Cliché

di _Wonderwall_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
 
 
Questa storia racconta la mia vita.
Racconta di come io sia stata spaventata il primo giorno di liceo, di come sia riuscita a trovare solo un’amica con cui condividere tutti i miei segreti, racconta di come abbia iniziato ad odiare il colore rosa (in realtà non c’è una vera storia per questo, ma volevo aggiungerlo perché credo che quel colore sia davvero rivoltante), racconta di come io abbia affrontato tutti gli anni delle superiori e di tante altre cose che scoprirete con il tempo.
Comunque, dovete sapere qualcosa di importante prima di continuare a leggere: la mia vita è un eterno cliché. Quindi, di conseguenza, questa storia sarà un enorme, gigantesco cliché.
 
Sono Alexandra Roxanne Greco, altrimenti chiamata Alex da tutta la mia famiglia e da tutti coloro che mi conosco anche perché, all’infuori della mia classe, nessuno conosce il mio nome intero. Perché?
Beh, primo di tutto trovo assolutamente ridicolo avere un nome inglese, considerando che entrambi i miei genitori sono italiani così convinti che non mancano di ricordarlo in ogni occasione possibile. Ma ovviamente quando il loro meraviglioso amore è sbocciato l’Italia sembrava troppo piccola per i loro sogni e quindi hanno preso pacchi e pacchetti, e almeno venti chili di cibo, e sono partiti per la meravigliosa Inghilterra, atterrando a Brighton e stabilendosi lì per poi cominciare a proliferare e mettere su una famiglia di ben cinque, cinque, persone. Ovviamente esclusi i genitori.
Ed ovviamente hanno preso la mania di cercare di dare più nomi possibili ai loro poveri figli. Sai com’è, sono sempre state persone indecise. E poi a partire dal terzo figlio ci avevano preso gusto e avevano indetto una gara. Forse speravano di entrare nel guinness dei primati, peccato che cinque nomi non fossero abbastanza.
Non vi sembra ironico? Cinque figli di cui l’ultimo aveva cinque nomi.
Sì, bhe, divertente, ma andiamo avanti.
Ho diciassette anni e frequento il penultimo anno nella scuola superiore di indirizzo scientifico. Sì, sono una persona razionale e lucida, che basa la sua vita sulle teorie di fisica e i problemi matematici. Quando ordino il pane presento sempre un’equazione al povero panettiere che, oramai, non mi sopporta più. Non è mai stato una cima con i calcoli.
No, ok, basta stronzate. Sono sì, davvero interessata alle materie scientifiche, tanto che sogno di diventare un cardiochirurgo, ma la definizione ‘con i piedi per terra’  è quella che meno mi rappresenta. Il mio più grande sogno fino ad un paio di anni fa, e ricordo che avevo quindici anni, era quello di diventare una famosa e rispettata attrice hollywoodiana con una vagonata di figli, come Brad e Angelina (e i miei genitori), e tanti di quei soldi da poter salvare il terzo mondo con il solo scopo di poter salvare il terzo mondo.
E sono seria, la beneficenza era uno dei problemi maggiori quando immaginavo la mia vita dopo dieci anni perché non ero mai in grado di scegliere a quale associazione regalare così tanti soldi da eliminare i loro problemi.
Poi, un giorno soleggiato del mio terzo anno di liceo la nuova professoressa di biologia ha fatto di me un futuro e promettente medico, si spera. Ma, nonostante passi i pomeriggi a fare ricerche su arterie, coronarie e infarti, la mia vena (tanto per restare in tema) romantica non si è mai esaurita.
Sembra che nella vita reale provi una violenta repulsione per tutto ciò che ha un minimo di dolcezza, ma mettetemi davanti ad un film, anche uno di quelli stupidi e scontati, e comincio a piangere come una fontana per ogni minimo evento triste. Anche quando muore una formica. Ho pianto guardando Hanna Montana The Movie. Per non parlare poi dei libri.
Ora, non prendetemi come una persona dalla lacrima facile perché non lo sono. Diciamo che piango come una persona normale. Quando non guardo i film. Di tutti i tipi, anche quelli comici, perché si sa che qualcosa di leggermente drammatico deve succedere.
Probabilmente mi sfogo con i problemi altrui (o meglio, di personaggi non esistenti) perché non voglio farlo con i miei.
Sì, beh, ogni tanto gioco ad Alex passione psicologa e mi diletto ad analizzare persino i miei sogni, oltre i comportamenti idioti dei miei fratelli, ma non credo sia una buona idea, il mio subconscio inventa cose strane. L’altra notte ho sognato due orsetti che correvano sotto un arcobaleno, abbastanza inquietante se ci penso ora.
Ritorniamo ai miei fratelli, io sono la fortunata terzogenita. Dico fortunata per un motivo ben preciso, ho avuto la fortuna di limitarmi a due nomi, come i miei fratelli maggiori. Provo pena per i più piccoli.
I miei genitori si sono dati da fare abbastanza in fretta e abbastanza velocemente. A ventuno anni mia madre, Mariana Draghi in Greco, insieme a quel santo uomo di mio padre, Luca Greco, ha dato alla luce Marie Karen, in questo momento ventenne impegnata in un apprendistato in una casa editrice londinese. Dopo la prima figlia si sono presi una pausa di un paio di anni per poi inaugurare la nascita di Robert Mattew, un solo anno più grande della sottoscritta, frequentante lo stesso liceo e con la camera maledettamente troppo vicina. Si scopriranno altri particolari andando più avanti. Dopo la mia gloriosa nascita è arrivato un altro maschietto, Daniel Patrick Andrew, dodici anni, uragano senza un obbiettivo nella vita se non quello di rompere le scatole alla sottoscritta e al fratello maggiore ancora in casa. Evito di dire che quando Marie torna a casa si trasforma in un angioletto ubbidiente. Dopo di lui tutti credevamo che l’eredità dei Greco si sarebbe fermata invece, soli tre anni fa mia madre entra in casa annunciando a gran voce che avremmo presto una sorellina. Ed è così che si è aggiunta alla famiglia Grace Cloe Emily Alice Cecilia, comunemente chiamata Grace, la ragazzina più dolce sulla faccia della terra. La mia preferita, senza alcun dubbio, forse perché ancora non ha imparato abbastanza parole per rompere le scatole.
Viviamo in una casa enorme, doveva pur esserlo per contenere tutti questi membri, nella parte più lontana dal centro di questa città.
Quindi ricapitolando, mi chiamo Alex, ho diciassette anni e frequento la scuola superiore scientifica nella città inglese di Brighton, nonostante il mio sangue sia al cento per cento italiano, ho una famiglia numerosa quasi come i Weasley (ed è tutto dire) e una migliore amica che allieta le mie giornate, nonostante non frequenti la mia stessa classe.
