It's up to you! 2- Brotherhood!

di The_Lock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prima di giocare:

 

Membri della BBK:

Jason: 25 anni, leader della BBK, capelli scuri, occhi celesti, ex di Madison.

Logan: 24 anni, migliore amico di Jason, beta della BBK, capelli castani, occhi scuri, ex di Linsday.

Freddie: 24 anni, capelli biondi, occhi verdi, ha una relazione segreta con Madison.

Tristan: 23 anni, fratello gemello di Michael, fidanzato di Linsday, capelli rossi, occhi blu.

Michael: 23 anni, fratello gemello di Tristan, capelli rossi, occhi celesti.

 

Membri della TPK:

Madison: 24 anni, leader della TPK, capelli scuri, occhi scuri, ex di Jason, fidanzata con Freddie.

Linsday: 23 anni, beta della TPK, capelli scuri, occhi celesti, ex di Logan, fidanzata di Tristan.

Ashley: 19 anni, matricola, capelli biondi, occhi verdi.

 

 

 

1

Ashley chiuse la valigia ed aprì la porta della vecchia camera, voltandosi per guardarla un’ultima volta prima di partire per il St. Collins College. Sentiva una stretta allo stomaco: era già andata una volta in visita al college, aveva visto il dormitorio e si era interessata alla confraternita delle TPK, ma l’idea di non vedere i suoi genitori fino alle vacanze d’Ottobre la sviliva e la eccitava allo stesso tempo.
“Ash! Muoviti, sennò arriviamo in ritardo!” urlò il padre dal piano di sotto e la ragazza rispose con voce malferma, mentre chiudeva la porta con la promessa di dare un taglio alla vecchia vita da ragazzina tutto studio e poco divertimento. Il padre caricò la valigia nel bagagliaio e insieme viaggiarono per qualche ora, rimanendo in silenzio ed ascoltando musica triste che non faceva altro che espandere quel senso di perdizione che Ashley sentiva addosso.
“Ti divertirai al college, vedrai.” Disse il padre, sorridendole. L’uomo si dilungò in dettagliate narrazioni riguardanti la sua vita universitaria: gli scherzi, gli esami, le amicizie che non continuavano ancora oggi. Secondo il padre della ragazza, il college sembrava il paese del balocchi.
“Hai già deciso in che confraternita entrare?” domandò l’uomo.
“Forse nella TPK. Se mi accettano…” disse la ragazza, facendo spallucce.
“La presidentessa è quella Madison, vero? Sembra una tipa apposto. Comunque, se posso darti un consiglio: entra in una confraternita comunque. È meglio, saresti più protetta.” Spiegò l’uomo e la ragazza annuì, poco prima di addormentarsi per il resto del viaggio.

“Tutto pronto per la festa di stasera?” domandò Jason, raggiungendo i suoi amici seduti sull’erba del campus. I quattro ragazzi annuirono all’unisono ed il moro decise di prendersi una pausa e sedersi sull’erba vicino agli altri membri della BBK. Quella sì che sarebbe stata una festa d’inizio anno con i fiocchi: alcol, dj, musica, magari qualche droga leggera e tante, tantissime matricole donne da deflorare.
“Riusciamo a non mandare tutto a puttane come l’anno scorso?” domandò Jason, facendosi serio tutto d’un tratto, ed i quattro ragazzi s’irrigidirono.
“Eravamo d’accordo di non parlarne più…” mormorò Freddie, facendosi pallido in volto.
“Non mi interessa, idiota! Vi voglio sobri. Io mi ubriaco, voi no! Io mi drogo, voi solo un pochino! Io mi faccio qualche matricola, voi no! Chiaro?” domandò Jason, con tono di voce profonda e minacciosa. “Se vi vedo anche solo con un bicchiere o una canna in mano vi pentirete di avermi eletto come presidente della BBK.” ringhiò, guardando i suoi amici negli occhi.
“Oh, ci siam già pentiti da tempo.” Intervenne Logan, scoccando un sorriso all’amico per alleggerire l’atmosfera e facendo sorridere gli altri amici. Jason riservò al ragazzo un dito medio e poi si voltò, mentre gli altri riprendevano a parlare del più e del meno, lui si mise a fissare l’entrata del campus. la sua attenzione fu richiamata da una ragazza che vide arrivare in macchina accompagnata dal padre, una matricola, sicuramente; ma era molto più carina delle altre che aveva visto. Bionda, occhi chiari ed un bel fisico, forse un po’ troppo magrolino, ma davvero ben formato. Vide il padre posare una valigia con su appiccicata un’etichetta che recitava a caratteri sghembi il nome della ragazza.
“Ashley…” mormorò lui, sorridendo: aveva già puntato la sua prossima vittima.

La casa della TPK era bellissima. All’interno vi erano almeno quindici camere da letto doppie e altre cinque singole- riservate alla presidentessa e alle sue beta –una cucina attrezzatissima, una sala da pranzo enorme e un’infinità di altre sale comuni che si usava utilizzare solo durante le feste.
Ashley, insieme alle nuove matricole volenterose di entrare nella confraternita, aspettavano nell’ingresso la comparsa della presidentessa.
“Buon giorno, stronze bulimiche.” Disse Madison, comparendo in cima alle scale avvolta in un abito da sera lungo e bianco che stonava con la luce del pieno mattino. Madison scese le scale su delle altissime scarpe scoperte col tacco, seguita da una ragazza dai capelli lunghi e scuri raccolti in un’alta coda di cavallo.
“Ovviamente il saluto non era rivolto a te.” Disse Madison, avvicinandosi ad una ragazza leggermente in carne rispetto alle altre, per poi farle segno di andare via, ordine al quale la ragazza obbedì, raccogliendo la valigia e sparendo dietro la porta d’ingresso.
“Vediamo cosa abbiamo qui…” mormorò Madison, iniziando e guardare attentamente ogni ragazza presente in quell’ingresso, ogni tanto scambiandosi opinioni sottovoce con Linsday, la quale guardava l’oggetto dello scherzo con occhi maliziosi e scoppiava in una risatina isterica. Ad una ad una, delle venti ragazze che si erano presentate alla porta della TPK, solo cinque furono risparmiate, tra cui Ashley.
“Mettiamo le cose in chiaro, sgualdrine. Non siete ancora membri ufficiali della TPK; diciamo che siete in prova… stasera vestitevi bene: andremo alla festa d’inizio anno della BBK dove voi potrete scatenarvi come le cavalle arrapate quali siete. Io sono Madison, la vostra nuova guida, lei è Linsday… qualcuno che potete seguire quando non ci sono io, e…- fece una pausa, alzando la mano sinistra come a fermare le ragazze dal parlare –no, non mi interessano i vostri nomi.” Spiegò, girandosi di spalle e tornando a salire le scale.

Linsday condusse Ashley e le nuove ragazze alle proprie camere: tutte doppie che le ragazze avrebbero utilizzato come singole fino all’arrivo di nuove matricole- evidentemente Madison era stata colpevole di aver fatto fuggire più di una ragazza ed ora la confraternita sembrava mezza vuota.
La bionda svotò la valigia e osservò la sua stanza a lungo: vuota. Non era per nulla personale, non c’era ancora l’ombra di una camera vissuta e questo strinse lo stomaco della ragazza ancor di più della cattiveria di Madison. Frettolosamente la ragazza svuotò i bagagli e si adoperò a riempire la scrivania con oggetti propri, successivamente fece una lunga doccia e, prima che se ne accorgesse, era già tempo di vestirsi per la festa. Ashley sapeva bene che avrebbe dovuto vestirsi bene ma non meglio di Madison, questo l’avrebbe infastidita chissà a che punto, allora optò per un look sportivo-ricercato, evitando come la peste tutte le maglie bianche che aveva poiché bianco era il colore di Madison. Con un filo di trucco al volto, Ashley scese le scale e fu nuovamente esaminata dalle due consorelle le quali, storsero leggermente il naso ed approvarono con un cenno del capo l’outfit della ragazza, ma almeno non aveva ordinato alla bionda di cambiarsi come aveva fatto con due altre ragazze.
Insieme, le TPK si diressero a passo spedito verso la villa della BBK, grande il doppio della casa della confraternita femminile. Prima di suonare il campanello, Madison si voltò verso le ragazze e guardò minacciosamente tutte loro.
“Non fatemi fare brutta figura! Scegliete un ragazzo e portatevelo a letto: non c’è spazio per le santarelline, qui.” Spiegò Madison, premendo il pulsante.

La festa era un delirio di gente che ballava, beveva e fumava oppure faceva le tre cose contemporaneamente. C’erano coppie che pomiciavano ovunque, ragazze che ballavano in modo poco elegante vicino ai cavalli dei ragazzi, piegandosi e poggiando il sedere su di essi; e poi c’era gente che vomitava in giardino, che urlava insulti poco femministi e v’erano i suoni di una rissa provenienti dal porticato. Ashley rimase pietrificata alla vista di quella che sembrava una bolgia demoniaca: nessuna faccia amica, nessuno che sembrava sorriderle o darle il benvenuto e ben presto si trovò da sola, impalata all’entrata mentre le altre consorelle si gettavano in pista. Ingoiando aria, Ashley mosse i primi passi verso la cucina con l’intento di bere qualche sorso di alcol e poi sparire nel buio. Chi se ne frega se Madison il giorno dopo l’avrebbe cacciata? Lei non era proprio tipo da giocare al Grande Fratello durante una festa universitaria.
La ragazza si avviò al bancone della cucina, prese un bicchiere e provò ad aprire una bottiglia sigillata di martini, ma poiché la forza nelle sue braccia era poca, rinunciò ben presto. All’improvviso, però, due braccia muscolose comparirono al suo fianco e forzarono il sigillo della bottiglia, liberandolo. Ashley si voltò e vide un bel ragazzo versarle il martini nel bicchiere, sorridendole.
“Ciao, sono Jason.” Disse, richiudendo la bottiglia.
“Ashley.” Rispose la ragazza, boccheggiando alla vista di quell’adone dagli occhi celesti.
“Sei una matricola?” domandò lui con voce leggermente rauca. Ashley annuì; tutto d’un tratto le sue orecchie non percepivano più il brusio e il frastuono della musica nella sala antecedente la cucina: sentiva solo la voce di Jason.
“Senti… c’è troppo rumore qui. Ti va di chiacchierare un po’ sul giardino?” domandò il ragazzo, sorridendo sornione. Come un automa, Ashley annuì e seguì Jason di qualche passo, prima di essere fermata da una mano che le strinse il polso come una tenaglia.
“MATRICOLA! Ma sei matta?” domandò Linsday con gli occhi fuori dalle orbite. Ashley guardò la ragazza con la bocca aperta: cosa aveva fatto di male? Non era stata Madison stessa a dire di trovarsi un ragazzo? E lei l’aveva trovato, forse, e avrebbe fatto finta di andarci a letto per far contenta la presidentessa.
“Quello- indicò Jason con un cenno del capo- è l’ex di Madison!” disse con voce febbrile.

A) Ashley lascia perdere Jason
B) Ashley esce comunque con Jason 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2

 

 

Ashley boccheggiò, guardando alternativamente Jason e Linsday. Di certo il primo era un bel ragazzo, il classico adone del college, il più bello dell'istituto, e molte ragazze avrebbero ucciso per un appuntamento con lui, ma se questo significava mettersi contro Madison, Ashley non credeva di essere pronta ad un passo tanto grande. Era appena arrivata al college, era senza amici, si era unita alla TPK per poter contare su una confraternita durante i periodi difficili che le attendevano, e un tiro mancino direzionato alla regina del campus non era di certo la mossa più intelligente. Chissà, magari con Jason sarebbe potuto nascere qualcosa, ma non quella sera.

“O-ok.” disse Ashley, allora Linsday la prese per il polso e la condusse fuori dalla cucina. La bionda si girò solo una volta per sillabare senza voce un “mi dispiace” direzionato a Jason che, nervoso e deluso, guardava quella scena con impotenza.

“Sta' tranquilla.” disse Linsday “Non dirò a Madison che c'hai provato con Jason.” disse Linsday, dondolando leggermente il capo e allontanandosi dalla ragazza.

“Ma, veramente...” mormorò la bionda, ma prima che potesse aggiungere qualcosa Linsday era già sparita tra folla.

Nel frattempo, in cucina, Jason serrò i pugni e sbatté il palmo contro la superficie del tavolo, facendo tremare le bottiglie di vetro.
“Wo-oh! La regina ha colpito ancora.” mormorò Logan, versandosi dell'aranciata nel bicchiere.

“L'ammazzo! L'ammazzo, la resuscito e la ammazzo ancora!” ringhiò, dirigendosi fuori dalla cucina, ma Logan scivolò in mezzo e fermò Jason con un gesto della mano.
“Se Ashley non vuole casini con Madison, il che la trovo una mossa abbastanza saggia, non devi essere tu a rovinare tutto. La ragazza vuole vivere tranquilla! E poi potrete fare le cose nascoste per un po', no?” propose Logan, facendo spallucce.

“Ma cosa vuole dalla mia vita?” domandò Jason. “Ci siamo lasciati, basta!”
“No, l'hai lasciata tu! Il che è diverso, per una ragazza come Madison; sai che affronto alla sua dignità?” ghignò sadicamente Logan.

 

Freddie sbuffò, mentre sorseggiava il suo cocktail analcolico vicino alla consolle. Jason l'aveva eletto addetto alla musica di quella sera, ma questo significava principalmente due cose: non poter divertirsi insieme agli altri e non poter andare a letto con Madison- non quella sera, almeno. Vide la ragazza ballare sul tavolo, sventolando i capelli perfetti ed ancheggiando come solo lei sapeva fare e, per un attimo, i loro occhi si incrociarono. Freddie provò a sorridere, ma Madison lo fulminò e tornò a dimenarsi sul tavolo, lasciando il ragazzo a bocca asciutta. Era davvero stressante tenere nascosta quella loro storia. Non erano fidanzati, andavano solo a letto abbastanza frequentemente- solamente quando lo diceva Madison -eppure dovevano comportarsi come dei criminali. Jason l'aveva lasciata ormai da quattro mesi e non c'erano restrizioni sociali sul debutto pubblico di un nuovo fidanzamento, ma la verità era ben diversa e Freddie la sapeva bene: Madison si vergognava di uscire con un membro che non fosse un'alfa e lui non era neanche un beta.

Freddie sbuffò e si voltò, sussultando nel trovarsi vicino Michael con un sorriso sornione a fior di labbra.
“Che c'è?” domandò il biondo e Michael tirò fuori dalla tasca una bustina piena di marijuana.
“Vieni a spararti qualche cannone con me, Tristan e Linsday?” domandò il rosso, sbattendo le lunghe ciglia nel tentativo di ammaliare Freddie.
“Cosa? Jason ci uccide! E poi io sono l'addetto alla musica...” mormorò Freddie.

“Andiamo a fumarla in camera mia: Jason non verrà mai a cercarci lì. Dai, senti quant'è buona!” lo provocò Michael, aprendo la bustina e mettendola sotto al naso dell'amico che si morse le labbra “Metti una playlist a caso e vieni!” lo tentò e, vinto, Freddie annuì.
 

Ashley uscì dalla porta d'ingresso e si poggiò ad una delle colonne che formavano il colonnato del portico. L'aria di Settembre era fresca ma perfettamente sopportabile e la ragazza decise di godersi un momento di pausa da quella festa troppo calda per i suoi gusti. Sentì dei passi dietro di sé e si voltò, trasalendo nel vedere che Madison si avvicinava a lei con andamento minaccioso. Prese dalla pochette il pacchetto di sigarette, ne estrasse una e ne offrì una alla ragazza che rifiutò con un cenno del capo.
“Linsday mi ha detto che ci hai provato con Jason.” disse lei, sbuffando il fumo in faccia alla ragazza. La bocca di Ashley si seccò immediatamente, fiutando il pericolo, mentre vedeva gli occhi freddi di Madison che la osservavano con uno sguardo penetrante.
“Io...” mormorò Ashley.

“Mi ha anche detto che appena ti ha informata, l'hai lasciato perdere.” spiegò, tirando nuovamente dalla sigaretta. “Come ti chiami?” domandò, infine.

“Ashley.”
“Bene, Ashley. Diventerai la mia seconda beta.” spiegò Madison. “Di solito si ha una sola beta, ma Linsday, poverina, ha il quoziente intellettivo di un coniglio nano. Inoltre quest'anno mi laureo e devo essere certa di lasciare la TPK ad una persona competente, e tu mi sembri tale.” mormorò ed Ashley annuì come un automa prima ancora di capire cosa Madison le stesse dicendo. La mora aprì la bocca per parlare ancora, ma si bloccò immediatamente, spalancando gli occhi e rabbrividendo, come avesse visto un fantasma.

“Tutto bene?” domandò Ashley, ma Madison s'era già mossa ed era rientrata, seguita da Ashley, e si diresse verso la consolle dove Logan cercava disperatamente di cambiare canzone mentre Jason gli urlava qualcosa alle orecchie, ma il volume era troppo alto e gli ABBA che cantavano Dancing Queen non permettevano ad Ashley di capire cosa stesse accadendo, allora si mosse verso di loro con fare ignaro e si fermò solo quando fu capace di carpire qualche parola.

“Fa' qualcosa!” urlò Jason.
“Il computer è bloccato!” spiegò Logan.

“Siete degli idioti!” sbottò Madison “Cambia canzone!” disse in tono febbrile. Ashley aggrottò la fronte: cosa c'era di sbagliato negli ABBA? Certo, erano un po' fuori luogo con la musica elettronica di poco prima, ma la gente sembrava divertirsi lo stesso.
Nel frattempo, Freddie, Tristan, Michael e Linsday scesero le scale di corsa, il primo pallido come un cencio e gli altri tre tremanti come foglie d'inverno. Alla fine, spazientito, Jason prese a tirare il cavo che collegava il computer all'amplificatore e lo strappò con uno strattone spietato. La gomma tutta recisa, i fili elettrici tutti scoperti e l'improvviso silenzio.
“La festa è finita!” urlò Jason, affannato come avesse appena salvato la vita di qualcuno. Ci furono proteste, ma Jason ripeté con voce più alta di uscire e tale fu l'imperio e la minaccia che seguì l'ordine, che tutti gli invitati uscirono.

Indecisa ma troppo incuriosita, Ashley fece finta di uscire ma si nascose dietro lo stipite della porta per sentire meglio i discorsi del gruppo.
“Tu...” ringhiò Jason, avvicinandosi a Freddie con aria omicida. Il moro era ben più alto del biondo e Freddie indietreggiò lentamente, sentendo la propria vita in pericolo.

“I-io... mi spiace, mi sono assentato un attimo e...” mormorò Freddie con voce quasi impercettibile. Infuriato, Jason lo afferrò per il colletto e subito Logan cercò di allontanare l'amico dal povero ragazzo.

“SEI UN IDIOTA! AVEVI UN COMPITO SEMPLICISSIMO!” urlò Jason mentre Logan lo tratteneva con difficoltà.

“Jason, non qui!” intervenne Logan “Potrebbe esserci ancora qualcuno.” sussurrò “Andiamo nel retro.” propose, facendo cenno a tutti di precederlo. Cosa era successo? Era una semplice canzone, ed anche abbastanza carina, quindi perché infuriarsi tanto? Di sicuro c'era qualcosa che non andava e i sette ragazzi erano andati nel retro per parlare. Quanta curiosità la pervadeva ora! La bionda sapeva da sempre che le confraternite condividevano dei segreti, ed ecco che uno di essi le si era palesato davanti! Che voglia di origliare i loro discorsi, condita ancora di più dal rischio di essere scoperta. Si sentiva come una bambina.

 

A) Ashley origlia gli altri
B) Ashley torna alla sede della TPK


Carissimi e carissime,
ringraziamo La_Effe per la scelta del capitolo precedente! Purtroppo mi sono scordato di spiegarvi le regole del gioco nel capitolo precedente, quindi ecco qui una breve spiegazione. Il primo a inserire nel commento l'opzione che vorrebbe che il personaggio segua, avrà il diritto di scegliere. Tutti possono giocare, che voi siate lettori assidui o semplici curiosi di passaggio, ma badate di inserire l'opzione nel commento poiché siccome è un gioco al quale tutti possono partecipare, tutti hanno il diritto di sapere con chiarezza che non sia stato effettivamente io a scegliere ma uno di voi.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3

 

Jason sentì sulle nocche un lieve dolore e un forte formicolio. Gli ci volle un po', prima di realizzare che aveva in tutti gli effetti tirato un pugno a Freddie il quale, ora, giaceva dolorante per terra, con una mano che cercava di fermare il sangue che fuoriusciva dal naso ora ferito. Il ragazzo respirò più lentamente, vide l'amico che non osava guardarlo negli occhi, poi Tristan e Michael che aiutavano il biondo a rialzarsi da terra e poi Logan si sovrappose tra i due, spingendo via Jason in malo modo.

“Idioti!” sbottò Madison con voce stridula, prendendo a colpi di borsetta l'aria e poi ripresero tutti a urlare e a insultarsi o giustificarsi, mentre l'unica che rimaneva estranea a tutto era Linsday che decise proprio in quel momento di controllare le doppie punte della sua chioma.

“Non dovevamo rimanere lucidi!?” gridò Logan, guardando Jason negli occhi: una cosa che il ragazzo proprio non sopportava era l'incoerenza che a volte Jason dimostrava.

“Dillo a quei cretini che si sono drogati quando avevo espressamente ordinato loro di non farlo!” si difese Jason.

“Non mi interessa! Tu sei il capo, devi dare l'esempio!” sbottò.

