Occhi di ghiaccio

di Addy6702
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non mia ***
Capitolo 2: *** Era bella ***
Capitolo 3: *** Un viaggio non gradito ***
Capitolo 4: *** Era felice ***
Capitolo 5: *** Non sarei dovuto venire ***
Capitolo 6: *** Solo in colpa ***
Capitolo 7: *** Il lato freddo ***
Capitolo 8: *** Ricordi ***
Capitolo 9: *** In ritardo con una buona scusa ***
Capitolo 10: *** Nessun lieto fine... di nuovo ***
Capitolo 11: *** La ladra ***
Capitolo 12: *** Un eroe ***
Capitolo 13: *** La scelta ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Non mia ***


Jack la guardava in adorazione. Rapunzel, la sua Rapunzel, stava attraversando la grande sala delle cerimonie per stare insieme all'uomo che amava.

C'era solo un problema:quell'uomo non era Jack. Infatti lui era seduto sul bordo di una delle finestre più grandi a piangere silenziosamente perchè lei non lo sentisse. Mentre il prete parlava Jack ripensò che avrebbe potuto essere lui l'uomo che aspettava quella visione angelica all'altare; ripensò a quell'estate nella quale Rapunzel gli si era avvicinata tanto che le loro labbra si erano sfiorate. Avrebbe tanto voluto baciarla e dichiararle il suo amore, ma scelse la strada sbagliata. In quell'istante ricordò di aver pensato quanto dolore gli avrebbe fatto vederla invecchiare e morire consumata dal tempo che non lo toccava. Così come uno sciocco si era spostato e con le lacrime agli occhi era volato via. La fatidica domanda che avrebbe voluto non arrivasse mai lo riscosse dai suoi pensieri. La coppia di giovani rispose "Si" e il cuore di Jack finì per rompersi del tutto. Si voltò e volò via per non vedere il bacio appassionato col quale l'amore della sua vita si legava a un altro. Atterrò sulle sponde del lago dove aveva conosciuto lei, chiamato "Il lago Morto". Si accasciò lì e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Pianse finchè non arrivò sera e si calmò. L'oscurità era calata e i fuochi d'artificio del castello gli suggerirono che il ricevimento per le nozze era iniziato.

Non provò nemmeno a resistere alla tentazione di andare a spiare Rapunzel. Da quando l'aveva rifiutata non si era più fatto vedere, ma giorno per giorno la guardava vivere la sua vita ridendo senza mai nominarlo o soffermarsi a pensare a lui. Così andò al castello di Corona, stando ben attento a non farsi vedere da lei non curante degli altri per i quali comunque era invisibile. Eh sì, Jack Frost era lo spirito dell'inverno e controllava vento e ghiaccio con solo il suo bastone magico, ma tutto ciò aveva un prezzo: se qualcuno non credeva in lui era invisibile ai suoi occhi. Infatti quando aveva fatto la conoscenza di Rapunzel, si era stupito non poco quando lei lo vide nonostante i suoi 15 anni e la completa ignoranza sulla sua identità . La ragazza era lì che rideva e scherzava con il suo consorte. Tutta quella felicità fece venire le lacrime agli occhi a Jack (non per commozione ovviamente, ma solo per nostalgia) così si affrettò a uscire sul balconcino.

Lì sperava di stare solo, ma una voce femminile gli fece alzare la testa.

"Non credo sia opportuno parlarne ora e qui." Aveva una voce seria e tagliente. Non era male: aveva i capelli biondi racchiusi in una treccia che ricadeva su una spalla e un vestisto nero e verde stretto e regale con un grande mantello viola dietro. Era rivolta con lo sguardo verso i giardini e sembrava infastidita della presenza dell'uomo accanto a lei che però continuava a irritarla con un discorso che Jack capì subito.

"Ma allora quando? Insomma vostra maestà, ma perché continuate a rimandare la risposta alla mia proposta di matrimonio?"

"Forse perché solo un anno fa avete cercato di uccidere me e mia sorella!"

L'uomo era evidentemente in imbarazzo e si limitò a sussurrare:" Ho chiesto scusa." Jack si stava cominciando a irritare; perché quel damerino non la lasciava in pace? Si spazientì a tal punto che con un colpo di bastone fece apparire del ghiaccio ai piedi dell'uomo che cadde in modo molto buffo. La donna a quella scena rise di gusto.

"Mia regina non dovreste usare i vostri poteri per questi scopi!"

La rimproverò il caduto.

"Ma io non ho fatto nulla!!" Protestò ella guardandosi intorno.

Quando finalmente incontrò gli occhi azzurri di Jack sussultò e disse:" Io vado. Ne riparleremo ad Arendelle".L'uomo provò a ribattere ma la bionda se ne andò velocemente, attraversò la sala da ballo e arrivò in giardino.

Cominciò a camminare lentamente guardandosi in giro.

"Cerchi qualcosa?" le disse una voce alle spalle. Lei si voltò di scatto e vide quello che cercava: un ragazzo pallidissimo con capelli bianchi e gli occhi azzurri che prima avevano incontrato i suoi.

"In verità cercavo la persona che mi ha salvata da una conversazione poco piacevole. Se possibile vorrei anche sapere il nome" rispose in fine ricomponendosi e sorridendo.

Anche Jack ,con suo grande stupore, sorrise e rispose:"Credo si chiami Jack... Jack Frost"

"Bene, allora Jack Frost volevo chiedere: come hai fatto ad evocare quel ghiaccio?"

Jack sorrise seppur non aspettandosi quella domanda e rispose:" Vuoi dire che proprio non ci arrivi? Non hai mai letto la mia storia? Io sono lo spirito dell'inverno, guardiano del divertimento. Insomma tua madre non ti raccontava le favole da piccola?"

Probabilmente aveva detto qualcosa di sbagliato perché la regina abbassò lo sguardo rattristata.

"E tu hai un nome?" cambiò discorso lo spirito.

"Io sono Elsa, la regina di Arendelle. Il regno vicino a questo. Rapunzel è mia cugina e sono venuta qua per il suo matrimonio con Flynn."

Stavolta toccò a Elsa notare la reazione triste dell'altro che cambiò ancora una volta discorso.

"Perché quell'uomo credeva che il ghiaccio l'avessi creato tu?"

Elsa alzò la testa improvvisamente come se Jack avesse detto una cosa impensabile.

"Ma... Vuoi dire che tu non sai? Vuoi dire che tu non eri a conoscenza del fatto che io fin dalla nascita avevo i poteri del ghiaccio?"

Jack rimase spiazzato. Quella ragazza, era come lui, aveva i suoi stessi poteri.

Avrebbe voluto dirle molte cose ma riuscì a dire solo:"Racconta".

 

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Capitolo 2
*** Era bella ***


Continuarono a parlare tutta la sera camminando per il giardino, e si raccontarono tutti i loro drammi: Elsa aveva dovuto reprimere i poteri fin da piccola (anche se non aveva detto perché) e aveva quasi congelato tutto il regno l'anno prima e Jack gli raccontò di come fosse diventato immortale e invisibile a chi non credeva in lui (quindi era stranissimo che lei potesse vederlo dato che gli adulti non lo vedevano quasi mai). Finirono di parlare e per qualche secondo si guardarono negli occhi.

A Jack in quel momento tornò in mente il momento in cui Rapunzel gli si era avvicinata per baciarlo e una grande tristezza lo pervase.

Elsa si accorse dei suoi occhi lucidi, seppur non capendone il motivo, e disse:"Io credo... Mia sorella Anna mi starà cercando per andare a casa. Sai è incinta del secondo figlio e si stanca facilmente. Dovrei andare."

Quella notizia arrivò a Jack come uno schiaffo; aveva appena trovato una persona oltre Rapunzel che riusciva a vederlo e doveva abbandonarla?

No, non voleva soffrire ancora di più quel giorno.

Stava per ribattere ma fu preceduto dalla bionda che disse:"Ovest. È il punto dove il regno di Corona confina con Arendelle. Se un giorno ti andrà di venirmi a trovare, va a Ovest ok?"

Jack annuì felice e si girò per volare via quando la voce della ragazza fece voltare nuovamente il ragazzo: "Avresti potuto essere tu lo sposo."

Jack si voltò spaesato: come faceva lei a sapere che cosa provava lui per Rapunzel?

Ma quando Jack si voltò lei era sparita. Inghiottita dall'oscurità della notte.

Doveva sapere!

Si recò all'entrata del castello e poco dopo Elsa uscì dal portone parlando con Rapunzel. Lui istintivamente si nascose dietro a una colonna. E non riuscì a sentire ciò che dicevano ma tutte e due avevano un aria molto serena.

Aspettò che Rapunzel se ne andasse per parlarle, ma non riuscì comunque nell'impresa perché sopraggiunsero altre due persone: una ragazza con i capelli rossi incinta (probabilmente la sorella di cui Elsa parlava prima) e un uomo biondo che Jack ipotizzò fosse il marito.

Lo spirito decise che non era il caso di disturbare in quel momento e si disse che l'indomani sarebbe andato ad Arendelle. Guardò la  carrozza allontanarsi e tornò sulle sponde del lago dove poche ore prima aveva sfogato il suo dolore.

Si distese su un ramo, ripensò a quanto fosse stata bella Rapunzel nel suo abito bianco e come quasi tutte le notti si addormentò piangendo.


L'indomani Jack si svegliò con il vento che gli accarezzava il volto e poca luce che sembrava urlargli:"FORZA IN PIEDI!! Hai già dimenticato Elsa e le sue parole? Avanti vai vai!!"

A quel pensiero Jack scattò in piedi e afferrato il suo bastone magico volò verso Ovest come gli era stato detto e dopo un'ora arrivò a un fiordo.

Si guardò intorno e infine trovò il castello di Arendelle.

Sembrava quello di Corona, ma aveva un po' più torrette ed era azzurro-verde.

Decise di non entrare dall'entrata principale e volò su una finestra aperta.

Entrò e si guardò in torno: la stanza era dipinta con colori caldi e c'erano giocattoli sparsi dappertutto; non c'era dubbio, era la stanza di un bambino.

"Tu chi sei?" Disse una vocina dietro di lui. Lo spirito si voltò e vide una bambina con due codini rossi in testa, una vestaglina rossa e due pantofoline fatte a coniglio che lo guardava sospettosa.

"Ciao, io sono Jack Frost."

"Io sono Emma. Come sei entrato? La finestra è molto in alto!" Continuò la bimba sempre più sospettosa.

"Sono arrivato in volo"

"Non è possibile! Tu non hai le ali!" Quella bambina cominciava davvero a innervosirlo con il suo fare da maestrina

"È vero ma io sono lo spirito dell'inverno e il vento mi ci ha trasportato"

"Non è vero! La mamma dice che nessuno può vedere lo spirito dell'inverno! Lui è invisibile!!"

Cosa? Quella mocciosetta credeva di saperne di più di lui su l'argomento? Ma andiamo! Lui portava il freddo e il gelo dappertutto, lo saprà si o no se è lo spirito dell'inverno!

"Ascoltami bene microbo! Io non sono venuto qui per te, sono venuto per la regina e non ho davvero tempo da perdere in chiacchiere! TUTTO CHIARO?!?!?"

E ti pareva se ora quella sottospecie di pel di carota non si metteva a piangere a dirotto facendo un chiasso che avrebbe svegliato anche un orso in letargo.

Quanto la odiava!

Non provò nemmeno a consolarla e andò spedito verso la porta.

Un attimo prima che potesse toccare la maniglia la porta si aprì e Jack si ritrovò a terra col naso pulsante.

Elsa era in piedi sulla porta e spostava lo sguardo da lui alla nipote con un espressione che sembrava chiedersi chi soccorrere per primo.

Poi corse verso la bimba cullandola tra le braccia intonando una ninnananna.

La bimba si tranquillizzò quasi subito e Jack si alzò in piedi.

"Io sto bene non ti preoccupare, mi hai solo rotto il naso" disse lo spirito in modo ironico.

Elsa lo guardò acida e disse:"Su via, non sanguina nemmeno, e poi scusa, si può sapere perché eri dietro la porta e che ci fai qui?"

"Non davanti alla marmocchia!" Riabbatté lui con lo stesso tono

"Io non sono una martocchia!"

"Marmocchia, Mar-moc-chi-a! Ma chi ti ha insegnato a parlare? Un cane?"

Elsa e Emma lo guardarono torvo, poi la zia rimise a letto la nipote e portò Jack in una camera da letto. Era molto diversa da quella di Emma: questa aveva colori freddi, un enorme letto matrimoniale e un caminetto spento dal lato opposto.

Lì dentro si respirava aria d'inverno, tutto era freddo e azzurro.

Jack si sentiva a casa.

"Allora, cosa c'è?" Chiese sorridendo Elsa.

"Non avevi detto di venirti a trovare? Eccomi!"

A quelle parole il viso di Elsa si illuminò e arrossì, ma si girò per nasconderlo.

"Ma non dovevi disturbarti a venire così presto."

Ok era il momento.

"In verità non sono venuto qui solo per un saluto." Elsa a quelle parole si rattristò un po' ma poi sorrise e chiese:"Allora dimmi come ti posso essere utile!"

"Vedi: ieri sera... Hai detto una cosa che mi ha lasciato un po' di stucco.

Hai detto che il marito di Rapunzel avrei potuto essere io. Come facevi a sapere... Lei ti ha mai detto qualcosa di me?" Elsa assunse un'aria sorpresa e chiese:" Scusa Jack, ma io non ho mai detto nulla del genere. Ne sono sicurissima."

Ma come? Si era immaginato quelle parole?

No!

Lei le aveva dette. E lui lo sapeva.

"Invece le hai dette, ti ho sentita. Non devi sentirti in imbarazzo."

"Jack io ogni giorno intrattengo discorsi noiosi e importantissimi con decine e decine di persone come faccio a sentirmi in imbarazzo per una cosa simile?"

È vero! Lei non si sarebbe imbarazzata per una cosa così. Allora io ragazzo saltò subito alle conclusioni credendo che ella stesse mentendo per qualche strana ragione.

"Allora perché non mi dici il motivo della tua consapevolezza sul passato mio e di tua cugina. Cosa ti costa ammettere che lei ti ha parlato di me?!"

Era vero? Le stava dando della bugiarda? Ma come osava?! Lei era una regina, e una regina non mente MAI!

"Scusa tanto. Ma se io ti dico che non ho detto quelle parole puoi credermi!

Ora dovrei andare. Mi aspettano a una riunione." Elsa si girò leggermente seccata e lasciò Jack da solo.

Una volta che Elsa ebbe abbandonato la stanza Jack si rese conto di quanto fosse stato stupido a insistere così.

Meglio chiedere scusa.

Si avviò fuori della porta ma vide la regina che si avvicinava a quell'uomo dell'altra sera, e andava con lui in una stanza piccola.

La curiosità del ragazzo si fece subito sentire, e senza che nessuno lo vedesse sgattaiolò a sua volta nella stanza e si nascose dietro un mobile.

"Allora vostra maestà, ora siamo ad Arendelle possiamo parlare del nostro matrimonio?" Cominciò l'uomo.

"Principe Hans le faccio presente che non ho ancora accettato la vostra proposta." Ribbattè Elsa già irritata.

"Ma perché?! Perché non accettate? Si può sapere?!"

"Primo perché lei l'ultima volta che ha fatto una proposta di matrimonio a una reale di Arendelle dopo neanche due giorni ha cercato di ucciderla.

Secondo perché le vostre scuse potrebbero essere fasulle, e terzo perché non siete l'unico ad avermi fatto questa proposta!"

"Oh insomma! Io credo che voi usiate gli eventi del passato come scusa per non sposarmi dato che lo sanno tutti che voi siete innamorata di quello sciocco vichingo!" L'uomo aveva cominciato a urlare.

