credeva fino a quel punto.
 
Buon compleanno piccola Emy!
Ho racimolato un po’ di soldi in questi ultimi due anni e sono riuscita a farti finalmente un bel regalo.
Spero che la catenina ti piaccia. Non so come sei diventata, ma sono sicura che ti donerà molto.
Oh, tesoro, mi manchi così tanto... scrivimi, per favore.
Ad ogni modo, sto cercando di tornare a casa. Forse ho trovato un gruppo di Nani che partono da Brea e vengono verso gli Ered Lûin. Probabilmente accetterò il passaggio.
Non vedo l’ora di vederti, accarezzarti, abbracciarti. Sono ansiosa di vedere com’è diventata la mia bambina.
Oh, ma guarda, mi stanno uscendo le lacrime.
Beh, che altro? Posso solo aspettare con ansia l’arrivo a Gabilgathol.
Ti voglio bene, sempre.
Mamma.
 
Questa lettera era la più recente.
La data sul retro della lettera riportava l’anno 2928, quello appena passato.
Da allora non vi erano più notizie di sua madre.
Prese le lettere e richiuse la scatola, legandosi al collo la catenina con la runa e la chiave.
Salì di corsa le scale ed entrò nella sua stanza, asciugandosi le lacrime con le maniche del vestito, anche se quelle non intendevano fermarsi.
Ora sapeva perché non ricordava nulla dei suoi genitori: era stata lasciata in affidamento a Dhelia quando era ancora troppo piccola per avere dei ricordi concreti.
Per così tanto tempo Dhelia le aveva nascosto le lettere dei suoi genitori... ma come può una persona essere tanto orribile?
Era in preda alla rabbia.
Mai aveva provato nulla del genere.
Raccolse le sue poche cose e corse fuori. Non aveva alcuna intenzione di passare un istante di più in quel posto.
Non le importava dove sarebbe andata, le bastava allontanarsi da lì.





* In rune, la lettera E è rappresentata da questo simbolo:



















-Angolino autrice-
Ebbene buonaserah!
Eh si, eh si... Dhelia è una persona orrenda.
Miei dei, come si fa ad essere così cattivi con una ragazza tanto dolce?
Da chi andrà Emyrin? E non rispondetemi da Kili che vi mangio u.u
Anyway, spero vi sia piaciuto il capitolo!
Davvero, lo spero perché mi piace! HAHAHAHAHAHA!!!
Cooooomunque, ora vado D:
Buonanotteh, miei cari lettorih
:*
Love you all.
Juls.





PS: spero non ci siano errori nella nota, sono troppo stanca per rileggere le cavolate che scrivo XD

 

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Capitolo 9
*** Inconvenienti e preoccupazioni. L'idea di Kili ***


9.Capitolo nove.
 
“Tieni, bevi un po’ di the caldo.”
Emyrin avvolse le mani intorno alla tazza fumante, cercando di trattenere ulteriori lacrime.
Aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto. Era avvolta in una coperta calda e aveva lo sguardo fisso sul tavolo di legno scuro.
“Non pensavo fosse così... così... Coma ha potuto? Non ho mai fatto nulla di male... Oh, Valar...” Disse asciugandosi ancora gli occhi castani. Le era venuto un gran mal di testa.
“Mi dispiace tanto, tesoro, non meriti una sofferenza tale.” Disse la Nana al suo fianco, accarezzandole i capelli. “Perché non ti riposi un po’?”
Emyrin scosse lentamente il capo. Non aveva voglia di riposare, non voleva chiudere gli occhi e pensare all’orribile scoperta che aveva fatto. Stando alle lettere, i suoi genitori credevano che li odiasse per averla lasciata lì da sola, ma non era così. Suo padre era morto senza sapere la verità e forse anche sua madre.
“Scusami, Hirina, non voglio crearti alcun disagio. Se qui non c’è posto per me, andrò altrove.”
“Ma no, cara, c’è sempre un posto per te in casa mia. Lo sai che ti voglio bene e poi mi piacerebbe molto avere la tua compagnia.” L’anziana le strinse la mano con un sorriso dolce sulle labbra.
“Grazie.” Emyrin sorrise dopo tante lacrime e bevve un sorso del suo the che le scaldò le membra.
Quel giorno il negozio di spezie rimase chiuso e le due passarono la giornata a parlare di ogni piccola cosa veniva loro in mente.
Emyrin riuscì a rasserenarsi, fortunatamente.
 
 
“Allora, come va con il tuo Principe?”
“Uhm... bene. Anzi, benissimo. Cioè... beh, è successo proprio ieri. Mi ha baciata. A dire il vero... sono stata io a baciare lui, ma poi lui ha ricambiato. Insomma, Hirina, è stato il momento più bello della mia vita.” La giovane parlava con gli occhi che brillavano d’emozione.
“Oh, tesoro, sono così felice per te.”
“Ti ringrazio. Sai, dopo siamo rimasti a guardare le stelle. Non mi ero mai accorta d come fossero belle. Kili ha detto che i miei occhi hanno lo stesso colore di Morwinyon, la stella che comunemente chiamiamo Scintilla del Crepuscolo.”
Hirina notò come il solo pensiero di quel ragazzo le aveva fatto svanire dal volto ogni segno di sofferenza. E guardandola in quel momento, i suoi occhi assomigliavano davvero a due stelle luminescenti ricche di amore.
 
 
“Sai, Hirina, sono un po’ spaventata da tutto questo. Insomma, io non so nulla dell’amore, ma per sessant’anni non ho mai conosciuto nessuno che mi abbia fatto battere il cuore così... Credo proprio di essermi innamorata.”
“Beh, non ci vedo nulla di male in questo, mia cara.”
“Lo so, ma sai come vanno queste cose. Lui è un principe e io una semplice cameriera, figlia di mercanti. Non credi che sia impossibile il nostro amore? Insomma, quanto potrà andare avanti?” Emyrin abbassò gli occhi. Confidarsi con Hirina non era difficile, era come una nonna per lei.
“Ascolta, Emy: l’amore è un sentimento forte, anzi, fortissimo e se lui ti ama davvero farà di tutto per starti accanto. Ma tu non devi arrenderti mai.”
“So che è una domanda sciocca ma, ecco, sei mai stata innamorata, Hirina?”
“Si...” Rispose la vecchietta, ma i suoi occhi erano ormai persi nella stanza con la mente che vagava in chissà quale ricordo felice di un tempo passato.
 
 
 
 
Passò una settimana intera durante la quale Emyrin aiutò l’anziana Nana con le faccende di casa mentre quella continuava ad occuparsi del negozio, al piano di sotto.
Alle volte, Emyrin si sedeva in cima alle scale e ascoltava la gente che arrivava in negozio parlare del più e del meno.
Un paio di giorni prima era arrivata una Nana con la sua bambina e aveva raccontato all’anziana di aver sentito dire in giro che Dhelia era uscita fuori di testa da quando la cameriera della locanda era scomparsa.
Emyrin non si sentiva in colpa, ma di certo aveva timore di essere riconosciuta. Non aveva alcuna intenzione di ritrovarsi faccia a faccia con quella strega.
Quel lunedì, il negozio rimase chiuso e la ragazza aiutò la Nana per l’inventario.
Hirina aveva davvero una miriade di spezie e insegnò qualche nome che Emyrin non conosceva ancora.
Avevano appena finito di stilare una bella lista di ciò che avrebbero dovuto ordinare per la settimana seguente quando Hirina, scendendo dallo sgabello, mise un piede in fallo e rovinò a terra.
Emyrin corse da lei, preoccupata, e la aiutò a sedersi facendole poggiare le spalle ai piedi del bancone.
“Valar, stai bene?” Chiese, spaventata a morte dall’espressione che l’altra aveva in viso.
“La caviglia, credo di essermela rotta.” La signora Hirina mise su una smorfia di dolore.
Emyrin non sapeva cosa fare.
“Aspettami qui, non cercare di alzarti o fare qualsiasi altra cosa. Vado a cercare aiuto.” E così detto, mise la mantella in tutta fretta e uscì in strada, infilando i capelli nel cappuccio.
 
 
Slittava tra la gente, correndo veloce per i vicoli della cittadella. Era diretta alla casa del guaritore, Glorin, nella speranza che potesse seguirla.
Continuava a guardarsi intorno per evitare di incontrare qualcuno che avrebbe potuto riconoscerla. Svoltato un angolo della strada, però, andò a sbattere contro qualcuno, cadendo a terra.
‘Che gran guaio!’
“Mi... mi dispiace. Scusatemi, devo andare.” Disse sbrigativa, alzandosi e rimettendosi a correre. Per sua sfortuna, però, quel qualcuno la afferrò per un braccio tirandola indietro. Il cappuccio le calò dalla testa.
“Emy?”
Il cuore di lei perse un battito.
“Kili!” Esclamò, rimettendosi subito il cappuccio.
I due si guardarono un istante, poi lei iniziò a singhiozzare e si gettò tra le braccia del giovane.
Kili scambiò un’occhiata con il fratello, accanto a lui.
“Hei, che succede?” Le chiese preoccupato.
“Non ho tempo per le spiegazioni,” rispose lei, staccandosi e asciugandosi le lacrime “devo trovare il guaritore!”
“Stai male?”
“No, non è per me. Hirina... insomma, ho bisogno di aiuto!”
I due Nani si guardarono, capendosi al volo.
“Veniamo con te.”
 
 
Come se non fosse già abbastanza, Glorin non era in casa.
“E adesso cosa faccio?!” Gridò lei, mettendosi le mani nei capelli.
Kili le prese i polsi. “Vuoi dirmi che succede?”
Allora Emyrin spiegò ai due l’accaduto.
“Va bene. Kili, va con lei al negozio, io andrò a cercare il signor Glorin.” Disse Fili e in seguitò si separarono.
“Sbrighiamoci.” Kili prese per mano la giovane e insieme tornarono indietro.
 
 
La caviglia di Hirina era diventata gonfia e aveva assunto un colore violaceo.
Fortunatamente l’anziana era piuttosto magra per gli standard nanici, così fu semplice tirarla in piedi. Ma prima le venne immobilizzata la caviglia.
“Emy, prendi una stecca di legno dalla catasta accanto al camino, per favore. Ah, porta anche delle bende.”
“Subito.” La giovane si precipitò e in un attimo portò tutto l’occorrente.
Una volta immobilizzata, presero la vecchietta sotto braccio e la misero in piedi, non senza un po’ di dolore.
“Ce la fai, Emy?” Le chiese Kili, facendo i primi passi. Si era messo dal lato della gamba infortunata in modo da portare lui il maggior peso.
“Tranquillo.” Rispose lei, con il solito sorriso stampato in viso.
“Mi spiace tanto ragazzi. Questa non ci voleva proprio.” Disse Hirina mortificata.
“Si figuri, signora, non deve preoccuparsi.”
Kili sorrise alla vecchina ed Emyrin sentì il petto venire invaso da un tenero calore. Come poteva esistere un essere così buono e gentile e dolce come il suo Kili?
 
 
Ai piedi delle scale constatarono che era impossibile salire in quello stato.
“E va bene. Emy, dammi una mano a farla salire sulle mie spalle.”
“Sì.”
“Sicuro di farcela, giovanotto?” Chiese la Nana, preoccupata.
“Ce la faremo. Con calma, ma arriveremo di sopra.” Rispose lui e assicurata l’anziana, lentamente salirono e la portarono in camera, dove la adagiarono delicatamente sul letto.
“Vi ringrazio tanto.”
“Non deve, davvero.”
“Tu devi essere il Principe Kili, non è così? Dammi del tu, caro.”
I due si sorrisero.
“Come ti senti, Hirina? Fa tanto male?” Emyrin le prese una mano.
“Oh, non preoccuparti, ne ho passate tante nella mia lunga vita. Posso chiederti di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua?”
“Ma certo.” Emyrin guardò Kili. “Torno tra qualche minuto.”
 
 
“Mio fratello è andato a cercare il guaritore, presto saranno qui entrambi.” Il Nano prese la sedia accanto alla scrivania e la portò vicino al letto, sedendovisi.
“Sei un bravo ragazzo.” Gli disse Hirina. “Emyrin tiene molto a te, lo sai, vero?” Kili fu colto alla sprovvista e lì per lì non seppe cosa rispondere. Così Hirina continuò. “Non so se hai parlato con lei, ma questo è un momento difficile e ha bisogno di qualcuno che le stia accanto.”
“Allora è una malattia grave?” Kili si agitò, preoccupato, ma vide sul volto della vecchietta dipingersi un’espressione confusa. “Emyrin... si, Emy non è malata?” Domandò.
“No, sciocchino. Chi te lo ha detto?”
“Sono stato alla locanda e-”
“Capisco.” Lo interruppe Hirina. “È stata Dhelia, quindi?”
“Sì.”
“Ti ha mentito. Emyrin non è stata affatto male o almeno non male in senso fisico. È venuta qui da me in lacrime. Ma non posso dirti il motivo, se vorrà, lo farà lei.” Hirina sospirò.
“Per questo non è venuta alla radura, mercoledì.” Mormorò il giovane, tenendosi il mento tra le dita con fare pensante.
“Ascoltami bene, Kili. Lei è fragile ed ha paura.”
Quelle parole bastarono a Kili per intendere ciò che la signora voleva dirgli.
Annuì.
“Io tengo a lei. Non lascerò che soffra. Emy è una ragazza dolce e gentile, non ho intenzione di farla star male.”
“Sono felice che abbia conosciuto un ragazzo come te.”
Emyrin tornò proprio in quel momento e al suo seguito c’erano Fili e il signor Glorin.
“Hirina, ma cosa combini?” Rise il Nano, posando una borsa dall’aria pesante ai piedi del letto.
“Oh, Glorin, a volte capita di mettere un piede in fallo.” L’anziana fece l’occhiolino al guaritore che rispose con una leggera risata.
“Va bene, adesso fuori, ragazzi, devo lavorare.”
 
 
“Grazie, Fili, davvero.” Disse Emyrin al biondo, una volta scesi in negozio.
“Figurati, tutto per la ragazza di mio fratello.” Fili ammiccò e la giovane sentì le guance avvampare.
Il ragazzo rise, dando una pacca sulla spalla al fratello prima che questo andasse a circondarle le spalle con un braccio.
“Avete fame? Sete? Posso offrirvi qualcosa?”
“Si, perché no.” Rispose Kili, sorridendole dolcemente.
Pochi attimi dopo, i due fratelli erano seduti davanti ad una crostata di mirtilli.
“Prendetene, l’ho fatta questa mattina. A dire il vero, non sono proprio una forza in cucina, ma spero sia buona.” Emyrin si scostò un ricciolo dietro le orecchie mentre guardava i due assaggiare il dolce. Attendeva con ansia il loro parere.
“Oh!” Esclamò Kili.
“Cosa c’è? Non è buona?” Chiese lei, allarmata.
“Valar! È deliziosa, Emy!” Esclamò ancora il Nano, dando un altro morso alla sua fetta.
“Mio fratello ha ragione, è davvero fantastica.”
“Mi fa piacere.” Sorrise.
Risero ancora per un po’, insieme. A Fili piaceva Emyrin, il che era buono. Gli stava simpatica e a lei stava simpatico lui.
Cosa poteva andare storto?
 
 
Quando Glorin scese al piano di sotto, informò i tre che le condizioni di Hirina erano ottime. La caviglia era stata curata, ma avrebbe dovuto rimanere a letto per almeno un mese.
“Niente sforzi né altro.” Aveva detto il guaritore e se ne era andato senza nemmeno farsi pagare.
Il viso di Emyrin si era rabbuiato, nonostante le belle notizie.
“Tutto a posto?” Le chiese il suo Nano.
“Si...” Mormorò lei. Ma ovviamente non la diede a bere a nessuno.
“C’è qualcosa che ti preoccupa?” Fu Fili a parlare, questa volta.
Lei li guardò. Come poteva spiegar loro che aveva timore a farsi vedere dalla gente? Non voleva tornare alla locanda e per quello non voleva che nessuno la riconoscesse. Era certa che se Dhelia avesse saputo che era lì sarebbe andata da lei e l’avrebbe riportata in quell’inferno.
Non voleva.
“Emy?”
“Kili... non so come dirvelo.” In quel momento si vergognò. Non seppe il perché, ma si vergognò.
“Se ce lo spieghi, magari possiamo aiutarti in qualche modo.” Le disse il giovane.
La rossa fece per aprire bocca, ma sentì le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi.
‘Non ce la faccio...’
“Ascoltami, Emyrin, se vuoi possiamo cercare insieme una soluzione al tuo problema, eh? Ma non fare quella faccia, ti prego, mi fai preoccupare.” Kili le accarezzò una guancia e con l’altra mano fece in modo di intrecciare le loro dita. “Puoi fidarti di noi. Di me.” Le sussurrò vicino alla bocca.
“Io mi fido di voi.” Rispose lei, annullando la distanza tra loro.
Fili si guardò in torno imbarazzato, torturandosi i baffi.
Si schiarì la gola, ricordando ai due della sua esistenza.
“Scusa, fratello.” Rise il moro.
“Va bene, allora...” Emyrin raccontò loro delle lettere, di quanto Dhelia fosse in realtà meschina e crudele. Versò qualche altra lacrima per i suoi genitori e infine disse loro del suo timore di essere riconosciuta.
Kili ebbe un’idea fin da subito, ma non ne fece parola con alcuno.
 





















-Angolino autrice-

DAI MEANDRI DEL CENTRO DELLA TERRA ECCO CHE LilyOok_ TORNA TRA I VIVENTI.
Ok, sul serio, mi dispiace. 
Sono quasi due mesi che non aggiorno e non ho scuse. Eccetto che sono stata sommersa da una miriade di compiti, verifiche, recuperi... la scuola mi ucciderà, priama o poi.
Anyway, torniamo a noi.
Come vi è sembrato il capitolo?
Come vi è sembrata Emyrin?
Quale idea ha in mente Kili?
Emyrin supererà l'ansia da prestazione(?) ?
Dhelia la troverà?
Ebbene, sono domande che dovrete porvi u.u
Ma tutto si scoprirà pian piano, non temete.
Ora, spero che mi seguiate tutti come prima e che continuerete a farlo...

Intanto vorrei ringraziare un bel po' di persone.
GRAZIE A:
-Chi ha messo la storia tra le seguite --> 
 
Adelasia__ 
Betely 
bluenocturne93 
darknesraven 
didi_95 
dollyvally 
Durhilwen 
EEstel 
Elfosnape 
Emouel 
Empathy 
Eriz 
fay90 
fede95 
felpata91 
Fiammetta Patti 
fiddler 
Fra_Rose 
Halfblood_Slytherin
haryalculie 
Hina_smack 
Javaneh_97 
KyraPottered22years 
Lady_Daffodil 
Laucace 
Likeapanda 
MadameFortuna 
martenabd 
Sara_3210 
Selenha 
sole a mezzanotte 
Thorinduil__ 
xingchan 
-Chi ha messo la storia tra le ricordate -->
Emouel 
Lady_Daffodil 
Sara_3210 
-Chi ha messo la storia tra le preferite -->
Alcalime91 
EEstel 
Emouel 
fredfredina 
Hina_smack 
kili_filiThogether
Kuripi 
Laucace
leila91 
loli89 
nce 
Syb81 
Yavannah 
_Son Hikaru 
E ORA, VI SALUTO.
BUONANOTTE A TUTTI, VI ASPETTO COME SEMPRE CON I VOStRI PARERI :3
Juls.

 

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Capitolo 10
*** Lirys. Una nuova casa. ***


10.Capitolo dieci.
 
Emyrin si sentiva come se una mandria di cavalli le avesse calpestato la schiena.
Aveva dormito seduta, accanto ad Hirina, con il collo reclinato all’indietro.
Scese al piano di sotto dopo essersi assicurata che la Nana dormiva ancora.
Era presto, così decise di uscire a prendere un po’ d’aria. Le strade della città erano immerse in un silenzio innaturale. Il mercato, la gente... non vi era nessuno.
A quell’ora del mattino Gabilgathol sembrava una città vuota.
 
 
Si immerse nell’acqua bollente, percependo i muscoli rilassarsi.
Il tempo scorreva e la tensione saliva. Avrebbe dovuto aprire lei il negozio, avrebbe dovuto lei parlare con la gente.
Fu presa dal panico quando pensò al fatto che Dhelia, prima o poi, avrebbe avuto bisogno di altre spezie e sarebbe andata lì. E lei cosa avrebbe fatto? Ma soprattutto, Dhelia cosa avrebbe fatto?
Uscì dal catino e si avvolse nel grande asciugamano.
Andò davanti allo specchio e si guardò, ma si sentì stupida.
Tamponò i riccioli, tentando di pettinarli. Alla fine ci rinunciò e si vestì, andando nella stanza di Hirina.
“Buongiorno, Emyrin.” La vecchietta le sorrise, tranquilla.
“Buongiorno a te.” Rispose lei. “Come ti senti? Hai fame? Vuoi che ti poti una fetta di crostata? Un po’ di latte caldo?”
“Oh, cara, sei così premurosa. Mi ricordi tanto la mia nipotina...” Le sorrise Hirina. “La crostata andrà benissimo.”
Emyrin scese con il cuore carico di gioia. Sarebbe stata molto felice di essere la vera nipote della vecchina, anche se per lei, Hirina era già la sua nonna adottiva.
Qualcuno bussò alla porta. La giovane si avvicinò timorosa; il negozio era ancora chiuso, chi mai poteva essere a quell’ora? E se fosse stata Dhelia? No, non poteva essere. Di solito, la mattina si dedicava al conto dei suoi preziosissimi soldi e mai e poi mai avrebbe schiodato da dietro la cassa.
“Chi è?” Domandò senza aprire.
“Buongiorno. Ehm... mi chiamo Lirys, posso entrare?” La voce sembrava quella di una giovane Nana, per niente somigliante a quella gracchiante della vecchia Dhelia.
Aprì la porta e lasciò entrare una ragazza, forse della sua età, bionda e con due bellissimi occhi azzurri, limpidi come l’acqua di una sorgente.
“Salve.” Mormorò, togliendosi la mantellina chiara.
Emyrin la guardò confusa, salutandola di buona educazione.
“Tu devi essere Emyrin, giusto?”
“Si, sono io. Scusa ma, ci conosciamo?”
“Non credo tu ti ricordi di me. Ero con la Principessa al mercato qualche tempo fa.” Disse Lirys, i suoi occhi luccicarono.
“Intendi dire che sei una delle sue dame?”
“Si, beh, se così vuoi chiamarmi. Dov’è la signora Hirina?” Chiese, guardandosi intorno.
“Se ti servono delle spezie, puoi chiedere a me.” Si offrì subito, sorridendo gentile.
“Veramente no. Sono qui per lei.” Lirys sorrise.
“Va bene, è di sopra.”
 
 
“Hirina?” Emyrin entrò, porgendole la crostata.
“Ha l’aria di essere molto buona.” Disse la vecchietta, saggiandone la consistenza.
“C’è una persona che vorrebbe vederti, una giovane Nana. La lascio entrare?”
“Certo.” Acconsentì e quando Emyrin tornò nella stanza con la ragazza, quella si gettò al collo dell’anziana.
“Piano, Lirys, mi stritolerai.” Rise la vecchia, rispondendo all’abbraccio con affetto.
“Vi conoscete?” Emyrin si lasciò sfuggire quella domanda, sinceramente confusa.
“Direi di si.” Fece la biondina. “Hirina è mia nonna.”
 
 
Emyrin si sedette accanto al letto, di fronte alle due.
“Come stai, nipotina mia?”
“Oh, nonna, io sto bene. Tu invece? Appena ho saputo sono venuta subito!” Lirys parve davvero preoccupata.
“Su, Lirys, tua nonna è solo un po’ ammaccata.” Rise la vecchietta.
Emyrin si sentì incredibilmente ed improvvisamente di troppo in quel quadretto felice.
In effetti, pensò, era piombata in casa della Nana così, come se niente fosse e ci si era stabilita, seppur Hirina aveva insistito al riguardo, ma in realtà quello non era il suo posto. Non aveva una famiglia e non poteva illudersi di averne una prendendo il posto di qualcun altro.
“Ad ogni modo,” Esordì la bionda, rivolgendosi a lei “piacere di conoscerti.”
“Il piacere è mio.” Sorrise.
“Emyrin, ti ringrazio sul serio per esserti presa cura della mia adorata nonnina, ma ora ci penserò io a lei.”
“Cosa?” Domandò Hirina, anticipando la rossa.
“Dìs... la Principessa ha detto che potrò restare con te quanto vorrò, anzi, mi ha ordinato di starti accanto e aiutarti con il negozio.” Poi Lirys guardò la sua coetanea. “Mi ha anche detto che tu prenderai il mio posto.”
Cosa?!” La voce le uscì strozzata. “I-io?” Chiese, incredula.
“Hai capito bene.”
“Ma... io...” Emyrin si guardò il vestito e poi le scarpe graffiate e rovinate e immaginò i suoi capelli in che stato terribile versavano.
“Ti confido un segreto: la Principessa è molto buona e gentile, è un po’ una mamma per tutte. Vedrai che starai benissimo.” Lirys le aveva preso le mani tra le sue e i suoi occhi chiari esprimevano pura sincerità.
“Emy cara, non preoccuparti per me. Vai tranquilla.” Si intromise Hirina, facendole l’occhiolino.
Emyrin non sapeva cosa dire, né cosa fare. Senza contare il fatto che non aveva idea di dove fosse la loro abitazione.
“Va bene...” Disse infine, alzandosi in piedi. “Ma ora sono in preda al panico!”
“La Principessa si aspettava questa reazione, così mi ha chiesto di riferirti che verrà a prenderti il minore dei suoi figli entro la fine della giornata.”
Smise di colpo di camminare avanti e indietro e la guardò, poi guardò Hirina e poi scoppiò in una risata isterica.
Non aveva considerato che avrebbe vissuto a stretto contatto con Kili, il che sarebbe stato davvero imbarazzante.
 
 
Il sole iniziava a calare sulle Montagne Azzurre e alcune stelle iniziavano già a mostrare il loro tenue bagliore tra le sfumature rossastre del tramonto.
Emyrin era pronta. Aveva raccolto quel poco che aveva ed era in attesa che arrivasse il momento di lasciare casa e negozio.
“Mi raccomando, Emy, sii naturale perché sei una ragazza fantastica e non hai motivo di cambiare. Per nulla al mondo.”
La ragazza ringraziò la vecchina con un abbraccio e la salutò, promettendole che sarebbe andata a trovarla presto.
Scese in negozio seguita Lirys.
“Beh, allora, prenditi cura di tua nonna.”
“Certo, lo farò.”
“Sai, Hirina è una persona davvero dolce e premurosa.”
“È vero. Ho visto come ti guarda, si è affezionata molto a te. Ti vuole bene. Sono contenta che ti abbia avuto accanto, sei davvero una ragazza solare e simpatica e buona, te lo leggo negli occhi.”
Prima che la giovane potesse risponderle qualcosa, si udì bussare alla porta.
Era il momento.
 
 
Non appena si chiusero la porta alle spalle, Kili le si avvicinò e la prese per mano.
“Ciao.” Salutò, baciandole la guancia.
Emyrin si chiese quando avrebbe smesso di arrossire come una ragazzina.
“Ciao.” Rispose. Si sentiva stranamente in imbarazzo.
Qualcosa le tirò la gonna udì un ringhio giocoso. Quando guardò in basso, vide una palletta di pelo grigio mordicchiarle l’orlo del vestito.
“Rhor!” Rise entusiasta, chinandosi ad accarezzare il cagnolino.
“Contenta di rivederlo?”
“E me lo chiedi?! Oh, piccolino, mi sei mancato tanto!” Esclamò, prendendolo in braccio e coccolandolo dolcemente.
“E io non ti sono mancato nemmeno un po’?” Domandò Kili, fingendosi offeso dalla poca attenzione che gli era stata data fino a quel momento.
“Certo che mi sei mancato, scemo.” Rise la giovane, trasportando anche lui nella sua risata.
“Devo confessarti una cosa.” Disse subito lui, mentre iniziavano a camminare.
“Cosa?”
“È colpa mia.”
“Cosa è colpa tua? Non capisco.”
Kili si grattò il capo a metà tra l’imbarazzato e il colpevole.
“Vedi, ho parlato con mia madre e lei ha accettato. Sapevo che Lirys era la nipote della Signora del negozio di spezie così... beh...”
“Così è stata una tua idea!” Esclamò Emyrin, con un po’ troppa enfasi. Ora si sentiva decisamente più tranquilla.
Continuarono a camminare ridendo e scherzando, giocherellando di tanto in tanto con il piccolo batuffolo grigio, poi la giovane parve rabbuiarsi.
“Ho detto qualcosa che non va?”
“No, non è questo... Cosa devo fare adesso, Kili? Insomma, guardami... tua madre è una principessa!”
Kili scoppiò in una risata ed Emyrin divenne rossa dalla rabbia. “Che c’è di tanto divertente? Questa è una cosa sera!”
“Va bene, va bene, calmati. Scusa, non volevo... è solo che, beh, hai fatto una faccia così buffa.”
“Buffa, eh?” Ripeté, inarcando un sopracciglio e, fermandosi, incrociando le braccia al petto.
Rhor si sedette a terra e piegò la testa di lato, guardandoli curioso.
“Hai ragione, scusa, sono un idiota. Non devi preoccuparti di nulla, comunque. Non vederla come la Principessa di Erebor, qui nessuno è più elevato di nessun’altro. Non siamo ad Erebor, quindi non c’è nulla su cui regnare, quindi mia madre è soltanto... mia madre.”
Emyrin addolcì lo sguardo e sorrise, lasciando che le prendesse le mani e le stringesse nelle sue.
Ripresero a camminare, mano nella mano.
Svoltarono in una piccola stradina sterrata che portava ad un piccolo mucchietto di alberi così fitti da non riuscire a vedere cosa c’era dall’altra parte.
“Al di là di questo piccolo boschetto, c’è casa nostra.” Le disse Kili, avviandosi, ma Emyrin puntò i piedi, come se una forza invisibile le tenesse le scarpe incollate al terreno.
“Aspetta, sono agitata.”
“Se può farti sentire meglio, ti terrò la mano per tutto il tempo.” Il Nano tese la mano ed Emyrin l’accettò con gioia. Non appena le loro dita si intrecciarono, la tensione dei muscoli si allentò e le sembrò di poter affrontare anche un uragano. Bastava che fossero insieme.
 
 
Appena mise piede dentro casa fu avvolta in un tepore che sapeva di fuoco e di famiglia.
La prima cosa che fece fu guardarsi intorno. Non c’era nulla di sfarzoso o che rappresentasse il potere della famiglia reale. L’arredamento era molto semplice, con un tocco femminile inequivocabile.
Le pareti erano il legno e nel salone vi era un caminetto in pietra con il fuoco che scoppiettava sui ciocchi massicci che lo alimentavano.
Vi era un tappeto – dove Rhor si era appena rannicchiato – davanti al camino, con un tavolino e due poltrone dall’aria molto comoda.
“Vieni, mia madre ci aspetta in cucina.”
Seguì Kili per il corridoio ed arrivarono sulla soglia della cucina.
Dìs era di spalle, affaccendata sul piano da lavoro.
Quando Kili si schiarì la gola, si accorse di loro e si voltò.
Emyrin strinse forte la mano attorno a quella di lui, senza nemmeno accorgersi di aver iniziato a trattenere il respiro.
 
 
“Siete arrivati. Credevo vi foste persi.” Dìs sorrise. Un sorriso gentile. “Emyrin, che piacere rivederti.” Disse poi alla ragazza accanto a suo figlio, aggirando il tavolo per andarle vicino.
Indossava un vestito di una tonalità molto scura di viola e sopra un grembiule bianco.
I suoi occhi chiari splendevano anche se il suo volto era segnato.
“Il piacere è mio...”
“Dìs. Chiamami solo Dìs e dammi del tu tranquillamente.”
Emyrin sorrise.
“Sei davvero bella. Hai un sorriso così radioso. Sono contenta di averti qui, vedrai che starai benissimo.” Dìs l’abbracciò con fare affettivo ed Emyrin si tranquillizzò del tutto. Sentì che tutto l’imbarazzo era scivolato via, lasciando il posto ad un’immensa gioia.
“Grazie.” Mormorò, lasciando la mano di Kili per rispondere all’abbraccio.
“Hai fame?” Le chiese poi la Nana, staccandosi da lei e tornando alla sua postazione davanti al piano della cucina.
“Ehm... un po’.”
“Bene, perché sto preparando una cenetta coi fiocchi in onore del tuo arrivo. Adesso, Kili, falle vedere la sua stanza. Tra poco torneranno tuo fratello e tuo zio. Vi aspetto per cena.”
“Agli ordini, signora madre.” Scherzò il giovane, prendendo la sua ragazza per mano e portandola di sopra.
La condusse fino ad una stanzetta con un armadio, un letto sotto l’unica finestra, un comodino e una panca. In un angolo vi era uno specchio intero in una cornice di legno intagliato.
“Non è un granché, ma-”
“No, è bellissima invece.”
Ci fu qualche momento di silenzio in cui Emyrin continuava a guardarsi intorno; non poteva ancora credere di essere in quella casa, con Kili e gli eredi al trono del suo popolo. Forse, si disse, stava sognando e presto si sarebbe svegliata tra le urla di Dhelia e sarebbe stata costretta a lucidare ogni angolo della locanda, come sempre.
Invece no. E si rese conto che tutto quello era vero nel momento in cui Kili le toccò la spalla e lei si voltò sussultando.
“Scusa, mi ero persa nei miei pensieri.” Rispose al suo sguardo confuso.
“Ti lascio un po’ di tempo per sistemarti. Ti aspetterò di sotto.” Le disse, lasciandole un bacio sulla gota prima di uscire.
 
 
Sedette sul letto, trovandolo estremamente morbido e comodo. Se non altro, avrebbe dormito in un vero letto, soffice.
Guardò fuori dalla finestra e vide le sagome scure delle montagne sul retro alzarsi imponenti nel cielo.
Si chiese cosa ci fosse al di là di quelle, che tipo di mondo c’era là fuori. Da quella parte ci si dirigeva verso il Forlindon, che si affacciava sul mare. Glielo aveva detto Kili in uno dei loro incontri alla radura.
Le sarebbe piaciuto vedere il mare.
Si alzò sospirando e andò allo specchio. Fece una giravolta su se stessa e aspettò che l’ampia gonna cessasse di girare per sorridere alla sua immagine.
Quando udì bussare arrossì, come se fosse stata colta a fare qualcosa che non doveva fare.
Si ricompose in un men che non si dica e andò ad aprire, aspettandosi di trovare Kili sulla soglia, ma quella che invece comparve nel corridoio fu Dìs.
“Prego.” Le disse, scansandosi per lasciarla passare.
“Ti piace la tua stanza?” Aveva ancora indosso il grembiule. Vista così, Dìs sembrava davvero una Nana comune, una madre di famiglia in vesti da casa.
“Moltissimo.”
“Vieni a sederti accanto a me.” Dìs batté la mano sul materasso, vicino a sé, e attese che la giovane si sedette prima di prenderle le mani nelle sue e iniziare a parlare.
“Voglio che tu sappia che qualsiasi problema hai, qualsiasi turbamento o qualsiasi altra cosa, con me potrai parlarne liberamente. Sai, Kili mi ha raccontato la tua storia e mi dispiace per i tuoi genitori; so di non poter sostituire tua madre, e non mi permetterei mai di farlo, ma vorrei che facessi riferimento a me se necessiti di qualcosa, anche fosse solo parlare. Vorrei poterti essere di aiuto e voglio esserti vicina. Ma soprattutto,” Dìs tolse una mano per accarezzarle una guancia. “voglio che ti senta a casa.”
“Io... non so se cosa dire... grazie!” Una tempesta di emozioni imperversava ora nel petto di Emyrin. Avrebbe voluto piangere e ridere allo stesso tempo, ma si limitò a mostrarle un grande sorriso carico di gratitudine.
“Beh, fai parte della famiglia adesso, no?” La Nana le fece l’occhiolino e lei sorrise ancora di più.
Si sentiva felice.
 
 
Scese giù per la cena e trovò Fili in piedi sulla soglia della cucina.
“Ciao.”
Il giovane si girò di scatto, la osservò il tempo necessario a carburare il fatto che lei fosse lì e l’abbracciò di slancio, stringendola forte.
“Ciao, sorella.” Le disse, staccandosi per guardarla in faccia. Notando la sua espressione perplessa si affrettò a dire: “Beh, sei la ragazza di mio fratello, quindi sei ufficialmente mia sorella.”
Prima che Emyrin potesse dire la sua a riguardo, sentì dei passi dietro di sé e poi un braccio le circondò le spalle e morbide labbra le sfiorarono la guancia.
‘Kili...’
“Dov’è zio Thorin?” Chiese il giovane, stringendola a sé.
“Tornerà più tardi. È con Dwalin alla locanda.”
Al solo nominare di quel posto fu pervasa da un brivido.
“Avete intenzione di rimanere sulla porta ancora a lungo? La cena sarebbe pronta.” La voce gentile di Dìs interruppe la conversazione ed Emyrin sembrò ricordarsi proprio in quel momento che stava letteralmente morendo di fame.
Di fatto, il suo stomaco emise un lamento che la fece arrossire fino alla punta delle orecchie. Prese a torturarsi un ricciolo color del tramonto mentre farfugliava delle scuse imbarazzate.
“Avanti, venite a sedervi.” Disse Dìs, disponendo al centro della tavola un’enorme teglia ricca di patate e pesce. “Fili, ti sei lavato le mani?”
“Si, mamma.” Rispose il biondo, in imbarazzo.
Emyrin sorrise divertita. Era passata si e no un’ora da quando era arrivata in quella casa e già adorava Dìs.
“Buon appetito.” Disse la Nana e iniziarono così a mangiare.
 
 
Dopo aver ringraziato Dìs per la cena ed essersi complimentata con lei per la sua squisitezza, Emyrin diede la buonanotte e salì in camera, seguita da Kili.
“Allora, sei ancora agitata?”Le chiese, sedendosi accanto a lei sul materasso.
“No. Sono perfettamente a mio agio.” Esitò un attimo prima di continuare. “Mi sento bene qui.”
“Non sai quanto mi faccia piacere sentirtelo dire.” Kili fece per baciarle la guancia ma lei si voltò per dire qualcosa, facendo scontrare i loro nasi.
“Ops... scusa.” Disse, sentendosi un po’ imbranata.
Si guardarono negli occhi, poi annullarono la distanza tra le loro bocche unendosi in un bacio dolce e lungo.
Kili le mise le mani nei riccioli mentre lei lasciava che la sua bocca si schiudesse per accoglierlo nel modo migliore.
Gli circondò il collo con le braccia. Lo sentì avvicinarsi di più a lei, passandole una mano sulla schiena. Kili premette sulle sue labbra ed Emyrin fu scossa da un brivido di piacere, venendo inondata immediatamente dal panico.
Si sottrasse violentemente al bacio, ansimando, cercando di far tornare alla normalità il battito impazzito del suo cuore.
“Scusa se ho fatto qualcosa che ti ha turbata.” Si affrettò a dire lui, passandosi una mano nei capelli, visibilmente imbarazzato.
Emyrin arrossì e guardò altrove.
“No, non...” Fece, la voce incerta. Non sapeva cosa dire, era troppo scossa in quel momento per poter dire o fare qualcosa che non facesse pensare al Nano a fianco a lei di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Seguì un silenzio che durò un buon minuto, poi Kili si alzò, seguito a ruota da lei.
“Ehm... ti lascio riposare. Ci vediamo domani.” La salutò, senza sfiorarla. Poi uscì, lasciandola sola con un senso di vuoto nel petto.




















-Angolino autrice-

SCUSATEE, ancora una volta sono in pieno ritardo.... ma vabbè D:
Perdonatemi.

