Il futuro è inaspettato

di Selene6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Dottore ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Traditore ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Spiegazioni ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Acqua ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Aria ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Pazzo gentleman! ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: A spasso per Firenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Capitolo revisionato



Dovevo correre.
Non potevo fermarmi.
La ferita alla gamba mi provocava dei dolori lancinanti, ma non potevo permettermi di riposarmi neanche un istante.
Ero braccata.
Stavano arrivando.
Sentivo i loro passi rimbombare dietro di me, ritmicamente inquietanti.
“Respira, dannazione! Non smettere di respirare e corri!”
Mi guardavo intorno spaesata.
Le forme e i contorni si mescolavano in un insieme confuso di colori e suoni.
Ero stordita.
Mi sentivo svenire.
Stavo perdendo troppo sangue, non sarei riuscita a correre ancora per molto.
Stavo per perdere ogni speranza, quando mi ritrovai davanti ad una parete di roccia che saliva e non ne vedevo la fine.
Bene, ora la speranza era del tutto persa.
Ero morta.
Mi lasciai cadere a terra per la stanchezza, il dolore e la disperazione e fu solo per quello che trovai la mia salvezza.
Sulla base della roccia era scavato un tunnel molto stretto, sarei riuscita a passare a malapena a gattoni, probabilmente la mia gamba ne avrebbe risentito, ma di sicuro i Cyberuomini che mi stavano inseguendo non sarebbero mai riusciti a passarvici.
Il rischio che quel tunnel non si aprisse dall’altro lato della parete era grande quanto quello di un eventuale crollo, ma non potevo fare altrimenti. Inoltre la gamba pulsava dolorosamente, mi sembrava che qualcuno mi stesse accoltellando con lame affilate ed incandescenti.
Mi precipitai nell’apertura lasciandomi dietro il metallico picchiettare degli alieni alle mie spalle.
Mi muovevo veloce e ad ogni movimento sentivo la gamba pulsare, e la vista mi si appannava.
–Bisogna eliminare il soggetto. Distruggere la roccia.–
Sentii dire ad una voce metallica alle mie spalle.
Dovevo sbrigarmi!
Entro breve di quella parete rocciosa non sarebbe rimasto altro che un mucchio di sassi dispersi ed io sarei morta sotterrata da una valanga di detriti.
Vidi una luce davanti a me.
Ero salva!
Mi stavo avvicinando alla salvezza.
Dietro di me non si sentivano più rumori e questo poteva essere un bene o un male, ma al momento non riuscivo a pensare lucidamente.
Praticamente mi gettai fuori dal tunnel e finii distesa su un prato fiorito, era bellissimo, ma ebbi solo alcuni istanti per contemplarlo… Poi tutto divenne buio.


–Sexy vuoi deciderti a seguire quello che ti dico di fare? Mi porti sempre in posti diversi rispetto a quello che vorrei!–
Erano passate ormai tre settimane da quando aveva lasciato Amelia e Rory, mentre il paradosso con River Song o Melody Pond continuava il suo corso, ma era impossibile sapere dove fosse in questo momento e non sapeva tra quando l'avrebbe rivista.
Quella ragazza lo intrigava, una giovane umana che possedeva la capacità di rigenerarsi poiché entrata in contatto ancora prima di nascere con il Tardis, i viaggi temporali e lui. Una delle persone che più gli assomigliava rimasta in vita nel tempo e nello spazio.
Sentiva terribilmente la mancava di una persona accanto, avere qualcuno che potesse essere la sua famiglia o almeno qualcuno con cui condividere quella strana vita.
Il Dottore aveva amato nel passato, aveva avuto una vera famiglia… Ma ormai quel passato era stato completamente distrutto dagli eventi, anche se non c'era un solo istante in cui non ci pensasse. Gli mancava quella vita, quei tempi lontani in cui le cose sembravano diverse, ma alla fin fine era sempre lo stesso. Eppure l'Universo non smetteva un attimo di sorprenderlo e soprattutto lo facevano gli uomini.
Da allora erano cambiate tantissime cose, si era sposato svariate volte, quasi per caso! Ma l’ultima persona che aveva amato veramente ed incondizionatamente... Bè era finita in un universo parallelo e non sarebbe mai potuto tornare da lei.
Aveva incrociato le vite di tante donne nel corso della sua lunghissima vita. Le ultime lo avevano segnato particolarmente, ognuna a modo suo… Amelia, Donna, Martha, Rose… E infine ora c’era River che incrociava nel suo continuo vagare, sempre più vicini eppure lontani.
Erano state persone importanti della sua vita che mai avrebbe dimenticato, ma era stato costretto ad abbandonarle tutte, una dopo l’altra.
Il suo cuore ogni volta gli chiedeva di smetterla, di rimanere solo, di non farlo soffrire più, ma non ne era capace. Il Dottore doveva avere qualcuno al suo fianco per fargli vedere le meraviglie che questo Universo riservava a chi era capace di guardarlo; eppure ogni addio era più doloroso del precedente.
Il Tardis con il suo solito rombo atterrò.
I comandi dicevano che era atterrato su Fermont, un pianeta nella Via Lattea lontano appena una decina di anni luce dalla Terra, popolato da umani che avevano colonizzato anche quel mondo.
Si chiedeva perché mai fosse atterrato proprio lì quando aveva chiesto di andare su Lontaria, ma Sexy decideva con criteri di cui nemmeno il suo più fidato compagno era a conoscenza.
Il Signore del Tempo uscì dal Tardis e scoprì di essere in una distesa di prati in fiore che si allargava per tutto l’orizzonte, fece il giro del Tardis assaporando l’aria pulita dell’atmosfera di quel luogo. Ad un tratto vide una parete rocciosa che interrompeva quello spettacolo e percorreva per chilometri e chilometri l’immenso prato.
L'uomo si avvicinò curioso di scoprire cosa potesse essere quell’imponente muro e scorse a terra una figura umana.
Corse verso quella direzione senza capire cosa ci facesse qualcuno in quelle condizioni e vi trovò una giovane con lunghi ricci capelli mori e pelle lattea. Indossava una semplice maglia azzurra e dei pantaloni lunghi bianchi terribilmente rovinati e tagliati. Si avvicinò per vedere come stava e vide che era ferita ad una gamba e in modo anche piuttosto grave, pareva una ferita da arma da fuoco, forse armi umane proprio della Terra, oppure uno scoppio di una mina Aintiana... le possibilità erano molte, ma la lesione pareva non aver intaccato l'osso quindi le possibilità di guarigione completa erano elevate. Freneticamente l'uomo cercò il battito per capire se la giovane stesse ancora bene, la ferita non era mortale, ma sembrava aver perso molto sangue ed era terribilmente pallida.
Il Dottore rimase pietrificato dallo stupore.
Non era possibile.
Era logicamente assurdo.
Quella ragazza non poteva esserlo.
Per sicurezza le mise una mano sul petto.
Quel suono era inconfondibile.
La ragazza aveva due battiti.



 

Ho iniziato a scrivere questa storia ormai quasi quattro anni fa, ma per mancanza di ispirazione, problemi di tempistica ed impegni vari l'ho abbandonata per tanto, troppo tempo.
Ora ho deciso di riprenderla dal principio e di sistemare i primi capitoli per poter continuare con i nuovi che ormai ho in cantiere da quasi due anni!
Avrò sicuramente perso molti di coloro che mi seguivano, ma spero comunque di poter appassionare ancora qualcuno e magari avere qualche nuovo parere sul mio Dottore!
La storia in ogni caso si ambienta nel periodo di Rory ed Amy, ma ovviamente in modo alternativo; non saprei dire un episodio in particolare, in ogni caso era un momento in cui il Dottore aveva lasciato i due a casa loro ed era ripartito per uno dei suoi viaggi in giro per lo spazio.
Grazie a tutti coloro che avranno la voglia e pazienza di leggere questa piccola intro e spero di catturare l'attenzione di qualcun altro appassionato come me!

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Dottore ***


Capitolo revisionato



Mi svegliai di colpo percependo solo la gamba che pulsava e la testa che girava vorticosamente.
Avevo l'impressione di essere in un altro luogo, ma poi “altro” rispetto a cosa?
Non riuscivo a ricordare nulla.
I miei pensieri erano un insieme illogico di frammenti. Dovevo aver preso proprio un bel colpo per ridurmi così... In che guaio mi ero cacciata sta volta?
Spalancai gli occhi cercando di trovare informazioni sul luogo in cui mi trovavo, ma fu una pessima idea: la luce mi accecò ed un dolore lancinante mi perforò la testa, così richiusi gli occhi e decisi di aspettare che il dolore passasse almeno un minimo.
Dopo qualche minuto i miei pensieri si fecero più chiari: mi ricordai dei Cyberuomini e della fuga; per un attimo fui assalita dall'ansia all'idea di trovarmi sulla loro astronave, così decisi che dovevo assolutamente capire dove mi trovassi. Aprii più cautamente gli occhi, socchiudendoli inizialmente cercando di capire dove potessi trovarmi.
Quando riuscii a mettere a fuoco ciò che mi circondava capii immediatamente che luogo fosse e per mia fortuna non era un'astronave dei Cyberuomini: ero su un Tardis. Molte altre domande ora cercavano risposta, ma la più importante per me e quella che mi mozzò il respiro per qualche istante fu: chi lo comandava?
Poteva essere solo un altro Signore del Tempo, ma allora...
La mia testa non accennava a smettere di disorientarmi e rendermi il risveglio un incubo, ma avevo bisogno di tutta la mia lucidità.
Ero in una delle camere che di solito i Signori del Tempo utilizzavano come stanze per gli ospiti o laboratori di ricerca; intorno a me c'erano scaffali pieni di oggetti di qualsivoglia genere: lampade, libri, fogli, pietre, alimentatori e tante altre cianfrusaglie che parevano non vedere la luce di una stella da qualche secolo. Rimasi un istante a contemplare ciò che mi circondava, ma nel mio stupore sapevo di dover avere delle risposte.
Cosa ci facevo lì? E soprattutto: come ci ero arrivata?
Cercai di alzarmi con fatica, ma un capogiro mi fece cadere a terra con un tonfo. La gamba pulsò dolorosamente e fu solo grazie a tutto il mio autocontrollo che non gridai per il male. Dovevo essere discretamente conciata male per provare tutto quel dolore.
Il rumore della mia caduta dovette attirare l’attenzione del comandante della macchina spazio-temporale perché dopo pochi istanti comparì sulla soglia di una delle porte un essere dall'aspetto umano, ma inequivocabilmente Signore del Tempo. Aveva capelli castani medio lunghi e occhi chiari; indossava una giacca marroncina e una camicia bianca con un farfallino al collo blu che si intonava perfettamente con i pantaloni. Aveva qualcosa di famigliare… Solo non riuscivo a ricordare cosa…
–Ben svegliata Time Lady, la ferita alla gamba si dovrebbe rimarginare entro pochi giorni, mentre per i capogiri è questione di qualche ora e sarai come nuova!–
Quella voce…
Fu come se la mia testa si fosse contratta per cercare qualcosa... Un ricordo...


Fuoco.
Fiamme.
Grida.
Metallo.
Stelle.
Non distinguevo nulla. Tutto era mischiato in un baratro infuocato: -- Mamma! Papà! Dove siete?!–
Gridavo a squarciagola, piangendo e stringendo la bambola che avevo tra le mani. Era un orsetto di peluche, il mio orsetto, che Bill mi aveva regalato per il compleanno:Mamma!–
La mia voce era sommersa da urla ed esplosioni.Poi…
Una voce.
Stai tranquilla Time Lady, non permetterò che ti accada nulla.– Poi il buio.



Mi svegliai nel letto di uno degli ospedali da campo, lo strano uomo doveva avermi portato al sicuro. Ero stata una stupida ad allontanarmi da casa così tanto; i miei genitori mi avevano detto di stare attenta, ma io avevo perso il mio orsetto e non volevo perchè me lo aveva regalato Bill.
Vidi che l'uomo se ne stava andando dal campo; era voltato e stava per uscire dalla tenda, ma io volevo almeno dirgli grazie, così mi alzai e di fretta lo raggiunsi prendendolo per un lembo della giacca: –Grazie signore, mi ha salvata!–
L'uomo non si voltò, ma rispose: –Ben svegliata Time Lady. Spero di poter salvare non solo te.–
Era una guerra, ognuno sperava di salvare quanti più amici e compagni possibile, ma lui non sembrava un guerriero, non aveva neanche un'arma...
Sono certa che salverà un sacco di persone signore! Lei è un uomo buono.–
Lui si bloccò per un istante, quasi come se qualcuno lo avesse colpito. Non capivo... Avevo detto qualcosa di male? Non mi sembrava.
Dopo un istante si voltò leggermente verso di me e mi sorrise; era un sorriso caldo e rassicurante.
Poi si allontanò.


