Rebel without a cause

di MargaretMadison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** new year's eve ***
Capitolo 2: *** That's what you get ***
Capitolo 3: *** Hurt ***



Capitolo 1
*** new year's eve ***



















non so perché sto pubblicando oggi quando mi ero ripromessa di farlo a fine mese. forse perché mi è capitata una cosa molto brutta e ancora una volta EFP e i 5Seconds of Summer sono la cura migliore quindi eccomi qui!
la storia è ambientata a Dublino, città che conosco molto bene visto ce ci ho vissuto quasi tre settimane quindi i posti cittai esistono davvero (alcuni sono inventati da me ma la maggior parte esiste davvero).
ci vediamo in fondo al capitolo e buona lettura.
dedico questo capitolo a Caterina e Sara.
vi voglio bene, ragazze!


                         
 
Rebel without a cause - New Year’s Eve
 
 
 
“E ora non ci sei domani è già arrivato
ma brucia dentro sai anche se ero preparato”


 
 
 
Il cielo aveva assunto un colore evidenziatore.
Erano le 6p.m. del pomeriggio e tutta Dublino era in festa per accogliere il nuovo anno.
Svetlana, affacciata all’O’Connell Brigde, contemplava il tramonto, gli occhi verdi puntati verso un punto indefinito difronte a lei. Una folata di vento le mosse i capelli biondi e la costrinse a stringersi nell’abitino nero.
Era il 31 Dicembre, il mondo si preparava per divertirsi mentre Winter cercava l’accendino nella borsa, la sua Camel stretta saldamente tra le labbra carnose. Aveva promesso alle ragazze - e a Calum- che, una volta arrivato il 2015, avrebbe smesso di fumare o, per lo meno, ridurre a un pacchetto ogni due giorni ma anche lei sapeva che non avrebbe mantenuto la promessa.
Kara era stretta nel suo cappotto beige targato Zara e sedeva composta su una panchina affianco a Bonnie che faceva piazza pulita nella sua rubrica, cancellando tutti i numeri di ragazzi che non l’avevano più richiamata.
«Quest’anno sono sicura di trovare quello giusto» disse, come ad ogni 31 dicembre da quando aveva sedici anni.
Adesso di anni ne aveva ventidue e la sua situazione sentimentale non era cambiata di una virgola.
Winter osservava attentamente le ragazze attorno a sé pensando che, se le avesse trovate in un periodo differente della sua vita, probabilmente le avrebbe detestate. Avrebbe odiato l’incostanza e l’accento di Svetlana, la bellezza disarmante di Kara e l’insistenza di Bonnie nel trovare un ragazzo.
«E anche il 2014 è andato» disse Bonnie, riponendo il telefono nella borsetta di cuoio «propositi per il nuovo anno?»
«Smettere di fumare»
Svetlana rise all’affermazione di Winter, un po’ perché non ci credeva e un po’ perché sperava in una risposta differente. «Pensavo qualcosa tipo “Dire a Calum Hood che sono innamorata persa di lui”»
«Fatti i fatti tuoi» rispose acida, buttando la cicca a terra per poi schiacciarla con la punta delle Dottor Martens.
«Hai ragione. Beh, io voglio passare un anno da sola, senza ragazzi, trovare un lavoro e scegliere cosa fare della mia vita»
Bonnie annuì poco interessata ‘che non vedeva l’ora di dire i suoi progetti alle amiche. «Io penso di laurearmi a pieni voti e… trovare il mio principe azzurro»
Svetlana e Winter alzarono gli occhi al cielo, Kara rideva per le espressioni delle amiche mentre Bonnie si finse offesa e incrociò le braccia al petto.
Il problema era che, col passare degli anni, Bonnie non imparava mai la lezione e le amiche avevano visto la sua scarpiera riempirsi di Jimmy Choe tutte le volte che un ragazzo non la richiamava.
«Tu cosa speri di trovare nell’anno nuovo, Kara?» sviò il discorso Bonnie, girandosi verso l’amica.
«Io spero solo di essere felice e rimanere con voi pure quest’anno» rispose arrossendo.
Lo sguardo di Winter s’addolcì. Lei le persone dolci non le sopportava proprio ma Kara era l’unica eccezione, ‘che era impossibile non volerle bene.
Svetlana aveva poggiato la schiena contro la ringhiera del ponte mentre passava pigramente l’indice sulle clavicole.
«Questo era ovvio» replicò la bionda «Avete firmato la vostra condanna a morte il giorno in cui siete diventate le mie coinquiline»
«E se ci facessimo un secondo aperitivo a Temple Bar, prima di tornare a casa?» chiese Winter ‘che a casa avevano finito le Guinness e per lei era impensabile iniziare il nuovo anno senza una birra fresca in mano.
Bonnie scosse la testa. «Incamminiamoci, alcolizzata»
Kara si alzò dalla panchina barcollando sui tacchi. Non aveva smesso un attimo di sorridere.



























