Vita da genitori

di Chrystal_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giro in macchina con papà ***
Capitolo 2: *** Costume di Halloween ***
Capitolo 3: *** Luci ***
Capitolo 4: *** Una sorpresa sotto l'albero ***
Capitolo 5: *** Una serata movimentata ***
Capitolo 6: *** Legàmi ***
Capitolo 7: *** Un mostro di mamma ***
Capitolo 8: *** Il potere del vero amore ***
Capitolo 9: *** Rumplestiltsing ***
Capitolo 10: *** Crema solare ***
Capitolo 11: *** Scherzi d'amore ***
Capitolo 12: *** Le fate del muschio ***
Capitolo 13: *** Un mistero venuto dal passato ***
Capitolo 14: *** Oggetti sperduti ***
Capitolo 15: *** Cuciture ***



Capitolo 1
*** Un giro in macchina con papà ***


A Maria, una madre straordinaria, e a mia madre.
 
 
Vita da genitori

 
 
A Elema, per aver acceso chissà quale lampadina che ho in testa per scrivere questa raccolta.


Un giro in macchina con papà

 

“Rumple...” disse Belle, scuotendo il marito sotto le coperte, ancora girata e dandogli le spalle.

“Rumple, svegliati” mormorò ancora, ancora per metà nel mondo dei sogni.

Gold si svegliò piano ma non riuscì subito ad aprire gli occhi. Piuttosto era invaso dalla piacevole sensazione della mano di Belle sulla gamba, molto lontana dai piedi o dalle ginocchia.

“Belle...” disse con un sorriso sulle labbra. La mano della moglie continuava inesorabilmente a salire e a stringerlo.

Quando la pressione era sempre più vicina alla sua vita aprì gli occhi e, nella semioscurità della camera, vide dei numeri brillare dall'orologio sul comodino della moglie.

Erano le due e mezza di notte.

“E' un po' tardi dearie, ma è da così tanto che ti volevo...” le sussurrò ad un orecchio.

“Rumple, tocca a te.” disse Belle senza prestare attenzioni alla vicinanza del marito.

Gold rimase un po' interdetto e confuso. Cosa intendeva?

“In che senso amore mio? Vuoi...stare tu...” si interruppe sperando che lei capisse, o almeno gli chiarisse le idee.

Ma Belle continuava a mormorare qualcosa nel sonno e a stringergli la gamba.

“Sopra?” finì, quasi in un sussurro.

Belle non aveva ben seguito il discorso del marito,era incredibilmente stanca e quel giorno l'aveva completamente sfiancata e per di più aveva dovuto gestire per telefono da casa la consegna di nuovi libri per la biblioteca.

“Si e tu vai.” disse affondando ancora di più nel cuscino.

“Vado?” disse lui ancora più confuso. Si alzò un attimo sulle braccia e osservò la moglie. Le sfiorò la mano che ormai era scivolata dalla sua gamba. Prese quel “vai” per un lascia passare e abbracciò la donna cominciando a baciarla sul collo per farla stendere a pancia in su.

Belle sorrise nel sonno e si lasciò guidare da Gold. Lui allora si mise sopra di lei senza smettere di solleticarle il collo con mille baci.

Non ci volle molto che Belle si svegliò, ma il piacere iniziale svanì subito dal suo volto sorridente.

“Rumple ma che stai facendo?” disse fissando con gli occhi gonfi di sonno il marito.

Gold smise di baciarla. “Come che sto facendo? Me lo hai chiesto tu...”

“La bambina piange! Devi andare giù, tocca a te, muoviti.” disse troppo assonnata per avventurarsi in un'ambigua conversazione.

“Cosa...” disse lui tendendo l'orecchio. Si sporse verso il comodino della moglie per afferrare il baby monitor ma nel farlo perse l'equilibrio e cadde dal letto, a terra.

Come al solito quell'affare faceva i capricci. Gli diede due pacche, ancora disteso a terra e sentì gli ululati di sua figlia.

“Tocca a te, tesoro.”

Gold si rialzò senza troppa agilità. “Ahi...”

“No niente scuse tesoro. Io l'ho tenuta tutta la mattina e sono esausta persino per alzarmi dal letto.”

Gold guardò la moglie che si girò sul suo lato e tornò a dormire.

Anche lui era stanco, quel giorno Emma e il suo acutissimo padre gli avevano fatto un'improvvisata in negozio e aveva spiegato per un sacco di tempo a David che non poteva fare ogni tipo di magia seduta stante. Ma sapeva che anche Belle era molto stanca e che la bambina, pur essendo deliziosa, era un grande impegno, senza contare che continuava a gestire via telefono la biblioteca.

Con un sospiro si tirò su in fretta e corse nella camera della bambina.

La trovò nel lettino che strillava come un falco a cui avevano strappato alcune penne.

La prese in braccio e tentò di calmarla, cullandola.

“Cosa c'è piccolina? C'è il tuo papà ora va tutto bene” la bambina però, dopo un attimo di silenzio in cui aveva piantato gli occhioni sul padre, aveva ricominciato a strillare.

Provo a vedere se doveva digerire, se aveva fame, se era per il pannolino ma niente. Prese il carillon che aveva appositamente fatto intagliare da Geppetto e lo azionò cosicchè una dolce musica riempisse la cameretta della figlia ma neanche questo tentativo funzionò.

Scese in salotto sperando che la televisione accese potesse calmarla. Dopo quindici minuti però la piccola sembrava voler esprimere tutto il suo potere canoro.

Prese le chiavi dell'auto, spense la televisione e tornò in fretta in camera sua dove si infilò dei pantaloni e un maglione.

“Belle amore, la bimba non si calma e io v...”

“Mmf, sì.” disse lei, ovviamente nel sonno, per quanto le urla della bambina lo permettessero.


 

Caricò la bambina in macchina e passò l'ora successiva a girare per le strade di Storybrooke, completamente deserte.

“E visto che la radio sembra non piacerti dearie*, ci penserà il tuo papà a parlare o cantare. Così tu ti godi il giro in macchina e io cerco di non addormentarmi.” disse dando uno sguardo allo specchietto e vedendo la figlia ancora sveglia ma ora, stranamente, calma.

“Ti ho raccontato della prima volta in cui ho capito che amavo tua madre?”

La bimba fece schioccare le labbra.

“Eravamo al mio filatoio, e lei mi ha chiesto perchè filavo tutto il giorno. Quando le ho risposto e lei ha riso qualcosa dentro il mio cuore si è mosso. Ma al tempo ero troppo stupido per capirlo. E poi è caduta ed è lì che non ho avuto più dubbi.” disse rallentando un po' “Be' più o meno. Sai dearie, è dura ammettere ciò che si prova. Soprattutto con se stessi. Ma se è amore è stupendo.” disse vedendo che la piccolina stava chiudendo gli occhi.

“Spero che tu lo scopra però in maniera meno burrascosa. Soprattutto senza cadere da un'altezza superiore ai due metri.”

Si fermò al semaforo e, visto che era rosso, si girò a guardare la bambina, ora completamente addormentata.

Gold sorrise pensando che era identica alla madre, persino nel modo di dormire.

“Torniamo a casa Rose.” disse piano e svoltò per tornare a casa.


 

Camminò quasi sulle punte e rimise la bambina nella culla bianca.

Rimase per un attimo a guardarla e stava quasi per accarezzarle la guancia che subito ritrasse la mano, per il timore di poterla svegliare.

Si trascinò in camera da letto e quasi si accasciò su una sedia dove buttò senza troppa grazia i pantaloni e il maglione che si era infilato sopra il pigiama.

“Rumple sei tornato.” disse Belle che sembrava più sveglia di lui.

“Si, io e Rosie abbiamo fatto un giro in macchina. Un lungo giro in macchina. E devo dire che le è piaciuto. Si è zittita dopo poco che avevo messo in moto.”

Tornò a letto e si infilò stancamente sotto le coperte.

“Sai anche io mi calmavo quando ero in carrozza.” disse Belle girando il capo per guardare il marito, che intanto si era steso a pancia in su, sul suo lato del letto.

“Pensavo che soltanto i libri riuscissero a tener fermo un terremoto come te.”

“Si, infatti in carrozza potevo leggere in santa pace.”

Gold chiuse gli occhi e sorrise. Stava quasi per abbandonarsi nelle braccia di Morfeo quando sentì le mani di sua moglie esplorare il suo petto e sbottonargli il primo bottone del pigiama.

Aprì gli occhi e vide la moglie che ora era al suo fianco e gli stava baciando il collo e il mento.

“Belle, amore, ma non eri troppo stanca persino per alzarti dal letto?”

Il volto di Belle si illuminò e un amplissimo e malizioso sorriso lo riempì.

“Infatti non ho intenzione di alzarmi dal letto.”

Queste furono le ultime parole che gli rivolse prima di strappargli di dosso il pigiama, sfilarsi in fretta il suo e stendersi sopra il marito.**

 


* Delucidazione su "dearie": non è che Rumple lo usi perchè odi sua figlia (ci mancherebbe, l'adora!) ma perchè, se avrete voglia di continuare a seguirmi, scoprirete in seguito che Rose impazzisce guardando il proprio papà che imita se stesso nei panni di folletto (quand'era il Signore Oscuro per intenderci).
** Ho messo rating verde ma se qualche frase/battuta/descrizione dovesse urtare la sensibilità basta solo che mi avvisiate e lo cambierò. Se più avanti qualche capitolo sarà diverso avviserò prima.





Note delll'Autrice
Avevo intenzione di pubblicare questa raccolta più avanti ma non ho resistito. Vi avviso fin da ora che (se i capitoli non faranno troppo schifo) posterò ogni os pian piano giusto per lasciare a tutti la possibilità di gustarsela.
Che dire di più? Mi sono sempre chiesta come questi due se la sarebbero cavata da genitori e così ho deciso di scriverlo io stessa.
Lo so, Rumple può sembrare un po' troppo tenero e pasticcione, OOC in poche parole. Ma non giungete subito a questa conclusione. Prima considerate che è sua figlia, l'adora e la ama immensamente e soprattutto la piccola Rose ha un innato potere canoro da aquila che probabilmente usa spesso e volentieri (di notte poi...). Contate anche che questa volta Rumple vuole essere il miglior genitore che un figlio possa avere, che è sposato con Belle da un po' e che il suo lato oscuro sarà ormai sbiadito, per cui non è più così strano vederli in vesti più dolci. Poi tra gli ululati dela piccola Rose, l'essere un buon marito, le visite dal pediatra, attrezzi per neonati che non ne voglio sapere di essere montate (ecc.ecc.), il lavoro, gli innumerevoli favori (leggete anche insulti) per gli abitanti di Storybrooke è logico e naturale che sia stremato e cada dal letto (o approfitti di ogni raro secondo per stare con la sua Belle).
Ok, ho scritto troppo e soprattutto troppe sciocchezze. Spero che questa one shot vi sia piaciuta e che il progetto in generela vi piaccia e vi chiedo il grande favore (vi prego!) di lasciare un commento. Anche solo dieci parole in cui mi avvisate che state cercando il mio indirizzo per bruciare il pc ma vi prego fatemi sapere cosa ne pensate, è importante. 
Adesso ho finito di annoiarvi, state tranquilli. Grazie a tutti coloro che hanno letto, arrivando (spero indenni) alla fine delle mie note.

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Capitolo 2
*** Costume di Halloween ***


 
 
Vita da genitori

 
Dopo la tempesta, a volte, arriva l'arcobaleno


 
Costume di Halloween
 

“Non posso vestire mia figlia da zucca” disse Belle, aggrottando la fronte e squadrando la bambina che era in piedi in un angolo del Granny's.

Ruby alzò le mani al cielo. “Era un suggerimento.” Si chinò verso Rose e, sorridendole, le chiese: “Da cosa ti piacerebbe vestirti?”

Rose smise di sgranocchiare il biscotto che Granny le aveva dato poco prima.

“Evan si veste da pirata.”

Ruby sorrise e osservò Belle sghignazzare. “Se si vestisse anche lei da pirata, a suo padre verrebbe un colpo.”

“Vorresti essere uno scheletro? Un vampiro? O un lupo mannaro?” A Ruby brillarono gli occhi. Non le sarebbe nemmeno servito travestirsi per quella festa se davvero avesse voluto far paura a qualcuno -anche se tutti sapevano che, pur trasformandosi, era completamente innocua-, eppure sapeva che ne avrebbe approfittato per vestirsi in maniera ancora più provocante del solito. Sua nonna non avrebbe potuto dire niente, dopotutto era Halloween e travestirsi era d'obbligo.

“Non 'o so” mormorò Rose, spargendo un sacco di briciole sul pavimento.

“Oh Rose, stai attenta. Stai sporcando tutto.”

Belle era visibilmente esaurita.

“Belle, calmati. È solo un costume, puoi sempre comprarlo in qualche negozio.”

Belle scosse la testa. “E che madre sarei? Tutte le mamme cuciranno i costumi per i propri figli e a scuola andranno travestiti.” disse, passandosi una mano fra i capelli.

“Potresti metterle strani vestiti e truccarla. Oppure potresti metterle una gonna lunga, una maglietta viola e un cappello a punta. Una perfetta streghetta.”

Belle fece una smorfia. “Meglio di no. Anche se le cose vanno meglio, lei rimane pur sempre la figlia del Signore Oscuro e non voglio rimarcare la cosa.”

“Belle, Rose è adorabile e nessuno potrebbe mai...”

La donna agitò la mano e sospirò. Ruby si interruppe capendo che l'amica era più che stressata.

Rimasero al negozio fino alle otto di sera, senza riuscire a cavare un ragno dal buco.

“Vuoi che vi accompagni a casa e vi aiuti?”

“No, grazie Ruby. Ti ho già disturbato abbastanza.”

Belle mise il cappotto alla figlia e, prendendola per mano, si diressero a casa.

Una volta arrivate, le fece fare il bagno e la mise a letto, senza che le fosse venuta nemmeno una mezza idea su quale costume confezionare per la figlia.

Prese alcuni volumi dalla grande libreria del salotto e si trasferì in camera da letto. Riempì il letto di libri e li sfogliò fino a notte fonda per poter trovare un'idea.

“Ma chi sto ingannado.” mormorò. “Anche se trovassi un'idea non sarei in grado di cucire un bottone. Se solo Rumple fosse qui...”

Una lacrime le scese sulla guancia. Si ricompose subito, pensando che doveva essere forte e non farsi scoraggiare per un semplice costume.

Non avrebbe mandato sua figlia a mani vuote il giorno dopo, a costo di rimanere alzata tutta la notte.

Dopo un'altra interminabile ora di ricerche infruttuose, si alzò dal letto, scardinò le lenzuola bianche e le tagliò a metà. Fece due buchi per gli occhi e disegno una bocca che doveva essere paurosa ma che sembrava più il risultato dell'anestesia dal dentista.

Prima di poter dare un ultimo sguardo alla sua opera, si addormentò nell'unico angolo libero del letto.


 

Gold mise le chiavi nella serratura cercando di non far rumore. Chiuse la porta e salì le scale con passo felpato. Erano le quattro di mattina e non vedeva l'ora di mettersi a letto e stringersi a sua moglie.

Era da quasi una settimana che non vedeva né lei né la figlia ed era contento di aver aiutato Merlino e di aver risolto tutto quel pasticcio.

Prima di andare nella sua camera passò di fronte a quella della figlia e aprì uno spiraglio per vedere se dormiva.

Fece attenzione a non far rumore e a non far scivolare il fascio di luce sugli occhi della bimba.

“Papà?”

Gold vide il suo angioletto agitarsi sotto le coperte.

“Rose? Tesoro, perchè sei sveglia a quest'ora?” mosse qualche passo e si sedette sul letto.

“Mamma è triste.”

“Mamma è triste?” Rose si tirò a sedere e, prendendolo per mano, lo trascinò nella camera dei genitori.

Gold rimase a bocca aperta. La moglie era ranicchiata in un angolo, con gli occhi tutti rossi, il letto e il pavimento erano pieni di libri e materiale da cucito.

La bimba saltò sul letto, arrampicandosi tra i mille volumi della madre.

“E questo cos'è?” Gold tolse dalle mani della donna un lenzuolo bianco.

Rose agitò le mani. “Il mio costume!” Lo prese dalle mani del padre e, saltando giù dal letto, cominciò a volteggiare in giro per la stanza.

L'uomo riuscì a fermarla in tempo, prima che svegliasse la madre con tutto quel baccano.

“Domani dobbiamo portare a scuola un costume. Tutte le mamme lo fanno loro.” disse la bimba mentre il padre la scortava in camera.

“Belle non mi aveva detto niente.” mormorò lui, mettendo la piccola a letto e rimboccandole le coperte.

“No! L'ho rotto...” mormorò Rose. Il lenzuolo era parecchio sfilacciato e non sarebbe sopravvisuto a un'intera giornata di scuola e alla passeggiata serale per Storybrooke a caccia di dolcetti.

“Non l'hai rotto, si sfilaccia da solo.”

Rose arricciò le labbra in maniera inequivocabilmente simile alla madre.

“E domani cosa mi metto? Mamma sarà ancora più triste se non lo porto.”
Gold rigirò il lenzuolo tra le mani.
“Fai una magia, papà!”

“Dearie, dearie, la magia si usa solo per le emergenze e a fin di bene.” Quelle parole erano le stesse che Belle ripeteva alla figlia quando mostrava qualche segno magico.

“Ma è un'emerfenza!” Gold sorrise. Adorava quando la figlia storpiava le parole, anche se Belle si premurava subito di correggerla, inventando qualche storia su quel vocabolo così da rendere più semplice alla figlia la memorizzazione della correzione.

“Cosa facciamo, papà?”

“Noi niente. Tu ora dormi, al costume ci penserò io.”

“E userai la magia?”

“Userò qualcosa di molto più potente.”

Rose sembrò soddisfatta della risposta e, sorridendo, si infilò sotto le coperte. Lui si chinò a baciarle la fronte e si diresse alla porta.

Prima di uscire si voltò e sussurrò: “Qualche preferenza, Rose?”

Una testa dai capelli tutti spettinati fuoriscì dalla trapunta. “Qualcosa di magico.” disse soltanto.

Gold sorrise, aveva in mente proprio qualcosa di magico.


 

Dopo un'intera notte passata a sferragliare, Gold finì il lavoro. Salì le scale e andò a svegliare la figlia.

Mentre quest'ultima si lavava i denti, preparò la colazione per Rose e per la moglie. Belle dormiva ancora e lui non volle svegliarla.

“Eccomi!” Rose balzò giù dalla scale, piena della solita allegria che l'animava ogni mattina.

Gold sorrise, pensando a quanto amava che la figlia avesse preso il buonumore dalla madre.

“Dov'è il costume, papà?”

“Prima mangia tutto, ho fatto i pancakes.”

Rose si mise a sedere e battè le mani, mentre il padre le metteva nel piatto alcuni pancakes ancora fumanti.

“Posso affogarle con lo sciroppo?”

“Sì, ma non esagerare o stasera ti farà male la pancia a furia di tutti i dolcetti che mangeremo.”

Rose sorrise tutta felice. Ormai aveva sei anni e sarebbe potuta andare coi suoi amici a fare 'dolcetto o scherzetto' eppure aveva insistito perchè il padre li accompagnasse almeno per alcune case. Quando c'era lui erano più abbondanti con le dosi di caramelle e cioccolatini.

Quando ebbero finito di mangiare, lei rimase a bocca aperta di fronte al costume che il padre le aveva confezionato.

“E' per me?”

“Ma certo, dearie! Di sicuro non è per me” disse lui, osservando i ricami decisamente femminili che aveva cucito lui stesso. “E poi non è nemmeno della mia taglia.”

Rose rise alla battuta del padre e si tolse i vestiti per infilarsi il costume.

“Sei bellissima.” mormorò Gold guardando la figlia.

“Grazie, papà” disse lei, saltandogli al collo.

Lui la strinse a sé e inspirò il profumo dei suoi capelli. Era lo stesso di Belle e lui se ne meravigliava ogni giorno.

“Lo facciamo vedere alla mamma?” chiese lei, scostandosi dal padre.

“Lasciamola dormire, è stata sveglia tutta la notte.” Gold prese lo zainetto della figlia. “E poi faremo tardi a scuola!”

Rose corse fuori di casa e Gold la raggiunse, facendo attenzione a non far sbattere la porta per non svegliare Belle.


 

Belle allungò un braccio, indolenzita dalla posizione scomoda in cui si era costretta a dormire.

Con sua grande sorpresa non trovò i vari volumi sparsi e nemmeno il materiale da cucito che aveva usato durante la notte.

Aprì gli occhi, ancora preda del dormi-veglia.

“Mmm...” mormorò, voltandosi verso il comodino. “Le tre e quaranta... le tre e quaranta?!”

Si alzò di scatto. Aveva dormito fino al pomeriggio.

“Rose!” urlò, balzando giù dal letto e correndo in camera dalla figlia. Spalancò la porta e non trovò nessuno.

Il cuore le batteva all'impazzata. Dov'era sua figlia? Perchè era tutto in ordine? Che si fosse sognata tutto? Non era possibile, era il 31 ottobre, ne era certa. Ma allora che cos'era successo?

Tornò in camera da letto e cercò qualche indizio della notte precedente. Tutto però sembrava in ordine e niente testimoniava le mille ricerche inutili e il lenzuolo-costume da halloween che aveva cercato di confezionare in tutti i modi.

I battiti accelerarono e il respiro le mancò quando, tornata in camera della figlia, notò che non c'era nemmeno la sua cartella di scuola.

Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Doveva esserci una spiegazione razionale.

“Forse è passata Ruby e...” non fece in tempo a finire la frase che cadde a terra. Le lacrime scesero da sole e i singhiozzi le percossero il petto. “Hanno rapito mia figlia.” riuscì soltanto a dire.

Nascose la testa fra le mani. Era stata una settimana infernale senza Rumple e ora aveva anche perso sua figlia, la gioia più grande della sua vita.

Driiin!

Il campanello suonò e Belle si riscosse subito. Senza asciugarsi le lacrime volò giù dalle scale e spalancò la porta.

“Dolcetto o scherzetto?” Si trovò di fronte sua figlia sorridente e suo marito, con la barba un po' lunga, ma con un dolce sorriso che si estendeva fino agli occhi.

“Rose!” esclamò lei, prendendo in braccio la bambina e stringendola a sé.

“Pensavo che....”

“Mamma, così mi strozzi!” protestò la piccola, mentre la madre la riempiva di baci. Si divincolò e corse su in camera sua.

Belle si girò e osservò la figlia correre su per le scale. Si mise una mano sulla bocca e scoppiò a piangere.

“Belle...” mormorò lui, stringendola da dietro.

Lei si girò e affondò il volto nel petto dell'uomo. Lui la lasciò piangere e continuò a stringerla.

“Va tutto bene, tesoro. Sono tornato ieri sera tardi e non ho voluto svegliarti. Sembravi così stanca che ti ho lasciata dormire e ho portato io a scuola Rose. Perdonami se non ti ho avvisato, non volevo farti stancare troppo.”

Belle singhiozzò. “E' stata una settimana dura. Scusa se ti ho lasciata da sola.”

Gold le accarezzò la schiena con dolcezza, posandole un bacio sulla fronte. “Mi sei mancata.”

Le asciugò le lacrime e si avvicinò alle sue labbra ma, prima che potesse baciarla, lei spalancò gli occhi.

“Il costume!” esclamò. “Oddio, ho fatto un costume terribile, non dirmi che l'hanno presa in giro a scuola.”
“No, tesoro, anzi. Purtroppo era tutto sfilacciato e...”

“Oh no.” disse, mettendogli le mani sul petto. “Non dirmi che è stata l'unica senza costume. Sono una madre terribile.”

“No, Belle...” Gold però non fece in tempo a finire la frase che Rose volteggiò giù dalle scale e trotterellò fino a loro.

“Mamma, guarda!” fece una piroetta per mostrare il bellissimo abito d'oro che il padre le aveva cucito.

“Ma questo...” Belle era a bocca aperta. L'abito era la riproduzione in miniatura di quello che lei portava ad Avonlea, quello d'oro, da principessa, della prima volta che aveva incontrato Rumple.

“Il tuo era bello ma papà ha detto che non l'ho rotto io, che si sfila... si sfilaccava da solo. Così mi ha fatto questo.”

Belle si chinò a accarezzò la stoffa. “L'hai scelto tu?”

Rose scosse la testa. “Io ho chiesto qualcosa di magico. Ma ha detto che ha usato qualcosa più potente della magia per farlo.”

Belle girò la testa e fissò il marito con la bocca aperta.

Gold sorrise. “Sono stato sveglio tutta la notte per farlo, non ero sicuro di aver fatto tutto per bene.”

Belle avrebbe voluto fargli mille domande ma qualcuno alla porta suonò il campanello.

Rose corse ad aprire e tre bambini urlanti si fiondarono nel salotto, agitanto i loro costumi e i contenitori a forma di zucca per i dolcetti.

“Rose ha invitato alcuni amici a casa, prima di fare il giro. Non sono riuscito a dirle di no.” disse lui. “Se sei troppo stanca posso portarli fuori a prendere un gelato.”