“Ci dispiace...” mormorò Tristan, dopo che con Michael e Freddie si erano alzati e posizionati uno affianco all'altro come pronti a ricevere la fucilata da parte del battaglione di esecuzione. Jason sembrò calmarsi, più per compiacere Logan che per altro, e respirò profondamente, premendo con pollice ed indice il setto nasale.
“Mettete a posto voi il casino della festa.” ordinò, come punizione, ed i tre ragazzi annuirono, ed entrarono in casa.
“Tu sì che sei un leader.” commentò Madison, velenosa.

“Sta' un po' zitta, tu.” ringhiò Jason, facendo per andarsene ma poi ripensandoci e tornando indietro, affrontando Madison “Ah, e mi farò Ashley, sappilo.” la sfidò, puntandole contro l'indice.

“Non accadrà mai.” sorrise la ragazza, scuotendo la chioma bruna “La sto facendo diventare la mia seconda beta, e sai cosa vuol dire questo.” commentò Madison, passandosi la lingua sui denti bianchi e perfetti.
“Cosa?” domandò Linsday, rimanendo a bocca aperta, ma la leader della TPK la zittì con un gesto della mano.
“Come vedi, Jason, sono sempre ad un passo avanti a te.” spiegò Madison, sorridendo sadicamente.

Il moro inspirò profondamente, pronto a mangiarsi viva Madison con qualche insulto, quando l'urlo di Tristan che chiamava i ragazzi a gran voce interruppe la loro conversazione. Tutti e quattro presero a correre superandosi a vicenda finché non arrivarono nella sala grande dove Freddie, Michael e Tristan fissavano la parete con pelle pallida ed occhi spalancati. I quattro ragazzi si voltarono e videro una scritta sul muro: Linsday lanciò un urlo mentre gli altri leggevano la scritta che recitava “So cosa avete fatto!”, marcata con quello che sembrava sangue.

 

 

Il mattino dopo Ashley si svegliò di buon'ora e scese le scale per fare colazione. Era il primo giorno di lezione al campus e la ragazza aveva impostato la sveglia abbastanza in anticipo per potersi godere una lenta colazione ed una preparazione del materiale scolastico meticoloso: penne, matite, quaderni su quaderni ed i libri di letteratura comprati già con mesi di anticipo. Indossando il semplice pigiama rosa la bionda arrivò in cucina dove vide Madison ferma vicino al lavabo, mentre fumava e beveva caffè da una tazza.

“Buongiorno.” disse Ashley, e la ragazza si voltò e rivelò due occhiaie segnali di una notte priva di sonno. Anche la pelle era più tesa e stanca, tutto d'un tratto Madison sembrava invecchiata di vent'anni. La bionda non ci fece molto caso: evidentemente Madison aveva fatto qualche pazzia la sera prima ed ora ne pagava le conseguenze.

“Che fai? Mangi?” domandò Madison, vedendo la ragazza prendere una scatola di cereali dalla dispensa. Ashley rimase interdetta da quella domanda e non rispose, rimanendo con la scatola dei cereali in mano; poi i suoi occhi scivolarono sul corpo di Madison. La bruna indossava solo intimo ed una vestaglia di seta bianca aperta, che lasciava vedere un fisico allenato eppure al limite dell'anoressia: le si vedevano le costole e le cosce erano sottili come due sigarette.

“Non puoi essere la mia seconda beta se pesi più di 50 kg.” spiegò Madison, “Spero tu voglia vomitare la colazione, dopo.” mormorò, sedendosi sul bancone della cucina e tirando una boccata dalla sua sigaretta il cui filtro era sporco di rossetto rosa.

“Uhm...” mormorò Ashley, sentendo già la bocca secca da quelle insinuazioni.

“Senti, bionda. Ho un compito per te. La TPK è una confraternita piena di tradizioni: tra anoressia, bulimia, prostituzione per soldi o per passione... insomma, ci teniamo ai valori moderni. Ma una delle tradizioni a cui tengo di più è la festa di Halloween. Pensi di riuscire ad organizzarla tu?” domandò Madison, alzando un sopracciglio “Linsday non sa neanche come si usi un computer ed io non ho la testa di organizzare nulla, al momento.” si giustificò, fermandosi un attimo a fissare il vuoto.
“S-sì, certo.” spiegò la bionda, annuendo.
“Bene. Ci vediamo a pranzo.” mormorò, scendendo dal bancone e sparendo dietro la porta, lasciando un lieve odore di profumo alla lavanda dietro di sé.

 

Ashley si diresse in biblioteca a passo spedito, sperando di trovarla aperta a quell'ora del mattino. La ragazza non voleva deludere Madison ma neanche perdere il primo giorno di lezione e se davvero doveva organizzare una festa di Halloween almeno in biblioteca avrebbe trovato il Wi-fi per vedere le ultime tendenze del momento.
La bionda spinse la porta ed esultò lievemente, trovandola aperta, e si diresse nell'aula computer dove accese il primo apparecchio che trovò ed aspettò con devozione la sua attivazione, approfittando dell'attesa per fare mente locale. Non era arrivata al campus neanche da due giorni che già doveva organizzare una festa e aveva ricevuto le avances di un bellissimo ragazzo; la bionda sorrise pensando a quanto fosse bella la vita del college. Certo, un po' sregolata, ma alla fin fine non poteva mica lamentarsi.
“Ehi.” disse una voce alle sue spalle e Ashley si voltò di scatto, come colta in fallo, e trovandosi proprio Jason alle sue spalle.
“E-ehi...” balbettò lei, aggrottando la fronte, osservando il ragazzo: anche lui aveva un'aria distrutta ed era evidente che non aveva dormito affatto.
“Ho una faccia così stanca?” domandò Jason, sedendosi al fianco della bionda.
“Un po'...” sorrise lei, attivando internet e iniziando a navigare in rete. “Hai dormito almeno un po'?” chiese con aria innocente.

“Non proprio... abbiamo pulito per tutta la sera...” mormorò, con voce sottile come stesse confessando un'atrocità.

“Bella festa, comunque.” mormorò Ashley, iniziando a pigiare i tasti “Hai qualche idea da suggerirmi per la festa di Halloween della TPK?” domandò lei.
“Esagera. Con tutto.” scherzò lui. “Una volta Madison affittò una villa, riempì la piscina di champagne e servì solo caviale...” sorrise, sbadigliando.

“Wow...” mormorò Ashley, spalancando gli occhi e ingoiando aria. Davvero era possibile una cosa del genere? Riempire una vasca di champagne? Doveva esser stata una festa epocale, pensò, ma un suono proveniente dal computer la distrasse: era una mail.

“Chi ti invia una mail a quest'ora?” domandò Jason, rilassando il collo.

“Non è per me...” mormorò lei, girando lo schermo per lasciar vedere l'oggetto della missiva al ragazzo. Jason impallidì all'istante quando lesse l'oggetto della mail: “Per Jason Fowers”. Il ragazzo strappò il mouse dalle mani della ragazza e vi cliccò sopra, per poi leggere il contenuto, impallidire ulteriormente e alzarsi di scatto.

“Io... d-devo andare.” spiegò, uscendo con passo frettoloso dalla biblioteca. Incuriosita, Ashley, girò lo schermo e lesse il contenuto della mail.

La prossima volta, controlla che tu abbia fatto un buon lavoro.

Guardatevi le spalle,

D.M.”

 

 

La lezione di letteratura era stata interessante, il professore del corso aveva spiegato ai suoi alunni che avrebbero letto ed analizzato il Conte di Montecristo e subito i pensieri di Ashley volarono ai ragazzi, alla festa, alla mail e all'espressione di Jason quando l'aveva letta o quando aveva strappato il cavo dalla consolle.

Ogni confraternita aveva i propri segreti e Madison aveva spiegato alla bionda che, se avesse superato quel semestre da beta-due, l'avrebbe resa partecipe dei segreti della TPK; ma ad Ashley interessava un altro segreto: quello che aleggiava tra i ragazzi della BBK e Linsday e Madison. Doveva esser successo qualcosa, qualcosa di brutto, e forse la ragazza aveva un primo indizio dalle iniziali di quel nome: D.M. Il suo flusso di pensieri fu interrotto, però, quando vide Madison da lontano avvicinarsi a lei, sempre vestita in bianco, perfetta in ogni dettaglio, come appena uscita dalla copertina di Vogue. La bruna prese posto difronte alla ragazza e ordinò un calice di vino bianco ed un insalata di cui mangiò solo cinque foglie.

“Allora?” domandò la ragazza, spazientita. La bionda tirò fuori dalla tracolla due fascicoli, ognuno contenente una proposta per la festa di Halloween.

“La prima proposta sarebbe fare la festa all'interno della TPK: musica, piscina e tanto alcol. La seconda si tratterebbe di farla nell'Hotel St. Jude: il famoso hotel infestato della città, in periferia.” spiegò Ashley “Il posto è abbandonato e non credo sarà difficile ottenere un permesso.” aggiunse la ragazza, ma si bloccò nel vedere che Madison non la stava ascoltando ma era intenta a guardare con disgusto la pasta alla carbonara nel piatto di Ashley. La bruna fece di no con la testa e aprì entrambi i fascicoli.

“Non mi pare tu abbia preso sul serio la faccenda del peso...- mormorò Madison -Una volta ho costretto una matricola a mangiare cotone e bere solo acqua, poi ha avuto un'occlusione intestinale ed è dovuta andare in ospedale dove l'hanno aperta in due come un panino e svuotata... ma almeno era magra.” sorrise, sbuffando una nuvola di fumo dalle labbra.

“Quale delle due opzioni ti piace di più?” domandò Ashley, cercando di cambiare argomento.

 

A) Madison sceglie la villa TPK
B) Madison sceglie l'hotel St. Jude

 

Carissimi e Carissime,
nuovo capitolo, nuovo bivio! Dove preferireste che la festa di Halloween della TPK si svolga? All'interno di un Hotel abbandonato ed infestato dai fantasmi o nella sfarzosa villa della TPK? Ovviamente tenete bene in conto che i due luoghi sono parecchio differenti e, siccome si sa la piega horror che prenderà questa storia, provate a scegliere quale dei due spazi secondo voi può essere migliore per lo svolgimento della storia. Questo bivio è un punto abbastanza focale della storia, vi prego di pensarci a lungo... ah, dimenticavo: secondo voi qual è il segreto che condividono i ragazzi?
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 4

 

Madison si mise a sedere sul letto e si riallacciò il reggiseno. Erano le tre del mattino eppure non aveva sonno- aveva dimenticato i sonniferi in camera alla TPK -ed aveva troppa nicotina in corpo per anche provare a chiudere gli occhi. Dopo essersi infilata una maglietta si mise vicino al davanzale della finestra e accese una sigaretta, guardando con sguardo vacuo oltre i giardini della villa della BBK e perdendosi in un ricordo preciso.

Era passato un anno o giù di lì, eppure ogni scena, ogni frase, ogni dettaglio era forgiato nella mente della bruna con impressionante precisione; tale fu l'imponenza del ricordo che Madison non poté trattenere un brivido.

“Mad..? Che fai?” domandò Freddie con voce impastata.

“Torna a dormire, Fred.” disse lei- lo chiamava Fred quando voleva trattarlo da uomo.
“Tu non vieni a letto?” domandò il biondo, passandosi una mano tra i capelli.
“Non posso rischiare che mi vedano qui, con te.” spiegò la bruna. “Non sei neanche un beta...” mormorò con disprezzo.
“Ancora con questa storia! L'anno prossimo...”
“L'anno prossimo Logan diventerà l'alfa e ed io sarò a cercare lavoro, quindi taci e accontentati di qualche nottata di divertimento.” sibilò lei, velenosa come una vipera.
“Bene. Allora vai via!” sbottò lui, alzando la voce. Allarmata dall'essere scoperta, Madison si avvicinò a gran falcate verso il ragazzo e gli mollò un ceffone che risuonò per tutta la camera.
“Non osare farmi questi scherzi, brutto cretino! Non hai idea di cosa voglia dire mettersi contro Madison Whrick!” sibilò, per poi prendere i suoi vestiti e uscire dalla stanza.

 

Jason bussò alla porta di Logan, ma dovette ripetere l'azione per altre due volte prima che l'amico si svegliasse e aprisse la porta. Il volto di Logan era bello riposato anche se appariva gonfio di sonno, ma il ragazzo capì subito che qualcosa non andava quando vide Jason in quello stato catatonico.

“Qualcuno sa...” spiegò il moro. Logan alzò gli occhi al cielo e lo tirò in camera, facendolo sedere sul letto ancora caldo, mentre il ragazzo si stiracchiava leggermente e si sciacquava il viso.
“Ho ricevuto una mail... in realtà ero con Ashley e lei ha ricevuto questa mail che riguardava me... cioè noi...” raccontò, mangiandosi l'unghia del pollice.

“Jason... è passato un anno. Se qualcuno avesse visto qualcosa, perché aspettare invece che andare alla polizia?” domandò Logan, togliendosi la maglietta e guardando l'amico come fosse un pazzo.

“Un anno domani.” lo corresse Jason con voce tremula “Halloween...” mormorò, spettrale.
“E cosa dovrebbe succedere? Non credo ai fantasmi, Jason, e non dovresti neanche tu... Magari è stata Madison: t'ha visto con Ashley e ti ha fatto spaventato.” spiegò, aprendo l'acqua della doccia. Jason annuì, abbattuto; se persino il suo migliore amico gli diceva di stare tranquillo, allora i casi erano due: il primo era che Logan aveva ragione, il secondo che Jason aveva ragione, c'era qualcuno che sapeva, e Logan non voleva che l'amico si preoccupasse ulteriormente.
“Vieni a giocare a calcio, oggi pomeriggio?” domandò Logan, prima che l'amico uscisse, ma Jason sembrò non sentire e si chiuse dietro la porta della camera.

“Una volta mi sono fatta Michael scambiandolo per Tristan.” disse Linsday, raccogliendo una foglia da terra. Ashley fece un attimo mente locale: Linsday era stata fidanzata con Logan e, dopo che si erano lasciati, lei si è consolata con Tristan, fratello gemello di Michael... la bionda strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta per qualche secondo. Perché aveva chiesto alla bruna di accompagnarla? Linsday era imbarazzante, a volte, e non sempre le sue uscite erano divertenti.
“Oh...” disse la bionda, dopo qualche secondo, e Linsday fece spallucce. “Dovresti forse dirglielo?” domandò Ashley, mentre apriva con la chiave il pesante lucchetto che teneva salda la catena che avvolgeva le maniglie della porta del St Jude Hotel. Le ragazze entrarono ed Ashley provò ad accendere la luce, ma ovviamente era spenta. “
“Strano... tutte queste finestre sbarrate...” mormorò la bionda.
“La gente si suicidava.” annuì Linsday “Si lanciava da ogni piano, anche da piano terra...” mormorò Linsday.

“Ottimo.” mormorò Ashley, entrando nella Hall dell'Hotel e guardandola attentamente: era abbastanza grande da garantire a più di cento persone di ballare senza accalcarsi. Se poi mettevano il Dj alla reception e riempivano la sala da pranzo di bibite e cibo il successo era assicurato.
“Ho chiesto a Tristan di fare una parata e dedicarmela.” sghignazzò Linsday.

“Ah, non sapevo giocasse in porta.” mormorò Ashley, distratta dalle lunghe scale che si diramavano in due direzioni opposte. L'ascensore era fuori uso, ma il problema dell'elettricità era ovviabile con l'uso di qualche faro e candela al posto giusto; in più i cinque piani dell'hotel garantivano abbastanza stanze alle coppie che volevano concludere la serata in bellezza.
“Ma è attaccante, infatti.” mormorò Linsday con tono stralunato. Ashley annuì con vaghezza e uscì dall'hotel, chiudendolo solo dopo essersi accertata che Linsday l'aveva seguita fuori. Poi, un'idea maliziosa passò per la mente di Ashley.
“Linsday... chi è D.M.?” domandò Ashley mascherando la malizia della domanda con una maschera di noncuranza. Sapeva che Linsday era coinvolta nel segreto della BBK- altrimenti gli altri l'avrebbero esclusa dalla loro riunione nel giardino del retro qualche sera prima -e se D.M. c'entrava qualcosa con quel segreto, una ragazzina stupida come Linsday non avrebbe avuto problemi a vuotare il sacco.

“Chi?” domandò lei, aggrottando la fronte.

“D.M. sono iniziali.” spiegò Ashley.

“Non ne ho idea...” mormorò la bruna, facendo ondeggiare leggermente il capo. Ashley studiò Linsday con attenzione: una nuova luce, una parvenza di furbizia passò oltre lo sguardo dell'amica e la bionda non se lo lasciò sfuggire. Evidentemente Linsday non era poi così stupida- o forse aveva solo paura di Madison, il che la rendeva furba sopra ogni norma.
“Che dici, chiamo Tristan e confesso tutto?” domandò la bruna.
“Vuoi chiamarlo? Ma se vi vedete ogni giorno?” notò Ashley, e Linsday fece spallucce, iniziando a cercare il cellulare per scrivere al suo fidanzato.

“Oh no, ho dimenticato il cellulare alla TPK!” piagnucolò la bruna.

“Allora dovrai affrontarlo di persona...” sospirò Ashley.
“Uffa! Andrò verso i campetti. Ciao ciao Ash!” disse, sventolando la mano e cambiando direzione.

“Ciao, Linsday...” mormorò Ashley aggrottando la fronte: ora capiva perché Madison non voleva lasciare la TPK ad una tipa sbadata come Linsday.

 

La partita si concluse con la vittoria della squadra di Logan e Michael ed i due festeggiarono sapendo bene che in gioco c'era della birra offerta dai due perdenti.
“Avete barato!” mormorò Freddie, dirigendosi verso le panchine dove aveva lasciato il borsone, subito seguito dagli altri tre.
“Non è vero, siamo solo più bravi!” sorrise Michael, mostrando i denti.
“Hai vinto solo perché Logan non si è sparato qualche cannone!” si lamentò Tristan, e subito si creò il silenzio, mentre il rosso si mordeva il labbro.
“Cosa? Ragazzi... porca vacca!” si lamentò Logan “La piantate di fumare erba? Se Jason vi scopre vi fa a fettine!” gli rimproverò in tono più paterno.

“Sì ma Jason non c'è.” disse Tristan, facendo spallucce.

“Già... e se un anno fa non ci fosse stato a quest'ora non saremmo qui a giocare a calcio, idioti! Portate rispetto a chi vi ha salvato il sedere!” disse, prendendo il borsone e dirigendosi verso gli spogliatoi.

I tre ragazzi guardarono Logan allontanarsi con passo pesante e poi si lanciarono un'occhiata preoccupata.

“Secondo voi farà la spia?” domandò Tristan.
“No... non è da Logan.” mormorò Freddie. “Dai, andiamo. E cerchiamo di non fumare fino a domani, ok?” propose, ed i due gemelli annuirono. Freddie e Michael si avviarono verso gli spogliatoi, lasciando Tristan da solo a raccattare le palle e rimetterle a posto in un armadietto in fondo campo, ma poi una canzone iniziò a suonare e Tristan si impietrì.
You can dance You can jive Having the time of your life...” suonava la versione registrata, e il rosso non ci mise molto a capire da dove provenisse. Corse a perdifiato fino alla panchina, aprì il borsone chiuso con la zip a rischio di strapparla e tirò fuori ogni cosa dalla propria sacca fino a quando non trovò il suo cellulare.
Diggin' the Dancin Queen...” cantava il cellulare. Era impazzito, per caso? Di certo non era stato lui a mettere quella suoneria al proprio cellulare, e di certo, se anche fosse stato, avrebbe evitato di mettere Dancing Queen degli ABBA. Il rosso si guardò attorno e controllò non ci fosse nessuno, mentre un sudore freddo gli correva lungo la schiena.
You are the Dancing Queen, young and sweet...” continuava, mentre sullo schermo dell'apparecchio appariva il nome dell'emittente: LINSDAY.


A) Tristan NON risponde
B) Tristan risponde  



Carissime e carissimi,
ringraziamo La_Effe per la scelta precedente, permettendo così alla storia di andare avanti. Un bivio interessante, questo, non trovate? Se davvero Linsday ha lasciato il cellulare alla TPK, allora chi sta chiamando Tristan dal cellulare? A voi la scelta, signori e signore!
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 5

 

Tristan premette il bottone rosso sullo schermo del cellulare e la canzone si fermò immediatamente, mentre un vago senso di turbamento lo prendeva alla sprovvista: da dove veniva fuori quella suoneria? E poi il messaggio sulla parete e ancora la stessa canzone che compariva dal nulla alla festa d'inizio anno. Qualcuno si stava evidentemente divertendo con le loro fragili menti.

Non era un caso che lui, Michael e Freddie avevano iniziato a drogarsi con più frequenza, dopotutto... Tristan si passò una mano sui capelli rossi e raccolse il borsone, dirigendosi verso le docce, ora umidissime e piene di vapore a causa della doccia bollente che i ragazzi stavano facendo.
“Logan? Freddie?” chiamò Tristan, camminando tra la nebbia mentre con gli occhi cercava solamente di fare attenzione a dove metteva i piedi, per evitare di sbattere contro panchine od armadietti. Lo scroscio dell'acqua che cadeva era troppo forte, allora Tristan si mosse verso il locale docce e corrugò la fronte: non c'era nessuno.
“Michael?” domandò il rosso, cercando suo fratello gemello, ma in risposta non ottenne nessun suono: a che pro lasciare aperte tutte le docce se non c'era più nessuno? Il rosso tornò negli spogliatoi e aprì una finestra per far sì che il vapore si diradasse. Dopo qualche secondo tutto il locale sembrava già più nitido: Tristan riusciva a cogliere i contorni degli appendini, degli armadietti, delle panchine e... di un uomo.