MY LITTLE TALK.
ciao ragazze, che dire? eccomi ancora qua!
il prologo è corto, I know ma i prossimi capitoli saranno molto più lunghi.
le ragazze sono quattro e le adoro tutte (in particolare Winter, se mi avete come amica su FB capireste meglio il mio disagio ahahah).
ringraio la mia amica @lulla che mi ha fatto il banner e ringrazio voi per essere arrivate a leggere fino qui, se vi è piaciuto e avete suggerimenti/critiche sono pronta a tutto.
bacissimi
Megghy




vi lascio una foto con le prestavolto. in ordine da in alto a sinistra sono: Svetlana, Kara, Winter, Bonnie.
tutte poco belle, eh?

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Capitolo 2
*** That's what you get ***


inizio a chiedervi scusa perché ancora una volta sono in ritardo. ma, come oramai saprete, la mia vita è un susseguirsi di colpi di scena e la storia é passata in secondo piano.
vi ringrazio di cuore perché mi sembrate molto interessate alla storia, insomma, il prologo ha ricevuto 300 visite e 5 recensioni: 5 (!!!!!) non ho mai avuto un numero così alto di recensioni in un capitolo solo nella sezione 5SOS quindi immaginate quanto sia felice. per questo mi scuso ancora per il ritardo.
l'altra volta mi snodimenticata di spiegare il significato del titolo, "rebel without a cause" in inglese traduce "gioventù bruciata/sprecata". non so quanto sia inerente alla trama ma insomma, suona figo, no?
piccola precisazione: il personaggio di Bonnie é ispirato al personaggio di Gigi del film "la verità é che non gli piaci abbastanza". chi sonosce la storia è avvantaggiata (anche se l'ho modificata un po') se invece non lo conoscete correte a comprarlo, non ve ne pentirete!
ci vediamo in fondo al capitolo.
dedico questo capitolo a Chi mi ha fatto stare male. raggiungere la vetta sarà ancora più divertente.















 



                                                                 
Rebel without a cause - That’s what you get  
 
 
“La cosa più bella resta quello che non ho mai avuto”
 
 
 
