Cinque volte in cui Gale fregò Katniss (e una in cui rimase irrimediabilmente fregato).

di Kary91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Control ***
Capitolo 2: *** 2. Try ***
Capitolo 3: *** 3. Win ***
Capitolo 4: *** 4. Sun ***



Capitolo 1
*** 1. Control ***


 

Cinque volte in cui Gale fregò Katniss (e una in cui rimase irrimediabilmente fregato).

 

I

A Matter of Control

_______________________

 

È tutta questione di controllo” mormorò la dodicenne, modellando la presa delle dita di Gale attorno all’estremità della freccia.

Il ragazzo piegò il braccio all’indietro per flettere l’arco e Katniss guidò i suoi movimenti perché mirasse meglio.

Erano giorni che si allenavano assieme: Gale aveva bisogno di prendere dimestichezza con frecce e faretre e a Katniss faceva comodo avere qualcuno che l’aiutasse, quando avvistava prede particolarmente grosse.

 

Se durante le battute di caccia i due ragazzi continuavano a mostrarsi cauti l’uno con l’altro, durante gli allenamenti qualcosa mutava nel loro equilibrio.

In momenti come quello, quando era Katniss a guidare i gesti del quattordicenne per aiutarlo a impugnare meglio l’arco,  erano così vicini che poteva avvertire la tensione dei suoi muscoli contratti.

Per pochi, brevi istanti, si sentiva un tutt’uno con lui.

Erano parti dello stesso essere, due paia di braccia e quattro occhi concentrati sullo stesso obbiettivo.

Questo, fino a quando Gale non scoccava la freccia.

 

A quel punto, in genere, l’equilibrio si spezzava e Katniss valutava con occhio critico il tentativo del compagno.

 

Quel pomeriggio, Gale lasciò andare la freccia una frazione di secondo troppo presto e mancò il tronco che fungeva da bersaglio di qualche centimetro.

“Sei troppo impulsivo” lo rimbeccò Katniss, riappropriandosi dell’arco. Non fu sorpresa del suo risultato: capitava spesso che il giovane scoccasse troppo in fretta, impaziente di padroneggiare quella nuova abilità il prima possibile. Archi e frecce erano strumenti utili alla sopravvivenza sua della sua famiglia e, come tali, andavano sfruttati il prima possibile. O, almeno, questo era ciò che pensava il ragazzo.

 

“Devi controllare meglio il braccio: tu agisci sempre seguendo l’istinto” aggiunse Katniss.

 

Non ottenne risposta: Gale si stava già allontanando per riprendere la freccia, incurante dei suoi consigli. Non era mai di molte parole, ma quando sbagliava qualcosa, invece che chiedere aiuto, si chiudeva in lunghi silenzi meditativi che la infastidivano.

 

“Presuntuoso” mormorò fra sé la ragazzina, incominciando a correre.

 

Improvvisamente, avvertiva una gran bisogno di arrivare alla radura prima di lui: cogliendolo di sorpresa, sarebbe senz’altro riuscita a soffiargli la freccia da sotto il naso.

O almeno così pensava.

 

C’erano ancora una decina di metri che la separavano dall’albero ‘bersaglio’, quando qualcosa si frappose fra il suo piede e il terreno, facendola rovinare a terra.

 

 

La sorpresa e l’impatto con il terreno le strapparono un gemito.

Katniss disincastrò il piede dalla radice che l’aveva fatta inciampare e un dolore sordo le inondò il ginocchio. Cercò comunque di alzarsi, realizzando che Gale la stava raggiungendo.

 

“Tutto bene?” chiese il ragazzo, accovacciandosi al suo fianco. “Perché ti sei messa a correre così?”

La ragazzina lo ignorò;  provò di nuovo ad alzarsi e ce la fece, ma una smorfia di dolore le contrasse il viso: non riusciva a piegare la gamba senza provare dolore.

“Non lo so… Volevo arrivare prima di te alla freccia, credo” ammise infine, sentendosi più stupida a ogni sillaba; la freccia ormai giaceva al sicuro nella mano destra del ragazzo e in quanto a lei, era solamente riuscita a fare la figura della ragazzina imbranata.

L’ultima cosa di cui aveva bisogno per dimostrare le sue abilità di cacciatrice.

 

Quando tornò a guardare Gale, il ragazzo stava sorridendo.

Era strano, il suo sorriso: lo trasformava da qualcosa di minaccioso in uno che avresti voluto conoscere[1].

 

“E poi sarei io l’impulsivo, eh?” scherzò il giovane, scoprendole il ginocchio per controllare il danno.

 

Katniss lo freddò con lo sguardo: il moto di simpatia che aveva provato per lui poco prima svanì di colpo.

Strinse i denti, sforzandosi di non ribattere mentre il quattordicenne le esaminava il punto contuso.

“Sembrerebbe una lussatura” osservò infine Gale, sistemandole la gamba dei jeans. “Ce la fai a camminare se ti reggi a me?”

 

“Posso farcela anche da sola” mentì la ragazzina, appoggiandosi al tronco di un albero. Cercò di fare qualche passo, ma già al secondo fu costretta a fermarsi. La gamba le cedette e Katniss si trovò a terra ancora una volta, sorretta da Gale per i fianchi.

 

Il giovane, a quel punto, s’inginocchiò.

 

“Aggrappati al mio collo e tieniti forte” ordinò.

 

Inizialmente, Katniss tornò a rifiutare l’aiuto dell’adolescente: il suo orgoglio le impediva di accettare una proposta simile. Il buon senso e le fitte lancinanti al ginocchio, tuttavia, la convinsero presto a cambiare idea.

 

Gale se la caricò sulle spalle e la trasportò fino a casa, mostrandosi insolitamente loquace: chiacchierò con tranquillità di caccia e del prezzo che avrebbero potuto attribuire alla selvaggina se l’avessero venduta al Forno.

 

Lungo il tragitto, Katniss si sentì a suo agio come non si era più sentita da giorni in compagnia di Gale, e questo la stupì.  Più volte fu sul punto di ringraziarlo Gale per quell’atto di gentilezza nei suoi confronti, ma non le sembrava mai il momento giusto.

 

Quando finalmente trovò le parole per farlo erano ormai quasi arrivati al punto della recinzione di filo spinato attraverso il quale accedevano al Prato.

 

Prima che avesse il tempo di aprire bocca, tuttavia, venne interrotta dalla voce del ragazzo.

 

“Sai, se vuoi davvero sopravvivere di caccia dovresti prima imparare a camminare” la punzecchiò Gale con un mezzo sorriso, prima di depositarla a terra con delicatezza. “Non è poi così difficile: è tutta una questione di controllo” aggiunse, scimmiottando le parole che lei stessa gli aveva rivolto durante l’allenamento.

 

Le guance di Katniss si tinsero di rosso: tutto a un tratto la sua voglia di ringraziarlo venne meno.

 

“Io e te non diventeremo mai amici” sibilò infine, dandosi da fare per trascinarsi oltre la recinzione.

 

 

____________

 

 

Raccolta scritta per la challenge 5 volte + 1 sul cosmic ocean. 

 

Buonasera! L’idea delle 5 volte  + 1 mi ha sempre stuzzicato, così ho pensato di fare un tentativo cercando di raccontare i primi passi dell’amicizia fra Gale e Katniss. Il prompt per questa prima storia era “Controllo”. Al più presto pubblicherò la successiva, ambientata sempre durante i primi sei mesi di conoscenza di Gale e Katniss.