Lei, Ronnie Smith, è una con la vena artistica. Okay, forse dovrei smetterla di parlare di vene e correlati ogni volta che ne ho l’occasione.
Ora, mi sembra lecito chiedere, come vi immaginate che io sia? Fisico da modella coperto sotto larghe felpe e jeans sformati? Capelli biondi e lucenti che arrivano fino alla vita e che fanno morire di invidia tutte le ragazze che incrociano il mio cammino? Viso dalla pelle perfetta e perfettamente proporzionato, occhi grandi e di un celeste limpido magari nascosti da un paio di occhiali che mi rendono ancora più sexy, labbra disegnate, naso piccolino?
Beh, riavvolgete il nastro. Ok che la mia vita è come quella dei film, ma adesso esageriamo troppo. Avete presente le sfigate nella realtà? Beh, non sono poi così meravigliose.
Ma, forse è giusto puntualizzare, io non sono una sfigata. Non so se abbiate mai sentito parlare di quella categoria di ragazze che hanno pochi amici ma buoni, vanno bene a scuola, ma senza rintanarsi ore nella biblioteca, sono carine nella media, sono in grado di avere rapporti con altre persone senza troppi problemi, non hanno un’autostima praticamente inesistente, o per lo meno non sempre, e, créme de la créme, vengono anche considerate da qualche ragazzo sporadico che fa una veloce comparsa nella loro vita tanto per non lasciarle sempre senza mai aver dato neanche il primo bacio prima che il ragazzo bello e stronzo di turno si intrometta nella loro quotidianità. Ebbene sì, esistono anche loro, le leggendarie ragazze normali.
Beh, mi dispiace deludervi, ma io sono così. Esattamente normale.
Ma non deprimetevi poi tanto perché devo pur tenere fede alla mia precedete affermazione dei cliché. Quindi sono qui per annunciarvi che sono innamorata di un idiota, con cui in realtà litigo dalla mattina alla sera o, meglio, nelle poche volte che ci vediamo.
Sì, perché il sopracitato idiota, ovvero Samuel Adam Nott, è uno dei migliori amici di quell’idiota di mio fratello maggiore che, ovviamente, è uno dei ragazzi più popolari della mia scuola.
Cioè, anche lui ha un secondo nome. Siamo fatti per stare insieme.
Adesso, vorrei tornare un attimino alla mia famiglia. Uno, leggendo di famiglie grandi e numerose, un esempio a caso quella dei Weasley (scusate, ma se non si fosse capito amo Harry Potter. Forse è anche stata la causa scatenante del mio amore per lo stronzo, perché, non so se lo sapete, ma Nott è uno dei serpeverde amici di Draco. E io adoro i serpeverde, nonostante appartenga alla casa di Corvonero. Potete fidarvi, ho fatto il test), si aspetterebbe grandi somiglianze tra i suoi membri. Ed invece no. O per lo meno, non tra tutti.
Mi sono sempre chiesta se mia madre avesse tradito mio padre almeno tre volte, con tre uomini diversi, perché gli unici due fratelli che si assomigliano sono la prima e l’ultima ed hanno entrambi capelli chiari e i sopracitati occhi celesti, ripresi da mia madre.
Io sono figlia di mio padre, decisamente. Alta un metro e un tappo (altrimenti chiamato metro e sessanta), eredità di mia nonna, capelli corti fino alle spalle castani tendenti al rosso, solo grazie alle santissime tinte, e mossi, occhi di un verde sporco, quasi tendenti al nocciola, naso forse un po’ troppo grande verso la fine e bocca carnosa, forse l’unica cosa in comune con le modelle di prima. Dopo di che anche io ci ho messo del mio, o, per meglio dire, il mio amore per la cioccolata ed il cibo in generale ha contribuito, affidandomi due o tre chiletti che rendono la mia pancia poco piatta e fanno scomparire lo spazio tra le cosce che in realtà non ho mai avuto. E diciamo che si posano anche sulle tette che, tanto per precisare, ho sempre odiato.
Sì, lo so, le ragazze cliché sono sempre e comunque piatte, cosa che nessuno può cambiare, ma purtroppo il mio seno è decisamente grande. Cosa da cui nascono un paio di complessi esistenziali.
Robert Mattew, mi piace chiamarlo con tutti i suoi nomi perché la cosa lo innervosisce non poco, sembra invece provenire da un’altra famiglia e, se non avessi visto le foto che ritraggono mia madre incinta di lui (la data lo testimonia), sarei stata abbastanza sicura che fosse stato adottato. La cosa davvero diversa non sono i colori, infatti mostra dei normalissimi capelli castani e dei normali occhi castani, ma i lineamenti che, almeno a quanto dice mio padre, sono esattamente identici a quelli di suo nonno. Bah, sarà, ma io continuo a credere che quello non abbia nemmeno un tratto mediterraneo.
Daniel Patrick Andrew è stato trovato per strada. Di questo ne sono sicura, perché quello lì non può essere mio fratello (lo dico con tutto l’amore del mondo).
Ma voglio finire questa presentazione in bellezza. Vi ricordate della mia migliore amica Ronnie? Beh, indovinate un po’, è follemente innamorata di quell’idiota di mio fratello.


Angolo Autrice
Questa storia è stupida. Lo è davvero e l'ho scritta semplicemente per divertirmi! Spero che piaccia almeno un po'! Ci sentiamo presto :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
Se siete arrivati fino a qui, suppongo che la storia dei cliché abbia attirato la vostra attenzione. Dopotutto a chi non piace crogiolarsi nelle disgrazie altrui e godersi una bella dose massiccia di avvenimenti scontati ma senza alcun dubbio romantici e dolci per allietare una giornata pesante?
Sì, sono anche io così, preferisco rifugiarmi nella fantasia più che affrontare la realtà perché, nonostante a voi possa sembrare tutta rosa e fiori, non lo è. Non lo è affatto.
<< Alex >>
L’urlo di mia madre ha sempre raggiunto decibel al di sopra dell’immaginabile e nemmeno questa sera delude le aspettative, sovrastando le musica a volume alto che si sente in camera mia. Quando ho capito che a Robert non piace il mio stesso tipo di musica (ancora non comprendo come questo sia possibile) ho logicamente iniziato ad alzare il volume per potergli arrecare più fastidio possibile, costringendolo a procurarsi dei tappi per le orecchie.
Tra di noi è sempre stato lui la femminuccia.
“Alex non toccarmi i capelli che si spettinano” “Questa camicia mi sta da Dio” e altre stupidaggini che non vale la pena scrivere qui. Insomma, per farvi capire, ha più vestiti di me e, nonostante non lo voglia ammettere, capisce le partite di qualsiasi sport meno di mia madre. E questo è tutto dire, quella donna è l’antisport in persona.
