Nel vuoto

di Elly J
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Disclaimer: tutti i personaggi di Assassin’s Creed presenti in questa fan fiction non appartengono all’autrice, ma appartengono alla Ubisoft e a chi detiene i diritti sul videogioco. Questo racconto è stato scritto per puro divertimento personale e quindi non a scopo di lucro. Di conseguenza nessun copyright è stato violato.
Gli intrecci del racconto e il personaggio di Ginevra (più gli altri inventati non appartenenti all'universo di Assassin's Creed) sono stati invece ideati dall’autrice (Elly J) che quindi ne detiene il copyright, vietandone così la riproduzione altrove.
La riproduzione altrove e qualsiasi citazione è ammessa solo se l’autrice ne ha dato il consenso.

 
 
 
 
 
Ginevra era sempre più convinta che quella non fosse la sua strada.
Tutte le volte che si arrampicava fino alla vetta di Notre Dame (con notevole difficoltà) si rendeva conto ogni volta di più che quell’addestramento, quella vita, quelle armi che era costretta a portare e usare non erano per lei. L’aria fredda che tirava in cima alla cattedrale le scompigliava i capelli, disordinandole la coda di cavallo che si faceva ogni singola mattina prima dell’addestramento.
Appollaiata su uno dei gargoyle che si affacciava sulla piazza, con il vento che le procurava dei brividi lungo la schiena, guardò in basso ed ebbe un giramento di testa. Si sbilanciò in avanti e sarebbe di certo caduta sfracellandosi al suolo se il suo Maestro non l’avesse bloccata con un braccio.
- Ti ho detto che per le prime volte non devi guardare in basso, Geneviève. - la voce fredda e severa dell’uomo riuscì ad arrivare alle orecchie di Ginevra nonostante il fischio del vento.
- Sì, Maestro. - rispose lei. Era infastidita. Non sopportava venire ripresa su ogni cosa che faceva, soprattutto per il fatto che tutte le cose che faceva con la Confraternita non le piacevano. La Confraternita non le piaceva. E non le piaceva il modo con cui il suo Maestro si ostinasse a chiamarla Geneviève, una chiara francesizzazione del suo nome originale. Il suo nome era Ginevra, punto. Ma Arno sembrava non capirlo… mai la aveva chiamata con il suo nome vero, ma solo con quel stupido nomignolo che tanto suonava da nobile di corte.
Che odio.
La ragazza si girò verso Arno, verso quell’uomo che le era stato affiancato come suo Maestro, verso quell’uomo che, a sentire suo padre, aveva compiuto grandi prodezze per la Francia, per Parigi, ma soprattutto per la Confraternita degli Assassini. Ginevra sapeva poco niente di lui, con quel suo modo di fare misterioso, il volto sempre contratto in quell’espressione tenebrosa. Era certa di non averlo mai visto sorridere. Certo, non era da molto tempo che le era stato affiancato, ma comunque non aveva buone prospettive di vederlo sorridere in futuro.
Arno sembrò accorgersi degli occhi di Ginevra che lo osservavano, poiché si girò verso di lei. - Rimani concentrata, Geneviève.
- Sono concentrata. - la voce di Ginevra non uscì molto convinta.
- Tuo padre vuole vedere dei miglioramenti in te, ma se continui così non andrai lontano.
A Ginevra fecero molto male quelle parole. Arno gliele ripeteva spesso, ma ogni volta erano come una freccia che le veniva scoccata dritta nel cuore. Suo padre, Lionel Gauthier, altro esponente (particolarmente influente) della Confraternita degli Assassini francese, si aspettava il meglio da lei, la sua unica figlia. Era al corrente che Ginevra non apprezzava quel tipo di vita, ma confidava che con l’aiuto di Arno sarebbe finalmente riuscita a mettersi in carreggiata e seguire il Credo degli Assassini con dedizione. Ovviamente Ginevra non era della stessa opinione, ma stava ben attenta a non esternare troppo quello che pensava su tutta quella situazione. Lei voleva molto bene al padre e non avrebbe mai voluto deluderlo, ma era consapevole che non avrebbe potuto continuare così per tutta la vita.
- Non voglio deludere mio padre. - disse Ginevra, più a se stessa che ad Arno.
Arno tornò con lo sguardo verso la piazza sotto di loro. - Sono certo che non vuoi deludere Lionel, ma devi cercare di impegnarti. Io ti posso istruire fino ad un certo punto, poi sta a te.
- Lo so. - Ginevra si azzardò per una seconda volta a spostare la sguardo verso il basso, ma dovette subito rialzare gli occhi. Non riusciva ancora a capire dove ogni volta trovasse il coraggio per salire fin lassù.
- Non riuscirò mai ad abituarmi a questa altezza. - disse con un filo di voce.
- Devi riuscirci. - rispose Arno. Dopodiché, senza aggiungere nulla, si lanciò nel vuoto dal gargoyle dove era appollaiato. Ginevra avrebbe voluto seguirlo con lo sguardo, per vedere ogni suo singolo movimento, ogni sua singola azione che compiva per uscire vivo da quel salto assurdo, ma preferì non farlo. Lo sentì fischiare, circa un minuto e mezzo dopo, il segnale che indicava che era arrivato a terra e che ora, teoricamente, toccava a lei.
Ginevra scosse la testa e un sorriso stanco le si disegnò sulle labbra. - Come posso fare un salto del genere se lui mi ha espressamente detto che per le prime volte non devo guardare in basso?
Una folata di vento freddo la fece sbilanciare, tanto che dovette reggersi con entrambe le mani ad una guglia di roccia dietro di lei.
- Che cazzo di vita. - sussurrò con il viso rivolto verso il cielo tetro che prometteva pioggia abbondante.
E ora, come ogni santa volta, iniziava la scalata a ritroso verso il basso dove l’attendevano i ciottoli della piazza di Notre Dame. Il suolo era l’unica cosa che aspettava con pazienza che Ginevra scendesse dalla cattedrale, poiché quando finalmente toccava terra non c’era nessuno ad aspettarla.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Quando Ginevra finalmente tornò al quartier generale della Confraternita era ormai pomeriggio inoltrato. Ci aveva messo quasi due ore a scendere da Notre Dame e sapeva per certo che al suo ingresso alla base l’avrebbero tutti presa in giro… come ogni santa volta.
Sempre la stessa storia. Arno la massacrava tutto il giorno con l’addestramento e, per finire in bellezza, la portava in cima ad un palazzo (Notre Dame era la più gettonata) e la abbandonava in cima da sola, senza nemmeno aspettarla.
Quando Ginevra entrò nella grotta dove si trovava l’ingresso del quartier generale della Confraternita iniziò già a sentire l’ansia e il fastidio che si insinuavano all’interno del suo corpo. Anche per quella volta avrebbe dovuto mandar giù tutte le prese in giro, tutte le risatine che le sarebbero state rivolte dagli altri Iniziati. Non sapeva se sarebbe stata capace di sopportarli ancora per molto.
Quando la ragazza entrò, la pesante porta di ferro emise un cigolio fastidioso per poi richiudersi con un tonfo altrettanto irritante. Il corridoio davanti a lei era deserto. Il pregiato tappeto rosso che ornava il pavimento si allungava fino in fondo come una scia di sangue, fino a raggiungere l’ampio atrio dai cui lati partivano due eleganti rampe di scale che si incontravano in cima. Ginevra ne scelse una a caso e salì al piano superiore. Non fece nemmeno in tempo a salire l’ultimo gradino che si ritrovò davanti Renèe.
- Ehilà Gwen! Il grande Maestro ti ha abbandonata anche oggi in cima o Notre Dame? O questa volta ha optato per la Sainte Chapelle?
Ginevra guardò il ragazzo e abbozzò un mezzo sorriso. Renèe era uno dei pochi lì dentro che sapeva come farla sorridere. Non era come gli altri Iniziati, che la prendevano in giro con cattiveria. Lui era… diverso. Nonostante la punzecchiasse spesso, sentiva che lo faceva con l’intento di sdrammatizzare e di farla ridere. Era simpatico e le piaceva. Come amico, ovviamente.
- Notre Dame anche oggi, come ieri e l’altro ieri. - rispose Ginevra con un’alzata di spalle.
- Come la maggior parte delle volte! Ad Arno deve piacere un sacco quella cattedrale.
- Credo anche io. - Ginevra si guardò in giro con circospezione, poi rivolse il suo sguardo verso Renèe - Ha fatto qualche commento quando è tornato? Arno, intendo. - sussurrò a bassa voce.
- Nessuno. Ha attraversato il corridoio ed è salito di sopra. Il Consiglio sta tenendo una riunione di non so riguardo a cosa. - rispose il ragazzo con un cenno di disinteresse della mano - Sta tranquilla.
I due ragazzi si incamminarono verso la biblioteca.
- Se continuo così non so cosa mi succederà… Non riesco a cavare un ragno da un buco. - Ginevra, sguardo a terra, si sentiva male. Sentiva un peso che le gravava sul petto, ma non solo… lo sentiva sulla schiena, sulle gambe… e quel peso di chiamava consapevolezza, la consapevolezza che se non riusciva a diventare un’Assassina avrebbe deluso suo padre. E chissà quale fine avrebbe fatto.
- Ti ci vuole solo del tempo ragazza, sta tranquilla. E oltretutto secondo me non è tutta colpa tua… Cioè… - Renèe si bloccò un attimo, come per trovare le parole giuste. Quando riprese a parlare, la sua voce era quasi un sussurro - Voglio dire, non sei stata un granché fortunata a beccarti Dorian come Mentore.
Ginevra alzò le spalle - Mio padre continuava e continua a lodarlo. Dice che ha compiuto grandi cose in passato.
- Questo nessuno lo nega, Gwen. Il problema è che qui dentro è risaputo che non è il massimo dell’affabilità e simpatia… per non parlare dei suoi metodi di insegnamento. Nessun altro Maestro fa quello che fa lui.
- Quindi sono l’unica che viene abbandonata in cima a Notre Dame per poi scendere da sola?
Renèe rise e avvolse l’amica in un abbraccio - Mi duole dirtelo, ma sì. Non ho mai sentito nessun Iniziato che ha affermato di essere stato abbandonato dal suo Maestro in cima ad un cattedrale a neanche metà addestramento.
Anche Ginevra rise, questa volta abbastanza convinta - Che sfiga, eh?
Risero entrambi e Ginevra, con quel ampio sorriso dipinto in viso, sembrava quasi felice.
 