Belle si alzò e gli appoggiò una mano sulla spalla.

“No, ma tu devi essere stanco. Hai le occhiaie.” Gli accarezzò la barba. “Tu vatti a riposare, ai bambini ci penso io. Ti sveglio prima del giro.”

Gold sorrise e la baciò teneramente.

Belle chiuse gli occhi. Le sembrava un sogno poter sentire le labbra di suo marito sulle sue, nonostante non fosse nemmeno una settimana che lui era lontano da casa.

“Allora a dopo.” disse lui, avanzando verso le scale.

“Rumple?” L'uomo si girò.

“Grazie.”


 


“Posso essere io il tuo principe?”

“Tu non puoi essere il suo principe! Sei vestito da pirata!” urlò l'altro bambino.

Rose non li badò e corse alla casa successiva.

Belle sorrise, avanzando per il marciapiede dietro i bambini, a braccetto con suo marito.

“Ma non è troppo piccola? Pensavo di avere un altro paio d'anni prima di preoccuparmi di futuri pretendenti.”

“Se ha la fortuna della madre non dovrai preoccuparti di niente.”

“E' questo che temo.” disse lui, sorridendo.

“Rumple!” lo ammonì lei, scherzosamente.

Lui gongolò. “Forza tesoro, sbrighiamoci” disse lui, vedendo che la figlia e i suoi amici si stavano dirigendo verso la prossima casa.

“Meglio che questa volta stai indietro, la prossima è la casa di mio padre.”

Gold alzò gli occhi al cielo e rimase a osservare la bambina che saltava al collo del nonno e l'uomo che si commuoveva di fronte alla riproduzione più piccola della figlia.

 

 

“Certo che tuo padre è proprio un sentimentale.” disse Gold mentre sollevava la coperta e osservava il coprimaterasso.

“Parli proprio tu!” disse Belle tirandogli in faccia delle lenzuola. “Hai riprodotto il mio vestito come costume per Halloween.”

Gold gonfiò il petto. “Be', Rose è una principessa, la mia principessa, e meritava un abito adatto.”

Belle sorrise. “Però lei ti aveva chiesto qualcosa di magico, non di regale.”

L'uomo guardò la moglie sollevare un angolo del materasso per sistemare le lenzuola. La raggiunse e l'abbracciò da dietro. “E infatti è ciò che le ho dato. Quel vestito per me è magico.”

Belle aggrottò la fronte, girandosi e ritrovandosi a pochi centimetri dalla faccia del marito.

“E' il vestito con cui ti ho vista per la prima vita. Un momento magico, oserei dire.”

“Eppure hai detto che non avresti usato la magia per fare il costume, ma qualcosa di molto più potente.” disse Belle, alzando un sopracciglio.

Gold sorrise, sornione. “Sì. Infatti non ho usato la magia per confezionarlo. Ho usato la mia esperienza di tessitore ma soprattutto un'altra cosa.”

“Che cosa può essere più potente della magia per il Signore Oscuro?”

Gold le fissò le labbra. “L'amore. L'amore che ho provato per te sin dai primi giorni in cui ti ho rinchiusa nel mio castello. L'amore per nostra figlia e per la nostra famiglia.”

Belle sorrise, commossa. “Oh, Rumple...” Lo baciò con tutta la passione che aveva in corpo e ben presto i due si avvilupparono in un dolce e stretto abbraccio.

Caddero a ridosso del letto ma il corpo di lei scivolò dal materasso e, nonostante l'uomo si fosse aggrappato alle lenzuola, finirono per terra.

Lei seduta sul pavimento e lui mezzo disteso su di lei, coperto dal lenzuolo.

“Ahia” disse sommessamente da sotto lo strato di cotone.

L'uomo sembrava un fantasma e Belle scoppiò a ridere, osservando che, involontariamente e per la prima volta, il marito si era travestito ad Halloween.

“Il costume da fantasma sta meglio a te che a nostra figlia.”

“Ah si?” Gold allungò le braccia e cercò di afferrare la moglie, imitando il verso di un fantasma.

“No!” gridò lei e si alzò per scappare. Lui però fu più veloce e l'afferrò forte. A causa del lenzuolo tuttavia non riuscì a coordinare bene i movimenti e le cadde addosso, facendola finire sotto di sé, stesa sul letto.

“Rumple, smettila!” rise Belle, mentre il marito-pseudo fantasma tentava di baciarle il collo attraverso il lenzuolo.

“Non finchè non otterrò ciò che voglio.”

Belle si arrese e si rilassò sotto il corpo del marito.

“Che cosa vuoi?”

“Oh, dearie, è molto semplice.” disse lui, alzando la voce di qualche tono, imitando il timbro che aveva da folletto. “E dalla risposta dipenderà il resto di questa serata.”

Belle strinse le labbra per soffocare un sorriso. “Sembra impegnativo.”

“Lo è. Allora tesoro... dolcetto o scherzetto?”

Belle aprì la bocca sorpresa. Subito dopo l'espressione mutò in un sorriso malizioso. “Scherzetto, decisamente scherzetto.”

Gold sollevò il lenzuolo. Aveva i capelli spettinati e alcuni appiccicati alla fronte. La cravatta era tutta stropicciata e così anche la camicia, mentre un sorriso malandrino si pitturava sul suo volto.

Era da una settimana che non vedeva il marito e solo allora si rese conto di quanto gli fosse mancato, in tutti i sensi. Persino ora, così disordinato gli pareva l'uomo più sensuale che potesse esistere, addirittura più attraente dei bei modelli muscolosi delle riviste di Ruby.

“Speravo che scegliessi lo scherzetto.”

“E perchè, signor fantasma?” chiese lei, sentendo fremere i muscoli del ventre.

A Gold si illuminarono gli occhi. “Perchè sto per farti diventare la signora fantasma.”

Prima di stringere la moglie a sé, prese il lenzuolo e li coprì tutti e due.






Note dell'Autrice
Questo è uno speciale Halloween. Ebbene sì, dovevo aggiornare ma, visto che adoro questa festa (perchè adoro l'horror, con il tasso di paura fino ai 16 anni si intende), non potevo non sfruttare l'occasione. Il capitolo infatti non doveva essere questo ma... come resistere?
Non starò a dilungarmi come al solito. Vorrei solo precisare che Belle può sembrare OOC ma ricordiamo che è mamma (noi non l'abbiamo ancora vista così, sigh), che è stressata e che non sa quando suo marito tornerà. Lo so, sono stata sadica persino verso me stessa. All'inizio può sembrare -ma credo che sembri solo a me- che Rumple sia morto. Ovviamente non è così, mi sarei autopunita, altrimenti. O ci avrebbe pensato il mio cervello a farlo in mancanza di coraggio per punizioni corporali.
Inoltre, il costume di Rose. Quale altro poteva essere? Lo so, non sono stata originale ma spero abbiate capito la mia scelta e il motivo dietro di essa, anche se sono consapevole di non essermi espressa bene.
Che altro dire? Ci vediamo domani, per l'Halloween vero. Per questa raccolta ho voluto mantenermi sul soft e sul fluff, appunto per il progetto e il carattere che c'è a monte.
Spero vi sia piaciuto! 
No, non ho finito qui, anche se l'avevate sperato. Volevo ringraziare:
-Rusty 93, S05lj, Emma_blue, Elema, Ariki, Euridice100, PoisonRain, ValeDowney per le vostre recensioni e per il sostegno che mi avete trasmesso con le vostre parole. Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
-un grazie a ValeDowney, elly_didyme_volturi e a Edward_Son2 per aver inserito questa raccolta tra le preferite. Non sapete quanto mi abbia fatto piacere saperlo.
-un grazie ancora a ValeDowney per averla inserita tra le ricordate. Mi fai sentire più che onorata.
-un grazie a AthenaKB, Elema, Emma_blue, Emyscarano, padme83, Poison Rain, Queen Elizabeth, Rumple_bumple, Rusty 93, S05jl, ValeDowney, vampiretta98 per aver aggiunto "Vita da genitori" tra le seguite. Spero che dopo questo capitolo continuate a seguirmi.
-grazie a tutti i lettori silenziosi.
Alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Luci ***


Vita da genitori

 
"It was a brief flicker of light amidst an ocean of darkness."
(OUAT, 'A land without magic' 1x22)


 
Luci
 

“Belle?” urlò Gold, cercando di farsi sentire dalla moglie.

“Belle, vieni a vedere!” ormai la scala ondeggiava e il gelo si stava infiltrando sotto la pelle. Era da una buona mezz'ora appeso sul tetto per sistemare le luci, soltanto per far piacere a Belle.

Certo, da quando si erano sposati avevano dovuto passarne talmente tante che le decorazioni di Natale erano passate in secondo piano e, prima di allora, lui non aveva mai sentito il bisogno di fornire illuminazione gratis notturna per probabili scocciatori.

Quell'anno però era speciale, e lui avrebbe fatto di tutto per Belle. Era per questo che quel fine settimana aveva fatto una pericolosa inversione a u, rischiando di mettere sotto Marco che stava attraversando la strada.

“Rumple, fermati! Gira la macchina, dobbiamo assolutamente andare lì!”

“Ma Belle, ti prego, abbiamo già tutto quanto ci serve per Natale ed è da tutta la mattina che siamo fuori per compere...”

Lei lo aveva incenerito con lo sguardo e poi si era chinata in avanti per una -finta- fitta a livello dello stomaco.

Lui era impazzito ed era stato un miracolo che, prodigandosi verso la moglie e trascurando il volante, non avesse invaso completamente l'altra corsia di marcia.

Così alla fine aveva fatto dietro-front e, magicamente, il malore di Belle era cessato, sostituito da un sorriso sornione e soddisfatto dipinto in volto.

“Mi farai impazzire un giorno o l'altro.” aveva bofonchiato lui.

Lei, che non era per niente sorda, aveva aggiunto prontamente: “E ancora non hai visto di cosa sono capace.”

Gold a quel punto aveva alzato gli occhi al cielo, sorridendo e pensando che stesse bluffando, che la sua dose di shopping compulsivo natalizio l'avesse già assaggiata.

Tuttavia, non appena entrarono nel negozio, dovette ricredersi.

Belle aveva finito per estorcergli -con sorrisi e occhiate quasi maliziose- più di trenta metri di luci per il tetto, altrettante per i davanzali e le ringhiere esterne e aveva ordinato, per di più, alcune statue natalizie.

Rumple aveva sistemato queste ultime per prime e, guardando il tizio vestito di rosso, sorridente e con un grande pancione, aveva borbottato: “Sei messo peggio di Merlino.” Aveva quasi riso, pensando che lui non si sarebbe mai conciato in quel modo, ovvero con una lunga barba bianca e uno strano pigiama rosso.

I suoi borbottii erano cessati alla seconda renna, dal momento che Belle era uscita a osservarlo, avvolta come un pulcino in una coperta blu e con una tazza fumante di tè.

Lui si era avvicinato, sperando in una dolce distrazione, e invece la moglie l'aveva subito rispedito al mittente, senza nemmeno concedergli una pausa tè.

“Ma Belle! Fuori si gela.”

“Mi sembra ieri quando tu stesso mi hai detto che non ti saresti mai messo addosso un piumino, visto che il Signore Oscuro non ha mai avuto freddo in vita sua. E ora ti lamenti del freddo?”

“E' che sono stanco. Se potessi fare una pausa, tesoro... potremmo prendere del tè sul divano.”

Belle però aveva scosso la testa. “Le luci non si monteranno da sole.”

“Le monterò domani, Belle. Non scappano via, non sono incantate.”

“Se le monti domani sarà troppo tardi, e so già che te ne dimenticherai. Ti prego, Rumple, è importante.” le aveva detto lei, appoggiandogli una mano su una guancia.

E alla fine, con una sola carezza, quello che una volta era il Signore Oscuro aveva ceduto.

Era per questo che ora era traballante sulla scala, cercando di capire se aveva montato almeno decentemente quelle “stramaledette luci moleste”.

“Belle! Dai, vieni a dirmi se sono dritte o se pendono da qualche parte.” della moglie però non c'era traccia.

Così, sospirando, scese le scale a ritroso. Arrivato all'ultimo gradino, mise il piede a terra, accertandosi di non cadere.

Lasciò la scala al suo posto e si diresse verso le scale davanti alla porta. Non fece in tempo a salire il primo gradino quando mise il piede sopra qualcosa di granulare e, così, finì a terra, sporcandosi tutta la giacca di terra.

“Maledetti fiori!” imprecò.

Con una gran voglia di urlare, entrò in casa, sbattendo la porta.

“Perchè tuo padre doveva mettersi a fare giardinaggio proprio in questi giorni? Non può curarsi del suo di giardino? Non gli basta il suo negozio di fiori? Sapevo che un giorno sarebbe tornato alla carica e avrebbe attentato alla mia vita.”

Appese la giacca alla ringhiera della scala, aspettando la risposta di Belle.

Cominciò a preoccuparsi; probabilmente, con quelle parole, l'aveva fatta infuriare. In quei giorni era eccessivamente nervosa e sapeva che doveva stare attento a cosa dire e a come dirlo.

Infatti, quando andò in salotto, vide la chioma di sua moglie appoggiata allo schienale del divano. Non si voltò nemmeno e quello era un brutto segno che voleva dire soltanto una cosa: c'erano ottime probabilità che quella sera avrebbe dormito sul divano. Forse senza nemmeno il cuscino che sarebbe servito da sostituto per gli abbracci di Belle durante il sonno.

“Belle” disse più calmo. “Non volevo offendere tuo padre, soltanto che... i suoi tentativi di ingerenza cominciano a darmi fastidio. Potrebbe semplicemente venire a pranzo piuttosto che inventare inutile scuse sulla situazione disastrosa del nostro giardino.”

Ma Belle non fece nemmeno una piega.

“Belle, andiamo. Non puoi non parlarmi.” Anche lui ora si stava innervosendo. “Belle, non ho intenzione di dormire sul divano anche stasera!” strillò con una vocetta alquanto stridula.

“Io...” continuò, girando attorno al divano e andando di fronte alla moglie.

La voce però gli morì in gola. Belle non era arrabbiata e nemmeno l'aveva deliberatamente ignorato quando l'aveva chiamata per le luci. Semplicemente si era addormentata, con la bocca mezza aperta e le mani in grembo, leggermente aperte, come se fossero scivolate via dal libro che le stava scivolando sulle gambe.

Gold sentì che tutto il freddo che aveva preso appendendo le luci di Natale ora se ne stava andando via, riscaldato dalla dolce espressione della moglie. Le sfilò via il libro e glielo mise a fianco -sapeva che Belle sprofondava nell'ansia ogni volta che non riusciva a trovare uno dei tanti libri che leggeva-, sul braciolo del divano. La coprì con la coperta in modo che non prendesse freddo.

Poi si chinò su di lei e poggiò sulle labbra mezze aperte della moglie le sue, con molta delicatezza, in modo da non svegliarla.

Sorrise, pensando che quell'espressione, quelle labbra schiuse le conferivano un'aspetto innocente, da bambina; le poggiò una mano sul pancione, sperando che la piccola creatura che stavano aspettando sarebbe assomigliata alla madre anche in quell'espressione nel sonno, che tanto lo faceva impazzire.

 

 

“Eccoti qua!” disse Belle, mollando al marito uno scatolone dalle dimensioni enormi e dal peso altrettanto grave.

“Belle, devo proprio? Anche quest'anno? È una stupida gara!”

“Non è una gara, Rumple. È un modo per sostenere la comunità.”

“Appendendo luci alle case? Morendo di freddo per molestare i miei occhi ogni volta che torno a casa di sera?”

Belle sbuffò e poggiò a terra alcuni cavi. “Se proprio non vuoi, lo farò io.” disse, mettendo una mano sulla scala.

Gold strabuzzò gli occhi e corse a fermare la moglie. “Abbiamo già troppi ricordi con le scale, tesoro. Lascia che faccia io.”

Belle per un attimo aveva alzato gli occhi al cielo, ma poi gli aveva poggiato un leggero bacio sulla guancia.

“Pensa a quanto contenta sarà Rose quando le vedrà! Sai quanto le piacciono le luci e tutte queste cose.”

Gold, arrampicandosi sulla scala, con le luci arrotolate sulla spalla, disse: “Lo so, lo ha preso da te.”

Belle aveva gonfiato il petto per l'orgoglio ed era rimasta a vegliare sul marito, ai piedi della scala.

Di tanto in tanto Gold sbirciava in basso, catturato dalla scintilla che animava gli occhi della moglie.

Quando finalmente lei lo scoprì arrossì tutta, come se l'avesse guardata per la prima volta e come se non fossero marito e moglie.

“Be', che fai? Hai paura che cada?” aveva detto lui, schernendola scherzosamente.

Belle stava per ribattere quando sopraggiunse una piccolo terremoto corso via dalla presa di Maurice, saltellando attorno alla madre e osservando i mille fili con cui il padre stava 'confezionando' la casa.

“Be-o!” strillava, battendo le mani.

“Rose!” Belle la prese in braccio, baciandola sulla guancia.

Maurice intanto era accorso, tutto accaldato.

“Scusami, Belle, mi è scappata. Non so come abbia fatta, un attimo era buona e tranquilla e quello dopo mi è sfuggita...”

Belle guardò Rose con rimprovero. “Non fa niente, papà. Rose tende a scomparire di tanto in tanto. Ma alla fine sa che deve sempre aspettare e farsi trovare.”

Rose gonfiò le guance, sorridendo con gli occhi. A quel gesto Belle scoppiò a ridere e la mise giù, lasciandola scorrazzare attorno alla statua di Babbo Natale.

“Papà ma tu sei tutto sudato. Sicuro di star bene?”

“Sì... sarà stata la corsa. Rose è veloce. E io non sono più giovane e scattante come una volta. Sarà l'età.”
“O la pancia...” scappò a Gold.

“Cosa hai detto, Rumple?” chiese Belle, guardando in alto.

“Niente! Ho voglia di succo d'arancia.” Belle alzò un sopracciglio.

“Adesso porto dentro mio padre, per un succo d'arancia, così si riposa.”

Gold, a quelle parole, scese le scale, contento di poter rincasare anche lui.

Rose gli corse subito incontro e, nonostante i due anni e mezzo, gli saltò subito addosso, come una scimmietta.

“Oh no, dove credi di andare?”

“Dentro, per il succo di arancia.” disse Gold, guardando Moe varcare la soglia della loro casa.

“Il succo è per mio padre. Tu devi ancora finire di mettere le luci.”
“Ma Belle, sta scendendo il buio.”
“E' una cosa un po' strana detta dal Signore Oscuro.”

Gold strinse le labbra. “E poi se non le monti stasera Mary Margareth non le considererà per il concorso. Ti prego, Rumple.”

Gold inspirò a fondo, pronto a controbattere e a difendersi dallo sguardo amorevole e da cucciolo di sua moglie.

“Ti prego, papà.” questo fu il colpo di grazia.

“E va bene.” disse lui, rassegnato al fatto che l'uomo una volta più temuto di tutta Storybrooke ora doveva passare metà giornata ad addobbare l'esterno della propria casa.

Le urla di gioia di Rose però lo ripagarono di tutto e anche il bacio -un po' troppo frettoloso per i suoi gusti- di Belle fu un ottimo incentivo per finire quel lavoro stressante.

Portò Rose vicino alla statua di Babbo Natale e la posizionò a cavalcioni di una renna, sicuro che di lì non si sarebbe mossa.

“Papà?” lo chiamò lei, prima di salire di nuovo sulla scala. “Nonno ha il pancione come Babbo Natale.”

Gold si voltò e sorrise. “Hai ragione, dearie! E dovevi vederlo con i vestiti nel mondo della favole. Faceva un baffo a quegli strani vestiti di Babbo Natale! Ma non dirlo a mamma, però.”

Rose rise, battendo le gambe sui fianchi delle renne, come per dargli l'ordine di partire.

Gold si arrampicò di nuovo sulla scala e cercò in tutti i modi di sistemare delle luci che non ne volevano sapere di aderire all'area prefissata del tetto.

Scese di nuovo, sconsolato e consapevole che quella perfettina di Mary Margareth non avrebbe potuto non notarlo e avrebbe tolto loro punti. Cosa che avrebbe intristito Belle.

Quando stava per rimettere a posto tutti gli attrezzi, sentì le braccia della moglie circondarlo.

“Belle, scusami io non sono riuscito a fissarlo. Magari non si nota tanto.” mentì spudoratamente.

“E' bellissimo, Rumple.” disse lei, senza starlo a sentire.

Gold si girò e rimase a bocca aperta. L'errore, che prima si notava eccome, ora sembrava sparito.

Aveva ancora la bocca aperta quando Belle lo baciò appassionatamente, stringendolo a sé.

“Hai fatto un lavoro bellissimo, grazie. E scusami per averti fatto tutte quelle pressioni sulla gara. Voglio solo che ogni Natale con te e Rose sia speciale. E le luci mi ricordano che anche nei momenti più bui hai accettato di accendere una piccola scintilla, una piccola possibilità per noi due. Anzi, noi tre.” disse, guardando Rose che era ancora sulla renna, dondolante per farle prendere il volo.

Gold sorrise, inebetito da quel gesto d'affetto. “Ora venite dentro, avrai preso un sacco di freddo. Ho preparato del tè caldo. E papà sta guardando la partita, quindi possiamo stare da soli in cucina.”

L'uomo sorrise e, mentre Belle tornava in casa, accorse a prendere la figlia che però non sembrava troppo intenzionata a scendere.

“Eddai, Rose. Ti prenderai qualcosa proprio la vigilia di Natale!”

Rose arricciò le labbra, come la madre, ma si lasciò prendere in braccio. Prima di rientrare però battè le manine e, subito dopo, si sentì un tonfo. Gold si girò di scatto e vide che una renna si era incrinata andando a cozzare contro l'altra che aveva al fianco.

Guardò la bambina con la bocca aperta, mentre lei, tutta contenta, rideva. Poi, alzò lo sguardo, verso le luci, proprio verso quel punto che gli aveva dato tanto filo da torcere e che, magicamente, si era sistemato da solo.

Sorridendo, diede un bacio sulla fronte alla figlia e, prima di varcare la porta di casa, le sussurrò: “E questo lo hai preso da me.”

 

Belle e Gold rimboccarono le coperte della figlia già addormenta con le labbra schiuse, proprio come la madre. Facendo attenzione a non fare troppo rumore, chiusero la porta della cameretta e si diressero verso la loro camera da letto.

Gold abbracciò per dietro la moglie, cercando di renderle molto difficile mettetersi il pesante pigiama di pile.

“Mmm” mugugnò lui, con la faccia immersa nell'incavo del collo della moglie.

Belle rise. “Rumple!” lo rimproverò.

Lui sorrise tra i capelli di lei. “Ma tesoro, ho fatto un buon lavoro là fuori. Mi merito un po' di riconoscimento e di calore, dopo tutto il freddo che ho preso.”

Belle si voltò, con uno sguardo malizioso, avvolgendogli il collo con le braccia. Si passò la lingua sulle labbra in maniera talmente sensuale e lenta che Gold aprì la bocca, pendendo letteralmente dalle labbra della moglie.

Belle si avvicinò e, quando tutti e due poterono sentire i rispettivi respiri confondersi, si bloccò.

Gold cercò di annullare le distanze sporgendosi, ma Belle lo fermò, poggiandogli una mano sulla bocca.

“Prima devi fare una cosa.” si staccò dal marito e andò nei pressi dell'armadio, dove riemerse con in un mano una busta gigante.

Gold la prese e la aprì, tirando fuori un costume da Babbo Natale.

“Ma questo è...”

Belle annuì, contenta. “E ricordati di mangiare i biscotti e bere il latte.” disse, spingendolo verso la porta.

“Ma non poteva metterlo tuo padre?”

Belle, stranamente, gli sorrise e, sistemandogli la cinghia dorata della cintura, la strinse bene.

“No, mio padre è più tipo da vestiti molto più stravaganti rispetto a Babbo Natale.”

Gold impallidì, ricordandosi di ciò che aveva detto riguardo agli abiti -ridicoli- che indossava il suocere nel mondo delle favole.

“Belle, ecco, io...”

“E cerca di non mangiare troppi biscotti. La pancia deve essere solo quella di Babbo Natale, non di mio marito.” poi, baciandolo divertita sul naso, lo spinse fuori dalla camera.





Note dell'Autrice
Dopo Halloween non potevo trascurare i momenti prima di Natale, momenti che credo tutti noi vorremmo vedere coi Rumbelle, nonostante tutto.Nel capitolo ci sono vari riferimenti che -ovviamente- non ho esplicitato, ma confido che qualunque rumbeller li noti senza il minimo sforzo. Ho un po' maltrattato Rumple, ma è stato tutto -inconsciamente- voluto. E poi ho un gran bisogno di fluff con questi due. 
Vorrei ringraziare Elema, Emma_blue, Ariki, Euridice100 e ValeDowney per aver recensito il capitolo scorso. Spero che anche questo vi sia piaciuto.
Un grazie inoltre a tutti coloro che seguono, ricordano e preferiscono (si può dire così?) questa raccolta. E infine un ringrarziamento va anche a tutti i lettori silenziosi

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Capitolo 4
*** Una sorpresa sotto l'albero ***


Vita da genitori

 
"Chiunque ami, crede nell'impossibile"
Elizabeth Barret Browning


 
Una sorpresa sotto l'albero
 

“Avremmo dovuto farlo prima” disse Belle, guardando il marito trascinare in salotto un albero di quasi due metri.