Era la sua voce.
Anche se l’aspetto dell’uomo e il timbro erano diversi sapevo dentro di me che era la sua voce.
–Chi sei? Pensavo che fossero tutti morti i Time Lords.–
I miei ricordi passavano in secondo piano rispetto alle domande che mi assillavano la mente. Ero accigliata perché il mio istinto mi diceva di stare attenta e di non fidarmi di nessuno, come mi avevano sempre insegnato, ma ero anche contenta di non essere l’unica sopravvissuta al massacro, che ormai era diventata quasi una certezza.
Lui rimase immobile, ma gli si spense il sorriso sulle labbra; era evidente che non era un discorso che gli piaceva particolarmente, ma potevo capirlo... tutto il nostro popolo era stato sterminato dopotutto: –Non morti, ma quasi.– disse sussurrando, poi aggiunse a voce più alta: –E comunque potrei porti la stessa domanda.–
La mia mente si era fermata alla prima parte della frase… “Non morti”? Cosa?
–Cosa vorresti dire con: non morti? Io c’ero quando la guerra stava finendo, non può essere sopravvissuto nessuno!–
L’uomo sospirò. C'era dolore nel suo sospiro, malinconia e forse qualcosa di più profondo. Si avvicinò a me cautamente, non voleva mettermi sulla difensiva più di quanto già non fossi, ma non potevo farci nulla: mi inquietava, ma allo stesso tempo sentivo di avere un legame con lui; quell'incontro di quando ero piccola mi era sempre rimasto nella mente come uno dei momenti più significativi della mia vita, nonostante non avessi idea di chi fosse quella persona non poteva che essere un uomo buono.
–Ti sei persa il gran finale... Ma dimmi, chi sei tu? Non ricordo di averti mai vista.–
Era bravo a sviare il discorso, ma in quel momento avevo la mente troppo confusa per poter iniziare una discussione, quindi lascia perdere il discorso principale ed anche il fatto che lui non si ricordasse di me, ma probabilmente ero troppo diversa da allora ed anche lui era decisamente diverso: –Mi chiamo Lady Emelonewhoseesbeyond.–
Sorrise con l'angolo della bocca, poi fece una giravolta e un inchino particolarmente maldestro, probabilmente erano decenni che non sentiva più il nome di un Signore del Tempo ed il suo modo di comportarsi in momenti in cui non sapeva qualcosa era fare lo sciocco: –Emely… Mi piace!–
Sfrontato il giovane. Cercai di trattenere una risata, ma i miei tentativi furono vani quando vidi l’espressione stupida del mio interlocutore: –Sei veramente spassoso! Nessuno mi aveva mai chiamato per soprannome. Nessuno avrebbe osato. Ma dimmi un po’, il tuo nome sarebbe?–
L’uomo stava per rispondere, quando uno scossone fece tremare il Tardis. Ci guardammo con la stessa faccia dubbiosa. Lui corse verso la Sala Comandi ed io lo raggiunsi con qualche difficoltà visto che la mia gamba non stava ancora benissimo, mentre una seconda scossa si propagava per tutte le sale.
–Cyberuomini! Perché ci stanno attaccando?–
Tossii decisamente imbarazzata e alzai un braccio: –Colpa mia! Diciamo che ho messo il naso in cose che non mi riguardavano e… Sono stata trovata.– Avevo combinato un guaio. E ora ne dovevo pagare le conseguenze e purtroppo sarebbero ricadute anche sul mio salvatore.
Lui rise divertito per poi dire: –Ho un conto in sospeso con loro e diciamo che non gradiscono quelli come noi, dopo l’ultima volta.–
Volevo chiedergli cosa fosse accaduto “l’ultima volta”, ma quei pezzi di metallo avevano deciso che non potevamo parlare e lo sottolinearono con un colpo più potente dei precedenti. Il Signore del Tempo prese dalla tasca il suo cacciavite sonico e dopo averlo puntato verso i comandi comparve l’immagine di uno degli Cybermen sullo schermo.
–Si identifichi.– La metallica voce di quegli esseri non mi era mancata per niente.
L’uomo rise: –Come se non mi conosceste! Parliamo di cose serie: che cosa volete dalla mia astronave? Andatevene e fingerò di non essere mai stato attaccato.–
–Impossibile. Noi vogliamo la Time Lady. Ci serve energia. O ce la consegni o saremo costretti a distruggere entrambi.–
Energia? Il giovane mi guardò dubbioso ed io gli risposti con lo stesso sguardo sorpreso.
Si voltò nuovamente e si rivolse allo schermo: –Specificate l’origine del problema. A cosa vi serve l’energia? E come può darvela la Time Lady?–
–Ci occorre l’energia per viaggiare e trovarne altra. Viaggiare nel tempo. Questo tempo è troppo ristretto per noi. Prenderemo il comando di ogni tempo, ma ci serve energia. Energia temporale.–
Adesso le cose si facevano più chiare, ma come potevano estrarre energia temporale da me? Sinceramente non lo volevo sapere! Però una domanda mi sorse spontanea...
–Perché volete lei e non me? Siamo entrambi Signori del Tempo.– Avevamo pensato la stessa cosa, ma lui era stato più rapido ad esprimerla a parole. Probabilmente si erano stufati di rispondere, o semplicemente non volevano farlo, perché lapidari conclusero: –Vogliamo la ragazza. Consegnala o saremo costretti a distruggervi. Vi diamo due minuti per effettuare il trasporto, altrimenti verrete eliminati.–
L’immagine del Cyberman svanì dallo schermo e rimanemmo soli. –Non possono ucciderci. Io servo a loro quindi non possono uccidermi, ma visto che sono sul Tardis non possono distruggerlo. No?–
La mia era una flebile speranza, nell’Universo esistevano tantissimi modi per poter catturare una persona e l’essere dentro una macchina del tempo non era un problema insormontabile. Lo guardai: stava camminando in lungo e in largo in quella sala, silenzioso, intento a pensare.
Era uno strano personaggio, strano anche per essere un Signore del Tempo, uno che ti ricordi se lo vedi anche solo una volta… Infatti avevo capito immediatamente che fosse lui nel mio ricordo.
Improvvisamente alzò un dito al cielo ridendo: –Sono uno stupido! Siamo o non siamo Signori del Tempo dentro una macchina del tempo? Dovremo semplicemente... viaggiare nel tempo!–
Rimasi immobile per alcuni istanti e poi risi sguaiatamente insieme a lui per la semplicità della sua idea e per la nostra incapacità di vedere le cose più semplici.
Lo schermo si illuminò nuovamente e una voce disse: –Il tempo è scaduto! Verrete distrutti. Preparatevi.–
Un nuovo colpo mi fece barcollare e cadere addosso all’uomo che era con me sul Tardis. Ero stufa di chiamarlo nella mia mente nei modi più disparati senza sapere quale fosse il suo nome.
Il Cyberman aggiunse: –Porteremo la ragazza con noi e tu non potrai far nulla. Addio.–
L’uomo sorrise mentre mi aiutava ad alzarmi e, rivolgendosi a me con un tono così serio da spaventare il più temibile nemico, ma al tempo stesso con una luce negli occhi, come se trovasse quella situazione la più divertente del mondo e disse: –Loro non sanno chi sono.–
Io risposi fingendo serietà, ma con un sorriso nascosto nelle labbra: –Nemmeno io so chi sei.–
Lui sorrise e rispose: –Sono il Dottore!–

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Traditore ***


Capitolo revisionato


Spalancai gli occhi per la sorpresa: –Tu…–
L’uomo, o meglio, il Dottore alzò un sopracciglio dubbioso nei confronti della mia reazione. Abbassò un paio di leve ed il Tardis si mosse, ma solo nello spazio, non ancora nel tempo in quanto la mia affermazione sembrava averlo scosso o distratto.
Non capiva.
Non poteva capire...


Guerra.
Non vedevo altro da sempre.
La mia vita era nata nella guerra e pensavo che sarei morta nella guerra anche se la morte non era mai stata un mio pensiero.
Pensavo a mia mamma, che ogni giorno cercava di sorridere anche se vedevo che quando si voltava era triste e piangeva spesso. Papà era freddo e stanco, cercavo di abbracciarlo quando potevo, ma spesso mi allontanava dicendo che non era il momento... Non capivo il momento per cosa.Ogni giorno arrivavano notizie dal fronte ed anche se mamma e papà cercavano di non parlarne mai con me io sapevo che ogni giorno sempre più persone morivano.
Ne parlavo solo con Bill, solo lui poteva capirmi e non era come gli adulti, non nascondeva le cose. Bill diceva che i suoi genitori parlavano spesso della guerra e che c'era un Signore del Tempo che stava facendo qualcosa per continuarla. Non avevamo idea di cosa, ma erano tutti certi del fatto che quella guerra sarebbe già finita se non fosse stato per lui; così era diventato per noi l'icona della guerra.
Un giorno gli chiesi: –Bill. Secondo te chi è il Mostro?– Avevamo iniziato a chiamarlo così perchè per noi lo era; per colpa sua la guerra non finiva, i nostri genitori erano scontrosi e amici e fratelli non tornavano a casa.
Bill mi rispose: –Non saprei Memy, ma so che l’Ufficiale una volta era venuto a casa nostra per le notizie riguardo al fronte e ha nominato un certo Dottore… Le sue parole esatte sono state: “I Dalek sono forti, ma noi siamo i Signori del Tempo. Li batteremo! Sempre se quel Dottore non si mette in mezzo. Mi preoccupa quel tipo!”–


Non potevo crederci. Era impossibile.
Il Dottore.
Colui che aveva… Distrutto ogni cosa.


Ero spaventata.
Non sapevo dov’ero né in quale epoca.
Ero tornata da quel vuoto assoluto per finire in un mondo sconosciuto... Di bene in meglio!
Mi guardai intorno: ero in una città piena di vita e di movimento, con grattacieli alti quanto una montagna. Doveva trattarsi di una colonia umana poiché gli esseri viventi che vi trovai erano tutti uomini.
Di sicuro qualcuno di loro doveva sapere dove si trovassero i miei simili. Fortunatamente avevo con me un dispositivo che mi permetteva di comprendere la lingua del pianeta ed anche di parlarla io stessa.
In realtà era un mero catalizzatore del potere dell'influsso del viaggio nel tempo, ma mi era sempre piaciuto moltissimo quel gioiello ed avendo quel potere contenuto in un oggetto potevo tranquillamente togliermelo e smettere di ascoltare in qualunque momento. L'unico problema era che per settarsi doveva registrare il linguaggio specifico, per cui iniziai a girovagare per le strade cercando qualcuno che parlasse. Evidentemente quello era un giorno silenzioso, ma dopo qualche ora trovai un gruppo di umani che stavano acclamando uno schermo con particolare enfasi. Non mi era ben chiaro il motivo, ma non mi interessava particolarmente
Mi avvicinai ad un uomo che stava placidamente osservando dei cuccioli... bambini, sì era quello il loro nome: –Scusi mi potrebbe dire dove si possono trovare i Signori del Tempo?–
L'uomo mi fissò dubbioso prima di ricordarsi rise di gusto: –Cara, la biblioteca è da quella parte.–
Biblioteca?
Sorrisi confusa e mi diressi verso quella direzione. Non ricordavo di preciso quali fossero i costumi di quell'epoca e preferivo rimanere il più possibile in disparte.
Entrai nella biblioteca e decisi di chiedere alla ragazza dietro al cassa, soprattutto perchè era l'unico essere vivente in quella sala: –Scusi, mi può dire dove si trovano i Signori del Tempo?–
Lei mi guardò dubbiosa per un istante, poi premette alcuni pulsanti su uno schermo olografico ed infine mi sorrise fintamente cordiale: –Certo. Aspetti un attimo.–
Si voltò e sparì in un’altra sala.
Quando tornò aveva in mano un volume enorme e me lo porse.
Il titolo era: “Signori del Tempo: storia o leggenda?”
Scorsi rapidamente le pagine del libro e più leggevo, più mi stupivo.
Parlava della storia del mio popolo, a volte raccontava fatti veri altre volte cose assurde o con parziali verità… Una domanda spuntò nella mia mente... Quanto tempo era passato?
L’ultimo capitolo s’intitolava: “La fine dei Signori del Tempo” e parlava della Guerra del Tempo contro i Dalek e della totale distruzione di entrambe le razze. Il capitolo terminava con queste parole, parole che continuarono a ripetersi nella mia mente:
La guerra volgeva al termine, i Dalek erano stati sterminati dai Signori del Tempo, anche se entrambe le fazioni avevano avuto molte perdite i Time Lords avevano vinto. Qui accadde l’impensabile. Un Signore del Tempo tradì i suoi compagni e distrusse tutta la sua civiltà. Non si conosce il come né il perché, ma ci sono fonti attendibili che dicono sia stato Il Dottore.”


Lui aveva sterminato il mio popolo.
Lui aveva ucciso la mia famiglia.
Aveva ucciso Bill.
Ogni cosa era stata distrutta per colpa sua!
–Tu… Sei un assassino!– Dissi con una rabbia cieca che non riuscivo a controllare. Le mie mani tremavano per il furore. Non potevo credere che una persona potesse compiere un genocidio di quel genere e soprattutto nei confronti della sua stessa razza.
E soprattutto non potevo credere che quell'uomo fosse lo stesso che mi aveva salvata durante la guerra. Gli avevo detto che era un uomo buono allora, ma in quel momento mi sembrava solo un assassino.
Lui rimase impassibile. Vidi un lampo di tristezza nei suoi occhi: –Cosa intendi?–
Non capiva? Non si ricordava forse di aver distrutto la sua gente: era solo stupido o anche pazzo? –Come fai a non capire?! Sei un traditore! Hai ucciso il tuo popolo... Il mio popolo! Come hai potuto farlo?!–
Lui capì anche se probabilmente già dalle mie prime parole l'aveva intuito: lo vedevo nei suoi occhi.
Vedevo il dolore di chi si sente in colpa, ma vedevo anche il dolore di chi ha subito perdite importanti. Di certo non era fiero di quello che aveva fatto, ma come aveva potuto farlo?
Qualcosa dentro di me cambiò, la mia rabbia si assopì per un attimo... Ognuno compie degli errori, ma alcuni erano decisamente troppo grandi per non avere una ragione. Non riuscivo a capire, però. Lui aveva causato la scomparsa di tutto il suo popolo, ma perché?
–Tu non sai cosa è accaduto veramente. Non sono morti, non tutti. Tu non hai proprio idea di come sia finita la guerra…–
Cosa?
Era già la seconda volta che mi diceva che non erano morti, ma allora dove erano finiti? Perché nessuno ne sapeva nulla? Tutti coloro a cui avevo chiesto in quegli anni confermavano il fatto che fossero tutti morti.
–Allora raccontamelo tu.– Replicai incrociando le braccia ed attendendo una qualche spiegazione.
Non avevo molte alternative, volevo conoscere la verità e per quando fossi tutt’altro che ben disposta nei suoi confronti dopo quello che mi aveva detto e quello che avevo scoperto negli ultimi mesi, ora che sapevo chi era, volevo ad ogni costo sapere.
Avevo trascorso l'ultimo periodo cercando disperatamente un indizio su quello che era accaduto e proprio quando avevo accettato l'idea che fossero tutti morti, ecco che spuntava quel tizio e mi diceva che non sapevo nulla. Chi era veramente il Dottore? Il brav'uomo che avevo incontrato anni prima e che mi aveva salvato la vita oppure l'assassino che aveva sterminato tutta la mia e sua razza?
Il Dottore stava per rispondere, quando un violento scossone ci riportò al presente.
I Cyberuomini ci stavano ancora cercando, dovevamo muoverci nel tempo per sfuggire alle loro astronavi. Avevamo ritardato di troppo la nostra partenza.
Il Dottore si avvicinò ai comandi e poi si girò verso di me sorridendo, quasi come se non fosse accaduto nulla: –Dove andiamo madame?–
Rideva?
Quell’uomo era davvero stranissimo, l’avevo accusato solo poco prima di essere un traditore e un assassino, nemmeno ne avevamo parlato davvero e ora sorridente mi chiedeva dove volevo andare?
Ero ancora arrabbiata con lui, ma forse avevo giudicato troppo in fretta, senza sentire tutte le versioni, soprattutto la sua per cui nonostante tutto non riuscii a trattenere un sorriso divertito che subito sparì dal mio volto, ma capii che il Dottore l’aveva visto perché sul suo viso si aprì ulteriormente il sorriso: –Bene, lasciamo che sia il Tardis a decidere!–
Il Dottore abbassò una leva e forti scossoni percorsero tutta la nave facendomi perdere l’equilibrio e cadere a terra: –Dovrai abituarti se vorrai rimanere qua.– Disse sorridendo quel pazzo Time Lord davanti a me. Probabilmente avrei dovuto dirgli che bastava attivare gli smorzatori, ma in quel frangente lasciai perdere.
Sorrisi malignamente: –E cosa ti fa pensare che io vorrò rimanere qua con… te?–
Lui smise di sorridere: –Vuoi delle risposte. E non esiste altro essere nell’intero Universo che possa dartele. Nessuno, a parte me.–
Il sorriso mi morì sulle labbra.
Aveva ragione.
Aveva maledettamente ragione.
–Allora rispondi. Dimmi cos’è successo. Dimmi dove sono finiti tutti i miei amici. E solo dopo deciderò cosa fare con te.–
Non credevo di avere molta scelta in realtà. Non c'era nessun altro nell'intero universo che fosse come me o per lo meno simile. Ero sola... A parte per il Dottore.
–Vieni. Seguimi.– E detto questo si diresse verso le stanze del Tardis. Lo seguii attraverso una, due, tre porte, finchè non arrivammo in una biblioteca.
Si sedette su un divano ed io su una poltrona di fronte. Non entravo in un Tardis da... Da quando tutto era finito. Quello era un modello piuttosto vecchio, ma pur sempre funzionale; preferivo un look un po' più moderno, ma erano miei gusti, probabilmente ero troppo giovane per apprezzare il vintage.
Il Dottore si passò una mano in mezzo ai capelli e disse: –So che mi detesti. So cosa ho fatto e sono secoli che ne pago le conseguenze. Ti chiedo solo di giudicare dopo avermi ascoltato.–
Annuii.
Finalmente avrei conosciuto la verità!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Spiegazioni ***


Capitolo revisionato


Avrei avuto le mie risposte. Dopo tutti quei mesi passati nella disperazione stavo iniziando ad accettare il mio destino di ultimo dei Signori del Tempo. Per di più ero senza un Tardis o un altro mezzo di trasporto spaziale o temporale di qualunque genere e me l'ero cavata grazie alla mia carta sonica e all'astuzia.
Adesso avrei saputo tutto.

–Come ben sai la Guerra del Tempo è iniziata perché i Dalek, da sempre nemici dei Signori del Tempo, stavano diventando una minaccia troppo grande per l’intero Universo e i Signori del Tempo non potevano permetterlo.

–Erano ormai...Troppi anni che i Dalek e i Time Lords erano sul fronte di guerra perchè i primi volevano il controllo illimitato dell'Universo e di tutto il Tempo ed i secondi si erano proclamati paladini e guardiani di ogni forma di vita. Lo scontro tra le due razze fu inevitabile e catastrofico.
Queste cose le sapevo perfettamente, non c’era davvero bisogno di raccontarmele di nuovo, ma lo lasciai parlare perché non sapevo dove iniziasse il suo intervento in una guerra durata così tanti secoli. E poi i miei ricordi per quanto chiari avevano alcune sfumature nebulose da quando mi ero risvegliata... Dopo il vuoto ogni cosa pare un po' sfuggente.