 
***
 
 
Arno odiava fare da Mentore agli Iniziati, lo odiava con tutto il cuore. Non faceva per lui. Lo trovava noioso e totalmente poco stimolante. Era consapevole che anche lui un tempo fu un Iniziato, ma nonostante questo proprio non riusciva ad accettare e soprattutto sopportare questa incombenza di indirizzare dei giovani alla Confraternita. C’era anche da dire che poche volte aveva assunto questo ruolo di Mentore (la maggior parte delle volte era riuscito a schivarsela), ma dopotutto non poteva evitarlo per sempre. A turno tutti i Maestri Assassini venivano mandati ad iniziare i più giovani e quell’anno toccò anche a lui.
Si stava giusto preparando ad andare quando entrò Baptiste nella stanza. Baptiste era uno dei più giovani Maestri Assassini appena saliti di grado ed era una grande promessa per la Confraternita: coraggioso, umile, volenteroso… l’Assassino perfetto. Forse un po’ troppo puntiglioso.
- Arno, stiamo iniziando. Mancano solo un paio di Iniziati e poi ci siamo. - disse il ragazzo con quella sua voce fanciullesca che lo faceva sembrare ancora più giovane di quello che era.
- Stavo giusto arrivando. - rispose Arno dirigendosi verso la porta.
Uscirono entrambi dalla stanza e camminarono fianco a fianco fino a che non raggiunsero la sala dove i Mentori avrebbero scelto i propri allievi.
- Come siamo messi quest’anno? - chiese Arno.
Baptiste scrollò le spalle - Sinceramente non mi sono soffermato troppo ad osservare gli Iniziati. La maggior parte hanno già qualche nozione sulla Confraternita dato che i loro genitori ne fanno parte, solo un paio sono proprio alle prime armi.
Arno fece un leggero cenno con il capo. Come le altre volte avrebbe scelto completamente a caso il proprio allievo. Molti altri Mentori invece li sceglievano con cura, prima facevano loro domande e alcuni addirittura li facevano armeggiare con qualche arma. Arno invece no, non aveva alcun interesse su chi avrebbe dovuto iniziare alla Confraternita. All’inizio quasi si vergognava ad ammettere che non li importava niente degli Iniziati, ma ora, con il passare degli anni, non aveva problemi ad esternarlo.
Varcarono la soglia della Sala degli Iniziati e, come da prassi si sedettero di fronte agli allievi, i quali dovevano stare in piedi di fronte ai Mentori e fare un passo avanti non appena il loro nome veniva chiamato. A quel punto, quando un Iniziato veniva interpellato, ogni Mentore poteva fargli qualsiasi tipo di domanda e successivamente sceglierlo come proprio allievo, oppure, come di solito faceva Arno, scegliere direttamente senza troppi sproloqui.
Gli Iniziati erano circa una decina e la maggior parte erano maschi. Secondo Arno oscillavano più o meno dai venti ai venticinque anni di età. Iniziò ad osservarli uno ad uno con poco interesse, come faceva ogni volta. Non cercava nemmeno di imprimersi nella mente i loro volti, tanto una volta terminato l’addestramento se li sarebbe dimenticati tutti poco tempo dopo, compreso quello del suo allievo.
Questa volta però qualcosa non andò come il solito.
Arno stava per perdere totalmente interesse verso gli Iniziati quando la vide, circa a metà fila. La prima cosa che vide furono i suoi capelli lunghi e mossi, ma soprattutto rossi come il fuoco vivo. Il viso minuto era contratto in un’espressione preoccupata, con il naso all’insù che la faceva sembrare una ragazzina di quattordici anni… che le ricordava tanto lei.
Julienne Moreau iniziò a leggere ad alta voce i nomi degli Iniziati, uno alla volta. Questi ultimi, non appena si sentivano chiamati, facevano un passo avanti e attendevano che qualcuno dei Mentori facesse loro domande oppure, cosa che solitamente preferivano, attendevano di essere scelti nell’immediato.
Qualche Mentore fece qualche domanda ad un paio di ragazzi, ma Arno non sentì nemmeno una parola. L’unica cosa che vedeva in quel momento era quella giovane donna dai capelli rossi che si tormentava l’orlo della casacca con impazienza e che si guardava attorno guizzando i grandi occhi azzurri qua e la. Doveva avere sui venticinque anni, ma ad Arno sembrava molto più giovane con quel viso delicato e minuto… sembrava lei, in tutto e per tutto. Forse era lei davvero? Era tornata da lui, per far si che avessero un’altra possibilità di vivere il loro amore?
- Ginevra Gauthier. - chiamò Julienne ad un certo punto.
La giovane donna che Arno stava fissando fece un passo avanti. Non smise di tormentarsi l’orlo della casacca, ma alzò gli occhi verso i Maestri Assassini che aveva davanti. Le guance iniziarono a diventarle leggermente rosse.
Arno non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Si sentiva come se avesse bevuto un bicchiere di troppo, la testa ovattata suggeriva quasi che stesse avendo una sorta di visione. Lo era? La ragazza davanti a lei era vera, ma era davvero lei? Ebbe quasi paura a questi pensieri, per un unico e semplice motivo… lei era ancora dentro di lui, nel suo cuore, nel suo corpo, nel suo respiro.
- La scelgo io. - la voce di Arno uscì quasi affannosa. Tutti si girarono a guardarlo e la giovane Ginevra alzò gli occhi su di lui, sorpresa. Probabilmente non si sarebbe mai aspettata di venire scelta così in fretta.
- Le farò io da Mentore. - continuò Arno, come se avesse paura che qualche altro Maestro Assassino la reclamasse.
- D’accordo, - disse Julienne Moreau scribacchiando qualcosa sul diario che teneva in mano - Ginevra Gauthier con Arno Victor Dorian. Potete uscire e recarvi nella sala accanto con gli altri.
La giovane Iniziata dai capelli rossi fece un paio di passi incerti verso Arno e lui le fece segno di seguirlo. Uscirono dalla stanza sotto lo sguardo di tutti, soprattutto sotto lo sguardo perplesso di Julienne Moreau.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Ginevra si svegliò di soprassalto, come se avesse avuto un incubo. Però non aveva sognato niente di niente. Non sapeva cosa l’ aveva svegliata, ma in quel momento si sentiva terribilmente malinconica. Si sedette sul letto, sistemandosi il cuscino dietro la schiena e rimanendo avvolta nella coperta.
Fuori, la pioggia colpiva Parigi senza pietà. Dei soffi gelidi di vento entravano dalla feritoia aperta della sua stanza; si era dimenticata di chiuderla. Non aveva nessuna voglia di alzarsi, così si avvolse di più nella coperta e rimase lì, a fissare il muro davanti a sé.
Quello che stava facendo, la strada che stava imboccando… lo sapeva, non era per lei. Fino a quel momento questo fatto le era parso accettabile. In fondo c’erano tante persone che conducevano una vita che non era la loro, che non li rispecchiava. Forse andando avanti con il tempo si sarebbe rassegnata e sarebbe finita per apprezzare quello che faceva.
Forse.
Certo, forse.
Ma probabilmente non sarebbe mai accaduto. Quello che la preoccupava di più era ciò che avrebbe affrontato quella stessa mattina. Difesa personale, armi, riuscire a sopravvivere ad un attacco dei Templari.
Uccidere.
Sì, perché ogni Assassino della Confraternita uccide, deve uccidere. Come potrebbe essere altrimenti? Ma Ginevra non era pronta per uccidere e non lo sarebbe mai stata. Forse avrebbe dovuto dirlo ad Arno? Magari le avrebbero permesso di scegliere un’altra strada, magari diventare uno stratega o qualcosa del genere… Avrebbe potuto pianificarle le uccisioni, ma non compierle. Ma alla fine, qual era la differenza? Non c’era. Sempre di uccidere si trattava, in modo indiretto o diretto. E forse, analizzandola bene, era quasi peggio pianificare un omicidio invece di compierlo.
Sì ristese sul letto, coprendosi fin sopra la testa con la coperta. Avrebbe voluto tanto non pensare, andarsene via da quel posto, da Parigi, dalla Francia. Ma non poteva e se continuava a negarsi la possibilità di essere felice, non avrebbe mai potuto.
Si riaddormentò cadendo in un sonno agitato, come un tunnel senza fine.
 
