Filo Rosso

di Lazy_cupcake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colors are important? ***
Capitolo 2: *** Got it? Memorized? ***
Capitolo 3: *** Invidia e solitudine. ***
Capitolo 4: *** Insopportabile ***



Capitolo 1
*** Colors are important? ***


Capitolo 1

Domenica

 

Era pronto. Ma non troppo.

Le mani picchiettavano nervosamente sui jeans attillati, troppo caldi per quella stagione che stava ormai terminando e la fronte sudava incontrollabilmente nonostante l'aria condizionata accarezzasse la sua pelle abbronzata.

“Quindi vuole che le tinga i capelli di nero?”

Il ragazzo stava davanti allo specchio a guardare il suo riflesso.

Sì, sapeva che ben presto quel dolore sarebbe sparito.

Quindi annuì.

 

 

 

Lunedì

 

“Ragazzi, sono lieto di darvi una buona notizia. Un nuovo studente si è trasferito nel nostro istituto. Vi presento Axel Flame entra pure.”

La porta della classe si aprì facendo entrare un ragazzo alto dai capelli scuri raccolti in una coda bassa.

“Buongiorno.” Proferì in una voce debole.

“Axel, siediti sul posto vuoto accanto alla signorina Naminé. Quello là in mezzo.”

Il ragazzo iniziò ad incamminarsi a testa bassa fino al suo banco, con gli occhi di tutti i ragazzi puntati dalla sua parte, come fonte di profonda curiosità.

Si accomodò tirando fuori il materiale necessario per quella ora di storia, o era forse matematica? Sinceramente non era interessato a saperlo.

“Ehi. Flame, piacere, io sono Maeda Naminé.”

Una mano che pareva più bianca del latte si avvicinò a lui intenta a ricevere una stretta.

Il ragazzo la fissò prima in viso, notando i suoi capelli tendenti al platino ed un paio di gocce azzurre al posto degli occhi, dopodiché allungò la sua mano per accontentarla.

“Hai mica delle origini inglesi?” Gli chiese a bassa voce cercando di non farsi sentire dal professore, che aveva intanto ripreso la lezione.

“Sono americano.” Le rispose, imitandola nel tenere un mano al lato della bocca.

La lezione sembrò durare fin troppo per essere composta da solo un paio di ore, e il ragazzo lo passò per la maggior parte a guardare fuori dalla finestra, rispondendo indifferentemente alle domande che i suoi vicini di banco gli ponevano.

La campanella suonò improvvisamente, svegliando nei ragazzi una certa energia che solitamente caratterizzava quei pochi minuti di intervallo con chiacchierate vivaci, o lamentele dei professori.

Axel, nella confusione, si allungò verso la borsa, da dove prese un quaderno e il libro che probabilmente sarebbero stati utili per quell'ora, e, continuando ad ignorare qualsiasi cosa fosse attorno a lui, fissò il cielo azzurro.

Il sole illuminava la giornata senza che alcuna nuvola intralciasse il suo lavoro, ma una brezza fresca di una primavera quasi finita entrò dalla finestra muovendo leggermente i capelli lunghi del ragazzo.

“Scusa, Flame-kun...”

Una voce meno offuscata delle altre entrò nelle sue orecchie facendolo girare verso il mittente.

“Ti va di pranzare con noi dopo?” La ragazza dai capelli castani legati morbidamente in due piccole trecce, si avvicinò seguita da altre ragazze che, con curiosità, squadravano il nuovo arrivato.

Axel le fissò una ad una, annuendo con la testa.

“Bene. Comunque io sono Tsukihiko Olette, piacere di conoscerti. Ti posso chiamare Axel-kun d'ora in poi?”

Il moro si era dimenticato che era una forma di rispetto aggiungere quel suffisso ai nomi, quindi la ringraziò mentalmente mentre stringeva la sua mano e, con decisione, annuì.

Dopotutto glielo doveva.

Un altro professore entrò nell'aula richiedendo alla classe di ricomporsi e fare silenzio severamente.

Probabilmente quello era uno degli insegnati più rigidi, pensò Axel osservandolo silenziosamente scrivere sulla lavagna nera.

I suoi occhi viaggiarono di nuovo fuori, notando un puntino biodo sopra il tetto dell'altra ala della scuola, che stava immobile. Certo, Axel non aveva una vista da aquila, ma non era molto difficile notare quella zazzera diversa dai colori spenti dei muri tristi dell'edificio.

“Ma come?! Anche oggi Tsubasa è assente? Non lo vedo dalla scorsa settimana, qualcuno sa se è malato?”

Tutti guardarono dalla parte di Axel, ma con l'attenzione rivolta ad un'altra persona, nonché Naminè.

“Mi spiace professore, ma per quanto ne sappia io, Tsubasa è malato.” La ragazza si alzò dalla sedia rispondendo educatamente, quasi come se si volesse prendere la responsabilità di questa mancanza.

Il professore, intanto, si girò dall'altra parte liquidandola e iniziando la lezione senza sembrare troppo interessato a quello che la sua alunna gli aveva appena riferito.

Axel prima guardò il professore e poi osservò la reazione della bionda. A quanto pare era abituata: non c'era alcun tipo di emozione nei suoi occhi azzurri.

L'ora del pranzo arrivò vivacizzando l'atmosfera nell'intera scuola.

Molti uscivano con i loro sacchi da pranzo, magari per appostarsi in qualche altro posto, o più semplicemente per incontrare i propri amici e trascorrere quella mezz'ora con loro. Purtroppo Axel non conosceva ancora nessuno, e sinceramente non ambiva nel diventare un social butterfly anche in quella scuola. Non ne aveva bisogno, perché sapeva benissimo che molto presto se ne sarebbe andato via.

“Axel-kun!” Una voce familiare trapanò le sue orecchie in un grido troppo acuto anche per i delfini.

“Ti va di andare in cortile? O dove preferisci di più?” Chiese Olette avvicinandosi a lui.

“Dove volete.”

Non era sicuro di aver fatto un sorriso degno di essere chiamato tale, ed il fatto che Olette avesse spalancato gli occhi e si fosse girata rapidamente verso l'uscita non l'aveva certamente aiutato a estinguere la sua insicurezza.

Nel gruppo vi erano altre persone oltre Olette: Hayner, un ragazzo poco più basso di lui con dei capelli simili al mantello di un riccio biondo e degli occhi verdi scuro nascosti dietro ad un paio di occhiali rettangolari; Demyx, da una corporatura snella e slanciata ed infine Selphie, una ragazza dallo sguardo furbo ed intelligente, non a caso i quesiti del professore venivano risolti da lei.

“Quindi sei Americano?” Domandò Demyx sedendosi sotto l'ombra di un albero.

“Sì.”

“Finalmente qualcuno potrà darci le risposte giuste per le verifiche di inglese, Selphie ci ha fatto prendere 54 l'ultima volta.” Scherzò Hayner ricevendo un gomitata subito dopo dalla persona interessata.

“Mangi solo quello Axel?”

Axel, che teneva un piccolo sandwich avvolto da una pellicola trasparente in una mano e una bottiglietta di succo di frutta in un'alta guardò quello che invece gli altri intendevano per pranzo, notando una indiscutibile diversità tra i due alimenti.

Il ragazzo annuì alla domanda dicendo che non era abituato a mangiare tanto e assicurandoli del fatto che tornato a casa avrebbe messo qualcosa sotto i denti. Cosa che non avrebbe indubbiamente fatto. Così... Perché l'appetito gli era sempre mancato. Insomma, lo faceva per vivere, non per un piacere personale.