-Elsa è innamorata di un vichingo? Che storia è mai questa? Perché non me l'ha detto?- pensò Jack.

Elsa a quelle parole diventò rossa di rabbia e chiuse gli occhi come per controllarsi.

"Come osa?! Ho detto publicamente che Hiccup è solo un mio amico carissimo, che mi ha salvato la vita in un occasione di pericolo. È naturale che io lo vada spesso a trovare! Se sentirò ancora un insinuazione di questo genere vi rispedirò nelle Isole del Sud con la prima nave è chiaro?!?"

La ragazza era davvero adirata e il principe preferì rimanere in silenzio.

Elsa ricompostasi disse con voce ferma:" Principe Hans io ho preso la mia decisione riguardo alla proposta di matrimonio: io non vi sposerò e voi tornerete nelle vostre terre tra due mesi, il tempo di preparare una festa di addio. Non sono ammesse critiche alla mia decisione. E ora con permesso."

"Cosa?! No! Io non vi permetto di rifiutarmi!" Sbraitò il principe afferrando il polso della ragazza.

"Mi lasci subito andare o chiamerò le guatdie!" Disse Elsa cercando di divincolasi.

"No, tu non chiamerai nessuno!" Riabbatté Hans stringendo più forte e tappandole la bocca.

Jack che fino a quel momento era stato fermo a guardare uscì dal nascondiglio intenzionato a colpire il principino con un getto di ghiaccio; ma prima che potesse fare alcunché la stanza cominciò a raffreddarsi sempre di più finché non cominciò a cedere neve prima piano poi nella stanza si formò una vera bufera.

Jack non riusciva a vedere a un palmo dal suo naso, ma sentiva gli urli di paura di Hans e quelli di dolore di Elsa.

Alla fine tutto si dissolse e davanti a Jack comparve questa scena: Elsa accasciata a terra e tra lei il principe, svenuto c'erano varie stalattiti di ghiaccio.

Lo spirito dell'inverno decise di aiutare Elsa prendendola in braccio e portandola nella sua stanza.

Poi tornò dal principe e tolse tutto il ghiaccio così che nessuno si accorgesse di nulla.

Jack attese a lungo che Elsa si risvegliasse accanto al suo letto, e guardandola si accorse dello sforzo che la ragazza aveva fatto per creare tutta quella bufera: aveva la fronte perlata dalle goccioline di sudore, i capelli biondi erano tutti scompigliati e era immobile e dormiva profondamente, quasi da sembrare morta.

-Anche ridotta così è molto bella.-

Pensò Jack ad un tratto.

Poi scosse la testa per scacciare quel pensiero. Non aveva mai pensato che una ragazza fosse bella da quando aveva conosciuto Rapunzel.

Ricordava che accanto a lei tutte le altre ragazze avevano così tante imperfezioni da non poterle contare.

Invece Elsa... Jack si sforzò di trovare difetti e imperfezioni, ma non ne trovò.

Era bella.


Ad un tratto Elsa cominciò a rigirarsi tra le coperte e piano aprì gli occhi.

Lo guardava e non diceva nulla.

Alla fine però riuscì a pronunciare una sola parola:"Grazie".

Jack non sapeva che dire; insomma, non si era mai trovato in una situazione simile.

"Ho ripulito tutto. Hans non potrá dire nulla se tu informerai gli altri per prima. Senti... Mi dispiace per prima. Ho esagerato."

Elsa però non lo stava ascoltando più.

Era ricaduta in un sonno pieno di sogni.

Jack la ricoprì di muovo con il lenzuolo e volò via dalla finestra.


Al suo risveglio Elsa aveva la testa pulsante e vedeva tutto sfocato.

Non ricordava nulla o quasi di quella mattina, tranne... Jack.

L'unica cosa che ricordava era il suo pallido viso e i suoi capelli biondi sempre scarmigliati, che le chiedeva scusa e le sorrideva.

Il suo sorriso aveva qualcosa di speciale.

Era bello.

La ragazza sorrise a sua volta e scese dal letto per cominciare una giornata che probabilmente avrebbe passato ad annoiarsi terribilmente.


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Capitolo 3
*** Un viaggio non gradito ***


Scese la notte e Jack guardò la luna come tutte le sere. L'ammirava, ed ogni volta non riusciva a capacitarsi che proprio lei l'avesse riportato in vita da quel baratro di oscurità che l'avvolgeva da morto.

Jack sapeva bene che quella non era la sua prima vita.

Ce n'era stata un'altra.

Una volta era un umano spensierato e felice, con una famiglia e niente per la testa.

Poi salvando sua sorella sul Lago della Morte era caduto nel ghiaccio morendo. Ma è questo che la luna fa: dà una seconda occasione a chi la merita.

Ripensò a Elsa, e a come gli era sembrata fragile mentre la portava in camera.

Sorrise quasi senza accorger sene e chiuse gli occhi per poi cadere in un sonno profondo.


"Zia Elsa!!"

"Emma, ma che ore sono?"

"È mezzanotte ma non riesco a dormire."

Elsa si mise a sedere sul suo grande letto guardando l'indifesa creatura.

Emma somigliava terribilmente ad Anna: era sempre felice e sprizzante di vitalità con due occhioni marroni ai quali una qualsiasi richiesta non poteva avere un "No" come risposta.

"Perché non vai dalla mamma allora?" Disse la donna impaziente di tornare a letto.

"Perché non riesco a dormire a causa di un brutto sogno su quel signore che oggi cercava te."

Elsa si fece immediatamente attenta e prese la bimba tra le braccia.

"E cos'hai sognato amore?"

"Ecco io... C'eravate lui e te e lui ti faceva piangere per un motivo. Poi è volato via e mi sono svegliata."

Elsa non disse nulla, e si limitò a abbracciare la piccola.

"Zia Elsa. Lui ti ha fatto piangere?"

"No tesoro. Mi ha aiutata. È una brava persona." Provò a rassicurarla la donna.

"Non è vero! Mi ha fatto piangere, e quindi è una persona cattiva!" Cominciò a strillare la piccola scostandosi dal petto della zia e rischiando di cadere dal letto.

"Ma no... Aveva solo fretta di trovarmi, e tu sei stata educata con lui?"

"Si! Ma lui ha cominciato a dire le bugie e la mamma dice sempre che non bisogna essere gentili con le persone che mentono."

Emma aveva cominciato a strillare sul serio e Elsa le mise una mano davanti alla bocca per evitare di svegliare tutti.

"Parla piano! E cosa avrebbe detto di tanto orribile Jack, si può sapere?"

"Ha detto di essere lo spirito dell'inverno. Ma io lo vedevo benissimo e invece lo spirito dell'inverno è invisibile!!!"

Elsa era stanca, aveva avuto una giornata molto pesante e non era proprio in vena di mettersi a litigare con Emma.

"Ascolta Emma. Tu devi capire che non tutte le cose che racconta la gente sono vere. La tua mamma può averti detto una cosa su Jack Frost che credeva fosse vera ma che in realtà non lo è. Vedi lui è davvero lo spirito dell'inverno, guardiano del divertimento."

"Davvero?!?" Domandò la piccola incredula.

"Si amore. E tu sei stata un po' scortese a dire che lui stava mentendo."

"Facciamo così zia: io ti prometto che gli chiederò scusa, a patto che il mio sogno non si avveri. Ok?"

"Ok!" Accettò la donna.

La bimba fece per andarsene, poi ci ripensò e disse:"Zia Elsa... Posso dormire con te stanotte?"

La donna fece il sorriso più convincente che potè e disse:" Va bene. Ma solo per stanotte."

Così la piccola si accoccolò nel grande lettone e dormì tutta la notte.

Invece Elsa restò ancora un po'sveglia a pensare:-Jack mi farà mai piangere?-

e pensa e ripensa la notte passò.


Jack la mattina dopo si svegliò di buon’ora e senza spiegarsi perché cominciò a guardare nell'acqua del lago.

Come sempre non vide nulla, la sua immagine poteva essere, infatti, riflessa solo dal ghiaccio.

Ma continuò a guardare come ipnotizzato da quell'acqua.

Un pensiero gli balenò nella testa in quel momento:

-Come stará Elsa dopo ieri? Meglio che io vada a vedere-

Poi si libro in volo e atterrò sul davanzale della finestra in camera di Elsa.

Lei era lì, seduta su una sedia guardandosi allo specchio pettinandosi i lunghi capelli argentati.

Jack non se la sentì di dire nulla ma si schiarì la voce per sottolineare la sua presenza.

Elsa si voltò piano e sorrise.

"Ciao" la salutò Jack.

"Ciao" gli disse di rimando la giovane.

"Come stai?" domandò lo spirito.

"Sono in ottima forma grazie."

"Allora... Che si fa?" chiese Jack. Non sapeva perchè ma sentiva la voglia di passare una giornata con lei.

"Non so, vuoi fare un pupazzo di neve?"

Jack sorrise e annuì.

Dopo neanche dieci minuti erano fuori a giocare con la neve creata da entrambi.

Restarono in giardino per tutta la mattina, fin quando una serva non si avvicinò alla regina e le disse:" Il pranzo è pronto vostra altezza"

"Grazie Emily, arrivo subito" rispose la regina ricomponendosi.

Quando la donna se ne fu andata Elsa si voltò verso Jack che disse:"Beh, credo proprio che dovrei togliere il disturbo."

Elsa si rattristò a quel l'affermazione e replicò:" Ma Jack, perché non resti a mangiare?"

Jack si stupì di quella proposta e scosse la testa dicendo:" Sarei invisibile agli occhi della tua famiglia, meglio se non ti faccio gare la figura della pazza che parla da sola. E poi mi aspettano altrove."

Elsa era un po' delusa poi capì che il giovane aveva ragione e lo salutò per poi correre verso la sala da pranzo.

Jack la guardò allontanarsi per poi volare via.

Mentre era in volo un pensiero gli comparve nella mente: era passata un’intera mattinata senza che lui vedesse o addiritura pensasse a Rapunzel.

Quel pensiero gli fece gelare il sangue nelle vene, come aveva potuto dimenticarsene?!

Poi ricordò: quella mattina il primo pensiero che gli era passato per la mente non era se Rapunzel stesse pensando a lui o piuttosto se stesse bene, aveva subito pensato alla salute di Elsa.

-Ma è normale no?- si chiese Jack -Elsa è pur sempre una mia amica che stava male. L’avrei fatto per qualsiasi altra persona… Giusto?- Jack non poteva negare che quella situazione gli fosse del tutto estranea; non aveva mai pensato a una ragazza diversa da Rapunzel, e non aveva mai avuto altre amiche al di fuori di lei e… -Va bene, basta pensarci. Tanto non capiterà mai più!- si disse alla fine.

E quando dopo un’ora di volo arrivò finalmente al castello di Corona si appollaiò sulla solita finestra a rimirare con quanta grazia Rapunzel tagliasse il cibo e lo mettesse in bocca. Aveva desiderato tante di quelle volte nella sua vita di essere una forchetta solo per poter sfiorare quelle bellissime labbra che ormai aveva perso il conto. La guardò mangiare e scherzare con Flynn e come ogni volta sentì il forte impulso di ghiacciare quel damerino, ma poi come sempre ripensando che non era colpa dell’uomo se era stato un ignobile codardo.

“Maestà, è arrivata una lettera da vostra cugina Elsa di Arendelle” disse un maggiordomo entrando e porgendo la busta a Rapunzel che l’aprì tutta contenta.

Jack in quel momento non pensò a quanto piacessero a Rapunzel le lettere come d’abitudine, ma piuttosto drizzò le orecchie per sapere cosa Elsa aveva scritto.

“Cara cugina Rapunzel” cominciò la ragazza “ti scrivo questa lettera per farti una richiesta importante: potresti tenere Emma per un paio di settimane? Io Anna e Kristoff saremo fuori Arendelle e non potremo tenerla con noi. Ci sarà un sacco di servitù ma lei vuole stare solo con persone di famiglia. Mi rendo conto che è una richiesta impegnativa dato che tu la conosci poco, e prenderti cura di una bambina qualche giorno dopo il tuo matrimonio non è proprio il massimo, ma non so a chi altro chiedere! Se non accetterai tu la dovrò spedire dalla cuginetta Vanellope, ma lei sta sempre a correre su quelle dannate automobiline e non avrebbe davvero il tempo per lei. Inoltre vive in un mondo completamente fatto di dolciumi, e non oso immaginare che cosa farebbe Emma.

Aspetto la tua risposta, un caloroso abbraccio

Elsa”

Rapunzel guardò il suo consorte che dopo un po’ sorrise e fece un cenno con la testa.

Tre servitori in men’che non si dica portarono subito inchiostro, penna, pergamena  e il sigillo reale.

“Cara Elsa, saremo molto felici di ospitare Emma da noi, sono sicura che farà la brava e che non ci sarà di alcun peso. Puoi mandarcela quando preferisci, anche stasera stessa, tanto il viaggio è solo di un paio d’ore.

Ci sentiamo presto

Rapunzel” recitò la ragazza mentre scriveva la lettera.

Mise il sigillo sulla busta che affidò a un servitore e poi riprese a mangiare conversando con Flynn.

Jack era rimasto un po’ perplesso da quella lettera: Elsa pativa? E perché non l’aveva avvertito? Forse gli era passato per la mente giocando, non essendo una cosa importante.

“Tu dove credi che andranno?” chiese Flynn d’un tratto come se avesse letto nella mente di Jack.

“Secondo te? A Berck sicuramente, sai che Elsa non può stare per molto senza vedere Hiccup; quei due sono inseparabili!”

Jack rimase ancora più spiazzato a quelle parole: perché Elsa non gli aveva detto che sarebbe andata a trovare quel suo “amico” di cui Hans parlava.

Non perse tempo e scese dalla finestra volando fino ad Arendelle.

Lì trovò Elsa ancora nella sala da pranzo con la nipote Emma, sua sorella e il cognato.

“Emma su cerca di capire…” stava dicendo la madre alla bimba in lacrime.

“No, non voglio andare dalla zia Rapunzel! Voglio venire con voi dallo zio Hiccup!! Perché non posso venire? Le altre volte sono venuta anche io!!!” sbraitò Emma in preda ai singhiozzi.

“Perché stavolta è diverso. Sta arrivando l’inverno e tu sei troppo piccola per affrontare un viaggio così mentre ci sono bufere di neve, figuriamoci cosa succederebbe poi lì in Norvegia! Quello è un posto freddissimo!!” provò a dire suo padre.

“Ma la zia Elsa può bloccare la neve!” ribattè la bambina incredibilmente furba.

“Non è questo il punto amore” le disse gentilmente la regina mettendole un braccio attorno alle spalle.

“Vedi, io riesco a creare le bufere, ma è molto più difficile disfarsene. Inoltre il nostro amico dell’inverno non sarebbe contento se distruggesi il suo bel lavoro no?”

Emma tirò su con il naso e annuì leggermente.

“Brava. Allora farai la bambina buona?” ancora una volta la bimba annuì.

“Prometti che non farai storie?”

“Si” disse quasi in un soffio Emma.

“Brava bambina. Vedrai che torneremo prima che tu te ne accorga. Va bene?”

“Si, ok. Zia?”

“Si?”

“Ti voglio tanto bene”

“Anche io amore” disse Elsa stringendo forte la nipote.

“Ehi! Guarda che divento gelosa!” scherzò poi Anna scompigliando i capelli rossi della figlia.

“Mamma!” protestò quella.

“Andiamo a fare le valige?” propose Elsa alla nipote.

“Siiii!!!” rispose lei sfrecciando fuori dalla sala.

“Ci vediamo dopo. Ciao Anna, ciao Kristoff” disse distrattamente Elsa uscendo a sua volta dalla stanza.