 
 
***
 
 
Arno si era svegliato più presto del solito quella mattina. Nonostante i numerosi pensieri che li attanagliavano la mente, era riuscito a dormire bene quella notte e poteva decisamente ritenersi soddisfatto, poiché ultimamente non accadeva molto spesso che riuscisse a riposare bene durante le ore notturne.
Sì vestì con tranquillità, pensando a ciò che avrebbe dovuto fare quella mattina. Si sentiva bene, stranamente. Avrebbe voluto che la sensazione di benessere che provava fosse merito del sonno ristoratore, ma sapeva benissimo che non era così. Il solo pensiero di vederla anche quella mattina, di vedere il suo volto incorniciato da quei capelli rosso fuoco, i suoi occhi verdi, lo riempiva di una sorta di felicità contorta.
Si avvicinò alla finestra della sua stanza e l’aprì. Parigi era vittima di un potente temporale. La pioggia cadeva con insistenza bagnando la città e rivelandone quel suo aspetto cupo e tenebroso che lui apprezzava molto.
Era quasi felice, anche se era consapevole che quella sua felicità non avrebbe mai avuto un futuro. Lo sapeva, ma non voleva pensarci e quella probabilmente era una delle tante cose che lo avrebbe danneggiato. E sapeva anche questo. Ma per l’appunto, evitò di pensarci.
Si staccò dalla finestra e si diresse verso la porta della stanza. L’addestramento degli Iniziati iniziava alle 7.30 in punto e quindi doveva muoversi. Fu proprio mentre lui stava per afferrare la maniglia della porta che qualcuno bussò. Rimase fermo alcuni secondi chiedendosi chi fosse e poi aprì.
- Ciao Arno, disturbo? - la figura snella di Julienne Moreau apparve sull’uscio davanti all’uomo.
Arno la fissò, perplesso. La fissò come lei aveva fissato lui durante la cerimonia per scegliere gli Iniziati. - Sta per iniziare l’addestramento dei nostri Iniziati a quest’ora. - rispose lui con freddezza.
Julienne rise. - Stai diventando ogni giorno più scorbutico, Dorian. - disse ed entrò nella stanza di Arno senza aspettare che lui la invitasse a farlo.
L’uomo chiuse la porta della stanza e seguì con lo sguardo la Julienne, anche lei Maestro Assassino da ormai molti anni. Quella donna, nonostante non fosse più così giovane, era estremamente bella… ma soprattutto furba come una volpe.
- A cosa devo il piacere? - chiese Arno appoggiandosi con la schiena alla sua scrivania e incrociando le braccia al petto.
- Mi spieghi perché devi parlare sempre con quel tono… - la donna sventolò nell’aria la mano destra - ..aggressivo?
- Ho fretta, Juls.
- Juls? Ma che orrendo soprannome è?
Le braccia di Arno ricaddero lungo il suo corpo e con una spinta si staccò dalla scrivania. Julienne lo vide arrivare verso di lei con quell’espressione minacciosa sul viso e quasi si pentì di essere lì in quel momento. L’uomo la raggiunse e si fermò ad un soffio dal viso di lei. - Ti ho detto che ho fretta, Julienne.
La donna rimase ferma per alcuni secondi, a fissare gli occhi di lui. - Va bene, Arno. Come preferisci. - disse poi - Vado subito al punto. - si allontanò e prese a camminare lentamente per la stanza, senza però staccare gli occhi da lui.
Arno la seguiva con lo sguardo come un segugio, senza perderla di vista. Sembrava come se avesse paura che quella donna potesse combinare qualcosa da un momento all’altro.
- Dunque Dorian, non credo che l’Iniziata che ti sei scelto sia adatta a te. - iniziò Julienne.
Arno sbarrò leggermente gli occhi. - Come scusa?
- Non ho intenzione di ripetere ciò che ho detto, perché so che hai capito benissimo. - Julienne non camminava più, si era fermata.
- Chi sei tu per stabilire una cosa del genere? - la voce di Arno iniziava ad uscire seccata, molto seccata.
Julienne lo guardò abbozzando un sorriso. Lo guardava come si guarda un bambino piccolo mentre gioca spensierato in cortile, facendo finta di essere un mago. - Arno, lo sappiamo tutti qui alla Confraternita perché hai scelto quella giovane donna e lo sai anche tu. Non negarlo.
Arno iniziò a sentirsi in gabbia. Era stato stupido pensare che nessuno li dentro se ne rendesse conto. Nessun Maestro Assassino era stupido, men che meno Julienne Moreau. Qualcosa però, nell’animo degli esseri viventi, spinge a cercare sempre di difendersi in qualche modo, in qualsiasi modo. Non sempre ci si deve difendere dalle minacce vere e proprie, ma anche dai ricordi.
- Non so assolutamente di cosa stai parlando. - le parole più scontate che esistevano, Arno le disse. Ma era pur sempre un metodo di difesa. Inutile, ma lo era.
- Élise de la Serre, Arno. L’unico motivo della tua scelta è Élise de la Serre. - Julienne parlò con dolcezza, soppesando bene le parole, ma comunque con tono deciso.
Arno la fissò incredulo, incapace di reagire, di parlare. Questa volta non aveva davvero idea di come difendersi. In quel preciso istante avrebbe voluto scagliarsi contro Julienne, prenderla a pugni, urlargli addosso ogni sorta di offesa. Ma ovviamente non lo fece.
- Élise de la Serre è morta. - fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Julienne gli si avvicinò. - Sì, è morta. Ormai da parecchi anni, Arno. E non potrà mai tornare da te. Quella ragazza, Ginevra, non è lei. Tutti qui abbiamo ammesso che la somiglianza è notevole, ma… - fece una piccola pausa - ..non è Élise. Lei non c’è più, Arno.
Arno la guardò dritto negli occhi e si sentì uno stupido. Sì sentì come un bambino che viene rimproverato dalla mamma. - Lo so che è morta, Julienne. Non sono pazzo, ne tantomeno convinto che possa tornare da me. - rispose. Sembrava si stesse ricomponendo.
- Nessuno qui pensa che tu sia pazzo, credimi. L’unica cosa che io e gli altri Mentori crediamo è che stare insieme a quella ragazza non ti faccia bene. - disse Julienne.
- Sappi che non ho nessuna intenzione di cambiare Iniziato. Per cosa poi? Solo perché assomiglia ad Élise? - rispose seccato Arno. La sua voce era tornata normale, come se il fantasma che si era insinuato dentro di lui fosse finalmente uscito dal suo corpo.
Julienne lo guardò scuotendo leggermente la testa. Poi si avviò verso la porta della stanza. Arno la seguì con lo sguardo, incapace di capire cosa avrebbe fatto ora quella donna. Era convinto che sarebbe uscita senza aggiungere altro, ma quando aprì la porta si fermò e si girò verso di lui.
- Tu sai che hai scelto Ginevra perché assomiglia alla donna che amavi e che hai perso. Ma sappi che stare con lei non ti aiuterà a superare questo lutto che ormai ti porti dietro da troppi anni. Pensaci, Dorian. - Julienne lasciò la stanza e la porta si chiuse con un tonfo sordo, lasciando Arno in compagnia dei suoi fantasmi che provenivano ormai da un passato troppo lontano.
 