–Le due fazioni iniziarono lo scontro con ogni arma a loro disposizione e le armi che rendevano i Signori del Tempo avvantaggiati erano i Tardis, le macchine spazio-temporali.–
Definire i Tardis delle “armi” era scorretto da ogni punto di vista, ma era vero; mi ricordavo che nel corso della guerra i Tardis erano utilizzati come armi vere e proprie, anzi ad un certo punto avevano cercato di aggiungere dei differenti tipi di fucili ed esplosivi al Tardis. Questi ultimi si erano opposti con ogni loro capacità e non ero certa di come fosse finita la questione.
Nel pronunciare al parola “macchine” il Dottore fece una smorfia di disgusto che non compresi subito, ma probabilmente era lo stesso pensiero che avevo avuto io al sentirli chiamare “armi”; poi continuò: –Grazie al loro vantaggio i Time Lords poterono distruggere una grande parte dell'esercito dei Dalek prima che questi riuscissero ad organizzare una contromossa, ma essa arrivò fin troppo presto ed i Signori del Tempo furono troppo orgogliosi e spavaldi e sottovalutarono la minaccia. I Dalek riuscirono a uccidere attraverso una trappola che sfruttava proprio l'orgoglio dei Time Lords una grande parte dei Tardis esistenti e così facendo limitarono i Signori del Tempo. La guerra era in un momento di stallo: i Dalek avevano poche truppe, ma tantissime risorse, mentre i Singori del Tempo avevano subito poche perdite, ma le loro risorse erano molto limitate essendo sotto assedio ed avendo perso una buona parte dei loro Tardis. Erano entrambi molto provati; erano passati secoli dall'inizio di quella guerra, ma ormai la fine era vicina poiché entrambe le parti stavano sfruttando le loro risorse fino all'estremo; si giocavano il tutto per tutto. A questo punto entro in gioco io.–

Sapevo quasi tutto quello che era accaduto, ma non avevo idea che fossimo messi così male in quel momento.
–La guerra progrediva e i Signori del Tempo tornarono in vantaggio, sia numericamente che come forze, ma non erano più gli stessi. L'Alto Consiglio per sconfiggere i Dalek e vincere la guerra aveva utilizzato ogni arma: prima di tutte l’astuzia, la dote con cui i Signori del Tempo combattevano da tempo immemore contro ingiustizie e reati in ogni tempo e spazio… ma ben presto non fu sufficiente…–
Qui s’interruppe.
Questa storia si faceva sempre più interessante e sconvolgente. Il Dottore aveva ragione. I Signori del Tempo venivano istruiti a combattere non con le armi, ma con la mente e ad utilizzarla per difendere lo spazio e il tempo di cui erano i controllori. Durante i miei studi da giovane mi avevano sempre insegnato quei principi ed io davo per scontato che durante la guerra i miei maestri e amici combattessero seguendo quel principio che da sempre avevano insegnato… Ma il Dottore mi stava mostrando una parte della guerra che io non avevo mai… notato. L'avevo vista; le armi e le attrezzature da guerra non avevano fatto altro che aumentare finchè probabilmente la nostra astuzia era passata in secondo piano rispetto alla forza bruta. Quando il Generale veniva a casa nostra per portare notizie del fronte nominava incursioni, armi, agguati… ma non avevo mai prestato attenzione a questa sua sfumatura. Ero giovane e sciocca; nata e cresciuta in una guerra, ma sempre e comunque con l'idea di vivere la mia vita come se ciò non fosse mai accaduto, come se fossi stata una qualunque ragazza di un'epoca felice. Bill cercava sempre di farmi aprire gli occhi davanti a quella realtà, ma io non potevo crederci, volevo solo essere normale...

–I Signori del Tempo finirono per combattere disperatamente questa guerra, volevano ad ogni costo la vittoria perché ormai ne avevano fatto una questione di orgoglio più che una guerra contro quegli esseri spietati che non possedevano alcun sentimento e che volevano distruggere l'intera realtà. Quando divenni adulto iniziai a capire che in quella guerra c'era qualcosa di terribilmente sbagliato; mi accorsi ben presto che la differenza tra i Dalek e i Signori del Tempo era diventata solo una questione fisica, li differenziava solo il corpo, ma le armi con cui stavano combattendo erano le stesse.–

–Cercai di farlo notare ad amici, compagni ed anche all'Alto Consiglio, ma non ottenni mai risposta… Venni etichettato come disturbatore della quiete e cancellato da ogni discussione, ma non mi importava poi molto. Dovevo fare qualcosa per cambiare quella situazione; non potevo lasciar correre; ed il peggio venne dopo.–
Cos’era accaduto di tanto importante da spingere il Dottore a… a questo punto non sapevo neanche a fare cosa. Fino a pochi istanti prima ero più che sicura che avesse sterminato la sua razza, ma ora che me lo trovavo davanti non potevo crederci, ed ogni parola me ne dava la conferma. Non poteva aver avuto un cambiamento così drastico in così poco tempo.

–Un giorno, un paio di secoli dopo il mio primo intervento per cambiare i metodi di quella guerra mi recai dall'Alto Consiglio per discutere nuovamente le problematiche etiche e morali del loro comportamento durante la guerra, ma ciò che trovai mi scosse dentro e mi fece cambiare drasticamente. Il Consiglio stava discutendo; io stavo per entrare nella sala e farmi sentire, quando sentii una frase che mi fece rimanere nell’ombra, nascondendomi. Uno dei consiglieri stava dicendo: “La seconda guerra inizierà subito dopo la fine di questa, ma quella la vinceremo senza toccare armi… o quasi”. Ero rimasto paralizzato da quelle parole, così rimasi ad ascoltare e sentii che il loro piano era quello di… di proclamarsi i sovrani assoluti dell’intero Universo temporale! Dicevano che alla fin fine lo eravano sempre stati e che proclamandosi ufficialmente avrebbero solo reso tutto più facile e il mondo sarebbe stato in pace. Ero talmente stupido e sconvolto che non fui sufficientemente prudente e mi scoprirono.

–Ovviamente non potevano processarmi pubblicamente o farmi alcunché poiché il loro piano era un segreto assoluto inizialmente, o almeno così credevo… I consiglieri fecero di tutto per farmi perdere credibilità e così facendo ottenni la fama di essere un delinquente e un pazzo, oltre ad essere un pericolo pubblico. Ormai non avevo niente da perdere e continuai le mie ricerche. Così facendo scoprii che non solo il Gran Consiglio era a conoscenza di questo piano, ma tutte le più grandi cariche e che pian piano si stava espandendo sotto forma di una protesta nei confronti dell’universo e dei suoi problemi. La situazione si faceva sempre più drammatica e la guerra contro i Dalek ormai stava per terminare con la vittoria dei Signori del Tempo.–
Quella situazione era terribile. Non potevo credere che fosse la realtà in cui ero vissuta. Non mi ero mai resa conto che al di sotto di quella già devastante guerra ci fosse un piano così terribile e malvagio progettato proprio dal mio stesso popolo. Chissà se anche il Generale ne era a conoscenza e lo volesse anche lui... Speravo di no; non mi sembrava una persona cattiva, ma era un soldato e con i soldati non si poteva mai essere troppo sicuri purtroppo.

–I Dalek a quel punto tentarono il tutto per tutto e con la loro Nave Madre si schiantarono contro Gallifrey provocando tantissime perdite. L'Alto Consiglio, però, non era presente, si era trasferito in un Universo parallelo creato appositamente per “salvaguardare la storia del popolo”, così facendo loro si salvarono, mentre il resto di noi morì.–
Questa storia mi stava lasciando senza parole. Non avevo idea di quello che fosse accaduto a quel punto della storia… Io non c’ero.
–E tu come hai fatto a sopravvivere allora?– Fu l'unica cosa che mi venne in mente in quel momento; ero troppo sconvolta per formulare una qualsiasi altra frase.
Lui sorrise mestamente: –Sono scappato. Ho scoperto il piano dei Dalek pochissimi istanti prima che lo realizzassero, così sono entrato nel Tardis e sono scappato. Ho provato a salvare altre persone, ma con la fama di pazzo che mi ritrovavo nessuno si fidò ed io dovetti scappare per salvare almeno una parte della mia razza.–
Guardai i suoi occhi… Erano vuoti e tristi… Ora iniziavo a capire il suo dolore da dove provenisse; era profondo e incancellabile.
–Quando ritornai gli unici rimasti vivi erano i Consiglieri che erano tornati dall’Universo parallelo e avevano ancora intenzione di proclamarsi i sovrani assoluti di ogni forma vivente, così decisi di agire… Creai un altro universo parallelo sigillato e vuoto dove spedii gli ultimi Signori del Tempo esistenti. Da quel luogo nessuno sarebbe potuto scappare e la minaccia per l’Universo sarebbe stata eliminata. Almeno, però, non sarebbe morto nessun altro; erano già morti in troppi. Gli unici che si salvarono fummo io e il Maestro, ma ormai anche lui è scomparso…–
Sospirò per il ricordo, ma era anche sollevato. Aveva parlato per tanto tempo, ma probabilmente quella storia era talmente tanto antica ed erano state così poche le volte in cui l'aveva raccontata a qualcuno che parlarne lo doveva aver liberato da un peso enorme.
–Ora sai la vera storia e se ancora mi odierai ti capirò.–
La rabbia dentro di me si era ormai spenta totalmente. Non potevo credere a quella storia, era assurda! Eppure…
–Ci credo Dottore. Non chiedermi perché, ma… il mio sesto senso mi dice che tu non menti, e il mio sesto senso non ha mai fallito.– Mi sembrava di aver mentito, ma non ero ben chiara nemmeno su cosa, figurarsi il perchè.
Il Dottore mi guardò con un misto di sollievo e ringraziamento. La sua espressione mi fece ridere: –Sei buffo Dottore! E ora che mi ci fai pensare penso che rimarrò con te, ovviamente solo per controllarti e verificare che tu non faccia pazzie, pazzo!–
Era una battuta decisamente pessima, ma con tutto il tempo che avevo trascorso da sola mi sembrò la cosa più divertente del mondo.
Il Dottore alzò un sopracciglio con un sorriso sulle labbra e poi si mise a ridere.
Nonostante l’odio iniziale, quel Dottore mi stava simpatico e poi…
Ormai eravamo gli ultimi…



 
Avrei alcune cose da dire a questo punto della revisione: mi spiace per la lunghezza dei capitoli, so che sono terribilmente corti, ma per quanto possa allungarli non voglio cambiarne la disposizione.
Nei capitoli nuovi prometto che avrete capitoli più consistenti e con abbastanza costanza nel tempo.
Spero che la mia storia attiri qualche nuovo lettore!
A presto,
Selene6

