così vicini, così lontani

di elsa_the_snow_queen_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo ***
Capitolo 2: *** Sola ***
Capitolo 3: *** Occhi azzurro ghiaccio ***
Capitolo 4: *** Tanti litigi e un arrivederci ***
Capitolo 5: *** Una notte insonne ***
Capitolo 6: *** Fiocco di Neve ***
Capitolo 7: *** Come d'incanto ***
Capitolo 8: *** Tutta colpa di Anna ***
Capitolo 9: *** La sfida ***
Capitolo 10: *** Palle di neve e ricordi ***
Capitolo 11: *** Quando la neve si scioglie ***
Capitolo 12: *** A domani ***
Capitolo 13: *** Conto alla rovescia ***
Capitolo 14: *** Pace ***
Capitolo 15: *** L'eccezione ***
Capitolo 16: *** Il passato di Nord ***
Capitolo 17: *** Scelte ***
Capitolo 18: *** LEGGIMI ***



Capitolo 1
*** Solo ***


I passi pesanti e maldestri degli yeti svegliarono Jack, che sonnecchiava nello studio di Nord. Il ragazzo si alzò pensoso, chiedendosi come facesse a trovarsi lì. – Ah, buongiorno Jack! – lo salutò tutto allegro Nord, intento a scolpire giocattoli di ghiaccio. Lui istintivamente strinse la mano attorno al bastone. Il perché fosse in quello studio premeva ora come non mai, ora che Nord lo salutava come se trovarlo lì invece che in camera sua fosse normalissimo. – Nord – lo chiamò il ragazzo – Perché sono qui? -. – Poche storie ragazzo,ora tu sei Guardiano! – gli rispose Babbo Natale.  Jack Frost sorrise, e si mise in spalla il bastone. Essere un Guardiano era fantastico, ora lo sapeva. E pensare che prima sarebbe stato il primo a dare dei matti ai quattro Grandi … che erano diventati cinque, adesso. Le cinque Leggende. Jack ripeteva molte volte quel nome nella sua testa, orgoglioso di far parte di quel gruppo tanto esclusivo e potente.
Un brusco colpo di tosse di Nord lo riportò alla realtà. – Questo lo so, e ne sono molto felice – disse Jack – Ma ero convinto di essermi addormentato in camera mia stanotte. Perché mi sono svegliato qui? -. Nord si fece subito serio, e la sua espressione tradiva preoccupazione, ansia. – Tu … ti senti solo, ragazzo – gli disse tutto d’un fiato. – Solo!?? Io ho voi! – rise Jack. – Beh, sì, ma … tu senti la mancanza di qualcuno con tuoi stessi poteri. Qualcuno molto simile a te. E ti agiti per questo … nel sonno.  – disse allora Nord.  Jack puntò il suo bastone contro il muro. Subito, quello si ricoprì interamente di ghiaccio. – Vedi ciò che ho fatto? È spettacolare, e se nessuno può farlo oltre me, beh … non posso fare altro che dirmi contento. Detesterei la concorrenza. – rispose lui, con un sorrisetto compiaciuto. – No è momento di scherzare. Faccenda è seria. Se continui ad agitarti, Sandy non può più farti sognare cose belle. – spiegò Nord. – E allora? Pitch ormai è andato, e … – cominciò il ragazzo, ma Babbo Natale non lo lasciò finire. – Pitch Black è fuori da giro, sì, ma senza né incubi né sogni tu non puoi dormire. Sarai sempre più stanco. Non riuscirai più a muovere un solo passo, e allora i bambini non crederanno più in te … se succede, la tua carriera da Guardiano può dirsi kaputt. – Nord sottolineò l’ultima parola con un gesto teatrale delle mani. – Lo ammetto, è come dici. Ma io non posso fare niente, l’hai detto, non c’è nessuno come me! – e così, quasi urlando, Jack ritenne chiusa la questione e volò fuori dalla stanza. La raffica di vento fu così forte da rovesciare tutti i giocattoli che Nord teneva sul tavolo.  

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Capitolo 2
*** Sola ***


A centinaia di chilometri di distanza, non in un rifugio ma bensì in un sontuoso castello, c’era una ragazza che provava le stesse cose di Jack. A differenza del nostro Guardiano, che viveva e operava in segreto semplicemente per amore dei bambini, la ragazza era una regina e non c’era dunque nessuno che fosse più di lei sotto i riflettori. Dopo aver vissuto a lungo segregata nella sua stanza nel tentativo di nascondere i suoi poteri, Elsa li aveva finalmente liberati e finalmente aveva imparato a controllarli.  Una mattina, quella stessa mattina in cui Jack aveva ammesso di sentirsi solo, Elsa stava decorando la piazza principale della città con splendide sculture di ghiaccio. Sua sorella Anna la chiamò: – Elsie, hai finito? Manca poco! –.  – Un secondo, manca il tocco finale … – rispose Elsa mentre ghiacciava l’acqua delle due fontane. La giovane Elsa non indossava il solito abito da ricevimento, ma lo stupendo vestito azzurro dal lungo strascico che aveva creato insieme al suo Palazzo, su alla montagna del Nord, ed i suoi lunghi capelli quasi bianchi erano acconciati in una morbida treccia alla francese.  Elsa trasse un profondo respiro e poi sbatté il piede sinistro sul terreno: tutta la piazza divenne un’enorme e perfetta pista di pattinaggio. Infine, alzò le mani al cielo e un lampo di ghiaccio esplose nell’aria: era il segnale che il ricevimento poteva iniziare.
Kristoff arrivò correndo, in sella alla fidata renna Sven. – Elsa … dov’è Anna? Sarei voluto venire prima ma i troll hanno insistito più del solito … mi sono perso qualcosa? – ansimò il montanaro scendendo da Sven. Elsa stava per rispondere, ma sua sorella fu più svelta: saltò al collo di Kristoff e lo abbracciò. – Non ti sei perso nulla, ero io che stavo iniziando a sentirmi persa senza di te! – gli disse dolcemente. Poi i due si scambiarono un bacio, ed Elsa ridendo si allontanò. – Elsa! – la chiamò una voce familiare: era Olaf, il pupazzo di neve parlante che lei stessa aveva creato.  – Ciao, Olaf. Come va? È tutto a posto su alla montagna? – gli chiese Elsa sorridendo. La regina appariva serena, ma in realtà si stava mostrando felice per nascondere la tristezza che provava: non voleva che si scoprisse che stava iniziando a sentirsi sola, e per di più stava anche diventando noioso per lei non poter essere “simile” a qualcuno.  Si sentiva insomma diversa, incompresa, ma non voleva che nessuno, tanto meno Anna e Olaf, lo sapesse. – Sì, io sto benissimo Elsa - le rispose lui – Ma tu? Non hai una bella cera … –. Il pupazzo pose la sua mano, in realtà un rametto, su quella di Elsa. Lei la strinse per un attimo, poi la luce che era tornata nel suo sguardo scomparve. – Non preoccuparti per me, me la cavo – disse evasivamente Elsa – Ma visto che sei venuto per la festa, che ne dici di andare a divertirti un po’? –.  Olaf non se lo fece ripetere due volte, e trotterellò più avanti con tutta la velocità che gli consentivano i suoi piedi di neve.
Anna e il suo amato fidanzato camminavano fianco a fianco, abbracciati, ammirando le varie bancarelle adorne di festoni  che esponevano prodotti tipici e indumenti caldi. Tra queste figurava quella di Oaken, il proprietario dell’Emporio Querciola Vagabonda, che se ne stava dietro il bancone con la solita aria disponibile e allegra. – Oh, guarda chi si rivede! – gioì l’uomo notando Anna e Kristoff. Il montanaro fece per andarsene; non aveva buoni rapporti con Oaken, ma Anna lo trattenne e si avvicinò al corpulento mercante, sorridendogli. – Ah, tu e il maleducato ragazzo state insieme? È molto strano, ma io non vendo giudizi dopotutto … vi andrebbe qualcosa? – commentò Oaken congiungendo le mani. – Grazie, ma per il momento niente – si affrettò a dire Anna. – Neanche la sauna? – li invogliò lui indicando una minuscola cabina con dentro una famigliola. – No, neanche quella Oaken – borbottò Kristoff. Intendeva rifiutare con educazione, ma il risentimento era troppo nella sua voce, e Oaken se ne accorse. – Mi stai offendendo di nuovo, brutto …? – lo minacciò Oaken mostrando il pugno, ma Anna lo trascinò via.
– Cosa succedeva con il tizio dell’Emporio? – sopraggiunse Elsa, seguita da Olaf. – Niente di particolare – rispose Kristoff mantenendosi sul vago. – Oh, d’accordo – disse la regina, poco convinta. – Tesoro, credo che siano venuti a prenderti! – esclamò Anna. Una moltitudine di troll stava raggiungendo il quartetto, serpeggiando tra la gente come una fila di sassi viventi. – Vieni, è ora di cena Kristoff! – canterellò una troll piuttosto piazzata, con una ghirlanda di fiori attorno al collo tozzo – Coraggio! -. – In realtà, vorrei  … – iniziò Kristoff, ma non ebbe il tempo di finire: i troll si appallottolarono di nuovo come grossi ciottoli e se lo caricarono addosso, tornando indietro con movimenti perfettamente sincronizzati: un compatto serpente grigio pietra.  Un secondo dopo, la fila scura di sfere fece un brusco dietrofront, e la troll di prima gettò Kristoff tra le braccia della principessa gridando: – Avanti, baciala e salutala! -. Kristoff e Anna si baciarono, poi i troll si ripresero il ragazzo e, quasi con furia, sciamarono fuori da Arendelle, diretti verso le montagne. – Simpatici, eh? – ridacchiò Anna, ma Elsa non si unì a lei: tornò nel palazzo e si chiuse la porta alle spalle, sull’orlo delle lacrime. La regina spalancò la finestra e inspirò a fondo, con gli occhi chiusi, godendosi l’aria fresca della sera. Appena riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu la luna: era bianca e tonda come mai era stata prima, sembrava emanare un bagliore magico. E poi, subito dopo quel magnifico istante di serenità, uno strato di ghiaccio coprì il davanzale.
 