 
 
***
 
 
 
Ginevra era appollaiata su un tetto relativamente basso di una casa nei sobborghi di Parigi. Pioveva a dirotto e nonostante la sua casacca da Iniziata fosse abbastanza pesante, sentiva il freddo penetrarle fin dentro le ossa. Il cappuccio calato fin quasi al volto era ormai zuppo, come i suoi capelli. Fortunatamente li aveva raccolti in una treccia, altrimenti le si sarebbero appiccicati tutti sulla faccia.
- Geneviève! - la voce severa di Arno che la chiamava le fece prendere uno spavento tale che ci mancò poco che cadesse dal tetto.
- Ci sono. - rispose la giovane donna dopo che riacquistò l’equilibrio.
Arno si avvicinò a lei e Ginevra lo osservò attentamente. Si muoveva come un gatto, con quell’andatura estremamente elegante. Non sarebbe mai diventata come lui.
- Distratti come sempre? - chiese l’uomo senza neanche guardarla. Lei non rispose né Arno si aspettò una risposta, dato che riprese a parlare subito dopo  - Adesso ascoltami attentamente. Oggi ti insegnerò qualche trucchetto direttamente sul campo. Da quanto ho visto non sai fare alcun tipo di salto.
“Grazie per avermelo ricordato.” avrebbe voluto rispondere Ginevra, ma si trattenne dal farlo.
- Oggi è il momento buono per iniziare. - concluse Arno.
A Ginevra non sembrava proprio un buon momento, soprattutto per il fatto che pioveva a dirotto, ma non disse nulla. Non poteva dire nulla. Si limitò ad annuire leggermente.
- Adesso io mi calerò di sotto, in strada. Tu dovrai saltare dal tetto e atterrarmi, come se dovessi uccidermi con la lama celata. - spiegò Arno indicando la strada sottostante con un cenno del capo.
Ginevra abbassò lo sguardo in basso e non appena si rese realmente conto dell’altezza che la separava dal terreno le venne un groppo in gola. - Spero tu stia scherzando. - rispose. Le parole le uscirono di bocca che quasi non se ne accorse.
- Prego? - chiese Arno girando il viso verso la giovane donna.
Ginevra sentì il viso diventarle bollente. Come gli era venuto in mente di rispondere in quel modo al suo Mentore? Chiuse gli occhi, respirando profondamente. Avrebbe dovuto saltare, non aveva altra scelta. Se non lo avesse fatto avrebbe deluso tutta la Confraternita oltre che suo padre.
- Io… - sentiva il cuore batterle forte e soprattutto percepiva lo sguardo di Arno su di lei. Riaprì gli occhi e guardò ancora in basso.
- Mi metto in posizione. Quando salti datti una bella spinta con le gambe e cerca di atterrare più o meno in piedi. - disse Arno senza aspettare una sua risposta. Non accettava obiezioni e questo Ginevra lo aveva capito.
Il Mentore scese dal tetto e in men che non si dica fu in strada. Si mise con la schiena rivolta verso la casa e attese.
Ginevra guardò la figura del suo Maestro avvolto nei suoi abiti da Assassino. Avrebbe dovuto saltare. Anzi, per la precisione avrebbe dovuto saltargli addosso, cosa che avrebbe volentieri evitato. “Gli altri Iniziati mi prenderanno in giro a vita questo colpo.” pensò.
Fece qualche passo lateralmente lungo il cornicione finché in linea d’aria non si ritrovò perfettamente sopra Arno. La pioggia continuava a cadere senza sosta e come se non bastasse si era alzata una leggera nebbiolina.
- Fantastico… - Ginevra diede un ultimo sguardo. Non credeva che sarebbe morta, in fondo il tetto non era molto alto. Ma se fosse caduta male si sarebbe sicuramente rotta entrambe le caviglie… se le fosse andata bene, ovviamente. Respirò a fondo e l’unica cosa che sentì furono le sue gambe che si davano lo slancio. Per una frazione di secondo il vento le sferzò violento in faccia, facendole ricadere il cappuccio della casacca lungo la schiena.
Poi atterrò.
Atterrò bene, proprio come un vero assassino. Niente ossa rotte, ne faccia spiaccicata sul lastricato della strada.
Sorrise.
Era soddisfatta di quel salto. Soddisfazione che però svanì una frazione di secondo dopo. Avrebbe dovuto atterrare su Arno, avrebbe dovuto buttarlo a terra e simulare un’uccisione con la lama celata. Peccato che Arno non c’era.
Frastornata, Ginevra si rimise in piedi e si guardò attorno. Il suo Mentore era sparito.
- Ma cos… - non fece nemmeno in tempo a finire la frase che la ragazza finì a terra su di un fianco. Provò subito a rialzarsi ma Arno la bloccò a terra con tutto il peso, piantandole le ginocchia sulle braccia, impedendole così di muoversi. Dall’urto, il cappuccio della casacca di Ginevra era scivolato all’indietro, scoprendo così la treccia disordinata che portava in testa.
La giovane aveva il fiato corto e quando incontrò gli occhi di Arno avrebbe voluto sparire sottoterra.
- Quante volte dovrò dirti di fare attenzione, Élise? - la voce dell’uomo uscì roca, quasi distrutta da un dolore lontano.
Ginevra aprì la bocca per dire qualcosa, confusa. Élise. Chi era Élise?
- Come? - disse con un filo di voce. Aveva un nuovo soprannome oltre a Geneviève ora?
Arno la fissò negli occhi per alcuni secondi, dopodiché la sua espressione cambiò, come se avesse visto un fantasma. L’uomo si tirò indietro lasciando andare la sua Iniziata. Sembrava molto turbato.
Ginevra si tirò su a sedere. - Maestro? - disse con un filo di voce - Mi dispiace se non…
- Zitta! Sta zitta! - urlò Arno all’improvviso. Si prese la testa tra le mani e cadde a terra in ginocchio. Ansimava, come se fosse appena stato picchiato atrocemente da qualcuno.
Ginevra, ancora seduta a terra a pochi metri da lui, lo guardava sgomenta. Cosa diavolo stava succedendo? Iniziava ad avere paura. Arno non sembrava dare segni di ripresa e lei non poteva di certo starsene lì così.
La giovane Iniziata si alzò in piedi, fradicia di pioggia dalla testa ai piedi, e si avvicinò con cautela al proprio Mentore. Fu quando stava per sfiorargli una spalla che Arno si alzò di scatto. Spinse via con violenza la mano della ragazza che neanche lo aveva toccato e con uno scatto si lanciò in una corsa folle tra la pioggia.
- Maestro! - Ginevra urlò con tutto il fiato che aveva in gola e prese a correre anche lei. Sentiva uno strano peso sullo stomaco, non piacevole, che le faceva percepire un dolore strano. Non capiva cosa era successo, non capiva perché Arno avesse reagito in quel modo e non sapeva perché l’aveva chiamata Élise.
- Maestro! - Ginevra urlò ancora verso la sagoma di Arno davanti a lei, sagoma che andava rimpicciolendosi pian piano. Correva troppo veloce.
La ragazza si fermò, senza fiato. Non lo avrebbe mai raggiunto. La pioggia le aveva bagnato tutti i vestiti, il volto e i capelli, i quali le si erano appiccicati sulla fronte e sulle guance.
Ora Arno non si vedeva più, in quella via piena di persone che cercavano di ripararsi dalla pioggia. Qualcuno la urtò, e poi qualcun altro. Nessuno sembrava accorgersi di lei, in mezzo a quel vicolo di Parigi… affranta, spaurita, bagnata fradicia e sola.