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Acqua ***


Capitolo revisionato

–Dottore?–
Dopo il suo racconto e la mia accettazione dell’accaduto il Dottore aveva deciso di ripartire immediatamente con il Tardis, ma ancora non mi aveva voluto dire nulla sulla nostra destinazione o sul motivo di tale fretta nel ripartire.
–Dimmi Emely.– La sua voce proveniva da una stanza poco lontana da dove mi trovavo, non sapevo esattamente dove; forse era nella biblioteca o in piscina, oppure nella sala relax.
Mi diressi in quella direzione e risposi: –Dove stiamo andando?–
Il Dottore rise mentre stavo per entrare nella stanza: ricordava tanto uno studio umano del diciottesimo secolo, con un caminetto decorato finemente con intagli pregiati, un'antica libreria d’ebano ed una scrivania dello stesso materiale con intarsi lavorati.
Il Dottore era seduto davanti alla scrivania e indossava dei buffi occhiali che parevano avere almeno un centinaio d’anni.
Lui alzò lo sguardo verso di me quando mi sentì scoppiare a ridere. Era ridicolo con indosso quegli occhiali: –Che ci trovi da ridere?–
Mi lacrimavano gli occhi per il troppo riso e ci misi qualche istante per riprendermi; quando riuscii a contenermi un minimo risposi: –Sei… Sei assolutamente ridicolo con quegli occhiali Dottore!–
Lui mi guardò un po’ stranito, ma poi sorrise e replicò: –Ma se mi rendono così terribilmente intelligente e sexy?–
L’osservai scoppiare a ridere con un sopracciglio alzato ed un un sorrisetto sulle labbra e gli risposi: –Allora ti sei accorto della stupidaggine che hai detto!–
Il Dottore mi fece la linguaccia e poi tornò ad essere relativamente serio come sempre: –Volevi sapere dove stiamo andando?–
Io annuii e nello stesso istante il Tardis iniziò a tremare bruscamente: stavamo atterrando. Mi ero dimenticata di sistemare gli smorzatori, ma presto l'avrei fatto: quel rumore era parecchio fastidioso.
Improvvisamente il mio compagno di viaggio mi afferrò un polso e si mise a correre verso l’uscita. Mi sentivo tanto un burattino sballottato di qua e di là, ma non opposi praticamente nessuna resistenza.
Quel pazzo Signore del Tempo aprì la porta del Tardis e mi condusse fuori, per poi concludere la frase: –Ecco dove siamo!–
Intorno a me c’era… Acqua! Acqua?
Ovunque guardassi vedevo solo acqua, oltre a delle pareti semitrasparenti di una specie di tunnel. Guardai nell’acqua scura per cercare di capire cosa ci fosse nelle profondità ed improvvisamente davanti alla mia faccia comparve un essere giallognolo che mi terrorizzò!
Balzai indietro e cadendo mi portai una mano al petto per il terrore.
Con il respiro corto mi resi conto che l’essere che mi aveva intimorito era un innoquo pesce-gianol dei mari del Sistema III.
Un semplice incrocio tra un pesce palla della Terra e un gianol dei Mari Orientali, ovvero un piccolo anfibio con due corna-antenne che spuntano dalla fronte, dure come l’acciaio; forniscono un'ottima difesa sia per la loro resistenza sia grazie al campo elettromagnetico che può all’occorrenza circondare l’animale e che viene generato proprio dalle due protuberanze.
Sentii una risata provenire dalla mia destra e subito lanciai un’occhiataccia verso il possessore della voce: il Dottore. Diressi poi il mio sguardo omicida in direzione del pesce davanti a me, che, spaventandosi, scappò.
–Sei talmente spaventosa che fai scappare persino quel povero, piccolo e indifeso pesciolino!– Disse ridendo il Dottore.
Gli feci una linguaccia per concludere il discorso; poi mi rialzai e continuai ad osservare il luogo in cui mi trovavo: –Dove siamo? Non mi hai ancora risposto.–
Quel posto non mi diceva nulla, conoscevo troppo poco l’Universo, nonostante le mie origini.
Non è facile nascere e crescere durante la guerra: ti isola da ogni cosa e sicuramente l'insegnamento della geografia spaziale passava in secondo piano come anche l'esplorazione. Se poi si aggiungeva a questo ciò che avevo scoperto dal Dottore, ovvero il fatto che quasi tutti i Tardis in quel periodo erano stati eliminati dai Dalek, i giovani non avevano avuto quasi nessuna esperienza, mentre ero più che certa che il Dottore ne avesse avute moltissime.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri ed ascoltare quello che mi stava dicendo il mio “coinquilino”: –Siamo nel Pianeta Acquario. Chiamato erroneamente pianeta poiché in realtà è semplicemente un enorme asteroide cavo che è stato riempito d’acqua, chiusa all’interno di una immensa ampolla con milioni di tunnel. E ho detto “nel” proprio perchè noi ci troviamo in uno di quei tunnel sottoposti a pressioni inimmaginabili. Ma non preoccuparti– aggiunse vedendo la mia espressione preoccupata: –sono realizzati in tallio, uno dei materiali più resistenti alla pressione dell'acqua in assoluto; questo perchè...–
–Dottore ho capito, non preoccuparti e riprendi il fiato.– Lo bloccai perchè il suo viso stava assumendo una sfumatura rossastra compatibile con la mancanza di ossigeno visto che aveva pronunciato il suo monologo senza fermarsi nemmeno un istante a respirare.
Lui si fermò un istante e riprese fiato, poi mi osservò raggiante: –Ed eccoci qui! Nell’acquario più grande e maestoso che sia mai stato costruito!–
A smorzare la nostra felicità ci pensò un allarme che si mise ad urlare con voce metallica: –Allarme! Intrusi! Allarme!– Il tutto accompagnato da una fastidiosissima luce rossa proveniente da alcuni sensori sul soffitto del tunnel. I pesci vicini ad esso scapparono impauriti ed infastiditi.
–Dottore? Che intendi fare ora?–
Chiesi preoccupata, non mi era mai capitato spesso di ritrovarmi in un posto illegalmente, anche se nell'ultimo preriodo avevo avuto alcune esperienze di quel tipo, ma mai in un luogo totalmente sconosciuto come quello.
–Nulla. Aspettiamo che ci vengano a prendere! Noi siamo degli addetti alla manutenzione dell’ampolla provenienti dal Centro di Controllo o qualcosa del genere, capito?–
Cosa stava dicendo?
Riflettei un attimo sulle sue parole e compresi che voleva semplicemente fingere di essere un’altra persona per potersi intrufolare in quel luogo senza, o quasi, destare sospetti. Probabilmente avrebbe utilizzato la sua carta sonica per simulare di essere qualcun altro.
–E il Tardis come lo spieghi?–
Alzò le spalle: –Il mio mezzo di trasporto, ovviamente.– Esclamò come se fosse la cosa più scontata del mondo.
Quell’uomo era incomprensibile! Prima mentiva e poi affermava che la verità era scontata…
–Ma…–
Spam!
Entrambe le porte del tunnel si aprirono di botto e degli uomini armati ci circondarono in un istante: –Alzate le braccia e identificatevi!– Ci urlò uno di essi che doveva essere un militare poiché indossava la tipica tuta mimetica. Inoltre era grande e massiccio; il suo tono di voce e il suo viso erano inequivocabilmente quelli duri e rudi di un soldato.
–Su, su Frank non sono una minaccia, li hai visti? Sono disarmati e la femmina sembra anche spaesata! Un po' di educazione e cordialità sono d'obbligo.–
La voce apparteneva ad un giovane appena comparso dietro la schiera di soldati con indosso una tuta nera da sub; non aveva nessun tipo di arma in mano eppure sembrava essere il capo del gruppo. Non tanto per come era vestito, ma per come gli altri lo guardavano con rispetto.
Il militare squadrò il compagno, ma fece come gli era stato detto ed abbassò l'arma, anche se continuò a tenerla carica e pronta all'uso: –Ti ho detto di chiamarmi Generale! Soprattutto davanti agli intrusi! E voi identificatevi!– Concluse poi osservandoci.
Il Dottore abbassò un braccio facendo segno a Frank di calmarsi: –Calmi signori, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Io sono John Smith e lei è…–
–Emily Ford, lieta di conoscervi.– Interruppi il Dottore. Non avrei permesso a quel bell’imbusto di inventarsi il mio nome di sana pianta, questo spettava a me!
Lui abbassò la testa in segno di assenso con un sorrisetto sulle labbra: –… E proveniamo dal Centro di Controllo. Siamo solo degli addetti alla manutenzione. Non vi hanno avvertiti che saremmo arrivati? Se è così avete le mie più sincere scuse, purtroppo in questo periodo abbiamo avuto qualche problema tecnico con la Segreteria.–
Il Dottore prese dalla tasca della giacca un piccolo porta documenti totalmente bianco, lo conoscevo bene! Quell’oggetto era da sempre utilizzato dai Signori del Tempo per mascherare la propria identità: la carta sonica.
–No, non ci hanno avvertito. Devo chiamare i miei superiori per chiedere loro conferma…– Ci rispose il generale, ma il sub scosse la testa e gli prese il comunicatore di mano: –Non c’è bisogno F… Generale. Sono a posto, lasciali venire con noi, vado a mostrargli la Sala di Controllo.– E così dicendo ci fece cenno di seguirlo.
–E la vostra... cabina blu? Che ne facciamo?– Chiese uno dei militari più giovani
–Come volete. Basta che non rimanga qua.– Gli rispose il giovane che ci faceva da guida.
Una volta attraversata al porta del tunnel il ragazzo ci disse: –Non badate a Frank, lui è un militare, non ha flessibilità mentale! Comunque piacere, io sono Michael.–
Gli sorrisi come saluto e lui ricambiò il sorriso. Era un giovane di circa trent’anni con corti capelli castani e occhi verde smeraldo. Trasmetteva una grande convinzione in tutto ciò che diceva, aveva la stoffa del capo.
–Senti Michael, come vanno le cose qui?–Gli chiese il Dottore.
Non compresi la sua domanda, ma non era il momento giusto per chiarirmi, così attesi la risposta.
–Bene come sempre! I pesci nuotano e quasi non ci sono più casi di aggressione tra di essi, le barriere funzionano benissimo; sono stata una vera e propria rivoluzione; ogni altro tipo di dispositivo aveva una durata troppo limitata nel tempo.–
–Barriere?– Gli domandai prima di potermi fermare. Essendo una manutentrice avrei dovuto conoscerle queste cose, ma la mia curiosità aveva preso il sopravvento sul buon senso... Ancora.
–Devi perdonarla, è nuova del mestiere, questo è il suo primo controllo in assoluto e si vede che non ha studiato il file d'aggiornamento nell’ultimo periodo.– Mi rimproverò il Dottore, proprio come se fosse il mio capo: –Ha ragione signor Smith, mi scusi.–
Michael mi sorrise e disse: –Non ci sono problemi! Capita a tutti di dimenticarsi qualcosa ogni tanto. Le barriere sono dei meccanismi di separazione tra i vari settori dell’acquario. Visto che alcuni pesci hanno la… tendenza a divorarne altri, per poter preservare tutte le specie l’acquario s’è rifornito di queste barriere, così facendo i pesci carnivori vivono separati dai pesci innocui.–
Annuii, ora era chiaro: –Quindi va tutto a gonfie vele? Per quanto riguarda il... turismo?–
Essendo quello un asteroide acquario la sua unica fonte di finanziamenti doveva essere legato al turismo, o almeno così pensai.
Sul viso di Michael si formò per un istante una smorfia triste, come se non ci stesse dicendo la verità, poi sorridendo rispose: –Benissimo! In questo ultimo periodo è un po’ più scarso l’afflusso di gente, ma è solo un momento passeggero, capitano di continuo. Siamo quasi arrivati al Centro di Controllo. Vi presento la squadra.–
Il Dottore mi prese per un braccio e mi trattenne un attimo indietro in modo da non far ascoltare al giovane ciò che mi stava dicendo: –Brava. Non mi aspettavo che fossi così capace. Con una semplice domanda hai smascherato Michael. Ora sappiamo che qualcosa non va, ma cosa?–
Non potei replicare poiché entrammo in una gigantesca sala piena di macchinari e computer avanzati, c’erano cinque persone in quel posto. Non mi aspettavo complimenti per qualcosa che mi era venuto naturale.
–Ragazzi, loro sono John Smith e Emily Ford, sono dei manutentori.–
Tutti si voltarono per salutarci e poi ripresero le loro attività. Michael ci guidò verso una giovane asiatica con lunghi capelli neri legati in una coda da cavallo. Portava dei piccoli occhiali che la rendevano ancora più minuta rispetto a ciò che già era: –Lei è Kyoto Fushiwara, l’addetta ai Sistemi.– La ragazza ci salutò, per poi smettere di considerarci e tornare a lavorare al computer.
–Lui, invece, è Richard Pool. Supervisiona il corretto funzionamento delle barriere e dei tunnel insieme al suo giovane aiutante Jacopo Stuart.–
I due appena descritti erano intenti a togliersi le bombole da sub. Una ragazza si avvicinò al più grande dei due, che dedussi essere Richard e gli tirò uno schiaffo in faccia urlandogli: –Non ne posso più di te! Noi due abbiamo chiuso.–
Michael interruppe le presentazioni: –Scusate un attimo.– Per poi correre verso i due litiganti e fermare la bionda che sembrava intenzionata a prendere a pugni il sub: –Che è successo Josephin?–
La ragazza scoppiò in lacrime e i due furono costretti ad allontanarsi in un’altra stanza: –Tu sei Richard giusto?–
Mi avvicinai all’uomo con cinque dita segnate sulla guancia, lui mi squadrò sorridendo malizioso e rispose: –Come sei affascinante manutentrice… In ogni caso sì, sono Richard Pool e sono di certo il più affascinante in questo posto dimenticato da dio.–
Alzai un sopracciglio e incrociai le braccia al petto: –Certo... Cosa è successo comunque?–
Lui strinse le spalle, mentre si stava aprendo la tuta con tutta l'intenzione di provocarmi: –Nulla, solo un piccolo bisticcio. Josephin è troppo emotiva, pretende che io mi comporti come vuole lei! Sono un uomo libero io!–
Osservandolo sembrava il solito playboy che cercava una scusa per accusare la ragazza del giorno di avergli dato corda… Detestavo la gente come lui... Superficiale.
–Eccomi signori. Scusate per il contrattempo. La ragazza che avete visto prima si chiama Josephin ed è una ricercatrice che lavora per preservare i vari ambienti presenti nell’acquario. Infine c’è Cameron.– Michael era appena rientrato nella sala e continuò le presentazioni senza accennare all’accaduto.
Cameron era una signora di una certa età che stava seduta su una sedia ad osservare l’acqua oltre alla parete, come se fosse incantata.
Michael si avvicinò alla donna e le mise una mano sulla spalla; questa si girò di scatto, come se si fosse appena risvegliata e sorrise gentilmente: –Cameron questi sono il signor Smith e la signorina Ford. Sono dei manutentori.–
La donna ci sorrise e poi riprese ad osservare l’acqua. La nostra guida si allontanò e ci disse: –Lei è la proprietaria di tutto questo luogo. La sua famiglia ha ereditato da generazioni e generazioni l’asteroide e così facendo è divenuta proprietaria anche dell’acquario… Certe volte penso che sia un po’ fuori di testa, ma è anche molto gentile e dolce.–
Mentre ci muovevamo il mio sguardo rimase fisso su quella donna. C'era qualcosa che mi incuriosiva e attiravo; il mio sesto senso mi stava dicendo che quella donna nascondeva un segreto, un terribile segreto.
Stavo per uscire dalla sala: mi ero attardata osservando l'ultima presentata e i miei compagni erano già andati avanti, quando Cameron si voltò verso di me e mimò con la bocca delle parole… I suoi occhi erano diventati rosso fuoco e il suo sguardo era decisamente inquietante.
Non sentii quelle parole, ma potei leggerle sulle sue labbra ed erano: –Non puoi salvarlo. L’aria non lascia scampo.–


 
Questo capitolo è l'inizio della prima vera
avventura del Dottore ed Emely!
Spero di essere riuscita a creare una situazione stimolante e al tempo stesso “realistica” nell'universo del Dottore.
I segreti non mancano e certi misteri inizieranno a svilupparsi ben presto!
Alla prossima,
Selene6

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Aria ***


Capitolo revisionato


Non puoi salvarlo. L’aria non da scampo.–
Queste parole mi risuonavano in testa come un motivetto inquietante, non riuscivo a darmi pace, ma soprattutto non capivo perché appena avevo compreso il significato del messaggio avevo pensato al Dottore… Probabilmente perché era l’unica persona che conoscessi in tutto l’Universo, ma… Era assurdo pensare che “l’aria” avrebbe fatto del male a qualcuno, cos’era l’aria? E poi chi era quella strana donna e perchè mi aveva detto quella frase?
Ad ogni pensiero si associava una domanda e sapevo perfettamente di non poter trovare nessuna risposta da sola finchè non avrei avuto altre informazioni.
Forse avrei dovuto parlarne con lui, ma non davanti ad altri e Michael continuava a parlare e a raccontare quanto le cose andassero bene lì. Mentiva. Glielo si leggeva chiaramente negli occhi, quello che il Dottore cercava di scoprire era il motivo.
Decisi di essermi isolata troppo dalla discussione quando sentii Michael che mi chiedeva: –Signorina Ford vuole vedere una cosa? Il tuo compagno è talmente preso dai comandi che non mi azzardo a chiederglielo e disturbarlo.– Era sorridente, probabilmente era contento di avere delle persone con cui parlare che non fossero i soliti della sua routine. Lavorare su un asteroide, anzi vivere su un asteroide disperso nell'Universo faceva distaccare una persona da tutto il resto delle persone e le novità dovevano essere ben accette.
Mi convinsi che fosse solo per questo che Michael era così sorridente e allegro quando stava con me: –Certamente! Ne sarei onorata.– Gli risposi sorridendo.
Lui mi prese una mano e mi condusse verso una delle tante porte per i tunnel. Una volta fuori si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: –Chiudi gli occhi. Tranquilla, ti conduco io.–
Lo conoscevo da solo qualche minuto e già voleva che mi fidassi di lui… Era proprio in carenza di compagnia e avevo il sospetto che ci stesse anche un po' provando con me. E dovevo ammettere che la cosa non mi dispiaceva! Dopotutto era tantissimo tempo che non incontravo un ragazzo, tolto il Dottore ovviamente, e Michael era anche un bel ragazzo: biondo, alto, con gli occhi azzurri e i capelli biondi. L'immagine di Bill si impose nella mia mente, ma la scacciai: ormai era tutto finito.
Così chiusi gli occhi e mi lasciai condurre. Dopo un po’ di giri il mio accompagnatore mi fermò: –Siamo arrivati. Apri gli occhi…–
Feci come mi era stato detto e ciò che mi trovai davanti fu uno spettacolo meraviglioso!
Il mare era illuminato a giorno dalla luce di miliardi di piccoli esseri marini.. Erano favolosi! Avevano una forma umanoide, ma erano molto piccoli, come le… come si chiamavano? Fate! O meglio “fate” era il nome utilizzato dagli umani per indicare le Sith, originarie del pianeta Tine. Nell'antichità era capitato che una colonia Sith fosse costretta a rimanere sulla Terra per alcuni anni; gli uomini credettero che fosse solo una qualche forma di magia e le venerarono creando delle storie e dei miti intorno ad esse.
Avevano delle sottili ali che utilizzavano per muoversi ed esse rilasciavano una scia luminosa perché il movimento era legato all’energia che sprigionavano.
L’acqua così si illuminava di una luce abbagliante e rendeva quella visione meravigliosa e magica!
–Michael… è… è fantastico! Ma… Ma perché hai portato proprio me?–
Ero sicura che i miei occhi stessero brillando, in tutta la mia vita avevo visto solo una volta una cosa più fantastica di questa ed era stato tantissimo tempo prima.
Mi voltai verso Michael per ringraziarlo, ma lui mi tappò la bocca baciandomi.
Questo decisamente non me lo aspettavo!
Spalancai gli occhi per la sorpresa, la mia testa mi diceva che non aveva senso, che conoscevo questo ragazzo da neanche un’ora e che non l’avrei mai più rivisto con molta probabilità, eppure era davvero troppo tempo che non provavo quelle sensazioni, ero sola da troppo tempo… Sbarrai la mente e risposi al bacio.
Dopo qualche istante ci separammo e lui mi disse: –Scusami, sono stato inopportuno, eppure fin dal primo momento in cui ti ho vista mi hai colpito. Sono certo che tu non sei una ragazza come tutte le altre, ma leggo nei tuoi occhi che ti senti molto sola.–
Michael era dannatamente bravo a capire le persone.
Sorrisi scuotendo la testa: –Stai tranquillo, diciamo che è molto tempo che mi mancava una cosa del genere, ma… Facciamo finta che non sia accaduto nulla, il… John mi starà aspettando.–
Il biondo annuì e mi riaccompagnò nella sala dei comandi dove fui subito rapita dal Dottore che mi trascinò intorno alle macchine con gli occhi lucidi dalla felicità: –Guarda Emely! In questo posto controllano la temperatura di ogni parte dell’acquario in modo da renderla adatta al tipo di animale che vi si trova all’interno e in più controllano le nuove nascite tramite la regolazione degli ormoni… Erano centinaia di anni che non venivo in questo posto e ogni volta mi lascia senza parole!–
Risi divertita: –D.. John sembri un bambino col suo primo giocattolo! Io ho visto le Sith!– Aggiunsi poi altrettanto esaltata.
Lui mi sorrise di rimando: –Le Sith? Un popolo affascinante e al tempo stesso molto aggressivo. Le Sith provengono dal pianeta Tine, sapevi che Tine significa correntemente fuoco? E' ironico perché le Sith sono esseri marini. L’irlandese, ovvero una lingua conosciuta sul pianeta Terra è in realtà la lingua madre del pianeta Tine ed è stata portata agli uomini tramite quei racconti storici che gli esseri umani considerano solo favole o leggende.–
Spalancai gli occhi dallo stupore. Quel giovane-vecchio conosceva praticamente qualunque cosa nell’Universo!
–Hai ragione su tutto, signor Smith, tranne che su una cosa. Le Sith non sono per niente aggressive! Sono pacifiche e docili, forse gli animali più docili che abbiamo nell’Acquario.–
Il Dottore scosse la testa: –Devono aver trovato il loro habitat ideale… un ambiente dove si sentono al sicuro forse… Dovrei approfondire questo avvenimento, mi potrebbe…– Prima che il mio compagno riuscisse a concludere la frase un urlo squarciò la tranquillità: –Josephin!– Michael corse immediatamente verso il tunnel adiacente quello nel quale mi aveva accompagnata.
Lo seguii e dai passi dietro di me capii che anche il Dottore mi stava seguendo.
Ci fermammo davanti ad una delle tante vasche, Josephin era caduta a terra e tremava portandosi una mano alla bocca con gli occhi sbarrati, seguii il suo sguardo verso la vasca e vidi… Una creatura fantastica!
Una gigantesca farfalla di colore azzurro chiaro esternamente e internamente era sempre più scura fino a raggiungere un color blu oscuro. Rimasi a bocca aperta, ma non per il terrore, per la meraviglia che mi si era presentata davanti agli occhi. Quel delicatissimo essere mosse con grandi battiti le sue maestose ali e fu allora che compresi l’orrore di Josephin: subito dietro alla creatura il corpo di un subacqueo galleggiava senza vita.
Dai capelli biondi e gli occhi azzurro ghiaccio compresi che si trattava di Richard… Aveva gli occhi spalancati come se avesse visto un fantasma, la pelle aveva la stessa tonalità azzurra dell’acqua in cui era immerso…
–D… John…– La mia bocca non riuscì ad emettere altre parole per il terrore che mi aveva posseduta. Non avevo avuto quasi nessun rapporto con Richard, ma quell'immagine mi riportò la mente a tanto tempo prima.


