Oltre le nuvole

di Blue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** L'invito ***
Capitolo 3: *** Pioggia ***
Capitolo 4: *** Tradire un'amica ***
Capitolo 5: *** Fraintesa ***
Capitolo 6: *** Il ritorno di Matteo ***
Capitolo 7: *** Un'altra festa ***
Capitolo 8: *** La partita ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** Innamorato ***
Capitolo 11: *** Novità ***
Capitolo 12: *** Le nuvole non sono impenetrabili ***
Capitolo 13: *** Smettere di restare a guardare ***
Capitolo 14: *** L'idea di Marta ***
Capitolo 15: *** Troppo perfetto ***
Capitolo 16: *** Crisi ***
Capitolo 17: *** Cielo soffocato ***
Capitolo 18: *** Un compleanno quasi perfetto ***
Capitolo 19: *** Sola ***
Capitolo 20: *** Decisioni ***
Capitolo 21: *** Oltre le nuvole ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


“Ma guardalo! Quanto è carino!”
“Sì, Viviana, l’ho capito…”
Alessia stava chiacchierando con la sua compagna di banco, Viviana, in attesa dell’inizio delle lezioni. Stava ricopiando degli appunti dal quaderno della sua amica, visto che il giorno prima era stata assente.
“E’ troppo bello…”
Alessia smise di scrivere e posò lo sguardo su Fabio, il ragazzo di cui Viviana parlava. Era un loro compagno di classe.
“In fondo non è poi così male…”
“Non osare rubarmelo!” la interruppe Viviana. “E’ mio e basta…”
“Ma figurati!” disse Alessia, riprendendo a scrivere velocemente. “E poi sono stufa degli uomini. La storia con Danilo mi ha del tutto distrutta. Se vedo un uomo, vomito…”
“Ma allora…” disse Viviana, senza distogliere lo sguardo da Fabio “Perché continui a frequentare Matteo?”
“Viviana, quella si chiama amicizia, ed è un'altra cosa. Io parlavo di uomini in senso di probabili fidanzati”.
“Ah… Anche se è da un po’ che Matteo non si fa vedere in giro” disse Viviana, decidendosi finalmente ad aprire il suo libro di matematica. “Ricordo quando ti sei fidanzata con Danilo, ha pianto e ti ha fatto la scenata di gelosia…”
“Per favore…” disse Alessia, continuando a copiare gli appunti “Matteo ed io ne abbiamo parlato abbastanza… Ma non era per amore che mi aveva fatto le… Scenate, come le chiami tu… E poi non è vero che ha pianto.”
“Ma se siete così carini, insieme!”
“Viviana…” disse Alessia, guardandola attentamente. “Per favore… Non dire stupidaggini… Matteo è mio amico e basta. Siamo stufi di essere etichettati come coppia ideale da tutto e da tutti…”
“Ok, ok, calmati!” disse Viviana, stiracchiandosi.
Alessia sospirò e tornò ai suoi appunti. Sperava ardentemente che alla professoressa non fosse saltato in testa di interrogarla proprio quel giorno. Non aveva studiato molto, e si era già alla fine dell’anno: mancavano solo un paio di mesi, e l’idea di rovinarsi la media non la entusiasmava.
“Ciao Alessia, è tutto a posto?”
Alessia alzò lo sguardo, mentre sentiva Viviana irrigidirsi. Era Fabio, che si era avvicinato al banco delle ragazze.
“Sì, perché?” chiese Alessia, sorridendo.
“Così…” rispose Fabio, allargando leggermente le braccia. “Sei stata assente un paio di giorni, e…”
“Oh, non ha avuto niente, figurati!” disse Viviana, intromettendosi nella discussione.
Alessia guardò Fabio spostare lo sguardo su Viviana.
“Ah, sì?”
“Sì, solo un banale raffreddore… Niente in confronto a me che sono stata una settimana a letto con l’influenza!”
Fabio sorrise e parlò di nuovo ad Alessia.
“Dovrei dirti una cosa, poi, ma ora non è il momento. Bene… Ci vediamo!”
Fabio tornò a sedersi al suo posto.
“Hai sentito? Ha detto che uno di questi giorni dobbiamo parlare!” disse Viviana, estasiata.
“Sei sicura che abbia parlato a te?” disse Alessia, aggrottando le sopracciglia.
“E con chi, allora? Con te?”
Alessia scosse la testa, rassegnata.
“Viviana… Insomma, faresti meglio a non illuderti troppo…”
“Cosa vuol dire? Vuoi rubarmelo?”
Alessia alzò gli occhi al cielo.
“No!” sbottò. “Io parlavo in generale… Credo che tu abbia già preso abbastanza delusioni…”
“Mi stai dicendo che non sono abbastanza bella per piacere a qualcuno?”
Alessia sbuffò.
“No. Ti sto dicendo che ti voglio bene e che non voglio che tu soffra ancora per qualche idiota…”
“Oh! Ti adoro quando fai così!” la interruppe Viviana, e gettò le braccia al collo dell’amica. “Ma non devi preoccuparti… Tu Fabio lo conosci, e sai che non è un idiota!”
“A quanto ne so, potrebbe anche esserlo… Neanche Danilo sembrava così idiota, ricordi?”
Viviana scosse la testa. “Io te l’avevo detto fin dall’inizio che Danilo era un povero sfigato… Ma l’amore rende ciechi…”
“Ecco, appunto…”
“Ecco appunto, cosa?”
“Adesso io ti sto dicendo che Fabio potrebbe essere un’idiota, e tu non mi credi, così come tu dicevi che Danilo era uno sfigato e io non ti ho creduto…”
“Ah!” disse Viviana, sorridendo. “Allora riesco a capire perché non hai voluto ascoltarmi…”
Alessia sorrise, e la conversazione fu interrotta dall’ingresso della professoressa in classe.
“Bene…” disse la donna, dopo aver passato un quarto d’ora buono a chiamare l’appello e a registrare assenze e annotazioni di vario genere sul registro. “Viviana, ti dispiacerebbe venire alla lavagna a correggere gli esercizi?”
Viviana si alzò, un po’ riluttante, prese il quaderno e si avvicinò alla cattedra.
La professoressa si limitò a verificare che Viviana avesse svolto gli esercizi, poi cominciò a scorrere il registro per trovare qualcun altro da interrogare.
“Fabio, vieni anche tu?”
Alessia sentì Fabio alzarsi due banchi più in là – era incapace di alzarsi senza fare un bel po’ di rumore con la sedia, lui, e Viviana lo “amava anche per questo” – e avvicinarsi alla professoressa come aveva fatto l’altra interrogata.
Tutta la classe seguì più o meno attentamente l’interrogazione per cinque o dieci minuti, per poi iniziare, come da manuale, a chiacchierare fastidiosamente. Alessia guardò Viviana. Sembrava stranamente soddisfatta, probabilmente per essere stata interrogata con Fabio (Alessia immaginava quanto fosse felice sapendo che avrebbe avuto un pretesto per parlargli di qualcosa di intelligente), anche se quando avrebbe saputo il suo voto non lo sarebbe stata altrettanto. Fabio, dal canto suo, sembrava alquanto rilassato. A quanto diceva Viviana, Fabio riusciva a mantenere la calma in tutte le situazioni.
Seguire l’interrogazione in mezzo a quella confusione scandita dalle urla della professoressa che richiamava al silenzio sarebbe stato impossibile, si sarebbe guadagnata un bel mal di testa.
In fondo Fabio era interessante.
Alessia prese il diario di Viviana, per copiare i compiti che non aveva potuto assegnare a causa dell’assenza del giorno prima, e per scriverle qualcosa.
In fondo Fabio era più che interessante per Alessia, e per lei era stato così da parecchio tempo. Inconsciamente, da quando l’aveva visto per la prima volta.
Sfogliò il diario dell’amica, annoiata, per poi rimetterlo a posto, decidendo di mettersi a parlare con qualcuno.
Sempre inconsciamente, Alessia aveva deciso che non doveva pensare a Fabio. Principalmente perché piaceva a Viviana. E poi per mille altri piccoli motivi.
Alessia spostò per un attimo lo sguardo sui due interrogati, per poi riprendere a chiacchierare con una sua compagna che occupava il banco dietro di lei.
Forse Matteo aveva ragione.

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Capitolo 2
*** L'invito ***


“Alessia!”
La ragazza si era sentita chiamare da qualcuno. Sembrava una voce femminile. Aveva già salutato Viviana: erano già usciti da scuola, e Alessia stava tornando a casa, pensando al voto sicuramente negativo che la sua amica aveva preso, visto che si era lasciata trasportare tanto dalla presenza di Fabio.
Era stata una sua compagna di classe, Sabrina, a chiamarla. Aveva un foglietto – sembrava un invito – in mano.
Alessia si avvicinò, aspettando che Sabrina parlasse.
“Faccio una festa!” spiegò Sabrina tutta allegra. Era una ragazza molto vivace, e bastava guardare il suo look per capirlo. Aveva una maniera di esprimere se stessa davvero invidiabile, aveva detto Viviana quando l’aveva vista per la prima volta.
“Per il tuo compleanno che è fra una settimana, giusto?” disse Alessia, lo zaino che le pesava sulla spalla.
“Ma come fai a ricordarti le date di tutti i compleanni?”
Alessia sorrise impercettibilmente.
“Comunque sia” proseguì Sabrina, senza nemmeno dare il tempo ad Alessia di replicare “Sei stata invitata! Beh, sull’invito c’è scritto tutto… Quando e dove… Bene, fammi sapere, poi… Spero che tu venga, ci conto!”
“Non mancherò!” disse Alessia sorridendo.
“Bene… E con il tuo invito ho finito le consegne… O no?”
Sabrina prese il blocchetto di inviti – colorati almeno quanto i vestiti che portava addosso – e vide che l’invito per Alessia non era effettivamente l’ultimo.
“Fabio” lesse Sabrina. “Naturalmente vi ho invitati tutti!”
Alessia continuò a sorridere. Fabio alla festa. Vi ho invitati tutti. Ci sarebbe stata anche Viviana, quindi non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi. Preoccuparsi? E per quale motivo?
“Ehi, ci sei?” chiese Sabrina, sventolando il blocchetto di inviti davanti agli occhi di Alessia.
La ragazza scosse la testa e si affrettò a rispondere: “Sì, sì… Scusami!”
Sabrina si voltò.
“Ah, ecco Fabio! Vedo a dargli l’invito! A domani!”
“Ciao!” disse Alessia sorridendo. Si fermò qualche secondo a guardare Sabrina che chiamava Fabio e che le consegnava il suo invito tutta esagitata. Poi prese la via verso casa.
Non c’era dubbio. L’aria della primavera le metteva sempre addosso una dose di nostalgia incredibile. Le faceva sempre un certo effetto, sentire quell’aria frizzante che non apparteneva più all’inverno, che portava con se’ il profumo dei fiori e della rinascita, e sentire sulla pelle il sole che ogni giorno diventava più caldo… Tutto le faceva venire in mente qualcosa, qualche ricordo, che però non riusciva a collocare nel tempo.
Continuò a camminare speditamente e in pochi minuti era già arrivata a casa.
Non c’era nessuno, come al solito. I suoi genitori lavoravano, e Alessia li vedeva soltanto la sera. Sua madre, però, spesso aveva qualche pomeriggio libero. Entrambi i suoi genitori tornavano a casa per pranzo, ma dovevano già tornare al lavoro quando Alessia usciva da scuola.
Sospirando, avanzando nella casa buia, lasciò cadere lo zaino in un angolo e si diresse vero la cucina, per alzare le serrande e accendere la tv. Bastava sentire gracchiare la voce di qualche giornalista o sentire un paio di personaggi di un telefilm litigare, e la casa sembrava meno vuota.
Aprì il frigorifero, e trovò del pollo che sua madre le aveva probabilmente preparato la mattina, prima di andare al lavoro. Spesso a pranzo non aveva abbastanza tempo. Non appena Alessia lasciò cadere il tutto dentro una padella per riscaldarlo, suonò il telefono.
“Pronto?” rispose Alessia, mentre cercava il telecomando.
“Ciao!” rispose la voce di Viviana, dall’altro capo del filo. “Hai sentito della festa di Sabrina?”
“Sì…” disse Alessia, che era finalmente riuscita ad afferrare il telecomando e abbassare il volume, per sentire meglio la sua amica parlare.
“Tu ci andrai?”
“Non so…” mormorò Alessia, chiedendosi quale fosse il motivo di quella telefonata.
“Dai, ci andrai?”
“Tu?”
“Io no” disse Viviana, stranamente allegra.
“Allora non ci andrò nemmeno io” disse Alessia. Il pensiero che Viviana non ci fosse le faceva crescere dentro una strana ansia.
“Come no?”
Alessia rimase in silenzio.
“Tu devi andarci…”
“E perché?” chiese Alessia.
“Per un semplicissimo motivo. Devi tenere d’occhio Fabio.”
“Come?” chiese Alessia, pensando a quanto fosse assurda la richiesta della sua amica.
“Devi tenere d’occhio Fabio” ripeté la ragazza. “Sai, io non ci sono, e, come dire… Non vorrei si facesse un’altra in mia assenza…”
“Insomma, Viviana… Non pensi di stare esagerando?”
“Ecco, lo sapevo! La verità è che vuoi Fabio tutto per te!”
“Guarda che non è vero!” esclamò Alessia, alzando di parecchio il tono di voce.
“Ehi, scherzavo!” ridacchiò Viviana. “So che non lo faresti mai!”
“Ma perché non puoi venire?” chiese Alessia, giocherellando col filo del telefono.
“Ho un impegno, una festa in famiglia, a quanto pare, cui non posso mancare… Ma tanto ci sarai tu a tenerlo d’occhio, vero?”
“Viviana, permettimi… Sei assillante. Ti fai troppe paranoie. Lo sai che Fabio non è il tipo da mettersi a fare il cretino alla prima festa di compleanno che capita… E poi scusa, non è mica il tuo ragazzo!”
“Lo so. Dovrebbe essere libero di fare quello che vuole, ma… Insomma, cerca di capirmi. Se so che tu stai attenta a lui, sto più tranquilla… Cioè, quello che ti chiedo è solo di cercare di distoglierlo nel caso in cui gli vengano strane idee…”
“Viviana… Se io lo distolgo dal fare lo stupido con qualcuna, se le farà lui, le strane idee…”
“E va bene!” disse Viviana. “Alla fine della festa mi manderai a dire se tutto è filato liscio. Ok?”
“Ricevuto” disse Alessia, con tono svogliato. “Ciao”
“Ehi, qual è il problema? Ti da’ fastidio controllare Fabio?”
“Il problema è che se non mi sbrigo mi va’ in fumo il pranzo e resto a digiuno…” disse Alessia, controllando da lontano che il pollo che aveva rovesciato nella pentola non stesse bruciando sul serio. In realtà il pensiero di poter restare da sola con Fabio durante la festa le aveva messo addosso una strana ansia.
“Capisco!” disse Viviana, ridacchiando. “Beh… Alla prossima, allora…”
“A domani…”
“A domani!” ripeté Viviana. “Ciao!”
“Ciao!” disse Alessia, e riattaccò.
La ragazza rimase per qualche secondo a fissare il vuoto. Poi sospirò e tolse il pollo dal fuoco per servirsi.
Si sedette a tavola e iniziò a mangiare, constatando che forse il pollo aveva ancora bisogno di riscaldare.
Mangiò lentamente. Le parole di Viviana le rimbombavano in testa.
Non riusciva a negare di avere uno strano presentimento. Come se fra una settimana si sarebbe ritrovata a tradire l’amicizia fra lei e Viviana. Come se si sarebbe ritrovata a diventare la protagonista delle parole appena dette dalla sua amica.
Ma no, pensò Alessia. Non avrebbe potuto essere possibile. In fondo Fabio non le piaceva.
O sì?

Pensava che si sarebbe ritrovata a diventare la protagonista delle parole appena dette dalla sua amica.
E non si sbagliava.

 

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Capitolo 3
*** Pioggia ***


Alessia guardava la pioggia cadere copiosa dalla finestra.
Era uno di quei giorni in cui sembrava essere tornato l’inverno, in cui non si aveva voglia di studiare e in cui non si riusciva a trovare niente di meglio da fare che guardare la pioggia cadere monotona dalla finestra e farsi assalire dall’ansia e dalla nostalgia. Almeno, così, secondo Alessia, Matteo avrebbe definito quella giornata.
Alessia non sentiva Matteo, quello che avrebbe potuto essere chiamato come suo migliore amico, da settimane. Non perché avessero litigato o per qualche altro motivo. Non era la prima volta che Matteo non si faceva sentire per parecchio tempo, spesso per problemi di famiglia, visto che i suoi genitori erano divorziati, o semplicemente perché aveva voglia di starsene da solo a riflettere.
Alessia ricordava ancora quando aveva subito per la prima volta una delle lunghe assenze di Matteo. Quella volta – erano passati sì e no due anni - quando lo aveva incontrato dopo tanto tempo, Alessia si era arrabbiata e gliene aveva dette di tutti i colori. Matteo l’aveva ascoltata tranquillo, in silenzio. L’unica sua reazione era stata quella di gettare la sigaretta che stava fumando a terra e spegnerla, limitandosi a dire che il motivo per il quale non si era fatto sentire per tutto quel tempo era stato che non aveva avuto voglia di stare con lei. Alessia era rimasta sorpresa dalla schiettezza disarmante dell’amico, ma pian piano aveva imparato ad apprezzarla: sarebbe sempre stata sicura che Matteo non avrebbe mai fatto o detto niente che non avesse voluto fare o dire sul serio. Una sorta di garanzia, insomma. Non si sarebbe mai comportato da ipocrita. Almeno, lo sperava.
Matteo viveva per lo più da solo. Aveva subito approfittato dei suoi diciotto anni appena compiuti per scappare da casa e andare a vivere in un piccolo appartamento. Ogni settimana andava però a trovare sua madre. Diceva sempre di odiare suo padre, anche se Alessia poteva solo immaginare il perché. Matteo non era uno che parlava spesso dei fatti suoi. Ciò non voleva dire che nascondeva le sue emozioni, tutt’altro. Riusciva a fare dei discorsi profondi come nessuno, perlomeno agli occhi di Alessia. Esprimeva sempre ciò che provava, anche se spesso con i silenzi e con l’assenza, piuttosto che con le parole.
La ragazza ricordò divertita quando, due anni addietro, Matteo aveva capito che la storia tra lei e Danilo iniziava a farsi seria, e una sera non aveva potuto fare a meno di proporle una delle solite passeggiate notturne ad per dirle tutto in faccia.
Forse, pensava Alessia, avrebbe dovuto lasciare perdere Danilo fin dall’inizio. Ma forse era anche fin troppo vero, come diceva Viviana, che l’amore rendeva ciechi.
A quel punto, Alessia non riuscì mai a capire perché, le tornò in mente l’immagine di Fabio che le chiedeva come stava. Poi le tornarono in testa le parole che Viviana le aveva detto durante quella telefonata.
Sentiva di aver represso l’attrazione per Fabio in un angolo piccolissimo e remoto di se’ stessa, negando tutto ciò che era palese, per non sacrificare la sua amicizia con Viviana.
Forse sarebbe stato corretto dire la verità alla sua amica.
“Sai, Viviana… Anche a me piace Fabio”.
No.
Suonava come qualcosa di tremendamente stupido e altrettanto tremendamente imbarazzante.
La cosa che la lasciava perplessa era il modo brusco con cui si era accorta dei suoi sentimenti.
No, non se ne era “accorta”. Sapeva da sempre quello che provava, ma aveva preferito non pensarci.
Non aveva mai avuto un bisogno così schiacciante di parlare con Matteo.
Si spostò dalla finestra, e camminò un po’ per la casa, ascoltando il fruscio dei suoi pantaloni che si mescolava al silenzio e al rumore ora più lieve ora più intenso della pioggia.
Rimase ferma in mezzo al corridoio per qualche momento. Si avvicinò alla cucina, le gocce d’acqua che bagnavano i vetri.
Guardò il telefono.
Chiamare Matteo.
Suonava come qualcosa di tremendamente strano.
Di solito, lei e Matteo non usavano il telefono per comunicare fra loro. Era quasi qualcosa di estraneo alla loro amicizia.
“Sai, Matteo… Credo di essermi innamorata di Fabio”
Anche questo suonava come qualcosa di tremendamente stupido.
E poi Matteo non la cercava da settimane.
Sì, era anche una buona dose di orgoglio che le impediva di chiamarlo.
E poi… Non ricordava nemmeno il suo numero.
La pioggia continuava a scrosciare insistente.
E poi sapeva già cosa le avrebbe detto Matteo.
Se lo vedeva già davanti, a fissare così insistentemente il vuoto da sembrare disattento, e a commentare debolmente alla fine del racconto: “Tu pensi troppo, Alessia”.
Sì, in fondo pensava davvero troppo.
“Basta. Andrò alla festa, accada quel che accada, e penserò poi alle conseguenze.”
Si sedette alla scrivania, sospirò, e decise di dedicarsi ai suoi compiti.
Ad un tratto suonò il telefono.
Alessia sospirò. Si alzò, e andò a rispondere.
“Pronto?”
“Alessia… Sono io”
Alessia aggrottò le sopracciglia.
“Sono Fabio…”
Alessia sentì la velocità dei battiti del cuore aumentare esponenzialmente.
“Oh…” disse. Stava arrossendo. “Scusa, non ti avevo riconosciuto… Non ti ho mai sentito per telefono…”
Fabio rise.
“Non importa… Senti, avevo telefonato per chiederti i compiti…”
“Ah… Sì, aspetta un attimo…” disse Alessia sorridendo, nonostante Fabio non la vedesse.
Mentre cercava il foglio sul quale aveva distrattamente segnato i compiti nel macello che c’era sulla sua scrivania, si chiese perché Fabio avesse chiamato proprio lei per avere i compiti.
Mentre parlava con Fabio, Alessia sentiva il sangue pulsarle nelle tempie.
“Ok, ti ringrazio…” disse Fabio, dopo una breve pausa di silenzio durante la quale aveva finito di segnare le pagine di storia da studiare. “Bene, ti saluto…”
“D’accordo…” disse Alessia, un po’ delusa dalla brevità della conversazione.
“A proposito, vieni al compleanno di Sabrina?”
“Tu?” chiese Alessia.
“Non lo so… Credo di no…” disse Fabio. “Ma la domanda era rivolta a te, comunque. Tu ci andrai?”
“Credo di sì…” disse Alessia, che si sentiva al tempo stesso sollevata ma delusa.
“Pura curiosità…” si affrettò a giustificarsi il ragazzo. “Io credo, appunto, di non andarci...
Ma non è detto che io non debba cambiare idea, che ne dici?” disse Fabio.
“Boh… Non so…”
Boh, non so. Che razza di risposta stupida, pensò Alessia.
“Ok, ti lascio studiare, adesso. Ciao!”
“Ciao!” disse Alessia, ascoltando Fabio che abbassava rumorosamente il ricevitore.
Sospirò, senza sapere se doveva sentirsi ansiosa o rilassata, triste o felice.
 

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Capitolo 4
*** Tradire un'amica ***


Alessia si svegliò, il calore dei raggi del sole sul viso.
Dopo un po’ aprì gli occhi: erano le sette del mattino. Tra poco sarebbe stata ora di alzarsi.
Ed era anche il giorno della festa di Sabrina.
Alessia fu assalita da una buona dose di nervosismo e di strana eccitazione.
Non ci fu un momento della mattinata a scuola in cui riuscì a concentrarsi. Sentiva una certa quantità di paura per quello che sarebbe accaduto quella sera. Voleva che finisse tutto al più presto, scoprire una buona volta cosa sarebbe successo per decidere come agire di conseguenza.
Scosse la testa. Possibile che non riuscisse a non pensarci?