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Capitolo 4
*** 4. ***


- Ginevra, tutto…
- Spostati! - con un violento spintone, Ginevra fece sbattere contro il muro uno degli altri Iniziati. Si stava facendo strada nel corridoio del quartier generale della Confraternita e non aveva voglia di parlare con nessuno. Era bagnata fradicia, con i capelli che sembravano alghe e un’espressione rabbiosa dipinta sul volto. Il suo Maestro l’aveva abbandonata senza motivo durante l’allenamento, oltre al fatto che l’aveva aggredita gratuitamente, chiamandola con un altro nome. Iniziava a pensare che Dorian avesse qualche problema di zucca e che avesse le allucinazioni. Come si spiegava altrimenti quell’episodio? Comunque in ogni caso aveva bisogno di aiuto. Se doveva convivere con un Mentore del genere era bene che sapesse tutto di lui, onde evitare altri guai. E Ginevra sapeva chi era l’unica persona che poteva aiutarla.
 
- Renèe! - la ragazza entrò nella stanza senza bussare e trovò Renèe sdraiato sul letto che leggeva.
- Ginevra! Ma che… - il giovane si alzò e la guardò con gli occhi sbarrati - Che cavolo ti è successo? Sei tutta bagnata!
- Ti spiego dopo, adesso ho bisogno del tuo aiuto. - disse frettolosamente, afferrando Renèe per un braccio e trascinandolo giù dal letto.
Il ragazzo oppose resistenza. - Ehi, ehi tesoro! Adesso ti calmi e mi dici che succede!
Ginevra si fermò, ma non lasciò andare il braccio di Renèe. Lo guardò dritto negli occhi - Ho bisogno che mi aiuti a scoprire delle cose su Arno. E’ importante, Renèe e tu sei l’unico che mi può aiutare.
Il ragazzo la fissò con diffidenza. - Per quale motivo? Se qualcuno lo venisse a sapere non so cosa ti farebbero, Gwen.
- Mi aiuti o no? - ripeté Ginevra, calcando fortemente su ogni singola parola.
I due si fissarono negli occhi per alcuni secondi, mentre Ginevra continuava a stringere il braccio di Renèe. Se non l’avesse aiutata non aveva nessuna possibilità di scoprire qualcosa su Arno. Lì dentro non si fidava di nessuno oltre che di lui e da sola non sarebbe mai riuscita a cavare un ragno da un buco.
- E va bene, ti aiuto. - rispose il ragazzo accompagnando le parole con un sospiro - Ma solo se mi dici perché vuoi farti gli affari del tuo Mentore.
- Ti spiego mentre usciamo. Vieni.
 
 
***
 
 
- Quindi mi stai dicendo che ti è saltato addosso e ti ha chiamato con il nome di un’altra donna? Accidenti Gwen, suona un po’ pervertita come cosa! - ridacchiò Renèe.
- Non è divertente, Renèe. - replicò seccata Ginevra, incrociando le braccia la petto. Aveva scelto il chiostro interno della Confraternita per parlare con Renèe dato che non ci passava mai nessuno, e ci aveva azzeccato in pieno: la piccola corte era completamente deserta.
- Ascolta una cosa Ginevra, ammetto che questo fatto è abbastanza strano e… inquietante, ma non vedo un motivo plausibile perché tu debba scavare nel passato di Arno. Può essersi semplicemente agitato per qualcosa e…
- Agitato per qualcosa? - sbottò Ginevra - Non so se ti rendi conto, ma mi ha atterrata chiamandomi Élise e dopo ha avuto una sorta di attacco di panico. E per finire in bellezza mi ha piantata in asso nel bel mezzo dell’allenamento. Cioè, non che questa sia una novità…
- Non credi sia meglio parlarne direttamente con lui? - disse Renèe stringendosi nelle spalle.
Ginevra guardò il ragazzo dritto negli occhi - Renèe, è questo il punto. Non voglio parlarne con lui, per nessun motivo. Mi fa paura. - dopo le ultime parole, la giovane quasi si vergognò di sé. Come poteva farle paura il suo Mentore? Come poteva avere paura di un suo alleato? Come poteva diventare un’Assassina se aveva paura?
Renèe le circondò le spalle con un braccio - Ascoltami, Ginevra. Io… io non credo che Arno volesse farti del male. Anzi, ne sono certo che non voleva né farti del male né spaventarti. Potrebbe aver avuto un flash di qualcosa, qualcosa in cui c’entra questa Élise.
Ginevra chiuse gli occhi, lasciando che l’amico l’abbracciasse. Era tanto che nessuno la abbracciava. - E’ proprio questa Élise il punto. Devo scoprire chi è, Renèe. Solo così forse potrò capire perché Arno si è comportato così.
- Ginevra… - Renèe sospirò leggermente - Non credo sia una buona idea. Ti caccerai nei guai.
- Non posso convivere con un Mentore con dei segreti così grandi che potrebbero mettere in pericolo la mia incolumità, Renèe. Devo scoprire chi è questa Élise. - replicò Ginevra abbassando la testa.
Il ragazzo sospirò e avvolse l’amica in un abbraccio - Non ti succederà niente, Gwen. Ti aiuterò, ma promettimi che non ti metterai in pericolo con le tue stesse mani.
Ginevra ricambiò l’abbraccio - Lo prometto.
Ma quando ci sono di mezzo i sentimenti, non sempre le promesse vengono mantenute.
 
 
***
 
 
Nei due giorni successivi, la Confraternita aveva deciso di donare due giorni di tregua a tutti gli Iniziati, cosicché potessero riposarsi e confrontarsi tra loro. Tutti i Mentori avevano preso questa abitudine ormai da diversi anni, poiché ritenevano adeguato che ogni Iniziato ragionasse sulla propria situazione, rendendosi così conto se la Confraternita degli Assassini era veramente la strada giusta. E il confronto con gli altri allievi era una buona cosa.
Ginevra però aveva ben altro a cui pensare. Questi due giorni di libertà erano una manna dal cielo per lei: avrebbe avuto tutto il tempo necessario per spulciare ogni angolo della biblioteca per cercare di scoprire qualcosa su questa misteriosa Élise, oltre che scavare ovunque ne avesse avuto la possibilità per scoprire qualcosa sul passato di Arno. Ma, cosa che la sollevava di più, poteva evitare di incontrare il suo Mentore dopo l’accaduto del giorno precedente. Non sapeva come avrebbe reagito alla vista di Arno, ma la cosa che la preoccupava di più era come avrebbe potuto reagire lui…
Parigi era ancora sovrastata da un terribile temporale che ormai andava avanti da giorni. Poco male per Ginevra, che comunque non aveva nessuna voglia di uscire.
- Da dove intendi iniziare, Gwen? - chiese Renèe con la bocca piena di biscotti durante la colazione di quella mattina.
Ginevra bevve un sorso di latte dalla tazza e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto - Per prima cosa ho pensato alla biblioteca. Potremo cercare il nome di Élise tra i membri della Confraternita.
- Mi sembra una buona idea. Speriamo solo che non ci siano troppe Élise nell’elenco. - rispose Renèe continuando a masticare.
- Speriamo. - sussurrò Ginevra con un filo di voce. Doveva assolutamente trovare qualcosa, qualsiasi cosa su questa Élise.
 
