E se Katniss non si fosse offerta volontaria?

di stefaniaodair
(/viewuser.php?uid=902794)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mietitura ***
Capitolo 2: *** I tributi ***
Capitolo 3: *** Haymitch ***
Capitolo 4: *** Prim la Forte ***
Capitolo 5: *** Gli altri ***



Capitolo 1
*** La mietitura ***


Mi sveglio nel letto della mamma, con Ranuncolo, dopo un incubo. Un bruttissimo incubo, in cui Katniss veniva uccisa negli Hunger Games, e non ci tengo a ricordare come. A volte sono proprio i tradimenti della memoria a permetterci di sopravvivere a questo mondo. A proposito, Katniss non c'è. Sarà andata a cacciare, e le sono infinitamente grata per quello che fa ogni giorno. Senza di lei probabilmente sarei già morta. Anzi, sicuramente. Mi alzo dal letto, con le lenzuola calde e morbide. Una delle cose più belle che ci siamo potuti permettere. La mamma dorme ancora, ma io ormai non ci riesco più...è il giorno della mietitura, come farei a rimanere rilassata, dopotutto, come mi ha detto Katniss, il mio nome è lì dentro per la prima volta, non dovrebbe succedermi nulla... Ma io sono preoccupata lo stesso, c'è comunque una possibilità che quella serva di Capitol che è Effie Trinket tiri fuori il mio bigliettino dalla boccia. Intanto si è svegliata anche la mamma, che mi rivolge un timido “Buongiorno, Prim”, proprio mentre sentiamo la porta aprirsi. Entra Katniss, con in mano del pane e delle fragole. “Ciao, paperella!” dice entrando. “E possa la fortuna essere sepre a tuo favore”, le risposi prendendo in giro Effie. Katniss sorride. Mi piace quando sorride, meriterebbe di farlo più spesso, secondo me. Poi mette a posto il pane e le fragole, decidendo di tenerli per cena, per festeggiare la fine della mietitura. Se saremo ancora tutte qui, ovviamente. Beviamo il latte di Lady, la mia capra, e la mamma mi dà un vecchio vestito di Katniss, un po' troppo largo per me, ma adattato con delle spille da balia. “Ehi, paperella, tieni a posto la tua coda!” dice Katniss mentre mi sistema il vestito. “Quack!” le sussurro scherzando. “Quack!” risponde lei prima di indossare il vestito per la mietitura. Dopo esserci sistemate a dovere, ci avviamo verso la piazza, dove ci aspettano tutti gli altri abitanti del Distretto 12. Ed ecco che la vedo. Con la faccia dipinta di bianco e vestita in stile Capitol City, Effie Trinket comincia a blaterare in direzione di noi, divisi in gruppi per sesso ed età. Dopodichè annuncia, al momento del sorteggio, “Pima le signore!” e fruga nella boccia con i nostri nomi, finchè non pesca un bigliettino e legge, mentre tutte sperano “Non io, non io!”, con la sua voce decisamente acuta... “Primrose Everdeen!”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I tributi ***


Cosa? No, non può essere, lo diceva anche Katniss, il mio nome aveva pochissime probabilità di venire fuori, ma a quanto pare il mondo ha cominciato a girare al contrario. E in effetti mi sembra davvero così, tutto sta vorticando intorno a me, come per uccidermi addirittura prima che comincino i Giochi. Effie mi incoraggia dicendo: “Vieni, Primrose, è uscito il tuo nome!”. Sorrideva, mentre penso a come faccia a sorridere quando altre tre persone sono sul punto di piangere. A quel punto mi aggiusto il vestito, “tenendo a posto la mia coda da paperella” e avanzo lentamente. “No, Prim, NO!” grida Katniss correndo dietro di me e prendendomi per la vita. “Non importa, hai già fatto tanto per me...”, le rispondo io, prevedendo la sua prossima mossa. A quel punto arrivano due Pacificatori e Katniss, in preda al panico, grida: “Mi offro volontaria come...”, ma i due le impediscono di finire, sedandola. Poi portano via il suo corpo inerte, lontano da me, che cammino verso il palco con passo ancora più incerto di prima. “Oh, che gran colpo di scena... Scommetto la testa che quella era la tua sorella maggiore, vero... Prim?”mi domanda Effie quando arrivo sul palco. “E se non lo fosse te la staccheresti?” bofonchio, infastidita non solo dalla sua indifferenza, ma anche da quel tono canzonatorio che, fino ai passati Hunger Games, non mi dava poi così fastidio. “Ora passiamo agli uomini...” annuncia la donna, stiracchiando le dita dipinte di un rosa shocking piuttosto ridicolo. Poi infila la mano nella boccia e legge: “Peeta Mellark!”