Una manciata di ore dopo Alessia era a casa di Sabrina, ad aspettare, neanche lei sapeva quanto impazientemente, l’inizio dei festeggiamenti, seduta su una poltrona in un angolo della sala. Lo stereo, all’angolo opposto della stanza, suonava metal fin troppo pesante.
Viviana le aveva inviato un messaggio sul cellulare prima che Alessia andasse alla festa, nel quale le ripeteva per l’ennesima volta di tenere d’occhio Fabio.
Ogni volta che suonava il citofono e Sabrina andava ad aprire, Alessia sperava che non fosse Fabio. La sala, in ogni caso, cominciò a riempirsi, e presto cominciarono ad arrivare anche i suoi compagni di classe, per cui non fu difficile avviare una conversazione con qualcuno di loro e dimenticarsi di Fabio. Si era finalmente tranquillizzata iniziando a credere che non sarebbe venuto, quando lui arrivò, sebbene con mezz’ora di ritardo. In ogni caso, non fu così difficile “tenerlo d’occhio” o tentare di non avvicinarlo, perché la festa trascorse abbastanza velocemente e i due ragazzi non ebbero neanche l’occasione di parlarsi.
A mezzanotte passata buona parte degli invitati se n’era già andata, e il salone in cui Sabrina aveva tenuto la festa, prima tanto pulito e accogliente, presentava un pavimento tremendamente appiccicoso – una bottiglia di una qualche bibita zuccherata che si era rovesciata. Gli invitati che erano rimasti si erano riuniti in alcuni gruppetti, e la maggior parte di loro rideva a voce troppo alta, forse effetto di un’ubriacatura. In un angolo giacevano alcuni resti di palloncini – i cugini più piccoli di Sabrina avevano approfittato della prima occasione per prenderli e farli scoppiare uno per uno.
Alessia pensò che a quel punto poteva anche andarsene.
Si offrì comunque di rimanere finché tutti se ne fossero andati per aiutare Sabrina a ripulire, ma lei assicurò che non ce n’era assolutamente bisogno. La ragazza salutò tutti e fece per uscire, quando sentì una mano sulla spalla.
Le bastò voltarsi per sentirsi gelare il sangue nelle vene.
Fabio.
Era un gelare piacevole, dopotutto.
“Non mi saluti?” le chiese lui.
“Oh… Credevo te ne fossi già andato!” disse Alessia con un sorriso. Fabio non rispose.
“Allora te ne vai?”
“Sì…”
“Da sola?”
Alessia aggrottò le sopracciglia.
“Ti accompagno io, in tal caso…” si affrettò ad aggiungere Fabio. “Sai, è tardi, non si sa mai…”
“Ma guarda che casa mia non è così lontana da qui come credi…”
“Lo so…” mormorò Fabio.
Silenzio imbarazzante.
“Va bene… Accompagnami…”
Fabio sorrise. Alessia lo guardò mettersi la giacca ed annunciarsi pronto per andare.
Salutarono tutti, ringraziarono di nuovo Sabrina e uscirono.
Alessia non sapeva se essere felice o preoccuparsi. In fondo non vedeva l’ora di ritrovarsi sola con Fabio. Ma allo stesso tempo si sentiva in colpa. Il pensiero di Viviana che guardava Fabio con occhi adoranti le metteva addosso un’abbondante quantità di sensi di colpa.
“Fa un po’ freddo per essere aprile, stasera, non trovi?” commentò Fabio, mettendosi le mani in tasca.
“Già…” mormorò Alessia, il cuore che le batteva più forte del solito, le gambe che le cedevano e il sangue che le si gelava nelle vene. Felicità ed ansia. Non si poteva richiedere di meglio.
“Da che parte è casa tua?”
“Di là…” rispose Alessia, indicando un punto imprecisato alle spalle del ragazzo. Fabio si voltò, poi tornò a guardare Alessia.
“Allora, andiamo?”
Alessia annuì, silenziosa.
Camminarono per un po’ fianco a fianco, senza parlare, il silenzio rotto solo da qualche automobile che passava di tanto in tanto, la strada deserta e buia illuminata solo dai lampioni.
“Ma sei diventata muta?” scherzò Fabio. “Ti metto a disagio, per caso?”
“Ma cosa dici? No!” disse Alessia scuotendo la testa con decisione.
Tornò il silenzio tra i due. Ad Alessia dispiaceva che Fabio pensasse di metterla a disagio, ma aveva deciso di non pensarci. Era filato tutto liscio fino ad allora, e non voleva tradirsi proprio all’ultimo momento.
“E poi… Se resto in silenzio è solo perché sono stanca…”
“Ti ricordi quando ti ho detto che dovevo dirti una cosa?” la interruppe Fabio, fermandosi.
“Credo… di sì” disse Alessia, fermandosi anche lei. “Beh… Puoi sempre dirmela adesso, no?”
Fabio rimase fermo per qualche momento, poi borbottò: “No, non è niente” e riprese a camminare.
Arrivarono ad un incrocio.
“Bene… Io vado per di qua” disse Alessia, indicando una strada alla sua sinistra.
“Io devo continuare dritto… Ma se vuoi ti accompagno…”
“No, no, non è necessario!” disse Alessia con un sorriso.
“Vuoi porre fine al più presto a questa tortura, vedo…” scherzò Fabio.
“Non è vero!” esclamò Alessia.
“Beh… Diciamo che questa non era la passeggiata che speravo…” disse Fabio, gli occhi scuri che scintillavano alla luce bianca dei lampioni “Però… Si può sempre rimediare, no?”
Alessia aggrottò le sopracciglia. “In che senso?”
“Nel senso che non è mai troppo tardi… Neanche per rendere speciale una serata…”
Senza che Alessia potesse rendersene conto, si ritrovò tra le braccia di Fabio, avvolta dal suo profumo, mentre lui la baciava.
“Devi tenere d’occhio Fabio. Sai, io non ci sono, e, come dire… Non vorrei si facesse un’altra in mia assenza…”
Non deve importartene niente, Alessia. Non pensare. Poi si vedrà.
“Ecco, lo sapevo! La verità è che vuoi Fabio tutto per te!”
Dannatamente vero. Ma era impossibile staccarsi da Fabio, da quell’abbraccio talmente caldo, da quel bacio tanto coinvolgente. Era impossibile staccarsi da quella realtà che aveva inconsciamente aspettato di raggiungere per mesi.
“Guarda che non è vero!”
“Ehi, scherzavo! So che non lo faresti mai!”
So che non lo faresti mai.
Viviana e Alessia erano amiche da anni. Viviana aveva dato tutta quella fiducia ad Alessia, e lei era capace di tradirla a quel modo.
I sensi di colpa iniziarono rapidamente ad attanagliarla. Si staccò da Fabio, un po’ troppo bruscamente.
“Scusa, ma non posso…” mormorò Alessia, senza guardarlo negli occhi.
Silenzio.
Parla Fabio. Ti scongiuro. Dì qualcosa.
“Capisco… Non importa…”
Questa volta fu Alessia a rimanere in silenzio.
“Mi dispiace… Scusami, non avrei dovuto…” disse Fabio.
Era come se la realtà le stesse sfuggendo di mano, pensò Alessia. La festa, e quella passeggiata, e quel bacio, e i sensi di colpa, e la percezione che niente sarebbe più stato come prima.
Fabio fece per andarsene.
“No, aspetta… Non è come credi… Lascia che ti spieghi…”
“Alessia… Non importa, davvero…” mormorò il ragazzo. “Mi dispiace…”
“Non è come credi!” disse Alessia decisa, tanto che le sembrò che la sua voce rimbombasse tra le mura delle case.
“Non importa… Ci vediamo domani, ciao!” disse Fabio con un sorriso forzato, mentre si dirigeva verso casa sua.
Alessia rimase a fissare Fabio che si allontanava, incapace di muoversi o reagire.
Stava accadendo tutto troppo in fretta.
Non poteva perdere Fabio in quel modo. Adesso l’avrebbe raggiunto e gli avrebbe parlato, c’era ancora tempo.
“Devi tenere d’occhio Fabio. Sai, io non ci sono, e, come dire… Non vorrei si facesse un’altra in mia assenza…”
“Ecco, lo sapevo! La verità è che vuoi Fabio tutto per te!”
“Guarda che non è vero!”
“Ehi, scherzavo! So che non lo faresti mai!”
No. Forse era meglio così.
Alessia sapeva che si sarebbe pentita per mesi per ciò che stava per fare, ma nonostante tutto, girò a sinistra, aprì la porta di casa, le chiavi in mano che le tremavano, salutò frettolosamente i suoi genitori e si chiuse in camera.
Sul display del suo cellulare lampeggiava una scritta.
Un messaggio di Viviana.
“Allora… Com’è finita?” lesse Alessia. Rimase immobile nel buio, a fissare quelle parole.
E adesso?
Cosa le avrebbe detto?
Viviana, Fabio ha baciato me?
Sicuramente no.
Imprecando, lanciò con violenza il cellulare sul tavolo e si buttò sul letto, rannicchiata, stringendo il cuscino.
“Tu pensi troppo, Alessia”.
Matteo.
Alessia prese il ricevitore e compose velocemente il numero di Matteo.
Il telefono squillò un paio di volte, poi rispose la segreteria telefonica. Ma al segnale acustico, Alessia decise di riagganciare. Non aveva senso parlare con lui. Niente più aveva senso, effettivamente. Aveva tradito l’amicizia di Viviana.
E Fabio, dannazione. Poteva almeno starla a sentire.
Avrebbe voluto con tutta se stessa che fosse stato solo un sogno.
Sentiva ancora il profumo di Fabio sulla sua pelle.
Si morse il labbro per non scoppiare in lacrime.
Riprese il cellulare.
“Allora… Com’è finita?” diceva ancora lo schermo.
Alessia scrisse un nuovo messaggio, dopo essere rimasta per un po’ a fissare il cursore che lampeggiava sul display vuoto.
“Tutto a posto! Ciao, ci vediamo domani!”
Era una bugia, ma doveva farlo.
E andò a dormire, sperando di svegliarsi e di accorgersi che era stato un sogno.

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Capitolo 5
*** Fraintesa ***


Alessia si svegliò il giorno dopo, e purtroppo si rese conto del fatto che che tutto quello che le era successo la sera prima era effettivamente realtà.
Rimase seduta sul letto per qualche minuto, i sensi di colpa che stavano diventando un peso intollerabile.
Aveva tradito Viviana, e stava facendo soffrire Fabio.
Guardò l’orologio. Era ancora molto presto.
Si lavò e si vestì molto lentamente, cercando di non pensare a quello che sarebbe successo quella mattina appena arrivata in classe.
Nonostante se la fosse presa comoda, arrivò a scuola prima del solito.
“Ciao!” mormorò, quando entrò in classe.
L’aula era quasi vuota, se non fosse stato per qualche gruppetto di due o tre persone sparso per i banchi.
Alessia decise di lasciare lo zaino sulla sedia e andare da qualche parte, per evitare di incontrare Fabio, almeno fino all’arrivo dell’insegnante in classe.
Stava giusto uscendo dall’aula con quella intenzione, quando si ritrovò Fabio che parlava con un suo amico davanti.
I loro occhi rimasero incollati per un lungo istante.
Fu Alessia a distogliere lo sguardo per prima. Sentì Fabio riprendere il discorso con il suo amico mentre la oltrepassava.
Chissà se aveva parlato di lei con qualcuno. Chissà con quali parole lo aveva consolato quel qualcuno.
“Lasciala perdere, è una stupida che neanche ti merita.”
E non era così.
Dietro ad ogni azione è nascosto un movente preciso. E’ sbagliato guardare solo le apparenze di un’azione compiuta da qualcuno, soprattutto quando sembra aver agito erroneamente, pensava Alessia.
E Fabio e tutti gli altri avrebbero pensato che lui ad Alessia non interessava minimamente, e che lei era solo una ragazza stupida e superficiale, mentre se avessero solo saputo che Alessia aveva rinunciato a tutto per essere leale, non lo sarebbe affatto sembrata.
“Alessia!”
Si fermò.
In preda ai suoi pensieri, aveva preso a camminare alla cieca, senza guardare dove stava andando. Era all’ingresso della scuola, e una Viviana molto trafelata la stava chiamando.
“Che ci fai in giro? E’ successo qualcosa?” chiese la ragazza.
“Oh… No, niente… Stavo… Semplicemente facendo un giro…”
“Ah!” disse Viviana sorridendo. “Beh, almeno accompagnami in classe a posare lo zaino…”
“No, io…”
Prima che Alessia potesse finire di parlare, Viviana si era già incamminata, e la ragazza si affrettò a raggiungerla.
“Allora Fabio non ha fatto niente con nessuna?”
“No…” mormorò Alessia, timidamente.
“Ma che hai oggi?” chiese Viviana, insistente.
“Niente, ho solo… Sonno. La festa è finita un po’ tardi, ieri…”
“Oh, almeno tu ti sei divertita! Io mi sono annoiata da morire a quella cena…”
Entrarono in classe perché Viviana posasse il suo zaino. Nel frattempo, però, entrò la professoressa, quindi non fu possibile per loro continuare la conversazione.
Le lezioni trascorsero lentamente. Alessia non riusciva a pensare ad altro che a quanto si era sentita colpevole quando Fabio l’aveva guardata in quel modo, quella mattina. Per non parlare di come aveva mentito spudoratamente a Viviana.
Il suono della campanella non le era mai sembrato così liberatorio. Lei e Viviana, come al solito, uscirono fra le ultime dall’aula, per poi salutarsi qualche metro più in là per prendere ognuna la strada verso la propria casa.
Di solito Alessia aveva sempre voglia di tornare a casa a piedi, ma quel giorno non era così: era una giornata grigia e uggiosa, e ciò, se possibile, contribuiva ad accentuare quel senso di pesantezza che sentiva gravare su di se’ già dalla sera precedente.
Si sentì chiamare, e si voltò.
Si ritrovò davanti Claudio, una persona che conosceva vagamente come il migliore amico di Danilo, il suo ex.
“Ciao…” lo salutò debolmente.
“Ciao!” rispose lui sorridendo, per poi tornare serio. “Devo parlarti…”
Claudio fece una breve pausa, e Alessia rimase in silenzio, come per spronarlo a parlare.
“…Riguarda Danilo…”
“Ah, capisco…”
“Volevo solo dirti che sta soffrendo molto… Danilo, intendo…”
Alessia ricordava ancora Danilo.
L’aveva lasciato perché era tremendamente viziato ed infantile, ma era stato il suo primo ragazzo. Erano stati insieme un anno e mezzo.
“Anche io ho sofferto, Claudio…” ribatté Alessia impassibile.
“Balle…” disse Claudio, altrettanto impassibile. “Tanto… L’hai lasciato tu… Non te ne importa niente…”
“Oh, certo!” disse Alessia, alzando lievemente il tono di voce. “Senti, neanche ci conosciamo, noi due… Dì a Danilo che se vuole parlarmi, deve avere almeno il coraggio di venire da me e dirmi tutto in faccia, invece di passare messaggi ad eventuali intermediari…”
“Ah, questa è bella! Come puoi pretendere che lui possa parlarti, senza ricordare tutto quello che gli hai fatto?”
Alessia rimase in silenzio per qualche secondo, poi si sentì esplodere.
“Cosa avrei dovuto fare, scusa? Continuare a prenderlo in giro?”
“L’hai lasciato solo per metterti la coscienza a posto… Perché sei un’egoista!”
“Io… cosa?” urlò Alessia. Si accorse che qualcuno si era fermato a guardarla, ma non le importava. Si sentiva dentro un peso che la opprimeva, e voleva liberarsene il prima possibile.
“Io sarei un’egoista?” continuò la ragazza. “Oh, certo! Quindi secondo lui avrei dovuto continuare a fingere e a mentire! A illuderlo! E chi sarebbe l’egoista, allora? Io o lui?”
Claudio alzò le spalle, convinto della sua idea.
“Senti, ti ripeto… Dì a Danilo di avere il fegato di venirmi a dire le cose in faccia… O forse ne ha dette così tante su di me che non riesce più neanche a guardarmi negli occhi?”
Claudio abbassò lo sguardo, Alessia lo salutò bruscamente e prese la strada verso casa.
Forse era davvero un’egoista. Aveva lasciato Danilo perché non ne poteva più della loro storia. Dapprima si era innamorata della sua timidezza, ma in poco tempo era venuta fuori la sua vera natura, e non era quella del Danilo che Alessia aveva conosciuto quel pomeriggio di settembre quando era uscita con un paio di amici. Si era rivelato tremendamente infantile e viziato. Alessia aveva cercato di convincersi che era solo qualcosa di passeggero, che poi sarebbe tornato tutto come prima… La verità era che lei non provava più niente per Danilo.
E così, poco più di un anno dopo, aveva deciso di chiudere per sempre con lui. Non le sembrava giusto continuare a illuderlo e a fingere.
Non le sembrava giusto perché gli voleva bene, perché sul serio non voleva vederlo soffrire di più dopo, o per non avere pesi sulla coscienza, come l’aveva accusata Claudio?
Danilo stava soffrendo per lei. Claudio e tutti i suoi amici pensavano che fosse un’egoista e un’opportunista. Fabio probabilmente pensava che non gliene importasse niente di lui. Aveva tradito l’amicizia con Viviana.
E non vedeva Matteo da settimane.
“Peggio di così non potrebbe andare”, pensò Alessia, senza sapere che in realtà il peggio doveva ancora arrivare.

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Capitolo 6
*** Il ritorno di Matteo ***


“Viviana…”
Alessia chiamava debolmente la sua amica all’uscita da scuola.
“Sì, dimmi pure!” disse Viviana con un sorriso raggiante, che, se possibile, fece sentire Alessia ancora più in colpa. Due giorni dopo l’incontro con Claudio, aveva deciso di dire a Viviana quello che era successo la sera della festa.
“A dire il vero… Dovrei parlarti…”
“Riguarda Fabio, vero?” disse Viviana, continuando comunque ad essere allegra.
Alessia aggrottò le sopracciglia e Viviana lo interpretò come un incitamento a continuare il suo discorso.
“Me ne ha parlato, oggi… Era triste, perché quella sera voleva baciarti… O meglio, ti ha baciata, ma tu l’hai respinto… E quindi pensa che non ti importa niente di lui…”
Viviana non aspettò neanche che Alessia potesse replicare e riprese a parlare.
“E io gli ho detto che in fondo a te non importa niente di lui…”
“A dire il vero, Viviana, non è proprio così…” disse Alessia, fissando un punto imprecisato dell’asfalto. “Fabio mi piace. In fondo mi piace da sempre. E non l’ho mica respinto subito, quella sera. Ammetto che ci sono stata un po’… Però poi… Beh, ho pensato che non era giusto per te, volevo fartelo sapere, e quindi…”
“Non importa… L’importante è che lo hai lasciato per me…”
“In che senso?” disse Alessia.
“Nel senso che stasera usciamo…”
“Ah, davvero?”
“Ma non ti preoccupare, ora che so che piace anche a te posso anche annullare l’appuntamento…” disse Viviana. Alessia avrebbe giurato che nella sua voce c’era una punta di tensione.
“Ma no, figurati… Va’ pure…” disse Alessia, imbarazzata.
“Ah, sì? Ok, allora posso confermargli l’appuntamento!” si affrettò a dire Viviana, allegra. “Non preoccuparti, non farò niente di strano… Promesso…”
“Tranquilla…” sospirò Alessia, un po’ scossa dalla sfacciataggine della sua amica. “Tanto non mi interessa così tanto. Buona fortuna…”

In effetti, a detta di Alessia, dal comportamento che Viviana e Fabio avevano il giorno dopo, avevano sul serio combinato qualcosa quella sera.
Quando li vide scambiarsi un bacio nauseante sulla soglia ed entrare mano nella mano si sentì mancare.
Ma non per via di Fabio. Per via di Viviana.
Forse se lo meritava. Andava bene così.

Fu allora, quando smise di pensare che se forse lo avesse avuto vicino si sarebbe sentita molto meglio, che rivide Matteo dopo tanto tempo.
Alessia stava facendo una passeggiata da sola, sul tramonto, e se lo ritrovò intento a fumare l’immancabile sigaretta sotto casa sua.
La ragazza fece per aprire bocca, ma Matteo la interruppe.
“Scusami. Avevo smesso di fumare, lo giuro. Ma ho pensato che vedere me dopo tanto tempo con una sigaretta in mano ti avrebbe fatto un effetto totalmente diverso…”
Il ragazzo alzò lo sguardo e guardò un’Alessia stupefatta negli occhi.
“Sì, lo so. Sono sparito di nuovo… Puoi ammazzarmi, se vuoi”
Alessia continuò a fissarlo per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.
“Guarda che dico sul serio… Non vedo cosa ci sia da ridere…”
“Hai una spontaneità disarmante nel dire le cose… Sul serio credi che potrei ucciderti?”
“No, credo di no…” rispose Matteo, indifferente.
“Beh… Cosa è successo? C’è qualcosa che non va’?”
“Stavolta non è stata colpa mia, Alessia…”
Alessia chiese di nuovo cosa era successo, ma Matteo si limitò a rispondere “Problemi di famiglia”, e la ragazza cambiò discorso.
“Hai un’aria un po’ sconvolta…” disse ad un tratto Matteo. “Forse hai tu qualcosa che non va’…”
Alessia rimase in silenzio per un po’.
“No, nulla di particolare…”
“Ho trovato la tua chiamata in segreteria, sai?”
“Ma io non ti ho lasciato un messaggio…” mormorò Alessia.
“Hai abbassato il ricevitore dopo il segnale acustico…”
“Davvero?”
“Se non te la senti, non parlarmene. Comunque… La verità è che non sono stato qui…” Matteo tirò un sospiro profondo. “Sono stato da… mio padre…”
“Da tuo padre?” disse Alessia stupita. Matteo e suo padre non si vedevano da quando i suoi genitori avevano divorziato, quindi da più di tre anni.
“Sì, lo so che è strano. Mi ha invitato lui, e sai come sono fatto… Ho accettato. E’ vero che di solito rifiuto sempre i suoi inviti… Ma stavolta qualcosa dentro di me mi ha spinto ad accettare. E’ stato bello, in fondo…”
“Come sta?” chiese Alessia.
“Sta bene…” disse Matteo, guardando una macchina che passava davanti a loro. “Si è risposato, anche se non te l’avevo mai detto. Ma non sapevo che la sua compagna avesse una figlia…”
Alessia inarcò un sopracciglio.
“…beh, sì. Mi sono fatto una storia con lei…”
“Cioè… Mi stai dicendo che non vedevi tuo padre da tre anni e ti sei fatto una storia con la tua… Sorellastra?” disse Alessia, a dir poco scandalizzata.
“Ti giuro, non sono mai stato meno innamorato in vita mia. Ma è stato tutto così automatico… E’ durata solo un paio di giorni…”
Alessia lo fissò in silenzio.
“Sì, lo so. Non sono stato serio. Ma per una volta nella vita si può fare, no?”
Alessia sospirò.
“Dai … In fondo non ho mai avuto una storia che non sia stata seria…”
“Non è quello, Matteo…”
“Sei gelosa, per caso?” chiese il ragazzo.
“No...” disse Alessia sistemandosi i capelli.
“Va bene, lasciamo stare questo discorso. Stavamo parlando del tuo messaggio in segreteria…” disse Matteo continuando a fingersi indifferente. “Cosa è successo? Ti sei fatta qualcuno anche tu e te ne sei pentita improvvisamente?”
“Non proprio…” disse Alessia. “E non usare la parola “fatta”, perché mi da’ fastidio…”
“Ok… Ti ascolto!” sospirò Matteo.
“Non qui… Non mi sembra il… posto… adatto”.
“Vuoi venire a casa mia un attimo?”
“Magari…” disse Alessia.
“Ma guarda che è in disordine…” disse Matteo, e fece per camminare, aspettando che Alessia lo seguisse. “Sono appena arrivato… Bene. Credo di essermene andato giusto pochi giorni dopo la fine della tua storia con Danilo… E’ tornato per caso?”
Per tutto il tragitto – comunque breve – fino all’arrivo in casa di Matteo, Alessia parlò di quello che le era accaduto fino a quel momento, da Danilo all’incontro con Claudio, da tutto quello che era successo con Fabio a quello che aveva fatto Viviana.
Entrarono.
“Non te l’ho ancora detto, forse…” disse richiudendosi la porta alle spalle e gettando le chiavi su un divano logoro che si trovava all’ingresso. “Ma secondo me non avresti potuto fare di meglio con lui. Per come ti sei comportata, intendo. Lascia perdere Claudio. L’importante è che hai fatto la cosa giusta, e che sei in pace con te stessa. Un giorno, quando si troverà nella tua stessa situazione, se ne accorgerà…”
“Se ci si troverà…”
“Alessia! Te l’ho già detto che pensi troppo?”
Alessia sorrise e Matteo continuò a parlare.
“No, guarda che è vero… Dannazione, non c’è niente da bere” disse Matteo aprendo il frigorifero “quando passerò da mia madre a salutarla, andrò al supermercato a fare rifornimento…” richiuse il frigorifero con un leggero tonfo e riprese a parlare. “Dicevo, è vero che pensi troppo. Tutta questa storia di Fabio e di Viviana… Insomma, l’amore è un’esperienza del tutto irrazionale, o no?”
Alessia rimase in silenzio.
“Non era la risposta che volevi….” Disse Matteo, abbassando la voce. “Scusami… In fondo vale la teoria precedente, no?”
Alessia rimase ancora in silenzio.
“Beh… Ti sei comportata onestamente, e sei in pace con te stessa… Magari Viviana non sarà stata tanto corretta a prendersi Fabio senza tanti complimenti, però insomma…”
Alessia non rispondeva, così Matteo si voltò verso di lei e la guardò negli occhi.
“Tu pensi troppo. Scommetto che se in questo momento provassi a baciarti, ti tireresti indietro per paura di rovinare la nostra amicizia…”
“Matteo!”
“E’ la verità, o no?”
Alessia sospirò imbarazzata.
“Ecco, visto?” Matteo guardò verso il divano e vi si avvicinò per riprendersi le chiavi. Alessia osservò una valigia e un borsone che sicuramente appartenevano a Matteo appoggiati in un angolo.
“Su, andiamo? Ho una certa fame…”
“Possiamo andare al solito bar insieme, se vuoi…”
Matteo sorrise.
“Come sempre…” mormorò. Alessia e Matteo andavano a mangiare allo stesso bar insieme da quando erano bambini. Da piccoli prendevano un gelato l’estate, grondanti di sudore per il caldo e per aver giocato a nascondino fino a qualche minuto prima. E poi Matteo tornava a casa e doveva sorbirsi i rimproveri di suo padre – finalmente non sentiva più quel peso allo stomaco quando pensava a lui – e di sua madre.
“No, meglio di no. Voglio parlare con mia madre… Sarà per un’altra volta”.
“E’ la prima volta che mi dici perché non vuoi fare qualcosa. Di solito mi dici di no e basta”.
Rimasero in silenzio nella penombra della casa.
Matteo sorrise e abbracciò Alessia quasi istintivamente.
“Mi sei mancata, lo sai?”
“Non ci credo!” disse Alessia sorridendo.
“No, dico sul serio… Sei sempre stata presente nella mia vita. Forse sei stata l’unica cosa che è rimasta sempre fissa. E’ sempre cambiato tutto mille e mille volte, senza che io potessi fermare il tempo per un attimo e capire ciò che stava succedendo…”
“Ma non eri tu quello che amava la vita movimentata?” chiese Alessia, ironica.
“Sì. Ma non movimentata in quel senso… Sai, Alessia… Credo proprio che un giorno mollerò tutto e me ne andrò lontano, da solo. Nessuno saprà mai dove sono. Nemmeno tu…”
“Ma smettila!” disse Alessia, spingendo Matteo con un sorriso. Il ragazzo rimase in silenzio.
“Beh, io vado allora. Non sparire di nuovo…”
“No, non preoccuparti. Sarebbe troppo presto, e ci perderei il gusto…” rispose Matteo ironicamente.
“Stupido” disse Alessia, a denti stretti.
Matteo la guardò, trattenendo una risata.
“Ci vediamo…”
Alessia uscì e si chiuse la porta alle spalle.