Passiamo al dunque:
la mia solita domanda è "Che ne pensate?" 
Sapete, a me è piaciuto particolarmente questo capitolo, ma vorrei precisare alcuni punti importanti:

1) Per quanto possa sembrare poco rilevante, ho avuto un dubbio sulla loro cena. Essendo loro in assenza di elettricità.. beh, mi sono chiesta come facessero a cucinare. La mia immagine di Dis ai fornelli è chiara nella mente, certo, ma nella relatà? Ciò non sarebbe possibile D: Di conseguenza, faremo finta che sia possibile, NEL SENSO: come ho scritto per la cena di questo capitolo, la teglia di pesce e patate è ovviamente stata cucinata in un forno NELLA MIA TESTA, ma nella storia il modus operandi utilizzato in cucina è ignoto. QUINDI, penso che continuerò a comportarmi come se in realtà esistessero i fornelli quando invece non ce ne è nemmeno l'ombra u.u

2) Mi rifiuto altamente di mettere la nota OOC o OCC o quello che è , non mi ricordo. Vi spiego subito perché: Thorin farà la sua parte, sarà lo stesso identico Thorin che conosciamo, non cambierà di una virgola, così come gli altri personaggi. Il mio dubbio iniziale era su Dìs, ma siccome non abbiamo idea del suo carattere, per me lei è gentile, buona... certo, sengata e indurita dal dolori sì, ma non crudele e fredda come la maggiorparte di autrici/autori(?) la descrivono. 
QUINDI niente nota OOC/OCC (quello che è, insomma!)

3) Se avete domande, oppure dubbi oppure scondo voi vi è qualcosa che non va, vorrei che ne parlaste con me prima di prendere decisioni affrettate sul pensare magari che qualcosa sia troppo scontato di qualcos'altro o AFFRETTATO. E qui mi sto ovviamente riferendo alla fine del capitolo. So che alcuni di voi potrebbero pensare che sia presto per certe cose, ma vi ricordo che siamo nel 2929 T.E. e che la spedizione per Erebor si terrà solo nel 2940 T.E. per concludersi nel 2941 T.E. QUINDI (quanti "quindi" oggi :D), ripeto, qualsiasi considerazione affrettata potrebbe portarvi a vedere negativamente qualcosa che potrebbe non esserlo affatto :D


Bene, detto ciò, vi auguro una buona Pasqua in ritardo e spero abbiate mangiato tanta cioccolata.... 
Domani riapriranno le porte dell'Inferno e ahimé, tocca ricominciare il contrappasso D:
Buona giornata gente e buon fine vacanze per chi, come me, oggi ha l'ultimo barlume di libertà :'(

Juls.


 

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Capitolo 11
*** "Ti amo, Emy." ***


Premessa: Se tornate al capitolo 1, troverete scritto sotto il titolo "Parte prima - Vita"; nelle note autrice vi spiegherò.
Buona lettura :*





11.Capitolo undici.

 
Il calore del sole le riscaldò il corpo, protetto dalle soffici coperte.
Pian piano i sogni si diradarono lasciando che la realtà la investisse con violenza.
Si alzò a sedere troppo velocemente ed ebbe un capogiro.
Strinse gli occhi con forza per poi riaprirli lentamente e mettere a fuoco la stanza.
Con la luce de giorno era tutto ancora più bello.
Il primo pensiero andò alla sera precedente. Kili l’aveva baciata con dolcezza, ma per la prima volta aveva avvertito brividi di piacere e calore al ventre.
Tutto quello l’aveva spaventata a morte. Non era preparata per certe emozioni e sensazioni, anche se dovette ammettere che, per un solo istante prima di sottrarsi al bacio, aveva desiderato avere di più.
Buttò un occhio alla finestra, sospirando, e notò con sorpresa che il sole aveva superato da un pezzo le vette più alte delle montagne.
“Valar, deve essere tardissimo!” Esclamò, iniziando a correre per la stanza con l’intenzione di rendersi presentabile in meno di un minuto.
 
 
“Buongiorno, cara.” La salutò Dìs, mostrandole un ampio sorriso. “Hai fame?”
“Buongiorno! Mi dispiace, ho dormito come un sasso!”
Dìs la guardò e scoppiò a ridere. “Almeno hai dormito bene?”
“Come mai prima d’ora.” Ammise, arrossendo lievemente.
“Questo è quello che conta. Ora vieni, ti preparo la colazione. Ti andrebbe di aiutarmi con il pranzo, dopo? Oggi avremo ospiti.” La Nana sorrise e la fece sedere al tavolo della cucina mentre si metteva all’opera.
Dopo un paio di minuti la casa fu invasa da un profumino invitante ed Emyrin si ritrovò con un piatto enorme ricco di frittelle con sciroppo d’acero.
Da leccarsi i baffi.
 
 
Era incredibile come Dìs sprizzasse vitalità da tutti i pori.
In cucina era praticamente una furia e in poco meno di due ore prepararono un pranzetto coi fiocchi.
Avevano appena finito di apparecchiare quando udirono la porta aprirsi e voci riempire l’aria.
Il primo ad affacciarsi, con il naso all’insù e gli occhi chiusi, fu Fili.
“Oh, Valar, cos’è quest’odorino delizioso?” Disse, mentre il fratello gli si affiancava.
Emyrin cercò il suo sguardo, ma quando lo trovò, Kili guardò subito altrove.
Le si attorcigliò lo stomaco e per un attimo si intristì, ma poi una voce bassa e profonda la riportò indietro.
“Vi siete date alla pazza gioia mentre eravamo fuori?” Il Nano che aveva parlato Emyrin lo conosceva fin troppo bene.
Thorin.
Puntò il suo sguardo su di lui, arrossendo di colpo quando quello le rivolse un’occhiata.
“E così, Kili ti ha portata davvero.” Il silenzio che calò fece sentire Emyrin in soggezione.
Prese a torturarsi un lembo del vestito con fare nervoso, sostenendo lo sguardo del Nano a fatica.
Thorin le si avvicinò e la osservò con occhi indagatori e poi, con grande sorpresa della ragazza, le fece un grande sorriso. “Benvenuta a casa.”
“Grazie.” Emyrin gli sorrise, mentre la superava e si avvicinava alla sorella per salutarla.
Nella cucina si affacciarono due Nani che Emyrin non aveva mai visto.
Uno era “alto” e calvo, cosparso di tatuaggi sulla nuca. Sguardo severo, occhi indagatori e un cipiglio serio.
L’altro invece aveva un aspetto del tutto differente, anzi, proprio il contrario. Sorrise alla giovane, facendole un piccolo inchino. “Salve, tu devi essere Emyrin. Kili non fa che parlare di te.”
Il Nano tirato in causa si grattò la nuca, mascherando l’imbarazzo.
“È un piacere fare la vostra conoscenza.” Rispose lei, con voce ferma.
“Il mio nome è Balin e questo qui,” Disse, indicando l’altro “è mio fratello, Dwalin.”
“Ehm... piacere.” Mormorò lei, un po’ intimorita.
“Potresti smetterla, fratello? Così la spaventi.” Lo riprese il più anziano, mentre si accostava al viso di lei. “È un po’ burbero, ma ha un gran cuore.” Rise, ed Emyrin giurò di aver visto Dwalin arrossire prima che quello si voltò e uscisse dalla cucina borbottando sottovoce.
“Forza, gente, a lavarsi le mani. Il pranzetto di oggi è tutto merito della nostra cara Emyrin.”
“Veramente, l’ho solo aiutata.” Rise la giovane.
“Non datele retta. Sei troppo modesta, tesoro.” Fece la Nana, scoppiando a ridere.
 
 
Nel pomeriggio, Emyrin aiutò Dìs con alcune faccende mentre i Nani uscirono di nuovo.
La giovane non ebbe modo di parlare con Kili e questo l’aveva lasciata con una voragine nel petto. Doveva assolutamente parlargli. Non voleva che traesse conclusioni affrettate dal comportamento che aveva avuto la sera precedente.
Si sedette con Dìs al tavolo, per la cena.
Mentre il pranzo era stato ricco di risate e animato dai racconti dei due Nani appena conosciuti, la cena risuonava silenziosa.
Alla fine, Emyrin ruppe quel silenzio insopportabile che le trapanava le orecchie da quando si era messa a sedere.
“Mi chiedevo... cosa fanno, quando sono fuori?” Disse, bevendo un sorso d’acqua.
“Dipende dai giorni. Kili ti avrà raccontato qualcosa, no?”
“Si, in realtà. Mi ha detto che il signor Balin gli insegna la storia antica, mentre Dwalin l’arte del combattimento. Thorin cosa fa?”
Dìs si schiarì la gola. “Li segue. Sempre. Da quando... mio marito è morto, sta appiccicato ai miei figli come un’ombra. Altre volte li porta semplicemente a caccia o a esplorare nuove zone degli Ered Lûin. A volte stanno via settimane intere, quando li porta con sé a Brea.”
Brea...
“Ci vanno spesso? A Brea, intendo.” Domandò, animata da una luce di speranza. Le lettere di sua madre arrivavano da lì.
“Beh, non molto spesso, poiché è un viaggio lungo.” Rispose Dìs, con naturalezza, senza nemmeno immaginare i pensieri che si stavano formando nella mente della giovane Nana.
Avrebbe potuto andare con loro un giorno, anche solo per avere conferma della... Scosse la testa, non voleva pensarci.
Finirono di mangiare, poi si spostarono in salotto, continuando a chiacchierare normalmente.
 
 
“Uff, che stanchezza. Credo che me ne andrò a letto presto, stasera.”
“Io rimarrò qui un altro po’.”
“Va bene, ma non fare troppo tardi e assicurati che il camino sia ben spento prima di salire, intesi?” Dìs sorrise. “Buonanotte.”
“Buonanotte.” Rispose Emyrin, guardando la Nana scomparire oltre le scale.
Si sedette a terra, accanto al fuoco. Quelli erano gli ultimi giorni di freddo; la neve si era completamente sciolta e i fiori stavano iniziando a sbocciare e a colorare le distese verdi che circondavano Gabilgathol.
Batté le mani sul grembo quando la testolina pelosa di Rhor fece capolino da dietro il piede di una delle poltrone.
“Oh, Rhor, non immagini nemmeno quanto io sia contenta di essere qui.” Lo accarezzò dolcemente, ricevendo un versetto soddisfatto prima di vederlo girarsi, offrendole la pancia.
Con le orecchie a penzoloni oltre la sua coscia, era così buffo che Emyrin non riuscì a non ridere.
“Sei sempre stato il mio unico amico... adesso non siamo più soli. Non sei felice?”
Rhor abbaiò, come se avesse compreso la domanda della giovane.
 
 
“Emyrin?”
Due mani la scossero dolcemente per le spalle e pian piano aprì gli occhi, mettendo a fuoco il volto di Kili davanti alla propria faccia.
Per un istante trasalì per la sorpresa, ma poi calmò i battiti del suo cuore e sorrise in risposta al suo sguardo.
“Temo di essermi addormentata.” Fece spallucce, accettando di buon grado la mano che lui le tese per aiutarla ad alzarsi.
“Mi stavi aspettando?” Domandò il Nano, conducendola alle poltrone.
“In verità si.” Rispose, sbadigliando. “Volevo parlarti, dato che oggi non ne ho avuto la possibilità.”
“Di cosa?” La fece sedere sulle sue gambe e la strinse a sé, assicurandosi che stesse comoda.
“Di ieri sera.” Disse lei, un po’ imbarazzata.
“Capisco... Ascolta, mi-”
“No! Tu ascolta me.” Lo bloccò subito. Doveva parlare in quel momento o avrebbe perso sicurezza.
Kili si zittì e fece un cenno col capo per intimarle di continuare.
“Io... non...” Le parole però le morirono in gola. Perché era così dannatamente difficile?
Fece un bel respiro e ci riprovò: “Ascoltami bene, io voglio stare con te. Non voglio assolutamente che pensi il contrario, capito? È solo che ieri sera... ho provato... insomma, sono sensazioni del tutto nuove per me, sensazioni che non sono pronta a sperimentare, per il momento. Quando mi hai baciata in quel modo hai risvegliato in me un desiderio che non voglio ancora soddisfare perché non sono preparata per affrontarlo.”
Ci fu un lungo silenzio.
Il cuore di Emyrin batteva all’impazzata e avvampò istantaneamente non appena si rese conto delle parole che aveva appena pronunciato. Non seppe mai da dove aveva tratto tutto quel coraggio, ma aveva appena aperto completamente il suo cuore al Nano che sentiva di amare e che voleva tenere stretto a sé.
Kili le prese il volto tra le mani e fece toccare le loro fronti.
“Oh, Emy...” Mormorò, chiudendo gli occhi. Con i pollici le accarezzava le gote.
Poi, puntò lo sguardo nel suo e la giovane cadde preda della profondità e della bellezza di quelle pozze scure.
“Non ho alcuna intenzione di fare nulla che tu non voglia. Mi dispiace per ieri, non volevo spaventarti. Mi sono... lasciato prendere la mano...” Abbozzò un sorriso imbarazzato. “Io ti amo e credimi se ti dico che se mai dovessi perderti, la mia vita non avrebbe più un senso. Tu occupi un posto dentro di me, adesso, e se ti perdessi il vuoto sarebbe incolmabile. Credimi.”
Quelle parole le fecero bruciare gli occhi; senza nemmeno accorgersene stava piangendo.
“Ho detto qualcosa che non va?” Si allarmò subito lui, allontanandosi per guardarla bene in viso.
“Hai appena detto che mi ami...” Gli disse. “Sei uno stupido. Sta zitto e baciami.” E lui la baciò, sigillando quella promessa di eterno amore, incidendola nei loro cuori.






























-Angolino autrice-

Allora, bene, bene... 
molti di voi mi odieranno.
Ho deciso di dividere questa storia in tre parti per motivi temporali (della storia) poiché siamo ancora nel 2929 e al 2940 ce ne vuole assai... 
QUINDI, SIGNONI MIEI, VI ANNUNCIO CHE QUESTO CAPITOLO CONCLUDE LA "PARTE PRIMA" INTITOLATA "VITA", come detto nella premessa.
Perché
 vi chiederete voi? Ecco il motivo: ero a scuola e ascoltavo la lezione stavo finedo il capitolo 11 (questo) e ad un certo punto ho alzato la testa di scatto e ho detto a me stessa "ma se..." e ho iniziato a elaborare teorie...

Ciò che ne è uscito fondamentalmente è che la storia sarà divisa in tre parti: Vita, ??? e ??? (ovviamente non ve le dico XD Anche se chi li sa già mi vuole morta)
VI VOGLIO BENE, GENTEEEEEEEEE!!!
Anyway, torniamo alle cose serie: dal prossimo capitolo inizia la seconda parte della storia... sono tentata di darvi degli spoiler... solo per mettervi sulle spine.... ma non lo farò
BWAHUAHUAHUAHUA!!!!
Ok, basta.
Ora me ne vado!!!
Vi aspetto come sempre nelle recensioni, sappiate che vi adoro, cavoli!!

Juls :*

 

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Capitolo 12
*** Festa a sorpresa ***


 

Parte seconda
Amore

 

12.Capitolo dodici.

 

Ered Lûin – 2935, Terza Era.

 
Sei anni.
Il tempo era volato da quando Emyrin si era trasferita.
Lei e Kili erano diventati ancora più affiatati mentre Fili si era finalmente deciso ad aprire il suo cuore e confessare i suoi sentimenti alla dolce Lirys, che lo aveva accolto a braccia aperte.
Inoltre, lei ed Emyrin erano diventate ottime amiche e passavano molto tempo insieme.
Dìs era sempre la solita furia – in senso buono – mentre Thorin si era rivelato un’ottima persona e a volte passava del tempo con la giovane per insegnarle qualcosa.
Grazie a lui, Emyrin era stata accolta alle lezioni di Balin e quando Kili si allenava con il fratello e Dwalin, lei e Lirys assistevano ai combattimenti facendo il tifo per il proprio rispettivo Nano.
E, c’era da dirlo, era proprio come le aveva detto Balin quando si erano conosciuti: Dwalin sembrava davvero rude e burbero, ma in realtà aveva un cuore enorme ed Emyrin scoprì che sapeva perfino sorridere.
Poi c’era Rhor.
Quella piccola palla di pelo grigio era diventato un cagnone enorme. Non si sarebbero mai aspettati una cosa del genere, ma Thorin gli aveva costruito una cuccia in giardino e così poterono continuare a tenerlo con loro.
Insomma, la vita di Emyrin era davvero cambiata.
In sei anni aveva imparato davvero molto, scoprendo alcune cose belle e altre brutte. Ma nell’insieme era cresciuta davvero tanto.
Un giorno, qualche mese dopo essersi trasferita anni prima, aveva preso coraggio e accompagnata da Kili era andata alla locanda per parlare con Dhelia, ma lei non c’era.
Con grande sorpresa di tutti, se ne era andata senza lasciare traccia. Da quel giorno, Emyrin trovava sempre il tempo per fare un giro in città, farsi nuovi a mici e ormai tutti la conoscevano e le volevano bene.
Inoltre, era riuscita a guadagnare qualche soldo grazie a un lavoretto che le aveva trovato Thorin, nella bottega di un suo amico.
Bofur si guadagnava da vivere facendo il giocattolaio. Era un Nano dolce, lui, e i bambini di Gabilgathol lo adoravano. I suoi giocattoli erano raffinati nei minimi particolari ed erano bellissimi anche esteticamente parlando.
Bofur le aveva insegnato come fare il suo lavoro e pian piano era diventata brava – non come lui, certo, ma brava – e la soddisfaceva vedere il sorriso dei bambini quando entravano nella piccola bottega e mormoravano i loro ‘wooow’ oppure ‘oooh’ e poi se ne andavano stringendo tra le braccia il nuovo acquisto.
In quei momenti, Emyrin pensava a lei e Kili, che non avevano ancora sperimentato l’amore in tutte le sue forme e si chiedeva spesso se un giorno avrebbe visto quel sorriso nascere sul viso di suo figlio o di sua figlia.
A contrastare tutta questa felicità, però, non poteva che esserci la più brutta delle notizie per la giovane Nana: un anno dopo il suo trasferimento, Thorin aveva organizzato una spedizione a Brea per alcuni affari e lei aveva tanto insistito per andare con loro. Ma una volta a giunti in città, Emyrin scoprì ciò che più temeva. Sua madre era scomparsa; era partita con un gruppo di mercanti – come diceva l’ultima lettera – ma, come lei già sapeva, non era mai arrivata a Gabilgathol e le venne raccontato che c’erano state delle ricerche, ma l’unica cosa che era stata trovata era la carovana distrutta in un passo tra le montagne. Probabilmente Orchi, aveva detto qualcuno.
Ogni tanto, Emyrin guardava il cielo e pensava ai suoi genitori... ma quando si guardava nello specchio, ora, vedeva una persona diversa.
Vedeva un’altra Nana, più forte, pronta ad affrontare la vita per quella che era.
 
 
Quando uscì di casa, quella mattina, era più elettrizzata che mai!
Dìs le aveva fatto trovare i suoi dolcetti preferiti – i muffin ripieni di marmellata ai lamponi – e Kili le aveva fatto trovare un mazzo di fiori sul comodino con un biglietto di auguri e la promessa che quella sera sarebbero andati a vedere le stelle nella radura.
Con quei bei pensieri nella mente, non si accorse nemmeno della strada che aveva già percorso se non finché non si ritrovò davanti alla porta della bottega.
Entrò, salutando Bofur con un gran sorriso, ricevendo un abbraccio e un bacio sulla guancia con tanto di auguri di buon compleanno.
“Ti ringrazio.” Gli disse, prendendo posto dietro al bancone e iniziando ad armeggiare con gli strumenti da lavoro.
“Eh, no, signorina, cosa credi di fare?” Bofur le tolse di mano un animaletto di legno e la prese per l’avambraccio, portandola sulla soglia.
“Ma cosa...?”
“Tu oggi non lavori. Hai la giornata libera.” Le disse, con un gran sorriso.
“Ma...”
“Nessun ma, è il tuo compleanno e non si lavora il giorno del proprio compleanno.” Il Nano le fece l’occhiolino.
“Guarda che non c’è problema! Sul serio, voglio stare qui.” Protestò lei, mai inutilmente, poiché lui la sbatté letteralmente fuori, chiudendole la porta in faccia.
Poi la riaprì quel tanto che bastava per far uscire la testa: “Divertiti, oggi, intesi?”
 
 
Ancora attonita da quanto accaduto, fece spallucce e girò i tacchi scuotendo la testa; se il capo le ordinava di divertirsi... ‘Così sia!’ Pensò, decidendo di fare un salto al mercato.
Come al solito vi era tantissima gente e in molti la salutarono affettuosamente al suo passaggio.
Attraversò la sfilza di bancarelle dai mille colori e si sedette infine sul bordo della fontana.
Faceva caldo e le goccioline d’acqua che schizzavano fuori dal bordo erano piacevoli sulla pelle.
“Hey, Emyrin!” Una voce familiare attirò la sua attenzione e alzando gli occhi ne un incontrò un paio color del cielo.
“Lirys, che piacere!” Sorrise, abbracciando l’amica.
“Auguri, amica mia.”
“Grazie.” Annuì.
“Quanti sono?”
“Sessantasette.”
“Oh... ricordo ancora com’era avere la tua giovane età...” Disse la bionda in tono tragico, rivolgendo uno sguardo nostalgico al cielo.
“Ma se hai solo un anno in più di me!” Esclamò Emyrin, scoppiando a ridere insieme al’altra.
“Beh, trecentosessantacinque giorni non sono mica pochi!”
“Ma smettila! Allora, dove andavi di bello?” Alla domanda di Emyrin, Lirys parve innervosirsi.
“Ehm... veramente...” Iniziò a balbettare, facendo saettare gli occhi da una parte e dall’altra, come se cercasse un qualcosa che potesse aiutarla a trovare le parole.
“Se non vuoi dirmelo, fa niente. Non devi preoccuparti, infondo sono affari tuoi.” Disse subito lei, guardandola con curiosità.
“Non è che non voglio, è che... non posso.” Cercò di giustificarsi, ma alla fine non trovò nulla di meglio della verità.
“Okay, va bene, nessun problema.”
“Scusami, Emy, vorrei ma davvero non posso dirtelo. Anzi, mi devo anche sbrigare, o farò tardi.” Le disse, iniziando a camminare. Poi alzò una mano a mo’ di saluto. “Ci vediamo stasera!” Gridò sparendo dietro un angolo.
“Stasera... ma di che sta parlando?” Mormorò tra sé e sé, facendo un’alzata di spalle. “Mah, sarà meglio tornare a casa.”
 
 
Non appena la vide, Rhor le corse incontro.
Emyrin trasalì: quando era piccolo, le correva sempre incontro e lei era solita prenderlo e sollevarlo in aria con fare gioco, ma adesso se quel cagnone le avesse messo anche solo una zampa su una spalla l’avrebbe buttata a terra in un battito di ciglia.
“Hey, sta giù, Rhor!” Gli intimò, non appena arrivò ad una distanza pericolosamente corta da dove si trovava lei.
Il cane rallentò e le zampettò affianco, sedendosi poi davanti a lei e dandogli la zampa.
“Oh, tesoro, non ho nulla da darti... ma posso vedere se c’è qualcosa in casa. Dovrò solo cercare di non farmi scoprire da Dìs o mi ucciderà.” Gli sussurrò, scompigliandogli il pelo.
Si avviò verso casa ma quando stava per aprire la porta, essa si spalanco e un Fili e un Kili sorpresi si scambiarono uno sguardo complice e colpevole.
I tre rimasero a fissarsi per un secondo, finché Emyrin non iniziò ad intuire che qualcosa non andava.
“Allora? Che succede?” Disse, avanzando di un passo verso di loro, che in tutta risposta indietreggiarono.
“Beh? Vogliamo restare a guardarci per il resto della giornata o vi decidete a sputare il rospo?” Li incalzò riducendo gli occhi a due fessure, guardandoli a braccia conserte.
“Scusa, Emy, ma noi dovremmo-”
“No, tesoro, voi non andate da nessuna parte se prima non mi dite cosa succede.” Si guardò in torno. La casa era silenziosa. Troppo silenziosa. “E dove sono finiti tutti?”
I due fratelli si scambiarono un’altra occhiata, finché alla fine fu Fili a parlare, capendo che Kili avrebbe ceduto sotto il suo sguardo indagatorio.
“Scusa, sorella, ma non possiamo dirtelo.
“Strano... è la seconda volta che sento questa frase, oggi.”
“Ah si?” Kili si grattò il capo. E quando Kili si grattava il capo, Emy ormai lo sapeva bene, nascondeva qualcosa o era in imbarazzo. E la giovane optò con sicurezza sulla prima.
“Già. Ho incontrato Lirys in piazza e quando le ho chiesto dove andava mi ha risposto che non poteva dirmelo. Che state architettando tutti quanti?”
“Ascolta, sorella, se noi ora ti diciamo anche solo una parola, nostra madre ci scuoierà vivi. Quindi, annegherai nella tua curiosità. Con permesso.” Fili la scostò gentilmente dall’entrata e la oltrepassò in tutta fretta, liberandosi di lei.
Kili alzò le mani e fece per seguire suo fratello, ma la ragazza lo prese per una manica.
“Lo so, mi dispiace, ma ti assicuro che va tutto bene.” La anticipò, qualsiasi cosa volesse dirgli e poi, dopo averle schioccato un bacio sulla guancia, uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
 
 
Dopo aver lanciato un paio d’ossi al cane, Emyrin si gettò sul letto, torturandosi la mente su quel che stavano facendo quei due. Sicuramente Lirys si incontrava con loro, pensò, e sicuramente c’era anche lo zampino di Dìs.
La casa era immersa in tale silenzio che le sembrava che i suoi pensieri avessero assunto un volume così alto da far male alle orecchie.
Così svuotò la mente e chiuse gli occhi.
 
Kili le prese la mano e la condusse sul prato, facendola sdraiare sotto il manto stellato.
Guardarono le stelle insieme, come non facevano da tempo; erano lontano dal mondo, in quel momento, e niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinare quella magia.
Emyrin riconobbe tutte le costellazione che lui le aveva insegnato e dopo si acquattò contro il suo petto, venendo stretta tra le sue braccia forti e protettive.
Quando Kili la stringeva in quel modo sentiva che poteva affrontare anche un’orda di orchi, si sarebbe sempre sentita al sicuro.
In quel momento, capì che era finalmente pronta: voleva che entrambi diventassero l’uno un tutt’uno con l’altra, indivisibili.
Con la mano, in silenzio, percorse il braccio e la spalla del Nano, risalendo fino al collo e poi la mandibola, arrivando alla bocca.
Si issò su un gomito e baciò quelle labbra che le appartenevano.
Il bacio non nascondeva il desiderio che ardeva in lei e che subito si accese anche nel petto del giovane.
In un attimo, Emyrin fu sotto di lui che prese a baciarle il collo. Scese giù, fino al suo sterno, lambendo la pelle morbida.
Kili era il predatore e lei la sua preda.
Le abbassò le spalline del vestito mentre risaliva a baciarle le labbra.
“Ti amo, Emy.” Le disse, mentre la sua mano si intrufolava sotto l’ampia gonna e andava ad accarezzarle la coscia.
Emyrin sospirò quando mille brividi la scossero. La mano del giovane si spostò, sfiorandole l’inguine, mentre le loro lingue danzavano insieme sulle armoniose note dell’amore.
 
“Emyrin?”
La giovane aprì gli occhi di scatto e la magia del momento andò in frantumi non appena realizzò che Rhor le stava leccando la faccia. Si era addormentata e la lingua del cane che le stava letteralmente lavando il viso, nel suo sogno si era trasformata nelle labbra soffici nel suo compagno, che...
“Rhor!” Lo scansò, pulendosi la bocca e arrossendo.
Kili rise di gusto, scompigliandole i capelli.
“Non lo rovo affatto divertente!” Ribatté lei, alzandosi e dirigendosi in bagno per lavarsi via la bava del cagnone che ancora la guardava scodinzolandole da sopra il letto.
“Invece lo era, credimi avevi una faccia... cosa stavi sognando, per curiosità?”
Emyrin si strozzò con la sua stessa saliva, iniziando a tossire.
Per sua fortuna, Kili scambiò il rossore sulle sue guance per un sintomo dovuto allo sforzo di tossire.
“Assolutamente niente!” Mentì, gettandosi dell’acqua fresca in viso.
“Ne sei certa? Perché sembravi così...” Kili sembrò pensarci.
“Così come?” Domandò allarmata, riposando l’asciugamano al suo posto.
Pregò i Valar di non aver parlato nel sonno, o sarebbe morta di vergogna.
Felice. L’espressione sul tuo volto era felice.” Concluse infine il giovane, sorridendole.
‘Fiuuù, grazie!’ Sospirò Emy, sollevata.
“Beh, vorrà dire che qualsiasi cosa io abbia sognato l’ho dimenticata.” Mentì ancora, sperando di essere credibile.
Suo malgrado, il fatto che le brontolò sonoramente la pancia fu un bene, perché Kili parve dimenticarsi del suo sogno e cambiare totalmente discorso: “Avanti, perché non ti prepari? Ormai è ora.”
Emyrin lo guardò confusa.
“È ora per cosa, esattamente?”
“Lo vedrai tra poco.” Rispose il Nano, baciandole le labbra. Emyrin si sentì avvampare ricordandosi del suo sogno.
“Va bene, va bene,” Si allontanò in fretta “dammi solo cinque minuti per sistemarmi e arrivo.”
 
 
Rhor zampettava dietro ai due, con la lingua a penzoloni.
Ogni tanto si fermavano ad aspettarlo mentre quello rallentava o si metteva a fiutare qualcosa.
“Avanti, bello, andiamo.” Lo richiamava poi Kili e il cagnone subito correva nella loro direzione, rischiando talvolta di travolgerli con la sua mole.
“A volte mi rendo conto di non essermi accorta del tempo che passava e quanto quel batuffolino peloso sia cresciuto.” Disse Emyrin ad un certo punto, poco prima di arrivare al boschetto che precedeva la radura.
“Questi sei anni sono volati. Ma infondo, è cos’ che accade quando si sta bene, no?” Disse Kili, stringendole la mano. Si sorrisero e continuarono a camminare.
Il sole era ormai calato dietro le imponenti montagne, lasciando che la luna prendesse il suo posto e le stesse iniziassero a mostrarsi.
 
 
“Buon compleanno!” Gridò un insieme di voci, non appena i due sbucarono dal groviglio di alberi.
Emyrin rimase sbigottita e lasciò andare la mano di Kili per raccoglierle entrambe al petto.
“Ma cos... credevo che...” Balbetto, rivolgendo un’occhiata fugace al suo Nano per poi sorridere alla moltitudine di volti che la osservavano in attesa di una sua reazione.
C’erano davvero tutti: Dìs, Fili e Lirys, Thorin, Dwalin e Balin, Bofur con suo fratello Bombur e il cugino Bifur e poi c’era Hirina e il signor Borli e molti altri. Perfino i bambini che andavano spesso alla bottega dei giocattoli.
“Avete organizzato tutto questo per me?” Chiese, sorpresa. Sì, aveva intuito che qualcosa di strano stava accadendo, ma non immaginava nulla del genere.
Si guardò intorno: tavoli arricchiti di bevande e cibarie di ogni tipo; un grande falò era acceso alle loro spalle, rischiarando tutta la radura. Poco distante da loro, il lago rifletteva il cielo stellato come fosse un enorme pozzo contenente l’universo infinito.
La gioia che esplose nel petto della giovane fu immensa e, al culmine della felicità, corse ad abbracciare tutti e a ringraziarli per la fantastica sorpresa.
 
 
La musica era bellissima e giocosa, metteva allegria, e i cittadini di Gabilgathol ballavano sulle sue note, accerchiando il falò e creando ombre fluenti sul prato.
“Non riesco ancora a crederci.” Disse Emyrin, con gli occhi che brillavano dalla gioia, sorseggiando dal suo bicchiere.
Assaporò con gusto la birra per la prima volta nella sua vita e dovette ammettere che era buona.
“Ci dispiace per stamattina, ma non potevamo rovinarti la sorpresa.” Le sorrise Fili, circondando le spalle della sua bella.
“Già. Hai ragione.” Rise lei, appoggiandosi impercettibilmente a lui.
Si sentiva incredibilmente leggera. A quanti bicchieri stava? Due? Tre? Diede un altro bel sorso. Era la sua festa, non c’erano regole... o si?
“Tutto bene?” Le chiese Lirys, osservandola.
“Oh si, non potrebbe andare meglio. Questa festa è... super!” Rispose lei, salutando Bofur dall’altra parte del prato.
Dìs si avvicinò ai tre: “Ti stai divertendo, Emy?” Chiese subito alla giovane, porgendole un dolcetto che accettò di buon grado.
“Sì. Grazie, Dìs, è delizioso. Adoro i tuoi dolci!”
“Figurati, è un piacere. Allora vado a fare un altro giro, cercherò Dwalin e gli chiederò di ballare. Chissà se quell’omone all’apparenza rozzo non si scioglierà per me...” Disse la Nana, prima di allontanarsi.
Emyrin scoppiò a ridere.
“Fili, tua madre è davvero una forza! Non smetterà mai di sorprendermi.” Ed era vero, Dìs aveva sempre un asso nella manica, un fattore sorpresa sempre diverso. Emyrin l’ammirava per quello: nonostante tutto ciò che aveva passato era una Nana meravigliosa, forte e travolgente. “A proposito, dov’è Kili?” Si chiese d’un tratto. In effetti, da quando era iniziata la festa – ed era già un bel po’ – il Nano era scomparso dalla circolazione.
Si guardò intorno cercandolo tra la folla, ma non ne scorse nemmeno l’ombra.
“Non ne ho idea.” Rispose Fili, passando poi la sua attenzione sulla sua dolce metà.
 
 
“Qualcuno mi cerca?” Kili sbucò in quell’istante alle loro spalle, facendoli trasalire.
Fili e Lirys interruppero il loro bacio, sobbalzando, mentre Emyrin si voltò di scatto e gli si gettò al collo, coinvolgendolo in un bacio passionale, del tutto diverso da quelli che erano soliti scambiarsi.
“Hey, hey, piano.” Rise il giovane, quando finalmente lo lasciò andare.
Emyrin non parve imbarazzarsi – altra cosa strana – ma si scusò ugualmente.
“Avevo voglia di baciarti.” Si giustificò, sorridendo.
Kili guardò gli altri due, che alzarono le spalle, poi rivolse di nuovo l’attenzione su di lei e sul suo bicchiere.
Birra? Da quando bevi birra?” Domandò, sinceramente sorpreso.
Lei fece spallucce: “Mi sono decisa ad assaggiarla. È buona.” Disse, come se fosse era ovvio che le sarebbe piaciuta.
“Beh, questo lo vedo... quanta ne hai bevuta?” Le chiese ancora lui, prendendola perle spalle.
“Non lo so... cinque bicchieri? Forse sei? Che importa? E perché mi fai tutte queste domande? È una festa non un interrogatorio. Perché non andiamo a ballare?”
“Non credo che tu sia in grado di ballare, mia cara.” Le disse, togliendole il bicchiere numero non-ne-aveva-idea di mano e passandolo al fratello. Gli disse qualcosa a bassa voce e poi, ignorando le proteste, prese la sua ragazza per mano e la trascinò fuori dalla radura.
Appena passato il boschetto, Emyrin puntò i piedi a terra costringendolo a fermarsi.
“Dove mi stai portando?” Domandò, con tono quasi arrabbiato. “Non possiamo andare via. È la mia festa!”
“Andiamo a casa.” Disse semplicemente lui, cercando di farla avanzare ma senza successo.
“Ma non abbiamo nemmeno visto le stelle, ancora. Me lo avevi promesso.” Emyrin incrociò le braccia al petto. Le sue guance erano rosse per l’alcool e la sua espressione imbronciata la faceva sembrare una bambina. Era buffa e dolce allo stesso tempo.
“Non credo che sarà possibile, stasera. Verremo domani, quando ti sarai... ripresa. Va bene?”
“Me lo prometti?”
“Te lo prometto.” Annuì il giovane.
La tirò gentilmente e lei lo seguì, se pur mal volentieri.
Erano appena giunti in piazza quando Emyrin si fermò di nuovo.
“Cosa c’è adesso?”
“Mi gira la testa... ti prego, fammi sedere. Ho bisogno di sedermi.” Mormorò, aggrappandosi forte alla sua mano.
Kili la portò al bordo della fontana e la fece sedere, mettendole i polsi nell’acqua fredda.
“Va un po’ meglio?” Le chiese dopo un po’, mentre con una mano le rinfrescava il viso accaldato.
Lei annuì, ma subito dopo si lasciò cadere con la testa sulla sua spalla, abbracciandolo debolmente.
“Mmh... scusa.” Gli disse a bassa voce, anche se le sue parole rimbombarono per le vie deserte.
“Non devi scusarti. A volte capita di esagerare.” Sorrise, Kili, pensando a quante volte prima di incontrarla si era ubriacato con il fratello.
“Lo sai, ti ho mentito oggi...” Disse Emyrin d’un tratto, dopo un momento di silenzio.
“Ah si?” Fece lui, mentre le accarezzava i capelli soffici e profumati.
“Sì. In realtà, so benissimo cosa ho sognato. Stavamo... stavamo guardando le stelle nella radura, come mi avevi promesso...” fece una pausa e spostò il viso nell’incavo del collo del giovane, sospirando. Il suo fiato caldo sbatteva sulla sua pelle e gli mandava dei brividi. “...poi abbiamo iniziato a baciarci. Sai, non un bacio normale... era più come quello che ti ho dato prima. E poi...” Abbassò ancora di più la voce, stringendosi a lui.
Kili aveva già capito doveva voleva andare a parare con quel ‘e poi’ lasciato lì, in sospeso, e si sorprese delle sue parole.
Ma il flusso di pensieri che scaturì quella rivelazione fu interrotto quando dei singhiozzi iniziarono a scuotere il corpo di Emyrin.
“Mi dispiace... mi dispiace se ti ho fatto aspettare tutto questo tempo...” Disse, tra le lacrime.
Kili non sapeva cosa dire.
Anche se era ubriaca, le sue parole erano sincere e su quello non aveva alcun dubbio.
Ma questo cosa significava? Era forse pronta a fare quel passo? O era soltanto una fantasia dettata dall’alcool? Magari non aveva sognato nulla di tutto quello.
“Va bene, ma non piangere, okay? Domani ne parleremo meglio. Ora andiamo a casa, che ne dici? Ce la fai a camminare?” Disse infine, decidendo che avrebbe pensato dopo a tutto il resto.
Lei annuì, ma non appena si mise in piedi ricadde seduta e allora Kili la prese in braccio.
 
 
Quando la adagiò sul letto, Emyrin si era ormai addormentata.
La osservò dormire per un po’, con i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani.
Era vero che la stava aspettando. Ogni volta che aveva provato ad andare oltre le semplici effusioni, lei si era sempre tirata indietro, timorosa di scoprire cose nuove.
Ma forse adesso era cambiato qualcosa e lui non lo sapeva.
Ma cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto parlarle, l’indomani, e scoprire se provava il suo stesso divorante desiderio?
Oppure avrebbe dovuto far finta di niente, nel caso non si ricordasse nulla?
Alla fine si alzò dal letto e uscì dalla stanza.
Aveva bisogno di aria e di... risposte.

