Un colpo al cuore fece fremere il ragazzo: c'era qualcuno lì con lui, ne vedeva l'ombra. Che fosse uno dei suoi amici che voleva giocargli uno scherzo?
“Ragazzi?” domandò Tristan con voce tremula. Il vapore continuava a diradarsi ed i contorni dell'ombra si facevano più nitidi; sebbene non potesse dire di che sesso forse o semplicemente se avesse capelli o meno, Tristan notò che dalla mano spuntava un'appendice triangolare dagli angoli smussati e molto sottile, attaccata a quello che sembrava un manico. Il rosso ingoiò aria: che ci faceva un uomo con un coltello negli spogliatoi?
“Ehi...?” domandò, con voce tremula, ma poi vi fu uno schianto ed un fischio e Tristan si voltò, sussultando. Suo fratello, Michael, già vestito e cambiato, era appena entrato dalla porta d'uscita e lo guardava con sguardo scocciato.
“Ti vuoi muovere? Altri due minuti e me ne sarei andato...” borbottò. Tristan boccheggiò qualcosa ma non riuscì neanche a costruire una frase di senso compiuto.
“Stai bene?” domandò il fratello gemello, aggrottando la fronte.
“S-sì...” mormorò, afferrando il borsone “La doccia, però, me la faccio a casa.” disse e voltandosi indietro un'ultima volta prima di chiudere la porta, notò che l'ombra era scomparsa.

 

Il giorno seguente, poco prima dell'inizio della festa, Madison accompagnata da Linsday e da Ashley entrò all'interno del St. Jude Hotel ed iniziò a fissare con attenzione i particolari e le decorazioni. Certamente l'edificio era vecchio e pericolante, ma la bruna era fermamente convinta che avrebbe retto le vibrazioni della musica e quelle provocate dai ragazzi che ballavano cme forsennati. Ashley aveva aggiunto candele ovunque- infatti faceva parecchio caldo -e aveva installato un faro stroboscopico vicino alla reception dove era già installata la consolle del dj. Il cibo e le bevande affondate in grandi coppe di ghiaccio riempivano già il tavolo della sala da pranzo.

Madison annuì, soddisfatta, e tirò fuori dalla pochette il suo specchio per la cipria per darsi un'ultima controllata: per l'occasione si era vestita da strega, mentre Ashley da infermiera e Linsday da Dorothy del mago di Oz.

“Abbiamo aggiunto qualche piccolo scherzo nelle camere degli ospiti e nei corridoi, facendola quasi diventare una casa stregata...” disse Ashley, non sopportando più il silenzio di Madison.
“Mi piace.” rispose la bruna, per poi mettersi a fissare l'orologio da polso. In largo anticipo rispetto all'orario accordato, i cinque ragazzi della BBK si presentarono alla festa ma senza travestimenti: si ritenevano troppo grandi e maturi per mascherarsi.

“Addirittura in anticipo...” mormorò Madison, versandosi della vodka nel bicchiere e riempiendolo fino all'orlo.

“Che stai dicendo? L'invito diceva alle 18.” sbottò Jason e Madison fulminò con lo sguardo Ashley.

“Non è colpa mia!” si giustificò la ragazza “Avevo scritto 18 negli inviti precedenti e poi me lo hai fatto cambiare, ricordi?” disse lei.

“Ops...” esordì Linsday, arricciandosi una treccia legata dal nastro azzurro “Forse... e dico forse, quando sono andata a stampare i biglietti non ho controllato se fossero quelli aggiornati...” mormorò Linsday.

“Allora non sei solo vacca, sei anche stupida!” sbottò Madison, e Linsday abbassò lo sguardo in segno di scusa “Avevi un compito solo, Linsday! Capisco tu abbia problemi a leggere i numeri, ma non riuscire a riconoscere un 18 da un 19!!! Che c'è, da piccola sei caduta dal seggiolone così tante volte che il tuo cervello si è atrofizzato? Come sei riuscita ad arrivare fino all'università se pure un macaco ti supera in logica?” la insultò Madison, alzando sempre di più la voce fino a che non diventò uno strillo acuto.

“Ma smettila! Se proprio ci tieni ce ne andiamo e torniamo dopo!” sbuffò Jason.

“No... no... fa nulla.” disse la bruna, calmandosi e respirando più lentamente “Le bibite sono lì, servitevi pure.” disse, indicando la sala da pranzo con un gesto frettoloso della mano. Madison tirò fuori una sigaretta dalla borsetta e la accese con mani tremanti: oggi era l'anniversario ed era ovvio che fosse tesa come una corda di violino, ma la scenata che aveva fatto era troppo persino per lei.

“Linsday, chiudi la porta, per favore.” disse la bruna, mentre si abbracciava a causa di una folata di vento gelido che, proveniente dal grande portone aperto, aveva fatto tremolare le fiamme delle candele.

La leader della TPK lanciò un'occhiata disperata ad Aashley: cosa potevano fare in quell'ora mancante? Non potevano solo parlare e chiacchierare perché, Ashley esclusa, tutti avrebbero finito per parlare e rivivere la tragedia di un anno fa ed era, per certo, l'ultima cosa di cui avevano bisogno.

“Obbligo o Verità?” disse la bionda.

“Che?” domandò Madison, distratta dal suo flusso di pensieri.
“Giochiamo a Obbligo o Verità. Per ingannare l'attesa...” propose la bionda.

“Ma sei...- iniziò Madison con voce cavernosa e pronta ad insultare la ragazza, ma poi un'idea le illuminò il viso: che idea geniale! Sicuramente nessuno dei ragazzi avrebbe scelto Verità, quindi Madison avrebbe potuto davvero divertirsi a dare degli obblighi a quelle persone che disprezzava così tanto -...sei un genio!” disse sorridendo.
Madison chiamò i ragazzi della BBK e tutti ed otto si sedettero in cerchio dopo che anche i ragazzi accettarono di giocare per far passare l'ultima ora. La bruna si guardò attorno: a chi avrebbe potuto chiedere per primo? Ashley non aveva senso, Linsday aveva deciso di ignorarla, Tristan era insignificante, Logan lo odiava dall'alba dei tempi e Jason avrebbe preferito lasciarlo per ultimo, come una specie di dessert.
“Michael!” disse la bruna, in tono squillante: Madison sapeva bene che il rosso aveva tradito il fratello gemello con Linsday, una volta- era stata la stessa ragazza a confessarglielo -e la bruna sapeva bene come riscaldare la ragazza.

“Obbligo o Verità?” domandò, sorridendo.

A) Michael sceglie Obbligo
B) Michael sceglie Verità


Carissime e carissimi,
questo è l'ultimo capitolo del prologo (un po' lunghetto): da adesso si entra nella vera e propria storia Horror. Ringraziamo Clelia2001 per la scelta coraggiosa del capitolo precedente (vi dirò cosa sarebbe successo se avesse risposto alla chiamata solo al capitolo finale, con altri bivi più importanti) e adesso immergiamoci nel gioco! Cosa vorreste che Michael scegliesse? Quale delle due opzioni porterebbe alla strada più sicura, secondo voi? 
Un abbraccio
The_Lock

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 6

 

ST. JUDE HOTEL, ore 19:00

 

“E verità sia...” mormorò Madison, puntando gli occhi scuri verso Michael il quale aveva subodorato la minaccia troppo tardi. Ora il gemello iniziava a impallidire sempre di più, fino a quando non acquistò la tonalità lenzuolo. Tutti gli altri ragazzi avevano aggrottato la fronte, vedendo la preoccupazione dell'amico in volto, ma non capivano se non vagamente il motivo di tale sconforto.
“Allora, Michael... Dicci, è vero che sei andato a letto con Linsday poco tempo fa?” domandò Madison, evitando persino di nascondere il sorriso sadico che le spuntò a fior di labbra. Il rosso incenerì Madison con lo sguardo e si morse il labbro, sapendo di essere fregato e che Madison lo teneva in pugno.

“Sì.” disse lui in tono dignitoso. Logan spalancò la bocca, Jason non riuscì a trattenere un'espressione di disgusto mentre Freddie soffocò malamente una risata.

“MADISON!” squittì Linsday, indignata dall'affronto.

“Se tu non avessi sbagliato a stampare gli inviti questo non sarebbe successo... anzi, rettifico: se tu avessi la capacità mentale di chiudere le gambe, ogni tanto, allora...” ma la mora si fermò perché sentì un forte urto, come di due pietre che si scontravano, subito seguito da un lungo rantolo: Tristan era piegato sul fratello e lo stava tempestando di pugni. Il suo volto notoriamente calmo e allegro si era trasformato in una maschera d'odio dal cui sguardo pulsava una luce sinistra. Jason scoccò le dita e Freddie e Logan si alzarono e separarono i due ragazzi. Logan, che era più muscoloso del biondo, si prese cura di Tristan e lo allontanò con poca facilità, mentre Freddie aiutava Michael a rialzarsi e gli controllava le ferite.

“Io... TI ODIO!” pianse Linsday accusando l'amica e corse verso le scale.

“Linsday, aspetta...” disse Ashley, ma la bruna era sparita dietro l'angolo e l'eco dei suoi singhiozzi già non si percepiva più.
“Stai tranquilla, tra mezz'ora si sarà già dimenticata di tutto!” sospirò Madison, accendendosi una sigaretta.

“Eh lasciami!” sbottò Tristan, tirando infine una gomitata a Logan colpendolo al naso. Il bruno perse tempo a portarsi le mani sul punto ferito mentre il rosso scappava già all'inseguimento della fidanzata.

“Possiamo stare tranquilli?” sussurrò Ashley vicino a Jason. Vedendo come il rosso aveva picchiato il fratello gemello poco prima, la bionda non si sentiva di lasciare Tristan e Linsday da soli, soprattutto dopo quello la notizia fresca del tradimento.
“Non lo so, andrei a controllare, vieni?” domandò Jason. Normalmente il ragazzo avrebbe detto che no, non c'era da preoccuparsi perché erano semplici ragazzi in crisi ormonale e non si sarebbero mai ammazzati a vicenda a colpi di scimitarra, ma dopo gli avvenimenti di un anno fa, Jason sentiva di non conoscere più i suoi amici.
Ashley aggrottò la fronte: come avrebbe reagito Madison nel vedere i due andare a cercare Tristan e Linsday per accertarsi che stavano bene? Avrebbe sicuramente pensato che la bionda stava cercando una stanza in cui appartarsi con il ragazzo, con il suo ex-ragazzo, tuttavia la situazione non la lasciava tranquilla.

 

A) Ashley va con Jason
B) Ashley fa andare Jason da solo

 

Logan e Michael si diressero nella sala da pranzo e il più grande dei due prese una manciata di cubetti di ghiaccio gli chiuse in un sacchetto e lo lanciò al rosso il quale prese al volo il malloppo e lo posizionò sul volto gonfio e pieno di lividi. Poi, Logan fece lo stesso con se stesso e, dopo essersi pulito il naso dal sangue che lo imbrattava posizionò il ghiaccio su di esso.

“Sei un idiota.” lo rimproverò Logan.

“È successo...” si giustificò Michael.

“Il sesso non succede. Il sesso lo si fa accadere.” lo corresse Logan “Dio, è la ragazza di tuo fratello!” sbottò, inorridito.

“Ed anche la tua ex...” rispose Michael e Logan volse gli occhi al cielo.

“Siamo stati insieme per neanche sei mesi.” rispose il bruno, aggrottando la fronte al ricordo della sua relazione impacciata con Linsday. Non erano per niente fatti uno per l'altra: uno era calmo e posato, l'altra strillava ed era emotiva, Logan amava leggere o andare al cinema mentre Linsday preferiva fissare il vuoto e mettersi lo smalto alle unghie dei piedi.

“Senti... è stato un anno difficile!” commentò Michael.

“Già... e ricordami: di chi è la colpa?” sibilò Logan guardandolo severamente.

 

Il corridoio che percorse Tristan era così lungo che a stento si vedeva la fine. Che Linsday fosse salita ulteriormente di piano? Il rosso non conosceva bene la pianta dell'hotel e per adesso non poteva far altro se non camminare per il corridoio buio e fare luce con il cellulare, chiamando ad alta voce il nome della ragazza.

“Linsday... voglio parlare!” spiegò Tristan, svoltando l'angolo e trovando finalmente la rampa di scale che conduceva al piano superiore. Non sapendo bene dove andare, il rosso salì le scale con un certo senso di ansia: e se un fantasma si fosse palesato davanti a lui all'improvviso? Sarebbe morto di paura, sicuramente. Arrivato al secondo piano e trovandolo semplicemente uguale al piano di prima, Tristan percorse nuovamente il corridoio facendosi luce col cellulare. Decise, infine, di chiamare Linsday al cellulare, ma la chiamata squillava a vuoto ed il ragazzo presto si arrese.

Dove sei? Le scrisse via messaggio, continuando a camminare e facendosi luce con la torcia del cellulare.

Man mano che il ragazzo camminava per il corridoio, l'aria si faceva sempre più fredda fino a quando Tristan non iniziò a tremare e del vapore uscì condensato dalla sua bocca. I peli sulla nuca del rosso si rizzarono e il ragazzo ebbe la tipica sensazione di avvertirsi osservato, ma per il corridoio era solo e non si vedeva nessun altro.

“Linsday?” sussurrò, iniziando ad avvertire la paura: forse era solo suggestione, ma il suo istinto sembrava impazzito ed il ragazzo non riusciva a smettere di tremare come una foglia. Impaurito, Tristan tornò sui suoi passi, ma uno squillo improvviso lo fece sussultare, facendogli cadere il cellulare di mano.

“Calmati, idiota!” si rimproverò il ragazzo: aveva solo ricevuto un messaggio ed aveva reagito come se qualcuno gli avesse sparato all'improvviso. Tristan raccolse il cellulare e lesse: Camera 217.

Incoraggiato da quel messaggio che lo riallacciava alla realtà, Tristan prese il cellulare in mano e scrisse un messaggio di risposta alla ragazza, per poi spegnere lo schermo che iniziò a riflettere il corridoio alle sue spalle. Tristan indugiò con masochismo a vedere se, evidentemente, qualcuno era alle sue spalle, e impallidì quando vide che, effettivamente, un'ombra umanoide lo stava fissando all'angolo del corridoio. Purtroppo la luce delle candele disseminate per il corridoio era troppo fioca per garantire al ragazzo una visione perfetta di chi lo stava fissando: era Linsday? Un fantasma o solo un gioco di ombre? Non avendo il fegato di voltarsi di scatto, Tristan attivò la modalità fotocamera frontale per vedere meglio chi lo stava spiando: sì, era una persona, ne distingueva le forme delle braccia e della testa, mentre il resto del corpo spariva dietro l'angolo.

Il battito del ragazzo impazzì e Tristan iniziò a sudare freddo lungo la schiena, ma non riuscì a risolversi di fare altro, se non di voltarsi di scatto per poi vedere la silhouette scomparire velocemente dietro l'angolo. Ok, non se l'era sognato.

 

C) Tristan va nella camera 217
D) Tristan segue l'ombra



Cari ragazzi e care ragazze,
ringraziamo La_Effe per il commento del capitolo precedente, ed eccoci già catapultati nell'intro horror della saga. Cosa vorreste che facesse Ashley? Lasciare andare Jason da solo a cercare Tristan vi pare una buona idea, oppure in due è meglio, all'interno di un albergo fantasma? E Tristan? preferireste seguisse l'ombra oppure le indicazioni del messaggio?  
Ps, per i nuovi arrivati mi raccomando di scrivere entrambe le opzioni che si vogliono intraprendere, quindi, per esempio: "A/B e C/D"; commenti contenenti sono una delle due opzioni  che si devono intraprendere verranno considerati nulli)! 
Un abbraccio,
The Lock. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 7

 

ST. JUDE HOTEL, ore 19:30

 

Ashley e Jason si incamminarono per il corridoio del primo piano in silenzio. La bionda percepiva da parte del ragazzo un po' di tensione: era preoccupato per i suoi amici quanto lei, forse un po' di più. E quell'aggiunta era sicuramente data dal segreto che i ragazzi condividevano: cosa sarà mai successo? Quale cosa mai così orribile poteva generare così tanta tensione in un ragazzo?
Ashley si sorprese a fissarlo attentamente e distolse immediatamente lo sguardo, ma Jason era così bello!

“Allora, come va nella TPK?” domandò il ragazzo, tanto per rompere il ghiaccio.

“Bene. Tranne per la storia del cibo.” disse, facendo spallucce.

“In che senso?” domandò Jason, aggrottando la fronte.

“Sai, Madison mi vuole magrissima, ma a me piace troppo mangiare.” spiegò, facendo sorridere il ragazzo e, per un momento, vide la preoccupazione svanire dal suo volto.

“Fai bene. Le ragazze che amano mangiare sono le migliori.” annuì Jason ed Ashley arrossì leggermente. I due ragazzi arrivarono alla fine del corridoio del primo piano e si ritrovarono difronte alle scale che conducevano al piano superiore. Indecisi se salire o meno, i ragazzi si scambiarono un'occhiata interrogativa.

“Certo che questo posto mette i brividi.” mormorò Jason.

“Già... tu credi ai fantasmi?” domandò Ashley.

“Non so. Spero non esistano.” sussurrò il ragazzo.

“Coscienza sporca?” scherzò la bionda, dandogli un colpetto sulla spalla ma si morse immediatamente la lingua quando vide che Jason era impallidito e si era irrigidito notevolmente.

“Oh... scusa...” mormorò la ragazza, aggrottando la fronte. All'improvviso il cellulare della ragazza prese a squillare, facendo trasalire entrambi, mentre sullo schermo compariva un numero non salvato sulla rubrica della bionda.

“Pronto?” domandò Ashley. Il volume della voce dell'autore della chiamata era troppo basso e Jason non riusciva a sentire una sola parola, ma vide la ragazza aggrottare la fronte ed un lieve senso di panico si impadronì del moro.

“Chi parla?” domandò ancora la bionda, ma la voce dall'altro capo rispose con una risata agghiacciante che annodò lo stomaco del ragazzo. Ashley parlò al telefono ancora per qualche secondo, poi guardò Jason e gli porse il telefono.

“Vuole parlare con te.” disse la bionda.

“Chi è? Logan?” domandò il moro, prendendo il cellulare con mani sudate.

“Non mi sembra lui... non mi sembra nessuno.” spiegò lei. Jason prese un profondo respiro e prese il cellulare in mano, nonostante sentisse un profondo senso di nausea.

“Pronto?” disse.

“Ciao, Jason. Come va?” disse la voce dall'altro capo del telefono. La voce era modificata con qualche apparecchio elettronico e la camuffava perfettamente.

“Chi parla?” domandò il moro iniziando a sentire il battito cardiaco che aumentava.

“Un amico. Ti ho chiamato per darti delle istruzioni...”
“Non mi interessa! Dimmi chi sei o chiudo la chiamata!” sbottò il moro alzando la voce di scatto improvvisamente e facendo sussultare Ashley.

“Non lo farei, fossi in te. Sono istruzioni che ti servono.”

“Senti, brutto bastardo...”
“Ah! Che fai, mi minacci? Vuoi uccidermi?” domandò la voce con tono sadico e Jason sembrò calmarsi immediatamente e, addirittura, prese a tremare leggermente.

“Cosa vuoi?”
“Giocare. Con voi.”
“E perché noi vorremmo giocare con te?” ringhiò Jason.

“Perché non potrete fare altrimenti. Ho chiuso la porta principale e vi restituirò la chiave solo alle sei del mattino. È un gioco di sopravvivenza- ghignò -i più bravi vivono.”

“Scordatelo!” urlò Jason “Senti brutto idiota, ora tu vai ad aprire la porta oppure giuro che ti spezzo le ossa una ad una.”

“Mmm, non credo accadrà.” rise “Lo faccio per vendetta e tu sai che te lo meriti, che ve lo meritate tutti.”

“Stai vaneggiando.” sbuffò.

“Ah sì? Vuoi una prova che so tutto? Eccoti accontentato!” strillò al telefono la voce e poi interruppe la chiamata. Jason guardò il telefono di Ashley come fosse stato lui l'autore della chiamata. Il moro stava respirando affannosamente e il mondo intorno a lui aveva preso a girare vorticosamente: era uno scherzo o un avvertimento? Erano davvero in pericolo? Ma mentre stava pensando a tutte le possibilità logiche, ecco che partì una canzone a tutto volume: Dancing Queen degli ABBA.

Perfetto, allora quel maniaco non stava scherzando: sapeva veramente quello che era successo...

“Che ti ha detto?” domandò Ashley.
“Che ha chiuso la porta e...” mormorò, non riuscendo più ad articolare un'ulteriore frase perché dire ad alta voce le cose orribili che aveva sentito sarebbe equivalso ad ammettere che erano in guai belli grossi.

“Impossibile... io ho la chiave.” disse Ashley cercando nella tasca del vestito e tirando fuori una vecchia chiave arrugginita. Un barlume di speranza si rifletté sul volto del moro e Jason afferrò la chiave come fosse stata l'antidoto a quel maligno veleno che lo stava pervadendo.
“Andiamo!” disse Jason.

“Ma Tristan e Linsday?” domandò Ashley. Il moro si bloccò e si comandò di respirare profondamente: cosa bisognava fare? Se il maniaco aveva ragione, allora erano tutti in pericolo e bisognava accertarsi che Tristan o Linsday stessero bene, ma dall'altro lato avevano la chiave per poter aprire il portone principale e uscire, sfuggendo alle grinfie di quel potenziale assassino.

 

A) Jason e Ashley cercano Tristan e Linsday
B) Jason e Ashley tornano alla hall

 

 

Tristan si passò l'avambraccio sulla fronte e tornò sui suoi passi: aveva superato la camera 217 di qualche stanza ed era più che contento di allontanarsi dal luogo in cui si era manifestata quell'ombra spiona. Ora che la sensazione del freddo sovrannaturale era stata sostituita dall'intenso calore delle candele, Tristan aveva preso a sudare copiosamente.