NOTE: Notate qualcosa di familiare nella penultima frase di questo capitolo? Be’, sì, lo ammetto, l’ho fatto apposta … ma sono una Jelsa, il che vuol dire che sono praticamente fissata con questi due! Ci ho messo tanto perché stavolta volevo allungare un po’ di più, ma mi ritengo soddisfatta del risultato. Conto di poter fare sempre meglio :3 Intanto voi recensite, anche le critiche sono, ovviamente, ben accettate … se espresse però con un linguaggio educato, perché c’è comunque tanto lavoro dietro questo testo  ;) 

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Capitolo 3
*** Occhi azzurro ghiaccio ***


Elsa indietreggiò, il fiato mozzo. – Non … non ho toccato il davanzale – sussurrò tra sé e sé, terrorizzata. Con un colpo secco, la regina chiuse la finestra e si accoccolò sul pavimento,  la schiena contro il muro, con il cuore che ancora batteva a mille. Sospirando, Elsa nascose la testa fra le mani. Finché non tornò a respirare regolarmente, la ragazza non ardì muovere un solo passo: fuori c’era qualcosa, o forse qualcuno, molto simile a lei; lo sentiva chiaramente. Dopo diversi minuti, nei quali tentò invano di combattere la bruciante curiosità che la dominava, Elsa cedette. Si rialzò di scatto, un dardo di ghiaccio in pugno, e guardò verso la finestra. I vetri erano coperti da un sottilissimo velo di brina. E poi …
 
 
 
 
Due occhi azzurro ghiaccio, identici a quelli di Elsa, la fissarono per un istante, poi scomparvero. Lei dette un grido. Con un movimento fulmineo, spalancò la finestra e lanciò il dardo. – Chi c’è? Ti ho visto, vieni fuori se hai il coraggio! – strillò determinata la regina delle nevi. – Calma, calma, sono disarmato. Ho lasciato il bastone di sotto, i bambini credono in me ora. – rispose una voce maschile. Elsa non abbassò la guardia: – Il bastone?  I bambini? Che vuoi dire? -. Questa domanda fu spontanea, anche se un secondo dopo averla formulata Elsa si rese conto che non avrebbe potuto chiedere una cosa più inutile ad un potenziale nemico. Il proprietario della voce, senza esitare, balzò dentro. – Non ho modo di usare i miei poteri senza un bastone magico, che ho lasciato al piano terra. Posso solo volare, o al massimo infliggere piccoli colpi che non farebbero male ad una mosca. Tu, invece … usi le tue stesse mani. – spiegò il ragazzo avvicinandosi. Elsa si ostentò a non abbassare il tiro, e rimase con una mano tesa, pronta a gelare quello sconosciuto che parlava di bastoni magici (?). – Ma … la brina … eri tu? – fece a mezza voce. Stavolta la domanda era più sensata. Mentre la poneva, Elsa studiava il suo misterioso interlocutore: era carino, con i capelli bianchi, indossava una felpa azzurra con tracce di brina e un pantalone marroncino lungo fino alle caviglie; aveva i piedi nudi.  Lui sorrise: – Sì, ero io. Mi chiamo Jack Frost, e a quanto pare … ho i tuoi stessi poteri. – . Elsa non poté far a meno di notare quanto fosse bello il suo sorriso e, suo malgrado, ricambiò. Poi abbassò la mano: aveva capito che non c’era nulla da temere, anzi, ora che aveva scoperto l’esistenza di qualcuno simile a lei si sentiva terribilmente bene.
- Ehm … io sono Elsa. Come hai fatto a trovarmi? – chiese. – Io non avevo intenzione di trovarti, o meglio, non avrei mai sperato di farlo. – rispose Jack. Vedendola arrossire, abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli.  – Ma ora mi sento molto meglio, perché ho capito che non sono solo – le confessò lui. Elsa abbozzò un altro sorriso. – Anche io provo la stessa cosa. Prima mi sentivo incompresa – rispose. – Riguardo ai tuoi poteri, Elsa … è stato Manny a darteli? – domandò Jack, che dopo un primo momento d’imbarazzo era tornato, come sempre, un po’ sfacciato e spigliato. – Oh, io ci sono nata. E poi, chi sarebbe questo Manny? – disse lei. – L’Uomo nella Luna, guarda, lì! – spiegò il Guardiano indicandole il volto appena visibile della luna. –  È molto bello – ammise Elsa. – Lui mi ha reso così, capisci? Sono caduto in un lago per salvare mia sorella e … – iniziò Jack, ma le parole gli morirono sulle labbra: udiva un tintinnio fin troppo familiare. Entrambi si voltarono verso la finestra, e videro l’enorme slitta di Nord sfrecciare nel cielo, con a bordo i quattro Grandi. Dentolina, leggiadra, saltò giù e raggiunse la finestra, picchettando con impazienza sui vetri. Elsa, stupita, aprì, e la Fata si precipitò dentro.
 – Oh, Jack, eravamo così preoccupati! – cinguettò lei abbracciandolo. Il ragazzo si ritrasse, e subito dopo Nord piombò dentro dal camino. Pochi secondi dopo, un buco apparve nel pavimento annunciando l’arrivo di Calmoniglio. Sandy raggiunse il gruppo grazie al suo aereo di sabbia dei sogni. – Che cosa ci fate tutti qui? – tuonò Jack. – E che cosa ci fai tu in stanza di regina in cuore di notte? – chiese Nord di rimando. – Regina? – mormorò Jack incredulo. – In teoria sì, ma non mi hai dato il tempo di … – si aggiunse Elsa. – Hai parlato con lei? – fece Calmoniglio. Sandy indicò la brina sui vetri. – Le hai mostrato quello che puoi fare? – s’indignò Dentolina. – Oh, bene, è tutto perfetto. – sbuffò Nord. – BASTA! – gridò Elsa, e contemporaneamente tutta la stanza si gelò: la finestra si chiuse con un tonfo. 

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Capitolo 4
*** Tanti litigi e un arrivederci ***


Tutti, Jack compreso, ammutolirono di fronte alla potenza della sfuriata di Elsa. – Lei ha tuo stesso potere! – esclamò Nord. La regina si torse le mani, agitata. L’espressione di Nord subito si addolcì; Sandy si arrischiò perfino a far vorticare sulle teste dei due ragazzi un cuoricino di sabbia dorata, che Jack dissolse con la mano. – Piccoletto, non hai capito – gli disse ridendo – Voglio sapere di più su come ha ottenuto i poteri. Oh, sarà fantastico! Finalmente non sarò più l’unico a convivere con questo potere, potrò passare del tempo qui per … –. Dentolina gli lanciò contro un rotolo di filo interdentale. – Sei un Guardiano, non puoi passare troppo tempo fuori ora, o i bambini ti vedranno! – lo rimproverò. – Dovrei passare il tempo chiuso in un nascondiglio come fate voi, per ridurmi poi ad aiutare bambini che non vedo mai? No, no, no, starete scherzando spero! Sono il Guardiano del Divertimento, io! – disse Jack. Elsa separò i litiganti con un altro getto di ghiaccio. – Questa ragazza ti assomiglia, s’impiccia sempre in cose che non dovrebbe – commentò Calmoniglio con un ghigno. – Sta’ zitto, canguro! – lo rimbeccarono all’unisono Elsa e Jack. I due per un momento risero insieme, poi fu Nord a prendere la parola. – Dovremmo andare – annunciò – Ma potrete rivedervi, voi due, sarà utile. –. Nord ammiccò a Jack, che distolse lo sguardo. Dentolina, il cui viso si era prima colorato di trionfo, sbuffò. – Allora ciao … ehm, alla prossima – li salutò Elsa. La regina si era accorta che Dentolina era gelosa, perciò preferì non insistere su data e ora del prossimo incontro, anche se sapeva che lo avrebbe atteso con impazienza.
- Fammi capire bene – esordì Anna dopo che Elsa le ebbe detto tutto – Un tipo carino e scalzo con i tuoi stessi  poteri si è presentato volando in camera tua, e poco più tardi un vecchietto con due tatuaggi, un altro tipo giallo, un coniglio formato gigante e una tipa con le ali lo hanno raggiunto a bordo di una slitta volante e se lo sono portati via? –. Elsa disegnò con la neve le cinque Leggende. – Non sono tipi, Anna, ma i cinque Guardiani! E poi, io non ho mai detto che Jack fosse carino … – rispose la regina.  – Da come me l’hai descritto, mi ci gioco la testa che è ciò che pensi !– ridacchiò la rossa. – Non è questo l’importante – disse Elsa – Ma il fatto che noi due abbiamo gli stessi poteri  … -. Anna non riuscì a trattenersi : – Wow, sorellona, parli già di “voi due”! Devi essere cotta a puntino! -. Elsa per tutta risposta le tirò un cuscino, colpendola in pieno viso. La principessa si rimise in piedi, ridendo, e scosse la testa. – A parte il tipo,  che non è assolutamente carino per te, gli altri te li sarai immaginati … sono storie per bambini! – provò a farla ragionare Anna. Elsa rispose con un’altra cuscinata. – Li ho visti – continuò ad ammettere la regina – Ma se tu non mi credi fa’ pure. –. Anna alzò gli occhi al cielo e, borbottando qualcosa come “sono solo favole”, uscì dalla stanza.
Sulla slitta di Babbo Natale, intanto, i bollori non si erano ancora raffreddati. Il tragitto da Arendelle al Polo era lungo, e i Guardiani avevano passato tutti i chilometri già percorsi a discutere fra loro, sempre più animatamente, finchè Dentolina si era chiusa in un silenzio tombale e Calmoniglio aveva abbandonato il gruppo, proseguendo il viaggio grazie alle sue gallerie. Era rimasto solo Sandy, che continuava a disegnare Elsa e Jack abbracciati con la sabbia, ignorando le proteste di quest’ultimo. – Smetti, Sandy, lascialo in pace – intervenne Nord, spronando le renne perché accelerassero. Sandy si mise a braccia conserte. – Oh, grazie al cielo – sospirò Jack – Non ti togli più dalla testa quest’idea, eh, piccoletto? –. L’omino dei sogni aveva un’aria meditabonda, e saltò sul sedile quando si accorse che Jack lo stava osservando. – Se provi a metterla anche solo in uno dei miei sogni … – lo minacciò Jack accennando al bastone. – Ora smetti tu, ragazzo!  - disse Nord. – Va bene, d’accordo – sbottò Dentolina. Solo in quel momento gli altri tre si accorsero che la Fata aveva portato Dente da Latte con sé. Quando incrociò lo sguardo di Jack, la ragazza abbassò gli occhi. – Denty! – sbuffò Nord. Lei si limitò ad ignorarlo, e scese dalla slitta. Ogni Leggenda, uscendo dall’hangar, raggiunse la propria camera. 