“Non potevamo, stavi male. E so quanto ci tenevi a scegliere tu stessa l'albero.”

Belle sorrise, colpevole. “Volevo solo condividere questo momento con te.”

Gold finì di sistemare l'albero, spostò lo scatolone pieno di luci e le si avvicinò, abbracciandola.

“Lo voglio anche io” le sussurrò all'orecchio, stringendola a sé.

Di colpo il cellulare squillò e l'uomo, con un moto di rabbia, rispose.

“Belle, scusa, devo assentarmi un attimo. Quell'idiota di Charming ha pensato che usare la polvere fatata sull'albero lo rendesse più bello. Invece l'ha reso più vivo e ingestibile.”

Belle rise di cuore e, dandogli una pacca sulla spalla, lo invitò ad andare per mettere le cose a posto.

“Torno tra poco, tu non muoverti e non fare troppi sforzi!”

Lei alzò gli occhi al cielo. Da quando era incinta la trattava come un'invalida; era vero, era stata parecchio male nelle ultime settimane, tra nausee e svenimento, tanto che i preparativi per Natale erano saltati. Tuttavia ora si sentiva abbastanza in forze per addobbare l'albero e fare una sorpresa al marito.

Riuscì nell'impresa, rinunciando ai rami più alti -altrimenti avrebbe causato una crisi isterica al marito al suo ritorno- e propendendo per la parte centrale, così da non doversi abbassare troppo.

Quando finì decise di ultimare il tutto con le luci; l'impresa però si rivelò più ardua di quanto avesse immaginato, tanto che finì per avvolgere se stessa nelle luci. Crollò sul divano, esausta e in trappola.

Quando Gold rientrò a casa non fece in tempo a finire di schernire David per l'albero natalizio saltellante, che si mise a strillare, vedendo la moglie in quelle condizioni.

“Belle! Che cos'hai combinato?” si precipitò verso di lei e l'aiutò a liberarsi.

“Cosa volevi fare? Potevi cadere, potevi far male a te e al bambino!”

Belle cercò di tranquillizzarlo in ogni modo, senza però riuscirci. Il marito era vistosamente arrabbiato, anche mentre finiva di mettere le luci, in silenzio.

La donna allora si mise a giocherellare con le ultime luci rimase nello scatolone e, visto che erano quelle che si accendevano tramite pile, se le mise sul pancione e le accese.

Quando il marito si girò, lei lo guardò e disse: “Sono talmente grossa che potrei farei io l'albero.”

Con quella battuta riuscì a strappare un sorriso a Gold che finì per ridere, mentre si sedeva accanto alla moglie.

La strinse a sé e le baciò la nuca. “Scusami se mi sono arrabbiato così, ma potevi farti male e io non c'ero per aiutarti. Non me lo sarei mai perdonato.”

Belle si lasciò cullare tra le sue braccia. “Lo so, Rumple. Non fa niente. Volevo solo farti una sorpresa, ma non è riuscita.”

Lui allora si scostò e, prendendole la testa tra le mani, le disse: “Tu sei la più bella sorpresa che avrei mai potuto desiderare.”

Appena lei sorrise commossa, lui la baciò, lasciando che tutta la preoccupazione di prima scorresse via.

“A proposito di sorprese e regali. Ne ho uno per te.” disse lei, tirando fuori da sotto un cuscino, un pacchetto. “Natale è domani ma ci tengo che tu lo apra oggi.”

Lui sorrise e scartò il regalo. Al suo interno vi trovò una tutina rossa con stampate in bianco le scritte: “Sei il miglior papà del mondo.”

Rimase basito con la tutina da neonato in mano, senza sapere cosa dire.

“Belle io...” cominciò, continuando a stringere il piccolo indumento. Poi abbassò il capo.

“Non so se sarò all'altezza. Anzi, non so nemmeno se sarò un buon padre.”

Belle gli mise una mano sulla spalla e, con l'altra, accarezzò il volto del marito.

“Lo sarai. Ne sono certa.” Gold però scosse il capo.

“Dico davvero, Rumple. Ne ho la certezza matematica, e sai perchè?”

L'uomo alzò il capo e fissò la moglie, senza capire dove volesse andare a parare.

Belle gli prese la mano e si sporse oltre il divano per afferrare un grande pacco che aveva nascosto sotto il tavolino.

Glielo porse. “Un altro regalo?”

Belle annuì. “Aprilo.”

Lui obbedì e, sotto uno strato di carta velina, trovò dei pantaloni rossi, una giacca rossa con dei bottoni d'oro e gli orli bianchi, una cintura nera con una fibbia dorata e lavorata, una lunga barba bianca e un cappello rosso con un pon pon bianco sulla punta.

Gold era a bocca aperta.

“E questo che cos'è?”

Belle si morse il labbro, contenta. “Questo è un costume da Babbo Natale. Ed è anche la ragione per cui sarai il papà migliore del mondo.”


 

 

“Belle, ti prego, questa barba prude. Ed è tardi, io pensavo che saremmo stati insieme. Rose dorme e tu mi avevi promesso...”

Belle finì di infilare l'imbottitura all'interno della giacca da Babbo Natale del marito, cercando di creare una perfetta pancia.

“E poi che bisogno c'è della pancia?”

“Vorrai essere credibile!” sbottò lei, stufa delle tante lagnanze del marito.

“Se mi avessi lasciato usare la magia...”

“Rumple, niente magia!” lo rimproverò lei. “Ora va' e fai il tuo dovere.”

Gold sbuffò, cercando di trovare il giusto equilibrio mentre si destreggiava tra la barba fastidiosa, l'enorme pancia finta e il sacco di regali che si era messo in spalla.

“Almeno Babbo Natale riceve un bacio da Mamma Natale quando va a consegnare i regali...”

Belle rise e, abbassando la barba al marito, gli stampò un bacio sulla guancia.

Gold rimase a guardarla, insoddisfatto. “Se farai bene il tuo dovere, Babbo Natale, potrai tornare qui e avere un altro bacio.”

Gold allora si rimise la barba a posto, riprese il sacco in spalla e scese le scale, per raggiungere l'albero.

Quando arrivò, sgrannocchiò i biscotti e bevve quasi tutto il latte. Poi tornò all'albero e tirò fuori dal sacco tutti i regali incartati. Mentre stava per riporvi l'ultimo si sentì tirare la giacca.

“Rose!” strillò, correggendosi subito e camuffando la voce. “E tu, piccola, che ci fai alzata?”

La bambina di tutta risposta rimase a fissarlo con la bocca semi aperta.

“Non lo sai che è pericoloso scendere le scale da sola?”

“Babbo Natale.” disse lei, sgranando gli occhi e osservandolo da capo a piedi.

Gold cercò di fare un “Ho ho ho” degno di Babbo Natale e si ritrovò a pregare che la bimba non notasse alcuni particolari.

Rose lo stava ancora osservando quando vide i tanti pacchetti sotto l'albero e, illumanandosi, corse verso di essi, protendendo le manine.

“Oh no! Devi aspettare domani. Non vuoi aprirli con la tua mamma e il tuo papà?”

Lei, che ora era in braccio a lui, fu ricatturata dalla vista di Babbo Natale e protese le manine per toccare la barba. Gold sapeva che, se l'avesse fatto, avrebbe scoperto facilmente che era finta.

Così, trasgredendo alle regole di Belle, fece diventare la barba finta, vera.

“Bella.” mormorò la bambina, dopo averla tirata un po'.

Gold sorrise, le stampò un bacio sulla guancia e la riaccompagnò su per le scale. Poi si abbassò e, dandole un buffetto, le disse: “Ora Babbo Natale deve andare anche dagli altri bambini. Le mie renne sono impazienti, e io non posso fare tardi. Fai la brava e ci rivedremo anche il prossimo anno.”

Poi scese le scale e, aspettò che la bambina tornasse in camera, prima di risalire verso la propria camera da letto. Quando stava per raggiungerla però Rose fece capolino dalla sua cameretta.

“Non vai via?”

Lui si girò. “Ma certo, devo portare i regali agli altri bambini.”

“Ma lì non c'è il camino. È lì” disse lei, indicando il camino in salotto.

Gold rimase immobile per un attimo e poi capì che avrebbe dovuto trasgredire di nuovo alle direttive di Belle sulla magia. Anche con tutto l'impegno non sarebbe riuscito a scalare da solo il camino.

“D'accordo, ma tu torna a letto o domani sarai troppo stanca per aprire i regali.”

Quando fu vicino al camino, ci si infilò dentro e, borbottanto un “Ho ho ho”, usò la magia per la seconda volta.

Aspettò per venti minuti buoni sul tetto, infreddolito, per essere sicuro di poter tornare dalla moglie.

Avrebbe voluto materializzarsi in camera di Belle ma così avrebbe compromesso le sue chance di ottenere quel tanto sospirato bacio e, se si fosse materializzato in casa, avrebbe potuto essere sorpreso di nuovo dalla piccola Rose. Così, stanco e infreddolito, si calò dal tetto reggendosi alla grondaia e, bussando alla finestra, si fece aprire da Belle che lo aiutò a entrare, incolume, nella loro camera da letto.

“Rumple! Cosa ci facevi lì fuori?”

“Avevi detto che dovevo fare bene il mio lavoro e l'ho fatto.” tagliò corto lui. Era esausto e l'unica cosa che voleva era abbandonarsi tra le braccia della moglie, cercando di dimenticare quei venti minuti di freddo.

Lei gli tolse il cappello e si lasciò stringere dal marito.

“Me lo sono meritato un bacio?”

Belle sorrise. “Ti sei meritato molto di più, Rumple.”

Finalmente lo baciò e, mentre il contatto delle loro labbra si approfondiva, la donna si sentì spingere verso il letto fino a caderci sopra, trascinando il marito con sé.

Si lasciò sfilare i vestiti e gli sbottonò la giaccia, buttandola lontano, seguita da tutta l'imbottitura della finta-pancia.

“Aspetta, Rumple.” disse lei a un certo punto.

Lui, che aveva la faccia immersa nell'incavo del collo della moglie che stava riempiendo di baci sempre più impazienti, mugugnò: “Li ho mangiati tutti i biscotti, Belle. Non preoccuparti.”

“No, non è questo. Non hai sentito?”

“Mmm, no.” disse lui, senza smettere di assaggiare la pelle della donna.

Dopo poco però Belle risentì di nuovo un piccolo tonfo. “Ecco, anche ora.” sussurrò lei.

“Mmm.”

“Rumple, fermati!” disse, spingendolo via. “Non senti?”

Gold si staccò, rimanendo però a pochi centimetri da lei. Si mise in ascolto.

Non sentì niente e, imperterrito, ritornò a concentrarsi su Belle, annullando le distanze.

“Eppure io l'ho sentito... Ecco! Non puoi non averlo sentito!” disse lei dopo un po'. Un suono simile a dei campanelli aveva rotto il silenzio.

Lui alzò appena la testa e, noncurante, disse: “Sarà quell'idiota di Charming vestito da renna per far spettacolo.”

Belle non ne sembrava troppo convinta.

“Oh, Belle, amore mio, è una cosa tipica di Charming. Solo una testa di legno come lui può fare una cosa del genere. Non ti preoccupare. Vorrà far divertire Neal, o molto probabilmente Mary Margareth.” sentenziò, facendole il solletico.

Belle rise, cercando di dimenarsi sotto il corpo del marito.

“Forse hai ragione. Chi altro potrebbe essere?” e detto questo si abbandonò completamente tra le braccia del marito.

 

 

 

“Mary Margareth, guarda!” urlò David, abbandonando la sua tazza di cioccolato fumante.

Lei lo raggiunse alla finestra, abbandonando la spada di legno sotto l'albero che aveva appena finito di impacchettare.

“Cosa c'è?”

“Una slitta! Non l'hai vista?”

Mary Margareth scrutò fuori, ma Storybrooke era avvolta da buio e sembrava deserta e silenziosa.

“Non c'è niente. Avrai visto male.” disse lei, tornando a sistemare gli ultimi regali sotto l'albero.

“Ma no, ne sono sicuro, ho visto una slitta!”

Il principe continuò per tutti i successivi dieci minuti a sostenere che aveva visto una slitta trainata da qualcosa e alla fine la moglie, stremata, concluse: “Probabilmente sarà stato Gold con qualche sua magia. L'avrà fatto per Rose.”

David tornò a guardare fuori e vedendo che Storybrooke era seriamente tranquilla e deserta si convinse della spiegazione di Mary Margareth e invidiò Gold per la fortuna che aveva. A lui era capitato molto di peggio alcuni anni prima quando aveva deciso di accoppiare la polvere di fata con il loro ex-albero di Natale.


 

 

“Buongiorno, amore mio. E buon Natale.” Gold strinse a sé la moglie. Si avvicinò e la baciò dolcemente.

“Dovremmo andare a svegliare Rose, scommetto che non vede l'ora di andare ad aprire i regali.”

L'uomo stava per risponderle quando un piccolo terremoto sopraggiunse in camera, spalancando la porta e saltando sul letto.

“E' Natale, è Natale!” disse Rose, tuffandosi tra mamma e papà, tutta contenta.

“Buon Natale, tesoro mio.” la baciò Belle.

Rose si lasciò coccolare dalla madre.

“Vuoi andare a vedere cosa ti ha portato Babbo Natale?” le chiese Gold.

Rose spalancò gli occhi e, senza farselo ripetere due volte, volò giù dal letto precipitandosi in salotto.

“Aspetta Rose, non scendere le scale di corsa!”

Belle e Gold balzarono giù dal letto, inseguendo la bambina. Belle fu più veloce e, mentre lui stava ancora cercando le pantofole, lei stava già scendendo le scale.

Quando anche Gold le raggiunse, le trovò tutte e due sedute per terra, intente a scuotere i regali per indovinare cosa ci fosse dentro.

Aveva aggiunto il regalo di Belle di nascosto, infilandolo di soppiatto nel sacco, quando lei non era attenta.

Quando tutti i regali furono scartati, la bimba si infilò sotto l'albero tirando fuori un pacchettino.

“Vediamo cosa c'è dentro.” la incoraggiò Belle.

Rose lo scartò e aprì una scatolina rossa. All'interno, adagiato su un cuscinetto rosso, c'era un semplicissimo campanellino.

La bimba lo sollevò e lo fece oscillare, producendo un suono che la fece ridere soddisfatta.

“Ma che bel campanellino!” disse Belle, mentre Rose continuava a scuoterlo.

Rose gonfiò il petto e disse “Me l'ha portato Babbo Natale.”

A un certo punto suonarono alla porta di casa.

“Sarà mio padre.” disse Belle alzandosi.

Gold osservò il campanellino della figlia, chiedendosi come mai Belle avesse scelto un regalo del genere e non glielo avesse nemmeno detto.

“Dov'è la mia piccola principessa?” risuonò la voce di Maurice.
Rose scattò in piedi, urlando di gioia, e corse incontro al nonno, lasciandosi sollevare.

Belle lasciò che nonno e nipote si salutassero e tornò in salotto dal marito.

“Tutto bene?” gli chiese, vedendo la faccia di lui perplessa.

“Belle, perchè non mi hai detto del campanellino?” chiese lui.

“Pensavo fosse un tuo regalo.”

“No, non ho mai comprato un campanellino. E sono sicuro di non aver visto nessun pacchetto del genere ieri notte nel sacco.”

“Ma allora chi è stato?” chiese Belle, voltandosi assieme al marito a guardare la figlia che mostrava il suo piccolo tesoro al nonno.






Note dell'Autrice
Avrei dovuto mettere questo capitolo il giorno di Natale, ma la vigilia mi ha ispirata e ha dato voce alla piccola Rose che ha preteso un posto tutto suo. Che carattere quella bimba.
Ho dovuto tagliare la parte iniziale di questa one shot dal momento che l'avrei resa troppo lunga e che poteva essere un racconto a sè stante.  Siete curiosi? No, ma ve lo dico lo stesso:  era uno squarcio del mondo delle favole, al castello del Signore Oscuro. Sembra impossibile, ma poteva starci.
Comunque, spero che anche questo capitolo vi piaccia e che, anche se il Natale è passato, possa portarvi un po' di quella magia che lo caratterizza.
Passiamo ai ringraziamenti. Vorrei ringraziare tantissimo Euridice100, Rumple_bumple ed Elema per aver perso un po' di tempo leggendo il capitolo precedente e averlo commentato. Grazie davvero.
Un grazie va anche a tutti i lettori silenziosi e a coloro che seguono, ricordano e, chissà, forse preferiscono questa raccolta.
Sarò ripetitiva ma c'è sempre bisogno di Rumbelle, specialmente se è fluff.

 

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Capitolo 5
*** Una serata movimentata ***


Vita da genitori

 
"E' la magia racchiusa nei piccoli gesti a rendere speciale la nostra vita."
Giampiero Giusto


 
Una serata movimentata
 

“Rumple, sei sicuro? Se vuoi resto a casa...” Belle era in piedi vicino alle scale e osservava il marito che portava due biberon pieni di latte al tavolino di fronte al divano.

“Ma no, Belle, vai pure. Te la meriti una serata con le amiche. Divertiti, anche perché noi due” disse indicando, con un ciuccio in mano, la piccola Rose seduta sul tappeto, che toccava affascinata dei pupazzetti appesi a una struttura di plastica “ci divertiremo un sacco. Vero Rosie?”

La bambina emise un urletto divertito, ma non tanto per rispondere, quanto perché aveva fatto roteare un peluche.

Belle sorrise e poggiò una mano sul petto del marito.

“Davvero, se vuoi che io resti...”

“Una serata lontani non farà diminuire il mio amore per te. E poi mi fido di te, Belle, non sono geloso. Anche se stasera sei talmente bella che rischi di farmi girare la testa” disse l'uomo osservando il vestito blu scuro e corto che la moglie si era messa. Le scoccò un'occhiata molto ammiccante e si divertì, vedendo che riusciva ancora a far arrossire sua moglie.

Belle controllò di aver messo dentro la borsetta l'indispensabile cellulare.

“Se Rose sta male non esitare a chiamarmi.”

“Ma certo, e poi c'è il suo papà. Pensi che non riesca a cavarmela?”

Belle sorrise e stampò un bacio sulle labbra del marito. “Allora vado. Tornerò presto.”

Gold la guardò aprire la porta di casa e voltarsi. Le sorrise e le disse “Divertiti amore, è la tua serata.”

Belle chiuse un po' riluttante la porta d'ingresso e scese i gradini del loro vialetto per raggiungere Ruby al Rabbit Hole, dove si erano date appuntamento assieme alle altre.

Si diresse verso la figlioletta che era incantata dalla struttura giocattolo di fronte a sé. “Allora, a quante pare siamo rimasti noi due da soli stasera. Ma sono sicuro che ci divertiremo, vero dearie?” disse, dando un buffetto a un altro dei peluche appesi, che oscillò e che fece scatenare nella figlia un moto di gioia.

Passarono il tempo così, fra biberon pieni di latte e quella giostrina a cui la piccola non sembrava capace di staccarsi.

“Aspettami qui Rose, vado a prendere una copertina” Si alzò e, in fretta, andò a prendere nell'altra stanza la copertina bianca e blu di lana che gli era stata regalata dagli Charmings quando era nata.

Quando tornò si fermò sulla soglia del soggiorno. La figlia infatti stava battendo le mani e i pupazzetti stavano oscillando allegri.

A prima vista sembrava tutto normale, ma vedeva che più batteva le manine, ridendo, e più quelli continuavano a oscillare, senza fermarsi.

Rimase a bocca aperta e si avvicinò alla figlia, la quale lo guardò incuriosita. Dopo poco la piccola cominciò a sbadigliare e Gold la prese in braccio, portandola nella sua stanzetta. La depose nel lettino e azionò la giostrina sopra di esso, che la ipnotizzava ogni sera e la faceva addormentare.

Staccò la sicura dalle prese della corrente, che aveva insistito per mettere, e attaccò una lucina a forma di stella, cosicché la stanza non fosse buia. Rosie, come Belle, non era una grande amante del buio.

Uscì e tornò in camera sua. Si mise il pigiama e si sedette in poltrona aspettando la moglie, con il giornale in mano.

 

Non sapeva bene quanto tempo fosse passato, ma sentì la porta richiudersi e capì che Belle era tornata. Di sicuro i passi rumorosi sulle scale glielo avrebbero fatto capire.

Mise giù il giornale e andò in corridoio, dove gli cadde tra le braccia la moglie.

“Amore!” strillò, buttandogli le braccia al collo.

“Rumple, amore mio... Non sai quanto mi sei mancato.” biascicò baciandogli possessivamente il collo.

“Belle, fai piano o sveglierai la bambina.” disse lui, lasciandosi avvolgere dal corpo della moglie.

Lei si staccò di colpo. Lui le sorrise e le tirò dietro l'orecchio una ciocca ribelle di capelli che le era caduta sul volto. “Stai tranquilla, sta benone e ci siamo divertiti un sacco.”

Belle annuì e si impossessò di nuovo delle sue labbra. Quando si schiusero, Gold sentì l'odore di alcol a cui prima non aveva fatto attenzione.

“Hai bevuto un po' troppo?”

“No. Sei tu che mi fai questo effetto.” disse lei, ridendo come solo una persona brilla avrebbe potuto fare.

“Vieni, andiamo a letto. Domani ti alzerai con un bel mal di testa. O ci penseranno le urla di Rose, comunque.” Portò dentro la moglie e la fece sedere su una poltrona. Le tolse le scarpe e si girò per riporle lontano. Mentre era di spalle le disse: “Amore, non sai cos'ho visto fare a Rosie stasera. Non puoi nemmeno immaginare che nostra figlia, già a quest'età, possa...”

Si voltò e si trovò tra le braccia Belle.

“Tu sei molto più carino di tutti gli uomini del bar, Rumple” gli disse, prima di baciarlo di nuovo.

“Ne sono lieto. Sarebbe stato un problema, visto che siamo sposati.”

Belle però non sembrava averlo ascoltato. Aveva preso a slacciargli i bottoni del pigiama e in men che non si dica la sua bocca si era poggiata sul suo petto, lasciando una scia di baci a partire dal collo.

“Belle hai bevuto...”

La donna non smise di spogliarlo e, con qualche difficoltà, riuscì ad esplorare il suo corpo ed anche a togliersi il vestito che cadde per terra.

“Rumple, ti voglio così tanto...” mormorò lei tra un bacio e l'altro. “Mi sembra così tanto che noi due non stiamo assieme...”

Gold ormai era combattuto dal tener gli occhi chiusi godendosi i baci su tutto il corpo della moglie o aprirli per osservare la propria sposa in lingerie.

Si ritrovarono abbracciati stretti e finirono per cadere distesi uno sopra l'altra a letto, mentre le loro mani esploravano avide i rispettivi corpi.

A Gold sembrava quasi di sentire per la prima volta le dolci forme della moglie, ma allo stesso tempo quel tocco lo faceva sentire a casa, come se non avesse mai fatto altro nella sua vita.

Prima di continuare e di arrivare a un punto in cui fermarsi sarebbe stato impossibile, Gold si staccò dalla moglie. “Aspetto, vado a prendere in bagno...” ma la frase gli morì in gola vedendo la moglie quasi completamente nuda sotto di sé. Poi, quando tornò in sé, aggiunse “Aspettami un attimo. Torno subito.”

Andò in bagno seguendo la scia di vestiti che aveva lasciato per la camera.

“Eccomi, Belle.” disse tornando in camera.

Si avvicinò e si accorse che la moglie era stesa a letto, nel punto in cui l'aveva lasciata, ma completamente addormentata.

La osservò e sorrise. La prese quasi in braccio e riuscì a metterla sotto le coperte. Si distese di fianco a lei e l'abbracciò, lasciandosi cullare dal profumo dei suoi boccoli rossicci.

Era incredibile. E non perché si fosse addormentata o perché fosse nuda tra le sue braccia, bensì perché, con quelle labbra mezze aperte, era identica alla loro bambina.






Note dell'Autrice
Se ancora qualcuno segue questa raccolta, devo scusarmi perchè vi ho fatti un po' aspettare. Tuttavia, questo è avvenuto a causa di altri progetti, sempre Rumbelle, quindi... be' lasciatemela passare :)
Non mi dilungherò molto su questo capitolo, spero semplicemente che vi piaccia.
Vorrei ringraziare tutti coloro che seguono/ricordano/preferiscono queste one shot. Un grazie va anche a Emma_blue, Ariki, RosePiaf, Elema, Rumple_bumple, Eurice100 e ValeDowney per aver recensito il  capitolo precedente.
E infine un grosso grazie a tutti i lettori silenziosi.

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Capitolo 6
*** Legàmi ***


Vita da genitori

 
"Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali ."
William Hodding Carter II


 
Legàmi
 

Dopo aver passato un mese e mezzo in preda alle nausee, Belle poteva finalmente godere di un po' di tranquillità e di assaporare la propria maternità immersa in un parco con un bel libro sulle ginocchia, aspettando che suo marito chiudesse il negozio.