Il rosso bussò alla camera 217, ma non ottenne risposta; decise comunque di entrare e, facendo pressione sul pomello della porta, spinse l'anta di legno per ritrovarsi in una camera buia. Un'ondata di odori quali muffa, chiuso e polvere lo colpì con violenza e gli fece storcere il naso, ma Tristan era deciso di parlare con la ragazza e non voleva perder tempo: la faccenda del fantasma aveva donato una nuova prospettiva alla situazione e Tristan si era calmato.

“Linsday?” disse il rosso, prendendo una candela dal pavimento del corridoio ed entrando in camera. Con la luce della candela che illuminava la stanza e proiettava l'ombra di Tristan sulle pareti rendendola più spettrale e in qualche modo anatomicamente sproporzionata, il senso di non essere da solo tornò a tormentare il rosso.

“Tesoro?” domandò Tristan, girando per la piccola stanza che comprendeva solo due letti singoli, due comodini ed un bagno separato dalla stanza da una piccola porta di legno bianco.

Tristan si sedette sul letto ed alzò un nuvolone di polvere che lo fece tossire, poi poggiò la candela sul comodino e si morse le labbra, domandandosi sul perché Linsday non fosse lì ad aspettarlo, quando poi, all'improvviso, i suoi occhi si posarono su qualcosa che rifletteva la luce presente sul letto opposto. Tristan allungò la mano e avvicinò l'oggetto a sé fino a scoprire con suo stupore che era il cellulare di Linsday. Il rosso aggrottò la fronte ma il suo flusso di pensieri sospettosi fu interrotto quando il suo cellulare squillò per un messaggio. Tristan prese l'apparecchio in mano e lesse prima il mittente “Numero Sconosciuto” e poi il testo del messaggio: “Sto venendo ad ucciderti.”

Tristan ingoiò aria nel leggere quelle quattro semplici parole, ma si fece forza e si convinse di avere a che fare con uno dei suoi stupidi amici che avevano voglia di fargli prendere un colpo.

Ragazzi, non fate gli idioti.” scrisse, mentre notava di malumore che i pollici e la mano erano malfermi poiché stava tremando come una foglia.

Lo Sconosciuto gli inviò in risposta la foto di una sparachiodi e Tristan spalancò gli occhi.

Imbecilli. Freddie sei tu?” rispose con tono di ripicca, ma le sue orecchie si tesero al suono di passi che arrivavano verso di lui: era impazzito? Era un altro rumore o era davvero un killer psicopatico? Magari lo stesso che aveva visto negli spogliatoi o la sagoma all'angolo del corridoio. Il cellulare squillò nuovamente e Tristan trasalì aprendo una seconda foto: l'immagine raffigurava una porta su cui vi era appeso, dorato, il numero 217.
Tristan smise di respirare in quel preciso momento e tese l'orecchio per ascoltare un rumore qualsiasi che gli indicasse che vi era effettivamente un assassino fuori dalla porta.

Aprimi” ricevette come ultimo messaggio.

 

A) Tristan apre la porta
B) Tristan si rifugia in bagno



Cari ragazzi e care ragazze,
ringraziamo Kimkim per le decisioni prese per il capitolo precedente! Come vedete questa storia differisce molto dalla prima perché invece di creature mostruose ed un dottore psicopatico, abbiamo direttamente uno psicopatico. Fa sul serio? è un esterno o uno dei ragazzi? E qual è il segreto che tormenta i ragazzi della BBK? 
Commentate saggiamente e colgo l'occasione per augurarvi un Buon Natale!
Tanti Auguri,
The_Lock

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 8

 

ST JUDE HOTEL, ore 20:10

 

 

“Ci pensiamo dopo a loro...” borbottò Jason tornando sui suoi passi e iniziando a dirigersi a passo pesante verso la hall dell'albergo.
Ashley era visivamente preoccupata quanto il ragazzo: non aveva sentito molto della chiamata ma poteva intuire perfettamente dall'espressione sul viso di Jason che qualcosa non andava e, anzi, li minacciava.
Intanto la canzone Dancing Queen degli ABBA continuava a ripetersi a nastro da quai mezzora ed i ragazzi non ne potevano più: tale era la pressione creata dalla musica, dal segreto che i ragazzi custodivano gelosamente e dalla minacciosa chiamata che ad un certo punto Ashley dovette fermarsi e prendere il ragazzo per il polso.

“Mi spieghi cosa sta succedendo?” disse lei, alzando la voce per sovrastare la canzone.

“Dopo.” tagliò corto Jason, tornando a camminare.

“No, che palle! In questa situazione ci son anch'io, dimmi cosa sta succedendo!” sbottò con imperio. Jason si fermò e si voltò, guardando Ashley con occhi stanchi eppure tremendamente consapevoli, era come se il segreto che lo tormentava si era fatto carne e pendeva spettrale dalle sue pupille opache e, se solo Jason si fosse sforzato un po' di più, avrebbe potuto vuotare il sacco, raccontarlo sotto forma di lacrime. La bionda carpì quei segnali e si avvicinò a Jason con fare amichevole, arrivando a poggiargli l'esile mano dalle strette dita sul bicipite gonfio di preoccupazione del ragazzo. I due parlarono con gli occhi per molto tempo: gli occhi celesti e lucidi di Jason che parlavano a quelli verdi e caritatevoli di Ashley, accoglienti; ma poi il ragazzo si ricompose, si passò una mano sugli occhi.

“Non hai fatto nulla, tu.” sussurrò col tono di un condannato a morte e poi voltò le spalle, scostandosi goffamente dalla carezza di Ashley e camminando a grandi falcate verso la hall. Ashley sbuffò, riflettendo su quello che era appena successo: quanta pena gli aveva fatto Jason in quel momento! Lo aveva appena visto senza difese, senza quella montagna di muscoli tonici o quell'espressione strafottente e lei aveva provato uno strano colpo al cuore, come quando si vede un gattino miagolare sotto la pioggia e si viene pervasi da uno spirito di carità amorevole. La bionda spalancò gli occhi: si era forse innamorata del giovane compagno di studi? No! Certo, Jason era bello, bellissimo, avvenente e intelligente rispetto alla media degli altri studenti del college, ma non lo conosceva poi così bene e quel segreto che si ergeva duro e muto tra i due di certo non facilitava l'approfondimento dei due.

“Ash, vieni?” domandò Jason, fermandosi a controllare perché non sentiva più la ragazza alle sue spalla. La bionda annuì e tornò a seguire Jason a pochi passi di distanza, e si ritrovarono nella hall dove il pesante portone li tagliava fuori dal mondo.

“Dove sono tutti?” domandò Ashley vedendo la hall deserta.
“Non so, li cerchiamo poi.” rispose Jason, scocciato.

Il moro infilò la chiave nella toppa e fece per girare, ma entrambi furono bloccati dal trillo del cellulare di Ashley: aveva ricevuto un messaggio.
“Che dice?” domandò il ragazzo. Ashley tirò fuori il cellulare dalla tasca e lesse ad alta voce.

Fossi in voi non lo farei...”
Un'altra minaccia e non tanto velata, questa volta. Il numero era ovviamente sconosciuto e poteva solo appartenere al maniaco che poco prima li aveva chiamati, ed ora le mani di Jason avevano preso a sudare: era un bluff oppure un avvertimento amichevole? Cosa sarebbe mai potuto succedere se avesse aperto la porta? Forse una trappola, forse la libertà.

 

A) Jason gira la chiave
B) Jason si allontana

 

 

 

Tristan si tolse le scarpe e camminò in punta dei piedi fino al bagno, stirando le labbra in una smorfia di sforzo quando la sentì cigolare, sentendo di esser stato scoperto. Ma nulla accadde, aspettò dieci secondi e, dopo aver deciso che la porta era abbastanza aperta da lasciarlo passare, si schiacciò tra anta e parete e scivolò, entrando in bagno. Richiuse la porta e benedì la presenza di una chiave grazie alla quale si sentì più sicuro dopo averla fatta girare con forti mandate.
La canzone Dancing Queen si interruppe all'improvviso e Tristan sussultò, interpretandolo come un cattivo segnale, e poi appoggiò l'orecchio alla porta per percepire un minimo segnale, un rumore che fosse interpretabile come passi che si allontanavano.
Che poi, si ritrovò a pensare Tristan, se il maniaco avesse voluto davvero ucciderlo avrebbe spalancato la porta e l'avrebbe freddato. Perché quindi quel trucchetto? Si convinse che era solo uno scherzo ma, giusto per accertarsi che non ci fosse nessuno, aspettò qualche altro secondo. I suoi occhi blu si poggiarono allo specchio che era appeso sulla parete a destra del ragazzo, e Tristan corrugò gli occhi: cos'era quella cosa vicina alla sua tempia?
Non fece in tempo ad identificare l'attrezzo che vide un pollice inguantato di rosso schiacciare un pulsante ed un chiodo partì, conficcandosi nella sua tempia destra. Dalla bocca di Tristan uscì un verso smozzato e poi partì un secondo chiodo ed un altro ancora che si conficcarono nell'orecchio e vicino all'altra tempia. Tristan, scivolò per terra, inerme e privo di forze, mentre la sparachiodi continuava a far partire chiodi che gli si conficcavano ovunque in testa.
L'ultima cosa che vide prima che il chiodo finale gli si conficcasse in fronte spaccandogli definitivamente il cranio fu una maschera: era quella di uno spaventapasseri.

 

Carissimi e carissime,
questo è il mio regalo di Natale per voi. Spero stiate mangiando tanto quanto me! Perdonate il capitolo corto e passiamo ai ringraziamenti. Questa volta ringraziamo RMB Ekaterina per le scelte fatte nel capitolo precedente anche se ha contribuito ad una morte... Si inizia col botto, ragazzi! Prima vittima, prima ombra dell'assassino, qualche dettaglio rivelato! Come vedete queste scelte sono molto "a trappola" perché l'assassino (ed io) è onniscente, voi ed i personaggi no. Quindi se avete abbastanza fiuto da capire se il maniaco bluffa o meno, riuscirete a lasciar in vita più ragazzi possibili. Anche se, come inizio, non mi è spiaciuto affatto, e a voi?
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 9

 

ST. JUDE HOTEL, ore 20:50

 

Le dita di Jason prudevano dalla tentazione. La chiave era ormai inserita nella toppa e sarebbe bastato poco per, magari, uscire da quella prigione dove il maniaco aveva ficcato lui ed i suoi amici.

Però, se il maniaco era vero, se non si trattava di uno stupido scherzo e, soprattutto, se era animato da uno spirito vendicativo reale, allora erano tutti in pericolo e l'hotel era diventato un campo di mine.

Jason sbuffò e si allontanò dalla serratura come fosse stato un serpente, lentamente e contando i passi fino a raggiungere Allison. Poco dopo, il suono di alcuni passi fece allarmare entrambi, ma poco dopo comparve Michael alla soglia della porta della cucina.

“Ehi. Avete trovato Tristan e Linsday?” domandò il rosso.

“No.” tagliò corto Jason, continuando a fissare la serratura. Michael aggrottò la fronte per un momento e si avvicinò fino a che non raggiunse Jason ed Ashley e poté quasi avvertire la tensione che emanavano i due.

“Che succede?” domandò Michael, ma fu subito interrotto dai passi di Logan e, poco dopo, quelli di Madison.

“Dove sono gli invitati, Ashley?” strillò Madison, “Sono quasi le nove, la festa sarebbe dovuta iniziare due ore fa e siamo solo noi otto!” disse, tirando una boccata dalla sua sigaretta e sbuffandola in faccia alla bionda che prese a tossire.

“Ed io come faccio a saperlo?” domandò la bionda.

“Dovresti!” abbaiò Madison, guardando Ashley con aria disperata e piena di disprezzo. “Questa festa è una rottura completa.” disse, sedendosi vicino alla consolle e guardando i cavi tranciati via dal computer.

“Ehi, tutto ok?” domandò Logan, aggrottando la fronte e appoggiando una mano sulla spalla dell'amico, ma al contatto Jason sussultò come svegliato da un profondo sonno e si scostò quasi infastidito da quel contatto fisico.

“Ragazzi, abbiamo un problema.” annunciò Jason. Il ragazzo aveva riflettuto a lungo ed era arrivato alla conclusione di dover informare gli altri ragazzi riguardo la chiamata. Forse era uno scherzo, forse no, ma lasciare tutti quanti nell'ombra non era di certo una buona mossa: dovevano stare tutti all'erta, in caso vi fosse qualche scherzo che il maniaco voleva giocar loro.

“Ashley ha ricevuto una chiamata da uno sconosciuto. Questo voleva parlare con me e... mi ha avvertito di un paio di cose.” spiegò Jason, guardando fisso un punto nel vuoto.

“Tipo? Di fare sesso sicuro?” sbuffò Madison, volgendo gli occhi al cielo.

“No. Ha detto che sa ciò che è successo un anno fa e che ce la farà pagare. Ci ha chiuso dentro questo Hotel fino alle 6 del mattino, poi chiamerà la polizia per i sopravvissuti. Almeno queste erano le sue parole.” raccontò.

Michael sbuffò, trattenendo una risata, mentre Logan e Madison guardavano Jason con sguardo preoccupato: conoscevano entrambi molto profondamente il moro e sapevano quando qualcuno o qualcosa lo preoccupava in maniera più o meno seria; ma vederlo così: con i muscoli tesi, il respiro pesante e gli occhi azzurri fissi nel vuoto preoccupava entrambi oltre ogni limite.

“Dai, ragazzi! Sarà stato uno scherzo!” mormorò Michael.

“Mi ha dimostrato che sapeva esattamente cos'è successo mettendo la canzone. Quella canzone.” spiegò Jason e persino il sorriso di Michael si spense nell'udire quella notizia.

“Il numero era privato?” domandò Madison ad Ashley e la bionda rispose che no, era solo un numero sconosciuto. “Bene, richiamalo!” la esortò, avvicinandosi a lei. Vedendo la bionda indugiare, Madison le strappò il telefono di mano e andò nel registro delle chiamate ricevute senza risposta e premette il primo numero che spiccò sull'elenco.

Madison cliccò la modalità vivavoce ed attese insieme agli altri che la linea prendesse. Il cellulare prese a squillare e, subito dopo, irruppe nel silenzio il suono di una suoneria che era familiare a tutti. Logan, Jason, Madison ed Ashley alzarono lo sguardo e puntarono gli occhi su Michael il quale, pallido e con gli occhi sbarrati, mentre sentiva addosso la rabbia degli amici.
Jason, con uno scatto felino, afferrò il colletto di Jason e lo tirò a sé per poi tirargli un pugno che lo fece cadere per terra.

“Non è come sembra!” disse Michael, stendendo le braccia per ripararsi dalla furia di Jason.

“Ah no? Allora illuminami.” ringhiò Jason con i muscoli del braccio destro tesi, pronti a colpire Michael nuovamente.

“Sono stato incastrato...” mormorò, e il pugno di Jason lo colpì nuovamente al volto, allora Michael sgusciò via reggendosi il sangue che colava dal sangue. “Dai, ragazzi! Non ho ricevuto già troppi pugni, oggi?” domandò, cercando di sdrammatizzare la situazione, ma quando vide Jason avvicinarsi nuovamente allora si ritirò in un angolo come una bestia ferita.

“Non sono stato io, davvero! Credimi!” miagolò, sull'orlo del pianto. “Logan...” mormorò, chiedendo aiuto alla persona che sempre si metteva tra la vittima e la furia di Jason, ma questa volta il ragazzo non alzò neanche gli occhi, indignato com'era nel sapere che era stato lui ad architettare la bravata.

“Dammi un buon motivo per cui non debba spaccarti la faccia.” urlò Jason, afferrandolo nuovamente per il colletto e strattonandolo così forte che Michael quasi si strozzò con la sua stessa maglietta.

“Non sono stato io!” urlò.

“Chiudiamolo da qualche parte, così non farà più idiozie.” disse Madison con tono esasperato: quella serata diventava di minuto in minuto la peggiore della sua vita; o forse la seconda peggiore, riflettendoci bene.

Jason, con l'aiuto di Logan, trascinò il corpo ammaccato di Michael fino in cantina e, dopo averlo accompagnato per le scale fino agli ultimi gradini, Jason allontanò Logan e lanciò Michael come un sacco di carne ed il ragazzo cadde di faccia sul freddo pavimento in pietra della cantina, rantolando.

“Era proprio necessario?” domandò Logan, aggrottando la fronte, ma lo sguardo arrabbiato di Jason fu più che eloquente. Il moro prese da una scatola del nastro adesivo e avvolse i polsi di Michael, con così tante mandate che presto il nastro fu esaurito.
“Non lasciatemi qui! Vi prego! Non ho fatto nulla!” pianse Michael mentre le lacrime salate si mischiavano al sangue che usciva dal suo volto.

“È solo colpa tua, Michael.” sibilò Jason, prima di risalire i gradini insieme a Logan e poi chiudere la porta della cantina a chiave appena uscì.

“Dividiamoci ed andiamo a cercare Tristan, Linsday e Freddie.” propose Ashley, e gli altri tre ragazzi concordarono, per poi dividersi alla ricerca degli amici mancanti.

 

Linsday sbuffò il fumo da una sigaretta che aveva poco prima rubato a Madison e successivamente la spense sul posacenere polveroso della camera. Controllò l'orologio: era già passato abbastanza tempo, forse Tristan si era calmato e lei avrebbe potuto provare a parlargli.
“Stronza...” pensò, mentre rifletteva su ciò che aveva subito a causa di Madison: l'umiliazione, la vergogna e il timore di essere lasciata dal suo ragazzo. Madison era sempre stata cattiva con lei: un giorno le buttò dalla finestra un vestito da duemila dollari perché alla ragazza non piaceva, e un altro ancora la costrinse a tingersi capelli di viola per una scommessa palesemente truccata a cui lei aveva perso. Era lo zimbello della TPK, Linsday lo sapeva, ed ora non c'era neanche più la consolazione di pazientare un anno solo per diventare la leader della sorellanza: Madison aveva eletto Ashley a seconda beta e a breve la bionda le avrebbe soffiato il posto.

Un impeto di rabbia colorò le gote della ragazza di rosso vivo e la bruna sentì il bisogno- nonché il diritto -di farla pagare a Madison per tutte le offese: magari con uno scherzo questa stessa sera.

La bruna sorrise e decise di uscire dalla camera nella quale si era nascosta; cavolo, era senza cellulare e non avrebbe potuto contare su uno scherzo telefonico, ma avrebbe ingegnato qualcosa, ne era sicura. Linsday uscì dalla porta e si richiuse la porta alle spalle facendo piano, forse un solo spavento avrebbe fatto rinsavire Madison, ma quando si voltò per dirigersi alla rampa delle scale che portavano al piano terra, Linsday vide una figura incappucciata da spaventapasseri che la aspettava alla fine del corridoio.

“Mi hai fatto paura!” mormorò lei, portandosi una mano sul petto. “Tristan, levati quella maschera...” disse, ma l'uomo incappucciato mosse la testa lentamente.

“Michael?” domandò e ancora l'uomo fece di no con la testa, ma questa volta sfoderò un coltello da macellaio e iniziò ad avvicinarsi alla ragazza con lentezza da predatore.

“Non è divertente...” mormorò Linsday, allora l'uomo appoggiò la punta del coltello alla parete e, camminando, la trascinò per tutto il muro, lasciando un profondo solco tra la carta da parati ed i mattoni.

La spina dorsale di Linsday fu percorsa da un brivido gelido e qualcosa nella sua testa le urlò di scappare, e così fece: la mora si voltò ed iniziò a correre, svoltò l'angolo e si trovò difronte un nuovo corridoio, uguale al primo, ma alla cui fine c'era una porta che conduceva alle scale antincendio.

Cosa fare? Nascondersi in una delle venti stanze che si stagliavano dall'inizio del corridoio fino alla porta, oppure correre fino alle scale antincendio? L'uomo incappucciato si avvicinava, sentiva i suoi passi ed il rumore metallico del coltello: una decisione andava presa al più presto.

 

A) Linsday va alla porta antincendio
B) Linsday si nasconde in una delle camere

 

Carissimi e carissime,
le vacanze non lasciano tregua e nemmeno il maniaco ad i nostri ragazzi. Secondo voi Michael è davvero coinvolto nello "scherzo" telefonico? E cosa vorreste facesse Linsday? Meglio scappare o nascondersi? Mi raccomando alla vostra scelta e permettetemi di farvi gli auguri di buon anno, anche se un po' in anticipo.
Un abbraccio (non ubriacatevi troppo a Capodanno).
The Lock

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 10

 

ST. JUDE HOTEL, ore 21:20

 

Linsday non ebbe tempo neanche di scegliere il numero della camera, allora si rintanò nella prima stanza che, alla sua sinistra, riteneva abbastanza lontana dal killer, in modo da guadagnare qualche secondo di anticipo sul maniaco e riuscire a raccapezzarsi sul da farsi.
La bruna aveva visto tanti film horror nella sua vita, ma mai e poi mai avrebbe pensato che la sua stessa vita si sarebbe trasformata in un horror. Chiuse la porta a chiave e poggiò l'orecchio alla porta: sentiva i passi del maniaco e lei si tappò il naso e la bocca con la mano tremante per evitare di rivelare la sua posizione all'uomo mascherato.

Era venuto per vendicarsi? Di certo Linsday non capiva perfettamente il meccanismo di azione-reazione, la sua mente arrivava a malapena a capire il concetto di conseguenza- le sue sinapsi non erano poi così allenate da creare un legame con ogni cosa -però poteva, in un certo senso, intuire il motivo della rabbia di quel maniaco. Certo, ovviamente se non era un assassino di passaggio che aveva preso la palla al balzo e aveva deciso di sterminare tutti perché s'era annoiato.