A Kara le feste universitarie non piacevano. Un po' perché lei preferiva la musica pop a quella elettronica e un po' perché proprio non sopportava l'odore di alcool ed hascisc che si impregnava sui vestiti. Ma, a dire il vero, era anche perché i posti affollati non facevano per lei, con tutti quei ragazzi che allungavano le mani sul suo corpo magro, privo di forme.
Eppure eccola lì, stretta in un vestito di Svetlana che non le arrivava nemmeno al ginocchio. Stava bene, lo riconosceva, solo non si sentiva a suo agio con quell'ampia scollatura sulla schiena.
E un po' malediva Bonnie per averla convinta ad andare a quella stupida festa e odiava Svetlana per averla praticamente obbligata a mettere quel vestito.
«Guai a te se metti le ballerine» disse Svetlana entrando in camera di Bonnie e Kara. La bionda era entrata nella stanza a fregare gli orecchini a Bonnie e, non appena alzò gli occhi verso l'amica, non poté non sorridere.
Kara era bella, la più bella e particolare tra le quattro. Gli occhi azzurri leggermente a mandorla, le guance scavate, gli zigomi alti e la bocca carnosa rendevano il suo viso meraviglioso agli occhi di chiunque.
Era una bellezza rara, pura proprio come lei.
«Lo sapevo che il verde era il tuo colore» disse Svetlana contenta perché lei, su queste cose, non sbagliava mai.
«Il taxi arriva tra mezz'ora» l'avvisò infilandosi un orecchino «Cerca di essere pronta»
E così, Svetlana lasciò la stanza, bussò alla porta del bagno per incitare Bonnie a sbrigarsi e poi entrò nella sua camera in condivisione con Winter.
«Ancora in pigiama, Winter?» disse la bionda scocciata «Il taxi arriva tra mezz'ora, ti conviene darti una mossa»
Svetlana borbottò qualcosa in russo riguardo al casino che regnava perennemente nella loro stanza e un po' si pentì di aver messo le più disordinate della casa in stanza assieme. Passò davanti allo specchio, sistemandosi le pieghe del tubino nero che le fasciava alla perfezione il corpo snello e tonico e poi afferrò le décolleté nere da sotto un maglione di Winter.
«Non vengo» disse la mora sdraiata sul letto mentre rileggeva "Harry Potter e il calice di fuoco" per la quinta volta.
«Come prego? Winter Bruce si rifiuta di andare a una festa dove danno alcolici gratis?» rise fra sé e sé «Questa è divertente»
Winter chiuse il libro con un tonfo e si girò verso l'amica. «Calum si sta frequentando con una.»
«Oh» fu tutto ciò che riuscì a dire lei.
«Già. Oh.» Winter aprì il libro in una pagina a caso e fece finta di leggere con interesse. Non aveva voglia di parlarne con Svetlana, non ora che era sull'orlo delle lacrime.
Non ora che si era decisa a compare il test di gravidanza, nascosto tra i calzini e i reggiseni nella cassettiera.
«Vuoi parlarne?»
«No.»
Svetlana abbassò lo sguardo sulla punta delle scarpe «Va bene, allora io vado.»
«Ciao.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Bonnie non ce la poteva fare più.
Il vestito rosa, secondo lei, la faceva sembrare una pesca ed era convinta che la parrucchiera le avesse tagliato male i capelli.
Passò velocemente un po' di blush sulle guance e ritoccò la linea sottile di eyeliner.
In teoria quella doveva essere la sua serata: aveva dato oggi l'ultimo esame universitario per quell'anno e, per strada, si poteva benissimo notare l'arrivo dell'estate.
Era maggio inoltrato e, stranamente, quell'anno faceva più caldo del solito per essere in Irlanda.
Improvvisamente sentì Svetlana bussare alla porta del bagno, facendola sobbalzare e, dallo spavento, Bonnie sbagliò a tracciare la linea dell'eyeliner, sporcandosi la palpebra e la guancia.
«Bonnie, muovi quel culo gallese che tra mezz'ora si esce» le urlò la bionda.
«Merda!» esclamò Bonnie.
Iniziò a setacciare ogni armadio e cassetto del bagno alla ricerca dello struccante. Trovò asprine, tampax, trucchi usati e smalti ormai secchi, tutto ma non ciò di cui aveva bisogno.
«Merda, merda, merda» ripeté agitando le mani dal nervoso, com'era solita fare.
«Kara!» urlò affacciandosi alla porta del bagno «Mi porti lo struccante per favore? Ho una strisciata nera sulla guancia»
«Fattene una pure sull’altro lato e nessuno le noterà» suggerì Winter senza alzare gli occhi dal libro.
Bonnie masticò una imprecazione e rientrò in bagno ad aspettare Kara con lo struccante.
Sbuffò, sedendosi sul bordo della vasca da bagno. Niente, quella sera, stava andando per il verso giusto.
Lo schermo del suo cellulare s'illuminò e Bonnie sorrise di riflesso perché sapeva esattamente chi fosse il mittente.
 
@Just_an_ordinary_penguin: come procedono i preparativi?
 
@LookingformyClyde: vuoi la verità? Malissimo, sono più nervosa adesso che in università. Tu sei già alla festa?
 
@Just_an_ordinary_penguin: si e mi sto annoiando. Dove sono finite le ragazze interessanti come te?
 
@LookingformyClyde: tra le braccia di un principe sbagliato :P
 
@Just_an_ordinary_penguin: non ti arrendi mai, eh? Ci sentiamo domani, buona festa! (P.s. magari trovi il tuo principe azzurro stasera)
 