-Anglino autrice-
Ciao genteeeeeeeeeeeeeeeeee !!!!
Vi sono mancata? Voi mi siete mancati tanto <3
Alloooooora, bando alle ciance e andiamo al sodo:

1) Spero di aver ben reso l'idea di una Emyrin ubriaca... non che non sappia come ci si senta *fischietta* ma è difficile descriverlo XD

2) Kili malandrino... cova in segreto fantasie perverse la tua ragazza? O sei tu quello che.... beh, non entriamo nei dettagli che il reting è 
arancione pure per le note eutrice XD
Anyway, cosa farà il nostro eroe? Saprà tenere a riposo soldatino? Lo scoprirete presto u.u
( Si, l'ho chiamato 
soldatino, PROBLEMI??? :'D )

3) ♦AMORE♦
E così ecco a voi la seconda parte della storia di Emyrin.
Sono passati ben sei anni... troppo tempo? Non temete, non nel prossimo capitolo e nemmeno in quello dopo, ma ci saranno altri sbalzi temporali in questa parte, vi avverto, poiché il 
2940 è assai lontano.

E così come lo è il 2941 (DANGER!!!) 

E VI RIPETO: NON DISPERATE.

Bene... dopo questa nota nonsense, lascio lo spazio ai giudizi :*
Saluti, 
Lily! (O Juls... come preferite :3)

 

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Capitolo 13
*** Fortuite circostanze. Di dolcezza, amore e desiderio. ***


ATTENZIOEQuesto capitolo potrebbe far variare il rating da arancione a ROSSO. (Non ne sono tuttavia convinta... ma io ho avvertito :*)
Buona lettura, amici, ci si legge infondo!






13.Capitolo tredici.

 
“Esci di lì!”
No!
“Dammi almeno la possibilità di guardarti in faccia...”
“No.”
“Oh avanti, Emyrin, non puoi rimanere rintanata lì dentro per sempre.”
“E chi lo dice questo?”
“Beh, suppongo che prima o poi dovrai mangiare o bere o andare in bagno.”
Emyrin sbuffò sonoramente, dandogli la schiena.
“Vattene, Kili! Non ho voglia di vederti in questo momento, è troppo imbarazzante.”
Udì il sospiro di Kili e poi il silenzio.
Se ne era andato? Abbassò di poco le coperte per vedere ma non appena mise il naso fuori dal lenzuolo, il Nano balzò sul letto e la imprigionò sotto di sé.
“Che cosa stai facendo? Scendi subito dal mio letto!” Esclamò, cercando di spostarlo ma lui non si mosse di un centimetro.
“È la tua fine.” Le disse, iniziando a farle il solletico.
“Ti pre... ti preg... Kili! … Bast... per favo... Non respiro!” Diceva lei, in preda a frenetiche risate.
Alla fine, il Nano cedette alle suppliche e si fermò, restando però carponi su di lei.
Emyrin fece finta di niente, ma vide la luce maliziosa che gli illuminava gli occhi.
Si sentì avvampare. Ricordava ogni cosa della sera precedente e non faceva altro che pensare a quanto era stata stupida e a cosa sarebbe successo adesso che anche lui sapeva che provava il suo stesso desiderio.
Kili dovette accorgersi del rossore sulle sue guance perché ghignò malignamente, puntando lo sguardo sulla sua bocca mentre si leccava le labbra.
Un secondo dopo aveva annullato la distanza fra di loro e la conduceva in un bacio lento al quale lei non poté far a meno di abbandonarsi completamente.
Gli circondò il collo con le braccia e fece per attirarlo di più a sé ma in quel momento Kili ruppe la magia staccandosi da lei.
“Emyrin.” Le disse dopo che aveva visto la sua smorfia contrariata. Si spostò da sopra a lei e si sedette con le spalle al muro.
“Si?” Emyrin lo seguì, poggiando la schiena al suo petto e lasciando che lui la circondasse con le braccia.
Silenzio.
Era evidente che Kili stava pensando ad un modo per porle una domanda; stava scegliendo le parole più adatte, ma a giudicare dal prolungato silenzio, pensò lei, la ricerca non stava andando bene.
“So cosa vuoi chiedermi.” Sospirò in fine la giovane, senza voltarsi verso di lui. “E credo di poterti anche dare una risposta.”
“E qual è questa risposta?” Il suo fiato caldo era come elettricità che le punzecchiava il collo. Percepì una nota di impaziente curiosità nelle sue parole.
“Beh... ci ho messo un po’ per capirlo, ma credo di essere pronta.”
...
… …
… … …
“Kili?”
Non appena pronunciò il suo nome, il ragazzo la strinse al petto e affondò il viso nei suoi capelli.
“Oh, Emy...”
 
 
“Buongiorno, cara, come ti senti?” Dìs la invase di vitalità fin dal primo istante in cui mise piede in cucina.
C’erano Fili e Thorin seduti alla tavola. Il primo la salutò tutto sorridente, mentre Thorin si limitò ad un cenno del capo.
“Ehm, buongiorno.” Disse, non sapendo come comportarsi.
“Avanti, sei rigida come un ciocco di legno. Va a sederti, la colazione è quasi pronta.” Dìs la spinse fino alla sedia vuota accanto a Thorin e la fece sedere.
Pochi istanti dopo, Kili si sedette di fronte di lei, al fianco del fratello.
“Come stai, sorella? Ti sei presa una bella sbronza ieri sera, non è così?” Rise Fili, dando una gomitata al fratello.
Si udì un tonfo e tutti si voltarono verso la Nana ai fornelli: aveva mandato in frantumi un piatto, ma il suo sguardo non era sui cocci a terra, bensì sul suo figlio maggiore. Uno sguardo inceneritore.
“Non essere maleducato, figlio mio.” Gli disse con voce calma, gentile, anche se il suo sguardo mandava lingue di fuoco.
“Oh, è tutto a posto. Fili ha ragione, ho davvero esagerato. Anzi, vi chiedo scusa... mi vergogno un po’ a dire la verità.” Disse Emyrin, cercando di salvare la situazione. Si alzò e andò vicino alla Principessa. “Lascia che ti dia una mano, Dìs.”
Gli occhi glaciali di lei divennero subito dolcissimi quando li sposò su Emyrin.
“Che cara ragazza, lascia che ti abbracci.” Le disse, stringendola forte.
Emyrin ricambiò la stretta, confusa dal suo comportamento.
“C’è qualcosa che non va?” Chiese, mentre raccoglieva i pezzi del povero piato distrutto.
‘Peccato, era carino.’
“Oh, no.” Disse Kili, smettendo immediatamente di mangiare.
“Cosa?” Emyrin non capiva. Ma che stava accadendo?
“C’è solo un motivo per cui nostra madre possa assumere questo atteggiamento.” Fece lui, quasi terrorizzato.
“Proprio così, ragazzo.” Intervenne Thorin, che fino a quel momento era rimasto a fare colazione in silenzio.
“Scusate se interrompo il vostro scambio di sguardi eloquenti ma... potreste spiegarmi cosa sta succedendo? Mi state spaventando.”
“Dobbiamo andare a Nogrod, da nostra cugina
*.” Iniziò il Nano, in tono grave.
 
 
Quale strana coincidenza le avevano mandato i Valar. O meglio, quale pericolosa coincidenza.
 
“Da vostra cugina, hai detto?” Chiese Emyrin, non capendo perché tutto quel dramma per una visita ai parenti.
“Devi sapere, mia cara ragazza, che nostra cugina è l’unica persona al mondo che riesce a mettermi in agitazione.” Spiegò Dìs. “Ti auguro di non incontrarla mai.”
“Capisco...” Disse lei, anche se in realtà non capiva niente. “Quindi, dovete partire?”
“Già... e anche al più presto. A lei non piace aspettare.”
“Oh, va bene. Vorrà dire che in caso di pericolo, sarà Rhor a proteggermi. Non vi preoccupate per me e fate un buon viaggio.”
“Ma, Emy, non sarai sola.” Dìs la prese per le spalle, sorridendole felice.
“No?”
“No.” Rispose Thorin. “Kili rimarrà qui, con te.”
Il Nano in questione risciò di strozzarsi con il suo cibo.
“Hei, zio, posso rimanere anche io?” Tentò Fili, nella speranza di scamparla, ma ancora una volta Dìs lo carbonizzò con lo sguardo.
“Non pensarci nemmeno!”
 
Sospirò.
‘In che bel guaio mi sono messa.’ Pensò, rimembrando le parole dette al giovane quella stessa mattina.
“Ma non potevo starmene zitta?” Si lamentò ad alta voce, imboccando le vie della città.
Arrivò in fretta alla bottega, cercando il più possibile di evitare contatti con la gente. Era troppo agitata anche solo per dire ciao a qualcuno.
Bofur la salutò allegramente non appena entrò in negozio, abbracciandola come faceva sempre.
“Ciao, Bofur.” Sorrise lei, andandosi a mettere subito nella sua postazione e iniziando a lavorare.
Voleva distrarsi con i giocattoli, cercando di non pensare all’imbarazzante momento in cui lei e Kili sarebbero rimasti soli.
‘Lo so come andrà a finire... Cosa devo fare? E se poi sbaglio qualcosa?’ Quelli e mille altri pensieri le frullavano nella testa.
Era completamente andata nel pallone e non prestò nemmeno attenzione a quello che stava facendo, finendo col farsi sfuggire il piccolo coltellino da intaglio.
“Ahi, che male!” Gridò, più per lo spavento che per il dolore in sé – che non era nemmeno tanto in fin dei conti.
Bofur accorse preoccupato: “Ti sei fatta male?”
La vide stringersi il palmo sinistro e del sangue scorrerle tra le dita.
“Fai vedere.” Le disse osservando il taglio che si era procurata, portandola subito a sciacquarsi.
“Non è niente.” Disse, mentre il Nano cercava una benda.
“No, non è profondo per fortuna. Devi stare più attenta, Emyrin, potresti farti molto male con quegli arnesi affilati.” Le disse, andandole accanto con il suo trofeo di guerra – aveva finalmente trovato la benda nella moltitudine di cianfrusaglie che aveva nel cassetto sotto la cassa.
“Lo so, mi dispiace. Ero sovrappensiero.” Si scusò, abbassando gli occhi sulla mano ferita.
I suoi pensieri tornarono inevitabilmente ad intrecciarsi con i precedenti, in una miriade di domande da far girare la testa.
“Mi stai ascoltando?”
“Come?”
“Mi chiedevo se va tutto bene. Sei un po’ sbadata oggi. Forse è meglio che torni a casa a riposare. Magari sei ancora un po’ brilla.” Le disse, facendole l’occhiolino.
“Forse hai ragione, sarà meglio che torni a casa. Non combinerei nulla di buono con questa mano, adesso.”
 
 
Dopo essersi scusata di nuovo e averlo ringraziato per la medicazione, Emyrin lasciò la bottega e si diresse per la strada principale verso casa.
Poi le venne in mente una cosa e decise di passare a trovare la vecchia Hirina, ringraziando il cielo che Lirys non fosse in negozio. Sapeva che l’avrebbe tartassata di domande.
“Mi ha fatto piacere la tua visita inaspettata, Emy cara.” L’anziana sorrise dolcemente, offrendole una tazza di the freddo.
“Volevo passare a trovarti, è molto che non vengo qui in negozio... e volevo anche chiederti un favore.”
 
 
“Come profuma!” Esclamò la giovane, inspirando a pieni polmoni.
Guardò la boccetta di vetro, chiedendosi se a Kili sarebbe piaciuta quella nuova fragranza.
Si fidava di Hirina, perciò se ne diede qualche spruzzata addosso e poi sorrise soddisfatta, prendendo la boccetta e portandosela in camera.
“Che buono...” Mormorò, mentre la metteva in un cassetto.
Dopo aver pranzato, si distese sul prato di fronte alla casa, con Rhor che le si sdraiò accanto.
Guardò le nuvole essere trasportate via dal vento come fossero piume fluttuanti, soffici e leggere.
La brezza pomeridiana era un toccasana contro il caldo asfissiante di quelle giornate. Non aveva mai fatto così caldo da che ricordasse.
D’un tratto aprì gli occhi. Le era sembrato il tempo di un battito di ciglia, ma in realtà aveva dormito per almeno un paio d’ore e il sole iniziava a nascondersi dietro le montagne, così decise di tornare dentro e iniziare a preparare la cena. Kili sarebbe tornato da un momento all’altro.
Chissà che tipo era la cugina di Thorin e Dìs, per rendere nervosa perfino quest’ultima.
E chissà come mai era dovuto rimanere Kili.
Coincidenze? Sul serio?
“Chissà...” Disse a se stessa, apparecchiando la tavola.
 
 
Al suo rientro, il Nano fu avvolto da un profumo che gli fece venire subito l’acquolina in bocca.
Arrivato sulla soglia della cucina si fermò ad osservare la sua ragazza che canticchiava mentre poggiava sul tavolo una bella teglia ricca della loro succulenta cenetta.
“Si schiarì la gola e lei si accorse del suo arrivo.
“Ehi, come è andata oggi?” Gli chiese, avvicinandosi per dargli un bacio.
“Bene... a dire il vero, ora che sono con te , direi decisamente meglio.” La abbracciò forte, lasciandola andare solo per andarsi a lavare le mani e sedersi poi davanti a lei.
“E a te?”
“Oh, beh...” Rispose, indicandogli la fasciatura.
“Che ti è accaduto?” Chiese, allarmato.
“Mi sono distratta mentre stavo lavorando e mi sono tagliata una mano. Niente di grave, comunque, anche se Bofur ha voluto a tutti i costi medicarmi ugualmente.”
“Stai più attenta, Emy, potresti farti male seriamente. E io non voglio che ti accada nulla.” Le disse Kili, prendendole la mano.
“Stai tranquillo, una volta mi basta e avanza per imparare.” Sorrise lei.
Iniziarono a mangiare e per tutta la durata della cena, Kili non fece altro che farle i complimenti per il delizioso pasto che aveva preparato.
“Tutto merito di tua madre, è lei chi mi ha svelato i trucchi della cucina.”
 
 
Dopo aver messo tutto in ordine, Kili la prese per mano e le chiese se le andava di salire.
Lei annuì e sorridendole la condusse al piano di sopra, nella sua stanza.
Accese una candela e la posò in una ciotolina di vetro sul comodino, illuminando la stanza di una fioca luce tremolante.
La camera dei fratelli Durin non era grandissima, ma c’era spazio per due letti e un paio di armadi. Alle pareti erano appese le loro armi e sui mobili vi erano poche cose ma essenziali.
Nonostante fosse la camera di due Nani scalmanati, era stranamente in ordine.
‘Ah, Dìs, questa è opera tua.’ Pensò, sorridendo tra sé e sé.
Kili la condusse sul letto e la fece sedere al suo fianco.
Restarono in silenzio per un po’, tenendo le dita intrecciate; Emyrin era in totale imbarazzo: non sapeva cosa dire né tantomeno cosa fare.
Chissà se lui provava lo stesso.
‘Mahal, ti prego, dammi la forza.’ Pensò, e senza accorgersene strinse la mano del Nano che voltò il capo verso di lei.
“Scusa.” Disse, pentendosi immediatamente di avergli lasciato la mano di scatto, come se si fosse scottata.
“No, ehm...” Era evidente che volesse chiederle qualcosa, ma non trovava le parole adatte per farlo.
Così lei raccolse quel po’ di coraggio che ancora le era rimasto e si avvicinò di più a lui sussurrandogli: “Baciami, Kili.”
Il giovane Nano annullò quella minima distanza che ancora li separava, sfiorando delicatamente le sue labbra.
Fu lei a schiudere per prima le labbra, lasciando così incontrare le loro lingue.
Kili le mise una mano tra i capelli e piano la spinse sdraiata sotto di sé.
Cercò di non badare al lieve irrigidimento di lei e decise di tastare il terreno, osservando la sua reazione nel momento in cui lasciò la sua bocca per andare a lambirle la pelle del collo. Con la mano tracciò la linea del suo corpo.
“Hai un buon profumo.” Disse tra un bacio e un altro.
Quando alzò il capo per guardarla, gli fece una gran tenerezza trovarla con gli occhi chiusi.
Si riportò alla sua altezza, sdraiandosi accanto a lei e le accarezzò una guancia.
Emyrin aprì gli occhi e lo guardò.
“Stai bene?” Le chiese, strusciando il naso sulla sua guancia.
Lei annuì, e poi si voltò verso di lui, sorridendogli. Si sentiva più tranquilla di prima, adesso. Kili era così gentile, premuroso...
“Vuoi che continui?” Domandò, prima di fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto rovinare quel bel momento.
Le spostò un ricciolo dietro l’orecchio, ricevendo un altro gesto d’assenso.
L’attirò a sé, e prese a baciarla ancora, poi, con un gesto rapido, la portò sopra di lui.
Sorrisero entrambi, l’una sulle labbra dell’altro.
Emyrin si mise a cavalcioni sui suoi fianchi e curvò la schiena, prendendogli il viso tra le mani.
“Ti amo.” Gli disse semplicemente.
Il giovane fece allora leva sui gomiti e si alzò a sedere, con le gambe di lei strette in vita e le sue braccia che gli circondavano il collo.
Mentre si scambiavano un altro bacio, Emyrin percepì il suo tocco sulla schiena; quelle carezze lente, delicate, le lasciavano scie di fuoco addosso, tanto che fu scossa da un brivido.
Kili interruppe il bacio per scendere di nuovo sul collo, questa volta andando oltre lo sterno mentre le sue mani si impegnarono a scioglierle i lacci del vestito.
Una volta aperti, scostò la stoffa, abbassandola ad ogni bacio, scendendo fino a lasciarne un ultimo nell’incavo dei seni.
Poi le rivolse uno sguardo e lei annuì, sollevando le braccia per facilitarlo nel liberarla da quell’ammasso di stoffa. Un po’ arrossì, certo, ma ebbe il tempo di riprendersi mentre lui si sfilava la casacca.
Non era la prima volta che lo vedeva a petto nudo; quando con Fili e Dwalin si allenavano alla lotta a corpo libero, erano sempre tutti e tre a torso nudo.
Il giovane si fermò ad osservarla, tenendole le mani sui fianchi.
Le sorrise e lei fece altrettanto.
“Sei bellissima.” Le disse, dandole ancora un altro bacio.
Accarezzandole la pelle, risalì dai fianchi al costato fino a raggiungere i seni.
Emyrin sospirò sulla sua bocca e chiuse gli occhi, mentre glieli accarezzava.
I suoi gesti così lenti e piacevoli fecero scemare anche l’ultimo briciolo di imbarazzo rimasto.
Lo abbracciò forte; Kili sussultò quando i loro petti si toccarono.
Le accarezzò la schiena nuda, tracciando con le dita l’incavo della colonna vertebrale.
 
 
Con inaspettata tranquillità, Emyrin aveva sciolto i lacci delle braghe del Nano e, ormai con solo un indumento indosso, entrambi giacevano sdraiati abbracciati l’uno all’altra.
Kili le stava lasciando tutto il tempo che voleva, tutto quello che le serviva per fare un passo alla volta fino al grande salto.
Aveva atteso a lungo quel momento e non aveva alcuna intenzione di rovinare tutto mettendole inutile fretta.
Quando si sentì pronta, glielo fece capire.
Si posizionò sopra di lei; sulla sua pelle serpeggiavano le ombre tremolanti proiettate dalla fiamma della candela sul comodino.
Decise di andare per gradi, baciandole le labbra, poi il mento e il collo fino al petto. Lì si fermò sui suoi seni, beandosene mentre lei esprimeva la sua approvazione con mugolii e sospiri che lo eccitarono.
Seguì poi a baciarle la pancia fino all’orlo dell’intimo.
Prima di agire in qualche modo, incontrò i suoi occhi. Emyrin gli sorrise, intimandolo ad andare avanti.
Senza rompere quel contatto profondo tra i loro occhi, le abbassò lentamente la stoffa che la copriva, facendogliela scivolare via dalle caviglie in una sola mossa.
Senza accorgersene, Emyrin aveva avvicinato le ginocchia, un riflesso incondizionato dettato dal rossore comparso inevitabilmente sulle guance.
Allora Kili le prese la mano, stringendo le sue dita.
“Non vergognarti, Emy, non ne hai motivo. Sei perfetta, sei la mia Morwinyon
**
 e io ti amo.” Le disse in un sussurro e con un tocco gentile, quasi impercettibile, la invitò a schiudere le gambe per lui.
Emyrin cedette alle sue richieste e abbassò le ginocchia, lasciandogli una completa panoramica del suo corpo.
Kili provò una forte emozione che gli riempì il petto e qualcosa si mosse dentro di lui, pulsante di eccitazione.
In un attimo fu di nuovo sulla sua bocca e mentre la teneva impegnata in un bacio più spinto dei precedenti – al quale lei rispose con altrettanta enfasi – con le ginocchia le divaricò le gambe e iniziò ad accarezzarla dapprima sui seni, poi i fianchi e l’inguine.
Emyrin premette ancor di più le labbra sulle sue non appena le dita del Nano sfiorarono un punto sensibile del suo corpo.
 
 
Kili si era eccitato moltissimo nel trovarla tutta calda e bagnata.
Si beò dei suoi tentativi di soffocare i gemiti che le stava procurando attraverso baci, continuando a giocare con il suo punto più sensibile.
Emyrin aveva arpionato le sue spalle e lo attirava a sé man mano che lui aumentava la velocità dei suoi movimenti.
Presto le divenne impossibile trattenersi e diede voce al suo godimento.
Prima che arrivasse al suo limite, Kili rallentò gradualmente il ritmo fino a fermarsi.
L’espressione contrariata di lei era in netto contrasto con l’aria buffa che le davano le guance arrossate e i capelli scompigliati sul cuscino.
Le diede il tempo di riprendere fiato; il suo petto si alzava e si abbassava incontrollato mentre cercava di riprendere il controllo di se stessa.
Ripreso a respirare regolarmente, lo guardò negli occhi scuri, sorridendogli. Ma non appena Kili si avvicinò per baciarla, lo fermò: “Voglio essere io a darti piacere adesso. Ti chiedo solo di aiutarmi. Insegnami.” Gli disse, con fermezza. Una fermezza che lo lasciò a bocca aperta: dov’era finita la piccola Emyrin, sempre timida, che arrossiva al minimo imbarazzo?
Non ebbe il tempo di rispondere poiché le dita sottili della giovane fecero cadere via il suo intimo, liberando il membro ingrossato dall’eccitazione da quell’ormai stretto pezzo di stoffa.
Alla sua vista, Emyrin non poté non arrossire – ecco dov’era la sua Emy – ma si diede subito contegno e si lasciò guidare dai movimenti di lui, finché non fu in grado di gestire da sola la situazione.
Kili grugniva e mugolava, tenendo la testa nell’incavo della sua spalla e ogni tanto lo sentiva digrignare i denti e respirare affannosamente.
Quando Emyrin percepì che era vicino all’esplosione, si fermò di colpo, lasciandolo cadere stremato sul suo corpo.
“Ma perché?” Brontolò sulla sua pelle, facendo un respiro profondo.
“Chi la fa l’aspetti. Lo hai mai sentito dire?” Sghignazzò la rossa, giocando con una ciocca dei capelli del Nano.
Lui alzò la testa per dire qualcosa, ma lo coinvolse subito in un bacio mozzafiato.
“Va bene, ti perdono.” Le disse, rubandole un altro bacio fugace.
 
 
Prima di passare all’atto finale e più importante, Kili pensò bene di abituarla a quel genere di intrusione prima con le dita.
Uno, poi due, in movimenti lenti e dolci, avanti e indietro, dentro e fuori, in un crescendo che la portò a gemere ancora e ancora.
“Kili...” Lo chiamò d’un tratto. “Ti prego, non ce la faccio più...” Sussurrò.
Il Nano, allora, le prese le mani e fece intrecciare le loro dita.
“Ascolta, cercherò di non farti male. Qualsiasi cosa, di una parola e mi fermerò, te lo prometto.”
Lei annuì, prendendo un bel respiro.
Di lì a pochi istanti, Kili avrebbe fatto di lei una donna. Aveva paura, certo, ma era anche ansiosa di divenire una cosa sola con il Nano che amava e che avrebbe tenuto fra le braccia per il resto della sua vita.
Trattenne il fiato quando entrò dentro di lei, stritolandogli le dita per cercare di lenire il dolore che la prese e che le fece stringere forte gli occhi.
“Ehi, tutto bene?” Le chiese lui, premuroso, poggiando la fronte sulla sua.
Lei annuì debolmente, intimandolo ad andare avanti.
Lentamente, Kili prese a muoversi dentro di lei, cercando il più velocemente possibile di farle passare quel momento di dolore sostituendogli il piacere che presto avrebbe avvolto entrambi.
E ci riuscì; dopo qualche spinta, Emyrin percepì il dolore divenire fastidio e poi svanire, lasciando il posto a sensazioni ben più forti, mai provate prima. Aveva il bassoventre in fiamme.
Liberò le mani dalla stretta di lui e andò ad abbracciargli la schiena, sentendo i suoi muscoli guizzare sotto le dita ad ogni movimento.
Si ricoprirono presto di uno strato di sudore, mentre insieme conducevano la danza degli amanti.
Si scambiarono baci, carezze, finché i loro sospiri non divennero gemiti e riempirono la stanza.
Desiderarono all’unisono che quel momento così intenso non finisse mai, ma infine giunsero all’apice, lasciando che quel piacere esplodesse in un milione di scintille.
 
 
Stanchi e affannati, si sdraiarono l’uno accanto all’altra.
Restarono in silenzio, con il battito dei loro cuori nelle orecchie e il rimbombo dei loro gemiti ancora nella mente.
Si tenevano per mano guardando il soffitto.
Emyrin rivide davanti agli occhi ciò che era appena avvenuto venendo scossa da un fremito che le fece venire la pelle d’oca.
Kili le chiese se avesse freddo e seppur lei gli aveva detto di no, coprì entrambi con il lenzuolo e poi l’abbracciò, posandole la guancia sul petto.
“Il tuo cuore batte fortissimo.” Le disse, accarezzandole un braccio.
“È perché ho appena passato il momento più bello della mia vita con la persona più importante che ci sia per me.” Rispose, stringendolo a sé.
Kili non disse niente, rimase ad ascoltare il ritmo del suo cuore tornare gradualmente alla normalità, continuando a sfiorarle delicatamente la pelle liscia e morbida.
Emyrin prese ad accarezzargli i capelli, poi fu colta da uno sbadiglio e si portò una mano davanti alla bocca.
“Hai sonno?” Le chiese il giovane.
“Sonno no... forse un po’. Ma in realtà sono solo tanto stanca.” Rispose, sospirando.
Kili si sciolse dall’abbraccio e si riportò alla sua altezza, passandole un braccio intorno alle spalle mentre questa volta era lei che si accoccolava al suo petto.
Ci fu un altro breve silenzio, poi Kili la chiamò di nuovo.
“Mh?”
“No... niente.”
“C’è qualcosa che non va?”
“No, non c’è niente che non va. È tutto perfetto.” Disse il giovane, baciandole la fronte.
“Ti amo.” Sussurrò lei, lasciandogli un bacio sul petto.
Kili si girò verso di lei, attirandola nell’abbraccio, facendo aderire i loro corpi.
Intrecciarono le gambe tra di loro e chiusero gli occhi.
“Aspetta.” Emyrin si rianimò per un istante, allarmata.
“Cosa c’è?”
“Sarà prudente dormire insieme? E se tornassero e Fili entrasse nella stanza? Sarebbe imbarazzante... molto imbarazzante.”
Kili rise.
“Stai tranquilla, non torneranno fino all’ora di pranzo di domani. La strada per Nogrod è lunga.” La rassicurò, dandole un buffetto sulla guancia.
Emyrin iniziò a sentire le membra intorpidirsi dal sonno.
“Che ne dici se ora dormiamo un po’?” Gli chiese, sbadigliando nuovamente ma addormentandosi prima di sentire la sua risposta.




* COSA PURAMENTE INVENTATA DA ME. Nogrod è la seconda città fondata dai Nani, mi sembra nei dintorni della Montagne Blu, ma non ricordo bene e sono troppo pigra per prendere il dizionario u.u Anyway, la cugina terrificante me la sono inventata e, traquilli cair amici miei, non avremo il piacere di incontrarla XD

** Vi ricordo che MORWINION è la stella che nella Lingua Corrente è chiamata "Scintilla del Crepuscolo", la stella che secondo Kili brilla del colore degli occhi di Emy (Il tramonto è nei tuoi occhi, non per niente ^^ )
















-Angolino autrice-

SI!
Sei anni ci hanno messo, e finalmente hanno fatto i bricconcelli :'D
Soldatino ha conquistato la base MUAHUAHUAHUAHUA !!!
Okay, la smetto, promesso *nevvero!*

Anyway, 
SIETE OBBLIGATI A DARMI IL VOSTRO PARERE! Pleaaaase ç_ç
Ci tengo a questo capitolo, sopratutto perché sono soddisfata del mio operato, ilche non capita spesso u.u

Vi saluto che è suuuuuuuuuuuuuper tardi! 
Bacio a tutti :*
Lily / Juls

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Capitolo 14
*** Tristi ricordi e brutti presentimenti ***


14.Capitolo quattordici.
 
Quello fu il risveglio più dolce della sua vita.
Stretta tra le braccia del Nano, inspirando l’odore della sua pelle, con la guancia sulla sua spalla. Lo osservò dormire; la sua espressione era calma, pacata, quasi sorridente.
Fece un respiro profondo, avvicinandosi di più a lui. Il lenzuolo frusciò sulla sua pelle nuda. Si sentiva incredibilmente bene.
Diede un bacio sulla guancia di Kili e poi scivolò via dal letto, raccogliendo i suoi vestiti.
Si fece un bel bagno rinfrescante e poi scese in cucina e iniziò a preparare una bella colazione per entrambi.
 
 
Kili aprì gli occhi, muovendo il braccio sul letto in cerca del corpo caldo della sua amata.
Si guardò intorno quando non la trovò accanto a sé, poi udì dei rumori al piano di sotto e intuì che doveva essersi alzata già da un po’.
Rimase a guardare il soffitto, ripensando alla notte trascorsa con Emyrin, a come si era sentito, a quali emozioni aveva provato nel darle piacere e al modo in cui avevano fatto l’amore.
Gli sembrava un sogno; era valsa la pena tutta quell’attesa, lei era fantastica. Ripensò ai loro corpi perfettamente combacianti e alla loro pelle strusciare l’una contro l’altra.
Aveva ancora le narici invase dal suo profumo e se si concentrava poteva sentire la morbidezza della pelle sotto i polpastrelli e...
Fece un bel respiro per calmare i bollenti spiriti, poi si decise ad alzarsi.
 
 
Soddisfatta del suo operato, apparecchiò la tavola per bene e salì di sopra, pronta per dare un dolce risveglio al suo Nano. Ma quando entrò in camera, Kili non era nel suo letto.
Non sapendo cosa fare, sistemò le coperte e il cuscino, poi andò alla finestra e la aprì, facendo cambiare l’aria. Anche quella mattina faceva caldissimo, ma a compenso di ciò il cielo era una coperta azzurra, privo di nuvole, e gli uccellini volavano canticchiando. Sembrava il paesaggio di una favola.
Si voltò quando udì la porta cigolare e vide un Kili tutto gocciolante fare il suo ingresso. Petto nudo, asciugamano in testa, sorriso dolce sulle labbra.
“Ehi.” La salutò, andandole accanto.
“Buongiorno.” Rispose lei, prendendogli la mano.
Si scambiarono un bacio dolce, poi lei si sedette sul letto mentre lo osservava vestirsi.
“Come stai?” Le chiese, infilandosi una maglia leggera.
“Bene. E tu?”
“Mh... non molto bene.”
“Ah, no? Stai male? Hai la febbre? Se vuoi p-”
“No, no, frena. Stavo scherzando!” Esclamò lui, osservando la sua faccia attonita. C’era cascata in pieno. “In realtà, beh, è vero che non sto bene. Ma è solo perché sono troppo lontano da te.” Con un balzo le fu addosso e senza nemmeno avere il tempo di realizzare cosa stava accadendo, Emyrin si ritrovò sdraiata sotto di lui, con il viso a pochi centimetri dal suo.
Stava per baciarla – e lei stava per fare lo steso – quando improvvisamente si tirò indietro e scosse il capo schizzandole l’acqua che aveva sui capelli.
Risero insieme, poi lei gli mise le mani sul petto e se lo tolse di dosso, mettendosi a sedere.
Kili la osservò comodamente sdraiato a pancia in su.
“Questa me la paghi.” Gli disse la giovane, raccogliendo l’asciugamano per tamponarsi via l’acqua dal viso. “Sai, mi sei sembrato Rhor in quel momento!” Esclamò poi, scoppiando a ridere come una bambina.
“Hei! Mi stai dando del cane, forse?”
Lo guardò con finto dispiacere. “No, amore.” Gli disse, sporgendosi per dargli un bacio. Gli scansò i capelli bagnati dal collo e si avvicinò alle sue labbra. Gli prese la mano e al minimo della distanza che possa esistere tra due corpi che si attraggono da una forza superiore, si tirò indietro, lasciandolo a bocca aperta e, anzi, tirandolo in piedi con sé.
“Emyrin!” La rimproverò, afferrandola per i fianchi e abbracciandola da dietro.
Lei rise di cuore. “Te l’ho detto che me l’avresti pagata.”
“Ah, si?! Allora vorrà dire che se non me lo vuoi dare tu,” Fece lui “me lo prenderò da solo!” Come se fosse una cosa da niente, la sollevò da terra e lei si aggrappò al suo collo per la sorpresa.
“Dai, Kili, mettimi giù.” Le sue proteste risultarono del tutto poco credibili con quell’espressione divertita che mostrava sul volto.
“Allora?”
“Mmmmh...”
Lui le scoccò un’occhiata eloquente.
“E va bene!” Alla fine, Emyrin cedette e lo coinvolse in un bacio mozzafiato. “Sei contento adesso?”
“Contentissimo.” Rispose lui, facendo strusciare i loro nasi.
“Adesso mettimi giù per favore.” Sorrise la giovane.
 
 
“Devi andare a lavoro?” Le chiese Kili, mentre lei finiva di lavare i quattro piatti che avevano utilizzato per la colazione.
“Sì. Sono due giorni che Bofur mi rispedisce a casa con una scusa o con l’altra, oggi non ci riuscirà tanto facilmente!” Disse, risoluta. “Tu? Hai qualcosa da fare?”
“Ho gli allenamenti. Dato che non c’è mio fratello, con un po’ di fortuna convincerò Dwalin a fare un po’ di corpo a corpo. È tanto che non ci esercitiamo nella lotta libera.”
“Bene, quindi suppongo che ci rivedremo tutti quanti a cena.”
 
 
Come sempre, sempre, sempre, accadeva la mattina, maledisse i suoi dannati capelli.
“Ti invidio, sai?” Disse la Nano comparso sulla soglia del bagno. “I tuoi capelli sono così lisci!”
“Mh... ma i tuoi capelli sono bellissimi. Mi piacciono perché sono sempre profumati. E poi, sono morbidi come la tua pelle e setosi; adoro toccarli mentre ti bacio. Proprio come ora.” Le disse, mentre si avvicinava, prendendole poi il volto tra le mani per darle un bacio particolarmente profondo.
Giocherellò con i suoi capelli, poi la prese improvvisamente per i fianchi e la fece sedere sul lavandino.
Lei lo prese per le spalle, mentre la stringeva a sé, accarezzandole la schiena.
Quando si separarono, poggiarono la fronte l’una sull’altra e chiusero gli occhi.
“Ti amo.” Le disse lui, in un dolce sussurro, prima di allontanare le loro teste per guardarla negli occhi.
“Anche io, Kili. Tantissimo!”
Si sorrisero, poi Kili la rimise giù.
“Ti do una mano con i capelli. Voltati, dai.”
Emyrin si voltò e lo osservò dallo specchio, mentre riusciva magicamente a domare quella montagna di riccioli rossi.
“Come hai fatto?” Gli chiese quando ebbe finito. “Qual è il tuo trucco?”
Lui fece un’alzata di spalle. “Nessun trucco. Sono solo più bravo di te.” La schernì, ridendo.
Prima che lei potesse ribattere, le sorrise mettendosi una mano in tasca.
Ne riemerse con una cosa che luccicava. Era una collana. Gliela mise al collo.
“Questo è il mio regalo per il tuo compleanno. Non ho avuto tempo per dartelo prima, mi dispiace.” Le disse, dandole un bacio su una guancia.
Emyrin rimase a guardare la catenina con le tre pietre bianche che sembravano luccicare di luce propria. Mai visto niente di più bello, pensò.
“Ti piace?” Le chiese, non sentendo arrivare alcun commento.
Lei si girò verso di lui e lo abbracciò di slancio.
“Grazie! È un regalo stupendo.”
 
 
Si separarono alla porta, andando in direzioni opposte.
Emyrin entrò in città e in un attimo fu alla bottega dei giocattoli.
“Buongiorno, Bofur!” Esclamò raggiante, entrando.
“Buongiorno a te, cara.” Rispose lui, guardandola con curiosità. “Come siamo solari, oggi. Successo qualcosa?” Le chiese, assumendo un’espressione maliziosa.
“Beh...” Iniziò lei, sentendo l’imbarazzo arrivarle alle guance. Si voltò e prese a sistemare dei cavallucci di legno sullo scaffale di fronte a sé. “Diciamo solo che ciò che mi preoccupava ieri ora non mi tormenta più.”
“Mi fa piacere.” Il Nano sorrise, poi si voltarono entrambi verso la porta: il campanello aveva tintinnato e un Nano con la sua figlioletta entrarono nel negozio.
“Buongiorno.” Si salutarono tutti, poi Bofur le fece un segno con il capo e lei annuì.
“Posso esservi di aiuto?” Domandò, osservando la piccola guardarsi intorno con tanto d’occhi.
“Ehm...”
“Su, Kora, di alla signorina cosa stai cercando.” Il Nano incitò sua figlia a parlare con Emyrin, ma la bambina sembrava essere terrorizzata a quel’idea, così la giovane si accovacciò per guardarla meglio nei suoi grandi occhioni verdi.
“Lo sai, Kora è davvero un bel nome. Perché non mi dici cosa vuoi, posso aiutarti a scegliere, se ti va. O, se proprio non vuoi dirmelo, puoi indicarmelo.” Le sorrise e la piccola sembrò sciogliersi un po’.
Emyrin la seguì per gli scaffali finché non arrivarono ad una cassettiera di legno dove erano state poste tutte le bambole che Bofur aveva fatto con le sue mani.
Ce ne erano di tutti i tipi: bionde, more, lisce, ricce...
Quando la piccola Kora indicò ad Emyrin una bambola con i capelli rossi e ricci le si riempì il cuore di una dolcezza infinita.
Mentre il padre era impegnato a pagare Bofur, la bimba tirò un lembo del vestito di Emyrin e la fece abbassare alla sua altezza, dicendole qualcosa al’orecchio.
Emyrin ricambiò, rispondendo alla domanda della piccola in un sussurro e poi i due Nani la videro dare un bacio sulla guancia della giovane prima di avvicinarsi di nuovo a suo padre.
“Arrivederci, tornate pure quando volete.” Dissero Emy e Bofur. Prima di uscire, Kora si voltò e sorridendo fece ciao con la manina verso Emyrin, lasciandola con un sorriso stampato in faccia.
 