 

 

Tra scherzi ed altri sorrisi forzati, la pausa terminò. In poco le classi si riformarono ed in perfetto orario arrivò un altro professore. Questa volta una donna dallo sguardo tagliente ma poco sveglia. Sicuramente non l'avrebbe notato se avesse utilizzato il cellulare davanti a lei.

Mancavano ancora quattro ore alla fine di quella giornata, ed Axel non vedeva l'ora di poter tornare a casa e abbandonare quella brutta sensazione di essere osservati.

Stranamente nessuno degli insegnanti si accorse della sua nuova presenza in classe, ma non gli diede affatto fastidio, perché sapeva che nel caso l'avessero fatto, sarebbe stato costretto a parlare dei fatti suoi davanti a delle persone che non conosceva e con un giapponese che avrebbe fatto ridere anche un analfabeta.

“Non ti avevo mai visto. Tu, quello lì in mezzo.”

Come non detto. Ma non era tarda?

“Sono un nuovo alunno.”

“Perché non ti presenti un po' allora?”

Il ragazzo imprecò mentalmente cominciando a rielaborare qualche parola in testa e, sospirando pesantemente senza però farsi sentire da nessuno, a parte Naminè, si alzò.

“Mi chiamo Axel Flame. Ho 17 anni e spero tanto di trovarmi bene in questa nuova classe.” Detto questo Axel diede un piccolo inchino ed aspettò che la professoressa proferisse qualcosa.

“Vedo che non sei giapponese.” Gli rispose sorridendogli.

“No, sono americano.” Dopo questa dichiarazione, in classe cominciò un sussurro di voci che presto venne zittito dalla botta sulla cattedra dell'insegnante.

“Siediti pure Axel. Spero anche io in una buona permanenza.”

Axel si accomodò ancora sotto lo sguardo pesante dei suoi compagni, e ,cercando di ignorare tutti quegli occhi puntati addosso, finse di seguire la lezione.

Un bigliettino gli arrivò presto sul banco distraendolo positivamente dall'ascolto di quella donna.

Si guardò attorno per sapere chi glielo avesse passato, e, notando solo Naminè voltata dalla sua parte, si indicò il petto per chiederle se era lui il destinatario. La compagna gli sorrise ed annuì controllando che la professoressa non si fosse accorto di quello scambio di fogli.

Non ti preoccupare, questa classe non è male. E nel caso avessi qualche problema con qualcuno dimmelo subito, vedrò di risolverli.

C'era scritto.

Il moro afferrò una penna nelle sue vicinanze e rispose dubitando sul fatto di aver scritto bene un paio di parole. Ma non si preoccupò più di tanto, era quasi sicuro che la ragazza avrebbe capito lo stesso.

Perché li dovresti risolvere tu?

Non appena Axel lo diede alla ragazza, non passarono neanche venti secondi prima che tornasse a lui.

Sono il capoclasse. E' una mia responsabilità diciamo.

Sul foglio finì lo spazio per scrivere, quindi il ragazzo strappò indifferentemente un piccolo pezzo di carta dal suo quaderno.

Ti ringrazio.

Axel guardò il foglio pensando che non sarebbe stato male conoscere meglio la capoclasse, perciò continuò la frase.

Ti va di farmi fare un giro della scuola dopo?

Naminè rise silenziosamente non appena arrivò alla fine della domanda, e rivolgendogli una letizia amichevole, annuì.

Dopo il suono della campana i ragazzi raccolsero dal banco gli ultimi libri e se ne andarono accompagnati da altre persone salutando calorosamente tutti gli altri.

“Mi puoi spiegare perché stavi ridendo prima?”

Axel raggiunse la compagna non appena si mise sulla spalla la borsa poco pesante, aspettandola poi finire di scrivere gli ultimi appunti nel registro della classe.

“Quando?” Incalzò distrattamente mentre controllava gli assenti di quel giorno.

Le sue dita viaggiarono lungo il foglio liscio mentre ogni nome veniva letto e analizzato. Ad un certo punto allungò l'altra mano con la penna e scrisse assente accanto ad un cognome che la fece sospirare. Axel, intanto, diede un'occhiata al libro notando che Naminè stava ancora fissando la sua scritta perfetta, così femminile; accorgendosi anche che accanto vi era scritto Tsubasa.

“L'ultimo bigliettino.” Le disse distogliendo le loro attenzioni da quell'appunto.

Naminè chiuse delicatamente il registro e lo depositò in uno dei cassetti della cattedra riflettendo su che cosa stava dicendo Axel, e, come un'illuminazione improvvisa, fece un piccolo “Ah!” prima di prendere un fogliettino dalla tasca, che Axel riconobbe come il pezzo di carta strappata via dal quaderno.

“Vedi, qua hai scritto male la parola giro.”

Il ragazzo identificò subito l'errore, e, dandosi un colpetto sulla nuca con la mano, scosse la testa.

“Hai ragione.”

Naminè rise e buttò via il foglio nel cestino quasi vuoto della classe.

“Vogliamo andare?”

“Certo.”

Solo in quella piccola mezz'oretta si accorse che quella scuola era veramente grande.

La prima volta che l'aveva visto non gli sembrò niente a che fare rispetto al suo college, che nel cortile ospitava una piscina, un paio di palestre ed uno stadio dove giocava spesso a football. Rimpiangeva quei momenti coi suoi compagni di squadra, le pacche amichevoli, gli allenamenti che lo facevano stremare...

“Axel-kun?”

La voce lo fece risvegliare dal suo piccolo sogno da sveglio.

“Sì, scusa Naminè.”

La ragazza spalancò gli occhi azzurrini e si voltò dall'altra parte per nascondere il rossore sulle gote fin troppo evidente.

“Scusa, ma non sono abituata a sentire il mio nome. Di solito mi chiamano capoclasse o Maeda-chan.” Si giustificò rigirandosi e ridendo nervosamente.

“Mi spiace Maeda-chan, scusa.”

“Non fa niente, non importa.”

Axel incominciò piano a memorizzare ogni aula che veniva mostrata da Naminè; Quella dei docenti, la segreteria, l'infermeria, la palestra, ovviamente riferendogli tutte le attività che si svolgevano nelle medesime, ed infine, percorrendo la scalinata in una piccola gara per mettere alla prova le qualità atletiche del nuovo arrivato, arrivarono al tetto.

“Sei velocissimo, Axel-kun.” Affermò Naminè con un respiro pesante arrivando agli ultimi scalini dove il ragazzo si reggeva sul pomello della porta.

“Ho giocato un po' a football.” Rise soddisfatto offrendole la mano per aiutarla a superare quegli altri due gradini.

Naminè l'accettò giungendo alla fine grazie ad un piccolo strattone dal più grande.

“Comunque questo è il tetto, di solito non ci viene nessuno perché non è molto conosciuto, ma penso che sia un bel posto nel caso si volesse stare soli.”

Axel si guardò attorno per contemplare il posto. Non sembrava nulla di speciale, solo un immenso balcone.

Appena si allontanò per guardare attraverso il parapetto, vide case, strade affollate e altri edifici che erano leggermente più alti della scuola.

Il vento soffiava forte smuovendogli i capelli e facendoglieli svolazzare per tutta la lunghezza.

Si sentì molto meglio dopo aver assaporato la brezza fresca, ma assieme ad essa un forte odore di fumo che non venne ignorato da nessuno dei due.

“Roxas!?”

Axel guardò dalla parte della compagna di classe, che a suo modo fissava un'altra persona dall'altra parte del balcone.