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Capitolo 7
*** Un'altra festa ***


Vedere Viviana e Fabio assieme divenne man mano una tortura più sopportabile per Alessia.
Era vero, il tempo curava le ferite.
Doveva essere felice per Viviana, anche se lei non le rivolgeva praticamente parola.
Quando Fabio, pochi giorni fa, aveva invitato Alessia alla sua festa di compleanno, era stato qualcosa di veramente imbarazzante. Lui non l’aveva quasi nemmeno guardata negli occhi. Era visibilmente nervoso. Aveva farfugliato qualche parola, tra cui Alessia aveva capito solo il nome del locale in cui la festa si svolgeva e l’orario. Alessia aveva detto che sì, sarebbe venuta, anche se poi alla festa aveva scoperto di non conoscere nessuno, a parte Fabio e Viviana.
Adesso si trovava lì, seduta in un angolo del tavolo del ristorante, cercando di capire perché diamine l’avevano invitata. Fabio le aveva spiegato che aveva invitato anche qualche altro compagno, oltre ai suoi amici, ma che di tutta la classe, per una scusa o per un’altra, non era potuto venire nessuno. Sarebbe stato inutile cercare di parlare con Viviana, non tanto perché non le parlava, ma perché era talmente presa da Fabio da non accorgersi nemmeno della sua presenza.
Forse avrebbe dovuto informarsi sui presenti, e poi restare a casa anche lei.
Magari era stata Viviana a spingere Fabio ad invitarla, giusto per rispetto.
Rispetto verso chi, poi? Era il compleanno di Fabio, non di Viviana.
Sì, forse avrebbe dovuto sul serio restare a casa.
Fu proprio mentre pensava questo che una ragazza dai capelli biondi e ricci si sedette accanto ad Alessia e la salutò.
“Ti annoi?” chiese la ragazza, spostando i capelli dietro le spalle. “Piacere, mi chiamo Bianca” disse la ragazza, porgendole la mano.
“Piacere...” rispose Alessia con un sorriso, sorpresa da tanta vitalità.
“Sono la cugina di Fabio...” disse Bianca. “Tu sei Alessia, no?”
“Sì...”
“Fabio mi ha parlato tanto di te...”
Alessia sgranò gli occhi, ma non per lo stupore.
Un’altra che le avrebbe detto, o, quantomeno, le avrebbe fatto capire che, a suo parere, usando un eufemismo, si era comportata in maniera scorretta.
“Ti stupisce?” disse Bianca aggrottando le sopracciglia.
“Ecco, ci siamo” pensò di nuovo Alessia.
“Scusami, io... Non volevo... Magari ci sei stata male...”.
“Magari?” disse Alessia, alzando un po’ il tono di voce.
“Oh, forse mi stai fraintendendo... Insomma, Fabio ti piaceva, no?”
Alessia rimase in silenzio, cercando di capire a che punto Bianca volesse arrivare. Non voleva giudicarla troppo presto come invadente. Bianca, d’altra parte, interpretò il silenzio della sua nuova amica come una risposta affermativa.
“Bene. Poi lui ci ha provato, sai tutto quello che è successo...”
“La cosa che mi da’ fastidio” disse Alessia “è che spesso le persone sono distratte. Non fanno attenzione ai dettagli, per niente. Perché si basano solo su... Chiamiamoli pregiudizi, anche se non lo sono realmente, per giudicare”.
Bianca rimase in silenzio. Stavolta era lei che cercava di capire quale conclusione voleva trarre Alessia.
“Se è andata a finire così... Cioè, se io ho reagito in quel modo, quella sera... E’ stato perché sapevo già che Fabio, a Viviana, piaceva da un pezzo. E in fondo... Viviana era la mia migliore amica, no?”
“Ecco! Glielo avevo detto!” disse Bianca, dando una manata sul tavolo. Nessuno la notò: c’era troppa confusione.
Alessia continuava a trovare Bianca invadente, ma cominciava a pensare che in fondo era simpatica.
“Lui mi ha detto che era impossibile che tu l’avessi fatto per Viviana. Secondo lui, tu... Beh, non importa...”
Alessia rimase in silenzio.
Voleva andarsene.
“Sai perché adesso sta con Viviana?”
Alessia sospirò. Perché quella sera voleva solo divertirsi, magari?
“Per dimenticare te.”
Alessia scoppiò in una risata nervosa.
“Guarda che dico sul serio” ribadì Bianca.
“Per dimenticarmi o no, ormai sta con Viviana, e ho deciso di non pensare più a lui neanch’io”.
Bianca annuì. “In fondo, Viviana resta sempre tua amica...”
“Non solo per quello. Amiche o no, è la sua ragazza, adesso, e non è giusto che mi metta in mezzo.” spiegò Alessia, mentre guardava il cameriere che iniziava a portare le pizze.
Bianca annuì di nuovo.
“Scusa, forse ti sarò sembrata troppo esplicita o ficcanaso...”
“No, no, anzi!” disse Alessia, sorridendo. Non sapeva se quella discussione le aveva fatto più bene o male.
In ogni caso, tornata a casa, Alessia non era per nulla scontenta di essere andata a quella festa. Aveva chiacchierato per tutta la serata con Bianca, la quale si era rivelata tutt’altro che invadente o ficcanaso. Si erano perfino messe d’accordo sul fatto che sarebbero uscite assieme, qualche volta.
Quasi stanca per la festa, Alessia ebbe voglia di distendersi sul letto per qualche minuto. Sentiva sempre i piedi che le facevano male quando tornava a casa da qualche parte, fosse stata una festa o qualcos’altro, anche se, come in quel caso, era rimasta tutto il tempo seduta.
Neanche il tempo di rilassarsi due minuti che suonò il telefono. Alessia non aveva voglia di rispondere, ma sentendo sua madre urlare dalla cucina di rispondere al posto suo, fu costretta a prendere il ricevitore.
“Pronto...” disse annoiata.
“Salve. Sono Matteo”.
“Matteo che usa il telefono? Oh! A cosa devo quest’onore?”
“Guarda che ho sempre usato il telefono, io...”
“Ah, sì?” disse Alessia, mettendosi a sedere.
Matteo sospirò, per poi prendere la parola.
“Ho bisogno di prendere aria” disse.
“Oh, bene. Apri la finestra, e potrai prenderne a volontà”.
Matteo rimase in silenzio.
“No!” disse Alessia, gesticolando come se Matteo avesse potuto vederla. “Non ho nessuna intenzione di farmi una delle nostre fantomatiche passeggiate serali. E poi guarda che ore sono”.
“Dai, non è così tardi...” ridacchiò Matteo.
“Oh, no! Non è tardi! Sono solo le undici e mezza passate.”
“Tu pensi troppo, Alessia.”
“E’ una vita che me lo ripeti” continuò Alessia. “Come mai tutta questa delicatezza? Non funzionava diversamente?”
Matteo rimase in silenzio, perplesso, e Alessia poteva già immaginarlo ad aggrottare le sopracciglia, come faceva di solito quando non capiva qualcosa.
“Nel senso... A quest’ora sarei tornata a casa e ti avrei trovato già davanti alla porta di casa mia, con la tua bella sigaretta in mano... O magari in cucina, seduto al tavolo a chiacchierare con mia madre, sparlando su di me”.
Matteo sospirò.
“Mi dici che hai, stasera?” disse Alessia.
“Ho bisogno di parlare con te.”
“Adesso, a mezzanotte?” disse Alessia inarcando un sopracciglio.
“Sì, adesso. E comunque guarda che sono le undici e mezza, non mezzanotte”.
“Beh, il tempo di mettersi d’accordo, chiudere, uscire, aspettarti, sarà mezzanotte” sbottò Alessia. “Sono stanca e ho sonno. Parliamo domani.”
“Ho bisogno urgente di parlare con te” continuò Matteo.
“Beh, fallo. Al telefono.”
“Non mi piace parlare al telefono, quando posso vederti.”
“Ah, allora avevo ragione a scandalizzarmi...”
“Forse avrei dovuto farmi trovare sotto casa tua” disse Matteo, cercando invano di non assumere un tono divertito “a fumare la mia bella sigaretta, come dici tu. A quel punto, saresti stata costretta ad uscire”.
“Matteo, tanto lo so che non vuoi dirmi niente. E’ solo che, stando via tutti questi giorni, non hai potuto torturarmi a sufficienza, e ora vuoi recuperare il tempo perduto. Finirà come sempre: parlerò tutto il tempo io, e tu ogni tanto ti metterai a borbottare qualcosa tipo ‘Tu pensi troppo, Alessia’.”
Matteo rise, e poi aggiunse: “Beh, ok. Non devo dirti niente di importante. Insomma, te l’ho detto. Mi mancano le tue chiacchiere inutili da persona troppo riflessiva”.
Alessia sospirò.
“Beh, se sono inutili, non c’è bisogno di sentirle. La prossima volta pensaci quattro volte prima di sparire senza preavviso, così non ti mancherò. Buonanotte”.
Alessia abbassò il ricevitore con decisione, e andò a dormire.

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Capitolo 8
*** La partita ***


Mancava meno di una ventina di giorni alla fine della scuola.
Praticamente, era il periodo dell’anno scolastico che Alessia odiava di più, quello in cui i professori si accorgevano di colpo che si andava a scuola solo per nove mesi all’anno, e allora cominciavano a darci dentro, massacrando gli alunni con compiti in classe, interrogazioni e verifiche di ogni genere.
Quel giorno, per fortuna, c’erano soltanto l’interrogazione di scienze, ma Alessia era già stata interrogata.
“Allora” stava chiedendo l’insegnante ai quattro malcapitati del giorno. “Vediamo qualche argomento meno recente...”
Marcello sbiancò. Francesca sgranò gli occhi. Luisa, come sempre imperturbabile, non fece trasparire ne’ sorpresa, ne’ sicurezza. Quanto a Renato, era già pronto a protestare.
“Dunque...”
Trattennero il fiato, mentre la professoressa sfogliava il libro lentamente. Sembrava quasi ci godesse, a tenerli in apprensione.
“Renato, parlami del ciclo di Calvin-Benson.”
Silenzio.
“Allora?”
“Riguarda la fotosintesi, se non erro...” balbettò Renato.
“Devi saperlo tu, questo” disse l’insegnante, impassibile.
“La fotosintesi è un argomento dello scorso quadrimestre! Non può chiedercelo!” protestò.
“Chiunque ricorderebbe che cosa avviene nel ciclo di Calvin-Benson in generale” ribatté la professoressa, leggermente irritata. “Da che pulpito viene la predica, poi! Questo dimostra che non hai fatto proprio niente durante l’anno. Se non lo sai, vorrà dire che la tua valutazione scenderà.”
Renato arrossì e non rispose, ammettendo così che quello che aveva detto l’insegnante era la verità. Strano, per uno come Renato.
“Marcello, Francesca, Luisa... Voi lo ricordate?”
Silenzio. Se non avrebbero risposto, alla domanda avrebbe dovuto rispondere qualche altro non interrogato, stavolta dal posto. Alessia sentì coloro che erano interpellabili che, rumoreggiando con le pagine del libro, cercavano il capitolo sulla fotosintesi.
Bussarono alla porta. Era arrivata una circolare. Mentre un bidello si faceva strada fra i banchi per arrivare alla cattedra della professoressa, che attendeva pazientemente, i suoi compagni interrogati approfittarono dell’occasione per farsi suggerire la risposta alla domanda dagli altri.
Matteo non si era più visto dopo quella telefonata. Forse si era offeso. No, pensò Alessia. Matteo non si offendeva così, per niente. Forse non si offendeva mai. Di solito era lei quella che si offendeva, dopo qualche discussione.
Magari era sparito di nuovo. L’ultima volta, però, le aveva detto che non ci avrebbe trovato gusto, a sparire troppo spesso. Beh, da quella volta erano già passati parecchi giorni, che nella testa di uno come Matteo potevano anche essere troppi.
Magari era tornato dalla figlia della donna di suo padre.
Alessia ridacchiò in silenzio.
I suoi pensieri furono interrotti dalle parole di Marta, una sua compagna di classe che si era seduta al posto di Viviana da quando lei aveva abbandonato il loro banco per sedersi accanto a Fabio.
“Tu ci andrai?”
“Dove?” chiese Alessia. “Ero soprappensiero...”
Marta sospirò.
“Domani pomeriggio c’è la finale del torneo di calcetto fra le scuole della provincia... Ci vai?”
“Non temere, Marta. Non ti abbandonerò. Così potrai venerare Fausto senza che nessuno si insospettisca di qualcosa” disse Alessia, sospirando. Era compagna di banco di Marta da poco, ma si era già accorta che a Marta piaceva ancora un certo Fausto, il suo ex ragazzo, che giocava nella squadra di calcio della scuola (Alessia non aveva idea del ruolo che ricoprisse). Anche a Fausto, da come salutava Marta nei corridoi, la sua ex piaceva ancora. Il perché si fossero lasciati, per Alessia, sarebbe rimasto sempre un mistero irrisolto.
“Ma smettila!” disse Marta, arrossendo. “Non ci vado per lui... Solo perché voglio tifare per la nostra scuola!”
“Oh, sì, certo! Ma non farmi ridere!”
La professoressa firmò la circolare, che evidentemente non era destinata agli alunni ma solo agli insegnanti, e il collaboratore scolastico uscì dall’aula.
“Allora?” si rivolse a Marcello.
“Ehm...” iniziò Marcello, arrossendo. “Durante il ciclo di Calvin-Benson, l’anidride carbonica viene trasformata in glucosio da...”
“Va bene, va bene così. Andate a posto, o dovrei mettere il voto ai compagni che vi hanno suggerito la risposta.”

Alessia non avrebbe mai immaginato che la squadra avversaria fosse quella della scuola che frequentava Danilo. E non avrebbe mai potuto avere nemmeno una mezza idea di quello che sarebbe successo dopo.
Davanti al campo di calcio della sua scuola, guardava attraverso la rete i giocatori che si riscaldavano e sentiva accanto a sé la presenza di Marta già in adorazione per Fausto.
“Marta, dai...” la implorò Alessia. “Andiamo a sederci sul muretto...”
“No...” Piagnucolò Marta “Sta venendo qua, verso di me... Magari vuole parlarmi... Poi pensa che lo evito... Vai avanti tu, a prendere posto... Giuro che ti raggiungo subito!”
“Ok...” disse Alessia, sorridendo.
Vide uno spazio sul muro di fronte a lei abbastanza largo per due persone, accanto ad una graziosa ragazza che doveva essere dell’altra scuola, e che sembrava circa due anni più piccola di lei.
Alessia si arrampicò sul muretto, mentre il vento leggero le scompigliava i capelli. Era una bella giornata. Il cielo era azzurro e terso, i raggi del sole non erano eccessivamente caldi, e l’aria profumava di primavera, di fine della scuola e di vacanze.
“Tu sei della scuola avversaria, vero?”
Alessia si voltò verso la ragazza che aveva visto prima vicino a lei. Le aveva appena rivolto la parola.
“Se tu sei del liceo linguistico, sì” disse la ragazza con un sorriso.
“Piacere, mi chiamo Sarah” disse la ragazza. “Sono al primo anno.”
“Conosco un paio di persone al liceo linguistico” disse, e il suo pensiero volò a Danilo. Se l’avesse avuto tra le mani, l’avrebbe stritolato. “Io mi chiamo Alessia.”
Sarah annuì, assumendo un’espressione strana, come se il nome di Alessia non le risultasse nuovo.
Nel frattempo arrivò Marta, estasiata.
“Ha detto che dedicherà la vittoria a me!” sogghignò Marta. “E mi ha anche chiesto di andarci a prendere qualcosa dopo...”
“Visto? Che ti avevo detto? Siete tutti e due cotti...” disse Alessia, con un sorriso. “Ah” disse voltandosi verso Sarah. “Questa è Marta, una mia compagna di classe. Marta, lei è Sarah. E’ dell’altra scuola.” spiegò Alessia, e le due si strinsero la mano sorridendo.
Alessia incrociò le gambe e sospirò. La partita sarebbe iniziata entro cinque minuti.
“Voi siete venute a vedere qualcuno in particolare?” chiese Sarah, tanto per intavolare un discorso.
“Oh... nessuno. Cioè, io nessuno, lei non lo so...” disse voltandosi verso Marta, che le rivolse un’occhiataccia. Alessia sogghignò. “Siamo qui per puro spirito patriottico”.
“E tu?” Marta interrogò Sarah.
“Oh, io... Anche per... Spirito patriottico, come dite voi” disse Sarah, gesticolando con la mano destra, mentre con la sinistra si appoggiava al muretto. “E poi per vedere il mio ragazzo...”
“Capisco” disse Alessia, sorridendo, mentre guardava la palla che due giocatori della squadra della sua scuola si passavano.
“Ci sto insieme da pochissimo... Sarà appena una settimana. Però andiamo molto d’accordo. Lui è molto romantico”.
Il pensiero di Alessia volò ad un improbabile Matteo che si presentava in giacca e cravatta e con un mazzo enorme di rose rosse dalla figlia della donna di suo padre, e trattenne a stento una risata. Magari dalla figlia della donna di suo padre Matteo c’era andato sul serio.
“Perché ridi?” disse Sarah, quasi impaurita dal giudizio di Alessia.
“Oh, non ridevo per te” disse Alessia arrossendo impercettibilmente. “Ridevo perché non appena hai detto la parola romantico ho pensato ad una persona che...”
“Silenzio!” sibilò Marta. “La partita è cominciata!”
Alessia e Sarah obbedirono.
Durante il primo tempo, la squadra della scuola di Sarah segnò due goal. Il secondo fu segnato da quella che ad Alessia era sembrata una faccia vista. Si voltò verso Marta.
“Ma quello non è...”
“Chi?” disse Marta, voltandosi, mentre i tifosi della squadra avversaria esultavano.
Poi Alessia si ricordò che Marta molto probabilmente non conosceva nessuno di coloro che lei frequentava in precedenza, visto che prima loro due non uscivano mai assieme. Quindi le disse di lasciare perdere e che probabilmente era stata solo una sua impressione.
La squadra della scuola delle due ragazze seppe comunque rifarsi durante il secondo tempo, e alla fine vinse il torneo.
“Abbiamo vinto, Alessia! La nostra scuola non vinceva il torneo da anni! E abbiamo vinto! Ti rendi conto?”
Marta guardò eccitata verso i giocatori delle squadre.
“Voglio andare da Fausto!” disse, mentre lo cercava con lo sguardo. “Eccolo lì! Vieni con me, dai!”
“Mi sentirei la terza incomoda.”
“Oh, non fare tante storie!” protestò Marta, scendendo dal muretto.
“Vacci da sola” disse Alessia, sbuffando.
“No. Mi vergogno.”
Alessia alzò gli occhi al cielo.
“Dannazione, Marta. E’ il tuo ex. Perché ti vergogni?”
“Dai, su! Non fare storie! Vieni! Poi puoi andartene, ma ho bisogno di sostegno morale nel caso mi dica che ha cambiato idea e che non mi porterà da nessuna parte e...”
“Va bene, va bene!” sospirò Alessia, scendendo dal muretto, mentre attorno al campo si formavano gruppetti di ragazzi intenti a commentare la partita o a congratularsi con qualche amico che aveva giocato. “Vengo!”
Si voltò per salutare Sarah, ma doveva essersene già andata.
La seguì, mentre si dirigeva verso Fausto, che stava parlando di qualcosa con due dei suoi compagni di squadra. Attesero pazientemente che finisse di parlare. Alessia pensò che ci avrebbe messo chissà quanto, ma Fausto salutò i ragazzi non appena vide Marta. Alessia si limitò a stringergli la mano e a complimentarsi, dopodiché fu il turno di Marta. Mentre i due parlavano del più e del meno e della partita in generale, Alessia vide Sarah parlare con la stessa persona maledettamente familiare di prima.
“Oddio...” pensò Alessia, guardandoli con un espressione che doveva risultare molto strana, tanto che Sarah la salutò con un cenno della mano e poco dopo si avvicinò a lei, portandosi dietro il suo nuovo ragazzo, tenendolo per mano.
“Questo è il mio ragazzo. Danilo, lei è Alessia...” disse Sarah, sorridendo.
“Beh, credo che le presentazioni non servano...” mormorò Danilo, assumendo un’espressione imbronciata che ad Alessia diede sui nervi ma che allo stesso tempo le fece piombare addosso una pioggia breve ma intensa di sensi di colpa.
“Già...” riuscì a mormorare Alessia.
“Ah... Sei quell’Alessia” disse Sarah.
“Sì...” mormorò Alessia, sempre più imbarazzata. Perché “quell’Alessia”?
Ah, certo.
Danilo aveva riservato a Sarah lo stesso identico trattamento che aveva riservato a Claudio.
Lavaggio del cervello.
Sarah assunse un’espressione che passò dallo stupore ad un leggero sprezzo.
“Ecco” pensò Alessia “Ecco che se prima ero un’Alessia simpatica, gentile e socievole, adesso sono un’Alessia egoista e spietata che ha massacrato il suo tesoro.” Ma questo non lo disse. Avrebbe voluto dire un sacco di cose in faccia a Danilo, lì, davanti a tutti. Avrebbe voluto urlargliene di tutti i colori. Così tutti avrebbero sentito cos’era veramente. Voleva dire a Sarah che Danilo era solo un bambino viziato e che non doveva mettersi a sprecare tempo con lui.
Invece rimase in silenzio.
Arrossì, mentre Danilo non riusciva a guardarla negli occhi e decideva di seguire Sarah, che si era allontanata senza nemmeno salutarla.
Adesso lui le avrebbe chiesto con voce adorante e piagnucolosa perché non l’aveva neanche salutata, e lei avrebbe risposto, con voce altrettanto sdolcinata e piagnucolosa, che lei l’aveva fatto soffrire troppo e non si meritava di essere salutata. E a questo punto, Danilo avrebbe tirato fuori qualche frase sdolcinata e l’avrebbe osannata per tutta la serata per il suo gesto glorioso.
“Alessia...” la chiamò Marta. La ragazza si voltò. “E’ tutto a posto?”
“Sì...” mentì Alessia.
“C’è la premiazione, ora. Ti va di restare?”
“Resta pure... Io...” avrebbe avuto voglia di lasciare quel posto il più presto possibile, ma non lo disse. “Io devo andare, ho... Un impegno...”
“Oh...” disse Marta, senza sorridere. “Va bene... Sei sicura che è tutto a posto?”
“Sì, sì!” disse Alessia, cercando di sorridere. Marta sorrise in risposta, segno, per Alessia, che aveva finto di essere tranquilla davvero bene.
“Vado, ok?”
“Ci vediamo domani!” disse Marta.
“Ciao!” li salutò Alessia, con un cenno della mano, cercando a stento di continuare a sorridere.
Prese a camminare.
Vide l’ombra di Fabio e Viviana che camminavano mano della mano in direzione di Fausto. Cambiò strada e finse di non vederli.
Uscì dalla scuola, e iniziò a camminare, a camminare, a camminare.
Sapeva già dove stava andando.
Doveva sfogarsi.
Magari si trovava davvero da suo padre, ma aveva troppo bisogno di vederlo.
Arrivò al portone del condominio dove abitava. Cercò quello della casa di Matteo fra i vari pulsanti dei campanelli, per poi accorgersi che il portone era aperto. Salì le scale alla cieca, urtando una persona che la intimò a guardare dove metteva i piedi. Si scusò frettolosamente, finché non si trovò davanti a quel portone di legno che ormai conosceva bene.
Suonò due volte.
Matteo era in casa. Aveva aperto la porta.
“Cosa vuoi?” le disse scherzando.
Perché era andata proprio da Matteo?
Non lo sapeva neanche lei.
“Credo di... Di avere bisogno di parlare con qualcuno.”
“Non funzionava diversamente? Di solito chiami sempre prima di venire a casa mia” disse Matteo, appoggiandosi alla soglia della porta.
“Beh...” disse Alessia, non sapendo cosa dire. Perché doveva mettersi a fare il cretino proprio in quel momento?
“Esistono tante persone con cui parlare. Perché proprio io?”
Perché sei l’unico con cui io adesso abbia voglia di parlare, pensò Alessia.
“Dai, adesso no. Sono troppo stanco. Domani”.
Alessia si morse il labbro.
“Ehi...” disse lui, chinandosi, cercando inutilmente di incontrare lo sguardo di Alessia, che era fisso sul pavimento. “Guarda che non me la sono presa, per l’altro giorno... Stavo scherzando! Non c’era bisogno che venivi fin qui per...”
Matteo non sapeva più cosa dire.
“E’ tutto a posto?” chiese Matteo. Alessia scosse la testa lentamente.
Matteo sospirò.
“Scusa, non pensavo stessi male sul serio... Entra pure”.
Alessia accettò l’invito, e Matteo chiuse la porta.
“Sono stanca di tutto questo, sai?” mormorò Alessia.
Matteo aggrottò le sopracciglia.
“Di cosa?” chiese. “Oh, non fare caso al disordine” aggiunse dopo, guardandosi intorno con aria imbarazzata.
“Non mi interessa. Voglio parlare con te” disse Alessia, senza distogliere lo sguardo dal pavimento.
Matteo restò in silenzio, segno che era pronto ad ascoltarla.
“Non ne posso più, di questa situazione” ripeté la ragazza.
Alessia appoggiò la testa sulle sue spalle, mentre Matteo la abbracciava.
Solo Matteo sapeva farla sentire bene con un semplice abbraccio. Era come se sentisse davvero quello che lei stava per dirgli, come se sapesse infondergli coraggio e conforto senza bisogno delle parole.
In fondo, anche nel libro della sua vita Matteo era un personaggio fisso, pensò Alessia, anche se forse “libro” era una parola grossa per il momento.
“Allora... Mi dici cosa ti è successo? Forse parlarne ti aiuterà...” suggerì Matteo, prendendo posto sul divano. Alessia lo imitò. Gli parlò di tutto quello che gli passava per la testa, dando voce a quelle che negli ultimi mesi erano state le sue ossessioni e le sue paure più profonde, e a tante di queste non aveva dato voce nemmeno nei suoi pensieri. E fra queste c’era anche la paura di essere scambiata per ciò che non era, e la rabbia verso Danilo e verso se stessa, per non avergli detto tutte quelle cose, e il fatto che per colpa sua adesso tutti la credevano per quello che non era, e il fatto che aveva di nuovo preso coscienza che Fabio stava davvero con Viviana, e il fatto che... Non seppe più continuare. Quasi si vergognò di tutte le cose che aveva detto. In fondo, non erano cose così importanti per cui stare male. Le sembravano quasi stupide.
“Danilo si sta comportando di nuovo da bambino viziato” osservò Matteo. “Scusa se te lo dico. Sembra quasi che in questo modo si stia... In un certo senso, vendicando perché tu lo hai lasciato...”
Alessia rimase in silenzio.
“Beh, non ti resta altro da fare. Va’ a casa sua e vuota il sacco.”
“Sì, e troverò sua sorella con gli artigli tirati fuori, pronta a sgozzarmi assieme a sua madre, perché ho fatto soffrire il loro pargolo...”
“E tu diglielo, quello che pensi!” disse Matteo, alzando leggermente il tono di voce. “Dannazione, Alessia. Pensi troppo. Potrebbe aprirti lui, no? Potrebbe chiuderti la porta in faccia, e allora? Potresti urlargli che è un vigliacco finché non ti fa entrare. E in più, ti sentirà tutto il vicinato...”
“E penserà che sono una pazza esaurita che si è pentita troppo tardi di tutto il male che ha fatto al povero pargoletto della vicina...”
“Ma potrebbe anche pensare che è il pargolo ad essere imbecille...” disse Matteo, con un sorriso malizioso.
“Beh... Forse hai ragione. Alla prima occasione, gliene dico quattro. Forse mi aiuterà a farmi sentire meglio...”
“Sicuramente... Magari potrete chiarire un paio di cose...” suggerì il ragazzo.
“Già...” osservò Alessia, balzando in piedi. “Beh, devo andare.”
“Ah, Alessia...” disse Matteo, mentre si alzava. “Non pensare che quello che mi hai detto questo pomeriggio sia stupido... Non pensare troppo, ecco.” aggiunse, sorridendo.
“Scusami! Quasi dimenticavo... Dovevi dirmi qualcosa, l’altra sera?”
“Oh, niente di serio. Ho trovato un lavoro... Tanto per, in effetti non ne avevo bisogno. Mio padre me ne da’ abbastanza, di soldi. Scusami, non avrei dovuto disturbarti per una cosa così stupida...”
“Oh, no. Quella sera ero davvero stanca” disse Alessia, con un sorriso. Adesso sembrava decisamente più rilassata, ed era quello che Matteo voleva vedere. “Ero stata alla festa di compleanno di Fabio...”
“Non importa... Solo che avevo... Voglia di vederti...” disse Matteo, spostando lo sguardo da un’altra parte.
“Ah...” mormorò Alessia. “Beh, potevi dirlo, no? Magari, colpita dalla tua improvvisa galanteria, ti avrei concesso cinque minuti...” scherzò la ragazza.
“O magari no...” disse Matteo, sorridendo.
“Vado, adesso. Se non mi faccio sentire entro una settimana, vuol dire che sono stata macellata dalla madre di Danilo”
“D’accordo” rispose Matteo, in tono sarcastico.
“Ciao!” lo salutò Alessia allegramente, richiudendosi la porta alle spalle.