Bonnie sorrise prima di rispondere al messaggio.
E sì, Winter e Svetlana l’avevano iscritta a un sito di incontri per farle un dispetto e mai e poi mai si sarebbe immaginata di trovare un amico.
Subito era rimasta colpita dall’originalità del nome e non ci aveva pensato due volte a scrivergli, tre mesi fa. Da quel momento non si erano mai lasciati. Non sapeva il suo vero nome, nemmeno che faccia avesse, ma con lui riusciva a parlare di tutto e questo le bastava.
Quando Kara arrivò con lo struccante, riparò subito il danno fatto e uscì dal bagno sorridente: quel ragazzo le faceva un bell’effetto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Winter stava guardando svogliatamente MTV che riproduceva una replica di "The new Girl", vista e rivista più volte.
Si passò l'indice sulle clavicole sporgenti dove poteva notare il passaggio delle labbra di Cal, qualche sera fa.
Sbuffò, pescando dalla ciotola una manciata di poc corn. Aveva voglia di birra, adesso, e anche di una sigaretta ma poteva - come non poteva - essere incinta e la sua coscienza la spinse a prendere una fanta dal frigo.
L'orologio segnava la mezzanotte passata quando «Oh, accidenti!» sbottò alzandosi dal divano 'che non ne poteva già più di quella situazione.
Raggiunse camera sua e si diresse subito verso la sua cassettiera, aprì il primo cassetto e lanciò all’aria l'intimo fino a quando non si ritrovò tra le mani il test.
Le tremavano le mani dall'ansia, abbandonò la testa lungo il bordo del mobile e inspirò a fondo.
Cosa avrebbero fatto le altre nella sua situazione?
Bonnie di sicuro avrebbe la situazione sotto controllo, Svetlana sarebbe impazzita e Candice... Lei sicuramente non si sarebbe trovata mai in una situazione simile.
La "relazione" tra lei e Calum era iniziata un po' per gioco, era un passatempo per ammazzare la noia e, all'inizio, non riuscivano proprio a trovare lati negativi alla cosa.
«Si chiama "Scopa-amicizia"» spiegò Calum, avvolto nelle lenzuola candide del proprio letto «Insomma, resteremo amici, solo un po' più intimi» disse calcando l'ultima parola «E nessuno deve sapere di questo... Chiamiamolo "patto"»
Winter si passò la mano tra i capelli, ripensando al pomeriggio in cui vennero sorpresi dalle sue coinquiline.
Ricordava ancora benissimo le urla di Bonnie, la risata di Svetlana e l'imbarazzo di Kara.
Quella sera le ragazze aveva organizzato una riunione di famiglia per parlare della faccenda.
«State assieme?»
«No.»
«Va avanti da tanto?»
«Qualche settimana.»
«Siete sicuri di quello che state facendo?»
«Sì.»
Calum non aveva risposto a nessuna delle domande, teneva lo sguardo basso e giocava coi braccialetti lungo i polsi.
Winter, invece, rispose a tutte le domande a testa alta.
«E quando finirà?» chiese Bonnie, la più arrabbiata di tutte.
Winter alzò le spalle «Resteremo comunque amici.»
E invece eccola lì col fiato corto e un test in mano.
Calum non le scriveva da due giorni - da dopo la litigata - e lei non sapeva proprio cosa fare 'che senza di lui era completamente persa.
Uscì dalla stanza, il cuore che le martellava forte nel petto e la porta del bagno non le era mai sembrata così distante.
Pianse tutta la sera, poi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Svetlana si ricordava davvero poco della serata passata assieme alle altre.
Erano andate a casa di un compagno di classe di Bonnie, vicino a Grafton Street. Aveva visto la castana parlare con un ragazzo alto coi capelli neri, Kara che ballava assieme a delle sue amiche e poi il vuoto.
La testa le faceva malissimo, aveva bisogno di un'aspirina e passare la giornata a letto tranquilla.
Si rigirò nel letto, avvolta in un lenzuolo color porpora che la copriva a malapena.
La stanza era illuminata solo dal sole che filtrava dalla tapparella e da una lampada sulla scrivania.
Non ci mise molto a capire che, se era finita in un letto e non sul pavimento o in una vasca da bagno, era tutto merito di Roger.
Roger Grint era uno dei suoi amici più stretti all’università – quando ancora la frequentava – e nella sua vita privata. Non riusciva proprio a immaginarsi una vita senza di lui.
«Se non fosse per te, adesso sarei tre metri sotto terra» gli ripeteva sempre prima di lasciargli un bacio sulla guancia barbuta.
Svetlana si stiracchiò e poi decise di alzarsi. Lanciò uno sguardo veloce all’orologio e pensò che, probabilmente, Roger le stava preparando la colazione.
Una volta in piedi, si tolse il tubino nero e raccolse da terra una maglia sgualcita dal pavimento e se la mise addosso, respirando a pieni polmoni il profumo del ragazzo.