Bill! Fermo, non correre!–
Stavamo passeggiando intorno al campo d’addestramento quando lui si è voltato verso di me e poi ha iniziato a correre sussurrandomi: –Prova a prendermi.–
Inizialmente ero stata al gioco, ma poi vedendo che Bill mi distanziava sempre di più avevo cercato di fermarlo a voce, senza successo.
Ero ancora alla mia prima rigenerazione: ero ancora una bambina per tutti, ma stavo crescendo. Purtroppo conoscevo troppo poco il mondo intorno a me; ero ingenua e lo era ancora di più Bill.
Ad un certo punto il ragazzo entrò in un banco di nebbia e lo persi definitivamente di vista… Dov’era scomparso? In preda al panico mi resi conto che quel banco di nebbia era parte del campo di battaglia… Ci eravamo avvicinati troppo.
Iniziai a correre verso la direzione dove lo avevo visto scomparire e ad urlargli di tornare indietro.
L’ombra grigia mi avvolse ed io mi ritrovai a scappare da qualcosa di evanescente, più mi muovevo e più la nebbia si faceva fitta. Ero sull’orlo di un attacco di panico quando davanti a me comparve una figura sfuocata. Sollevata, pensando che fosse Bill, gli appoggiai una mano sulla spalla, stavo per dirgli di non fare mai più una cosa del genere, quando la figura mi cadde addosso, come se fosse stata priva di forza, priva di energia, priva di vita.
Ciò che vidi mi rimase impresso in mente: era un giovane, non dimostrava più di trent’anni, ma i combattenti dovevano per forza avere il fisico giovane e atletico, aveva corti capelli scuri, ma il suo viso e i suoi occhi avevano l’inconfondibile pallore vitreo della morte.
Non avevo mai visto la morte davanti ai miei occhi… La guerra questo significava… Solo questo.


Il ricordo di quel giorno si era ricreato davanti a me… Non riuscivo più a muovermi per il terrore, mi aveva paralizzato, mi scossi dal mio torpore unicamente quando sentii una mano sulla spalla che mi fece voltare: –Emely… Non guardare. Vieni.–
Il Dottore mi prese tra le braccia ed io affondai il viso sul suo petto, lacrime calde scendevano lungo le mie guance. Non ero una che si lasciava prendere dalla disperazione, eppure… Eppure dovevo sfogarmi. Tutto ciò che avevo perso si stava riversando in quel momento, rivivere quel terribile episodio era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Il Dottore non poteva capire appieno ciò che stavo provando, ma non si faceva problemi, vedeva che soffrivo e lui la sofferenza era in grado di comprenderla molto meglio di chiunque altro.
Dopotutto lui capiva il mio dolore, anzi comprendeva quell’agonia che io provavo molto meglio di me poiché per molto più tempo ne era stato vittima.
–Shh… Stai tranquilla. Ci sono io con te, non ti accadrà nulla di male, te lo prometto.– Il contatto con il Dottore riuscì a farmi calmare… La sua voce era forte, decisa, ma anche dolce. Con poche parole riuscì a trasmettermi quella tranquillità che mi aveva abbandonato... Eppure, ne ero certa, nemmeno le sue parole gli erano d’aiuto nella battaglia più difficile: quella contro se stesso.


–John! Emely! Mi dispiace immensamente che abbiate dovuto assistere a questo tragico incidente. Abbiamo subito fatto portare il corpo dal medico in modo che possa determinarne la causa del decesso.– Lessi negli occhi di Michael che la perdita di Richard aveva scosso anche lui. Vivere nello stesso luogo con solo pochissime persone al proprio fianco per anni deve farti rivalutare anche il più spregevole degli uomini e dopotutto Richard non doveva essere poi così male.
–Non preoccuparti Michael… Emely è solo un po’ scossa, è sempre stata molto emotiva. Potrei… Se non sono indiscreto, vedere anche io il corpo?– prima che il giovane potesse rispondere, il mio compagno si spiegò –Prima di diventare manutentore mi sono laureato di medicina e ho lavorato nell’Universal Hospital per alcuni anni, prima di comprendere qual’era la mia vera aspirazione nella vita. Potrei esservi di aiuto.–
Credetti che il Dottore avesse esagerato con la sua storia, ma invece a Michael si illuminarono gli occhi e subito rispose: –Ma certo, ma certo, avere un uomo come voi che ci da una mano sarà solo e soltanto di aiuto alla causa! Seguimi! E… Emely tu…–
Non potevo essere di meno a lui. Non potevo dimostrarvi una debole, dovevo essere assolutamente forte e nascondermi non era segno di forza: –Io verrò con voi. Non preoccuparti John, ora sto bene.– Risposi alla domanda silenziosa che il Dottore mi rivolse con lo sguardo.
Seguimmo Michael per vari tunnel finchè non arrivammo in una sala sterilizzata con molte apparecchiature mediche di vario genere, un signore di una certa età vestito di bianco stava osservando un corpo sdraiato al centro della sala, il corpo di Richard.
–Signori non potete stare qua!– Il vecchio medico aveva una voce bassa e rauca mentre ci intimava di uscire dalla sala. Prima di entrarvi ovviamente avevamo indossato i camici sterilizzati e una doccia nebulizzata aveva eliminato ogni traccia di germi o batteri dal corpo.
–Stai tranquillo Philip. Quest’uomo, John Smith è un medico, ha lavorato nell'Universal Hospital in passato e, insieme alla sua compagna, è venuto ad aiutarti a visitare Richard per comprendere la sua morte.– Rispose Michael per noi e poi uscì dalla camera lasciandoci in compagnia di uno scontento Philip.
–E quindi tu saresti un medico? Sentiamo un po’ medico, cosa dici del cadavere?– Il vecchio di sicuro aveva non pochi dubbi sul Dottore, ma lui non si fece spaventare da quelle parole e si mise ad osservare il corpo.
–Direi che è morto per soffocamento. Da circa due ore. Devo andare a parlare con Michael.–
Il Dottore corse fuori dalla stanza con una rapidità senza pari, ma prima di seguirlo vidi un luccichio vicino alle bombole utilizzate da Richard.
Uscendo dalla sala mi ritrovai in un corridoio e vedendo che non c’era nessuno mi accostarai al Dottore che stava pensando: –Tu non credi che sia morto per soffocamento, vero?– Dalla sua espressione dubbiosa capii che qualcosa non gli era chiaro, così cercai di comprendere cosa.
Lui scosse il capo: –No, no, ci credo, ma non credo sia stato un incidente. Quelle bombole sono alimentate ad energia nucleare, sono inesauribili e un mal funzionamento è quasi impossibile dato che i controlli sono meccanizzati e interamente gestiti da un computer centrale. Qualcuno deve aver sabotato le bombole, ma la vera domanda è chi e perchè?–
Senza aspettare davvero una risposta il Dottore aumentò la sua andatura finchè non ci trovammo davanti ad una porta sbarrata con la quale si mise ad armeggiare con il cacciavite sonico: –Potrebbe essere stata Josephin, quando siamo arrivati stavano litigando.– Proposi immediatamente, anche se l'idea che quella ragazza potesse aver ucciso qualcuno mi lasciava perplessa.
Il mio compare annuì: –Questa è una delle possibili alternative, quindi dovremmo andare a verificarla! Ma io devo assolutamente parlare con Michael e poi potrebbero esserci altri sospettati, ragion per cui sarai tu ad andare da lei.–
Lo guardai stupita: –Io? Vuoi dire da sola?–
Il Dottore alzò un sopracciglio e rise: –Non pensavo avessi bisogno della balia, ma se proprio ti occorre…–
Scossi la testa e gli feci la linguaccia: –Certo che no! Solo…– non voglio più restare sola –Non so dove si trova.–
–Non ne ho idea, cercala, sono certo che la troverai presto.– Mi rispose alzando le spalle.
Perché non gli avevo detto la verità? Perché non gli avevo detto che avevo una tremenda paura di rimanere da sola? Orgoglio? Forse. Probabilmente un residuo di quello che ero… Orgogliosa, testarda e sicura di me, questo ero, ma adesso… Adesso non sapevo più chi ero. L'orgoglio era uno dei difetti fatali dei Signori del Tempo purtroppo ed evidentemente anche io non facevo eccezione, almeno finchè tutto non era cambiato.
Persa nei miei pensieri vagai per i numerosi tunnel dell’Acquario finchè non mi imbattei per caso in una porta con sopra una grossa “x” rossa. Era evidente che dietro quella porta ci dovesse essere qualcosa di pericoloso o segreto ed era altrettanto evidente il fatto che non avrei dovuto provare ad aprirla, eppure il mio istinto mi diceva di farlo. Mi guardai attorno per vedere se ci fosse qualcuno, ma non trovando nessuno mi avvicinai alla porta. Quasi sicuramente sarebbe stata chiusa a chiave o con una qualche combinazione per cui aveva poco senso cercare di aprirla, ma continuavo a sentire la strana sensazione che ci fosse qualcosa di estremamente importante là dietro, così tentai.
La porta era aperta.
All’interno trovai un lunghissimo corridoio di colore grigio chiaro senza nessuna decorazione. Mi mossi lungo il corridoio dopo aver accostato la porta, ma stando attenta a non chiuderla: quel luogo mi attraeva, ma mi incuteva anche un certo timore e non volevo correre il rischio di rimanerci chiusa all'interno. Il corridoio era talmente lungo che non si riusciva a vederne la fine, ma solo un piccolo punto nero in lontananza.
Guardandomi intorno vidi solo un particolare nel muro, una semplice crepa che doveva essersi formata per accumulo di umidità, poi mi voltai e continuai a camminare.
Dopo una decina di minuti iniziai a preoccuparmi, quel corridoio non poteva essere così lungo! Cosa poteva esserci alla fine? La curiosità prese il sopravvento e continuai a camminare finchè persi la cognizione del tempo, poi mi sedetti a riposare qualche istante per capire se mi ero avvicinata a qualcosa, il corridoio continuava senza nessuna interruzione o modifica.
Cominciai a spaventarmi. Guardai in direzione del muro davanti a me e ciò che trovai mi fece aggrottare le sopracciglia: la crepa nel muro, era esattamente identica a quella di prima. Mi alzai e mi misi a correre verso il fondo del corridoio tenendo lo sguardo fisso verso la zona del muro dove avevo trovato la crepa e dopo solo un paio di minuto la ritrovai sempre identica.
Che cosa stava succedendo?
Cercai di ricordare cosa mi avevano insegnato riguardo a distorsioni visive e dello spazio e capii che si doveva trattare di un sofisticato campo elettromagnetico che fungeva da distorsore, mi voltai verso l’ingresso e vidi che era a soli pochi passi da me, ciò confermò la mia teoria oltre al fatto che ero piuttosto stupida per non aver provato ad osservarmi alle spalle neanche una volta.
L’unica cosa che non quadrava era la crepa, quel genere di campi non aveva crepe; la distorsione doveva essere una delle più semplici poiché il corridoio era tutto uguale, non sarebbe stata in grado di copiare una crepa ripetuta così tante volte… Quello doveva essere il punto debole del campo di forza.
Mi avvicinai a quel punto il più possibile e mi misi sulle punte dei piedi, per mia fortuna ero abbastanza alta rispetto alla media delle ragazze, così riuscii a toccare la crepa che si aprì mostrandomi per un istante un verde prato con alberi e fiori ovunque. Qualcosa passò davanti alla mia visuale e la crepa si richiuse… Non ero riuscita a capire cosa fosse, ma era piccolo, colorato e… E luccicava!
Rimanere a riflettere non poteva portare a nulla ed io non ero ancora riuscita a trovare Josephin come mi aveva chiesto il Dottore, così usii dalla porta e mi diressi verso il centro di comando.
Dopo qualche istante vidi quello che doveva essere l'ufficio proprio della ragazza che stavo cercando. Così bussai: –Ciao Josephin. Sono Emely, uno dei manutentori, vorrei parlarti un attimo.–
Dopo qualche istante uscì dall'ufficio: aveva gli occhi rossi e gonfi; era evidente che doveva aver pianto per molto tempo. Cercò di ricomporsi con un fazzoletto e poi mi annuì: –Cosa... Cosa devi dirmi?–
Un po’ a disagio le chiesi: –Senti… So che forse non sono affari miei, ma ho visto te e Richard litigare quando sono arrivata e…–
Lei concluse la frase al posto mio: –E pensi che sia stata io ad ucciderlo… So bene che qualcuno ha sabotato quelle bombole ed essendo io una ricercatrice sono una delle poche che ha a che fare con i computer, oltre a Cameron… Ma… Non sono stata io! Io amavo Richard, lui era un lurido stronzo narcisista ed egoista, ma lo amavo, non avrei potuto fargli mai e poi mai del male…–
La guardai fissa negli occhi e capii che stava dicendo il vero, ma se non era stata lei allora chi?
oltre a Cameron…
Ma certo: Cameron! La donna che possedeva tutto l’Acquario, ma che cosa ci avrebbe guadagnato dalla sua morte?
Corsi via da Josephin senza una vera meta; probabilmente volevo andare da Cameron, ma mi ero bellamente persa quando mi imbattei nel Dottore: –Dottore deve essere stata Cameron!–
–Emely deve essere stata Cameron!–
Avevamo parlato esattamente nello stesso momento.
Scoppiammo a ridere, poi lui mi prese per un braccio, tornando improvvisamente serio e mi condusse lungo quel labirinto di tunnel: il suo senso dell'orientamento era decisamente migliore del mio; da sola sarei rimasta a vagare per ore prima di trovare quello che cercavo.
Ci ritrovammo nella sala di comando e lì Cameron ci stava aspettando: –Siete arrivati infine.–
Mi guardò fissa negli occhi…
Non puoi salvarlo. L’aria non da scampo.–
Non riuscivo a capire quelle parole, ma sapevo che era proprioquello che lei si aspettava da me ora.
–Come facevi a sapere che stavamo arrivando?–
Lei scosse la testa sorridendo: –Volevate sapere se sono io l’assassino, vero?–
Il Dottore le rispose cauto: –Sei una dei pochi individui che hanno accesso ai computer e che possono aver alterato i comandi…–
Cameron annuì: –Alterando così le bombole di Richard in modo da soffocarlo mentre era sott’acqua. Chi l’ha ucciso deve avere qualcosa da guadagnarci.–
Non riuscivo a comprendere, ma ero più che certa del fatto che Cameron non avesse nulla a che fare con l'omicidio di Richard: –Ma… Cosa poteva guadagnarci dalla morte di Richard? Non denaro, né prestigio…–
Il Dottore mi rispose, continuando ad osservare la donna davanti a noi come se stesse cercando di caarpirne i segreti: –Non sempre denaro o prestigio sono l’unico vantaggio che si può ottenere dalla morte di qualcuno, certe volte è semplicemente attenzione…–
Cameron gli sorrise con quel suo sguardo inquietante.
Attenzione? Chi poteva ottenere attenzione da quella morte? Non riuscivo a capire.
Nessuno degli uomini avrebbe ottenuto attenzione da quella morte perché si sarebbe dovuto dichiarare colpevole, ma allora chi rimaneva? Gli animali dell’Acquario…
Mi ritornò in mente la gigantesca farfalla blu che avevo visto davanti al corpo di Richard.
Stavo per riferirlo al Dottore quando sentimmo un urlo proveniente da una delle stanze adiacenti.
Come un sol uomo corremmo nella stanza affianco ignorando totalmente Cameron ed il suo sguardo perforante. Sulla soglia del portone di una camera blindata stava Michael. Guardai all’interno appena in tempo per scorgere qualcosa che luccicando volava fuori dalla stanza.
–Josephin…– Michael era evidentemente distrutto da quello che stava succedendo: si portava una mano alla bocca ed i suoi occhi erano sbarrati; prima Richard era morto e adesso anche Josephin.