Sentì l'assassino aprire qualche porta prima della sua, e Linsday rabbrividì all'idea di avercelo così vicino, ma almeno non l'aveva vista entrare e lei aveva ancora qualche secondo i vantaggio. Linsday si voltò a guardare la stanza: il bagno era chiuso eppure non si trovava nessuna chiave per aprirlo, quindi era decisamente inutile provare ad entrarci, poi c'era un grosso letto matrimoniale, una stretta libreria e dei comodini.

Linsday indugiò e si diresse alla libreria. Era una libreria decisamente strana, troppo stretta e troppo lunga per contenere più di qualche libro e rassomigliante completamente ad una porta. Incuriosita e facendo attenzione affinché nessun rumore potesse esporla al pericolo, Linsday tolse i pochi libri che c'erano ma, quando tolse il dizionario di inglese-portoghese, il volume si rivelò avvitato alla libreria e procurò uno scatto rumoroso. La libreria cigolò e sparì per metà nel muro. Linsday spinse l'anta e rimase senza parole nel vedere che aveva appena scoperto un passaggio segreto.

Non sentendo più nessun suono da parte dell'assassino, Linsday tornò alla porta principale e poggiò l'orecchio alla porta. No, nessun suono e poi: uno schianto. Una lama comparve a pochi centimetri dal naso di Linsday ed era così lucente, così ben pulita che la ragazza poté specchiarsi in essa; ma la sorpresa fu tale che la bruna non poté impedirsi di urlare, spaventata e terrificata.

Un secondo colpo trafisse la porta al centro: il maniaco stava cercando di sfondare la porta a suon di fendenti e Linsday doveva scegliere cosa fare in fretta, anche perché a breve l'assassino avrebbe potuto vederla.

Come in ogni situazione del genere, Linsday capì che vi erano solo due opzioni possibili: scappare nel passaggio segreto che portava chissà dove, oppure il vecchio trucchetto di nascondersi sotto il grosso letto matrimoniale.

Un terzo colpo la fece tremare e la ragazza chiuse gli occhi e provò a capire quale opzione sarebbe stata la migliore.

 

A) Linsday si nasconde
B) Linsday scappa

 

 

Michael spense lo spinello contro un muro del corridoio del terzo piano e sbuffò l'ultima boccata di marijuana che aveva nei polmoni. Quell'erba era buona e iniziava non solo a sentire una gran botta in testa, ma anche una gran fame chimica e quindi si alzò da terra e, barcollando, decise di dirigersi verso il piano terra, dove il banchetto era ancora intoccato.

Il suo cellulare risuonò con vigore e il biondo estrasse da tasca il cellulare, impiegandoci più del dovuto a capire cosa stava accadendo. La sua vista era annebbiata, aveva gli occhi arrossati e barcollava, ma adorava quella sensazione di galleggiare nel vuoto.

Lesse il messaggio: “vieni in 347” recitava lineare, fermo e conciso. Freddie aggrottò la fronte e lesse il mittente: Madison.
Che alla leader della TPK fosse venuta voglia di fare sesso in un hotel infestato di fantasmi? Magari su delle lenzuola su cui era morto qualcuno a suo tempo? Certo, Madison era parecchio strana da un anno a questa parte; prima era sempre stata stronza a livelli universali, ma aveva sviluppato da poco un gusto per il macabro o la violenza che preoccupava Freddie.

Il biondo comunque fece spallucce e si avviò verso la 347, ma era troppo fatto per capire che stava sbagliando direzione e, quindi, dovette tornare indietro solo quando, tempo dopo, capì di essere arrivato al lato opposto dell'hotel. Freddie rise e tornò indietro, reggendosi ogni tanto alla parete per evitare di cadere sulla strada di candele che rendeva l'aria calda e consumata.
Freddie arrivò nella 347, bussò, non ricevette risposta ma entrò lo stesso. La camera era piena di candele profumate e, sul letto matrimoniale, vi erano un paio di luccicanti manette.

Il biondo sorrise, prendendo il biglietto allegato alle manette e lesse: “indossale.”; certo, fare l'amore in un hotel infestato avrebbe infastidito tutti, ma Madison era pur sempre Madison e come tale andava solo assecondata, se la si voleva avere tutta per sé.

“Merda.” mormorò, sentendo le dita pizzicare e il cuore battere. Era innamorato!

C)Freddie si ammanetta al letto
D) Freddie va via

 

 

Ashley e Jason camminarono silenziosamente per i corridoi del lato sinistro. Ormai avevano persino smesso di chiamare ad alta voce i loro amici, tale era l'angoscia ed il bisogno di elaborare quello che era accaduto qualche minuto fa con Michael. Jason si sentiva fortemente in colpa: aveva forse esagerato a riempirlo di pugni così? E poi avrebbe potuto anche evitare di lanciarlo per le scale, a rischio che si facesse davvero molto male.

Il ragazzo guardò fugacemente Ashley: era pallida e molto spaventata ed il cuore di Jason si strinse, pensando che lei era stata solo vittima degli eventi e che non si meritava di vivere quell'inferno, era solo stata parecchio sfortunata.

“Andrà tutto bene. Non ti accadrà nulla.” disse Jason con un sorriso, sperando bastasse a far tornare la Ashley gioiosa e brillante che aveva conosciuto: vederla così lo uccideva. La bionda abbozzò un sorriso che si spense ancor più velocemente di come era affiorato.

“Voglio sapere del vostro segreto.” disse Ashley “Se sono coinvolta non val la pena che io sappia?” domandò, fredda e calcolatrice. Jason sospirò pesantemente e si morse il labbro inferiore.

“Non credo.” rispose. Voleva proteggerla e lasciarla nell'ignoranza era forse il miglior rimedio contro quello che stava succedendo.

“Io credo di sì. Me lo devi, Jason.” sbottò lei, fermandosi e bloccandolo per il gomito.

“Ash, lascia perdere!” sbuffò lui.

“Bene.” disse lei, togliendo la mano dal braccio muscoloso del ragazzo ed avviandosi altrove.

“Dove stai andando?” domandò Jason.

“Vado a chiedere a Madison o a chiunque altro... magari saranno più disponibili a rendermi partecipe.” rispose lei, fermandosi ed incrociando le braccia “E sarò sola per tutti i corridoi...” aggiunse, facendo leva sul fattore protezione che Jason provava per lei.

“Ok, aspetta.” disse lui: forse davvero rendere la bionda partecipe del loro passato avrebbe facilitato le cose, eppure Jason sentiva dentro di sé che Ashley avrebbe smesso di guardarlo con quegli occhi adoranti per passare a pieno disgusto e disprezzo della sua persona.

Jason fece spallucce, cacciando via a calci quella sensazione di paura nel perdere un'alleata come Ashley ed aprì la bocca, pronto a vuotare il sacco, ma quando la prima emissione di fiato fu fatta, il cellulare del ragazzo squillò: aveva ricevuto un messaggio.

Carissimi e carissime,
ringraziamo Michy Michy per le scelte del capitolo precedente! Nuovo capitolo, nuovi bivi e allora eccoci di nuovo qui con ben due scelte: preferireste che Linsday scappasse per il passaggio segreto oppure che si nascondesse sotto al letto? E, ancora, credete che sia stata davvero Madison a scrivere a Freddie oppure è solo un ulteriore trucco del serial killer? A voi le scelte, a voi le responsabilità.

Un abbraccio
The Lock

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 11

 

ST. JUDE HOTEL, ore 21: 49

 

Linsday non perse tempo e varco la soglia del passaggio segreto. Lì dentro era buio e la mora aveva perso il cellulare chissà dove, quindi non aveva molte opzioni se non camminare alla cieca, mettendo le mani in avanti caso mai avesse beccato un muro o una deviazione.
Quando la vista si abituò al buio pesto della galleria, Linsday decise di accelerare il passo: non sentiva l'assassino dietro di sé, ma poteva continuare a correre anche se non era in pericolo di vita.

E poi, se l'assassino non l'aveva seguita voleva dire solo due cose: la prima che il passaggio segreto sbucava da qualche parte, la seconda che, se non avrebbe fatto abbastanza in tempo, si sarebbe quasi sicuramente trovata l'assassino ad aspettarla.

L'idea di tornare indietro, comunque, appariva molto più idiota dell'idea di correre tra le braccia del killer, allora Linsday, piagnucolando e correndo dimenando le braccia, corse finché non andò a sbattere contro uno spigolo.

“Ma che...” mormorò, massaggiandosi il naso. Linsday sbatté le ciglia un paio di volte e vide davanti a sé un bivio: la galleria che conduceva alla camera del terzo piano portava in due direzioni diverse.

Con il mascara che andava sciogliendosi, Linsday si rialzò da terra e cercò di capire dove le due vie avrebbero potuto portarla: ma il buio era pesto e non vi erano suoni o altri indizi che l'avrebbero aiutata, quindi la scelta sarebbe stata dettata totalmente da lei.

 

A) Linsday va a destra
B) Linsday va a sinistra

 

Jason lesse il messaggio la prima volta con rapidità eccessiva, tanto che dovette rileggerlo un altro paio di volte per capire a fondo il significato del messaggio. Vi erano solo tre parole, tre semplicissime parole che in quella serata erano già state ripetute abbastanza.
“Cosa dice?” domandò Ashley.

Rischio o Verità.” mormorò il ragazzo. Ashley aggrottò la fronte e si avvicinò a Jason per accertarsi che il moro aveva letto bene il significato; ma quando gli occhi verdi di Ashley si poggiarono sullo schermo del cellulare, ebbe la prova tangibile che, effettivamente, qualcuno stava ancora giocando con loro. Jason si passò la mano sulla fronte imperlata di sudore freddo e scambiò uno sguardo fugace con Ashley.

“Non hai tolto il cellulare a Michael?” domandò la bionda e il moro annuì, anche se ora tutti i ricordi di prima erano confusi e si attorcigliavano in un vortice nero dove frasi ed immagini si distorcevano.

“Chi sarà?” domandò la bionda.

“Non lo so.” mormorò Jason. Forse Michael aveva un secondo cellulare, ma gli aveva legato le mani e non gli era parso sentire rumori di ferraglia quando lo aveva gettato dalle scale. Però, magari, Michael aveva un complice. Oppure, come la testa stessa suggerì a Jason, i ragazzi erano davvero preda di un killer e lui aveva appena suggerito agli altri di dividersi per rendersi bersagli vaganti.

Il cellulare del moro squillò ancora e con mani febbrili, Jason sbloccò lo schermo per leggere ancora:

Se rispondi bene, avrai un premio.” lesse.

“Bé, scegli allora!” lo esortò Ashley. Jason guardò la ragazza come avesse appena detto che era lei l'assassino e fece di no con la testa, asserendo che non era da lui scendere a patti con un maniaco.

“Ah no?” sbottò Ashley “Jason, per l'amor del cielo! Siamo chiusi in un albergo, senza possibilità di scappare, con un potenziale assassino che vuole ucciderci e l'unica cosa che possiamo fare è cogliere ogni buona occasione per liberarci di lui! Quindi rispondi a quel dannato gioco!” lo rimproverò.

“Ok, va bene...” sbottò il moro, non sopportando né quella situazione, né il tono accusatorio di Ashley. Jason sbloccò nuovamente la tastiera e avvicinò i pollici allo schermo, ma un forte dubbio lo colse all'improvviso: cosa fare? Se avesse scelto obbligo, magari l'assassino lo avrebbe costretto a fare qualcosa di particolarmente doloroso; se invece avesse scelto verità, il rischio era esattamente lo stesso.

Jason sbuffò, avrebbe avuto una moneta in tasca avrebbe potuto affidare tutto al caso, ed invece era lì, a dar conto ai suoi demoni e paure interiori.

 

C)Jason scrive Verità
D) Jason scrive Obbligo

 

 

Il dolore al viso era insopportabile. Prima i pugni da parte di Tristan, ora quelli da parte di Jason più la spinta oltre le scale rendevano il suo viso caldo di dolore come una piastra bollente.

“Ragazzi!” abbaiò Michael, riuscendo a mettersi seduto mentre la luce della luna penetrava dalla finestra sbarrata del seminterrato e inondava ogni cosa di luce argentea. Bisognava far qualcosa per liberarsi da quelle corde; di certo se si fosse liberato Jason gliele avrebbe suonate ancora, ma Michael non voleva mica rimanere ad essere una vittima di sudditanza psicologica. Quando perdeva le staffe, il leader della BBK diventava pericoloso sia fisicamente che psicologicamente: non ammetteva obiezioni e bisognava fare qualsiasi cosa dicesse lui, anche fingersi colpevoli fino a quando non avrebbe capito l'errore. E quello che Michael stava vivendo oggi era proprio quest'ultimo caso, ma il rosso non ci stava e avrebbe presto tagliato i fili che legavano i suoi polsi e poi avrebbe scassinato la porta della cantina e se ne sarebbe andato, poco importava se avrebbe dovuto nuovamente affrontare Jason: questa volta avrebbe risposto al fuoco col fuoco. E ancor meno importava se Logan si sarebbe alleato al leader, Michael sapeva di poter contare su Freddie e Tristan che, per quanto fossero meno muscolosi dei due, avrebbero potuto contare sul vantaggio numerico.

Erano questi i pensieri del rosso quando, un suono di passi catturò la sua attenzione. Che fossero venuti a liberarlo? O a punirlo ancora? In ogni caso un bel pugno in faccia a Jason era d'obbligo. Chi se ne fregava se lo avrebbero cacciato dalla BBK, Michael era pronto a qualsiasi conseguenza. Mettendosi vicino ad un mobile d'acciaio, il rosso sfregò i fili sulla gamba spigolosa del mobile mentre con il volto fissava intensamente la porta della cantina: da un momento all'altro l'avrebbero aperta; i passi si facevano via via più vicini. Il rosso accelerò il movimento per liberarsi da quella morsa, ma quando i passi si fecero vicinissimi, constatò con stupore che non venivano dal piano terra.
Michael si voltò nell'esatto istante in cui sentì un cigolio come di una porta che si apriva. Vide una parte della parete aprirsi con lentezza ed una mano inguantata di nero che la spingeva assicurandosi che il rosso potesse notarla.

“Freddie? Tristan?” domandò Michael, ma la figura oscura se ne andò, lasciando Michael da solo. Che fosse stato uno dei fantasmi che infestavano l'hotel?


Cari e care,
sono sadico, lo so, ma voi non abbattetevi: ci sono ancora sette ragazzi da salvare! Un ringraziamento va a Michy Michy per le scelte apportate nel capitolo precedente. Ma ora, cosa fareste nei panni di Linsday? Destra o Sinistra? La scelta è totalmente arbitraria, non ho voluto lasciare indizi sugli esiti della scelta sostanzialmente perché sono cattivo. Mentre la scelta di Jason? Obbligo o Verità, cari lettori? Voi cosa scegliereste?
Un abbraccio
The Lock

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 12

 

ST. JUDE HOTEL, ore 22:30

 

Jason inspirò ed aspettò che arrivasse il messaggio con le nuove istruzioni. Sapeva bene che scrivere Verità significava solo fare il gioco del maniaco, ma l'opzione di “Obbligo” gli sembrava ben più spaventosa della verità.

“Jason, che succede?” domandò Ashley, ed il cellulare del ragazzo squillò.
Lo stomaco di Jason si strinse in un pugno ed il ragazzo tirò fuori il cellulare dalla tasca, lo sbloccò e lesse le istruzioni, non sorprendendosi di ciò che il maniaco gli chiedeva.
Voleva che raccontasse alla ragazza di D. M., così c'era scritto sul messaggio e che, se non l'avesse fatto, avrebbe pagato conseguenze ben peggiori.
“Ti... ti ricordi quella mail che hai ricevuto mentre eravamo in biblioteca?” domandò il ragazzo, passandosi una mano sulla fronte sudata. Ashely annuì, aggrottando la fronte.

“Bé... era firmata D. M. e sono le iniziali di una matricola della BBK dell'anno scorso: Dylan March. Era... era un ragazzetto magrolino e passava spesso inosservato; era biondo come te e molto timido. Comunque fu preso di mira da Tristan, Michael, Freddie, Madison e Linsday e ne fecero il loro zimbello...” disse, con voce tremula “E stavano esagerando, ed io lo sapevo e anche Logan mi rimproverava di non fare nulla per aiutarlo, ma non ero ancora leader della BBK e non volevo inimicarmi gli altri... e Dylan si fece vedere sempre meno di frequente... l'hanno umiliato in ogni modo possibile finché, una sera, alla festa di fine anno...” e la voce gli morì in gola.
“Jason... cosa avete fatto?” domandò Ashley con gli occhi sbarrati.
“Si eleggeva il re e la regina del campus e... avranno truccato i voti, non so...” disse, sull'orlo del pianto “...ma alla fine hanno fatto vincere Dylan come reginetta. È stato così umiliante per lui... ricordo le risate dei ragazzi e lui scappò tra le lacrime e l'ilarità generale... E poi sembrò sparire, nessuno lo vedeva da giorni ormai... finché non è arrivata la polizia e non l'ha trovato in camera, appeso alla trave. Si era impiccato.” disse, con occhi lucidi.
Ashley si coprì la bocca e divenne pallida, mentre lacrime di rabbia le scendevano dagli occhi verdi e Jason vide nel suo sguardo quello che temeva: il cambiamento. Ora non lo guardava più con devozione ma con disgusto e disprezzo.
“Fate schifo!” disse Ashley, per poi fare dietro-front e correre lontano da Jason, come avesse davanti il più infido degli assassini.
Ma Jason sapeva bene che quello sguardo se lo meritava; benché non avesse partecipato attivamente alla tortura verso Dylan, era stato omertoso e aveva lasciato che lo rendessero ridicolo senza che muovesse un dito. La rabbia gli montò con imperio e Jason tirò un pugno al muro, subito pentendosene perché sentì un forte dolore sulle nocche.
Il cellulare squillò di nuovo e Jason lesse: “Vai in camera 134 a ritirare il tuo premio”. Jason aggrottò la fronte e obbedì alle indicazioni del messaggio.
Poggiò la mano sulla maniglia e aprì leggermente l'anta, sospettando una trappola da parte del maniaco. Aspettò qualche secondo, poi spalancò l'anta e accese la luce che rivelò una camera qualunque, una matrimoniale, sul cui grande letto vi era un pacco regalo.
Jason si avvicinò e lesse la targhetta: “A: Jason; Da: Un amico”.
Il moro aprì la scatola con cautela e strabuzzò gli occhi, vedendo cosa conteneva: era una pistola scarica con tre proiettili sfusi e tutti uguali.
Al fondo, vi era un altro biglietto:

Hai solo tre colpi: usali con cura.

 

Linsday arrivò a ciò che le parve un vicolo cieco e imprecò a denti stretti. Se l'assassino l'aveva seguita, allora era fregata. Gli occhi pizzicarono e si ricoprirono di lacrime, mentre la ragazza si mordeva le labbra e cercava di trovare una soluzione a quella trappola.
Era andata a destra senza motivo ma sperava di trovare una via d'uscita; eppure non pareva così.
Linsday sbatté i piedi per terra e poi i suoi occhi si concentrarono su ciò che parve una riga gialla sul pavimento. Strano, pensò, era buio, allora come faceva a vedere quella striscia? Un momento, la striscia tremolava anche!
Nel cuore di Linsday si riaccese la speranza. Capì che quella era la luce che filtrava attraverso una fessura della parete e che quindi essa conduceva ad un'altra camera.
Decisa, Linsday spinse con tutte le sue forze, fino a quando l'ostacolo non mancò più e cadde per terra, sbattendo il naso.
“Linsday?” domandò una voce a lei familiare. La bruna alzò lo sguardo e vide Madison che, con una sigaretta alla mano, la fissava con stupore.
“OH, MADDY! MADDY!” pianse, alzandosi e abbracciando l'amica, sentendosi salva per il pericolo scampato.
“Calmati, idiota!” sbottò Madison, cercando di divincolarsi dall'abbraccio della Beta. “Che sta succedendo?”
“Un uomo incappucciato, Madison! Voleva uccidermi!” strillò, coprendosi il volto con entrambe le mani “Voleva uccidermi, Madison! Ha iniziato a inseguirmi e...”
“Cosa? Sei sicura fosse un malintenzionato?” domandò la ragazza, aggrottando la fronte.

“Sì! Aveva un coltello e continuava a seguirmi e...” ma si bloccò. Madison le aveva tirato un manrovescio talmente forte che la ragazza era rimasta stordita, mentre la guancia si colorava di un rosso acceso.
“Allora sei cretina, oltre che sgualdrina!” le urlò contro, raccogliendo il pacchetto delle sigarette e uscendo dalla stanza. “L'avrai sicuramente condotto a me! E ora ucciderà anche me! Ma non potevi crepare in silenzio, stupida cavalla?” urlò, voltandosi per dare le spalle all'amica. Madison fece un passo e subito si sentì spingere e cadde a terra, sfiorando di poco una candela con il viso.
“Tu sei la vacca, tra le due!” le urlò contro Linsday con il viso rosso di rabbia “Tu mi hai rovinato la vita!” la accusò con voce stridula.
“La tua vita non vale nulla!” sbottò Madison e si alzò di scatto. Le due amiche si tirarono schiaffi e si presero i capelli, sbattendo da una parete all'altra del corridoio.
Mentre Madison graffiava l'altra con le unghie, Linsday le mordeva la spalla, mentre Madison la schiaffeggiava, Linsday le tirava i capelli.

“Ehi! Ehi! Ehi!” disse Logan che, passando di lì, vide le due accapigliarsi. Logan cercò di dividerle ma, nella confusione, si prese un colpo di unghie da parte di Madison sullo zigomo che presto prese a sanguinare.
“BASTA!” urlò, spalancando le braccia così da far metter spazio tra le due.