. So chi è. Uno dei figli del fornaio. Quello che fa pane vero, e non il rozzo pane dei cereali della tessera di Katniss. Un bel ragazzo alto e biondo cammina verso la mia postazione, senza qualcuno a offrirsi volontario al posto suo. Nessun atto d'amore per Peeta. Successivamente suona l'inno e, quando finisce, un gruppo di Pacificatori ci prende in custodia e ci scorta fino al Palazzo di Giustizia. Pacificatori. Oggi particolarmente vorrei che venissero giustiziati loro al posto nostro. Mi fanno sedere su un divano di velluto, nella stanza più lussuosa che io abbia mai visto: lì c'erano tappeti morbidi e spessi, candelabri d'oro immensi sul soffitto alto probabilmente più di cinque metri... un posto bellissimo, che però non riesco a godermi, proprio ora che a momenti dovrebbero arrivare Katniss e la mamma a salutarmi per l'ultima volta. Un Pacificatore apre la porta, per farle entrare. Sui loro volti c'è tristezza, ma anche rabbia e frustrazione: sanno che questa sera, invece di festeggiare la nostra “non-scelta”, terranno chiuse le persiane e rimarranno in silenzio, come del resto tutte le famiglie dei tributi che vengono dai distretti più poveri. Katniss sembra essersi ripresa: il sedativo non l'ha intontita molto. “Ciao, Prim.”mi dicono, e io rispondo salutandole. “Non avrei mai voluto che accadesse. Scusami, io ho provato a offrirmi volontaria, ma me l'hanno impedito.” , mi sussurra Katniss, con il senso di colpa nella voce. “No, non devi sentirti colpevole di tutto questo. Dopotutto hai fatto già tanto per me, senza di te saremmo già morte di fame... Non hai nulla di cui rimproverarti, te lo assicuro.”, le rispondo. Per una volta sono io a rassicurare lei: è sempre stato il contrario, fino a stamattina. Intanto la mamma mi guarda in silenzio, ancora troppo sconvolta per parlare. A quel punto Katniss comincia a frugare nella tasca del suo vestito, trova una spilla e me l'appunta al petto. “Tieni, questo è il tuo portafortuna: è una ghiandaia imitatrice. Per proteggerti. Ah, dimenticavo. Pensami quando sarai nell'arena.”, mi dice, mentre fisso l'insolito regalo appuntato al mio vestito. “Certo che ti penserò. Grazie. Ti voglio bene.” le sussurro, e lei mi risponde “Anche io, Prim.”, per poi essere portata via con la mamma da due Pacificatori. La porta si richiude, ma poi si riapre, quando Effie mi viene a prendere, raggiante. Per quale motivo, mi sono sempre chiesta. Che sia una sadica? Probabilmente sì. Passa anche da Peeta, e ci conduce su un'automobile. Non ci ero mai salita, di solito noi del Distretto 12 viaggiamo a piedi. Ah, già. Io non sono più una del Distretto 12, adesso. Sono soltanto un tributo, che morirà presto nell'arena, vittima della crudeltà e del potere di Capitol City. Il viaggio dal Palazzo di Giustizia alla stazione dura poco, dopodiché saliamo su un treno, che dovrebbe portarci fino alla capitale.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Haymitch ***


