Dragon Hall

di pelelen_moon6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dragon Hall

Prologo

La bambina si appoggiò pensierosa al davanzale della finestra. Era dura vivere segregati. Alzò lentamente gli occhi violacei verso il cielo coperto di nuvole dell’isola. Non aveva mai visto le stelle dal vivo. Aveva sempre saputo che a separarle c’era una cupola. E non una cupola qualunque, la cupola. Non si poteva né uscire né entrare nell’Isola degli Sperduti. E lei voleva nuotare nelle acque cristalline del mare di Auradon, sentire il sole direttamente sulla sua pelle, cambiare aria.

Ma non era mai stato possibile. E mai lo sarebbe stato. Era destinata a rimanere l’aiutante di sua madre. In tutto e per tutto. La bimba sospirò.

Si chiamava Shell, un nome scelto non a caso, visto il suo significato. Conchiglia. Poteva sembrare un nome così delicato e poetico, ma c’era ben altro sotto. Sua madre l’aveva chiamata come la cosa a cui teneva di più. La sua conchiglia.

Shell sapeva di non avere nemmeno un posticino, remoto o insignificante che fosse, nel cuore di sua madre. Lei non doveva esserci. Ecco perché era sempre rimasta nascosta agli occhi di tutti. Non aveva mai messo un piede fuori dalla dimora pericolante in cui viveva. Si sentiva come una certa principessa dai lunghissimi capelli biondi che era rimasta per diciotto anni chiusa in una torre.

Ma in fondo era solo una bambina. E non avrebbe avuto a che fare con principesse. Per ora.

Sua madre era la più potente strega del mare che si fosse mai vista prima d’ora. Ursula.

Aveva tentato di distruggere la vita di una sirenetta insignificante rubandole la splendida voce, ma aveva fallito. Shell strinse le manine in due piccoli pugni. Lei non avrebbe fallito. Sarebbe stata più cattiva di sua madre. Più cattiva di Grimilde. Più cattiva di Crudelia. Forse più cattiva di Malefica. Se solo non fosse restata prigioniera per il resto della sua vita. I suoi occhi viola lampeggiarono.

Però aveva solo sei anni. E già una voce da togliere il fiato.

Fece scorrere la mano abbronzata sulla conchiglia dorata che aveva al collo e la sentì risplendere sotto il suo tocco. Un sorrisetto maligno le invase il volto. Era fiera di indossare quella collana. Gli occhi le brillarono ancora di più.

In lontananza vedeva un’altra isola. Più grande, più maestosa , più ricca di quella in cui viveva.

Era sicura che un giorno l’avrebbe raggiunta. Conquistata. Controllata.

E si sarebbe preparata ogni giorno che sarebbe venuto. Anche se il suo destino era quello di rimanere rinchiusa lì per sempre. Doveva soltanto attendere. Avere pazienza. E tutto si sarebbe sistemato.

Non avrebbe deluso nessuno. E avrebbe preso il posto di Malefica, un giorno. Il suo nome non le faceva paura. lo trovava normale. L’essenza della malvagità non poteva non avere che quel nome. Era fin troppo scontato.

Sua madre sarebbe stata fiera di lei.

Shell si voltò ancora verso la luna, non preoccupandosi se qualcuno poteva vederla. Soltanto un minuto e sarebbe rientrata.

Si chiese com’era la vita fuori da casa sua. Fuori da quell’alto palazzo fatiscente, rivestito di carta da parati orrenda e scrostata, lampadari rotti e cimeli sottomarini. La sua cameretta era un buco. C’era pochissimo spazio, quello che bastava era per la finestra, lei e il letto. Nonostante tutto si poteva ancora camminare. Un quadrato microscopico di casa. Ecco la definizione.