Non aveva ancora sospeso il lavoro alla biblioteca, ma aveva ridotto l'orario così da poter far stare meno in pensiero il marito troppo apprensivo.

E poi, in quel modo, poteva gustarsi tutti i libri che non aveva ancora avuto modo di aprire.

Era da due settimane che faceva tappa fissa al parco e la gioia di vedere i bambini saltellare in giro contenti dopo scuola, le faceva sorgere un sorriso spontaneo sul volto, seguito immancabilmente da una carezza quasi involontaria al pancione, ormai visibile al quinto mese di gravidanza.

Inoltre, molto spesso, incontrava Archie e Pongo e, più di quanto si fosse immaginata, Geppetto, con cui intratteneva qualche mezz'ora di chiacchiere sui bambini.

Era anche riuscita a convincerlo a preparare lui stesso un lettino in legno intagliato apposta per il nascituro, il quale avrebbe potuto dormirvi una volta diventato troppo grande per la culla -appannaggio del marito.

Sorrise pensando a quest'ultimo. Presto avrebbe chiuso la porta del suo banco dei pegni il più in fretta possibile per non essere fermato da qualche cittadino dotato di un impeccabile tempismo.

Poi sarebbe corso dalla moglie -anche se non avrebbe mai dato a vedere di aver camminato molto di fretta- e, sorridendole, si sarebbe seduto accanto a lei e, senza neanche più chiederglielo, si sarebbe tolto la giacca e gliela avrebbe posata sul pancione, non prima di avergli riservato una tremante carezza.

Belle, allora, avrebbe sbuffato, sorriso e si sarebbe stretta a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Chiudendo gli occhi, avrebbe inspirato a fondo e il profumo del marito si sarebbe mischiato al sapore di mare che il vento portava fino al parco. Solo in quel momento avrebbe sentito che tutto sarebbe andato bene, che ogni paura era un prezzo tutto sommato piccolo da pagare per quella gioia così grande che non credeva fosse possibile contenere nel suo cuore. Tuttavia di cuori ne aveva due, il che rendeva possibile ogni eccesso di felicità.

Anche quel giorno aspettava il solito rituale che, però, stava ritardando di qualche minuto.

Riprese in mano il libro che aveva lasciato scivolare accanto a sé, pensando che probabilmente qualcuno si era presentato dal marito sul limite dell'orario di chiusura. Sorrise, pensando alla smorfia che lui avrebbe fatto.

Passarono quindici minuti e, mentre la temperatura scendeva, l'ansia di Belle cominciava a crescere.

Fece un profondo respiro, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Eppure non capiva perché uno strano nervosismo si stesse impadronendo di lei, senza che potesse fare niente per contrastarlo.

Dopo altri quindici minuti di attesa, decise di averne abbastanza e, con qualche fatica, si issò sulla panchina e si tirò su, pronta a incamminarsi verso casa.

Procedette piano, sentendo dei piccoli dolori a livello della schiena. Tutti quei chili che aveva acquistato si stavano facendo sentire, tanto che si sarebbe volentieri fermata a riposare, se solo lungo il marciapiede si fosse presentata qualche panchina.

Invece non c'era nessuna superficie su cui sedersi e sapeva che, se si fosse seduta per terra, non sarebbe più riuscita a rialzarsi tanto facilmente.

Se solo Rumple fosse stato puntuale... Eppure lui non si era nemmeno fatto sentire. Cominciò a rimuginare e il nervosismo crebbe fino a farle stringere la borsetta con le unghie.

“Belle!” sentì a un certo punto.

Si girò e vide il marito che correva verso di lei, un po' rosso in volto.

“Belle, aspetta!” Lei si fermò, con un sguardo parecchio corrucciato.

“Tesoro, ti ho...”

“Andiamo a casa, ho freddo.” tagliò corto lei, girandosi di nuovo e camminando a fatica.

“Sei stanca?” chiese lui, togliendosi la giacca e appoggiandola sulle spalle della moglie. “Se vuoi posso correre a prendere l'auto e tornare a prenderti, così non...”

“No, ho aspettato abbastanza. Voglio solo tornare a casa.”

Gold rimase per un attimo interdetto, mentre la moglie faceva qualche passa avanti rispetto a lui. Dopo qualche momento di smarrimento, si riscosse e la raggiunse, poggiandole una mano sulla schiena per aiutarla, nonostante tutti i suoi borbottii.

Quando tornarono a casa, Belle stava ancora sbuffando e, per il dolore alle caviglie, si gettò sul divano, togliendosi le scarpe per massaggiarsi i piedi.

“Vuoi un massaggio prima di cenare?”

“No.” rispose secca lei. Non sapeva perché ma, nonostante avesse una gran voglia di abbracciare il marito e piangere -senza neanche conoscerne il motivo-, si sentiva frustrata e nervosa come non mai.

Gold guardò la moglie con fare preoccupato e apprensivo. Stava per aprir bocca e indagare di più sul suo malumore, ma decise che era meglio dedicarsi alla cena.

Quando fu tutto pronto in tavola, i due si sedettero a mangiare in silenzio.

“Belle, sei sicura che vada tutto bene?”

“A parte tutto il freddo che ho preso aspettandoti?”

“Ho avuto un contrattempo. Quell'idiota di...”
“Non dare sempre la colpa agli altri. Potevi almeno avvisarmi. Mi assilli tutto il tempo con le tue preoccupazioni e la volta che dovresti chiamare non lo fai.” rispose secca la donna, mangiando una forchettata di risotto fumante.

Gold, che era rimasto a bocca aperta e con la forchetta a mezz'aria, tentò di spiegare ancora cos'era accaduto.

“Io in realtà ti ho chiamata.”
“E hai sbagliato numero?” rispose lei, sorprendendosi della propria acidità. Che le stava accadendo? Non era da lei.

“No, ti ho chiamata tre volte ma non hai mai risposto. Mi stavo preoccupando anche io!” proruppe lui, con un tono di voce un po' più alto del normale.

Lei gli lanciò un'occhiataccia. “Controlla, sono sicuro di non aver sbagliato numero. Non ti farei mai aspettare così tanto senza avvisarsi, ora che sei...”
“Una balena? Un'invalida che non sa nemmeno più scegliere i propri vestiti?”

Per la seconda volta in pochi minuti, Gold si ritrovò con la bocca aperta per la sorpresa.

“Io non intendevo quello. Ti ho solo detto che forse era più sicuro se mettevi tacchi più bassi o...”

“Perché sono grassa! O perché sono una pasticciona e tu non ti risparmi mai di farmelo notare? Oh, scusami se qualche volta ho lasciato cadere qualcosa! Forse perché qualcuno adorava spaventarmi o lasciava tutto in disordine!”

“Belle, ma io...”

“No, nessun ma! Sono stanca e questo risotto è scotto.” si alzò, sentendo la rabbia montarle dentro.

“Belle, aspetta, non hai mangiato quasi niente e...”

Lei grugnì e non lo stette a sentire. Salì le scale appoggiandosi al corrimano e andò a rifugiarsi in camera, sbattendo la porta.

Quando fu sola, si gettò di schiena sul letto e, così facendo urtò qualcosa di duro.

Mise una mano sotto la testa e sentì la borsetta che portava quel pomeriggio e che, probabilmente, il marito aveva portato nella loro camera da letto, immaginando che lei, come al solito, se ne sarebbe dimenticata e il giorno dopo l'avrebbe cercata in lungo e in largo, con la paura di averla lasciata al parco.

La gettò il più lontano possibile e, facendo ciò, uscirono parecchi oggetti. Un pacchetto di fazzoletti, una penna, uno specchietto e qualche caramella che Geppetto le donava ogni volta che la incontrava. Senza zuccheri, ovviamente.

Insieme a tutto ciò, anche il cellulare era scivolato. Lo prese in mano e vide sul display che non c'erano le tre chiamate che il marito aveva detto di aver fatto. Ce n'erano quattro, più un messaggio.

Per un attimo l'aria sembrò mancarle. Che stupida che era stata.

Si coprì il volto con le mani e si mise a singhiozzare, fino a piangere a dirotto, senza il potere di fermarsi.

“Belle.”

Suo marito, dopo aver bussato lievemente alla porta, era entrato, con la testa china e gli occhi ricolmi di preoccupazione.

Lei si girò su un fianco e si raggomitolò su se stessa, cerando di non dare a vedere che stava piangendo.

“Belle, amore mio.” disse lui, raggiungendola a letto e abbracciandola.

“Rumple, io non so cosa...”

“Va tutto bene. Eri nervosa, può capitare.”

“No.” riuscì a dire lei.

“Sì invece. Non litighiamo più.”
“Ma io...”

“Nemmeno io volevo. Non farò più ritardo, per niente al mondo.” disse lui, baciandole la nuca.

“Lo so che non volevi. Non ho sentito il cellulare...”

“Quelle diavolerie. Dove sono finiti quegli affidabili volatili messaggeri?”

Belle scoppiò a ridere e, girandosi, si strinse all'uomo che amava e che, poco prima, avrebbe voluto prendere a pugni.

Pensò che fosse stato solo un momento, che con tutto lo stress della gravidanza era normale avere un cedimento e che, probabilmente, non sarebbe più ricapitato.

Eppure, senza volerlo e senza nemmeno rendersene conto, anche i giorni dopo tornò ad essere nervosa e intrattabile, soprattutto col marito.

Così nervosa che Gold capì che c'era un problema a monte e che avevano bisogno d'aiuto.

“Belle, dobbiamo chiarire questa cosa.” disse, quasi due settimane dopo, appoggiato al bancone della biblioteca.

“Non c'è niente da chiarire. Ho da fare. Lavoro anche io, sai?”

“Lo so che sei nervosa, ma mi sembra troppo. Dobbiamo capire perché lo sei.”

“Perché non mi ascolti! Non lo fai mai!” esclamò lei, inserendo nel database del computer la restituzione di un libro.

Gold strinse le labbra. “Ho fatto il caffè esattamente come me lo avevi chiesto.”

“Sai benissimo che non amo il caffè.”

“Ma me lo hai chiesto tu!”

“Parlavo nel sonno, Rumple!”
“Non parlavi nel sonno, ne sono assolutamente certo dalle tue occhiate di fuoco.”

Belle non rispose e continuò col suo lavoro.

Gold sospirò. “Ieri te la sei presa con me perché ti avevano restituito un libro con un mese di ritardo.”

“Quel libro poteva servire a qualcun altro.”

“Ma io che c'entravo?”

Belle borbottò qualcosa a denti stretti.

“Tesoro, sono davvero preoccupato. Non mangi quasi più niente e mi va bene se non ti piace la mia cucina, possiamo andare da Granny anche ogni giorno, ma basta che mangi. Inoltre sei sempre nervosa e ogni sera piangi. Dobbiamo...”

Belle si fermò di colpo. “Che cosa?”

“Dobbiamo andare dal dottore. Così magari possiamo capire perché...”
“Vuoi andare da Whale?” chiese lei, incredula.

“No, certo che no.” disse lui, raddrizzandosi. “Non mi fido molto di lui.”

Belle sbuffò. “Come al solito.”

“Cosa?” chiese lui.

“Sei geloso.”

“Non lo sono affatto! Solo non voglio che ti tocchi se non è neccesario.”

Belle alzò gli occhi al cielo e strinse la copertina di un libro. Di lì a poco il battibecco sarebbe ricominciato e Gold sarebbe stato costretto a ritirarsi nel suo di negozio, tentando di pensare a cosa avrebbe potuto fare per calmare il malumore della moglie.

 

 

 

“Non è che in qualche maniera subconscia ce l'hai con lui per non poter più fare le cose che facevi prima?”

“Mi stai chiedendo se ce l'ho con lui per essere rimasta incinta?”

Archie sorrise. Gold, invece, spalancò gli occhi, completamente terrorizzato dalla risposta che la moglie stava per dare. Alla fine, dopo altri giorni di fuoco e altre notti immerse nelle lacrime, Belle aveva convenuto che aveva bisogno di un aiuto. Ed ora eccoli lì, seduto vicini di fronte a un Hopper che non sapeva bene dove andare a parare.

“No, certo che no! Io voglio questo bambino.” disse, stringendosi il pancione.

“E lei, signor Gold, ha un'idea del perché Belle sia così...”

“Se lo sapessi non saremmo qui.” rispose lui. Era stata una sua idea quella di un consulto esterno, eppure era restio a parlare di sé con qualcuno che non fosse Belle.

“D'accordo. Ci sono altre cose che sono cambiate in te, Belle?”

“Mi sento sempre così nervosa. E la sera sono a pezzi. Non riesco nemmeno a...”

Archie la guardò interrogativamente.

“Non mangia più tanto.” intervenne Gold.

“Nausee?”

Belle scosse la testa. “E' come se quel cibo mi desse fastidio. Come se... se non fosse ciò di cui ho bisogno.”

“Bisogno per cosa? Per saziarti?”

“Forse. Per sfogarmi. Per calmarmi. Non lo so. Sono confusa.” ammise lei.

Archie aggrottò la fronte, vedendo le mani della donna tremare.

“E' normale essere confusi. È il tuo primo bambino e vivere in due non è certo facile. Ci sono tanti mutamenti nel corpo a cui non si è abituati e...”

Non fece in tempo a finire che Belle si era coperta con le mani il volto e, dopo essere scoppiata a piangere, si era alzata ed era uscita dallo studio.

Gold fece un cenno ad Hopper e corse subito appresso alla moglie, appoggiata al muro, con la faccia ancora coperta dalle mani.

“Io... Io non lo so perché...”

L'uomo l'abbracciò e lasciò che lei si sfogasse. “Lo so, ma andrà tutto bene. Torniamo a casa.”

La aiutò a scendere le scale e si incamminarono piano verso casa, abbracciati ancora l'uno all'altra.

“Mi lascerai vero?” chiese lei a un certo punto, tirando su col naso.

Lui si fermò e, tenendola per le spalle, le chiese: “Come puoi pensarlo?”

“Lo so, dimmelo e basta.”

“Belle, io non ti lascerei mai. Per nessun motivo.”

“Dici così ora, ma cosa sarà domani e dopo domani ancora, quando tornerò ad essere nervosa, acida, arrabbiata e... fredda?”

Gold sorrise e l'abbracciò a sé. “Ti regalerò un mazzo di rose ancora più grande.”
“Non penso che funzionerà.” disse lei, appoggiando la fronte sul petto dell'uomo.

“No, ma almeno se vorrai tirarmi qualcosa addosso avrai quello disponibile e farà meno male.”

Belle scoppiò a ridere e lo strinse ancora di più a sé.

“Sono una moglie terribile.”

“Non dire così, sono solo gli ormoni, hai sentito cos'ha detto Hopper.”

“Questi ormoni mi stanno facendo impazzire.” mormorò lei, staccandosi piano dal marito.

Gold sorrise e le accarezzò il volto. “Forse ho in mente qualcosa che li terrà a freno per stasera.”

L'uomo aveva uno strano sorriso in volto che incuriosì Belle.

“Di che parli?”

“Di qualcosa di magico.” rispose lui.

“Rumple, non credo proprio che...”

Lui però non la stette a sentire e, prendendola per mano, la trascinò da Granny..

La fece sedere a un tavolino all'esterno e, nel giro di pochi minuti, tornò da lei con un cono gigantesco ricolmo di gelato.

“Un gelato?”

“Molto di più.” disse lui, porgendoglielo. “Forse ti farò arrabbiare ancora e i tuoi ormoni ti faranno urlare con tutte le energie che hai in corpo, ma possiamo raffreddarli e appagarli un po'.”

Lei guardò il cono gelato dubbiosa.

“Dai, prova.” la invitò lui.

Belle assaggiò il cono gelato e, per la prima volta dopo tanti giorni, sentì una strana e piacevole sensazione partirle dal ventre e irradiarsi in tutto il corpo.

Quando lo finì, Gold si mise a ridere.

“Che c'è?” chiese lei.

“Vedo che ti è piaciuto.”
“Sì, grazie.” disse, mentre il marito l'aiutava ad alzarsi. “Scusa, non te ne ho lasciato nemmeno un po'...”

“Non proprio.” disse lui, pulendole con un dito il mento sporco di gelato.

Belle arrossì e, stringendosi all'uomo, si avviò verso casa.

 

 

 

“Non capisco. Non è mai piaciuto questo gusto di gelato.” disse lei. In realtà non le dispiaceva, ma di solito lei sceglieva fragola, e non gusti come nocciola.

Da qualche tempo, il marito aveva preso a sorprenderla con strani picnic in biblioteca, favoriti dal fatto che Belle, dopo la serata del cono di gelato enorme, era ritornata quella di sempre.

Gold aveva notato che il gelato dava una sorta di pace alla moglie e aveva cominciato a prepararglielo anche a casa.

“Io lo mangiavo nella coppetta.” disse ancora lei, accarezzandosi il pancione, mentre il marito la raggiungeva a letto. “Eppure non riesco più a mangiarlo. Se non c'è il cono mi innervosisco.”

Gold sorrise, scivolando sotto le coperte e pensando che aveva ordinato una confezione di coni che solo una gelateria avrebbe potuto consumare.

Le diede un bacio e si strinse a lei.

“Sei tu a preferire il cono.” disse a un certo punto lei.

“Sì.” rispose lui, tornando a disegnare strane trame sulla pancia di lei.

“Ed sei tu che vai pazzo del gelato, molto più di me.”

“Corretto.” disse lui, senza smettere di coccolare la tana della loro creatura.

Belle osservò lo sguardo innamorato del marito e la dolcezza dei suoi gesti e, per un attimo, tutto le sembrò più chiaro. Il marito amava il gelato e, in particolar modo, mangiarlo con il cono. E lei, adesso, si calmava solo quando lo mangiava. Le nausee l'avevano già resa schiava prima e ora ...

Non fece in tempo a finire quel pensiero che sentì una strana sensazione, calda e avvolgente, partirle dal ventre, proprio mentre il marito poggiava un bacio e una carezza sul pancione.

 

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Rose, dall'alto dei suoi due anni e mezzo, aveva in mente solo due cose: esplorare e mettersi in bocca il maggior numero di cose che trovava sul suo cammino.

“Belle, sei sicura che non puoi venire nemmeno un attimo?”

“Tesoro, siamo a metà settembre e sai che la biblioteca si riempie di studenti che...” non fece in tempo a finire che sentì un urlo all'altro capo del telefono.

“Rose! Rosie, non appenderti, è antico e potresti farti male!”

“E' agitata?” chiese, porgendo un libro di botanica elementare a un bambino di sei anni pieni di lentiggini.

“Se per agitata intendi che si appende sugli scaffali e sugli orologi più antichi che ho in negozio, sì.”

“Prova a leggerle qualcosa.”

“Non posso, devo sistemare alcune cose e devo finire entro stasera.”

“Prova a farle fare l'aeroplano.”

“Gliel'ho già fatto fare. Per dieci minuti di fila.”

“E non ha funzionato?”

“Eccome se ha funzionato! Ha potuto vedere mille altri oggetti da poter ingerire o con cui ferirsi... Belle, non so che fare. Forse sono io vecchio, ma non ho più energie e non so come calmarla. Era così calma a casa...”
“Vuole solo esplorare. Ci sono mille oggetti nuovi che non ha nemmeno mai immaginato.”

“Lo so, ha preso da te. Anche tu mi distruggevi metà castello.”

Belle rise e si immaginò il marito con la cravatta tutta sciupata e la camicia sgualcita.

“Portala fuori e prendile un cono gelato.”
“Un cono gelato? Così finirà per imbrattarsi tutta! E poi, quando l'avrà finito che faccio?”

“Prendiglielo e basta. Alla nocciola.”

“Non penso che il mio gusto le possa piacere...”

“Fidati. Ora devo andare, ciao. Ti amo.” disse Belle, dovendo chiudere in fretta.

 

 

Gold finì di spolverare una lampada d'ottone. Alzò lo sguardo e vide la figlia, con ancora delle tracce di gelato attorno alla bocca, tutta tranquilla e pacifica. Quasi non la riconosceva.

Per un attimo si chiese se dentro il gelato alla nocciola e alla vaniglia qualcuno non avesse messo del calmante.

La vide prendere con le manine un libro cartonato di favole e girarne le pagine, osservando con le labbra schiuse per la sorpresa le immagini colorate; fu in quel momento che Gold ringraziò che la figlia assomigliasse così tanto alla moglie.

Belle, a qualche metro di distanza, in biblioteca, osservò il cellulare e lesse un messaggio del marito che la avvisava che la sua idea aveva sorprendentemente funzionato. Sorrise al pensiero che la figlia assomigliasse così tanto al padre.






Note dell'Autrice
Avendola scritta apposta per marzo, in alcuni punti può risentire un po' della situazione attauale dei Rumbelle, anche se in maniera molto all'acqua di rose. Conto sul fatto che non rovini quest'episodio e, soprattutto, il progetto che sta a monte. Inoltre, per una volta, mi sono concentrata un po' di più sulla gravidanza  di Belle, lasciando alla piccola Rose un piccolo spazietto alla fine. Tuttavia si è genitori non solo quando il bimbo nasce, ma sin da prima. Quindi, lasciatemela passare.
Visto che non sembro in vena di scrivere delle note decenti, passo ai ringraziamenti. Voglio dire grazie a tutti coloro che preferiscono/seguono/ricordano questa raccolta, episodio dopo episodio. E un grazie anche a Elema, Euridice100 e Saja che hanno recensito lo corso capitolo; il vostro sostegno è davvero importante per me.
E infine un grazie anche a tutti i lettori silenziosi, sperando che questo capitolo vi sia piaciuto.

 

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Capitolo 7
*** Un mostro di mamma ***


Vita da genitori

 
"Mamma, solo per te la mia canzone vola,. [...] ma la canzone mia più bella sei tu!"
C. A. Bixio


 
Un mostro di mamma
 

Un'imprecazione le uscì dalla bocca, silenziosamente. Non aveva intenzione di imprecare di fronte a sua figlia, anche se stava ululando disperata dal suo seggiolino. Aveva solo pochi mesi, eppure -giurava Belle- aveva dei polmoni degni di un cantante di lirica.

Lasciò il biberon vicino al lavabo e raggiunse la figlioletta, cercando di cullarla piano piano. La cosa non sortì alcun effetto; Rose reclamava la sua dose di latte e sembrava non voler aspettare un secondo di più.

Belle la prese in braccio, cercando di saltellare in giro e ballare un po' per calmare la figlia. Di solito funzionava, ma ora era troppo affamata per badare a ciò che stava cercando di fare la madre.

Disperata e attraverso un'operazione degna di una giocoliera esperta, tenendo in braccio la piccola, riuscì a rimisurare la temperatura del latte -stavolta senza ustionarsi il polso-, mise il tappo e lo porse alla piccola creatura.

Finalmente Rose, impegnata a consumare uno dei suoi tanti pasti giornalieri, si zittì.

Belle, sconsolata e allo stesso tempo sollevata, si appoggiò a un mobile, tenendo la figlia tra le braccia.

Era così pacifica in quei momenti. Sapeva che non sarebbe durato a lungo. Presto avrebbe finito di mangiare, lei le avrebbe massaggiato la schiena e il pancino e, dopo una decina di minuti di sonno, si sarebbe risvegliata, reclamando altre attenzioni.

Infatti nelle ore successive accadde proprio ciò, con l'aggiunta di bucati da fare, biberon da preparare, cose da pulire...

Rumple era stato a casa per il primo mese di gravidanza ad aiutarla, ma poi era dovuto tornare al lavoro. Avevano deciso così; Belle non sarebbe riuscita a separarsi dalla figlia, anche se la biblioteca le mancava molto. Nemmeno Gold in realtà era stato contento di separarsi dalle donne che più amava al mondo, ma aveva deciso che uno dei due doveva lavorare. E inoltre non voleva che i soliti seccatori venissero a disturbarlo a casa, con il rischio di svegliare Rose.

Erano quasi le cinque e mezza e presto suo marito sarebbe tornato a casa.

Prese in braccio la figlia, tentando inutilmente di calmare le sue urla. Perché urlava tutto il giorno? Non era una brava madre? Forse aveva preso tutta la questione troppo alla leggere. Un contro era leggere di gravidanza e maternità sui libri, o farsi raccontare i ricordi da suo padre, un altro era viverle. Doveva aspettarselo. Eppure era stata lei a rassicurare il suo Rumple che sarebbe stato un ottimo padre, non preoccupandosi del fatto che forse lei non era in grado di fare la madre.

Ormai non riusciva più a calmarla. Non la allattava neanche quasi più al seno, le faceva sempre più male e il dottore -anche se il marito non aveva permesso a Whale di visitare le piccole ulcere al seno di Belle- aveva assicurato che anche il latte in polvere, a quell'età, sarebbe andato bene.

Tuttavia lei non si sentiva per niente una buona madre. Non aveva nemmeno più l'energia per leggerle qualche libro, anche perché, dopo poco, Rose ricominciava a strillare. Per le coliche o per qualche sua inadempienza.

Con questi pensieri passò di fronte all'ingresso e in quel momento, su un piccolo specchio che avevano appeso poco dopo il matrimonio, si fermò a fissarsi. Da quanto non si specchiava? Chi era quella sconosciuta?