“Ha iniziato lei!” piagnucolò Linsday, cercando di sistemarsi i capelli.
“Ma che m'importa!” sbottò Logan e le due ragazze sembrarono calmarsi. Il ragazzo si passò l'avambraccio sul rivolo di sangue e guardò Madison con sguardo adirato, ma la ragazza ricambiò con occhi di sufficienza.

“Mi spiegate che sta succedendo?”
“Linsday mi ha appena condannata a morte!”
“Che?” sbottò Logan, strabuzzando gli occhi.

“Un uomo incappucciato e con un coltello mi stava inseguendo, Logan! Son sbucata nella camera di Madison e lei m'ha detto che dovevo crepare da sola invece che mettere a rischio anche la sua vita.” pianse Linsday, singhiozzando tra una sillaba e l'altra.

“Qualcuno può chiamare Tristan, per favore?” urlò Linsday, inginocchiandosi per terra dalla disperazione.

“Dio mio!” sbottò Madison, prendendo il cellulare e componendo il numero del rosso. Il cellulare squillò un paio di volte prima che la chiamata venisse negata. Madison aggrottò la fronte e fece spallucce, ma poi il suo cellulare prese a squillare: le erano arrivati dei messaggi, da parte di Tristan. “Scusate non posso parlare, sono morto :( ” recitava.
Linsday e Logan si avvicinarono a Madison per leggere, ma poi arrivò un altro messaggio che presentava un allegato.
Madison si scambiò uno sguardo con gli altri due ed i ragazzi annuirono, allora vi cliccò su e si aprì una foto.
“Oh Dio!” urlò la ragazza, facendo cadere il cellulare, mentre Linsday urlava a pieni polmoni. Nella foto vi era il volto di Tristan perforato da dei chiodi.
“No... non può essere...” mormorò Logan, passandosi una mano sul viso per cercare di rimanere lucido.
Linsday si appoggiò alla parete e si passava la mano tra i capelli, disperata, mentre Madison si piegava per riprendere il cellulare come fosse stato velenoso. L'apparecchio squillò ancora e i tre sussultarono, mentre Madison leggeva ad alta voce: “Ed ora tocca a voi!”. I ragazzi si scambiarono uno sguardo di terrore, mentre Madison riceveva un altro allegato.
Facendosi forza, la mora aprì il messaggio e impallidì, vedendo una foto di loro tre di spalle.
“CORRETE!” urlò e gli altri due ragazzi si voltarono vedendo l'uomo incappucciato brandire il coltello e salutarli con un gesto della mano.
“MERDA!” sbottò Logan, scattando e praticamente portandosi dietro Linsday di forza. Madison era la prima della fila e continuava a correre a perdifiato mentre si malediceva per tutte le sigarette che aveva fumato in giornata.
Alla fine i ragazzi si fermarono poiché erano ricomparsi sulla rampa delle scale principali e da lì sarebbero potuti andare ovunque.

“Dividiamoci!” disse Madison.
“Cosa?” sbottò Logan.
“Dividiamoci! Almeno due di noi si salveranno; mentre se rimaniamo uniti crepiamo tutti e tre!” disse a bassa voce, mentre i passi dell'assassino risuonavano per il corridoio.

 

A) I ragazzi rimangono uniti
B) Ognuno intraprendere una strada diversa
 

 

Con un ultimo strattone, Michael riuscì a liberarsi dai fili che gli legavano i polsi, non senza però aprirsi delle sottili eppure profonde piaghe lungo di essi.
Il rosso gemette, portandosi i polsi sotto gli occhi e si infuriò, vedendo com'erano stati ridotti a causa di quei fili. L'odio che provava per Jason si moltiplicò e Michael sentì le mani prudergli per il bisogno di tirare qualche pugno al leader della BBK.
Ma adesso aveva altre cose a cui pensare e si diresse verso la porta che aveva visto aprire a quella strana figura. Si affacciò oltre la soglia e cercò di vedere dove conducesse, ma non si vedeva nulla se non un lungo corridoio scuro.
Vi era, inoltre, una brezza umida e che soffiava da destra verso sinistra, accarezzandogli i capelli.

Cosa poteva fare? Rimanere lì e stare ai giochi di Jason e quindi sembrare colpevole o seguire il tunnel e scappare alla prima occasione?

 

C) Michael rimane in cantina
D) Michael segue il tunnel  


Carissimi e Carissime,
mi spiace per questo imperdonabile periodo di assenza ma tra tesi e ultimi esami ho avuto pochissimo tempo da dedicare a questa storia! Ma ora son tornato e sono pronto a continuare questa avventura. 
Ringrazio Michi Michi e Cheshirecat96 per le decisioni prese (coincidenti). 
Ora ecco una decisione difficile che mi ho sempre avuto paura di affrontare: meglio rimanere uniti sempre, oppure accettare il sacrificio di qualcuno e guadagnare tempo? Questo vi chiede la prima scelta: preferireste che Linsday, Madison e Logan rimangano insieme o che si dividano? 
Mentre Michael, secondo voi cosa è più saggio che faccia? 
A voi la scelta,
The_Lock

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


 13

 

ST. JUDE HOTEL, ore 23:01

 

“E va bene!” sbottò Madison, dirigendosi insieme a Logan e a Linsday verso il lato opposto del corridoio, vale a dire nel lato destro del terzo piano, dove speravano che l'assassino non li avrebbe seguiti.
I tre decisero di non correre per evitare di far rumore e camminarono con lunghe falcate attutite dalla morbida moquette del pavimento. Appena svoltato l'angolo, Logan aprì la prima porta e fece entrare le ragazze e poi, con loro, vi si chiuse dentro, facendo il più piano possibile.

“Che orrore!” sussurrò Linsday, mordendosi un'unghia.
“Rimaniamo calmi, siamo comunque in tre...” sussurrò Madison.
“Tre? Tu sei magra come un chiodo e Linsday è muscolosa come un filo d'erba...” commentò Logan lanciando un'occhiataccia alla bruna.

“Dio, per forza con voi tre devo crepare?” si lamentò la leader della TPK, sedendosi sul letto e facendo scattare le molle del materasso. Il rumore fece irrigidire tutti e tre ed i ragazzi rimasero in ascolto per aspettare qualche rumore che avvertisse loro della presenza dell'assassino, ma magari aveva cambiato strada.

I tre ragazzi trattennero il respiro a lungo, cercando di resistere al senso di panico che li pervadeva, finché una voce non prese a chiamare dal corridoio.

“Madison?” si sentì chiamare. La ragazza impallidì e Logan e Linsday si girarono di scatto per osservare la ragazza come fosse la prossima vittima.
“Madison?” ripeté la voce e la bruna si avvicinò alla porta, poggiando l'orecchio sul legno umido.

“È Freddie!” disse a bassissima voce.

“Sei sicura?” domandò Linsday. Spaventato, Logan aprì lo spioncino della porta ed aspettò finché non riconobbe il suo compagno di confraternita Freddie.
“Sì, è lui.” mormorò.

“Che facciamo? Apriamo?” domandò Linsday, poggiando le mani sulle guance come segno di disperazione.

“Non lo so...” mormorò Logan “Potrebbe essere una trappola...” disse.
“Almeno avvisiamolo...” sussurrò Madison, ben poco disposta a lasciare che Freddie morisse senza che qualcuno lo aiutasse. Era vero, con lui andava a letto soltanto, ma Madison non era così crudele come gli altri credevano.
“Se parli magari il killer ci sente e siamo nella merda!” protestò Logan a voce bassa.

“Oh, che noia! Allora votiamo! Volete lasciare che Freddie muoia?” disse la ragazza, massaggiandosi le tempie.

 

A) Madison parla con Freddie (a porta chiusa)
B) Madison NON parla con Freddie

 


Michael seguì il tunnel ma senza una fonte di luce era difficile capire da che parte stesse andando. Era buio pesto e, per quanto i suoi occhi si fossero abituati all'oscurità, non riusciva a capire dove fosse diretto.
A volte gli sembrava di aver impegnato una discesa, altre volte una salita e riuscì a contare solo tre curve a sinistra prima di perdere il conto a causa della grande confusione che aveva in testa.
Vide, infine, una luce arancione che tremolava con vigore e splendeva dietro l'angolo. Svoltò lungo l'angolo ed il rosso si ritrovò in un altro, lunghissimo corridoio.
La luce proveniva da una candela ed era posta vicina ad una scatola rettangolare. Incuriosito, Michael si avvicinò e prese in mano la candela per aiutarsi a vedere meglio ciò che era scritto sul biglietto che presentava il suo nome.
Un piccolo regalo per aiutarti a sopravvivere.” Questo e questo soltanto diceva il biglietto. Michael aggrottò la fronte e fu percorso da un brivido freddo. Cosa stava succedendo, in quel luogo? Sembrava un gioco architettato fin nei minimi dettagli da chissà chi.
Aprì la scatola e vi trovò all'interno un grande coltello dalla lama affilata. Lo prese in mano e lo soppesò: era parecchio pesante e richiedeva una certa destrezza nel suo utilizzo.
Perché c'era un coltello da macellaio in quella scatola e perché era diretto a lui e perché, infine, avrebbe avuto bisogno di un coltello per sopravvivere? Sopravvivere a cosa, si chiese.

Era ormai evidente anche al ragazzo che qualcosa non andava in quel posto, e forse rifiutare un'arma sarebbe stato immaturo; ma quella lama così affilata metteva nell'animo di Michael una vera e propria ansia poiché a lui le armi non piacevano.
 

C) Michael prende il coltello
D) Michael NON prende il coltello


Carissime e Carissimi,
ringraziamo Cheshire96 per le scelte dello scorso capitolo. Perdonate il capitolo breve, ma non giudicate dalle apparenze: questi due bivi avranno ripercussioni molto sconvolgenti, se intrapresi in un certo modo. 
Preferite, quindi, che Madison avvisi Freddie (mantenendo la porta chiusa, è chiaro) della presenza dell'assassino o che lo lasci vagare incosciente per i corridoi? E Michael? secondo voi l'arma può giovargli o è meglio se rimane senza alcuna difesa?
La scelta è vostra,

The_Lock

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


 14

 

ST JUDE HOTEL, ore 23:38
 

“Ehi, Freddie...” sussurrò Madison, vicino alla serratura. Il biondo si voltò, guardando attentamente il corridoio illuminato dalla luce fioca delle candele. Freddie si volto più volte ma non vide da nessuna parte una persona a cui la voce che lo chiamava poteva appartenere.
“Vieni qui...” disse la Madison alzando leggermente la voce.
Ingoiando aria, il biondo si avvicinò alla porta della camera dietro la quale Madison, Logan e Linsday si erano nascosti.

“Madison, sei tu?” domandò Freddie.

“Sì, sono io, chi altra?” rispose la bruna, esasperata. La ragazza si spostò e puntò si avvicinò allo spioncino dove riusciva a vedere Freddie che corrugava la fronte, sentendo la reazione della ragazza.
“Perché ti sei chiusa qui?” domandò il biondo.
“C'è un pazzoide che si aggira con un coltello e ha una maschera da spaventapasseri... mettiti al sicuro.” disse e Freddie strabuzzò gli occhi, non credendo alle parole della ragazza.
“È uno dei tuoi giochetti?” domandò lui, incrociando le braccia.
“No, Logan e Linsday sono qui con me... mettiti al sicuro, ti prego.” disse lei.

“Madison, fammi entrare.” disse lui, mettendo la mano sulla maniglia e piegandola, senza tuttavia riuscire ad entrare poiché i ragazzi si erano chiusi a chiave.
“No, no... vai via.” disse Madison, alzando la voce.
“Non mi sto divertendo, Madison.” disse Freddie con voce profonda. Madison respirò profondamente e si massaggiò le tempie, mentre Freddie continuava a dare colpetti alla prota nel tentativo di esasperare la ragazza.
“Senti, brutto idiota!” sbottò lei.

“Abbassa la voce!” la rimproverò Logan, ma Madison lo ignorò e tornò alla carica.
“Adesso sparisci da qui perché se arriva quello psicopatico ammazza prima te e poi noi! Quindi fai un favore a tutti quanti e levati di torno!” disse con imperio e tirando un colpo con la mano alla porta per sfogare un po' della sua rabbia.
Freddie lasciò perdere la maniglia e alzò gli occhi al cielo, mentre Madison tornava a guardare attraverso lo spioncino.

“Sei proprio una bambina!” la rimproverò lui, ma una sagoma sbucò alle sue spalle. Dapprima Madison credette che fosse l'ombra del ragazzo, ma poi la vide muoversi e sbiancò, coprendosi la bocca con la mano.
Freddie si sentì afferrare dalla nuca e qualcosa lo spinse contro la porta, facendogli sbattere la testa contro. Il biondo si voltò e vide l'uomo descritto da Madison poco prima, allora cercò di scappare ma l'uomo lo afferrò nuovamente e continuò a sbattergli la testa contro la porta con talmente tanta forza che presto un grande taglio si aprì sulla sua fronte.
Il ragazzo aprì la bocca per parlare ma si rese conto che avrebbe messo in difficoltà il suoi amici, allora provò a divincolarsi ma l'uomo aveva una presa salda e avendolo alle sue spalle non riusciva a difendersi al meglio, mentre con la sua testa rischiava di sfondare la porta.
Quando fu sicuro che Freddie era intontito, l'assassino costrinse il ragazzo con le spalle contro la porta e sfilò il lungo coltello dai pantaloni. Freddie, che aveva la vista offuscata, spalancò la bocca per urlare e l'assassino ne approfittò e gli piantò il coltello proprio in bocca, trapassando anche la nuca e facendo spuntare la lama oltre la porta, ferendo Madison alla spalla.
Freddie emise un vagito e rivolse gli occhi oltre le palpebre, mentre la sua bocca si riempiva di sangue e colava oltre il mento. L'assassino rimase a fissare Freddie per qualche momento, poi estrasse il coltello con uno strattone e così facendo liberò il biondo da quella posizione, facendolo cadere a terra.
L'assassino si chinò per osservare oltre il buco creato dalla lama e per vedere se vi fosse qualcuno nella stanza, ma dopo un'esitazione di qualche secondo, andò via, lasciando il cadavere di Freddie dietro alla porta.

 

Michael seguì ancora il tunnel mentre la cera calda scorreva lungo la stecca della candela e finiva sulla sua mano, bruciandolo leggermente. Il rosso teneva il lungo coltello con l'altra mano e camminava cercando di non perder tempo a capire cosa stesse succedendo in quell'hotel. Era tutto molto strano, e il rosso sapeva che era svantaggiato rispetto agli altri perché era rimasto chiuso in quella cantina per quasi tutta la serata.

Avrebbe voluto avere il suo cellulare ma Jason glielo aveva preso prima di buttarlo per le scale della cantina ed ora Michael era completamente isolato rispetto agli altri.
Vide, infine, che il lungo tunnel si diramava in due vie che andavano ognuno nella parte opposta dell'altro.

“Che fare?” si chiese, passandosi l'avambraccio sulla fronte per asciugare il sudore che il calore della candela produceva.
Michael si avvicinò e trovò, infine, un secondo bigliettino, un post-it con la stessa grafia che aveva visto nel bigliettino accanto al coltello. Michael lo strappò e lesse: “Un piccolo suggerimento: vai a destra”.
Il rosso si asciugò la fronte nuovamente ed accartocciò il biglietto. Qualcuno stava giocando con lui e Michael iniziava a sentirsi un giocattolo nelle mani di un burattinaio. Gli aveva suggerito di prendere il coltello e lui l'aveva fatto; ed ora gli suggeriva di andare a destra invece che a sinistra.
Sicuramente quel burattinaio sapeva come confondergli le idee perché forse aveva calcolato tutto. Forse aveva lasciato quel biglietto per far suggerire a Michael di andare a destra o perché contava che andasse a sinistra, seguendo la semplice psicologia inversa.
Quale via avrebbe condotto Michael lontano dal gioco del burattinaio? Forse entrambe, forse nessuna- ma di tornare in quella cantina non se ne parlava.

 

A) Michael va a destra
B) Michael va a sinistra

 

 

Con gli occhi spalancati dal terrore di ciò che aveva appena visto, Logan mosse lentamente gli occhi ed incrociò quelli di Madison, sconvolti e velati di lacrime.
Quando l'assassino aveva preso a usare la testa di Freddie come ariete da sfondamento, Logan si era subito mosso a tappare la bocca di Linsday e l'aveva trascinata al fianco della porta, quando l'assassino aveva aperto uno squarcio nella porta, per evitare di essere visti.
Ora Logan era in piedi, i muscoli tesi e madidi di sudore, mentre tratteneva Linsday e la abbracciava nella speranza che la ragazza non fosse esplosa in una crisi isterica.
A destra della porta c'era Madison, da sola, con un taglio lungo la spalla da cui sgorgava una rivolo di sangue abbastanza generoso.
Freddie era morto davanti ai loro occhi e non avevano avuto la prontezza di salvarlo, bensì la codardia di nascondersi, lasciando che l'assassino si sfogasse su di lui.
Logan scoccò un'altra occhiata a Madison ma vide che la ragazza era ancora più sconvolta di lui e non la biasimava: era praticamente stata lei la causa della morte di Freddie, anche se forse non sarebbe cambiato molto, lasciandolo a zonzo per l'hotel da solo e ignaro di tutto.
Adesso, però, la decisione era ben più terribile: dovevano rimanere lì oppure uscire e andare via? Di certo muoversi era l'opzione migliore, ma le due ragazze erano sconvolte e forse avrebbero reagito male all'idea di scavalcare il cadavere di Freddie e di camminare lungo i corridoi bui e alla mercé di un assassino spietato.
Avevano votato ed ora Freddie era morto; quindi Logan era pronto a prendere lui una decisione per tutti e tre.

C) I ragazzi rimangono in camera
D) I ragazzi escono dalla camera


Carissime e cari,
ringraziamo Cheshirecat96 per aver "ucciso" Freddie con la decisione del capitolo precedente. Prima Tristan, ora Freddie, ma la fine si avvicina e con essa la carneficina! 
Sì, perché questo capitolo della saga è più corto del precedente, ma nei capitolo prossimi non potrete star tranquilli neanche un minuto. 
Ora, decisioni difficili, come piacciono a me. Michael farebbe meglio a seguire le indicazioni del killer? E Logan e le ragazze? Meglio dentro, in camera, o fuori a cercare rifugio altrove? 
a voi la scelta,

The Lock

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


 15

 

ST. JUDE HOTEL, ore 00:03

 

Michael seguì la strada di destra ma non poteva scrollar di dosso quell'antipatica sensazione di star solo facendo il gioco di qualcun altro; però adesso non gli interessava, voleva uscire da quell'odioso Hotel e basta.
Ripensò agli ultimi avvenimenti e cercò di rimetterli insieme, ma c'erano solo domande e pochissime risposte. Molti dubbi si schiudevano rivelando altri dubbi in un circolo vizioso che si alimentava dell'insicurezza, dell'ansia e della paura che Michael aveva in quel momento.
La candela era ormai quasi tutta sciolta e il rosso sapeva che poteva contare su pochi minuti di luce e che poi avrebbe dovuto cavarsela da solo, al buio, con gli occhi che si erano appena impigriti a causa della candela.
Michael sbuffò, cercando di non cadere nel panico e canticchiando la prima canzone che gli passò in testa: Dancing Queen degli ABBA. Era questa la canzone che avevano messo dopo che avevano nominato Dylan March come reginetta del campus.
Il rosso arrivò, infine, davanti ad una spessa porta con una strana maniglia a pomello; vide della luce passare attraverso la fessura e sospirò, pensando di essere arrivato alla fine del suo percorso.
Quindi poggiò la mano sulla maniglia e spinse, gettando la candela per terra.
 

Logan aprì leggermente la porta e si affacciò oltre la soglia per cercare di vedere se il corridoio fosse libero dalla presenza dell'assassino. Si impose con imperio di non guardare in basso dove giaceva il corpo di Freddie, ma la curiosità lo vinse e Logan abbassò i suoi occhi scuri per vedere l'amico con gli occhi spalancati e scuri rivoli di sangue che colavano dalla bocca verso il pavimento.

Logan si coprì la bocca con la mano poiché tanti erano i sentimenti che attanagliavano la sua coscienza, ma ancor di più erano le voci che gli suggerivano di pensarci dopo, a Freddie; ora era il momento di mettersi in salvo.
Logan fece cenno a Madison e Linsday di passare. La prima provò a scavalcare il cadavere di Freddie ma le gambe le si pietrificarono solo all'idea. Guardando Logan come non l'aveva mai guardato prima- con pietà, bisogno d'aiuto e totale disarmo -Madison chiese aiuto al ragazzo e Logan la prese in braccio, portandola oltre il cadavere del ragazzo.
Distrutta, Madison si poggiò alla parete dando le spalle al corpo morto di Freddie, così da resistere alla tentazione di guardarlo.
“Linsday, vieni...” disse Logan, porgendole la mano.
“No no... no no no!” mormorò la bruna, scuotendo convulsiva la testa.
“Cosa? Muoviti!” sussurrò Logan.

“No... non mi muovo, io rimango qui.” disse Linsday, sedendosi sul letto.

“Linsday non è il momento per una crisi isterica, vieni!” tuonò Logan con imperio ma la ragazza tornò a scuotere la testa e Logan sospirò, guardando il cielo come chiedendo aiuto.
“Lasciamola e andiamocene!” sussurrò Madison senza cattiveria ma con tono distrutto. Più tempo passava lì, vicino a Freddie e più la ragazza si sentiva svuotata della propria energia. Logan si morse il labbro inferiore e si voltò nuovamente a guardare Linsday.
“Linsday, ti prego...” disse, porgendole la mano. La ragazza esitò e i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo che ora sembrava così sicuro di sé e le prometteva con lo sguardo che non le sarebbe accaduto nulla di male.