Grazie infinite a chiunque sia passato a leggere questa storia! So che i fan di Gale (per non parlare di quelli che sostengono l’Everthorne) sono pochi, ma so anche che siamo pochi ma buoni!

Laura



[1] Citazione di un passaggio di “Hunger Games”.

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Capitolo 2
*** 2. Try ***


 

Cinque volte in cui Gale fregò Katniss (e una in cui rimase irrimediabilmente fregato).

 

II

The hardest you try…

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Devi muovere la testa di lato per respirare.”

Katniss chinò il capo per mostrargli come fare, esibendosi in un paio di bracciate a stile libero.

Gale l’osservò per qualche istante, prima di ricominciare con i tentativi: non sembrava a suo agio, nel sentirsi impartire consigli da una ragazzina. Si tuffò in avanti e azzardò qualche bracciata imprecisa, sbattendo furiosamente i piedi per tenersi a galla: aveva scelto di imparare a nuotare nell’acqua alta, convinto che il rischio di affogare l’avrebbe spinto ad apprendere più in fretta.

“Attaccati a me” cercò di convincerlo Katniss, tendendogli la mano, dopo averlo osservato divincolarsi per qualche minuto.

Gale rifiutò con un cenno brusco del capo che gli costò la concentrazione; smise di battere i piedi e scivolò verso il basso, bevendo un po’ d’acqua. Era fatto così, Gale. Dopo mesi di compromessi e alleanze nei boschi stava ormai imparando a conoscerlo. La sua intera vita sembrava fatta di tentativi in solitario, prove di resistenza contro se stesso per scoprire quanto in là sarebbe riuscito a inoltrarsi pur di offrire alla propria famiglia una qualità della vita il più decente possibile.

“Se mi aggrappo alla tua mano, finirei per trascinarti sott’acqua con me: sei secca come un chiodo” osservò il ragazzo, riprendendo a nuotare.

Katniss lo guardò storto; d’impulso, appoggiò la mano sulla sua testa e lo spinse sotto la superficie. Gale si liberò dalla sua presa e batté i piedi per riemergere, ma dopo qualche istante ogni suo movimento cessò.  

La ragazza si affrettò a raggiungerlo, preoccupata di quella reazione; lo afferrò per un polso e cercò di riportarlo a galla, ma Gale sembrava un peso morto. Aveva gli occhi chiusi e le braccia distese lungo i fianchi.

Katniss tirò con più forza, un principio di preoccupazione a premergli il petto.

Che ti prende? Gridò mentalmente, agitando i piedi con tutta la forza che possedeva in corpo; la paura s’impossessò di lei, aggiungendo furia ai suoi movimenti.

E poi, proprio mentre stava incominciando a muovere il corpo di Gale verso l’alto, il ragazzo si animò. Riaprì gli occhi e scalciò con energia, fino a riemergere un po’ a fatica dopo qualche secondo.

Katniss si affrettò a sostenerlo, mentre il ragazzo riprendeva fiato, visibilmente stravolto. Gridò il suo nome più volte, per assicurarsi che stesse bene: non riusciva proprio a comprendere che cosa potesse essere successo. Gale non parlò fino a quando non raggiunsero l’acqua più bassa e poté appoggiare i piedi a terra. A quel punto si mise a ridere, sotto lo sguardo perplesso della giovane.

 “Te l’avevo detto che ti avrei trascinato sott’acqua con me” esclamò all’improvviso, stringendosi nelle braccia per ripararsi dal freddo.

Katniss impiegò qualche istante a comprendere il significato di quella frase.

“Lo sapevo che era tutta una messa in scena!” s’infuriò, lasciandolo andare di scatto, come se scottasse. “Sei proprio un idiota!”

Gale si strinse nelle spalle.

“Avevo bisogno di controllare alcune cose” spiegò, incominciando a tremare: aveva le labbra quasi viola e i polpastrelli completamente raggrinziti. “Come potevo essere certo di saper nuotare, se non ero mai stato nelle condizioni di affogare? Dovevo provare e vedere se sarei riuscito a cavarmela anche così.”

Katniss scosse la testa; non l’avrebbe mai ammesso di fronte a lui, ma per certi versi riusciva a comprendere quel ragionamento. Questo, tuttavia, non bastava per farle passare l’arrabbiatura.

 “L’hai fatto solo per spaventarmi” replicò, mettendosi a braccia conserte: incominciava ad avere freddo anche lei.

Gale abbozzò un mezzo sorriso.

“Se non altro, abbiamo scoperto che non sei così secca come sembri” osservò. “Prima che riemergessi stavi riuscendo a spostarmi verso l’alto.”

Katniss gli rivolse un’occhiata carica di collera. Erano passati diversi mesi da quando lei e Gale si erano conosciuti. Ormai, il ragazzo stava incominciando a capire di avere a fianco una compagna di caccia valida, eppure di tanto in tanto si divertiva ancora a prenderla in giro. Katniss sapeva che lo faceva solo per farla arrabbiare, eppure non riusciva a non infuriarsi di fronte a quelle punzecchiature.

“Ti odio” sibilò piccata, dandogli le spalle per tornare a riva.

Gale rimase a fissarla in silenzio per qualche istante.

“Non è vero.”

La ragazza si fermò; qualcosa nel suo tono di voce la spinse a voltarsi nuovamente verso di lui: sorrideva ancora, ma non sembrava poi così sicuro delle sue parole.

Katniss ammorbidì la sua espressione.

“Infatti” fu costretta ad ammettere, camminandogli incontro. Non gliene aveva mai parlato – né, probabilmente, l’avrebbe mai fatto – ma Gale era la prima persona con cui riusciva a sentirsi al sicuro da quando suo padre era morto. Non poteva odiarlo, né tantomeno limitarsi a tollerarlo. Qualcosa li aveva portati a incontrarsi nei boschi per caso un giorno di sei mesi prima e da quel momento le loro strade non si erano più separate.

Il loro rapporto andava ben oltre l’essere semplici compagni di caccia. Erano amici: o, per lo meno, stavano imparando ad esserlo.

E fra amici è normale giocarsi dei tini mancini.

“Ma questa me la paghi” esclamò improvvisamente la ragazza, schiacciando nuovamente la testa del ragazzo sott’acqua. Questa volta Gale era preparato e la placcò per i polsi, cercando di fare lo stesso con lei.

Incominciarono a giocare, sfidandosi a vicenda in gare di lotta e schizzi. Ridendo, allentarono la guardia forse per la prima volta da quando si erano conosciuti.

Non fu immediato: ma dopotutto, anche nelle amicizie più strette c’è sempre un primo tentativo.

 

 

 

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Raccolta scritta per la challenge 5 volte + 1 sul cosmic ocean. 

 

Il prompt per questa seconda storia storia era “Prova/Provare (Tentativi)”. Anche questo secondo capitolo, come il precedente, è ispirato a un episodio accennato in “Catching Fire”, ovvero il fatto che Katniss abbia insegnato a Gale a nuotare. Spero di riuscire a postare la terza parte al più presto, ma temo che ci vorrà un po’.

 

Grazie infinite alle persone che hanno letto e commentato il capitolo precedente!
Laura




 

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Capitolo 3
*** 3. Win ***


 

Cinque volte in cui Gale fregò Katniss (e una in cui rimase irrimediabilmente fregato).