NOTE: Sì, lo so, è un po' corto.. ma aspettate e vedrete, è solo il 4° capitolo e ho così tante idee in testa :3 Magari, in parallelo con questa, dopo il prossimo capitolo avvierò un'altra ff... Non lo so di preciso, deciderò XD 

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Capitolo 5
*** Una notte insonne ***


Jack tentava di addormentarsi, ma i suoi pensieri tornavano sempre alla ragazza conosciuta nel pomeriggio. “Com’è possibile” pensava tra sé e sé “Che una ragazza con i miei stessi poteri e così dannatamente bel – voglio dire, come abbiamo fatto a non accorgerci l’uno dell’altro?”. – Siamo così … connessi tra noi, eppure così lontani materialmente! – Jack aveva iniziato a parlare ad alta voce senza accorgersene, ed era ormai caduto vittima di un turbine di emozioni contrastanti . Nella stanza iniziò a fioccare, prima dolcemente poi con furia, e così ad alternarsi; quando la bufera rallentava Jack si diceva: – Potremmo essere amici, devo sapere di più sui suoi poteri, devo andarla a trovare solo per questo. È necessario che io sappia. – e invece, quando era il cuore a prevalere, la neve aumentava e la tramontava soffiava, mentre Jack sussurrava a sé stesso: – Eppure, c’è qualcosa in lei … Non so il perché, ma … No, non è possibile, non è possibile!!! – e di nuovo la tempesta si placava.  Per buona parte della notte sembrò che il Guardiano avesse perso il controllo: fu Sandy a calmarlo una volta per tutte, bombardandolo con la sabbia dei sogni. La neve sparì, il vento cessò di ululare, e Jack Frost rimase addormentato in mezzo alla stanza. Dopo essersi accertato che la bufera (nel vero senso della parola) di emozioni non avesse lasciato traccia, l’omino dei sogni uscì dalla camera del ragazzo per andare a diffondere altri sogni. Non aveva però visto che un solo, piccolo fiocco di neve era rimasto nella stanza, e adesso fluttuava dappertutto, finchè non cadde sulla felpa di Jack e lì rimase, senza sciogliersi, per tutta la notte.
La nottata di Elsa fu altrettanto movimentata: fremeva dalla voglia di rivedere il suo nuovo amico, ma ogni volta che si chiedeva il perché non riusciva a darsi una risposta. In preda ai dubbi, la regina fece più e più volte il giro del castello, camminando silenziosa come un gatto in tutte le sale: ogni volta che incontrava un quadro che ritraeva una coppia di innamorati, il suo pensiero andava per un attimo a Jack; poi, fermamente, Elsa scacciava quelle idee dalla testa e, sospirando, continuava il giro. Quando arrivò davanti alla camera di sua sorella, provò più volte la fortissima tentazione di svegliarla e raccontarle i suoi timori, ma resistette: il rimorso che avrebbe provato nell’interrompere il suo sonno, mescolato all’irritante certezza che Anna aveva sull’inesistenza delle Leggende, la convinsero a proseguire imperterrita.  Pochi minuti dopo, mentre scendeva la lunga scala a chiocciola diretta al pian terreno, si pentì di quella scelta e, divorata dall’ansia, decise di uscire sul balcone per prendere una boccata d’aria. Elsa si affrettò, con un nodo alla gola, mentre le emozioni prendevano il sopravvento e ogni suo passo lasciava un velo di brina sui gradini; le scale andavano man mano ghiacciandosi mentre la regina correva verso il balcone come impazzita. Non sapeva perché, ma Elsa stava piangendo: con un urlo strozzato inciampò nell’ultimo gradino e per evitare di cadere si afferrò alla maniglia del balcone, che si congelò all’istante. – No, non va bene, sono agitata – sospirò Elsa tormentandosi le mani – Coraggio su, devo riuscirci -. Agitò la mano e il balcone si spalancò. La ragazza alzò gli occhi al cielo, mentre per la prima volta dopo tanto tempo sentiva le lacrime cadere sulle proprie guance: vide la Luna, il volto del vecchio Manny appena visibile, che sembrava concentrare su di lei la flebile luce argentea. – L’uomo nella Luna … Manny … - esclamò Elsa – Se ha aiutato Jack potrebbe consigliare anche me! -. La regina posò le braccia sul balcone, il mento sul dorso di una mano, e iniziò a parlare alla Luna.

NOTE: Capitolo finito con un po' di suspence, lo so XD Forse, ma dico forse, pubblicherò anche il 6° nello stesso giorno... non credo ma tenterò :) Intanto voi leggete e recensite :3 

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Capitolo 6
*** Fiocco di Neve ***


NOTE: Anzi, no, così è monotono, facciamo che sono angoli pre e post capitolo… in inglese, però, perché io può XD
Quindi …
PRE-CHAPTER CORNER: Capitolo un po’ pepato, qualche scaramuccia …  Ok, avvisati!
Per la prima volta nella storia, la polvere di Sandy fallì. Jack si svegliò appena un paio d’ore dopo essere stato “annientato” da Sandman, con un unico desiderio: tornare ad Arendelle. – Ehi, vento! Portami da Elsa! – ordinò il ragazzo. La tramontana si alzò, e Jack iniziò a volare a velocità folle, con i capelli scompigliati e, malgrado tutto, un gran sorriso sulle labbra. – Parlerò con lei! – urlava felice mentre zigzagava tra i tetti – Ciascuno potrà sapere qualcosa di più sui poteri dell’altro!-. Poi, una scia verdina e violetta gli bloccò il passo. Era Dentolina: probabilmente l’aveva seguito sentendolo uscire.  – Torniamo al Rifugio. Ora. – disse la fata imperiosamente. Era un tono che non ammetteva repliche, ma Jack Frost non aveva certo paura di un tono di voce più autoritario del solito. – No. Devo sbrigare alcune faccende, e al rifugio ci tornerò da solo quando vorrò. Non prendo ordini da te. – le rispose il ragazzo. Le ali di Dentolina iniziarono a battere più freneticamente che mai: era un chiaro indizio di nervosismo, ma Jack non ci badò e fece per rimettersi in volo, quando la Fata del Dentino tornò a tagliargli la strada. Stavolta lei aveva la risposta pronta, e infatti ruggì petulante: – E da chi li prendi gli ordini, dalla tua Elsa? Non ti curi più dei bambini? Potrebbero vederti! –. Jack sbatté il bastone, congelando il tetto su cui si trovavano. – Dei bambini ne abbiamo già parlato, sai come la penso – ribatté furente il Guardiano – Ma adesso dovresti smetterla Denty, ti stai rendendo ridicola. E poi, non temi che possano vedere anche te? -. – Non chiamarmi così! – sbottò Dentolina – Come osi, ingrato, dire ad una Leggenda più esperta di te, che si è esposta al pericolo per te, quello che deve fare?  Sei solo uno sfacciato, Jackson Overland! -. Il cuore di Jack smise per un attimo di battere: sapeva che Dentolina aveva accesso ai suoi ricordi e a tutta la sua vita passata, ma non avrebbe mai immaginato che avrebbe usato quelle informazioni  per uno scopo simile. Glielo aveva confidato lui stesso, che stava male nel sentire il suo vecchio nome, fidandosi ciecamente di lei … ed ora eccola lì, la sua presunta amica, che in tutta sicurezza affondava il coltello nella piaga! – Cosa sei capace di fare per gelosia … non me lo sarei mai aspettato. Vattene, Dentolina, o perderai anche questa seconda vita!!! – tuonò Jack. Il suo urlo, misto di rabbia e di dolore, lacerò il silenzio della notte. Gli occhi della Fata si riempirono di lacrime. – Io … oh, Jack, mi dispiace! Non so cosa mi sia preso! – singhiozzò lei. – È che sei gelosa, gelosa perché per la prima volta potresti non essere la mia unica amica! Sono così simile ad Elsa che temevi ti dimenticassi … ti garantisco, non lo avrei fatto, ma ormai è tardi. Per favore, lasciami in pace adesso. – replicò il ragazzo duro; se l’era legata al dito e non ardì abbassare i toni,  né tantomeno lasciarsi intenerire dalle lacrime. – Molto bene – borbottò la Fata tra i denti, in un ultimo tentativo di controllarsi: purtroppo fallì e, tra i singulti, riprese il volo. – Ho perso la mia unica vera amica – si disse Jack risoluto – Devo guadagnarne un’altra. -. Il volto dell’Uomo nella Luna parve rimproverarlo, ma lui scosse la testa e tornò a cavalcare il vento.
Se Manny da una parte aveva appena assistito ad uno scontro molto aspro tra due Leggende, dall’altra era rimasto ad ascoltare la voce stanca e tesa della regina delle nevi che gli chiedeva aiuto. – Manny – stava dicendo in quel momento Elsa, ancora con gli occhi lucidi – Perché piango? Sarà forse l’ansia, saranno le emozioni? Oppure semplicemente sono lacrime allegre? Sono stata felicissima nel conoscere Jack Frost, uno dei tuoi fidati Guardiani, ma una cosa così bella non può togliermi il sonno! O forse può? Beh, l’aver finalmente scoperto che c’è qualcun altro uguale a me è una gioia incontenibile, quasi da non poterci dormire la notte … Oh, io semplicemente non credo che sia per questo. I miei poteri stanno di nuovo prendendo il sopravvento, le mie emozioni stanno diventano incontrollabili … di nuovo. Credevo di averli domati, ma mentre venivo qui ho gelato le scale, e non credo che sia un buon segno. Forse è stata un’emozione fortissima a farmi perdere il controllo, ma quale esattamente? Rabbia e tristezza non possono essere, il ghiaccio sarebbe stato giallognolo, invece era stupendo, aveva dei suggestivi riflessi azzurri … non ho dubbi, era il ghiaccio che creo quando sono contenta. Eppure piangevo … dimmi, Uomo nella Luna, che devo fare? -. La ragazza guardò intensamente la Luna biancastra, speranzosa, sorridendo a quel volto che poteva essere scorto solo da un buon osservatore. Ma la Luna era impassibile, continuava a brillare come aveva sempre fatto, senza dare alcun segno di risposta. Elsa, insolitamente ottimista, continuava a fissarla con tutte le sue forze, sperando di scorgere un qualsiasi cambiamento, anche minimo, in Manny.  Ma nulla accadeva.
- Ehi, Regina, è inutile fare domande alla Luna, non lo sapevi? Io non gli ho chiesto che una cosa, ho aspettato per secoli e ho comunque dovuto risolvere il problema da solo! – ridacchiò Jack, sedendosi accanto a lei. – Jack Frost! – esclamò Elsa sorpresa – Mi hai spaventato … -. Il ragazzo s’inchinò. – Chiedo perdono, Vostra Altezza! – declamò con voce teatrale. Elsa rise.
-  Dai, non prendermi in giro … Cosa sei venuto a fare qui a quest’ora? –
- E tu perché sei ancora sveglia? –
- C’ero prima io con le domande! –
- Beh, e se io voglio diventare primo cosa mi fai? –
- Non dimenticare che abbiamo gli stessi poteri, Frost … -
- Appunto, dovresti stare in guardia anche tu! –
- Non ho paura di te! –
- Neanche io di te, se è per questo. –
- Lasciamo stare, non voglio litigare … -
- Già, io nemmeno, ho avuto la mia parte … -
- Che vuoi dire? –
- No, niente. –
- Va bene, ad ogni modo che ci fai qui? –
- Avrei giurato che tu fossi sveglia, volevo parlare … -
Puf! Elsa cadde a terra. Jack, terrorizzato, istintivamente si voltò. Era Sandman, le mani ancora sporche di sabbia dorata. – Wow, l’hai solo addormentata, meno male! Ma sul più bello … - gemette il Guardiano – E va bene, torno indietro. Ma domani mattina torno qui, e presto anche! -. Sandy fece una faccia spazientita. Stavano per andarsene, quando Jack fece segno di aspettare. Prese il fiocco di neve che gli era rimasto sulla felpa, lo rese un pendaglio di ghiaccio brillante e lo lasciò accanto ad Elsa, con un bigliettino scritto in fretta che diceva: “Al mio Fiocco di Neve”.
POST-CHAPTER CORNER: Finale leggermente fluff, lo so :3 Mi piace troppo questo capitolo, non so perché XD 