A) Linsday esce dalla camera
B) Linsday rimane in camera

 

Ashley era talmente sconvolta per il racconto che le aveva fatto Jason. Di certo aveva capito fin da subito che Madison era cattiva mentre Linsday, Tristan, Michael e Freddie solo degli idioti che aspettavano un modo come un altro per divertirsi; eppure ancora non riusciva a capacitarsi come avevano potuto spingere un ragazzo innocente al suicidio.
La ragazza era tornata nella hall dell'albergo ancora piena di cibo intoccato e di bottiglie di alcol ancora tappate.
Ora aveva tutto, più o meno, senso. Il maniaco, le prove, l'odio che provavano i ragazzi tra di loro... erano solo conseguenze di qualcosa che gli aveva pian piano distrutti perché avevano messo a nudo la loro viltà e la loro incapacità di agire.
Ashley si asciugò una lacrima; non poteva trattenersi dal provare pena per quel ragazzino e rabbia per quei sette ragazzi che ora desiderava tanto disconoscere anche come conoscenti.
La bionda sentì un cigolio alle sue spalle e si voltò, incuriosita; ma la visione di ciò che vide la fece impallidire. Michael era lì, oltre una porta segreta e brandiva un coltello da macellaio in mano.
“Ashley...”
“Non ti avvicinare!” disse lei a gran voce, allontanandosi come davanti ad una bestia feroce.
“Ashley, aspetta!” disse Michael, muovendo qualche passo verso di lei. Nel panico, Ashley uscì dalla hall dell'albergo e si diresse alla reception dove lo spazio più largo e la gran quantità di porte la fece sentire più al sicuro. Ma, desideroso di spiegare la situazione e di fare domande sugli altri, Michael inseguì la bionda a passo spedito.

Ashley si voltò e vide Michael che correva verso di lei ed urlò a pieni polmoni.

“JASON!” gridò, invocando il nome del ragazzo come una divinità che potesse intervenire.

“Non capisci! Lasciami spiegare!” sbottò Michael afferrando una ragazza per il polso. Ashley si dimenò, ma la presa del rosso era ferma e salda come una manetta.

“Lasciami andare, non dirò nulla!” pianse la ragazza, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Che?” domandò Michael, aggrottando la fronte.
“Ti prego, non c'entro nulla...” singhiozzò la ragazza, vedendo il suo riflesso sulla lama affilata del coltello.
“Mi lasci spiegare, per favore?” domandò il rosso, ed alzò il coltello come per attirare l'attenzione della bionda su di esso.
“Questo l'ho trovat...” ma vi fu un suono come di scoppio. Ashley trasalì, trovandosi improvvisamente imbrattata di sangue e subito pensò che Michael l'aveva colpita, ma il rosso era fermo, col coltello in mano e la bocca aperta dal respiro lasciato a metà.
Ashley abbassò lo sguardo e vide una chiazza rossa espandersi dal petto del ragazzo e subito Michael crollò a terra, lasciando la presa su di lei e sul coltello. Ashley aggrottò la fronte e alzò lo sguardo, vedendo Jason che, con mani tremanti e sguardo pallido teneva alta la pistola in direzione di Michael.

Confusa, Ashley corse in direzione di Jason e lo abbracciò, ma il bruno non ricambiò l'abbraccio perché era ancora sconvolto dagli ultimi avvenimenti. Ora era un assassino anche lui, ma Michael stava per uccidere Ashley- o così sembrava.

“Jason...” mormorò la bionda, baciandolo sulla guancia, ma il ragazzo era di pietra.

Il suo cellulare squillò, e Jason lo prese ma lo porse ad Ashely.
“Leggilo tu, non ho la forza.” rispose il bruno.
Ashley annuì e lesse: “Grazie per l'aiuto, ma Michael non era mio complice.” e poi arrivarono due foto in allegato: i cadaveri di Tristan e Freddie. Ashley si coprì la bocca e spalancò gli occhi: Jason aveva appena ucciso un innocente?
“Cosa dice?” domandò lui con voce atona.

 

C) Ashley dice la verità
D) Ashley mente


Carissime e carissimi,
la carneficina! Ringraziamo Pandi34 per le scelte dello scorso capitolo e per aver contribuito- insieme a Cheshirecat96 -all'uccisione di Michael. Tre sono morti, ne rimangono cinque. Devo dire che, se il vostro scopo è quello di far sopravvivere tutti, siete ben lontani, amici miei; ma meglio così, non c'è horror che si rispetti senza una buona dose di sangue. 
La morte di Michael, poi, è stata molto a effetto domino, ma è un esempio che sta ad indicare che anche le decisioni più semplici possono avere conseguenze terribili. 
Ed ora, a voi la scelta: lasciare Linsday dietro? E Jason? è giusto che sappia che Michael fosse innocente o meglio dirglielo in un altro momento? 
La scelta è vostra,

The Lock

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


 16

 

ST. JUDE HOTEL, ore 00:42

 

 

Linsday scosse la testa e si grattò i gomiti come era solita fare mentre era sotto pressione. Logan allora sbuffò e ritrasse la mano, uscendo definitivamente dalla camera e prendendo Madison per il polso così da essere inseparabili mentre vagavano verso i corridoi bui del St. Jude Hotel.
I ragazzi non sapevano dove andare, ma il solo fatto di muoversi impediva loro di cadere nello sconforto più totale. Ovviamente ad ogni angolo giravano con la cautela di chi sa di essere braccato, ad ogni rumore si fermavano e tendevano l'orecchio attento per capire cosa avesse generato il suono e si guardavano spesso le spalle convinti di avere una presenza lì ad osservarli.
La vaga ironia della situazione che aveva costretto entrambi, Logan e Maison, che si odiavano sin dal primo incontro, ad aiutarsi fece leggermente sorridere entrambi; sebbene non sapevano quanto uno poteva fidarsi dell'altra, ma non era questo il momento di mettere in dubbio la fiducia che riponevano nell'altro: erano l'unica arma che avevano contro l'assassino.

“Ci andavo a letto, sai?” disse Madison.

“Con Freddie, sì lo so.” disse Logan. Madison aggrottò la fronte: un'informazione del genere nelle mani di Logan un tempo le avrebbe fatto paura perché era un'arma di distruzione di popolarità.
“E perché non hai detto nulla?” chiese.
“Perché non sono affari miei.” mormorò Logan, facendo spallucce. Madison sorrise, pensando che, alla fin fine, sapeva che Logan era fedele- lo era sempre stato, con Jason -ma mai avrebbe pensato che questo rispetto arrivasse persino a lei; anche se forse era semplice menefreghismo.
I due ragazzi si sedettero per riprender fiato e rimasero in silenzio. Avevano poca forza per parlare e ancora meno per metabolizzare gli ultimi avvenimenti. “Poi, ci penso poi.” si ripetevano mentre l'immagine di Freddie morto li assaliva come un incubo.
Madison si poggiò alla parete e si sedette per terra, asciugandosi il sudore dalla fronte. La ragazza fissò lo sguardo su una di quelle finestre sbarrate sia dall'interno che dall'esterno e poi spostò lo sguardo sulle decorazioni, soffermandosi su una maschera che appariva abbastanza vecchia.
Per un momento, il cuore di Madison si fermò poiché le parve di vedere un occhio infuocato spiarla dalla fessura per gli occhi; ma poi si accorse che era solo un raggio di luce rosso che puntava in sua direzione.
Con il cuore a mille, la ragazza si avvicinò alla maschera e la tolse dal chiodo al quale era appeso, rivelando una piccola webcam accesa.
“Ma cosa...?” disse Jason, avvicinandosi.

“Ci sta spiando!” mormorò Madison, puntando gli occhi fissi sulla webcam.
“Logan... so chi è l'assassin...”
“MADISON, ATTENTA!” urlò il ragazzo e poi Madison sentì qualcosa colpirle la nuca e si fece tutto buio.

 

“Non era lui l'assassino.” sussurrò Ashley e gli occhi di Jason si spalancarono ancora di più, segno che stava entrando in uno stato catatonico.

“Come?” chiese, ma Ashley sapeva bene che il ragazzo aveva sentito perfettamente e no se la sentì di ripeterle perché anche per lei pesavano come un macigno sulla coscienza.
“Non è colpa tua! Hai agito d'istinto!” si affrettò a dire, prendendo il volto di Jason tra le mani e guardandolo con intensità “Siamo perseguitati da un assassino e io sono stata la cretina che ha urlato perché si sentiva in pericolo! Non ho neanche lasciato il tempo a Michael di spiegare perché ero convinta fosse lui! Tu hai solo agito di conseguenza; chiunque avrebbe fatto lo stesso.” disse, anche lei con le lacrime agli occhi.

“Sono un assassino...” mormorò Jason.

“No! È stato un incidente!” disse lei, abbracciandolo.

“Ash... tieni, prendi.” disse Jason porgendole la pistola. “Non posso più usarla... solo l'idea di fa vomitare.” spiegò con voce tremula.
“No, non la voglio.” rispose lei.
“Allora nascondila. Prendila, ti prego.” insistette lui.

Ashley tirò su col naso e guardò la pistola. Averne una addosso era una sicurezza in più, ma aveva causato la morte di un innocente. E se dovesse succedere nuovamente? Se, per sbaglio o per incapacità avesse colpito Jason o gli altri? Eppure senza pistola si sentiva alla totale mercé dell'assassino...

 

A) Ashley prende la pistola
B) Ashley nasconde la pistola
 

 

Linsday continuava a piangere, asciugandosi le lacrime che scendevano copiose e calde dai suoi occhi. Il sangue che sgorgava dalla ferita di Freddie stava ormai imbrattando la moquette della stanza e l'odore ferroso del sangue impregnava i suoi polmoni, tanto che la ragazza si alzò, corse in bagno e vomitò nel gabinetto.
Distrutta, si avvicinò al lavandino ed aprì l'acqua ma quella poca che ne usciva era tutta arrugginita e sporca. Come se quel rivolo d'acqua fosse stata la salvezza, vederla uscire così sporca generò in Linsday uno sconforto tale che la gettò nella più atroce disperazione.
Linsday singhiozzò violentemente, invocando l'aiuto di Dio e di sua madre mentre si batteva il petto con le unghie e si tirava i capelli fino a strapparli; in qualche modo sentiva di essere già morta.
Poi, all'improvviso, vi fu l'indubbio rumore di passi.
Il cuore della ragazza si gelò e Linsday trattenne il respiro: da dove venivano? Dal corridoio? Non riusciva a capirlo, allora appoggiò l'orecchio per terra e sentì le vibrazioni ma non riuscì ad identificarne l'origine. Che fossero Logan e Madison tornati per portarla con sé? Che fosse l'assassino?
Linsday chiuse la porta del bagno e aspettò che il rumore si facesse più vicino per identificarne la fonte quando, con orrore, si ricordò che all'interno dell'hotel vi erano numerosi passaggi segreti e, come per coincidenza, i suoi occhi intravidero una luce tremola provenire oltre una fessura tra le mattonelle.
Era un passaggio segreto, non vi era dubbio. E quella luce cos'era? Una candela o l'assassino che si avvicinava? E se l'assassino fosse stato fuori, nel corridoio, ad aspettarla?
Linsday si tappò il naso e cercò di pensare alla soluzione migliore: aveva il cinquanta percento di possibilità di morire.

 

C) Linsday va nel corridoio
D) Linsday va nel passaggio segreto


Carissime e carissimi,
wow qui l'adrenalina sale e il momento delle rivelazioni è vicino! Credo che tra due/tre capitoli questa storia finirà (sto già pensando ad un possibile It's up to you 3!). 
Madison ha capito chi è l'assassino... e voi? 
Dovrete decidere cosa fare della pistola, vale a dire di quest'arma a doppio taglio che già ha causato la morte di un ragazzo ma potrebbe (chissà!) salvare la situazione! E Linsday? A chi appartengono quei passi? E, soprattutto, dove vorreste che fuggisse? 
La scelta è vostra, 

The Lock

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 17

 

ST JUDE HOTEL, ore 01:00

 

Linsday si asciugò le ultime lacrime e si alzò aiutandosi con un porta-asciugamani arrugginito.
Con mano tremante si avvicinò alla porta del passaggio segreto e provò a spingere, e grazia all'adrenalina che aveva ancora in corpo, riuscì ben presto ad aprire l'uscio.
Un raggio di luce investì gli occhi della ragazza e Linsday si portò l'avambraccio vicino agli occhi per vedere meglio, ma quando riconobbe una sagoma ormai ben familiare, lanciò un urlo a pieno polmoni.

Eccolo, l'assassino era lì, davanti a lei ed ora aveva accelerato il passo per ucciderla. Linsday aprì la porta del bagno e uscì, ritrovandosi nella camera dove prima si era nascosta con Madison e Logan; con uno slancio si avvicinò alla porta ed era così vicina alla maniglia che era sicura si sarebbe salvata, quando qualcosa la afferrò per i capelli e la lanciò sul materasso. “
“NO! NO!” urlò Linsday, dimenandosi con ogni muscolo che aveva a disposizione, ma l'assassino la teneva ferma e la schiacciava contro il materasso mentre, con la mano libera, tirava fuori un piccolo flacone con un liquido trasparente.
“Ti prego!” pianse la ragazza ma, impassibile, l'assassino stappò la boccetta con solo il pollice e la versò addosso alla ragazza, prediligendo il volto ed il busto. Qualche schizzò finì sulla lingua della ragazza e Linsday sentì che era dolciastro; ma era l'odore del liquido a renderlo riconoscibile.
Flettendo le ginocchia, Linsday tirò un calcio al petto dell'assassino e si liberò dalla sua presa, riuscì ad alzarsi e cercò di dirigersi alla porta, ma il liquido le era finito anche negli occhi e ora lacrimavano e bruciavano come l'inferno.
Sentì l'assassino sfregare il pollice su un accendino e Linsday pianse, andando a tentoni verso l'uscita, senza sapere che in realtà si stava nuovamente dirigendo in bagno. L'assassino prese la mira e lanciò l'accendino sulla ragazza.
Fu un attimo e Linsday si ritrovò coperta di fiamme.
La ragazza urlò, sbattendo i piedi e passandosi le mani ovunque per spegnere il fuoco; ma già si sentiva la puzza di capelli bruciata in aria e lei, in panico, inciampò e finì nel materasso, dando fuoco anche ad esso.
Ma ora Linsday non urlava più e già le fiamme erano alte ed arrivavano sul soffitto, mentre un denso fumo nerastro si espandeva per tutta la stanza.

 

 

“Cerchiamo di uscire da qui.” disse Jason, quando rivide comparire Ashley senza più la pistola: ovviamente l'aveva nascosta come da lui richiesto ed il ragazzo era felice del rapporto che tra i due si stava via via installando.
Il puzzo di fumo nero e denso adesso era arrivato anche al piano terra e i due ragazzi si scambiarono uno sguardo terrorizzato: un incendio? Che ci faceva un incendio lì?
“Dobbiamo andare via!” disse Ashley, mentre lo scoppiettio delle fiamme arrivava alle loro orecchie come colpi di pistola.
“L'assassino ha detto che ha bloccato la porta principale...” mormorò Jason, guardando il grande portone d'entrata che poco prima aveva provato ad aprire ma che l'assassino stesso aveva accuratamente sconsigliato di fare.
“Il tetto! La scala antincendio!” disse Ashley ed il viso di entrambi si illuminò per la rinnovata possibilità di salvezza.

“Dovremmo passare attraverso l'incendio, non mi sembra prudente!” disse Jason.

“Vale la pena tentare, no?” domandò Ashley.

 

A) i ragazzi salgono verso il terro
B) i ragazzi cercando un'altra via d'uscita 

 

 

Madison si svegliò e un fortissimo mal di testa la colse impreparata. Il puzzo di fumo le riempì i polmoni e Madison tossì fortemente, mentre si portava una mano alla testa, vicino alla tempia, e la ritirava, rabbrividendo poiché la vide sporca di sangue.
La visuale era pessima per via del fumo e Madison non riuscì a capire dove si trovasse con esattezza, ma dei mugugni la fecero voltare.

“Logan!” disse, trovando l'amico legato alla sedia e imbavagliato. Anche lui aveva una ferita alla testa e aveva la maglietta stropicciata ed un livido sullo zigomo sinistro. Madison fece per raggiungere l'amico ma Logan fece di no col capo, allora Madison si fermò e vide che il ragazzo era collegato ad un apparecchio per l'elettroshock.

La cosa spaventosa era che l'apparecchio aveva un timer e vi era una striscia bianca sul pavimento come segno oltre il quale Madison non sarebbe dovuta andare oltre.

Il cellulare della ragazza squillò e lei lo prese in mano con mani tremanti.
Madison. Hai due scelte. Chiamare la polizia e confessare l'omicidio di Dylan March, salvando così Logan, oppure non dire niente e lasciarlo morire. Se oltrepassi la linea prima della scelta, Logan muore comunque. E bada di non barare: io vedo tutto.

Madison lesse più volte il messaggio e gli occhi si velarono di lacrime, poi vi fu uno scatto metallico e dal timer comparì -5 minuti. Madison aveva cinque minuti di tempo per decidere cosa fare, se salvare Logan chiamando la polizia o lasciarlo morire lì.

 

C) Madison chiama la polizia
D) Madison lascia morire Logan


Carissime e carissime,
diciamo addio a Linsday, poverina, e ringraziamo Pandi39 per le scelte dello scorso capitolo, uccidendo così Linsday.
Ora, concentriamoci sui superstiti: cosa vi sembra opportuno che facciano Jason e Ashley? E Madison? Vorreste che lasciasse Logan morire o che lo salvasse? 
Manca poco alla fine, cari miei fedelissimi! 
Un abbraccio,

The_Lock

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


 18

 

ST JUDE HOTEL, ore 01:15

 

Madison schiacciò il pulsante rosso, eliminando così la chiamata, e alzò gli occhi, incrociando quelli interrogativi di Logan. Il ragazzo non capiva cosa stava succedendo, ma aveva una terribile sensazione addosso; sensazione amplificata dal fatto che il Timer continuava a scorrere all'indietro e non si fermava.
“Perdonami...” pianse Madison, lasciando cadere il cellulare e coprendosi il volto, mentre il timer scoccava gli ultimi secondi. Logan si agitò sulla sedia e provò a slegarsi, ma i nodi erano assai stretti e le mani erano legate dietro allo schienale, quindi impossibili da muovere.

Logan lanciò un ultimo sguardo disperato verso Madison, ma la ragazza scoppiò a piangere perché c'erano così tante emozioni contrastanti nel suo animo: paura, rimorso, ansia e odio. Anche dagli occhi di Logan sgorgarono delle lacrime mentre il ragazzo capiva cosa stava accadendo e allora, rassegnato, smise di dimenarsi.

Il Timer scattò e il corpo di Logan si irrigidì, mentre delle scintille uscivano dalla macchina e lui iniziò a tremare, preso dalla scarica elettrica e dalle labbra prese ad uscire una schiuma densa che colò lungo il mento fino al pavimento.

Madison non seppe dire quanto durò quella scossa, ma quando terminò, il corpo di Logan si ammosciò e la testa del ragazzo rimase appesa al collo come un peso inerte. Inorridita dalla visione, Madison lasciò sfuggire un urlo e iniziò a correre lontano da quella visione, dalla prova concreta di aver lasciato morire un suo conoscente.

 

Jason ed Ashley si trovavano nel corridoio del primo piano. Poiché il fumo e le fiamme erano scaturite altrove, i ragazzi potevano godere di più ossigeno e meno fumo, ma l'ambiente si stava saturando velocemente del fumo velenoso e del calore.
Jason trovò una porta antincendio non lontana dalla fine del corridoio e provò ad aprirla ma, ovviamente, era bloccata, allora la prese a spallate nel tentativo di buttarla giù.
“Vado a cercare qualcosa che possa aiutarci!” disse Ashley, entrando in una stanza a metà corridoio nella speranza di trovare qualsiasi oggetto contundente che avrebbe aiutato entrambi nel sfasciare la porta.

Jason rimase vicino alla porta e diede dei piccoli colpi all'uscio per vedere se avesse un punto debole, ma le sue orecchie furono distratte dal rumore di passi veloci che conosceva abbastanza bene. Si voltò e vide comparire la sagoma di Madison.

“Jason...” mormorò la ragazza con un miagolio e corse verso Jason, abbracciandolo. Jason rispose all'abbraccio con tutta la forza che aveva in corpo perché vide l'aria sconvolta di Madison- sapeva quanto la ragazza fosse una tipa tosta e vederla così gli procurava solo pensieri spaventosi su ciò che aveva visto.

“Dove sono gli altri?” domandò Jason e Madison fece di no con la testa.
Il ragazzo impallidì e rimase a bocca aperta.

“Freddie?” chiese, e Madison rimase in silenzio; “Tristan?” e ancora, silenzio; “Logan?” e Madison abbassò la testa.

Jason si tappò la bocca e trattenne la lacrime a stento, mentre la notizia che nessuno a parte loro tre erano sopravvissuti anche se, per quanto ne sapeva, Linsday poteva essere ancora viva e vegeta.
Jason si appoggiò alla parete e si aggrappò come fosse l'unica ancora di salvezza a sua disposizione.

Un impeto di odio prese il sopravvento verso questo mostro che era l'assassino: stava giocando con loro così come un gatto gioca con il topo; ma il suo flusso di pensieri fu interrotto quando il suo cellulare squillò. Il ragazzo lo prese con aria rassegnata e vide con curiosità che l'assassino gli aveva inviato un video.

Jason cliccò su Play e vide la morte di Logan: vide Madison ferma e immobile a pochi passi da Logan attaccato a quello che sembrava un apparecchio elettrico. Jason strinse il pugno e per poco non spaccò il cellulare a metà.

Si voltò e guardò Madison con occhi di fuoco.