Un ragazzo appoggiato al muretto si voltò dalla sua parte inspirando un'ultima volta la sigaretta prima di spegnerla sul pavimento.

“Ehi Naminè, chi è quello? Il tuo nuovo fidanzato?” Rise avvicinandosi alla coppia.

“Potresti almeno presentarti un paio di volte in classe già che vieni a scuola.”

Il ragazzo sbuffò e spostò lo sguardo verso il nuovo arrivato squadrandolo.

Axel, a modo suo sostenne lo sguardo del biondo.

Lo zaffiro si scontrò con lo smeraldo.

“Lo sai che non mi interessa più.” Le disse poi continuando scrutare la figura alta e snella che si era avvicinata.

Roxas sorrise maliziosamente e s'incamminò verso la porta.

“Presto mi trasferirò in un'altra scuola dato che sicuramente mi espelleranno.” Disse alzando una mano per salutarli prima di scendere le scale.

“Roxas! Ascoltami... Non verrai espulso se continuerai a proseguire gli studi. Ne parlerò coi professori..”

“Non importa Naminè. Hai già fatto abbastanza per me, non combattere una battaglia già persa in partenza.” Il biondo si girò verso di lei e le sorrise dolcemente per poi continuare a la sua camminata.”Bye-Bye”

Naminè era scesa un paio di scalini per seguire il compagno prima di risalire ricordandosi che insieme a lei vi era un'altra persona.

“Mi spiace, hai dovuto vedere un brutto momento...”

“Lui era mica Tsubasa?” Axel continuò a guardare lo stesso punto in cui il ragazzo sparì.

“Sì.”

Naminè mantenne lo sguardo basso per un altro paio di minuti prima di rialzare la testa e continuare a comportarsi come aveva fatto finora con lui.

“Questo è l'ultimo posto che dovevo farti vedere. Penso che ora andrò a fare le cariche da capoclasse.”

“Va bene, allora io torno a casa.”

 

 

Quella stessa notte il moro non era riuscito a dormire per le immagini che gli riempivano la testa ogni volta che abbassava le palpebre. Quegli occhi della stessa tonalità del cielo gli tormentavano i sogni.

Si rigirava ancora ed ancora nel letto.

Accorgendosi che quella stessa notte il cielo stellato non cessava di piangere.

 

 

 

“Mom, why is it raining?”

“What? I don't understand your question, dear.”

“Mmmh... I mean why the sky is pouring water?”

“It's because God is staring at us and when there are too much sins in this world he cries.”

“Cry for sins mom?”

“Yes, He cries and tries to change people's mood with sunny days.”

“So if I don't want to make him cry do I have to be good?”

“You're smart.”

“Yes! I'll be smarter than you, mommy, and I'll work hard like you're doing now!”

“Fine, but let me take off your t-shirt, it's wet.”

“No! I'm mature enough to change it by myself.”

“Hunky-dory, then.”



TRADUZIONE:

 “Mamma, perché sta piovendo?”

Cosa? Non capisco la tua domanda, caro.”

Mmmh... Voglio dire, perché dal cielo cola l'acqua?”

Perché Dio ci sta osservando e quando ci sono troppi peccati piange.”

Piangere per peccati, Ma?”

Sì, piange e prova a cambiare l'umore con giorni di sole.

Quindi se non voglio farlo piangere devo fare il bravo?”

Sei intelligente.”

Sì! Sarò più intelligente di te, mamma, e lavorerò intensamente come stai facendo adesso!”

Bene, ma lascia che ti tolga la maglietta, è bagnata.”

No! Sono grande abbastanza da poterlo cambiare da solo!”

Ottimo, allora.”

NdA: Buonsalve a tutti a coloro che con mia pura sorpresa sono arrivati in fondo a questa storia :D *autostima al top*
Che dire... vi ringrazio! Se volete lasciatemi una recenzione, se no... Non importa *lacrima*
Questo spero possa diventare nel tempo un long-fic, di cui non ho ancora deciso una vera e propria fine. Quindi potrebbero anche apparire alieni e roba del genere se solo volessi.
Maaa non sono brava con i Sci-fi eheh
Non voglio fissare dei tempi di aggiornamento perché so benissimo di non poterli rispettare, mi spiace ahah 
Spero che la storia vi abbia acceso un piccolo fiammmifero di curiosità(?) e con una tazza di caffè in mano, vi saluto.
Arrrivedershi! :3



 

 

 

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Capitolo 2
*** Got it? Memorized? ***


Capitolo 2

 

Mercoledì

 

 

"Axel-kun?"

"Sì, Maeda-chan. Scusa ero in sovrappensiero.”

“Non ti preoccupare. Volevo solo chiederti di aiutarmi con questi fogli.”

“Arrivo subito!”
Neanche quel giorno Tsubasa si presentò a scuola.

Axel, intanto, aveva conosciuto qualche altra persona di cui ricordava i cognomi, ma alle quali purtroppo non riusciva ad attribuirne il volto.

E come aveva detto Naminè la classe 2-2 non era poi così male.

“Grazie, ora puoi anche tornare in classe.”

“Sicura? Se hai bisogno di qualcos'altro chiamami.”

Il moro, in un modo o nell'altro si affezionò in poco tempo a Naminè, che con la sua gentilezza lo aiutava ad integrarsi con alunni anche delle altri classi.

“Sì, grazie.”

 

 

Durante le lezioni gli capitava molto spesso di trasferire il suo interesse dal professore, che spiegava, al balcone dove qualche giorno fa aveva visto quella zazzera bionda. Ma a quanto pare quella zazzera bionda non mise più piede nell'edificio per tutta la settimana.

 

Lunedì pomeriggio

 

 

“Entri pure signor. Flame, non ha portato con sé nessun adulto?”

“No dottore, oggi mia sorella doveva lavorare.”

“Capisco... Allora vogliamo iniziare con gli esami?”

“Sì.”

 

 

Martedì

 

 

“Maeda-chan mi accompagneresti alla sala dei professori?”

Il campanello dell'intervallo suonò liberando finalmente gli studenti dallo stress accumulato in quelle due ore.

“Sì, certo. Cosa devi fare?”

La bionda osservava ancora la sua agendina blu quando raccolse la penna dal banco e scrisse qualche nota accanto alle attività da fare quella settimana.

“Devo dare delle scartoffie all'insegnante di educazione fisica.”

“Va bene, allora andiamo.” Detto questo chiuse l'agenda e la posò sotto il banco.

Durante il percorso Naminè gli chiese un paio di volte cosa intendesse con scartoffie, ma Axel non le diede alcuna risposta esatta, spiaccicava solo qualche parola cambiando subito argomento.

“E quindi si è già deciso per la fine di quello Tsubasa?”

“I professori non hanno ancora espresso alcuna sentenza davanti a me... Ma penso che tra di loro stiano già tramando qualcosa.”

Arrivarono all'aula senza più dire alcuna parola.

“Mi scusi saprebbe dirmi dov'è la cattedra del professor Leon?”

Uno dei segretari presenti gli indicò una piccola postazione riempita di fogli sparpagliati con sopra un portatile usato da un uomo alto robusto e dai capelli lunghi disordinati.

“Scusi.”

“Ditemi.” Fece lui indaffarato senza neanche guardarli in faccia e continuando a scrivere.

“Le devo dare un certificato.”

Il professore, finalmente distolse l'attenzione dallo schermo acceso e lo dedicò ai fogli tenuti in mano dall'alunno.

“Va bene. Darò un'occhiata a questi fogli più tardi. Tornate in classe ragazzi.”