 
“Per curiosità, cosa ti ha detto?” Le chiese Bofur, mentre si andava a mettere al suo solito posto.
“Oh, mi ha domandato il mio nome.”
“Il tuo nome?”
“Si...” Rispose con un sorriso. “Ha chiamato la sua bambola come me. Oh, Bofur, non sai che soddisfazione vedere il sorriso di quella piccolina tutto per me... Cioè, voglio dire, lo so che lo sai, ma... è la prima volta che-”
“Tranquilla, lo so benissimo. Sono quelle piccole cose che ti fanno amare il tuo lavoro.” La fermò Bofur, aiutandola ad esprimere al meglio la sua sensazione.
Mentre Emyrin annuiva felice, il campanello sulla porta tintinnò di nuovo e credendo che fosse un altro cliente, i due si avviarono all’entrata.
Quella che entrò nel negozio, però, non era una mamma con i suoi figli, o una Nana che comprava un giocattolo per la sua sorellina: si trovarono davanti una molto sorridente Lirys che non appena vide Emyrin corse ad abbracciarla.
“Ciao, Lirys.” Fece quella, colta di sorpresa, ricambiando l’abbraccio.
“Buongiorno, gente!” Esclamò la bionda, sorridendo anche a Bofur.
“Ehm... mi sono persa qualcosa?”
“No, niente di particolare. Sono solo tanto felice perché oggi torna il mio amore! Sapete, non riesco a pensare di passare il tempo lontana da lui.” Gli occhi della ragazza brillarono.
“Ah, l’amore...” Mormorò Bofur, circondando le spalle delle due. “...ti fa viaggiare su una nuvola.”
“Hai proprio ragione.” Disse Lirys. Poi lo guardò di sottecchi. “E dicci, chi è la fortunata? Da come parli devi essere proprio innamorato.”
Bofur le lasciò andare e si andò a sedere davanti al bancone, d’un tratto rattristatosi. “È vero, sono ancora innamorato.”
“Non sei obbligato a parlarne, se non vuoi.” Gli disse Emyrin.
“No, non è questo... è che il suo ricordo è ancora così vivido nella mia mente che credo sempre di poterla ancora toccare e baciare, ma poi mi rendo conto che non è così.”
“Mi dispiace Bofur, non volevo. Non avevo idea che... Oh, mi dispiace tantissimo, ti prego di perdonarmi.”
“Tranquilla, Lirys, non è colpa tua.” Fece una pausa. “Sapete, lei era la creatura più bella che avessi mai visto. I suoi occhi brillavano della luce delle stelle e i suoi capelli erano così morbidi e profumati che a volte ne sento ancora la consistenza tra le dita. E la sua pelle... bianca e liscia. La sua voce era dolcissima e la sua risata la miglior melodia che avessi mai ascoltato prima di allora.
 La conobbi pochi anni prima della venuta di Smaug. A quel tempo viaggiavo molto e portavo i miei manufatti in giro per la Terra di Mezzo. Dovete sapere che all’epoca vi era molta richiesta di manifatture naniche di ogni genere.
 Ebbene, mi trovavo a Dale quando la incontrai per la prima volta. Me ne innamorai subito. Ma la cosa che più mi sorprese fu come un essere di così tanta bellezza vedesse in me qualcuno da amare. Io, che ero solo un povero giocattolaio che si guadagnava da vivere viaggiando di città in città da tutta la vita.
 Quando mi rivolse la parola per la prima volta, la sua voce si impresse come uno stampo nella mia mente e parlammo e parlammo, giorno dopo giorno, finché non dovetti ripartire. E allora mi chiese quando sarei tornato a Dale, per potermi rivedere e passare ancora del tempo con me.
 Tornai solo dopo un anno e il primo giorno non la vidi, anche se la cercai tra la gente con lo sguardo. Fra mille, l’avrei riconosciuta senza dubbi. Il giorno dopo, invece, fu la prima persona che si fermò alla mia bancarella e l’ultima che se ne andò. Mi disse di avermi aspettato per tutto quel tempo, ansiosa di rivedermi. Poi, un giorno, mi confessò che era sicura che io fossi il suo Âzyungel
* e mi sentii così felice che la baciai.”
“Oh, che cosa romantica!” Commentò Lirys con occhi sognanti.
Emyrin sospirò, rassegnata: quella ragazza non aveva speranze, pensò con un sorriso.
“Passammo dei bei momenti insieme, i più belli della mia vita.” Continuò Bofur. “Poi, un giorno, mentre ero lontano da Erebor, mi giunse la notizia che Smaug aveva preso la Montagna Solitaria. Lasciai tutto e partii il giorno stesso. Sul cammino incontrai i sopravvissuti e tra di loro la cercai senza sosta, passando in rassegna tutti i volti, ma invano. Lei non c’era.
 Decisi allora di andare a cercarla; volevo andare a Erebor senza curarmi del fatto che ora vi abitava un Drago. Ero accecato dalla paura, dalla rabbia e da un senso di vuoto che si intensificò quando Thorin in persona mi fermò. Mi disse che non avrei trovato anima viva alla Montagna, che ora vi regnavano soltanto cenere e morte. E che l’unico essere ancora vivente in quel luogo era soltanto Smaug.”
“Mi dispiace tanto, Bofur.” Emyrin gli mise una mano su una spalla e lui gliela strinse forte, accennandole un sorriso.
Lirys lo abbracciò e insieme a Emyrin si scusò per aver riportato alla luce quei ricordi amari.
Per il resto della giornata, entrambe fecero in modo che Bofur tornasse ad essere il solito Nano di sempre, con il sorriso stampato sulle labbra e sprizzante di allegria.
 
 
Quella sera, tornarono a casa insieme senza fermarsi in città neanche un minuto. Lirys era ansiosa di rivedere Fili ed era al settimo cielo.
Entrarono in casa, trovando tutta la famiglia ad attenderle.
Durante la cena, Dìs raccontò come era stato straziante e snervante il soggiorno dalla cugina e mentre la bionda rideva prendendo in giro Fili, Emyrin mangiava in silenzio, assorta nei suoi pensieri.
“C’è qualcosa che non va? Sei piuttosto silenziosa e non è da te.” Le sussurrò Kili, dandole un bacio su una guancia.
Lei si voltò, sforzandosi di sorridere: “No, va tutto bene.” Quando poi spostò lo sguardo avanti a sé, notò che Thorin li stava osservando e scambiò con il Nano uno sguardo indecifrabile.
Poi si alzò, si scusò e inventando che era stanca si congedò dalla cena, salendo in camera sua.
La storia di Bofur le aveva fatto venire il cattivo umore e non riusciva ad essere tranquilla come Lirys. E la invidiava per quello.
 
 
Pochi minuti dopo, sentì bussare alla porta e credendo fosse Kili aprì direttamente rimanendo sorpresa nel trovarsi davanti Thorin.
Si scansò per farlo entrare, ma lui la intimò di seguirlo e chiudendosi la porta alle spalle gli andò dietro. La portò sul tetto e la fece sedere accanto a sé.
Le stelle brillavano come sempre e il vento era calmo.
“È rilassante, non trovi?”
“Cosa?” Emyrin sobbalzò quando finalmente il Nano si decise a parlare.
“Stare qua su. Quando sono stanco vengo sempre qui perché mi rilassa. Guardare le stelle mi libera della tensione  del giorno e mi ricorda i bei momenti del passato.”
“Oh... Sì, in effetti si sta molto bene.”
“Se posso chiedere, è accaduto qualcosa?”
Lì per lì, Emyrin si agitò pensando che la domanda era riferita a cosa fosse successo tra lei e Kili la notte precedente, ma si tranquillizzò quando negli occhi del Nano non lesse malizia o simile. E poi, pensò, Thorin non era il tipo da certe domande.
“Nulla di particolare.” Mentì inizialmente, ma poi lo sguardo insistente di lui fece cedere la sua barriera. “Beh... a dire il vero qualcosa ci sarebbe.”
Gli raccontò di cosa aveva detto Bofur e poi... “Sai, Thorin, non so per quale motivo ma ho pensato a cosa avrei fatto io se Kili fosse scomparso così improvvisamente dalla mia vita. Probabilmente, se dovesse succedergli qualcosa non so se riuscirei ad andare avanti come ha fatto lui. Non credo che riuscirei ad essere abbastanza forte per sopportarlo. Non sono come te o come Dìs. Mi sento fragile, per certi versi, e dopo il racconto di Bofur ne sono ancora più convinta.”
“Perché pensi che gli accadrà qualcosa? Non c’è pericolo qui, sugli Ered Lûin.” Chiese Thorin, ma Emyrin sapeva che aveva già capito dove stava cercando di arrivare.
“Vedi, sarò anche giovane e sì, non so niente di guerre e battaglie, ma non sono una sciocca.” Gli disse, puntando lo sguardo nei suoi occhi chiari e freddi. “Come hai detto tu, qui sulle Montagne Blu non ci sono pericoli... Allora mi chiedo perché. Perché Fili e Kili sono stati addestrati fin da piccoli al combattimento?”
Thorin distolse lo sguardo: “Sono due principi, devono sapere come si usa una spada.” Disse soltanto, lasciando vagare gli occhi tra le stelle.
“A me sembra che lo abbiano imparato bene.” Ribatté lei, in tono tagliente.
“Cosa stai cercando di dirmi?”
“Vuoi farmi credere che non lo hai già capito? Andiamo, Thorin, tu non vuoi che loro sappiano come impugnare una spada, tu vuoi che loro sappiano come combattere.” Fece una pausa. Il Nano non accennava a parlare, così continuò. “Sai, dal signor Balin ho potuto apprendere la storia della vostra famiglia. È incredibile quante perdite vi siano state e ammiro molto la tua e la forza di Dìs nell’affrontarle tutte con coraggio senza cadere mai. Ma non credi siano abbastanza? Voglio dire, tuo nonno, tuo padre, tuo fratello, il padre di Fili e Kili... non credi che basti così?”
“Emyrin...”
“No. Ascolta, tu sei il loro zio, li hai cresciuti e sono sicura che gli vuoi bene come fossero figli tuoi, tuttavia... non comprendo questo tuo desiderio nell’istruirli alla lotta. Cosa dovranno affrontare? Una battaglia? Una guerra?” La giovane sentì gli angoli degli occhi inumidirsi ma ricacciò indietro le lacrime di frustrazione e paura e continuò. “Non so quali sono i tuoi progetti ma, ti prego, non portarmelo via...”
Thorin sospirò pesantemente. La sua espressione era stanca e ad Emyrin sembrò invecchiare di colpo.
“Lontano, a Est, una vetta si erge solitaria in mezzo alle rovine di un popolo che un tempo la abitava. Sto parlando di Erebor. Quella è casa nostra. Abbiamo viaggiato molto dopo che il Drago Smaug ci cacciò dalla nostra dimora, fino ad arrivare qui. Quella che noi oggi chiamiamo casa non è altro che un rifugio fatto di fredda pietra senza alcuna importanza.
 Tu sei nata qui e non riesci a comprendere il sentimento che porta me e la mia gente a desiderare il giorno in cui reclameremo la nostra amata Montagna, il giorno in cui potremo finalmente tornare a casa, la nostra vera casa.
 Ormai è quasi giunto il momento e Fili e Kili hanno il diritto di partecipare alla riconquista del regno che appartiene loro per nascita. È scritto
** e non è un percorso che intendo cambiare.”
Emyrin lo guardò indignata.
“Potrò anche non comprendere questa tua follia di voler affrontare un Drago per una stupida Montagna, ma capisco bene che devi essere un pazzo per voler far correre loro questo pericolo!” Esclamò, con rabbia, non rendendosi conto di aver appena insultato il Principe dei Nani.
Si alzò e gli voltò le spalle, andandosene prima che potesse aggiungere altro. Per quanto la riguardava, aveva già detto abbastanza.
Si chiuse in camera e si gettò sul letto, dando sfogo alla rabbia trattenuta, cercando di fare il meno rumore possibile.






* "AMORE DI TUTTI GLI AMORI"

** CON "E' SCRITTO" MI RIFERISCO ALLA PROFEZIA CHE SI SCOPRE A ESGAROTH, QUANDO BARD VA A CERCARE L'ARAZZO CON L'ALBERO GENEALOGICO DEI DURIN.


























-Angolino autrice-

Oh GENTE!
Scuola è finita e la vostra Juls torna in action!!
Allooooora: questo capitolo mi piace a metà.
La donna (Nana) di cui parla Bofur ho cercato di descriverla il più somigliante possibile alla nostra - per chi la conosce - carissima Keira la cui storia purtroppo si è conclusa tempo fa e a me ancora piange il cuore per la sua assenza.
Anyway, eccetto questo particolare, spero che per tutto il capitolo sono riuscita a restare nei personaggi e non essere andata troppo sul OOC!
E' difficile descrivere uno sempre allegro come Bofur in una situazione triste o uno freddo e regale come Thorin nei panni di un 'confidente', chiamiamolo così.
Devo ammettere che il finale è la mia parte preferita u.u
Ora, successo ciò, vi avverto che ci sarà uno sbalzo temporale nel capitolo 15 per motivi pratici e ancora non sarà l'unico in questa parte di storia...
Spero di riuscire a fare un bel lavoro!
Ah, quasi dimenticavo: avete notato i titoli dei capitoli? Alla fine mi sono decisa e li ho messi... così, tanto per creare suspense(?) prima della lettura.
Ora vi saluto gente, altri file word mi chiamano e io devo rispondere :p
Bacione a tutti!!
Juls.


Ps: Anche se non lo dico quasi mai, ringrazio sempre ognuno di voi per seguire/preferire/ricordare/recensire questa storia, siete tutti importanti per me, ognuno a modo suo e io vi adoro tutti <3
Ciau :*

 

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Capitolo 15
*** Presagi. ***


15.Capitolo quindici.
 
Ered Lûin – 2938, Terza Era.
 
Sulla via di casa, Emyrin si fermò a comprare qualcosa per la cena.
Quella sera sarebbero stati soltanto lei, Kili e ‘Fili...’ Pensò con un sospiro.
Le sarebbe piaciuto passare del tempo da sola con Kili, ma sfortuna aveva voluto che Fili si fosse preso la febbre e che quindi sarebbe rimasto dentro casa per un po’.
“Sono a casa.” Disse entrando, sciogliendosi la sciarpa dal collo e posando la mantellina chiara sull’attaccapanni.
Entrò in cucina, posando la cesta con le verdure. Con quel freddo, quello che ci voleva era una bella zuppa calda. L’inverno era ogni anno più rigido e poi a Fili avrebbe fatto più che bene.
“Ciao, Emy.” La salutarono i fratelli, sedendosi al tavolo.
“Come stai, Fili?”
“Sono stato meglio. Ho un terribile mal di testa.”
Kili prese la mano della giovane e la attirò a sé in un bacio veloce.
“Tu come stai?” Le chiese, massaggiandole la schiena.
“Bene.” Rispose sorridendo, poi si rimboccò le maniche. “State tranquilli, ci penserò io a farvi sentire meglio!”
“Basta che non dai fuoco a niente.” Scherzò il biondo, stringendosi le tempie subito dopo.
“Spiritoso.” Ribatté lei, iniziando a tagliare le verdure.
 
 
Dopo cena, Fili se ne andò in camera sua a dormire, sperando che il mal di testa se ne andasse durante la notte.
Si erano scaldati con l’ottima zuppa di Emyrin e dopo aver dato una sistemata anche gli altri due salirono di sopra.
“Vuoi venire in camera mia?” Domandò la ragazza, indicando con la testa la porta della sua stanza. “Così non disturbiamo tuo fratello.” Sorrise.
***
Si distesero l’uno accanto all’altra con le mani intrecciate.
Emyrin si alzò su un gomito e rubò un bacio al suo amante, venendo subito imprigionata in un abbraccio dolce e protettivo.
Le loro pelli si scontravano, traendo calore reciprocamente, e i loro cuori battevano all’unisono.
“Kili?”
“Mh?”
“Ti amo.”
“Anche io ti amo, mia dolce, dolcissima Emyrin.”
Il Nano le alzò il mento con le dita e le regalò un lungo bacio.
Quando si divisero, Emyrin lo strinse forte e nascose il volto nell’incavo del suo collo.
“Ehi, va tutto bene?” Le sussurrò dolcemente lui, accarezzandole i capelli.
Lei annuì e senza allontanare il volto disse: “Voglio che tu mi prometta una cosa.”
“Di cosa si tratta?”
“Promettimi... Promettimi che non te ne andrai mai dal mio fianco.”
“Certo che no. Come ti viene in mente una cosa del genere?” La allontanò da sé per guardarla negli occhi e la scoprì con gli occhi lucidi di lacrime. “Perché stai piangendo? Ascoltami, Emy, te lo prometto. Ti prometto che non ti lascerò mai. Ma non fare così, mi spaventi. È successo qualcosa?”
“No.” Sorrise lei, lasciandosi sfuggire una lacrima che si infranse sul pollice di Kili, sulla sua guancia.
“Oh, vieni qui.” La abbracciò forte, poi la baciò con dolcezza e desiderio e in un attimo fu sopra di lei.
Si sorrisero entrambi, poi Emy allacciò le gambe al suo bacino e insieme vennero trasportati da un turbinio di passione e amore e desiderio.
 
 
Di nuovo sdraiati l’uno accanto all’altra, Emyrin fece un lungo sospiro, riempiendosi le narici del profumo della pelle di Kili mischiato al suo.
Alla fine avevano ritagliato il loro angolino di tempo tanto atteso e ora potevano coccolarsi tranquillamente l’una fra le braccia dell’altro, amandosi con dolcezza.
E fu in quel momento che Emyrin si rese conto del tempo che era passato.
Stavano insieme da ben nove anni e lei ormai era in tutto e per tutto una donna.
A volte, guardando Dìs prendersi cura dei suoi “bambini”, come li chiamava ancora la Nana, le veniva voglia di stringere tra le mani uno di quei fagottini appena nati. Ma poi si riscuoteva sempre.
Non poteva dirlo a Kili.
Erano ancora così giovani e sicuramente lui avrebbe voluto aspettare.
Ma entrambi non ne avevano mai parlato né avevano mai preso provvedimenti al riguardo.
Forse, a differenza sua, Kili non ci pensava.
Magari, pensò la giovane, era troppo preso dal loro amore per pensare ad una cosa del genere.
Ma lei... Lei ci pensava eccome.
Visto e considerato che probabilmente Thorin li avrebbe prima o poi portati allo sfacelo, se fosse rimasta incinta aveva già deciso che lo avrebbe tenuto e che, anzi, ne sarebbe stata perfino contenta.
“Emy?”
“Cosa?”
“Mi stai ascoltando?”
Kili la fece trasalire, tanto che si scostò di colpo, arrossendo.
“Scusami.” Disse alla svelta, passandosi una mano nei capelli.
Si sedette stringendosi il lenzuolo al petto, lasciando la schiena nuda alla mercé del suo Nano che prese ad accarezzargliela.
“Sei strana oggi. Sei sicura che va tutto bene?” Le chiese, tracciando la linea della colonna vertebrale.
“Si, stai tranquillo. È solo che sono un po’ stanca.” Venne scossa da un brivido quando il giovane arrivò in fondo. Si sdraiò di nuovo e lo abbracciò. “Però, potrei rimanere per ore e ore a bearmi delle tue carezze, senza stancarmi mai.”
“Oh Emy.” Sussurrò lui, attirandola in un bacio che pareva non avere fine.
 
 
La mattina seguente entrambi fecero fatica ad alzarsi e quando scesero in cucina trovarono Fili già in piedi che...
“Che cavolo stai facendo?!” Domandò Kili, sconvolto alla vista di suo fratello con il grembiule che tentava di cucinare la colazione.
“Beh, voi non vi alzavate e io avevo fame.” Fece spallucce, Fili, tornando al suo operato. “Fare queste dannatissime frittelle è difficilissimo. Come fate tu e mia madre a non bruciarle? Ne ho già buttate un paio...” Si lamentò poi, guardando Emyrin che sospirò.
“Avanti, spostati. Lascia fare a me, pivello.” La giovane gli strappò cucchiaio e mestolo dalle mani e lo allontanò sorridendo divertita.
“Sei proprio una frana, fratello.” Ridacchiò il minore, dandogli una gomitata.
“Ha parlato lo chef!” Rimbeccò l’altro, offeso dal comportamento di quei due ingrati. Poi ridusse gli occhi a due fessure e mise su un sorrisino malizioso. “Guardate che la colazione era anche per voi, piccioncini. Ho pensato avreste avuto fame dopo una notte di attività fisica.”
Emyrin si sentì avvampare e si lasciò cadere il mestolo dalle mani mentre Kili guardò suo fratello con aria sconcertata.
“Cosa c’è? Credete che non sappia cosa avete fatto questa notte?” Sorrise malizioso, rivolgendo ai due un’occhiata eloquente.
“A quanto pare ti è passata la febbre. Mi sembra che tu stia benissimo stamattina!” Esclamò la giovane in tono tagliente.
Il gelo calò nella stanza, tanto che i due fratelli rabbrividirono.
“Ehm... mi dispiace, sorella, non volevo metterti in imbarazzo.” Si scusò Fili, anche se a entrambi sembrò tutto fuorché dispiaciuto.
“Come...?”
“Beh, Kili, se volete un consiglio, dovreste essere più silenziosi quando ci sono altre persone in casa.” Spiegò il biondo, poggiandosi allo schienale della sedia.
“Adesso basta. Se non vuoi che ti bruci la faccia farai meglio a tenere la bocca chiusa, sono stata chiara?” Gli occhi di Emyrin mandavano lampi e le guance erano rosse come pomodori maturi.
“Va bene, va bene, mi dispiace... Veramente.” Fili alzò le mani in segno di resa e sorrise. Quel suo sorriso disarmante che le fece svanire la rabbia e l’imbarazzo.
“Comunque, vedo che ti sei ripreso dal tuo malessere.”
“Già, fratello, proprio così. Ed è tutto merito della tua ragazza. Quella zuppa calda è stata un toccasana.”
“Mi fa piacere.” Fece la giovane, soddisfatta, posando in tavola un piatto ricolmo di frittelle.
Kili ne mise in bocca una e la ingoiò con il sorriso sulle labbra.
“Impara da lei, fratello.” Disse a Fili, prendendone ancora.
Emyrin scoppiò a ridere e arruffò i capelli del biondo che aveva messo di nuovo su un cipiglio offeso.
 
 
La giornata alla bottega passò in fretta e senza intoppi di alcun genere, così salutò Bofur e si inoltrò nelle vie di Gabilgathol per tornare a casa.
Accanto alla fontana ghiacciata incontrò Lirys, di ritorno da casa sua.
“Sono andata a trovare Fili.” Spiegò la biondina, sorridendo all’amica.
Quanto era cambiata anche lei. Sembrava più grande della sua età ed era diventata ancora più bella.
I suoi occhi brillavano del colore del cielo e aveva un sorriso luminoso che ti scaldava il cuore.
Si era chiesta più volte cosa avrebbe dovuto fare: se dirle o no quel che le aveva detto Thorin anni prima, ovvero che prima o poi i due fratelli sarebbero partiti con lui per affrontare un Drago e le avrebbero lasciate da sole. Ma fino a quel momento non ne aveva mai avuto il coraggio.
Lirys era così serena, sempre, che le sarebbe dispiaciuto troppo essere la causa della sua tristezza.
E poi, sicuramente lo sarebbe andato a dire a Fili che lo avrebbe detto a Kili... non poteva farlo.
Doveva essere Thorin a dirlo ai ragazzi, su questo rispettava la sua scelta.
 
Parlarono ancora un po’, poi Emyrin la salutò con la scusa che il suo naso sarebbe caduto di lì a poco per il freddo e si avviò verso il boschetto che l’avrebbe condotta al giardino di casa.
Quando entrò, venendo subito accolta dal tepore del camino, udì delle voci nuove provenire dalla cucina unite a quelle di Dìs e Thorin.
Quando entrò nella stanza scoprì che erano presenti anche Fili, Kili e Dwalin e Balin.
“Oh, Emyrin, sei arrivata. Ti presento i nostri cugini Oin e Gloin.” Fece Dìs, non appena la vide comparire sula soglia.
“Ehm... salve.” Salutò lei, un po’ sorpresa dal trovarsi così tanta gente in casa.
I due le fecero un cenno col capo, poi Kili la prese per mano e la fece sedere tra lui e suo fratello.
“Riprendiamo il discorso.” Intimò Thorin, incrociando le braccia al petto, lanciando uno sguardo alla giovane.
“Cosa succede?” Sussurrò Emyrin nell’orecchio di Kili e quello le rivolse uno sguardo enigmatico.
“Come vi stavo dicendo, c’è una profezia sulla casata di Durin, lo sapete. Ultimamente, uno ad uno, corvi e tordi hanno iniziato a tornare sulle vie a Est. Oin pensa sia un segno.” Disse il Nano fulvo, con tono serio e sguardo altrettanto grave.
“E quando pensate sia più opportuno partire?” Domandò Thorin, impaziente.
Emyrin voltò di scatto la testa verso di lui.
“Non è ancora il momento, ma Oin pensa che dovremmo iniziare a radunare un esercito il più in fretta possibile, così che al momento giusto saremo pronti per andare a reclamare la nostra casa.” Rispose Gloin.
Emyrin vide Dìs torcersi nervosamente un lembo del vestito.
Non andava affatto bene. Quando perfino Dìs era nervosa allora le cose non si stavano mettendo bene.
“È scritto che quando gli uccelli del passato torneranno alla Montagna, il regno del Drago avrà fine. Ma credo sia più opportuno attendere. Se qualche tordo e un paio di corvi hanno deciso di andare a Est, quest’anno, non è detto che sia il segno.” Spiegò l’altro Nano, Oin, tenendo sull’orecchio destro un cornetto acustico.
“In ogni caso, noi siamo con te, cugino.” Gloin diede una pacca sulla spalla di Thorin che annuì pensoso.
Emyrin si sentì sparire la terra sotto i piedi per un momento.
Così, pensò, infine era giunto il momento della separazione.
Si aggrappò al braccio di Kili senza nemmeno accorgersene – come se volesse tenerlo stretto a sé, bloccarlo impedendogli di partire – continuando a tenere lo sguardo fisso su Thorin. Uno sguardo truce.
“Emyrin, va tutto...?”
“Ti prego, non chiedermelo.” Disse lei, con un filo di voce, stringendo la presa, questa volta volontariamente.
Il Nano le circondò le spalle e l’attirò a sé, confuso.
Guardò suo fratello, ma anch’egli aveva un’espressione spaesata.
“Bene, vorrà dire che attenderemo il momento più propizio.” Con quella frase, Thorin mise fine alla conversazione e si voltò verso i suoi nipoti, facendogli cenno di seguirlo.
Con lui, si alzarono anche tutti gli altri e ad uno ad uno, salutando, lasciarono la casa.
Alla fine rimasero solamente Emyrin e Dìs e il silenzio che aleggiava nell’aria iniziò a pesare sulle spalle di entrambe.
“Preparo la cena.” Disse la Principessa d’improvviso, stanca di stare con le mani in mano. Doveva fare qualcosa per non pensare all’esito della riunione appena conclusasi.
“Dìs... Cosa accadrà esattamente quando arriverà il momento più propizio?” Domandò Emyrin, arrestando i movimenti della Nana che si voltò a guardarla.
 
 
Dìs sospirò, terribilmente affranta dalla reazione della giovane.
“Ti prego, dobbiamo fermarlo.” Diceva Emyrin, camminando avanti e indietro per la cucina. “Ci deve essere un modo per persuaderlo da questa follia.”
“Mi dispiace, piccola Emy, ma lui è il Re e non possiamo fare nulla per mutare le sue decisioni.” Le disse Dìs, sofferente, abbracciandola.
“Non voglio che partano... è pericoloso, potrebbe succedere loro qualsiasi cosa!” Esclamò la rossa, esasperata.
“Lo so. Semmai dovesse accadere loro qualcosa di brutto io giuro davanti a Mahal che ucciderò mio fratello con le mie stesse mani.” Disse con rabbia la Principessa, allontanandosi per guardare in viso Emyrin. Con il pollice le asciugò qualche lacrima. “Non piangere, Emy, dobbiamo essere forti. E lo dovremo essere ancora di più quando rimarremo da sole.”









































-Angolino autrice-
EBBENE Sì, ECCOMI QUI.
Sono stata via e non ho potuto aggiornare prima ma... cosa ne pensate di questo arrivo improvviso??
Come si evolverà adesso la situazione tra i nostri due piccioncini?
E Fili e Lirys?
Oh, sono ansiosa di leggere i vostri pareri e chissà, magari anche qualche supposizione ^^
Vi dico subito che il capitolo 16 è già a metà stesura :'D
Vi auguro una buona giornata e vi saluto!
Con affetto,
la vostra
Juls !


 

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Capitolo 16
*** Lacrime amare ***


16. Capitolo sedici.
 
Ered Lûin – 2939, Terza Era
 
Un altro anno era passato e tutto sembrava essere andato liscio.
Emyrin e Kili erano felici, così come Fili e Lirys.
Dìs, a differenza degli altri, era quella che sembrava soffrire di più in quel limbo in cui erano finiti.
Emyrin cercava sempre di aiutarla o sollevarle il morale ma anche quando ci riusciva il risultato durava poco. Si stava chiudendo lentamente, ma non con lei; si rivolgeva al fratello lo stretto indispensabile e quando lo faceva il suo tono era freddo e scostante: non si lasciava più toccare da Thorin come se la sua sola vicinanza potesse ustionarla.
L’unico che riusciva ancora ad avvicinarla era Dwalin, ma Dìs rimaneva comunque sul piede di guerra con tutti. A volte se la prendeva addirittura con i suoi figli, senza motivo. Bastava una battuta o uno sguardo fatto male ed era la fine.
Lirys non era ancora stata messa al corrente di nulla: Fili tendeva a rimandare per evitare di prolungarle l’angoscia, anche se Emyrin gli aveva consigliato di dirglielo al più presto.
Kili, dal canto suo, faceva di tutto perché quest’ultima non pensasse a quel giorno, che sarebbe potuto giungere in qualsiasi momento: l’aveva portata a fare varie escursioni nei monti vicini, facendole vedere dei panorami bellissimi e si erano divertiti moltissimo.
La notte, sgattaiolava sempre nella sua stanza e la maggior parte delle volte non facevano l’amore ma se ne stavano abbracciati a parlare o in silenzio, ascoltando i loro battiti.
Quella sera, era una delle tante in cui Kili era entrato furtivo sotto le coperte di Emyrin e l’aveva stretta a sé, baciandole la pelle nuda della spalla, lasciata scoperta dalla vestaglia calata.
E quella, fu una delle sere dove regnò il silenzio.
Ascoltavano i loro respiri, calmi e regolari, infrangersi nell’aria.
E così si addormentarono.
 
 
La mattina seguente, Emyrin si sveglio presto e trovò il suo corpo ancora avvolto nell’abbraccio di Kili.
Quando si mosse per girarsi verso di lui, quello allentò la presa per poi stiracchiarsi e sbadigliare.
“Buongiorno, amore mio.” Gli disse, accarezzandogli la guancia.
Lui rispose con un veloce bacio sulle labbra, poi si sedette e allungò ancora le braccia in alto.
“Dormito bene?” Le chiese, con la voce ancora impastata dal sonno.
Lei annuì col capo poi si sedette dietro di lui e lo abbracciò, attirandolo sdraiato sopra di sé.
Kili finì comodamente con la testa sul suo seno e così rimase, beandosi delle dita di lei che gli massaggiavano i capelli.
“Dovrei andare...” Disse Kili d’un tratto, rompendo il silenzio. Per alcuni minuti aveva lasciato che il tocco di lei lo rilassasse a tal punto che stava quasi per piombare nuovamente nel sonno.
“Rimani ancora un po’, per favore.” Disse la giovane.
Il moro si alzò e si girò, portandosi sopra di lei per rubarle un bacio.
Quando si separarono fece toccare le loro fronti. Emyrin gli prese il volto fra le mani.
“Ho sempre paura che arrivi Thorin e vi porti via. Non mi piace l’idea di quel che devi fare. La trovo una follia bella e buona. Come può trascinarvi in un viaggio così pericoloso?” Non era la prima volta che glielo diceva, quella, però Kili di solito non diceva nulla o si limitava ad alzare le spalle.
“Oh, Emy, mi dispiace. Tuttavia...” Questa volta sembrò invece in vena di una risposta, anche se seppe fin dall’inizio che non le sarebbe piaciuta.
“Cosa?”
“Mentirei se ti dicessi che la cosa non mi sta bene. E io non voglio mentirti, quindi sarò sincero con te: per me, come per mio fratello, poter partecipare a quest’impresa è un grande onore. Abbiamo sempre sentito parlare di Erebor nei racconti della nostra infanzia, poter essere presenti al momento della riconquista è il regalo più grande che nostro zio poteva farci.”
Emyrin se lo tolse di dosso e si sedette. Poi gli rivolse una delle sue occhiate più dure; gli occhi color del tramonto, come li definiva sempre lui, si fecero scuri.
“Ti rendi conto di cosa hai appena detto?” Chiese, sconvolta. “Ritieni sia un onore andare a morire? Per cosa, poi? Una montagna? Non siete felici qui, sugli Ered Lûin?!”
“Emy, non si tratta di essere felici o no. Si tratta-”
“Si tratta di un Drago. Come pensi di affrontare un Drago?” Lo interruppe, infervorata. Le sembrava come se per lui fosse un gioco. Ma non lo era.
Data la brutta piega che stava prendendo il discorso, Kili le si avvicinò e tentò di abbracciarla ma lei si alzò.
“Scusa, non sono in vena in questo momento.” Gli disse, senza guardarlo. Si diresse all’armadio e tirò fuori un vestito celeste.
Si tolse la vestaglia e fece per infilarselo ma Kili fu più veloce e glielo tolse dalle mani.
“Kili, non mi va di giocare, ridammi il vestito!” Esclamò, mettendo le mani sui fianchi.
“No.” Disse quello, senza fare a meno di osservare quel corpo che ormai conosceva bene.
“Kili...”
“Vieni a prendertelo.” Le disse il giovane, posando il vestito dietro di lui.
Emyrin sospirò, poi salì sul letto e con sguardo assassino si gettò su di lui per cerare di riprenderselo, ma Kili le afferrò i polsi e in un attimo se lo ritrovò sopra che la stava baciando.
Dopo qualche secondo smise di opporre resistenza e rispose al bacio, sospirando nella sua bocca.
“Così non vale, però.” Disse dopo, imbronciandosi come una bambina. Di nuovo, con i suoi modi di fare, il Nano era riuscito a farla cedere.
“Perché? Non ho mica giocato sporco.” Disse lui, mettendo su un aria da angioletto.
“Ma per favore!” Rise Emyrin, trasportando anche lui.
Alla fine decise di non dire più nulla sull’argomento, lasciando cadere così la conversazione e la rabbia di prima, lasciandosi coccolare ancora un po’.
 
 
“Ora però devo davvero andare.” Le disse il Nano, dandole un bacio sulla pancia. Non voleva assolutamente lasciarla, adorava tenerla stretta a sé e la cosa che odiava di più al mondo era proprio il momento in cui cause di forza maggiore – doveri, più che altro, di entrambi – li costringevano a dividersi.
“Lo so...” Dal tono, sentì che anche la giovane era contrariata.
“Ci vediamo stasera.” Le diede un bacio sulle labbra e poi la lasciò sdraiata sul letto mentre si avviava alla porta.
“Kili?” Lo richiamò d’un tratto, schizzando seduta.
“Dimmi.”
“Mi porti a vedere le stelle, questa notte?” Kili le rivolse un’occhiata pensosa. “Ti prego, ti prego ti preeeego...”
“Va bene.” Acconsentì lui, infine.
“Ti amo!”
“Anche io.”
Rimasta sola, Emyrin sospirò prima di alzarsi e infilarsi il povero maltrattato vestito.
Sistemò i capelli come meglio poté e scese in cucina.
“Buongiorno, Dìs.”
“Oh, buongiorno, cara.” Rispose subito la Nana, regalandole un sorriso.
Per fortuna con lei ancora era solare, anche se i suoi lineamenti apparivano stanchi e spossati.
“Ti serve una mano, oggi? Bofur mi ha dato la giornata libera, così pensavo che potrei aiutarti a fare qualcosa.”
“Se ti va, potresti andare in città a comprare le patate. Avevo intenzione di fare un bel pasticcio di carne e patate, per pranzo, ma mi sono accorta che sono finite.”
Così, presi soldi e cesta, Emyrin si recò in città, ignara di ciò che la aspettava.
 
 
Il mercato era come al solito in festa.
La gente era allegra e parlava del più e del meno, sorridendo e ridendo allegramente.
Un paio di bambini salutarono Emyrin, sventolando in aria i loro giocattoli.
La ragazza rispose con un bel sorriso e un gesto della mano.
Oltrepassò la fontana e si addentrò tra le bancarelle, fino a trovare quella del signor Borli.
“Oh, buongiorno, Emyrin. Cosa posso fare per te oggi?” Le chiese subito quello, salutandola con un gesto del cappello.
“Mi servirebbero delle patate.” Disse la giovane, sorridendogli.
“Arrivano subito.” Le disse e si fece passare la cesta. “Sai,” Riprese un attimo dopo. “è bello vederti sempre sorridente. Da quando la vecchia Dhelia ha lasciato la città, Gabilgathol è un posto migliore.”
“Non dire così.” Lo riprese Emyrin, anche se stava sorridendo.
“Ah, sei troppo buona, ragazza.”
“Beh, non che non sia contenta che se ne sia andata, però, dal momento che non è qui, non trovo giusto parlare male di lei.”
“Se tutte le Nane fossero come te, non esisterebbero i Sette Popoli ma saremmo un unico gruppo.” Disse Borli, dandole il cesto pieno.
“Beh, suppongo che, essendo talmente poche e rare, se fossimo tutte uguali ci estingueremmo in massa e i Nani cesserebbero di esistere.” Ribatté Emyrin, pagando e salutando.
Si fermò poi davanti alla bottega della signora Hirina e spinse la porta, entrando e salutando a gran voce.
“Ciao, Emy, un secondo e sono subito da te.” Le disse l’anziana di rimando, finendo di impacchettare delle spezie per una cliente.
Quando quella se ne andò, la giovane si sedette accanto al bancone e accettò di buon grado il tea che le offrì Hirina.
“Lirys non c’è?”
“No. È uscita, ha detto che avrebbe fatto un giro in città.”
“Non l’ho incontrata... Ad ogni modo, sono passata a trovarti, è tanto che non vengo qui. Mi mancava l’odore delle spezie.” Disse Emyrin, inspirando a pieni polmoni.
L’anziana si sistemò gli occhiali sul naso e poi le sorrise.
“E a me mancavano i tuoi dolci sorrisi. Come procede la vita nella casa reale?” Le chiese con un pizzico di malizia negli occhi chiari.
Emyrin cercò di non far trapelare nessuna emozione e nascose la tristezza dietro un grande sorriso.
“Va tutto benissimo.”
“Mi fa piacere sentirtelo dire. Anche Lirys sembra essere molto felice con il più grande dei principi. Sono bravi ragazzi, non c’è che dire. Sono molto contenta per voi due, ragazze.” Hirina sorrise ancora ma Emyrin questa volta non lo fece.
Se la Nana se ne accorse, non lo lasciò vedere e continuò la chiacchierata in tranquillità.
“Sai, stasera, dopo tanto tempo, Kili mi porterà a vedere le stelle.”
Hirina le sorrise con il cuore carico di gioia. Per lei era un piacere immenso vedere il volto sorridente della nuova Emyrin.
 