“Che c'è?” domandò la ragazza con un filo di voce.
“L'hai lasciato morire...” ringhiò lui con le lacrime agli occhi, “Hai lasciato morire Logan, il mio migliore amico...”

“No, Jason, è più complicato di quel che sembra!” disse lei, indietreggiando e rimanendo con le spalle al muro.

“Brutta... puttana!” disse, e le braccia di Jason scattarono e le sue mani si chiusero a pinza sulla gola di Madison.

“Ja...son!” mormorò la ragazza, poiché poca aria entrava ed usciva dalla sua gola.
“Come hai potuto? COME?” urlò, strattonando la ragazza. Madison rimase con gli occhi spalancati e supplicava Jason con lo sguardo, ma il ragazzo sembrava posseduto da una forza invisibile ed era irriconoscibile.
 

Ashley si affacciò dalla porta e vide quell'orribile scena. Vide Jason afferrare con forza il collo di Madison e stringerlo come fosse un foglietto di carta, mentre la ragazza si dimenava sempre meno.

Ashley iniziò a sudare mentre pensava a cosa fare.
Ormai era evidente: Jason non era ciò che lei pensava lui fosse. Aveva ucciso Michael e aveva fatto quel bel teatrino sui sensi di colpa e, per quanto ne sapeva lei, avrebbe potuto uccidere gli altri mentre lei non era con lui.
Aveva trovato un piccolo candelabro sul comò della camera e avrebbe potuto salvare Madison. Ma aveva un solo colpo: se avesse colpito Jason e non lo avesse messo al tappeto, allora il ragazzo se la sarebbe presa con lei e magari Madison non avrebbe avuto la stessa premura di salvarla, lasciandola morire tra le grinfie di Jason.
Poteva perfettamente scappare, lasciando che Madison morisse ma, in ogni caso, lei sarebbe stata la prossima. Cosa poteva fare? Non lo sapeva ancora, ma doveva decidere in fretta poiché Madison già si stava irrigidendo.

 

A) Ashley salva Madison
B) Ashley scappa  


Carissimi e carissime,
siamo agli sgoccioli qui. C'è un incendio, c'è un assassino (chi sarà?), c'è Jason che sta strozzando Madison... ho ansia persino io! Ringraziamo Pandi34 per le scelte fatte nello scorso capitolo e adesso concentriamoci su questa unica scelta di importanza capitale. 
Che voi abbiate capito o meno chi sia l'assassino poco importa: adesso si tratta di salvare Madison. Volete che Ashley intervenga o preferite che scappi via, mettendosi al sicuro? 
Manca poco, alla fine quindi fate attenzione! 
Un abbraccio
The_Lock

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 19

 

ST JUDE HOTEL, ore 01:35

 

Madison non credette ai suoi occhi quando vide Ashley brandire il candelabro e sbatterlo con discreta violenza sulla nuca di Jason. Il ragazzo cadde a terra stordito, lasciando perdere la gola di Madison permettendo così alla ragazza di respirare; ma la testa di Madison girava vorticosamente e le sue gambe erano deboli, allora Ashley prese l'amica per il braccio e insieme si allontanarono dal ragazzo.
“Non credevo mi avresti mai aiutata...” mormorò la mora con un filo di voce.
“Perché?” domandò Ashley, mentre insieme svoltavano l'angolo. Il calore era ormai infernale e l'incendio si era propagato per i piani superiori: tra poco l'albergo sarebbe stata una gabbia di fuoco ed i ragazzi dovevano ancora trovare una soluzione per uscire.
“Perché credevo fossi tu l'assassino.” ammise Madison guardando con serietà la ragazza. Ashley si fermò e ricambiò lo sguardo della leader della TPK.
“Gentile da parte tua.” mormorò Ashley ed insieme si incamminarono verso le scale della hall.
“Dove stiamo andando?” domandò Madison.
“A prendere la pistola che ho nascosto.” spiegò Ashley, ma notò che Madison si era fermata e stava fissando un punto dall'altra parte del corridoio. La bionda si voltò e le si gelò il sangue: l'assassino era lì, davanti a loro, all'inizio del corridoio.

“Quanti colpi hai nella pistola?” domandò Madison.
“Non lo so.” mormorò.
“Ok, io lo distraggo, tu vai a prendere la pistola.” disse Madison “Ti prego, fai in fretta...” e così dicendo si sganciò da Ashley e le due corsero lungo le scale.

 

Ashley curvò la sua direzione appena le fu possibile e corse verso il luogo dove aveva lasciato la pistola, mentre Madison correva verso il portone per acquistare più spazio tra lei e l'assassino. Anche questa volta l'assassino brandiva un coltello da cucina che luccicava con intensità spettrale.
“Che aspetti? Vieni a prendermi!” lo provocò Madison così da essere sicura di lasciare il tempo ad Ashley di recuperare la pistola.
L'assassino si mosse verso Madison ma all'improvviso ecco che comparve Jason alle sue spalle e gli saltò letteralmente addosso. L'assassino cadde sotto al peso del ragazzo ed i due presero a fare una lotta feroce. Jason lo prendeva a pugni e l'assassino rispondeva con altri ganci; si presero a calci e a gomitate ma entrambi erano pari di forza e di tecnica.
Madison faceva il tifo per Jason- momentaneamente era il male minore, per lei -e presto si unì alla lotta, dando insignificanti colpetti sulla schiena dell'assassino finché l'uomo non si stancò della sua presenza e la stese con un manrovescio.
Approfittando del calo di attenzione, Jason gli riservò un calcio alle costole ma l'assassino lo bloccò per la gamba e gli piantò il coltello nella coscia. Il ragazzo urlò ma non perse l'equilibrio allora fece leva sulla gamba libera e si slanciò, afferrando la maschera dell'assassino con presa salda e strappandogliela di dosso.

Sconvolto, Jason rimase a bocca aperta e cadde di schiena a terra, mentre Madison sopprimeva un piccolo urlo.

“LOGAN!” urlò, accucciandosi vicino a Jason come a cercare protezione.

 

Jason guardava Logan con occhi sgranati mentre gli si riempivano di lacrime e il suo cuore di vergogna e di offesa.
“Ma eri morto! T'ho visto morire!” disse Madison.

“No, tesoro... me la sono giocata bene, però.” sorrise, mostrando i denti bianchissimi e perfetti.
“Perché?” urlò Jason con i muscoli del collo tesi.
“E me lo chiedi?” domandò il ragazzo, guardandolo con puro odio.

Si udirono ulteriori passi e i ragazzi videro comparire Ashley con la pistola puntata e pronta a sparare. Ora anche lei tremava alla vista di Logan vestito come l'assassino e di Jason con un coltello ficcato nella gamba.
“Tu?” domandò Ashley, rimanendo a bocca aperta.
“Aspetta, biondina! Hai due colpi in quella pistola, ricordi? Che ne dici di ascoltare la mia versione?” propose, allontanandosi da Jason e da Madison con fare affabile.

“Non muovere un solo passo.” disse Ashley a denti stretti e Logan fece spallucce, facendo qualche passo indietro.

“Se proprio vuoi spararmi, fai pure. Ma sappi che non sono l'unico assassino, qui.” disse e guardò Jason e Madison con uno sguardo d'accusa.

“Cosa? Che stai dicendo?” domandò Ashley e Logan sorrise.

“Lascia che ti racconti, biondina.”

 

ST. COLLINS COLLEGE, un anno prima
 

Logan scese le scale insieme a Jason e i ragazzi si misero a fissare i nuovi arrivati. C'erano i classici ragazzi da confraternita con l'orologio costoso al polso e la polo di marca che ricopriva le spalle muscolose; Logan non poté fare a meno di sentire un lieve senso di nausea nel vedere tutte quelle matricole fatte con lo stampino, quando i suoi occhi si fermarono su quelli azzurri e limpidi di un ragazzino.
I due si guardarono per pochi secondi, ma Logan- fresco della rottura con Linsday -sentì qualcosa dentro; come se lo stomaco si fosse contratto all'improvviso. Quella notte, Logan non dormì perché continuava a pensare a quei due occhi.
Per il primissimo periodo dell'anno Logan evitò Dylan, quel ragazzo aveva un'aura strana e lo metteva in soggezione e davanti a lui sentiva quasi il bisogno di farlo ridere o di parlargli o di coinvolgerlo, in qualche modo.

Poi, alla fine, i due si incrociarono nella cucina del college e Logan prese il coraggio e gli parlò.

“Cosa stai leggendo?” disse, sedendosi di fianco a Dylan.
“Anna Karenina.” spiegò il ragazzo, alzando gli occhi con timidezza.

“Sei un ragazzetto molto strano.” disse Logan, aggrottando la fronte e, di conseguenza, la aggrottò anche Dylan. “Non sei scemo come gli altri. Qual è il tuo segreto?” domandò, facendolo sorridere e sentendosi un re per questa reazione.
“Nessuno, mi piace star tranquillo.” disse con semplicità Dylan.

“Ti va di venire a correre?” domandò Logan, poiché quello era il suo piano giornaliero.

“Non mi piace correre; in realtà non mi piace nessuno sport...” ammise Dylan.
“Non ti piacerebbero dei muscoli come i miei?” domandò, con aria complice.
“Sì, ma stanno meglio a te che a me.” spiegò, arrossendo. Gli occhi di Logan brillarono quando vide quella reazione, ma il dialogo fu interrotto quando Tristan, Michael e Freddie entrarono nella cucina e iniziarono a prendere Dylan in giro.
“Che fai, biondino?” domandò Tristan, prendendogli il libro dalla mano e richiudendolo, ben sapendo che il ragazzo non aveva lasciato nessun segno e avrebbe perso la pagina.
“Fa l'intellettuale, non è così?” domandò Michael, scuotendogli i capelli biondi. Logan vide quella scena con occhi di uno spettatore. Mentre rabbia e vergogna per i suoi amici crescevano dentro di lui, non riusciva a capire come mai Dylan non reagisse.

“Forse non sono forte quanto voi.” fu la sua risposta, quando Logan glielo chiese, tempo dopo. Logan rimase amareggiato da quella risposta e si limitò solo a tener d'occhio Dylan, intervenendo nei momenti più antipatici- ma sapeva bene che Dylan non poteva contare sempre e solo su di lui.

Poi venne la festa di Halloween e i ragazzi architettarono quello scherzo. Fecero vincere Dylan come la reginetta e il cuore di Logan si spezzò quando vide lo sguardo umiliato del ragazzo. Gli venne l'impulso di picchiare tutti, anche chi non c'entrava nulla con quello scherzo, ma la rabbia era troppa. Vide Dylan correre via e la rabbia fu cancellata da un bisogno quasi fisico di soccorrere il ragazzo.
Lo raggiunse, provò a consolarlo e finirono per litigare. Dylan si arrabbiava con Logan perché il ragazzo lo spronava a reagire, ma Dylan insisteva nel dire che lui semplicemente non era in grado. Adirato, Logan prese a punzecchiare il ragazzo e a insultarlo, chiamandolo codardo a alta voce, fino a quando Dylan non reagì e non gli tirò un pugno che lo lasciò stordito per qualche secondo.
Poi, naturale e genuina, scoppiò una risata da ambo le parti. Logan fece entrare Dylan in camera e i due fecero l'amore per la prima volta- ed unica. Davanti al corpo piccolo di Dylan, che a confronto con i muscoli di Logan sembrava ancora più minuto- il ragazzo sentì il bisogno di proteggerlo e il dovere di farlo star bene, per quella notte, e allora si lasciarono andare in infiniti amplessi che durarono per tutta la notte.
Il mattino seguente, Logan propose a Dylan di tendere una trappola e di filmare di nascosto gli altri mentre facevano i bulli. L'idea piacque al ragazzo e riuscirono a registrare un momento in cui tutti e cinque: Tristan, Michael, Freddie, Madison e Linsday lo vessavano verbalmente e fisicamente.
Un giorno dopo, però, Dylan ammise davanti ai cinque che aveva finalmente le prove di quello che era costretto a subire a causa loro e che avrebbe inviato il video al rettore il quale avrebbe sicuramente chiuso la confraternita.
Vedendo i suoi sogni infranti, Madison spinse il ragazzo e Dylan inciampò, cadendo per le scale e spezzandosi l'osso del collo. Per evitare di passare ulteriori guai, i ragazzi si misero d'accordo e decisero di fingere un suicidio.
Quest'ultima parte era giunta alle orecchie di Logan un giorno, quando Linsday ubriaca confessò a lui tutto; e fu in quel momento che Logan giurò vendetta.


ST JUDE HOTEL, presente

Ashley rimase a bocca aperta. Madison aveva lo sguardo basso, Jason era semplicemente inorridito e Logan adesso piangeva dopo aver riportato in vita quei ricordi delicati.

“Capisci, adesso, perché l'ho fatto? Se devi uccidere me, fa' pure, ma hai due colpi: usali... così magari potrai anche colpire il mio complice, perché non ho ucciso tutta questa gente da solo.” disse Logan.

 

A) Ashley spara a (specificare due nomi*)


*Ogni soluzione che comprende un nome solo (tipo: "Ashley spara due volte a X") saranno considerate nulle. 



Carissimi e carissime,
il tempo delle rivelazioni è incominciato (ma non è finito, infatti ce ne saranno di nuove nel nuovo capitolo). 
Avevate sospettato fosse stato Logan? Avete una mezza idea di chi sia il suo complice? Me lo auguro, anche se tutti e tre i ragazzi si sono macchiati del sangue altrui; Madison ha ucciso Dylan, Jason Michael e Logan un po' di gente... 
Ora, sta a voi prendere questa decisione, forse la più difficile (?). Spero che la storia di amore tra Logan e Dylan vi sia piaciuta perché c'ho messo abbastanza impegno nel crearla. 
Un abbraccio, 
The Lock

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


 20

 

ST. JUDE HOTEL, ore 2:00

 

Il St. Jude Hotel era ormai una gabbia di fuoco.
I piani superiori erano interamente divorati dalle fiamme e il fuoco aveva iniziato a mangiare anche il piano terra. Sulle scale che conducevano alla hall si poteva già intravedere il bagliore arancione delle fiamme che avevano iniziato a bruciare le prime camere.
“Ashley... ti prego, posa la pistola.” disse Jason con mani tremanti, ma la nonostante le braccia della bionda tremassero, i suoi occhi erano fermi, decisi e severi.
“Ashley, potessi tornare indietro cambierei ogni cosa, credimi!” sbottò Madison con voce isterica “Non volevo uccidere Dylan, è stato uno stupido incidente!” disse, e poi aggiunse “Logan! Logan ha ucciso molte più persone!” disse, indicando il ragazzo.

“Mi fai schifo...” ringhiò Ashley e fece per premere il grilletto, ma Jason alzò le braccia come per calmare una bestia inferocita.

“Ashley... è vero, abbiamo sbagliato. Abbiamo tutti ucciso qualcuno, ma vuoi davvero diventare come noi? Almeno tu, non diventare un'assassina.” disse il ragazzo con sguardo disperato.

L'unico che non parlava era Logan. Il ragazzo rimaneva con aria severa e fredda, non muoveva un muscolo e osservava Ashley con attenzione eppure senza averne paura.

“Forse dovremmo dirglielo, non credi?” domandò Logan, rivolto alla bionda.
“Già, tanto vale...” sorrise Ashley.

“Dirci cosa?” domandò Jason.

“Dylan March... era mio fratello.” disse Ashley e il primo colpo fu sparato.

 

La testa di Madison si rivolse indietro, mentre il proiettile le trapassava il cranio da lato a lato. La ragazza cadde a terra e dal teschio bucato iniziò a fuoriuscire materia cerebrale e copiosi rivoli di sangue.
Jason inorridì davanti a quella visione grottesca e si voltò di scatto, guardando Ashley. “
“T-tuo fratello?” chiese, mentre le gambe non gli reggevano più per via della ferita e Jason cadde in ginocchio, come a chiedere penitenza.

“Sì. Avete ucciso mio fratello.” mormorò Ashley, avvicinandosi a Jason e puntandogli la pistola sulla fronte. Il foro d'uscita era ancora bollente ed il ragazzo trasalì, sentendo il calore premuto contro la sua fronte.

“Dopo che Logan ha saputo del falso omicidio, mi ha contattata e mi ha raccontato ogni cosa. Sei stato così cieco, Jason! Ho acquistato la fiducia di Madison ed ho colto la prima occasione per imbastire una trappola mortale; appena Madison ha deciso che avremmo dovuto festeggiare nel St. Jude Hotel io e Logan abbiamo studiato ogni passaggio segreto a memoria. È stato facile. Poi ho consegnato i biglietti sbagliati a Linsday così da ridurre la festa solo a otto partecipanti... il resto è abbastanza ovvio: io e Logan ci alternavamo nell'uccidere qualcuno così da avere almeno un po' di alibi.” spiegò, facendo spallucce.

“E le telefonate? Ed i messaggi?” domandò il ragazzo.
“Ashley ha rubato il cellulare a Linsday, poi abbiamo filtrato le chiamate e duplicato qualche scheda.” spiegò Logan con un filo di voce.

“Logan, ti prego. Sei il mio migliore amico.” mormorò Jason con le lacrime agli occhi.

“Lo so. Anche tu lo sei. Ma non potrò mai perdonarti.” spiegò con sguardo affranto.
“Peccato, Jason... saremmo potuti essere una bella coppia.” mormorò Ashley e premette il grilletto.
Il terzo colpo partì e Jason cadde a terra, inerme.

 

Ashley scavalcò i due cadaveri e Logan fece lo stesso, tirando fuori la vera chiave che apriva il portone- quella che aveva dato ad Ashley era solo una copia che si sarebbe spezzata nella serratura.
I due uscirono e si allontanarono, illuminati dalla luce rossa delle fiamme e si voltarono a guardare il St. Jude Hotel un'ultima volta.
Logan sgorgò in pianto e Ashley lo imitò. I due guardarono fieri il fuoco che mangiava e purificava quel luogo in cui sei assassini erano stati colpevoli dell'uccisione della creatura più delicata e pura che entrambi conoscevano. Sapevano di aver vendicato la persona a cui entrambi tenevano di più al mondo e non potevano sentirsi in colpa per questo.

Pieni dell'amore per Dylan, i due si ringraziarono per la fedeltà dimostrata e si presero per mano.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

What if:

 

  • se (cap 1) Ashley non avesse lasciato perdere Jason, se ne sarebbe innamorata e lo avrebbe, in caso, risparmiato nel finale;

  • se (cap 3) Madison avesse scelto la sede della TPK, allora gli assassinii sarebbero avvenuti per tutto il campus;

  • se (cap 4) Tristan avesse risposto al telefono, sarebbe morto negli spogliatoi;

  • se (cap 6) Tristan avesse seguito l'ombra, si sarebbe imbattuto in Linsday;

  • se (cap 7) Tristan avesse aperto la porta, non sarebbe morto;

  • se (cap 8) Jason avesse girato la chiave del portone principale, avrebbe innescato un meccanismo che avrebbe decapitato Freddie che sarebbe accorso per salvarlo;

  • se (cap 9) Linsday fosse andata verso la porta antincendio, sarebbe morta;

  • se (cap 10) Linsday si fosse nascosta, sarebbe morta;

  • se (cap 10) Freddie si fosse ammanettato, avrebbe incontrato Madison e non l'assassino;

  • se (cap 11) Linsday fosse andata a sinistra, si sarebbe imbattuta nel cadavere di Tristan;

  • se (cap 11) Jason avesse scelto obbligo, questo sarebbe stato “Uccidi Madison”;

  • se (cap 13) Michael non avesse preso il coltello e se (cap 14) non fosse andato a destra, non sarebbe morto;

  • se (cap 13) Madison non avesse parlato con Freddie oltre la porta, quest'ultimo non sarebbe morto;

  • se (cap 15) Linsday fosse uscita con Madison e Logan dalla stanza, allora avrebbe perso il posto di Logan sulla sedia elettrica e sarebbe, eventualmente, morta;

  • se (cap 16) Ashley avesse conservato la pistola, allora la scelta del capitolo 18 sarebbe stata “Spara a Jason” oppure “Scappa”;

  • se (cap 16) Linsday fosse uscita dalla camera, non sarebbe morta;

  • se (cap 17) Ashley e Jason fossero andati verso il terrazzo, allora il finale si sarebbe svolto lì;

  • se (cap 17) Madison avesse salvato Logan, allora sarebbe morta lei poiché Logan non era in realtà legato e aveva dietro allora schienale un coltello;

  • se (cap 18) Ashley sarebbe scappata, Madison sarebbe morta;

  • Se (cap 19) Ashley avesse sparato a Logan, allora sarebbe stata una farsa poiché Logan aveva un giubbotto antiproiettile;

 

Care amiche lettrici e cari amici lettori,
anche questo capitolo della saga è concluso, finalmente! Devo ammettere che è stato molto faticoso, soprattutto dover sempre cecare un alibi per Ashley e per Logan senza che voi potevate sospettare dell'uno o dell'altro; decisamente più faticoso e più psicologico del primo It's up to you! 
Ammetto che, a metà racconto, tra università ed altro, avevo anche pensato di chiudere la storia, ma alla fine mi sono sforzato e spero che il risultato sia decente e che vi sia piaciuto. 
Ho messo nell'elenco i bivi più importanti, ma se avete domande su altre scelte, chiedete pure in privato o lasciate un commento! Se avete, inoltre, dubbi su come si sono svolte determinate azioni, o su chi tra Ashley e Logan ha fatto qualcosa, non esitate a domandare! 
Son contento di questo secondo capitolo, lo ammetto; e ringrazio tutti quanti: da chi ha commentato a chi ha semplicemente letto o sbirciato.
Spero di aver dissipato ogni dubbio della trama (lasciare così tanti buchi da riempire è difficile!). 
Verso metà aprile ci sarà It's up to you 3... stay tuned :) 
Un abbraccio, 
The_Lock

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