Nonostante questo è appassionato al nuoto, o meglio alla quadra femminile di nuoto che, seguendo quello sport a scuola, può spiare cinque giorni a settimana.
Vorrei evitare di dire che Ronnie si è segnata in quella squadra solo per spiare il sopracitato idiota, ma non sarebbe giusto nei confronti di mio fratello, quindi confesso, la mia migliore amica è una stalker. Non prendetela male, ho cercato di dissuaderla più volte, ma la sua giustificazione per questo comportamento, secondo lei, è più che valida. Ovvero: tuo fratello è un Dio senza maglietta.
Non mi stupirei di trovare tra i suoi disegni qualche ritratto di Rob mentre si diletta nello stile libero. Inquietante.
<< Alex. È pronta la cena >>
Un altro urlo raggiunge la mia camera e mi fa capire che è ora di mostrarmi a tavola o la prossima mossa di mia madre sarà quella di salire e trascinarmi giù per i capelli. Gentilissima donna.
Spengo lo stereo e, infilando le mie comodissime pantofole, scendo di sotto, correndo per le scale. Non ho mai avuto un grande equilibrio quindi, come da copione, inciampo sull’ultimo gradino, perdendo l’equilibrio e finendo addosso a, indovinate chi?
Esatto, proprio lui, Samuel Adam Nott. Cosa ci faccia quest’individuo in casa mia per me è ancora un mistero, ma, fatto sta che, preso alla sprovvista dal mio non proprio peso piuma cade a terra. Con me sopra.
È meglio specificare, nel caso non aveste capito bene.
Sam (oh, amo chiamarlo così) è steso a terra. Io sono sopra di lui. A gambe aperte. Sul suo bacino.
Questo è imbarazzante. Un paio di sensori si accendono nella mia testa e il mio viso prende fuoco. È sempre stato un mio problema. Arrossisco per un nonnulla.
Conosco un ragazzo carino? Divento un pomodoro.
L’insegnante in classe mi fa una domanda? Divento un pomodoro.
Corro? Divento un pomodoro.
Incontro Samuel a scuola? Divento un pomodoro.
Sono al centro dell’attenzione? Divento un pomodoro.
Insomma, sono sempre un pomodoro, e questo non è attraente. Nemmeno un po’.
Perché, è meglio specificare, non è quel rossore carino ed innocente che imporpora le guance delle attrici nei film, no. La mia faccia prende letteralmente fuoco, facendomi assomigliare, per l’appunto, ad un pomodoro.
Ma non perdiamo il punto della situazione perché io sono ancora seduta sull’idiota di cui sono innamorata.
<< Rox, togliti dalle scatole. Sei pesante >>
Ed ecco che la sua soave voce arriva alle mie orecchie e fa in modo di farmi arrossire ancora di più. E ovviamente comincio a balbettare. Credo sia l’unica persona che mi chiami Rox o Roxie per il semplice fatto che sa quanto quel nome non mi piaccia. Mi ricorda il nome di qualche stripper in qualche film e diciamo che non veste bene la mia personalità.
Perché i miei neuroni si azzerano quando è nelle vicinanze?
<< Mi… mi dispiace >> dico, alzando lo sguardo verso di lui.
<< L’ho sempre saputo che non vedevi l’ora di saltarmi addosso, ma, ti prego, non davanti a i tuoi genitori >>
Alzò gli occhi al cielo e sbuffo di fronte al suo ghigno arrogante. Faccio forza sulle braccia e mi alzo, non rivolgendogli nemmeno un’occhiata. Non perché io sia il tipo di ragazza a cui piace fare l’acida, ma per il semplice fatto che se lo facessi lui potrebbe vedere il mio viso rosso fuoco e continuare a sfottermi. Sam fa una risatina e si alza, raggiungendoci a tavola.
<< Oh, Alex , sei arrivata >>
Annuisco a mia madre e rivolgo un sorriso alla piccola Grace che batte le mani.
Adoro la cena a casa mia. Non sono tipo da colazione, non riesco a mangiare appena svegliata, quindi mi limito ad un caffè prima di iniziare la giornata scolastica. Del pranzo a scuola è meglio non parlarne, considerando la qualità del cibo. Ma la cena è il paradiso.
Se c’è una cosa buona nell’avere i genitori italiani è che il cibo che cucineranno sarà sempre e comunque buono. Al momento sto guardando delle bistecche arrosto con l’acquolina in bocca, perché hanno davvero un aspetto desiderabile.
<< Rox, guardi quelle bistecche come se fossero d’oro >>
E indovinate chi ha parlato?
<< L’oro non merita così tanta considerazione >>
Sam sorride ironico e mi lancia un’occhiata.
<< Da quello che ho sentito prima , dovresti prestare meno attenzione al cibo >>
Alzo di nuovo gli occhi al cielo ed evito di rispondere alla provocazione.
Forse dovrei spiegare perché questo ragazzo attira la mia attenzione. Beh, non è tanto difficile da capire uno volta che si è constatato il suo aspetto.
Non voglio dilungarmi troppo su questo punto, cominciando a fantasticare su parti del suo corpo che non scoprirò mai, ma merita una piccola descrizione. Quindi, eccola qui.
Mi supera in altezza di una trentina di centimetri, ma i muscoli che ha acquistato facendo nuoto (credo che sia lo sport più quotato nella mia scuola) non lo fanno sembrare uno stecchino, anzi gli conferiscono un fisico invidiabile, che ho avuto il piacere di vedere solo nelle poche volte che sono andata a prendere Ronnie all’allenamento. Il nuoto non fa per me e inoltre non sono una brava stalker. Capelli neri e mossi, sempre spettinati che gli conferiscono quell’aria di mistero, allo stesso tempo esaltata e distrutta da quegli occhi così blu e profondi da sembrare neri a volte. E quel sorriso. Una fila di denti perfetti, coronati da delle labbra fantastiche. Per non parlare della sua risata.
Samuel Adam Nott è il ragazzo degli opposti. Riesce a mantenere allo stesso momento quell’aria di mistero e l’atteggiamento da bravo ragazzo. Riesce a mostrarsi come bello e dannato e contemporaneamente come colui della porta accanto, completamente accessibile. Si diletta ad essere il più popolare e desiderato della scuola senza scadere nella malignità (per la maggior parte delle volte). Sa comportarsi da vero idiota, ma essere davvero intelligente.
Come si fa a non innamorarsi di un ragazzo così?
