Aveva rinchiuso
la Regina, condannato a morte sua sorella, ottenuto il cuore del
popolo di Arendelle.
Aveva vinto. Lui, ultimo dei principi, l'eterno dimenticato.
«Allora, cosa ci faccio ancora qui?»
Si lasciò cadere seduto sulla nuda roccia, accanto alle catene che
stringevano e ghiacciavano i polsi sottili di Elsa. Dormiva lei,
rinchiusa in uno dei suoi incubi (forse anche in quello stava
affondando con la magia nel cuore di Anna), le gambe raccolte al
petto, snudate dallo spacco della gonna traslucida, i piedi rimasti
nudi.
Hans avvicinò la mano alle sue cosce, senza toccarla, diviso dalla
sua pelle dall'aria fredda della cella e dal candore dei propri
guanti. Una scintilla rossa, bollente come il fuoco, ne mangiucchio
la punta dall'interno.
«Anche io so cosa vuol dire non avere nulla se non se stessi.» lo
sussurrò alla sua bocca, chinato su di lei a baciarne l'angolo
soltanto, come un ladro che s'è spinto troppo oltre «Non siamo forse
simili, Elsa?»
Elsa aprì gli occhi al silenzio inquietante della cella e ai segreti
che custodiva.
Non c'era nessuno con lei, ma quando abbassò gli occhi alle proprie
mani, tra le catene, si scoprì stringere al petto un guanto bianco
consumato dal fuoco. |