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Capitolo 9
*** Chiarimenti ***


Un bel po’ di giorni dopo, Alessia trovò finalmente un pomeriggio libero per andare a trovare Danilo, visto che non aveva avuto ancora nessuna occasione di incontrarlo (o forse perché aveva evitato accuratamente ogni occasione di farlo).
Si ricordò che, poco prima di chiudere la loro storia, Danilo aveva traslocato. Dove non lo ricordava: non aveva neanche avuto il tempo di andarlo a trovare nella sua nuova casa. Cercò l’indirizzo nuovo su qualche vecchia rubrica o agenda, ma non lo trovò. Alla fine trovò, in uno scatolone, un suo vecchio diario. Aprendolo, cadde un bigliettino. Sperò che si trattasse dell’indirizzo di Danilo, ma non era così. Portava la data del quattordicesimo compleanno di Alessia, quando lei e Danilo stavano insieme ancora da poco e lui le aveva fatto recapitare dei fiori a casa per l’occasione. Si ricordò di come era stata pazza di lui, e si chiese come tutto si era potuto volatilizzare in così poco tempo, così in fretta. Scosse la testa, per scacciare via quei pensieri, e continuò a cercare.
Faceva caldo, e la finestra socchiusa permetteva che una quantità d’aria sufficiente a rinfrescarla entrasse nella sua camera. La casa, inoltre, era vuota. Come al solito. I suoi genitori erano al lavoro. Da bambina la lasciavano con la nonna. Quando la nonna era diventata troppo anziana per badarle, avevano deciso di assumere una baby-sitter. I suoi genitori cambiavano baby-sitter in continuazione, ma mai nessuna di queste era stata simpatica ad Alessia.
D’estate, invece, i suoi genitori andavano in vacanza. E, quando era bambina, Alessia durante il pomeriggio giocava spesso con Matteo.
Ricordava ancora la prima volta che lo aveva incontrato. I suoi genitori si erano trasferiti in quella nuova città da poco, e lavoravano assieme al padre di Matteo. Allora la famiglia di Matteo aveva avuto l’idea di invitarli una sera a cena, come per accoglierli nella nuova città. Matteo se ne stava seduto in un angolo del salotto, imbronciato, mentre la madre di Matteo stava finendo di apparecchiare la tavola. La madre di Alessia si era offerta di dare una mano, e si erano messe ad apparecchiare la tavola assieme. Poco dopo era arrivato anche il padre di Matteo, a salutare gli ospiti. Ma Matteo se ne stava ancora seduto nel suo angolo, imbronciato. Sua madre lo aveva chiamato, e lui, sempre imbronciato e ostinato, si era seduto al suo posto, dopo aver borbottato scocciato un “buonasera”. Dopo aver mangiato, erano usciti tutti per una passeggiata. Allora Alessia si era avvicinata a Matteo, e gli aveva sorriso, chiedendogli perché era così triste. Lui aveva risposto solo che si annoiava. Alessia, permalosa com’era, si era sentita offesa. Gli aveva risposto per le rime e non l’aveva più nemmeno guardato per tutta la sera. Solo al momento di salutarsi, Matteo le aveva sorriso. Era stato il suo modo di chiederle scusa, e Alessia aveva dimenticato tutto immediatamente.
Era tutto così diverso, allora. I pensieri, le abitudini. E questo non era dovuto soltanto alla loro crescita. Allora i genitori di Matteo sembravano volersi bene sul serio. Addirittura, i genitori di Alessia, tornando a casa, avevano detto che quella del loro collega era una bella famiglia. Una famiglia modello. Chissà perché, alla fine, era andata a finire in quel modo.
Alessia sospirò. Tornò alla ricerca dell’indirizzo di Danilo. Si sistemò dietro l’orecchio una ciocca di capelli ribelle, e trattenne uno starnuto. Lo scatolone in cui i diari vecchi si trovavano era pieno di polvere. Alessia poteva sentirla, appiccicosa e fastidiosa, sulle mani.
Finalmente trovò quel biglietto. Era scritto male, in fretta e furia, in inchiostro blu, ma abbastanza comprensibile.
Quando finalmente si trovò davanti a quella che doveva essere la casa di Danilo, suonò il campanello.
Ecco, era quello il punto cruciale.
Danilo l’avrebbe lasciata entrare?
Si soffermò ad osservare la nuova casa in cui il ragazzo abitava. Faceva parte di un gruppetto di villette a schiera. Una volta passato il cancello, si accedeva ad una sorta di vialetto di pietre che portava all’entrata vera e propria della casa. Ai lati, fioriva la vegetazione. I colori della casa erano un po’ di pessimo gusto, forse – bianco, e un giallo e un rosa troppo accesi per i suoi gusti. I vasi sui balconi traboccavano di fiori.
Vide la porta aprirsi. Stava uscendo qualcuno.
“Ci siamo” pensò Alessia. “Adesso Danilo mi sbatterà la porta in faccia”.
Invece era la madre di Danilo.
“Oh! Alessia!” disse la donna, sorridendo, mentre si asciugava le mani bagnate sul grembiule e andava ad aprirle il cancello. “Tutto bene, cara?”
“Sì...” rispose Alessia, entrando. Non si aspettava quell’accoglienza.
“Anche noi stiamo bene. Cerchi qualcuno?”
“Sì, desideravo vedere Danilo...”
“Oh!” la madre del ragazzo continuò ad asciugarsi le mani sul grembiule, già bagnato da un alone d’acqua. “Danilo è uscito”.
“Sarà la solita scusa, o è uscito davvero?” pensò Alessia. “Beh, non fa niente, non era importante...” mormorò.
“Ma sicuramente starà per arrivare!” disse la madre di Danilo, sorridendo. “Vuoi entrare dentro per aspettarlo? Ti offro qualcosa...”
“Oh, no, no... Grazie. Saprebbe dirmi quando torna di preciso?”
“Di preciso no... Dai, accomodati...”
“No, no!” rifiutò Alessia, arrossendo. “Saprebbe dirmi dov’è andato, allora?”
“E’ uscito con... Quella” disse la madre di Danilo, quasi sputando la parola “quella”.
“Va bene, allora non intendo disturbarlo...” disse Alessia, continuando a sorridere.
“Dovevi dirgli qualcosa? Se vuoi riferisco io!” continuò la madre di Danilo. Alessia aveva notato che aveva smesso di asciugarsi le mani sul grembiule.
“No...” disse la ragazza, scuotendo la testa velocemente. “Volevo chiarire un paio di cose...”
“Vuoi riconquistarlo?” disse la madre del ragazzo con un sorriso malizioso, dandole una gomitata. “Io sono sua madre, potrei aiutarti!”
Ecco. Alessia lo sapeva. Forse la stava trattando con tutti quei riguardi perché non sopportava Sarah e voleva che Alessia tornasse a stare col figlio. Se Matteo si sarebbe trovato nella stessa situazione, avrebbe già detto in faccia alla madre di Danilo di tenersi suo figlio perché era una palla al piede. Ma Alessia pensò che era decisamente troppo scortese. Mentre pensava a cosa poteva dire senza risultare scortese e senza farle capire che quella era la verità, e contemporaneamente pensava a una scusa per sbarazzarsi di quella che iniziava a rivelarsi una presenza invadente, una voce interruppe la loro discussione.
“Salve.” disse Danilo, cupo.
Alessia si girò e lo guardò. Aveva l’aria di chi, dopo aver trascorso quella che secondo la propria opinione sarebbe stata la giornata più bella della propria vita, si imbatteva in qualcosa che gliela rovinava del tutto. Quel qualcosa era Alessia, nel suo caso. Alessia si immaginava già come, dopo la loro discussione, lui si sarebbe precipitato in camera sua a chiamare Sarah, raccontandole di come il loro splendido pomeriggio da sogno fosse stato rovinato, quasi in lacrime. Le veniva la nausea al solo pensiero.
“Vi lascio da soli!” cinguettò la madre del ragazzo, e tornò in casa, socchiudendo la porta.
“Ciao...” mormorò Alessia.
“Ciao...” rispose Danilo.
“Sono venuta a... dirti un paio di cose.” Perché adesso si sentiva così imbarazzata? Dov’era finita tutta la rabbia che aveva dentro? Forse si era arrabbiata per un motivo troppo stupido. O forse no. In fondo sia Claudio che Sarah avevano un’opinione di lei completamente sballata. E così, tutti gli altri amici di Danilo, i quali erano stati anche suoi amici.
Danilo rimase in silenzio.
“Ogni tanto potresti dimostrare di avere fegato e venirmi a dire le cose in faccia, non trovi?” disse Alessia, cercando di sembrare calma.
“Di cosa stai parlando?”
“Beh, mi è capitato di incontrare un paio dei tuoi amichetti, i quali mi hanno riferito che, stando a quanto gli hai detto, tu soffrivi come un cane bastonato mentre io me la spassavo in giro e mi facevo i cavoli miei, fregandomene dei tuoi sentimenti. Sono venuta a dirti che non è affatto vero, e tu lo sai benissimo. E anche a chiederti di dire le cose in faccia, d’ora in poi.” disse Alessia, accorgendosi che forse aveva alzato troppo il tono di voce.
“E’ impossibile... Tu non sei mai stata rifiutata da qualcuno. Non puoi capire quello che ho provato” disse Danilo, senza alzare lo sguardo.
“Oh, certo. Perché secondo te lasciarti è stata una passeggiata! Ma lo vuoi capire, Danilo?” gridò Alessia, scuotendolo per le spalle per spingerlo a guardarla negli occhi. “Vuoi capire che se ti ho lasciato è stato solo per il tuo bene?”
“Tu mi hai lasciato solo perché ti eri stufata di me. Così, di punto in bianco, senza pensare a quanto io avessi potuto soffrire...” disse Danilo.
“Allora avresti preferito che ti ingannassi, o che magari ti tradissi?” rispose Alessia.
“Con chi, con Matteo?” disse Danilo, guardandola finalmente in faccia.
Alessia sgranò gli occhi.
“Parlavo in generale...” mormorò. “Non penserai che lo abbia fatto...”
“Oh, certo che sì! Matteo di qua, Matteo di là... Chissà quante volte mi hai tradito sul serio...”
Le sue parole furono interrotte da uno schiaffo secco da parte di Alessia.
“Sono stufa di perdere tempo con un cretino. Pensavo di sbagliarmi, ma non è così. Va’ pure a piagnucolare da Sarah.”
“Sei gelosa? Mi fa piacere.” disse Danilo.
“Io gelosa? Ma per favore!” disse Alessia, ridendo. “Compatisco solo tutte quelle poverine che devono sopportare i tuoi piagnistei.”
“Non provare ad offendere Sarah!”
“Io non sto offendendo nessuno, Danilo” disse Alessia, guardandolo negli occhi scuri, scandendo bene le parole. “Non ero venuta qui per litigare, ma visto che sai fare solo il bambino, credo di non avere altra scelta. Sono venuta fin qui, dopo aver cercato il tuo indirizzo per tutto il pomeriggio, solo per dirti che ti ho voluto bene e, non so come ho fatto, ti ho stimato. E, a differenza di ciò che credi, non ti ho mai voltato le spalle. Neanche quando ti ho lasciato.”
Danilo rimase in silenzio.
“Bene. Ti ho detto come stanno le cose. Puoi pensare quello che vuoi, ora. Io quello che avevo da dirti te l’ho detto” disse Alessia, con un’alzata di spalle. “Ora, se vuoi scusarmi...”
Alessia se ne andò sperando che si rendesse conto di quanto fosse infantile.

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Capitolo 10
*** Innamorato ***


Matteo entrò in casa e si buttò sul divano. Lavorare in quel bar a due passi da casa sua in fondo era stancante. Lui sapeva che sarebbe stato stancante, fin dall’inizio. Ma non immaginava che avrebbe potuto essere stancante fino a quel punto. La parte più noiosa era sopportare le lamentele dei clienti. Il caffè era sempre troppo amaro, o troppo zuccherato, o troppo caldo, o troppo freddo, o troppo lungo.
Ripensò alla telefonata che aveva ricevuto quella mattina. Era stata da parte di Francesca, la figlia della donna di suo padre.
Fino a Francesca, le sue storie erano sempre state serie.
Serie, forse, non proprio. Quasi serie. Poteva dire che ci si era impegnato abbastanza.
Si era sempre fatto storie più o meno serie, fino a Francesca.
Francesca era stata un passatempo. Matteo si era fatto terribilmente schifo. Dapprima aveva pensato che anche per Francesca lui stesso fosse stato un passatempo. Dopotutto lei era fidanzata, ed era stata lei a spingere Matteo ad avviare quella che non poteva essere definita una storia vera e propria: troppo poco seria e impegnativa, troppo vuota.
Invece quella mattina Francesca gli aveva chiamato, dicendogli che aveva addirittura lasciato il suo tipo per Matteo, che non si era mai innamorata così prima d’ora e roba simile.
Matteo non aveva saputo come reagire.
Forse avrebbe dovuto sparire?
No, troppo comodo.
Alla fine, Francesca aveva abbassato velocemente il ricevitore, dicendogli che lei lo amava e che prima o poi sarebbe riuscita a riconquistarlo, con o senza il suo consenso.
Matteo si era limitato a sbuffare.
Non era Francesca che voleva.
Era Alessia.
Se n’era accorto quando una volta, mentre baciava Francesca, si era ritrovato a sognare che stesse baciando lei.
Alessia.
Così forte eppure così fragile, così impassibile eppure così piena di paure e di una grande voglia di condividere e comunicare le sue emozioni.
Alessia era e sarebbe stata sempre un’amica.
Soltanto un’amica.
Doveva ficcarselo bene in testa.
Farle la scenata di gelosia quando aveva saputo della sua storia con Danilo era stata una cretinata, forse la peggiore cretinata della sua vita.
Aveva soltanto fatto una figuraccia, con il solo risultato che Alessia si era convinta ancora meglio che erano solamente, unicamente e semplicemente “amici”.
Amici.
Non aveva mai sopportato di meno quella parola.
Aveva un disperato bisogno di fumarci una bella sigaretta sopra.
Sapere che Alessia aveva rifiutato Fabio per tutta quella storia su Viviana era stato un bel sollievo. Cento notti insonni a fumare come una ciminiera in meno.
No, giusto. Non poteva fumare. Aveva detto ad Alessia che avrebbe smesso.
Però era rimasta ancora qualche sigaretta in quel pacchetto che aveva comprato per “farle tutto un altro effetto con la sua bella sigaretta in mano” quando era tornato dalla visita a suo padre. E dopotutto, doveva finirlo, quel pacchetto, prima o poi.
“Scusami! Quasi dimenticavo... Dovevi dirmi qualcosa, l’altra sera?”
“Oh, niente di serio. Ho trovato un lavoro... Tanto per, in effetti non ne avevo bisogno. Mio padre me ne da’ abbastanza, di soldi. Scusami, non avrei dovuto disturbarti per una cosa così stupida...”
No, certo. Niente di serio. Quella del lavoro era una bugia bella grossa.
E poi le aveva detto: “Avevo solo voglia di vederti”.
Non si era mai sentito così cretino.
Perché Alessia lo faceva sentire così imbranato?
Non era mai stato imbranato, lui.
Però Alessia aveva qualcosa che gli impediva di pensare razionalmente.
Andò a prendere quel dannato pacchetto di sigarette e ne accese una.
Alessia.
Avrebbe potuto ripetere il suo nome all’infinito.
Doveva smetterla di comportarsi da imbranato. Doveva dirle come stavano le cose, e basta. La prima volta che l’avrebbe vista, gliel’avrebbe detto.
Suonarono alla porta.
“Chi è?” urlò Matteo.
“Alessia...” rispose una voce dietro la porta.
Dannazione.
Non così presto.
Matteo affondò rapidamente la sigaretta appena accesa nel posacenere per spegnerla, e andò ad aprire.
Eccola, Alessia.
I capelli castani che le incorniciavano il viso, vestita in modo semplice, eppure così carina. Era un po’ affannata, forse perché aveva salito le scale di corsa.
Avrebbe voluto abbracciarla.
Ma effettivamente non ce n’era motivo.
No, avrebbe dovuto aspettare un’occasione propizia.
Occasione propizia. Neanche si fosse trattato di un rituale o di qualcosa del genere.
Ma se non riusciva neanche ad abbracciarla, come poteva lontanamente immaginare di essere capace di dirle come stavano le cose?
“Sono stata a casa sua...” disse Alessia con un sorriso.
“Ah...” disse Matteo, cercando di non pensare a nulla di quello che aveva pensato fino a quel momento. “E com’è andata?”
“Oh! Benissimo!” disse Alessia, con una luce strana negli occhi. “Sono andata da lui, abbiamo litigato per un pezzo. Me ne stavo per andare. Anzi, me n’ero andata. Ad un tratto lui mi ha afferrato per un braccio e...”
Alessia rimase in silenzio.
No. Non poteva essere.
Non di nuovo.
E poi non con quel cretino di Danilo.
“...e poi?” chiese Matteo, cercando con tutte le sue forze di fingersi indifferente.
“E poi mi ha baciata.”
“Ah.” disse Matteo. Alessia aggrottò leggermente le sopracciglia. Sicuramente aveva assunto l’espressione di uno che aveva ingoiato non uno, ma venti rospi assieme.
“E quindi adesso stiamo di nuovo insieme.”
“Ah” ripeté Matteo. Adesso era sicuro di avere assunto l’aria di uno che di rospi ne aveva ingoiati una cinquantina.
Alessia lo guardò seria. Poi sorrise, fino a cominciare a ridacchiare.
“Che c’è?” chiese lui, smarrito.
“Non vedi che sto scherzando?” disse, dandogli uno spintone.
Neanche Matteo poté trattenere quella che avrebbe potuto definirsi una risata di sollievo.
“Guarda che non è vero... Non ci ho creduto neanche per un momento...” mormorò lui.
“Oh, certo!” disse lei, continuando a ridacchiare. “Avresti dovuto vedere le facce che hai fatto!”
“E va bene, ci ho creduto!” sbottò Matteo, imbronciato. “Adesso spiegami cosa c’è di tanto divertente!”
“E dai, non ti arrabbiare!” disse lei abbracciandolo, ma stava solo giocando. Come un’amica, ovvio.
Dannazione. Doveva dire qualcosa. Doveva fare qualcosa.
Perché continuava a restare lì, immobile, come un cretino?
Alessia si era sciolta dall’abbraccio da un pezzo.
Che scemo, l’aveva abbracciato lei. Altro che momento propizio.
“Però è stato divertente!” ripeté Alessia.
Matteo si voltò dall’altro lato.
“Dai, su!” disse lei, scuotendolo per il braccio.
Matteo scosse la testa sorridendo.
“Allora... Com’è andata?” disse il ragazzo.
“Non lo so, e sinceramente non mi interessa. Sono venuta qui per parlare di noi.” disse Alessia. Matteo stentò a credere alle proprie orecchie. Che sul serio volesse intendere “noi” in quel senso?
“Cioè...” disse Alessia, arrossendo leggermente. “Intendo di te. Ecco... Il tuo lavoro... Come va?”
“Oh...” disse Matteo. L’imbarazzo di Alessia gli strappò un sorriso di tenerezza. “Beh, tutto a posto. E’ un po’ stancante, ma... procede bene” continuò il ragazzo, allargando le braccia.
“Mi fa piacere” disse Alessia, sorridendo. “Beh, a dire il vero non sono venuta qui per un motivo preciso. Passavo di qui e quindi... Insomma, ho pensato di passare a salutarti.”
“Vuoi qualcosa da bere?” si offrì Matteo.
“Oh, no... Devo andare” disse Alessia, sorridendo di nuovo. “Beh... Ci vediamo presto, ok? Ciao!” lo salutò con un cenno della mano.
“Ciao...” riuscì a mormorare Matteo.
Alessia si richiuse la porta alle spalle.
Il fatto che sembrava fosse venuta senza un vero motivo apparente, poteva spingerlo a pensare che forse... No. Erano pensieri stupidi. Alessia lo vedeva come amico, e tale sarebbe rimasto, se non avesse fatto qualcosa per farle cambiare idea.
Cosa aveva pensato, prima?
“Non appena la incontro, le dirò come stanno le cose”.
Sì, certo. Come no.
Cretino, cretino e ancora cretino.
Si sedette di nuovo sul divano e accese un’altra sigaretta.

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Capitolo 11
*** Novità ***


Alessia stese le gambe sotto il banco, mentre la professoressa di storia entrava nell’aula per l’ultima volta in quell’anno scolastico.
Era l’ultimo giorno di scuola.
Mentre Marta finiva di raccontarle tutti i dettagli dell’ultimo appuntamento con Fausto, Alessia pensava che quello, tutto sommato, non era stato un anno così cattivo, nonostante la fine della sua storia con Danilo (ma quello era stato un bene, molto probabilmente) e tutto ciò che era successo con Viviana e Fabio.
“Ehi! L’avete saputo?”
A parlare era stata Marisa, una ragazza che sedeva al banco davanti a quello di Alessia e Marta, universalmente conosciuta come la classica curiosona che ficcava il naso negli affari altrui e che era a conoscenza di tutti i pettegolezzi che giravano per i corridoi della scuola. Il bello di lei era l’essere così ficcanaso da verificare, senza che nessuno se ne accorgesse, i pettegolezzi che le riferivano, e quindi, se in giro si diceva che il tuo ragazzo ti aveva messo le corna, bastava chiederlo a lei che sapeva sempre, in ogni caso, valutare esattamente la validità dell’informazione.
“A cosa ti riferisci?” chiese Marta, dopo aver scambiato un’occhiata con Alessia.
Marisa si avvicinò alle due ragazze.
“Pare che Viviana e Fabio siano in crisi!” bisbigliò lei, furtivamente. “Sembra che Fabio sia innamorato di un’altra.”
“Ah...” disse Alessia, perplessa.
“E... Chi sarebbe quest’altra?” chiese Marta, fingendosi indifferente.
“Oh, beh, ancora non lo so... Non l’ha rivelato ancora nessuno...” rispose Marisa vagamente, fissando una piccola crepa sul banco di Marta.
“Ecco” pensò Alessia. “Sta tastando il terreno.”
“Ehi, Marisa...” bisbigliò Marta. “Che cosa si dice di Fausto, in giro?”
“Insomma, Marta!” disse Alessia. “E’ palese che ti venga dietr...”
“Silenzio!” la rimproverò Marta, facendole freneticamente cenno di abbassare la voce.
“Oh, Alessia ha ragione” sussurrò Marisa. “In giro si dice che state per tornare insieme, e che entrambi siate ancora cotti l’uno dell’altra.”
Marta fece un sorriso malizioso ad Alessia, che scrollò le spalle come per dirle: “Hai visto che avevo ragione?”
“Beh, in ogni caso, se è realmente vero che sei ancora cotta di lui... Potrei diffondere il pettegolezzo!”
Alessia ridacchiò, riflettendo su come Marisa, con i suoi incisivi sporgenti e i capelli scuri arruffati, nonostante il suo nauseante fanatismo per i pettegolezzi, risultasse addirittura simpatica e divertente.
“Beh... Sì, non sarebbe male. Ma sempre con discrezione. Sai, questa fase, quella del corteggiamento, è quella che mi piace di più...” disse Marta, con una strizzatina d’occhio, mentre Alessia rideva sotto i baffi.
“E lei, signorina?” disse Marisa, girandosi verso Alessia. “Devo diffondere qualche pettegolezzo?”
“Per il momento no.” si limitò a dire Alessia. “Tutte le persone coinvolte nelle mie ultime sventure si trovano fuori da questa scuola.”
“Come Danilo.” aggiunse Marta.
“Ti rompe ancora la testa, eh? Capisco. Beh, continuate la vostra conversazione!” disse Marisa, elettrizzata senza motivo, girandosi.
Marisa non sapeva che Danilo stava con un’altra, a quanto pareva. Strano, ma meglio così.
“Hai sentito? L’ha lasciata per un’altra!” bisbigliò Marta, cercando a modo suo di non farsi sentire.
“Non l’ha lasciata, Marta. Sono solo in crisi, e spero che tutto si risolverà per il meglio...” disse Alessia, guardando Viviana parlare con una loro compagna di classe e Fabio dal lato opposto dell’aula parlare con un gruppetto di ragazzi.
“Beh, in ogni caso, quest’altra sei tu. Hai sentito Marisa?” disse Marta.
“Marisa stava solo indagando” scherzò Alessia.
“Ma che dici?” sibilò la ragazza. “Voleva farti capire che quest’altra sei tu!” ripeté, facendo un gesto con la mano destra.
Alessia sospirò e scosse la testa.
“Beh, quindi...” riprese Marta “datti una mossa. Viviana ti ha trattato con i piedi, ora è il tuo turno”.
“Ma Fabio mi aveva baciata. Anche se l’ho respinto, mi aveva sempre baciata. E si è vendicata così, e magari me lo merito anche” pensò Alessia, ma non lo disse ad alta voce. Disse invece: “Non è vero... E poi vedrai, quell’altra non sono io...”
“Ma sì! Non ti ricordi quello che mi hai detto sulle parole di Bianca?” continuò Marta.
“Beh, comunque sia, a me non interessa” disse Alessia, guardando Fabio dare uno spintone ad uno dei loro compagni.
“Bah, fa’ come vuoi.” Marta si fermò un momento, come se stesse riflettendo su qualcosa. Poi aggiunse: “Ma allora chi ti interessa?”
“Non lo so” si limitò a rispondere Alessia, con un’alzata di spalle.
Magari Marta avrebbe pensato che le interessava ancora Danilo, ma in realtà non era vero.
Non lo sapeva sul serio, chi le interessava.
Quello che sapeva era che, tre giorni prima, era andata da Matteo senza motivo, facendogli quello stupido scherzo su Danilo, sempre senza motivo. Forse era andata da lui solo perché aveva voglia di vederlo e farlo sentire un po’ a disagio, una volta tanto.
Le ultime ore dell’anno scolastico trascorsero in maniera piuttosto fluida. Alessia le passò abbandonandosi con le sue vicine di banco a progetti sull’estate, a pettegolezzi schiocchi, a fantasie inutili, a commenti buoni o cattivi su alcuni momenti cruciali dell’anno scolastico, alle previsioni dei voti di fine anno.
Alla fine, il suono della campanella dell’ultima ora mise fine all’anno scolastico. Dopo fu uno scoppio di urla, di voci, di gente per i corridoi, di colori diversi.
Mentre stava per uscire dall’aula con Marta, Viviana la chiamò.
Alessia si voltò, dopo qualche secondo di confusione. Viviana non le rivolgeva la parola da mesi. Non perché fosse arrabbiata, sembrava come se si sentisse superiore.
“Dovrei parlarti... Ti va bene se ci vediamo... Oggi pomeriggio?”
Alessia si voltò, con un sorriso.
“D’accordo. Dove?”
Viviana ci pensò un po’, forse stupita dall’allegria e dalla disponibilità di Alessia nei suoi confronti.
“Non so... A casa mia, se vuoi. Alle cinque.”
“Alla cinque, a casa tua!” confermò Alessia. “Bene, ci vediamo!”
Viviana la salutò e se ne andò.
“Ma sei pazza? Magari poi ti offre dei dolcetti avvelenati e ti assassina!” scherzò Marta.
Alessia rise.
“Beh, insomma! Perché lo hai fatto? Ti ha trattato con i piedi per mesi! Se proprio volevi dare l’ennesima dimostrazione del tuo animo caritatevole, potevi prima darle del filo da torcere!” disse Marta, passandosi una mano fra i capelli.
“Insomma, Marta... Ormai Fabio è un capitolo chiuso. E poi a darle del filo da torcere non ci avrei guadagnato... Beh, pensiamo invece che finalmente è finita la scuola!”
“Già!” disse Marta, estasiata.
Percorsero il corridoio, uscirono dall’edificio e dalla scuola.
Si salutarono, ripromettendosi di vedersi presto.
Alessia si ritrovò a percorrere a piedi quella stessa strada che aveva percorso infinite volte quell’inverno, ogni volta con pensieri diversi per la testa.
Adesso, anche se cercava di evitarlo, finiva sempre per pensare a Matteo e a quanto sciocca poteva essere sembrata ai suoi occhi quella visita senza motivo.
E poi perché pensava sempre a Matteo?
In fondo il perché lo sapeva, ma non voleva nemmeno pensarci. La risposta la imbarazzava fin troppo. Non era cotta abbastanza a puntino, forse.
Cotta a puntino?
Ma cosa andava a pensare?
No, Matteo non le interessava, in quel senso. Erano solo amici, ecco. Amici e basta.
Almeno credeva.
Arrivò a casa. I suoi genitori erano ancora a lavorare, come sempre. Da piccola il fatto di non vedere quasi mai i suoi genitori le dava fastidio, ma adesso non la infastidiva più. Non tanto perché si fosse abituata, ma perché crescendo aveva capito cosa fosse davvero lavorare e quanto il lavoro fosse necessario all’interno di una famiglia.
Trovò della posta nella buca. Oltre a un volantino pubblicitario e ad una delle solite buste misteriose indirizzate a suo padre, trovò un bigliettino e lo lesse.
“Ci vediamo stasera per una passeggiata notturna, come le chiami tu. Tema? «Tiriamo insieme le somme dell’anno scolastico da te trascorso». O forse sarebbe meglio «Scusa qualunque per farsi riempire la testa di chiacchiere inutili»? Passo a prenderti io dopo cena. Con affetto, Matteo.”
Passare a prenderla voleva dire che quella sera Matteo sarebbe arrivato a casa sua alle sette e mezza e avrebbe chiesto di restare a cena. Avrebbe dovuto ricordare a sua madre di cucinare per quattro.
Posò tutto sul tavolino dell’ingresso, lasciò cadere la borsa sulla sedia e andò in camera sua. Aprì le finestre per fare entrare un po’ d’aria e si buttò sul letto.
Sentiva già la mancanza della scuola e dei suoi compagni, ma sapeva bene che a settembre, quando si sarebbe avvicinato l’inizio della scuola, avrebbe cambiato idea.
Forse doveva essersi addormentata, perché quando riaprì gli occhi a chiamarla era stata sua madre che le annunciava, più felice del solito, che il pranzo era pronto.
Già, quel giorno era uscita prima da scuola, essendo l’ultimo giorno, e poteva pranzare con i suoi.
Quando entrò in cucina, vide una bottiglia di spumante al centro della tavola.
“Oddio, no...” pensò Alessia, mentre i suoi genitori la guardavano avvicinarsi al suo posto, con occhi languidi.
Cosa era successo?
C’era qualche anniversario e lo aveva dimenticato?
Qualcuno di loro due aveva ricevuto una promozione al lavoro?
O forse era per festeggiare la fine della scuola?
No, troppo eccessivo.
Alessia si sedette.
“Oh, cara! Dobbiamo dirti una cosa!” cinguettò sua madre. La madre di Alessia era la sua fotocopia, solo che aveva i capelli più scuri. A quanto dicevano i parenti, Alessia aveva ereditato il colore dei capelli da suo padre.
“Questo l’avevo capito...” pensò Alessia, ma non lo disse.
“Non te l’abbiamo voluto dire prima, volevamo esserne sicuri. Alessia, presto avrai un fratellino!” disse suo padre.
“... o una sorellina” aggiunse sua madre con un sorriso.
Alessia scoppiò a ridere.
“Vi giuro che quando ho visto quella bottiglia di spumante sul tavolo, ho pensato a tutto tranne che ad una notizia del genere... Avevo temuto il peggio!” ammise la ragazza.
“In che senso?” chiese la madre di Alessia, aggrottando le sopracciglia.
“Non so... Beh, ma adesso festeggiamo, no?” disse Alessia, porgendo la bottiglia di spumante a suo padre. “La cosa mi fa felice. La casa sarà meno vuota, e mi sentirò meno sola...”
“Oh, comincerai a stufarti, quando la notte strillerà e non ti farà dormire” disse suo padre con un sorriso, che Alessia ricambiò.
Le piacevano quei pochi minuti passati insieme, in famiglia, anche se erano scarsi.
In fondo, nonostante lavorassero, l’affetto dei suoi genitori non le era mai mancato.