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Capitolo 7
*** Come d'incanto ***


- Elsa … Elsa! Svegliati, svegliati su! -.
La voce squillante e allegra di Anna fu la prima cosa che Elsa sentì appena un istante dopo aver aperto gli occhi. – Sì, Anna, sono sveglia … - borbottò Elsa alzandosi, con gli occhi mezzi chiusi e una grandissima voglia di riaddormentarsi. – Che cosa sei rimasta a fare qui fuori ieri notte, eh? Sei un’ inguaribile romantica, l’ho sempre detto io che ti eri innamorata … hai preferito restare sveglia a guardare la luna, ma pensa! – sorrise Anna con sguardo sognante.  Solo in quel momento, tutto d’un colpo, Elsa si rese conto che aveva dormito sul balcone e che la sorella indossava il suo abito da cerimonia. – Ma … io … Perché sei vestita così? – disse confusa. Poi fece un passo avanti, e urtò con la punta della scarpa il fiocco di neve che Jack aveva reso una collana. – Questo cos’è? – si chiese. Mosse la mano e il pendaglio iniziò a fluttuare sospinto dal vento. Sarebbe dovuto finire tra le mani di Elsa, ma Anna lo afferrò a metà strada e notò il biglietto. Con uno sguardo malizioso, la principessa si affrettò a srotolarlo e lesse: - Al mio Fiocco di Neve. -. Sventolando entrambe le cose con aria trionfante, Anna chiese spiegazioni. – Non ho idea di chi me l’abbia regalato – mentì Elsa. Anche se non aveva visto Jack creare il ciondolo con i suoi occhi, sapeva che lui sarebbe stato l’unico capace di farle un regalo simile. “Wow, è un regalo stupendo” pensò Elsa mentre Anna ridacchiava. – Forza, innamorata, ora torniamo dentro. Hai scordato che oggi ci sarà un importante ricevimento in un regno qui vicino? Siamo state invitate, ma se non ci sbrighiamo arriveremo tardi! – disse Anna precipitandosi dentro di volata. – Sì, arrivo, ma ricorda che non sono innamorata! – commentò Elsa seguendo la sorella. Appena arrivata in camera, però, la prima cosa che fece fu indossare il suo bellissimo fiocco di neve.
Al Rifugio tutti erano molto più calmi: i Guardiani non erano certo invitati a ricevimenti o feste! I Cinque grandi si stavano godendo un’appetitosa colazione a base di waffles grondanti di cioccolato fuso, generosamente preparati dagli yeti, ma Jack era ancora a metà del primo waffle. Giocherellava con la forchetta, con aria assente e lo sguardo perso nel vuoto, mentre gli altri intorno a lui mangiavano e scherzavano. – Sbrigati con quelli, ragazzo, o avverrà un furto! – ridacchiò Nord, facendo finta di infilzare un pezzetto di cialda. – Graaw arr ditt alminn? – grugnì Phil, guardandolo con aria truce. – No, no, Phil, sono buoni … ma non ho molta fame oggi, ecco tutto. Puoi prenderli davvero se ti va, Nord. – disse Jack alzandosi. Una Fatina del Dentino gli sfrecciò davanti, impedendogli di proseguire. – Jack, aspetta – fece Dentolina dal fondo della sala – Ecco, io volevo … -. – Pensavo che potessi fermarmi di persona, Denty. Comunque stai sprecando fiato, non voglio ascoltarti. – borbottò il Guardiano scacciando la Fatina. Dentolina si librò in aria e si fermò di fronte al ragazzo. – Eccomi qui, ora se tu volessi … - iniziò la Fata, ma Jack non la lasciò proseguire; le girò intorno scocciato e volò via. – Jack! – gridò lei. – Non voglio ascoltarti! – ripeté lui duro; anche se si ostentava a fare l’offeso, in realtà si stava annoiando a mantenere l’arrabbiatura. Jack non era solito usare spesso la parola “scusa”, ragion per cui, combattuto tra l’orgoglio e un pizzico di rimorso, preferì fare scena muta e lasciò la sala. Oh, quanto avrebbe voluto dimenticare e presentarla meglio ad Elsa! Anche se, a pensarci bene, forse non sarebbero andate molto d’accordo … e poi, inutile negarlo, Dentolina la sua parte di colpa ce l’aveva.  – No, è presto per tornare ad Arendelle … - rifletteva tra sé e sé il Guardiano camminando in circolo nella neve – Eppure … eppure sento di dover tornare, adesso o mai più! Sta per succedere qualcosa, devo essere lì, devo esserci … -. E poi un turbine di neve l’avvolse impedendogli di vedere: Jack vorticò a lungo e, quando riaprì gli occhi, era ad Arendelle.
Disorientato dai molteplici giri compiuti, Jack si sentì mancare e cadde. – Jack! – gridò una voce: era Elsa, che indicò immediatamente a due delle guardie che la stavano scortando di sorreggerlo. – Ehm … sorreggere chi, Vostra Maestà? – chiese uno dei soldati grattandosi la testa. – Kristoff, ti prego, fa’ presto, reggi quel tipo! – strillò Anna prontamente. Kristoff, che era stato educato bene dai troll riguardo le Leggende, vide Jack e lo prese. – Wow, Elsa, è questo il famoso Jack Frost? – chiese Anna avvicinandosi curiosa. – Sì, ma … come fate a vederlo? – fece di rimando la regina. – Beh, è l’unico dei tipi che mi sembrava reale, te l’ho detto – spiegò la principessa. Kristoff commentò: - Troll. -, poi gli fece aria con il cappello. – Guardate – esclamò Elsa – Si sta svegliando … -. 

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Capitolo 8
*** Tutta colpa di Anna ***


Jack aprì gli occhi lentamente, rimettendosi in piedi a fatica. – Ehi, amico, tutto ok? – chiese Kristoff sorreggendolo. – Che … voi … mi vedete? No, no, no, questo non dovrebbe succedere! – esclamò il Guardiano liberandosi dalla stretta del montanaro. – È inutile, ti vediamo signor Jack Frost! – rise Anna. – E così – aggiunse – Sei tu quello per cui mia sorella ha una cotta? -.  Elsa lanciò un’occhiataccia ad Anna, e non potè evitare di arrossire. Anche le guance di Jack si colorarono, ma poi si riprese scuotendo la testa. Fece qualche passo avanti, gelando il terreno. – Perché mi trovo qui? – disse a voce alta, come se i tre potessero rispondergli. – Questo devi saperlo tu, Jack – ridacchiò Elsa. Il ragazzo si grattò la testa, pensieroso. – Ehm – tossicchiò il soldato più alto – Dovremmo andare …-.
Anna:  - Un secondo, un secondo, abbiamo un problema qui … -
Guardia: - Che tipo di problema, Principessa? –
Elsa: - Jack può tornare a casa da solo, Anna … noi dovremmo andare –
Kristoff: - I troll, in realtà, mi insegnavano che i Guardiani escono dai loro nascondigli per motivi ben precisi. Sempre. –
Anna: - Sentito? Uno scopo ben preciso! Credo che volesse rimanere un po’ con te, Elsie … se vuoi, posso andare al ricevimento con Kristoff e … -
Elsa: - Anna! –
Jack: - Sentite, so solo che un vortice di neve mi ha portato qui. Non ho uno scopo preciso, né tantomeno quello di parlare con Elsa! –
Anna & Kristoff: - Vortice di neve? –
Guardia: - Vostre Altezze, è davvero tardi … -
Anna: - Elsa, qui c’è qualcosa di strano. Dopo il ricevimento, potremmo accompagnare Jack dai troll … ma nel frattempo, l’unica che può capirlo sei tu. –
Elsa: - Eh? Ma … -
Anna non le lasciò il tempo di dire altro. Trascinò Kristoff dietro di lei sulla carrozza e chiudendo lo sportello, mentre i cavalli già trottavano, gridò: - Un giorno mi ringrazierai! -.
 
 
POST CHAPTER CORNER: So che è brevissimo, ma almeno ho superato il blocco dello scrittore XD
E poi, mi piace lasciarvi con questa domanda: cosa succederà ora che, “per colpa” di Anna, Elsa e Jack hanno il tempo di conoscersi meglio?