Eccoci sul treno, mentre orde di telecronisti ci raggiungono per catturare le nostre immagini e i nostri gesti, anche solo per qualche secondo. Guardo fuori dal finestrino di questo vagone, mentre Effie squittisce con quel suo fare cerimonioso: “Benvenuti a bordo ragazzi! Questo è il treno che vi porterà a Capitol City, vedrete, a trecento chilometri orari non ve ne accorgerete nemmeno!”. E si mette a ridere. Una risatina stridula.. quasi nervosa. Che sia preoccupata per noi? No, non credo proprio.”Su, animo, tra poco incontrerete il vostro mentore! Non siete contenti? Anzi, vi lascio soli con lui.”, riprende accorgendosi delle nostre espressioni tutt'altro che felici. Il treno parte, togliendo il fiato a me e a Peeta, seduto accanto a me. “E così tu sei la sorella di Katniss Everdeen. Non si direbbe proprio.” mi sussurra Peeta. “Sì, lo so non ci assomigliamo molto.”, rispondo. “Trovo che sia stata coraggiosa a offrirsi volontaria al posto tuo.” “Già.” “Ma non ci è riuscita.” “A me va bene così. L'unica cosa che mi chiedo ancora adesso è perchè abbiano dovuto sedarla.” “Be', Primrose, quest'anno i volontari non sono ammessi. E sai il perché? Stanno facendo in modo che i tributi dei distretti più poveri, che guarda caso sono anche quelli che si oppongono di più a Capitol City, siano i più giovani e nessuno possa prendere il loro posto. Come per dire ai genitori che voi ragazzini siete nelle mani di Capitol, per mostrarvi la dipendenza delle vostre vite da loro. Voi vivete solo se Capitol lo vuole, e morirete per lo stesso motivo. Quindi i distretti in questione non si ribelleranno, ma continueranno a vivere come animali e a lavorare come macchine. Non mi crederai, ma è questo ciò che pensano.” “Ma non c'è nessuna regola che vieti di offrirsi volontari!” “Già, ma Capitol non rispetta le regole. Le scrive soltanto perché così nessuno si ribella, per darci la sicurezza del fatto che loro non possono farci del male quando e come vogliono loro, così stiamo tranquilli. Ma non esiste regola per loro. Questa è solo una messinscena.” “Capisco.” Sono contenta che Peeta mi abbia chiamato Primrose e non Prim. Quel nome mi avrebbe riportata ai ricordi di casa. La mia vera casa, e non questo treno perché, per quanto possa essere lussuoso, non sarà mai come casa mia. Una semplice abitazione che profumava di bosco, ogni volta che Katniss arrivava a casa con la selvaggina. E di latte quando, alla mattina bevevamo quello di Lady, la mia capra. C'era tutto questo calore e questo affetto nei gesti di ogni giorno, che non potrà mai essere ripagato dal cibo pronto di Capitol City. Il rumore dei passi di qualcuno mi riporta alla realtà. Entra un uomo biondo, con una barba quasi incolta e una bottiglia di liquore bianco in mano. Ha un'andatura strascicata e sembra non stare bene nel suo vestito elegante. Aspetta. Effie ci aveva detto che a breve sarebbe arrivato il nostro mentore. Quello che fa la differenza tra la vita e la morte dei tributi e che deve dare loro dei consigli su come sopravvivere. Colui che controlla gli sponsor e i loro doni, anche loro possono garantire la vita ai moribondi. Il sangue mi si gela nelle vene. Mi RIFIUTO categoricamente di pensare che quell'uomo, presumibilmente un alcolista che non si rende nemmeno conto di dov'è in questo momento, possa essere Haymitch. Ma chi potrebbe essere altrimenti? Un uomo delle pulizie? No, qui ci sono solo i senza-voce. E giuro su di me che loro non bevono e non camminano così. Farebbero fare una figuraccia a Capitol City. L'uomo si siede di fronte a noi e si presenta. “Mi chiamo Haymitch Abernathy, e sono il vostro mentore.”, dice. Oh no. Sono spacciata. Molto più di quanto io abbia potuto esserlo prima. E a quel punto, silenzio. Un silenzio imbarazzante, teso, che Peeta interrompe con un “E allora? Che consigli ci dai per sopravvivere?”. Altro silenzio. “Rispondi!”, grida Peeta senza arrendersi, buttandosi su Haymitch, che lo blocca con un piede. “Calma, ragazzo, prenditela con calma...Ci penseremo domani okay? Ora andiamo a mangiare qualcosa, è già ora di cena.” Io e Peeta, che in questo momento è schiumante di rabbia, lo seguiamo in un altro vagone.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Prim la Forte ***