Alle cinque, Alessia era già sotto casa di Viviana, a suonare il campanello.
Viviana la accolse, anche se non molto calorosamente. La fece accomodare nella sua camera, sul divano.
“Alessia... Ti ho chiamato perché devo parlarti...” disse Viviana imbarazzata.
“Beh, questo l’avevo capito...” disse lei, mettendosi più comoda.
“Ecco... Guarda questa stanza. Ricordi quanto tempo ci abbiamo studiato dentro e parlato?” disse Viviana.
Alessia sorrise. Viviana, ai tempi, parlava sempre e solo di Fabio.
“Vedi, da quando è successo tutta questa storia con Fabio, noi... Non ci siamo più parlate...”
“Ma l’hai voluto tu, questo...” la interruppe Alessia.
“Sì, lo so. Sono stata una stupida... Scusami. Siamo cambiate, in questo periodo. Magari non tornerà più niente come prima, ma...”
“Non fa niente, Viviana. Ti sei scusata, ed è già abbastanza.” affermò Alessia, con un sorriso.
Viviana, che fino a quel momento sembrava essere stata molto intenta a fissarsi le scarpe, alzò lo sguardo, e sorrise.
“Beh, parliamo di te, adesso. Come va con Fabio?”
Alessia e Viviana rimasero a parlare per tutto il tempo della storia di Viviana. Di come lei era stata felice quando finalmente la loro storia era iniziata, ma anche di come lui era stato sempre distante, quasi pensasse a qualcun’altra. Alessia, pensando che ormai l’aveva perdonata per quello che era successo la sera della festa di Sabrina, tentò di incoraggiarla, assicurandole che tutto sarebbe tornato al suo posto. Parlarono del più e del meno, finché Alessia non disse che era tardi. Prima di salutarla, Viviana le disse che era una vera amica.

Quando Alessia tornò a casa, si ricordò di aver dimenticato di dire a sua madre che, molto probabilmente, Matteo si sarebbe fermato da loro a mangiare. Durante la strada verso casa, la madre di Alessia la chiamò sul cellulare, dicendole di farsi trovare pronta alle otto e mezza, perché a quell’ora sarebbero andati a mangiare in un ristorante per festeggiare l’evento.
Bene, così doveva disdire l’appuntamento con Matteo. Rintracciarlo, forse, sarebbe stato impossibile.
Invece Matteo era appoggiato al muretto della casa di Alessia.
“Che strano, non stai fumando” lo salutò, a modo suo, Alessia. “Non dovevi venire dopo cena?”
“Oh... Ciao” disse Matteo, avvicinandosi. “Beh, ho cambiato idea. Vieni a casa mia per una pizza e una birra?”
Alessia inarcò un sopracciglio.
“Una birra? Vuoi farmi ubriacare?” scherzò. “Alle signorine non si offre la birra. Si offre lo champagne. E poi, insomma... La birra mi sa troppo di...”
“...amici?” completò Matteo. “Beh, forse.”
“Non intendevo questo. ..”
“E poi sono troppo squattrinato per portarti in un ristorante a sorseggiare champagne” la interruppe Matteo, sarcastico.
“In ogni caso” tagliò corto Alessia “stasera non ci sono. Sono a mangiare fuori, con i miei genitori.”
Matteo aggrottò le sopracciglia, segno che qualcosa non gli era chiaro.
“C’è un fratellino in arrivo!” spiegò Alessia, sorridendo.
“Davvero?” disse Matteo, e sorrise a sua volta.
“Già. L’ho saputo oggi” disse Alessia, mettendosi le mani in tasca.
“Capisco”. Matteo spostò il peso del corpo da un piede all’altro. “Allora niente pizza?”
“No.” Alessia guardò l’orologio da polso. Le sei e mezza. “Anche se... Beh, se volevi la passeggiata notturna, possiamo anticiparla...”
“No...” disse Matteo. “Domani a casa mia. E’ possibile per te?”
“Credo di sì” disse Alessia, dopo averci pensato su qualche secondo.
“Ho preso una... decisione importante.” Matteo era arrossito impercettibilmente. “Molto importante. E... Beh, insomma, domani... Se vuoi facciamo alle sei.”
Alessia sospirò. “E non puoi dirmelo adesso?”
“C’è bisogno di... Beh, sì, di tempo. Va bene domani alle sei, allora?” insistette.
Alessia sospirò di nuovo. “Va bene.” acconsentì.
Matteo le sorrise, e le scompigliò i capelli, mandando Alessia su tutte le furie.
“A domani!” la salutò, e se ne andò.

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Capitolo 12
*** Le nuvole non sono impenetrabili ***


Il giorno dopo, Alessia era andata a casa di Matteo, come gli aveva promesso.
Contrariamente al giorno prima, non c’era bel tempo, tanto che fuori c’era un temporale.
Matteo era appoggiato al bordo della finestra con il fianco sinistro, le mani in tasca. Guardava la pioggia cadere.
La stanza era semibuia, anche se ogni tanto veniva illuminata dal chiarore improvviso di qualche lampo. Faceva anche un po’ di caldo, ma Matteo teneva la finestra chiusa per evitare che entrasse acqua dall’esterno.
Alessia si avvicinò a Matteo, appoggiando le braccia al davanzale della finestra, guardando fuori.
L’appartamento di Matteo era abbastanza alto, e la finestra dava sulla strada. L’asfalto era bagnato, così come le macchine parcheggiate. La gente correva veloce sul marciapiede, affrettandosi a raggiungere le proprie abitazioni, coprendosi la testa con borse o con altri oggetti, che di rado erano ombrelli. Il temporale li aveva colti di sorpresa.
L’intensità con cui cadeva la pioggia era totalmente incostante. Aghi argentati cadevano ora più fitti e pesanti, ora più radi e leggeri. I palazzi circostanti svettavano verso un cielo pieno di nuvole, anche esse dal colore e dalla disposizione incostante: ora erano più chiare e rade, ora più fitte e scure.
“Mi chiedo come facciano i tuoi genitori a lasciarti venire a casa mia.” Fu Matteo a spezzare il silenzio. Parlò senza distogliere lo sguardo dalla pioggia.
Alessia aggrottò le sopracciglia, e neanche lei sembrò voler distogliere lo sguardo. Quella pioggia le ricordava il giorno in cui aveva pensato a Matteo, quel giorno in cui non aveva voglia di studiare. Allora era ancora piena di sensi di colpa per aver lasciato Danilo. E allora non immaginava ancora tutto il trambusto che sarebbe successo con Fabio. Era, forse, quel giorno stesso in cui aveva ricevuto una sua telefonata.
“Beh, si fidano di te...” disse, sorridendo. “Per loro sei come un secondo figlio, in fondo. E poi siamo cresciuti insieme.”
Matteo sorrise.
“Allora...” Alessia si staccò dal davanzale e si voltò verso il suo amico. “Perché mi hai convocato?” scherzò.
Matteo sospirò.
“Avevo voglia di parlare un po’.”
“Ma come, non avevi voglia di comunicarmi una tua importantissima decisione?”
Matteo appoggiò la testa sul vetro della finestra.
“Forse” disse dopo un po’, con un sorriso.
“Insomma! Guardami in faccia quando ti parlo!” protestò Alessia, dandogli una manata affettuosa sul braccio.
“Quando il tempo è così... Mi viene da pensare a un sacco di cose.”
Alessia gli rivolse uno sguardo interrogativo. Poi tornò anche lei a guardare la pioggia cadere, alla finestra.
“A volte mi sento... come adesso. Ci sono io, da solo. E poi una coltre di nuvole. E poi il cielo infinito.”
Alessia rimase in silenzio, aspettando che Matteo chiarisse cosa significavano quei paragoni.
“Spesso mi sento... da solo, è l’espressione giusta. Da solo, distante da tutti gli altri, davanti a delle difficoltà che mi sembrano insuperabili. E voglio raggiungere il mio obiettivo, ma sono da solo. E mi sento scoraggiato. E’ per questo che sparisco spesso. Mi aiuta a riflettere.”
“Certo che sei contraddittorio” disse Alessia, tornando a guardarlo. Matteo, finalmente, si decise a guardarla negli occhi.
“Ti senti solo e sparisci?” riprese lei.
Matteo rise, e tornò a guardare fuori, e così Alessia.
“Beh... Mi sento solo in questo posto. E andare da qualche altra parte, staccare, mi aiuta.”
“Da solo... Nel senso che senti tutti distanti?”
Matteo non rispose.
“Vuol dire che in tutti questi anni la mia presenza è stata... inutile?” disse Alessia, guardandolo. Matteo scosse la testa e la abbracciò.
“Insomma!” protestò Alessia, dandogli uno spintone. “Rispondi!”
“Non ho mai pensato che la tua presenza sia stata inutile” disse lui, guardandola negli occhi. “Neanche per un momento. Ci sono stati momenti in cui non sarei andato avanti se non ci fossi stata tu a rimettermi sempre in piedi” disse Matteo, accarezzandole una guancia. Alessia sorrise. “E tu lo sai meglio di me. Mi dispiace solo che abbia pensato così tutte le volte che sono... sparito, come dici tu.”
“Beh, mi sono sentita inutile. Qualche giorno sparirò anch’io. Anzi, qualche volta sparirò per un anno, senza farti sapere dove sono. Così mi vendicherò per tutto quello che mi hai fatto” scherzò Alessia, fingendosi imbronciata.
Matteo rise. Poi tornò a guardare fuori, in silenzio.
Alessia non sapeva cosa dire.
Pensava solo che le piaceva il volto di Matteo di profilo.
“Ma cosa vado a pensare?” si chiese mentalmente la ragazza.
Tornò a guardare fuori.
“Comunque, adesso va bene. E’ stato quando i miei hanno divorziato che sono stato peggio.”
La pioggia cominciava a cadere meno fitta.
Alessia non sapeva di nuovo cosa dire. Decise di continuare a restare in silenzio.
“Non proprio il divorzio in sé. E’ stato quando ho capito che qualcosa non andava. Penso che tutti avevano la concezione di noi come una famiglia perfetta. E così anch’io. Vederli litigare la prima volta, e poi ancora, e ancora, e ancora... Era come se tutte le certezze che avevo accumulato fino a quel momento, quelle certezze di base, quei pilastri su cui avevo costruito tutto, tutto ciò in cui credevo, crollassero. Uno alla volta, in modo secco, per sempre. Te l’ho detto, l’unica cosa fissa nella mia vita sei sempre stata tu.”
Alessia, ancora una volta, non sapeva cosa dire.
Forse le parole erano inutili.
O forse si sentiva smarrita, perché di rado Matteo le parlava di lui o di ciò che provava.
Gli prese una mano e la strinse. Sentì il suo amico sospirare e abbracciarla di nuovo.
Le era sempre piaciuto il profumo di Matteo, anche se spesso sapeva vagamente di sigarette e la puzza del fumo le dava fastidio.
Forse aveva bisogno di lui più di quanto lui stesso avesse bisogno di lei.
Matteo si sciolse dall’abbraccio, continuando a tenere un braccio attorno alle spalle di Alessia.
La ragazza guardò di nuovo fuori. Sembrava aver smesso di piovere. Le nuvole si erano diradate verso ovest, lasciando spazio al cielo che cominciava a tingersi del rosso del tramonto.
“Ho imparato una cosa, grazie a te. Che in fondo le nuvole non sono così impenetrabili come sembrano.”
Alessia sorrise.
“Un giorno riuscirò a trovare il mio posto” aggiunse Matteo. “Oltre le nuvole.”

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Capitolo 13
*** Smettere di restare a guardare ***


Matteo guardò il cielo farsi velocemente strada fra le nuvole. Il sole, nonostante stesse per tramontare, non sembrava essersi arreso: aveva approfittato di quel buco per inondarlo con i suoi raggi, visibili ad occhio nudo, mentre trapassavano lo strato di nubi più sottile.
Alessia si era allontanata. Matteo si voltò, e vide che si era messa a sedere, mentre guardava un giornale di automobili che aveva preso dal tavolino.
“Oh... Vuoi comprarti una macchina?”
Matteo guardò nella sua direzione, incuriosito, mentre Alessia esibiva un sorriso che esprimeva una gran voglia di prenderlo in giro.
“No. Sono troppo squattrinato” disse, mentre si sedeva accanto a lei sul divano.
“Oh! Ma sentilo... Squattrinato...” mormorò Alessia, posando il giornale e frugando in mezzo alla pila di riviste sul tavolino.
“L’hai detto tu...” disse Matteo.
Si morse il labbro.
Alessia era vicino a lui.
Sì, era capitato mille volte, ma stavolta era diverso.
“Non pensare, Matteo” si disse mentalmente il ragazzo.
Ma com’era possibile non pensare?
Diceva sempre ad Alessia che pensava troppo, ma forse quello che pensava troppo era lui.
Forse Alessia pensava che, quando lei parlava, lui non le prestava attenzione. Invece lui la ascoltava, eccome. Solo che le piaceva guardarla mentre parlava, mentre si muoveva, mentre si arrabbiava, mentre si rallegrava, mentre piangeva.
Sarebbe stato capace di rimanere a guardarla per ore e ore come un imbecille.
In fondo, nella sua vita era sempre stato a guardarla come un imbecille.
Quando si era fatta quella storia che sembrava non finire mai con quello scemo di Danilo, era rimasto a guardarla come un imbecille.
Anche quando stava male per quell’altro deficiente di Fabio, era rimasto a guardarla come un imbecille.
Però Danilo e Fabio, pur essendo rispettivamente l’uno scemo e l’altro deficiente, non erano rimasti a guardarla come uno scemo e un deficiente. Quello ci era stato per quasi due anni (e poi si chiedeva come Alessia non riuscisse a capire perché avesse bisogno di isolarsi. Il motivo era stato anche quello, Danilo) e l’altro l’aveva baciata e le andava ancora palesemente dietro, nonostante stesse con quella Viviana eccetera.
L’unico imbecille era stato lui, Matteo.
Imbecille, perché era rimasto sempre a guardare.
“Matteo, ma mi ascolti?” disse Alessia, guardandolo con un’espressione imbronciata.
“Scusa, io...”
“Oh, sì, certo. La verità è che non mi ascolti mai. Pensi sempre ai fatti tuoi.”
Ecco, era successo di nuovo. Restava troppo impegnato a guardarla e a pensarla, e non la ascoltava.
“Scusa.” ripeté Matteo.
Alessia lo guardò negli occhi, con un’espressione strana. Era come se non riuscisse ad articolare le parole.
Neanche lui ci riusciva, a dire il vero.
“Allora?” disse Alessia, distogliendo lo sguardo, e appoggiandosi di nuovo allo schienale del divano per poi incrociare le braccia, con aria quasi seria. “Che decisione hai preso, si può sapere? Sono qui da un’ora, almeno, e non hai ancora spiaccicato parola, al proposito.”
Decisione?
Oh, sì, la sua decisione.
La decisione di smettere di restare a guardare, forse.
Doveva dirle qualcosa.
Già, ma cosa?
No. Più che parlare, doveva fare qualcosa.
Ma cosa?
“Ehi, va tutto bene?” si interessò Alessia, guardandolo con quell’aria seria che la rendeva così carina.
“Sì... Credo” disse Matteo, abbassando lo sguardo verso il pavimento. Stava arrossendo. Forse impercettibilmente, ma stava arrossendo.
“Fa caldo. Ha smesso di piovere. Apriamo la finestra?” propose Alessia. Forse era imbarazzata quanto lui.
“Hai ragione, c’è caldo...” Matteo si alzò e aprì la finestra. La stanza fu riempita da un’aria quasi frizzante, seguita subito dall’odore di terra bagnata. Sembrava che fosse settembre, non giugno. Continuava comunque a piovere, a differenza di quello che aveva visto Alessia. Ma in effetti ci si poteva sbagliare: la pioggia cadeva molto leggera, e il suo suono era quasi impercettibile, anche se quasi risuonava nel silenzio della stanza.
Rimase ancora a fissare la pioggia, pensando a cosa doveva fare a quel punto.
Sentì Alessia che si alzava e faceva qualche passo, dietro di lui.
“Sicuro che sia tutto a posto?” disse Alessia.
“Sì, sì! Stai tranquilla.” rispose Matteo, sorridendo, e voltandosi a guardarla. Alessia scrollò le spalle.
“Beh, forse ti sei stufato di avermi fra i piedi...” scherzò la ragazza, mentre gli si avvicinava.
No, poteva stargli fra i piedi quanto voleva.
Non si sarebbe mai stufato di lei.
Del suo viso, dei suoi capelli, dei suoi occhi, della sua voce, del suo profumo.
Matteo non riusciva a parlare. Alessia restava in silenzio.
Gli sembrava quasi che parlando avrebbe spezzato un qualche incantesimo.
Scostò un ciuffo di capelli dal viso della ragazza.
Forse avrebbe rovinato tutto.
Beh, non gli importava nulla.
Quella era la sua decisione.
Se non avesse mai tentato, non avrebbe mai saputo quale sarebbe stata la risposta di Alessia.
La pioggia riprese a cadere forte, e il suo scroscio prorompente riempì la stanza per l’ultima volta in quel giorno. Poi le nuvole si sarebbero dileguate.
Seguì con le nocche delle dita la linea del viso di Alessia.
Non voleva vedere che faccia stesse facendo.
Doveva solo smetterla di restare a guardarla.
Forse avrebbe dovuto aspettare un altro po’?
No, doveva solo smettere di pensare.
Alcune note vellutate di una canzone che non conosceva entrarono dalla finestra. No, non era una canzone, era il suono di un pianoforte. Provenivano da qualche appartamento nel palazzo di fronte. Le note facevano a gara col rumore della pioggia che batteva sull’asfalto.
Senza che se ne rendesse conto, il suo viso e quello di Alessia si erano avvicinati.
Chiuse gli occhi e sfiorò piano le sue labbra con un bacio.
Guardò per un attimo Alessia negli occhi, poi la baciò di nuovo. Sentì le sue braccia circondargli la vita, le sue mani piccole accarezzargli la schiena.
Continuò a baciarla. Prese il suo viso fra le mani, le accarezzò piano il collo, affondò le dita fra i suoi capelli. Le mani di Alessia gli accarezzavano le braccia. La strinse a se’.
Quella che stava baciando non era più Francesca.
Era sul serio Alessia.
Quella che aveva guardato come un imbecille per tutta la vita, anche quando si era messa con quel cretino di Danilo, che adesso non sapeva neanche lontanamente cosa si stesse perdendo.
Adesso Alessia lo stava abbracciando, la testa appoggiata sulla sua spalla. Matteo le accarezzò di nuovo i capelli.
E ora, cosa sarebbe accaduto?
Cosa avrebbe dovuto dire?
Ma perché si stava facendo tutti quei gran problemi?
Ecco, era così. Alessia lo faceva diventare imbranato.
I suoi capelli profumavano di buono.
Le macchine passavano veloci sulla strada, strisciando sull’asfalto bagnato dalla pioggia.