Si chiese poi com’era parlare con qualcuno all’infuori di sua madre e delle murene. Com’era conoscere una persona. Com’era rispondere a domande diverse da “Sei stata abbastanza malvagia oggi?” o “Non sei uscita di casa tutto il giorno, giusto?” se avesse dato la risposta sbagliata la vasca delle murene l’avrebbe accolta. Flotsam e Jetsam, le orribili murene di sua madre, non vedevano l’ora di un pasto prelibato. E lei aveva sempre odiato dar loro da mangiare. Arrivava in cameretta fradicia, reduce da una serata di sgridate, spesso dettate dal nervosismo di Ursula, e si metteva subito a dormire. Spesso al freddo, vista la mancanza di coperte calde.

Un giorno tutto questo diventerà un ricordo lontano. Si diceva sempre la bimba.

Sì, tutto sarebbe cambiato molto, molto presto.

Doveva solo riuscire ad uscire da quel posto. Poi avrebbe dato sfogo alla sua malvagità. E riempito il suo cuore oscuro di azioni terribili.
Si sarebbe vendicata di quella sirena canterina e di chi aveva ridotto così sua madre, innanzitutto. Poi avrebbe distrutto qualunque cosa e chiunque si fosse frapposto tra lei e la sua ascesa al potere.

Era ambiziosa la piccola.

Si scostò dal viso le ciocche ribelli e castane. Le incorniciavano il viso abbronzato risaltando non poco. Aveva sentito che verso i dodici anni avrebbe avuto i primi cambiamenti di colore e non vedeva l’ora di sapere come sarebbero divenuti i suoi capelli. Per ora erano di un banale castano, come quelli di sua madre prima che diventasse, bè… quello che era. Era strano vedere una donna con le sembianze di una grossa piovra muoversi tra cattivi prettamente umani. Solo di aspetto e non di fatto, s’intende. Gli umani provavano amore. E l’amore era una cosa da stupidi, da deboli. Al solo pensiero Shell arricciò il naso, schifata.

Ma non odiava del tutto il luogo in cui viveva. Poteva essere sporco, terribile, pieno di gente insignificante e fastidiosa… però era pur sempre L’Isola degli Sperduti: la sua casa.

Shell rivolse lo sguardo verso l’orizzonte. Sempre se quello che vedeva era l’orizzonte. Chissà cosa c’era oltre Auradon. Chissà chi ci viveva… la sua attenzione poi fu attirata da una bambina poco lontano da casa sua. Era sul balcone del Castello delle Occasioni e fissava il cielo con aria truce. I brillanti boccoli viola cozzavano da morire con gli occhi verde acceso. Chi non poteva essere se non la figlia di Malefica?

Shell inizialmente pensò di rientrare in casa, per non farsi vedere, poi decise di restare. Tanto non si accorgerà di me. Si disse. L’ altra ragazzina sembrava così assorta nei suoi pensieri… e poi rivolse lo sguardo verso di lei. Shell trattenne il respiro. E l’altra le fece un cenno di saluto senza sorridere. Shell sollevò la mano timidamente e la agitò, così come aveva visto fare dalla bimba. E si scambiarono un sorriso. Ma di quelli che durano un secondo e niente più.

Era la prima persona che la vedeva oltre a sua madre. Le due bambine continuarono a restare ad osservare il cielo, fino a quando Shell non sentì la voce di sua madre obbligarla a rientrare. Lanciò un ultimo sguardo alla bimba ed entrò in casa.

Non sapeva che si sarebbero conosciute presto.

Le sarebbe piaciuto avere degli amici.




Angolo Autrice:)

Ciao a tutti!!
Per chi non mi conosce ancora sono Pelelen_Moon6, ma potete anche chiamarmi solo Moon:), adoro scrivere e sono quel tipo di fangirl seriale che molti di voi potrebbero conoscereXD
Per chi mi conosce già, invece, SONO TORNATA RAGAZZIIIIII!!!
(Sinceramente volevo tornare prima, ma quei BABBANI di professori non me lo permettono, vista la quantità di compiti e lezioni -.-')
E spero che questo ritorno riprenda nel migliore dei modi:) Questa storiella mi ronzava nella testolina già d un po' e quindi ho deciso di pubblicarla;) spero sia di vostro gradimento :D 
Bè, da Moon è tutto per ora! Spero che questo prologhino - ino vi sia piaciuto e... che recensiate lasciando una bella bandierina verde;) (ma queste sono solo speranze obv XD)
Buonanotte a tutti e ci si vede al prossimo capitolo!!!
Moon<3