Non poté approfondire troppo la questione perché la porta di casa si aprì ed entrò il marito, sorridente. Le andò subito incontro, azzerando i pochi metri che c'erano tra loro e -come faceva sempre- l'abbracciò.

“Mi sei mancata.”

“Com'è andata?” chiese lei, ancora sconvolta da ciò che aveva appena scorto.

“Direi che...” Gold non fece in tempo a finire la frase che Rose si fece prepotentemente sentire. “Vado io.” disse lui con un sorriso, lasciando la moglie con le braccia penzoloni lungo i fianchi, una maglia di due taglie più grandi di lei, e dei pantaloni comodi della tuta, macchiati di latte.

“Ciao, tesoro mio!” disse l'uomo, prendendo in braccio la figlia e cominciò a spostare il peso da un piede all'altro, come in una sorta di balletto improvvisato.

La bimba protestò un po' e poi cominciò a emettere dei gridolini divertiti.

“L'hai calmata.” disse lei.

Lui si girò, sorridendo. “Sì, ma per poco. Deve essere cambiata.”

Belle, meccanicamente, protese le mani per prenderla, ma Rumple scosse la testa. “Faccio io. Perché non ti rilassi un po'? Posso pensarci io a Rosie.”

Le si avvicinò, le schioccò un veloce bacio sulle labbra e si diresse di sopra, nella cameretta della bambina.

Belle ne approfittò per preparare la cena e altri due biberon di latte. Quando, venti minuti dopo, il marito tornò con in braccio la bambina più calma, lei aveva già quasi ultimato tutto.

“Che cos'ha preparato la mamma? Sembra ottimo dall'odore...”

Belle, finendo di tagliare alcuni peperoni, girò la testa.

“Polpettone. Basta solo accendere il forno, ci vorranno quarantacinque minuti però...”

“Noi non abbiamo fretta, vero?” disse lui, volteggiando fino a una piccola cesta in cui ripose la bambina, quieta.

“Mi siete mancate.” disse ancora lui, raggiungendo la moglie e abbracciandola da dietro. Le poggiò il mento su una spalla e solo allora si accorse che le mani della donna stavano tremando.

“Belle, tutto a posto?”

“Sì.” disse lei, piano.

Lui però, con la preoccupazione negli occhi, la fece voltare.

“Va tutto bene, davvero. È solo stata una giornata...” non riuscì a finire la frase che la voce le si incrinò e la gola le si seccò di colpo.

Gold fece per dire qualcosa, ma richiuse subito la bocca. La prese per la vita e, sorridendole dolcemente, le disse. “Sei stanca. Perché non ti concedi una doccia? Posso pensare io a Rose.”

“Ma la cena...”

“Starò attento al forno.”

Belle corrugò la fronte, indecisa. Lui scosse la testa, sorridendo. “Lo prometto.” aggiunse, e facendo un piccolo inchino le strappò un sorriso.

“Ok.” disse lei e, staccandosi piano e di malavoglia dal marito, uscì dalla cucina e si diresse al bagno del piano superiore. Non si premurò nemmeno di prendersi un asciugamano, si spogliò in fretta e si infilò sotto la doccia.

Non seppe per quanto tempo rimase immobile sotto il getto caldo dell'acqua, con gli occhi chiusi e la pelle d'oca.

Solo quando ebbe finito si accorse che il suo accappatoio era rimasto in camera da letto. O in qualsiasi altro posto, visto il caos che da mesi regnava in casa.

Aprì lo sportello, sbuffando. Vide però quello del marito -meticolosamente ordinato, a differenza sua. Allungò una mano, sicura che non se la sarebbe presa.

Non arrivandoci, dovette uscire dalla doccia e, quando lo fece, si ritrovò di fronte a uno specchio. Si osservò nuda e fu sconvolta, per la seconda volta nel giro di poche ore.

Ma chi era quella donna dalla carnagione un po' troppo bianca, le occhiaie pesanti, i capelli che, seppur bagnati, erano tutti stopposi e sfibrati?

D'accordo, con una neonata non aveva avuto tempo di truccarsi -e non c'era nemmeno stato il bisogno- ma quella non era lei. Doveva per forza essere un'altra.

Si avvicinò e si toccò il volto. E sì, non c'erano dubbi. Quella era la sua immagine riflessa. Come aveva potuto Rumple guardarla sempre con lo stesso amore e stringerla ogni notte con la stessa intensità?

Era orribile, era un mostro. Ora capiva perché la figlia piangeva con lei. Probabilmente la spaventava. Quando si era ridotta così?

“Belle! La cena è pronta!” sentì chiamarla suo marito. Si guardò un'ultima volta e si promise che, quella sera, si sarebbe messa almeno della crema idratante per il viso. E per le mani, se aveva abbastanza energia da non svenire sul letto.

Si asciugò in fretta e raggiunse il marito, un po' titubante. Si fermò sulla soglia della cucina e si fermò a osservarlo, mentre cullava piano la piccola e spegneva il forno.

Quella vita poteva sembrare impossibile e impraticabile, ma erano quei momenti a farle capire che, per quanto difficile fosse e per quanto inadeguata fosse lei, non poteva desiderare niente di più bello che vedere suo marito e sua figlia felici.

“Amore.” disse lui. L'aveva colta sovrappensiero e ora le stava sorridendo, dolcemente e da innamorato, come non aveva mai smesso di fare.

Il perché, di quello sguardo, non riusciva proprio a spiegarselo, ma il bacio dell'uomo e l'odore invitante della cena la distolse per un po' da quei quesiti che l'assillavano.

 

 

Con la faccia tutta impiastricciata e le mani altrettanto, Belle si infilò sotto le coperte. Il marito arrivò subito dopo, già in pigiama.

“Si è appena addormentata.”

“Menomale.” disse lei.

“Belle, avevo pensato a una cosa.”

“Dimmi.” disse lei, girandosi verso il marito e vedendo che guardava in basso.

“Senti, io pensavo che potrei ridurre l'orario. Magari potrei fare solo un paio d'ore... così posso aiutarti in casa.”

“E' tanto terribile vero?”

Gold alzò lo sguardo. “Cosa?”

“Questa casa. Questa vita. Io.”

“Ma che dici, Belle? La vita con te e la bambina è meravigliosa. Tu sei meravigliosa.”

Questa volta fu Belle ad abbassare lo sguardo. “Sono terribile. Mi sono vista allo specchio.”

Chiuse gli occhi e si mise le mani tra i capelli, coprendosi parte del volto.

“Forse era uno specchio guasto.”

Belle alzò gli occhi lucidi e lo guardò, con le labbra un po' schiuse per la frase criptica del marito.

Gold sorrise e, prendendo il volto della moglie tra le mani, le disse: “Prova a specchiarti nei miei occhi. Sono sicuro che vedrai una splendida donna, forte come non mai, capace di tenere a testa a una bambina di cinque mesi urlante come un albatro inviperito, senza mai crollare. E bellissima, ancor più del primo giorno in cui ti ho vista.”

Belle chiuse gli occhi, sorridendo e lasciando che le carezze del marito trasportassero via quelle poche lacrime che le rigavano il volto.

“Ho i miei dubbi, su tutte e due le cose.”

“Sei troppo critica.”

“Non sono una buona madre. Non riesco a calmarla.”

“Sei stanca, amore mio. Anche io lo ero i primi tempi, non ti ricordi?”

“Ma tu ora riesci ad acquietarla. E torni sempre in ordine e...”

Gold stava sorridendo, sornione.

“Non finirò la frase per compiacerti ancora di più.”

“Belle!” disse lui, abbracciandola e stringendola a sé. “Tu passi tutta la giornata con Rose ed è un grande impegno! Mentre io me ne sto in negozio a scacciare qualche seccatore, è normale che torni più riposato di te. Se sei stressata, riesci ad avere meno controllo. È normale, sul serio. Sei una madre splendida. Fidati delle mie parole, lo sei sul serio, e non sono l'unico a pensarlo. Inoltre. tu sei bellissima. Sul serio. La gravidanza ti ha resa ancora più sensuale del...”

“Rumple!” lo ammonì lei, arrossendo un po'. Non era più stata con lui in maniera così vicina e, anche se non vi aveva posto grosse attenzioni e preoccupazioni, sapeva che non aveva ancora smaltito quei nove mesi di dolce attesa.

“Dico solo la verità.” disse lui, cominciando a baciarla sul collo.

Belle chiuse gli occhi. Da quanto non si concedevano un momento così? Forse non doveva preoccuparsi troppo di quell'immagine spaventosa che l'aveva sconvolta prima che suo marito tornasse a casa, e dopo la doccia.

Forse... Ma tutti quei forse furono fermati dagli strilli di Rose.

“Oh.” sospirò lei.

“Vado io.” disse lui e, sospirando a sua volta, si staccò dalla moglie e raggiunse la figlia.

Belle, ancora inebriata e riscaldata dai baci del marito, scivolò sotto le coperte e nel sonno senza nemmeno accorgersene.

Gold aveva un trucco per far star buona la bambina, ma non aveva ancora intenzione di rivelarlo a Belle. E questo non perché non volesse farla stare meglio, ma perché non voleva che lo obbligasse a cantare di fronte a lei.

Aveva sentito dal suocero che Belle, nei primi mesi di coliche, non si addormentava nemmeno coi libri, a meno che questi non fossero cantati. La prima volta non ci aveva creduto molto ma, dopo sette ore passate da solo con la figlia in lacrime e Belle che era andata a trovare il padre, aveva creduto che tentare non poteva nuocere.

E così, pur cosciente di non possedere la voce della madre di Belle, aveva intonato un motivetto, un po' ambiguo e stridulo che, tuttavia aveva fatto zittire la bambina. Da allora, anche sottovoce, le canticchiava qualcosa e lei si dimostrava sempre molto divertita.

Sapeva che quel periodo sarebbe svanito una volta finite le coliche, ma si accontentava.

“Rose.” disse, una volta finito di canticchiare. “Stai facendo impazzire la mamma. Che ne dici se domani la lasciamo tranquilla e passi tutto il giorno con il tuo papà? Canterò tutto il tempo se mi prometti di metterti a strillare come solo tu sai fare non appena entrerà Charming. Ho proprio la sensazione che ne sarà colpito...” disse ridacchiando, mentre la bambina muoveva piano le manine, prima di sprofondare di nuovo nel sonno.

La osservò adagiare la testolina di lato e schiudere un po' le labbra, quasi impercettibilmente.

Sorridendo, si chinò a baciarla, controllò che il babymonitor funzionasse e uscì dalla stanza, tornando nella sua camera da letto.

Quando si avvicinò al letto, trovò la moglie già addormentata e non poté far a meno di chinarsi a baciare anche lei, vedendo che era nella stessa posizione della figlia.

Poi, mettendosi vicino a lei, si mise ad accarezzarle i capelli e, senza nemmeno accorgersene, cominciò a cantare la melodia del loro primo ballo dopo sposati.

 


 



Note dell'Autrice
Per una volta sono in orario per il mese di Aprile. Questa è una one shot fresca, nel senso che l'ho scritta apposta per questo mese, non l'ho ripescata dalla mia magica borsetta della creatività.
Ho dipinto una Belle un po' insolita, ma essere mamma è anche questo, suppongo. Ovviamente ho fatto intervenire anche Rumple, reinterpretando le sue doti canore. La sua non è crudeltà, Belle è solo stressa e presto scoprirà il trucco del marito. Così come tornerà più in pista, le basta dormire più di due ore di fila.
Sono sicura che, come lo è sempre stata, nemmeno ora si arrenderà, anche a costo di scalare montagne di pannolini e grida animalesche della vivacissima Rose.
Ringrazio davvero molto Euridice100 ed Elema che mi seguono strenuamente. Vi adoro, non ho molto altro da dire che non risulti banale. E un grazie a tutti coloro che mi seguono/ricordano/preferiscono e leggono silenziosamente.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

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Capitolo 8
*** Il potere del vero amore ***


Vita da genitori

 
"Il vero amore non implica la perfezione, anzi fiorisce sulle imperfezioni."
John Gray


 
Il potere del vero amore
 

“Siamo arrivati!” annunciò Gold, entrando con la figlia di quattro anni in braccio. Avevano appena varcato la soglia della biblioteca che sentirono un gran vociare. Una piccola folla si trovava davanti al bancone di prestiti/restituzioni e Belle era tutto fuorché calma e tranquilla.

Le persone sembravano agitate e, più si avvicinava, più notava che la moglie era rossa e accaldata. Le mani le tremavano leggermente mentre premeva convulsamente alcuni tasti del computer.

Facendosi spazio tra la folla e, appoggiando la piccola e scalciante Rose sul bancone, Gold riuscì a raggiungere la moglie.

“Belle, tesoro, che succede?”

“Succede che il computer si è impallato, la lista cartacea non è aggiornata e io non so più far ordine.”

“E questi cosa vogliono?”

“Vogliono... non lo so! Come posso saperlo senza consultare il database? C'è chi sostiene di non aver mai preso in prestito un libro...”

Gold in fretta, affidando l'attenzione per la bambina a un nano che stava sventolando un libro sulla storia delle ferrovie, fece il giro del bancone e raggiunse la moglie.

“Adesso tu calmati, siediti un attimo e bevi un bicchier d'acqua. Qui ci penso io.”

“Ma tu non sai nemmeno...”
“Cinque minuti. Dopo ritorni tu.”

Belle annuì, prese la bambina in braccio e la portò nel posto più lontano della biblioteca, tra gli scaffali.

Quando la semioscurità le avvolse, si lasciò scivolare per terra, tenendo tra le braccia la bambina che, ben presto, si divincolò e cominciò ad arrampicarsi sugli scaffali.

Era solita correre su e giù e nascondere qualche peluche tra i libri, perché così li custodivano -come diceva lei.

Sospirò e tentò di riacciuffarla a ogni nuovo salto nel buio. Intanto, in un piccolo angolo della sua testa -perché, come aveva scoperto, una donna doveva fare più cose nello stesso istante e una madre doveva fare mille cose in simultanea- pregò che suo marito riuscisse a far riandare il pc, persino con la magia.

Era da tutto il giorno che faceva i capricci, ma da un'ora e mezza, con l'arrivo degli abitanti ritardatari di Storybrooke, era diventato un vero e proprio problema.

“Belle. Ho finito, andiamo?” Suo marito fece capolino con la testa, sorridendo.

Belle uscì dalla piccola nicchia buia tra i libri, preceduta da una Rose scalmanata che stava facendo volare in aria un tigrotto.

“Ma come hai fatto? Il computer si è rimesso in moto?” chiese lei, mentre il marito le porgeva la giacca.

“No. Ho semplicemente ricordato loro che le bugie hanno le gambe corte.”

Belle si fermò, strinse le labbra e spalancò gli occhi.

“Che hai detto, Rumple?”

“Parco, parco!” urlò Rose, mentre il padre spingeva gentilmente fuori Belle.

“Ho detto che avevo un incantesimo per capire se stavano mentendo e quindi conveniva loro non barare sulla data di riconsegna. O di prestito.”

Belle emise un sospiro di sollievo e si appoggiò al braccio del marito, inclinando la testa quel tanto per appoggiarsi alla sua spalla.

“Giornata dura, vero?”
“Non immagini quanto.” sospirò lei. “Dovrò far sostituire quel pc. O aggiornare i software, non lo so.”

“Ci pensiamo domani.” disse lui. “Ora ciò di cui ti devi preoccupare è...”

“Parco!” proruppe la figlia, indicando un piccolo sprazzo verde con dei giochi.

“Il parco.” sorrise Belle.

“E parco sia.” disse Rumple, avvolgendo e stringendo con un braccio la vita della moglie.

 

 

“Rose ti prego, stai attenta, non ti buttare!”

“Belle, stai tranquilla, non si farà niente.”

Belle si rimise seduta sulla panchina accanto al marito, con un sospiro. “Come mai sei così rilassato e tranquillo? Di solito sei tu quello iperprotettivo.”

“Ho avuto una bellissima giornata. Allietata dal pensiero della bellissima notte passata con mia moglie. È una donna dalle mille risorse.” disse, sorridendo malizioso.

Belle si morse le labbra e guardò in basso, sentendo le guance diventarle sempre più rosse.

“Tu invece come mai sei così nervosa? Solo per la biblioteca?” chiese Gold, volendo stemperare l'imbarazzo della moglie.

“No, stamattina ho avuto l'incontro con le mamme della scuola materna e...”

“Ti hanno riempita di paure.”

“Si preoccupano di cose a cui io neanche pensavo! Come può una bambina di quattro anni usare la lente degli occhiali da lettura per dare fuoco alle lenzuola del suo lettino?”

Gold si schiarì la voce, si allentò il nodo della cravatta e si rimise dritto sulla panchina. “Il figlio dello yaoguai? O di qualche altro sventurato trasformato da Regina in drago...”

“Non scherzare, per loro sono cose serie e possibili. Che ne so se i cheerios di mia figlia sono veleno per il sviluppo cerebrale?”

“Non saprei. Non esistevano i cheerios nel nostro mondo...”
“Appunto! Devo assolutamente trovare qualche libro a riguardo.”
“Tipo: 'Come trasformarsi da madri dolci e amorose in carcerieri iperprotettivi'?”

“Ha-ha. Che simpatico. Te la scordi una serata come quella di ieri sera.”
“Ma Belle! Io stavo solo...” Gold non riuscì a finire la frase che vide Belle scattare in piedi e correre verso la loro bambina che, nel frattempo, era seduta a terra, in lacrime e urlante, stringendosi un ginocchio.

Quando la mise sulla panchina, notò che aveva una sbucciatura a livello del ginocchio, da cui uscivano alcune gocce di sangue.

“Cos'è successo?” chiese lui, ancora inebetito dalla sorpresa, mentre Belle frugava nella borsa in cerca di un disinfettante e un fazzoletto e, intanto, accarezzava con una mano la testa della figlia.

“Andrà tutto bene, tesoro, solo un minuto.” disse, rivoltando ancor di più la borsa.

“Io... volevo solo vedere l'alto e poi...” riuscì a dire la piccola prima di scoppiare a piangere di nuovo.

“Non c'è! Non c'è! Ma dov'è finito?”

“Cosa?” chiese lui, non sapendo bene chi doveva consolare di più.

“Il disinfettante!” strillò Belle.

Gold guardò il ginocchio della bambina, non vedendo nulla di così grave. E se lo diceva lui, lo era per davvero.

“Non credo servirà il disinfettante stavolta. È solo una sbucciatura.”

“Vado a vedere in biblioteca. Là ho sempre qualcosa ed è più vicino rispetto a casa.”

“Ma Belle, basta solo un po' d'acqua e un fazzoletto.”

“Torno tra due minuti. Non farla muovere.”

“Belle...” tentò di fermarla, ma la moglie era già corsa via. Non sapeva bene come con quei tacchi, ma era sicuro che di quel passo sarebbe tornata in meno di sessanta secondi.

Sospirò e tornò a guardare la bambina, ancora in lacrime.

Prese una bottiglietta d'acqua e ne versò un po' sulla ferita della figlia che, immediatamente, tentò di divincolarsi.

“Brucia! Brucia!” urlò lei.

“Lo so, ma ora passa tutto.” disse lui, tamponandola con un fazzoletto di carta.

“Com'è adesso? Brucia ancora?” chiese.

La figlia mosse la testa su e giù, tirando su col naso.

Gold allora si chinò su di lei e le diede un bacio sul ginocchio. “E ora?”

“Non lo so. Cosa hai fatto?”

“Ti ho dato un bacio, il bacio del vero amore.”

“Il bacio del vero amore?”

Gold, sorridendo, si sedette sulla panchina e prese in braccio la figlia. “Sì, e se il più profondo e vero amore può sconfiggere ogni tipo di sortilegio, allora può anche guarire.”

Rose guardava il padre con la bocca spalancata a O e gli occhi completamente ipnotizzati.

“Davvero, davvero?”

“Davvero, davvero. A me è capitato.”

“Ti eri fatto male anche tu?” chiese lei, indicando con la testa la sbucciatura sul ginocchio.

“Ero... sì, in un certo senso stavo male. E tua madre mi ha guarito.”

“Col bacio del vero amore?”

“Sì. L'amore è la magia più potente che ci sia. E io ne sono la prova. O meglio, tu ne sei la prova.”

Rose corrugò la fronte e arricciò le labbra in un modo così somigliante alla madre che Gold dovette fare un grosso sforzo per non stritolarla in un abbraccio senza fine.

“Puoi riprovare?” chiese alla fine.

Gold sorrise e si chinò di nuovo, baciando dolcemente il ginocchio della figlia. Poi la guardò con un sopracciglio alzato e un sorrisetto sulla faccia.

“Non mi fa più male. Ha funzionato, papà!” esclamò lei, alzandosi in piedi di colpo. Poi, buttando le braccia al collo del padre, gli stampò un bacio sulla guancia, proprio nel momento in cui Belle, tutta trafelata, tornava con delle garze e un tubetto pieno di un liquido rosso scuro.

Prima che potesse essere acciuffata dalla madre, Rose scese dalle gambe del padre e corse via, tutta contenta.

“Rose,aspetta!” urlò Belle, ma la bambina non la stette a sentire.

Quando la donna si voltò verso Gold, lui alzò le spalle. “Sta bene. Bastava solo un po' d'acqua.”

“Tu mi devi spiegare molte cose oggi.”

“D'accordo, ma ora calmati. Sei troppo esausta.”

“No, devo disinfettare nostra figlia prima che...” fece per andare verso di lei, già pronta ad arrampicarsi a qualche gioco per raggiungere la figlioletta temeraria e incurante dei pericolosi centimetri che la separavano dalla terra.

“Belle, ti prego, nostra figlia sta bene.”
“Ma è ferita! Ha bisogno di cure e...”

Gold la fermò e, senza aspettare che la moglie sciorinasse un'altra sequela di possibili pericoli mortali che potessero colpire la loro bambina, la baciò.

Ci vollero alcuni secondi prima che Belle si sciogliesse da quell'irrigidimento che governava il suo corpo ma, in poco tempo, si dimenticò ogni assurda preoccupazione e, ben presto, restituì il bacio al marito.

Quando si staccarono, Belle era senza fiato, ma allo stesso tempo anche svuotata dalle mille ansie che l'avevano accompagnata nelle nove ore precedenti.

“Va tutto bene. Nessun germe patogeno attenterà alla vita di nostra figlia.”

“Sì.” disse soltanto lei, prima di baciare di nuovo il marito, ora molto più calma e rilassata di prima.

Rose, che si era arrampicata a quasi due metri da terra attraverso un intreccio di spesse corde rosse, guardò i genitori stretti l'uno all'altra.

Fu in quel momento che realizzò -vedendo la madre calmarsi di colpo, come per magia, e sorridere di nuovo- che il bacio del vero amore, e in generale il vero amore, era la magia più potente di tutte e poteva vincere ogni cosa. Anche il sortilegio più oscuro.






Note dell'Autrice
Sono ancora in anticipo, ma questa volta volontariamente. L'ho pianificato, ebbene sì, per quanto strano possa sembrare.
Per il primo maggio volevo fare qualcosa di speciale e così ho buttato giù un'altra one shot in cui non risparmio Belle dallo stress di essere mamma, moglie e lavoratrice. Tuttavia non fatevi fuorviare, ci tengo ancora moltissimo a lei e, nel prossimo capitolo, (spero) ne uscirà meglio.
Infatti avevo intenzione di fare un seguito di Un mostro di mamma, per cui non temete, non l'ho abbandonata.
Per altro devo ringraziare padme83, Elema ed Euridice100 che hanno recensito lo scorso capitolo. Spero che anche questo non vi deluda. Inoltre un grazie va anche a chi mi segue/ricorda/preferisce e a chi semplicemente -ma non meno importante- mi legge.

 

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Capitolo 9
*** Rumplestiltsing ***


Vita da genitori

 
"Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta e il battito del cuore di chi ascolta."
Khalil Gibran


 
Rumplestiltsing
(Un mostro di mamma 2)

 

“Rumple, dovresti essere tu a dirmelo!”

“Ma devo sistemare tutto, se avesse bisogno di qualcosa...”

Belle si osservò allo specchio. Si era messa un vestito blu, con alcune balze sulla vita per coprire la pancia che ancora non era tornata come prima della gravidanza.

Rose aveva ormai sei mesi e suo marito le aveva inaspettatamente chiesto di uscire una sera, vedendo che era parecchio esaurita, dal nomento che stava tutto il tempo tra pannolini, rigurgiti e strani pupazzetti che saltellavano in televisione.

Certo, la piccola s'incantava quando lei le leggeva le favole, ma non poteva passare tutto il tempo così. Tra un paio di mesi, forse, sarebbe tornata al lavoro, ma non poteva immaginarsi di staccarsi da lei né tantomeno di mostrarsi in pubblico in quelle condizioni. Era sorpresa che Rumple volesse ancora toccarla a fine serata, con indosso una maglietta sformata e piena di macchie, i pantaloni larghissimi della tuta e i capelli che da mossi e splendenti erano passati a crespi e smorti.

Così, occupando ben due ore e mezzo di restauro, era riuscita a guardarsi allo specchio, senza fare troppe smorfie.