 
***
 
 
La biblioteca della Confraternita si trovava sottoterra, proprio di fianco alle segrete. Tutti i membri avevano il permesso di accedervi senza limiti, cosa che invece non accadeva per gli Iniziati.
- Come sarebbe a dire che mi serve un permesso scritto? - sbottò Ginevra verso l’Assassino che stava di guardia all’ingresso della biblioteca - Devo solo consultare alcuni libri!
- Mi dispiace signorina Gauthier, ma le regole sono queste. Gli Iniziati posso accedere alla biblioteca solo con un permesso scritto e firmato dal proprio Mentore. - l’Assassino posò il suo sguardo su Renèe - Questo vale anche per lei, signorino Bonnet.
Renèe replicò con una smorfia.
Ginevra si lanciò in avanti, esibendo l’espressione più triste che riuscì a tirar fuori - La prego, la prego! E’ questione di vita o di morte… è… è importante! - piagnucolò. Quasi si vergognò del suo tono di voce.
La guardia però fu irremovibile. Parlò senza cambiare espressione del volto, sembrava quasi una statua - Signorina Gauthier, è inutile che insiste. Se torna con un permesso scritto e firmato dal suo Mentore la farò entrare, altrimenti non se ne parla.
Ginevra fissò la guardia con uno sguardo truce, poi girò sui tacchi e se ne andò, trascinandosi dietro Renèe per un braccio.
- Come diavolo fa quel tizio a ricordarsi i cognomi di tutti qui dentro? - chiese Renèe mentre cercava di tenere il passo dell’amica.
Ginevra non lo ascoltò nemmeno - Come diavolo faccio adesso? Come faccio? - si fermò di botto, appoggiando la schiena contro il muro e lasciandosi cadere per terra seduta.
Renèe rimase in piedi a guardarla, con le braccia incrociate al petto - Non è che tu abbia molta scelta, Gwen.
Ginevra alzò lo sguardo verso di lui - Non dirlo, non dirlo!
- Devi farti firmare un permesso da Arno. Altrimenti rinunci alla tua Élise. - replicò Renèe con un sorrisetto furbo dipinto sulle labbra.
- Ti odio quando fai quel sorrisetto. - sibilò Ginevra accigliata.
Il ragazzo si inginocchiò di fronte all’amica - Non hai scelta. Verrò con te e io non ho nessun problema a farmi fare un permesso scritto dal mio Mentore… ma il permesso serve anche a te.
Ginevra fissò negli occhi l’amico. Non aveva scelta e lo sapeva. Se voleva entrare in biblioteca e consultare gli elenchi dei membri della Confraternita per trovare questa Élise, doveva affrontare Arno e chiedergli il permesso.
- E va bene. - disse la ragazza - Lo faccio. Ma non so cosa potrebbe succedere.
Renèe fece spallucce - Che vuoi che succeda? Mal che vada ti salta addosso di nuovo.
Il pugno che arrivò sulla spalla del ragazzo fu deciso, ma non molto forte - Taci, idiota. - sibilò. E poi scoppiarono a ridere entrambi.
 
 
***
 
 
Arno era nella sua stanza, seduto alla scrivania. La pioggia batteva con insistenza sul vetro della finestra, provocando un leggero ticchettio che ormai era diventato un’abitudine alle orecchie di Arno. Come ogni giorno, le lettere di Élise lo fissavano con insistenza e lui non poteva fare altro che fissarle a loro volta, sfiorando la carta ingiallita che tanti anni prima aveva sfiorato anche lei. Quella scrittura minuta e tondeggiante la ricordava incredibilmente, riportandogli alla mente il suo viso minuto, i suoi capelli morbidi e fiammeggianti, gli occhi vispi…
Da quando Élise era morta, Arno non aveva mai smesso di leggere le sue lettere, una per una, ogni singolo giorno che passava senza di lei. Tutte le parole, le sensazioni e i pensieri che lei aveva riportato sulla carta, ora facevano parte di Arno. Erano impregnati nella sua anima, nel suo cuore.
“Non si torna indietro, ma andare avanti non significa farla finita.” le aveva detto lei una volta. Arno ripiegò le lettere e le ripose con cura nel cassetto della scrivania. Avrebbe dato la vita pur di tornare indietro e passare un solo secondo con lei, un solo secondo per dirle che la amava ancora, nonostante fossero passati tanti anni dalla sua morte. Ma perfino lei lo aveva avvertito che indietro non si torna. Sarebbe mai riuscito a superare la sua perdita?
Arno si alzò in piedi e andò alla finestra. Pioveva ancora a dirotto e il colore del cielo suggeriva che non ci sarebbe stata tregua per Parigi nelle prossime ore.
“Andare avanti non significa farla finita.”
Arno chiuse gli occhi e il volto spaventato di Ginevra tornò a tormentarlo. Ancora non riusciva  a capacitarsi di quello che era successo, o meglio, di quello che lui aveva fatto. Aveva chiamato la sua allieva Élise e l’aveva abbandonata nel bel mezzo dell’allenamento dopo averla atterrata. Non sapeva se sentirsi in colpa o ritenersi un pazzo. Era consapevole che quella ragazza non era Élise. Lo sapeva. Ma nonostante fosse pienamente convinto di questa cosa, non poteva fare a meno di guardarla e rivedere in lei la sua amata. Era così terribilmente somigliante, quasi fosse uno scherzo del destino. A quanto sembrava tutti alla Confraternita avevano notato questa somiglianza e, cosa ancora peggiore, Julienne Moreau aveva notato una cosa ben più pericolosa. La donna aveva notato che Ginevra aveva una certa influenza su di lui, Arno, l’ormai Maestro Assassino per eccellenza, freddo, calcolatore… che si era lasciato mettere in crisi da una ragazza poco più che ventenne.
Arno continuava a fissare  il cielo grigio di Parigi. Era certo che Julienne Moreau avrebbe cercato di mettere fine a questo intoppo che si era creato tra lui e la sua allieva e non sapeva cosa fare. Il vero problema stava nel fatto che il solo pensiero che quella vipera le portasse via Ginevra lo faceva stare male. Non avrebbe dovuto farlo stare male. Ginevra non era Élise. Non lo era.
 
TOCK TOCK
 
Qualcuno bussò alla porta della stanza due volte, in modo secco e deciso. Subito Arno si voltò di scatto in direzione del rumore, rimanendo qualche secondo a fissare la porta senza fare niente.
Julienne Moreau. Era quasi certo che si trattasse di lei.
Si staccò dalla finestra e con decisione si avviò verso l’uscio. Non si sarebbe lasciato mettere i piedi in testa da quella donna. Tutti li dentro avevano imparato a rispettarlo, anche lei, e lei avrebbe continuato a farlo. Lei era un Mentore, ma lo era anche lui. Erano sullo stesso piano e nessuno dei due aveva potere sull’altro. Sfoderò una delle sue migliori espressioni fredde e distaccate e aprì la porta. L’espressione aggressiva però cambiò praticamente subito.
 