I due cognugi si guardarono e sorrisero rimettendosi a mangiare.


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Capitolo 4
*** Era felice ***



Jack seguì le due ragazze finché non le vide entrare nella stanza della bambina.

Entrò a sua volt e vide zia e nipote intente a scegliere gli abiti perfetti da mettere in valigia. Erano così felici e spensierate, quasi euforiche. Jack si domandò come fosse possibile che una cosa così piccola potesse scatenare una tale gioia.

Poi trovò la risposta: amore. Quelle due si adoravano e si vedeva bene che anche un evento minuscolo era un pretesto per stare insieme a divertirsi.

“Zia Elsa! C’è lo spirito dell’inverno!” urlò Emma ad un tratto riportando Jack nella realtà.

“Jack! Che ci fai qua?” chiese la regina poggiando sul letto una gran quantità di vestiti.

“Oh io nulla. Ero solo venuto a fare un saluto alla persona che non mi ha detto neanche che parte”

“E perché ti importa tanto?” chiese Emma con un espressione furba dipinta sul volto.

Giusto! Perché se l’era presa tanto? D’altronde Elsa la conosceva da pochissimo, e non è che fossero oramai legati legati al punto che lei gli dovesse raccontare ogni dettaglio della sua vita no?

Allora perché gli interessava tanto?

“Non importa così tanto come pensi tu pulce! Solo che… Ho salvato la vita a tua zia ieri e quindi mi sembra giusto che non abbia fatto tanta fatica per niente e che lei non intraprenda viaggi mortalmente pericolosi. Se non mi dice dove va come posso salvarla di nuovo se necessario!” inventò Jack sul momento non sapendo che altra risposta dare.

Emma guardò lo spirito per un po’ e poi scoppiò a ridere.

“Come no! Ahahaha!! Trovane un’altra spiritello!”

“Emma, non essere sgarbata!” la rimproverò Elsa.

“Ma anche se fosse vero che ti ha salvato la vita, nessuno si preoccuperebbe così tanto per questo motivo!”

- Maledetta bambinetta, come mi piacerebbe congelarti! Mai la bocca chiusa, mai!- pensò Jack aumentando la presa sul bastone.

“Emma non c’è niente che volevi dire a Jack?” chiese ad un tratto Elsa.

“No zia cosa… Ahhhh… è vero: mi dispiace per l’altra volta, ma era difficile credere che tu fossi lo spirito dell’inverno. Mi perdoni?” disse Emma facendo gli occhi dolci a Jack.

-Che lecca piedi!- pensò fra se e se lo spirito ma poi disse:“ Ok ti perdono, ma solo perché mi piacciono i bambini.”

Emma sorrise soddisfatta.

“Tesoro, non trovo la tua vestaglietta preferita, mi sa che l’hai lascita in camera mia. Vai a prenderla tu?” chiese Elsa frugando nel cassettone delle vestaglie.

“Va bene zia” rispose quella e corse via dalla stanza, lasciando i due giovani soli.

“Allora, dimmi la verità perché volevi sapere dove andavo?” chiese ad un tratto Elsa a testa bassa per non incontrare lo sguardo del giovane.

“Te l’ho detto. Non voglio che tu ti faccia male” rispose lui.

“Quindi… Ti preoccupi per me?” chiese nascondendo un sorrisetto contento.

“No! Beh io… Forse giusto un po’. Siamo amici no?” ammise Jack.

Elsa sorrise ancora di più.

“Da vero siamo amici Jack? Ma si può esserlo dopo così poco tempo?” chiese Elsa come sempre diffidente.

“Non so. Ti fidi di me?” chiese lo spirito avvicinandosi.

“Si” disse lei dopo un attimo di esitazione.

“Allora siamo amici!” disse lo spirito sorridendo.

Elsa alzò lo sguardo.

Jack vide ancora una volta quei bellissimi occhi azzurri ghiaccio che su di lei stavano a pennello.

Erano stati la prima cosa che veramente l’aveva colpito di lei. Aveva ammirato la sua tenacia e la sua calma durante le situazioni critiche, ma quando aveva visto i suoi occhi era rimasto ipnotizzato.

Erano così belli, così azzurri così… Perfetti.

Senza quasi accorgersene si avvicinò a Elsa trovandosi molto vicino a lei. Quasi la toccava.

“Zia! L’ho trovata, l’ho trovata!” urlò una vocina dietro di lui e tutti e due i ragazzi si affrettarono a recuperare una distanza ragionevole l’un dall’altra.

Jack restò lì ancora per un po’ aiutando la piccola peste ed Elsa con le valige.

Quando tutto fu pronto Jack si preparò a volare via.

“Verrai a trovarmi a Corona?” chiese Emma dietro di lui “Così ti presento la zia Rapunzel!”

Quella bambina sarebbe stata la sua fine, Jack se lo sentiva.

“Sono sicura che Jack ha tante cose da fare tesoro. Non disturbarlo.” rispose Elsa per lui.

Salvo.

Elsa l’aveva salvato da una situazione stra imbarazzante, anche se non ne era consapevole.

“Va bene, ci vediamo presto però!”

“Senz’alto pulce!” rispose Jack sorridendo per poi volare via.


La mattina seguente Jack si alzò di buon ora felice per qualche motivo anche se neanche lui sapeva dire quale.

Qualche giorno prima non avrebbe certo provato questa sensazione e lui lo sapeva bene.

Ma ora era lì con il sorriso stampato sul volto che camminava sulle sponde del lago Morto.

Era felice.


Elsa era felice, si era svegliata di buon ora e aveva fatto una colazione stupenda, si era vestita e pettinata con i suoi vestiti preferiti, ora era sulle scale del palazzo di Corona ascoltando Anna e Kristoff fare mille raccomandazioni alla figlia senza smettere un secondo di stritolarla negli abbracci o soffocarla con i baci.

“Va bene, credo che abbia capito!” sbuffò infine la sovrana.

“Non si è mai troppo sicuri con i figli” ribattè la sorella.

“Si come no! Se nascerà un maschio cosa pensi di fare allora?” chiese Elsa punzecchiandola

“Comprerò un guinzaglio e una museruola” scherzò lei.

“Dai avanti, o faremo tardi!” disse spazientita Elsa.

“Va bene. Allora ciao tesoro” si arrese la madre dando un nuovo bacio alla figlia.

“Comportati bene ok?” le disse il padre abbracciandola.

“Si, si. Voi però ora andate” provò a dire la bambina.

“Come ti devi comportare con gli zii?” continuò la madre.

“Insomma Anna muoviti!” la rimproverò la sorella.

“Ok ok…” rispose Anna montando sulla carrozza inseme al marito.

Elsa diede un forte abbraccio alla nipote e poi tutti e tre cominciarono a chiacchierare mentre la carrozza si allontanava dal castello.


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Capitolo 5
*** Non sarei dovuto venire ***


Arrivati al mare i sovrani prendettero una flotta composta da tre navi che li avrebbe portati a destinazione.

Dopo un po’ di tempo sentirono dei forti ruggiti in aria e si resero conto di essere vicini alla meta.

Elsa adorava il suo amico Hiccup, era intelligente, abbastanza forte, un grande capo e un amico leale e perfetto.

Ecco, agli occhi di Elsa Hiccup era perfetto!

Così simile a lei, aveva sempre paura di deludere la aspettative di tutti, e sopra tutto di non essere all’altezza del padre deceduto non molto tempo prima.

Elsa non aveva mai conosciuto Stoick ma sapeva dai racconti della gente che era stato un grande capo, un amico per tutti e una guida, tanto da farsi chiamare “L’immenso”.

Hiccup si sforzava sempre di essere come lui e non fallire in nessuna occasione.

Un po’ come Elsa.

Lei aveva avuto paura per tutta la vita di deludere i suoi genitori non riuscendo a mantenere il segreto dei suoi poteri e rivelando al mondo chi era in realtà. Quando li guardava negli occhi aveva sempre paura di cogliere nello sconforto e nell’angoscia la delusione. Più di una volta l’aveva colta e era rimasta sconvolta, perché anche se loro non lo ammettevano lei sapeva che non avrebbero mai accettato la sua natura.

E nonostante questo lei cercava di renderli orgogliosi in ogni modo possibile, negando il suo essere.

Proprio come lui.


Finalmente dal banco di nebbia emersero delle gigantesche rocce con abitazioni sopra.

Il viaggio era finito.

Con le loro tre navi attraccarono al porto e ad aspettarli trovarono proprio lui: Hiccup.

“Hic!!” urlò di felicità Elsa non appena lo vide.

“Elsa!” urlò lui a sua volta correndo da lei per abbracciarla.

Si volevano proprio bene quei due.

Li legava un affetto profondissimo anche se si conoscevano da appena un anno.

Hiccup finite le cerimonie di benvenuto tipicamente vichinghe, portò i suoi ospiti nelle loro stanze.


Passarono alcuni giorni e ancora nessuna notizia di Elsa.

Jack era davvero tentato di andarla a trovare in Norvegia, ma poi continuava a chiedersi perché gli importasse tanto di avere notizie di lei.

Una piccola vocetta nella sua mente gli ripeteva sempre:“Dai Jack, ammetti che sei geloso. Non ti va giù che Elsa sia con un altro ragazzo. Tu provi qualcosa per lei” e alla fine per azzittirla non ci andava.

Ma pensava moltissimo a lei e ai suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio.

Gli sembrava impossibile pensare tanto a una persona. Dopo aver conosciuto Rapunzel la prima volta ricordava bene che non riusciva a togliersela dalla mente, pensando sempre a lei e ai suoi lunghissimi capelli setosi.

E dopo che l’aveva persa ogni cosa gli riportava alla mente quel viso perfetto, quegli occhi verdi erba, quella risata angelica.

Lui aveva amato Rapunzel con tutto il cuore.

E ora con Elsa stava succedendo qualcosa di ancora più complicato: non poteva smettere di pensare a lei ma comunque non riusciva a capire cosa provasse per lei.

Aveva amato Rapunzel per gran parte della sua esistenza, lei era stata il suo mondo e non poteva cancellarla così.

Oppure poteva?

Insomma Jack si meritava di essere felice e arriva sempre pensato che la sua felicità dipendesse Rapunzel.

Ma ora le cose erano cambiate.

Lui era cambiato.

Un giorno non sapendo cosa fare decise di andare a trovare Emma, naturalmente stando molto attento a non farsi scoprire.

Non avrebbe mai voluto che Rapunzel lo scoprisse proprio dopo che si era sposata, e soprattutto creare problemi a Elsa.


Entrò nella stanza dove aveva visto giocare Emma e diede qualche colpo di tosse per segnalare la sua presenza.

“Jack! Sei venuto!” strillò la bambina correndo dallo spirito per abbracciarlo.

“Ciao pulce. Oggi non avevo nulla da fare e ho pensato di farti una visita. Ho fatto bene?” chiese Jack cercando di liberarsi dalla stretta ferrea della piccola.

“Si! Sai credevo che non saresti mai venuto. Dai vieni con me, ti faccio conoscere zia Rapunzel!” urlò ancora più forte Emma strattonando Jack verso la porta.

-Cavolo, e ora che mi invento?!- pensò Jack in preda alla disperazione.

“Dai aspetta, perché non giochiamo un po’ prima? Poi dopo mi presenterai tua zia ok?”cercò una scusa ragazzo.

“Mmmm… Va bene” rispose titubante Emma

“A che giochiamo?” chiese poi allegra.

“Vuoi pattinare sul ghiaccio?” chiese Jack.

“Mi piacerebbe, ma è estate e non posso uscire dal castello”

“E chi ha detto che devi uscire dal castello?” chiese Jack con un sorriso birichino stampato sul volto.

Poi con un colpo di bastone a terra tutto il pavimento si riempì di ghiaccio cristallino.

Emma si resse a mala pena in piedi ridendo come non mai.

“Anche zia Elsa lo sa fare!” disse mentre scivolava sul ghiaccio euforica.

“Dai, tutto qua quello che sai fare pulce?” la provocò Jack.

“Oh te ne accorgerai ghiacciolo!” rise la bambina alzandosi in piedi.

Continuarono a giocare per un bel po’ ridendo e scherzando, fino a quando…

“Jack…”

Quasi un sospiro alle spalle dello spirito, che si voltò lentamente per trovarsi d’avanti la causa della sua infelicità: la bellissima Rapunzel era sulla soglia della porta che lo guardava con le lacrime agli occhi.

Jack non riusciva a muovere un muscolo; tutto il suo mondo era crollato come un castello di carte, tutto lo sforzo che aveva fatto in tutti quegli anni era andato sprecato. Lei era di nuovo lì che soffriva con la stessa intensità con cui soffriva lui ogni giorno.

Le lacrime le rigavano quelle bellissime guance che avrebbe tanto desiderato accarezzare, la sua bocca era aperta come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a capire cosa. I suoi occhi mostravano molti sentimenti: era arrabbiata ma felice, triste ma desiderosa di abbracciarlo ancora.

Jack non poteva vederla così, non aveva mai potuto.

Prima, quando tutto era perfetto lui l’abbracciava accarezzandole i suoi lunghi capelli biondi, ma ora… Ora non poteva, non poteva adesso che l’aveva fatta soffrire di nuovo.

Così si girò piano e se ne andò sussurrando un quasi impercettibile “Non sarei dovuto venire”.


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Capitolo 6
*** Solo in colpa ***


Jack volò per ore e ore senza una meta precisa, piangendo così forte che gli uccelli si spaventarono.

Di nuovo. Aveva sofferto di nuovo, aveva fatto soffrire di nuovo e aveva fatto ancora una volta la scelta sbagliata.

Non sapeva cosa fare, perché non riusciva mai a essere felice?

Perché non riusciva a fare la cosa giusta, perché non riusciva a sentire il cuore battere per qualcuno che lo ricambiasse da vero?

La temperatura continuava ad abbassarsi, e Jack se ne accorse.

Decise di riprendere il controllo delle sue azioni calmandosi.

Si accoccolò su un tetto chiedendosi dove mai fosse capitato.

Vide quattro ragazzini giocare a palle di neve e decise di distrarsi un po’.

Venne sera e i ragazzini salutarono lo spiritello tornando dalle loro famiglie.

Jack si mise seduto su un ramo d’albero e ripensò alla giornata vissuta.

Ma in quel momento decise di non analizzare quello che aveva provato rincontrando Rapunzel, ma cosa non aveva provato.

Jack pensò che sì, si era sentito uno schifo, aveva pianto per buona parte della giornata solo per il fatto di aver incontrato di nuovo quegli smeraldi che erano gli occhi di lei, ma allo stesso tempo non si era sentito come se gli mancasse un pezzo di anima, come d’abitudine. Si era sentito semplicemente in colpa per aver causato tutto il dolore a una persona che amava così tanto.

Ma come era possibile che i suoi sentimenti fossero cambiati? Come era possibile che lui non provasse più le stesse sensazioni di una volta?

E così la vocina che avrebbe davvero voluto non si presentasse si fece presente e disse:“Ma dai Jack è palese! A te ora piace Elsa e questo ti allontana da Rapunzel!”

E se la voce avesse avuto ragione? Se Jack avesse da vero provato dei sentimenti per Elsa nonostante il poco tempo passato insieme? Jack sulle prime pensò che fosse impossibile, ma in fine si decise che non era poi tanto assurdo no? Del resto non gli ci era voluto molto per innamorarsi di Rapunzel, e questo voleva dire che quando due persone si vogliono bene davvero non c’era bisogno di tempo per rendere i loro sentimenti reali.

Jack si alzò dal ramo ancora un po’ confuso, ma con una sola idea in testa: andare a trovare Elsa.

E se si fosse già addormentata? Avrebbe aspettato il suo risveglio.

E se fosse stata in compagnia di quel suo amico? Avrebbe aspettato finché la conversazione tra i due non fosse finita.