Ovviamente il comportamento poco civile che mostra nei miei confronti è una minuscola nota negativa nel suo curriculum altrimenti perfetto. Ma credo che il comportarsi in maniera infantile sia prerogativa dei ragazzi della sua età. Non voglio essere sessista, ma essendo cresciuta con un fratello maggiore decisamente idiota ed avendo come esempio una sorella maggiore a cui (a ragione) piacciono le donne, diciamo che ho sviluppato una certa avversione per il genere maschile. O meglio, ho capito alla tenera età di sette anni, quando la mia prima cotta si è comportata da vero stronzo, che il genere maschile purtroppo è al novantacinque percento stupido. Sono passati dieci anni e le mie poche esperienze nel campo amoroso non hanno fatto altro che confermare questa tesi.
Solo il cinque percento degli uomini è decente e trovare quei pochi è una vera e propria caccia al tesoro. Non ho avuto molta fortuna, ma diciamo che mi sono accontenta di uno appartenente a quel novantacinque percento. Perché, sarò pure innamorata, ma non sono cieca. Sam non fa parte del famoso cinque percento restante. Credo di non aver mai incontrato uno del famoso cinque, forse solo mio padre.
Ma ho solo diciassette anni, la vita è lunga ed io non perdo la speranza.
Non che non abbia provato a farmi piacere le ragazze. Solo che non sono il mio genere. E poi non è una cosa che si sceglie.
<< Sam, hai sentito del nuovo club della scuola? >>
<< Quello di danza? >>
Mio fratello annuisce e Samuel rivolge un’occhiata alla sottoscritta.
<< Sarebbe il club perfetto per tua sorella, se non si muovesse con l’eleganza di un elefante >>
<< Se si comportasse da ragazza >> rincarna la dose mio fratello.
Io sbuffo e gli rivolgo un sorrisetto.
<< Ma non ti senti a disagio, sapendo che tua sorella è più maschio di te? >>
<< Ma non ti senti a disagio, sapendo che non appartieni al genere femminile >>
Scuoto la testa.
<< Nemmeno un po’ >>
Non capite male, ho appena esposto la mia teoria sulla stupidità degli uomini, esaltando l’universo femminile e poi mi distacco da questo. Non è da prendere sul personale, ma sono stata cresciuta prevalentemente da mio padre. Ho passato l’infanzia ad imparare a giocare a calcio e guardando le partite di football allo stadio, a mangiare cibo spazzatura sul divano con il mio vecchio ed imparare a guidare le sue moto o a ripararle. Sono una ragazza, ma i miei interessi non vertono sul trucco o sui vestiti firmati. Vado d’accordo con le ragazze che non si comportato troppo da femmine, cosa inusuale alla mia età, ma comunque possibile.
Rimango però dell’opinione che il genere maschile sia stupido.
 
 
 
 
<< Buon primo giorno di scuola, tesoro >>
Mio padre mi lascia un bacio sulla fronte ed io lo saluto, uscendo di casa seguita subito da Rob.
<< Posso guidare io? >> chiedo, tendendo la mano per le chiavi.
Dopotutto non è un cattivo fratello, considerando il fatto che mi da lezioni di guida ogni volta che ne ha il tempo, giustificando i suo gesto con un banale ‘non voglio una sorella in prigione per omicidio colposo’. Ma io lo so che mi vuole bene.
<< Oggi no, magari quando torniamo >>
Sorrido e salgo sul sedile del passeggero. Sistemo il cappello sulla testa, indosso la cintura, accendendo la radio.
<< Oggi niente skateboard? >>
<< Non voglio fare tardi, è il primo giorno >>
<< Da quando ti fai questi problemi? >>
Alzo le spalle e mi sistemo la t-shirt.
<< Da adesso >>
Non sono mai stata una persona puntuale e sono consapevole che mai lo sarò. Il mio cervello non concepisce il concetto del tempo. Il sognare ad occhi aperti non mi fa accorgere dei minuti che passano ed inevitabilmente arrivo tardi a qualsiasi appuntamento. Uscite con Ronnie, visite mediche, lezioni. Ogni cosa.
Non posso farci niente, è nel mio sangue.
<< Rob >> lo richiamo, attirando la sua attenzione.
Risponde con un ‘mh’ distratto, facendomi capire che mi sta ascoltando. Gli rivolgo un’occhiata veloce e prendo un grande respiro, sapendo che quello che sto per chiedere gli darà fastidio.
<< L’altro giorno è arrivata una lettera dell’accademia militare >>
Sento mio fratello sospirare e lo interrompo prima che possa rispondermi.
<< Non ti arrabbiare, non l’ho letta e l’ho nascosta in camera mia così mamma non la scoprirà. Però pensavo che me lo dicessi di aver fatto… >>
<< Alexandra, non sono fatti tuoi i college a cui ho fatto domanda >> mi interrompe, indurendo lo sguardo.
<< Ma… >>
<< Niente ma >>
Sospiro pesantemente e riporto lo sguardo sul paesaggio che scorre al mio fianco.
<< Ti do la lettera quando torniamo a casa >> mi arrendo.
 
 
Due braccia mi avvolgono e mi ritrovo con la testa spiaccicata contro il petto della mia migliore amica che mi stringe come se non ci vedessimo da mesi. Tralasciamo pure il fatto che ci siamo viste ieri.
<< Ti prego, lasciami respirare Ronnie. Così mi uccidi >> borbotto.
Lei allenta la presa e si distanzia da me, sorridendo gioviale.
<< Cosa c’è da essere tanto felice? >> chiedo, cominciando a camminare.
I corridoi della scuola sono pieni di studenti che corrono da una parte all’altra e si abbracciano come se fosse l’ultimo giorno della loro vita.
Ma si sa, due ore dopo il favoloso inizio, tutti cominceranno a lamentarsi della scuola, dei compiti, degli insegnanti, del cibo della mensa e di tutto ciò che questo edificio contiene. Ma lasciamo che si godano gli ultimi momenti gioia.
Dal canto mio non ho mai pensato che la scuola sia poi così male.
<< Ho appena incontrato Rob >>
Congiunge le mani insieme e le unisce davanti al petto, spalancando gli occhi marroni.
Sbuffo, sistemando la borsa sulla spalla.
<< Ne parlerai tutta la giornata? >>
<< Beh, tu potrai parlare liberamente di… >>
Prima che faccia in modo che tutta la scuola sappia il nome della mia cotta adolescenziale, le salto addosso, cercando di chiuderle la bocca con una mano e trovandomi in una posizione decisamente scomoda, considerando che, anche lei, mi supera in altezza.
Ronnie scoppia a ridere e mi da una spinta, facendomi staccare da lei. Schiocca due volte la lingua sul palato mentre fa segno di no con la testa.
<< Non essere così aggressiva, altrimenti tu sai chi non ti guarderà neanche >>
<< Tu sai chi è morto >>
<< Non quel tu sai chi >>
<< Ne esiste solo uno >>
Lei sorride maliziosa e si passa una mano tra i capelli lunghi. Ronnie è una ragazza… strana. Sia per carattere che per aspetto.