Esattamente come era accaduto nel primo omicidio, Josephin era morta per soffocamento. L'avevamo accertato osservando nel corpo le stesse identiche caratteristiche di Richard. Michael stava discutendo con Frank e gli altri soldati su come comportarsi in quel momento, mentre il Dottore stava esaminando il corpo alla ricerca di qualche indizio.
Avvicinandomi alla stanza in cui era stato trovato il corpo sentii uno strano odore e in un attimo ebbi un intuizione: –Dottore… Cosa c’è nell’aria?–
L’uomo vicino a me mi guardò perplesso: –Un misto di gas in differenti percentuali…–
Io scossi la testa: –Non nell’aria normale, dico ora, in questa sala cosa c’è nell’aria?–
Lui mi guardò incuriosito, poi tirò fuori dalla tasca il suo cacciavite sonico e lo accese, lo guardò per qualche istante e poi disse: –Radon. Ci sono altissime concentrazioni di radon… Questo ha ucciso Josephin e credo che questo abbia ucciso anche Richard!–
Michael ci guardò in un attimo di lucidità: –E chi è stato? Chi ha riempito questa sala di radon? Chi ha ucciso i miei due amici?!–
–Deve essere stato uno degli animali. Non c’è altra spiegazione. Richard era nella vasca della farfalla, ma lei…– Il Dottore venne bruscamente interrotto da Michael che in quel momento era tutto fuorchè ragionevole; aveva negli occhi una rabbia sconfinata e si rivolse al generale affianco a lui con lo stesso tono furioso: –Frank! Abbiamo scoperto chi è il fautore di queste morti! L’animale nella vasca di contenimento AD09 deve essere abbattuto per la sicurezza del sistema.–
–No! Non è stata lei! Non potete farlo!– Le parole mi uscirono di bocca ancora prima di averle pensate: –Michael non puoi fare una cosa del genere, deve esserci un motivo per cui…–
Il giovane davanti a me mosse una mano per zittirmi e in pochissimo sparì dalla mia visuale. Cercai di corrergli dietro, ma il Dottore mi bloccò: –Non servirà a nulla cercare di convincerlo ora; è accecato dalla rabbia. Dobbiamo scoprire cos’è accaduto realmente. Vieni!–
Io scossi la testa: –Dove andiamo? Chi può essere stato Dottore? Non è possibile che sia stata la farfalla! Lei non può essere entrata e uscita dalla camera blindata, lei non luccica…!–
L’uomo si fermò per un istante e mi prese per i polsi per calmarmi; i nostri occhi si incrociarono e nei suoi vidi la stessa determinazione e sicurezza che mi aveva colpita quando ero solo una bambina: –Stai tranquilla. La salveremo, te lo prometto. Andiamo da Cameron, lei avrà sicuramente qualcosa da dirci.–
In pochi istanti ci trovammo davanti alla sala di comando e, come già prima era successo, Cameron ci stava aspettando: –Non è stata la farfalla vero? Chi poteva voler avere attenzione? Chi può muoversi per mare e per cielo? Tu lo sai, Dottore?–
Quella donna era ogni volta più inquietante ed io ero ormai certa che non fosse solo una semplice umana, ma qualcosa di più.
Aveva ragione lei, non era stata la farfalla, era qualcosa di più piccolo, che poteva muoversi con agilità sia in aria sia in acqua, qualcosa che sapeva volare e che luccicava…
Qualcosa luccicò in quel preciso istante, lo vidi con la coda dell’occhio.
–Emely! Corri!–
Lo seguii a rotta di collo. Mi guardai alle spalle solo per un istante, il tempo di vedere centinaia, anzi migliaia di luci; socchiudendo gli occhi vidi delle piccole figure luminose ovunque e tutte puntavano verso di noi.
Correvo senza pensare a nulla, sapevo solo che quelle creature non mi avrebbero risparmiata se mi avessero presa. Qualcuno mi afferrò una spalla ed io venni trascinata dentro una porta che poi fu chiusa un istante prima che le creature mi raggiungessero.
–Sono un’idiota! Come ho fatto a non capirlo subito? Non è la farfalla ovviamente la colpevole! L’aria trasformata in radon è per forza creata dalla combustione del mindio, un materiale che si trova solo su rari pianeti!– Il Dottore sembrava in preda ad un attacco isterico: si muoveva rapidamente nella stanza gesticolando con gli occhi sbarrati.
Gli feci cenno di continuare: –Quali sono i pianeti?–
Lui si portò le mani alle tempie mentre camminava svelto, come se così facendo il suo cervello lavorasse più in fretta: –Il pianeta Sontaran, ma i Sontaran non sono creature marine… il pianeta Karnak, ma è abitato solo da ombre e poi…–
Si bloccò all’improvviso, leggevo nei suoi occhi che ormai aveva trovato la soluzione: –Oppure il pianeta Tine... Emely! Capisci?–
Tutto mi fu improvvisamente chiaro: –Ma certo! Le Sith! La vasca delle Sith era quella adiacente alla vasca dove era stato ritrovato il corpo di Richard. In più quel luccichio! Prima usciva dalle bombole di Richard, poi nel corridoio distorto in quella strana crepa, poi nella camera blindata... Tutto collegato!–
Il Dottore concluse la mia frase: –L’avevo detto io che le Sith non erano docili e carine!–
Io scossi la testa sorridendo, il suo ego doveva farsi notare per forza anche in quei momenti. La porta dietro di noi si spalancò di botto: –Ferme! Sith so chi siete e voi sapete chi sono io!–
Il silenzio cadde per un istante sulla stanza. Le Sith parlarono tutte come un sol uomo, con voce quasi metallica: –Sappiamo chi sei Dottore.–
Lui annuì soddisfatto e poi continuò: –Se sapete chi sono sapete anche cosa sono in grado di fare. Non vi conviene mettervi contro di me. Avete già ucciso due persone e spero che siano le ultime.–
Le fate iniziarono a muoversi: –Noi vogliamo solo tornare a casa. Loro ci hanno imprigionate.–
Tornare a casa? E come credevano di fare?
Mi ci volle un attimo, ma capii: –Il tunnel! Dottore quando mi hai mandato a parlare con Josephin ho trovato una porta e dentro c’era un tunnel distorto. Qualcuno voleva nascondere ciò che si trovava all’interno e poi ho visto una crepa, il punto debole del tunnel e dentro la crepa c’era un prato verde con alberi e un luccichio! Deve essere il mondo delle Sith!–
Il Dottore mi sorrise ed annuì, poi si rivolse alle Sith: –Vi farò tornare al vostro mondo. Sappiamo del portale, tornerete laggiù senza che nessuno di noi vi segua. Accettate?–
Loro si guardarono ed iniziarono a parlare tra di loro. Vidi una di loro in particolare che sembrava meno bellicosa delle altre: era viola e luccicava come le altre, ma per un qualche motivo era l'unica che riuscissi a guardare.
Dopo qualche istante si rivolsero a noi: –Accettiamo.–
Il Dottore annuì e poi aspettò. Cosa stava aspettando?
Poi capii, ero io che dovevo portare le Sith al corridoio, così mi mossi verso uno dei tunnel. All’inizio, devo ammetterlo, mi ero persa in quell’intricato labirinto, ma poi riconobbi una delle vasche e mi ritrovai.
Mancavano ormai poche svolte al portone quando il Generale Frank comparve davanti a noi con il fucile puntato e in pochi istanti scoppiò l’inferno.
I militari sparavano senza ritegno contro le Sith e contro noi. Sapevo che Frank mi aveva visto, mi aveva guardata dritta negli occhi, eppure aveva sparato lo stesso.
Dietro tutti loro scorsi Michael con gli occhi gonfi che sbraitava cercando di fermare gli spari, senza riuscirci minimamente.
Le Sith però non erano rimaste immobili a farsi uccidere, improvvisamente la luce che emanavano mentre si muovevano passò dal dorato al rosso e si tramutò in fuoco. Le piccole creature si gettavano contro i loro aggressori e li bruciavano. Il Dottore ed io ci ritrovammo schiacciati sulle pareti ai due lati opposti del corridoio.
Quelle povere fatine stavano venendo sterminate per il loro desiderio di tornare a casa, erano state imprigionate, ma non erano rimaste in silenzio a subire, erano coraggiose anche se i loro metodi era tutt'altro che accettabili. Entrambe le parti erano colpevoli.
Non sapevo come fermare quella furia che si era scatenata, poi vendendo Michael mi venne un’idea. Urlai al Dottore: –Stai pronto a fermarle!–
Lui annuì ed io mi diressi stando sempre attaccata al muro verso la parte dei militari, superai anche loro e mi ritrovai a pochi passi da Michael: –Michael vieni qui!–
Lui annuì e iniziò a parlare a raffica: –Scusami Emely, sono stato stupido, ero accecato dalla rabbia e dal dolore! Non potevo credere che la morte di Josephin fosse colpa delle Sith! Volevo la morte di quegli esseri, ma ora ho cambiato idea! Nessuno merita di morire! Solo che ormai è troppo tardi…–
Gli presi le spalle e lo scossi: –Non è troppo tardi! Tu sei il capo di questo luogo! Tu hai la forza e il coraggio di fermare questo! Devi fermare gli uomini del Generale! Ora!–
Michael rimase come stordito per un attimo, poi si bloccò e mi fissò negli occhi, ero determinata, non sarebbe finita così quella storia, dovevo cambiare il finale.
Lui annuì e si posizionò esattamente al centro dello scontro spalancando le braccia: –Fermatevi!–
In un attimo il Dottore dietro di lui si rivolse alle Sith ordinando di fare lo stesso, ma in una lingua differente, doveva essere irlandese: –Stop a chur!–
Tutto si fermò, poi Michael si rivolse al Dottore: –Puoi tradurre quello che dico alle Sith?–
Il Signore del Tempo annuì. Fino a quel momento non mi ero resa conto del fatto che le Sith parlassero una lingua diversa, il mio ciondolo aveva tradotto ogni parola facendo in modo che io potessi ascoltare senza problemi la loro lingua e al tempo stesso parlarla: –Sith, io sono Michael, diciamo il capo di questo luogo dove voi siete state confinate…–
–Bprìosùn!– Urlò una delle fate interrompendolo: voleva dire “imprigionate” ed il Dottore lo tradusse, Michael abbassò il capo in segno di scuse: –Avete pienamente ragione, un tempo avevamo un codice che vietava di portare qua le altre creature senza un loro permesso, ma quel codice è stato abbandonato, io ho intenzione di farlo tornare ad esistere! So il dolore che dovete aver provato e capisco il vostro modo di attirare l’attenzione… Però vi prometto che sei ora smetterete di combattere vi lasceremo tornare nel vostro mondo.–
Le Sith parvero confuse, alcune volevano tornare a combattere, ma altre avevano ormai deciso di fidarsi; queste ultime alla fine riuscirono a convincere il gruppo.
Poi Michael si voltò verso Frank: –F… Generale… So che il tuo compito è supervisionare la sicurezza di questo posto, ma non è più necessario, queste povere creature hanno subito un torto immenso ed ora devono essere libere di tornare a casa! Tutti dovrebbero essere liberi di poter tornare a casa dalla propria famiglia e dai propri amici… Mi capisci?–
L’uomo tentennò per un istante per poi annuire lentamente e appoggiare il fucile a terra: tutti i soldati lo imitarono.
Fu allora che mi mossi, mi diressi verso la porta con la “x” rossa e vi entrai. Le Sith mi seguirono e non appena riuscirono ad arrivare alla crepa la spalancarono per poi tornare nel loro mondo. Una di loro esitò… La riconobbi, era la stessa che aveva convinto le altre di fidarsi di me poco prima, quella viola. Mi sorrise e mi tese una delle sue piccole manine: –Ghrian.–
Poi sparì, la crepa si richiuse e noi restammo immobili a guardare il punto dove erano sparite.
Non potevo crederci! Con l’aiuto di Michael e del Dottore avevo salvato delle povere creature finite per errore in quel luogo.
Sentii una mano sulla mia spalla: –Emely… Sei davvero una compagna fantastica!–