E se… Oh insomma, lui le voleva parlare, punto e basta!

Non sapeva esattamente che dirle ma doveva parlare.

Arrivò a Berck e la trovò abbastanza squallida, con poche casette in legno e draghi che saltellavano… Un secondo!

Draghi?!?!

Allora non erano leggende quelle che aveva sentito sulla Norvegia, c’erano seriamente i draghi là.

Che cosa bizzarra!

Si avviò verso la casa più grande infilandosi dentro una finestra.

La scena che si parò di fronte a gli occhi di Jack lo fece sobbalzare: c’erano Elsa e Hiccup accoccolati d’avanti al caminetto con la testa di lei appoggiata sulla spalla di lui.

Non sapeva cosa pensare, tranne che quello non era il modo in cui due amici si comportano.

Cercò di mantenere la calma e stava per attirare l’attenzione della giovane quando una frase lo fece quasi urlare.

“Allora a quando le nozze?” chiese Elsa guardando negli occhi il vichingo che le sorrise.

COSA?!?!? Elsa si stava per sposare? E con quello che aveva sempre detto essere un amico?

Il cuore di Jack si era spezzato di nuovo. In quel momento pensò che era nel suo destino soffrire per amore e che fosse stato solo un orribile scherzo del destino che sia Elsa sia Rapunzel riuscissero a vederlo.

“In verità non lo so, ma comunque presto, sai con anche il bimbo in arrivo…”

COME?!?!?! No, Jack non poteva più sopportare quel dolore. Non poteva più sopportare di vedere una persona cara a lui sposarsi e avere un figlio per giunta!

Non voleva ma si lasciò sfuggire un singhiozzo che evidentemente Elsa sentì perché si voltò  guardare il ragazzo.

Senza dire una parola, per la seconda volta in una giornata Jack volò via per versare lacrime amare.


Perché non poteva essere normale? Perché non poteva essere un ragazzo visto da tutti con un inizio e una fine, senza la paura di provare dei sentimenti per paura di vederli morire con gli anni.

E in lacrime si addormentò.


Elsa non riusciva a dormire, si girava e rigirava nel letto, non tanto per la scomodità, ma per quello che aveva visto quella sera.

Jack si era presentato e l’aveva vista in quella situazione, e non voleva che Jack si facesse idee sbagliate.

Ma ora mai il danno l’aveva fatto e il motivo per il quale non poteva dormire era anche che si chiedeva come esattamente trovare Jack e parlargli.

Alla fine pensa e ripensa si addormentò.


Il giorno seguente Elsa si alzò di buon’ora e benché si fosse addormentata a un’ora tarda non era affatto stanca; si vestì e andò a fare colazione.

Quando ebbe finito disse a tutti che andava a fare una passeggiata sulle montagne vicine rifiutando ogni compagnia.

Camminò e camminò finché non arrivò alla cima di una delle montagne più piccole, e lì sussurò all’aria:“Portamelo”. Allora si alzò un forte vento e dopo una mezzora la sagoma di un ragazzo apparse tra la neve trasportato dal vento che cercava di tenere a freno.


Jack si era svegliato con le prime luci dell’alba come era solito fare, e per distrarsi un po’ aveva deciso di cercare dei bambini che giocavano con la neve e così chiamò il vento perché lo trasportasse nel villaggio più vicino.

Era quasi arrivato quando il vento cambiò improvvisamente direzione, trasportandolo violentemente sempre più a Nord. Benché cercasse di fermare il vento, questo non demordeva e continuava a portarlo verso la destinazione che ormai Jack aveva capito essere Berck.

Finalmente quel volo infernale era finito e Jack atterrò, poco elegantemente, ai piedi di Elsa che non si scompose nemmeno un po’.

Il ragazzo si rialzò per guardarla negli occhi.

“Che cosa vuoi?” chiese sgarbatamente.

“Beh, prima di tutto si saluta”

“Ciao, che vuoi?” ripeté lo spirito.

“Niente, voglio solo sapere perché ieri sei venuto a trovarmi per poi andartene senza salutare” rispose tagliando corto lei.

“Beh… Ecco… Io…” lo spirito era entrato in crisi, non sapendo più cosa fare.

“Perché volevo sapere come stavi, dato che non avevo più notizie di te da un po’, ma poi ho visto che eri col tuo futuro marito e ho lasciato perdere.” sputò tutto d’un fiato.

Elsa assunse un’aria stupita e confusa, per poi scoppiare a ridere in faccia a Jack che rimase senza parole a quella reazione.

“Futuro marito? Chi? Hiccup?!? Ma non diciamo sciocchezze via!” riuscì a farfugliare Elsa tra le risate.

“Ma… I' ho sentito…” provò a dire Jack.

“Quello che intendevo quando ho detto -A quando le nozze- intendevo le nozze con la principessa Merida di Dumbroch della quale è innamorato e dalla quale avrà un figlio, tutto qua!” lo precedette Elsa riuscendo a smettere di ridere.

“Ah…” riuscì solo a dire Jack.

Che sciocco era stato, non si era fidato della parola di Elsa, che Hiccup fosse soltanto un buon amico e adesso lei l’avrebbe preso per un paranoico. Fantastico, quella giornata non avrebbe potuto in assoluto andare peggio!

“Ma scusa, perché ti interessa così tanto se mi sposo con qualcuno?” chiese ad un tratto Elsa rompendo il silenzio.

No, si era sbagliato. C’era un modo in cui quella giornata sarebbe potuta andare peggio!

“Non mi interessa” mentì lui.

“Non mentire, ti ho visto ieri. Eri su l’orlo di una crisi di nervi si vedeva benissimo. Perché non mi dici una buona volta che cosa succede?"

Jack non sapeva più che dire o fare così agì d'istinto e con una mossa decisa afferrò il volto di Elsa tra le mani e appoggiò le sue labbra su quelle di lei.


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Capitolo 7
*** Il lato freddo ***


Fu un contatto strano. Strano ma bello. Era come se due ghiacciai si fossero scontrati e fossero diventati una cosa sola. Dopo un primo momento di stupore, con grande sollievo dello spiritello, anche Elsa ricambiò il bacio.

Sapeva di non essere quel tipo di persona, di solito era una donna posata, rigida, ma soprattutto distaccata e fredda. Non era insomma il tipo di persona che bacia i ragazzi conosciuti qualche settimana prima!

Ma quel bacio le era piaciuto così tanto che la minuscola parte del suo cervello che le diceva di fare atti impulsivi aveva preso il sopravvento.

Continuava a baciare Jack rimandando e rimandando il momento in cui si sarebbe staccata da lui.

Alla fine i polmoni non resistettero più e la regina di ghiaccio si allontanò, anche se solo di pochi centimetri dalle labbra del ragazzo.

Quando Elsa alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Jack il ragazzo non poté fare a meno di perdersi in quello sguardo che era sempre stato glaciale ma che ora si era sciolto come un gelato al sole.

Guardava e riguardava quei grandi blocchi di ghiaccio cristallino che lo fissavano pieni di domande che non voleva dire.

Nessuno poteva esprimere neanche con le parole più belle quello che provava Jack. Era felice? No, non era sicuro di quello che aveva fatto e questo non lo faceva sentire bene.

Era triste? No, aveva provato emozioni mai sentite in anni e anni di esistenza.

Jack aveva così tante emozioni dentro che non riusciva a contarle, anche se... Si può contare un emozione? Bo, chi lo sa!

-Ecco, comincio a fare discorsi da stra pazzo! È vero che le donne ti fanno diventare pazzo!- rifletté cercando in tutti i modi a non pensare a ciò che aveva appena fatto.

"E ora che succede?" disse Elsa scegliendo una delle mille domande che gli ronzavano nella testa e allontanandosi da Jack.

"Non lo so. Non ho esperienza di queste cose."

"Non dirlo a me, ventun'anni chiusa in una stanza non incontravo molti ragazzi." Jack abbozzò un sorriso apprezzando il sarcasmo della ragazza.

"Vuoi che vada via?" chiese Jack ad un tratto.

"NO! Cioè, si... Non so!"

"Risposta chiarissima, complimenti!"

"Smettila, non è questo il momento di ironizzare!"

"Ti faccio presente che prima sei stata tu a farlo. Comunque... Adesso che si fa?"

"Non saprei. Insomma, tu cos'hai provato?" chiese la ragazza senza tante cerimonie.

"Io... In verità non lo so." rispose il ragazzo dopo un attimo d'esitazione.

"Già, neanche io lo so"

Bugia.

Lei sapeva benissimo che quello che gli aveva fatto provare Jack era una sensazione stupenda che nella sua vita aveva provato raramente: libertà.

Quando era con Jack si sentiva libera di fare qualsiasi cosa. Si immaginava così il volo degli uccelli , intenso ma non troppo, non prolungato ma costante, ma soprattutto fatto senza pensieri. E quel giorno Elsa aveva volato più alto di quanto avesse mai fatto in tutta la su vita.

Ma naturalmente non l'avrebbe mai detto.

"Allora... Che ne dici di rimanere solo amici per ora?" propose lo spirito.

"Così non ci complichiamo troppo la vita, che ne pensi?" chiese in fine.

"Buona idea. Per me va bene" mentì Elsa facendo un sorriso sforzato.

Dopo un po' di silenzio imbarazzante Jack con una scusa volò via e Elsa tornò al villaggio andando subito a letto nonostante l'ora ben poco tarda e le proteste di sua sorella.

"Elsa?"

Hiccup entrò nella fredda stanza e si sedette accanto alla regina che fece finta di dormire.

"Lo so che non dormi. Quando dormi ti tremolano le palpebre."

Elsa sorrise e aprì gli occhi guardandolo, sedendosi poi sul bordo del letto.

"Non è vantaggioso che tu sappia tante cose di me" scherzò la ragazza.

"Ma le so, e quindi questo comporta anche il fatto che tu vai sempre (e dico SEMPRE) a letto alle 10:00 in punto. Ma non stasera. Non hai neanche mangiato!"

"Non avevo fame..."

"Raccontale a tua sorella e tuo cognato queste scuse, ma non a me. Te l'ho detto che ti conosco troppo bene."

Elsa rise.

Hiccup era come un fratello per lei. Un grande e stupendo fratellino che non la lasciava mai in pace, e che a costo di diventare irritante cerca di farla sorridere.

"Lo sai che puoi dirmi sempre tutto"

"Ok..." si arrese

"Allora, prima di tutto devi sapere che da qualche giorno conosco un ragazzo..." cominciò a raccontare lei.

Quando ebbe finito la sua storia Hiccup aveva una faccia sconvolta.

"Che c'è?" chiese Elsa preoccupata.

"Che c'è!?! CHE C'È?!? Tu, Elsa regina di Arendelle, la ragazza più responsabile che conosca si è andata a baciare con un ragazzo che conosce da pochissimi giorni. Ma scherziamo?!?" Urlò il ragazzo.

"Hiccup, non urlare!" Lo rimproverò la sovrana.

"Eccome se urlo! Ma come? Dove è andata a finire la tua maturità, il tuo senso del giudizio, la tua..."

"La tua freddezza?" Finì per lui la regina.

"Elsa io non volevo dire..."

"Si, volevi dire esattamente questo”

Hicccup non sapeva più cosa dire, e abbassò la testa sconfitto.

“Vedi Hic, anche tu che sei il mio più caro amico mi vedi come una persona fredda e distaccata, perché io ho voluto che tutti mi vedessero così. I miei genitori mi hanno sempre detto di lasciare il mondo al di fuori del mio cuore per proteggere le persone a cui voglio bene.

Ma non riesco a spiegarmi la ragione, con Jack è diverso. Lui è una persona nuova con la quale posso confrontarmi e che non mi conosceva neanche lontanamente. Con lui posso mostrare l’altra parte di me.

“E con me no?” chiese Hiccup con l’espressione di chi è stato tradito.

“Hic, il fatto che io ti stia raccontando queste cose dimostra come io mi fidi ciecamente di te e che ti ho sempre mostrato tutte e due le parti di me”

“E allora qual’è la differenza tra me e lui?”

Elsa ci pensò un po’ e poi rispose:

“Lui non conosce la mia parte fredda.”

Questo chiuse la conversazione. Elsa tornò a provare a dormire e Hiccup anche, entrambi senza alcun esito.


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Capitolo 8
*** Ricordi ***


Le giornate passarono e finalmente il lieto evento arrivò. Tutta Berck era in festa per l'imminente matrimonio del suo capo clan.

C'era un enorme via vai di persone che portavano qualcosa. Il tutto era organizzato dalla madre di Merida, che cercava in tutti i modi di fermarla.

"Mamma, non c'è assolutamente nessun bisogno di tutte queste decorazioni!"

"Tesoro, tu sei una principessa, e come tale devi avere il più bel matrimonio di tutti i tempi!"

"Ma io non lo voglio il matrimonio più bello di tutti i tempi! Voglio un matrimonio normale!"

"Perché accontentarsi di normale quando se ne può avere uno da favola?"

"Forse perché io odio le favole?!?!?!"

"Non usare quel tono con me e... No! Quello bisogna metterlo lì!!!"

"Ecco vedi? Non mi rimproveri neanche più!!"

"Avanti Merida, sembri una bambina capricciosa, scusa ora c'è troppo da fare. Che ne dici di andare a provare il vestito?"

"Sai che io quei vestiti complicati non li so mettere"

"Sta arrivando Elsa, chiedi a lei, ma lasciami lavorare ok?"

"Bene." Si arrese la rossa andandosene come una furia.

"Tua madre sta facendo le cose in grande eh?"

"Non me ne parlare, mi sembra di vivere un incubo. Oggi! Che dovrebbe essere il giorno più felice della mia vita!"

"È così terribile?"

"SI!!! A proposito la strega vuole che mi provi il vestito con te."

"Se non chiami tua madre strega si può fare." rispose la regina ridendo.


"Io non esco con questa roba addosso!!!!!" Si sentì strillare da dietro il separè dove pochi minuti prima era entrata un'isterica ragazza.

"Dai Mer. Non puoi stare tanto male."

Con uno sbuffo la giovane principessa di fece vedere e... Era meravigliosa. Il vestito era lungo fino ai piedi e aveva dei bellissimi ricami alla fine. Era totalmente bianco con dei fiorellini azzurri alla vita e infine attorno alla testa della giovane c'era una stupenda coroncina di rose che si confondevano tra i capelli della rossa.

"Mer, sei stupenda come non mai." Fu l'unico commento dell'amica.

"Ma non è affatto il mio stile!" Protestó la capricciosa principessa.

"Se questo vestito fosse stato secondo il tuo stile a quest'ora saresti in un vestito tutto strappato per facilitato i movimenti."

"Che bel vestito sarebbe!"

"Merida, ti devi sposare non andare a tirare con l'arco!"

"Ok, ok."

La sposa si rimirò una seconda volta allo specchio e poi sorrise.

"Non posso cedere che mi sto seriamente per sposare. Non sembravo proprio il tipo capisci?"

"Capisco"

"Insomma, da piccola credevo che non mi sarei mai sposata e che avrei sicuramente regnato su Dumbroch da sola fino alla mia morte. Poi arriva Hiccup..."

"E stravolge tutti i tuoi piani di infanzia!" Scherzò la regina.

"Beh, si! Non è che prima non riuscissi ad amare. È che non volevo."

"Volevi restare fredda col mondo, ma poi arriva lui e ti sconvolge tutto i piani buttando all'aria tutto l'intero mondo che con tanta fatica ti eri costruita." Disse per lei Elsa parlando oramai più con sé stessa che con l'amica.