Ha dei lunghi (chilometrici oserei dire) capelli blu che scendono mossi fino ai fianchi, dei grandi occhi marroni, un naso troppo grande e delle labbra fine. È alta, ma quando Dio ha distribuito le curve lei si era nascosta dietro a qualche personaggio della televisione.
L’ho sempre considerata una bella ragazza, particolare, ma decisamente attraente.
<< Non è vero. Parlo di uno alto, con dei profondi occhi blu e un bellissimo sorriso >> prende una piccola pausa e poi mi guarda di sottecchi << E che passerà il ballo di inizio anno con te >>
Scoppio a ridere, mentre apro il mio armadietto o butto dentro la borsa e il cappello, sistemando i capelli corti.
<< Zitta che poi mi monto la testa >>
Lei si mette vicino a me e si guarda le unghie colorate di dieci tonalità diverse di blu con disinteresse.
<< Guarda che sono seria >>
<< Oh e dimmi, quando ti ha detto che mi avrebbe invitata, ha anche accennato alla limousine che avrebbe noleggiato e la bellissima stanza d’albergo affittata? >> commento sarcastica, facendo sbuffare e sorridere la mia migliore amica.
<< Non ho detto che te lo chiederà né che verrà con te. Semplicemente che starete insieme quella sera >>
E con un sorriso misterioso si dirige alla sua prima lezione.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Questo è sfruttamento minorile. Non importa se metà degli studenti in questa stanza sia maggiorenne, io sono ancora nella tenera età dei diciassette anni e per questo non merito di essere sfruttata in questo modo barbaro e inumano. La preside della mia scuola ha ben pensato che per la preparazione del ballo di inizio anno fosse necessario l’aiuto di tutti gli studenti degli ultimi due anni che necessitano dei crediti aggiuntivi per entrare a college. Indovinate. Io ho bisogno di quei crediti quindi ora mi ritrovo qui, insieme a Ronnie a decorare la palestra per il grande giorno.
Ricordate il piano infallibile e segreto di Ronnie per accoppiarmi con Sam? Beh non è più segreto ne tantomeno infallibile. 
Il fatto è che il ballo è in realtà un ballo in maschera. Quindi il piano della mia migliore amia sarebbe quello di stringermi in un vestito mozzafiato, mettermi su dei trampoli da capogiro e mandarmi all’avanscoperta, importunando Sam per tutta la sera. Ovviamente senza cadere. O senza parlare.
Perché sì, la mia identità sarà segreta, o dove era la parte divertente? Questo per lo meno è ciò che pensa lei.
Quindi, ricapitolando, il mio viso sarà coperto per metà dalla maschera, lasciando scoperte le labbra per dare a Sam la possibilità di baciarmi perché, ovviamente, è ciò che succederà. Credo che la mente di Ronnie sia stata infettata dai tutti film romantici che vede. Ultimamente è fissata con Cenerentola, quindi ha già preparato tutto.
Il lento strategico, la luce soffusa. Poi gli eventi faranno il proprio corso. Sam mi avvicinerà a sé, poggiando una mano sulla mia vita, con l’altra mi accarezzerà i capelli allungati per l’occasione e si avvicinerà lentamente posando poi le sue labbra sulle mie.
Un bacio molto in stile Spiderman. Magari anche con la pioggia finta, evitando la parte dove lui si trova a testa in giù.
Nella mia immaginazione la serata andrà in maniera molto diversa. Primo, se non indosso mai i tacchi un motivo ci sarà ed è che non so camminarci affatto. Secondo, non ho idea di come sia fatto questo fantomatico vestito. Terzo, non sono molto positiva nel farlo innamorare di me in una sera, senza parlare d’altronde, considerando che non ci sono riuscita in anni ed anni di tentativi.
Ronnie dice che avendo il viso coperto sarà molto più facile. Non ho ancora deciso se arrabbiarmi.
Fatto sta che la mia amica sembra irremovibile su quella serata e, considerando che le devo un favore bello grosso (per cosa esattamente non lo ricordo), andrò al ballo e cercherò di imbattermi casualmente in Sam, mettendo in atto il suo piano.
Per adesso mi limito a dipingere la parete di blu notte, mentre Ronnie si diverte ad intrecciare i suoi capelli.
<< Dovresti aiutarmi, lo sai? >> sbuffo, spostando dalla fronte un ciuffo di capelli.
Lei lascia la ciocca viola e mi guarda sorridendo.
<< Oh, giusto >>
Detto questo prende in mano un pennello e comincia a dipingere, canticchiando.
Ronnie è sempre stata una ragazza strana, a partire dall’aspetto. Ha la pelle pallida e due enormi occhi scuri che la fanno assomigliare ad un cerbiatto, i capelli sono viola, lisci e lunghi fino ai fianchi. È abbastanza alta e magra, ma il suo corpo non è come quello di una modella, è completamente piatta e probabilmente i suoi fianchi sono un po’ troppo arrotondati. Oggi indossa una gonna lunga fino alle caviglie, dei sandali estivi ed una t-shirt che le lascia scoperto l’ombelico. Direi che ciò che attira l’attenzione siano gli enormi cerchi che ha come orecchini.
Beh, non  mai stata la tipica ragazza normale, ma a me piace così. Averla come amica significa non avere mai un giorno uguale all’altro e questo è grandioso.
<< Posso vedere i vestiti per il ballo? >> chiedo ancora, lanciandole un’occhiata veloce.
Ronnie continua a fischiettare e sorride, facendo segno di no con la testa.
<< Non ti fidi della tua amica stilista? >>
<< Non è che non mi fido, ma probabilmente la taglia è sbagliata >>
<< Conosco la tua taglia >>
Sbuffo.
<< Adesso non rompere e continua a pennellare. Queste pareti non si finiscono da sole >>
Sbuffo di nuovo e lei riprende a canticchiare.
Intingo il pennello nel colore e ricomincio a spennellare, cercando di contenere i miei sbuffi.
Ora che ci penso, io non so ballare. Davvero, sono negata, sembro una balena arenata quando provo a muovermi con almeno un po’ di grazia. Diciamo semplicemente che le attività artistiche non fanno per me.
La mia voce non è delicata e soave come quella delle principesse Disney.
I miei movimenti sono bruschi e impacciati.
Una volta ho provato a fare un disegno di un paesaggio in riva al mare, al ritorno mia madre mi ha chiesto se fosse stata Grace a farlo. Ho detto di si e portato via di corsa la mia sorellina quando ha provato a protestare. L’ho istruita alle bugie a soli due anni. Sì, lo so, sono una pessima sorella maggiore, ma avrebbe comunque imparato a mentire, quindi meglio imparare prima così quando si è più grandi si ha più tempo per altre cose. E meglio imparare sotto la supervisione di un adulto che ti vuole bene, come si fa con il fumo o l’alcol. La prima volta, e l’ultima, che ho fumato una sigaretta è stata con mio padre. E comunque sì, io sarei l’adulto responsabile.