 

III

The art of winning

_______________________

 

Nessuno di voi può vincere contro mia sorella.”

Prim sorrise con fare divertito e si avvicinò al camino; Rory, che era seduto sulla sedia più vicina al fuoco, si alzò subito per cederle il posto.

“Per forza, non ride praticamente mai!” osservò Gale, sciacquando l’ultimo dei piatti usati per la cena. Lo porse poi a Vick, che lo strofinò con un panno prima di riporlo assieme agli altri nell’unico mobile a scomparti della cucina.

Katniss indirizzò un’occhiataccia al migliore amico.

“Senti chi parla.”

Gale abbozzò un mezzo sorriso.

“Facciamo una prova” propose infine, rivolto alla ragazza. “Scommetto che almeno uno dei fratelli Hawthorne riuscirà a batterti a chi ride prima.”

“Sfida accettata” approvò Katniss, sedendosi a capotavola. “Chi dei tre vuole provare per primo?”

Rory si fiondò vicino a lei.

“Io sono il migliore a far ridere gli altri” osservò, prendendo posto di fronte alla ragazza. Il fratello maggiore lo prese per le ascelle e lo fece scendere dalla sedia.

“Il clown di famiglia gioca per ultimo” decise, rubandogli il posto. “Partiamo da quello più serio: cioè io.”

“Forse volevi dire il più scarso…” lo corresse Rory, sorridendo beffardo; Gale gli diede uno scappellotto sulla nuca.

“Cretino!” si lamentò il ragazzino, dandogli uno spintone. Quando si accorse che Prim e Vick li avevano raggiunti al tavolo e che la bambina stava ridendo, il suo sguardo si fece furibondo: in pochi istanti le sue orecchie diventarono rosse.

“Chi è che fa da arbitro?” chiese Vick, controllando che i due sfidanti fossero seduti esattamente uno di fronte all’altro.

“Prim” proposero all’unisono Katniss e Gale, senza distogliere lo sguardo l’uno dall’altra: erano pronti per incominciare.

La ragazzina annuì.

“Molto bene, le regole sono semplici…” incominciò, continuando a sorridere divertita. “… Il primo dei due che si mette a ridere perde. È vietato farsi il solletico, ma potete muovervi e parlare senza però allontanarvi dalla sedia.”

“Sono pronto” annunciò Gale, mettendosi a braccia conserte. Katniss confermò con un cenno del capo, esibendo lo sguardo più composto del suo repertorio.

“Allora si comincia” replicò Prim, sollevando tre dita. “Tre… due… uno… via!”

La sfida incominciò al suono delle incitazioni dei due fratelli Hawthorne.

“Dai, Gale!” esclamò Vick, battendo le mani sul tavolo.

“Fa’ l’imitazione di Sae la Zozza!” propose Rory, mettendogli le mani sulle spalle.

Gale li ignorò; si limitò a rimanere immobile, le labbra serrate e lo sguardo fisso in quello di Katniss. La ragazza, d’altro canto, continuava a mostrare la stessa compostezza dell’amico.

“Coraggio, fate qualche smorfia!” li incoraggiò ancora Rory, mettendosi a tamburellare con le dita contro il tavolo.

“Per ora sono in parità totale” annunciò dopo un minuto Prim, dall’alto del suo ruolo di arbitro. “Non credo che avremo un vincitore molto presto.”

“Ti sbagli” la corresse Gale, parlando con l’accento affettato di Capitol City. “Abbiamo già un vincitore; il signorino qui presente si chiama Vick[1]” commentò, attirando il fratellino a sé per la collottola.

“Che la fortuna possa essere a tuo favore, giovanotto” rincarò la dose, scuotendo una parrucca immaginaria.

I tre più piccoli del gruppo si misero a ridere. Gli angoli delle labbra di Katniss si inarcarono leggermente, ma la giovane rimase seria.

Gale sospirò.

“Riuscirei a farla ridere solo se inciampassi su uno degli scacchi di Rory e battessi la testa da qualche parte” concluse, passandosi una mano dietro la nuca.

Improvvisamente, Katniss smise di apparire così composta. Sgranò gli occhi e si schiacciò le guance con le mani, tirando fuori la lingua.

Il contrasto fra quella smorfia buffa e l’espressione perennemente seriosa della ragazza diede a Gale il colpo di grazia: l’adolescente scoppiò a ridere e Prim sollevò le braccia in cenno di vittoria.

“Katniss Everdeen vince il primo round!” annunciò, sorridendo al broncio di Rory.

“Eri orrenda!” commentò Gale fra le risa, ancora intento a pensare alla smorfia di Katniss.

 “Scusa?” replicò la ragazza, impermalendosi.

Il giovane si limitò a stringersi nelle spalle – cosa che irritò Katniss ancora di più.

“Tocca a Vick” annunciò infine Gale, cedendo il posto al più piccolo fra i tre fratelli.

Vick rivolse un sorriso timido alla sua sfidante e incrociò le gambe sulla sedia, prima di trarre un grosso respiro. Al via di Prim incominciò a cercare di toccarsi la lingua con il naso, ma non ottenne alcun risultato. Rory gli suggerì qualcosa nell’orecchio, ma le due sorelle Everdeen contestarono quel gesto.

“Niente consigli a bassa voce!” ricordò l’arbitro, sistemandosi una treccia.

“Che noia…” borbottò Rory roteando gli occhi, prima di lasciarsi cadere sulla sedia.

Katniss canticchiò una vecchia canzoncina popolare che di solito faceva ridere sia Vick che Prim, ma il ragazzino si limitò a sorridere. A quel punto, la ragazza tentò con una seconda smorfia.

Gale scoppiò a ridere di gusto come poco prima, ma Vick riuscì miracolosamente a trattenersi.

“Possibile che tu sia l’unico a sbellicarti ogni volta che faccio una boccaccia?” commentò Katniss, visibilmente infastidita.

L’amico tornò a stringersi nelle spalle.

“Tu che fai le boccacce sei improbabile più o meno quanto lo è Sae la Zozza che si fa il bagno.”

Katniss non ribatté: in fondo Gale non aveva tutti i torti.

Tornò a concentrarsi sul piccolo Vick, che stava ancora sorridendo; era evidente che non avrebbe retto a lungo.

“Di’ qualche parola ridicola!” le suggerì Prim, abbassando il tono di voce.

“Niente consigli a bassa voce!” le ricordarono Rory e Gale all’unisono, ripetendo quello che la ragazzina aveva detto loro poco prima.

“Moffetta” azzardò Katniss, fissando Vick con fare serioso. “Macaco. Rory la puzzola.”

“Ehi!” si difese il mezzano fra i fratelli, tornando a mettere il broncio. “Smettetela di tirare in mezzo sempre…”

S’interruppe nell’accorgersi che Vick era scoppiato a ridere.

“Non vale!” si lamentò subito, mentre Prim annunciava la seconda vittoria di Katniss. “Ha parlato: nelle regole originali non si può parlare!”

“Anche Gale ha parlato, prima” gli ricordò Katniss, sorridendo al migliore amico con fare di sfida. “Credo che perderai la scommessa, Lince Hawthorne[2].” aggiunse, rivolta a lui.

Gale scosse la testa.

“Non cantar vittoria troppo presto” replicò, appoggiando le mani sulle spalle di Rory. “Noi Hawthorne abbiamo tenuto il meglio per la fine.”