 

 

 

Quella giornata gli sembrò particolarmente impegnativa. Nonostante fosse passata più di una settimana dalla sua iscrizione in quella scuola, molti dei suoi compagni lo guardavano come se provenisse da un pianeta alieno.

“Sono a casa!” Urlò senza sentire risposta in cambio.

Si tolse le scarpe e camminò verso la cucina, dove aprì il frigo scoprendo che all'interno non vi era altro che un pomodoro e le birre di sua sorella.

Sbuffò e decise di uscire per fare la spesa.

Una volta cambiato, s'avviò lentamente verso il supermercato più vicino.

Il cielo cominciò a inscurirsi rendendo il manto azzurro della mattina, coperto da nuvole grigie molto spesse e il moro si ringraziò mentalmente per aver portato dietro un ombrello.

 

 

“Fanno 10900 yen.”

Axel tirò fuori i soldi e salutò educatamente il cassiere prendendo in mano il sacchetto della spesa.

La pioggia cominciò a cadere dal cielo, bagnando le strade della città e creando nell'aria quel forte odore umido.

Il ragazzo aprì l'ombrello e percorse la stessa strada che usò per l'andata e, tra incroci e strisce pedonali, incontrò una chioma bionda familiare girata di spalle con in mano la custodia di una chitarra.

Il semaforo era ancora rosso quando avanzò per verificare se fosse il suo compagno di classe, e non si meravigliò più di tanto quando capì che effettivamente era lui.

I suoi capelli erano parzialmente fradici e la felpa grigia mostrava un piccolo alone bagnato facendogli capire che era appena uscito senza avere né un ombrello né un cappuccio.

Quando finalmente la luce rossa del semaforo cambiò in quella verde tutti ebbero modo di attraversare la strada causando una piccola fila di macchine.

Roxas cominciò a camminare velocemente per ripararsi sotto un telone di un bar mentre Axel seguì la sua figura muoversi agilmente tra la folla, ma messa in difficoltà dalla custodia ingombrante.

“Hai bisogno di un aiuto?” Gli chiese automaticamente non appena gli arrivò davanti.

Il ragazzo lo guardò riflettendo un paio di secondi su chi potesse essere.

“Scusa, ma chi sei?”

Axel roteò gli occhi e si maledisse per essersi fatto venire in mente dei buoni propositi per una persona che manco lo aveva riconosciuto.

“Sono il tuo nuovo compagno di classe, got it? Memorized?” L'ultima parte della frase gli venne naturale, e si coprì la bocca non appena si accorse di aver detto qualcosa in inglese.

Roxas intanto corrucciò le sopracciglia sorridendogli subito dopo maliziosamente.

“Ho capito.. sei il nuovo fidanzato della capoclasse.” Incalzò dandogli una leggera gomitata sul petto.

“Vedo che non hai bisogno del mio aiuto quindi ci vediamo a scuola.”

Axel s'incamminò alzando la mano per salutarlo, ma venne fermato subito dopo dal più piccolo con una presa ferrea inaspettata.

“No, stavo scherzando. Scusa.”

L'americano si girò dalla sua parte allungandogli l'ombrello.

“Tieni me lo restituirai a scuola. Casa mia è vicina.”

Detto questo, non appena il biondo lo afferrò, Axel non sentì la sua risposta perché incominciò a correre velocemente verso casa.




“Come mai il fiatone?”

Le scarpe disposte casualmente davanti l'ingresso l'avevano avvertito di qualche presenza in più in quella casa, quindi non appena vide sua sorella appoggiata allo stipite della porta con una lattina in mano aperta, non se ne meravigliò più di tanto.

“Non avevo l'ombrello.” Si giustificò .

La ragazza dai capelli corti e scuri aveva appena finito di bere la bevanda prima di venirgli incontro per aiutarlo con la spesa, ma lui, la ignorò e si fece strada per la cucina.

“Posso farlo io, Axel.”

“Tranquilla Yuffie.” Le rispose senza far troppo caso al tono di voce.

 

 

 

Mercoledì

 

 

Probabilmente verrà Roxas, pensò il moro mentre si sedeva al suo solito banco.

“Buongiorno Axel-kun.”

“Buongiorno anche a te, Maeda-chan.”

“Dormito bene? Io ho passato una notte in bianco per i fulmini ed i tuoni.”

“Ah sì? Non pensavo avesse piovuto anche la notte.”

“Ti assicuro che erano veramente forti!”

La giornata continuò così. Tra chiacchierate che fecero passare il tempo più velocemente del solito.

Axel si accorse che ogni volta che entrava una persona nella classe, automaticamente i suoi occhi si soffermavano sulla porta e sui suoi compagni ancora assonnati. Eppure Roxas non si fece ancora vedere.

 

 

Passò tutta la mattinata di scuola senza che i suoi occhi verdi incontrassero quelli azzurri.

La campanella aveva appena suonato la fine delle lezioni e Axel venne chiamato dal professore Leon all'aula degli insegnanti; Naminè si era offerta di accompagnarlo, ma lui rifiutò e la invitò a tornare a casa.

“Allora io vado.”

“Sì, certo. Ci vediamo domani Maeda-chan.”

“Ciao.”

Axel lasciò la borsa sul suo banco e si avviò lungo i corridoi vuoti della scuola.

Alcune finestre erano aperte, lasciando che la brezza fresca penetrasse l'edificio cambiandone l'aria soffocante con le voci di alcuni alunni impegnati in qualche attività, o meglio, club.

“Finalmente sei arrivato, Flame.” Gli disse il professore che l'aveva aspettato dalla porta “Ti volevo parlare del foglio che mi hai portato l'altro giorno.”

Veramente era soltanto ieri commentò il ragazzo nella sua testa continuando a fissare la faccia del professore.

“Sì.”

“E' un certificato medico per non farti fare educazione fisica giusto?”

Il ragazzo annuì.

“Ho anche letto nel tuo fascicolo che hai partecipato nei club sportivi di basket, pallavolo ed infine football l'ultimo anno che hai vissuto là.”

“Esatto. Ma ho lasciato tutto per lo stesso motivo.”

“Capisco. Comunque per problemi così non ti devi preoccupare tanto, dopotutto penso che tu stia svolgendo una vita normale.”

“Sì Leon-sensei.”

“Allora puoi anche andare...”

Il moro si allontanò affacciandosi alle grosse finestre nei corridoi, ammirando i ragazzi che svolgevano varie attività fisiche, come baseball o calcio.

Sospirò rumorosamente sapendo che ormai poteva fare solo la metà di quegli esercizi e, incurvando le labbra in un sorriso quasi malinconico, entrò in classe senza più guardare quei ragazzi.

“Ehi.”

Axel alzò lo sguardo, e trovò con sorpresa il ragazzo dai capelli biondi seduto sul banco accanto al suo, nonché quello di Naminè.

“Yo.”

“Ti devo ridare questo.”Roxas lanciò l'ombrello verso il ragazzo, che con agilità lo afferrò prima che gli colpisse la faccia.

“E ti devo ringraziare, dato che ieri sei scappato a gambe levate.”

“Non era niente di che.”

Il silenzio si creò nella classe, intanto che Axel raccoglieva le ultime cose sotto il banco.

“E non mi sono ancora presentato adeguatamente, io sono Roxas, Roxas Tsubasa. Got it? Memorized?”

Axel rise silenziosamente mentre lo guardava avvicinarsi ed allungare la mano per stringerglielo.

“Io sono Axel Flame.”

 

 

 

-So... Don't you believe in this little tale?-

-No, I don't, mom.-

-Fine, but tell me why.