L’unica cosa con un sottofondo creativo e artistico che forse riesco a fare è scrivere. Ma ciò che scrivo rimane tra me e il mio computer. Ah, sì, e sono abbastanza decente per la recitazione.
Che ci volete fare? Una donna multitasking.
Uno squittio proveniente dalla mia destra attira la mia attenzione. Ronnie ha portato le mani davanti al viso, sporcandosi la guancia e i capelli con il pennello, e guarda con occhi sbarrati qualcosa davanti a lei. Non ci metto molto a capire di cosa si tratta ed infatti vedo subito dopo mio fratello, Sam e il loro gruppo di scimmiette addestrate fare la trionfale entrata nella palestra.
Ovviamente con mezz’ora di ritardo ed ovviamente con quell’aria di superiorità che non si tolgono dalla faccia nemmeno a bastonate. Tutti ugualmente belli, tutti ugualmente scemi.
E adesso, signori e signore, è arrivato il momento di ricordarvi i cliché della mia vita. Come in ogni scuola di ogni stupida commedia americana (che io adoro) che si rispetti, anche la mia scuola si divide in categorie. Più specificatamente, in cinque categorie.
Categoria numero uno, gli sfigati. Ovvero tutti coloro che fanno parte del club di scacchi, di quello dei giochi di ruolo ed anche del giornalino della scuola, e altri centinaia di club che nessuno conosce.
Categoria numero due, le persone normali. Ovvero povere anime come la sottoscritta e, anche se lei è tutto meno che normale, anche Ronnie.
Categoria numero tre, gli alternativi. Gruppo di ragazzi e ragazze che si vestono principalmente di nero, hanno lo stesso colore di capelli e sono coperti di piercing e tatuaggi.
Categoria numero quattro, i moralisti. Questa categoria si divide in due. I moralisti religiosi a cui piace chiamarsi ‘i figli di Dio’ e che si riuniscono tre volte a settimana per capire come si possa scacciare il diavolo dalla nostra scuola. E i moralisti in generale, ovvero chi organizza campagne su ogni cosa possibile e immaginabile. Salvaguardia degli animali. Amore verso la natura. Coerenza politica. L’ingiustizia nell’indossare solo il nero perché disturba la felicità. Non scherzo, è successo davvero.
Categoria numero cinque, i popolari. Ovvero un gruppo ristretto di ragazzi e ragazze, solitamente sportivi e cheerleader che credono di avere il mondo ai propri piedi, sono inverosimilmente belli e anche stronzi.
E proprio questo ultimo gruppo si muove adesso verso la professoressa per chiedere le proprie mansioni.
I popolari racchiudono una cinquantina di persone, forse un po’ di più, ma quelli che davvero contano sono otto.
I ragazzi, altrimenti conosciuti come fratello e compagni (a me piace chiamarli idioti), sono quattro: Sam, Robert, Chace e Logan.
Le ragazze, chiamate le quattro A: Anastasia, Ashley, Alyson e Audrey.
Sempre tutti e otto insieme. A volte mi chiedo come sia possibile che io e Robert condividiamo gli stessi geni. Insomma io non sono così idiota.
Mi sento strattonare in avanti e subito dopo la figura alta di Ronnie si nasconde dietro la mia, che riesce a coprire solo la metà di lei.
<< Ronnie, ma che diamine fai? Smettila >>
Mi agito, ma la mia migliore amica stringe maggiormente la stretta e squittisce ancora, brandendo con una mano il pennello ancora sporco.
<< Nascondimi da tuo fratello >> mi prega, cercando di seguire i miei movimenti.
Mi giro verso di lei, ma così facendo il pennello mi colpisce in faccia, lasciando una scia di colore dalla fronte alle labbra. La guardo male, ma davanti a quegli occhi così scuri e così profondi non riesco a fare altro se non sospirare e acconsentire a nasconderla.
Ancora non capisco come sia possibile che mio fratello non si sia ancora innamorato di lei, ma credo che il fatto che si nascondi o balbetti ogni volta che lo vede possa c’entrare qualcosa. Devo inventare qualcosa per farli conoscere meglio.
Ma come, non lo sapete? , giocare ad Alex passione cupido mi diverte tantissimo.
<< Tu sei completamente fuori di testa. Così non risolvi niente >> le dico, muovendo con una mano il mio pennello e brandendolo come un’arma.
Ronnie sbuffa e sbircia con la coda dell’occhio oltre la mia spalla, nascondendosi di nuovo subito dopo. Alza gli occhi al cielo e mi rivolge un’espressione sofferente.
<< Arrivano Satana e le servette >> mi avverte, alzandosi nuovamente in piedi.
Faccio un’espressione schifata e mi giro verso il quartetto che si avvicina a noi. Satana sarebbe Alyson, soprannominata così perché è una vera e propria stronza.
Il fatto che Rob sia mio fratello ha spostato più di una volta l’attenzione delle stronzette su di me e Ronnie, attenzione però tutt’altro che positiva.
Diciamo che non ci sopportiamo. Altro cliché. Sono davvero stanca di tutta questa roba scontata.
<> esordisce Alyson, fermandosi.
Controlla con una smorfia di disappunto le macchie che entrambe abbiamo sul viso e sospira decidendo che non è quello il momento per farcele notare.
Quello che mi stupisce è che è lei la regina delle stronzette, nonostante sia solo al terzo anno e due delle ragazze del suo gruppo (Audrey e Ashley) siano già all’ultimo.
<< Cosa vuoi? >> chiedo, bagnando di nuovo il pennello di colore e ricominciando a spennellare.
<< Aiuto con biologia >>
Dovete sapere, inoltre, che io e Satana frequentiamo la stessa classe e, cosa che non mi da poco fastidio, abbiamo qualcosa di simile nell’aspetto. Il colore dei capelli è molto simile, nonostante i suoi siano lunghi fino alla vita, i suoi occhi sono più chiari dei miei, più verdi, ma a volte tendono al nocciola e la sua altezza è, beh, non molto alta. Ma lei è molto più proporzionata e decisamente più bella. L’ho detto all’inizio di questa soap opera che sarebbe la mia storia, io sono una ragazza carina, nella media, con una normale autostima e anche la capacità di vedere le cose oggettivamente. Quindi sono in grado di riconoscere la superiorità estetica di Satana.
<< No >> rispondo secca.
<< Dico a Logan che hai una cotta per lui >> minaccia, puntandomi il dito contro.