«Buongiorno, raggio di sole» la salutò Roger, entrando di sorpresa in camera. Indossava una maglietta blu chiara sotto una camicia a quadri verdi e neri, dei jeans larghi e i capelli spettinati. Le sorrise dolcemente, mostrandole fiero la colazione che aveva preparato con tanta fatica, facendo attenzione a non rovesciare il suco.
Svetlana ricambiò il saluto con un sorriso stanco e si sedette sul letto, le gambe incrociate.
Roger aveva vent’anni, qualche lentiggine sul viso, i capelli rossi come la maggior parte della popolazione irlandese e gli occhi verdi. Non aveva un fisico atletico, l’unico esercizio fisico che faceva era giocare alla wii il venerdì sera con i suoi coinquilini. Il resto del tempo lo passava a studiare o in compagnia di Svetlana.
«Dormito bene?»
Svetlana finì di bere un sorso di succo all’ananas e si guardò le mani, doveva assolutamente rimettere lo smalto nero.
«Come un sasso» scherzò «e tu?»
Roger sospirò e deglutì a fatica. Sembrava quasi a disagio, come se nascondesse qualcosa e Svetlana lo notò subito. «Sì, molto bene. Grazie»
«C’è qualcosa che non so, Roger?» chiese indagatoria lei.
«Cosa? No, perché?»
«Roger, non mentirmi. Cosa succede?»
Roger spostata nervosamente lo sguardo da una parte all’altra della stanza, come se stesse cercando una via di fuga.
«È tornato»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kara era stanchissima, quella mattina. Erano rimaste a dormire a casa dei loro amici e alle 8 a.m. Precise si era alzata per correre a lavorare al Dangerous, il bar dove lavorava tre giorni a settimana a O'Connell Street.
Si era fatta un caffè macchiato, poi, approfittando del locale semi vuoto.
Aveva passato una bellissima serata con delle amiche mentre Bonnie parlava con un ragazzo e Svetlana era sparita da qualche parte. Si era divertita, sì, ma avrebbe tanto voluto lanciarsi assieme alle amiche e attaccare bottone con qualcuno.
Aveva appena compiuto ventun anni e mai, nella vita, era stata con un ragazzo.
Iniziò a miscelare il caffè nel bicchierino, un gesto meccanico, mentre si malediceva per essere così timida e incapace di avere una conversazione con un ragazzo.
Alzò la testa dalla tazzina non appena sentì un gran vociare e dei passi sempre più vicini.
Trovò davanti a sé un ragazzo dai capelli ricci, gli occhi cangianti e le spalle larghe messe in evidenza da una semplice maglia bianca attillata, accompagnato da due bambini.
«Voglio un caffè» disse il maschio, aggrappandosi ai bermuda del maggiore.
«Sei troppo piccolo per il caffè, Harry» rispose il grande, divertito nel vedere la faccia delusa del fratello.
Kara sorrise, le piacevano i bambini, soprattutto se così dolci.
Il ragazzo alzò gli occhi, incontrando quelli azzurri di lei. Non appena si accorse della presenza della ragazza, riportò subito lo sguardo sui fratelli.
«Allora niente» continuò il bambino.
«Cosa posso servirvi?» chiese educatamente lei, completamente rapita dal bambino che aveva gli occhi azzurri tanto quanto i suoi.
«Un milk-shake alla banana» disse la bambina, saltellando prima su un piede e poi sull'altro.
Aveva il viso costellato da lentiggini come Bonnie  - ma quest'ultima continuava a nasconderle col fondotinta - gli occhi cangianti come il ragazzo e il nasino fine.
«Per me un cappuccino» disse il riccio, alzando leggermente lo sguardo su lei, per poi riabbassarlo quasi immediatamente.
«E tu?» chiese Kara rivolta al piccolo.
«Anche io il milk-shake alla banana»
Kara sorrise e invitò i ragazzi a prendere posto. Iniziò subito a preparare il caffè e poi i milk-shake per i bimbi.
Tutto sommato, le piaceva lavorare lì. I colleghi erano simpatici e la paga ottima e sempre puntale. Poi era in una delle vie più belle della città e questo era un bonus.
Prese un vassoio, sistemò la tazza e i bicchieri, aggiunse il cacao e le bustine di zucchero quando si sentì addosso un paio di occhi azzurri.
«Ciao» sorrise al bambino – Harry se non ricordava male - che cercava di raggiungere il bancone, troppo alto per lui.
«Mio fratello ti trova carina» disse ridacchiando, coprendosi il viso con le mani paffute.
Kara alzò lo sguardo verso il ragazzo. Osservò il profilo ben delineato, il naso dritto e le fossette ai lati della bocca mentre rideva.
«Dici che devo lasciargli il numero?»
Il bambino annuì con entusiasmo mentre Kara prese un tovagliolo di carta e una penna.
Forse la svolta era arrivata.




