 
Aveva quasi finito il suo tea quando la porta della bottega si aprì con foga e una Lirys in preda ad un misto tra rabbia e tristezza si fece largo nell’ambiente e, senza degnare nessuno di un saluto, corse di sopra sbattendo la porta della propria stanza.
Le due Nane si guardarono spaesate e fecero per salire, ma non appena si mossero, la porta della bottega si aprì di nuovo e Fili fece la sua entrata, salutando frettolosamente per poi seguire i passi della bionda.
Lo sentirono chiamarla, ma lei non ne voleva sapere di aprirgli.
Hirina fece un cenno ad Emyrin e quella annuì: salì di sopra, avvicinandosi lentamente al giovane.
“Fili...” Lo chiamò e lui si voltò verso di lei. Aveva un aspetto distrutto.
Il biondo aprì la bocca per parlare ma sospirò e poggiò una mano sulla spalla di Emy, per poi scusarsi e sorpassarla, andando via.
Non lo aveva mai visto così abbattuto e un brutto presentimento si fece largo nel suo cuore. Sperò che non fosse così, che non fosse successo nel modo sbagliato.
Bussò alla porta, chiamando il nome della giovane.
Silenzio.
“Lirys, sono io Emy. Aprimi, per favore.”
Ancora nessuna risposta.
“Voglio aiutarti, ma non posso fare nulla chiusa qua fuori.”
Infine, sentì alcuni passi pesanti e poi la porta si aprì quel poco che bastò perché le due incrociassero i loro sguardi.
“È andato via?” Domandò con voce rotta.
Emyrin annuì e la bionda la lasciò entrare.
“Lirys... cosa è accaduto?” Le chiese, accarezzandole una guancia rigata dalle lacrime.
“Oh, Emy... non so nemmeno come dirtelo...” Mormorò la bionda, lasciando che cadessero altre lacrime dalle sue ciglia lunghe.
“Vuoi raccontarmi che è successo? Fili ti ha fatto qualcosa?” Al sentire quel nome, Lirys si scostò dal tocco dell’amica e si andò a sedere sul materasso, iniziando a torturare con rabbia un lembo del vestito chiaro.
Emyrin le si sedette accanto e le passò una mano sulla schiena per confortarla. Temeva cosa poteva essere successo e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro, sperando che smentisse quel brutto presentimento che l’aveva avvolta.
“Se ne vuole andare.” Esordì Lirys, senza guardarla.
“Fili?”
“Sì! Chi altri sennò?!” Gridò la giovane, rivolgendole uno sguardo indecifrabile. “Vuole seguire Thorin in un viaggio...
“Ah... io...” La preoccupazione trapelava ad ogni parola, ad ogni sguardo di Emyrin. Balbettò qualcosa; in quel momento si sentì in colpa per non averle detto niente fino a quel momento.
“Cosa? Tu lo sapevi?” Gli occhi chiari di Lirys si appannarono di nuovo. Emyrin venne trafitta da quello sguardo quasi deluso.
La guardò con apprensione, non sapendo più cosa rispondere.
Vedendo il suo silenzio, Lirys riprese parola, abbassando lo sguardo: “Sai, sono uscita per venire a cercarti, volevo venire a trovarti in bottega; non sapevo che Bofur ti avesse dato la giornata libera. Quando sono entrata ho trovato Fili, Kili e Thorin che parlavano con Bofur e con loro c’erano anche due Nani che non avevo mai visto prima. Ho involontariamente sentito cosa stavano dicendo... Thorin sta radunando un esercito e perfino Bofur ha accettato di partecipare... Fili e Kili hanno annuito e io mi sono sentita come se il mondo mi fosse crollato addosso in un istante.” Quando Emyrin apprese la notizia che anche Bofur aveva deciso di seguire Thorin chiuse gli occhi, sospirando rassegnata. “Quando Fili mi ha vista ha cercato di fermarmi ma io me ne ero già andata. Perché lo devono fare, Emy? Perché?” Non sembrò dare importanza al fatto che Emyrin sapesse già tutto quanto ma si focalizzò sul perché il suo Fili – ma anche gli altri – dovessero partire per quell’impresa suicida.
“Me lo sto chiedendo ancora anche io.” Rispose la Nana, sospirando.
“Non riesco a capire, come può Thorin volere questo per i suoi nipoti? Dovrebbe volergli bene, dovrebbe volere per loro una vita del tutto diversa da questa... cosa alla quale li ha destinati! Perché vuole portarli ad affrontare un pericolo così grande? Ti prego, rispondimi...” Lirys si lasciò andare a dei singhiozzi e si aggrappò al collo dell’amica che in tutta risposta l’abbracciò, trattenendo le lacrime. Non poteva piangere anche lei, Lirys non aveva bisogno di quello.
La strinse forte e le sussurrò in un orecchio: “Non piangere, amica mia. Non so rispondere alle tue domande né posso prometterti che andrà tutto bene, ma posso giurare sotto lo sguardo attento di Aulë che ti sarò vicina. Resteremo sempre unite, li aspetteremo e... semmai ci ricongiungeremo con loro non li lasceremo più andare, ma ades-”
“Anche tu pensi che non torneranno, non è così?” Lirys scostò il volto dal collo della Nana e si asciugò la faccia con le dita.
Emyrin rimase sorpresa da quella sua domanda. Di certo era la cosa che la preoccupava di più. Non faceva altro che pensare a quello e a quanto pareva era stato anche il primo pensiero della sua amica.
“Io non penso.” Rispose. “O meglio, non voglio pensare. È abbastanza ovvio che  non mi va giù questa brutta faccenda, ne ho perfino parlato con Dìs ma l’unica cosa che ha saputo dirmi è che Thorin è il Re e che non possiamo fargli cambiare idea in nessun modo.”
“Quindi è sicuro... andranno ad affrontare quella bestia...” Mormorò Lirys, cacciando indietro altre lacrime. Era stufa di piangere, in quel momento voleva solo gridare tutta la sua rabbia.
“Ascolta, Lirys, mi dispiace per non avertelo detto prima, ma volevo fosse Fili a farlo, doveva essere lui a dirtelo. Purtroppo lo sei venuta a sapere in questo modo e posso comprendere il tuo dolore e la tua rabbia... ma lascia che Fili possa spiegarti, dagli una possibilità. Lui ti ama, e non smetterà di farlo nemmeno durante il viaggio, qualsiasi sarà il tempo che impiegheranno a compierlo. Prima aveva una faccia davvero abbattuta e il morale a terra. Magari non oggi, ma almeno domani! Domani parlagli, sono sicura che sta male quanto te per questa storia.”
 
 
Lasciò la bottega di Hirina con tanto di morale sotto le scarpe.
Quando rientrò in casa, Dìs le corse in contro, preoccupata.
“Emy, ma quanto ci hai messo? Credevo ti fosse capitato qualcosa. Stai bene?” Le chiese subito, posandole le mani sulle gote lentigginose.
“Scusami, non credevo di metterci così tanto. Ho avuto un contrattempo... Fili è tornato?” Domandò alla Nana, posando il cesto di patate su una sedia.
“No. Sicura di stare bene? Hai un faccino...”
“Sì, sì, sto bene. Allora... cominciamo a preparare? Ormai è quasi arrivata l’ora di pranzo.” Emyrin, per la seconda in quella mattinata, fece un bel sorriso senza sentirsi felice.






































-Angolino Autrice-

Ebbene eccomi qui.
Mi dispiace per il ritardo, ma stavolta ha vinto la pigrizia XD
Ad ogni modo, non abbandonerò per nulla al mondo questa storia, MAI, finché non metterò l'ultimo punto.

Poi, volevo dirvi che il capitolo è interrotto qui perché sennò veniva trooooppo lungo e diventava pesante e noioso, a mio parere, quindi
ZAC!, l'ho tagliato u.u

Alloooora, finalmente sono finite le brutte notizia (per ora) e tutti sanno tutto.
Credo che nel prossimo capitolo introdurrò il resto della Compagnia e poi boh, si vedrà cosa elaborerà la mia mente poiché APRITE BENE LE ORECCHIE GLI OCCHI, sarà l'ultima parte di "
AMORE".

Poi inizierà la terza parte MUAHUAHUAHUAHUAHUA :'D
Vabbè, vi abbandono che ho un sacco di cose da fare..

A presto miei giovani Hobbit, miai alti Elfi e miei bellissimi Nani barbuti *w*
Ah si, se poi qualcuno fa parte della Gente Alta... beh, mi dispiace per chiunque sia u.u

HAHAHAHA
Un bacio gente
:*
Juls

 

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Capitolo 17
*** Guardami ***


17.Capitolo diciassette.
 
“Credo che tu debba andare a cercarlo.” La voce di Emyrin era preoccupata.
Kili sospirò, poggiando la schiena al muro.
“Secondo me ti preoccupi troppo.” Le disse, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli.
“Era davvero abbattuto. Non è tornato nemmeno per mangiare, Dìs e Thorin non hanno idea di dove possa essere... Non credi che sia il caso di fare qualcosa?”
“E dove vorresti andare a cercarlo, sentiamo?”
“Non lo so. Sei tu suo fratello.” Ribatté la giovane, voltandosi a guardarlo.
Kili si alzò dal letto e le si mise davanti.
“Ebbene, madamigella, vuole seguirmi in quest’ardua impresa?” Le chiese, facendo un piccolo inchino e tendendole la mano.
“Non è meglio che vai solo? Insomma, magari con te-”
“Hei, io non sono bravo in questo genere di faccende... ci vuole una donna per queste cose.”
“E va bene, andiamo.” Emyrin sorrise e prese la sua mano. Tutti i buoni propositi di non immischiarsi andarono in fumo in quell’esatto istante.
 
 
“Grazie, arrivederci.”
Kili tornò dalla locanda e informò Emyrin che il fratello non si era fatto vivo nemmeno lì.
“Abbiamo girato tutta Gabilgathol, ma di Fili nessuna traccia.”
Si guardarono intorno, entrambi pensando a dove potesse essere andato il Nano.
La cittadella non era poi così grande ed era impossibile che nessuno avesse il biondo in giro nemmeno una volta da quella mattina.
D’un tratto, entrambi si voltarono verso uno stormo di uccelli che si era levato da un albero in tutta fretta. Udirono anche dei colpi, come una lama che si scaglia con forza sul tronco di un albero.
“La radura!” Esclamarono all’unisono, dopo qualche secondo, dirigendosi poi verso il boschetto.
 
“Credi che vorrà parlare?” Emyrin si fermò tra gli alberi, guardando Kili con aria triste.
Fili era un Nano adorabile, ma aveva imparato a conoscerlo e sapeva che era anche molto orgoglioso. Però voleva poter fare qualcosa.
“Sai com’è fatto. Gli ci vorrà un po’. Forse dobbiamo lasciare che si sfoghi con quel povero albero e andarcene.” Kili fece spallucce.
“Mh...” Emyrin parve pensarci un momento. “No. Non se ne parla, io non mi muovo di qui. Mi hai fatto venire e adesso non tornerò indietro finché Fili non andrà da Lirys a fare pace. Potreste partire anche questa notte per quanto ne so io e non voglio che quei due si separino cos-”
“Shh!” Kili le tappò la bocca, attirandola a sé.
Emyrin mugugnò qualcosa contro il suo palmo – una protesta, sicuramente – ma il Nano le intimò di stare zitta, sussurrando nel suo orecchio: “C’è qualcuno.”
Allora la giovane si calmò e lui le tolse la mano dalla bocca.
“Chi c’è?” Chiese sottovoce, voltando lo sguardo verso il punto in cui stava guardando lui.
Una figura coperta da uno scialle si stava addentrando nel bosco, verso la radura.
“Ma quella è Lirys...” Mormorò Emy, osservando i riccioli biondi sfuggire alla stoffa chiara.
I due si guardarono, poi Kili le prese la mano e la portò più vicina: da lì, videro Fili intento ad aggredire violentemente un tronco mozzato.
Si acquattarono dietro un cespuglio abbastanza grande da coprirli e attesero che il biondo si accorgesse dell’arrivo della sua Nana.
“Kili, ma cosa mi fai fare?!” Disse Emyrin, sorpresa da quella situazione. “Non è carino spiarli.”
“Fa silenzio, Emy, o non sentiremo nulla.” Le disse il Nano, scoccandole un bacio sulla guancia.
“Sei incredibile.” Gli disse lei, sospirando rassegnata.
 
 
Fili lasciò cadere la daga a terra non appena la vide.
Era così bella.
Il suo viso era triste, gli occhi arrossati.
Perfino così era bellissima.
“Lirys...” Mormorò, facendo un passo verso di lei.
La bionda non si ritrasse; abbassò lo scialle dalla testa e continuò a tenere gli occhi fissi in quelli di lui, senza dire una parola.
“Lirys, io...” Fili sospirò. Fece una pausa, attese, ma lei non disse niente. Lo guardava con gli occhi lucidi e il labbro inferiore serrato per reprimere il suo tremolio. “Mi dispiace. Non volevo venissi a saperlo così.”
Ancora silenzio.
Emyrin e Kili si scambiarono uno sguardo preoccupato.
“Ti prego,” Riprese il giovane. “dimmi qualcosa. Parlami, Lirys.” Fece per toccarle un braccio ma lei si scansò.
“Come hai potuto tenermi nascosta una cosa simile?” Domandò a quel punto, con freddezza.
La mano che Fili aveva lasciato a mezz’aria scivolò di nuovo lungo il fianco.
Strinse i pugni, le nocche sbiancarono, poi la guardò di nuovo.
“Non volevo farti soffrire, lo capisci?”
“E cosa hai ottenuto? Fili, ascoltami bene: questa cosa è da pazzi, ok? Ma non ti biasimo per voler partire. Solo, avresti dovuto avvertirmi. Come credi che mi senta adesso?”
“Ahi, povero Fili...” Mormorò Kili, ma Emyrin gli diete un buffetto dietro la testa.
“Se lo merita, invece. Io lo avevo avvertito.” Gli disse, anche se in cuor suo era davvero profondamente dispiaciuta e questo Kili lo sapeva bene, come sapeva che aveva ragione.
“Lo so, ho sbagliato. Ma ti prego, non farmi partire così. Non voglio che le cose tra noi crollino in questo modo. Solo perché sono uno-”
Stupido? Oh, sì, lo sei.” Lo interruppe la Nana, mostrandogli per la prima volta un sorriso.
Si avvicinò a lui e gli prese una mano.
Così come Fili, anche i due Nani dietro il cespuglio furono sorpresi da quel gesto. Ma mentre sulle labbra dei due nasceva un sorrisino complice, sul volto del biondo si faceva strada lo stupore.
“Ti amo, Fili. Ci ho pensato e... nemmeno io voglio che finisca così. Anzi, penso che Emyrin abbia ragione: dobbiamo stare insieme, per quel po’ che ci resta, e non pensare a... a quando dovrete andarvene. Per favore, guardami” Gli disse, accarezzandogli una guancia. “e dimmi che staremo insieme.”
Le lacrime aveva iniziato a rigarle le guance, così Fili alzò una mano e con il pollice le cacciò via, avvicinando poi il volto al suo, facendo toccare le loro fronti.
“Okay, forse dovremmo andare.” Disse Emyrin, ma Kili non si mosse. “Mi hai sentito?”
“Aspetta un secondo.”
Emyrin guardò sconcertata il giovane Nano.
I due nel frattempo si erano detti qualcosa e quando si voltò di nuovo a guardarli, presero a baciarsi con dolcezza; Fili le passava le mani tra i capelli e lei si stava stringendo al suo collo, entrambi approfondendo il bacio.
“Adesso è troppo. Andiamo e non ammetto repliche, chiaro?!” Disse in imbarazzo, tirandolo per un orecchio.
“Va bene, va bene, arrivo.”
 
 
Per quella sera non se ne parlò di andare a vedere le stelle dato che la radura era occupata, così se ne stettero sul prato di fronte alla casa, con Rhor sdraiato in mezzo a loro.
In silenzio, mano nella mano, osservavano la notte.
La tranquillità di quel momento, che di fatto era durata fin troppo, fu interrotta dalla testa del cane che si sollevò di scatto, seguita poi da tutto il corpo; Rhor andò in contro a Thorin e Dwalin, che tornavano da chissà dove.
“Che state facendo sdraiati qui fuori?” Domandò il primo, mentre lasciava qualche carezza sulla testona dell’animale. Dwalin li guardò con sospetto.
“Ci rilassiamo.” Rispose semplicemente Kili, sorridendo ad Emy.
“E dovete farlo proprio qui fuori?”
“Avanti, Thorin, sono ragazzi.” Dwalin gli toccò la spalla, sorridendo divertito.
“Ad ogni modo, hai trovato tuo fratello?” Domandò allora il Nano, cambiando discorso.
“Sì.”
“Sta bene?”
“Oh, sì.”
“Potresti essere meno monosillabico e parlare più chiaramente?!” Thorin torreggiò su di loro, al che i due si misero a sedere.
“Beh, ecco...”
“Thorin, Fili sta bene. Ha fatto pace con Lirys e ora sono insieme. Non c’è più nulla di cui preoccuparsi.” Per fortuna che Emyrin ebbe il buon senso di intervenire, prima che Kili dicesse qualcosa che non doveva dire.
“Ci stavo arrivando.” Mormorò il giovane, guardando lo zio.
“Capisco. Bene.” Thorin fece una pausa, poi guardò Dwalin e poi di nuovo il nipote: “Kili, domani voglio che tu e tuo fratello passiate l’intera giornata con Dwalin mentre io e Balin accoglieremo gli altri membri della nostra Compagnia.”
Kili annuì, improvvisamente tornato serio.
Dopo averli salutati, i due si alzarono e rientrarono in casa, salendo di sopra.
Si addormentarono poco dopo, stretti l’un l’altra.
 
 
 
 
La mattina seguente, Emyrin si svegliò sola nel letto e sospirò, allargando le braccia e le gambe.
Quando scese di sotto, Dìs era già intenta nelle faccende di casa.
Poco dopo la colazione, si rimboccò le maniche e la aiutò in tutto ciò che riuscì.
Era da così tanto tempo che non metteva mano ad uno straccio – era sempre al lavoro alla bottega o in giro in città per delle commissioni – che quando ebbero finito si stravaccò su una poltrona con la schiena a pezzi.
“Dobbiamo preparare il pranzo.” Disse Dìs, seccamente.
Quella mattina era più irascibile del solito e non solo: la Principessa aveva un diavolo per capello.
Emyrin non si era mai beccata tante sgridate in un giorno solo da qualcuno che non fosse Dhelia fin dai tempi in cui lavorava alla locanda.
In silenzio, senza fare espressioni o sospiri troppo forti, si rialzò tutta dolorante e andò con Dìs in cucina.
Morirono di caldo per tutto il resto del tempo che dovettero cucinare e quando finalmente la tavola era stata imbandita con tutta quella roba – avevano cucinato per un esercito –, Emyrin ebbe il permesso di andare a farsi un bagno prima che la casa fosse invasa da non-aveva-idea-quanti Nani.
                                                                                                                                            
 
Thorin, Fili, Kili, Dwalin, Balin, Bofur, Gloin e Oin erano arrivati per primi, tutti insieme.
Dopo di loro, erano arrivati il fratello e il cugino di Bofur, rispettivamente Bombur, un nano Grasso ma dal’aspetto bonario e Bifur, che non parlava più la Lingua Corrente a causa dell’ascia che aveva conficcata in fronte; dopo ancora ne erano giunti altri tre, tutti fratelli: Nori, un Nano con perfino le sopracciglia intrecciate, Dori, il fratello maggiore dei tre, capelli e barba bianchi, intrecciati perfettamente, e infine Ori, il più piccolo. Timido, constatò subito Emy, ma molto cordiale e ben educato.
Tredici Nani, era questo tutto ciò con cui Thorin Scudodiquercia sarebbe andato ad affrontare un Drago? Dov’era l’esercito di cui aveva tanto parlato?
 
La serata si svolse in tranquillità – più o meno – ed Emyrin fece la conoscenza di tutti.
Erano Nani simpatici, chiassosi certo, ma divertenti.
Difatti, si divertì un mondo e perfino Dìs rise di tanto in tanto.
Fu come se per quelle poche ore la partenza, il viaggio, la Bestia e i pericoli fossero soltanto un lontano ricordo.
Ma non appena andarono via e il silenzio calò di nuovo su di loro, Dìs si chiuse nuovamente nel suo ostinato silenzio, mentre Fili, Kili ed Emyrin se ne andarono di sopra, non sopportando la tensione tra la loro madre e lo zio.
“Sono simpatici.” Disse Emyrin, gettando la schiena all’indietro sul materasso.
Era stanca, ma decise comunque di passare del tempo con i fratelli. Gli erano mancati per tutto il giorno.
“Già...” Sorrise Fili. Aveva l’aria di uno che se chiudeva gli occhi non li riapriva fino al giorno dopo.
“Chi se lo aspettava che uno come Bofur avesse un fratello così... così... largo.” Disse Kili, poggiando la testa sulla pancia di Emy.
“Kili! Poverino, è così adorabile. Aspetta, com’è che si chiamava?”
“Bombur.” Bofocchiò Fili sbadigliando e Emy annuì.
Ci fu un lungo silenzio, poi Kili si alzò dalla pancia della giovane e le andò accanto, scrutandola in volto.
“Cosa c’è?” Domandò lei, confusa.
“Credevo ti fossi addormentata.” Le indicò con la testa il letto del fratello: Fili aveva chiuso gli occhi ed era crollato come una pera cotta sul cuscino.
“Allora sarà meglio che vada.” Sussurrò lei, dandogli un bacio sulla bocca prima di alzarsi.
“No, rimani qui con me.” Ribatté invece lui, stringendosela a sé.
Emyrin sospirò. Ma perché non riusciva a resistergli?
Si girò nell’abbraccio e lo baciò con lentezza.
“Va bene, ma solo perché sono troppo stanca per ribattere.”
 
Si addormentarono addirittura sopra le coperte, con il solo calore del corpo a scaldarli reciprocamente.




















































-Angolino autrice-

Allora, premetto che questo capitolo mi fa
schifo ancora più del precedente, eccetto la parte del cespuglio :')
Ma vabbè... l'ho scritto tutto oggi, l'ho appena finito di rileggere e correggere quindi se ci sono errori che mi sono sfuggiti, chiedo venia.
Non so, come finale per 
AMORE non mi piace per niente.
Ad ogni modo, è finita anche la seconda parte.

Voglio dirvi delle cose sulla
terza parte perché io vi giuro che sarà la cosa più difficile che io abbia mai scritto :'D

1)
Alternerò la narrazione;

2) Il prossimo capitolo sarà quello della
partenza e non so se alternerò qualcosa perché potrei anche non farlo, devo vedere (lo so non si capisce cosa sto dicendo ma vabbè XD ogni chiarimento se volete, nelle recensioni, senza spoiler ovvio u.u);

3) Il titolo sarà il pezzo forte 8-);

4)
IMPORTANTE: siccome io cambio le mie idee mentre scrivo, può essere che tutto quello che ho scritto qui sia una baggianata enorme HAHHHAHHAHA. No, a parte tutto, la cosa della storia alternata c'è u.u;



5)
S
ORPRESA!!!



E mo, bella gente, ve salutoooooooo :*

La vostra Juls alla quale mancate tanto tanto ç_ç

 

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Capitolo 18
*** Addio o arrivederci? ***


Parte terza
Morte
 
 

18.Capitolo diciotto.
 
Ered Lûin – Súlimë 2941, Terza Era.
 
L’aria del mattino era fredda e la nebbia aleggiava fra loro come fossero statue di pietra in un luogo abbandonato.
Non era ancora sorto il sole, quando Thorin era tornato in casa, svegliando tutti i componenti della famiglia.
L’ora era giunta.
Dìs aveva preparato una ricca colazione, la più vasta che Emy avesse mai visto, e in pochissimo tempo.
Fili e Kili si erano rimpinzati con le delizie della mamma, imprimendone bene il sapore in bocca, poiché non ne avrebbero più mangiate per un bel po’ di tempo. Chissà quanto.
Uno ad uno, tutti i Nani erano poi arrivati a casa loro e si erano preparati per la partenza.
Emyrin era corsa a chiamare Lirys ed ora se ne stavano vicine, imbacuccate nelle mantelle, tremanti di freddo, ad implorare gli dei che andasse tutto bene.
Dìs aveva invece preso da parte Dwalin e stavano parlando animatamente, ad una distanza minima dalla quale non arrivava alcun suono delle loro voci.
Lirys fece un passo in avanti, quando Fili e Kili si allacciarono le spade alla cintola, ma Emyrin la fermò, afferrandole la mano guantata.
“No.” Sussurrò solamente, sentendo le dita di lei stringersi nelle sue.
Quando Dìs e Dwalin si riavvicinarono, Thorin scoccò un’occhiata ad entrambi e ne ricevette in cambio una sola, quasi di sfida, da parte della sorella.
“Non perdiamo altro tempo. Fili, Kili, salutate.” Disse Thorin, allacciandosi il mantello al collo.
Ma prima dei due giovani, si fece avanti Balin che andò dalle due ragazze e le strinse entrambe a sé in un unico abbraccio.
“Abbiate cura di voi, mi raccomando. E non preoccupatevi troppo, i Durin sono difficile da sconfiggere.” Fece l’occhiolino e poi si allontanò.
Dopo di lui, fu la volta di Bofur, il quale abbracciò prima l’una e poi l’altra. Quasi si commosse, così non disse una parola e si allontanò prima che qualche lacrima riuscisse a sfuggirgli.
Infine, arrivarono i due fratelli.
Fili prese Lirys per mano e le sussurrò parole dolci all’orecchio, promesse di amore, promesse di ritorno. Poi la baciò e la abbracciò forte.
Lirys non pianse, anzi, gli sorrise con tutta la forza che aveva in corpo e si strinse nel suo abbraccio, aggrappandosi all’ultima speranza di poterlo tenere con sé. Ma poi Fili si staccò da lei e con un’ultima carezza, si allontanò, diede due baci sulle guance di Emyrin e poi andò di fianco allo zio.
Nel frattempo, Kili aveva salutato Lirys con un abbraccio e adesso era di fronte alla sua Nana, senza sapere cosa dire.
“Non voglio promesse, Kili. So che non c’è alcuna certezza nel tuo ritorno né in quello di nessun altro, quindi adesso stringimi forte e fammi smettere di parlare prima che ti urli contro quanto ti amo e quanto credo che tu sia stupido.” Fu Emyrin a parlare.
Allora Kili la strinse a sé e fece morire sul nascere qualsiasi altra cosa volesse dirgli con un bacio lungo e carico di amore, nostalgia, disperazione e paura.
“Ti amo.” Le disse solo, dopo, facendo toccare le loro fronti.
Quando si separarono e le loro dita smisero di toccarsi, l’aria le sembrò diventare ancora più fredda e il gelo la penetrò fin nel midollo.
Si strinsero, lei e Lirys, guardandoli mentre salutavano Dìs.
“Fate i bravi, mi raccomando. E non azzardatevi a... o mi arrabbierò sul serio!” Dìs, per la prima volta da quando Emy era in quella casa, si mostrò debole ed indifesa.
Le lacrime erano sull’orlo di uscire anche se lei le ricacciava indietro a forza.
Si abbracciarono e fu la scena più toccante di quell’addio-arrivederci.
“Andiamo.” Disse Thorin, freddo come la pietra di una lapide. Non degnò la sorella di uno sguardo.
I due giovani si staccarono dalla madre e fecero per allontanarsi ma Dìs richiamò il minore dei suoi figli e gli mise qualcosa nel taschino della giacca.
“Non perderla, Kili. Innikh dê
*.”
“Non lo farò.” Il giovane le baciò una guancia e poi si allontanò.
Rhor abbaiò e ululò, salutandoli a modo suo. Qualcuno lo accarezzò, qualcun altro gli diede leggere pacche affettuose sulla testa.
Li seguirono con lo sguardo finché non scomparvero oltre il bosco.
Di lì avrebbero preso i pony che si erano fatti preparare giù alle stalle e sarebbero partiti per quel folle viaggio.
 
 
C’era un silenzio pesante dentro quelle quattro mura.
Nemmeno il fuoco nel camino riusciva a rendere più caldi i cuori delle Nane sedute sulle poltroncine lì di fianco.
Dìs non aveva proferito parola da quando se ne erano andati tutti, Lirys aveva ormai sospirato una ventina di volte ed Emy faceva vagare lo sguardo dall’una all’altra in cerca di qualcosa che potesse farle sentire meglio.
Il suo cuore si sentiva incompleto, adesso, ma si era detta che doveva reagire.
Erano passate solo un paio d’ore dalla loro partenza, non aveva alcuna intenzione di vivere in quel modo, in costante agonia, per il resto del tempo.
Si alzò e si incamminò verso la cucina.
Iniziò a rimboccarsi le maniche: lavò i piatti sporchi della colazione e poi mise sul tavolo vari ingredienti.
Nella sala adiacente arrivavano i rumori del suo operato, ma nessuna delle due Nane pareva dargli troppa importanza.
Dìs era concentrata in un punto indefinito del pavimento, con un’espressione severa sul volto, persa in chissà quale pensiero, mentre Lirys guardava le fiamme nel caminetto affievolirsi, fino a spengersi del tutto.
Quando non rimase che cenere, sembrò riprendersi dalla tua trance e si alzò, andando a vedere cosa stava combinando l’altra in cucina.
La trovò sporca di farina dappertutto ma con un’aria soddisfatta.
“Che stai facendo?” Le chiese, avvicinandosi.
Emyrin si accorse di lei e la guardò, aprendo la bocca in un sorriso.
“Un dolce.” Rispose con ovvietà.
“E perché mai?”
“Beh, perché qualcosa di dolce tira sempre su di morale.” Sorrise ancora, un sorriso velato di tristezza.
Questa volta anche Lirys sembrò rasserenare un po’ lo sguardo.
“Capisco... Posso aiutarti?”
“Con molto piacere.” Rispose Emyrin, entusiasta: nemmeno aveva finito e già una delle due l’aveva conquistata. Ma sapeva che con Dìs ci sarebbe voluto ben altro che una fetta di torta. Iniziò a pensare a cosa fare dopo.
 
 
“Mh, che profumino... E guarda come si è gonfiata!” Esclamò contenta Emyrin, infilando lo stecchino nella sua torta.
“Senti, Emy, non credi che dovremmo portarla un po’ fuori? È seduta lì da troppe ore.”
Lirys buttò un occhio in salone e vide Dìs ancora intenta a rimuginare sui suoi pensieri.
“Non muoverà un dito, lo sai vero?” Disse Emyrin, sospirando.
“Nemmeno se glielo chiedi tu?”
“Nemmeno se glielo chiedo io.”
Si guardarono e sospirarono ancora.
Prepararono un tea al gelsomino e lo portarono alla Nana, insieme ad una fetta di dolce una volta che si fu freddato.
“Mangia qualcosa, Dìs, ti sentirai meglio.” La mano che Emy le poggiò sulla spalla la fece sobbalzare.
“Ti ringrazio.” Disse, con voce incolore.
“Dìs, devi reagire.” Disse Emy e quando la Principessa la guardò negli occhi, Lirys represse un tremito: i suoi occhi erano più freddi di quelli di Thorin.
“Ho detto reagisci. Sfogati, se devi, piangi, urla, sei una persona come tutte noi e a volte anche tu ne hai bisogno. E questa è una di quelle volte. Ma non puoi stare così. Tu sei forte, sei una Nana autorevole, dolce, per me sei come una madre e mi fa soffrire vederti in questo stato. Mancano anche a noi – e sono appena partiti – ma così ci facciamo solo del male.” Emyrin si era inginocchiata di fronte a lei e le aveva preso le mani.
Le guardò negli occhi, sperando di riuscire a sciogliere quel ghiaccio. E parve riuscirci, poiché questi si annacquarono velocemente e calde lacrime rigarono il volto della Nana dai sentimenti di ferro.
La abbracciò forte e la confortò, facendo segno poco dopo anche a Lirys di unirsi all’abbraccio.
“Va bene.” Disse poi, asciugandosi gli occhi.
Si alzò e guardò le due Nane con un sorriso provato: “Vi chiedo scusa, ragazze. Sapete, averli sempre tra i piedi fin da quando erano piccoli e sapere che da adesso non avrò la più pallida idea di cosa stiano facendo, di dove siano... mi distrugge. Ma avete ragione, bisogna reagire. Allora,” Disse poi, rivolgendo ad Emyrin. “C’è dell’altra torta?”
 
 
 
 
Contea – 26 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Voi dovete essere il Signor Boggins!”
Dopo un mese di viaggio con una sola sosta a Brea, durata due giorni, per acquistare altri rifornimenti, la Compagnia era finalmente arrivata a casa di Bilbo Baggins, lo Hobbit della Contea di cui aveva parlato loro Gandalf il Grigio, un Istari conoscente di Thorin, che aveva promesso loro un quattordicesimo compagno.
 
 
La dispensa dello Hobbit era stracolma di cibarie di tutti i tipi. Era piccoletto, il signor Baggins, e mai si sarebbero aspettati una cosa simile.
“No, per favore, quello no!”
Tra le proteste del povero proprietario di casa, gli scaffali vennero svuotati e la tavola imbandita, dando inizio alla festa.
 
 
 
Ered Lûin – 26 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Ne vuoi ancora?” Chiese Dìs, allungando il mestolo nella direzione di Lirys.
“Sì, grazie.” Come da manuale, la bionda non rifiutò un’altra porzione dello stufato di cinghiale che la Nana aveva cucinato con tanta cura.
Quella sera erano sue ospiti sia la giovane che sua nonna, la signora Hirina, e aveva dato il meglio di sé per quell’occasione.
Era tantissimo che Hirina non andava a farle visita e le aveva portato un sacchetto di spezie che aveva subito utilizzato per aromatizzare il sugo.
“E tu, Emy?”
“Oh, no, grazie.” Emyrin invece rifiutò e con grande sorpresa, le altre tre si accorsero che non aveva toccato cibo.
“Non ti senti bene?” Le chiese l’anziana, posandole una mano sulla sua.
“No, sto benissimo.” Sorrise lei, reprimendo un brivido.
“Non ti piace? Forse ci ho messo troppe spezie...” Fece Dìs, assumendo un’aria pensante.
“Ma no, che dici, Dìs. È favoloso!” La rassicurò intanto Lirys, mandando giù un altro boccone.
“Lirys ha ragione, è molto buono. Ma non ho molta fame.” Mentì invece Emyrin, non avendo il coraggio di dirle che in realtà solo l’odore le stava dando la nausea. Si era impegnata così tanto che le sarebbe dispiaciuto darle quel malcontento. Così si inventò una scusa: “Devo aver mangiato troppe brioche a merenda.” Rise nervosamente, grattandosi il capo.
 
 
Dopo cena, quando anche le due ospiti si erano congedate, Emyrin salì in camera sua e si sdraiò sul letto, con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, sulle stelle.
E pensò a lui.
 
 
Contea – 26 Víressë 2941, Terza Era.
 
Il fumo della pipa volteggiava nell’aria fresca della Contea.
Poggiato sulla panca appena fuori la porta di casa Baggins, Kili se ne stava tutto solo, con il naso all’insù e gli occhi nel cielo, puntati sulla miriade di puntini luminosi.
Da lì, si vedevano moltissime stelle in più e pensò a quanto sarebbe piaciuta ad Emyrin quella vista straordinaria.
“Hei, fratello, che fai qui fuori da solo?” La voce di Fili interruppe i suoi pensieri e il volto di lei evaporò dai suoi pensieri.
“Cosa?”
Fili gli sedette accanto e si accese la sua pipa.
“Stanno bene.” Disse soltanto, senza guardarlo.
“Lo so.” Kili abbassò lo sguardo sui suoi piedi, poi guardò il fratello con fare malizioso, dandogli una gomitata sul braccio.
“Allora, mio dolce fratello, non mi hai ancora raccontato cosa è successo quel giorno di un anno fa giù alla radura. Cos’hai detto a Lirys per farti perdonare?” Il suo sorriso divenne più eloquente quando Fili si strozzò con il fumo e iniziò a tossire. In realtà sapeva cos’era successo, ma gli piaceva così tanto stuzzicarlo.
“Ti ho detto mille volte che non è affar tuo.” Ribadì il biondo, rosso in volto.
“Ma guardati, arrossisci come le femminucce.” Rise l’altro, ricevendo una spinta che lo mandò a finire schiena a terra.
“Hei, non vale!”
“Scemo.”
 
 
Ered Lûin – 26 Víressë 2941, Terza Era.
 
Continuava a girarsi nel letto.
La nausea non l’aveva abbandonata un secondo da quando Dìs le aveva messo davanti quella specie di piatto voto ad assassinare il suo stomaco.
Eppure lo aveva sempre mangiato. Le era sempre piaciuto.
Si alzò e andò in bagno, si sciacquò la faccia e le sembrò di stare un po’ meglio.
Forse era solo un po’ d’ansia. Erano passate soltanto tre settimane e nemmeno un corvo o un qualsiasi altro messaggio che stavano tutti bene.
Colse quell’attimo per stendersi in santa pace e lasciare che tutto diventasse nero, che il sonno la prendesse e la trasportasse lontano dai pensieri, in chissà quale sogno.








* Torna da me. Questa è la frase incisa sulla "promessa" che Dìs da a Kili prima di partire, quella che poi il deficiente da a Tauriel -.-" MA SONO COSE CHE SI FANNO, EH ?! Ma dico io... invece di darla a me D:

** Piccola parentesi:
Súlimë significa Marzo, mentre Víressë  significa Aprile. **














-Angolino autrice-

Eh salve gente, con un giorno di anticipo ecco qui il capitolo.
Ora voi vi starete *spero* disperando perché
OH MIO DIO LA TERZA PARTE SI INTITOLA MORTE.
Beh, vi posso garantire che sono imprevedibile ^^
Ho scelto il mio finale e, beh, devo ammettere che mi piace e credo che piacerà molto anche a voi ;)
Perciò non ci fasciamo la testa prima di essercela rotta sfracellata su qualche lama di Orco :*

Per quanto riguarda la prima parte, mi fa un po' schifo eh, lo ammetto, ma quella dopo, dove inizio ad alternare mi piace tanto *w*
Oh, e nel prossimo capitolo che sto già scrivendo ci saranno delle belle cose, credo.
NON PRENDETEMI IN PAROLA HAHAHAHAHAH

Ad ogni modo, ho trovato una cronologia molto favorevole su www.ilfossodihelm.it ( 
http://www.ilfossodihelm.it/id_nav7.asp?id_nav=7&id_sottonav=81&id_cont=222 ) che userò per la mia storia, quindi il viaggio non durerà un anno e come avete anche potuto vedere voi stessi non li ho fatti partire nel 2940 come ho sempre detto ma nel 2941 per questioni PRATICHE.

I nomi dei mes li scrivo in Quenya poiché da nessuna parte ho trovato il calendario dei Nani che siccome vivono nelle Montagne hanno pensato bene di non distinguere il giorno dalla notte e quindi chissenefregadeigiornidellasettimana.
VabbèH.

Li ho presi dalla cara amica Wikipedia del mio cuor.
(
https://it.wikipedia.org/wiki/Calendari_della_Terra_di_Mezzo )

Ebbene, gente, ora vi saluto poiché mi pare di aver detto abbastanza hahaha
Bacione, vi aspetto
NUMEROSI!!
Avanti, siamo quaisi alla fine - si avete capito bene,
quasi alla fine -, tu che hai letto senza mai dire niente, mi farebbe piacere sentirti ^^

Ciaoo :D

Juls :*



Ps: se ci sono errori - sopratutto nella nota autrice - perdonatemi, ma la pigrizia non mi permette di rileggere hahahaha !!!


 

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Capitolo 19
*** Sorpresa ***


19.Capitolo diciannove.
 
Ered Lûin – 27 Víressë 2941, Terza Era.
 
Si svegliò con un mal di testa allucinante.
Andò in bagno, si sciacquò il viso e quando si guardò allo specchio notò con fastidio che non aveva proprio una bella cera.
Quando arrivò in cucina, anche Dìs se ne accorse e la prima cosa che fece fu metterle il polso sulla fronte.
“Non hai la febbre,” Le disse, poi le prese il volto fra le mani e la guardò negli occhi. “ma sei pallida.”
“Già.” Emyrin alzò le spalle, non sapendo cos’altro dire.
“Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo?”
“Sì, credo sia un’ottima idea.”
Dìs le sorrise e andò verso la credenza.
 “Grazie.”
La Nana le sorrise ed Emyrin prese posto al tavolo.
Si massaggiava le tempie mentre teneva gli occhi chiusi. Non si era mai sentita in quello stato o per lo meno non le era mai capitato di provare la sensazione che un fabbro stesse puntellando infiniti chiodi nella sua testa.
“Avevo intenzione di andare a fare un giro in città. C’è troppo silenzio in questa casa, impazzirò a lungo andare.” Disse d’un tratto Dìs.
Emyrin la guardò con gli occhi socchiusi.
“Io credo che me ne rimarrò a letto finché non mi sentirò un po’ meglio.”
“Cerca di riposare. Non preoccuparti per il pranzo. Se vuoi dormire, fallo pure. Cucinerò io quando sarò tornata.”
Dìs prese una tazza e la riempì di quell’infuso fumante, che di solito aveva un ottimo odore.
Gliela mise davanti con un sorriso che si spense non appena vide la smorfia nascere sul viso dell’altra.
“Mahal, devo vomitare.” Disse Emyrin, scattando in piedi e corredo in bagno.
 