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Pazzo gentleman! ***


Capitolo revisionato


Emely… Sei davvero una compagna fantastica.–
Queste parole mi avevano fatto sorridere.
Le Sith erano tornate a casa, ma la storia non era ancora finita.
Michael era distrutto dal dolore e dalla stanchezza, così decisi che qualche parola di incoraggiamento sarebbe stata d'aiuto al suo spitiro in un momento come quello: –Michael… Sei stato un capo eccezionale, hai preso il coraggio che avevi nel tuo cuore e l’hai utilizzato per aiutare altri esseri viventi e per riportare la pace! Nonostante le perdite che hai avuto sei riuscito a tornare lucido e hai prontamente agito. Non avresti potuto fare di meglio!–
L’uomo mi sorrise, nonostante tutto si stava rendendo conto che le mie parole erano la verità. Durante lo scontro tra le Sith e i militari, lui si era messo in mezzo al combattimento e aveva parlato come solo un leader sa fare!
Mi rivolsi poi a Frank, sentivo il bisogno di parlare con loro, di congratularmi per ciò che avevano compiuto: –Generale…–
L’uomo si tolse il cappello e facendo un mezzo inchino ribattè: –Mi chiami Frank, la prego.–
Abbassai il capo e continuai: –Frank, abbandona un po’ la tua fermezza e il tuo cuore gelido! So che non vuoi essere così duro con tutti, pensi che sia l’unico modo di mantenere la sicurezza in questo luogo tanto ampio, così ti hanno insegnato… Ma si sbagliano! Quello è il modo per incutere timore, ma incutere paura non è il modo giusto per mantenersi vivi! I tuoi uomini sono certa che ti seguirebbero in capo al mondo, non perché sei serio e duro, ma perché hanno rispetto per la vera persona che sei. Mostrati sotto la tua dura scorza da militare! Rimani Frank e lascia il Generale a quando occorrerà. –
Gli sorrisi e lui ricambiò abbassando nuovamente il capo in segno di rispetto.
Mi mancava solo una persona da ringraziare. Mi piazzai davanti a lui sorridendo e gli dissi: –Senza di te nessuno ne sarebbe uscito. Penso di parlare a nome di tutti quando ti dico grazie Dottore e meno male che c’eri!–
Tutti annuirono al mio discorso, ma il Dottore non guardava loro, aveva gli occhi fissi su di me, anzi nei miei, visto che neanche io riuscivo a distogliere lo sguardo.
Volevo sapere cosa ci fosse all’interno di quella testa… Tutto probabilmente. Davanti a lui mi sentii piccola e fragile, nonostante la mia reale età ero solo una bambina in questo universo che lui mi stava mostrando. Vidi una luce accendersi nei suoi occhi, come se avesse capito i miei pensieri e di slancio mi abbracciò.
Rimasi un attimo stupita dal gesto, ma ricambiai. Mi sentivo protetta tra le sue braccia, in un sussurro lui mi disse: –Non dimenticare che la persona che ha reso tutto questo possibile sei tu.–
Poi si scostò da me e si diresse verso il resto del gruppo: –Come la mia compagna ha detto siete stati tutti bravissimi! I miei complimenti signori, abbiamo salvato un popolo!–
Fece partire un applauso che si espanse intorno a noi come una macchia d’olio, mi stavo unendo a loro quando sentii un braccio trascinarmi in mezzo alla folla e poi lontano da lì, guardai il Dottore senza capire: –Perché ce ne siamo andati così?–
Lo guardai in viso e capii che qualcosa non andava: lo vedevo turbato, pensieroso, anche se non era preoccupato; non riuscivo a capire.
–C’è ancora una cosa che non sono riuscito a capire… Vieni Emely!–
Iniziò a correre e in poco ci ritrovammo nella sala di comando. Cosa poteva esserci lì per noi?
Poi la vidi: ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima? Cameron.
–Ci stavi aspettando, immagino tu sappia perché siamo qui anche questa volta.–
Il Dottore aveva parlato con calma, una tranquillità controllata che lasciava trasparire la sua autorità, ma anche la sua capacità di autocontrollo; la donna gli rispose: –Lo so Dottore. Io so chi sei, Signore del Tempo e dello Spazio, distruttore e creatore, demone e dio, ma tu sai chi sono? E tu sai chi sei veramente? E sai chi è la tua compagna di viaggio?–
Cameron non era umana. Conosceva il Dottore, ma a quanto sembrava dal suo sguardo e da quello che avevo scoperto prima di conoscerlo, non era una cosa strana; tutti i popoli più sviluppati sapevano chi era: a volte come salvatore, a volte come distruttore.
Quella donna era un mistero, quindi era una giusta domanda la prima da lei formulata, ma come poteva chiedere al Dottore chi era lui stesso? Come fa una persona a non conoscersi dopo aver convissuto con sé stessa per tutto quel tempo?
Scossi la testa dandomi della stupida, io stessa ne ero un esempio, avevo avuto tantissimo tempo per capire chi ero, eppure adesso che avevo ripreso a vivere non lo capivo più…
–Sono il Dottore. Ecco chi sono. Ma tu… Tu conosci il futuro prima che accada e non solo, eri con noi in mezzo alle Sith, eppure loro ti hanno superato senza degnarti di uno sguardo. Tu…–
Cameron annuì: –Hai capito Dottore. Io sono una Mediante.–
Non riuscivo a capire di cosa stesse parlando, nella mia mente il nome Mediante suonava famigliare, ma non riuscivo a ricordare cosa fosse. Il Dottore evidentemente doveva saperlo, poiché si irrigidì e rispose: –Una Mediante non è mai in un posto casualmente, cosa ci fai tu qui?–
La donna mi guardò negli occhi, fu come leggere il suo sguardo, in un lampo ricordai la frase che aveva pronunciato solo qualche ora prima: era quello il motivo per cui era venuta. Ma cosa poteva significare?
Cameron si voltò nuovamente verso il Dottore osservandolo con la stessa intensità con cui mi aveva guardato e gli disse: –Ho già adempiuto al mio compito.–
Capii che non avrebbe rivelato nulla di più al mio compagno, non capivo il motivo per cui non avrebbe dovuto saperlo, ma se un essere antico e misterioso come quello che mi ritrovavo davanti non voleva rivelarlo, io non l’avrei fatto.
Il mio compagno mi prese per un braccio e mi incitò ad andarmene, ma proprio mentre stavamo per oltrepassare la porta la donna si rivolse al Dottore: –Ricordati, Signore del Tempo:
Tante ne hai contate e tante torneranno,
in un unico momento intorno a te staranno,
ma se davvero la vuoi ritrovare
la Grande Madre dovrai accontentare.–
–A me suona tanto come una profezia.– Dissi sussurrando rivolta al Dottore, per interrompere il silenzio, ma lui era fisso a guardare la donna, come se cercasse di imprimersi in mente quelle parole. Poi sorrise e guardandomi negli occhi disse: –Si torna al Tardis, Emely!–
Io risposi al suo sorriso, anche se ero stupita: –Di già? Senza neanche salutare Michael e Frank?–
Lui annuì e poi il suo sguardo iniziò a vagare, mentre mi rispondeva la sua voce era quasi un sussurro, come se stesse parlando più a sé stesso che a me: –Meno si riesce a legare con le persone, meno male farà il loro addio, ma se si lega, l’addio è da evitare.–
Non chiesi spiegazioni, perché ero convinta che fossero cose che lui aveva vissuto in prima persona fin troppe volte.
Gli sorrisi e lo presi per un braccio: –Allora Dottore… Chi arriva prima al Tardis vince!–
Mi misi a correre e sentii dopo qualche istante i passi e le risa del mio compagno che in pochissimo mi superò: –Io amo correre!–
Arrivammo al Tardis e solo quando vi entrai mi resi conto di avere addosso una grandissima stanchezza, come se l’unico posto in cui potessi rilassarmi davvero fosse stato il Tardis.
L’unico posto dove mi sentivo al sicuro: un rifugio, una casa…
Mi stupii di me stessa per aver chiamato il Tardis “casa”, dopotutto erano solo pochi giorni che ero in quel luogo, eppure soprattutto dopo quest’ultima avventura, sentivo il bisogno di un posto che fosse per me una casa.
–Senti Dottore, sono decisamente stanca, sono passate più di trentaquattro ore dall’ultima volta che ho dormito e non credo di poter reggere ancora molto…–
Un sbadiglio sottolineò la mia affermazione, ma il Dottore evidentemente aveva altri piani: –Senti Emely prima volevo parlarti un attimo.–
Annuii assonnata e mi sedetti sulla poltrona che avevo scoperto da poco in una delle molteplici stanze del Tardis. Il Dottore si sedette di fianco a me e si voltò a guardarmi: –Cosa vuoi dirmi?–
L’uomo mi disse, sorridendo: –Ti volevo fare i miei più sinceri complimenti! Ho viaggiato tanto e con tante persone diverse al mio fianco, ma devo dire che sei stata proprio una grande oggi! Senza di te non avrei mai osservato quello strano luccichio, ad esempio. Non l'avevo notato, mentre tu sei riuscita a scorgerlo… Hai una predisposizione per queste cose che mi lascia stupefatto! Come hai fatto a capire che era qualcosa nell’aria che non andava?–
Cameron; era stata lei a suggerirmelo, quella sua frase mi aveva fatto pensare ed anche se il loro significato probabilmente non era legato a ciò che era avvenuto mi aveva portato ad intuire che qualcosa non andava: –Non so, intuito immagino!–
Non potevo dirlo al Dottore. Quella frase riguardava lui, eppure…
–Un intuito geniale oserei dire! Grazie a te siamo riusciti a salvare le Sith, quelle povere creature hanno una storia agghiacciante alle spalle… Nel vero senso della parola.–
Questo mi lasciò stupefatta, avevo pensato che fossero aggressive solo per difesa, ma forse non era la realtà: –Prima o poi mi dovrai raccontare tutte queste storie, Dottore! La mia conoscenza sull’Universo purtroppo non è molto vasta… Anzi quasi per nulla…– La mia voce inizialmente decisa si trasformò in un sussurro quando terminai la frase, quasi più rivolto a me stessa che a lui.
Il Signore del Tempo ascoltò con attenzione quella frase, mi morsi un labbro, forse si era ricordato che il mio passato era per lui una cosa sconosciuta; non me la sentivo ancora di parlarne: –Emely… Ti racconterò tutto ciò che vorrai sapere, abbiamo tutto il tempo del mondo!–
Quando aveva pronunciato il mio nome mi ero irrigidita, lui doveva averlo notato, perciò aveva deciso di lasciar stare l’argomento, almeno per ora.
–Emely, non hai idea della fortuna che hai avuto!–
Lo guardai stupita, di cosa stava parlando?
–Non sai che se le Sith rivelano il proprio nome ad una persona danno ad essa il potere di richiamarle a sé?–
Inclinai la testa di lato senza comprendere quello che stava dicendo, così lui sospirò fintamente scocciato e si mise a spiegare: –Quando le Sith stavano tornando a casa loro una di esse ti ha parlato dicendoti il suo nome.–
Ricordai quel momento, la piccola fata mi aveva detto: “Ghrian”, non avevo capito il suo significato, ma ero stata percorsa da una scossa di energia, così annuii.
–Il nome di una Sith pronunciato da lei stessa ad una persona è un potere enorme! Se tu dovessi in futuro trovarti in difficoltà e non avere idea di come uscirne ti basterà chiamare il suo nome e lei comparirà e metterà diciamo “al tuo servizio” i suoi enormi poteri!–
Spalancai gli occhi per lo stupore: –Non ne avevo idea… Non pensavo di aver…– Non riuscivo a trovare la parola giusta, ma il Dottore mi venne in aiuto.
–Fatto colpo su queste bellissime e terribili creature? Forse hai qualcosa in comune con loro che gli altri non hanno.– E mi fece un occhiolino, come a interrompere il discorso.
Si alzò di scatto dalla sedia e fece una giravolta, poi si girò verso di me e con voce emozionata disse: –Emely! Tu non hai mai visto New York!–
Scossi la testa, quel nome mi suonava famigliare, poi ricordai che era una delle città più importanti nel pianeta Terra: –Sinceramente no, ha qualcosa di particolare?–
Il Dottore agitò le braccia, come a voler scacciare qualcosa, poi mi prese le mani e mi face alzare di fronte a lui: –A New York tutto è particolare! New York è la città dove tutto è possibile! Dobbiamo andarci immediatamente!–
Mi lasciò le mani e andò ad attivare il Tardis, io lo seguii mettendomi a ridere: –Dottore, sai di essere l’uomo più pazzo che io abbia mai conosciuto?!–
Lui annuì e fermandosi mi prese una mano e mi sorrise, facendo il baciamano: –Sono un gentleman dopotutto. E poi si sa, tutti i migliori sono pazzi!–
Detto questo scoppiammo entrambi a ridere e lui girò una leva, il Tardis iniziò a tremare come suo solito, ed io mi sorpresi perché ero davvero tranquilla.
Ero pronta per una nuova avventura!



 
Questo è l'ultimo capitolo revisionato della storia
in quanto è l'ultimo che ho pubblicato tre anni fa.
Dal prossimo saranno tutti capitoli nuovi!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: A spasso per Firenze ***