Io alzo gli occhi al cielo e mi giro verso di lei. Non voglio sminuire la sua capacità di minacciare quindi chiarisco che di solito è molto più convincente, chissà, probabilmente ha finito le sue armi contro di me.
<< Non mi piace Logan e tu sei patetica >>
Alyson alza gli occhi al cielo e si avvicina di un passo.
<< Mi servono le risposte al compito di domani, sgorbio >>
Oh, sì, mi sono dimenticata, dall’alto della sua gentilezza e intelligenza, mi chiama dalle elementari sgorbio. Questo soprannome sembra aggradarla e  a me non fa ne caldo ne freddo quindi la lascio fare.
<< Oppure? >>
<< Oppure farò in modo he nessuno più in questa scuola ti rivolga la parola se non per prenderti in giro >>
Sbuffo.
<< E di grazia come faresti? >>
Alyson ghigna e si allontana di un passo da me.
<< Oh, Alex >> dice alzando la voce ed attirando un paio di sguardi su di noi << Non ci posso credere. Ti avevo detto che a lui non piacevi, come sarebbe potuto essere altrimenti? Un metro e sessanta per sessanta chili di troppo, che ti aspettavi? >>
Scoppio a ridere.
<< Il tuo piano sarebbe quello di farmi sentire grassa? >>
Alyson mi guarda e ghigna ancora.
<< Poi ti chiedi perché nessun ragazzo si sia ancora avvicinato per il ballo, tesoro, si sa che ai bei ragazzi non piace chi ha decisamente troppa carne su alcune parti del corpo >>
Lancia uno sguardo alla mia pancia e poi uno generale. Sorrido e la guardo di ritorno.
<< Sai, ai bei ragazzi piace chi ha le tette >>
Detto questo mi giro e ricomincio il mio lavoro, ignorando lo sbuffo di Satana. Qualche volta una vittoria fa bene all’autostima.
 
 
 
<< Canon, Trainor, Dollas, Rowling, Marinne e Greco riserve >>
Sbuffo, sciugandomi il sudore dalla fronte e bevendo un sorso d’acqua dalla borraccia. Domenica ci sarà la prima partita del campionato della mia regione ed io starò tutta la partita in panchina ad osservare quella stronza di Satana al mio posto. Avrei capito se avessero preso al mio posto una ragazza alta un metro e ottanta con un po’ di muscoli nelle braccia, ma Satana no.
Sbuffo e mi alzo, avvicinandomi al coach. Non so se l’ho accennato prima di ora, ma questa è la mia squadra di pallavolo. Ora, io non sono una campionessa, ma me la cavo abbastanza.
<< Ehi coach >>
Mr. Brown si ferma e mi rivolge un sorriso.
<< Dimmi Alex >>
<< C’è una possibilità che la prossima partita io giochi? >> chiedo diretta.
Lui sospira e mi lancia un’occhiata dispiaciuta.
<< Ultimamente sei un po’ sotto tono, mentre Alyson è migliorata parecchio e credo che la prossima partita lascerò lei come schiacciatrice >>
<< Un po’ sotto tono? >>
Lui si siede sulla panchina e mi guarda dal basso, passandosi una mano tra i capelli.
<< Alex, lo avrai notato anche tu. Alyson è più brava in questo momento. Non dico che lo sarà sempre, hai delle buone basi, ma per adesso è così e questo campionato è importante >>
Annuisco e mi sforzo di sorridergli. Stringo la piccola coda che finalmente sono riuscita a fare con i miei capelli e rivolgo un’occhiata alla squadra che sta entrando negli spogliatoi.
<< Capisco >> dico e mi allontano insieme alle altre.
Entro nello spogliatoio e indosso i pantaloni della tuta, legando la felpa intorno alla vita ed afferrando il borsone. Sciolgo la coda e saluto le ragazze, ma vengo bloccata da un commento di Alyson.
<< Oh, tesoro, mi spiace. Nessun appuntamento per il ballo, nessun posto in squadra. Cosa ti rimane? >>
Sbuffo scocciata.
<< Una A in biologia, non so se tu abbia mai visto questa lettera su un compito >>
<< Oh, tesoro –alzo gli occhi al cielo quando mi chiama ancora così- , sai una cosa, ieri sono stata gentile, ho ripiegato su Logan perché non volevo davvero umiliarti, ma tutti sanno che in realtà ti piace Sam. Anche lui lo sa >>
Prendo un respiro profondo e la guardo negli occhi, cercando di non far trasparire nessuna emozione.
<< Ma i ragazzi sono il tuo unico punto fisso? >> chiedo retorica.
Lei si avvicina di un paio di passi, oramai tutte le nostre compagne di squadra ci stanno guardando.
<< Voglio solo che tu sappia che ti porterò via tutto. Il tuo posto nella squadra, le tue già inesistenti possibilità con Sam e, credimi, anche i tuoi voti e se possibile il tuo posto al college. Medicina ad Oxford, eh? Sai che mio padre lavora agli uffici di ammissione? >>
Mi ripeto che non ne vale la pena e chiudo gli occhi, cercando di calmarmi il più possibile.
Li riapro e li fisso nei suoi verdi e puliti dal trucco. Vorrei poter dire che metà della sua bellezza è data dal trucco, ma sono costretta ad ammettere che non è così, vorrei dire che i ragazzi continuano a venerarla solo perché sanno che non è difficile da ottenere, ma so che in realtà ha fascino. Qualcosa che attira.
<< Prova a farti una vita, anzi di rovinare quella degli altri >>
Mi giro e me ne vado, sbattendo la porta dello spogliatoio.
Ciò che più mi da fastidio è che il coach ha ragione. Lei è più brava di me ultimamente.
 
 
 
Sbatto la porta di casa, lanciando la sacca sul pavimento ed ignorando il saluto di mio fratello. Ho solo bisogno di stare sola e di fare un bel bagno rilassante.
Chiudo la porta a chiave, riempio la vasca di acqua bollente e di schiuma. Mi spoglio, lasciando la tuta a terra e un asciugamano accanto alla doccia. Non ho trovato il mio accappatoio, credo sia ancora a lavare.
Mi immergo nell’acqua e rilascio un sospiro di sollievo. Ho avuto una giornata orribile, già a partire dalla mattinata.