L'unico problema della serata era stato far capire al marito che non potevano portare la bambina con loro. Non sapendo bene a chi lasciarla -e dopo averlo convinto-, avevano analizzato varie possibilità e alla fine erano giunti alla conclusione che solo Moe, essendo il nonno ed essendo disponibile, poteva essere all'altezza.

Tuttavia, nonostante interrogatori su come l'avesse cresciuta e liste compilate e lasciate in giro per la casa, Gold era ancora intento a mettere in sicurezza tutta la casa e a lasciare in ogni stanza almeno 5 post-it con i numeri d'emergenza. Tutti i numeri possibili d'emergenza.

Era per quello che ci stava mettendo un sacco, molto più di quanto aveva impiegato lei per rendersi presentabile.

“Rumple, mio padre conosce il numero dell'ospedale. E anche quello di Granny.”

“Sì, ma magari con lo stress potrebbe dimenticarsene.”

“Vuoi lasciare anche qualche aggeggio magico in giro per poterlo controllare tutto il tempo?”

Gold alzò il capo. Era in ginocchio sul tappeto del salotto, intento a coprire gli angoli del tavolino con scotch e pezzi di stoffa.
“Tipo una telecamera? Ma perché non ci ho pensato prima!”

Belle alzò gli occhi al cielo e fece per aprir bocca quando suonarono alla porta.

“Papà!” lo accolse Belle.

“Belle!” la abbracciò lui. “Ho portato un peluche per Rose. E' simile a uno che avevi quand'eri piccola, ti piaceva tanto...”

“Grazie papà, vieni.” disse, prendendolo a braccetto e scortandolo in salotto. “Non dovremmo fare tardi. Rumple ti ha lasciato tutti i numeri in giro, in caso di forte amnesia...”

“Sì.” disse Gold, schiarendosi la voce. “E i biberon sono già pronti, c'è anche quello col succo di frutta, mentre quelli con il latte sono bianchi...”
“Oddio.” sospirò Belle.

Moe, intuendo la situazione, si affrettò a dire. “Ma sì, ma sì. Andrà tutto bene. Divertiti, figlia mia. Sembri così stanca da un bel po' di tempo...”

“Grazie, papà.” disse lei, abbracciandolo. Poi, presa la borsetta, si voltò verso il marito che non sembrava intenzionato a mollare la figlia.

Dopo un'occhiataccia, Gold lascio la bambina tra le braccia del nonno e, ancora riluttante, uscì.


 

“Pensavo prendessimo i soliti hamburger.” disse Rumple, finalmente calmo.

“No, non credo di poter... Forse è meglio un'insalata.” Belle si morse il labbro.

Quando arrivarono le ordinazioni, Gold fissò la moglie.

“Ti piace davvero quell'insalata?”

“Sì, perché?”

“Perché per la nostra prima uscita pensavo volessimo ripercorrere... be' lo sai.”

“Bisogna anche cambiare.”

“Belle.” disse lui.

“D'accordo. Non posso permettermi un hamburger in queste condizioni.”

Gold la fissò preoccupato. “Quali condizioni?”

“Sono ancora enorme.”

L'uomo poggiò le mani sul tavolo, distolse lo sguardo dalla donna e scoppiò a ridere.

“Non c'è niente da ridere! Tu non hai dovuto portare in grembo nostra figlia per nove mesi!”

Gold allungò la mano e prese quella della moglie. “Amore mio, non sto ridendo di te. Sei magnifica, non solo stasera. E anche con qualche chilo di più ti desidero e ti amo come il primo giorno.”

“Mi rinchiudesti nelle segrete il primo giorno.” disse lei.

“Be'...” cominciò lui, agitandosi sulla sedia.

Belle sospirò e tornò ad addentare le sue foglie d'insalata.

Gold osservò la moglie e, senza dire niente, alzò una mano per ordinare un'insalata anche per lui.

“Non dovevi.” disse lei.

L'uomo, sempre sorridendo, prese il suo hamburger e lo tagliò a metà.

“Facciamo così, mangerò l'insalata e questa metà. L'altra è per te.”

“Non credo...”

“Belle, ti prego. Fallo per me. Sarà come... quella storia che hai letto a Rose l'altra sera. Quella coi cani...”

“Lilly e il vagabondo?”

“Esatto!”

“Ma loro condividevano un piatto di spaghetti.”

“Se vuoi ordino anche quelli. Sarebbe più romantico.”

Gold stava di nuovo per alzare la mano quando lei lo fermò. “Va bene, va bene! Mi arrendo.” sorrise lei.

Mentre mangiava la sua metà di hamburger -la metà più grande-, Gold sorrise, pensando che anche col ketchup sulla faccia la moglie non poteva essere più bella.


 

“E alla fine tuo nonno ha sconfitto mille orchi. Ma proprio mille!”

Moe era seduto sul divano, con la bambina tra le braccia che lo osservava con la bocca aperta, mezza occupata da un pugnetto.

Aveva un po' esagerato col numero di orchi affrontati, ma la bambina sembrava così catturata che lui non se ne pentì. Con gli anni avrebbe diminuito il numero, tuttavia per ora andava bene così.

“Aspettami qui Rose, vado a controllare se il latte è caldo.”

Andò in cucina e, dopo essersi scottato alcune volte il polso -in fin dei conti, ai suoi tempi, Belle era stata allattata da Colette- tornò in salotto.

La bambina però non era più sul divano.
“Rose?” la chiamò. “Non mi avevano detto che già gattonavi così velocemente.”

Dopo cinque minuti di ricerca, Moe cominciava a preoccuparsi. Dove poteva essere scappata una creatura così piccola come la nipote?

Fu proprio in quel momento che sentì alcuni versi. Girò la testa e la vide. Rose si era piazzata sopra l'ultimo scaffale della libreria.

“Come hai fatto ad arrivare lassù?”

Più tentava di avvicinarsi e più la piccola si ritraeva. Per paura che potesse cadere, rimase fermo a guardarla, pronto ad avvicinarsi repentinamente per riacciuffarla.

Quando era sul punto di fare progressi, ancora in bilico sulla sedia su cui era salito, sentì la porta d'ingresso aprirsi.

Se prima Rumple stava sorridendo, stringendo a sé la moglie, vedendo quella scena, si fermò di colpo.

“Rose!” strillò. Moe scese e lasciò salire il padre che riuscì a riprendere la figlia.

“Io... Io mi sono allontanato un attimo e non so come sia salita...”
“Come sia salita?! Dovevi stargli attento!” strillò Gold, stringendo tra le braccia la piccola.

“E' stata così veloce, non so davvero. Come un gatto...”

“Mia figlia non è un gatto!”

“D'accordo, Rumple, calmati, non è successo niente. È capitato anche a me che Rose sparisse, è veloce.”
“Rose non è un gatto. E dovevi solo starci attento! È tua nipote!”

“Lo so benissimo!” tuonò Moe.

“Rumple...” tentò di calmarli Belle, senza riuscirci.

I due si misero a urlare talmente tanto che ben presto Rose si mise a piangere.

“Oh no.” Belle, che aveva in braccio la piccola, tentò di cullarla e calmarla ma senza effetto.

Gold si girò verso la piccola e, prima di raggiungerla, puntò un dito contro il suocero.

“E' l'ultima volta che tieni da solo Rose!” poi, prendendola la figlia dalle braccia della madre, se ne andò di sopra, con la piccola ancora urlante.

“Mi dispiace Belle, io davvero non so come abbia fatto. Un attimo era sul divano e quello dopo era lassù. Non me lo so spiegare, ma sono stato veloce, ne sono sicuro!”

“Stai tranquillo, papà. Rose è veloce; è capitato anche a me. E anche a Rumple, ma lui è iperprotettivo. Ti prego, scusalo.”

Moe, ciondolando un po', si avviò verso l'uscita. “Be' io avrei reagito peggio di lui. Mi spiace davvero, Belle. Non voglio che non mi facciate più vedere la bambina per questo...

“Che dici! Vedrai che Rumple si calmerà e ti chiamerà per le scuse.”
“Non ne sarei così sicuro. Quel mos...”
“Papà.” lo avvertì lei.

Moe grugnì e con gli occhi bassi mormorò: “Scusa ancora, davvero.”

Belle sorrise e lo abbracciò prima di lasciarlo andare.

Quando chiuse la porta, sospirò. Non ci voleva. Era sicura che Rumple si sarebbe calmato, ma era altrettanto sicura che la piccola avrebbe urlato tutta la notte.

Si tolse i tacchi, lasciandoli in giro.

Andò in cucina a prendere un biberon e, quando salì, sentì il pianto della figlia attenuarsi.
Gold era riuscito a calmarla di nuovo. In punta di piedi, si avvicinò alla porta semichiusa della stanza della figlia e rimase sorpresa.

Rose era in braccio al padre che stava cantando per lei. E più andava avanti con la canzone più lei si calmava, fino ad addormentarsi.

“Non ci credo.” sussurrò. Finalmente, dopo mesi di pianti disperati e mille tentativi per calmarla, Belle aveva scoperto il segreto di suo marito.

Prima che potesse scoprirla, mentre Rumple riponeva la bimba nel lettino, sgattaiolò in punta di piedi sino alla loro camera da letto.

Quando il marito arrivò, lei si era quasi già cambiata.

“Non ci posso credere. Ha lasciato nostra figlia sola, libera di farsi del male.”

“E' stato un incidente.”
“No! Mica è un gatto nostra figlia. Si sarà attardato, è sicuro. Dovevo metterlo quell'aggeggio magico per sorvegliarlo.” disse lui, mettendosi sotto le coperte vicino alla moglie.
“Non farai nulla di ciò. Anzi, domani lo chiamerai e gli chiederai scusa.”
Gold spalancò gli occhi. “Belle! Non farò nulla di simile. Nostra figlia poteva...”
“Ma non l'avrebbe mai lasciata cadere! Lo sai benissimo e lo hai attaccato troppo duramente. Per questo domani farai ciò che ti ho detto.”

“No.” mugugnò lui, scivolando sotto le coperte.

“Oh, lo farai invece.” disse Belle, avvicinandosi al marito e alzandosi sui gomiti fino a spuntare oltre le spalle dell'uomo. “Oppure un giorno ti registrerò e farò sentire a tutti le tue doti canore.”

Gold aprì la bocca e, subito, si girò, mettendosi a sedere.

“Tu cosa?”

“Finalmente ho scoperto come fai a calmare nostra figlia! Quando avevi intenzione di dirmelo?”

“Ecco io...”
“Ecco. Quindi domani lo chiami e lo inviti anche a pranzo.”
“Ma Belle...” protestò lui, mentre la moglie, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, si girava sul fianco, dandogli le spalle.

“E cucini tu.”

“Belle...”
Sempre sorridendo, aggiunse: “Lo so. Ti amo anche io. Buona notte, Rumplestiltsing.”

“Belle!” strillò lui, mentre la moglie scoppiava a ridere.




Note dell'Autrice
Eccomi! Sono in ritardo rispetto  al mese scorso,  ma sono comunque soddisfatta di avercela fatta.
Due capitoli fa avevo mostrato una Belle stanca per le poche ore di sonno e distrutto per la frenetica e impegnativa vita da mamma. Così, questa volta, ho voluto darle la rivincita e anche concludere quel capitolo, facendo scoprire a Belle il segreto di Rumple per calmare la piccolina.
Spero di non aver fatto una schifezza. 
Ringrazio tantissimo Euridice100, Elema e S05lj per aver recensito lo scorso capitolo. Un grazie grande va anche a chi legge, segue, ricorda e preferisce questa raccolta. 
Alla prossima e buon primo giorno d'estate!

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Capitolo 10
*** Crema solare ***


Vita da genitori

 
"Il sole mi è entrato nelle vene e ha trasformato tutto in oro."
Elizabeth von Arnim


 
Crema solare
 

“Aspetta! Dove corri?” disse Belle, acciuffando la figlia prima che potesse correre via. “Non pensarci nemmeno. Prima la crema.” disse, tenendola con una mano, mentre con l'altra prendeva il tubetto di crema solare.

“Ma mamma, vado solo a giocare là, all'ombra. E poi se anche non sono all'ombra, il sole mica mi prende se corro!” protestò la figlia muovendo avanti e indietro i piedini nella sabbia.

“Rosie, la mamma ha ragione. Anche io me la metto guarda.” disse Gold che prese un po' di crema e se la mise sul naso, senza spalmarla, lasciandoselo bianco vivo.

La cosa funzionò e la piccola Rose rise tutto il tempo, cosicché Belle riuscì a mettere su tutto il corpo della figlia la crema.

“E ora la faccia.” disse Belle, facendo girare verso di sé la bambina.

Lei lasciò fare. “Ora posso andare a giocare?”

Belle annuì sorridendo. Rose si girò e fece per correre via quando si fermò. Si avvicinò al padre, si alzò sulle punte appoggiandosi sulle ginocchia di lui e con l'indice prese un po' della crema dal naso di Gold. Se la mise sul suo ottenendo lo stesso effetto biancore. Poi, ridendo, fuggì via, con il suo costumino rosso.

Belle sorrise scuotendo la testa e passando a spalmarsi su di lei la crema.

“Tu non te la metti?” disse porgendola al marito che, similmente a ciò che prima aveva fatto la figlia, sbuffò.

Lei si sedette sul suo lettino prendisole e iniziò a spalmargliela. “Anche se sei il Signore Oscuro, questo non vuol dire che non finirai per bruciarti.”

Gold sorrise senza farsi vedere. Se la sarebbe messa benissimo da solo, ma, facendo così, aveva ottenuto ciò che voleva. Per i cinque minuti successivi si beò delle carezze della moglie.

Quando lei finì, per poco non volle correre in acqua per togliersela, così da farsela rimettere.

Lei gli porse il tubetto. “Me la metti sulla schiena per favore?”

Si girò e lasciò che le mani del marito esplorassero la sua schiena.

Gold armeggiava per non sporcarle il pezzo sopra del bikini con la crema solare e, per un attimo, fantasticò di toglierglielo.

Belle si spostò in avanti i capelli, vedendo la difficoltà che il marito già dimostrava con il costume.

Non era altrettanto presa come lui, dal momento che era impegnata a osservare la figlia che correva su e giù per la spiaggia, quando non era impegnata a saltare la schiuma bianca delle onde.

“Non pensi che dovrei avvicinarmi di più, tanto per tenerla d'occhio?” Gold ormai aveva finito e non poteva passare una terza volta con le mani vicino alla parte finale della schiena.

Belle si alzò per vedere meglio la figlia e si coprì gli occhi con una mano per ripararsi dal sole.

“Io quasi quasi mi avvicino...” fece la donna.

Gold la bloccò per il polso “E vuoi privarmi di una così bella vista?” disse lui sorridendo e squadrando da capo a piedi la moglie in costume. Aveva un bikini blu che non faceva altro che farle risaltare l'azzurro degli occhi. Belle si girò, con uno sguardo di rimprovero e un pizzico di divertimento celato.

“Dai, Belle” disse facendola sedere sulle sue gambe. “Stai tranquilla. E poi c'è anche Henry che gioca là vicino. Non perderebbe mai di vista la zia e, soprattutto, non la farebbe finire nei guai. Senza contare che solo battendo le mani potrebbe provocare un baby tsunami se lo volesse.”

“Un baby tsunami?” disse Belle, passandogli le braccia attorno al collo.

Gold alzò il mento, con fare fiero, annuendo. “Ha preso da me.” disse soltanto, prima di avvicinarsi alle labbra della moglie.

Lei tirò indietro la testa, sorridendo. “Da te ha sicuramente preso la cocciutaggine.” disse, poggiando il naso su quello del marito.

Gold sorrise vedendo che ora anche il naso della moglie era bianco per la crema da sole, e lei non se n'era minimamente accorta.

“Penso che quella l'abbia presa da te.” Belle aprì la bocca fingendo di essere offesa.

Proprio in quel momento passò di là Regina, con una borsa di vimini pesantissima che la costringeva ad arrancarre con fare zoppicante.

Forse a causa degli occhiali scuri non si accorse che una bambina le era sfrecciata davanti. Per poco non finì con le gambe all'aria. “Ehi tu! Guarda dove cammini!” ringhiò alla bambina che, girandosi con fare innocente, le chiese scusa. “Non ti avevo vista, signora.” Regina abbassò gli occhiali sulla punta del naso osservando meglio la bambina.

“Perché hai tutta quella crema sul naso?”

La piccola rispose prontamente. “Ho letto su una rivista della mamma che così la pelle non diventa vecchia.” Poi, sempre guardandola, si impiastricciò un dito con della crema e glielo porse. “Ne vuoi un po'?”

Regina quasi gonfiò il petto. “Piccola insolente, stai forse dicendo che sono vecchia?”

La bambina, di tutta risposta, corse via ridendo. Regina sbuffò, riprese da terra la borsa e continuò ad arrancare per raggiungere il suo ombrellone.

Pochi metri più avanti per poco non inciampò di nuovo nei piedi di qualcuno. Belle scese dalle gambe di suo marito e si chinò per aiutare Regina a rialzarsi, mentre Gold guardava la scena divertito.

“Vuoi una mano con la borsa, Regina?” le chiese, aiutandola a rimettersi in piedi.

Lei alzò lo sguardo e vide Gold e consorte con il naso bianco di crema solare. L'effetto fu simile all'esposizione del colore rosso agli occhi di un toro. Sbarrò gli occhi e assottigliò le labbra.

“Allora è proprio un vizio di famiglia!” esclamò e, sbuffando, se ne andò più in fretta possibile.

Belle rimase in piedi, perplessa, di fronte a Gold che non si era nemmeno alzato, ma stava seduto divertito. “Che cosa intendeva dire?”

Gold riattirò a sé la moglie e, osservando divertito che ancora non si era accorta del suo naso, disse in fretta “Niente amore mio, vieni qua” e, avvolgendola con le braccia, la baciò.





Note dell'Autrice
Aggiorno con un po' di ritardo, ma spero che questo fluff estivo (forse troppo fluff?) mi faccia perdonare. 
Questa volta è Belle l'apprensiva, a quanto pare nella mia testa devo sempre trovare un equilibrio tra i due. Anche se sono sicura che Gold si sia assicurato che la figlia non potesse correre alcun rischio, così da poter trascorrere un po' di tempo con la moglie. E, ovviamente, le interruzioni per questi due ci sono sempre, ma almeno questa volta è divertente (non tanto per Regina, me ne rendo conto).
Ringrazio moltissimo Euridice100 e katrine18 per aver recensito il capitolo precedente, spero che questo non vi deluda. E un grazie va anche a tutti coloro che mi seguono/ricordano/preferiscono/leggono e sopportano
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Scherzi d'amore ***


Vita da genitori

 
"Il vero amore tace o scherza."
Nicolàs Gòmez Dàvila


 
Scherzi d'amore
 

Belle quel pomeriggio sembrava intenta a leggere un libro, comodamente seduta su una sdraio, godendosi il caldo sole dell'estate ma, osservandola con maggiore attenzione, si vedeva che i suoi occhi non stavano per niente seguendo le parole stampate. Il giorno prima infatti stava tranquillamente leggendo e quasi si era assopita sotto il calore del sole estivo che suo marito e sua figlia, dopo essersi avvicinati in silenzio, le avevano rovesciato addosso un secchio d'acqua gelata.

La figlia era corsa via ridendo e brandendo il secchiello come un trofeo di guerra, mentre il marito aveva riso per un po' e poi, vedendo l'espressione imbronciata della moglie, se l'era cavata con un semplice bacio sulla guancia.

Era da parecchie ore che premeditava vendetta. O meglio, uno scherzo che pareggiasse i conti.

Si stava perdendo nei suoi piani di rivalsa quando Gold e Rose tornarono tutti bagnati dal mare.

La bambina trotterellò verso la madre fermandosi di fronte a lei.

Belle mise da parte il libro e l'avvolse in un ampio asciugamano. Gold ne approfittò per andare a farsi la doccia, per togliersi un po' di salsedine.

“Ce l'hai ancora con me, mamma, per lo scherzo di ieri?”

“Ma no, amore mio.” disse, baciandola sulla fronte e prendendola in braccio.

Gold tornò più bagnato di prima. “Non so se era più gelida l'acqua o l'umore di Regina.”

Belle sorrise stringendo di più la figlia.

“Vi siete divertiti?” chiese.

“Eccome!” esclamò Gold sedendosi e scrollando la testa come un cane. L'effetto riuscì e Rose si mise a ridere.

“Rosie sembrava un pesciolino. Dovevi venire con noi, tesoro.”

“La prossima volta magari.” disse lei sorridendo.

Dopo essersi asciugato come meglio poteva, stese un asciugamano a terra e vi si distese sopra, lasciando che il sole lo avvolgesse.

Dopo mezz'ora l'uomo si era addormentato e Rose stava scavando lì vicino una piccola buca.

Per quanto si sforzasse, non riusciva a farla venire come voleva. Belle intanto cercava di distrarsi leggendo, in totale tranquillità.

Alzò gli occhi dal libro e vide la figlia che si era alzata e si era messa di fronte alla buca. Poi, si era guardata intorno guardinga e, battendo le mani, aveva fatto allargare la buca che ora sembrava molto, ma davvero molto più profonda. Talmente tanto che poteva tranquillamente contenere una persona.

Belle si alzò in fretta. “Rosie! Sai che non devi usare così la magia. La magia si usa solo...?”

Rosie dondolò un po' sulle gambe e con un grande sorriso sulla faccia disse piano “Solo per il bene”

“E se non hai altre possibilità” finì la madre.

Poi guardò la buca e di colpo tutto le fu chiaro.

“A proposito di bene, forse questa volta hai fatto centro, piccola mia.” disse, inginocchiandosi per mettersi all'altezza della figlia. “Che ne dici, dai una mano alla mamma?” e fece un cenno verso il marito. Rose annuì tutta felice.

In poco tempo il suo progetto, nato così velocemente, si completò. Con delicatezza, e senza svegliarlo, Belle trascinò il marito nella buca. Poi, con l'aiuto della figlia e un po' di magia, riversarono nella buca la sabbia.

Ora Gold era sotterrato fin sopra la vita, con le braccia fuori che piano piano iniziarono a muoversi.

Belle e Rose si sedettero lì di fronte, a gambe incrociate, aspettando che l'uomo si svegliasse.

“Mmm.” mormorò lui, aprendo gli occhi. Mosse le braccia e si trovò ad accarezzare la sabbia. “Ma cosa...?”

Rose non resistette, corse vero il papà e gli diede un bacio, uno di quelli dove appoggiava la bocca e soffiava gonfiando le guance ed emettendo uno strano fischio. Poi, ridendo, si mise a correre intorno all'ombrellone.

“Belle?” disse lui, guardando la moglie che aveva un sorriso molto largo sul volto.

“Ben svegliato, amore mio.” disse lei, gioviale.

“Belle, ma che ci faccio qui?” chiese lui.

“Ma come, non ti ricordi lo scherzo di ieri?”

Gold alzò gli occhi al cielo. “D'accordo, me lo sono meritato.” disse. “Ma come avete fatto?”

“Un pizzico di fantasia.” disse lei, sibillina.

Gold cercò di uscire dalla buca, invano.

“Vedo che vi siete messe d'impegno. Sono ammirato Belle, devo ammetterlo.” disse lui ridendo. Non voleva dare alla moglie la soddisfazione di ammettere che gli aveva giocato uno scherzo migliore del suo.

Belle si avvicinò pericolosamente al marito.

“Sai, Rumple, ora sei completamente indifeso. Sei proprio in mio potere. Potrei farti qualsiasi cosa io desideri.”disse lei, passandogli una mano fra i capelli.

Gold chiuse gli occhi, sorridendo compiaciuto. Forse essere intrappolato non era poi così male.

“E cosa desideri?” sussurrò lui, aspettando il tocco delle labbra della moglie.

“Oh Rumple, cose che nemmeno ti immagini.” disse lei con fare sensuale. Gli baciò un orecchio e poi, piano, passò a sfiorargli le labbra con le sue.

Gold già si pregustava un bacio quando la moglie si allontanò. “Ma, essendo in pubblico, queste fantasie devono rimanere tali.” Poi si alzò e si scrollò dalle gambe la sabbia. “Sai, mi è appena venuta una voglia improvvisa di farmi un bagno.”

“Non vorrai lasciarmi qui così, Belle? Tutto solo e intrappolato?” disse lui, sperando di far leva sull'animo della moglie.

“Ma, amore mio” disse chinandosi e accarezzandogli una guancia “non sarai solo. Sta arrivando un bel po' di gente per farti compagnia.” disse lei, guardando Granny, Ruby, qualche nano, gli Charmings, Henry, Emma e Regina che avanzavano verso il loro ombrellone.

“Belle! Belle!” la chiamò lui vedendo che la moglie si stava allontanando verso la figlia che trotterellava là intorno.

Lei si girò e prima di proseguire gli disse. “Non ti ricorda qualcosa questa scena, dearie?” sembrò quasi fargli il verso. Nei loro occhi balenarono le immagini di loro due, nella foresta di Sherwood, con lei sotterrata a terra per non impedirgli di scoccare una freccia contro l'arciere che gli aveva rubato una bacchetta magica.