MY LITTLE TALK
allora? mi sono fatta perdonare?
Non so voi ma questo capitolo mi piace da impazire! WINTER e CALUM, io non smetterò mai di dirlo ma li amo alla follia, voi che ne dite?
poi, Bonnie é proprio come Gigi del film che vi ho citato sopra: sempre alla ricerca di attenzioni maschili e poi va beh, avete capito tutti con chi messaggia, lol. (margaret, sei così dannatamente prevedibile).
Svetlana ha come best friend Roger che é un po' cassandra in questo capitolo. ma chi sarà tornato?
infine abbiamo la bella Kara che bho, anche qui prevedibile ma heyyy la ragazza si sveglia fuori! (ma chi non si sveglierebbe con Ashton-sono-un-bel-pezzo-di-manzo-Iriwn davanti?)
spero davvero che questo (lungo) capitolo vi piaccia, ci ho messo stra tanto a scriverlo (questo spiega l'attesa) e mi sono venuti molti istinti suicidi/omicidi.
ora vi saluto, buona domenica a tutte!
bacissimi
megghy


P.s. la mia altra long su (rullo di tamburi) mr. cliffy (prevedibile anche più) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3270412&i=1

 

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Capitolo 3
*** Hurt ***


                                                        

Rebel without a cause - Hurt

 
 

 
“Solo lei ha quel che voglio e sono io ciò che sta cercando”

 
 