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Capitolo 9
*** La sfida ***


Elsa era come impietrita, ancora sorpresa dal rifiuto di Anna di adottare qualsiasi altra soluzione che non fosse quella di andare al ricevimento e lasciarla lì a Palazzo con Jack. – Anna! – gridò la regina con tutto il fiato che aveva. – Ah ah, che bel tentativo. Contaci, ti avrà sentito di sicuro – disse sarcastico Jack, guardandola da sotto in su. La reazione di Elsa fu istantanea: con un solo, secco movimento della mano centrò in pieno viso il Guardiano con una palla di neve. Jack barcollò e cadde all’indietro con un gridolino strozzato. – Jack, è tutto a posto? – chiese subito la ragazza inginocchiandosi di fianco a lui. Era seriamente preoccupata, e rimase con un palmo di naso quando si accorse che Jack era steso a terra con aria addirittura rilassata e si azzardò perfino a chiederle con fare innocente: - Allora ci tieni a me?-.
- Pff, non più di quanto tu tenga a me – disse Elsa in tono piccato, anche se stava sorridendo.  Fu la risposta di Jack a spiazzarla totalmente:
- Allora ci tieni moltissimo. –
- Perché, tu quanto tieni a me? –
- Moltissimo, ovviamente. –
- Ma ci siamo appena conosciuti! –
- E allora? Una vera amica la riconosci subito. –
- Oh … -
- Che c’è? Che ho detto di male? –
- No, niente … anzi, grazie. Non credevo di importarti così tanto. –
- Beh, sei simpatica, hai i miei stessi poteri e … -
Jack si interruppe, indeciso se parlare o no. Elsa lo guardò interessata. Dopo un po’ che se ne stavano in silenzio,  la regina sbottò: - Allora, la finisci la frase? -. Jack si rimise in piedi con uno scatto, creò una palla di neve e ridendo propose: - Facciamo così, reginetta delle nevi. Dimostrami che sei più forte di me e ti dico quello che dovevo. -. Elsa si cambiò d’abito con un movimento della mano: si sentiva più a suo agio con il vestito azzurro. – Quindi? – fece il ragazzo con aria di sfida. La risposta di Elsa fu poco più forte di un sussurro:
- Accetto -.

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Capitolo 10
*** Palle di neve e ricordi ***


Jack fece cadere la palla di neve a terra: era rimasto senza fiato di fronte alla bellezza di Elsa. La regina, che aspettava a braccia incrociate, lo interrogò con gli occhi. – Ehm .. no, è che so farlo anch’io. – si difese debolmente lui, schioccando le dita. Il mantello che aveva la prima notte da Jack Frost si materializzò sulle sue spalle. – Ah, d’accordo – annuì Elsa – Ma ora vogliamo cominciare? -. Jack si mise il bastone in spalla. – Qui dentro? Non credo che vorresti essere vista perdere da tutti i tuoi camerieri, non saresti più credibile come regina delle nevi. – la stuzzicò lui. Elsa non rispose. Semplicemente saltò sulla ringhiera della scala a chiocciola e iniziò a scivolare verso il pian terreno, urlando: - A chi arriva prima! -. A quel punto il Guardiano chiamò il vento e iniziò a sfrecciare giù in picchiata più veloce che poteva. Ignorando i volti sgomenti dei servitori di passaggio, Jack accelerò un’ultima volta e toccò terra per primo. Pochi istanti dopo Elsa scese dalla ringhiera, borbottando che aveva imbrogliato. – Dolente di informarvi che questa capacità rientra solo nel mio repertorio, Vostra Altezza – fece Jack con un profondo inchino. Elsa scattò verso la porta e l’aprì. – Dolente di informarvi – iniziò la regina, ma una palla di neve in pieno viso la zittì. Senza dire nulla, Jack aveva dato il via alla sfida. E senza dire nulla, Elsa gli spedì contro una raffica di neve che avrebbe steso chiunque altro. Ma non Jack. L’unico effetto che ottenne fu quello di farlo cadere a pancia in su nella neve. Mentre si rialzava Jack disse qualcosa, ma della neve gli era finita in bocca ed Elsa non capì. Quando Jack ingoiò tutta la neve, ripeté la frase. – È meglio che inizi a correre. -.
Elsa non se lo fece ripetere due volte: gelando le mattonelle che calpestava, corse fino a non poterne più, e si fermò per riposare. Si era addentrata nei boschi che ricoprivano i fianchi della Montagna del Nord. Più su, in cima, c’era il suo Palazzo di Ghiaccio, distrutto per metà dalle guardie di Hans. La regina scacciò dalla mente quei ricordi, e si concentrò su un problema più importante: dov’era Jack Frost? Un tiro ben piazzato, che la colpì sulla nuca, le disse che era proprio alle sue spalle. Si girò, e i suoi sospetti ebbero conferma: era proprio lui, appollaiato sul suo bastone, con la mano ancora tesa in avanti. – Sei silenzioso come un gatto, non c’è dubbio – disse Elsa – Ma sarai altrettanto agile?-. Detto questo, la ragazza iniziò a bombardarlo con lampi di neve e palline di varie dimensioni, ma era tutto inutile: Jack le evitava come se non avesse fatto altro per tutta la vita. Quando Elsa, quasi senza più risorse, creò una palla di neve enorme, finalmente centrò il bersaglio. Il Guardiano, disorientato, fece qualche passo in avanti ed ebbe il tempo di fare una sola cosa: tirare a sé Elsa. I due finirono, abbracciati e ridenti, nella neve. Elsa si rimise in piedi quasi subito, arrossita ma ancora decisa a combattere:  bruciava dalla curiosità di sapere. – Beh, è inutile che continuiamo. Nello scontro diretto vinco io. – decretò Jack – Ma voglio darti un’altra chance. Parliamo di opere compiute in passato. Io ho generato un’onda di ghiaccio che ha fermato, se pur temporaneamente, l’Uomo Nero. E tu? -. Elsa lo guardò con aria di superiorità, colta da un’idea improvvisa. Era il primo, e per lo più unico, pensiero che le era venuto in mente alle parole “opere compiute in passato”. – Notevole, Frost – ridacchiò quindi la regina – Ma la mia opera batterà la tua, ne sono certa. -. – E cosa avresti fatto, sentiamo? – chiese Jack. – Ho costruito un intero palazzo con il ghiaccio. – disse asciutta lei. – Beh, questo ti farebbe vincere tutto reginetta … se solo ti credessi. – rise il Guardiano, e si alzò in piedi anche lui. – Hai perso la scommessa, non finirò la frase. Ora torniamo indietro, forse quei troll di cui parlava la rossa mi diranno perché la bufera mi ha portato qui. -. – Fermo dove sei – ordinò Elsa – posso farti vedere il castello -.
Dopo un po’ che camminavano, Jack si fermò di botto e disse: -Avanti, Elsa, se solo mi permettessi di … -. La ragazza lo fulminò con lo sguardo: - No e poi no, non mi fido di te! Ordineresti al vento di farmi cadere solo per dispetto, lo so. -.  Jack, spazientito, la prese in braccio e ignorando le sue proteste volò rapido fino alla cima della montagna. Al trentesimo – Mettimi giù!-, il Guardiano si decise ad accontentare la regina e la fece scendere. – Non osare più farlo! – strillò lei rossa in viso – Abbiamo solo perso tempo!-. Il ragazzo la guardò negli occhi divertito e disse: - Elsa, siamo arrivati -. 

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Capitolo 11
*** Quando la neve si scioglie ***


PRE-CHAPTER CORNER: Attenzione, capitolo con alcune sequenze drammatiche. Perdonatemi vi prego, ma vi garantisco che l’ho fatto per lo sviluppo della storia. Vedrete, sarete ripagati …
 
Elsa si rivolse a Jack con aria di sfida: - Sei ancora pronto ad affermare di essere il migliore, Frost?-.  Lui lanciò una rapida occhiata alle rovine del palazzo.  – Sì – rispose – Dato che quello non può essere chiamato palazzo. Ma che diamine è successo? -.
Il mondo per Elsa sembrò fermarsi. Aveva deciso, solo per una stupida scommessa, di portare un quasi completo estraneo, se pur con un bel carattere, nel luogo dove albergavano molti dei suoi ricordi più terribili. Anna che veniva trafitta al cuore dalla furia della sua tempesta. Hans che le dava del mostro e tentava di convincerla a riportare l’estate, pur sapendo bene quanto lei che era impossibile. Che l’accusava della morte di Anna e tentava di ucciderla. Le scene scorrevano, lente e dolorose, davanti ai suoi occhi. Sentì, senza alcun preavviso, le lacrime correre lungo le guance.  Come aveva potuto fidarsi, come aveva potuto credere che Jack avesse dato per buono il suo palazzo, che avrebbe educatamente sorvolato sul perché delle rovine? Era solo un ragazzo orgoglioso e desideroso di vederla sconfitta, superficiale e insensibile. Esattamente come gli altri ragazzi che inutilmente avevano cercato di attaccare bottone con lei. Tutti uguali. Che stupida era stata …
- Quello che vuoi … l’unica cosa che vuoi veramente … è vedermi sconfitta. Ma te lo giuro, non avrai questa soddisfazione! – gridò la regina, con la voce soffocata dai singhiozzi. Subito dopo, senza attendere nessuna risposta, iniziò a correre precipitosamente giù lungo la montagna: l’unica cosa che desiderava, in quel momento, era barricarsi nel suo castello e non avere più a che fare con Jack Frost. Ma, anche se correva scossa dalla rabbia e dal pianto, una parte di lei le diceva che non sarebbe mai stato possibile.
Intanto, Jack era rimasto con un palmo di naso. Si tormentava i capelli, chiedendosi  cosa mai avrebbe potuto dire di così orribile per ferire i sentimenti di colei che amava. Sì, l’amava profondamente, se ne era appena reso conto, e la cosa lo riempiva di gioia, alternandosi a tristezza e confusione.  – Devo rimediare, devo trovare un modo – ripeteva in tono piatto come una nenia. Poi, volgendosi di nuovo a guardare le rovine del palazzo, un’idea gli balenò in mente: l’avrebbe ricostruito.  Si diede da fare per ore, e quando si fermò per tirare il fiato fu stupito: era di nuovo meraviglioso e perfetto. – Allora, doveva essere così prima – commentò il Guardiano. Appena finì la frase, la neve iniziò a turbinargli attorno: il suo tempo era terminato e la neve lo stava riportando al Polo, stavolta lo sapeva. – Addio, Elsa. Ti amo – disse; poi, la tormenta si fece più fitta, sottraendo il Palazzo di Ghiaccio alla sua vista. 