Belle sorrise e si morse le labbra, e anche Gold, nonostante la gogna pubblica a cui stava per andare incontro, non poté fare a meno di sorridere, pensando che, forse, se l'era proprio meritata.





Note dell'Autrice
Non potevo non dedicare una one shot in cui non c'entrasse il mare, soprattutto ad agosto. Penso sia altamente OOC, visto che per i Rumbelle le vacanze non sono contemplate. Tuttavia, sognare non costa niente, almeno in questa occasione. Basta con queste noiose note, passiamo ai ringraziamenti.
Un grandissimo grazie caloroso a 4_5_1980, Elema ed Euridice100 per aver recensito il capitolo precedente. E un grazie a coloro che preferiscono/ricordano/seguono questa raccolta, insieme a tutti i lettori.

 

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Capitolo 12
*** Le fate del muschio ***


Vita da genitori

 
"Le carezze, le espressioni d'amore, sono necessarie alla vita affettiva come le foglie alla vita di un albero. Se sono interamente trattenuti l'amore morirà alle radici."
Nathaniel Hawthorne


 
Le fate del muschio
 

Le note del carillon, nonostante la porta semichiusa della cameretta, si riversarono sulle scale fino a giungere in salotto.

“Si è addormentata quasi subito. La giornata al parco deve averla stancata.” disse Gold, raggiungendo la moglie raggomitolata sul divano.

Belle alzò gli occhi da un libro poggiato sulle ginocchia e gli sorrise.

“Cosa stai facendo?” chiese lui, sedendole accanto, abbastanza vicino per sbirciare tra le pagine che stavano catturando l'attenzione della donna.

“Ci sono decine di foglie di cui non sapevo l'esistenza. Alcune sono molto belle e sono sicura che alberi del genere siano da qualche parte qui a Storybrook.”

Gold alzò gli occhi al cielo. La moglie sembrava presa nel progetto scolastico più della figlia.

“Belle, sono solo foglie; non dovresti darti tutto questo daffare. E poi pensavo che questo pomeriggio al parco fosse stato fruttuoso.”

Belle si morse il labbro e Gold capì che la testardaggine della moglie si stava ripresentando.

“Va bene. Che foglie ti interessano?” chiese lui, avvicinandosi di più e posandole un braccio sulle spalle.

“Queste qui.” Ne indicò un paio ramificate e dalla forma particolare. “Sembrano di acero ma non lo sono. E inoltre d'autunno presentano un tono più chiaro sulle venature. Arricchirebbero sicuramente il progetto.”

Gold corrugò la fronte. “Forse so dove possiamo trovarle.”

“Dici sul serio?” Belle si illuminò. Non ci sperava per niente, avevano girato in lungo e in largo il parco e, per quanto questo fosse ben fornito di alberi e di foglie cadute (in fin dei conti era autunno), aveva sentito che mancava qualcosa.

“Certo, ma non sono al parco. Dovremo andare nella foresta ai margini della città. Forse lì potremmo trovare ciò che cerchi.”

Belle richiuse il libro di scatto, con gli occhi che le brillavano e un sorriso pronto ad allargarsi sempre di più sulle labbra.

“Che ne dici di domani pomeriggio? Potresti chiudere un po' prima.”

Gold gonfiò il petto, sorridendo leggermente. “Io sì, ma non so se il languore culturale degli abitanti di Storybrooke si possa trattenere.”

Belle alzò gli occhi al cielo. “Sei sempre il solito.” Si accoccolò a livello del petto e, alzando la faccia sull'incavo del collo del marito, lo baciò dolcemente poco sotto il mento.

 

 

“Rose, non allontanarti! Non correre!” strillò Gold, mentre inseguiva la figlia, saltellando per evitare che le robuste radici degli alberi che spuntavano dal terreno lo facessero cadere.

Belle, che stava finendo di sistemare le cinture del seggiolino della figlia, sorrise ripensando al marito che era venuta a prenderla in biblioteca portandole alcune foglie al posto di un mazzo di fiori, come “anteprima”, come lui stesso aveva detto.

Chiusa l'automobile e riacciuffata la bambina, i tre si inoltrarono tra i fitti e alti alberi.

“Hai visto quanto muschio, Rose?” chiese Belle.

La piccola, che era in braccia al padre con una mano attaccata ai suoi capelli e l'altra in bocca, annuì tutta contenta.

“E pensa che ogni albero col muschio può essere la dimora di un tipo molto speciale di fate.”

Rose girò di scatto la testa per guardare il padre.

“Fate?” mugugnò, col pugnetto ancora in bocca.

“Proprio così.” asserì lui, scuotendo la testa su e giù.

“E dove sono?”

“Oh” disse, arricciando le labbra a forma di cerchio. “Quando passano gli umani, si nascondono. Vengono fuori soltanto se una bella e buona fanciulla, in particolar modo amante degli animali, sta vagando per la foresta. Se il suo cuore è puro, la proteggeranno da ogni male.”
“E quando ci sono solo umani, dove si nascondono?” chiese Rose, guardandosi intorno.

“Hanno delle casette nascoste fatte di muschio.”
“E che fanno, papà?”

Gold sorrise. “Si dice che tessano sul fuso e sull'arcolaio.”
“Come te?”
“Sì, come me. E inoltre hanno il potere di trasformare le foglie in oro.”
“In oro?!” esclamò la figlia. Anche Belle a quel punto era sia catturata che sorpresa dalle parole del marito.

“Sì. È per questo che, in autunno, le chiome di alcuni alberi risplendono nelle ore del tramonto.”

Rose aprì la bocca e pigolò di gioia. Batté le mani e si dimenò talmente tanto che Gold fu costretto a farla scendere.

“Andiamo a prendere le foglie dorate delle fate!” esclamò la piccola, saltellano intorno e osservando prima il terreno poi i rami degli alberi per scorgere quel tesoro magico.

Passò più di mezz'ora e, sebbene nessuno avesse ancora trovato una foglia d'oro, erano riusciti a trovare quella che Belle stava cercando per il progetto della figlia.

“Come facevi a sapere che qui c'erano questi alberi?” chiese, chinandosi per raccogliere il cestino di vimini ormai stracolmo di foglie.

“Sono venuto spesso qui. Soprattutto da quando Emma Swan è venuta in città.”

“Affari?”

“Anche, ma non del tutto.” disse l'uomo, avvicinandosi alla moglie e riponendo nel cestino alcune foglie. Belle abbassò un po' le palpebre e schiuse le labbra con aria interrogativa e sospettosa.

“Il sole sta per tramontare. Dovremmo andare.” disse lui, per evitare l'argomento.

“Cosa mi stai nascondendo, Rumple?” chiese lei.

Gold si girò e, dallo sguardo della moglie e dalla curvatura delle sue labbra, capì che non se ne sarebbe potuto andare senza prima darle una spiegazione.

“Ci venivo qui qualche pomeriggio. Affari permettendo. Mi ricordava un posto, tutto qui.”
Si stava già girando quando Belle lo prese per mano.

“Un posto? Un posto particolare?”

“Speciale dovrei dire.”

“Avanti Rumple, puoi dirmi tutto. Abbiamo promesso di essere sinceri, no?” disse Belle, alzando un sopracciglio con fare indagatore.

“D'accordo.” sospirò lui, spostando lo sguardo sulla mano della moglie che stava stringendo nella sua.

“Mi ricordava quel posto dove mi hai abbracciato.”

Belle scosse lievemente la testa, confusa.

“Avevo appena risparmiato Robin Hood, facendoti credere in realtà che avevo sbagliato mira. Tu però avevi capito tutto e... il resto lo sai.”

Belle si sciolse in un sorriso radioso.

“Non pensavo che te lo ricordassi. Eri piuttosto rigido allora.”
Gold gonfiò leggermente il petto.
“Non dire di no, poco prima mi avevi anche mezza sotterrata.”

Gold abbassò lo sguardo e disse mogio: “Hai ragione.”

Fece per avanzare quando la moglie, che ancora lo teneva per mano, lo trattenne e lo fece avvicinare a sé.

“Però alla fine non l'hai colpito. Anzi, gli hai lasciato pure la bacchetta.” Si alzò di poco sulle punte e lo baciò delicatamente sulle labbra. “E mi ricordo anche di un certo sguardo languido e piacevolmente sorpreso da parte del Signore Oscuro....”

Gold sorrise e poggiò la fronte su quella della moglie. “Mi avevi in pugno sin da allora e io nemmeno me ne ero accorto.”
Belle sguainò un sorriso sornione e, richiamata la figlia, si incamminò mano nella mano col marito verso l'auto.

Finito di sistemare la piccola già addormentata sul seggiolino, prima di risalire in auto, la donna si fermò e chiese: “Quelle storie sulle fate del muschio... dove le hai sentite? O le hai inventate?”

Gold sorrise e disse soltanto: “Se le avessi inventate, come sarebbe possibile tutto ciò?”

Fece un cenno con la testa e Belle si voltò. I raggi del sole, ormai sempre più calante e prossimo al tramonto, avevano inondato la foresta riuscendo a penetrare le fitte chiome degli alti arbusti.

Alcune di esse rilucevano alla luce solare proprio come se fossero ricoperte d'oro.







Note dell'Autrice
Mi scuso del ritardo con cui posto questo capitolo. Non pensavo nemmeno che mi venisse l'ispirazione, per cui spero di non aver fatto un disastro.
La leggenda sulle fate del muschio esiste sul serio e mi è sembrata così calzante con le abilità di Gold da non poter non inserirla, tanto che alla fine, sebbene non fosse progettato, è diventata essa stessa il fulcro della storia.
Per quanto riguardo le foglie, mi scuso anche qui per la mia scarsa conoscenza botanica. Fatemela passare come una licenza lettereria. 
Passiamo al momento che mi piace di più. Un grosso grazie a padme83, katrine18, Euridice100 ed Elema per aver recensito il capitolo precedente. Pensavo che questi capitoli ormai stancassero, quindi mi ha fatto piacere sapere che li avete apprezzati.
E un grazie a tutti coloro che ricordano/seguono/preferiscono o semplicemente (ma non meno importante) leggono questa raccolta.
Buon inizio d'autunno!

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Capitolo 13
*** Un mistero venuto dal passato ***


Vita da genitori

 
"L'ingrediente necessario all'amore è il mistero, la segretezza."
Raffaele Morelli


 
Un mistero venuto dal passato
 

Il raschiare di un ramo contro la finestra non riuscì a non far sbadigliare la piccola Rose, coi capelli tutti scarmigliati e le guance rosse per la febbre.

“Hai freddo?” chiese Belle, rimboccando la trapunta della figlia.

“No, è solo che mi annoio un po'. Questi libri li hai già letti, mamma!”

“Quanto sei esigente...” sorrise la donna.
“Non ci sono nuovi racconti del terrore? Come in quei grandi libri che leggi tu?”

Belle scosse la testa. “Sei ancora troppo piccola.”

“Allora andiamo a fare dolcetto o scherzetto!” piagnucolò lei, corrugando le labbra e la fronte in un broncio che era talmente tenero da far scoppiare la madre in una risata.

“Stai troppo male per alzarti e per andare fuori.” La bimba stava già agitando i piedini sotto la pesante coperta quando Belle continuò: “Ma forse potrai comunque passare una serata terrificante con un racconto che ti farà venire i brividi.”

Rose spalancò la bocca, affascinata.

“Quello che sto per raccontarti è un episodio che mi è capitato quando io e tuo padre eravano al suo castello nella Foresta Incantata. Allora erano passati solo pochi mesi da quando governavo quell'enorme tenuta, ma mi ricordo perfettamente ogni dettaglio.”

“Quali dettagli?” proruppe una voce.
Gold era sulla soglia della porta con un sopracciglio alzato.

Belle si voltò verso di lui e, sorridendo, rispose: “Sei arrivato in tempo. Vieni, mi aiuterai a raccontare il finale.”

L'uomo si avvicinò e si sedette su una sedia a poca distanza dal letto della figlia.

“Era autunno inoltrato e le foglie degli alberi erano già quasi tutte cadute, conferendo alla vegetazione un aspetto a dir poco spettrale. Le ore di sole non duravano molto e già alle quattro le tenebre si stanziavano fino a circondare tutto il castello.

Erano giorni freddi e, quando potevo, sgattaiolavo in biblioteca per leggere qualche libro, alla sola luce di una candela.” A questo punto alzò gli occhi e guardò con rimprovero il marito che, al tempo, non era molto generoso con l'illuminazione per le sue ore di lettura.

“Ero riuscita a trovare un certo ritmo nelle faccende così da poter dedicare alcune ore alla lettura prima di servire il tè serale a tuo padre (una nuova abitudine che si era creato, forse per il freddo).

C'erano talmente tanti libri da scoprire e sfogliare che, all'inizio, non mi accorsi di nulla. Col passare dei giorni però, cominciai a sentirmi osservata. Era solo una sensazione, per cui non le detti molto peso. Tuttavia non riuscii a sbarazzarmene, anzi arrivai addirittura a sbirciare di sottecchi per catturare qualsiasi movimento sospetto nell'oscurità della torre. Spesso mi capitò di sentire il respiro di qualcuno nella stanza o di vedere, con la coda dell'occhio, un'ombra scura che se ne andava.”

Le pupille di Rose ora erano dilatate e le manine erano andate a stringersi ai bordi della trapunta, tirata su fin quasi a livello del mento.

“Non so dire se ero più spaventata o curiosa. Se era un fantasma avrebbe avuto mille segreti da raccontare, così come qualsiasi altro tipo di creatura. Rumple però non era ben voluto da tutti, quindi temevo anche che la presenza, qualora fosse stata reale e non solo frutto della mia immaginazione, potesse avercela con lui e, di riflesso, anche con me. In ogni caso cercai ogni volta di mantenere la calma, finché arrivò il fatidico giorno in cui capii che la mia non era solo un'allucinazione o un brutto presagio. C'era davvero qualcuno che mi spiava.”

Ora anche Rumple aveva gli occhi spalancati e le labbra serrate, mentre la coperta era salita fino a coprire la bocca della piccola Rose.

“E quel qualcuno non si limitava solo a guardarmi leggere: mi seguiva.”

Belle si mise un po' più comoda sul letto della figlia e continuò: “Come al solito ero andata in biblioteca per leggere un po', ma non solo la candela si era quasi del tutto consumata, anche il buio ormai era assoluto e questo voleva significare che, prima di congedarmi, avrei dovuto portare il tè a tuo padre.

Mi affrettai per le cucine, sollevata dal fatto che, per una volta, non sentivo quello strano brivido che mi avvertiva ogni volta che nell'oscurità poteva regnare qualcosa di più di polvere e ragnatele.

Portai il tè nel salone dove, ovviamente, tuo padre sedeva a filare.

«Sei in ritardo.»

«Mi dispiace.»

«Hai passato di nuovo tutto il tuo tempo a leggerlo?»

«In realtà non sono nemmeno riuscita a sedermi un attimo.» dissi, mentre versavo il tè in una tazza e gliela porgevo.

«Allora siediti, non voglio che tu svenga.»

«Se siete preoccupato per me...»

«Non lo sono. Proruppe lui.»

«Be', in ogni caso, se lo foste, potreste darmi il permesso di farmi un bagno. Caldo intendo.»

«Non mi sembra che tu oggi ti sia meritata un premio.»

«Vi ho lucidato tutte le spade! E non solo, ho anche pulito gli stivali che avete ricoperto di fango...»

«Va bene, va bene, basta, non scocciarmi così. Fa' quello che vuoi.» Poi, sorseggiando un altro po' di tè, disse: «Come fai sempre d'altronde.»

Non mi lasciai scoraggiare dalla sua frecciatina finale e, riordinando tutto, corsi nelle cucine e poi dritta nell'unica stanza in cui avevo trovato una vasca da cui fuoriusciva dell'acqua calda.”

“Ed è allora che il mostro è comparso?” chiese Rose in un pigolio flebile.

“No, non allora. Riuscii a immergermi nell'acqua profumata e a passare alcuni minuti di tranquillità, senza sentire pelle d'oca o altro. Finché...”

“Finché?” sussurrò la figlia, con soltanto gli occhi scoperti dalla trapunta.

“Belle, non la spaventerai troppo?” chiese Gold con un tono di voce decisamente acuto.

La moglie però non lo ascoltò e continuò. “Finché sentii uno spiffero gelido percorrermi il collo. Stando distesa nella vasca, davo le spalle alla porta e così potei soltanto cercare di scorgere sul vetro della finestra un riflesso. Lo spiraglio che intravedevo però era buio e non riuscii a distinguere niente. Decisi in ogni caso che il mio bagno era finito e che, d'istinto, facevo bene ad affrettarmi a rivestirmi. Anche mentre mi asciugavo e indossavo di nuovo il vestito blu continuavo ad avere la pelle d'oca, oltre che sentirmi decisamente non sola.

Non feci nemmeno in tempo a mettermi le scarpe che sentì un rumore fuori dalla porta.

Per un attimo fui paralizzata dalla paura. Quella era la prova inconfutabile che non mi era affatto sbagliata e che c'era davvero qualcuno che, per tutto quel tempo, mi stava seguendo.”
“E che hai fatto, mamma? Hai urlato?”

“No, ho pensato che ci poteva comunque essere una spiegazione. Così chiamai Rumple, ma la cosa sortì l'effetto opposto a quello da me desiderato. Un rumore metallico spezzò il silenzio.

Ero spacciata, quella stanza non aveva altri passaggi e di sicuro non potevo buttarmi dalla finestra. Decisi, in pochi secondi e in maniera un po' sconsiderata devo dire, di affrontare il pericolo. Corsi scalza e spalancai la porta. In lontananza potei vedere una strana e gobba figura scura che, zoppicando, si tuffava giù per le scale, mentre ad ogni passo eccheggiava uno sgradevole rumore metallico.”

“Aaah!” urlò la bambina.

“Belle!” strillò Gold.

“A quel punto non pensai più a niente e scappai via anche io. Non potevo di certo inseguire quella strana creatura al buio; dovevo prima guadagnare un vantaggio. E, soprattutto, un aiuto. Mi fiondai scalza nel salone in cerca della scopa e di un candelabro e, dall'agitazione, per poco non caddi per terra ai piedi di tuo padre.

«Belle!» Strillò lui, proprio come poco prima.

Sopraffatta dall'adrenalina quasi gli urlai contro cos'era accaduto, mentre cercavo con lo sguardo scopa e candele.

«Non avrai intenzione di seguirlo?!»

«Certo che sì! Devo scoprire chi è. È da giorni che sento una presenza in biblioteca e sono sicura che fosse lui a osservarmi.»

Tuo padre sbiancò e io potei approfittare di quel momento per correre nell'atrio dove trovai per terra un vaso d'ottone scuro e molto vecchio.

«E questo cos'è?»

«Dai... dai qua! Non sono cose che ti interessano.»

«Certo che mi interessano se qualcuno mi spia anche mentre mi faccio il bagno!» Rumple spalancò la bocca senza dire niente. Feci per affarrare il vaso ma lui allontanò la mano che teneva l'oggetto.

«Datemelo, vi prego.»

«Certo che no! È troppo pericoloso...»

«Un vaso?»

«Sì!» disse lui, stringendoselo al petto con fare protettivo. Poi lo fece scomparire con un gesto della mano. Prima che potessi lamentarmi ancora disse: «Senti, quel mostro...»

«Non sappiamo ancora se si tratta di un mostro.»

«Quella creatura potrebbe essere uscita da qui. Forse è meglio se vai a dormire, mi occuperò io di questa faccenda.»

Non potendo più fare niente dovetti ritirarmi nella mia stanza. Non ho mai saputo di cosa o di chi si trattasse.” disse Belle, con un sospiro.

“Quindi non l'hai più rivisto? E tu, papà, non lo hai mai trovato?”
“Io... be'...”

“E' un segreto celato tra l'oscurità dei muri del castello. Da allora, però, non andai più a leggere in biblioteca.”

“E come mai?”

“Tuo padre mi convinse a leggere nel salone, con lui, in caso quella creatura fosse tornata.”

“Magari ti sta ancora cercando.” disse la piccola.

“Chi lo sa. Credo che rimarrà un mistero.”

“Da brividi.” sussurrò Rose, mettendosi più comoda sotto le coperte.

 

 

“Stanotte ci proteggi tu.” disse Belle, mentre si infilava sotto le coperte, a fianco della figlia che non aveva sentito ragioni e aveva voluto dormire nel lettone di mamma e papà dopo aver ascoltato quella terribile storia.

“Non avresti dovuto raccontarle quella storia. L'hai spaventata per niente.”

“Per niente? Dici che mi sono immaginata tutto?”
“No, dico solo che...”
“O magari pensi che mi stia ancora cercando? Forse mi ha addirittura già trovata...” disse lei. “Comunque, buonanotte, amore mio.”

Gold guardò la moglie che, sotto le coperte, abbracciava la figlia, e con gli occhi ancora sbarrati guardò i rami degli alberi piegati dal vento.

Lui sapeva benissimo chi e cos'era quella creatura. E sapeva anche che, nonostante la fuga rocambolesca, aveva trovato Belle. Anzi, non l'aveva mai lasciata.

Ricordava infatti come, nascosto dall'ombra di qualche scaffale o in silenzio sulle scale, molte volte si era fermato a guardare Belle leggere, a osservare le sue labbra schiudersi per la sorpresa celata nelle righe dei suoi preziosissimi libri.

E ricordava anche quella sera in cui, tormentato da chissà che cosa (al tempo non l'aveva ancora capito), non era riuscito a filare e, osservando il tè fattogli da Belle, si era inoltrato nei corridoi bui, seguendo il suo profumo fino a giungere nella stanza in cui, incautamente, aveva intravisto le sue spalle nude sbucare dall'acqua della vasca. Ricordava anche che aveva sentito il viso avvampare e che, arretrando, aveva urtato qualcosa, tanto che, cercando di capire cosa fosse, non aveva notato che Belle si era rivestita in fretta.

Quando poi l'aveva notato e aveva sentito la voce della donna chiamarlo, era indietreggiato di colpo, finendo con un piede in un vaso che l'aveva fatto scivolare fino a doversi aggrappare a una tenda, cadutagli addosso dall'alto.

Aveva sentito i passi di Belle ed era scappato come meglio poteva. Preso di sorpresa non aveva infatti avuto tempo di usare la magia.

Mentre lei correva per il salone era addirittura riuscito a dissimulare il fiatone e l'aria agitata ma, ovviamente, non era riuscito a fermarla e, per un attimo, aveva temuto che lei lo avesse scoperto grazie al ritrovamento del vaso.

A quei pensieri sospirò di sollievo. L'aveva scampata ed era addirittura stato premiato: aveva ottenuto la compagnia di Belle mentre leggeva, anche se al tempo non credeva che fosse una presenza così piacevole da scaldargli il cuore.

Forse, ripensandoci, poteva ripensare e dare una seconda chance a quel travestimento. In fin dei conti, non era forse Halloween?





Note dell'Autrice
Buon Halloween a tutti! Questa volta pensavo seriamente di non farcela e di saltare l'aggiornamento mensile. Spero di aver raschiato via qualcosa di buono dalla ben poca poca immaginazione che mi è rimasta.
Bando alle ciance. Un grosso grazie a Euridice100 ed Elema che continuano a seguirmi e recensirmi. Come farei altrimenti? E un grazie a tutti i lettori, a tutti coloro che mi preferiscono/seguono e ricordano!

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Capitolo 14
*** Oggetti sperduti ***


Vita da genitori

 
"Non perdete mai la capacità di stupirsi tipica dei bambini. E' troppo importante. E' quella a spingerci ad andare avanti, ad aiutare gli altri."
Randy Pausch


 
Oggetti sperduti
 

“Stai tranquilla, amore mio, metto io i piatti in lavastoviglie.” disse Gold, alzandosi da tavola per sparecchiare.

“Sei sicuro? Non vorrei abusare troppo della tua disponibilità. Hai cucinato tu, in fin dei conti.” disse la donna, posando il tovagliolo sul tavolo.

“Non posso di certo lasciare che mia moglie torni così stanca dal lavoro e non possa nemmeno riposare dopo cena.” disse lui, allontanandosi verso il lavello.

Belle si alzò e prese i piatti usati da Rose -che nel mentre era corsa in salotto a guardare i suoi cartoni animati preferiti alla televisione- per raggiungere il marito.

“Non che non sia riconoscente, ma come mai da una settimana sei così rilassato?” chiese lei, appoggiando i piatti nel lavello mentre l'uomo, slacciatosi i polsini della camicia, stava iniziando a sciacquare le stoviglie.

“Nessun cliente molesto al lavoro e tutti i pagamenti degli affitti sono avvenuti in orario e senza lamentele o richieste di dilazione.”

Belle arricciò le labbra e si mise le mani sui fianchi.

Gold, che lo notò, alzò subito le mani al cielo e disse: “Ehi, sono pur sempre mie proprietà. E, come ti ho promesso, non ho più rialzato i prezzi, anzi per alcuni ho fatto ben più che un regalo.”

Belle sorrise, divertita. Non sapeva bene come, ma era riuscita a far pagare al padre un affitto molto basso, anche se non ci era riuscita con le suore.