Rory mise da parte il broncio e si sedette di fronte a Katniss, fissandola con aria decisa.

“Non hai scampo contro di me” commentò tronfio, soffiandosi sulle unghie.

“Lo vedremo” replicò la ragazza, prima di voltarsi verso Prim.

“Pronti… Partenza... Via!” annunciò la sorella minore, battendo le mani per incitarli.

Fin da subito, Rory diede prova di poter dare del filo da torcere a Katniss: suonò l’inno di Panem percuotendosi il sedere per scandire il ritmo, raccontò una barzelletta e si esibì nel repertorio di boccacce più vasto mai posseduto da un ragazzino di dieci anni.

Tuttavia, mentre i suoi fratelli e Prim erano ormai sull’orlo delle lacrime per via del troppo ridere, Katniss rimaneva impassibile. Anzi, sembrava quasi impegnata a riflettere, più che concentrata per non lasciarsi sfuggire qualche sorriso.

Improvvisamente, il suo sguardo si spostò verso Gale. Il giovane ricambiò confuso per una frazione di secondo, prima di reagire.

“Non vale guardarsi intorno” ricordò, battendo l’indice al centro del tavolo, per far tornare la sua attenzione su Rory. “Gli sfidanti devono fissarsi.”

“Ha ragione” concordò Prim, mordicchiandosi il labbro.

Katniss tornò a guardare il ragazzino, un lieve sorriso a piegarle le labbra.

Rory prese quella reazione come un cedimento, ma Gale, che conosceva le sue espressioni meglio di chiunque altro, – fatta eccezione probabilmente di Prim – incominciò a preoccuparsi.

Quando Katniss sorrideva a quel modo o si trovava nei boschi o aveva un piano; e casa Hawthorne non era di certo situata in mezzo a qualche radura.

Ne ebbe la conferma qualche istante più tardi, quando la ragazza rizzò la schiena e si portò le braccia sul petto, assumendo un’espressione arrogante.

“Non toccare le trappole o me le rompi: è pericoloso e poi sono delicate. Ci vogliono mani esperte per maneggiarle” pronunciò infine rivolta a Rory, inspessendo il tono di voce. “Come ti chiami?”

Gale scosse la testa con fare incredulo, gli occhi assottigliati per il fastidio.

Rory abbozzò un sorriso, riconoscendo all’istante la vittima dell’imitazione di Katniss.

“Rory Hawthorne al suo servizio, signora” rispose, facendo un inchino. La ragazza continuò a mantenere il cipiglio sfrontato di poco prima.

“Beh, Dory Pawthorne, il furto è punibile con la morte. O non l’hai mai sentito dire?”

“Dory Pawthorne[3]…” ripeté il ragazzino, allargando il suo sorriso.

Gale lo tirò all’indietro per il colletto della camicia.

“Se ti azzardi a perdere adesso non te la perdono…” minacciò, prima di freddare Katniss con uno sguardo.

“Begli ami da pesca, li hai fatti tu?” continuò imperterrita la ragazza, raccogliendo alcuni soldatini che Vick aveva lasciato sul tavolo. Esibì un’espressione critica e infine tornò a gonfiare il petto. “Beh, si può ancora migliorare” osservò, con il solito tono di voce spesso.

A quel punto, Rory non riuscì più a resistere. Scoppiò a ridere e batté i pugni sul tavolo, mentre le sorelle Everdeen sollevavano le braccia in cenno di vittoria.

“E Katniss vince!” annunciò fra le risa Prim, sorridendo a mo’ di scusa in direzione di Rory. “Mi dispiace, Dory Pawthorne!”

“Non ci credo” sbottò amareggiato Gale, scuotendo la testa. “Per la cronaca, non mi somigliavi per niente” aggiunse poi con calma, mettendosi a braccia conserte. Katniss lo imitò e il ragazzo si affrettò a sciogliere la postura, un lieve rossore ad accendere la sua espressione seccata.

“Intanto ho vinto la scommessa…” replicò la ragazza, alzandosi. I due adolescenti si fissarono per qualche istante, quasi si stessero studiando.

Una luce di consapevolezza si fece strada all’improvviso sul volto di Gale.

“Non hai vinto” ribatté infine, sorridendo con fare beffardo. “Non ancora” precisò, prima di sparire nella stanza a fianco.

Rory e Prim si scambiarono un’occhiata confusa, ma Katniss si affrettò a seguirlo.

“Non riesci proprio ad accettare di perdere, vero?” osservò, parlando attraverso la porta socchiusa.

“Perché, tu sì?” replicò il ragazzo dall’altra stanza.

“Gale!” esclamò ammonitoria Hazelle dalla camera da letto. “Ero quasi riuscita a farle prendere sonno!”

“Scusa, mamma, ma è una cosa importante” rispose l’adolescente, tornando in cucina; fra le sue braccia, la sorellina di due anni e mezzo si guardava attorno insonnolita.

“Evviva!” saltò su a quel punto Vick, correndo ad abbracciare la piccola. “Posy può salvarci!”

“Abbiamo detto fratelli, non sorelle!” ricordò loro Prim. “Questo è un colpo basso!”

“Mi dispiace, ma in questa casa non c’è tre senza quattro” esclamò Gale, tornando a sorridere malandrino.

“Ben detto!” concordò Rory, che come il padre aveva da sempre un ossessione per il numero 4. Quella cifra era sempre stata il portafortuna della famiglia Hawthorne: dopotutto, Joel Hawthorne aveva avuto quattro figli, tutti con nomi di quattro lettere.

“Non preoccuparti, Prim” mormorò Katniss alla sorella, tornando ad occupare il suo posto a capotavola. “Vorrà dire che batterò anche Posy.”

Gale fece sedere la bimba sulla sedia di fronte a quella di Katniss; Posy, che si era messa a tirare il cordino della sua felpa, rivolse un sorriso spaesato alle due sorelle Everdeen.

“Io gioco!” dichiarò entusiasta, prima di scuotere la testa immusonita e incrociare le braccia sul petto. “Non faccio la nanna!”

“Tu farai la nanna eccome, altrimenti i tuoi fratelli dovranno vedersela con me!” s’introdusse nel discorso Hazelle, parlando dalla stanza a fianco.

“Ehi, sorellina!” esclamò Rory, inginocchiandosi di fianco alla sedia di Posy. “Devi far ridere Katniss, okay? Fai tutte le cose che ti ho insegnato io.”

“Niente suggerimenti!” l’ammonì Prim, mentre accarezzava intenerita i capelli della piccola. “Avete già imbrogliato un po’ troppo.”

“Non abbiamo imbrogliato!” si lamentò Rory. Vick lo zittì posandosi l’indice sulle labbra e Gale fece cenno a Prim di dare inizio alla sfida.

“Pronti… Partenza… No, Posy, devi restare sulla sedia! Via!”

La bambina la ignorò. Scese a terra e sollevò le braccia per farsi prendere in braccio da Gale. L’adolescente la sollevò e prese posto sulla sua sedia.

“Guarda Katniss” le sussurrò in un orecchio, afferrandole le manine. “Falle le boccacce!”

“Tira fuori la lingua, Posy!” la incitò ancora Rory, mostrandole una linguaccia.

“Silenzio, voi due!” ripeté con un sorriso Prim, posandosi le mani sui fianchi.