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Capitolo 12
*** A domani ***


Al Rifugio, i Guardiani lo accolsero felici e preoccupati insieme. La prima a farsi avanti fu Dentolina, che prese le mani di Jack tra le sue e disse: - Senti, Jack … per quello che ti ho detto, mi scuso. Sentiti libero di fare quel che vuoi, come è giusto che sia … ma per favore, torniamo amici. Mi manchi tanto. -. Poi la Fata mollò la presa e abbassò lo sguardo, in attesa. – Grazie, Denty. Perdonami anche tu – mormorò Jack a mezza voce; era tanto scosso dagli avvenimenti di quella giornata che perfino sostenere l’arrabbiatura gli sembrava vano. Evitando le domande degli altri Guardiani, Jack salì in camera sua e si chiuse a chiave. Appena l’ebbe fatto, però, provò il desiderio di essersi scusato meglio, ma ormai era tardi. Aveva recuperato Dentolina senza nessuno sforzo, semplicemente aspettando che fosse lei a farsi avanti. Qualcosa gli diceva che con Elsa non sarebbe stato così facile. – Ragazzo, devo parlarti – fece Nord entrando nella camera. – Ma, ma … - balbettò il ragazzo – Credevo di aver chiuso a chiave -.  – Dimentichi che io sono padrone di casa, e ho seconda copia di ogni chiave – ammiccò Babbo Natale. Poi si sedette accanto a lui e tornò serio. – Ho visto il tuo teletrasporto. In effetti, ero sicuro che l’avresti fatto presto – disse Nord – E credo di sapere anche che sei tornato da regina di Arendelle. Sbaglio? -. – No, hai ragione – ammise il ragazzo – ma io non so neanche come ci sia riuscito, e … - per un momento si bloccò, indeciso se mettere Nord al corrente di tutto o no. Poi decise che se c’era qualcuno a cui poteva chiedere aiuto, quello era proprio lui, e continuò: - E, se proprio vuoi saperlo, ho combinato un bel casino -. Nord si alzò e iniziò a camminare in circolo mentre parlava, per concentrarsi: - Beh, come ci sei riuscito lo so. Ogni Guardiano può farlo. Quando c’è un bisogno impellente di andare in un posto molto lontano per risolvere problemi, tuoi poteri ti aiutano. E ti ci riportano finché non è tutto a posto. Ogni giorno, stessa ora.  Il vero problema è: tu, Jack Frost, hai risolto? -. Qui Nord si fermò, un indice contro il petto di Jack, i grandi occhi fissi nei suoi. – Te l’ho detto, il problema l’ho solo creato – ripeté il ragazzo. – Allora tornerai là – sentenziò Nord – per risolvere problema. Domani, stessa ora di oggi. Assicurati di riuscirci, può diventare tremendo se ci metti molto. -. – Io .. io non posso. Non so come fare! – sbottò Jack. Nord riaprì la porta, rasserenato: - Oggi, in qualche modo, hai trovato soluzione. Domani mettila in pratica, e tutto andrà bene. Adesso vieni, si mangia! -. Jack scosse la testa, si tolse la felpa e si rintanò sotto le coperte. – Oh, vuoi dormirci su, eh? Beh, augurati che Sandy ti permetta … l’ho visto giocare con sabbia. Creava ragazze. – ridacchiò Nord. Jack, per tutta risposta, con un mezzo sorriso ordinò alla porta di chiudersi alle spalle di Nord.
Ad Arendelle, intanto, Anna e Kristoff erano tornati al castello: lui era rincasato dai troll, mentre la principessa stava cenando insieme alla sorella. – Ehi, Elsie – esordì Anna – Com’è andata a finire con quel tipo? -. Elsa sentì mancarle il fiato, ma si sforzò di rimanere composta e rispose: - Abbiamo chiarito ed è tornato a casa sua -.
– I troll lo hanno aiutato? –
- Oh, sì, siamo andati da loro come volevi tu. –
- E così … dopo che me ne sono andata, siete filati dritti dai troll e il tipo se n’è andato? –
- È quello che abbiamo fatto, sì. –
- Ne sei sicura? Non siete andati da nessun altra parte del regno? –
- Certamente no. Non ne avevamo motivo. –
- Beh, allora i troll hanno la memoria corta. –
- Come? –
- Ho accompagnato Kris dai troll, e li abbiamo trovati molto annoiati. Hanno detto che non è passato nessuno di interessante dalle loro parti. Erano anche un po’ indispettiti. –
- Oh … e come mai? –
- Hanno sentito delle voci, ed erano convinti che venissero da loro. Ma poi non è venuto nessuno. –
- Anna, io … -
- Ti sei voluta divertire con il tipo, ed avete fatto a palle di neve, lo so. –
- Ma … -
- I troll ci sentono molto bene. In ogni caso, aspetto i ringraziamenti che mi devi. –
- Prego? –
- Beh, è finita bene no? –
- Ehm … sì, davvero benissimo. Grazie –
Anna guardò Elsa negli occhi. – Stai mentendo. Allora, cos’è successo dopo le palle di neve? – disse Anna incrociando le braccia. – Wow, Anna, ma come … - si lasciò sfuggire la regina. Anna si alzò dal suo posto e l’abbracciò. – Sei mia sorella. Sei un libro aperto per me – sorrise la principessa.  A quel punto, Elsa si arrese e le raccontò ogni cosa.  - Non prendermi per Cupido – commentò Anna alla fine – Ma secondo me siete semplicemente fatti l’uno per l’altra. Se vuoi lasciar perdere l’amore, potrebbe venirne fuori comunque una meravigliosa amicizia, secondo me. Domani torneremo al Palazzo, anzi, ci tornerai da sola, e vedrai che chiarirete tutto. Me lo sento -. Elsa non riuscì ad obiettare, anche se aveva mille domande e osservazioni da fare; abbracciò la sorella, la ringraziò per la comprensione e andò a letto. In qualche modo più tranquilla, la regina scivolò subito in un sonno profondo.
POST-CHAPTER CORNER: Siamo in dirittura d’arrivo, e mi sento cattiva per lasciarvi ancora sospesi così … ma ve lo assicuro, avrete il vostro finale jelsoso XD

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Capitolo 13
*** Conto alla rovescia ***


- Buongiorno – sorrise Anna, porgendo alla sorella un vassoio per la colazione. – Non dovevi, davvero. – disse Elsa mettendosi a sedere. – Oh, no, dovevo invece! Sembrava l’unico modo rimasto per svegliarti. – commentò in risposta lei. – Che vuoi dire? È tardi? -. Elsa balzò in piedi e si ricreò i vestiti, poi con un colpo secco aprì la porta. La principessa scosse il capo, le diede la tazza di caffè che aveva preparato e con l’altra mano afferrò il resto della colazione. – Non abbiamo impegni ufficiali, oggi, ma … - iniziò Anna, ma Elsa stava già scendendo le scale mentre beveva dalla tazza. – Anna, so che vuoi dire, ma risparmiatelo. È bruciante desiderare così tanto un chiarimento dopo … beh, lo sai. – si rabbuiò la regina prendendo il vassoio. – Magari c’è un motivo … una ragione. Non puoi volere la pace con qualcuno se non te ne importa in modo particolare. – azzardò la ragazza. Elsa sbatté il vassoio sul tavolo con violenza. Il caffè rimasto nella tazza schizzò sulla preziosa tovaglietta ricamata a punto croce. Una delle domestiche accorse per rimediare al disastro.  – Perdonatemi – pianse Elsa, il viso tra le mani – Non so cosa mi stia accadendo -. E poi, accadde l’inaspettato: la regina riaprì gli occhi, ancora velati di lacrime, e vide tutti i momenti felici trascorsi con Jack passarle davanti. Mentre assisteva come rapita alla proiezione del loro primo incontro, seguita dalla loro lunga battaglia, una sensazione di calore le insinuò dentro. Era amore, non quello fraterno che la legava ad Anna, ma un altro tipo di amore, nuovo e inarrestabile. Elsa amava Jack, lo amava sin dal primo momento, ed ecco perché voleva riaverlo a tutti i costi. Era come se, quella sera, dall’incrocio dei loro occhi azzurri come il ghiaccio fosse scaturita una scintilla. Ed era intenzione di Elsa impedire a quella scintilla di spegnersi.
La stessa intenzione animava Jack: mentre l’ora del teletrasporto si avvicinava minacciosa, il Guardiano si tormentava i capelli, cercando un modo per calmare le acque. – L’amo. E se l’amo troverò un modo.  – si ripeteva -  Non m’importa cosa dovrò superare, se dovrò costringerla ad uscire dal castello … -. Il ragazzo si fermò bruscamente. Con le mani creò un piccolo castello di ghiaccio, la copia ridotta di quello che aveva ricostruito. I suoi occhi brillavano. I pensieri, nella sua mente, correvano frenetici, s’inseguivano, ma alla fine Jack riuscì a far combaciare tutti i pezzi: ora era tutto chiaro, ogni domanda aveva una risposta, ogni perché era saziato. – I miei poteri mi hanno portato da Elsa perché capissi che l’amavo. Mi hanno fatto creare un piccolo problema per risolverne uno più grande. Nord aveva ragione, mi sentivo solo. Ed ora posso rimediare: il castello, questa era la chiave, l’ho ricostruito senza sapere la ragione e adesso capisco tutto. Tornerò ad Arendelle e lo mostrerò alla mia regina. Le spiegherò ogni cosa, se me ne darà la possibilità. -. Jack camminava a grandi balzi, sereno e fiducioso, anzi addirittura impaziente di tornare nel regno di Elsa. Nord, che aveva origliato, si allontanò canterellando un festoso motivetto russo.
- Sei pronto, ragazzo mio? – chiese Nord un’ora dopo. Jack aprì la porta. – Wow, stavolta hai bussato! – rise lasciandolo entrare. – Ottimo. Hai ripreso umorismo. – commentò Nord. – Beh, quello non posso permettermi di perderlo più di tanto. Sono il Guardiano del Divertimento! – fece lui. – Torni a essere orgoglioso. Ancora meglio. – sentenziò  il vecchio. – Ehi! – sbottò Jack, ma finì di nuovo a ridere. – Sei decisamente allegro. Hai trovato modo? – s’incuriosì Nord, anche se sapeva già tutto. Jack annuì. – Oh, meraviglioso! Allora per l’ultima volta vai là. Bravo, fatto bene a spicciarti, si è molto stanchi dopo certi viaggi … - festeggiò la Leggenda accennando un passo di giga. Jack sussultò: l’ultima volta? – No, no, no – lo contraddisse istintivamente – Io tornerò da lei ancora molte volte. L’amo, lo sai! -. Nord tentò di rispondere, ma l’orologio rintoccò undici volte: era ora.
POST-CHAPTER CORNER: La suspense c’è ancora, lo so, ma ho una notizia: forse riesco ad aggiungere più capitoli del previsto! Tenetevi pronti per un tenero happy-ending :D