"È comparso così, all'improvviso e ha fatto breccia nel tuo cuore anche se contro la tua volontà, e poi quando ti ha baciata tutta la terra ha cominciato a girare più forte intorno a te arrestandosi di colpo quando lui ha pronunciato la parola ‘amica’ ”

“Ma cosa stai dicendo?” chiese Merida riscuotendo l’amica dai suoi pensieri.

“Cosa?” Elsa si riprese ancora un po’ frastornata.

“Ma ti senti bene? Hai una faccia…”

“Si, si sto bene. Scusa, ora devo andare.” e con un rapido gesto si girò verso la porta uscendo dalla stanza, lasciando la povera sposa senza parole.


Elsa camminava. Non le importava la direzione verso la quale andasse, le bastava camminare.

Andava avanti e indietro per le vie di Berck guardando la strada che spariva sotto il suo vestito.

Si fermò a riposare sulle rive di un laghetto, sotto un grande salice, e chiuse gli occhi.

Sentiva il gelido vento sul suo viso e dentro le orecchie, sentiva l’odore dell’inverno dentro i polmoni e la pace nel cuore.

I ricordi le riaffiorarono alla mente.


Era il suo dodicesimo compleanno e aveva chiesto ai suoi genitori come unico regalo di poter trascorrere una giornata fuori.

Aveva insistito così tanto che i suoi genitori avevano acconsentito.

La portarono a giocare in riva a un lago e dopo tutta la mattina passata bene successe che perse il controllo dei suoi poteri.

Non ricordava come li aveva persi, si ricordava solo di una enorme paura che le attanagliava il cuore e oscurava la mente.

Nessuno poteva descrivere come si sentiva Elsa in quei momenti. Lei sola sapeva che ogni volta che mostrava i suoi poteri e guardava negli occhi i suoi genitori vedeva solo… Paura.

Loro, i suoi genitori, le persone che più di tutti avrebbero dovuto amarla, avevano paura di lei. La vedevano come un mostro. E la cosa più orribile era che Elsa non poteva smettere di amarli. Quel giorno, prima dell’incidente, sembravano così felici. Sembrava che tutte le loro preoccupazioni e paure fossero di colpo svanite e non vedessero altro che la loro piccola bimba.

Ma poi tutto era andato in frantumi.

Elsa aveva creduto che in quel modo l’avrebbero accettata, così non usava mai i suoi poteri volontariamente. Ma i suoi poteri erano parte di lei. E non riusciva a reprimere la sua natura.

Ma a loro non importava, loro volevano solamente una docile e inoffensiva fanciulla che avrebbe fatto di tutto per essere come gli altri.

Ed Elsa li amava. Voleva odiarli, ma li amava.

Erano i suoi genitori. E volevano il meglio per lei. O almeno era quello che una bambina ingenua poteva credere.

Crescendo si rendeva sempre più conto che non avevano mai fatto nulla per il suo interesse. Ma solo per avere una figlia da mostrare come “normale”.

Non le volevano bene come avrebbero dovuto. Perché chi ti ama ti ama per quello che sei, e non per chi potresti essere.


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Capitolo 9
*** In ritardo con una buona scusa ***



Elsa era immersa in quel ricordo, e non si era accorta che intorno a lei era iniziato a nevicare.

Quando se ne accorse aprì gli occhi, e si trovò d’avanti un sorridente Jack.

"Ciao" la salutò.

"Ciao. Che ci fai qui?"

"Non posso venire a trovare una mia amica?"

La parola amica fece rabbrividire Elsa, ma in ogni caso acconsentì a fargli vedere Berck.

Camminando un po' trovarono una scena curiosa e divertente:

"Hiccup su, non fare come mia madre! Perché non vuoi guardarmi in faccia?"

"Perché porta sfortuna vedere il vestito della sposa prima del matrimonio."

"Ma è una leggenda per spaventare i novelli sposi!"

"E se non lo fosse?"

"Ma che succede qui?" Si intromise Elsa d'un tratto.

"Il tuo caro amico non vuole parlarmi guardandomi in faccia perché indosso questa roba!" Disse la rossa indicando il vestito.

" Ma che ci posso fare? Il mio è un popolo di tradizioni e io come capo clan le devo rispettare tutte!"

"A me sembra solo che ti vuoi rendere ridicolo!"

"Ecco, vedi che stiamo litigando, porta già male!"

"Paranoico!"

"Scorbutica!"

"Non lo pensi sul serio"

"Invece si!"

"Ma se mi hai chiesto di sposarti!"

"Ero ubriaco?"

"Io ti uccido!!!!"


Elsa e Jack ridevano a crepa pelle fino a quando non decisero di dare alla coppia un po' di intimità.


"Come fanno quei due ha sposarsi tra qualche ora?"

"In realtà ne fanno spesso di questi litigi. Poi a un certo punto Merida afferra Hiccup per la giacca e lo bacia. Tutto sistemato!"

"Questo si che è amore!!" disse ironico Jack.

Elsa fece una risatina, e continuarono a camminate in silenzio.

Un silenzio che fu Jack a rompere:

"Pensavi davvero quello che hai detto nel camerino della rossa?"

Il cuore di Elsa si arrestò di colpo.

Per un secondo ci vide sfocato e non respirò più. Jack aveva davvero sentito tutto quello che aveva quasi confessato e che per chi conosceva la loro situazione era facile da interpretare.

E ora?

Che fare?

La ragazza respirò varie volte profondamente prima di buttate fuori tutto quello che aveva dentro:" Si, dicevo sul serio! Tu mi piaci, più di quanto vorrei, e non sono capace di accostate il tuo nome alla parola amico che tu usi tanto con me. Io con te ho instaurato un rapporto che non ho neanche con mia sorella, la persona che mi ama di più sulla faccia della terra" fece una lunga pausa nella quale provò a indovinare le emozioni dello spirito.

Non riuscendosi si rassegnò, e con un sospiro disse:

"Sai, forse dato che io provo questo per te ma tu non sembra per me... forse sarebbe meglio non veder..."

"NO! Io non posso non vederti più! Sei una persona comunque molto importante per me e non posso perderti, ti prego. Farò qualsiasi cosa!"

E senza pensarci più su rifece quell'azione che non aveva fatto dormire entrambi i ragazzi: fece di nuovo posare le sue labbra su quelle della bionda.

Elsa aveva sognato molte volte che Jack lo rifacesse e amò ogni singolo attimo che seguì; amò le braccia di lui attorno ai suoi fianchi, amò la il rumore dei loro respiri sincronizzati, amò la gentilezza con cui le sue fredde labbra stavano sulle sue.

Tutto il mondo aveva preso a girare forte come la prima volta.

Si.

La prima volta.

Quando una speranza era stata frantumata con una semplice parola.

Non voleva che succedesse di nuovo.

Si spostò.

Non avrebbe voluto farlo per tutto l'oro del mondo ma lo fece.

Jack la guardò con aria interrogativa.

"Conoscevi mia cugina vero? Ne eri innamorato?" gli domandò lei come per rispondere.

Jack colto alla sprovvista boccheggiò guardandola strano.

Poi sotto lo sguardo sostenuto della regina disse:"Si…”

Jack aveva capito dove Elsa voleva andare a parare, non poteva permettersi di perderla per questo.

"Senti, se credi che ti ho baciata solo perché mi ricordi tua cugina... Non è così."

"No?"

"No! Tu sei molto di più! Sei una persona stupenda che ha bisogno di essere amata. Come me" disse l'ultima parte a voce appena udibile.

"Amici?" chiese la regina che ormai si era arresa al credere che Jack l’amasse come un’amica.

"No!" rispose lo spirito facendo sollevare la testa alla ragazza.

"Ti prego, non ce la faccio più. Io... Non so che cosa fare ne cosa provo per te. So solo che per te provo dei sentimenti forti. Che cosa dici?"

Elsa non aveva parole.

Era felice o era triste?

Non ne era certa e così agì d'istinto, come faceva sempre quando era con Jack.

"Si!!"

"Si?"

"Voglio intraprendere una più ampia relazione che supera l'amicizia."

Jack la guardò sorridendo e disse:" Ok, prima regola: niente frasi troppo complicate. Quando siamo insieme niente linguaggio formale ok?"

Elsa sorrise arrossendo alla parola "insieme".

“Scusa, cercherò di controllarmi.”

Restarono in silenzio a guardarsi, non accorgendosi nemmeno che si stavano avvicinando.

Quando furono a pochi centimetri l’uno dall’altra finalmente si resero conto della situazione; ma non si allontanarono, ma sorrisero e annullarono la distanza.

Quel bacio non fu il migliore che si fossero mai dati, non gli fece provare emozioni mai sentite prima, ma comunque questo bacio era qualcosa forse migliore: una certezza. La certezza che quello non sarebbe stato l’ultimo, e che niente e nessuno avrebbe potuto separarli.

Quando si staccarono Jack guardò Elsa in quei suoi grandi occhi azzurri ghiaccio e disse:“ Te l’ho mai detto che mi piace baciarti?” scherzò il ragazzo.

Elsa rise di gusto.

“E che mi piace la tua risata?” continuò.

“Allora la sentirai spesso perché tu sei forse l’unico che riesce a farmela fare!”

“Vuoi dire che tu non ridi praticamente mai?!?” si meravigliò Jack.

Elsa scosse la testa un po’ imbarazzata.

“Allora rimediamo subito!” annunciò il ragazzo, e detto questo si avventò sulla povera regina solleticandola senza pietà.

Elsa rise, rise tanto finchè non le mancò l’aria dai polmoni, e strillò a Jack di fermarsi.

“Visto? Ti ho fatto ridere!”

“Si, ma potevi evitare di arrivare a questo!” lo rimproverò Elsa che si era accasciata a terra dal ridere.

“Beh, questo è il modo più veloce, la prossima volta ti faccio fare un voletto di tutta la zona ok?” propose lo spirito sedendosi accanto a lei.

“Davvero?” chiese ansiosa la regina.

“Certo, possiamo andare anche adesso se ti va!”

“Adesso? Ma fra poco c’è il… MATRIMONIO!!!!!”

“Cosa?”

“Io sono la testimone dello sposo! Non posso fare tardi, o Hiccup non mi guarderà più in faccia!”

“Ok ok, ma ora calmati!”

“Non dirmi di calmarmi Jack!” gli urlò Elsa cominciando a correre verso il palazzo delle unioni sotto lo sguardo divertito dello spirito.

“Vuoi che ti accompagni?” le gridò dietro lo spirito.

“Se ti va!!!!” urlò distrattamente Elsa.

Jack sorrise e si mise a volare al suo fianco.



Elsa dopo quelle che sembravano ore di corsa arrivò al palazzo delle unioni dove l’aspettava Hiccup.

“Elsa finalmente!! Dov’eri?!?!?!?” disse il vichingo venendole incontro.

“Te lo dico dopo, ora entriamo!”

“Ma è tutto a posto?”

“Il mio migliore amico si sposa, come potrebbe non essere a posto?”

“Io ho un po’ paura!”

“Ma di che?”

“E se poi non funziona?”

“E se poi funziona?”

“Non sei d’aiuto!”

“Senti Hic, io vi vedo ogni giorno vivere insieme, e anche se litigate spesso riuscite sempre a trovare una soluzione e a tornare a sorridere.”

“Dici?”

“Non lo dico, lo so!”

“Ok, entriamo?”

“Entriamo!”

“Ma prima non sarebbe meglio stare un po’ qui fuori?”

“Hiccup Haddock III entra subito in questo posto con me o non ti dico cosa potrei fare, per non parlare di quello che ti farebbe Merida!”

Hiccup al pensiero rabbrividì, e con l’aria più convinta che riuscisse a fingere entrò.


Il matrimonio fu memorabile, e nonostante le prime insicurezze filò tutto liscio!

Neanche il più abile scrittore potrebbe descrivere la felicità degli sposi, o il più grande pittore dipingerne l’amore.

Merida baciava Hiccup che cercava di non arrossire sotto le risate di sua madre e di Elsa.

Tutti bevevano birra e si divertivano come pazzi, anche Jack che si dava alla pazza gioia facendo scherzi a tutti.


Alla fine i due sposi si ritirarono in camera per…ehm… Godersi la nottata? E tutti andarono nelle loro case chi più chi meno ubriaco.

Elsa entrò in camera sua con Jack.

“Non mi divertivo così da secoli!!!”

“La cosa buffa è che tu lo dici in modo letterale!”

“Già!” rise lo spirito.

Elsa assunse un espressione un po’ imbarazzata e disse:“Senti, io mi dovrei cambiare per poi andare a letto…”

“Oh…” Jack sembrava un cane al quale hanno rubato l’osso ma sorrise e disse:“Nessun problema Fiocco di Neve!”

“Fiocco di Neve?” domandò Elsa con un sorriso.

“Si, perché non ti piace?” chiese Jack.

Elsa lo baciò mettendogli le braccia attorno al collo.

“Non saprei proprio descrivere quanto mi piace!”

Jack sorrise e continuò a baciarla.

“Ok basta…” disse a un certo punto lo spirito andando verso la finestra.

“Se continuiamo così finisce che non mi controllo più e finiamo a letto insieme.”

“JACK!” lo rimproverò la regina arrossendo violentemente.

“Dai, scherzo! O forse no…”

La regina non ebbe il tempo di ribattere, perché Jack era già sparito, volando verso la luna.

Elsa fece una risatina e andò a chiudere la finestra.

“Buona notte Jack…”.


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Capitolo 10
*** Nessun lieto fine... di nuovo ***


Elsa e Jack da quel giorno passarono ogni momento possibile insieme. Giocavano tanto, animando pupazzi di neve e facendosi cadere l'un l'altro sul ghiaccio.

Ma Jack non era del tutto felice.

Per quanto Elsa gli scaldasse il cuore e lo facesse sentire felice,lui pensava ancora tantissimo a Rapunzel.

Per quanto si sforzasse non riusciva sul serio a togliersela dalla testa.

I suoi occhi verde smeraldo erano sempre con lui, così come il suo sorriso e i suoi capelli dorati.

Non sapeva davvero che fare, e non voleva che Elsa vivesse nel timore di essere davvero un rimpiazzo.

Ma non era così, lei lo faceva sentire felice con un suo sguardo, e un suo bacio lo faceva sentire normale.

Già, perché Elsa gli dava sempre questa sensazione. .

Lui era uno spirito dell’inverno, un essere immortale, insomma l’ultima persona che si potrebbe dire “normale”. E invece Elsa con un solo sguardo lo faceva sentire di nuovo umano, di nuovo vivo.

Ma non avrebbe mai smesso di pensare alle sensazioni che Rapunzel gli faceva provare, e anche al dolore che gli provocava non averla accanto.

Anche se, quando era con Elsa tutto spariva, ogni incertezza, ogni dubbio, diventava soltanto polvere, soltanto un ricordo.

L’amava, ma non gliel'avrebbe mai detto, perché se l’avesse fatto, avrebbe in un certo senso tradito i suoi sentimenti per Rapunzel.


Ogni giorno passeggiavano a lungo mano nella mano nei giardini reali.

Gli piaceva tanto farlo, solo passeggiare, come la prima volta consapevoli del fatto che senza parole puoi ascoltare meglio il cuore.

A volte passavano accanto a un giardiniere che pensava che la regina fosse impazzita a dare la mano all’aria.

Ma nessuno dei due ci faceva caso, anzi, ci ridevano anche sopra!


Un giorno il cielo si ricoprì di nuvole nere, così tutta la servitù e la famiglia reale, si preparò a un forte acquazzone rintanandosi nel palazzo.

Ma non Elsa, lei non avrebbe potuto rinunciare per nulla al mondo al suo momento con Jack, e così andò all’appuntamento come al solito.

Per un po’ non successe nulla, ma ad un tratto goccia dopo goccia, cominciò a piovere con tanta forza che gli alberi più piccoli cominciarono già a sradicarsi.

Elsa e Jack corsero a ripararsi nel castello, ridendo della loro stupidità al rimanere fuori.