       

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Capitolo 2
*** I ***


Capitolo I

Dieci anni dopo

Shell si svegliò bruscamente. Non aveva chiuso occhio tutta la notte e, proprio mentre si apprestava a fare un sonnellino, sua madre aveva urlato che era ora che lei andasse al lavoro. “Okay mamma.” Borbottò la sedicenne alzandosi in tutta fretta. Oggi vado a scuola! Fu il suo primo pensiero. Dopo pochi minuti aveva già legato i capelli castano/dorati con le punte fucsia acceso in una treccia laterale e si era anche truccata. Nulla che mascherasse le lentiggini da bambinetta, però. Indossò la collana sopra i suoi vestiti abituali: un giubbotto di pelle viola scuro, un top dorato ed una gonna viola e nera con un tocco d’oro. Shell poi, corse verso le scale e, senza guardare le murene affamate si lanciò giù dal corrimano. In fondo c’erano un paio di anfibi neri e dorati. Li indossò ed uscì con un sorrisetto malvagio sul volto. Buongiorno, mondo! Pensò subito osservando il viavai di gente fuori da casa sua. Decise che innanzitutto si sarebbe fermata a prendere qualcosa da mangiare, magari della frutta. Si avvicinò ad una bancarella ed afferrò senza farsi vedere una mela, che nascose sotto alla giacca. Si allontanò poi dal mercatino e si avviò verso un vicoletto buio e puzzolente. Non appena svoltò l’angolo iniziò a mangiare la mela. Non era il massimo, ma come primo pasto fuori porta poteva andare. La Dragon Hall non era lontana e Shell procedeva con calma, siccome era molto presto. Sua madre, un paio di giorni prima, aveva portato al preside, il Dottor Facilier, i suoi documenti per l’iscrizione. Ora lei doveva solo scegliere i corsi. Sempre se sua madre non avesse fatto di testa sua, ovvio. La ragazza sospirò rumorosamente e tirò un calcio ad un sasso sulla strada. Quello rotolò poco più lontano e Shell lo rincorse, calciandolo di nuovo. La scenetta durò un paio di minuti, fino a quando il sasso non finì in un posto dove difficilmente avrebbe potuto colpirlo nuovamente (Non poteva di certo dare un calcio alla tazzina di caffè di un barbone seduto sul bordo della strada!). Sperò che il tizio non lo ingoiasse, comunque.

Ogni passo che faceva era verso la Dragon Hall. La scuola. Il suo nuovo viaggio.
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Quella mattina Mal si era svegliata abbastanza di buonumore. O perlomeno, di buonumore malvagio. La ragazza percorreva il vialetto con gli occhi verdi che saettavano da una parte all’altra della strada, cercando qualcosa da rubare. Nulla di nuovo. Fu il suo pensiero. Fu affiancata presto da un’altra ragazza dai lucidi e boccolosi capelli blu ed i brillanti occhi castani. “Ehi Mal” fece quest’ultima con un sorriso. La viola, in un primo momento, parve ignorarla. Ma poi abbozzò un sorriso e rispose al saluto. “Evie.” Disse solo guardandola. “Ho sentito che oggi avremo una nuova compagna di classe!” cinguettò la blu, allegramente. “Interessante.” Mormorò la figlia di Malefica aggrottando le sopracciglia. “L’ultima volta che è arrivato qualcuno di nuovo ho tentato di farlo fuori…” Mal tossì, cercando di coprire la frase che aveva detto. Evie la guardò male, ma poi sorrise. “Hai visto Jay?” continuò la viola. “No… Credo non sia nemmeno uscito di casa.” Rispose la figlia della Regina Cattiva, facendo spallucce. Le due ragazze si incamminarono parlando fitto. Chissà se la nuova compagna era malvagia come loro.
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Shell entrò nell’enorme edificio in fondo alla strada. Era abbastanza tesa. Mentre attraversava il corridoio poteva chiaramente vedere gente che la guardava attentamente, altri che facevano commenti di ogni tipo e chi, semplicemente, la ignorava. Lei decise di ignorare tutti a prescindere e di andare verso l’ufficio del preside. Dopo aver girellato per i corridoi lo trovò e bussò alla porta. “Avanti!” gracchiò la voce del Dottor Facilier. Shell aprì la porta. La figura altissima e scheletrica del professore era identica alle immagini che vedeva sui libri, solo che l’uomo era anche abbastanza invecchiato. “Salve, sono Shell, la figlia di Ursula. Oggi è il mio primo giorno.” Mormorò la ragazza, stringendosi la collana per il nervosismo. “Mi ci vorrà solo un secondo e ti consegnerò l’orario. Poi potrai andare. Ah… e se c’è qualcosa che desideri modificare mi trovi qui.” L’uomo le porse un foglio con scritto l’orario delle lezioni e la fece uscire in fretta.