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Capitolo 14
*** Pace ***


Stavolta Jack stava benissimo, infatti dopo l’inevitabile caduta si rialzò di scatto. Era davanti al Palazzo di Ghiaccio. – Sei stato tu … a ricostruirlo? – chiese una timida voce alle sue spalle. Jack si girò: la regina delle nevi era tornata! – Sì – disse lui – Non … non ti piace? -. – No, cioè sì … è proprio come prima. -. Elsa sorrideva, ma nella sua voce c’era una nota di freddezza. Jack l’avvertì all’istante. Era come se fossero connessi, loro due, si capivano al volo anche se si conoscevano da neanche un anno. Fu quando vide quel sorriso stentato, e subito dopo l’ombra di dolore negli occhi di lei, che Jack capì di dover agire. In quel preciso istante. Adesso o mai più.
- Elsa … mi dispiace per averti fatto piangere. È buffo, non capisco neanche il perché … e non voglio saperlo, certo, ma non voglio incomprensioni tra noi. Qualsiasi cosa abbia fatto, perdonami –
- Grazie Jack. Voglio spiegarti il motivo, sarebbe ingiusto altrimenti. Promettimi solo una cosa: non giudicarmi. Ho avuto quello che meritavo –
Jack promise, ed Elsa finalmente lasciò uscire tutto quello che aveva dentro. Raccontò tutto quello che le era accaduto, il gioco che aveva ferito Anna, i genitori, l’incoronazione e tutto il resto. Si fermò più volte per riprendere  fiato, e quando descrisse il suo isolamento inevitabilmente fece gli occhi lucidi, ma ebbe la forza di proseguire.  Terminato il racconto, si lasciò cadere ai piedi della scala di ghiaccio. Jack si sedette accanto a lei, circondandole dolcemente le spalle con un braccio.
- Mi dispiace. Non avevo idea di quello che avevi passato –
- Oh, è tutto a posto adesso. Non lo sapevi. Sono stata io la stupida, ti ho accusato senza avere certezze. –
- Continuo a ripeterti, Elsa, che è colpa mia. Ti ho sfidato io. –
- E io ho accettato con troppo orgoglio! –
- Eri semplicemente convinta di farcela. –
- Lo eri anche tu, e così è stato. –
- No, ti sbagli. –
- Ma … hai vinto! –
- Adesso sono pronto ad affermare che siamo uguali. Anzi, tu sei addirittura meglio –
- Meglio? –
- Beh, insomma … di pochissimo. Solo uno zinzino … -
- Oh, smettila! –
- Perdonami, lo penso davvero, ma anche l’orgoglio è forte. –
- In me perfino troppo forte … -
- Senti, regina delle nevi. Devi smetterla di crederti impotente, quel che è stato è stato. –
- E non tornerà mai più? –
- No, mai più. Te lo prometto, il male lo terrò lontano io. –
 
I due si abbracciarono forte, senza più parole da dirsi. Dopo un po’, il vento iniziò a soffiare e il cielo si riempì di nuvole cariche di neve. – Credo di dover andare, Elsa. – disse Jack – Tieni, voglio che tu la legga dopo che me ne sarò andato. -. La regina prese la lettera che lui le tendeva, e fece un passo indietro mentre la tormenta gli turbinava attorno e l’avvolgeva, come al solito. – Jack! – gridò Elsa all’improvviso, nel tentativo di sovrastare gli ululati del vento. Gli urli erano troppo bassi, però, e così Jack riuscì a vedere solamente i movimenti delle sue labbra. Che formavano una, anzi due brevi parole: ti amo. 

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Capitolo 15
*** L'eccezione ***


Elsa non resistette un secondo di più: appena Jack scomparve, si sedette sulla neve e iniziò a leggere la misteriosa lettera.
“ Non sono molto bravo in queste cose Elsa,e voglio solamente dirti che appena ti ho vista, ho capito che tutte le distanze si possono annullare, oppure annullarsi da sé senza farlo sapere. Siamo così vicini, per il carattere, le idee e i poteri, eppure così lontani l’uno dall’altra. Era destino che ci incontrassimo, sembriamo una cosa sola. Vorrei che potessimo esserlo davvero, Jack”
La regina sorrise come non aveva mai fatto prima. Erano quattro righe buttate giù alla meno peggio, e che non esprimevano moltissimi concetti, ma per lei fu come ricevere un vero poema. Mentre ripiegava il foglietto e lo rimetteva al suo posto, desiderò che Jack l’avesse sentita quando se n’era andato.
Il Guardiano, invece, non aveva idea di quello che Elsa avesse detto, e ora si struggeva per tornare indietro. Nord sospirò e si sedette accanto a lui. – Potrai urlare e disperarti, ma tuoi poteri non ti daranno più aiuto. Era quello che temevo di dirti. – iniziò lui. Jack aprì la bocca, ma Nord lo bloccò. – Fa me finire, ragazzo mio! – proseguì tutto serio – Tuttavia, ci sono altri modi per tornare là. Puoi usare slitta, ma serve me per Natale. Ci sarebbe globo di neve, ma è kaputt e non ho ancora tempo per aggiustarlo. Forse Calmoniglio può condurti in sue gallerie … ma dopo bufera, non ti aiuterà. Volando è troppo pericoloso, il viaggio è lungo e difficile, e tu sei innamorato Jack. Il tuo nuovo difetto più grande … -. Qui Nord tacque per un istante, e questo bastò a Jack per rispondere. – Sono innamorato, non tonto! – fece lui ridendo. Avrebbe voluto continuare, ma l’ombra negli occhi di Nord lo bloccò. – Che … che ti succede? – chiese timidamente Jack. Babbo Natale scosse la testa. – No, è tutto bene ragazzo. Adesso ti parlo di ultimo modo. Se tuoi poteri capiscono che hai dentro forti emozioni, faranno eccezione. Ti condurranno ancora dove vuoi andare, quando vorrai. Ma non fidarti troppo, può essere pericoloso … - e Nord tornò a rabbuiarsi, ma si alzò in tempo e fece per andarsene. – Aspetta … no! Io devo tornare adesso! – gridò Jack. – Inutile, ti porterò io con slitta dopo Natale – rispose Nord. – No, è troppo tardi! – disse ancora Jack. – Non hai altro modo, aspetta con pazienza – fece la Leggenda in risposta. – Allora … non mi lasci altra scelta. Farò appello a tutto l’amore che ho dentro, e spingerò i miei poteri a fare un’eccezione – dichiarò il ragazzo.                             
Nord scosse la testa. – Speravo di non doverlo fare … ma devo. Per tuo bene. Vieni qui, ragazzo. Ti racconterò una storia. -. 

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Capitolo 16
*** Il passato di Nord ***


- Ero diventato da poco Guardiano … il secondo, dopo Sandy. Amavo mio lavoro ed era un piacere avere compito di portare meraviglia, ma la mia barba era meno bianca. –
- Che? –
- Ero giovane, più giovane di oggi. –
- Come se oggi lo fossi … -
- Scusa? –
- No, niente … va’ avanti. –
- Mmh, devo fare pensiero per te su lista dei cattivi … -
- Frena frena frena! In fondo … sei anche più saggio adesso. –
- Va bene, sorvoliamo.  Ora lascia me continuare! –
- Ok –
- Dicevo, essendo giovane mie emozioni erano diverse. Ne provavo una che non nomino da molto tempo, Jack … l’amore. –
- Aspetta … che? Tu eri … proprio tu … io non riesco a … ma … -
- Sì, ero innamorato. Io, proprio io. Non credi? –
- No … cioè sì … non me lo aspettavo. –
- Perché non avrei dovuto? Te l’ho detto … -
- Già, la tua barba era meno bianca. Ma si può sapere quanti anni hai? –
- Sono immortale, ho perso conto di miei compleanni. Perché, tu ricordi dei tuoi? –
- Ehm, in realtà sì. –
- Oh, allora è solo mio difetto! Beh, la mia barba … -
- L’ho capito, adesso è più bianca! –
- Proprio così. Ed ora non interrompere più. –
- E va bene … -
- Amavo con tutto mio cuore una ragazza mortale, alta e bionda, con occhi blu stupendi; suo nome era Kate. L’avevo conosciuta a scuola, e per fortuna lei ricambiava. Mai c’era litigio, o urlo, che desse fastidio. Eravamo perfetti. –
- Beh, e allora? –
- Sii paziente! Dopo pochi anni dalla nostra unione … -
- Eravate addirittura sposati? –
- Oh, sì. Non c’era cosa più bella che poterci chiamare “marito” e “moglie”. –
- Ma avevi detto che eri giovane … -
- Smetti di parlare! Ti avevo già detto di non farlo più. –
- Ah, già! –
- Credo che in certi casi tua memoria sia peggio di mia. –
- Ehm … -
- D’accordo, adesso basta. Fa me finire, o non capirai mai perché è pericoloso creare eccezione. –
- Ma hai detto che eravate felicemente sposati! –
- Sì, certo … finché Uomo nella Luna mi scelse come Babbo Natale. –
- E … -
- E, ragazzo mio, i poteri non erano roba semplice da tenere! Manny aveva ordinato me di non dire a nessuno … neanche a Kate. Così, una notte, scappai. –
- Di punto in bianco? E Kate? –
- Avevamo due bambini, un maschio e una femmina … a loro, disse Manny, potevo svelare mio segreto. Non esitai a farlo. I loro occhi, alla vista della magia, si riempirono di meraviglia. Da quel giorno, col ricordo di quella luce gioiosa, anche io iniziai a percepire meraviglia in ogni cosa … e diventò mio centro. –
- Questo lo sapevo già … -
- Manca poco, avanti! –
- Ops, scusa! –
- I miei adorati figli promisero di non svelare segreto, e per quel che ne so lo fecero davvero.  Ma Kate mi mancava più di tutto … e pregai Manny di aiutare me. –
- Non è mai stato un tipo generoso in queste situazioni … -
- Jack! –
- Mi è venuto d’istinto, Nord … non posso farci niente. –
- Ah, avrò bisogno di molto tempo per decidere su quale lista scrivere tuo nome … -
- Lo immagino. –
- Ad ogni modo … i miei poteri fecero quello che hanno fatto con te. –
- Lo sapevo, Manny rimase fermo! –
- Ehm, in un certo senso sì … ma non ti avevo detto di stare zitto? –
- Pardon! –
- Rividi molte volte Kate, ma teletrasportarmi era faticoso, e di più lo era nascondere. Perdevo anche tempo per giocattoli … non potevo permettere che continuasse. A malincuore, dissi a Kate che non l’amavo più: mentivo, ma funzionò e teletrasporti cessarono. -
- E poi? –
- La mia vita tornò quella di prima, ma mi sentivo distrutto e perso. Di notte, i miei pensieri erano per Kate. L’amavo ancora moltissimo, ora che non era con me addirittura di più: fu mia rovina. –
- I tuoi poteri crearono l’eccezione? –
- Esatto. Ma qualcosa andò storto, forse Manny interferì: Kate passò oltre. –
- Beh, dopo aver saputo che non l’amavi … -
- Ma no, sciocco! Non mi vedeva più … non credeva. –
- Aspetta un secondo … non sapeva della magia. Perché ti ha attraversato? –
- Per lei non esistevo più … neanche come semplice persona. –
- Ma allora, anche questo è un prezzo dell’essere un Guardiano! –
- Purtroppo sì. L’eccezione è bella, ma non sempre ti porta buone cose. –
- Se la provoco, potrei anche litigare di nuovo con Elsa … e per lei non esisterei più. –
- Vedi? È pericoloso! –
- Ma noi esistiamo per stare insieme … -
- Oh, Jack. Dicevo questo anche di me e Kate, ma guarda cosa ha fatto eccezione! –
- E se … il mio amore fosse più forte? –
- Non abbiamo mai litigato, noi, mentre tu e la regina avete già avuto esperienza. –
- Ok, ma … -
- Niente ma, tu non farai eccezione! Tra due giorni penserò io a voi. –
- Tu sapevi dei pericoli dell’eccezione. Ma te ne sei fregato. Sai dirmi perché? –