Arrivati in camera chiusero la porta e si guardarono: erano bagnati da capo a piedi, e sgocciolavano dappertutto.


“La prossima volta do ascolto a mia sorella!” commentò la regina prendendo un telo e asciugandosi i capelli.

“Ma non ti sei divertita a correre sotto la pioggia Fiocco di Neve?” sorrise Jack.

“Parli bene tu, non rischi una polmonite!” ribattè la regina.

“E poi come fai a trovare sempre il lato positivo delle cose?”

“Se non lo trovo io che sono lo spirito del divertimento…”

“Vero anche questo!”

Si guardarono per un po’ sorridendo.

“Oh… Ehm… Ti devi cambiare?” chiese Jack abbassando la testa.

“Cosa…? Oh! Si, è vero.”

“Allora vuoi che vada?”

“Sarebbe meglio…”

“Bene”

“Bene”

Jack si avvicinò a Elsa e la baciò come l’ultima volta.

Non riusciva mai a capire come facessero i baci di Elsa a accendergli quel gran fuoco dentro, come solo il tocco delle sue labbra lo inducesse a volere di più. Non riusciva a staccarsene, doveva toccare quei fianchi perfetti, sentire le braccia di lei intorno al collo, e strofinare il suo freddo naso sul suo.

Continuava a baciarla, per sentire quella sensazione meravigliosa, che non aveva mai provato.

Alla fine i polmoni di lei cedettero e si staccò per cercare aria.

“Fammi indovinare” scherzò lei ansimante “ora te ne andrai per non finire col fare azioni avventate, ho ragione?”

Jack non rispose.

Non sapeva cosa dire del resto. Ricominciò solo a baciarla, passando dalle labbra allo zigomo e poi al collo.

“Tu che vuoi che faccia Fiocco di neve?” le sussurò all’orecchio prima di ricominciare a baciarla.

Poi la prese in braccio e l’adagiò delicatamente sul letto.

Smise di baciarla per un secondo rimirando quegli stupendi occhi di ghiaccio guardarlo aspettando.

“Resta” furono le ultime parole della ragazza prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi totalmente al piacere che Jack le procurava.



Jack si svegliò nel cuore della notte, la luna si ergeva alta in cielo.

Lo spirito guardò accanto a se Elsa che dormiva.

L’aveva già vista dormire, ma non era stata la stessa cosa.

Adesso Elsa aveva il sorriso stampato sulle labbra, e i suoi lunghi capelli sciolti con la sua pelle pallida esposta ai raggi di luna la facevano sembrare un angelo.

Jack sorrise e piano si alzò andando alla finestra.

Guardò la luna piena e bianca come il latte.

Sembrava sorridergli.

Jack sorrise a sua volta.

Non aveva mai capito cosa spingesse la luna a dargli tutte quelle nuove opportunità, tutte quelle nuove occasioni di essere felice.

L’aveva riportato in vita perché si era sacrificato per sua sorella, ma non aveva mai capito perché aveva permesso a Elsa e a Rapunzel di vederlo.

Ma sorrise alla luna.

“Grazie” le disse.

Ormai era come se la luna lo ascoltasse ogni notte, e gli rispondesse, anche se con un modo muto.

Jack guardò un ultima volta Elsa.

Non seppe mai perché fece quel gesto, solo che lo fece.

Si rivestì, raccolse il suo bastone, scrisse un biglietto a Elsa e la baciò sulla fronte per poi volare via.


Arrivato sul lago Morto provò a guardare il suo riflesso attraverso l’acqua e come al solito non vide nulla.

Ma non ci fece molto caso, perché stava pensando ad altro.

Quella era stata la notte, forse, più bella della sua vita, e non poteva fare a meno di pensarci ogni momento.

Quando chiudeva gli occhi, rivedeva quei capelli platinati, quel sorriso solo per lui, e quegli stupendi occhi azzurri.

Ricordava come la stringeva a se e come la baciava teneramente, e non poteva fare a meno di sentire un crampo allo stomaco di felicità.

L’amava ogni giorno di più, e di questo non poteva non accorgersene.

Aveva amato Rapunzel come non avrebbe più amato nessuno nella vita, ma ora c’era Elsa nella sua vita, ed era il momento di rendersene conto.

Così, creò un piccolo ciondolo di ghiaccio, con il pendente fatto a fiocco di neve.

Lo mise nella tasca della sua felpa e si addormentò.


Il mattino dopo i raggi del sole accarezzarono il viso di Jack svegliandolo.

Lo spirito si alzò in piedi e si mise in viaggio.

Al suo arrivo però Elsa non c’era, ma solo il letto vuoto e le lenzuola tirate via.

Da prima Jack credette che Elsa si fosse alzata prima del previsto, ma poi notò una cosa strana: il biglietto che le aveva lasciato era stato fatto in coriandoli.

Era sul pavimento, ormai era illeggibile, ma ce n’era un altro sopra.

Il ragazzo lo prese e lo aprì, non potendo credere a cosa c’era scritto:“Trovami, se puoi”.

Non era la scrittura di Elsa.

Non era il modo di fare di Elsa.

Non era stata Elsa a scrivere il biglietto.

Elsa era stata rapita.


Jack aveva perso di nuovo il suo lieto fine.

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Capitolo 11
*** La ladra ***


Elsa si risvegliò in una cella buia e umida, con un odore terribile, e anche qualche ratto desideroso di cibo.

Come era finita lì?

Il suo ultimo ricordo era un risveglio brusco e degli uomini che l’afferravano e le facevano perdere i sensi.

Si guardò le mani, erano di nuovo legate con due forti catene di acciaio, come l’anno prima.

Provò a congelarle, ma non ci riuscì.

Le avevano messo addosso un vestito fatto di stracci come quelli dei carcerati delle prigioni di Arendelle, e si vedevano bene i lividi che aveva sui bracci doloranti.

Aveva fame e sete.

Ma non era questa la sua priorità, perché i suoi pensieri indugiavano su Jack.

Dove poteva essere andato, e perché non l’aveva protetta?

Aveva molte domande, ma la rassicurava il fatto che era invisibile e immortale, e quindi non gli sarebbe potuto capitare nulla.

Si mise a sedere e appoggiò la testa contro il muro.

C’era una finestrella dalla quale entrava uno spicchio di luce.

Doveva essere pomeriggio.

Chiuse gl’occhi e ascoltò il mare sotto di lei schiantarsi contro gli scogli.


“Ascolti il mare Elsa? Bene, sarà una delle poche cose piacevoli che potrai fare qui”

Una voce emerse dall’oscurità. Era la voce di una ragazza

A Elsa sembrava familiare, ma non ci fece caso.

“Chi sei?” chiese alzandosi in piedi.

“Oh, lo vedrai…”

“Che ci faccio qui che vuoi da me?”

“Voglio ciò che non è tuo ma hai.”

“E questo che vorrebbe dire?”

“Non fare l’ingenua!”

“Senti, davi sapere che io ho i poteri del ghiaccio e…”

“...quando hai paura non li controlli e potresti fare del male a qualcuno, o se non altro scappare di qui, si si si! Ma vedi questo non mi spaventa affatto! Quelle catene sono fatte del materiale più forte che l’uomo abbia mai creato, e comunque qui siamo in mezzo a un mare caldo, che non puoi ghiacciare, né attraversare a nuoto. Sei in trappola!”

“Ma perché mi fai questo?!?!”

“Perché tu mi hai portato via l’unica cosa di inestimabile valore di cui mi importasse. E ora è tua! Non posso tollerarlo questo”

Elsa cominciava a essere davvero spaventata, e una lacrima cominciò a scorrerle lungo la guancia.

“Ti prego… Dimmi che cosa ti ho rubato! Te lo restituirò, ma tu lasciami andare!”

“Non è così semplice. Vedi, tu mi hai rubato una cosa che a parer mio non vuole stare con te, ma è costretto.”

A Elsa cominciava a venire un dubbio terribile.

“Cosa ti ho rubato, ti prego, dimmelo!”

“Non ci arrivi da sola. Riflettici. Ciò che non è tuo ma hai…”

Elsa scosse la testa. Non avrebbe mai ammesso che lui non era suo. Non l’aveva rubato a nessuno, e non avrebbe mai ammesso un crimine da lei non commesso.

“Io non ho rubato nulla!” disse con convinzione alzando gli occhi.

“Oh, invece l’hai fatto!” ribatté la figura.

“Dimmi chi sei!!” urlò Elsa avvicinandosi alle sbarre.

La figura uscì allora dall’ombra mostrando un corpo di donna mingherlino e alto.

Aveva due grandi occhi verdi e corti capelli biondi...

“RAPUNZEL!!!”

“Ciao cugina”


“Anna ora calmati!!”

“Come faccio a calmarmi Kristoff? Come faccio?!?!?!?!?!?!”

Anna strillava andando avanti e indietro per la camera da letto.

“Vedrai che starà bene!”

“Come fa a stare bene è scomparsa!!”

“Io rivoglio la zia Elsa!!!”

“Visto?!?!?! Ora anche Emma fa le storie!”

La principessa di Arendelle non si dava pace; sua sorella usciva molto spesso da sola tornando tardi, l’altra sera ha quasi rischiato una polmonite per farsi una passeggiata in giardino, la servitù dice sempre che la vede parlare da sola, e ora era anche scomparsa.

Anna non era abituata a questo genere di cose.

Non era abituata a prendere tutte le responsabilità sulle spalle.

“Anna, se ti agiti fai male al bambino!”

“Mamma io voglio una sorellina sana!!” si lamentò Emma.

“Le guardie sono già alla ricerca di Elsa e…”

“E se non trovano nulla?!?!?” lo interruppe la moglie.

“E se fosse stata fatta prigioniera dei banditi, o dal principe Hans o…”

“Amore! ORA BASTA!!!” urlò Kristoff.

Anna lo guardò smettendo di camminare.

“Vedrai che tutto andrà per il meglio ok? Troveremo Elsa e si sistemerà ogni cosa ok?”

Anna andò ad abbracciare il marito.

“E se chiedessimo aiuto a Jack?” propose ad un tratto Emma.

“Chi è Jack tesoro?” chiese Anna.

“Lui… è un amico di zia Elsa, si si.”

“Davvero? E com’è che io non ne sapevo nulla?”

“Beh, era un segreto!”

“Oh… Ma ora mi puoi dire Jack dov’è?”

“Non lo so…” ammise la piccola.

Anna assunse un aria un po’ delusa.

“Ma la zia Elsa quando lo voleva sussurrava al vento il suo nome!”

Kristoff e Anna si guardarono l’un l’altro con aria stupita.

“Come al vento?” chiese il padre alla piccola.

“Si babbo, così!”

Emma sgusciò via dalle braccia della madre e andò ad aprire la finestra.

Aspettò che ci fosse un po’ di vento e sussurrò al vento:“Jack Frost… per favore!”

Passarono alcuni minuti, e poi la figura di un ragazzo si presentò alla finestra.

“Pulce! Sei tu che mi hai chiamato?” si stupì Jack.

“Sì, sono stata io!”

“Emma, chi è quello?!?!” chiese Anna prendendo la bambina in braccio e allontanandola dalla finestra.

“Tu mi vedi?!?!?!” disse Jack chiedendosi che fine avesse fatto il “hai un bastone magico ma non ti può vedere nessuno”.

“Lui è Jack Frost mamma!”

“Aspetta, quel Jack Frost?!?!?”

“Ma di che state parlando voi due? Qui non c’è nessun uomo a parte me!”

Anna si girò verso Kristoff che guardava imbambolato la finestra vedendo solo il nulla.

“Ma certo che non c’è tesoro!” disse Anna.

“Ora, scusa ma vado a mettere a letto Emma!” trovò poi una scusa per uscire dalla stanza.

“Ma sono le 4:00 del pomeriggio!”

“Non importa, Emma è stanchissima vero tesoro?”

“Sì. Notte babbo!”

Anna fece un cenno col capo allo spirito, e quello la seguì fuori dalla stanza.


Entrarono nella camera da letto di Emma.

Jack guardò Anna nell'attesa che lai parlasse.

Invece successe una cosa bizzarra: Anna si avvicinò a lui con un enorme sorriso sul volto e gli cominciò a stringergli la mano.

O meglio, a stritorargli la mano.

“Insomma, tu sei Jack Frost vero? Oh, è un vero piacere conoscerti, eri il mio idolo da bambina, sai? Mia madre a dodici anni mi ha detto che non esistevi, ma io lo sapevo che non era vero! Ho sempre creduto in te come in Babbo Natale, il coniglietto di Pasqua la Fata del Dentino…”

“Si si, va bene, e questo spiega perché puoi vedermi” la interruppe lo spirito “Ma ora potresti lasciarmi la mano? Sai, mi fai un po’ male.”

Anna lasciò andare la mano imbarazzata.

“Scusa. Tu e mia sorella state insieme allora?”

“Cosa?”

“COSA!?!?!?!”

Emma era diventata paonazza e sembrava quasi non reggersi in piedi.

“Mamma, la zia Elsa sta insieme a Jack Frost? Non voglio che la zia voglia più bene a lui!!!”

Emma scoppiò a piangere.

“Come fai a sopportarla tutto il santo giorno?” chiese lo spirito ad Anna.

“Un po’ di rispetto, è mia figlia. Ma state insieme si o no?”

Jack rispose con un piccolo gesto del capo seguito dagli strilli più forti di Emma.

“Oh mio Dio pulce smettila di piangere! Vuoi che arrivi tuo padre?!” la rimproverò lo spirito ottenendo il risultato sperato. Emma smise di piangere, ma continuò a guardare storto Jack.

“Jack, tu sai dov’è andata Elsa?” chiese Anna con uno sguardo di supplica.

“No” ammise il ragazzo “non l’ho più vista da ieri notte”

Anna si accasciò su una sedia prendendosi la testa tra le mani.

Jack notò come quella ragazza che esteriormente sembrava piena di vita dentro fosse fragile e inadatta a queste situazioni.

Scosse la testa per risvegliarsi dai suoi pensieri.

“Avete trovato qualcosa di interessante nella camera di Elsa?” chiese Jack.

“No, solo segni di lotta quasi irriconoscibili, vuol dire che l’hanno stordita quasi subito, o che erano in tanti e che hanno avuto la meglio velocemente, e un biglietto”

“Si, Trovami, se puoi. L’ho letto anche io.”

“La cosa strana, è che mi sembra di averla già vista quella calligrafia. Sembra, non so… Familiare?”

“Che vuoi dire con questo?”

“In famiglia, (e intendo zii, sorelle, cugini) tutti hanno avuto lo stesso insegnante privato, questo comporta che ci ha insegnato a scrivere in un certo modo a tutti. Quindi in famiglia hanno tutti la stessa calligrafia, più o meno.”

“Ok, quindi tu credi che sia uno della famiglia in base alla calligrafia con cui sono state scritte tre parole?”

“Almeno io ho una teoria”

“Ok ok. Hai un’idea di chi potrebbe avere un motivo in famiglia per odiarla?”

“Lei è la regina quindi da quando è nata è stata odiata dagli eredi al trono i miei zii.”

“Non credo, perché se no l’avrebbero uccisa alla nascita, e non dopo che anche tu hai fatto una figlia”

“Vero. Ma forse mi sbaglio, non è la calligrafia che credo io”

“Posso vedere il biglietto?”

“Si, certo”

Anna uscì dalla stanza.

“Il biglietto odora di zia Rapunzel.”

Era stata Emma a parlare.

Jack si girò di scatto verso la piccola che si comportava come se non avesse detto nulla.

“Che cosa hai detto?”

“Io sono brava a riconoscere gli odori. La zia Rapunzel, tutte le mattine si metteva un profumo alla violetta. E quel biglietto profuma come lei”

Jack era sconcertato.