 
***
 
 
Quando la porta si aprì e Ginevra si ritrovò davanti il suo Mentore, quasi si sentii svenire. All’improvviso il mistero di Élise non aveva più tanta importanza. Voleva solo scappare, tornarsene da Renèe a chiacchierare nel chiostro della Confraternita. Avrebbe voluto quasi trovarsi in cima a Notre Dame da sola piuttosto che essere lì davanti ad Arno Dorian in quel momento.
Stava quasi per voltarsi e andarsene, lo stava veramente per fare. Qualcosa però la bloccò. Qualcosa nell’espressione di lui… una sorta di trasformazione dei suoi lineamenti duri. Sembrava che ora che l’aveva li davanti, lui si fosse quasi rilassato.
- Geneviève. - disse lui con un tono completamente piatto. Ginevra pensò che si fosse sbagliata riguardo al cambiamento di espressione… la voce suggeriva esattamente il contrario.
- Buongiorno, signore. - iniziò la ragazza con un filo di voce - Dovrei chiederle un favore. - deglutii, evidentemente a disagio. Era certa che Arno se ne fosse accorto. Ai suoi occhi non sfuggiva nulla, niente di niente: sapeva che ogni suo singolo movimento si stava marcando nella sua mente, era sempre sotto esame agli occhi di lui.
- Che tipo di favore? - chiese il Mentore, freddo.
- Ecco io… - Ginevra iniziò a spostare il peso da un piede all’altro, abbassando lo sguardo. Aveva paura. - Avrei bisogno di un permesso firmato per entrare nella biblioteca della Confraternita. - disse poi alla fine. Parlò come se le parole fossero diventate un peso dentro di lei e quando le pronunciò si sentì meglio.
Arno la squadrò da testa a piedi. - Per quale motivo devi entrare in biblioteca?
- Devo consultare dei testi, signore.
- Quali testi?
Ginevra non aveva pensato ad una risposta per quella domanda, soprattutto per il fatto che si sarebbe aspettata un no secco fin dall’inizio.
- Ecco, devo… ehm… - la ragazza fissò il suo Mentore negli occhi e con tutte le sue forze cercò di non distogliere lo sguardo - consultare dei testi sulla storia di Parigi. Interesse personale.
Arno non disse nulla per alcuni interminabili secondi. Poi si spostò da un lato e fece un cenno a Ginevra. - Entra, ti firmerò il permesso. - disse.
Ginevra riprese a respirare. Si liberò di tutte le paure e le preoccupazioni che le si erano bloccate nel petto, ostruendole i polmoni. Avrebbe avuto il suo permesso.
La ragazza entrò nella stanza e Arno la seguì a ruota chiudendo dietro si sé la porta. Senza dire altro, l’uomo si avviò verso lo scrittoio e, dopo essersi seduto, estrasse carta e penna e si mise a scrivere in silenzio.
Nel frattempo Ginevra si mise ad osservare la stanza, una stanza spoglia e triste. Il letto stava in un angolo, affiancato da un piccolo comodino sul quale era poggiata una lampada ad olio. Poco più in là c’era un armadio in legno, sobrio e senza decorazioni sulle ante, come invece avevano tutti gli altri armadi che aveva visto all’interno del quartier generale della Confraternita. La poca luce della stanza entrava da un finestra opaca che dava direttamente su una via di Parigi e illuminava parzialmente lo scrittoio dove era seduto Arno. Nessuna immagine, nessuna foto, nessun oggetto personale. Niente. Sembrava la stanza di un fantasma.
- Ecco fatto. - disse ad un certo punto Arno con quella sua solita voce piatta - Il tuo permesso, Geneviève.
Ginevra tornò con l’attenzione sul suo Mentore mentre lui si alzava dallo scrittoio e si avvicinava a lei reggendo nella mano sinistra il foglio del permesso.
- Grazie, Maestro. - disse la ragazza con un filo di voce. Non le sembrava vero. Era ansiosa di tornare da Renèe ed entrare subito il biblioteca. Già ci si vedeva, circondata da libri polverosi a cercare un nome di una ragazza che non sapeva nemmeno se esisteva veramente.
Ginevra afferrò il permesso, fece un piccolo inchino e si diresse verso la porta.
- Geneviève. - la voce profonda di Arno le fece gelare il sangue nelle vene. Si bloccò di colpo, deglutendo vistosamente. Avrebbe voluto fare a finta di nulla, non girarsi nemmeno e scappare. Ma non poteva.
- Sì, Maestro? - rispose girandosi e cercando di rimanere calma.
Arno si era appoggiato con la schiena allo scrittoio e aveva incrociato le braccia al petto. Ginevra non aveva idea di cosa quell’uomo stava per dirle, ma pensava nulla di buono. Guai, come li chiamava lei.
- Questa sera ti voglio ai piedi di Notre Dame alle nove in punto. Allenamento extra.
Ginevra lo guardò, cercando di non lasciar trapelare alcuna emozione. Allenamento extra, quella sera stessa alle nove? Ma quel giorno e anche il successivo non erano i giorni di tregua che i Mentori avevano concesso ai propri allievi?
- Questa sera? - domandò Ginevra con voce incerta.
- Questa sera. Hai altri impegni? - replicò Arno.
“Certo che ne ho.” avrebbe voluto rispondergli Ginevra. Quell’allenamento improvviso cambiava tutti i suoi piani con Renèe. Avrebbero dovuto andare subito in biblioteca, altrimenti non sarebbero mai riusciti a consultare i libri e cercare Élise. Avrebbero potuto farlo anche il giorno dopo in realtà, ma Ginevra non voleva aspettare. Lei era un’Iniziata, Arno Dorian era il suo Mentore e quella sera si sarebbe allenata con lui. No, non poteva aspettare.
- Nessun impegno, signore. - disse Ginevra con un leggero cenno del capo. Sentii un brivido irritante lungo la schiena e capii che era fastidio. Il suo Mentore le aveva rovinato tutti i piani.
- Allora a questa sera, Geneviève. - concluse Arno.
Ginevra uscì dalla stanza e percorse il corridoio a grandi falcate. Lei e Renèe non avevano tempo da perdere: dovevano andare subito in biblioteca.
 
 
***
 
 
- Signorina Gauthier, signorino Bonnett, i vostri…
Ginevra schiaffò i fogli con i permessi in mano all’Assassino che stava di guardia alla biblioteca. - Ecco i suoi permessi! Ora possiamo entrare? - esclamò la ragazza con un po’ troppa insolenza.
L’uomo la squadrò da capo a piedi con uno sguardo di disapprovazione e poi spostò gli occhi sui fogli che la ragazza le aveva dato. Li scrutò con molta attenzione da cima a fondo e Ginevra iniziò a pensare che non li avrebbe fatti entrare nemmeno con quei dannati fogli davanti agli occhi.
Dopo alcuni interminabili secondi di silenzio ed impazienza, l’Assassino finalmente si decise. - Prego signorini, potete entrare. - disse aprendo la porta della biblioteca.
- Grazie! - disse Ginevra con entusiasmo ed entrò con un balzo tirandosi dietro Renèe. La porta si chiuse dietro di loro.
- Signorini… ci ha chiamato signorini, Gwen! - si lamentò Renèe con una smorfia.
Ginevra non lo ascoltò nemmeno, come ogni santa volta che Renèe si lamentava. - Che ti importa? Siamo dentro e come ti ho detto dobbiamo muoverci. - rispose la ragazza procedendo a passo spedito.
- Oh giusto, questa sera hai l’allenamento extra con il tuo Mentore preferito! - esclamò il ragazzo con un tono di voce totalmente idiota.
- Renèe, dacci un taglio! - esclamò Ginevra un po’ seccata. In quel momento aveva la testa che era un intrico di pensieri e preoccupazioni e non aveva proprio voglia di scherzare.
Quando i due ragazzi arrivarono al centro della biblioteca della Confraternita, si resero conto che probabilmente la loro ricerca sarebbe stata più complicata del previsto.
- Oddio, Renèe…
La biblioteca era enorme, ed enorme era perfino riduttivo. Era dislocata in uno spazio ottagonale e suddivisa in molteplici sezioni. Fortunatamente non aveva più piani, ma lo spazio era comunque smisurato.
- Cazzo… - sussurrò Renèe lasciando scorrere gli occhi sulle decine, ma che decine, migliaia di libri!
Anche Ginevra osservava con occhi seri le pareti piene zeppe di manuali della biblioteca, ma non sembrava molto spaventata - Dovremmo organizzarci per bene e per prima cosa cercare la sezione giusta. - disse.
Renèe spostò lo sguardo su di lei e la guardò con gli occhi sgranati - Gwen, ti rendi conto di quando tempo ci occorrerà per cercare quel nome? Sempre che ci sia scritto in qualche libro di questa biblioteca.
Ginevra non lo guardò, ma rimase con l’attenzione sui libri - Non troppo se troviamo la sezione giusta.
Renèe scosse la testa - Quello che voglio farti notare è che, oltre alla quantità di libri spropositata in cui dovremo cercare, non siamo sicuri che qui scopriremo qualcosa su questa Élise. - disse marcando bene le parole, come per paura che la sua amica non comprendesse quello che stava dicendo.
Finalmente Ginevra si girò verso di lui e lo guardò con occhi fiammeggianti - Quel nome ci sarà. Muoviamoci.
Renèe fissò incredulo Ginevra, mentre lei si avviava verso le mastodontiche pile di libri con passo deciso e in quel preciso istante lui si rese conto che niente e nessuno avrebbe fermato quella ragazza.
 