Ci ritroviamo in un vagone spazioso e illuminato da lampadari d'oro, con un tavolo lungo e stretto, contenente pietanze di ogni tipo, colore e forma. “Sedetevi, ragazzi... Prendete posto!” dice Effie con un altro dei suoi soliti acuti carichi di un'allegria ipocrita. Quanto ci divertivamo Katniss ed io ad imitarla prima delle mietiture! E ora che ci penso forse serviva ad allontanare la tensione, a tranquillizzarci come per dire: “Non ci andremo ai Giochi, e dobbiamo essere talmente calme che possiamo addirittura scherzare!”. Ma mia sorella non è qui. Non credo che la rivedrò ancora. Non ha funzionato, il nostro metodo. Scaccio il pensiero con rapidità, non posso permettermi di piangere adesso, sembrerei una debole. Ma lo sono. E so che se voglio tornare a casa devo cambiare... Mi siedo vicino a Peeta, di fronte a Effie e Haymitch. Credo che sia la prima volta che li vedo seduti vicini, senza litigare, soprattutto. “Prendete ciò che volete, io mi accontenterò del whisky.” biascica Haymitch, visibilmente ubriaco. Come sempre, del resto. Improvvisamente una bella ragazza con i capelli rossi e ricci mi posa un davanti un piatto fumante di stufato d'agnello. “Grazie.” le dico. Ma lei non risponde. “Oh, non credo che tu possa conversare con lei, cara. Quella cameriera è una senza-voce!” mi sussurra Effie. “Che cos'è un senza-voce?” le chiedo. “Una persona a cui, per punizione, è stata tagliata la lingua.” interviene Peeta, con la bocca piena di stufato. Devo aver fatto una faccia strana, perché Effie mi dice, con voce così mielosa da essere nauseante: “Non preoccuparti, tesoro, non succederà anche a te...”. Ma io non ho paura che mi accada una cosa simile, probabilmente perché morirò nell'arena, quindi non ci sarà il tempo di asportarmi la lingua. La cosa mi ha soltanto impressionato un po', tutto qui. Ci lasciano il tempo di mangiare ancora per qualche minuto, poi Haymitch, mangiandosi pezzi di parole, dice quello che dovrebbe essere un: “Allora, tributi, qual è la vostra specialità in termini di combattimento?” Peeta parla dei pesi che è in grado di sollevare, mentre io penso a come riesco a combattere meglio. Mmm... Io non so lottare, non sono forte, e non ho la mira di Katniss. Ma quando il nostro mentore ce lo chiede, io dico che sono brava a curare le ferite. “Allora, dolcezza, chi dovresti curare nell'arena? A parte te, ovviamente, a chi riserveresti le tue attenzioni? Cureresti a morte i Favoriti?” dice lui. A quel punto tutti esplodono in una risata fragorosa, tranne me, finché Haymitch non vomita per terra, sporcando il tappeto, oltre che i suoi vestiti. Effie comincia a emettere i suoi gridolini isterici, e sembra chiamare qualcuno. Peeta si alza per dargli una mano, ma arrivano dei senza-voce e portano via quello che fino a un momento fa era il nostro mentore. Vale a dire la nostra ancora di salvezza. Dopo cinque minuti passati a sentire le lamentele di Effie sull'inadeguatezza di Haymitch e sul fatto che non vedeva l'ora di tornare a Capitol domani, veniamo incitati a mangiare. Sia io che Peeta decliniamo l'offerta, dopotutto i nostri stomaci sono pieni e, se continuo così, riuscirò ad aumentare di qualche chilo prima dei Giochi. Questa è la cosa migliore che possa fare per prepararmi. Ma Effie, che è pur sempre Effie e non può non dire qualcosa di malvagio, ci congeda con voce gentile: “D'accordo, andate pure a letto, se volete. Mi stupisco della vostra educazione, di solito nel Distretto 12 la gente non sa nemmeno mangiare con le posate, come i tributi dell'anno scorso! Erano soltanto dei luridi e ignoranti animali da...” Sopraffatta da una violenza improvvisa e accecante, prendo la forchetta e la conficco nel tavolo, tra