Sapeva benissimo che Rapunzel si metteva sempre quel profumo, e lui stesso glielo portava quando lo finiva e sua madre non voleva comprarlo.

Si mise a ragionare.

La calligrafia di famiglia. Rapunzel aveva imparato a scrivere quando era diventata principessa.

Il profumo. Lei lo usava per tutto, anche per le lettere.

Un buon motivo. Se avesse scoperto che lui e Elsa erano più che amici non l’avrebbe mai accettato, del resto non l’ultima volta che l’aveva vista non era stato piacevole per nessuno dei due.

NO!! Non era possibile. Rapunzel era la persona più buona che avesse mai messo piede sulla terra, e non era possibile che facesse qualcosa di male alle persone che la circondavano.

E poi lei ormai era sposata, e non pensava più a lui, giusto?

Non poteva pensarci, non poteva essere stata lei!

O forse...

“Ho trovato la lettera!”

Jack riemerse dai suoi pensieri.

“Jack tutto bene?”

“Anna…” disse Jack ignorando la domanda “Verresti con me a Corona? Dobbiamo recuperare tua sorella”

Anna non rispose. Sfrecciò solo verso la porta per prepararsi.


Dopo neanche un quarto d’ora la carrozza era già pronta e in viaggio verso Corona.


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Capitolo 12
*** Un eroe ***


Elsa non ne poteva più della prigionia.

La nutrivano a pane e acqua, le guardie erano due loschi figuri che la guardavano come un bambino guarderebbe un dolce, e in più sua cugina la picchiava sempre.

Non se lo sarebbe mai aspettato da lei.

Insomma, sapeva che c’era stato qualcosa tra lei e Jack, ma non pensava che fosse ancora così attaccata a questa storia.

Ma sopra tutto, quando guardava gli occhi di Rapunzel, non vedeva niente.

Non c’erano emozioni, ne rabbia, ne amore, ne gelosia, ne rimpianto.

Solo un enorme vuoto impossibile da colmare.

Elsa diventava sempre più debole e fragile.

Ogni giorno quando la lasciavano un po’ in pace ascoltava il vento che gonfiava le onde del mare e gli chiedeva invano di portare un messaggio a Jack.

Non perdeva mai la speranza che lui arrivasse, come da piccola non aveva mai perso la speranza di essere normale, e di apparire perfetta ai suoi genitori.

Sussurrava al vento ogni minuto il suo nome, finché sua cugina non la veniva di nuovo a prendere, e la portava nella stanza grande.

La stanza grande (come la chiamava Rapunzel) era una stanza con una grande teca di vetro, dove Elsa veniva rinchiusa.

Poi Rapunzel chiudeva tutti i condotti d’aria e lasciava lì Elsa finché la regina non cadeva a terra priva di sensi.

Allora venivano riaperti i condotti d’aria finché la ragazza non si svegliava e allora riempivano d’acqua la teca, fin quando Elsa non finiva l’aria per la seconda volta. Alla fine di questa mostruosa tortura la portavano nella sua cella, e lì riposava fino alla mattina seguente.


Elsa era sfinita, ma non poteva arrendersi. La felicità esisteva, e lei non avrebbe smesso di cercarla.


“Anna! Quale gradevole sorpresa, che ci fai qui?”

Ad accogliere l’ospite dal suo viaggio era venuto l’ormai re di corona Flynn Rider.

Anna aggrottò subito le sopra ciglia, non era da Rapunzel non accogliere gli ospiti, sopra tutto se erano di famiglia.

“Rapunzel?” chiese infatti.

“Lei… ehm…” Jack al fianco della principessa notò subito che Flynn non sapeva cosa rispondere. Come se cercasse una risposta semplice e credibile.

“... Lei è malata.”

Anna si finse addolorata.

“Oh, mi dispiace tanto, posso vederla?”

“NO! Voglio dire… No, deve riposare.”

“Certo.”

“Allora, cosa posso fare per te?”

“Io… Vedi, è molto doloroso per me parlarne, ma… Elsa è morta!”

Flynn si bloccò a quelle parole, e la sua fronte si inumidì di goccioline di sudore.

“Oh, mi dispiace molto. So che voi eravate molto unite.”

“Infatti, e ora lei non c’è più. Ed è stata anche assassinata! Non vorrei mai che capitasse a me”

“Già…”

“Ma stiamo facendo tutto il necessario per scoprire il colpevole, le nostre guardie hanno già una teoria.”

“Cosa?!”

Anna sorrise senza farsene accorgere. Flynn le stava cedendo, gli si leggeva in volto.

“E a cosa porta la teoria?”

“Ancora le guardie non ci hanno informato, ma pensano che sia uno di famiglia. Dicono che hanno trovato delle prove.”

“P-prove?”

“Si. Ti immagini come deve essere uccidere un tuo parente? Io non ce la farei mai! Voglio dire, il suo volto mi perseguiterebbe tutte le notti, non mi darei pace sapendo di averlo ucciso, e non ce la farei a vivere con la paura di essere scoperta.

Sarebbe un peso insostenibile che mi aggrava sul cuore” disse tutto questo con un aria davvero spettrale, e Jack si meravigliò della sua teatralità.

Poi Anna guardò Flynn dritto negli occhi e chiese:“Non sei d’accordo?”

“Non puoi capire quanto...”

“Come?”

“Ah… No, nulla. Si sono d’accordo. Potresti andare nella tua stanza da sola? Tanto conosci già la via vero?”

“Certo, non preoccuparti.”

Dette queste parole Flynn si dileguò come un ombra, e Anna andò nella sua stanza.

“NON CI POSSO CREDERE!!! SE QUEI DUE HANNO FATTO DEL MALE A ELSA SUBIRANNO TUTTA LA MIA IRA!!!”

“La tua ira adesso la stanno subendo le mie orecchie, per favore calmati e smettila di urlare!”

“Hai ragione, ma se sono stati da vero loro? Capisci quanto sia difficile per me?! Lei è mia cugina io mi fidavo di lei…”

“... e io l’amavo.” concluse Jack con gli occhi lucidi.

Anna si zittì subito.

“Mi dispiace…” disse dopo un po’.

“Non sai a me. Intendo, non mi dispiace di essermene innamorato, ma che lei abbia fatto del male alle persone che ama per me. Questo è ingiusto.”

“Molte cose sono ingiuste al mondo Jack. Guarda me! Sono rimasta chiusa per 14 anni della mia vita in un palazzo solo perché mia sorella aveva un potere che non controllava. Ti sembra giusto? No, non lo è. Ma io ho avuto parte di responsabilità in quella situazione. Vedi Jack, se ti arrendi alle situazioni, non cambierà mai niente. Se c’è una cosa che i libri mi hanno insegnato sugli eroi è che loro cercano sempre di cambiare una situazione disastrata. E che non si arrendono mai”

“Allora decisamente non sono un eroe”

“Ma puoi esserlo. Tutti possono. Credimi Jack, eroi non si nasce, si diventa.”


Jack alzò la testa, e guardò Anna. Quella ragazza aveva qualcosa che lo affascinava; la maggior parte del tempo era allegra, ma chi la conosceva bene, sapeva che non era quella la sua vera identità. In realtà era forte e fragile allo stesso tempo. Era una ragazza dai mille talenti. E forse era questo che faceva innamorare le persone di Anna: aveva sempre l’atteggiamento giusto quando qualcuno aveva veramente bisogno di lei.


“Allora diventiamo eroi: riportiamo Elsa a casa”




Quella mattina Elsa si svegliò con il solito giro di chiavi nella cella.

Ma quella volta quando alzò lo sguardo non trovò la solita guardia, ma Rapunzel.

“Cosa c’è cugina? Hai licenziato le guardie perché ti disturbavano quando mi guardi soffocare?”

“No cugina, oggi ti voglio raccontare una storia”


Elsa venne portata ancora una volta nella stanza grande, ma questa volta al posto della  teca c’era un tavolino con tanto cibo sopra.

“Siediti cugina” ordinò Rapunzel.

Elsa si sedette.

“Ora mangia”

Elsa educatamente si riempì il piatto e cominciò a mangiare.

“Mi avevi promesso una storia” disse ad un tratto posando le posate.

“Vero. Allora…

C’era una volta una ragazza. La poverina era rimasta segregata in una torre per tutta la sua vita per colpa del potere che emanavano i suoi capelli.

Era una strega che la teneva lì, salendo e scendendo dall’altissima torre usando i capelli della ragazza che avendo proprietà magiche crescevano a dismisura, tanto che a 12 anni erano già arrivati a 64 piedi. Spacciandosi per sua madre la strega sfruttava la povera fanciulla mantenendo la giovinezza attraverso i capelli della giovine.

Ma la ragazza aveva sempre visto delle strane luci nel cielo il giorno del suo compleanno, lanciate da tutto il regno di Corona, dato che lei non era solo una bambina speciale. Era una principessa!

La ragazza desiderava intensamente vedere che cosa fossero quelle grandi luci che sembravano brillare per lei.

Un giorno con una scusa allontanò la strega dalla torre, e il giorno del suo quindicesimo compleanno si calò con i suoi lunghi capelli giù dalla torre e si avviò verso il bosco.

Ma la ragazza non aveva considerato che non conosceva effettivamente la strada per andare nel regno e vedere le luci, e così si perse nel bosco.

Arrivò alla fine sulle sponde di un lago, e essendo molto stanca si fermò a riposare.

Tutto ad un tratto però, il lago cominciò a ghiacciarsi benché fosse estate.

Allora la ragazza alzò lo sguardo e vide un ragazzo.

Era bellissimo.

Certo, lei non aveva mai visto un ragazzo in vita sua, ma tutto di lui la rapiva; i suoi occhi azzurri, la sua pelle diafana, il modo in cui si muoveva simile ad un fiocco di neve sbattuto al vento.

Fu lei la prima a parlare, e il ragazzo fu sorpreso di ciò.

Perché?

Perché quello non era un semplice ragazzo, quello era lo spirito dell’inverno. E lei era l’unica che lo potesse vedere; come se fosse un segno del destino.

Lui la riportò alla sua torre, dato che ormai era troppo tardi per le luci.

Da allora i due cominciarono a passare un sacco di tempo insieme, e come è tradizione in ogni favola si innamorarono.

O meglio, lei si innamorò di lui.

Non faceva altro che pensare a quei suoi stupendi occhi blu cielo, a cosa non facesse per farla ridere, per farla stare bene, fino a che, il suo diciassettesimo compleanno lui le promise che l’avrebbe portata a vere le luci.

Lei era euforica, perché il suo grande sogno si stava avverando, e lo avrebbe realizzato con la persona di cui più le importava.

Lungo la via si trovarono in una radura deserta, e lo spirito, colse l’occasione, per giocare un po’.

Si divertirono tanto, fino a quando la ragazza, non poté più sopportare di stare lontana da quelle labbra perfette, e vi si avvicinò fino a sfiorarle.

Ma in quel momento il cuore della ragazza fu spezzato in tanti minuscoli pezzi, perché lo spirito si allontanò da lei volando via.

La ragazza tornò alla torre piangendo.

Si sentiva un grande baratro sotto i piedi, e si sentiva risucchiare mentre cercava di rimanere su.

Piangeva sempre, non mangiava e non dormiva.

Piangeva e basta.

Cosa mai si poteva mai fare?

Lui non l’amava, mentre il suo amore era tanto grande, che  ogni giorno si metteva alla finestra della sua torre guardando il cielo e aspettando che lui comparisse, ma non succedeva mai.

E così giorno dopo giorno lei appassiva e si spegneva.

Ma la cosa che le sembrava più innaturale, era che sentiva il ragazzo sempre accanto a lei.

Loro erano connessi da un legame così profondo che lei poteva avvertine la presenza da chilometri di distanza.

Allora un giorno capì.

Lui era sempre lì con lei.

E non in senso spirituale, in senso letterale.

La giovane si convinse che lui la spiasse sempre, e che il suo non fosse stato un rifiuto, ma una costrizione.

Il motivo non gli interessava. Sapeva solo che lui era sempre lì.

E fu in quel momento che ricominciò a vivere.

E per il suo diciottesimo compleanno un tale bussò alla sua porta (si fa per dire, in realtà fece irruzione nella sua torre), e lei lo costrinse a portarla a vedere le luci.

Non voleva più soltanto vederle per capire che cos’erano, ma voleva andarci affinché lo spirito si ricordasse del loro sogno e venisse allo scoperto da lei.

Ma non successe.

Invece l’uomo che la portò alle luci si innamorò di lei, e fu lui alla fine a liberarla dalla strega e ricondurla al suo regno.

Ma la ragazza amava quel tale?

Lo amava.

Ma amava di gran lunga di più la persona che le aveva tolto e poi ridato la voglia di vivere.

Cosa poteva fare?

Quando lui le chiese di sposarlo, lei cosa fece?

Fece la cosa che le sembrò più giusta: accettò.

Ancora nutriva la speranza che il suo amato arrivasse e fermasse il matrimonio, anche se questo non successe, e la ragazza ricominciò a soffrire sempre di più.

Poteva esserci fine a quello che il baratro poteva fare?

No!

Infatti quella sera lei vide di nuovo il suo amato, al ricevimento, e ebbe la risposta a tutte le sue teorie: lui le stava sempre vicino.

Ma lui non venne da lei, non la prese tra le sue braccia come prima, ma si innamorò si un’altra.

Una ragazza se vogliamo, molto più bella, molto più regale e molto più intrigante di lei.

Ma non per questo si doveva sentire in diritto di portare via alla ragazza quello che amava di più!!

In quei giorni la giovane seguì la coppia, odiando sempre di più la ragazza, tanto che una volta si lasciò anche sfuggire qualche parola, mentre i due passeggiavano nei suoi giardini. E dire che era persino sua cugina!

Non sapeva davvero cosa fare, se andare avanti, o dar sfogo alla sua ira.

Naturalmente scelse la seconda, la più giusta.

Così fece rapire sua cugina, portandola in un’isola in mezzo al mare, ma lasciando vari indizi su come trovarla.

Perché?

Perché vuole portare lo spirito dell’inverno all’isola, costringerlo a guardarla negli occhi e a dirle che non l’ama. Che lui vuole l’altra e che è andato avanti con la sua vita.


Voglio vedere Jack dire che non si è pentito di essersi innamorato di te
.”
Chiedo mille volte scusa, ma questo era il capitolo che sarebbe dovuto uscire ieri (o ieri l'altro non ricordo), e visto che ho già scritto la storia da un'altra parte ho invertito i capitoli.
Lo so, potete anche spararmi!
Dopo avervi chiesto ancora scusa, mi dileguo silenziosamente, sperando che nonostante la mia pollaggine continuiate a seguire la mia storia (anche perché dopo questo manca solo l'epilogo!) Ciao ciao!


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Capitolo 13
*** La scelta ***


Jack e Anna si erano messi a spiare Flynn di recente, appostandosi dietro le porte, e facendo altre “gran fesserie” come le definiva Jack.

Certe notti, Flynn si chiudeva in camera sua e parlava con qualcuno, anche se i due amici non riuscivano a capire chi, e quindi ipotizzavano essere Rapunzel.


“Basta Anna! Non si può andare avanti così!”

“Devi essere paziente!”

“Paziente? Una settimana Anna, è passata una settimana! E ancora nulla!”

“Ok, ma sappiamo che Flynn e Rapunzel ci sono dentro fino al collo, cioè, non è una buona notizia, cioè è una pessima notizia, ma si sistemerà tutto!”

“Perché non facciamo irruzione nella camera di Flynn quando lui si chiude dentro?”

“Ci avevo pensato anche io, ma io non sono in grado di affrontarlo!”

“Io si però!”

“Jack, sei invisibile e inconsistente, non puoi nemmeno tirargli i capelli!”