-It's just... Uhm.... Well, you told me that two persons are bound by a “red thread of destiny”, right?-

-Yes, my dear.-

-So this is the same for you and dad.-

-Probably.-

-But I won't have only one person.-

-Sorry but I can't understand.. Why won't you have only one person?-

-Isn't that obvious mom?! My head is full of red threads!-

-... Pfft-

-Mommy! Why are laughing now?-

-I'm sorry, honey. But you're just too silly. I told you that this red thread is tied at your pinkie.-

-No! Mom! You didn't!-

-Oh! Didn't I? I'm so sorry Axel.-

 


TRADUZIONE:

 -Quindi... Non credi a questa piccola storia?-

-No, mamma.-

-Bene, ma dammi un motivo.-

-E' solo che... Uhm... Beh, mi hai detto che due persone sono legate da un “filo rosso del destino”, giusto?-

-Sì, mio caro.-

-Quindi questo è lo stesso per te e papà.-

-Probabile.-

-Ma non avrò mai solo una persona.-

-Scusa ma non capisco... Perché non dovresti avere solo una persona?-

-Non è ovvio ma?! La mia testa è piena di fili rossi!-

-...Pfft.-

-Ma mamma! Perché stai ridendo adesso?!-

-Scusami, amore. Ma sei troppo sciocco. Ti ho detto che questo filo rosso è legato al tuo mignolo.-

-No! Mamma! Non l'hai detto!-

-Oh! Non l'ho detto? Mi spiace Axel.-

 

 

NdA: Salve a tutti! Ringrazio ancora coloro che hanno appena finito di leggere il secondo capitolo :D Questa sinceramente, è la prima storia che presento in questo sito e ammetto di averci messo tantissimo tempo per decidermi se pubblicare questa storia o no per timore di non essere allo stesso livello di altri autori. Che dire...Alla fine, come avrete sicuramente notato, mi sono fatta coraggio e l'ho fatto (Ovviamente pentendomene quasi subito ahaha). Comunque... Non ho molta esperienza per quanto riguarda le fanfiction, infatti ho iniziato a scrivere soltanto un anno fa, e per questo la mia esperienza nella scrittura è... mmh... scarsa. Sì, scarsa. Ho ancora tanto da imparare, e questo mi ha fatto ricordare di essere alla ricerca disperata di una beta -.-'' Yep.
Probabilmente nel tempo questa storia diventerà una rating arancione (se non rosso) e spero veramente di essere in grado di farlo e di non deludere nessuno.
Ringrazio ancora con tutto il cuore tutti, tuttissimi le/gli ammiratrici/ammiratori dell'Akuroku sperando che questo fandom non scompaia nel tempo (?) 
Per ora vi lascio un abbraccio indesiderato e un pezzo di pane con nutella rosa. 
Eeeeeee Arrivedershi!
 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Invidia e solitudine. ***


Giovedì

 

 

“Roxas-kun è in classe adesso?!” Si sentì dall'altra parte del corridoio, seguito poi da passi pesanti e veloci che mano a mano si alzavano di volume.

“Ehi Naminè-chan. Com'è?”

Il ragazzo era seduto sul suo solito banco accanto alla ragazza bionda, che ancora col fiatone, lo guardava con degli occhi totalmente spalancati.

“Che ci fai qua tu?!” Naminè prese il colletto della sua camicia -già stropicciata- e se l'avvicinò alla faccia per fissarlo bene negli occhi.

“E tu non sei felice di vedermi qua?” Incalzò cercando di staccare il suo sguardo da quello della bionda.

Naminè, ancora incredula di quello che aveva appena visto e toccato, mollò la presa ed abbandonò il corpo magro del ragazzo sulla sedia.

Axel, in quel momento entrò nella classe, si accorse che il posto su cui Roxas si era comodamente seduto era proprio quello che avevo utilizzato nel corso di quei giorni.

“Quale buon vento, Roxas?” Gli chiese avvicinandosi alla coppia.

“Mah...”

“Vedo che avete fatto conoscenza voi due...” S'intromise Naminè sorridendo prima ad uno, poi all'altro.

Il ragazzo seduto rispose con una semplice stretta di spalle, mentre Axel annuì allegramente.

“Qualcosa del genere Maeda-chan.”

“Piuttosto... Tu!- indicò il biondo- da una settimana Flame si è spostato in questo posto, quindi ti devi prendere un altro banco.”

“Ma non ce ne sono di liberi.” constatò Roxas guardando tutti i banchi ormai occupati dai suoi compagni di classe.

“Te ne devi prendere altri dall'aula vuota accanto...”

La risposta che le diede fu un semplice sospiro seguito da una faccia scocciata.

“Meglio che vada con te prima che te la svigni allora...”

 

 

 

Il posto del ragazzo venne portato infondo alla classe, dove accanto a lui non c'era nessuno.

L'ora di matematica fece un po' fatica a leggere quello che il professore scriveva sulla lavagna, d'altronde non era seriamente interessato a quello che stavano studiando.

I suoi occhi vagarono per tutta l'aula soffermandosi su un paio di compagni che dormivano coperti dal libro di testo o usavano il cellulare nascondendosi dietro il compagno di banco che stava davanti.

Seguì la fila di persone fermandosi su uno di loro. Quello che aveva i capelli lunghi e legati in una coda che non gli donava affatto. Quella persona che gli aveva stimolato una certa curiosità quando gli prestò l'ombrello senza sapere che casa sua si trovava esattamente alle sue spalle.

Sorrise. Si coprì la fronte col palmo della mano e scosse leggermente la testa.

Tornò poi a fissare il suo libro di matematica, tracciando linee insensate sulla carta senza far caso alle parole che sparivano sotto l'inchiostro della sua penna.

“Tsubasa?”

Qualcuno lo aveva chiamato. Il prof? Forse. Sì.

“Sì?”

“Sapresti dare una risposta a questa equazione?”

Silenzio in classe.

Roxas sbuffò silenziosamente e guardò la lavagna tentando di sfocare la scrittura bianca.

“x=8 mentre y=4.”

L'insegnante si aggiustò gli occhiali e fissò il libro per correggere quella risposta fin troppo veloce ed alquanto precisa per essere giusta.

“Esatto.” Disse poi con un filo di voce rigirandosi alla lavagna e spiegando alla classe come dovesse essere eseguito quel calcolo matematico.

Axel lo fissò con sorpresa. I pregiudizi lo avevano portato a credere che la conoscenza del biondo non andasse oltre al guscio di una nocciola. Ma presto, si rese conto che solo lui era rimasto impressionato dalla bravura del suo compagno di classe, essendo che gli altri erano tornati ad ascoltare il professore.

“Ma perché viene a scuola se alla fine le impara a casa queste cose?”

Un paio di ragazze di cui non sapeva il nome bisbigliarono alle sue spalle.

“Non far caso a questa voci, loro non ne sanno nulla.” Questa volta era Naminè che gli aveva rivolto la parola senza distogliere l'attenzione dalla lezione.

 

 

invidia: [in'vidija] s.f. sentimento di cruccio astioso per qualità o fortune altrui.

 

 

 

Venerdì

 

 

“Ma l'hai sentito Tsubasa ieri Axel-kun? Che presuntuoso.” Commentò Olette prendendo un altro boccone dal suo bento.

“Quando scusa?” Il ragazzo fece finta di non saperne nulla, sinceramente non aveva voglia di continuare un discorso su una persona di cui conosceva solamente il nome ed alcuni particolari futili per quel momento.

“Ieri. All'ora di matematica.”

“Ah... Avevamo matematica ieri?” Scherzò nella speranza di cambiare argomento subito dopo.