le dita di Effie, che lancia un urlo. “CHE NON TI VENGA MAI PIU' IN MENTE DI INSULTARE IL MIO DISTRETTO!” le grido mentre me ne vado di corsa dal vagone. Lungo la strada incontro una senza-voce, a cui chiedo dove si trova la mia stanza. Lei me la indica, e io prendo la direzione giusta, ma una voce mi fa sobbalzare. “Prim! Aspetta!” urla Peeta. Prim? Come ha osato chiamarmi così? A maggior ragione accelero e raggiungo la porta, ma il mio inseguitore mi ferma, sgridandomi: “Ma cosa ti è saltato in mente? Hai aggredito Effie Trinket!” “Già, peccato che lei abbia insultato il nostro distretto! Che c'è, a te andava bene così?” “No, anzi...ma io al posto tuo mi sarei controllato un po' di più!” “Controllarmi? Come faccio a controllarmi quando una donna tutta fronzoli che non ha mai patito la fame classifica il Distretto 12 come un posto per rozzi e ignoranti? Tu non sai quanto Katniss ha fatto per me, perché mangiassi ogni giorno! E quella mi viene a dire che siamo animali! No, non è giusto, questo.”. Le lacrime mi salgono agli occhi rievocando quei ricordi, ma stavolta non posso nasconderle. Non devo. Entro nella mia stanza ignorando bellamente le parole di conforto di Peeta, e mi accorgo che sono cambiata. Che i Giochi mi hanno cambiata. Comincio a non essere più Prim la Debole. Ora sono quello che devo diventare. Prim la Forte, che non ha più paura di affrontare gli incubi mentre si avvolge nelle coperte.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Gli altri ***


Mi risveglio con il rumore del treno che sferraglia sui binari e un raggio di luce che illumina quella che è la mia stanza. Effie entra strillando: “Su, alzati, questa sarà una grande, grande, grande giornata!”. Anche per lei la rabbia di ieri sembra sbollita. Mi trascino giù dal letto, accorgendomi che ho gli stessi vestiti di ieri. Me li tolgo, riponendoli con cura sul letto, sapendo che sarà uno dei pochi ricordi tangibili che ho di casa. Di Katniss. Della mamma. E di Ranuncolo. Scelgo un completo azzurro cielo dall'armadio, prima di entrare nella vasca da bagno. La vasca è grande, bella, mi ricorda il lago di cui mi parlava sempre mia sorella. Ma ora devo smettere di pensare alla mia famiglia. Ieri mi sono proposta di cambiare, e così deve essere, se voglio uscire viva dai Giochi. Ma la nostalgia è troppo forte. Si insidia nel mio cuore come una bestia selvaggia, troppo forte per essere respinta, così letale da non essere mai chiamata. Scaccio questi pensieri premendo un pulsante e immergendo un piede, ma finisco per saltellare come una molla fuori e dentro dalla vasca. Dopo qualche minuto riesco a trovare la combinazione giusta di bagnoschiuma e temperatura dell'acqua, ed entro. L'acqua calda e profumata mi avvolge il corpo come se fosse un serpente, lasciandomi dimenticare del fatto che sono qui soltanto per lavarmi. Vorrei che tutto questo non finisse mai. Che non dovessi essere nei Giochi. Che non dovrei cambiare per sopravvivere. Ma come tutto ha un inizio, ha anche una fine. Lascio che la schiuma se ne vada dal mio corpo ed esco, avvolgendomi nell'accappatoio. Dopo essermi asciugata mi vesto ed esco dalla stanza. Ma mi accorgo di aver dimenticato qualcosa... Guardo la mia immagine riflessa in un vetro e capisco. La spilla! Comincio a correre verso la mia stanza, occupata dalla senza-voce con i capelli rossi che si accinge a sistemare ciò che ho lasciato sul letto, perché tra poco ce ne andremo dal treno. “No, aspetta!”, dico quasi gridando. La ragazza mi guarda sbigottita, con il mio vestito in mano, sul quale ho appuntato la spilla. La stacco delicatamente, rivolgendo un timido “Grazie” alla senza-voce. Riprendo a camminare verso il vagone in cui mangiamo solitamente ed entrando trovo Peeta, Effie e Haymitch che mangiano e discutono sulle strategie