Shell doveva ammettere che l’ufficio del preside era inquietante. Era pieno di cimeli voodoo e un sacco di gingilli per la magia. Lei non credeva a tutte quelle cose, ma un cattivo è libero di avere un suo stile. La ragazza si incamminò verso l’aula della sua prima lezione. Si fermò di fronte alla porta, bussando rumorosamente. La porta si socchiuse e Lady Tremaine, altrimenti conosciuta come matrigna di Cenerentola, la fece entrare stiracchiando le labbra. Si sistemò la crocchia argentata e socchiuse gli occhi grigiastri puntandoli sulla classe. “Questa è la vostra nuova compagna, Shell. Vi consiglio di non farla arrabbiare: sua madre è Ursula.” La donna guardò ammirata Shell e le indicò un posto in fondo alla classe. La ragazza notò altri posti vuoti ma si diresse comunque dove le aveva indicato la professoressa. A stento vedeva la lavagna, ma quello non era un problema. Più che altro aveva preso in considerazione le espressioni di alcuni compagni che l’avevano squadrata da cima a fondo cercando qualcosa da rubare. Non che questo la preoccupasse… ma il problema era la sua altezza. In effetti Shell non era quell’esemplare di ragazza che supera i maschi al primo anno… no. Arrivava appena al mento di sua madre. Ma sua madre era mezza piovra. Ed una piovra davvero gigantesca. Alta (o meglio, bassa) così non sarebbe riuscita a raggiungere facilmente oggetti sopraelevati. Ma ora era meglio sorvolare. Si concentrò dapprima su quello che la professoressa stava spiegando e poi sui ragazzi che aveva seduti a fianco, uno per lato.

Alla sua sinistra sedeva una ragazza dai lunghi capelli mossi e blu. Non riusciva a vedere chiaramente il suo volto, a causa della posizione della blu, con il viso coperto quasi per metà dai boccoli lucidi. Gli occhi (o  perlomeno quel poco che riusciva ad intravedere) erano scuri e brillanti, il naso perfetto e le labbra rosee: era la ragazza più bella che avesse mai visto, non che lei se ne intendesse di ragazze, soprattutto perché portava tutto questo con disinvoltura, senza scostarsi i capelli ogni tre per due e senza sbattere le ciglia. Rimase a guardarla di sottecchi per qualche minuto, fino a quando la diretta interessata non si voltò verso di lei e le sorrise. “Evie, figlia della Regina Cattiva.” Pure la sua voce era dolce ed allegra. Shell guardò la mano che la blu le tendeva e le sventolava sotto al naso e la strinse come poteva, senza farsi vedere dalla prof. “Shell, figlia di Ursula.” Rispose tentando pure lei di sorridere un po’. Cerca di sembrare amichevole. Le aveva detto sua madre. Così capirai chi potrai fregare e chi no. E Shell cercava di seguire abbastanza bene il suo consiglio. Evie continuava a sorriderle e la castana si decise a ricambiare. “Forti i tuoi capelli.” Esordì la figlia di Grimilde indicando la parte finale della sua treccia, quella che sfumava verso il magenta. “Grazie…” borbottò a stento l’altra, sfiorandosi il punto prima indicato da Evie. Si voltò poi verso la lavagna, cercando di capire qualcosa della spiegazione. Impresa piuttosto ardua vista la sua situazione.