E per sua fortuna questa volta funzionò, in quanto Hayner, dopo avergli dato una pacca amichevole, cominciò a parlare della partita di calcio che avrebbe dovuto affrontare quella stessa sera e del suo grande bisogno di un tifo.

“Scusate ragazzi ma devo andare, devo chiedere una cosa al professore.”

Una balla, ovviamente. Una cosa era certa: aveva come un forte bisogno di stare da solo in un posto in cui sicuramente nessuno sarebbe venuto a disturbarlo.

“Certo Flame, ci vediamo in classe poi.”

 

 

Un sospiro dopo l'altro.

Guardava la città oltre la rete leggermente arrugginita senza far caso a quella campanella che era appena suonata.

Evitare l'ora di storia gli sembrò la cosa più giusta da fare, dopotutto le lezioni di quella materia gli portavano una noia particolare che non sarebbe sicuramente sparita spiegata in un'altra lingua.

Incrociò le gambe e portò i palmi delle mani sul pavimento freddo.

Pensò poi all'ultima volta che aveva saltato con frivolezza le ore di scuola, ed infine sorrise.

Si ricordò infine della sgridata che si era beccato da sua madre non appena scoprì che il suo adorato e perfetto figliolo saltava le lezioni senza pensarci due volte. Sua madre, già.

How are you?” Sussurrò abbandonando il suo corpo per terra, dove si sdraiò con le dita incrociate dietro alla nuca.

 

 

 

“Scusi sensei ma sono andato in infermeria perché avevo male alla pancia.”
“Va bene Flame, ma ti consiglio di dirlo ad almeno ad uno dei tuoi compagni la prossima volta che ci vai.”

“Sì.”

“Va bene allora torna al tuo banco.”

Axel camminò sotto lo sguardo di tutti i suoi compagni di classe, senza essersi ancora abituato a quell'attenzione soffocante; e solo quando raggiunse la sua meta, quel presentimento svanì.

“Tutto a posto?” Gli chiese Naminè alla sua destra.

“Sì, non ti preoccupare.” Le sorrise aggiustandosi la coda bassa davanti alla spalla.

Come al solito, sempre alla stessa ora, l'orologio diventava un elemento importante ed essenziale per quell'arco della giornata, in cui studenti, controllando almeno sei o sette volte le lancette diventate improvvisamente lente, fremevano per uscire da quell'edificio.

Driiiiin

E sì. Un sospiro di sollievo e un ultimo saluto a persone sconosciute.

 

 

 

Axel stava copiando gli ultimi appunti prestati da Naminè quando sua sorella gli bussò alla porta avvertendolo del suo arrivo.

“Ehi Axel, scusa se ti disturbo, ma posso sapere cosa vuoi mangiare stasera?”

Il ragazzo smise di scrivere e staccò la punta della sua penna dal foglio bianco del quaderno.

“Mi va bene qualsiasi cosa.” Rispose stiracchiandosi e sbadigliando.

“Ho comprato della verdura, ti va di aiutarmi a tagliarla?”

“Arrivo.” Disse poi subito dopo aver sospirato e roteato gli occhi al cielo.

“Grazie.”

 

Con passi leggeri, raggiunse la cucina , dove la sorella leggeva con attenzione un libro di ricette che aveva trascorso anni su uno scaffale senza essere toccato.

“Cosa devo fare?”

“Non sono in grado di pelare le patate, quindi fallo tu.”

Il moro raggiunse il grembiule appeso vicino al lavandino e lo indossò allacciandosi dietro alla schiena un fiocco perfetto.

Raccolse le patate dal sacchetto e impugnò un piccolo coltello accanto al tagliere iniziando a ripassare il contorno del tubero senza portare via troppo della parte commestibile. E tutto questo lasciando sulla superficie di legno solo una lunga striscia di buccia.

Sua sorella lo guardava incantata da quei movimenti delicati ed eseguiti con una certa manualità che lei, nonostante abbia vissuto da sola per molti anni, ancora non aveva imparato.

“Non smetti di sorprendermi, Axel.” Lo complimentò senza ricevere alcun segno di risposta subito dopo.

“Sembri proprio mamma, sai?” continuò poi sorridendo malinconicamente davanti a quella figura che effettivamente assomigliava alla loro figura materna.

La lama del coltello scivolò improvvisamente cadendo per terra dopo un sonoro rumore metallico.

Il silenzio riempì la casa in un secondo.

Finché Axel lo interruppe prendendo la lama per terra, buttandola all'interno del lavello e afferrandone un'altra simile per ricominciare a fare il lavoro interrotto.

Yuffie lo osservò per un secondo e tornò a a leggere la rivista eliminando dalle sue labbra la curva.

“Non ti è ancora passata Axel?”

“Possiamo non parlarne per favore?”

“Scusa.”

Axel aveva appena finito di spelarne una quando smise di fare qualsiasi cosa rivolgendosi in tutto e per tutto a sua sorella.

“Non devi chiedermi scusa. Io... non... no. Niente.”

Yuffie non disse più niente al riguardo, piuttosto continuò a dargli istruzioni sulla ricetta.

E non appena finirono di cucinare, Axel non mise più di dieci minuti ad alzarsi e dire che aveva finito di mangiare lasciando più di metà pietanza sul piatto ancora caldo.

 

 

Tornò in camera sua e chiuse a chiave la porta.

Si sedette sul comodo materasso pescando dalla tasca dei jeans il suo cellulare.

Digitò un numero ricordato a memoria e rimase immobile ad ascoltare il tu.. tu … Finché una voce dall'altra parte rispose.

Si portò al petto le gambe magre e le abbracciò con le sue braccia.

E iniziò così a piangere silenziosamente circondato da nessun fonte di calore a parte il suo corpo.

 

*solitùdine: [soli'tudine] lo stare, il vivere solo.

 

So, are you ready?”

No, I'm not mom.”

Oh come on! It's not terrible!”

I just don't want to be separated from you.”

It's only half day honey, don't worry. I'm here once you'll finish.”

...”

And we will go to the park after lunch.”

...”

Would you like something else?”

Hug me.”

Oh dear, I can do this all the times that you want.”

And cook for me a nice meal later.”

I will. But be good at school. Promise?”

Mh... promise.”

 

 

TRADUZIONE:

 

Quindi, sei pronto?”

No, non lo sono ma.”

Oh! Su! Non è terribile.

Non voglio solamente essere separato da te.”

E' solo per metà giorno amore, non ti preoccupare, sarò qui quando finirai.”

...”

E andremo al parco dopo pranzo.”

...”

Vuoi qualcos'altro?”

Abbracciami.”

Oh Caro, questo lo posso fare quante volte vuoi.”

E cucinami un buonissimo piatto dopo.”

Lo farò. Ma fai il bravo a scuola, promesso?”

Mh... Promesso.” 




NdA: Buonasera! Eccomi con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto :D Non so come ho fatto, ma tutto questo l'ho scritto in una giornata ahaha quindi ho il cervello leggermente fuso, ma niente di grave :D Volevo proprio pubbicarlo oggi dato che domani si ritorna a scuola e purtroppo il mio tempo per scrivere è assai limitato -.-'''Un elemento importante di questa fanfiction sono sicuramente le canzoni, che mi hanno aiutata nella stesura della storia. Senza di loro non sarei veramente ispirata a fare nulla D:
Una di queste è "Heartache" dei One ok rock. Chi ha nekotv sicuramente l'avrà già sentita u.u
Non mi dilungo perché adesso ho un serio bisogno di riposarmi e nutrirmi di qualsiasi cosa. Ci vediamo per un prossimo capitolo che spero di pubblicare presto :D
Ciau ciau :3

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Capitolo 4
*** Insopportabile ***


Domenica

 

 

“Axel, svegliati! C'è una tua amica all'ingresso.”