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Capitolo 14
*** L'idea di Marta ***


Qualcuno aveva smesso di suonare il pianoforte.
Forse dirlo suonava troppo scontato e melenso, ma qualche minuto prima aveva sul serio voluto che il tempo si fermasse.
Quello che le era appena accaduto le aveva fatto vedere Matteo sotto una luce diversa.
No, forse era stata solo una conferma del fatto che quello che provava per Matteo era più di una semplice amicizia. Era da un po’ che sentiva qualcosa del genere, ma pensava che fosse dovuto esclusivamente alla forza del loro legame.
Quando era uscita dalla casa di Matteo, si erano solo salutati. Si era sciolta dal suo abbraccio forte e dolce allo stesso tempo, l’aveva guardato negli occhi a lungo, gli aveva sorriso per l’ennesima volta in quel giorno, era andata fino alla porta, e aveva mormorato soltanto un “Allora ciao!”. Matteo non si era mosso da dove si trovava. Sembrava un po’ confuso. Aveva allargato le braccia, e aveva ricambiato il saluto.
Forse erano stati troppo imbarazzati per parlare, o forse le parole in casi come quello non servivano a niente.
Non sapeva neanche perché se n’era andata. Forse perché aveva capito cosa doveva dirle Matteo in realtà.
Quando tornò a casa, sua madre era già tornata da lavoro. Per forza, dovevano essere le sette e mezza. Le disse che l’aveva cercata Marta. Poi le chiese perché aveva un aria tanto giuliva, e Alessia la buttò sul fatto del nuovo fratellino. Sua madre tornò a preparare la cena, tutta contenta.
Non nascondeva mai niente a sua madre. Però era ancora troppo presto per raccontarle di Matteo. E poi sua madre la riempiva di battutine su lei e il suo amico e la sua probabile storia da una vita. Non voleva dargliela vinta così facilmente, quando non c’era ancora niente di sicuro.
Alessia prese il cordless dalla cucina e andò in camera sua, buttandosi sul letto. Non ricordava il numero di Marta, così lo cercò nella rubrica che teneva nel cassetto del comodino.
“Pronto?”
“Ciao Marta, sono Alessia. Mi avevi cercata?”
“Oh! Ciao Alessia, come stai?”
“Bene, tu?” disse Alessia, lasciando cadere la rubrica nel cassetto e richiudendolo.
“Beh, anche io. Senti, ti cercavo perché stavamo organizzando una specie di uscita per domani sera, io e Viviana. La riunione delle coppiette in crisi.” disse Marta, dall’altro capo del telefono, sarcastica.
“Coppiette in crisi?” chiese Alessia. Bene, aveva appena scoperto che Matteo le piaceva sul serio, e già la invitavano ad una “riunione delle coppiette in crisi”? O anche Marta era ancora fissata che Danilo le piaceva di nuovo? No, era impossibile.
“Beh, in crisi così per dire. In origine era una cosa elitaria per noi fortunate che abbiamo ognuna il rispettivo uomo da scorazzarci a destra e a manca. Poi l’ho chiamata così. Perché ci saranno Fabio e Viviana, e ti assicuro che quei due assieme sprizzano positività da tutti i pori in una maniera inimmaginabile!” scherzò Marta.
“Ah, sì, capisco” disse Alessia. Dalla finestra entravano ventate di odore di pioggia.
“Bene, per non lasciare Fabio e Viviana da soli e contrastare l’energia negativa che sprigionano, ci andremo anche io e Fausto...”
“...per rompergli le uova nel paniere?” suppose Alessia, alzando un sopracciglio.
“Oh, no! E’ stata Viviana a fare la proposta. Io e Fausto, in fondo, siamo una specie di coppietta in crisi...”
Alessia scosse la testa. Marta inventava spesso cose assurde, in certi periodi dell’anno. Probabilmente dipendeva dalle fasi lunari.
“Beh, ci siamo lasciati, e ora stiamo tornando insieme... Non siamo tanto in crisi, insomma... Diciamo che stanno avvenendo cambiamenti. Comunque, arriviamo al punto. Se nella tua vita al momento c’è una persona nel cui rapporto stanno avvenendo dei cambiamenti, beh... Vieni, e portala.”
“Mi spieghi che senso ha quest’uscita?” chiese Alessia, divertita. Adesso era seduta sul letto, a gambe incrociate.
“Niente. Solo di vederci, così... Insomma, se c’è un tizio così, portatelo...”
“Beh, c’è...” ammise Alessia, a malincuore. In fondo aveva bisogno di parlarne con qualcuno.
“Ecco, brava, visto? Ehm... Non dirmi che è Danilo, per favore...”
“No, no. E’ Matteo.”
“Ah! Quello che ti ha fatto la scenata di gelosia quando stavi con Danilo da poco?”
Alessia aggrottò le sopracciglia. Come faceva a sapere di quella volta?
Ah, già. Certo. Marisa, e la voglia matta di spettegolare delle donne.
“Beh, sì” disse Alessia, facendo un gesto con la mano.
“Ma state insieme?”
“Non lo so...” disse Alessia, buttandosi di nuovo distesa sul letto.
“Come sarebbe a dire ‘non lo so’?” disse Marta.
“Oh, beh. Ci siamo soltanto baciati.”
“Va bene, ok. Siete anche voi una coppietta con i cambiamenti di mezzo, per cui siete tutti invitati domani. Io pensavo la sera verso le otto e mezza. A te andrebbe bene?”
“Otto e mezza, domani sera. Sì, credo di sì.”
“Sempre che vada bene anche alla tua dolce metà.”
“Smettila!” la rimproverò Alessia, arrossendo.
“Ok. Se tutto va bene, a domani allora.”
“A domani” sospirò Alessia.
“Ciao!” la salutò Marta.
“Ciao...” rispose lei di rimando, e abbassò il ricevitore.
Rimase distesa a pancia in su per qualche minuto. Quelle due parole scambiate con Marta su quello che era appena successo avevano forse contribuito a farla sentire meglio.
Beh, a quel punto avrebbe dovuto chiamare lei e avvisare Matteo, anche se di solito lui alle otto e mezza era sempre libero.
Si sarebbe annoiato all’idea di uscire con tutta quella gente?
Era un tipo solitario, lui.
Si voltò su un fianco.
Avrebbe dovuto chiamargli?
No, forse avrebbe dovuto farsi sentire lui, anche se non ce n’era motivo.
Ecco, perché si faceva tutti quei problemi?
Era semplice, bastava sollevare il ricevitore e chiamare.
Ecco, e poi? Cosa gli avrebbe detto?
Che andavano alla riunione delle coppiette in crisi, come Marta l’aveva allegramente definita?
E poi era stato solo un bacio.
Era stata stupida, avrebbe dovuto rifiutare, o perlomeno non accettare l’invito così impulsivamente.
Decise che ci avrebbe pensato più tardi.

Si svegliò udendo le urla e gli strepiti di sua madre che le diceva di svegliarsi e di venire a cenare, e di fare anche in fretta perché c’erano ospiti.
Uscì dalla sua camera mezza intontita, si lavò la faccia e le mani in bagno e poi si avviò verso la cucina.
Vide suo padre seduto al tavolo, e sua madre servire qualcosa nei piatti, mentre chiacchierava giuliva.
Appoggiato al mobile della cucina, che rideva mentre fumava l’immancabile sigaretta, c’era Matteo.
Ecco. E adesso?
Forse avrebbe dovuto fare finta di niente.
I battiti del suo cuore accelerarono. Le tremavano le mani.
In fondo era solo Matteo, era stupido sentirsi così nervosi.
Gli si avvicinò, gli strappò la sigaretta dalle mani e la spense con decisione nel posacenere.
“Ehi!” protestò Matteo. “Era l’ultima sigaretta della mia vita!”
“Beh, almeno ti rovinerai i polmoni un po’ meno, finché è possibile.”
Alessia si voltò verso il tavolo.
Era apparecchiato per quattro.
Spostò di nuovo lo sguardo su Matteo.
“Stavolta non mi sono autoinvitato. E’ stata tua madre” si giustificò lui.
“Beh, scusa. Era ora di cena, e stavo ancora preparando. Non potevo non invitarlo a restare” confermò la madre di Alessia. “Su, accomodatevi!” li invitò.
“Sei passato apposta per farti invitare! E’ sleale” commentò Alessia.
“Se ti dà fastidio, non ci metto niente ad andarmene...” disse Matteo.
“Ma scherzi?” rispose la madre di Alessia, al suo posto. “Tu sei di famiglia, ormai!”
Alessia rivolse un’occhiata sarcastica a Matteo. Lui alzò le spalle di nuovo, come a dire che non c’entrava nulla.

Dopo la cena – Alessia non era mai stata così imbarazzata – Matteo uscì nel giardino, e Alessia lo seguì. Si sedette sulla panca, accanto a lui.
“Ecco, non credi che questo momento sarebbe più completo se stessi... Fumando?” scherzò lui.
“No” ribatté Alessia, decisa.
“Non mi hai ancora salutato.”
“Ciao.”
“Ciao” rispose Matteo, accavallando le gambe.
Le nuvole si erano dissolte, lasciando libera la strada al cielo blu notte e alle stelle. Se non fosse stato per quel leggero odore di terra bagnata, si sarebbe potuto affermare che non aveva mai piovuto, quel giorno.
“Non pensare che non sia imbarazzato quanto te, sai?” disse Matteo, tentando di rompere il ghiaccio.
“Siamo stati invitati da Marta domani sera alle otto e mezza. Usciamo tutti insieme... Ti va di venire?”
“Dove andiamo?” chiese Matteo.
“Oh, non lo so.” disse Alessia. “Ti farò sapere.”
“Beh, non mi importa...” mormorò Matteo. “E’ un’uscita a quattro, per caso?”
“No” disse Alessia. “Siamo un gruppo, credo...”
“Un gruppo di coppiette, scommetto. Pensavo fossi diversa dalle altre, Alessia. Nemmeno tu resisti alla tentazione di mostrare il tuo... Sì, insomma... il tuo ragazzo in giro come se fosse un trofeo?” scherzò.
“Smettila!” protestò Alessia, dandogli una manata su un braccio. “E poi non sei mica il mio ragazzo!”
“Ah, no?” disse Matteo, fingendosi deluso. “E cosa sarei, allora?”
Alessia lo guardò.
“E’ una parola grossa. Essere il mio ragazzo, intendo. E’ ancora presto...”
“Oh, capisco. E’ ancora presto. Beh, comunque non importa. Da quando frequenti questa Marta sei diventata meno cupa. Le devo un favore, chissà quante chiacchiere inutili mi ha evitato!”
“Ma smettila!” protestò Alessia.
Tirava un vento leggero.
“Cosa sei venuto a fare qui, stasera, a parte prendermi in giro per tutto il tempo?” disse Alessia.
“Oh, niente. Volevo parlare un po’.”
“Matteo!” lo rimproverò scherzosamente Alessia. “Mi hai insegnato tu che non devo pensare, no? E adesso cosa mi vieni a dire? Che vuoi parlarne un po’?” lo prese in giro la ragazza, appoggiandosi allo schienale della panchina.
Matteo sorrise. Le scostò una ciocca dal viso, poi le accarezzò piano i capelli. Alessia gli allontanò quasi bruscamente la mano.
“Insomma! Non vorrai mica esibirti in gesti sospetti sotto casa mia!” scherzò lei.
“Gesti... sospetti?” disse lui, fingendosi disorientato.
“Insomma, cosa penseranno i miei genitori?”
“Che stiamo insieme.”
“Ecco, appunto.”
Matteo sospirò. “Come se già non lo sapessero...”
“Gliel’hai detto tu?” disse Alessia, quasi sorpresa.
“Tua madre è sempre stata la mia migliore confidente. Cosa credevi che gli dicessi, quando mi facevo trovare a casa tua a parlare?”
“Parlavi di me?”
“Brava, indovinato” disse Matteo. “Lo sa da un pezzo che ti vengo dietro.”
“Da quanto?” chiese Alessia.
“Da quanto tempo lo sa, intendi? Credo da quando lo so io. Una volta sono venuto a casa tua, eri uscita con Danilo... Tua madre mi aveva detto che stavi per tornare a casa, e mi ha detto di accomodarmi. Mentre ti aspettavo, mi ha detto che quando avevo sentito il nome di Danilo avevo fatto una faccia strana. Beh, mi aiutato a decifrare quello che sentivo. E quella sera ti ho fatto la scenata...”
“Non dirmi che è stata un’idea di mia madre...” disse Alessia.
“Oh, no. Lei mi ha solo detto che l’unico ragazzo di cui si fidava a mandare sua figlia in giro ero io.” Matteo mise un braccio attorno alle spalle di Alessia. “Da allora, gli parlo spesso di te. Non sempre, però. Stasera, per esempio, mi ha chiesto come andava con le ragazze...”
“...e tu, giustamente, le hai risposto che mi avevi baciato due ore prima, no?”
“Non così brutalmente. Le ho solo detto che le cose si stavano mettendo a posto” disse Matteo. Alessia accavallò le gambe. “Ecco perché non ha voluto svegliarmi, quando sei arrivato.”
“Ok, adesso cambiamo discorso” disse Matteo, deciso. “Questo argomento è troppo stupido.”
“Perché ti mette in imbarazzo” completò Alessia. “Beh, almeno ho scoperto che tu e mia madre complottate da anni contro di me.”
Matteo sorrise. Poi la baciò, lentamente, come se volesse assaporare ogni momento di quel bacio.
Tutto perfetto. Il canto dei grilli, gli alberi che stormivano piano, qualche moto che passava lontana a velocità eccessiva, i vicini di casa che salutavano un po’ troppo rumorosamente un’altra famiglia, di parenti o amici, che si congedavano da qualche cena allegra, che forse avrebbero voluto far durare un po’ di più. Sì, doveva essere una famiglia di amici. Due famiglie di amici che si salutavano dopo una cena, come la sua famiglia e quella di Matteo avevano fatto innumerevoli volte. Alessia aspettava sempre con ansia quei momenti. Quelle risate a tavola, quell’aria di festa, che di rado si sentiva a casa sua, visto che i suoi parenti abitavano lontano ed era lei con i suoi genitori che, durante le vacanze, li andava a trovare.
Quelle cene ogni tanto, seppur rade, erano state la sua infanzia. E adesso erano scivolate via, irraggiungibili.
“Bene... Devo andare, adesso. Ci vediamo domani, ok?”
Quell’armonia fra i genitori di Matteo si era spezzata così, quasi senza motivo.
Sentiva un senso di smarrimento terribile, quando ci pensava.
“Ok” disse Alessia.
L’abbraccio di Matteo la risvegliò dai suoi pensieri.
Come doveva sentirsi, lui?
Sembrava averci fatto l’abitudine, ma non era sicuramente così.
… Sei sempre stata presente nella mia vita. Forse sei stata l’unica cosa che è rimasta sempre fissa. E’ sempre cambiato tutto mille e mille volte, senza che io potessi fermare il tempo per un attimo e capire ciò che stava succedendo…
Alessia strinse Matteo a sé ancora più forte.

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Capitolo 15
*** Troppo perfetto ***


La serata organizzata da Marta era stata abbastanza divertente. Matteo era passato a prendere Alessia alle otto, e per strada le aveva raccontato che quella mattina suo padre gli aveva comunicato che gli avrebbe regalato una macchina. Di seconda mano, ma sempre una macchina, che lui prometteva fosse in ottimo stato. Alessia gli disse che doveva essere soddisfatto, ma lui rispose che lo trovava il solito gesto superficiale di suo padre, il solito modo stupido di colmare la sua assenza a casa. Matteo si era trovato abbastanza bene con gli amici di Alessia, anche se quest’ultima continuava a pensare che Marta aveva avuto un’idea quasi senza senso, visto che oltre a loro tre c’erano solo Fausto, Viviana e Fabio.
Marta e Fausto sembravano essere tornati insieme, mentre Viviana e Fabio sembravano la personificazione del pessimismo. Marta aveva avuto ragione quando, in senso ironico, aveva detto che sprizzavano positività da tutti i pori. In certi momenti sembravano andare d’accordo, si tenevano per mano e si baciavano ogni tanto. Ma a metà serata avevano litigato, nessuno aveva capito perché, e Fabio se n’era andato senza salutare nessuno. Viviana si era scusata, aveva detto che era stupido restare lì da sola, si era scusata di nuovo e se n’era andata.
A quel punto erano rimasti solo in quattro, seduti in un tavolo da sei, con la pizza di Fabio consumata a metà e quella di Viviana tagliata in spicchi ordinati e lasciata così, nel piatto.
A parte quel piccolo screzio, era stata una bella serata.
Matteo e Alessia stavano tornando a casa. Matteo le disse che, non appena suo padre gli avrebbe portato la macchina nuova, sarebbe passato a prenderla per portarla a fare un giro. Si salutarono sulla soglia della casa di Alessia, dopo che lei lo aveva sfidato a indovinare qualche posto in cui le sarebbe piaciuto andare.
Matteo tornò a prenderla qualche giorno dopo, su una macchina grigio metallizzato che sembrava davvero nuova. La madre di Alessia aveva acconsentito quasi senza fiatare, e Alessia le aveva detto, scherzando, che era sbalordita dalla sua incoscienza. In fondo Matteo non guidava da mesi, perché aveva preferito lasciare la sua macchina a sua madre anziché lasciarla a piedi.
L’automobile odorava ancora di nuovo. O forse era solo una sua impressione. Matteo partì, e Alessia gli intimò di non accelerare troppo o non sarebbe più andata in macchina con lui. In effetti Matteo non guidava male. Alessia abbassò il finestrino, e lasciò che l’aria tiepida di fine primavera le scompigliasse i capelli.
In fondo non la stava trascorrendo così male, la sua adolescenza. Ricordava ancora quando non vedeva l’ora di diventare grande. Adesso quasi non aveva voglia di crescere. L’adolescenza era una continua scoperta del mondo e di se’ stessi. Magari quando sarebbe stata adulta avrebbe preso tutto in maniera più razionale, e tutto sarebbe stato già scontato. Avrebbe già conosciuto a memoria i colori dell’alba o il rumore della pioggia o il modo in cui il cielo sapeva sempre farsi strada fra le nuvole. Magari avrebbe continuato ad esserne meravigliata, ma sarebbe stata una meraviglia minore. O magari sarebbe stata la stessa cosa. Per il momento non aveva voglia di saperlo. E poi era anche sicura che prima o poi si sarebbe stancata di essere adolescente. Magari perché si sentiva troppo irresponsabile o troppo sensibile. E allora sarebbe diventata adulta. Come quando era piccola e adorava giocare con le bambole, e non voleva che arrivasse il giorno in cui avrebbe dovuto smettere. Poi però il giorno in cui si era stufata era arrivato, seppur gradualmente, e non le era per niente dispiaciuto dire addio ai suoi giocattoli.
In ogni caso, non c’era fretta.
Voleva godersi ogni giorno, ogni istante del periodo che stava vivendo.
Soprattutto, voleva stare con Matteo.
Stava bene, con lui. Si sentiva libera e a suo agio, nonostante prima avesse pensato che quella storia con lui sarebbe stata qualcosa di molto imbarazzante. Invece, volendo, non era cambiato niente. Anche perché Matteo non era come Danilo, che si meravigliava se non ti scambiavi tenerezze con lui per più di quindici minuti, o che teneva il muso se per un giorno non gli dicevi “ti amo”.
A Matteo bastava semplicemente l’idea di stare con Alessia, e per lei valeva la stessa identica cosa.
Forse era anche per quello che aveva lasciato Danilo. Troppe apparenze.
Dopo venti minuti, si erano liberati dalle trafficate vie della città. Stavano viaggiando per una strada non molto frequentata ma ben curata, costeggiata ai lati da una serie di villini. Era una strada che ricordava, forse ci era passata qualche volta da bambina.
“Beh, è una bella macchina” disse Alessia, tanto per dire qualcosa.
“Diciamo che va bene” disse Matteo, senza staccare lo sguardo dalla strada. “E adesso silenzio, non bisogna distrarre il guidatore!”
“Si può sapere dove mi stai portando?” chiese Alessia.
“No” disse Matteo, sorridendo. “Lo vedrai fra meno di dieci minuti”.
“Ma è un posto dove siamo già stati?”
“Smettila di giocare agli indovinelli!”
Alessia sorrise e rimase in silenzio.
Matteo girò a destra ad un incrocio.
“Stiamo arrivando?”
“Sì” disse Matteo, imprecando contro qualche guidatore che non aveva rispettato lo stop e frenando appena in tempo.
Alessia rimase in silenzio, aspettando che Matteo prendesse una strada dove non ci fosse troppo traffico.
“Devo chiudere gli occhi?”
“Non è necessario” disse Matteo. Girò di nuovo a destra, poi parcheggiò la macchina.
“Siamo arrivati?” chiese Alessia.
“Non proprio. Su, adesso scendiamo!”
Alessia chiuse lo sportello della macchina. Aspettò Matteo, e poi camminarono per un vicolo che terminava sulla spiaggia.
Alessia si guardò intorno.
Ecco perché conosceva quella strada.
“Sono tornato qui, altre volte... Ma ormai era da tanto che non ci venivo” spiegò Matteo. “Però... Pensavo che ti avrebbe fatto piacere tornarci.”
Alessia sorrise. Eccome se le faceva piacere. Quella spiaggia le ricordava la sua infanzia. Corse verso la riva, come una bambina. Andavano spesso a mare lì, lei e la sua famiglia, perché la famiglia di Matteo aveva una casa sul lungomare, proprio lì di fronte. Alessia però ricordava diversamente quella casa. Adesso era tinta di giallo, mentre ai tempi era completamente bianca.
“E’ ancora... vostra?” chiese Alessia, guardando verso la casa.
“No. L’abbiamo affittata, e siamo in attesa di venderla. Non ci veniamo da quando i miei hanno iniziato a litigare. Stavano insieme per forza, e dicevano che era ipocrita andare in vacanza come una famiglia perfetta...” Matteo avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma non parlò. Alessia sapeva a cosa stava pensando.
Matteo decise di rivelarglielo, poco dopo.
“...E io pensavo che fossero egoisti. Perché potevano provarci a stare insieme, per me.” disse, guardando ancora verso la casa. “Mi hanno detto che ci hanno provato, ma io non ci credo. Secondo me non ci hanno provato neanche mezza volta.” Matteo sospirò. “Poi però ho pensato che forse sono cose che noi figli non possiamo capire.”
Alessia rimase in silenzio. Non sapeva cosa aggiungere.
“Già.” mormorò alla fine.
Matteo scrollò le spalle. “Beh, non siamo venuti qua per parlare dei problemi dei miei genitori...”
“Sì, invece” lo interruppe Alessia. Matteo si voltò a guardarla, stupito. “Se a te fa bene parlarne, devi parlarne.”
Matteo rimase serio, e spostò lo sguardo da un’altra parte.
“Grazie, Alessia”.
Forse voleva dire che non voleva parlarne, al momento.
“Su, andiamo a vedere com’è l’acqua!” disse Alessia. Si tolse le scarpe e fece i risvolti ai suoi pantaloni, perché non si bagnassero. Fece pochi passi. La sabbia era compatta, e l’acqua le scorreva piacevolmente fra le dita. Matteo la imitò e la raggiunse poco dopo.
“E’ fredda...”
“Siamo ancora a giugno. Volevi che fosse bollente?” disse Alessia, e lo schizzò con un piede.
“Ehi! Occhio a non rovinarmi i vestiti!” protestò lui, e si andò a sedere sulla riva, in un punto in cui le onde non arrivavano.
“E’ tutto cambiato, però...” disse Alessia, guardandosi intorno. La spiaggia era deserta, salvo per un gruppo di persone che stava facendo il bagno, ma che avevano piantato il loro ombrellone molto più in là.
“Per forza che è tutto cambiato. Il nostro castello di sabbia è stato distrutto.” scherzò Matteo.
Alessia ricordò che l’ultima estate che erano stati da Matteo – per i due anni successivi erano stati invitati, ma non avevano potuto andarci perché i periodi coincidevano con quelli in cui la famiglia di Alessia andava a trovare i suoi parenti in Calabria. Poi i genitori di Matteo avevano iniziato a litigare e avevano affittato l’abitazione, e tutto era finito lì.
Lei e Matteo avevano costruito un castello di sabbia. Ci lavoravano ogni giorno, ogni volta che scendevano in spiaggia. Era riuscito davvero bene – per quello che poteva essere un castello di sabbia costruito da due bambini. Alessia voleva che fosse indistruttibile, per trovarlo l’estate prossima, e Matteo aveva promesso che l’avrebbe curato per farglielo ritrovare sempre uguale, ogni estate.
“Me ne sono dimenticato, poi” disse Matteo, quasi stesse leggendo nei suoi pensieri. “Però quando ho visto che non c’era più e mi sono ricordato della promessa che ti avevo fatto, ci sono rimasto male.”
Alessia sorrise. Provava un’incredibile tenerezza, al riaffiorare di quei ricordi.
Prese posto vicino a Matteo. Qualche onda, ogni tanto, si spingeva fino ai loro piedi.
“Non è il castello di sabbia. E’ l’aria che c’è... E’ diversa.”
“Siamo noi, Alessia. Non siamo più i bambini che eravamo allora. Costruivamo castelli di sabbia, che adesso stanno crollando ad uno ad uno.”
Alessia si ravviò con una mano i capelli scompigliati dalla brezza marina.
“Non tutti” lo rimproverò, e gli strinse la mano. Matteo fissava il vuoto con insistenza, come se stesse trattenendo delle lacrime.
“Se stare qui ti rende triste, possiamo sempre andarcene!” disse Alessia, tentando di incontrare il suo sguardo.
“No... Sono stato io a volerti portare qui. E poi non posso sempre scappare dai problemi” si rifiutò il ragazzo. “Sai, io credo che siamo noi ad essere cambiati. Non sono più il bambino che si fida ciecamente delle persone e delle cose.”
“Anche io. Penso che capiti a tutti, no?” gli chiese conferma Alessia. “Non sei tu ad essere sbagliato, Matteo. Questo posto non ti sembra strano perché sei sbagliato.”
“Non sto dicendo che mi sento sbagliato...”
“E’ quello che c’è intorno a te ad essere cambiato. Tu non c’entri niente. I tuoi genitori si sono separati, hanno provato di nuovo a stare insieme, hanno divorziato. E tu eri nella stanza accanto, sentivi le loro urla e fingevi che tutto andasse bene. E sono state le difficoltà che hai incontrato che ti hanno fatto crescere.” Alessia rimase in silenzio per qualche secondo, ascoltando il rumore del mare, come se avesse dovuto suggerirle cosa dire. “Ma non è per questo che tutto ti sembra diverso. Almeno secondo me. Tu sei sempre Matteo”.
“Forse hai ragione” disse Matteo. “In fondo... Tutto mi sembra diverso perché prima, quando venivo qui, i miei genitori stavano ancora assieme. Adesso, a pensare che tutto è cambiato... Mi sento diverso.”
Ancora una volta, Alessia non sapeva cosa dirgli.
Non sapeva cosa si provava, in quella situazione.
Forse avrebbe potuto ripetergli per l’ennesima volta che lei gli sarebbe stata accanto, ma forse sarebbe stato inutile. Matteo lo sapeva già.
“Beh, non importa” disse infatti, dopo essere rimasto in silenzio per un po’. “Sono felice che ci sia tu.”
Alessia sorrise, mentre Matteo le scostava il solito ciuffo ribelle dal viso.
“Bene! Ora che mi hai portato qui, andiamo a fare il bagno!” disse Alessia, costringendo Matteo a mettersi in piedi tirandolo per un braccio.
“Ma sei impazzita?” Matteo non fece in tempo a protestare, che Alessia lo aveva già buttato sulla sabbia del bagnasciuga.
“No!” protestò lui. “Così si rovinerà tutta la macchina!”
“Oh, capirai! Per due spruzzi d’acqua! Non ti ho mica buttato al largo!” disse Alessia, che non riusciva a smettere di ridere davanti all’espressione imbronciata di Matteo.
Il ragazzo, dal canto suo, alzò lo sguardo e sorrise maliziosamente.
“No! Per favore, Matteo, poi se siamo in due la macchina si rovinerà ancora peggio! Matteo...”
Alessia non fece tempo a rialzarsi che Matteo l’aveva già buttata a terra con lui. Un’onda li bagnò quasi completamente.
Alessia imprecò, allontanandosi dall’acqua. Matteo la buttò giù di nuovo.
“Non sai proprio accettare gli scherzi, eh?” protestò lei, mettendosi a sedere.
Matteo la abbracciò da dietro.
“Neanche tu, se è per questo” le disse.
“Beh, poco male. Tanto sarà la tua macchina a pagarne le conseguenze!”
“Oh, certo. E tu mi pagherai i danni.”
Alessia si lasciò avvolgere dall’abbraccio e dal profumo di Matteo. L’acqua quasi gelida sui vestiti e la sabbia che gli si appiccicava dappertutto non le davano più fastidio. La riva schiumosa risplendeva sotto i raggi del sole che stava tramontando. Le scarpe di Alessia erano poco lontano, perfettamente allineate, accanto a quelle di Matteo, buttate alla rinfusa. La sabbia dorata riportava fedelmente le impronte dei loro piedi e i segni della loro piccola lotta. Le labbra di Matteo avevano il sapore del sale. Un’altra onda arrivò loro addosso, ma Matteo continuò a stringerla e a baciarla, lasciando che il mare li bagnasse ancora, e poi ancora e ancora.
Era tutto perfetto, pensò Alessia.
Troppo perfetto.