–Emely… Guardati intorno! Questa è assolutamente la mitica, enorme, fantastica, assurda…–
–Firenze–
Il Dottore si guardò davvero intorno e tirò fuori il suo cacciavite sonico, dopo qualche istante a contemplarlo si voltò verso di me e sorrise teso: –Sì, in effetti questa è Firenze… Chissà per quale strambo motivo non mi porta mai dove le dico di andare!– Disse poi, in tono di rimprovero, rivolto al Tardis.
–Lei ti porta dove devi andare, credo che tu e lei abbiate un legame speciale… Uno di quei legami che nel nostro popolo erano andati perduto da secoli, da prima della Guerra del Tempo.–
I suoi occhi si incupirono, ma poi sorrise: –Adesso siamo nel... 1348! Forse conosco qualcuno che ci potrebbe ospitare! Conosci un po’ di cultura letteraria umana? In particolare italiana?–
Annuii, era la mia passione! In particolare adoravo certi autori che univano una grande cultura all’ironia e alla sfacciataggine; cercando qualche indizio sul mio mondo ero capitata anche in Italia e studiando nelle varie biblioteche mi ero fatta una cultura di quei testi.
–Ma Dottore? Da chi stiamo andando?–
L’uomo sorrise e mi strizzò un occhio: –Se te lo dico ora che sorpresa è? –
Senza aver tempo di replicare fui costretta a corrergli dietro per la fretta con cui stava sfrecciando tra le viuzze di Firenze. Molti ci fissavano perché il nostro abbigliamento non centrava nulla con quell’epoca, o meglio, il mio abbigliamento, perché il Dottore era adatto a qualunque luogo; così fui costretta a correre più velocemente per poterlo fermare: –Dottore, forse è meglio se compriamo qualcosa di adatto a me… In quest’epoca i miei abiti non mi sembrano l’ideale.–
Lui mi squadrò da capo a piedi e annuì, ci dirigemmo verso una bottega con l’insegna: “Vesti da dama” e comprammo un vestito. Per quanto io volessi un vestito semplice in modo da non dare nell’occhio, il Dottore insistette per comprarmi un abito ricamato e molto fine, come se io fossi una nobile: era lungo fino alla caviglia e di color celeste, aveva una fascia che stringeva in vita bianca e lo scollo era di pizzo bianco come anche la fine selle braccia e della gonna, c’era inoltre dal petto in su una parte di stoffa bianca cucita insieme al celeste a formare un elaborato disegno floreale.
Non mi ero mai sentita così bella come con quell’abito addosso, il Dottore si mise dietro di me mentre mi stavo guardando allo specchio e disse in un sussurro: –Sei davvero meravigliosa Emely.–
Gli sorrisi, lui ricambiò per poi afferrarmi un braccio e trascinarmi fuori dalla bottega in tutta fretta nelle strade di Firenze, dietro di noi la proprietaria gridava: –Ladri! Tornate indietro!–
Solo dopo numerose stradine percorse il Dottore si decise a lasciarmi, con il fiato corto gli chiesi: –Perché… Siamo scappati così?–
Lui mi sorrise come suo solito e rispose: –Perché non avevo neanche un fiorino! Ahahah mi sono dimenticato i soldi sul Tardis!–
Io lo fissai senza parole, ma poi scossi la testa e, alzando le spalle scoppiai a ridere.
–Dottore mi vuoi dire allora da chi stiamo andando?–
Lui scosse la testa: –Non ci penso neanche, è una sorpresa! Proprio quest’anno dovrebbe stare scrivendo… Bè, lo vedremo presto! Eccoci, siamo arrivati.–
Ci ritrovammo davanti ad una normalissima villa dell’epoca, anche se era completamente azzurra, il Dottore bussò e si sentirono parecchi rumori strani: piatti caduti, vetri rotti e tanto altro non ben identificato, poi si udì un rumore di sedie spostate e alla fine la porta sì aprì.
Ne uscì un giovane coi capelli a spazzola e un sorriso a trentadue denti e un buffo naso rosso da pagliaccio, mi guardò attentamente, così a lungo da farmi imbarazzare, poi spostò lo sguardo sul Dottore e spalancò le braccia: –John! Da quanto tempo! L’ultima volta che ti ho visto ti sei buttato nel fiume urlandomi che tornavi subito, ma da quel giorno sono passati… dodici anni!–
Il Dottore rise nervosamente, e con un gesto della mano disse:–Sì, bè, ho avuto un contrattempo! Ma non ti ho ancora presentato Emely!–
M’indicò sorridendo. Io feci una mezza riverenza e l’uomo mi baciò la mano dicendo: –Incantato di fare la sua conoscenza, mi scuso di non essermi presentato prima, il mio nome è Giovanni, un umile pittore di Firenze.–
Giovanni pittore di Firenze? Chi era? Il Dottore aveva detto che avrei incontrato qualcuno della cultura italiana, ma il suo nome non mi ricordava niente.
In più mi stupii di ciò che aveva detto il Dottore. Perché giustificare in modo sciocco i suoi viaggi temporali con il Tardis? Non capivo, anche se dovevo ammettere che non mi era mai stato spiegato da ragazza come comportarsi con i popoli meno evoluti riguardo i viaggi nel tempo; in guerra non c’era posto per questo.
Mi riscossi e accantonai questi pensieri in un angolo della mente, promettendomi di chiedere chiarimenti al Dottore alla prima occasione.
Giovanni stava parlando con il Dottore a proposito dei suoi quadri: –E vendi bene con questa attività? Perché a quanto ne so Firenze è piena ora di pittori e molti si sono stufati.–
Stufati dell’arte? Ma che discorsi erano?
–John caro, non ci si stufa dell’arte! Sì, per ora non sto vendendo quanto vorrei, ma è tutta una questione di tempo! Non appena riuscirò a far vedere uno dei miei quadri alla galleria sono certo che li adoreranno!–
Certo, le sue parole erano molto ottimistiche, ma guardandolo negli occhi era ovvio che stesse mentendo.
–Mi dispiace lasciarvi così presto, ma ho un importante appuntamento in una delle ville nella campagna a sud.–
Il Dottore annuì e replicò: –Non preoccuparti, se non ti dispiace ci piacerebbe poter cenare con te questa sera.–
Lui sorrise e ripose: –Molto più che volentieri! Ci troviamo qua al calar del sole, vi saluto John e signorina Emely.–
–Solo Emely, grazie.– Corressi col sorriso sulle labbra.
Quel signorina mi metteva a disagio, quasi fossi una figura importante.
Giovanni sorrise e corse via per le strade trafficate di Firenze.
Quando scomparve dalla vista mi rivolsi al Dottore, ma prima di poter aprir bocca lui prese il suo cacciavite sonico e iniziò ad armeggiare con la porta di casa: –Ormai è il 1348, dovrebbe aver ricominciato a scrivere a questo punto! Non capisco…–
–Sì, neanche io capisco Dottore. Non capisco niente! Perché hai mentito riguardo i viaggi nel tempo? Come hai conosciuto Giovanni? Ma soprattutto chi è lui?–
Il Signore del Tempo non mi guardò neanche e solo quando riuscì ad aprire la porta ed entrarvi mi rispose: –L’ho conosciuto per caso mentre stavo scappando da un Sontaran bloccato sulla Terra che voleva far esplodere per la seconda volta il Vesuvio in modo da poter usare l’onda d’urto per far ripartire i motori della sua nave. All’epoca Giovanni era a Napoli e senza saperlo mi diede una mano a sventare l’attacco, purtroppo fui costretto ad andarmene perché un Sontaran si era salvato e non potevo lasciarlo andare in giro da solo, così abbandonai Giovanni e partii.–
Certo, mi aveva risposto ad una domanda, ma ovviamente non a tutto ciò che volevo sapere. Mi chiedevo se lo facesse apposta oppure semplicemente non ci pensasse.
–Dottore e perché non gli hai rivelato questo?–
Lui sta volta si fermò e mi guardò, sembrava indifferente, ma nei suoi occhi lessi dispiacere, quasi pena per me: –I terrestri non conoscono questo tipo di tecnologia, non possiamo rivelare loro ciò che non hanno ancora scoperto. Un tempo lo insegnavano ai giovani, ma con la guerra ogni cosa è cambiata.–
Mi diedi della stupida per non averci pensato, il Dottore aveva ragione, con la guerra tutti quei valori che caratterizzavano i Signori del Tempo erano stati cancellati e sostituiti con le armi, i metodi di distruzione e l’odio.
Lui lesse nel mio sguardo il dolore per la mia ignoranza e sorridendo mi disse: –Devo mostrarti un posto! Vieni con me, abbiamo tutto il giorno prima che torni Giovanni!–
Così dicendo mi prese per mano e mi trascinò per le vie trafficate di una Firenze del quattordicesimo secolo; vidi banchetti, botteghe pieni di stoffe pregiate e soprattutto una quantità esorbitante di artisti che vendevano i loro quadri e capii la frase del Dottore, ma non riuscivo a capire dove mi stava trascinando così di fretta: –Dottore! Che fretta c’è? Dove stiamo andando?–
Lui si girò appena verso di me, giusto il tempo di sorridermi sfacciatamente come suo solito e dire: –Sorpresa!– che si scontrò contro un ragazzo piuttosto alto, biondo e di bell’aspetto. Entrambi caddero a terra, il Dottore si alzò subito e tese una mano al giovane per scusarsi, ma questo sembrava preso da altri pensieri, tanto che non alzò lo sguardo finchè non mi piazzai davanti a lui prendendogli una mano e tirandolo su di peso: –State bene messere?–
Gli chiesi poi, notando lo sguardo di rimprovero del Dottore per il mio comportamento poco femminile per l’epoca. Questi mi guardò con un sorriso triste e disse: –Madama, una così dolce fanciulla si preoccupa per me? Un povero giovane senza alcun talento se non quello di far poesia astratta, e senza alcuna speranza di far breccia nel cuore di una giovane della bella Firenze, non merita la preoccupazione e il turbamento di una così bella dama.–
Rimasi senza parole, sia per il linguaggio così colto sia per le parole così tristi. Non capivo come un ragazzo bello e acculturato non fosse uno dei più ricercati nella Firenze tardo medievale. Il Dottore intervenne, notando il mio imbarazzo: –Mi volevo scusare con voi gentile signore, ma io e la mia compagna siamo di fretta.–
Non capii il motivo di tanta fretta, ma annuii, il giovane si congedò da noi dicendo: –Non si preoccupi signore. Arrivederci a voi e alla vostra bellissima compagna. Forse un giorno ci rivedremo.– Io gli sorrisi e feci per seguire il Dottore, ma prima di farlo sussurrai al giovane: –Vedrà che una giovane signorina la noterà, prima di quanto possa immaginare!–
Corsi poi per raggiungere la mia guida e la seguii finchè non raggiungemmo un locale con un insolito nome: “Vortice del tempo”.
Per la seconda volta nell’arco di neanche un’ora ero a bocca aperta: –Il Tardis traduce correttamente Emely! Questo è il Vortice del tempo, o meglio, questo locale è stato costruito dai Signori del Tempo quando visitarono la Terra, per consentire di viaggiare da Gallifrey a qui in caso di necessità, ci sono posti come questi sparsi in tutti i pianeti di tutti gli universi, sono i…–
Riuscii a scuotermi dal mio stupore e completai la frase: –…Portali Spazio-temporali! Ne avevo sentito parlare a scuola, ma credevo che fossero stati chiusi tutti all’epoca della guerra e ormai i Signori del Tempo… non possono averli riaperti!–
Il Dottore scosse la testa, ma non mi rispose e si diresse a passo deciso verso l’ingresso lasciandomi il compito di seguirlo. E così feci.
Dentro era caldo, dannatamente caldo e pieno di persone. Tutti uomini, fatta eccezione per qualche cameriera. Il Dottore mi fece cenno di sedermi, ma non trovavo un posto adatto, odiavo stare in mezzo a troppe persone, preferivo un posto tranquillo ed isolato così mi diressi verso l’angolo del locale, purtroppo l’unico tavolino era già occupato da un giovane con un cappuccio a coprirgli il volto ed un mantello molto ampio che non lasciava intravedere nulla delle sue fattezze.
Mi domandai come potesse sopportare quel caldo atroce così coperto, ma non erano affari miei, così chiesi semplicemente se era possibile occupare i due posti vicini che sembravano liberi.
Quello annuì senza proferir parola. Prese il suo boccale di birra e bevve, così potei intravederne le mani e la bocca. Aveva mani affusolate e delicate, molto curate e anche la bocca sembrava disegnata tanto era dolce nei lineamenti. Quella era sicuramente una donna, ecco spiegato lo strano comportamento ed il mantello, mi avvicinai e le sussurrai in un orecchio: –Anche io sono una donna, stai tranquilla, se temi che questi uomini possano farti in alcun modo male non preoccuparti il mio compagno ed io ti difenderemo. Forza, mostra il tuo viso.–
Il Dottore mi domandò con gli occhi che stessi facendo, era appena arrivato al tavolo ed aveva notato anche lui la figura incappucciata con cui stavo parlando.
La giovane lo guardò di sottecchi e poi, ancora un po’ dubbiosa annuì e si scoprì il volto, era mora, con occhi di cristallo, non sembrava spaventata, tutt’altro, sembrava solo infastidita: –Mi dispiace di essere sembrata tanto misteriosa, ma in questo posto non sempre gira gente per bene ed una giovane donna da sola può sembrare una facile preda agli stolti. In ogni caso piacere, il mio nome è Pampinea. E voi siete?–
Quella ragazza era interessante, dal suo sguardo si notava quanto fosse forte e determinata, ed il suo nome mi risuonava famigliare: –Io sono Emely e lui è il mio compagno, John.–
Lei annuì senza scomporsi, guardai il Signore del Tempo e lessi nei suoi occhi che stava pensando intensamente, probabilmente anche a lui quel nome suonava famigliare.
Prima che qualcuno potesse parlare Pampinea vide in lontananza qualcosa che la terrorizzò, mi voltai e osservai tre uomini entrare nella sala a passo spedito, e guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa, o qualcuno. La ragazza si mise il cappuccio sul volto e ci disse bisbigliando: –Devo andarmene di fretta, i miei scritti probabilmente non sono stati apprezzati, o forse lo sono stati fin troppo! Spero di rivedervi un giorno Emely e John, arrivederci!–
E scappò via aprendo la porta sul retro; i tre appena entrati le corsero dietro in un lampo.
Sembravano agenti di sorveglianza, quella ragazza aveva parlato di scritti che potevano non essere piaciuti e vista l’epoca in cui ci trovavamo probabilmente era qualcosa di eretico o almeno visto come tale.
–Quella ragazza si farà uccidere se non riesce a correre abbastanza velocemente.–
La giovane davanti a noi era alta, rossa di capelli, con occhi smeraldo e un portamento importante, come se ci fosse solo lei nella sala. Indossava degli abiti non esattamente tipici all’epoca, o meglio, portava una veste lunga beige che sembrava essere stata strappata di netto per renderla più corta, con una fascia nera legata in vita a sottolinearne le curve e una scollatura decisamente non naturale.
La giovane fissava il punto in cui erano scomparsi i tre uomini, ma subito si fissò su di noi e sorridendo si allungò sul tavolo per stringerci le mani, il Dottore le rispose: –Sembrava abbastanza caparbia da potersela cavare da sola. E poi correre è favoloso.–
La ragazza gli sorrise e ci sussurrò: –A volte correre non è necessario, se si ha la giusta… merce di scambio.– E fece un sorriso malizioso al mio compagno. Alzai gli occhi al cielo.
La rossa si tirò su e sorridendo si mise a giocare con un suo ricciolo fuoco: –Il mio nome è Fiammetta e non è dato solo dal colore dei miei capelli, il mio fuoco migliore è dato da altro. Se volete messere potrei…–
Questa ci stava spudoratamente provando col Dottore! Viste le sue parole probabilmente ci avrebbe provato con qualunque persona di sesso maschile presente intorno a sé, la cosa mi tranquillizzò, anche se non ne capii il motivo.
–Veramente non siamo qui per questo genere di affari. Quindi la ringrazio, ma declino l’offerta.–
Alzò le spalle e sorridendo andandosene disse: –Portate i miei ossequi a Giovanni e ditegli solito posto solita ora.–
Fiammetta conosceva Giovanni?
In effetti non c’era molto da sorprendersi vista la reputazione che doveva avere la giovane, ma quei due nomi…
Dopo aver bevuto qualcosa di caldo uscimmo dal locale, e all’improvviso sentii che l’aria si faceva pesante, come se si fosse alzata all’improvviso la temperatura, come se stessi soffocando… Caddi in ginocchio guardandomi intorno spaesata e per un istante vidi un lampo blu intorno a me, poi tutto tornò normale e sentii il Dottore che mi prendeva una spalla: –Emely? Emely che succede? Stai bene?–
Io mi guardai intorno alla ricerca di una fonte di quello strano attacco, ma era tutto esattamente come prima, così annuii: –Sì, scusa, per un attimo mi sono sentita male, ora sto meglio.–
Era poco convinto, ma non fece domande. Uscimmo dal locale, il sole era alto nel cielo, doveva essere mezzogiorno, mancava ancora mezza giornata all’appuntamento con Giovanni.
Questa volta fui io ad avere un'illuminazione: –Dottore! Siamo a Firenze nel quattordicesimo secolo e se non ricordo male questa è proprio l'età del teatro! Mi porti a vedere uno spettacolo? Ti prego!–
Il Dottore sbuffò, ma aveva il sorriso sulle labbra: –Sei proprio una bambina! Va bene dai, seguimi!–
Gli sorrisi di rimando e mi diressi insieme a lui nelle viuzze di Firenze.
Eravamo appena in tempo per vedere uno spettacolo, le porte stavano per chiudersi, mentre una folla di persone si spintonava per cercare di entrare.
Agguantai il braccio del mio compagno per evitare di perderlo nella folla, ma non bastò. Ci allontanammo sempre di più, il flusso di persone mi trascinava lontano da lui, entrambi verso il portone, ma lui l'aveva superato, io rimasi chiusa fuori.
Non potevo crederci. Perchè capitavano tutte a me?!
Scossi la testa affranta, ma non mi sarei arresa: dovevo trovare un altro ingresso! Potevo fingermi un'attrice ed entrare dal camerino... no. Mi ricordai che all'epoca le donne non potevano recitare, se occorreva interpretare un ruolo femminile toccava comunque ad un uomo travestito.
E fu proprio uno di questi che mi venne addosso mentre, spaesata, provavo a cercare un altro ingresso.
Lo guardai, ma ciò che vidi mi lasciò senza parole: era una donna. La parrucca era scivolata rivelando una lunga chioma bionda. Lei mi scoccò un'occhiata impaurita, poi si sistemò velocemente e si alzò: –Io... Ti prego non dire nulla a nessuno! Ho visto che stavi cercando di entrare, se vuoi posso aiutarti io, ma solo se non rivelerai la mia identità.–
Era terrorizzata da quel pensiero, ma più che altro i suoi occhi erano illuminati di una luce che non capii. Mi alzai e annuii alla sua richiesta, senza riuscire a parlare in maniera consona alla situazione. Lei si diresse di corsa verso il retro del teatro, aprì la porta controllando che non ci fosse nessuno e mi fece cenno di seguirla. Entrai e la ringraziai di cuore: –Non preoccuparti, grazie a te di non avermi rivelato. Io sono Filomena.– Aggiunge a voce bassa, io le risposi col mio nome.
–Grazie Emely, goditi lo spettacolo!– Poi sparì.
Mi guardai intorno. Ero su delle scale, davanti a me iniziavano le quinte, così mi voltai e vidi le tribune. Corsi tra le file alla ricerca dei buffi capelli castani che aveva il Dottore. Quando lo trovai metà del pubblico mi odiava.
Il Signore del Tempo sorrise e mi sussurrò: –Dov'eri finita?–
Stavo per rispondergli quando si aprì il sipario, così decisi di rimandare le spiegazioni per non dover attirare ulteriore ira nei miei confronti.
E Filomena era lì, al centro del palco. Rappresentava una nobildonna amata da molti uomini, ma che non vuole sposarsi con nessuno e vorrebbe diventare cantante. Infatti lei cantava oltre a recitare e questa volta capii la luce nei suoi occhi. Era l'arte, amava talmente tanto il suo mestiere da esserne rapita e gioiosa. Era la sua vita, per questo non voleva essere cacciata da quel luogo.
Quando la rappresentazione finì tutti in sala si alzarono applaudendo gli attori, poi ci dirigemmo verso l'esterno.
Ormai era quasi sera, così ci dirigemmo verso l'abitazione di Giovanni, mentre gli raccontavo dell'incontro con Filomena.
Due giovani donne erano comodamente sedute su un muretto e sembravano immerse in una discussione coinvolgente. La più giovane delle due scese e si avvicinò a noi: –Voi credete forse che un uomo possa considerarsi uomo solo se un Dio sta al di sopra di lui?!–
Sembrava infuriata. Io e il Dottore ci guardammo senza capire, ma prima di poter anche solo pensare una risposta, la ragazza si girò su se stessa e si rivolse alla compagna: –L'uomo non deve essere soggetto a nessun potere al di sopra di lui. Ognuno deve poter essere libero nei propri ideali e nelle proprie decisioni. Un Dio al di sopra di tutti potrebbe esistere solo nel caso esso non entri in nessun contatto con l'uomo e quindi esista su un piano differente dal nostro. Questa è l'unica verità!–
Perchè due giovani fiorentine del quattordicesimo secolo discutevano della filosofia della vita?
–Senza qualcuno al di sopra di noi che possa controllarci e aiutarci a proseguire la storia dell'umanità nessun essere vivente sarebbe mai riuscito a trovare una strada per il futuro e noi non saremmo mai diversi da semplici animali.– Ribatté l'altra ragazza.
Le due ripresero a discutere senza fermarsi un istante a considerarli. Erano molto diverse, una bionda ed una mora; la prima alta e la seconda bassa. Completamente opposte, ma evidentemente molto unite.
Vidi il mio compagno scrollare le spalle e continuare a camminare verso la casa di Giovanni.
Quando arrivammo ci fu immediatamente evidente che qualcosa non andava...


 
Sono passati... Tre anni... Non riesco a crederci. Dire che sono mortificata è dir poco. Purtroppo i mille impegni mi hanno tolto tutto il tempo che avevo per scrivere, oltre purtroppo alla mia ispirazione che solo recentemente ho ritrovato.
Vi prometto che d'ora in poi aggiornerò in maniera il più possibile costante, ogni due mesi circa. Mi sto già portando avanti con i prossimi.
Grazie a chi mi seguirà o continua a seguirmi e spero di ricevere altre recensioni!
Baci,

Selene6

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