Posy sorrise e mostrò la lingua a Katniss, ma la ragazza non si scompose se non per appoggiarsi i pollici sulle guance e fare marameo alla bambina; Gale fece del suo meglio per trattenersi dal ridere, consapevole che, sentendolo, Posy l’avrebbe imitato.

“Posy, fai la faccia triste! Non devi ridere, mi raccomando!” le ricordò Vick, tenendo d’occhio la sua reazione alle boccacce dell’avversaria.

“Ehi, Pos, fai la faccia da pesce lesso!” intervenne ancora Rory, catturando la sua attenzione.

“Ma che ne sa lei di com’è fatto un pesce lesso?” lo prese in giro Prim.

Rory roteò gli occhi.

“Fai una faccia buffa!” la incoraggiò ancora Gale, indicandole Katniss. Nel sentirlo parlare Posy si distrasse e si voltò verso di lui.

“Faccia buffa!” ripeté con un sorriso birichino, schiacciandogli le guance con le mani.

“No, non a me!”

“Posy, guarda Katniss!” tentò di convincerla Rory, mentre la bambina affondava il volto nella felpa del fratello più grande. “Ok, non guardarla adesso” si corresse poi, quando si accorse che la ragazza stava nuovamente esibendo la boccaccia di prima.

“Avevamo detto niente suggerimenti!” gli ricordò Katniss, mentre la piccola tornava a voltarsi verso di lei. Posy sorrise, indicandola con l’indice. Era evidente che fosse sul punto di scoppiare a ridere, così Gale si affrettò a distrarla.

“Dammi un bacio, Pos!”

La bambina si affrettò a ricoprirgli la guancia di baci umidicci, del tutto ignara dello sguardo ammonitorio di Katniss contro il fratello più grande.

“Se continuate a fare così mi toccherà eliminare Posy” ricordò loro Prim, sedendosi di fianco alla sorella.

I tre maschi si zittirono all’istante. Posy, che stava ancora sbaciucchiando il fratello maggiore, venne fatta voltare verso Katniss, affinché la guardasse.

Fu in quel momento che a Gale venne un illuminazione. Ricordò la mattinata precedente, trascorsa a tenere d’occhio i fratelli minori, e i giochi poco educati che Rory aveva tentato d’insegnare alla sorellina. Cercò di attirare l’attenzione del fratello e, quando Rory ricambiò il suo sguardo, sollevò un braccio e lo piegò all’altezza del gomito: il ragazzino capì all’istante.

“Pos…” sussurrò, prima di rivolgere un sorrisetto innocente a Prim.

Quando la sorellina si voltò verso di lui, si appoggiò le labbra al gomito.

Lo sguardo di Posy si illuminò. Con un sorriso allegro rivolto a Katniss, sollevò il braccio.

“Puzzetta!” dichiarò poi entusiasta, prima di appoggiare la bocca contro l’incavo del gomito: ne uscì una pernacchia sonora ma spezzettata, poiché la piccola doveva riprendere fiato in continuazione per far proseguire il rumore.

Per una frazione di secondo, Katniss rimase in silenzio, lo sguardo corrucciato per la concentrazione. Infine, cedette. Si mise a ridere, divertita dall’espressione birichina di Posy.

“Sì!”

Vick e Rory esultarono all’unisono, mentre Gale si sistemava la sorellina sulle spalle per festeggiare la sua vittoria.

“Cos’è che dicevi, Prim?” la beffeggiò, guardando tuttavia Katniss. “Che nessuno dei fratelli Hawthorne avrebbe battuto tua sorella?”

“Avete imbrogliato!” replicò la ragazzina, agitando la mano della bimba più piccola. “Come si fa a resistere a Posy?”

“Ho comunque battuto te…” gli ricordò Katniss, riesumando l’occhiata di sfida che gli aveva rivolto poco prima. “… Bale Hawthorpe.”

“Sarà, eppure alla fine ho vinto lo stesso…” replicò beffardo Gale, rivolgendole un sorriso sghembo. “… Mi dispiace, Catnip, ma ti ho fregata. Come sempre, d’altronde.”

“Questo è da vedere” ribatté la ragazza, dandogli un pugno contro la spalla. “E comunque non ti conviene fare lo spaccone con me: ricordati che riesco a mirare dritto all’occhio quando caccio gli scoiattoli. Se mi infastidisci, prima o poi potrei cercare di fare lo stesso con te.”

“Non se prima cadi in una delle mie trappole…” scherzò Gale, tirandole giocoso la treccia.

Katniss sbuffò.

“Possibile che tu debba sempre avere l’ultima parola? Quasi quasi ti preferisco quando sei silenzioso.”

“Ed io ti preferisco quando fai le boccacce” replicò il ragazzo, abbozzando un sorrisetto.

Questa volta, il pugno che Katniss gli diede alla spalla fu ben più pesante del precedente; era davvero difficile averla vinta con Gale e quella era probabilmente una delle cose che più la irritavano di lui. A consolarla era il fatto che lui avrebbe potuto dire lo stesso di lei. Erano entrambi testardi e competitivi fino al midollo e non potevano fare a meno di scontrarsi all’infinito quando si trovavano in disaccordo su qualcosa.

Forse, in fondo, era per quello che quando erano uniti formavano una così bella squadra.

Forse era per quello che non potevano funzionare in alcun modo se non insieme.

 

 

 

 

____________

 

 

Raccolta scritta per la challenge 5 volte + 1 sul cosmic ocean

. 

 

Il prompt per questa seconda storia storia era “Vincere/Vittoria”. Ho invertito il prompt n° 4 con il n°3 perché questa storia era già scritta! Il prima possibile andrò avanti con la stesura della storia sul prompt “Sole”. Grazie infinite alle tre persone che hanno recensito i precedenti capitoli. Spero che questo nuovo capitolo possa piacervi! È un po’ meno incentrato su Gale e Katniss rispetto ai precedenti, ma avevo un po’ nostalgia dei tre fratelli Hawthorne >.< Un abbraccio e buone feste!




[1] Riferimento alla storia “The Winner loses it all”: il nome ‘Vick’ significa vincitore/conquistatore.

[2] Riferimento a “Baby Lince” e a “Se tu mi addomestichi”, dove per via di una serie di cose, Gale viene soprannominato “Lince”.

[3] Ovviamente qui Katniss sta scimmiottando Gale che, durante il loro primo incontro, aveva capito “Catnip” invece di Katniss.

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Capitolo 4
*** 4. Sun ***


Cinque volte in cui Gale fregò Katniss

(e una in cui rimase irrimediabilmente fregato).

 

IV

Wait for Rain & Chase the Storm

 

«Dopo il bacio che sigilla l’unione, gli evviva e un brindisi con sidro di mele, il violinista attacca un motivo che fa girare ogni testa proveniente dal 12. Saremo anche stati il Distretto più piccolo e più povero di Panem, però sappiamo come si balla.»

Il Canto della Rivolta. Suzanne Collins

 

“Secondo me pioverà.”

Il sasso lanciato da Gale rimbalzò tre volte sulla superficie del lago, prima di affondare: un tiro un po’ fiacco.

“Non fare il guastafeste” ribatté Katniss, spingendolo di lato per tirare a sua volta. “Non c’è nemmeno uno straccio di nuvola.”

“Eppure pioverà, te lo dico io. Vuoi scommettere?”

Katniss lo guardò storto, mentre il suo sasso saltellava sull’acqua, disegnando cerchi concentrici: cinque balzi.