adottabili agli Hunger Games. Mi osservano e mi salutano, soffermando i loro sguardi sulla mia spilla, che tengo ancora in mano. Effie si alza dalla sedia e annuncia: “L'uscita dal treno è prevista tra qualche ora, Primrose, intanto tu e Peeta potete mangiare qualcosa, poi potete vedere la replica delle mietiture che abbiamo registrato per voi, visto che ieri ci sono stati degli intoppi...”, dicendo queste ultime parole mi guarda, ma solo per un attimo. Effie è una che dimentica facilmente, che serba rancore giusto quanto basta... Credo che sia il suo unico lato positivo. Prendo posto a tavola, vicino a Peeta, osservando Haymitch, il cui sguardo indugia su di me. “Allora, come va?” azzarda Peeta, rivolto a me. “Bene.”, gli rispondo con un tono piuttosto indifferente. A quel punto credo che lui voglia lasciar perdere, perché evita di parlarmi. Afferro una fetta di torta, che mi fa pensare a quelle che volevo sempre vedere, quelle del negozio dei genitori di Peeta, per le quali obbligavo Katniss a permettermi di passare dalla vetrina. Non ce ne siamo mai potute comprare una. Non abbiamo abbastanza soldi. Cioè, non hanno. Perché io morirò. Ma almeno Katniss avrà una bocca in meno da sfamare. Questo è il lato positivo. Addento la torta, il cui sapore mi inebria, ma non riesco a gioirne. Questa è la mia colazione. Non mangerò nient'altro. Mi limiterò a vedere le altre mietiture. “E se guardassimo le repliche?” sussurro al mio compagno, stupita da un Haymitch stranamente silenzioso. “Per me va bene.” risponde lui, e ci alziamo. Il nostro mentore decide di non considerarci neanche questa volta, ma non importa. Ci spostiamo in un'altra sala, lussuosa come le altre, in cui è presente un grosso televisore. Peeta lo accende e compare il sigillo di Capitol City. Poi c'è un primo piano di Effie, che estrae un bigliettino dalla boccia delle ragazze del Distretto 1, dopo aver fatto il suo solito discorso. Strano, nessuno si offre volontario. Non è come gli altri anni. Sembra che tutti sappiano che Capitol City ha vietato i volontari. Comunque la mia avversaria si chiama Lip, è bella e sicura di se, i capelli corvini scossi dal vento. Va verso il palco con sicurezza, come se il suo destino non le facesse paura. Anzi, sembra che le piacesse l'idea di andare ai Giochi. Il ragazzo si chiama Bart, e ha lo stesso atteggiamento di Lip. Quelli del Distretto 2 sembrano ancora più felici di loro. Lei si chiama Margue e lui Shep. Mi stupisco dei nomi ridicoli che danno gli abitanti di questi Distretti ai loro figli. I tributi del 3 però si mostrano più seri, specialmente Lena, la ragazza. Il ragazzo invece, Dan, non sembra essere poi così riluttante... Quelli del 4, invece si chiamano Celia e Munth. E qui si conclude la serie dei tributi forti, dall'età giusta e con lo spirito giusto. Non come gli svogliati del 5, 6, 7, 8, 9 e del 10. Alcuni hanno anche pianto. Signore e signori, ecco come gli Hunger Games cambiano le persone. Lasciano segni vivi e palpabili sulla pelle, nella mente e nel cuore. Niente torna più come prima. Se non muori, ovviamente. Ma nessuno, a parte i Favoriti, ha mai saputo quale sia l'alternativa migliore in questi casi. Vivere così o morire? Chi lo sa? Tornando alle mietiture, mi accorgo di una cosa. I tributi del Distretto 11. Thresh e Rue. Quest'ultima è piccola, magra, scura di pelle e di capelli. Praticamente la mia copia al rovescio. Abbiamo la stessa età, Rue ed io. Non potremmo arrivare a 35 chili nemmeno bagnate fradice... Una porta che scorre mi distrae dalle mietiture, giusto prima di quella del 12. Effie fa capolino nella nostra direzione. “Preparatevi, si esce!”, queste sono le sue ultime parole prima che mi renda conto che ho ancora la spilla in mano.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3329875