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Capitolo 16
*** Crisi ***


Era un caldo pomeriggio dell’inizio dell’estate.
Alessia avrebbe dovuto uscire con Matteo, ma lui le aveva chiamato poche ore prima, chiedendole di rimandare all’indomani. Si vedevano quasi tutti i giorni, e questo era uno di quei giorni in cui non si sarebbero visti. Alessia, se era per questo, non ci aveva fatto caso. Ormai stava con Matteo da un paio di settimane. Andava bene, forse fin troppo. A volte aveva addirittura paura che il destino crudele le avesse fatto pagare tutta la felicità che stava provando, prima o poi.
Si era poi convinta che non era così. Ne aveva anche parlato con sua madre, e lei le aveva detto che stavano insieme da poco, ed era normale che le cose andassero a gonfie vele. E poi si conoscevano a fondo e avevano imparato a stare bene insieme in tutti quegli anni.
Ecco, era proprio quello che la spaventava.
Se un giorno tutto fosse finito, avrebbe perduto anche Matteo?
Forse non doveva pensarci. Doveva godersi la sua storia con Matteo finché era possibile.
Quel pomeriggio la madre di Alessia aveva avuto un po’ di nausea per colpa della gravidanza, e sua figlia aveva insistito perché stesse a riposo, offrendosi di andare lei a fare la spesa al suo posto, almeno per comprare qualcosa per la cena.
La bottega di fronte casa era chiusa. Forse apriva più tardi. Decise di passare da un supermercato poco distante da casa sua.
Era una bella giornata. Non c’era molto caldo, ma l’aria si faceva già più secca. Il sole splendeva alto nel cielo.
Ecco, il supermercato doveva essere oltre il parco, se non ricordava male. Decise di attraversarlo, sia per accorciare la strada che perché quel parco le piaceva. Ricordava che sua madre la portava spesso lì a giocare, da piccola. Era un luogo sempre fresco, grazie ai numerosi alberi che vi erano piantati. Al centro c’era una fontana con i pesci, che i bambini si divertivano a guardare nelle pause fra un gioco e l’altro. Oltre alle mamme con i loro bambini, il parco era affollato anche da signore anziane che davano da mangiare ai piccioni aiutate dalle loro pazienti nipotine, tutte fiere di andare a fare una passeggiata con le loro nonne almeno quanto lei lo era stata da piccola in quelle occasioni. E poi c’erano persone che facevano jogging, e naturalmente qualche coppietta. Ecco, ce n’era proprio una vicino a una panchina. Lui somigliava a Matteo.
Alessia si voltò dall’altro lato, come a non disturbarli.
Un momento.
Quello non somigliava a Matteo.
Quello era Matteo.
Alessia lo guardò con più attenzione.
Non c’erano dubbi.
Era lui.
Ma cosa ci faceva lì? E soprattutto, cosa ci faceva con quella?
Deglutì. Credeva di stare per svenire. Il cuore le batteva con una forza impressionante.
Doveva reagire. Matteo non doveva passarla liscia.
Cercò di farsi coraggio.
Non riusciva nemmeno a parlare.
“Matteo...” mormorò soltanto.
Matteo si voltò verso di lei con un’espressione irritata, che poi divenne stupore.
“Bene, mi fa piacere annunciarti che lo spasso è finito” disse Alessia.
“Alessia... Io non volevo, lascia che ti spieghi...”
“Tu non devi spiegarmi niente. Le cose sono già chiare così.” disse la ragazza, scrollando le spalle. “Sapevo che sarebbe andata a finire in questo modo, sai? Lo sapevo fin dall’inizio. Andava tutto troppo bene.”
Il ragazzo fece di nuovo per parlare, ma Alessia lo interruppe di nuovo.
“Sei libero, adesso. Visto che io non ti sono sufficiente, puoi andare a farti tutte quelle che vuoi. Ma non me, visto che non ti vado bene. Mi sembra giusto, no?”
Ecco, adesso si sentiva già meglio. La voce le tremava, lei stessa tremava. Ma stava riuscendo a mantenere lo stesso la calma. Non si era nemmeno messa a urlare.
“Bene, addio. Non osare più mettere piede a casa mia, e non osare più cercarmi” disse, voltandosi per andarsene.
“Alessia, dannazione! Vuoi ascoltarmi?” gridò Matteo, afferrandola per un braccio e costringendola a guardarlo.
“Non toccarmi” disse lei, liberandosi dalla presa.
“Ascoltami, almeno!” urlò Matteo.
“Non c’è niente da ascoltare, Matteo. E’ tutto troppo chiaro. Mi spieghi perché dovrei ascoltarti?”
Matteo rimase in silenzio.
“Bene, buona fortuna.”
Alessia iniziò a camminare furiosamente verso il supermercato. Sapeva che tutti la stavano guardando.
“Alessia!” la chiamò di nuovo Matteo, seguendola.
“Vattene.” disse Alessia.
Dunque era così che doveva andare a finire.
Sentiva gli occhi di Matteo puntati sulla sua schiena.
Alessia entrò nel supermercato. Impiegò venti minuti solo per trovare lo scaffale del pane. Tutto le girava intorno, era irreale. Voleva andare a casa il più presto possibile.
Sbagliò perfino a contare i soldi per pagare, dando due euro di troppo.
Si ritrovò a casa sua quasi senza accorgersene. Prese la chiave. Non entrava nella serratura, le tremavano le mani.
Alla fine fu sua madre ad aprire la porta.
“Alessia! Che cos’hai? Sembri sconvolta!”
Niente mamma, ho solo caldo.
Ma non riuscì a parlare.
Si limitò solo a scoppiare a piangere fra le sue braccia, come una bambina.

Quando si svegliò erano le sei.
Doveva essersi addormentata mentre piangeva.
Non era stato un incubo, era tutto vero.
Aveva raccontato tutto a sua madre, poi le aveva detto che sarebbe andata a riposarsi un po’ in camera sua.
Aveva pianto di nuovo, e poi doveva essersi addormentata.
Forse aveva esagerato. Magari Matteo aveva davvero una giustificazione valida.
E quale, allora? “Scusa, stavamo provando la parte che dobbiamo interpretare nella recita martedì?”
Matteo l’aveva tradita, e non era colpa di Alessia.
Il perché non le interessava. Era già tutto abbastanza chiaro.
La cosa che le dava rabbia era il fatto che si era ciecamente fidata di lui dal giorno in cui l’aveva conosciuto. C’era sempre stata una grande fiducia, fra loro due.
Forse doveva dirgli tutte queste cose, doveva dirgli perché si era arrabbiata.
E cioè perché se non gli andava più di avere una storia con lei, avrebbe dovuto dirglielo.
Magari, in quel caso, non si sarebbe arrabbiata.
O perlomeno, si sarebbe arrabbiata di meno.
O forse si sarebbe arrabbiata comunque.
Le mancava terribilmente.
Il pensiero che il loro rapporto si fosse rotto così bruscamente la faceva stare malissimo.
Si sentiva vuota.
Ma era anche arrabbiata. Troppo arrabbiata.
Se avesse avuto Matteo a tiro, l’avrebbe picchiato a sangue.
E magari anche quella cretina che lui stava baciando.
Magari era stata davvero lei a provocarlo.
Beh, Matteo ci era stato lo stesso, dunque questo non importava.
Gli aveva detto che non sarebbe più dovuto venire a cercarla, ma in realtà aveva un desiderio irrefrenabile di rivederlo. Poi si ricordava del modo in cui aveva baciato quell’altra, e pensava che prima quei baci erano riservati solo a lei, e allora la rabbia la invadeva di nuovo, e allora pensava che non sarebbe stata capace di perdonarlo, almeno per il momento.
E in ogni caso, se lui le voleva bene sul serio, l’avrebbe cercata, e sarebbe venuto a scusarsi.
Ma doveva essere lui a cercarla.
E se non l’avesse cercata?
Beh, voleva significare che era stata ingannata fino a quel momento e che non meritava la sua attenzione. Sarebbe bastato lasciare perdere.
Facile a dirsi.
La finestra era aperta. Alcune pennellate bianche fatte di nuvole rovinavano un cielo azzurro impeccabile.

La madre di Alessia aveva insistito tantissimo per portarla a mangiare un gelato con lei, quella stessa sera, giusto per svagarsi.
Alla fine si era lasciata convincere. Sua madre le aveva detto che, con tutto quello che era successo, aveva dimenticato i suoi malori. Alessia le aveva detto che stava mentendo e che stava male lo stesso, ma sua madre le aveva confessato che se vedeva sua figlia triste stava ancora peggio.
Al bar aveva incontrato Fabio. Alessia ricordava che Marta, una settimana e mezzo prima, le aveva raccontato che aveva lasciato Viviana.
Le aveva chiesto come andava. Alessia le aveva detto che si sentiva come una che aveva appena mollato il suo ragazzo perché l’aveva tradita. Le chiese se aveva voglia di parlarne, magari quel sabato sera stesso. Alessia aveva accettato.
“Bene... Già rimorchi?” aveva scherzato sua madre, quando Alessia, dopo aver ordinato, si era seduta al suo tavolino.
“No, mamma. Mi ha solo chiesto di uscire.” aveva spiegato la ragazza, con un sorriso.
“Oh!” aveva detto sua madre, mentre arrivavano le due coppe di gelato che aveva ordinato. “E ti sembra niente?”
“Sarà un’uscita da amici” disse Alessia, tuffando il cucchiaino nel gelato al cioccolato in cui non vedeva l’ora di sfogare i suoi dispiaceri. Sorrise. “Io e Fabio non siamo fatti per stare insieme. E non siamo noi, ma le circostanze.”

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Capitolo 17
*** Cielo soffocato ***


Forse era colpa sua.
Forse era il suo destino.
Doveva perdere sempre le persone e le cose che amava di più.
Prima la sua famiglia, e ora Alessia.
Si assumeva tutta la responsabilità di quello che era successo al parco. Non era stata colpa sua, era vero. Quella scema di Tamara gli andava dietro dalla prima superiore, e non appena gli aveva detto di non rompergli la testa perché adesso stava con Alessia, lei era tornata alla carica.
Era stata lei a baciarlo, prendendolo alla sprovvista.
Ma c’era stato un momento, un istante, in quel bacio, in cui aveva deciso di lasciarsi andare.
E allora era comparsa Alessia.
La sua Alessia.
No, adesso non era più sua. Adesso stava con Fabio già da una cinque giorni.
O perlomeno, era da cinque giorni che li vedeva uscire insieme.
Non ci aveva messo niente a rimpiazzarlo.
Forse se lo meritava. Avrebbe dovuto chiederle scusa subito, in qualunque modo, anche se era certo che non l’avrebbe perdonato. Forse era stato il fatto che lui non si era fatto sentire che l’aveva buttata fra le braccia di Fabio.
Forse era il suo destino.
Alessia non c’era, nella sua vita.
Alessia era l’unica cosa che contava, ormai. E lui se l’era lasciata sfuggire.
Guardava verso la strada, la testa appoggiata al vetro della finestra.
Vattene.
Era da quando aveva sentito quella parola che aveva un groppo alla gola, ma non riusciva a piangere per liberarsene.
Forse lui non meritava Alessia. Non le voleva abbastanza bene. Sapeva solo farla stare male, bastava pensare a tutte le volte che se n’era andato, che era sparito senza dirle nulla.
Pensare che andava tutto così bene.
Era rimasta ormai solo una cosa da fare.
Prese un foglio di carta e una penna, e iniziò a scrivere.
Poi andò da sua madre. Gli era sembrata così fragile che le era dispiaciuto abbandonarla così, quasi di nascosto.
Ma d’altra parte, era sempre il figlio di suo padre.
La stava abbandonando anche lui.
Non le disse quello che stava per fare. Gli disse solo di dare quel foglio ad Alessia, nel caso in cui sarebbe venuta. Poi parlarono del più e del meno, come sempre.
Mentre era sulla soglia, sua madre l’aveva guardato negli occhi un’ultima volta.
Aveva capito, ma si illudeva di sbagliarsi.
E Matteo si era sentito un egoista.
Continuava a scappare dai problemi per non soffrire, ed erano sempre gli altri, le persone cui teneva di più, a pagare al suo posto.
Salì in macchina, accese il motore, e poco dopo si era già immesso nel traffico.
Questa volta non sarebbe più tornato.
Passò davanti alla casa di Alessia. Parcheggiò così improvvisamente che l’autista dietro di lui imprecò a voce alta e suonò rumorosamente il clacson.
Chissà se adesso era in casa.
Magari non c’era.
E anche se ci fosse stata, cosa le avrebbe detto?
La finestra della sua camera aveva la serranda abbassata. Segno che non era in casa. Ma dentro c’era qualcuno, forse sua madre.
Già, cosa avrebbe detto a sua madre? Cosa pensavano adesso di lui, in quella casa?
In fondo, se non fosse mai sceso dalla macchina, non l’avrebbe mai saputo.
Fece per aprire lo sportello. Poi cambiò idea, guardò quella casa per l’ultima volta e se ne andò.
Pensare che quella era stata la sua seconda famiglia.
Bravo, Matteo. Continua a scappare dai tuoi problemi.
Si morse il labbro per trattenere le lacrime. Sterzò velocemente a sinistra.
Sapeva già dove andare.

In un paio di minuti era fuori dal luogo in cui aveva vissuto.
Dal luogo in cui aveva voluto bene, amato, sofferto. Dal luogo in cui aveva passato la sua infanzia e la sua adolescenza.
Soprattutto, era andato via dal luogo che le ricordava continuamente Alessia. Forse era meglio così. In fondo, da qualunque parte guardasse, c’era anche il più remoto angolo della strada che gli faceva pensare a lei.
Lì erano andati a prendere un gelato una volta. Mentre camminavano per quella strada le aveva fatto la famigerata scenata di gelosia. Lì si erano incontrati dopo una delle sue solite sparizioni. E a casa sua si erano dati il primo bacio.
Sorrise di nostalgia.
Forse stava sbagliando tutto, e stava facendo un grosso errore.
Forse se ne sarebbe pentito amaramente, avrebbe rimpianto per anni quello che stava facendo.
Ma forse non era mai troppo tardi, forse un giorno avrebbe potuto rimediare.
Forse.

Era un giorno caldo, uno dei primi giorni di luglio. Il cielo era nascosto e soffocato da una coltre impenetrabile di nuvole.
 

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Capitolo 18
*** Un compleanno quasi perfetto ***


“Pronto?”
“Alessia, sei tu?”
“Sì, sono io... Chi parla?”
“Sono la madre di Matteo.”
“Signora! Buongiorno!” disse lei, con un sorriso, sebbene sentire il nome Matteo l’avesse intristita non poco. Non aveva riconosciuto la madre del ragazzo, per telefono. Dalla voce sembrava molto abbattuta.
“Matteo... Sì, insomma. Credo che se ne sia andato.”
Alessia rimase a bocca aperta.
“Quando?”
“L’altro giorno, credo. Mi ha appena chiamata da un telefono pubblico. Mi ha detto che sta bene, ma che per il momento non vuole tornare a casa.”
Alessia annuì.
“Mi ha pregata di consegnarti una cosa. Una lettera. Ti andrebbe di venire?”
“D’accordo. Verrò appena possibile” disse Alessia, con un sorriso.

La madre di Matteo le aprì la porta. Alessia entrò timidamente. Quando la vide le si strinse il cuore. Era molto più stanca e sciupata dall’ultima volta in cui l’aveva vista. Non era più la donna forte e grintosa che aveva conosciuto quella sera di tanti anni fa.
“Alessia, vuoi accomodarti?”
“No, la ringrazio. Di sotto c’è mia madre che mi aspetta.”
La donna annuì, e le porse la lettera lasciata da Matteo.
“Sono rimasta sola, adesso” disse la madre del ragazzo, con voce spenta. “Mio marito se n’è andato. E anche mio figlio, adesso. Perché? Non sono stata una moglie e una madre buona?”
“Non è vero. E poi, non è sola” disse Alessia, con voce convinta. “Matteo tornerà presto, ne sono sicura.” mentì, alla fine.
“Perché se n’è andato? Tu ne sai qualcosa?”
Alessia rimase in silenzio. Cosa doveva dirle?
Se n’è andato perché io sono stata troppo dura con lui? Perché l’ho beccato sul fatto mentre mi tradiva?
“No” disse alla fine. “Ma sarà la solita sciocchezza. Sono sicura che tornerà.”
La madre di Matteo annuì. “Bene, adesso è meglio che tu vada.”
“Già” disse Alessia, dando un’occhiata all’orologio. “Magari torneremo a trovarla, io e mia madre, un giorno di questi” propose la ragazza.
“Vi aspetto” disse la donna.

“Che cos’è?” chiese la madre di Alessia a sua figlia, quando fu salita in macchina.
“E’ una lettera. Sapessi quanto è dispiaciuta la madre di Matteo! Dobbiamo tornare a farle visita, qualche volta.”
La madre della ragazza annuì, e le scompigliò i capelli.
“Non se n’è andato per colpa tua, Alessia” le disse, e accese il motore della macchina.
Alessia aspettò che la madre tornasse a parlare.
“Te l’ha scritta lui, la lettera?”
“Credo di sì” disse Alessia, studiando la calligrafia dal retro del foglio.
“Vuoi leggerla ora?”
“No, la leggerò a casa con calma” disse la ragazza sforzandosi di sorridere. Il solo pensiero di aprire quella lettera le metteva addosso una tensione indicibile.

Alessia si sedette sulla panchina del giardino di casa sua, la stessa sulla quale si era seduta quella sera in cui Matteo era rimasto da loro a cena. Decise di non farci caso. Era il punto più fresco del giardino, e non aveva voglia di stare dentro casa, col caldo che faceva.
Aprì la lettera, le mani che le tremavano perfino di più rispetto a quando l’aveva visto l’ultima volta, nel parco, quando avevano litigato.
Pensò all’ultima parola che gli aveva detto.
Vattene.
Era stata troppo cattiva, forse.
Beh, in fondo lui l’aveva tradita.
Si decise a leggere la lettera.

Cara Alessia,
So che quando leggerai queste parole ti chiederai dove sono, cosa sto facendo, ma soprattutto, perché me ne sono andato. E poi so che sei mortalmente arrabbiata con me e che ti ho deluso, e sono d’accordo con te. Al tuo posto mi sentirei allo stesso modo.
Prima di andarmene, c’erano delle cose che ci tenevo a farti sapere.
Forse adesso ti viene voglia di strappare questa lettera, e magari ti stai chiedendo che cosa voglio ancora da te. Ti prego di leggere queste poche righe fino in fondo.
Per quanto riguarda quello che ho fatto, non c’è molto da dire. Solo che quello che è successo non è accaduto di mia iniziativa, anche se poi ho ceduto. Ma non è questo che importa. So che non potrò ottenere il tuo perdono, e non oso nemmeno cercarlo. Sappi che quanto ho già scritto e scriverò non sarà una serie di frasi fatte messe in fila per riconquistare la tua fiducia. Sono cose che sento davvero, e che ho bisogno che tu sappia.
Ti ho sempre detto che tu sei stata l’unica cosa che è rimasta sempre fissa, nella mia vita. Adesso che ti ho perso, rimpiango tutte quelle volte in cui non ti ho detto quello che sentivo. Sei sempre stata il mio punto di riferimento, e facevo di tutto per ricambiare quello che facevi per me standomi accanto, anche se spesso io stesso distruggevo tutti i miei tentativi, facendoti stare peggio. Del resto, anche stavolta sto facendo la stessa cosa. O forse stavolta non del tutto: forse, andandomene, ti farò un favore, perché non mi avrai più fra i piedi.
Ricordi quando ti dicevo che un giorno me ne sarei andato, senza che lo sapesse nessuno? Credo che quel giorno sia arrivato.
Sappi che sei sempre stata tutto per me. La mia aria, la mia droga, la mia ossessione. Solo ora ho capito di averti amata da sempre, e dico sul serio. Non so come vivrò senza di te, per questo ho deciso di andarmene. Preferisco che le cose vadano così. E non sentirti per niente in colpa: è così che doveva andare, e se me ne vado è per una mia scelta, non perché so che non potrai perdonarmi. Devo provare, per una volta nella vita, a farcela da solo. Forse sono troppo debole, o forse no. Ma devo farcela.
Non ti dimenticherò mai, Alessia. Non per scelta mia, ma perché sei sempre nella mia testa, e mi è impossibile non pensare a te.
Sì, dimmi pure che è una contraddizione andarmene. Lo so benissimo. Anzi, è proprio da vigliacchi. Ma in fondo mi sono sempre comportato in questo modo, e tu mi hai voluto bene anche così. E a me basta questo.

Ti voglio bene.
Matteo



“Ehi, Alessia!”
Alessia alzò lo sguardo. Non si poteva mai fare niente in santa pace, pensò, le lacrime che tentavano disperatamente di venire giù.
“E’ aperto...” mormorò la ragazza.
Fabio abbassò lo sguardo e notò che era vero, il cancello era aperto. Lo richiuse alle sue spalle.
“Come va’?” chiese allegro, ma appena si avvicinò ad Alessia cambiò espressione.
“Tutto a posto?”
“Sì... Credo” mormorò la ragazza.
“Hai... Gli occhi rossi. E’ successo qualcosa?” disse, sedendosi accanto a lei.
Povero Fabio. Voleva fare per forza qualcosa per lei, ma lei voleva stare da sola.
E’ successo che Matteo se ne è andato.
E’ successo che l’ho perso per sempre.

“No...”
Alessia abbracciò Fabio, lasciando che alcune lacrime silenziose le rigassero il viso.
Lo strinse forte a se’.
Cosa sperava di trovare, in quell’abbraccio?
Forse quella forza mista ad affetto che solo Matteo sapeva darle?


Era la festa di compleanno di Alessia. La sua peggiore festa di compleanno.
Aveva invitato tutti i suoi compagni di classe.
Avrebbe invitato anche Matteo, se solo avesse saputo dov’era.
Ma forse non sarebbe venuto ugualmente.
Era una festa perfetta, con il DJ, le luci da discoteca, il buffet e tutto il resto.
Ma non riusciva ad essere completamente felice.
Aveva ballato un po’, poi si era seduta in disparte. Preferiva guardare i suoi amici divertirsi, illuminati a tratti dalle luci.
“Ehi... Va tutto bene?”
Era l’ennesima volta, da quando si era seduta, che le facevano quella domanda.
Più sosteneva che andava tutto bene, più il groppo che aveva in gola le pesava.
Certo, una festa dove tutti si divertivano a parte la festeggiata era una contraddizione.
Ma insomma, aveva detto che stava bene. Perché non pensavano a divertirsi, almeno loro?
Fabio, senza ricevere risposta, si sedette accanto ad Alessia.
“Sì” mentì lei, per l’ennesima volta.
Fabio annuì, guardando verso la pista.
“Cioè... No.” riuscì finalmente a dire Alessia, dopo una lunga pausa. “Ma non mi va di parlarne. Sembra essere il peggiore compleanno della mia vita.”
Ecco, pensò Alessia, adesso mi chiederà: “Perché?”
Invece Fabio sorrise, e la guardò negli occhi.
“Non è mai troppo tardi, per rendere qualcosa speciale” disse, convinto, almeno quanto lo era la sera del compleanno di Sabrina.
Alessia guardò a terra, scrollando le spalle.
Fabio si alzò.
“Balliamo?”
Alessia alzò lo sguardo.
Poi sorrise, e annuì.
“Sì. Balliamo.”
Stavano suonando un lento che Alessia non conosceva.
Meglio così, preferiva sempre ascoltare qualcosa di nuovo nei momenti speciali. Poteva assaporare meglio le note, e incidervi sopra nuove esperienze ed emozioni, per provarle di nuovo quando avrebbe riascoltato quello stesso brano.
Fabio la prese per mano, e la portò dov’erano gli altri, anche se un po’ in disparte – sapeva che ad Alessia non piaceva mettersi in mostra.
Fabio era un ottimo ballerino. Alessia, forse, era un po’ troppo rigida.
Lasciò fluire via i pensieri, facendosi cullare dalle note.
Ecco, forse adesso andava meglio.
Sospirò.
Appoggiò la testa sulla spalla di Fabio, e chiuse gli occhi.
Quello stesso profumo.
Ed erano di nuovo ad una festa di compleanno.
Forse era il destino.
Alzò di nuovo lo sguardo. Fabio stava sorridendo.
Pochi secondi dopo, la stava baciando.
E l’assenza di Matteo si percepiva sempre meno.
Adesso, forse, era davvero tutto perfetto, alla sua festa.
Quasi tutto.

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Capitolo 19
*** Sola ***


Alessia era appena tornata da una passeggiata con Bianca. Strinse a sé una borsa di carta, che conteneva un CD e una maglietta che la sua amica, per consolarla, l’aveva costretta a comprare.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno della sua situazione. Di Matteo, di Fabio. Quella stessa sera, Viviana aveva organizzato un pomeriggio di shopping selvaggio al femminile per tirare su di morale Marta, che era stata lasciata da Fausto per l’ennesima volta. Alessia non era stata invitata, benché stesse male sul serio, perché non era più single e perché non era “arrabbiata a morte col genere maschile” come tutte le altre.
Che incoerenza.
Sapeva meglio di tutte loro messe assieme che fra un paio di settimane Marta, nonostante le sue promesse di non perdonarlo più, si sarebbe riappacificata con Fausto. Viviana avrebbe ricominciato a sbavare dietro a qualche altro malcapitato, e Marisa avrebbe continuato a trarre spunto dalle solite vicende per i suoi pettegolezzi. Vicende che, senza “il genere maschile”, non si sarebbero mai potute verificare. E così tutte le altre.
Alessia arrivò a pensare che Viviana fosse arrabbiata con lei perché adesso stava con Fabio.
Forse non era stata una bella mossa, ma quando era stata lasciata da lui, Viviana aveva spergiurato che di Fabio non voleva più sentirne parlare.
Bianca era indubbiamente stata molto gentile ad accompagnarla e soprattutto a comportarsi in maniera del tutto imparziale, nonostante Alessia avesse passato la maggior parte del tempo a parlare di come si sentisse a disagio con suo cugino. Si era limitata a dire che era meglio parlarne direttamente con Fabio. Poi aveva cercato di farle pesare meno l’assenza di Matteo portandola in giro per i negozi.
Lei sì che era un’amica.

Continuò a stringere la borsa, e a camminare.
Era quasi ora di cena. Passavano poche macchine, per strada. Tutti erano già a casa e seduti a tavola, chi da solo, chi con la propria famiglia, stanco dopo una giornata di lavoro.
La strada era quasi deserta, ma c’era abbastanza luce. In ogni caso, non vedeva l’ora di tornare a casa.
C’era una macchina parcheggiata dall’altro lato della strada. C’erano due persone a bordo.
Alessia stava per oltrepassarla, quando il guidatore scese dalla macchina.
Alessia si sentì gelare il sangue, e non per la paura.
Aspettò che la persona che era scesa dalla macchina si avvicinasse abbastanza da sentirla.
“Avevi detto che avresti smesso di fumare” disse Alessia.
Chi era quell’altra con lui, in macchina?
“Scusa.”
“Cosa sei venuto a fare? Non te n’eri andato?”
“Non ti fa piacere che io sia tornato?”
“No. Mi stavo abituando alla tua assenza. Anzi, se te ne vai è meglio. Adesso, se vuoi scusarmi...”
Si sentì tirare per un braccio.
“E non toccarmi!”
“Alessia... Devo dirti una cosa.”
“Matteo, non...”
“Mia madre è all’ospedale.”