 
“Non credi sia bene farti vedere da Glorin?”
Sulla porta, Dìs osservava Emyrin, pallida come un lenzuolo, che si sciacquava la bocca.
“No, sto bene.” Disse la giovane, asciugandosi il viso.
“Beh, non si direbbe proprio.” Ribatté invece la Nana, incrociando le braccia al petto.
“Vedrai che con un po’ di riposo tornerò come nuova.”
“Emy...”
“Dìs, sta tranquilla. Davvero, sto bene.” Sorrise.
Allora la Nana sospirò e si preparò per uscire.
Per l’ultima volta tentò di convincerla ad andare da Glorin, ma Emyrin non volle saperne, così andò in città, lasciandola a casa.
Quando Emyrin si avvicinò di nuovo al tavolo, l’odore di quella tisana che avrebbe fatto bene al suo mal di testa fece di nuovo del male al suo stomaco, tant’è che dopo decise con dispiacere di buttarla.
Salì in camera e si sdraiò sul letto.
 
 
Verde Cammino – 27 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Mahal, la mia pancia.” Si lamentò Kili con un lungo sospiro.
“Ti avevo detto di non esagerare con la gelatina, fratello.” Fili rise di gusto, dandogli una pacca sulla spalla.
Kili si massaggiò lo stomaco con una smorfia, continuando a trotterellare sul suo pony.
Si erano lasciati alle spalle la casa del presunto Scassinatore, il Villaggio Hobbit e la Contea, senza il quattordicesimo compagno.
Era stato un fiasco totale, ma almeno la cena era stata ottima. Eccetto per la gelatina. Buonissima, certo, ma che ripercussioni stava avendo adesso sul povero giovane Durin.
 
 
Ered Lûin – 28 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Emyrin, non ammetto repliche. Oggi tu verrai con me da Glorin.”
“Ma Dìs, io non-”
“Non è un consiglio, signorina, è un ordine!”
Emyrin odiava quando Dìs metteva su il tono da principessa.
Non poteva ribattere più nulla quando era così, e quindi sospirò, acconsentendo ad andare in città.
“Brava ragazza.” Le disse la Nana, accarezzandole la guancia.
 
 
“Potrebbe essere una sciocchezza, magari soltanto una stupida influenza. Non credo che dovremmo far perdere tempo a Glorin in questo modo. Magari ha altri pazienti più gravi da visitare che me.”
Emyrin cercava in tutti i modi di persuadere Dìs dall’andare dal guaritore, ma la Nana proprio non voleva accontentarla. La teneva sottobraccio e la conduceva per le vie di Gabilgathol a passo svelto.
“Lascia che mi preoccupi per te. Se non è niente, meglio così.” Dìs le sorrise.
Emyrin notò che il suo sorriso era tirato.
‘È davvero così preoccupata?’ Pensò, sentendosi subito in colpa.
Quella Nana era già in pena per troppe persone, non voleva aggiungere peso alla sua preoccupazione.
Ma sapeva anche che se mamma Dìs si metteva in testa qualcosa, quello era. E quindi si rassegnò al fatto che si sarebbe sempre e comunque preoccupata per lei, anche se si fosse soltanto tagliata un dito con un foglio di carta.
 
 
“Glorin?” Entrando, Dìs chiamò il nome del guaritore.
Si sentì un frastuono provenire da un’altra stanza, poi una testa fulva fece capolino.
“Oh, salve. Sono subito da voi.” Disse, per poi scomparire nuovamente.
Si sentì un cozzare di ferraglie e qualche imprecazione in Khuzdul.
Le due si guardarono, curiose.
“Forse non è un buon momento. Andiamo a casa, Dìs.” Emyrin colse la palla al balzo e fece per alzarsi, ma l’altra la tirò per un braccio nuovamente a sedere sulla panca di legno massiccio.
“Tu non vai da nessuna parte. Attenderemo tutto il tempo necessario. Non abbiamo nulla da fare, tanto.”
La giovane non fece in tempo a sospirare che il Nano fece finalmente la sua comparsa.
“Scusate se vi ho fatte aspettare. Cosa posso fare per voi?”
 
 
La visita le era sembrata durare un’eternità.
Quando era uscita da quella stanza, non sapeva se ridere o piangere.
O se fare entrambe.
Dìs le era corsa al fianco quando l’aveva vista uscire, più pallida di prima.
Emyrin si sentiva strana. Era come se le mancasse la terra sotto i piedi e, al contempo, come se potesse toccare il cielo con un dito.
Quando la Nana le aveva chiesto cosa c’era che non andava, lei aveva risposto che non c’era nulla che non andava. Anzi, che andava tutto bene, ma che gliene avrebbe parlato a casa.
Così, dopo che Glorin aveva annuito convinto – con un sorrisetto eloquente sotto i baffoni intrecciati – le due si avviarono sulla via del ritorno.
Rhor andò loro incontro, ma nemmeno il bel cagnone riuscì a far cambiare l’espressione sul volto della giovane.
 
 
Verde Cammino – 28 Víressë 2941, Terza Era.
 
Lo scrosciare della pioggia attutiva le voci, così i nani dovettero urlare per comunicare.
“Non si potrebbe fare qualcosa per questo temporale, signor Gandalf?” Era stata la lamentela di Dori, ma lo Stregone disse che altri Istari al di fuori di lui erano capaci di cambiare il clima del mondo, non egli.
Allora continuarono a camminare, infradiciandosi dalla testa ai piedi, con il puzzo di pelo bagnato dei pony nelle narici.
 
 
Kili, al quale piaceva la pioggia, sembrava un pulcino bagnato, infreddolito, raggomitolato nel mantello.
Fili, a sua volta, era imbacuccato fino a lasciare scoperti solo gli occhi, ma dalle ciglia colavano gocce di acqua piovana ed era difficile tenerli aperti senza doverli strofinare ogni minuto.
Soltanto Thorin era rimasto composto, serioso come sempre, senza avanzare una lamentela.
 
 
Quando finalmente il temporale cessò, erano sbucati in una radura con una casa diroccata.
“Dannazione, con tutta quest’acqua ti prenderai un accidente.” Dori corse dal fratello minore, gli tolse il mantello fradicio e lo strizzò per bene. “Dovrei strizzare te al posto del mantello.”
“Avanti, è solo un po’ d’acqua.” Fili rise divertito, seguito a ruota dal fratello.
“Parli così perché tuo fratello sa gestirsi da solo.” Inveì l’altro.
“Guarda, Dori, che io posso gestirmi benissimo da solo. Sei tu che ti preoccupi troppo.”  Disse Ori, gonfiando il petto.
“Ma sta zitto.” Lo riprese il maggiore. “E voi dovreste tenere chiuse quelle boccacce. Pensate che potrebbero esserci state le vostre fidanzate al posto del mio Ori. Non vi sareste preoccupati per loro?”
Con quelle parole, i due giovani si zittirono.
Pensandoci bene, Dori aveva ragione.
 
 
Ered Lûin – 28 Víressë 2941, Terza Era.
 
"Cosa?"
"Si beh... A quanto pare..." Mormorò la giovane, un po' in imbarazzo.
"Oh, Emy!" Esclamò Dìs, abbracciandola forte.
Emyrin sorrise.
"Oh Mahal, fatti dare un altro abbraccio!" La Nana la strinse ancora, soffocandola quasi per l'euforia del momento.
"Dìs, non respiro..." Rise lei, sciogliendo l'abbraccio improvviso.
"Scusa... Vieni, siediti. Vuoi dell'acqua? Hai fame? Oh, Mahal!"
"Dìs, calmati: sono incinta, non malata. Dovresti saperlo meglio di me." Rise Emy, divertita.
"Sì... È che... Oh, ma guardati, sei così bella e giovane! E così buona! Sarai una mamma perfetta, vedrai... E io sarò nonna. Oh, Mahal, sarò nonna." Dìs si lasciò cadere sulla poltrona con un sorriso ebete sulla faccia. "Nonna..." Ripeteva, come se dovesse dirlo ad alta voce per poterci crederci davvero.
Emyrin la guardò con tenerezza: non l'aveva mai vista più contenta in vita sua. E questo le diede un grande sollievo. Vederla sorridere, gioire  nonostante tutto, le riempì il cuore di felicità.
"Credi che ci sia modo di farlo sapere a Kili?" Chiese dopo qualche attimo ancora che aveva lasciato alla Nana per assimilare meglio la notizia.
"Invieremo un corvo, sperando che non si perda per strada. O meglio, sperando che li trovi. Tranquilla, glielo faremo sapere. Spedirò un messaggero se il corvo dovesse fallire." Rispose l'altra, con una carezza sul dorso della sua mano a mo’ di rassicurazione.
"Grazie, Dìs." Ora, Emy era sull'orlo delle lacrime. Forse realizzò proprio in quel momento, o forse si lasciò andare solo in quel momento, ma prese Dìs tra le braccia e la strinse forse: "Ti voglio bene!" Le disse, ridendo, con le lacrime che le rigavano le guance.
Lacrime di gioia.






































 


-Angolino autrice-

Allora, innanzitutto, per chi me l'ha chiesta, vi mostro la Lirys che ho creato:





E vi ricordo com'è la nostra Emy:








Dopo di che...
INCINTA!!!
Vi è piaciuta la sorpresa??? :D
Spero di sì, spero che mi sosterrete, perché sarà complicata la strada che ho scelto di seguire D:

Scusate se vi lascio così presto ma sono stanchissima, appena tornata da un viaggetto, tutta sbruciacchiata dal sole XD
Voglio andare a dormire ç_ç
Bacione, cari lettori,
Juls :*

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Capitolo 20
*** Speranza ***


Dedico questo capitolo a due persone speciali che sono con me da tanto tempo e che non so davvero come ringraziare per tutto quello che hanno fatto per me qui su EFP! 
Emouel, Leila91, questo capitolo è tutto vostro :D
La vostra Juls!






20.Capitolo venti.
 
Verde Cammino – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Non dovremmo dirlo a Thorin?”
La vocina di Bilbo era alquanto preoccupata e un po’ impaurita.
“Nah, non diamogli troppe preoccupazioni. Possiamo cavarcela da soli, non è così mastro Scassinatore?”
Fili andò avanti, seguito da Kili e dallo Hobbit.
“Ci sono delle luci laggiù.” Disse il Nano biondo, facendo accucciare i due dietro un tronco spezzato.
Bilbo sentiva il sudore scorrergli sulla schiena e la fronte.
“Troll.” Disse semplicemente Kili, facendo un cenno agli altri di seguirlo.
 
 
Ered Lûin – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
Emyrin sospirò per l’ennesima volta, accarezzandosi il ventre piatto.
‘Sarà un maschio o una femmina?’
‘Avrà i capelli rossi, oppure scuri come quelli del papà?’
‘Ricci o lisci?’
‘Avrà le lentiggini come me?’
‘A chi somiglierà di più?’
‘Quale sarà la prima parola che dirà?’
Tutte quelle domande affollavano la sua mente e il silenzio della casa era riempito dal rumore che essere facevano. Un rumore dolce, carico di amore.
Pensò che era un vero peccato non poter vedere la faccia di Kili quando lo scoprirà.
Si tirò su e gattonò fino alla finestra, aprendola e affacciandosi.
Guardò le stelle.
“Chissà cosa sta facendo il tuo papà...” Disse, toccandosi di nuovo la pancia con dolcezza. “...Chissà se è al sicuro.”
 
 
Verde Cammino – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Ho detto: lascialo andare!” Kili ripeté la frase con fermezza, stringendo l’elsa della spada.
Non appena i tre Troll gli lanciarono il povero Bilbo addosso, i Nani uscirono allo scoperto e andarono all’attacco.
Combatterono coraggiosamente, ma di nuovo, Bilbo fu fatto prigioniero dalle tozze mani di quei mostri e la Compagnia finì – letteralmente – allo spiedo.
 
Per fortuna, Gandalf fu rapido e nel momento giusto, spaccò una roccia inondando così i Troll della luce dell’alba, tramutandoli in pietra.
Fu un atto un po’ scenico, degno dello Stregone qual’era.
 
 
Ered Lûin – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
La mattina era trascorsa in tranquillità, eccetto per il senso di nausea che ancora la tormentava.
Tentò comunque di mandare giù qualche boccone della colazione sperando che non le si ripresentasse dopo qualche secondo.
Si vestì e andò in città, dirigendosi subito alla bottega delle spezie.
Trovò Lirys seduta a fare colazione mentre Hirina preparava le ultime cose prima di aprire il negozio.
“Buongiorno, Emy. Come mai qui a quest’ora?” Chiese la bionda, non appena la vide, dando un sorso di latte fresco.
“Buongiorno a voi. Prima che Glorin lo dicesse ad Hirina, volevo essere io a darvi... una notizia.” Sorrise, rimanendo calma.
‘Niente panico.’ Pensò, guardando le due.
“Così mi metti sulle spine. Avanti, dicci di cosa si tratta! Stai male, forse?”
Emyrin si accigliò un momento, ma poi realizzò che essendo un guaritore, Glorin poteva averle detto qualsiasi cosa.
“No, non direi proprio.” Disse, sentendosi in imbarazzo.
“Tutto a posto, cara?” Hirina, si appoggiò al bancone e la guardò da sotto gli occhiali
“Ecco... aspetto un bambino.” Disse infine, diretta e tutto d’un fiato, guardando le due Nane con curiosità e impazienza.
Hirina era rimasta immobile ad assimilare quanto detto mentre Lirys, dopo una momentanea perdita di colorito, scoppiò in una fragorosa risata, rischiando di gettarsi la tazza di latte sul vestito. “Si, anch’io!” Continuò a ridere, mentre le altre due la guardarono esterrefatte.
Cosa?” Dissero infatti all’unisono Hirina ed Emyrin, a bocca aperta.
“Oh, andiamo,” Fece Lirys, asciugandosi le lacrime. “stavo scherzando. Volevo stare al gioco di Emy. Avanti, dicci cosa ti ha detto Glorin. Niente scherzi stavolta, eh!”
Emyrin rimase di sasso.
Davvero pensava che l’avesse prese in giro?
‘Questa ragazza non smetterà mai di stupirmi...’
“Ehm... veramente io dicevo sul serio...” Mormorò, attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno al dito, nervosa.
“Oh, Emyrin, ma è una notizia bellissima! Congratulazioni!” Esclamò Hirina, con un grande sorriso, andando ad abbracciarla.
“Grazie, Hirina. Non sai quanto sono felice.”
“Ehi, aspetta un momento. Sul serio?” Lirys posò la tazza vuota e fissò Emyrin con occhi sgranati.
 
 
“Già mi immagino quella Nanetta che mi chiamerà zia Lirys!”
Dopo aver realizzato, la bionda aveva preso la tangente con discorsi di bebè, vestitini su misura, probabili nomi...
“Cosa ti dice che sarà una femmina?” Emyrin rise divertita.
“Non lo so... ma se sarà maschio mi chiamerà comunque zia, vero?”
Le due scoppiarono in una risata.
Sedute sulla fontana della piazza, osservavano la vita cittadina svolgersi al solito di tutti i giorni: il mercato, le mamme e i loro figli, i Nani che andavano e venivano chi trasportando merci, chi dirigendosi alle fucine.
Un Nanetto tirò la manica della mamma e indicò le due ragazze, poi sia l’uno che l’altra salutarono Emyrin e si addentrarono tra le bancarelle.
“I bambini ti adorano, Emy. Sarai una mamma perfetta.” Le disse d’un tratto Lirys, dopo aver osservato la scena.
Aveva riconosciuto quel bimbo: lo aveva visto una volta uscire felice dalla bottega di Bofur.
“Sai, non vedo l’ora di stringerlo – o stringerla – tra le braccia.”
“Beh, come potrei biasimarti. Al tuo posto non aspetterei altro.”
Ci fu un attimo di silenzio.
Emyrin si voltò a guardarla e notò un’ombra balenare sul suo viso luminoso.
Le prese le mani nelle sue: “Lirys, un giorno anche tu diventerai madre e sarai altrettanto fantastica. Sei buona, hai un gran cuore. I tuoi figli ti ameranno.”
La bionda la guardò negli occhi; sentiva le lacrime pungerle agli angoli degli occhi.
Forse sì.” Disse, abbassando lo sguardo.
“Hei, guardami.” La giovane le prese il mento fra le dita e le alzò il viso. “Lo sai come la penso, non posso illuderti dicendo che andrà tutto bene, ma non dovrai mai perdere la speranza, intesi?”
Lei annuì.
“E ora fammi uno dei tuoi bellissimi sorrisi! Non voglio che mio figlio senta che la sua zia è triste.”
Lirys rise, poi aprì le labbra in un grande sorriso e abbracciò l’amica: “Congratulazioni.”
 
 
Gran Burrone – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
“Dov’è la carne?” Dwalin guardò gli altri Nani sconvolto.
Con rammarico, tutti si erano accorti che gli Elfi si cibavano di roba verde e basta.
“Come si può vivere senza carne? Insomma, si perdono il paradiso, ‘sti qui!” Disse Nori, scansando la ciotola di insalata da davanti il suo viso schifato.
“Che vi aspettavate? Guardate quella, per esempio: alta – beh, certo, è un’Elfa – e magra come un chiodo per appendere i quadri. Questi non sanno nemmeno cosa siano le proteine.” Sbuffò Kili, indicando uno dei tanti Elfi presenti sulla terrazza.
“Guarda che quello non è un Elfo femmina.” Alle parole di Dwalin, si scatenò un riso comune e Fili diede una pacca sulla spalla del fratello, tanto per prenderlo ulteriormente in giro.
“Simpatici... sono tutti uguali!” Si lamentò lui, a bassa voce, scatenando altre risate.
 
 
Ered Lûin – 29 Víressë 2941, Terza Era.
 
“È tutto pronto. Dobbiamo solo sperare che li raggiunga senza perdersi
*.” Dìs guardò il corvo nelle sue mani con una smorfia.
“Beh, spero proprio di si.” Commentò Emyrin, con un po’ di ansia nella voce.
Lanciarono il volatile e lo guardarono allontanarsi nella direzione presa dai Nani.
In cuor loro, pregarono Mahal di farlo arrivare a destinazione, di far ricevere a Kili il biglietto legato alla sua zampa.
‘Mahal, ti prego...’




* A volte i corvi si perdono, questa è una cosa che ho imparato leggendo e guardando Game of Thrones! Un'altra cosa che mi sono sempre chiesta è come facciano i corvi o i piccioni o qualsiasi altro volatile a sapere dove devono andare... mah, sinceramente non l'ho mai capito!
























-Angolino autrice-

E insomma eccomi qui.
Today è mercoledì, non so quando ho aggiornato la scorsa settimana ma come stavo dicendo a qualcuno, sto cercando di essere il più settimanale possibile ora che non ho la scuola a impedirmi di essere puntuale u.u

Vi annuncio come al solito che ringraziando Mahal ho avuto il tempo per avvantaggiarmi e che quindi il capitolo 21 aspetta solo la prossima settimana per essere postato ^^ Quindi non temete, presto leggere il seguito e... vi do un solo indizio: Thorin.

Bene, adesso passiamo a questo, di capitolo:

-Vorrei soffermarmi su Lirys un secondo e vorrei sapere cosa ne pensate di lei. Qualcuno mi ha già detto che le piace ecc, ma vorrei sapere proprio che ne pensate del suo personaggio, di come l'ho strutturato e di come ci si trova a leggere della coppia Fili/Lirys (per quanto io ne abbia scritto, poi ._.) Ve ne sarei grata ^^

Credo che basti...

AH NO!  Volevo dirvi che la scena dell'Elfo femmina di Gran Burrone non ho potuto non metterla XD Mi fa ridere ogni volta e così, con una piccola modifica, l'ho voluta inserire hahaha

Ora vi saluto che ho da studiare, ahimè D:

Bacio a tutti, siete fantastici!!
Juls :*

 

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Capitolo 21
*** Distance ***


21.Capitolo ventuno.
 
Gran Burrone – 20 Lótessë 2941, Terza Era.
 
Era ancora l’alba quando Gandalf si fece strada tra i Nani.
Si diresse verso i due fratelli, che dormivano l’uno accanto all’altro, in una posizione decisamente ridicola.
Li osservò per un attimo, sorridendo divertito, poi con il tacco del bastone diede una bottarella sulla coscia del bruno, osservandolo girarsi dall’altro lato ma continuando a dormire.
“Svegliati, Kili!” Esclamò lo Stregone, ma ancora niente.
Kili sembrava dormire profondamente.
“Che succede, Gandalf?” La voce tonante di Thorin alle sue spalle lo fece girare.
Il Nano notò subito il corvo che teneva appollaiato sull’avambraccio.
“Viene dagli Ered Lûin.” Gli disse il vecchio. “È un messaggio per Kili: c’è scritto il suo nome sul dorso della piccola pergamena.”
Thorin gli fece cenno di seguirlo e i due si allontanarono dal gruppo di Nani russanti.
 
 
Durante il pranzo, Gandalf continuava a lanciare occhiate al Nano accanto a sé che, a sua volta, non toglieva gli occhi dai nipoti.
“Thorin, so che non è affar mio e che forse non dovrei intromettermi ma... credo che Kili abbia il diritto di sapere.”
Thorin gli scoccò un’occhiata gelida.
Poi raddolcì lo sguardo, distese i lineamenti e sospirò.
Subito dopo la fine del pasto – se così si poteva chiamare quella roba che mangiavano da più di una settimana – chiamò da parte il nipote e lo portò su una delle tante terrazze del palazzo di Re Elrond.
“Cosa c’è, zio?” Aspettandosi qualcosa di importante – un ordine, un compito, qualsiasi cosa – Kili si era fatto serio.
“Questa mattina è arrivato un corvo. Dagli Ered Lûin.”
Kili si accigliò, poi un sorriso comparve sul suo volto.
“Emyrin?” Chiese. Subito dopo aver pronunciato il suo nome si rabbuiò. “Sta male, forse? È successo qualcosa a mia madre? Ti prego, zio, dimmi di che si tratta.”
“Calmati.” Esordì Thorin, il tono calmo ma autoritario. Cercò di addolcire la voce il più possibile: “Ascoltami, Kili: questo messaggio è molto importante,” Disse, tirando fuori la pergamena. “ma...”
“Ma, cosa?”
“La missione... Quello che sto cercando di dirti è che non puoi rinunciare alla riconquista di Erebor.” Con sorpresa, dopo aver pronunciato quelle parole Thorin si sentì terribilmente orrendo.
Davvero stava chiedendo questo ad una delle persone a lui più care al mondo?
Non avevano forse il diritto di vivere la loro vita anche i suoi nipoti?
E allora perché aveva detto quelle cose?
Thorin, mi stai spaventando. Cosa succede? Dimmelo.” Il tono del ragazzo si fece glaciale, oltre che preoccupato.
Allora lo zio gli porse la pergamena e con mani tremanti, Kili la aprì, leggendone il contenuto.
 
 
Ered Lûin – 20 Lótessë 2941, Terza Era.
 
Quel pomeriggio, Emyrin si fece un bel bagno, lasciando che l’acqua diventasse fredda prima di uscire.
Aveva riflettuto su molte cose, ad esempio da quanto tempo era che non le venivano le mestruazioni e sopratutto come aveva fatto a non accorgersene. Ma la verità era che era stata talmente presa dagli ultimi tempi passati con Kili che non vi aveva fatto caso.
Si avvolse nel grande asciugamano e andò in camera a vestirsi.
Scelse l’abito che le aveva regalato Hirina anni prima e quando si fu pronta lo mise. Era tanto che non lo metteva e finalmente stava tornando il caldo.
Le sembrò di scoppiare.
Si guardò allo specchio e in effetti notò che era stretto sul seno e la vita.
“Ma che...?” Si tolse il vestito con curiosità e si guardò allo specchio.
Da quando le erano finite le nausee doveva aver mangiato come un facocero, dato che i suoi fianchi erano leggermente – un po’ più di leggermente – lievitati e le cosce le sembravano un po’ più grasse dell’ultima volta che aveva fatto caso alla sua immagine allo specchio senza vestiti in dosso. E poi c’era il seno: nettamente più grande di quanto lo ricordava.
Ridusse gli occhi a due fessure, scrutando il suo riflesso.
Si girò di lato, osservando il lieve rigonfiamento del suo ventre e distese i lineamenti in un sorriso carico di amore.
Era un gonfiore minimo, ma l'amore che provò accarezzandolo fu immenso.
Poi sospirò, pensando per l’ennesima volta che Kili non era lì con lei a gioire di tutto quella situazione.
Scelse un vestito più largo e decise che una volta in città, sarebbe andata al negozio di stoffe di Ygrin a fare rifornimento di vestiti larghi, molto larghi.
 
 
“Dove vai?” Le chiese Dìs, chiudendo il libro che aveva in mano.
“In città, vuoi venire con me?”
Dìs sembrò pensarci, ma alla fine decise di rimanere a casa a preparare la cena.
“Non fare troppo tardi e non camminare troppo, va bene?” Le disse, abbracciandola.
“Ai vostri ordini, Principessa. Porterò Rhor con me, così mi farà compagnia.”
 
 
 
Gran Burrone – 20 Lótessë 2941, Terza Era.
 
“Hei.” Kili sussultò.
Salutò il fratello con un cenno del capo e tornò a guardare la Valle Incantata, fumando la pipa pensieroso.
“Ci stavamo chiedendo che fine avessi fatto.” Fili scelse bene le parole, rivolgendosi al Nano dall’aspetto serio.
Quando Kili metteva su quel cipiglio c’era qualcosa che non andava e, difatti, non rispose alla domanda, alzando semplicemente le spalle.
Poi Kili si passò la mano sul volto e guardò suo fratello.
“Credi che abbiamo fatto la cosa giusta?”
Fili lo guardò, piegando la testa di lato: “Perché me lo chiedi?”
Con un sospiro, il minore prese dalla tasca della giacca un pezzo di carta stropicciato e glielo passò.
Quando con la cosa dell’occhio lo vide guardare nella sua direzione, spense la pipa e abbassò lo sguardo.
“L’ho lasciata da sola ad affrontare... questo.” Disse, indicando la pergamena.
“Kili, non potevi saperlo.” Fili gli poggiò una mano sulla spalla, ma Kili non si mosse.
“Cosa dovrei fare?”
“Cosa ti ha detto Thorin?”
“Che non posso abbandonare la missione... ma non posso nemmeno abbandonare Emyrin!” Sbuffò il Nano.
“Kili...”
“No, Fili. Qui si tratta di una montagna contro la vita di mio figlio! Dovrei sapere da che parte stare, ma se me ne vado...”
“Lo so. Rispondi al biglietto. Qui dice che è tutto a posto e che non c’è da preoccuparsi. Kili, guardami.” Kili lo guardò. “Io non sono Thorin, non posso né voglio obbligarti a fare una scelta, ma i fatti sono i fatti e tu sei davanti a un bivio. Ma puoi scegliere la strada giusta da prendere. Pensaci bene.”
Con queste parole, Fili tornò sui suoi passi, lasciando Kili a rimuginare da solo.
 
 
Ered Lûin – 21 Lótessë 2941, Terza Era.
 
Nel nuovo abito che aveva comprato il giorno precedente, Emyrin si sentiva decisamente bene.
Il seno era – purtroppo – messo in risalto dalla fascia che aveva appena sotto e lo teneva ben alto, mentre il tessuto che scendeva morbido e libero al di sotto di essa copriva il lieve rigonfiamento.
Ne fu entusiasta e sorrise alla sua immagine, prima di scendere di sotto, dove Lirys la stava aspettando.
“Ti piace?” Le chiese, girandosi per farle vedere anche il dietro.
“Sei uno schianto, Emy. Ma ricordati che sei occupata.” Lirys le fece l’occhiolino e poi scoppiarono a ridere.
“Comunque, questo colore ti dona.” La bionda si riferiva al profondo blu del quale era tinta la stoffa.
“Ti ringrazio. Allora, andiamo?”
Avevano deciso che avrebbero fatto un picnic, soltanto loro due, nella radura. Beh, in realtà c’era anche Rhor, un po’ una specie di guardia del corpo di Emy.
Quando arrivarono, la rossa non vedeva l’ora di sedersi.
“Accidenti, non mi ero mai stancata così tanto.” Disse, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore.
“L’esser mamma inizia a farsi sentire.” Rise Lirys, aprendo il cesto del pranzo.
 
 
Gran Burrone – 21 Lótessë 2941, Terza Era.
 
La luce inondò la balconata, filtrando nel salone dove si erano accampati i Nani.
Avevano rifiutato le stanze che Re Elrond aveva offerto loro, preferendo - a detta di Thorin - non avere nulla da ringraziare agli Elfi più di quanto non avessero già.
I raggi dorati scaldarono le membra della Compagnia che iniziò a svegliarsi gradualmente.
Fili si guardò intorno dopo essersi allontanato di scatto da suo fratello: per un istante gli era sembrato di essere a casa, nel suo comodo letto, abbracciato alla sua dolce Lirys, ma poi si era reso conto che quello che stava abbracciando era il corpo di Kili.
Così, di malumore, si alzò e andrò a farsi una passeggiata nei dintorni, alla ricerca di Thorin.
"Ragazzi, non vedo l'ora di andarmene di qui, ho la schiena a pezzi." Borbottò Bofur, sistemando il suo bizzarro cappello.
"A chi lo dici..." Fu il commento di Kili, che nel frattempo si era svegliato e messo a sedere.
Ma il giovane non aveva soltanto la schiena a pezzi.
Quella notte aveva sognato la sua dolce Emyrin, il suo bellissimo e luminoso sorriso, poi l'aveva sentita ridere e non sapeva come, si era ritrovato al suo fianco ad osservare il piccolo fagotto che la giovane teneva fra le braccia.
Aveva scelto di restare.
Mandato indietro il corvo con la sua risposta, avrebbe voluto scoccare una freccia e colpirlo, farlo cadere, non far mai arrivare quel messaggio sugli Ered Lûin ma bensì tornare lui stesso indietro.
Poi si era dato dello sciocco e aveva voltato le spalle al volatile ormai scomparso dalla sua vista.
E ora era lì, sospirando rassegnato, ridendo con i suoi compagni mentre dentro celava la voglia maledetta di fuggire da tutto quello.
 
 
Ered Lûin – 23 Lótessë 2941, Terza Era.
 
Dopo cena aiutò Dìs a sistemare la cucina e poi entrambe si andarono a sedere sulle poltrone, accanto al camino spento.
“Accidenti, inizio a sentire la fatica.” Disse Emyrin, sospirando.
“Non preoccuparti, è una cosa normalissima.” La rassicurò la Nana al suo fianco, sorridendole.
“Mi dispiace, Dìs.”
“E per cosa?” L’altra la guardò  confusa, non capendo.
In realtà Emyrin si sentiva in colpa perché in quello stato, presto, non avrebbe più potuto aiutarla e non voleva che rimanesse sola ad affrontare tutte quelle faccende di casa.
Quando glielo disse, Dìs le sorrise dolcemente: “Sei una ragazza adorabile. Ma vedi, per tanti anni ho fatto tutto da sola, non hai motivo di sentirti in colpa. Quello che ti sta accadendo è la cosa più bella che i Valar ci hanno concesso di avere e devi godertela tutta, Emy. E io sarò al tuo fianco, sempre.”
“Oh, Dìs, non so come ringraziarti, per tutto. Per tutti questi anni...” Non seppe perché, ma scoppiò a piangere.
Dìs le sorrise e si alzò, andando ad abbracciarla.
 
 
Si diedero la buonanotte e poi ognuna andò nelle sue stanze.
Emyrin si sedette sul letto per riprendere fiato dopo aver fatto le scale, poi decise che quella sera avrebbe dormito nel letto di Kili, sperando di sognarlo in qualche modo.
Le mancava in maniera incredibile ed era passato poco più di un mese dalla sua partenza.






















-Angolino autrice-

Si, è tarda notte, precisamente l'01:44 ma LilyOok_ non si arrende.
Non vi sto a raccontare le mie sventure, sappiate solo che questo capitolo è una rivalsa U.U
Detto ciò, spero vi sia piaciuto e.. boh..
Che dire? Non so che dire.
Ripeto che tutto ciò che leggerete riguardo la gravidanza è preso da internet u.u
Ora tolgo il disturbo...
Juls (:

 

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Capitolo 22
*** Corri! ***


Premessa: Ho fatto accadere tutto durante la notte, anche se a quanto sembra dal film, passano una giornata intera dai goblin (una giornata apparentemente di durata massima un'ora) per poi sbucare al tramondo nel Rhovanion e venire attaccati magicamente di notte da Azog. Siccome DOVEVO far coincidere le due storie, TUTTO SI SVOGLERà DI NOTTE!
Buona lettura, a più in basso ;) :*
















22.Capitolo ventidue.
 
Ered Mithrin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Esausti, fradici, intirizziti, i Nani si ripararono per affrontare quel che restava della notte in quella fredda rientranza nella roccia.
Non avrebbero mai pensato che le leggende sui Giganti di pietra fossero vere, almeno non prima di finire in mezzo ad una lotta fra tre di essi.
Erano stati sballottati a destra e a manca, erano stati divisi, alcuni avevano rischiato di rimanere spiaccicati tra due ammassi rocciosi, ma fortunatamente non vi erano feriti e, seppur con non poca fatica, ora erano in salvo e potevano concedersi del sano riposo.
Bofur fu messo a fare la guardia per primo e gli altri si sdraiarono, addormentandosi quasi subito.
L’unico che non accennava a darsi pace era il giovane Kili, che se ne stava a fumare appoggiato all’entrata della caverna sgocciolante acqua piovana.
“Hei, Kili, perché non vai a riposare un po’? Ne hai bisogno.” Gli disse il Nano, avvicinandoglisi.
“Mh.” Mormorò lui, buttando fuori una nuvoletta di fumo senza guardarlo.
“Si direbbe che qualcosa non va. Se vuoi parlare, non so, lo sai che-”
“Grazie, Bofur, ma... non saprei.” Lo interruppe il giovane, rivolgendogli un’occhiata sconsolata.
Ci fu un lungo silenzio, in cui entrambi rimasero a guardare il muro d’acqua che non accennava a diminuire. Lo sfondo era un’infinita distesa nera, un mare buio in cui sarebbero potuti affogare se non avessero prestato la giusta attenzione.
“Sai, quando sono turbato penso ai sorrisi dei bambini che se ne vanno felici dalla mia bottega. Loro sono la mia gioia e ritrovo sempre il buon umore. Dovresti trovare qualcosa a cui pensare che ti faccia sorridere... ad esempio Emyrin.” Non appena Bofur pronunciò il nome della rossa, Kili sembrò incurvarsi su se stesso, incassando il collo nelle spalle. Capì di aver toccato il tasto dolente del ragazzo. “Scusa, mi dispiace. A volte parlo troppo.” Disse, cercando di rimediare.
“No, non è tua la colpa.”
Ci fu ancora del silenzio, poi Kili di punto in bianco raccontò tutto all’amico e quello, dapprima sorridente, divenne triste, comprendendo la sofferenza del più giovane.
Poi però, sembrò accendersi qualcosa in lui e lo guardò con determinazione: “Ascoltami, Kili: è vero, siete lontani e non sapremo se vi rivedrete finché tutto non sarà finito. Ma questo deve servirti per andare avanti fino alla fine e lottare con tutte le tue forze per sopravvivere ad ogni pericolo che incontreremo, per poterla di nuovo stringere e abbracciare la creaturina che avete concepito insieme. Devi mettercela tutta! … Credo che il prossimo legnetto che troverò per strada diventerà un regalino per il nascituro. Congratulazioni!”
Quelle parole riportarono il sorriso sulle labbra di Kili e i due si abbracciarono con affetto.
“Grazie.” Gli disse soltanto. Per un attimo gli balenò nella mente che quelle parole avrebbe dovuto dirgliele suo zio, ma era troppo preso da quell’impresa per accorgersi del suo umore sotto le scarpe.
“Ora vai a riposare, cera di dormire un po’.
 
 
Per Bofur, che in quel momento era intento a rimembrare giorni felici del suo passato, il momento delle confidenze non era finito: si accorse appena in tempo che Bilbo se ne stava andando e si immerse con lo Hobbit in un’altra conversazione al limite dell’amarezza.
 
 
Poi fu un attimo.
La spada del signor Baggins si illuminò di un azzurro fluorescente.
Il pavimento si aprì sotto di loro.
Sprofondarono nel nulla.
 
 
Ered Lûin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Correva, correva a perdifiato.
Qualcosa la inseguiva.
Qualcosa di oscuro, di terribilmente pericoloso e maligno.
 
 
Ered Mithrin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Goblin.
Furono circondati.
Furono sopraffatti.
Furono catturati.
 
 
Ered Lûin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Inciampò su una radice sporgente e cadde in ginocchio.
Si rialzò in fretta e continuò a correre ignorando il bruciore alle ginocchia e i muscoli indolenziti.
Sentiva l’aria arderle nei polmoni e le guance accaldate.
Ma doveva correre, se voleva sopravvivere.
 
 
Ered Mithrin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Tirati e strattonati, i Nani furono portati al cospetto di un enorme Goblin grasso e pustoloso.
Chiese loro perché si trovassero nel suo regno, ma nessuno rispose.
Diede ordine di perquisirli.
Poi, Thorin si fece avanti.
 
 
Ered Lûin – 6 Nárië 2941, Terza Era.
 
Si nascose dietro un albero dal tronco largo e nodoso.
Trattenne il respiro cercando di fare il più possibile silenzio e si sporse a guardare indietro.
Troppa calma.
Qualcosa non andava.
Poi un rumore, dei passi sempre più vicini... e la corsa riprese.
 
 
Ered Mithrin – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Azog era vivo.
L’Orco Pallido, il mostro che aveva decapitato Thror e fatto così impazzire Thrain, era ancora vivo.
Kili vide lo stupore, la rabbia e l’odio esplodere sul volto dello zio, poi ci fu un grido del Grande Goblin – “Conosco quella spada: è la Fendiorchi!” – e fu dato l’ordine di ucciderli tutti.
Presi alla sprovvista e disarmati, i Nani furono messi sotto da quegli esseri orrendi.
Poi una luce, un forte abbaglio, e Gandalf fece la sua comparsa gridando: “Imbracciate le armi!” e allora la Compagnia capovolse la situazione.
 
 
Ered Lûin – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Ma dov’era finita?
Quel bosco sembrava senza fine e più vi si addentrava più sentiva che l’aria veniva a mancare e la luce con essa.
Ma la bestia alle sue spalle c’era ancora, non demordeva.
Poteva sentire il suo fiato sul collo, il gorgoglio della sua voce nella gola, il respiro pesante.
Non ricordava come fosse finita in quella situazione.
Non ricordava niente.
Sapeva solo che doveva correre.
 