 
Quella sera, c’era una strana atmosfera in casa, come se ognuno avesse qualcosa da raccontare. Nulla di strano, visto che le loro cene erano sempre accompagnate da un sacco di aneddoti divertenti sulle proprie giornate.
La prima a parlare fu Bonnie – come sempre – che iniziò a descrivere minuziosamente l’incontro con Brad, un ragazzo che frequenta il terzo anno di medicina.
«Ci siamo anche scambiati i numeri di telefono» ammise ammiccando, il bicchiere di vino stretto i una mano.
Winter ascoltava distrattamente le parole dell’amica, troppo concentrata a finire al più presto il piatto di pasta e dileguarsi in camera a leggere o a guardare un film su Netflix.
«Oh, e ti ha chiamata?» disse la mora, lasciando cadere la forchetta nel piatto vuoto.
In quel momento calò il silenzio nella stanza.
Dopo aver passato tanti anni assieme, le ragazze avevano imparato a come comportarsi con Bonnie: quali parole usare e gli argomenti da affrontare e chiederle se un ragazzo l’aveva chiamata era una delle frasi proibite.
Il sorriso di Bonnie si spense all’improvviso e adagiò il bicchiere sulla tavola.
Aveva lo sguardo infuocato, adesso. Perché Winter sapeva benissimo quanto era stata male in passato per colpa dei ragazzi e lei continuava, imperterrita, a mettere in dito nella piaga.
E, a dirla tutta, era anche stufa di lei, della sua arroganza e del suo modo di comportarsi, come se fosse la padrona della casa. Erano amiche, sì, e si volevano anche bene ma, a differenza delle altre, c’era sempre stata un po’ di competizione tra le due, fin dai primi giorni di convivenza.
«E Calum, Winter? Si è fatto più sentire?»
Kara, seduta tra le due, rigirava svogliatamente la forchetta nel piatto di spaghetti alla bolognese. Allungò la mano sotto il tavolo e strinse la coscia di Bonnie, cercando di calmarla.
Non appena terminò di parlare, Bonnie si morse l’interno della guancia, pentita, forse, di quello che aveva detto.
Winter aveva uno sguardo glaciale.
Si alzò dalla sedia facendola stridere contro il parquet e «Vado a fare due passi»
Bonnie osservò la scena seriamente dispiaciuta e provò a fermare l’amica, chiedendole di restare.
Ma, come sapevano tutte, Winter era troppo orgogliosa per ammettere di essere stata rifiutata e aveva bisogno di tempo per sbollire la rabbia.
«Buon lunedì sera a tutte» esclamò Svetlana, versandosi dell’altro vino nel bicchiere.
Kara ricominciò a mangiare in silenzio, lanciando uno sguardo d’intesa a Svetlana, che alzò le spalle.
«Dite che ho sbagliato a parlare di Calum?» chiese Bonnie, mangiucchiando la pellicina intorno al pollice della mano.
«Assolutamente no» disse Svetlana, pulendosi la bocca col tovagliolo «Non può comportarsi da stronza con te solo perché Calum si è fidanzato. Alla fine era lei la prima a dire che non c’era niente di sentimentale nella loro relazione»
«E io che pensavo si piacessero» sospirò Kara.
«Ovvio che si piacciono, Kara. Sono solo troppo stupidi a non capirlo» disse risoluta la bionda «Parlando di cose serie, chi deve fare i piatti sta sera?»
«Winter»
«Fanculo» disse Svetlana a denti stretti.
Alla fine divisero i compiti tra loro tre: Svetlana sparecchiò la tavola, Kara lavava i piatti e Bonnie asciugava.
«Come sta il tuo amico pinguino?» chiese la castana.
«Bene, ci siamo sentiti ieri sera» disse Bonnie riponendo un bicchiere dentro il mobile sopra il lavello.
«Non sei curiosa di sapere com’è?»
«Beh, un po’ lo sono ma penso che rovinerebbe le cose. Insomma, se Lui fosse diverso da come lo immagino?»
Kara appoggiò sul ripiano l’ultimo piatto e si sciacquò le mani «E tu come lo immagini?»
«Lo immagino un po’ cicciotto, il viso tondo, con piccoli occhi castani e le mèches bionde»
L’amica ridacchiò «E se fosse bello? Oltre che simpatico e intelligente? Sarebbe un problema per te?»
Bonnie rimase zitta, era certamente un problema per una dalla “cotta facile” come lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Winter aveva ventun’ anni, origini portoricane e i nomi dei suoi fratelli tatuati sulle falangi delle mani. Dalla vita aveva sempre ottenuto ciò che voleva: era bella, forte e determinata, quando si metteva in testa qualcosa nessuno la muoveva più.
Aveva sempre la situazione sotto controllo o, per lo meno, questo prima di incontrare Calum al concerto degli One Republic due anni fa.
Ricorda che erano seduti vicini e lui non la smetteva di fissarla.
«Vuoi una foto?» aveva chiesto lei infastidita.
«Una foto non è in grado di racchiudere la tua bellezza aveva detto con un sorriso sghembo «Non ce l’hai una sigaretta?»
Avevano parlato un sacco, prima che le luci si spegnessero, scoprendo di avere tante cose in comune e continuarono a conoscersi una volta finito il concerto, tra le strade vuote di Dublino, fino all’alba.
Proprio ora stava marciando le stesse strade percorse assieme quando non riuscivano a dormire e avevano troppe cose da dirsi.
Era nella zona sud di Dublino, in un quartiere pieno di ristoranti italiani di lusso e in mano teneva un sacchetto di plastica con dentro tre Heineken e una bottiglia di Jagermeister per tenere viva la serata. Si fumò una sigaretta, ringraziando mentalmente gli alimentari pakistani che rimanevano aperti 24/7.