“Non ha mai piovuto durante la festa del solstizio d’estate” replicò, passando una manciata di pietre all’amico. “Ne sono certa, ci vado da quando a stento sapevo reggermi in piedi.”

“Una volta ha piovuto…” rivelò Gale, sorridendo appena al ricordo. “… Ma è passato un sacco di tempo, probabilmente eri troppo piccola per ricordarlo.”

Katniss roteò gli occhi, esasperata dalla sua insistenza. Siccome Gale non accennava a lanciare i suoi sassi glieli sfilò di mano.

“Non m’importa di quello che è successo una volta: oggi non pioverà. Passerò la serata a distruggermi i piedi ballando in piazza con mia sorella, come tutti gli anni. E tu te ne starai in disparte come sempre, a respingere le schiere di ammiratrici e immusonito perché avrai perso la scommessa.”

Gale la fissò di sottecchi, divertito.

“Non terrò il muso” la smentì, appoggiandosi con una spalla al tronco di un albero.

Katniss si voltò verso di lui.

“Ma sul resto ci ho azzeccato, vero?”

Gale continuò a sorridere, ma si limitò a scrollare le spalle. Raccolse un sassolino e se lo fece rimbalzare nella mano un paio di volte, prima di lanciarlo: sette saltelli. Non male.

“Rory è un sacco su di giri per questa storia della festa” rivelò, spostandosi per far tirare Katniss. “Ha promesso a Prim che farà coppia con lei nel giro di danze, ma è scoordinato come una mucca.”

“Anche Prim è emozionata…” rispose Katniss, ripensando con un sorriso alle guance accese della sorellina, mentre ripassavano assieme i passi di danza più complicati. “… Ormai balla quasi meglio di me: qualcosa mi dice che sarà lei a portare Rory.”

“Ma no…”

Il ragazzo scosse orgoglioso la testa.

“Vedrai che per stasera anche lui sarà un ballerino provetto: mamma gli sta dando lezioni.”

“Non potevi aiutarlo tu? In qualità di fratello maggiore glielo devi, no?”

Gale sorrise divertito.

“Io? Insegnare a mio fratello a ballare?”

La ragazza roteò gli occhi.

“Oh già, dimenticavo: sei troppo maschio per abbassarti a questo genere di sciocchezze.”

Questa volta fu Gale ad alzare gli occhi al cielo.

“Ma non è vero, in passato ballavo spesso alle feste del Distretto. Però avevo dodici, tredici anni…”

“Bugia” lo rimbeccò la ragazza, squadrandolo con aria di sfida. “L’hai fatto anche l’anno scorso: Prim e i tuoi fratelli possono testimoniare, abbiamo ballato tutti assieme.”

Un lampo di consapevolezza illuminò gli occhi del ragazzo.

“Me lo ricordo! È stato quando Vick…”

Non riuscì a continuare la frase, perché scoppiò a ridere.

 “… È andato a sbattere addosso a Rory ed è caduto faccia a terra” proseguì Katniss per lui, dandogli un pugno sulla spalla. “Non c’è niente da ridere, mia madre ha dovuto ricucirlo.”

“Anche lui ci aveva riso su” si difese il ragazzo, sollevando le mani in cenno di resa.

“Ad ogni modo, non mi pareva che te la cavassi male, quindi avresti benissimo potuto aiutare tuo fratello. Hazelle ha già tante di quelle cose da fare che una in meno avrebbe potuto farle comodo…”

Gale sospirò, prima di tornare a stringersi nelle spalle. Il suo sorriso si era assottigliato e sul suo volto era apparsa una sfumatura malinconica.

“Qualcosina mi ricordo: mio padre mi ha insegnato qualche passo quando ero piccolo” ammise dopo un po’, lo sguardo distante. “A lui ballare piaceva molto… Una volta avevamo addirittura una radio mezza rotta, di quelle a batterie: la domenica cercava una stazione che trasmettesse la musica jive e ballava con mamma fino a farle girare la testa.”

La nostalgia nello sguardo e nella voce del ragazzo era palpabile. Katniss avvertì una morsa di tristezza all’altezza del petto, contesa fra il dolore per la perdita di suo padre e quello provato da Gale.

La sua mano corse istintivamente a cercare quella dell’amico, ma prima che potesse raggiungerla Gale si staccò dall’albero, alimentando la distanza tra le loro dita.

“Tu non ti ricordi, Catnip…” esclamò, la malinconia del suo volto spazzata via all’improvviso da un’espressione vivace. “… Io avrò avuto quattro anni, ma mi è rimasto impresso: li ho visti assieme una volta, alla festa del solstizio d’estate. Tuo padre e il mio” il sorriso divertito che gli aveva accarezzato il volto quando si era ricordato della figuraccia di Vick tornò a fare capolino. “Sembravano ubriachi!”

Katniss inarcò le sopracciglia, sorridendo a sua volta.

 “Mio padre? Ubriaco?”

“Non lo erano per davvero” specificò il ragazzo, passandosi una mano sulla nuca. “Ubriacarsi costa troppo, adesso così come in quegli anni… Ma erano davvero su di giri. Ho quest’immagine in testa di loro due che si scambiano gomitate e ridacchiano come scemi. Poi hanno invitato a ballare le nostre madri… Era una danza di quelle classiche con gli uomini in una fila da una parte e le e donne dall’altra, ma loro quattro facevano un po’ di testa loro. Ridevano un sacco e, Catnip, non credo di aver mai visto tua madre sorridere così” aggiunse, con un’improvvisa nota di delicatezza nel tono di voce. “Erano davvero  felici.”

La morsa di dolore e nostalgia che Katniss aveva avvertito poco prima tornò. Gli occhi le si fecero lucidi e le sue guance minacciarono di bagnarsi quando, voltandosi verso di Gale, vide riflesso il suo stesso dolore. Lo vide inspirare con forza e serrare i pugni, l’allegria di poco prima completamente evaporata.

“Manca anche a me…” ammise in un sussurro la ragazza, posandogli una mano sull’avambraccio. “… Mio padre. Vorrei potermi ricordare anch’io di quella sera.”

Gale si riscosse: la nostalgica nel suo sguardo svanì.

“Devo andare” dichiarò all’improvviso, raccogliendo la bisaccia da terra. “Ho il bucato da consegnare prima di sera: se non mi sbrigo mia madre rimarrà indietro con il lavoro e non potrà venire alla festa.”

Katniss non si stupì della sua fretta improvvisa: la loro conversazione si stava facendo troppo malinconica e Gale non amava mostrarsi agli altri quando si sentiva fragile o abbattuto per qualcosa.

 “Ci becchiamo alla festa… E vedi di portarti una mantella se non vuoi bagnarti tutta.”

Il dispiacere di Katniss si sciolse in un lampo in risposta alla provocazione dell’amico.

“Non pioverà” ribatté secca, “Hai visto che sole? Non vedevo un cielo così limpido dall’anno scorso.”

Ma a risponderle fu solo il canto armonioso di un uccello: Gale se n’era già andato.

 

***

«La danza ci trasforma. […] Ci prendiamo per mano e formiamo un gigantesco cerchio che gira in tondo nel quale ognuno mette in mostra il suo gioco di gambe. Era tanto che non succedeva niente di frivolo, allegro o divertente. E potrebbe andare avanti tutta la notte.»

Il Canto della Rivolta. Suzanne Collins

 

L’assolo elegante di un violinista aveva annunciato l’apertura delle danze ormai da venti minuti.