Poco dopo, Alessia e sua madre si precipitarono all’ospedale. Matteo aveva insistito per accompagnarla lui stesso, ma Alessia si era rifiutata. Che stesse pure in macchina con la figlia dell’amante di suo padre, Francesca.
Magari fra loro non c’era niente.
Magari Alessia era soltanto troppo orgogliosa.
La madre di Matteo stava riposando, nella sua stanza.
Quando erano uscite sul corridoio, la madre di Alessia era rimasta in silenzio.
“Forse avremmo dovuto fare qualcosa prima, per evitare tutto questo?” chiese la ragazza.
Sua madre scosse la testa.
“Forse... Forse si è sentita troppo sola...”
“Ci sono situazioni che non si possono capire se non ci si passa, Alessia” disse sua madre, appoggiandole una mano sulla spalla.
“Aspetteremo che si risvegli?” chiese Alessia.
“Sì” disse la donna. “Perché non vai a parlare con Matteo?”
Alessia guardò verso il balcone che si raggiungeva da una porta nella sala d’aspetto. Matteo era lì, da solo.
“Ha Francesca.” disse Alessia a sua madre. “E aveva pure quell’altra. Perché devo andarci proprio io?” protestò, assalita da un’ondata di rabbia ed orgoglio.
“Può avere tutte quelle che vuole, ma adesso lui ha bisogno di te.”
Alessia guardò sua madre, che le sorrideva teneramente.
Già.
In fondo l’aveva tradita come fidanzata, ma mai come amica.
O forse no, perché se n’era andato, trattandola come qualunque altra persona.
Spostò lo sguardo a terra, fissando il pavimento di marmo.
In fondo aveva giurato fino a poco tempo fa che senza Matteo non si sentiva più la stessa. E poi quella situazione non poteva durare in eterno.
Si alzò, andò sul balcone, e si appoggiò alla ringhiera, accanto a Matteo, che ne stava approfittando per sfogare tutto il suo nervosismo su una sigaretta.
Rimasero in silenzio per un po’.
“Mi dispiace” esordì Alessia.
Matteo scosse la testa.
“E’ stata colpa mia. Se ci fossi stato io, se non fosse stata sola, mia madre non sarebbe caduta in depressione, e non avrebbe mai tentato di suicidarsi riempiendosi di pillole.”
“Lo sai che non è vero” ribadì Alessia. C’era già abbastanza buio. Le luci lontane tremolavano. La luna splendeva nel suo ultimo quarto. “Lei non vorrebbe che tu dicessi così. Tutti ci sentiamo un po’ colpevoli, ma forse doveva semplicemente andare così.”
Matteo strinse le labbra.
“No. Io non dovevo andarmene. E neanche mio padre.”
Alessia pensò al padre di Matteo, seduto al capezzale della moglie.
“Sai, Francesca mi ha detto che lui e sua madre si erano già lasciati, e aveva intenzione di tornare a casa. Pensare che all’inizio avevo avuto paura che volesse tornare solo per quello che aveva appena fatto mia madre” disse Matteo, che sembrava essersi dimenticato della sigaretta, quando tirò un’altra boccata.
“Comunque siano andate le cose, adesso devi pensare al presente” disse la ragazza.
Matteo annuì in silenzio.
“Dov’eri, quando ti hanno chiamato?” chiese Alessia.
Matteo sorrise impercettibilmente, poi tornò serio. “Non so come mio padre abbia potuto trovarmi. In ogni caso, sono stato un perfetto stupido. Come sempre, del resto.”
“Non dire così” disse Alessia, mettendosi le mani in tasca. Il ragazzo scosse la testa.
“Ho deciso di tornare” la interruppe. “Non lascerò più mia madre da sola.”
Matteo sembrava voler aggiungere qualcosa, ma non disse altro. Alessia si sistemò i capelli dietro le orecchie.
“Dimmi una cosa.” disse Matteo dopo un po’, interrompendo il silenzio. Alessia non parlò, per incitarlo a continuare.
“Come va con...”
“Con chi?” chiese Alessia, alzando un sopracciglio.
“Fabio. Non stavi con lui?”
“Oh...” mormorò Alessia, il vento leggero che di nuovo le faceva scivolare alcune ciocche di capelli sul viso. “Sì.”
Fabio era davvero contento di come stavano andando le cose fra loro due.
Alessia, invece, non lo era per niente.
Fabio l’aveva consolata, l’aveva ascoltata, le era stato accanto.
E Alessia, alla fine, aveva ceduto.
Ma quando parlava con lui, non aveva mai l’impressione di parlare con Fabio.
Parlava con quello che avrebbe voluto fosse Matteo.
Aveva paura di considerarlo solo un ripiego.
Ma forse era normale. Era solo perché sentiva la mancanza di Matteo.
“E tu?” chiese alla fine Alessia.
Matteo rimase in silenzio per qualche secondo.
“Non mi va di parlarne, adesso...”
“Capisco” sospirò Alessia. “So che è un momento difficile. Ma devi farti coraggio. D’accordo?”
Matteo si lasciò abbracciare, in silenzio, stringendola a se’.
Adesso toccava a lei, in solo abbraccio, trasmettergli tutta la forza e la sicurezza che le aveva trasmesso lui stesso, ogni volta che l’aveva abbracciata.
Tornarono a guardare le luci e le stelle.
“Alessia... Guarda che non devi comportarti come se niente fosse con me, se non te la senti... Non farlo solo perché pensi che sto male.”
Alessia aprì la bocca per replicare, ma Francesca (cosa ci faceva quella, lì? Perché Matteo preferiva non parlare della sua situazione? Perché stava con Francesca e Alessia doveva dimenticarlo?) uscì e li avvisò che la madre di Matteo si era svegliata.
Matteo corse nella stanza. Alessia lo seguì in silenzio, ma si fermò accanto a sua madre, sul corridoio.
“Scusatemi. Mi sono comportata come una bambina” stava dicendo la madre di Matteo, con voce flebile, mentre Matteo cercava di rassicurarla. Alessia li vide, attraverso la porta aperta. Il padre di Matteo abbracciò sua moglie, forse singhiozzava. Matteo le teneva la mano, e aveva le lacrime agli occhi.
“Lasciamoli soli...” mormorò la madre di Alessia.

***

Bene... Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento :).
Ho deciso di aprire uno spazio alla fine del capitolo per rispondere alle recensioni... Finora vi ho risposto nel "commento al capitolo", ma credo sia meglio così, in modo da dare più attenzione ai recensori e poter rispondere con più calma. Vi sono infinitamente grata per aver recensito gli scorsi capitoli;
grazie a tutti, in particolare a:

Valentina: Mi fa piacere di esserci riuscita e che la storia ti stia appassionando... Be', come ho detto fin dall'inizio, il lieto fine è assicurato :)!

Tristessa: Grazie :)! Come vedi, in questo capitolo le cose si sono parzialmente risolte...! Eheh :P

Alex: Davvero? *_* beh, come vedi, Matteo è tornato... Sono felice che la lettera ti abbia emozionato :)! Grazie per la tua presenza costante :D!

Zakurochan: Anche a te, grazie perché leggi e commenti sempre - e, di nuovo, per i complimenti :)! Alessia ha già cominciato a pentirsi per il suo comportamento, per il resto... Vedrai nei prossimi capitoli, e non preoccuparti se non hai visto che avevo aggiornato!

Al prossimo chap, che sarà il penultimo è_é bye!

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Capitolo 20
*** Decisioni ***


Era nervosa.
Aveva pensato già a lungo a quella decisione, ed era convinta che fosse la cosa giusta da fare, ma era nervosa comunque.
Aveva deciso di dire a Fabio come stavano le cose. A dire il vero, si erano già visti due volte, ed entrambe le volte Alessia si era vista costretta a rimandare la discussione. “Dopo che saremo andati al bar”, “dopo essere passati dalla piazza”, “quando saremo davanti a casa mia”, finché alla fine i due ragazzi non si salutavano e tornavano ognuno a casa propria.
Stavolta, però, non sarebbe accaduto. Gli avrebbe detto subito come stavano le cose.

Fabio arrivò. La salutò, mettendole un braccio attorno alle spalle.
“Devo dirti una cosa” annunciò Alessia, visibilmente tesa, mentre iniziavano a camminare.
“Dimmi” disse Fabio. Più che disponibile, sembrava quasi rassegnato.
Ecco, adesso veniva il difficile.
Come avrebbe fatto a dirgli tutto senza ferirlo?
Forse un modo per non farlo stare male non c’era.
Alessia si chiese come aveva fatto a finire in quella situazione. Era stata così stupida, a lasciarsi andare in quel modo. Non avrebbe dovuto uscire con lui nemmeno mezza volta. Erano bastati un paio di appuntamenti e la sua festa di compleanno, per cadere fra le sue braccia.
Adesso si rendeva conto di quello che aveva fatto. Fabio sembrava tenere a lei sinceramente, e Alessia l’aveva soltanto usato per sostituire il vuoto lasciato da Matteo.
Sì, “usato” era la parola giusta, per quanto brutale fosse il suo significato.
Ecco perché non c’era un modo per renderlo presente della situazione senza ferirlo.
“E’ difficile da dire...” esordì la ragazza.
“Alessia...” la interruppe Fabio.
Silenzio.
“So cosa vuoi dirmi. Tu non mi ami sul serio.”
Alessia deglutì.
Amarlo.
Il pensiero di amare Fabio non le era mai passato per la testa, neanche lontanamente.
Al massimo, avrebbe potuto dire che le piaceva.
Si sentì ancora più in colpa.
“Non dire così, Fabio...” disse la ragazza. “Io ci tengo, a te... Ma...”
“Ma non mi ami...”
“Non è questione di amarti o no” disse Alessia, mentre quel tono di voce le ricordava incredibilmente Danilo. “E’ che ti meriti molto di meglio. Ti meriti qualcuno che ti voglia bene sul serio, non una come me, che non riesce a smettere di pensare ad un altro.”
Fabio sgranò gli occhi. Sapeva a chi Alessia si riferiva.
Ecco, come al solito gli aveva rovesciato tutto in faccia, senza il minimo briciolo di tatto.
“Capisco. L’avevo immaginato” disse Fabio.
Ecco.
Possibile che tutti coloro con cui Alessia aveva avuto una storia, sentivano gravare su di loro la presenza invisibile di Matteo?
In fondo Alessia aveva parlato spesso di Matteo con lui, i primi giorni che uscivano insieme.
“Forse ti serve solo un po’ di tempo...”
“No, Fabio. Non posso stare con te.”
“Perché no?”
“Te l’ho detto. Non puoi restare con una che in realtà pensa ad un altro” ribatté Alessia, quasi pentendosi di avergli detto tutto. Così aggiunse: “Io non merito nessuno, Fabio.”
“Guarda che non importa... Sono disposto a stare con te anche se pensi a dieci altre persone contemporaneamente. Ho anche lasciato Viviana per...”
“Oh! Viviana mi ha detto che non eri poi così addolorato quando l’hai scaricata” lo interruppe Alessia. Ecco, tra l’altro Fabio era anche l’ex di Viviana. I sensi di colpa aumentarono. “E poi, insomma... Cosa hai fatto di male per meritarti una ragazza che pensa ad un altro?”
“Innamorarmi di te, forse” disse Fabio, abbassando lo sguardo.
“Insomma, smettila!” alzò la voce Alessia.
“Non posso smettere!” ribatté Fabio, con lo stesso tono di voce, facendo un gesto veloce con il braccio destro. “Questa è la seconda volta che...”
Rimase in silenzio. Alessia aspettò che continuasse.
Fabio abbassò lo sguardo.
“Scusami. So cosa provi. Anche a me è successo” riprese.
Alessia rivolse a Fabio un’occhiata interrogativa.
“Quando ho scelto Viviana per dimenticare te.”
Alessia annuì.
“Mi dispiace.”
“Non fa niente” disse il ragazzo, sospirando. “Su, ti accompagno a casa” aggiunse poi, scrollando le spalle.

Un paio di giorni dopo, Alessia e sua madre andarono a trovare la madre di Matteo. Era da sola a casa, ma suo marito aveva deciso di tornare e stava sbrigando le ultime pratiche per il trasferimento. Matteo, invece, era al lavoro, e si stava occupando di vendere la casa in cui viveva da solo.
E tutto questo, solo perché aveva cercato di suicidarsi.
Non che finire all’ospedale fosse una cosa da niente, ma ad Alessia spaventava il pensiero che sia il marito (nonostante lo avesse negato), sia Matteo, stessero tornando a casa solo perché sua madre si era ridotta in fin di vita.
“Mamma...” mormorò Alessia, mentre percorrevano la strada che le avrebbe riportate a casa in macchina, dopo quella visita. “Se la madre di Matteo non avesse tentato il suicidio, pensi che loro due sarebbero tornati a casa lo stesso?”
La donna rifletté qualche secondo, e Alessia aspettò pazientemente.
“Non lo so” disse infine. “Ma secondo me, se stanno tornando a casa è perché si sono accorti di quanto lei sia importante per loro.”
Alessia sorrise. Sua madre aveva ragione.
“Certo che a volte siamo proprio strani” disse la ragazza.
“In che senso?” chiese la madre di Alessia, tenendo le mani sul volante, senza distrarsi dalla guida.
“Nel senso che spesso ci vuole qualcosa di forte, per farci accorgere di alcune cose. Prendi Matteo, per esempio. C’è voluto che sua madre tentasse il suicidio, per capire veramente che in realtà aveva bisogno di lei” disse Alessia, spostando lo sguardo sulla strada che scorreva piano fuori dal finestrino. “E anche che sua madre ha bisogno di lui.”
La madre di Alessia sorrise.
E per me?
Era necessario che Matteo se ne andasse, che mi tradisse, per capire quanto realmente lo amassi?


Suonarono alla porta.
Alessia aprì.
“Ciao...”
“Ciao!” esclamò la ragazza con un sorriso, aprendo la porta del tutto. Forse Matteo non si aspettava una tale accoglienza. Sembrava visibilmente imbarazzato. Non che Alessia non lo fosse.
“Matteo!” la madre di Alessia lo aveva visto dal corridoio, e si stava avvicinando alla porta. “Vuoi venire dentro?” lo invitò Alessia.
“No, no... Sono appena tornato dal lavoro, e ho fatto vedere la casa ad uno che probabilmente non la comprerà. Sto via da troppo tempo, non vorrei che...” Matteo si interruppe, come se gli sembrasse di aver parlato con eccessiva naturalezza.
“Oh, non preoccuparti. Tanto stasera torna tua padre, no?” disse la donna.
“Domani” la corresse Matteo, con un sorriso educato.
“Ah.” disse. Annuì, e lo invitò ad accomodarsi.
Matteo acconsentì, e Alessia lo fece entrare in salotto.
Forse il salotto era troppo formale. Lo stava trattando come un estraneo qualunque.
Ma Matteo era così imbarazzato che temeva di imbarazzarlo ancora di più, con un trattamento troppo familiare.
Anche Alessia si sarebbe sentita allo stesso modo, al suo posto.
“Sai, mia madre mi ha detto che ieri sei passata da casa, e io non c’ero... Poi mi ha anche detto che domani sera tu e la tua famiglia partite...” disse Matteo, prendendo posto sul divano. “Così...”
“Esattamente” lo interruppe Alessia, mentre apriva le ampie finestre, che fornivano un’ottima illuminazione alla sala. “Ma non è niente di speciale, solo la solita vacanza in Calabria a trovare i parenti” spiegò la ragazza, prendendo poi posto su una poltrona posta a fianco del divano su cui Matteo si era seduto.
Il ragazzo annuì.
“Bene, diciamo che sono venuto anche a... Salutarti.”
Alessia sorrise.
“Quando tornate?” si informò il ragazzo.
“Fra una ventina di giorni. Passeranno presto, vedrai.” disse Alessia, chiedendosi perché stesse dicendo una tale idiozia. Perché Matteo si sarebbe dovuto annoiare senza di lei?
Invece Matteo sorrise.
“E poi... Sono venuto anche per un altro motivo.”
Alessia aggrottò le sopracciglia.
Matteo sospirò. Aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia, e si torceva lentamente le mani.
“Io...” cominciò. Era come se non trovasse le parole adatte per esprimersi. O forse si vergognava a parlare.
“Se è per...” lo interruppe Alessia. “Insomma, per quello che è... Successo...”
Anche lei si esprimeva con difficoltà. Matteo alzò gli occhi, quasi speranzoso.
“Non parliamone più” decise Alessia.
Matteo scosse la testa. “Non devi dire così solo per quello che mi sta succedendo...”
“Ma io...” lo interruppe Alessia.
“So che ti fa male, Alessia. Non devi negarlo, se non te la senti. In fondo noi ci siamo sempre detti le cose come stavano, no?” disse Matteo.
Alessia strinse le labbra, e rimase in silenzio.
“Io... Non lo so, Matteo” disse infine, guardandolo mentre riprendeva a fissare il vuoto.
Forse avrebbe dovuto dirgli che aveva lasciato Fabio?
Una parte di lei si sentiva pronta a perdonarlo. L’altra parte no. Ma non per orgoglio o per vendetta: aveva paura. Sì, aveva solo paura di stare male di nuovo.
“Non lo so” ripeté ancora.
Matteo sospirò, guardò l’orologio. Si alzò in piedi.
“Adesso devo proprio andare.”
“Bene...” disse Alessia, alzandosi. “Ci vediamo presto, allora.”
“D’accordo...” disse Matteo, mettendosi le mani in tasca.
Alessia rimase a guardarlo andarsene, appoggiata alla soglia della porta di casa.
Magari Matteo stava con Francesca.
In fondo, che motivo c’era perché Francesca andasse con Matteo all’ospedale?
Si sentì una stupida.
 

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Capitolo 21
*** Oltre le nuvole ***


Quando Alessia tornò a casa dalle vacanze, si ritrovò dentro una nostalgia come mai era accaduto negli anni precedenti.
Quell’anno, infatti, oltre ai suoi parenti che abitavano in Calabria, aveva incontrato anche i suoi zii e i suoi cugini che abitavano a Roma. Non li vedeva da quasi due anni, ed era stato bello condividere anche con loro quei giorni di relax e divertimento, quell’aria di festa, la sensazione di essere in famiglia, tutti insieme.
Adesso stava tornando a casa in macchina, dall’aereoporto. Abbassò il finestrino. Faceva caldo, d’altra parte si era in piena estate. Lasciò che l’aria secca le scompigliasse i capelli.

La prima cosa che fece Alessia, il giorno dopo, fu chiamare Bianca e uscire con lei.
Dopo una passeggiata piuttosto breve, si ritrovarono a prendere un gelato al solito bar.
“Ho sentito Fabio.” disse Bianca, non appena si furono sedute. “Dice che sta bene. Non ce l’ha con te, stai tranquilla... Se è per questo che mi hai chiamato.”
“No, assolutamente!” disse Alessia. “Era solo per aggiornarti un po’ su come procedono le mie riflessioni, e poi... Per ringraziarti” aggiunse, scrollando le spalle.
Bianca rise. “Non ce n’è bisogno.”
“Come no? In fondo ci conosciamo appena...” disse Alessia.
“Beh...” Bianca si passò una mano fra i capelli biondi. “Mi sei stata simpatica da subito. E poi ti conosco, in un certo senso. Dai racconti di Fabio.”
Alessia sorrise.
Un cameriere venne a ordinare. Alessia prese un cono alla vaniglia: non c’era bisogno di cioccolato in cui affondare la depressione, ormai. Bianca, invece, scelse caffè.
“Allora, come va con le riflessioni?” scherzò Bianca.
“Sai, le vacanze fuori casa fanno sempre bene a questo genere di cose. Credo di essere pronta a perdonare Matteo, ma ho solo paura.”
Bianca annuì, seria. Alessia guardò verso la strada.
Non credeva ai suoi occhi.
Di nuovo quella.
“Perché fai quella faccia?” disse Bianca, quasi scioccata.
“Oh, scusa. C’è una persona che sta venendo verso questa direzione. Anzi, viene proprio verso di me.”
Francesca chiese di prendere posto al tavolo di Alessia. La ragazza acconsentì, e guardò Bianca.
“Volete che me ne vada?” chiese Bianca.
“Oh, no. Resta pure.” disse Alessia.
Francesca era il tipo di ragazza capace di fare sentire tutte le altre una nullità. Ma non perché forse bella sul serio, pensava Alessia. Solo perché era tutta trucco e push-up e si dava un sacco di arie senza motivo.
Non avrebbe fatto sentire una nullità anche lei.
“Cosa devi dirmi?” esordì Alessia.
Francesca sembrava quasi agitata.
“Beh... Sai chi sono, no?”
Alessia annuì.
“Bene. Sai, non so da dove cominciare” disse la ragazza. Alessia deglutì.
“Io... Come sai, ho avuto una storia con Matteo. Cioè... Storia è eccessivo. E’ successo questa primavera.”
Alessia annuì. Se ne ricordava.
“Ammetto che ho anche voluto riprovarci. Ecco perché sono stata qui, questi giorni. Per stare vicino a Matteo e... Beh, sì, per cercare di riconquistarlo.”
Alessia si sentì torcere le budella. Bianca fece una smorfia.
E adesso cosa le avrebbe chiesto? Di stare lontana da Matteo?
“Ma non ce l’ho fatta.”
Francesca assunse un’aria seria.
“Perché lui ha te, nella testa.”
Arrivarono i gelati che avevano ordinato.
“E allora, vuoi uccidermi?” scherzò Alessia.
“Non sto scherzando. Io... Ho lasciato perdere, anche perché ho capito che non mi interessa sul serio. Ma questo è un altro discorso. Quello che voglio dirti è che ho avuto modo di... Ascoltarlo a fondo, in questi giorni.”
Alessia annuì, chiedendosi dove volesse andare a parare.
“Lui ti ama sul serio.”
Alessia guardò Francesca, che sostenne a sua volta lo sguardo.
“E con questo voglio dire che, anche se lui ti ha tradito... Merita un’altra possibilità. So per certo che lui non ti tradirà di nuovo.”
“Oh!” sbottò Alessia. “E chi sei tu per dirmelo?”
Francesca scosse la testa.
“Gli ho chiesto sfacciatamente di tornare con me, l’altro giorno. E lui mi ha detto che amava te. Gli ho detto che in fondo eri impegnata, ma lui mi ha detto che non gli importava un bel niente, e mi ha chiesto di farmi i fatti miei. Beh, a parte questo...” disse Francesca, ravviandosi i capelli lisci biondo cenere. “Quello che voglio dirti è che lui ha bisogno di te. Non avere paura di perdonarlo, Alessia. Fidati di lui.”
Alessia rimase in silenzio, e così Bianca.
“Bene... Adesso devo andare...”
Francesca si alzò, e fece per andarsene.
Alessia la chiamò.
“Grazie” disse con un sorriso.
Francesca fece spallucce e se ne andò così com’era venuta.
Alessia rimase in silenzio. Il gelato alla vaniglia si stava sciogliendo. Prese a mangiarlo, piano.
“Che ne pensi?” chiese Bianca.
“Penso che è sempre più simpatica di Tamara.”
Bianca scoppiò a ridere.
“Cosa farai, adesso?” chiese la sua amica.
Alessia scosse la testa, sorridendo.
“Secondo te?”

Alessia camminò lentamente per quella strada che conosceva bene. Il portone era aperto.
Salì le scale, piano, gradino per gradino.
Sorrideva.
Suonò il campanello.
Matteo le aprì la porta.
Notò una serie di pacchi ammassati sul fondo della stanza. Uno era al centro, ed era pieno a metà.
Doveva essere nel bel mezzo dei preparativi per il trasloco.
Alessia lo guardò negli occhi. Matteo abbassò lo sguardo. Fece entrare Alessia, e poi chiuse la porta.
Rimasero ancora in silenzio. Dalle serrande abbassate penetravano alcuni raggi del caldo sole estivo.
Non era un silenzio imbarazzante.
Semplicemente non c’era bisogno di parole.
Alessia tentò comunque di dire qualcosa.
“Ti disturbo?”
“Oh... No” disse Matteo, deciso.
Alessia sorrise. Si guardò intorno.
“Se vuoi posso darti una mano...”
“No, non c’è bisogno. Ormai sono abituato a tutti questi traslochi” spiegò Matteo, allargando le braccia. Si sedette sul solito divano.
“E’ molto diverso da... quel giorno, vero?”
Alessia pensò al loro primo bacio. Pioveva, e Matteo non stava traslocando. Il divano era foderato, e gli scaffali e i mobili erano pieni di oggetti e vestiti. Provò una strana tenerezza. Allora non conosceva ancora Matteo del tutto. Non avrebbe mai immaginato come sarebbero andate a finire le cose.
“Quante cose sono accadute...” mormorò Matteo, quasi leggendole nel pensiero.
“Sono venuta qui per... Parlarti” disse Alessia.
Matteo rimase in silenzio, aspettando che la sua amica prendesse parola.
“Riguarda quello che è successo. Tu... Mi avevi detto che non dovevo negare, se non me la sentivo. E io ti avevo detto che non sapevo cosa fare.”
Matteo la guardò, con uno sguardo a metà fra il sorpreso e l’interrogativo. Seguì Alessia con gli occhi, mentre prendeva posto accanto a lui sul divano.
“Adesso però lo so.”
Sorrise.
Matteo continuava a guardarla, quasi senza capire. Aveva paura di capire qualcosa di sbagliato, forse.
“Prima avevo paura, ma sono stata una stupida. In fondo io mi fido di te.” Alessia fece una pausa, fissando il disegno delle mattonelle. Poi spostò di nuovo lo sguardo su Matteo.
“Come hai potuto pensare che non ti avrei perdonato?”
Matteo sospirò. Si morse il labbro. Alessia lo abbracciò.
“Ti voglio bene” disse affettuosamente la ragazza.
“Ti amo” rispose Matteo.
Sorrise di nuovo.
“Anch’io.”
Alessia sentiva che non si sarebbe mai pentita di quello che stava facendo.
Matteo aveva gli occhi lucidi. Lo baciò piano sulla fronte.
Le serrande erano abbassate, e non si vedeva il cielo. Ma Alessia poteva immaginarlo, azzurro e terso.
“Troveremo un posto per noi, Matteo” gli disse Alessia, sicura, scostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte. “Oltre le nuvole.”

E così, questo era l'ultimo capitolo :)! Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno... Un forte GRAZIE! a tutti coloro che hanno letto e commentato... Presto, sotto richieste pressanti, aprirò uno shrine su Oltre le nuvole ù_ù a chi interesserebbe visitarlo, suggerisco di andare sul mio blog ogni tanto (il link è nella mia pagina principale). Presto tornerò con qualche altra storia... Per cui, stay tuned! Nel frattempo, mi raccomando è_é, recensite in massa Oltre le nuvole è_é!

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