Il ragazzo alzò le palpebre ritrovandosi sua sorella davanti alla finestra con l'intenzione di scostare le tende della stanza ancora buia.

Si rigirò nelle lenzuola per coprirsi gli occhi ed intanto, le chiese con una voce soffocata dal cuscino chi potesse essere quella persona.

“Non so... ha solo detto di essere una tua compagna di classe.”

Axel mugugnò qualcos'altro di incomprensibile e gettò per terra la coperta per potersi liberare da quel peso confortevole e caldo.

“Cosa le dico?”

“Che arrivo.”

La luce penetrò nella stanza quasi con la felicità di sconfiggere il buio creatosi per più ore mentre oggetti, mobili e quant'altro diventarono visibili e riconoscibili.

Yuffie si grattò il collo seguendo con gli occhi lo strascico che suo fratello aveva lascito sul parquet, poi lo raccolse buttandolo energeticamente sul letto senza preoccuparsi di piegarlo.

Axel, una volta nel bagno, davanti al suo riflesso mattutino aprì l'acqua del rubinetto e la usò per sciacquarsi la faccia nella speranza di svegliarsi.

E come al solito la freschezza del liquido non deluse le sue aspettative.

Uscì dalla camera sentendo al piano di sotto sua sorella che parlava con un'altra voce femminile, e, avvicinandosi sempre più alla fonte identificò finalmente Naminè.

“Buongiorno.”

La ragazza si girò dalla sua parte mostrandogli un sorriso che Axel sicuramente non si sarebbe mai sognato di fare di prima mattina.

“Buongiorno Flame, scusa se sono piombata in casa tua a quest'ora, ma volevo chiederti se avevi il mio quaderno di storia.” Disse aggiustandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli che non era riuscita e raccogliere nella coda alta.

Il moro intanto la guardò nei suoi gesti femminili e tentò di capire almeno metà frase di quello che usciva dalle sue labbra rosee naturali.

Quando finalmente comprese la richiesta della ragazza annuì debolmente e tornò nella stanza a cercare l'oggetto richiesto.

“Vuoi bere qualcosa?” Le chiese Yuffie porgendole un bicchiere di vetro vuoto.

“No grazie, sto bene così. Non ti preoccupare.”

Il silenzio si inserì nella cucina nelle vesti di un classico personaggio con il buon proposito di migliorare l'atmosfera. Ma come tutti sanno, ovviamente fallisce.

Dopo una manciata di secondi i passi leggeri del ragazzo senza calzature si sentirono percorrere gli scalini di legno.

“Grazie Axel, ne avevo proprio bisogno. Ti serviva ancora?”

“No, non ti preoccupare.”

“Va bene. Allora io vado.”

Naminè percorse il corridoio verso l'entrata, indossando poi le scarpe una volta arrivata davanti alla porta principale.

“Ci vediamo a scuola allora.” Disse Axel appoggiando la spalla destra sul muro in una posizione comoda.

“Mh... sì, ma... Axel-kun, sono venuta a chiederti un altro favore, oltre al quaderno.”

La bionda era incerta se chiedergli aiuto o meno, ma ormai la parola 'favore' le uscì dalla bocca senza poterla fermare. Tornare indietro non avrebbe più avuto senso.

“Ecco... L'altro giorno i professori mi hanno chiesto di andare all'abitazione di Tsubasa per dargli delle notizie riguardo alle sue assenze , ma oggi ho degli impegni a cui non posso assolutamente mancare.”

Naminè abbassò lo sguardo scorrendolo poi al lato destro con un mite di paura e di indecisione.

“Ecco...”

“ Vuoi che gliele porti io?” Chiese infine l'americano provando a non metterla ancora di più in difficoltà.

Lei lo guardò negli occhi, mormorando un “sì” debole nella forte speranza di farsi sentire

E così, dopo un momento di imbarazzo della capoclasse e i suoi continui ringraziamenti accompagnati da ampi inchini, i due compagni si salutarono amichevolmente.

Ed Axel, nonostante avesse pensato di essere privo di impegni per quella domenica, se ne ritrovò uno che non gli dispiacque affatto.

 

 

 

Era partito da casa con tutta la buona intenzione del mondo e pensando che la sua meta non potesse trovarsi più di tre fermate di metro lontano dalla loro scuola, che fosse facile da trovare ed infine che non fosse una casa tradizionale giapponese. Eh sì, quel ragazzo non smetteva di impressionarlo.

Controllò l'indirizzo scritto sulla carta e chiese per l'ennesima volta informazioni ad un passante, ma ovviamente né la parola del passante né la scritta sulla carta cambiava.

Sospirò pesantemente e suonò la campanella.

“Chi è?” Sentì dall'altra parte delle alte mura.

“Sono Axel Flame, Tsubasa c'è?” Urlò ricambiando.

Finalmente la porta di legno si aprì mostrando una faccia pallida, sorridente di cui i tratti venivano nascosti dai segni che solo il tempo sapeva tracciare.

“Quale? Roxas?”

“Sì.”

“Il signorino attualmente non c'è, ma se vuole può lasciargli un messaggio.”

“Ehi”

La persona interessata, con sulla spalla la custodia della chitarra che Axel non vide per la prima volta, fermò l'affermazione della donna.

“Non ti preoccupare Marie, è un amico. Fallo entrare.” La congedò sorridendole dolcemente.

 

 

Se quella casa sembrava grossa, dall'interno appariva allargato magicamente di più metri e Axel non poté fare a meno di tenere la bocca spalancata mentre la donna di una statura ridotta da una curvatura alla schiena li guidava lungo i corridoi spogli ma adornati da dipinti astratti, quasi incompresi per la loro bellezza.

Nell'aria, una forte fragranza di menta ed un odore di tabacco proveniente dalla felpa del biondo si mescolavano in una armonia intensa che sinceramente non turbava l'olfatto dell'ospite.

Finalmente arrivarono in fondo ad uno delle porte, uguale alle altre e lì davanti si fermarono prima di essere lasciati dalla donna.

“Se avete bisogno di qualche cosa chiamatemi.”

La camera di una grandezza ridotta rispetto alla vaga immaginazione del moro si ritrovò con solo all'interno i due ragazzi, uno di fronte all'altro separati da un tavolino.

“Come mai qua?” Chiese poi il più basso posando la chitarra in un angolo remoto della stanza e togliendosi la felpa imprinta da un aroma bruciato, tossico.

“In realtà doveva venire Naminè, ma aveva degli impegni.”

“Siediti. Non vorrai mica stare tutto il tempo in piedi.”

“No grazie, sono passato solo per dirti due cose.”

Roxas, si alzò per prendere qualcosa da dietro la tasca dei pantaloni.

“Spara.”

Dallo zaino nero che il moro teneva appeso su una spalla, sfilò una plico di fogli alto due centimetri, che con disinvoltura, vennero appoggiati sull'unica scrivania della camera.

“Questi sono i compiti che hanno assegnato dall'incirca due settimane.”

“Mh.” I stessi fogli vennero presi dal giapponese e sfogliati superficialmente.

“E poi i professori hanno detto che se continuerai a fare assenze e di conseguenza salterai gli esami, ti bocceranno sicuramente.”

“Tutto qui?”

“No.”

Il più basso dei due afferrò una sigaretta proveniente dalla tasca e la allungò all'altro ricevendo subito dopo un rifiuto deciso. Allora lo incastrò tra le sue labbra screpolate e lo accese coprendo la fiamma con le dita affusolate.