Katniss si schermò gli occhi con una mano per gettare un’occhiata al sole ancora alto: faceva piuttosto caldo per essere una sera di giugno.

Lo sguardo irrequieto della ragazza passò in rassegna i volti degli adolescenti che chiacchieravano intorno alla piazza, per poi spostarsi sulla la schiera di ballerini disposti su due file. Individuò subito Rory e Prim, che ballavano in coppia uno di fronte all’altro. Il giovane Hawthorne sorrideva, ma anche a quella distanza Katniss poté notare l’impaccio con cui guidava sua sorella. Prim sembrava non badarci: rideva divertita, le guance arrossate per il gran muoversi e un brillio vivace negli occhi. Aveva messo il suo vestito più bello, quello avrebbe indossato anche l’anno seguente per la sua prima Mietitura, e sua madre le aveva raccolto i capelli con un fiocco. Era molto carina e Katniss non poté fare a meno di sorridere nel vederla così serena, nonostante l’inquietudine che l’aveva caratterizzata nell’ultimo periodo: era sempre nervosa prima della cerimonia di estrazione dei tributi. Lo era anche Katniss, ma le veniva difficile soffermarsi su pensieri tristi  guardando Rory e Prim ballare: erano complementari – lui così socievole e un po’ sbruffone, lei timida e dolce – e la loro chimica sarebbe risultata evidente anche a un estraneo. Le loro paure si dimezzavano quando trascorrevano del tempo assieme… Proprio come accadeva alle sue quando cacciava nei boschi con Gale.

Roteò gli occhi non appena i suoi pensieri si spostarono in direzione del migliore amico: Gale non c’era. Era l’unico Hawthorne che mancava all’appello, osservò, guardandosi nuovamente attorno: aveva individuato Vick  che ballava in coppia con la mamma, non molto distante da Rory e Prim, mentre Posy stava saltellando qua e là per la piazza, rubando sguardi inteneriti ai presenti.

E Gale?

Probabilmente, si disse, era ancora al Forno a vendere selvaggina. Non che gli convenisse: quella sera tre quarti buoni degli abitanti del Giacimento erano alla festa. O forse era semplicemente troppo testone per presentarsi e ammettere di aver perso la scommessa.

Sorrise, indirizzando un’occhiata complice al sole ormai  morente: qualche nuvola in effetti c’era, ma di pioggia neanche l’ombra.

Con un’ultima occhiata cauta al gruppo di adolescenti più vicino, Katniss si diresse verso la pista da ballo improvvisata.  Anche se Gale non sembrava in vena di farsi vivo avrebbe comunque trovato il modo di godersi la festa.

Aveva quasi raggiunto sua sorella, quando qualcuno l’afferrò per la spalla. Due ragazze, in apparenza poco più grandi di lei, la stavano fissando con aria imbarazzata.

“Scusa…” azzardò quella che l’aveva toccata: lei e l’amica si scambiarono un’occhiata.“… Non è che per caso sai dov’è Gale?”

La domanda la colse di sorpresa.  L’intera famiglia Hawthorne  era in piazza, quindi perché quelle ragazze erano venute a cercare lei e non Hazelle o uno dei suoi figli?

Una punta d’irritazione le inasprì lo sguardo.

E poi cosa volevano da Gale?

 “Non è ancora arrivato” si limitò a rispondere, lo sguardo cauto. “Non so nemmeno se verrà.”

Un velo di delusione mutò l’espressione delle due ragazze, che si scambiarono un’altra occhiata: non era stata molto d’aiuto.

 “Oh… Beh, grazie” si congedò l’unica delle due che aveva aperto bocca.

Osservandole allontanarsi, Katniss si sorprese a domandarsi come avrebbe reagito Gale se le ragazze fossero andate direttamente da lui.

Sapeva che il suo migliore amico riscuoteva parecchie interesse fra le sue coetanee: si capiva che le ragazze lo volevano da come bisbigliavano tra loro quando passava, a scuola[1].

Ciò che invece le sfuggiva era cosa pensasse lui di tutte quelle attenzioni.

E lei? Come si sarebbe sentita se Gale avesse invitato a ballare un’altra?

Qualcosa di umido le colpì una guancia, distogliendola da quei pensieri. Pochi secondi più tardi, la sua fronte subì lo stesso trattamento.

Katniss aggrottò le sopracciglia, sollevando lo sguardo. Un lampo si disegnò nel cielo, in direzione dei boschi. Pochi secondi più tardi arrivarono i primi tuoni e, infine, l’acqua.

Dapprima scesero solo poche gocce, talmente rade da poter perfino passare inosservate in mezzo a tutto quel ridere e ballare.

Poi, ci fu lo scroscio: la pioggia si rovesciò fastidiosa sui presenti, aumentando gradualmente d’intensità.

Katniss maledì a denti stretti quell’uccello del malaugurio del suo migliore amico. Se non altro faceva caldo, pensò fra sé, mentre Prim e Rory la raggiungevano ridacchiando, riparandosi sotto la giacca del ragazzino.

Una folata di vento incominciò a sballottare la pioggia, che si mise d’impegno per offuscare la vista ai ballerini in pista. La maggior parte della gente, comunque, non se ne curò.

Gli abitanti del Giacimento avevano ben poche occasioni per festeggiare e di certo non avrebbero permesso a qualcosa di insulso come la pioggia di rovinare uno di quei rari momenti.

Fu a quel punto, con tutta quella pioggia a turbinarle addosso, che lo vide.

Stava attraversando la piazza con andatura tranquilla, nonostante le spalle incurvate per difendersi dall’acquazzone.

Katniss non si stupì della sua improvvisa entrata in scena: in fondo, quel ragazzo portava il nome della tempesta[2].

L’osservò camminare dritto verso Posy, che gironzolava sotto il porticato del Palazzo di Giustizia con la lingua di fuori, nella speranza di riuscire ad accalappiarsi qualche goccia di pioggia anche al coperto.

Anche le due ragazze di prima sembravano essersi accorte del suo arrivo, perché affrettarono il passo per raggiungerlo.

Con grande sorpresa di Katniss, Gale si fermò a scambiare qualche parola con loro, ma non impiegò molto a congedarsi.

Diede le spalle alle giovani e tagliò per la piazza, camminando dalla parte opposta rispetto a dove aveva visto Posy poco prima.

Puntava verso di loro – Katniss, Rory e Prim.

Quando riuscì a raggiungerli, l’acquazzone stava già scemando: si era ridotto a una pioggerellina sottile, fastidiosa ma sopportabile.

Un po’ meno sopportabile, invece, era il sorrisetto compiaciuto  che arricciava le labbra di Gale.

“Hai visto, Catnip?” esclamò quando fu di fronte a lei, passandosi una mano fra i capelli fradici. “La pioggia è arrivata.”

Katniss lo fulminò con lo sguardo.

“Sei proprio una primadonna…” lo rimbeccò, scuotendo la testa. “…  Scommetto che stavi aspettando le prime gocce per fare un’entrata a effetto.”

“E tu invece chi stavi aspettando?” ribatté il ragazzo, mettendosi a braccia conserte. “Avevo capito che non appena arrivata in piazza ti saresti subito fiondata in pista. Non dicevi che avresti ballato fino a distruggerti i piedi, eccetera eccetera?”

Ancora una volta, Katniss lo guardò storto; eppure, dentro di sé si sorprese ad avvertire una punta d’imbarazzo.