 
Rhovanion – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Con un po’ di acciacchi, erano in salvo.
Gandalf li contò e si accorse che mancava Bilbo.
“Dov’è il nostro Hobbit?” Gridò, in preda all’ira e alla preoccupazione.
Kili e Fili si guardarono preoccupati.
Un attimo prima erano tutti nella caverna, poi non seppero dire bene dove fosse finito lo Hobbit, in effetti.
Come d’incanto, però, il signor Baggins spuntò fuori da dietro un albero e i due fratelli si scambiarono uno sguardo sollevato.
Ma non c’era assolutamente niente per cui sorridere: un ruggito, delle grida rabbiose... Azog li aveva trovati.
 
 
Ered Lûin – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Sentì il ruggito prima ancora di percepire un enorme peso gravarle sulla schiena e gettarla a terra.
L’aveva presa.
Riuscì a voltarsi, ma nell’oscurità tutto ciò che vide furono due enormi occhi rossi che la fissavano insanguinati.
Le fauci con zanne affilate si chiusero su un suo braccio, lacerandole la pelle e i muscoli.
Gridò, gridò sempre più forte ma non udì alcun suono lasciare le sue labbra.
Nessuno sarebbe andato in suo aiuto.
 
 
Rhovanion – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Thorin!”
Il grido di Dwalin si perse nell’aria mentre il Nano rischiò di scivolare nel nulla.
Erano in bilico, su un albero abbattuto e scivolato per metà fuori dallo strapiombo.
Dori e Ori erano attaccati per miracolo al bastone dello Stregone mentre tutti gli altri cercavano di fare meno movimenti possibili per non cadere di sotto.
Ma Thorin, lui si era alzato e stava andando in contro all’orda di Orchi.
Sarebbe mai finito quell’incubo?
 
 
Ered Lûin – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Sentiva solo dolore.
Non percepiva nient’altro: né la bestia, né le lacrime calde che le rigavano le guance e nemmeno il terreno sotto di lei.
Era come in un limbo.
O forse, era soltanto morta?
 
 
Rhovanion – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
Le Aquile furono la loro salvezza.
Chi solo e chi in coppia, saltarono sulla schiena dei giganti volatili che li portarono in salvo – per il momento – dalle fauci dei Mannari e dalle mazze degli Orchi.
Thorin giaceva privo di sensi nelle zampe di una di quelle; il suo scudo era scivolato via dalla sua presa debole, dopo che il Bianco Mannaro di Azog aveva stretto i denti nella sua carne.
Fili gridò il suo nome, ma non ebbe risposta.
Si guardò preoccupato con il fratello mentre una sgradevole sensazione iniziava a farsi largo dentro il suo cuore, pesando nel suo petto.
“N-non può essere... Non può finire così...” Mormorò il biondo, a bassa voce.
“Lui non... non è morto, Fili.” Con un attimo di esitazione, Kili pronunciò quelle parole.
Ma Fili non lo guardò e lui non guardò il fratello.
I loro occhi erano puntati sul corpo esanime di Thorin.
 
 
Ered Lûin – 7 Nárië 2941, Terza Era.
 
L’alba iniziò a rischiarare il cielo e la nebbiolina che aleggiava intorno alla casa iniziò a diradarsi, lasciando filtrare i raggi caldi del sole sul corpo intorpidito della giovane.
Emyrin aprì gli occhi di scatto e si tirò a sedere con fatica.
Che nottataccia che aveva passato.
Si strofinò gli occhi e si sorprese di trovarli bagnati di lacrime.
Poi ricordò con nitidezza ogni cosa e d’istinto si toccò il braccio sinistro, constatando con felicità che la pelle era ancora tutta intatta.
Si disse che forse aveva mangiato troppo pesante la sera prima e quello era stato il risultato: un incubo coi fiocchi.
Fece pendolare le gambe fuori dal materasso e poggiò una mano sul ventre.
Era cresciuto negli ultimi tempi e ora era molto più evidente di prima.
Fece un lungo sospiro, poi si alzò e senza nemmeno sistemarsi scese di sotto.
Si sedette sulla poltrona accanto al camino spento e rimase a fissare fuori dalla finestra il cielo diventare azzurro.
Poi, le palpebre divennero di nuovo pesanti e cadde in un sonno profondo, stavolta privo di incubi.






























-Angolino autrice-

Ciao ragazzi!
Questo è un capitolo un po' particolare, scritto in un giorno un po' particolare con nessun significato particolare (xD)
Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto.
Ora avete capito perché doveva essere ambientato tutto di note ;)
Kili in pericolo, Emy in un altro tipo di pericolo.
Sono lieta di vedere che appreziate la storia alternata e io ce la sto mettendo tutta per non renderla noiosa, in quanto le parti della storia di lui le conosciarmo ormai tutti a memoria ^^
Bene, con ciò vi saluto :D
Juls!



Ps: Non so se qualcuna di voi conosce l'anime/manga INUYASHA, ma presto tornerò a scrivere nel fandom, se vi può interessare :D (Vi avverto però che il paring sarà Koga/Kagome u.u)


Pps:
Lótessë era Maggio e Nárië è Giugno ^^

 

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Capitolo 23
*** Primi passi ***


23.Capitolo ventitré.
 
Carrok – 25 Nárië 2941, Terza Era.
 
Il sole era già alto quando i Nani finirono di sellare i pony che aveva dato loro Beorn.
Il grande uomo-orso si era rivelato gentile e affabile seppur aveva affermato che i Nani non erano di suo gradimento.
Mentre si appartò con Gandalf per parlare di cose che molto probabilmente non li riguardavano, Thorin montò in sella e intimò ai suoi compagni di fare lo stesso.
Si avvicinò ai nipoti e si assicurò che fossero pronti, poi, al ritorno dello Stregone, si portò in testa insieme a lui e condussero la Compagnia fuori dalle terre del Mutapelle.
“Cosa credi che troveremo ancora?” Domandò Kili, rivolto al fratello.
“Non ne ho idea, ma di certo di strada ne abbiamo ancora molta fare.” Rispose Fili, sospirando.
“Ti manca, non è vero?”
“Chi?” Fece il biondo, spiazzato da quella domanda.
“Ma come chi? Lirys!” Esclamò il più giovane, con sguardo serio. Non vi era traccia di gioco nei suoi occhi.
“Ad essere sincero... sì, mi manca moltissimo. Mi manca da morire. Non sai quante volte durante questo viaggio l’ho sognata, ho sognato di accarezzare la sua pelle e di sfiorare i suoi capelli d’oro... ma poi mi svegliavo e l’unica cosa che vedevo davanti ai miei occhi era la tua faccia addormentata con la bava alla bocca.”
I due risero per un lungo minuto, quasi fino alle lacrime, poi tornarono seri e silenziosi.
La radura che stavano attraversando era un po’ scoscesa, ma i pony se la cavavano bene.
Davanti a loro, la Compagnia era allegra per aver ripreso la marcia e c’era chi fischiettava, chi canticchiava e perfino chi si lamentava – vedi Bombur per la fame o Bilbo per il crine di cavallo.
“Guardali, come si divertono.” Disse d’un tratto Fili, sorridendo con amarezza.
“Fili...” Kili si rese conto in quel momento di quanto suo fratello sentisse la mancanza della sua Lirys e di quanto ne stesse soffrendo l’assenza.
“Hei, non guardarmi così. Lo so cosa stai pensando e ti consiglio di smetterla o ti butto giù dal pony!” Fili fece per spintonarlo ma con una tirata di redini il moro arrestò il passo del suo pony e il maggiore per poco non cadde dalla sella.
“Scusa, dicevi?” Lo schernì, affiancandoglisi nuovamente.
“Hai solo avuto fortuna.” Ribatté l’altro, incrociando le braccia al petto.
“Certo, come no.”
Risero di nuovo, quasi fossero spensierati, poi, nel silenzio che seguì le loro risate fragorose, Kili pensò ad Emy e pensò anche a Lirys e si chiese quanto anche loro stessero soffrendo per la loro partenza.
“E tu che mi dici? Come stai?” D’un tratto, quello serio era diventato Fili. “Sei tu quello che sta soffrendo più di tutti qui.”
Lo guardava con la testa piegata da un lato, in attesa di una risposta.
Kili si voltò a guardare gli alberi in lontananza, alti e con un fusto largo e possente.
“A volte mi chiedo se ho fatto la cosa giusta... sai, il corvo intendo. Forse sarei dovuto tornare da lei e starle accanto.” Rispose poi, con un forte sentimento che traspariva dalle sue mosse, dalle sue parole e dalla sua espressione.
“Forse avresti fatto meglio a tornare da lei, sì, ma forse hai fatto bene a rimanere qui. Chi può dirlo?” Disse Fili, quasi più a sé stesso che al fratello.
Che si ponesse anche lui le stesse sue domande?
“Guarda che così non mi sei affatto d’aiuto!”
“Come?” Si riscosse l’altro.
“Ah, lascia perdere. Comunque sia, ormai sono qui e non potrei tornare indietro nemmeno volendo.” Sospirò pesantemente, Kili, mentre con la mente ripercorreva la linea del suo sorriso.
 
 
Ered Lûin – 25 Nárië 2941, Terza Era.
 
“Dìs! Dìs! Presto vieni, corri a vedere! Corri, corri!”
Emy gridava da infondo alle scale, con il naso puntato all’insù e le mani strette alla ringhiera di legno.
“Arrivo, arrivo. Perché tanto baccano, cosa succede?” Domandò la Nana con affanno, scendendo di corsa le scale.
“Vieni con me!” Esclamò Emyrin, al settimo cielo, prendendole le mani e trasportandola in cucina a velocità massima consentitale dal pancione.
Sul tavolo vi era un corvo che non appena le vide gracchiò, piegando la testa di lato. Ad una delle zampe aveva legato un rotolino di pergamena un po’ spiegazzato.
“È di Kili, ne sono certa.”
“Beh, cosa aspetti, aprilo!” La incitò Dìs, ora impaziente più che mai.
La rossa si scostò i ricci dal collo e con delicatezza slegò la pergamena dall’arto del volatile.
La srotolò e lesse il contenuto con un gran sorriso che non accennava a spengersi.
“Allora, cosa dice?” Dìs fremeva dalla voglia di leggere le parole che suo figlio aveva scritto su quel pezzo di carta.
“Kili scrive:
Cara Emy,
la notizia che il corvo mi ha portato ha riempito il mio cuore di gioia e Mahal solo sa quanto vorrei essere lì con te in questo momento. Ti chiedo di custodire quella vita con cura fino al mio ritorno, quando potremo darle amore insieme. Ti penso sempre e di a Lirys da parte di mio fratello che è sempre nel suo cuore – se sa che te l’ho detto mi uccide nel sonno – e salutaci nostra madre.
Aspettami.
Tuo, Kili.
Ps: secondo me è una femmina.

Emyrin lesse ad alta voce per Dìs e quando abbassò il foglietto notò che gli occhi della Nana erano lucidi di lacrime.
Sentì pungerle anche i suoi e maledì la gravidanza per le sue emozioni instabili.
“Avanti, Dìs, non fare così... per favore!” Sorrideva, mentre le lacrime le scendevano copiose.
“Lo so... è che... mi mancano così tanto i miei bambini!” Esclamò forte la donna, asciugandosi gli occhi con le dita.
Emy sorrise e l’abbracciò, riuscendo finalmente anche lei ad asciugarsi le lacrime che avevano fortunatamente deciso di smettere di innaffiarle la faccia.
 
 
Rileggeva e rileggeva quel bigliettino milioni di volte, tutte di fila; lo prendeva, lo stringeva al petto, lo annusava – ma puzzava di corvo – e poi lo rileggeva.
Quella sera proprio non ne voleva sapere di addormentarsi.
Era sdraiata su un lato e il viso era rivolto verso la luna fuori dalla finestra, che quella notte era oscurata per più della sua metà.
Una mano sotto il cuscino, l’altra stringeva il foglietto.
‘Mi manchi così tanto...’ Pensò.
Si accarezzò la pancia, ormai cresciuta di un bel po’: “E a te, piccolino, non manca il tuo papà?” Disse, riflettendo poi che ogni volta che aveva parlato alla sua pancia aveva sempre usato la parola piccolino. Forse, inconsciamente, credeva fosse un maschio.
“Sono tutti convinti che tu sia femmina... la tua mamma invece non ne è sicura per niente.” Disse, abbassando lo sguardo sulla sua muta interlocutrice.
Sospirò, poi tornò a guardare la luna senza smettere di accarezzarsi il ventre.
 
 
Rhovanion – 26 Nárië 2941, Terza Era.
 
La notte era buia e silenziosa e il giovane Nano se ne stava sdraiato sull’erba con le braccia incrociate dietro la nuca e un filo d’erba in bocca.
La luna si era spostata, portando il suo spicchio dietro le fronde degli alberi che li circondavano.
Si erano fermati al limitare del bosco, proprio alla fine della radura e per una sera non avrebbero dovuto preoccuparsi di fare la guardia poiché il Mutapelle li osservava nascosto e li avrebbe protetti da ogni pericolo.
Per una sera, quindi, Kili poté godersi un po’ di sano riposo senza il pensiero seccante ‘Tra un po’ è il mio turno’.
Si dedicò completamente a lei.
Lei, la sua Emy, così lontana.
Però nel suo cuore portava sempre il suo bel sorriso e la sua risata cristallina e adesso cercava di inquadrarla con la pancia cresciuta, il viso più adulto, ma scoprì di non essere bravo in quello.
Ciò che si figurava nella sua mente era soltanto il volto che ricordava, le lentiggini e gli occhi vispi, del colore del tramonto.
Chiuse gli occhi e cercò di riposare un po’, sperando di sognarla anche quella notte.
 
 
Ered Lûin – 26 Nárië 2941, Terza Era.
 
Trattenne il respiro e rimase in ascolto.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, ott-
Finalmente!
Era successo ancora.
Non se lo era immaginato.
Un altro colpetto lieve vicino l’ombelico.
La piccola vita dentro di lei stava dando i primi calcetti.
Quella che provò fu emozione assolutamente indescrivibile.
Rimase in attesa, ma per un bel po’ non successe altro.
Dopo un paio d’ore passate a sonnecchiare ogni tanto, il cielo iniziò a schiarirsi e le stelle scomparvero insieme alle tenebre.
Chiuse gli occhi, stanca e assonnata, cadendo in un sonno profondo.
 
 
Qualche ora dopo, come da un po’ di giorni a quella parte, si svegliò con una voragine allo stomaco.
Aveva una fame tremenda e per fortuna trovò Dìs già in piedi a preparare la colazione.
“Buongiorno, Dìs.” La salutò sbadigliando.
La vestaglia le cadeva morbida sul pancione e frusciò sulle sue gambe finché non si sedette sulla sedia di legno.
“Buongiorno, cara. Frittelle?”
“Oh, sì, ti prego. Sto morendo di fame...” Pigolò la giovane, strappandole un sorriso.
“Va bene, arrivano. Ma non mangiarne troppe, intesi?”
“Ma non dovrei mangiare per due?” Si difese Emy, sorridendo innocente.
“Devi mangiare, certo, ma non devi esagerare.” La rimbeccò la Nana, poi le arruffò i capelli – tanto già erano disordinati – e le porse il piatto con la colazione.
Un colpetto al ventre le riportò alla mente gli eventi della notte precedente.
“Dìs.” Chiamò, e quella si girò a guardarla con un espressione che stava a significare ‘Cosa c’è?’
“Tuo nipote si è mosso, sta notte. Era mattina, in verità. E lo ha fatto anche adesso.” Le disse, sorridendole.
“Mahal! E adesso, si sta muovendo?”
“No, mi ha dato solo un calcetto.” Emyrin fece spallucce e addentò un’altra frittella.
“Sai, Emy, quando ero incinta di Kili fu molto diverso da Fili. Fili era così calmo, si muoveva raramente, mentre il fratello era una peste già da dentro la mia pancia. Non che quando è uscito si sia calmato.”
Le due risero, poi Dìs le accarezzò una guancia.
“Sono proprio felice per voi.”
“Grazie, Dìs.”
 
 
Finita la colazione pregò la Nana di poter andare in città, stanca di stare sempre a casa a far nulla.
“Possiamo andare a trovare Lirys! Ti preeeeeeego...” La supplicò e infine Dìs acconsentì.


















































-Angolino autrice-

Ciao a tuttiiiiiiiiiii :D
Come al solito a tarda notte inoltrata eccomi qui ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...
Sinceramente, a me piace molto :D
Che dirvi... l'ho interrotto a metà perché sennò diventata troppo lungo per i miei standard XD
Perdonatemi u.u

Beh... ditem voi, io vi mando un bel bacione e vi do anche la buonanotte/buongiorno :D
La vostra Juls :*

 

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Capitolo 24
*** "Non smetterò di sperare, mai." ***


24.Capitolo ventiquattro.
 
“Dai, metti la mano qui.”
“Sicura che si stia muovendo? Io non sento nulla...”
“Abbi pazienza, Lirys, non lo fa sempre.”
Erano arrivate da qualche tempo ormai e la giovane aveva raccontato loro del biglietto, commuovendo la sua amica, poi aveva dato la bella notizia e la bionda aveva espresso il desiderio di poter sentire i calcetti della piccola.
Lirys rimase con la mano poggiata sul ventre di Emy per un bel po’ di tempo.
Nel frattempo, Hirina offrì alle sue ospiti un buon tea freddo alle erbe.
“Ti ringrazio.” Sorrise Dìs, aiutandola a portare il vassoio.
“Allora, Emyrin, raccontami: come stai? Sono sempre più rade le volte che vieni a trovarmi e ormai sei cresciuta tanto.” Le disse la Nana più anziana, alludendo al pancione.
“Beh, va tutto bene. Anche se mi annoio a morte. Ci sono tanti libri e a volte sto un po’ fuori con Rhor ma... Dìs non mi permette di fare altro.” Sospirò la giovane, sconsolata.
“Certo, perché non voglio che ti affatichi.” Rispose la Nana citata, sorseggiando il suo tea.
“Dìs ha ragione, cosa vorresti fare?”
“Aiutarla a fare qualcosa, cucinare, lavare i piatti... insomma, ero una cameriera-tuttofare alla locanda di Dhelia e mi sono ritrovata a passare le giornate seduta su una poltrona, a morirmi di caldo e di noia. È traumatico per me. Fortuna che adesso il piccoletto inizierà a farmi compagnia.”
“Ma Emy, come ti viene di mente di voler fare tutte quelle cose?! Non sai proprio come crearti lo stress, tu, eh?” Lirys rise all’espressione imbronciata che l’amica le rivolse.
“Difatti, ho dovuto pregarla per permettermi di venire qui e la condizione di consenso è stata ma verrò anche io.” La rossa fece il verso alla suocera, e tutte insieme si lasciarono andare ad una bella risata.
“Hai pensato a qualche nome per la bambina?” Le chiese Lirys, riportando il silenzio.
“Veramente no. E poi, mi dovete spiegare, cosa vi fa pensare che sia una femmina? Perfino Kili ne è convinto.”
“Non lo so, me lo sento. E quando nascerà dovrai ammettere che avrò ragione.” Rispose la bionda, con aria di sufficienza.
“Mh... staremo a vedere. Ad ogni modo, ho intenzione di aspettare il ritorno di Kili per scegliere il nome. Sai, mi piacerebbe che decidessimo insieme. Io... spero tanto di poterlo fare.” Sorrise, nascondendo l’ombra sul suo volto.
“Che cosa roman- Uh! Hei, lo hai sentito?!” Lirys allargò la bocca in un gran sorriso e fece scorrere la mano sulla pancia dell’amica che si mise a ridere.
“Certo che l’ho sentito, ma ti prego smettila, mi fai il solletico!” Gridò Emy, ridendo di gusto.
 
 
Nel frattempo, Hirina e Dìs si erano spostate su un altro argomento.
“Tu cosa ne pensi?” Chiese l’anziana.
L’altra sospirò e diresse lo sguardo fuori dalla finestra, sulle vie cittadine dove la gente passava ignava dei loro discorsi e delle loro preoccupazioni, sorridendo ai commessi delle bancarelle del mercato.
“Non saprei. Sono preoccupata. Sono via da tanto tempo ormai e quel biglietto risale a chissà quando. I corvi non sono animali veloci, non posso sapere quando Kili ci ha spedito quel messaggio.”
Hirina buttò un’occhiata alla mappa appesa dietro di lei.
“La Montagna Solitaria è lontana, non è detto che sia accaduto per forza qualcosa di brutto. Potrebbero non essere ancora giunti, non credi?” Domandò, ma Dìs la guardò con una durezza di chi ne aveva passate tante e si preparava al peggio.
“Può darsi, ma non saprei cosa fare se... E poi ci sono Emyrin e il bambino.” Disse preoccupata.
“Avanti, Dìs, non preoccuparti. Non fasciarti la testa prima di essertela rotta; sono sicura che andrà tutto bene, sono forti, si sono allenati una vita per questo momento. Lirys mi ha raccontato delle cose straordinarie sul conto dei tuoi figli. Abbi speranza, per te stessa e per Emy. Quella ragazza ha bisogno di concludere nel migliore dei modi la gravidanza; se ti vedesse così preoccupata le si riempirebbe il cuore di tristezza.”
Hirina aveva ragione, e questo Dìs lo sapeva bene.
“Puoi stare tranquilla, non le do modo di vedere le mie preoccupazioni.” La rassicurò, ma l’anziana guardò Emyrin sorridendo.
“Fa attenzione, principessa, Emy è più sveglia di quanto sembri.”
“Oh, lo so.”
 
 
“Sì, però non ci hai nemmeno pensato?”
“Uhm... e va bene, se devo proprio essere sincera, sì, ci ho pensato qualche volta. Ma non voglio fissarmi su nessun nome in particolare.”
Lirys osservò l’amica con ammirazione.
Riusciva ad essere così calma e serena nonostante tutto.
Perché lei invece si sentiva sempre più inquieta man mano che il tempo passava?
“Comunque sia, sono tanto felice. È straordinario, io... non posso credere che mi abbia tirato un calcio proprio sulla mano. Che piccolo terremoto.” Rise, trasportando con sé la futura mamma.
“Beh, se ha ripreso dal padre allora puoi star certa che sarà davvero un piccolo terremoto!” Esclamò la rossa, scoppiando in una fragorosa risata.
“Cosa c’è di tanto allegro?” Le due Nane nel frattempo erano tornate accanto a loro e adesso cercavano di capire cosa c’era di così tanto esilarante.
“Parlavamo del bambino; le stavo dicendo che se ha ripreso da Kili avremmo un bel da fare. Già mi immagino che schizzerà da una parte e dall’altra della casa... povera me.”
Ancora, le quattro risero insieme, poi Dìs annunciò che si era fatta l’ora di tornare.
“Allora, ci vediamo, Emyrin. Verremo noi a trovarvi la prossima volta.”
Si salutarono e poi iniziarono a tornare per la strada di casa.
“Grazie, Dìs, per avermi accompagnata. Era da tantissimo che non mi facevo quattro risate con Lirys. E poi, credo abbia fatto bene anche a lei. A te no?”
La Nana annuì.
“Ti concedo la ragione.”
“Sono onorata, vostra altezza.”
“Non fare la sciocca, Emy,” Rise Dìs. “anche perché prima o poi verrai chiamata così anche tu.”
Emyrin si fermò in mezzo alla strada.
“Che ti prende?”
“Non... non ci avevo mai pensato. È spaventoso.” Mormorò, poggiando una mano sulla morbida stoffa del vestito.
“Oh, ci farai presto l’abitudine.” Le disse l’altra, prendendola sotto braccio e riprendendo la camminata.
“Sarà molto strano. Ma non ci saranno mica Nane dappertutto che non mi lasceranno nemmeno per andare in bagno, vero?” Un brivido corse lungo la sua schiena e Dìs scoppiò a ridere.
“Certo che no! Però avrai le tue dame. Tu e Lirys avrete le vostre dame.” Si corresse poi.
“Aspetta.” Fece Emy, come se avesse realizzato in quel momento la storia della sua vita. “Io diventerò una principessa? Sai, Dìs, non ci avevo davvero mai pensato, nonostante avessi più volte appellato Kili come principe. Che sciocca sono. E Lirys... lei sarà regina quando il trono passerà a Fili. Non posso crederci!”
“Ma sentitela. Non smetterai mai di stupirmi.”
 
 
Una volta rientrate in casa, mangiarono e poi andarono a riposarsi nelle rispettive camere.
“Chiamami, se ti serve qualcosa.”
“Grazie, Dìs, buon riposo.”
Ed Emy, sdraiata sul letto, si rese conto che in tutti quegli anni non aveva mai preso in considerazione quella faccenda di lignaggio.
Forse, si disse, doveva essere stato perché non aveva la più pallida idea che a Thorin venisse in mente di andarsi a riprendersi la Montagna.
Ma se la spedizione andava in porto allora la sua vita sarebbe stata stravolta in tutto e per tutto.
“Sono troppo giovane per tutte queste emozioni.” Disse ad alta voce, poi chiuse gli occhi e lasciò che la stanchezza la vincesse.
 
 
Bosco Atro – 29 Nárië 2941, Terza Era.
 
Era notte, di questo ne erano certi.
Beh, non proprio certi.
Non ne erano affatto sicuri in verità.
“Vi dico che è già passato un giorno intero!”
“Ma falla finita, siamo qui solamente da un paio d’ore, citrullo d’un Nano!”
“Dì un po’, ti sei forse rimbambito? Non possono essere solo poche ore.”
“Questo lo pensi tu.”
“Ragazzi, calma, per favore. Litigare non serve a nulla.” Bilbo cercava in ogni modo di calmare i membri della Compagnia che già da un po’ di tempo avevano iniziato a discutere. Per il cibo, per l’acqua, per il sole, per la luna, per i Valar, per le piante, per la caccia... ogni scusa era buona.
Il povero signor Baggins non ne poteva più.
Aveva un costante fischio nelle orecchie che lo stava facendo ammattire, l’aria era pesante, la notte erano osservati e, ne era certo, stava cominciando ad avere perfino le allucinazioni.
“Siamo entrati in questa foresta da una settimana!”
Lo Hobbit sospirò: nessuno lo aveva ascoltato, come sempre.
Ma che ci era andato a fare in quel posto? Con quei chiassosi Nani burberi e cafoni!
La colpa era di Gandalf il quale se ne era lavato le mani dicendo di avere un impegno urgente al quale non poteva sottrarsi.
Lo aveva abbandonato in mezzo a quei rozzi figuri che non facevano altro che azzuffarsi dalla mattina alla sera.
Per giunta, non aveva idea di quando venisse l’una o venisse l’altra.
Quella maledetta foresta era malata e stava ammalando anche loro.
“Smettetela voi altri!” L’esclamazione tonante di Thorin riportò il silenzio.
Per un po’ continuarono a camminare senza dire una parola.
Il sottobosco era macchiato di nero e la terra era umida e appiccicaticcia, per non parlare delle foglie a terra che mandavano un fetore osceno.
Quel sentiero che seguivano con tanta attenzione doveva essere infinito.
Il sentiero, sì, quello fatto di mattoncini bianchi, un po’ nascosto dalle foglie, che stavano seguendo già da un bel po’.
Secondo lui era già passato un anno, anche se sapeva bene che non potevano essere più di un paio di giorni.
O no?
Comunque, tornando al sentiero, il dolce suono degli stivali dei Nani che vi sbattevano contro era un sollievo alle orecchie dello Hobbit, così silenzioso invece, poiché sapeva che non si erano persi.
Beorn e Gandalf erano stati molto chiari su quello: mai lasciare il sentiero.
‘Hehe! Non ho alcuna intenzione di perdermi in questo posto.’
Mentre formulava questo bel pensiero, il caro Hobbit sbatté il naso contro la schiena di uno dei scuoi compagni.
“Perché ci siamo fermati?” Senti chiedere a qualcuno.
Fu Nori a dare la risposta: “Il sentiero... è scomparso.”
 
 
Ered Lûin – 5 Cermië 2941, Terza Era.
 
Dopo poco più di una settimana, Emyrin aveva constatato che il piccolo terremoto dentro di lei, una volta svegliatosi, non aveva più intenzione di stare fermo.
“Non vuoi proprio saperne di stare un attimo buono, eh?” Disse rivolta al pancione, sorridendo.
Si alzò dalla sedia e salì in camera.
Quel giorno era sola, tanto per passare una giornata più noiosa delle altre, così prese uno dei nuovi libri e si mise sul letto a leggere.
Dopo le prime pagine, però i suoi pensieri andarono totalmente altrove.
Pensò che forse tutti gli latri potessero avere ragione, forse era davvero una femmina.
Ma lei desiderava ardentemente fosse un maschio, che somigliasse al suo Kili, che guardando nei suoi occhi avrebbe rivisto il Nano che amava.
Associò tutti quei pensieri alla paura.
Una paura sorda che sentiva montare dentro di lei ogni giorno che passava senza avere notizie.
La stesa paura che aveva Dìs.
La Nana faceva finta di niente, ma Emy non era una sciocca. Sapeva osservare bene e non le era mancato di notare che ultimamente le cose le scivolavano di mano e non solo, alle volte la trovava con lo sguardo perso chissà dove.
L’ansia le stava divorando entrambe.
Chissà dov’erano, se erano ancora vivi.
Non restava loro che sperare... Ma sperare in che cosa?
 
 
Bosco Atro – 18 Cermië 2941, Terza Era.
 
La cella di Kili fu l’ultima ad essere chiusa.
Non erano bastati i ragni, nella foresta, no, dovevano arrivare anche gli Elfi a catturarli.
Questa proprio non ci voleva.
Inoltre, Thorin era scomparso e non avevano idea se fosse vivo o morto.
Ognuno di loro era stato messo in una cella distante dalle altre, dove nessun rumore riusciva a raggiungerli.
Erano soli in un luogo sconosciuto.
La mancanza di Fili al suo fianco, per tanto, lo turbò non poco.
Non poteva sapere cosa gli stessero facendo, se stava bene, se gli davano da mangiare.
Gli Elfi Silvani erano spietati, privi di pietà, come aveva detto loro Beorn.
Non avevano scampo.
Sarebbero rimasti lì per sempre?
 
 
Bosco Atro – 25 Cermië 2941, Terza Era.
 
Un viso pieno di lentiggini, occhi accesi e lineamenti dolci comparve nella sua mente e aprì gli occhi di scatto.
L’aveva sognata di nuovo.
Ultimamente gli capitava spesso e da una parte ne era immensamente felice.
Ma Kili temeva che quei sogni fossero diventati l’unica speranza che aveva di rivederla.
Non aveva idea da quanto tempo fossero in quelle celle, ma pian piano sentiva calargli sul petto un grave peso.
Lei era sola, sugli Ered Lûin, mentre lui era solo in quella cella.
Ironia aveva voluto così.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, adesso, per poter tornare indietro.
Sarebbe morto lì, senza rivederla, senza rivedere suo fratello, sua madre, suo zio...
Era questo che Mahal voleva? Separarli per sempre?
 
Uno scatto, poi due, ed ecco che un paio di voci si avvicinarono sempre di più.
Erano due Elfi, con in mano un mazzo enorme di chiavi.
Le chiavi delle prigioni.
Li osservò attentamente, poggiato al muro.
Avrebbe voluto strappargliele, aprire quella maledetta porta di ferro e andarsene di lì, correre via, tornare indietro.
Ma quelli sparirono dalla sua vista voltando l’angolo e il giovane abbassò di nuovo lo sguardo, rassegnato.
 
 
Ered Lûin – 27 Cermië 2941, Terza Era.
 
Era da un po’ di giorni che Emy sentiva una strana sensazione, come se qualcosa non andasse.
Non si trattava del bambino, no, lui era in perfetta forma e non la piantava un secondo di muoversi – con suo grande piacere – ma c’era qualcos’altro.
Era come se fosse successo qualcosa, ma non sapeva ben spiegarsi che cosa.
Poi un pensiero l’attanagliò, così, all’improvviso, e dovette reggersi al lavandino per evitare di cadere a terra.
“Kili...” Mormorò, gli occhi le si riempirono di lacrime.
Possibile che gli fosse successo qualcosa di grave?
Come poteva anche solo esserne certa?
Beh, semplicemente non poteva.
“Avanti, Emy, smettila!” Esclamò contro se stessa, gli occhi nello specchio la guardavano ricolmi di piccole gocce di tristezza.
Se li asciugò con rabbia e poi si guardò nuovamente allo specchio.
La sua espressione era furente, le guance arrossate e la bocca contratta.
“Non smetterò di sperare nel suo ritorno, mai.” Disse, poi cercò di calmarsi e fece dei bei respiri.
Non si sentì meglio, affatto, ma la rabbia era scomparsa e la tristezza di quel pensiero lasciò solo un grande vuoto dentro di lei.














































 

-Angolino autrice-

Allora sì, ecco il continuo del capitolo precedente.
Prima di dire qualsiasi cosa vorre fare un riassunto dei mesi che sono passati perché mi dimentico sempre di tradurli mannaggia!
Allora, Emy è al settimo mese e qui siamo prima a Giugno = Nárië  e infine Luglio = Cermië 

Bene, detto ciò, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Per la mia felicità, e spero anche la vostra, niente Tauriella in mezzo alle scatole u.u E tanto, anche se ci fosse stata, il nostro Kili aveva ben altro a cui pensare che dar corda a quella sottospecie di cosa che respira u.u

Beh, non ho da agigungere altro quindi corro a studiare - non si finisce mai !!
Vi mando un bacio e sappiate che vi adoro!
Juls :D



Ps: Ho creato una pagina su fb, 
https://www.facebook.com/LilyOok.EFP?fref=ts , dove potrete trovare qualche spoiler, aggiornamenti ecc, di tutti i fandom in cui scrivo.
La pagina è stata creata tipo due giorni fa quindi ancora non vi è granché, ma se vi può far piacere passateci :*
Inoltre ricordo che sul mio profilo EFP c'è anche il mio profilo FB, per chi volesse aggiungermi e sclerare insieme su qualsiasi cosa ;)
Ciao!



Pps: ho avuto qualche problema con l'HTML, sorry ç_ç

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Capitolo 25
*** Quando anche il suo volto inizia a svanire ***


25.Capitolo venticinque.
 
Bosco Atro – 31 Úrimë 2941, Terza Era.
 
Non voleva crederci: era successo ancora.
Per quanto provasse, il risultato era sempre lo stesso: un totale fallimento.
Prese dalla giacca quella piccola pietra ovale e liscia, scura come la notte profonda, con la sua incisione.
Sentì gli occhi pizzicargli e la strinse con rabbia.
Ricordò gli occhi di sua madre inumidirsi mentre gliela dava.
Torna da me.
Quella promessa, quelle lettere, quelle rune...
Le accarezzò con nostalgia, immaginando la mano di Dìs fare altrettanto, sotto la sua, pensando a lui.
 
Un altro volto fece capolino nella sua mente.
Cercò di scacciarlo, sentendo le lacrime farsi sempre più prepotenti.
Come aveva potuto farle questo?
Pentimento.
Rimorso.
Nostalgia.
Questi sentimenti erano ormai diventati i suoi compagni di cella, fastidiosi, lo tormentavano sempre.
Sentì le guance bagnarsi e un sapore salato sulle labbra.
Si passò stizzito un braccio sugli occhi per mandarle via.
Aveva fallito ancora.
 
 
Non molto distante – ma abbastanza da essere isolato come gli altri – Fili si tormentava, logorato dalla paura, nel tentativo di ricordare la morbidezza dei capelli di Lirys, il profumo della sua pelle, il calore dei suoi occhi.
Da quanto erano partiti?
Non ne aveva idea.
Il Dì di Durin era già passato?
Non ne aveva idea.
Com’era il sorriso della sua bella Lirys?
Non ne aveva idea.
 
Lentamente i tratti di lei stavano svanendo.
La sua voce? Non ricordava più che tono avesse.
Il suo corpo, le sue dolci curve, iniziavano a sfumarsi e a confondersi.
Una sola cosa era rimasta ben impressa nella sua mente: un paio di lapislazzuli circondati da lunghe ciglia dorate.
Diede un pugno alla parete, scorticandosi le già rovinate nocche, graffiate e martoriate da precedenti sfoghi contro quella pietra priva di calore.
Stava impazzendo.
Voleva, doveva, uscire di lì.
 
 
In fondo al corridoio, giù per le scale nella roccia e poi fino alla fine del corridoio di destra, qualcun altro stava volgendo i suoi pensieri alla propria famiglia.
Pensava a sua sorella, la sua lontana e amata sorella, dalla quale si era allontanato senza nemmeno abbracciarla, rimanendo freddi e distanti reciprocamente.
Pensava ai suoi nipoti.
Le aveva portato via i suoi figli, i suoi Fili e Kili, senza nemmeno chiederle il permesso, decidendo per conto suo e solo Mahal, ora, sapeva quanto avrebbe voluto che non si fossero mai mossi dagli Ered Lûin.
Dov’erano adesso quei due combina guai?
E lo Hobbit?
E tutti gli latri?
Li aveva persi, non era così?
Le risposte a quelle domande, Thorin, non le sapeva.
Ma di una cosa era certo: erano tutti in pericolo, se non già morti, e la colpa era soltanto sua.
Avrebbe mai potuto rimediare?
 
 
Ered Lûin – 31 Úrimë  2941, Terza Era.
 
Era passato poco più di un mese da quel giorno.
La sensazione che aveva provato le aveva lasciato l’amaro in bocca per un bel po’ di tempo, ma adesso i suoi pensieri erano ben altri.
Stando a quello che diceva il medico, era prossima al parto.
La pancia era enorme, ormai, e ogni tanto provava qualche dolorino, a volte delle vere e proprie fitte.
Glorin l’aveva visitata più volte e proprio il giorno precedente aveva ribadito che era ormai questione di giorni.
Massimo due settimane, non di più e addirittura forse anche meno, ed Emy avrebbe dato luce alla piccola la creaturina che portava in grembo.
Creaturina che per inciso sembrava in vena di ballare negli ultimi tempi – non che prima trovasse pace facilmente.
Ad ogni modo, erano cominciate le paure, i dubbi, le incertezze, i pianti, la rabbia improvvisa, come in quel momento per esempio: l’ennesimo coccio che si frantumava addosso alla parete e le grida di Emyrin che risuonavano per tutta casa.
Quel maledetto!” Gridava, afferrando un’altra ciotola di vetro.
“E va bene, adesso basta, Emyrin!” Esclamò Dìs, autoritaria, togliendole di mano la ciotola a forza.
“Ridammela, Dìs!” Ordinò la rossa, con le guance rosse di rabbia.
“No. Con cosa credi che apparecchieremo questa sera se non la smetti di frantumare tutto ciò che ti capita a tiro?” La rimproverò la Nana.
Emyrin tirò un lungo sospiro abbassando lo sguardo per poi rialzarlo, colmo di lacrime, verso di lei.
“Sono stufa di questa situazione! Non ne posso più. E loro non tornano. Siamo sole, Dìs, lo capisci? Per chi vuoi apparecchiare, eh? Non sappiamo nemmeno se sono ancora vivi!” Gridò, scoppiando a piangere.
Allora Dìs poggiò la ciotola sul tavolo e prese Emyrin per le mani, portandola a sedere su una poltrona in salotto mentre continuava ad essere scossa da forti singhiozzi.
“Emy, non torneranno nemmeno se ti mettessi a demolire l’intera casa. Devi calmarti, non fa bene né a te e né al piccolo.” Le disse più dolcemente, accarezzandole la guancia puntellata da lentiggini.
“Si... lo so... però...” Tentò di dire lei, ma Dìs la zittì, abbracciandola forte e dandole affettuose pacche su una spalla.
 
C’erano state volte in cui era semplicemente scoppiata a piangere dal nulla, altri in cui invece aveva detto che non ce l’avrebbe mai fatta e altri ancora dove invece si era chiusa in un silenzio ostinato, restando in camera perfino durante i pasti – che Dìs la obbligava a mangiare comunque, per il bene del bambino.
Dopo cena, quella sera, si scusò con lei per il disastro che aveva causato e le promise che avrebbe usato parte dello stipendio che ancora le avanzava per ricomprarle piatti e bicchieri che aveva distrutto.
“Ma cosa dici, non ce n’è bisogno, cara.” Le aveva risposto Dìs, ma Emy era rimasta ferma su quel punto.
Solo che, dato che non poteva muoversi da casa – e tra non molto nemmeno dal letto , la principessa confidò nel fatto che se ne dimenticasse, anche se non ci sperava molto.
 