“Si, ma posso congelarlo!”

“Non voglio farlo morire! E poi da morto non servirebbe a nulla!”

“Ok, allora perché non gli congelo tutto meno che la faccia?”

“Perché noi siamo i buoni Jack! Non facciamo queste cose!”

“Ci siamo comportati da buoni in questi giorni e cosa abbiamo concluso? Nulla!”

“Jack, basta! Ti stai comportando da persona irrazionale!”

“E vediamo quale sarebbe il piane della rossa tanto razionale che ho di fronte?”

Anna ci pensò un po’ su.

“Ok, faremo irruzione come vuoi tu...”

“Fantastico!”

“...Ma a modo mio!”

“E quale sarebbe il tuo modo?”

“Non lo so ancora! Lo inventerò sul momento credo!”

Jack sbuffò “Bene, accetto!”

“Allora andiamo!”


Come ogni sera Flynn si era rintanato nella sua camera a parlare.

Anna e Jack si appostarono dietro la porta ad origliare:

“Sono sempre più sicuro che ci abbiano scoperti…”

“10...”

“No! Non detto proprio niente!”

“9...”

“Si, te lo giuro!”

“8...”

“Ma Anna mi aveva detto che era morta, perché mentire?”

“7...”

“NO! Nel modo più assoluto mi rifiuto di farle del male!”

“6...”

“Si, certo che ti amo, ma credo che questa storia sia andata troppo oltre!”

“5...”

“Ma…”

“4...”

“Ok, lo farò. Tu però promettimi che quest’incubo finirà presto!”

“3...”

“Bene…”

“2…”

“Lo farò...”

“1…”

“A dopo…”


“ADESSO!!!”

Anna entrò come una furia nella stanza puntando un coltello alla gola di Flynn.

“Che cosa succede qui?!?” urlò il re di Corona.

“E tu con chi stavi parlando?” disse Anna notando che in giro non c’era nessuno.

“Con nessuno!”

“Non credere di farmi fessa, ho sentito tutto, e personalmente trovo orribile che tu voglia uccidermi!”

“Io non voglio ucciderti Anna! Metti giù il coltello ti prego!”

“NO! IO VOGLIO SAPERE DOVE TU E RAPUNZEL TENETE MIA SORELLA, COSA LE AVETE FATTO E PERCHÉ! No aspetta, il perché me lo posso immaginare, MA TUTTO IL RESTO LO DEVI CONFESSARE!!!!!!”

Flynn era impaurito, tremava e sudava tremendamente.

“Non parlerò” disse spaventato.

“Ok, ora ti voglio dire una cosa! Sai com’è vivere tutta la vita in un castello isolata dal mondo e con la persona a cui vuoi più bene che non esce mai dalla sua stanza e ti ignora completamente per un motivo che tu neanche sai? Lo sai come ci si sente a vedersi un giorno sparire tutto quello che hai di più caro e non sapere neanche perché?!? O passare le intere giornate a chiedersi cosa hai fatto di sbagliato, o se ci sia qualcosa che non va in te?

E poi scoprire che tua sorella ti ha sempre amato, tornare a ridere con lei, sentirsi di nuovo amata, solo per vederla sparire contro la volontà di entrambe una seconda volta?!?!” le lacrime avevano cominciato a sgorgare dagli occhi della ragazza.

“Ti prego, io voglio essere felice, voglio mia sorella! Per favore!”

E con grande sorpresa di Jack e Anna anche Flynn si mise a piangere. Era un pianto strano, come se avesse voluto piangere da giorni ma si fosse sempre trattenuto.

“Mi dispiace Anna, mi dispiace da vero! Non volevo questo, non volevo niente di tutto questo.”

Il poverino si accasciò a terra.

Anna si sedette d'avanti a lui.

“Flynn, ti prego. Non ho mai avuto mia sorella. Ti scongiuro.”

“Ok… É successo tutto un giorno, Rapunzel non stava quasi più nel castello, era sempre fuori in viaggio, e io non la vedevo quasi mai. Un giorno le chiesi il perché e lei mi disse tutta la verità, di un certo Jack che le aveva spezzato il cuore, ma mai abbandonata, e che mi amava, ma…”

In quel momento non ce la fece più a parlare, perché la sua voce fu rotta dal pianto.

Jack anche piangeva, e Anna pure.

Ognuno di loro aveva un motivo diverso, ma il dolore era paragonabile.

Flynn piangeva perché si sentiva tradito.

Jack piangeva perché non sapeva che fare, e il sentirsi impotente non gli piaceva.

Anna piangeva perché la felicità gli era stata strappata ancora una volta.

Flynn fu il primo a smettere di piangere.

“L’ha portata in un isola. Comunicavamo da lì attraverso lo specchio magico rubato a una vecchia strega” disse respirando forte.

“Un’isola in mezzo al mare tra la Norvegia e la Danimarca, era una vecchia prigione per i cattivi più spietati”

“Grazie, ma come ci arriviamo?”

“Non lo farete! Ci andrò io da solo!”

“Cosa? No Jack no! É mia sorella!”

“Ma Rapunzel vuole me! Sono io che devo farlo. Riabbraccerai tua sorella, lo prometto!”

E prima che la rossa potesse dire alcunché Jack volò via.


Dopo ore di ricerca Jack trovò l’isola di cui parlava Flynn e vi si avvicinò.

C’erano due guardie all’entrata, ma lui non ci fece nemmeno caso.

Entrato dentro cominciò a cercare in tutte le celle.

Ma più andava avanti più aveva paura.

Non paura di non trovare Elsa, ma sopra ogni altra cosa, di cosa avrebbe fatto se avesse incontrato Rapunzel.

Come avrebbe reagito?

Insomma, lei aveva imprigionato una ragazza innocente per giorni, e non una ragazza qualunque, sua cugina!

Era cambiata, ed era tutta colpa sua.

Jack aveva paura, paura di non saper resistere alle forti sensazioni che lei gli dava.


Finalmente arrivò alla cella giusta.

Elsa era lì dentro, seduta a terra con la testa appoggiata alla parete e gli occhi chiusi.

Sembrava quasi addormentata, ma parlava; sussurrava al vento il nome dello spirito.

Jack non perse un secondo, congelò la serratura sfondando la porta con un calcio.

Elsa aprì a fatica gli occhi.

Quando vide Jack il cuore le fece un gran balzo.

Non riusciva a credere che fosse lì da vero.

“Elsa! Elsa dai andiamo, sono io Jack!” il ragazzo prese in braccio Elsa che si avvinghiò al suo collo come una bimba fa con il padre.

“Jack… Sapevo che mi avresti sentita!”

“Ok, però ora usciamo di qua!”

Lo spirito si voltò e uscì.

Ma non fece neanche due passi che una voce familiare lo colse alle spalle:

“Te ne vai così presto Jack?”

Il ragazzo si voltò piano.

“Non vuoi salutare una vecchia fiamma?”



Jack non riusciva a crederci.

Era paralizzato, e gli scivolò quasi Elsa dalle braccia.

Le gambe gli tremarono e cadde a terra.

Rapunzel approfittò di questa sua distrazione per prendere Elsa dalle sue braccia e portarla lontana da lui.

Questo fece riprendere Jack.

“Rapunzel ti prego! Lei non ha fatto nulla!”

“No, è vero… Ma tu si! Tu mi hai spezzato il cuore tanti anni or sono, e poi come se non bastasse mi sei stato sempre accanto!”

“Come lo…”

“Come lo so? Andiamo Jack, io e te abbiamo sempre avuto una connessione, ecco perché io ti posso vedere!”

“Quindi hai sempre saputo che io c’ero” disse Jack con un soffio.

“Si Jack, e io sono andata a vedere le lanterne, perché era il nostro sogno! Speravo che ti saresti fatto vivo!”

Jack abbassò la testa e cominciò a piangere.

“Ti ricordi quando piangevi perché nessun altro ti poteva vedere Jack?” sorrise Rapunzel.

Jack annuì.

“E ti ricordi di come io ti consolavo stringendoti in un forte abbraccio che donava più gioia a me che a te?”

Jack annuì di nuovo.

“E non ti mancano tutte le risate che facevamo insieme? Tutte le cosa che dicevamo insieme? Il modo in cui tu congelavi tutto?”

“Si…”

“Ma possiamo riaverli con noi! Devi solo pentirti di esserti innamorato di lei!” disse puntando il dito contro la povera ragazza tremante a terra.


Jack sprofondò in un baratro di malinconia e solitudine.

Tutto intorno a lui diventò nero e silenzioso.

Come poteva scegliere?

Non poteva.

Non voleva!

Rapunzel era stata la prima volta in cui si è sentito parte di qualcosa, mentre Elsa l’aveva fatto sentire normale.

Amava entrambe, era sempre stato così, e questa era una realtà che non si poteva modificare.

In quel momento, pensò a tutto quello che aveva passato con Rapunzel e con Elsa.

Le risate, i baci, le emozioni positive e negative.

Non riusciva a vedere la minima differenza tra l’affetto che provava per una o per l’altra.

Ricordò quella volta al lago con Rapunzel e di come si fosse sentito euforico nel sapere che lei lo vedeva, e della sensazione di calore che gli aveva dato incontrare gli occhi di Elsa sul balcone.

Scorreva ogni ricordo tentando di trovare il dettaglio che faceva la differenza.


Calde lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, impossibili da trattenere, perché ora che la fine era vicina i ricordi erano come coltelli conficcati nel cuore, come una cicatrice per anni chiusa ma adesso riaperta, come qualcosa che sei costretto a fare ma che fa male.


“Jack…”

La voce di Elsa lo fece riemergere dai suoi pensieri, e alzò la testa.

Era così fragile, come una bimba appena nata, o come una bambola di porcellana, che con un solo tocco si rompe.

I suoi grandi occhi azzurri lo guardavano supplicanti non di salvarla, ma di sceglierla.

Aveva bisogno dell’amore di Jack più del cuore che le batteva nel petto, e se non l’avesse ottenuto si sarebbe spezzata.

Poi lo sguardo di Jack si spostò verso Rapunzel.

Anche lei aveva lo stesso guardo di supplica di Elsa, ma lei non dipendeva completamente dalla decisione che Jack avrebbe preso.

Non era stanca, sciupata e piccola, ma il suo amore per lui le aveva dato la forza di muoversi contro un suo familiare.

Lei cercava di fargli vedere che il suo amore lo meritava più di chiunque altro, e l’aveva sempre fatto.

Rapunzel aveva sempre fatto di tutto per ricongiungersi a Jack, persino ricattare una persona, e poi sposarla.

Lei meritava il suo amore.

Jack fece un ultimo sforzo ripercorrendo per l’ultima volta i ricordi, finché non si soffermò su uno in particolare.

Aveva preso la sua scelta.

Si alzò a fatica.

Guardò prima Rapunzel poi Elsa poi di nuovo Rapunzel.

In fine guardò la regina di Arendelle e con le lacrime agli occhi le disse:

“Mi dispiace Elsa. Lei merita il mio amore”

Elsa non disse niente.

Non si mosse.

Non pianse.

Non urlò.

Continuò solo a tenere lo sguardo fisso su Jack, come se sperasse in una sua frase che ribaltasse la situazione.

“Jack!”

Rapunzel era saltata al collo di Jack e piangeva di gioia.

“Jack, ti ho ritrovato, ti ho ritrovato finalmente! Sapevo che non mi avresti abbandonato di nuovo!”

Jack affondò il viso nei capelli di Rapunzel.

Odoravano di cannella, era sempre stato così.

Fin da quando l’aveva conosciuta la prima cosa che aveva notato erano stati i capelli.

Setosi, lunghi e morbidi.

Jack ci avrebbe giocato per ore.

Ci affondò una mano dentro accarezzandoli e cullando dolcemente la sua proprietaria.

“Ti amo Jack”

Le lacrime uscivano ormai a fiumi dagli occhi di entrambi.

“Ti amo Rapunzel. E lasciarti è stata la decisione più sbagliata della mia vita”

Jack sapeva cosa doveva fare e aprì gli occhi guardando Elsa e aumentando la pressione sul bastone da lui mai abbandonato.

Prese un lungo respiro.

“Come la più giusta è stata andare avanti”

Lo spirito si divise da quell’abbraccio e fissò Rapunzel in quei suoi grandi occhi verdi.

“Jack…”

“Perdonami”

Con un rapido gesto del braccio il bastone venne a contatto con la pelle di Rapunzel ghiacciandola.

Rapunzel non sentì più niente, solo dolore e freddo, tanto freddo.

Si stava trasformando in una statua di ghiaccio.

Indietreggiò e cadde in ginocchio.

Jack la guardava ancora piangendo.

“Perché…” riuscì solo a dire.

“Perché non ho sentito niente quando ti ho rivista quella volta al tuo palazzo.

Solo dolore per aver ferito una persona a cui ho voluto bene. Per aver ferito uno splendido, bellissimo ricordo”

Rapunzel non disse nulla, si limitò a guardare Jack.

Il ragazzo tenne gli occhi fissi su di lei finché il ghiaccio non le inondò il viso ghiacciando persino le lacrime.

Una statua permanente.

Jack non ce la faceva più a guardarla.

Non ce la faceva più a sopportare il dolore di averla uccisa.

Così guardò Elsa, che ancora non gli aveva tolto gli occhi di dosso.

Jack le si avvicinò, e senza dire una parola la baciò sollevandola da terra.

Quel bacio fu qualcosa di… Naturale.

Non fu unico, ne incredibile.

Solo pieno di amore, fiducia e speranza.

In quel momento un piccolo raggio di luna filtrò dalla finestra della cella andando a scontrarsi con la pallida pelle di Elsa.

Jack guardò la luna.

Era bellissima.

Grande, luminosa e splendente.

Proprio come Elsa.


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Capitolo 14
*** Epilogo ***


14 - Epilogo


Erano passati 50 anni da quel giorno.

Dal giorno in cui due anime si erano unite sotto la luna.

E come ogni anno Jack andava alla montagna del Nord a vedere la sua amata.

Era sempre lì, una statua di ghiaccio con le sembianze di una donna con un vestito regale, una treccia appoggiata sulla spalla destra e gli occhi chiusi, come se dormisse.

Jack la guardava per ore e ore, e ricordava di quando la malattia di Elsa era diventata terminale, e lei gli aveva chiesto di trasformarla in una statua e di portarla al castello che aveva costruito tempo prima.

E lui aveva obbedito.

E ogni anno, il giorno in cui Elsa era morta, lui veniva lì e le portava una rosa di ghiaccio guardandola.

“Papà!”

Una voce proveniente dalla porta ancora una volta lo riscosse dai suoi pensieri.

“Come va?”

Jack alzò la testa guardando la sua ormai ventenne bambina.

“Bene Skyler bene”

“Sicuro?”

“Sono vicino alle due cose di cui mi importa di più al mondo. Come potrei non stare bene?”

Jack guardò sua figlia.

Anche lei aveva i poteri del ghiaccio, anche lei aveva capelli color latte e aveva lo stesso sorriso della madre.

Ma non era mai quello ad attirare un sorriso di Jack ogni volta che guardava la figlia.

Ogni volta che la guardava vedeva i suoi stupendi...



Occhi di ghiaccio


Addy6702


Ringrazio mio padre che mi è stato sempre accanto incoraggiandomi e correggendomi tutti gli orribili errori grammaticali, e il mio amico Tommaso che si è dimostrato aperto a leggere qualcosa da me scritta anche se non aveva la più pallida idea di cosa fosse, ed è stato proprio lui a convincermi a finire la fan fiction. Ringrazio inoltre la mia amica Heather Filcon e kokka1110  per aver recensito e tutti quelli che hanno messo la mia storia tra le seguite, da ricordate o preferite.

Grazie.

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