Di certo non poteva negare di aver esitato fino all’ultimo, prima di raggiungere sua sorella in pista.

Stavo aspettando la tempesta, pensò rassegnata fra sé scuotendo la testa, come infastidita da quel pensiero.

“Tua madre mi ha chiesto di tenere d’occhio Posy” mentì poi, imitando la postura a braccia conserte dell’amico: di certo non gli avrebbe dato ulteriori occasioni per esibire quel sorrisetto sghembo.

Gale si passò una mano sulla nuca con sguardo pensoso.

“Vai a ballare” concluse, indicando la piazza con un cenno del capo. “È mia sorella, la guardo io. E comunque i bambini del Giacimento non hanno bisogno di balie: sanno cavarsela benissimo anche da soli.”

Katniss si mosse in direzione di Rory e Prim, che nel frattempo avevano ripreso a ballare; i maschi e le femmine in pista avevano di nuovo formato due file.

“Vieni anche tu” si sorprese a dire, tornando a voltarsi verso l’amico. “Questo ballo è uno dei più divertenti.”

“Vuoi fare coppia?” domandò Gale, sovrappensiero.

Katniss si strinse nelle spalle.

 “Se preferisci ballare con qualcun'altra basta chiedere” ribatté, indicando le due ragazze con cui aveva parlato poco prima. “Là c’è la fila.”

Gale la studiò con sguardo imperscrutabile per qualche istante. Ad un tratto, le sue dita si avvolsero intorno al polso di Katniss.

“Andiamo” la esortò, guidandola verso le altre coppie di ballerini.

Si sistemarono di fianco a Rory e Prim, che li salutarono con un sorriso vivace.

La pioggia solleticò entrambi, mentre posizionavano i palmi della mano destra l’uno di fronte all’altro, senza tuttavia sfiorarsi.

Katniss e Gale incominciarono a girare in tondo, unendo gli sguardi. Gli anni precedenti, quando si erano trovati a ballare assieme quel pezzo, non avevano resistito più di un minuto prima di  incominciare a scherzarci sopra. Era un ballo troppo elegante, troppo delicato – benché intenso, nella sua semplicità – , troppo antico, per non essere preso in giro.

Di solito finivano per piegarsi in due dalle risate ancor prima di arrivare a metà canzone, ma quella sera fu diverso.

Katniss non riusciva a ridere dello sguardo intenso di Gale, né della maniera in cui le loro mani coincidevano senza mai potersi toccare.

Perfino lui, che di solito era il primo a cercare di spezzare l’eleganza del momento dandole il cinque o scrutandola con aria  minacciosa per farla ridere, sembrava interessato a sabotare il ballo.

I loro palmi si sfiorarono, per via di un calcolo errato, e Katniss si sorprese ad arrossire.

Non seppe spiegarsi quella reazione: lei e Gale avevano sbagliato quella danza tante di quelle volte che ormai avrebbe dovuto conoscere a memoria la sensazione tratta dal contatto con le sue mani.

Eppure quella sera stava scaturendo qualcosa di insolito dalla loro vicinanza. Era diverso, strano eppure piacevole, sentirsi addosso lo sguardo attento di Gale: in fondo era raro che lui rivolgesse a qualcuno di estraneo alla sua famiglia la sua completa attenzione. In quel momento, tuttavia,  sembrava non avere altro per la testa al di fuori di lei e delle loro mani, che continuavano a sfiorarsi per errore.

E poi Gale la sorprese ancora una volta, attirandola a sé per farle fare una giravolta.

Lo stomaco di Katniss accompagnò la mossa  con una capriola, mentre la ragazza si aggrappava a lui per non cadere.

Gale sorrise, divertito dalla sua reazione.   
L’amica accentuò la presa sulle sue spalle per fargli male, infastidita dal suo ghigno, ma il ragazzo finse di non badarci. Continuò a portarla, godendosi il frescore della pioggia che ancora
scivolava sui loro volti per poi farli rabbrividire, insinuandosi nei vestiti.

La stessa pioggia testarda che quella sera aveva deciso di fare a pugni con il sole, ingannandolo, così come Gale aveva raggirato Katniss

Ben presto anche la ragazza mise da parte il cipiglio irritato per godersi il momento. La canzone si era ormai conclusa, ma l’orchestra ne suonò un’altra e poi una successiva, affatto scoraggiata dal maltempo.

Quando la pioggia tornò a inspessirsi, Katniss e Gale erano ancora lì che ballavano. Ogni tanto qualche goccia cadeva loro negli occhi e allora sbattevano le palpebre e ridevano, scambiandosi occhiate divertite.

Katniss credeva a stento alla serenità che stava provando, così distante dal malumore cronico che di norma la caratterizzava ovunque, fuori dai boschi. Eppure, era incappata in uno di quei momenti in cui tutto sembrava funzionare per il meglio: stava ballando assieme al suo migliore amico, sua sorella ridacchiava felice poco distante e la sua gente si divertiva e scherzava, dimentiche almeno per una sera delle condizioni di vita difficili e delle Mietiture imminenti. Poco importava se a casa li attendeva una cena magra e, l’indomani a quell’ora, sarebbero stati tutti in miniera. In quel momento si rideva e basta.

Intanto, il sole era ormai svanito e i tuoni in lontananza si mescolavano alla musica,  facendo rabbrividire Katniss.

Eppure, non aveva paura: si mise a ridere, lasciandosi avvolgere dal braccio di Gale.

Aveva perso una scommessa, ma andava bene così.

La pioggia aveva diluito il sole fino a farlo sparire, eppure  non le importava più di tanto.

 Perché quella sera si era resa conto che preferiva ballare con la tempesta.

 

«Because at the end of the day
you wait for rain and I chase the storm.
»

You Wait for Rain. Kyler England

 

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Il ballo in cui si cimentano Gale Katniss è ispirato a questa scena della serie TV The Vampire Diaries.

 

Ed ecco qui la storia sul prompt “Sole/Solare” anche se la storia ci azzecca proprio poco con il prompt in questione… Pazienza (!)

Purtroppo quando scrivo una raccolta ho la stupidissima tendenza a incominciare con capitoli corti e a dilungarmi più vado in là con i capitoli, e quest’ultima parte chilometrica. Mi scoccia tantissimo non riuscire a essere omogenea, ma credo che sia dovuto al fatto che a forza di scrivere su determinati personaggi la caratterizzazione si arricchisce e quindi ci sono sempre più cose da dire… No, non è vero, semplicemente non so essere sintetica >.<

So che le storie lunghe le detestano tutti, ma alla fine ho deciso di lasciare così questa storia, tanto difficilmente qualcuno la leggerà al di fuori delle due persone tanto carine che hanno recensito gli ultimi capitoli (e a loro chiedo profondamente scusa! Spero che mi perdonino sia il ritardo che la lunghezza spropositata). Volevo pubblicare domani perché è il mio compleanno e mi sarei coccolata volentieri Gale proprio quel giorno, ma poi mi sono resa conto che non avrei sicuramente avuto il tempo, così ho anticipato un pochettino. Ma Gale domani vedrò di coccolarmelo comunque u_U

Spero di riuscire a scrivere i due capitoli che mancano al più presto!

 

 

 

 

 



[1] Questo passaggio è una citazione tratta da una delle primissime pagine di Hunger Games.

[2] Gale significa “tempesta, burrasca, vento molto forte”.

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