 
Bosco Atro – 5 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Pssst!!”
 
Thorin alzò il capo quando percepì il tintinnio delle chiavi avvicinarsi, ma quando si sentì chiamare in quel bisbiglio, riconoscendo la voce dello Hobbit, scattò alla porta e si appese con tutte le forze alle sbarre della piccola finestrella.
“Bilbo, sei tu?” Chiese, sussurrando per paura che qualcuno potesse sentirlo parlare e venire a controllare.
“Sì. Allontanati dalla porta, sto per entrare.” Gli rispose la voce del Mezzuomo e il Nano fece come gli era stato detto.
Quando lo vide apparire una strana gioia lo pervase, tanto che si fiondò ad abbracciarlo.
“Oh, amico mio, temevo fossi morto. Come hai fatto a fuggire?” Gli chiese subito, guardandolo dalla testa ai piedi – o meglio, scannerizzando ogni minima parte di lui –notando con sollievo che non era ferito.
“In realtà non sono mai stato catturato.” Disse Bilbo, in imbarazzo per quella rivelazione.
“Come hai fatto allora ad eludere la vista e l’udito degli Elfi, a non farti trovare?” Domandò il Nano, ancora più curioso e sorpreso di prima.
Allora il Signor Baggins decise di raccontare lui dell’anello e di come lo aveva trovato, risparmiando alcuni dettagli irrilevanti.
“Ed è così, quindi, che sei riuscito a rubare le chiavi.” Affermò allora il principe dei Nani, sorridendo compiaciuto.
“Già. Ma ora basta parlare, Thorin, presto si veglieranno. Dobbiamo far uscire gli altri e poi...”
“E poi?” Lo incalzò il Nano.
“E poi dovrete fare tutto quello che vi dico se volete restare vivi e sparire di qui indisturbati. Niente proteste, promettimelo! Non abbiamo il tempo per discutere!” Spiegò il Mezzuomo, concitato.
“Va bene, basta che ci porti fuori di qui.”







































-Angolino autrice-

LO SO.
NON TRUCIDATEMO OKAY?!
E' uno stupido capitolo di passaggio che mi serviva assolutamente !!!
Purtroppo ho fatto male i calcoli e credevo di finire tutto il 9 settembre (Yavannie) ma invece mi tocca arrivare almeno intorno al 15/16, o non coincideranno mai.
Che cosa? Ah boh, ditemelo voi u.u

Ad ogni modo, ho dato un piccolo spazio a Fili - al quale si riferisce il titolo - e a Thorin e perfino a Bilboccio.
E, ovviamente, ad Emyrin.

Come se la caverà la nostra bella Nana, che tra poco tempo avrà tra le braccia suo/a figlio/a?
Lo scoprirete presto.

PRESTO. Perché purtroppo, amiche mie (e amici miei, se ci siete) siamo davvero quasi alla fine.
Credo che tra un paio di capitolo, forse tre o addirittura 4 - ma non credo di più ç_ç - questa parte di storia avrà termine e poi... beh, ho rinunciato ad una quarta parte, per cui credo proprio che vi sarà l'epilogo.

Grazie di esserci state - parlo al femminile, ma è rivolto a tutti u.u - ma tanto ve lo ridico anche nell'epilogo hahaha
Vi mando un bacio e come sempre fatemi sapere che orrore ho creato XD

Bacio,

Juls :*

 

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Capitolo 26
*** Stanca di sperare ***


26.Capitolo ventisei.
 
Ered Lûin – 7 Yavannië 2941, Terza Era.
 
Emyrin era stanca.
Stanca del silenzio opprimente che la circondava quando Dìs non c’era.
Stanca di passare le notti da sola, nel letto, senza l’abbraccio del suo Kili a scaldarla e confortarla.
Stanca di aspettare il loro ritorno...
...Stanca di ripetersi che lo avrebbe rivisto.
Ma chi voleva prendere in giro?
Era sempre sorridente, incoraggiava le altre a continuare a sperare quando lei non ci credeva più.
“Tua madre è un’ipocrita.” Mormorò al pancione, senza far nulla per fermare le lacrime che scendevano copiose, bagnando il cuscino.
Adesso che il parto era sempre più vicino, si sentiva più sola che mai, seppur ci fossero Dìs, Lirys e Hirina con lei.
C’era sempre il suo volto a tormentarla.
Sì, oramai era diventato un tormento più che un felice ricordo; rivedere quel sorriso nella sua mente e sapere che non sarebbe più entrato da quella dannatissima porta le dava fastidio, la irritava a tal punto quasi da odiarlo.
Ma lo amava, lo amava da morire.
Ce l’aveva tuttavia a morte con lui, per essersene andato. Ora come ora, vedeva le cose da una prospettiva ben diversa e non poteva non essere irata con Thorin, unico vero responsabile della loro separazione.
Non lo avrebbe mai perdonato per questo.
 
Si asciugò le lacrime con le dita e tirò su col naso.
Iniziava ad albeggiare e come al solito Dìs sarebbe arrivata per chiederle come stava e se le servisse qualcosa e non voleva farsi trovare con i lacrimoni.
Si sarebbe preoccupata di un’altra crisi e non voleva questo.
Dìs, poi, cercava di camuffare i suoi sentimenti ma il nervosismo era ben evidente.
Non poteva essere velato ed Emyrin era stanca anche di questo.
 
 
Esgaroth – 7 Yavannië 2941, Terza Era.
 
Dopo essere stati sballottati di qui e di lì dentro quelle maledette botti, erano giunti infine a città del Lago, oltremodo detta Esgaroth.
Dapprima, gli abitanti si erano spaventati, poi, una volta appurata la loro provenienza e solo dopo che Thorin ebbe promesso loro una parte del Tesoro di Erebor, si erano mostrati più ospitali, perfino contenti di averli lì con loro.
Avevano poi dato loro una casa dove passare la notte e quante altre notti avrebbero voluto, ma i Nani avrebbero soggiornato in città soltanto fino al giorno dopo.
Poi sarebbero ripartiti per la Montagna Solitaria, che si ergeva in tutta la sua maestosità al di là del lago.
 
Dopo tanto tempo, la Compagnia cedette ad un buon riposo e del buon cibo.
La sensazione di poggiarsi su un letto, con un materasso morbido e calde coperte, fu qualcosa di paradisiaco, tant’è che crollarono in un men che non si dica.
 
Nella stanza che condividevano, i due fratelli si erano addormentati appena avevano poggiato la testa sul cuscino.
Ora, però, entrambi svegli, sfruttavano quel piccolo ritaglio di tempo solo per loro, confidandosi, come non facevano da tanto.
“Hei, Fili, vuoi smetterla di sospirare come una femminuccia?” Disse il moro, scherzosamente, dando una bottarella sulla coscia dell’altro.
“C’è una cosa di cui vorrei parlare e so che soltanto tu potrai capirmi.” Esordì Fili, con tutt’altro che lo scherzo negli occhi.
Allora Kili si fece serio: “Ti ascolto.”
“Ecco... forse è una cosa ridicola ma... sta sfumando dai miei ricordi, Kili! Lentamente, sento che la sto dimenticando.”
“Fratello...”
“Mahal solo sa quanto io la ami, tuttavia...”
“Fili, lo so anch’io e credimi, non sei affatto ridicolo. È normale, tutta questa situazione, la foresta, la prigionia, il viaggio... siamo lontani da casa da mesi e come per te, anche per me sta diventando difficile ricordare alcuni sciocchi particolari di Emy. Non ti devi crucciare, insomma, voglio dire, il Dì di Durin è dietro l’angolo presto saremo alla Montagna. Le rivedremo, Fili, non devi dubitarne.”
Il biondo guardò suo fratello con rabbia: “E il Drago? Ti sei forse dimenticato di Smaug?
“Certo che no. Ma, hei, non ci siamo allenati una vita intera per farci abbrustolire da una lucertola troppo cresciuta!” Ridacchiò Kili.
L’altro sospirò.
“Non ti devi abbattere, okay?” Dov’è finito mio fratello? Rivoglio indietro il mio Fili, io questo tipo moscio qui di fronte a me non lo conosco e non mi piace affatto.”
Infine, il giovane riuscì a far sorridere suo fratello che lo abbracciò ringraziandolo della sua quanto mai rara saggezza che preservava sempre per lui.
 
 
Ered Lûin – 8 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Ti ho portato della bella frutta fresca e un pezzo di crostata e qui” Disse Lirys, poggiando il cestino sul tavolo e tirandone fuori una bottiglia scura “c’è il tea alle more di mia nonna. Lo ha fatto apposta per te.”
Era andata a trovarla e a tenerle compagnia mentre Dìs era fuori per delle commissioni.
“Grazie, Lirys.” Sorrise Emy.
Non era uno dei suoi sorrisi luminosi, anzi, sembrava quasi irritata.
La bionda non disse nulla e le sedette accanto.
“Allora...” Era la prima volta che si sentiva in imbarazzo con la sua migliore amica, quasi sorella, e non sapeva davvero cosa dire.
Di solito straparlava, anche di cose futili, pur di tenerle compagnia, ma questa volta non aveva visto gli occhi di lei brillare come sempre.
C’era qualcosa che non andava e...
“Ti chiedo scusa.” Fu inaspettatamente Emyrin a rompere lo strato di freddo che si era creato fra loro in quel lungo di silenzio, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
“E per cosa?”
“Lo sai. Non voglio che tu pensi che non ti voglia bene, Lirys, è che sono solo tanto stanca. Non è una bella cosa da dire, lo so, ma non vedo l’ora che sia tutto finito.” Confessò la rossa.
Lirys abbassò lo sguardo ma poi lo rialzò fissandolo in quello di lei.
“Una volta una persona speciale mi disse: non posso illuderti dicendo che andrà tutto bene, ma non dovrai mai perdere la speranza. Io non l’ho fatto, e tu?”
Emyrin riconobbe le sue parole e nel sentirle rivolte a sé si scoprì sorpresa del suo comportamento.
Aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai perso la speranza, ma ora? Cosa stava facendo?
Le vennero le lacrime agli occhi.
“Hai ragione, sono stata una sciocca!” Affermò, abbracciando l’amica.
“Finalmente sei tornata, Emy. Mi sei mancata tanto.”
 
Dopo un paio d’ore, Dìs tornò a casa, si tolse la sciarpa e la mantella ed entrò in cucina.
Non appena le due la videro, si alzarono per salutarla.
Emyrin sentì subito le gambe molli e la stanza prese a vorticarle intorno.
Lirys e Dìs accorsero dubito in suo aiuto, ma la giovane non riuscì a sentire cosa stessero dicendo; vedeva le loro labbra muoversi ma non udiva le loro voci.
L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu la bottiglia di tea alle more che cadeva dal tavolo e si frantumava a terra.
 
 
Erebor – 11 Yavannië 2941, Terza Era.
 
Avevano raggiunto la Montagna Solitaria.
Avevano individuato la porta e seppur con qualche difficoltà, avevano trovato il buco della serratura.
Dopo, Bilbo era stato mandato in avanscoperta e in qualche modo aveva fatto infuriare il Drago, così quest’ultimo, sentendo odore di Uomo addosso allo Hobbit, era volato via verso Esgaroth.
I Nani erano fuggiti a Collecorvo, un’antica piazzaforte non molto lontano dalla Montagna dove il giorno dopo furono raggiunti da un Corvo Reale, Roäc, che li informò della caduta di Smaug per mano di Bard l’Arciere.
Allora Thorin aveva dato disposizioni di tornare ad Erebor  per cercare il Gioiello del Re, l’Arkengemma, e si era infuriato a morte scoprendo che nessuno di loro era ancora riuscito a trovarla.
 
La situazione era quella che era, l’animo dei Nani era per metà esultante per la conquista e per metà a pezzi per il comportamento che il loro Re aveva assunto non appena appresa la notizia della morte di Smaug.
C’era aria di malattia e si prospettava un periodo per niente semplice.
E non avevano idea che a miglia e miglia di distanza, la giovane Emyrin stava passando un brutto momento.














































-Angolino autrice-

CUCU'...
Salve a tutti...
Lo so, non mi uccidete, questo capitolo è in ritardo e fa schifo.
Vi prego, non trucidatemi ç_ç
Questa parte si sta rivelando un parto da scrivere, forse più difficile di quello che avrà Emy D:
Sono inoltre stravolta dallo studio - già carichissima di verifiche e interrogazioni che solo i Valar sanno come farò a studiare tutto insieme! -  e dal fatto che mi sono presa un cagnolino (un incrocio tra un Coker e un Border Collie) che mi sta facendo dannare!
Ad ogni modo.... 
Fatemi sapere... 
SCUSATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE ç_____________________________ç

LilyOok_/Juls ç_ç

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Capitolo 28
*** One last time ***


27.Capitolo ventisette 
 
Ered Lûin – 11 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Ci siamo quasi, mia cara ragazza. È questioni di giorni, oramai, perciò il mio consiglio è quello di rimanere a letto, tranquilla e a riposo, e cercare di essere il meno nervosa possibile ma anzi, più rilassata che puoi.” Disse Glorin “Vedete,” Si rivolse poi anche a Dìs, Lirys e Hirina “il bambino sta sicuramente subendo lo stress che prova sua madre. Dato che siamo vicinissimi al parto – come ho già detto, questioni di giorni – Emyrin non deve più affaticarsi o simile, poiché potrebbe risentirne.”
 
E così fece Emy.
Trascorse le sue giornate a letto, alzandosi a mala pena per andare in bagno.
Lirys le stava accanto ogni minuti e le teneva compagnia riuscendo anche a farla ridere.
Hirina aveva chiuso la bottega delle spezie per un po’, trasferendosi anche lei a casa di Dìs per stare vicina alla rossa. Voleva essere assolutamente presente nel momento della nascita del piccolo.
Dìs, dal canto suo, non riusciva più a dormire; passava le notti in camera di Emyrin a vegliarla per paura che potesse succedere qualcosa a lei o al suo nipotino.
L’attesa stava facendo fremere tutti, anche chi era lontano miglia e miglia.
 
 
Erebor – 13 Yavannië 2015, Terza Era.
 
“Kili, siediti, per favore. Mi stai facendo venire il mal di testa. Non ti ci mettere anche tu per piacere.” Disse Fili, in tono infastidito.
Allora Kili si sedette, ma tempo due minuti ed era già in piedi di nuovo.
“Che giorno è oggi?” Chiese, per almeno la quinta volta in due ore.
“Sempre il 13 di settembre
*. Vuoi dirci che ti prende, ragazzo?” Gloin alzò gli occhi al cielo e poi incrociò le braccia al petto scrutandolo con curiosa insistenza mentre il giovane contava qualcosa sulle punte delle dita.
“Ne sono passati nove, non c’è dubbio!” Esclamò infine, mettendosi le mani nei capelli.
“Nove cosa? Non ci sto capendo nulla.” Borbottò il Nano fulvo, sbuffando esasperato.
“Nove mesi, citrullo.” Lo rimbeccò Dwalin, scuotendo la testa.
“E se fosse già nato? Magari proprio ieri, o in questo momento... O potrebbe succedere tra una settimana o due...” Kili si sedette di nuovo accanto al fratello, rialzandosi tre secondi dopo.
Menato? Chi è stato menato?” In quel momento entrò Oin, che con il suo corno acustico ancora un po’ acciaccato non aveva capito una parola giusta di quel che il ragazzo aveva detto.
“No, no, che hai capito, Oin! Ha detto nato, nato!” Gridò Bofur, gesticolando di cullare un bimbo al petto.
“Ah... stai parlando di tuo figlio, giovanotto?” Rise il vecchio Nano sordo, dando una pacca su una spalla del papà-in-attesa.
Quello annuì. Ricominciando poi a camminare avanti e indietro.
 
Nel frattempo, Fili non faceva altro che pensare a Lirys, senza riuscire a ricordarsi la sfumatura dei suoi occhi.
 
 
Quando arrivò la notte, di nuovo di Thorin non vi era l’ombra.
Era sparito già da un po’ di giorni, ignorando le richieste di passare del tempo con loro dei suoi nipoti, di Balin e perfino di Dwalin.
Dava ascolto solo allo Hobbit, qualche volta.
 
Avevano addirittura innalzato un muro quando Uomini ed Elfi erano andati alle porte della Montagna per negoziare.
Ma essi non avevano desistito.
Quel girono tornarono con un nuovo piano per convincere Thorin a gettare la spugna e cedere quel che aveva promesso loro... ma  non avevano idea di come sarebbero degenerate le cose.
 
Il Re sotto la Montagna scoprì con sorpresa che la sua tanto agoniata Arkengemma era nelle mani nemiche.
Si infervorò a tal punto che scagliò una freccia ai piedi del Re Silvano Thranduil, minacciando una guerra.
Infine, quando il povero Hobbit uscì allo scoperto, rivelando che era stato proprio lui a dar loro il Gioiello del Re, Thorin uscì completamente di testa e tentò di gettarlo giù dalla barriera che avevano costruito.
Solo il miracoloso intervento di Gandalf – spuntato da non si sa dove, non si sa quando, ma il quale aveva il pregio di arrivare sempre nel momento giusto – riuscì a salvare Bilbo Baggins, che con la coda fra le gambe e un gran peso sul cuore lasciò la Compagnia.
 
L’ambasciata a quel punto fece per ritirarsi, concludendo che ormai non vi era più nulla da fare: Thorin aveva contratto la Malattia del Tesoro che scorreva nelle vene della sua famiglia e solo una guerra poteva essere l’esito della loro insistenza.
Cosa che in realtà si erano preparati ad affrontare.
All’improvviso, però, il suono di un corno in lontananza attirò l’attenzione di tutti e all’orizzonte comparvero le schiere nere degli Orchi, capitanate da Azog il Profanatore.
 
Nel frattempo, tra le mura di Erebor erano tutti sconvolti dagli ultimi avvenimenti.
Tentarono di parlare con il loro Re, tentarono di farlo ragionare, ma non ci fu verso.
All’esterno, le grida della battaglia arrivavano attutite dalla barriera di roccia.
Urla grottesche, ruggiti di Mannari e gridi di lotta di Uomini ed Elfi.
Da lontano giunse anche il suono di un Corno Nanico
**, che riconobbero come quello di Dàin dei Colli Ferrosi.
Erano giunti lì su richiesta del Nano e ora stavano combattendo, morendo per lui, mentr’egli se ne stava rintanato nella Sala del Tesoro a fissare il vuoto.
 
Alla fine, Fili e Kili passarono tutta la notte a discutere con lo zio finché qualcosa non scattò nel suo animo, ritrovando la lucidità alle prime luci dell’alba.
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Lirys, ti spiacerebbe aiutarmi?”
Era l’alba del quattordicesimo giorno del mese.
Emyrin aveva assolutamente necessità di alzarsi da quel letto, così chiese una mano all’amica che non si rifiutò di aiutarla.
Non appena fece un passo, però, percepì le gambe bagnarsi si e sbraitò contro se stessa in preda alla vergogna: “Ecco! Ci mancava solo che me la facessi addosso, adesso. Accidenti, non ne posso più!”
Lirys le alzò di corsa la gonna e osservò il pavimento.
“Sai, Emy, non credo sia quel che pensi tu. Mi sa che ti si sono rotte le acque...” Considerò, guardandola in volto.
“Cosa?!”
 
 
Erebor – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
La felicità esplose tra la Compagnia quando Thorin porse le sue scuse.
Il momento di ilarità, però, scomparve quando l’ennesimo grido straziato arrivò da oltre il muro.
“Amici, fratelli, so che non ho il diritto di chiedervelo ma... mi seguireste un’ultima volta
***?”
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Servono acqua calda e asciugamani puliti, presto!” Dìs, agitatissima, correva da una parte all’altra di casa mentre Hirina cercava di tranquillizzare Emyrin; avevano mandato Lirys a chiamare Glorin, ma egli sembrava non essere in casa.
Che avesse avuto qualche altro caso di cui occuparsi? Chi poteva saperlo... l’unica cosa certa era che avrebbero dovuto cavarsela da sole.
 
 
Erebor – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
Uno di fianco all'altro, i Nani si erano schierati nelle loro armature dorate, pronti ad uscire non appena il muro fosse andato in frantumi.
Kili e Fili, di fianco a Thorin, erano concentrati sul clangore di spade che veniva dall'esterno, sulle grida di lotta che si levavano dagli eserciti che si stavano scontrando.
Il moro fece un respiro profondo. In quel momento pregò i Valar per la loro vittoria ma sopratutto, pregò Mahal di dargli la possibilità di rivedere la sua dolce Emy.
E fu in quel momento, quando Bombur suonò il Corno e la roccia si sgretolò, che davanti ai suoi occhi balenò il suo sorriso luminoso.
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Emyrin, devi mantenere la calma.” Disse Hirina, prendendole la mano.
“La calma? Come faccio a mantenere la calma? Ho paura!” Gridò la giovane, con una smorfia sul volto.
“Avanti, Emyrin, vedrai che andrà tutto bene. Porta ancora un po’ di pazienza.” Intervenne Lirys, mentre le asciugava le prime lacrime.
‘Kili... dove sei?’
 
 
Erebor – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
I nemici erano tantissimi e ferocissimi.
Kili era ricoperto di schizzi di sangue nero dalla testa ai piedi.
Spalla a spalla con il fratello, si proteggevano a vicenda.
Potevano contare l’uno sull’altro, così come era sempre stato e come sarebbe stato sempre.
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Fai respiri profondi, Emy, respiri profondi e spingi.”
“Dìs, non ce la faccio...” Piagnucolò lei, la fronte imperlata di sudore e il volto contratto dal dolore.
“Non è vero! Ce la fai! Ce l’hai fatta fino ad ora e non ti permetterò di arrenderti proprio adesso, Capito, signorina?!”
Emyrin gridò e spinse, spinse più che poté.
Si rese conto in quei momenti che non era pronta per ciò che l’aspettava.
Pensò di nuovo a lui e lo maledisse per non essere accanto.
 
 
Erebor – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Thorin!” Gridarono all’unisono i fratelli, quando il Nano venne ferito.
Cercarono di farsi strada tra gli Orchi, ma raggiungerlo sembrava impossibile.
“Fili” Gridò il moro, parando un colpo alla sua destra. “vai, ti copro io.” Gli disse, indicando con un cenno del capo Thorin che si teneva un fianco mentre tentava di contrastare la forza dell’Orco Pallido.
A quel punto era tutto nelle sue mani.
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“Ci siamo quasi! Ancora un piccolo sforzo! Avanti!” Dìs incitava Emyrin, mentre afferrava la testa del bambino.
“Dai, Emy, ci siamo!” Le disse Lirys, sorridendole.
La giovane gridò, stritolando la mano della signora Hirina, utilizzando tutte le forze che le restavano per dare le ultime spinte.
 
 
Erebor – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
“No!” Il grido di Kili si disperse tra gli altri.
Thorin era caduto a terra privo di sensi e Fili era appena stato colpito alla gamba e a stento si reggeva in piedi.
Fece per correre in loro soccorso; non poteva più restare a guardare mentre i suoi parenti venivano uccisi!
Si mosse veloce, facendosi largo tra un paio di fila, ma poi avvertì un forte colpo alla testa e un dolore lancinante lo pervase.
Divenne tutto nero e non si accorse nemmeno di essere riverso a terra, fra il sangue e il fango.
Non vide né sentì più nulla.
 
 
Ered Lûin – 14 Yavannië 2941, Terza Era.
 
Il pianto del bambino arrivò lontano alle orecchie della neo-mamma, che non aveva neppure più le forze per socchiudere le palpebre.
“Emy, ce l’hai fatta, tesoro.” Le disse Hirina, accarezzandole la fronte sudata.
Lei annuì impercettibilmente.
Dìs avvicinò il fagotto al suo petto.
“È una bambina.” Disse solo, sorridendo alla sua nipotina.
“Emy, hai sentito? È una femmina, avevamo ragione noi tutte e tu ti... sbagliavi.” Lirys sussurrò l’ultima parola, guardando l’amica con gli occhi sgranati.
“Emyrin?”
Silenzio.
“Emy, tesoro, stai bene?” Anche Hirina cambiò totalmente espressione quando vide che la giovane non accennava a rispondere.
Silenzio.
“Dìs?” Lirys si voltò verso la Nana.
Lei non disse niente.
Calde lacrime scorrevano silenziose sulle sue guance.





*YAVANNIË SIGNIFICA SETTEMBRE IN QUENYA. NON HO TROVATO UN CAPPERINO SU INTERNET DI COME SI DICONO I MESI IN NANICO, QUINDI HO SCRITTO SETTEMBRE E PERCIO' VI IMPLORO, PRENDETELO COME FOSSE LINGUA CORRENTE XD

**NON SO ESATTAMENTE SE QUELLO CHE SUONANO I NANI è UN CORNO PARTICOLARE, MA QUI HO VOLUTO SPECIFICARLO IN MODO TALE CHE SI RICONOSCESSE A CHI APPARTENGA(?).

***FRASE TRATTA DAL FILM (non ricordo se le parole sono quelle ma il concetto è #OneLastTime e tante lacrime a non finire)





























-Angolino autrice-

Eccomi qui.
Sono tornata portando con me devastazione e morte e sofferenza e spero qualche lacrimuccia.
Spero vi sia piaciuto più delp recedente, che era tipo il peggiore della storia ma vabbè XD
E Spero non mene vogliate ma, ragazze/i, la terza parte si chiamava MORTE per un motivo...
Anyway, avete letto bene, CHIAMAVA, perché questo è l'ultimo capitolo di MORTE.
Questo, mie care lettrici e cari lettori - io metto avanti le ragazze perché non so nemmeno se ci sono i ragazzi che mi seguono - che il prossimo capitolo sarà l'EPILOGO.
Eh già...
Non dirò nulla, ma voglio fare tutto per bene nella nota di quest'ultimo.
Lunica cosa che vi posso dire è che vi adoro e boh..
Non saprei.
GRAZIE, con il cuore!

Aspetto i vostri pareri,
un bacione!

Juls


Ps: non mi ricordo se ve l'avevo mostrata ma...
 Ecco a voi Emyrin! (immaginatela con gli occhi castani, mi raccomando u.u)



 

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Capitolo 29
*** Epilogo ***


Epilogo
 
 
 
Erebor – 16 Yavannië 2941, Terza Era.
 
La notizia della morte di Thorin li aveva sconvolti tutti.
Balin era distrutto e non riusciva a trattenere le lacrime, stringendosi al fratello.
Lui, che era così vecchio e stanco, aveva avuto la meglio sul nemico mentre Thorin, che era come un figlio per lui, giaceva ora su quella misera branda, coperto fino ai capelli, accano agli altri numerosi morti di quella Battaglia.
Com’era potuto succedere?
Come aveva potuto, Mahal, volere una simile fine per lui, dopo tutte le sofferenze e le peripezie che aveva affrontato in vita?
Non era giusto; doveva esserci lui sotto quel lenzuolo.
Il destino è indiscutibile e ha sempre un fine, ma il vecchio Nano non trovava alcun senso in quella decisione ingiusta, in quella privazione prematura di una vita così importante.
E cosa avrebbe detto a Fili e Kili, quando si sarebbero svegliati?
Un peso troppo grande da gettare su quei due cuori giovani e coraggiosi, pieni di amore per il prossimo e che erano riusciti a guarire Thorin dalla Malattia.
Non se la sentiva di aggravare così i loro animi, ma neppure poteva tenerli allo scuro di un fatto così rilevante e a loro molto vicino.
E poi c’era Dìs.
Un corvo era stato inviato a portar notizie agli Ered Lûin e da lì a due mesi
* circa sarebbe arrivata la colonna di Nani che finalmente potevano tornare a casa.
Non sarebbe stata presente neanche al funerale.
A Balin si strinse il cuore al solo pensiero.
Ricordava come si erano lasciati mesi prima... i loro diverbi non sarebbero stati chiariti né si sarebbero più abbracciati o guardati negli occhi.
Allora Balin pianse ancora e con più amarezza nel cuore.
Pianse finché non ebbe più lacrime.
 
 
 
 
Erebor – 20 Ringarë 2941, Terza Era.
 
Fili sospirò.
Appoggiò il bastone accanto alla sedia e si lasciò cadere su di essa, stremato.
“Ti fa tanto male?” Gli chiese Kili, andandogli accanto.
Avevano finito di mettere a posto il piano inferiore e un terzo del primo.
Non era molto, certo, ma in quasi tre mesi era un lavoro più che sufficiente.
Ed era stato possibile grazie all’aiuto dei Nani dei Colli Ferrosi: Dàin aveva dato disposizione dei suoi in funzione dell’arrivo di Dìs e la gente dei Monti Azzurri.
“Sto bene, non preoccuparti.”
Anche se tentava di celarlo, si vedeva lontano un miglio che quella gamba gli arrecava dolore. In più, inutile dirlo, era evidentemente agitato per l’arrivo di Lirys.
E come non esserlo?
Kili stesso stava letteralmente perdendo la testa, bruciato dall’attesa di rivedere la sua Emyrin.
Non aveva idea di che fine avesse fatto, poteva esserle capitato qualsiasi cosa, lui non lo sapeva, perché non era giunta risposta dagli Ered Lûin.
Che fosse andato storto qualcosa?
Perché non gli avevano risposto?
Perché sua madre non aveva inviato indietro il corvo con notizie?
Quelle e molte altre domande affollavano la mente del giovane Durin quando si udì bussare alla grande porta di legno massiccio.
“Chi è?” Chiese Fili, in tono stanco.
Che volevano a quell’ora di sera proprio non riusciva a capirlo. Possibile che non si potesse restare tranquilli nemmeno dopo cena?
“Mio Re...” Esordì la voce all’esterno.
Fili sospirò ancora, esasperato: era effettivamente lui, ora, il Re sotto la Montagna, ma voleva aspettare sua madre e la sua Regina per la cerimonia d’incoronazione e fino ad allora aveva dato ordine di non essere appellato come Re, Sire, Maestà e simili, ma i Nani sembravano a disagio e continuavano imperterriti a trasgredire quella sua richiesta.
“Non credo di dover chiedere il permesso a nessuno per rivedere i miei figli! Fatevi da parte, voi.” Una voce ben familiare, calda, accogliente... la voce della loro madre.
Entrambi i fratelli si alzarono nell’esatto istante in cui la porta si aprì e Dìs fece il suo ingresso.
Kili, che ormai era rimasto il più agile tra i due, fu il primo a fiondarsi dritto dritto tra le sue braccia, abbracciandola e stringendola forte.
Non dissero nulla e rimasero così per un tempo che sembrò loro interminabile.
Quando poi anche Fili si fu avvicinato, il moro si fece da parte per lasciare che Dìs abbracciasse anche lui.
“Figli miei...” Mormorò la Nana. “Non pensavo che avrei avuto la gioia di rivedervi. Non fatemi mai più uno scherzo del genere, capito?”
“È tutto finito, mamma.” Le rispose il maggiore dei suoi figli, alzando poi lo sguardo oltre la sua spalla.
E fu allora che la vide.
E perse uno, due battiti.
Non ricordava fosse così bella.
Si specchiò in quegli occhi color del cielo d’estate e poi le si avvicinò, lentamente, come se un movimento repentino avrebbe potuto farla scappare per sempre.
Le accarezzò una guancia, le asciugò una lacrima.
“Lirys...” Mormorò quasi impercettibilmente e lasciò cadere il bastone, stringendola a sé in quell’abbraccio agognato da entrambi da troppo tempo.
Kili sorrise, finalmente suo fratello aveva ritrovato colei che amava.
Si guardò intorno, a quel punto, notando che mancava qualcuno.
Tutta la felicità scomparve dal suo volto lasciando spazio alla disperazione e alla paura.
“Mamma...” sussurrò, quasi avesse timore che udendolo sua madre gli avrebbe detto qualcosa di orribile. Qualcosa che avrebbe mandato in mille pezzi il suo cuore, già rotto dalla morte di Thorin.
Dìs gli mise una mano su una spalla e quando pensò che il peggio stesse per arrivare, che aveva perso tutto, che non aveva più ragione di vivere, lei sorrise.
 
E allora corse, corse a perdifiato verso quella stanza che sembrava non raggiungere mai.
Dìs gli aveva detto che la piccola di era messa a piangere e Emy aveva dovuto cercare un posto appartato per allattarla.
Così, arrivato ora davanti a quella porta, il cuore prese a martellargli nel petto come se volesse sfondargli la casa toracica.
L’avrebbe vista diversa ora che era mamma?
E sua figlia?
Chissà se aveva già scelto un nome per lei...
Scosse la testa e bussò, poi, non udendo risposta, entrò piano.
 
Il viaggio doveva averla stancata molto.
Nella stanza c’era un grande letto dove ora Emyrin dormiva tranquillamente, una mano vicina al viso coperto dai lunghi capelli e l’altra ad abbracciare quel piccolo corpicino rannicchiato sulla sua pancia.
La piccola era sveglia e quando incontrò i suoi occhi, Kili percepì chiaramente qualcosa esplodere dentro di lui.
La prese in braccio, lentamente cercando di non svegliare la mamma.
Com’era piccina...
La adagiò piano al suo petto; aveva paura di romperla, di farle male, come fosse una bambola di porcellana super delicata.
Tirò su con il naso.
Senza nemmeno accorgersene stava piangendo.
Erano lacrime di gioia.
Lacrime che aveva creduto avrebbe versato per la disperazione e la perdita.
E invece no, lei era lì, tra le sue braccia.
E gli stava sorridendo.
 
***
 
Percependo il peso della figlia che veniva meno, Emyrin si svegliò ma rimase ad osservare la scena che aveva davanti senza muoversi, non voleva rovinare quel momento: Kili che teneva in braccio la loro bambina, con gli occhi lucidi l’accarezzava, le sfiorava le guanciotte paffute e poi sorrideva tra le lacrime.
“Che fai, piangi, papà?” Disse, mentre anche i suoi occhi si inumidivano.
Si mise a sedere e incontrò il uso sguardo che si aprì in stupore, mostrandole anche tanta felicità e amore.
 
***
 
Kili sentì la sua voce e subito si girò a guardarla.
Quando si mise a sedere sprofondò nelle sue iridi color del tramonto e sentì un calore familiare espandersi dal petto in tutto il corpo.
Quant’era cambiata, quant’era diventata bella!
Solo Mahal lo sapeva.
I lunghissimi capelli rossi le ricadevano in una massa disordinata di riccioli per tutta la schiena, il viso si era ancor più cosparso di lentiggini e aveva assunto dei lineamenti più maturi, di donna.
Si sedette accanto a lei e spezzò quell’incantesimo che li aveva avvolti.
“Mi dispiace.” Disse, lasciando cadere una lacrima sul vestitino della piccola.
Emyrin gli toccò un braccio e sorrise; le lacrime erano sull’orlo di rigarle le guance, non le avrebbe trattenute più a lungo di così e non voleva farlo.
Entrambi guardarono poi la loro figlia.
“È bellissima. Ti somiglia, sai?” Le disse Kili, sorridendo.
“Somiglia anche a te. Ha il tuo sorriso e pensa, perfino le fossette di Fili, quando sorride! Dìs dice che la prima volta che ha aperto gli occhi... ha visto i vostri volti... e...” La giovane non riuscì a continuare, scossa ormai dai singhiozzi.
Il Nano adagiò la piccola sul letto, accanto a loro, e poi abbracciò Emyrin, lasciando che si sfogasse in quel pianto liberatorio.
“Quando... Quando è arrivato il corvo con la notizia della morte di Thorin... Dìs non ha avuto... la forza... di continuare a leggere...” Prese un bel respiro prima di continuare, tentando di calmarsi; si allontanò da lui per poterlo guardare negli occhi. “Allora le ho preso quel maledetto foglietto dalle mani e ho letto di te e di Fili, che eravate sopravvissuti...”
Altri singhiozzi la scossero e Kili le accarezzò la schiena coperta dai lunghi capelli.
“Ho avuto tanta paura! Poteva succedervi qualsiasi cosa, è un miracolo se siete ancora vivi!”
“Lo so, mi dispiace, Emy... Ti prometto che non ti lascerò più. Mai più. Finche avrò vita sarò al tuo fianco.” E così dicendo, il giovane prima l’abbracciò di nuovo e poi baciò quelle labbra che desiderava da troppo tempo, saggiando nuovamente il suo sapore, misto a quello delle lacrime.
 
 
 
“Le hai dato un nome?” Domandò il Nano, giocando con le manine della piccola.
“No, volevo che lo scegliessimo insieme.”
Kili osservò sua figlia: aveva il capo coperto da una folta massa di capelli rossi e lisci e quelle iridi identiche a quelle di sua madre gli diedero un’idea: “Cosa ne pensi di Lingsir?”
Emyrin lo guardò con curiosità.
“Significa tramonto
**.” Spiegò lui.
La Nana parve pensarci su, poi storse il naso.
“Perché non la chiamiamo Morwinyon? Disse poi, sorridendo quasi timidamente.
“È il nome della tua stella.”
“Ora è lei, la mia... la nostra stella.”
Kili tornò con lo sguardo su sua figlia e un moto di eccitazione gli crebbe dentro.
“Morwinyon...” Mormorò, annuendo. “Ti chiamerai così, allora, piccola stella.”
Emyrin sorrise e non poté fare a meno di commuoversi ancora una volta.
Quale regalo più grande poteva farle, Mahal, dopo tutte quelle sofferenze, più di quello di vedere la sua famiglia finalmente riunita per sempre?

 



 








 
The End












 

* IN REALTà NE PASSANO TRE PERCHE' Ringarë SIGNIFICA DICEMBRE 

** LINGSIR SIGNIFICA TRAMONTO IN LIBANESE. NON MI CHIEDETE COME MI SIA VENUTO IN MENTE MA ERA L'UNICO NOME CHE SI AVVICINAVA UN MINIMO AL NANICO HAHAHAHA






- Angolino aurice -

SCHERZETTO!
Credevate di dover aspettare fino al 30, non è così?
E invece no e dovete ringraziare Leila91 che mi ha fatto venire la voglia di pubblicare in anticipo.
Quindi, a lei i ringraziamenti u.u

Anyway, è finita.
Anche questa storia è giunta al termine nel non porpio peggiore dei modi: mi credete sempre così crudele ma una sorta di lieto fine lo trovo sempre hahahaa

Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno seguita in questa nuova avventura e che mi hanno dato i loro pareri o semplicemente che hanno letto in silenzio, chi mi ha messa tra le seguite, le ricordate e le preferite e chi mi ha aggiunta agli autori preferiti nel corso della storia!
Siete fantastici, vi adoro troppo !!!
ç_ç

Ora però, come mi pare di aver già detto nella mia recentissima flash "I'm looking for someone to share in an adventure", dopo questo Epilogo mi prenderò una pausa di riflessione dalle fanficiotn hahah ma non prendetemi in parola perché può darsi che troverete qualche spruzzo di ispirazione qui e lì.

Vi linko come sempre la mia pagina Facebook che potete trovare anche sul mio profilo EFP -->  
https://www.facebook.com/LilyOok.EFP/?fref=ts e niente, se volete fateci un salto ma non che ci sia granché, solo ci pubblico i miei lavoretti, ogni tanto ci sclero e chissà, magari spoiler di non so cosa ma potrebbero esserci hahahaah

Ebbene, è tempo che io vi saluti...
Un bacione e mi mancherete tantissimo ç_ç
Siete fantastici, grazie, grazie mille!!
Sopratutto alle mie specialissime
Leila91 e Emouel!!


Giulia 

 

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