Non si accorse subito del ragazzo seduto a destra, siccome cercava di concentrarsi sulla lezione. Ma non appena si voltò cercò di capire vicino a chi era capitata. Okay, una era la reginetta di bellezza di turno che, per ora, non si vantava. L’altro era un tipo strano. Shell non riuscì a trovare un aggettivo più adatto per descrivere il ragazzo a fianco a lei. Tutto ciò che indossava era sul rosso, sul bianco e sul nero. In particolare sul bianco e sul nero, constatò. Perfino i capelli erano ricci e neri (o castano scuro?) alla radice con le punte che schiarivano verso il bianco. Ma non quella specie di biondo chiarissimo, quello era proprio bianco. La figlia di Ursula cominciò a chiedersi se il tizio era albino solo in parte ma ci rinunciò dopo pochi minuti. Il ragazzo stava chino su una stramba scatoletta nera ricolma di fili e cavi di vario genere, cosa che rendeva molto difficile alla ragazza il vedere il suo viso. Come se avesse capito che lo stava osservando, questi sollevò per un attimo lo sguardo dal suo marchingegno e sgranò gli occhi alla vista di Shell. La prima cosa che notò quest’ultima erano le lentiggini che cospargevano quasi completamente il volto del ragazzo, come se qualche bambino si fosse divertito a disegnargliele poco tempo prima. Poi vide gli occhi, puntati nei suoi, di un castano caldo e che non sembravano appartenere per nulla ad un cattivo. O meglio, ad un figlio di un cattivo. Lo sguardo del ragazzo stava iniziando a farla sentire a disagio: Shell odiava essere osservata. Inarcò un sopracciglio, quasi per avvertirlo e poi si voltò, controllando di tanto in tanto se continuava ad osservarla. Dopo quasi una decina di controlli la ragazza sbuffò sonoramente. Evie si sporse leggermente per vedere il tipo strano e lo guardò in cagnesco, muovendo una mano su e giù come a testare se fosse vivo. Shell si voltò e notò che il ragazzo era tornato a lavorare al suo marchingegno. “Scusa se ti disturbo Evie,” attaccò la castana, cercando di non farsi beccare. “Ma chi è quello?” e con la testa indicò il suo vicino di banco. “Oh, quello è Carlos, il figlio di Crudelia. E’ un po’ strano all’inizio, non ti preoccupare. Però è simpatico.” Evie fece spallucce e tornò ad osservare il suo astuccio. O meglio, lo specchio che aveva nascosto nell’astuccio. Shell sgranò gli occhi e si impose di concentrarsi sulla lezione, senza cedere a distrazioni di qualsiasi genere.