Doveva smettere di fumare, lo sapeva, e anche di bere perché con in grembo un bambino non poteva più permettersi certi lussi. Le ragazze erano ancora all’oscuro della gravidanza, come l’avrebbero presa, poi?
Si sedette su una panchina vuota e appoggiò il sacchetto affiano a lei.
Immaginava già il putiferio che si sarebbe creato in casa. Dove avrebbe messo la culla? Chi avrebbe badato alla piccola – perché già immaginava che fosse una femmina – quando lei lavorava? Come avrebbe pagato le spese? L’avrebbe detto a Calum?
Calum.
Al solo pensiero gli occhi s’inumidirono e catturò con le dita lunghe, le poche lacrime che erano scappata dalle trappole delle ciglia.
Ma da quanto piangeva, poi?
Scosse la testa. Lei era una tosta, non poteva piangere, non per un ragazzo. Soprattutto se quel ragazzo l’aveva abbandonata e messa incinta (anche se lui non lo sapeva, ancora).
Per prima cosa, cercò il cellulare in tasca e digitò il numero di Bonnie per chiederle scusa. Era una delle sue migliori amiche e le voleva bene, non poteva litigare con lei, soprattutto in un momento così delicato dove aveva bisogno di tutto l’affetto del mondo.
Appoggiò il telefono all’orecchio e aspettò pazientemente che l’amica le rispondesse.
Si guardò attorno. L’orologio segnava le 21.08p.m. e per strada vide delle famiglie, coppiette di tutte le età e un gruppo di ragazzi sui sedici anni passarle davanti.
Tutto regolare, pensò, quando la sua attenzione venne catturata da una coppia di ragazzi che uscivano mano per mano da uno dei ristoranti.
«Pronto?» rispose Bonnie al telefono.
Winter sentì la presa nelle mani farsi più debole, fino a cedere del tutto. Si sentiva come un burattino a cui avevano tagliato i fili e il rumore del suo cellulare che cadeva sul marciapiede non la toccò minimamente, nemmeno la voce di Bonnie che la richiamava dall’altro capo del telefono la mosse.
La sua attenzione era fissa sulle mani intrecciate dei due ragazzi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Svetlana, seduta sull’asse del water, si metteva con tutta la parsimonia di cui era dotata lo smalto nero sulle unghie dei piedi, attenta a non sbavare.
Come ogni lunedì sera, Kara, faceva un bagno caldo nella vasca con tanta, tantissima schiuma. Facevano così da quando avevano dodici anni, Svetlana ancora non parlava bene l’inglese come lo parla ora mentre Kara era sempre stata bella e timida.
«Oggi al Dangerous è entrato un ragazzo bellissimo» disse Kara, appoggiata al bordo della vasca, gli occhi socchiusi.
«Ah sì? Ti ha dato il numero?» chiese Svetlana più concentrata sullo smalto che su quello che le diceva l’amica.
«No, gliel’ho dato io»
Svetlana imprecò quando il pennellino le cadde di mano rovinandole il suo perfetto lavoro.
«Cosa? Non ci credo. Stai finalmente uscendo dal guscio, pulcina
Kara ridacchiò «Tanto non mi scriverà, ne sono sicura» disse con un pizzico di amarezza nella voce «Come mai sei così silenziosa oggi?»
Svetlana, con la punta dell’indice, sistemò lo smalto che era sbavato e poi sospirò «Ho parlato con Roger»
«Ha detto che è innamorato di te?»
La bionda fece una smorfia «Ma se avete sempre pensato che fosse gay!»
Kara ridacchiò «Un ragazzo che cede il proprio letto a una ragazza bella come te senza approfittarsene o è gay o è innamorato perso di te. Lo pensano tutti»
«Il punto è un altro» disse gesticolando «Michael è tornato»
Kara rimase a bocca aperta, non si era mica trasferito due anni fa appena finito il liceo?
«Ma Michael era i-»
«In America, lo so. E ora è qui. È qui per restare, capisci?»
«Lo hai incontrato?»
Svetlana scosse la testa «No, e se lo incontrassi gli romperei il naso, quello stronzo» si alzò in piedi e iniziò a fare avanti e indietro per il bagno borbottando parolacce in russo.
«Non l’hai mai dimenticato, non è così?»
Svetlana non rispose, i suoi grandi occhi verdi si spensero.
No, non l’aveva mai dimenticato. Aveva cancellato il suo numero dal telefono – ma lo conosceva a memoria, sebbene e sospettasse fosse cambiato – e, di tanto in tanto, osservava le foto che pubblicava su instagram o facebook e lo seguiva ancora su twitter.
Ricordava a memoria tutti i colori di capelli che aveva cambiato in quei due lunghi – e bui – anni, il suo profumo e le sfumature che prendevano i suoi occhi in base al tempo.
Non l’aveva mai dimenticato e lui, nonostante gli anni, il dolore e la distanza, continuava a farle mancare il respiro.






































































MY LITTLE TALK
heylà, come state? sinceramente non ho molto da dire su questo capitolo, e non voglio riempirvi di parole inutili.
come vedete la storia prende forma e - beh- iniziano i primi drammi.
spero davvero che la storia vi piaccia, vi giuro che mi sto impegnando tantissimo e spero di non deludervi.
detto ciò, grazie a tutti quelli ch si stanno prendnedo a cuore la storia, lasciatemi sapere cosa ne pensate. ok?
buona serata a tutte, bacissimi
Megghy

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