Primo di tutto è sabato e l’ultima cosa che volevo fare era alzarmi per andare a fare una corsetta con Ronnie, ma lei sembrava tenerci davvero. Quindi ho puntato la sveglia alle sette e dopo mezz’ora ero sotto casa della mia migliore amica, pronta per correre. O meglio, il mio piano era quello di una corsetta leggera per cinque minuti, forse meno, e poi lasciare che Ronnie corresse il suo usuale chilometro e mezzo, mentre mi dilettavo a mangiare più gelati possibili al chiosco vicino al parco. Ma quella stronza (questa volta se lo merita) mi ha costretto a correre tutta la distanza con lei per poi impedirmi di mangiare un bel panino, o forse due, per dare posto a cose più salutari. Adesso, so che dovrei ringraziarla per pensare alla mia salute, ma in quel momento il mangiare bene era l’ultimo dei miei pensieri. In realtà è sempre l’ultimo dei miei pensieri. E, di solito, è anche l’ultimo dei suoi, ma, da quando ha visto mio fratello baciare una ragazza fuori dalla scuola, ha cominciato questo strano piano, ovvero ‘come conquistare Robert in dieci mosse’.
  1. Allenarsi e mangiare sano
  2. Evitare di nascondersi
  3. Parlargli
  4. Da decidere
  5. Da decidere
  6. Da decidere
  7. Da decidere
  8. Da decidere
  9. Da decidere
  10.  Da decidere
Sì, bhe, ha ancora parecchi punti in sospeso.
Fatto sta che dopo una corsa e una colazione negata, sono tornata a casa speranzosa di trovare del latte, del pane e dalla nutella. Senza a dirlo, nessuno di questi era presente.
Nel pomeriggio c’è stato l’allenamento e beh, cosa è successo lo sapete. Mentre tornavo a casa, a piedi perché quell’idiota di mio fratello si è rifiutato di venire a prendermi, ha cominciato a piovere. Quindi sono tornata a casa correndo (ancora) come un pulcino bagnato, arrabbiata, nervosa e decisamente affamata.
Sospiro di nuovo e chiudo gli occhi, rilassandomi completamente nella vasca.
Devo fare ancora una cosa prima di andare a dormire.
 
 
Afferro l’asciugamano e lo avvolgo intorno al mio corpo, mi strizzo con una mano i capelli e li asciugo approssimativamente, lasciandoli cadere poi sulle spalle. Butto la tuta tra gli altri panni da lavare ed apro la porta, chiudendola dietro le mie spalle.
<< Mh. Comincio a credere di dover venire a casa tua più spesso >>
Sono di spalle, ma riesco a riconoscere facilmente la voce e (cosa strana!) il mio cervello lavora velocemente, facendomi capire la situazione. Sono nuda, coperta da un asciugamano, ma pur sempre nuda, bagnata e davanti al ragazzo di cui sono innamorata da più di un anno.
Il mio viso prende fuoco e sospiro cercando di stemperare l’imbarazzo. Mi giro perché so che prima o poi devo farlo e mi trovo davanti a Sam, in tutta la sua bellezza e sfacciataggine.
Deglutisco e sbatto le palpebre.
<< Ed io comincio a pensare che tu ci stia provando con me >> rispondo, cercando di comportarmi  come con qualsiasi altro ragazzo.
Ma è così difficile con lui.
Sento una sensazione di ansia e cerco di pensare a tutto tranne che alla sua vicinanza. Oh, guarda, il tappeto persiano che mamma ha comprato in Persia. Beh, non che ci fossero dei dubbi. Se il tappeto è persiano dalla Persia deve venire, nessun dubbio.
Sam ride e mi distoglie dalla contemplazione del tappeto, attirando il mio sguardo su di sé. Si avvicina di un passo nello stesso momento in cui io ne faccio uno indietro.
La troppa vicinanza non è una buona opzione.
<< Sai, Roxie, sei simpatica >> detto questo si gira e se ne va, tornando al piano inferiore da mio fratello.
 
 
Mi avvicino al divano dove è steso Rob. Indosso il mio pigiama preferito che in realtà consiste semplicemente in vecchi pantaloncini di pallavolo e maglie extralarge di mio padre (o all’occorrenza di mio fratello).
Sono davvero stanca e non vedo l’ora di finire questa giornata, ma devo parlare con Robert e devo farlo adesso.
<< Ehi, Rob >> dico, sedendomi accanto a lui.
Prendo il telecomando e spengo la televisione, mentre con l’altra mano gli lancio la lettera dell’accademia militare che è arrivata l’altro giorno.
<< Grazie Alex >> si limita a rispondere, mentre riaccende l’apparecchio elettronico.
Sbuffo e strappo il telecomando dalle sue mani, spegnendolo di nuovo. Lui fa il mio stesso gesto e poi ci si sdraia sopra per impedirmi di prenderlo di nuovo. Dopo vari e vani tentativi, mi arrendo all’evidenza e faccio l’unica cosa possibile. Mi alzo e spengo la televisione dal pulsante principale. Soluzione in realtà semplice e veloce a cui avrei dovuto pensare prima, ma diciamo che trovo la lotta per il telecomando sempre abbastanza interessante.
Robert sbuffa e alza gli occhi al cielo, spostandosi i capelli castani dalla fronte.
<< Cosa vuoi Alex? >> mi chiede scocciato, stendendo le gambe sul divano e rivolgendo lo sguardo al soffitto.
<< Non voglio essere invadente quindi mi limito a dirti che quando vuoi parlare riguardo questo io ci sono >>
Non dico altro, non nomino lo zio né tantomeno il nonno. So che ha bisogno di tempo e non voglio costringerlo a parlarne prima che si senta pronto.
Grace mi viene incontro, strillando, rincorsa da Daniel che in boxer e con la cravatta di papà legata intorno alla fronte, strilla e urla come un forsennato, cercando di acciuffarla.
Afferro la piccola in braccio e mi ritrovo lo scherzo della natura che mi corre intorno, cercando di afferrare la bambina che continua a strillare e si stringe alla mia maglietta.
<< Daniel, finiscila >>
Mio fratello ovviamente non si ferma e continua ad urlare tanto da spaccarmi i timpani. Ne sono sempre più sicura, i miei genitori devono aver trovato questo essere per la strada. Non può essere altrimenti.
Lui. Non. Può. Essere. Mio. Fratello.
Mi rendo conto che l’unica cosa da fare è scappare e correre ai ripari. Stringo forte la piccola Grace e scatto verso le scale, salendole velocemente inseguita da quel demone sotto forma di un ragazzo che si avvicina all’adolescenza. Ancora urla. Io a dodici anni non avevo tutto quel fiato. Ora che ci penso, non ce l’ho nemmeno ora.
Mi chiudo dentro la camera della mia sorellina e la poso sul letto, lasciandole un bacio sulla fronte.
<< Buona notte, tesoro >>
Grace mi accarezza il viso con le mani e mi lascia un bacio sulla guancia.
<< Ti voglio bene >> sussurra e si rannicchia su un lato, chiudendo gli enormi occhi verdi.
Sorrido, ma poi sento mio fratello urlare dietro la porta e con un sospiro mi accorgo che la mia giornata non è ancora finita e che devo attraversare il corridoio per arrivare alla mia camera.

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