Quando la campanella si decise a suonare Shell ringraziò mentalmente il cielo per aver messo fine a quel supplizio. Ora doveva soltanto reggere qualche altra ora e poi sarebbe tornata a casa. Si alzò dal suo posto e seguì l’enorme massa di studenti cercando di mantenere le distanze, ma una ragazza fu più veloce di lei. Questa le si parò davanti con un sorrisetto malvagio che non la convinceva per niente, scostandosi dal viso i capelli violacei e socchiudendo gli occhi verdi. “Guarda guarda cosa abbiamo qui… la nuova arrivata!” trillò mentre la sua voce si alzava di un paio di toni e diventava piuttosto stridula. “A chi devo l’onore?” borbottò Shell puntando gli occhi viola in quelli verde acceso dell’altra. “Mal, figlia di Malefica. Qui sei l’unica che non mi conosce!” esclamò l’altra sorridendo ancora. Si vedeva lontano un miglio che stava fingendo. “Finalmente riesco a conoscere questa Mal di cui tutti parlano!” questa volta la voce di Shell aveva un’impercettibile nota di scherno nei confronti della figlia di Malefica, quasi a dirle “stai tranquilla che presto gli altri si scorderanno della tua esistenza”. La risata della viola giunse alle orecchie della figlia di Ursula quasi come un avvertimento. Ma lei cercò di ignorare il suo tono. All’improvviso un ragazzo alto e molto muscoloso si avvicinò a Mal e si voltò verso Shell. “Ah, quindi sei tu quella nuova.” Borbottò spostandosi i capelli lunghi e bruni che gli erano scivolati sulle spalle. “Jay! Ma dove eri finito?” la voce della figlia di Malefica era davvero fastidiosa a volte, doveva ammetterlo. “Siamo in ritardo per la prossima ora! Perfetto, come sempre!” Jay si incamminò verso la porta e Mal lo seguì “Piacere di averti conosciuta conchiglia.” Disse ridacchiando ad una Shell incredula. “Ma chi si crede di essere?!” sbottò la castana, voltandosi verso Evie e Carlos. “Consiglio personale, non fartela nemica.” Sussurrò il ragazzo sgranando gli occhi nocciola. “Carlos ha ragione. Ha tentato di farmi fuori.” Continuò Evie, completamente tranquilla. “Però ora siamo amiche.” Si affrettò a concludere la blu. Shell sollevò un sopracciglio leggermente infastidita e quasi non si accorse di essere arrivata in classe. Si diresse verso gli ultimi banchi e lasciò che i due ragazzi le si sedessero accanto. L’insegnante non era ancora arrivata, perciò la classe era un guazzabuglio totale. “Madre Gothel ci mette sempre un sacco e spesso e volentieri perdiamo mezz’ora di lezione.” Sbuffò Evie alla quale, nonostante tutto, la scuola non pesava. “Perfetto… questo casino durerà ancora per molto?” disse Shell roteando gli occhi. “Un quarto d’ora circa.” Carlos era ancora chino sul suo marchingegno e la figlia di Ursula cercò di capire di che cosa si trattava. Era una piccola scatoletta nera ricolma di cavi e fili di ogni genere, una cosa mai vista prima, insomma. “Cos’è quello?” si affrettò a chiedere, incuriosita, ma cercando di non darlo a vedere. “Una macchina a cui sto lavorando.” Sussurrò l’altro, sollevando appena gli occhi per guardare Shell. “Posso vedere?” La castana strinse gli occhi, non demordeva. “Bè, qui a scuola potrei far saltare qualcosa…” cercò di sviare il figlio di Crudelia De Vil, abbassando lo sguardo. “Bè, vorrà dire che lo scoprirò da sola.” Shell aggrottò le sopracciglia, come faceva quando stava pensando e si voltò. Madre Gothel era entrata in modo assolutamente plateale, facendo subito calare il silenzio nella classe. Perfino la chiassosa Harriet Hook non osò più aprire bocca. Shell si sistemò sulla sedia, a disagio. Tutto quel silenzio (non che lei odiasse il silenzio, sia chiaro) le dava quasi fastidio.

Fortunatamente la lezione terminò in fretta.

Sapeva che tutto sarebbe stato tremendamente complicato.

E lei adorava le cose difficili.    



angolo autrice:)

Salve a tutti bella gente!
Come va? Siamo in periodo holiday, quindi spero abbastanza bene;)
Allora, prima di andare a parlare del capitolo ringrazio per le 52 visualizzazioni!! Siete fantastici ragazzi!! Non ne avevo mai ricevute così tante in così poco tempo!! Non sapete quanto mi rendete felice!!
:D
Poi bè, parliamo del capitolo. Non mi convince granchè se devo essere sincera, spero comunque di ricevere qualche recensione per accertarmi se è venuto bene o meno;)
Bè, detto questo! Vi auguro un buon Natale e un buon anno carico di buoni propositi;)
E noi ci rivediamo al prossimo capitolo!!
Un bacione spaziale
Moon<3




 

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