“Questo te lo voglio chiedere per pura curiosità.”

“Dimmi.” Sospirò con il fumo grigio che usciva dalle narici e dalla bocca.

“Cosa ti è successo?”

La nuvola creato dal soffio si ingrandì quando le parole gli arrivarono alle orecchie e il suo cervello non era riuscito a elaborarne un senso.

“Eh?”

“Voglio dire... Dietro ad azioni inspiegabili c'è sicuramente una storia. Adesso mi chiedo, perché andare a scuola per poi non presentarsi in classe?”

“Psicologia è una materia obbligatoria in America?” Scherzò alzando l'angolo della bocca in un sorriso sarcastico.

Axel non lo riprese per quella battuta inopportuna, aspettò semplicemente che l'altro gli rispondesse.

La sigaretta cominciò a consumarsi senza che il ragazzo la potesse “gustare”.

“Ecco... -Si portò la mano dietro il collo- E se ti dicessi che non ne ho semplicemente voglia?”

In quel momento gli occhi azzurrini che fino a quel momento erano rimasti attaccati in quelli verdi, si staccarono visibilmente per una paio di secondi e tornarono nella loro posizione iniziale.

Ovviamente Axel notò questo distacco e, silenziosamente, sorrise.

“C'è un motivo anche per questo.”

Nello stesso momento in cui il biondo stava per dire una parola, la porta della camera si aprì facendo entrare un ragazzo alto e slanciato.

Se solo Roxas fosse stato un po' più robusto ed avesse avuto anche lui dei capelli castani, Axel si sarebbe anche permesso di chiedergli in un futuro se fossero stati fratelli gemelli.

“Ehi Roxas, dove sono le..?”

Prima che terminasse la frase, notò nella stanza un'altra persona oltre a quella che si aspettava.

“Hai un nuovo amico Roxas?”

Un sorriso solare si propagò per tutta la faccia dello sconosciuto mostrando una dentatura perfettamente bianca a cui il giovane poteva benissimo specchiarsi.

D'altra parte, lo sguardo alterato del biondo non aiutò l'ospite a capire in che tipo di relazione si trovassero quei due ragazzi. Uguali ma diversi.

“Piacere sono Sora.”

Il ragazzo, anzi forse meglio adulto, gli si avvicinò ed inchinò la testa in modo rispettoso e così fece anche Axel, ma con un ritardo prolungato a causa di una mano ritirata velocemente.

“Io sono Flame Axel.”

“Bussare è diventato un optional?” Intervenne il biondo con una voce che Axel non riconobbe come la sua, piuttosto quella di un'altra persona entrata in un secondo momento senza essersi fatta vedere.

“E ti è mai stato permesso di fumare in questa casa?” Attaccò Sora fulminandolo con lo sguardo.

Il biondo prese la scatola di sigarette lasciate sul tavolo e se le infilò di nuovo nella tasca dei jeans. A questo punto artigliò letteralmente il braccio del più alto nel tentativo di trascinarlo via.

Axel si sorprese di tutta quella energia concentrata in un solo braccio. Talmente sbalordito da non riuscire né a salutare quella persona che si era appena presentata, né scrollare via quelle unghie che gli stavano letteralmente trafiggendo l'avambraccio.

Quando lunghi corridoi e porte scorrevoli vennero oltrepassati con una velocità disumana, i due ragazzi raggiunsero uno spazio aperto.

Tra magre piante di bambù e una piccola corrente di acqua con all'interno pesci rossi a vivacizzare ancora di più un giardino già allegro, il sole splendeva sulla chioma gemella facendola illuminare.

“Mi vuoi lasciare?”

“Non lo sopporto più.” Mormorò Roxas facendo come gli era stati richiesto.

“Scusa?”

“Niente.”

Le sopracciglia sottili contratte del biondo si rilassarono dopo una breve scrollata di testa e in seguito ad un massaggio alla tempia, egli si girò dal compagno annunciandogli qualcosa che certamente Axel non si era aspettato.

“Parlando di scuola... Non ti preoccupare, avevo intenzione di tornarci.”

 

 

 

Lunedì

 

 

“Quale onore Tsubasa?”

“Sa, mi è tornata proprio una gran voglia di entrare in queste mura passando almeno metà della mia preziosa giornata su una sedia a crearmi una gobba per bellezza.”

Silenzio in classe.

“Ah... vedo che non ci siamo svegliati dal lato giusto del letto. Credo che tu possa crearti una bella gobba anche facendoti un giro per i corridoi. Se vuole accomodarsi.”

“Con onore.”

 

 

 

“Come ti è venuto in mente di rispondere così ad un professore?! BAKA!”

Naminè con un quaderno arrotolato alla mano destra colpiva occasionalmente la testa bionda del compagno.

“Se l'è cercata.” Brontolò lui difendendosi con le braccia incrociate sulla fronte.

“Conta almeno fino a cento prima di dire cose così ad un insegnante!” Un altro colpo.

“Penso che vada bene così capoclasse.” La interruppe Axel rubandole il quaderno dalla mano.

“Axel-kun non si merita nessuna gentilezza.”

“Va bene, ma non pensi che i compiti in più non siano già abbastanza?”

“Pensi forse che io li faccia?”

Non appena Naminè sentì la sua risposta strappò dalle mani del più alto l'arma e lo picchiò con tutte le sue forze.

 

 

 

“Mi vuoi spiegare cosa ci faccio qua Naminè?”

“Te l'ho spiegato almeno cinque volte, siamo solo venuti ad aiutare Tsubasa.”

 

 

 

Dear Mom,

How are you? Are they treating you well? Everything is fine here in Japan.

I wanted to call you but because of the time zone I couldn't find an hour in which we weren't both busy, so I decided to send you a letter.

I've just known one of my classmate and I think she's really pretty. Her name is Naminè, we have the same age and she has the best mark of the entire class.

Sis is taking care of me and she tries to buy everything that I want.

I'm happy here. I hope you're fine right now and to return home as sooner as possible.

Wish you were here,

Axel.

 

 

 

Traduzione
Cara mamma,

Come stai? Ti stanno trattando bene? Sta andando tutto bene qua in Giappone.

Volevo chiamarti, ma a causa del fuso orario non sono riuscito a trovare un'ora in cui non eravamo tutti e due occupati, quindi ho deciso di mandarti una lettera.

Ho appena conosciuto una mia compagna di classe e penso che sia molto carina. Si chiama Naminè, abbiamo la stessa età ed ha i voti più alti di tutta la classe.

Sorellona si sta prendendo cura di me e cerca di comprarmi tutto quello che voglio.

Sono felice qui. Spero stia bene adesso e ti tornare a casa il più presto possibile.

Vorrei fossi qua,

Axel



Commento di un'autrice ritardata: Siete pregati di abbassare quelle forche.
Chiedo scusa a tutti coloro che si aspettavano una pubblicazione costante e rapida. Purtroppo il tempo e ispirazione mi sono stati nemici finora e come se questo non fosse già abbastanza, un novo membro si è intruffolato nella famiglia. Si tratta di un cane ahah
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e di riuscire a pubblicarne uno un po' più intrigante nelle prossime settimane. NOTA DELL'ULTIMO MINUTO: Mi sono accorta che i capitoli sono stati spostati a cause ignote, chiedo umilmente scusa nel caso vi siate sentiti disorientati. Giusto per Informarvi Got it? Memorised? È prima di Invidia e solitudine.
Per ora vi saluto con un bau...
BAU! 




 

 

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