 
***
 
 
Passarono i secondi, i minuti, le ore. Molte ore. Ginevra e Renèe non se ne resero nemmeno contro.
Libri pesantissimi, ingialliti, pieni di polvere e ricoperti di parole spesso e volentieri assurde o incomprensibili. Valori e regole della Confraternita ormai dimenticati, luoghi distrutti dalle guerre, nomi di persone ormai morte… Ma nessuna Élise. Quel nome sembrava appartenere ad un fantasma, ad una persona esistita soltanto nel mondo della fantasia… probabilmente nel mondo della fantasia di Arno Dorian.
- Niente di niente. Ho controllato tutti i registri della Confraternita e non compare nessuna Élise. O meglio, nessuna Élise degna di nota. - disse Renèe chiudendo un libro, probabilmente l’ultimo che aveva intenzione di leggere quel giorno.
Ginevra si girò verso di lui con uno sguardo che sembrava appartenere ad un cadavere. Aveva due occhiaie violacee che mettevano quasi paura - Non può essere. - sussurrò.
Renèe si alzò e tornò a sedersi solo quando ebbe raggiunto l’amica - Ho trovato solo un paio di Élise, Assassine vissute due secoli fa… dubito che Arno fosse ancora nato in quel periodo. Poi ho trovato una Elisa, ma non credo sia lei visto il nome all’italiana. Oltretutto è morta da quasi trent’anni, quindi mi sembra improbabile.
Ginevra fissò il pavimento con sguardo spento. Tutta quella fatica per niente… e tanto per rallegrare a giornata, tra meno di due ore sarebbe dovuta andare a Notre Dame per il suo allenamento con Arno. Di male in peggio.
Renèe si sistemò vicino all’amica e le spostò i capelli dal viso - Mi dispiace, Gwen. Magari questa Élise non faceva nemmeno parte della Confraternita degli Assassini. Magari…
Fu come un fulmine a ciel sereno. Ginevra alzò di scatto il viso - Come hai detto? - esclamò con lo sguardo perso nel vuoto.
Renèe la guardò preoccupato - Gwen? - sussurrò.
Lei si girò verso di lui e lo prese per le spalle - L’ultima frase, cosa hai detto?
Il ragazzo ora sembrava un po’ spaventato - Ho solo detto che magari questa Élise non faceva parte della Confraternita degli Assassini.
Ginevra aprì leggermente la bocca e sul suo viso si modellò un’espressione di speranza - Renèe, potrebbe non essere un’Assassina! - la ragazza si alzò di scatto e correndo raggiunse la piccolissima sezione della biblioteca dedicata agli acerrimi nemici degli Assassini… i Templari. Perché non ci aveva pensato prima?
Renèe raggiunse l’amica e la guardò con disapprovazione - Gwen, non ti sembra un po’ azzardata come cosa? L’Ordine dei Templari?
- Perché no? - replicò lei iniziando a leggere i titoli stampati sul dorso dei libri sfiorandone la superficie con i polpastrelli delle dita.
- Perché è assurdo! Arno era legato ad una Templare? La Confraternita lo avrebbe come minimo cacciato!
Ginevra era un misto di agitazione e felicità - Torna tutto, tutto! - esclamò girandosi verso Renèe. Aveva un sorriso radioso stampato in faccia.
- Non ti seguo. - affermò il ragazzo scuotendo il capo.
Ginevra lo prese per le spalle con entusiasmo - Torna tutto perché mio padre mi ha detto che per alcuni anni Arno Dorian è sparito dalla Confraternita. Non so quanti, non mi interessa, quello che importa è che è sparito.
Renèe non mutò la sua espressione di disapprovazione - Continuo a non seguirti.
- Arno è sparito per alcuni anni dalla Confraternita, in teoria attorno al 1794 e ci è tornato alcuni anni dopo. Ora siamo nel 1800, e quindi credo che sia tornato qui da due o tre anni. Ma questo non importa. La vera domanda è: perché Arno ha lasciato la Confraternita degli Assassini per alcuni anni?
- Potrebbe essere andato semplicemente in vacanza? - chiese Renèe con un sorrisetto, cercando di sdrammatizzare.
Ginevra sembrò non cogliere il tentativo di ridere un po’ e continuò imperterrita il suo discorso - Potrebbe essere stato esiliato dalla Confraternita stessa per aver avuto contatti con un Templare, con una Templare! Torna tutto! - la ragazza si rifiondò sui libri dedicati all’Ordine dei Templari, girando le spalle a Renèe.
Al contrario, Renèe non sembrava molto convito di quella versione - Gwen, non ha senso… Cioè, è troppo inverosimile come cosa!
Un tonfo fece tremare il pavimento. Ginevra aveva trascinato a terra un grosso volume bardato di rosso e quando l’aprì, un migliaio di pagine ingiallite e puzzolenti di muffa fecero alzare un manto di polvere insopportabile.
- Sembra che non lo leggano da un po’. - commentò Renèe tossendo leggermente. Ma Ginevra non l’ascoltava. Le sue dita minute scorrevano le infinite liste di nomi scritti a mano sulle pagine giallognole. Tutti nomi di Templari di una certa influenza a Parigi e in tutta la Francia, Templari che avevano portato il loro Ordine alla gloria.
Un urlo di gioia fece sobbalzare Renèe.
- Ho trovato, ho trovato!!! - urlò Ginevra. Sembrava una bambina che aveva appena trovato il regalo di Natale che i genitori le avevano nascosto per farla giocare e soprattutto per farle apprezzare la sorpresa ancora di più.
Renèe si sporse sopra il libro e attese che l’amica leggesse. La voce di Ginevra uscì squillante e quasi infantile. Era emozionatissima. - Élise de la Serre, Templare nata a Parigi nel 1768 e figlia del Gran Maestro Templare François de la Serre. - la ragazza fece una pausa di qualche secondo - E’ morta. - disse poi. L’entusiasmo nella sua voce si era completamente smorzato.
- Morta? - chiese Renèe stupito.
Ginevra continuò a leggere - Morta a Parigi nel 1794. Non dice altro.
- E’ morta sei anni fa, abbastanza recentemente. Potrebbe essere lei, anche perché secondo quello che hai detto tu, la data di morte corrisponde a quando Arno ha lasciato la Confraternita. Ci sono altre Élise? - chiese Renèe sbirciando il libro.
Ginevra scosse la testa - Nessuna, è l’unica. E’ morta giovane, 26 anni.
I due ragazzi rimasero in silenzio per alcuni minuti. Avevano veramente inseguito un fantasma.
- Quanti anni ha Arno? - chiese ad un tratto Renèe.
Ginevra si strinse nella spalle - Non ne ho idea, una trentina suppongo.
Renèe si alzò e tornò nella sezione della biblioteca dedicata agli Assassini - Lo scopriamo subito.
Ginevra lo seguì con lo sguardo - Che hai in mente?
Il ragazzo afferrò un libro da uno scaffale e lo aprì, iniziando a sfogliarne lentamente le pagine. Ginevra lo raggiunse.
- A, A, A… Arno Victor Dorian, eccolo qua. Nato a Parigi nel 1768, come la nostra Élise de la Serre. Erano coetanei. - lesse Renèe.
I due ragazzi si guardarono negli occhi a vicenda e in quel preciso istante capirono che il fantasma che avevano trovato era quello giusto.

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