Jack si era alzato, e ora puntava furioso un dito contro Nord.

- Io … l’amavo. –
- Bene. Anch’io amo Elsa. – . 

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Capitolo 17
*** Scelte ***


Elsa raggiunse il luogo dove si ergeva il suo Palazzo, e restò senza fiato. Era di nuovo perfetto, cristallino e grandioso. C’era una sola persona che avrebbe potuto ricostruirlo: Jack. La regina sorrise. Forse non tutto era perduto. Non vedendolo in giro, pensò che fosse troppo presto e raggiunse i piedi della scala. Appena pose un piede sul primo gradino, un secondo strato di brina più delicato si sovrappose agli altri che formavano la costruzione. Così fu per ogni scala che la ragazza saliva, le braccia lungo i corrimano lucenti, l’azzurro bellissimo del ghiaccio inondato dalla luce del sole che quasi le feriva gli occhi, ma non le importava, perché era meraviglioso. Ogni cosa lo era. Il complesso ed enorme lampadario era tornato al suo posto, appeso nella sala centrale, e i gelidi prismi che lo componevano mandavano sulle pareti e sul pavimento bagliori suggestivi in un gioco di luci e ombre. Tutto emanava eleganza e bellezza. L’essenza stessa del ghiaccio, grazie a Jack Frost, era tornata a risplendere nel castello, e ancora più grande risplendeva la gioia sul viso di Elsa.
Se solo i due amati si fossero visti in quel momento!  I loro sentimenti sarebbero sbocciati come il più bel fiore al mondo, senza barriere, distanze, complicazioni.  Ma a volte il Destino, così come può essere benevolo, è capriccioso e gioca degli scherzi. Ne aveva in serbo uno anche per i due ragazzi.
Nord corse dietro al Guardiano tentando di fermarlo. – Credimi ti capisco! – gli urlò mentre lo inseguiva per la fabbrica. Gli elfi erano costretti a scartare di lato per evitare i suoi piedi grossi e frettolosi, e borbottavano. – Se fosse vero – rispose Jack a voce fin troppo alta – Mi aiuteresti –. E detto questo sfrecciò via, velocissimo come solo lui poteva fare. Babbo Natale soffocò un’imprecazione in russo e tentò di accelerare, ma gli elfi glielo impedivano. Perse la pazienza. – Sciò, voi e vostre teste a punta! – urlò con tutto il fiato che aveva. Anche gli yeti sussultarono, figurarsi gli elfi! I poveretti scapparono in tutte le direzioni, agitatissimi e pallidi come cenci, finché il pavimento davanti alla Leggenda fu deserto.
 Ora che la pista era sgombra, Nord poté correre, correre per davvero. Non era certo veloce quanto il vento, ma con poche falcate fu davanti all’ascensore e lo prese per arrivare all’hangar. Sapeva benissimo che avrebbe trovato lì il ragazzo, ma se glielo avessero chiesto non avrebbe saputo spiegare il perché. Era così legato a Jack da intenderlo perfettamente, e tutto il bene che gli voleva non faceva altro che rendere la situazione più complicata. Mentre se ne rendeva conto, le porte si spalancarono e lo vide, al bordo della pista, in equilibrio precario sul cornicione. Saltò fuori così rapidamente da stupirsene e lo raggiunse in due grandi balzi.
 – Ragazzo! – esclamò.
 La sua voce era tesa come una corda di violino, e forse fu questo a far breccia nell’orgoglio di Jack. Lo aveva chiamato con preoccupazione, ansia vera, e non per nome ma con quella parola tanto semplice che racchiudeva in realtà tutto il loro legame. Non erano due semplici colleghi. Erano un po’ come padre e figlio, uniti indissolubilmente, complici in ogni situazione. Jack sapeva che su di lui poteva sempre contare, e così Nord.
- Nord … aiutami. – mormorò.
- Lo farò, te lo prometto, lo giuro sull’Uomo nella Luna! – disse Babbo Natale, speranzoso di poterlo convincere.
- E allora presta fede al tuo giuramento… ti prego… io ho bisogno di vedere Elsa. – insistette lui. Aveva un tono di voce disperato e stanco.
- Certo, certo che lo farai ragazzo! Dopodomani noi… - iniziò Nord con un largo sorriso.
Jack lo interruppe subito. – No. Adesso, Nord. –
Il sorriso del Guardiano si spense.
- Jack, non … non è solo l’amore che rischia, qui. Tu rischi. La tua stessa vita. – rivelò, lo sguardo fisso a terra.
- La mia stessa vita non ha comunque senso, se non posso parlare con lei – affermò Jack. Teneva gli occhi puntati verso il cielo, avrebbe voluto iniziare a volare. Oppure provare l’eccezione. Tuttavia, la presenza di Nord glielo impediva.
- Ragazzo – ripeté la Leggenda.
C’era qualcosa, nel modo in cui pronunciò quella parola, che spinse Jack a voltarsi.
- Non credo di essere stato chiaro, con te – proseguì fermo.
Gli occhi azzurri del ragazzo lo trafiggevano come pugnali, accusandolo silenziosamente e allo stesso tempo implorando aiuto. Era terribile vederlo in quello stato, ma doveva procedere comunque. Per il suo bene.
- Prova a evocare l’eccezione, e morirai immediatamente – .
Aveva cercato di dirlo in modo più dolce possibile, ma l’espressione sul volto di Jack gli suggerì che non era stato abbastanza.
- Da… davvero?! – disse Jack. Tremava da capo a piedi.
- Sì, ragazzo. Non farlo. – gli rispose lui.
- Ma tu … tu avevi detto … - farfugliò sempre più confuso.
- Ho mentito. Manny mi salvò quando ci provai. Era la mia terza e ultima occasione – spiegò in un soffio Nord. La sua voce era piatta, ma c’era un’ombra nel suo sguardo.
- E non … non farà lo stesso con me? – fece Jack istintivamente.
Babbo Natale scosse la testa e gli tese una mano.
- Meglio morire in un colpo solo, piuttosto che distruggersi dentro giorno per giorno – sussurrò Jack.
Voltò le spalle a Nord con un sorriso affranto.
Poi si lasciò andare.
 
 
 
 
 
La gioia iniziale di Elsa era sparita. Erano passate ore interminabili, e di Jack ancora nessuna traccia. Forse aveva scoperto di amare un’altra, magari la fata gelosa che aveva visto qualche sera prima. Lei non lo aveva abbandonato su una montagna, pensò amaramente la regina, e non gli aveva mai fatto nessuna scenata. Di sicuro, avrebbe avuto molti più motivi per sceglierla al posto suo. Ma qualcosa, nei pensieri della ragazza, la convinse fermamente che non c’era nessuno che Jack potesse scegliere, oltre lei. Mai e poi mai nessuno dei due avrebbe voltato le spalle all’altro. E allora perché non si faceva vivo? La ragazza soffriva in silenzio, sola nell’immenso palazzo di ghiaccio. Pian piano fuori iniziò a fioccare. La nevicata leggera divenne presto una tormenta furiosa, quanto più l’attesa si dilungava e la ragazza si struggeva.
- Jack! – gridò. Lo ripetè più e più volte, correndo ovunque nel solitario castello. Quando si fermò non aveva più neanche un filo di voce, e del ragazzo, al solito, neanche l’ombra.
Spalancò con violenza il portone, scese le scale e cadde in ginocchio nella neve.
Attorno a lei la tempesta ruggiva.
Si era ferita correndo, nulla di grave, ma i graffi facevano cadere qualche goccia di sangue sulla neve, tingendola di rosa. Poi, insieme al sangue, iniziarono a cadere le lacrime.
Si sentiva sempre più debole, provata, stanca.
Stanca di lottare.
Stanca di aspettare.
Stanca di disperarsi.
Stanca di vivere.
Ma mai stanca di amare, quello no. Amava ancora Jack con tutta sé stessa.
Ed è a lui che pensava mentre scivolava verso una sensazione strana, simile al sonno…

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Capitolo 18
*** LEGGIMI ***


Cari lettori,
è da tantissimo tempo che non rileggevo questa storia e trovare così tante visualizzazioni insieme a nuove recensioni mi ha stupita.
Non l’ho mai conclusa o per impegni o per mancanza d’ispirazione, e non so quando potrò finalmente apporvi la parola “fine”.
La Jelsa resta una delle mie OTP ma per quanto io mi sforzi non riesco a creare un seguito adatto alle vicende che ho narrato.
Verrà il giorno in cui i nostri due innamorati avranno il loro “e vissero felici e contenti”… ma non è questo il giorno.
Al momento ho nuove idee per la testa, una storia originale fantascientifica intitolata “Glitch” che v’invito a tenere d’occhio se ancora confidate nelle mie – ben scarse – abilità da scrittrice.
Grazie per la comprensione e mille volte scusa,
elsa_the_snow_queen_ 

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