“Bene, ne sono lieta.” disse lei, dandogli un bacio sulla guancia. “Vado a godermi un buon libro di là. Raggiungimi quando hai finito.”

Gold finì di sciacquare i piatti, le posate e i bicchieri e li mise nella lavastoviglie. Impostò il timer e, asciugatosi le mani, raggiunse la moglie e la figlia.

“Non dirmi che stai guardando ancora quell'orso e quella bambina pestifera.” disse lui, lasciandosi sprofondare sul divano al fianco della moglie.

Rose era talmente assorta che nemmeno gli prestò ascolto. Belle invece sorrise, girando una pagina del suo libro.

“Non potremmo guardare qualcos'altro?” propose lui, cercando di afferrare il telecomando.

“No! Dai, ti prego, papà!” disse la piccola che di colpo si era svegliata da quel torpore televisivo. Si fiondò davanti al padre e gli afferrò le ginocchia, osservandolo coi suoi grandi occhioni.

“Ti prego, ti prego!” cominciò a implorarlo.

Gold per la seconda volta quella sera sospirò e alzando le mani si arrese.

“E va bene, guardiamo questo cartone.”

La bambina emise un urletto di gioia e, battento le mani, tornò al suo posto, sul tappeto di fronte alla televisione.

“Sai che tua figlia fa lo stesso urletto stridulo di gioia che facevi tu quand'eravamo al castello e ottenevi qualcosa che volevi?”

Gold aggrottò la fronte. “Non facevo urletti striduli.”

Belle sorrise e disse: “Allora devo aver convissuto per mesi con un altro uomo.” E poi, prima di rituffarsi nelle pagine del libro, continuò: “Ricordo che baciava anche bene.”

Gold si agitò sul posto e strillò: “Belle!”. Al che la moglie si mise a ridere.

Rimasero un'altra mezz'ora accoccolati sul divano, con Gold che passava lo sguardo dalla moglie assorta nella lettura alla piccola Rose che, come la madre, era altrettanto ipnotizzata dai suoi cartoni, tanto che tutte e due avevano le labbra leggermente schiuse e lo sguardo rapito e concentrato allo stesso tempo.

Quando l'orologio segnò le nove, Gold si scostò dalla moglie.

“Forza, Rose, è tardi. Dovresti già essere a letto.”

“Altri cinque minuti!” implorò lei, ma stavolta non la spuntò.

“No, ha ragione tuo padre. Hai guardato troppa televisione. Corri di sopra che ti raggiungo.”

“Non è giusto.” si imbronciò la piccola, alzandosi dal tappeto e sbattendo i piedi mentre si apprestava a salire le scale.

“Non è giusto? C'è stata un'ingiustizia qui? Allora dovremo chiamare il grosso e potente mostro mangia bugie. E quando arriverà mangerà chiunque abbia detto una bugia. Aaagh!” tuonò Gold, inarcando la schiena e protendendo le mani a mo' di strana -e un po' improbabile- creatura.

“No!” strillò la piccola, correndo su per le scale tra un gridolino e una risata.

“Guarda che ti mangio!” urlò il padre, correndole dietro.

“Signor mostro, allora pensateci voi a metterle il pigiama!” disse Belle. “E niente magliette a rovescio, che poi salgo a controllare.”

“Sarà fatto, mia signora!” ruggì Gold, mentre rincorreva la bambina. “Fatti prendere, piccola Rose. Prima ti acciuffo e prima potrò mangiare anche la mamma!”

“Vai dalla mamma! Vai dalla mamma!” sentì come ultima cosa Belle, prima che, probabilmente, Gold riuscisse a prendere la piccola nell'arduo compito di svestirla.

Quando tornò giù, aveva i capelli leggermente in disordine e parte della camicia fuori dai pantaloni.

“Nostra figlia è un osso duro.”

“Lo so, ha preso da me.” sorrise lei.

Gold si rituffò nel divano, esausto. “E da me cosa avrebbe preso allora?”

“Le risatine stridule.” disse Belle, ancora assorta nella lettura.
“Ah si? Be', sentiamo adesso le tue di risate!” disse l'uomo, tuffandosi sopra la moglie e tentando di farle il solletico e baciarla allo stesso tempo.
“Basta, basta, hai vinto! Mi arrendo a voi, signor mostro.”

Gli occhi di Gold si accesero di colpo. “Questo significa che posso far di voi ciò che voglio?”

Belle aggrottò le sopracciglia divertita. “E cosa vorreste farmi?”

Gold sorrise e lentamente si chinò su di lei, fino a sovrastarla, affodando nell'incavo del collo.

“E... E i piatti?” mormorò Belle.

“Li tolgo io domani dalla lavastoviglie.” mugugnò lui.

“Signor mostro, fermatevi, vi prego.” sussurrò lei.

Gold si tirò subito su, guardando in giro guardingo se la piccola Rose si fosse svegliata e ora li stesse osservando.

“Forse sarebbe meglio se mi portaste in un posto più comodo. Magari la vostra tana?” disse Belle, con un sorriso malizioso sulle labbra.

Gold sorrise e, senza farselo ripetere due volte, prese la moglie in braccio e arrancò fino alla loro camera da letto.

 

 

 

“Rumple, dove hai messo l'ultimo piatto piano?” chiese Belle, mentre l'uomo leggeva il giornale e beveva del tè caldo.

“Nella lavastoviglie, l'ho caricata ieri sera e mi ricordo che non è rimasto nulla fuori.”
“Sei sicuro? Non è che l'hai dimenticato da qualche parte?” lo interrogò Belle.

Gold ripiegò il giornale e si alzò dal tavolo.

“Non è possibile. Deve essere lì, ne sono certo.” disse lui, chinandosi a osservare l'interno vuoto della lavastoviglie.

“Magari eri sovrappensiero e l'hai appoggiato qui in giro.”
“No, no. Ho messo tutto a lavare.” insistette lui.

Belle si asciugò le mani e raggiunse la figlia che stava consumando in silenzio la sua colazione.

“Vuoi dell'altro latte?” le chiese.

Rose scosse la testa e, sorridendo, si lasciò scappare dalla bocca del latte e dei cereali.

Belle sorrise e prese a imburrare delle fette biscottate.

“Ma dov'è?” borbottava intanto Gold.

“Non darti pena, verrà fuori prima o poi.” disse lei, acciuffando il giornale dal posto del marito e cominciando a leggere.

Non trovandolo, Gold si ripromise di cercare meglio una volta tornato a casa. Tornò al suo posto ma, ancora immerso nei suoi pensieri, si rovesciò il tè sulla giacca.

“Questa giornata sta iniziando male.” borbottò, tamponandosi la macchia.

“E' meglio se la metti subito a lavare e ti cambi.”

“Dovrò cambiarmi tutto il completo.”

Belle alzò gli occhi al cielo. “Allora faresti meglio a sbrigarti.” disse, indicando l'orologio appeso alla parete.

Gold corse via a cambiarsi. Si spogliò in fretta e si rivestì altrettanto celermente ma, quando arrivò a dover scegliere la cravatta, non trovò quella viola che aveva in mente.

Borbottando decise di cambiarsi nuovamente la camicia e di cercare quella a quadretti bianchi e blu. Frugò nell'armadio ma non trovò nemmeno quella. Al solito posto non era e non sembrava nemmeno caduta. Aprì l'armadio di Belle per vedere se per errore era finita lì, ma non vi trovò niente.

Vedendo che erano passati quasi dieci minuti, decise di lasciar stare e mettersi la prima camicia che aveva scelto, tralasciando la cravatta.

“Niente cravatta, amore?” chiese Belle, mentre si metteva il cappotto.
“Non la trovo. Ed è sparita pure la camicia a quadretti blu e bianchi. Non è che l'hai messa nei tuoi cassetti?”

“Perchè avrei dovuto?” chiese lei, dubbiosa. “Magari è caduta dall'appendino.”
“Ho già controllato e non c'è nulla. Neppure nel tuo armadio.”

“L'avrai lasciata da qualche parte allora. O sarà a lavare.” disse lei.

“Non è possibile, l'ho stirata l'altro ieri.” disse l'uomo, mettendosi addosso il cappotto e la sciarpa.

“Rumple, non è che sei troppo stressato in questo periodo? Perchè se è così, potresti chiudere il negozio per uno o due giorni...”
“Non sono stressato!” esclamò l'uomo. Poi, accorgendosi del tono di voce usato, aggiunse: “Perdonami, Belle. Le cercherò questa sera. Magari ero talmente di fretta da non averle notate.”

Belle sorrise e, stampatogli un bacio sulla guancia, uscirono di casa con una Rose tutta trotterellante al seguito.

 

 

 

Nei giorni seguenti scomparirono altri oggetti e Gold arrivò al punto che credette di essere pazzo, sin quando anche a Belle cominciarono a sparire alcune cose.

“Non trovo il mio rossetto!” disse lei, tutta concitata, correndo su e giù tra la camera da letto e il bagno.

“L'avrai messo in borsa.”

“No! Sono sicura di averlo lasciato sul lavandino. Ti ho anche detto ieri sera di fare attenzione a non farlo cadere.”

Gold osservò la moglie che si muoveva così in fretta da sembrare una trottola.

“Belle, Belle! Non hai bisogno del rossetto.” cercò di calmarla lui.

La donna però continuava a correre in giro per la camera rivoltando i cassetti.

“Perchè tanto in biblioteca non c'è molta luce e posso nascondermi lì?” ringhiò lei, buttando all'aria tutto il cassetto della biancheria.

“No.” disse lui, togliendole di mano un reggiseno. “Perchè sei bellissima anche così.” disse, baciandola teneramente sulle labbra.

Belle sembrò calmarsi. “Grazie.” sorrise. “Però in questa casa stanno sparendo un sacco di cose. L'altro giorno stavo riordinando i cassetti in camera di Rose e non ho trovato alcuni suoi maglioncini.”

“Dovremmo andare in fondo a questa faccenda.” disse Gold.

“Credi che qualcuno sia entrato in casa nostra?”

“E' possibile.” disse lui e, vedendo Belle allarmata, si affrettò a ipotizzare che poteva trattarsi anche solo di uno scherzo.

“Cosa facciamo?”

“Be' dovremmo capire quando le cose spariscono.”
“Di notte?” chiese la donna in un sussurro.

“Non credo. O forse anche. Di sicuro in un momento in cui o non ci siamo o non ce ne accorgiamo. In ogni caso, ci penseremo. L'importante è che ora teniamo gli occhi ben aperti.”

Belle annuì e tutti e due si prepararono per andare al lavoro.

 

 

 

La domenica successiva, Belle escogitò un piano per sorprendere il fantomatico ladro sul fatto.

“Che stai facendo?” sussurrò l'uomo, vedendo che la moglie si nascondeva dietro l'isola della cucina.

“Ho lasciato sul tavolo una mia collana preziosa e sto aspettando che anche quella scompaia.”
“Ma, Belle, sei sicura?”
“Sì, sì, tanto è la collana che non metto spesso.” Poi, vedendo l'espressione dell'uomo -visto che gliel'aveva regalata lui-, aggiunse: “Tanto la riprenderò appena vedrò il ladro.”

Rimasero lì accucciati per cinque minuti buoni, senza che la collana scomparisse.

“Dici che non verrà?” sussurrò lei.

Gold alzò le spalle e scivolò piano a terra. “L'unica cosa che so è che questa posizione mi sta uccidendo.”

Belle si sporse verso di lui. “La schiena o la gamba?”
“Non lo so, ma magari potrei distrarmi con...” disse lui, avvicinandosi pericolasamente alle labbra della moglie.

Quando era sul punto di baciarla, sentirono un rumore. Belle si alzò di scatto, lasciando il marito a baciare l'aria.

“Avrei giurato di aver sentito...”

Gold si issò e si alzò. “Non ha preso la collana. Strano.” Poi, allarmato, chiese: “Dov'è Rose?”

Belle gli poggiò una mano sul braccio.

“E' su in camera a giocare. Le ho detto di rimanere lì e di non aprire a nessuno. Ho tenuto una chiave con me.”

Gold sembrò tranquillizzarsi e tutti e due si recarono al tavolo. “Forse mi sono sbagliata.” disse Belle, delusa.

“O forse no. Guarda qui, ha preso la mia sciarpa.”

“La sciarpa?”

“Sì, quella rossa. L'aveva appoggiata sulla sedia poco fa.”

Sentirono un rumore all'entrata, come se qualcuno stesse uscendo dalla porta.

“Presto, ora lo prendiamo!” disse Belle.

Prima di correre fuori però aggiunse: “Tu vai ad inseguirlo, io vado a vedere se Rose sta bene.”

Gold annuì e corse fuori, dove però non c'era nessuno. Guardò per la strada ma non c'era anima viva. Controllò nella sua auto parcheggiata, ma neanche lì trovò il minimo indizio.

Quando stava per demordere, gli venne in mente che l'unico posto che non aveva controllato era il giardino sul retro. Corse piano per non farsi sentire e quando giunse lì ogni tassello del puzzle fu sistemato.

“Rumple! Rose è sparita!” urlò Belle, correndogli incontro tutta affannata.

“Stai tranquilla, è tutto a posto.” disse lui.

“Non capisci, hanno rapito anche lei! Dobbiamo chiamare subito lo sceriffo e...” a quel punto anche Belle si zittì.

Davanti a loro c'erano una serie di gnomi da giardino imbacuccati coi loro vestiti -alcuni anche truccati- , mentre ai loro piedi c'erano i piatti con dentro alcuni avanzi di cibo misto a fango e vermi.

Ancora più dietro si nascondeva Rose, con l'espressione di chi è stato colto in flagrante.

“Rose!” esclamò Belle, saltando oltre le statue e prendendo la bambina in braccio. “Che ci fa qui fuori da sola?”

“Gli gnomi avevano freddo.” disse lei, mestamente.

“Come gli gnomi avevano freddo?”
“La mattina c'è sempre più ghiaccio e di notte sento il vento fuori dalla finestra. Non volevo che gli gnomi si ammalassero.”

Gold scoppiò a ridere. “Quindi sei stata tu a prendere tutte queste cose e a portarle qui?”

La bambina annuì. “E poi avevano bisogno di cibo. Nonno mi dice sempre che devo mangiare per diventare grande, specie se fa freddo.”

“Ecco perché non hai preso la collana, ma la sciarpa sì.” disse Belle, stringendo a sé la figlia. “Ma, amore mio, gli gnomi non hanno freddo. Sono fatti di una pietra così resistente che neanche la neve può far loro venire i brividi.”

“Ma sei sicura?” chiese la piccola.

“Ma certo! Altrimenti perché starebbero in giardino?”
“E se poi si ammalano?” continuò Rose.

Gold, mentre raccoglieva alcune cose, disse: “Facciamo così. Li possiamo mettere in cantina o nella piccola capanna dei tuoi giochi, così non saranno esposti al gelido freddo di novembre. Che ne dici?”

Rose si morse il labbro. “E non sentiranno più freddo?”

“No, te lo prometto. Quando farà più caldo, li rimetteremo in giardino.”

“Allora d'accordo.” disse la bambina.

Belle baciò ancora la figlia e la strinse a sé. “Mi hai fatto prendere paura! Ora però andiamo dentro. Ci pensi tu a prendere le cose qui fuori, Rumple?”

Gold annuì ma, prima che potessero rientrare, chiese: “Ma perché la mia camicia è a terra?”

Rose, sporgendosi dalla spalla della madre, disse tutta sorridente: “Perché serviva come tovaglia da picnic. Sono gnomi che stanno in giardino, a loro piacciono un sacco i picnic!”

Belle scoppiò a ridere e Gold alzò gli occhi al cielo, combattutto tra il divertimento e l'orrore di vedere la propria camicia piena di fango e vermi striscianti.

 

 

Una settimana dopo le cose erano tornate alla normalità e, soprattutto, al loro posto.

“Guarda, sono riuscito a farla tornare come nuova.” disse Gold, tutto contento, mostrando la camicia a quadretti che aveva dovuto lavare tre volte prima di riuscire a togliere le macchie di fango.

“Bravissimo.” disse lei, dandogli un leggero bacio sulle labbra.

“E' un bel libro?” chiese lui, avvicinandosi alla moglie.

“Sì, ma non tanto quanto la prospettiva di poter passare una domenica sera tra le braccia di mio marito senza alcuna preoccupazione.” sorrise lei.

A Gold brillarono di colpo gli occhi. “Vuoi tradire il tuo libro con me così presto?”

“Se non vuoi, basta dirlo.” disse lei, riaprendo il libro che aveva appena posato.

“No!” esclamò l'uomo, togliendoglielo dalle mani. “Che ne dici se ti porto in braccio fino in camera da letto, così il libro non si accorgerà che te ne sei andata lasciandolo qui tutto solo?”

Belle sorrise. “Ottima idea, signor Gold.”

“Allora si regga, signora Gold.” disse lui, prendendola in braccio.

Quando arrivarono -con qualche fatica- al piano superiore, Belle batté su una spalla del marito. “Prima però controlliamo che Rose dorma tranquilla.”

Gold annuì e mise giù la moglie. Camminarono in punta di piedi fino alla camera della bambina e aprirono senza far rumore la porta.

Belle entrò seguita dal marito, per darle il bacio della buonanotte.

Quando però tirò giù un lembo della trapunta per scoprirle la faccia, per poco non si misero a urlare.

Sotto le coperte non c'era la loro figlia, bensì un piccolo esercito di gnomi.

“Rose!” esclamò Gold.

La porticina dell'armadio si aprì e spuntò la faccia della bambina.

“Papà?”

“Rose, tesoro, che cosa ci fai qui? Perché dormi nell'armadio? E che ci fanno gli gnomi nel tuo letto?” chiese Belle, avvicinandosi alla figlia ed estraendola dall'armadio.

“Dormo qui. Gli gnomi stanno al caldo ma hanno troppa paura del buio e di stare da soli. A loro piace stare nascosti, sono dei gran burloni.” disse Rose, innocentemente.

Belle e Gold si guardarono negli occhi e, nello stesso istante, scoppiarono a ridere.

“Possono stare qui solo per stanotte però. Domani troveremo loro un altro posto. Intanto, per stasera, vieni a dormire nel lettone.”

Rose strillò di felicità. “E li metterete in un posto bello?”

“Li metteremo nel ripostiglio, così staranno in casa al sicuro e vedranno la tua lucetta notturna dal corridoio.” sentenziò Belle.

“Sì.” disse tutta contenta la bambina.

“Lascia stare, Rumple, ci penseremo domani.” disse la donna, procedendo verso la loro camera da letto.

 

“Papà?” fece Rose, quando ormai erano tutti e tre sotto le coperte.

“Sì?” chiese Gold, mentre stava per spegnere la luce della lampada del proprio comodino.

“Visto che questo letto è così grande, magari potrebbero starci anche gli gnomi. O, se non vuoi, invece che nel ripostiglio, potremmo metterli lì vicino all'armadio. Sono sicura che questo posto gli piacerebbe. Hanno adorato le tue camicie l'ultima volta!”

Gold sbarrò gli occhi e Belle scoppiò per l'ennesima volta a ridere.





Note dell'Autrice
E per il rotto della cuffia ce l'ho fatta anche stavolta. Spero che questo capitolo vi piaccia. Sono partita dal non avere alcuna idea, ad averne altre di diverse fino a sviluppare questa partendo soltanto dall'immagine di gnomi che mi era venuta in testa. Devo dire che mi sono divertita molto a scriverlo.
Il titolo vuole giocare sui "Bimbi sperduti" e sul fatto che, filiazione di Peter Pan a parte, solo loro riuscivano a vedere cose fantastiche dal nulla, come in questo caso la fantasia di Rose che rende vere e proprie persone i suoi amati ed eclettici gnomi da giardino.
Un grazie grande quanto un esercito di gnomi va a Euridice100 che supporta -e sopporta!- ancora coi suoi commenti questa raccolta. Un grazie altrettanto gnomoso (passatemela) a tutti coloro che preferiscono/seguono/ricordano e leggono questi episodi

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Capitolo 15
*** Cuciture ***


Vita da genitori

 
"L'amore è e sarà sempre il più grande regalo di Natale."
A.C.


 
Cuciture
 

“Così va bene?” chiese una bambina sui cinque anni, seduta sul lettone dei genitori. Su tutta la trapunta erano sparsi rocchetti, fili e lana dai mille colori.

L'uomo si sporse con la testa per osservare il lavoro della figlia e sorrise. Era da solo tre settimane che le stava insegnando a cucire e sembrava che lo facesse da mesi.

“Sì, stai attenta al prossimo punto però, non farlo storto.”

La bambina guardò le proprie mani e corrugò la fronte. Gold sorrise pensando che quando faceva così era identica alla madre.

Batté una mano su un punto della trapunta a fianco a sé e la piccola, con un sorriso, si sedette accanto al suo papà.

“Ecco.” disse passandole un braccio dietro la schiena e mettendo le mani sulle sue. Eseguì altri due nodi e le fece vedere il modo corretto per farli. “Basta che non li inclini troppo e viene perfetto.”

“Sei troppo bravo, papà. Io non ci riesco.”

“Ma Rosie!” esclamò lui, abbracciandola e portandola verso di sé. “Hai appena incominciato. A me ci sono voluti mesi e mesi di esercizi per fare il lavoro che tu stai facendo adesso.”

“E le tue zie non ti aiutavano?” chiese lei continuando a lavorare, con la punta della lingua leggermente fuori per la concentrazione.

“No, dearie. Ma non importa.” disse lui, sorridendo tristemente.

La figlia lasciò cadere il discorso e dopo altri punti si fermò. “E la mamma? Lei cuciva per te al castello?”

Gold sorrise ripescando nella mente mille ricordi preziosi.

“In un certo senso sì.”

“Davvero?” disse lei, illuminandosi.

“Sì, o almeno ci provava. E poi hai presente il tuo primo vestitino che io e la mamma conserviamo?” La bambina annuì energicamente, tenendo sempre stretto il suo lavoro tra le manine. “L'abbiamo fatto io e lei. Io ho l'ho cucito e lei si è occupata delle iniziali col tuo nome.”

“Le iniziali?”

“Esatto. L'ho aiutata un po' ma solo perché tendeva a fare strani ghirigori...”

“E quindi è brava?”

“Diciamo che le serve solo un aiuto. E che sono io quello che cuce nella coppia.” sorrise lui. “Pensa che una volta, al castello, mi sono ritrovato uno strappo sulla camicia, a livello del petto, e tua madre è riuscita a ricucire tutto. In realtà l'avrei fatto io con la magia ma lei ha così insistito che gliel'ho lasciato fare. Ha rinunciato ai libri per tutto il giorno e, quando sono ritornato, all'ora di cena, lei era ancora seduta a cucire. Così ho aspettato e finalmente, quando la sentii esultare, capii che ce l'aveva fatta, senza che io le insegnassi niente.”

La bambina ora si era girata a guardare il padre, catturata dalle sue parole.

“E poi cos'è successo? È venuta bene?”

“Sarebbe venuta bene se non fosse che tua madre se l'era cucita anche sul vestito.” Gold rise al solo ricordo dell'espressione di Belle quando tentava di staccarsi di dosso la camicia dal suo vestito oro. “Dovevi vederla, dearie. Hai presente quando brucia una torta dopo che si è impegnata tanto per cucinarla? Ecco, era identica a quei momenti. Le dissi che non importava ma, poichè il problema rimaneva, dovemmo strapparla via.”

“Ma così si è rotta ancora di più!” esclamò Rose.

Gold annuì e un dolce sorriso gli si dipinse sul volto. Non poteva raccontare alla figlia che nel farlo il vestito di Belle si era strappato anch'esso creando un piccolo spacco e lasciandole scoperta un pezzo della gamba. Non poteva neanche dirle del rossore della sua mamma e dello sguardo che gli era sfuggito sul corpo della donna.

“Sì, ma abbiamo rimediato. Era solo una camicia.” disse, continuando a cucire.

Era stata quella volta, o meglio il mattino dopo che Belle, intimorita, si era presentata con gli occhi bassi e in punta di piedi a servire la colazione e invece che un Rumplestiltskin in collera ne aveva trovato uno ghignante. Ma, cosa ancora più importante, quando era tornata in camera aveva trovato un scatola e all'interno un abito bianco e blu che non smise mai di indossare.

“Pensi che le piacerà?” chiese la bambina.

“Se viene da te, dearie, le piacerà di sicuro.”

“Ma la tua è più bella.” disse la figlia sconsolata vedendo che il pezzo di sciarpa che stava cucendo il padre era molto più bella. Era azzurra e lui era persino riuscito a inserire come trama delle rose stilizzate, mentre la sua era di un rosso acceso con alcuni filamenti d'oro.

Mise giù il suo lavoro e si morse il labbro inferiore, sempre corrugando la fronte, come in segno di sconfitta.

“Facciamo così” disse lui, prendendo il lavoro della figlia. “Perché non le uniamo?”

Rose si illuminò di colpo. “Sì!” eclamò, battendo le manine tutta contenta.

In pochissimi minuti Gold unì le due metà e creò una sciarpa a dir poco stravagante e colorata.

La prese tra le mani e la alzò un po', guardandola. “Piccola mia, credo proprio che alla mamma piacerà così tanto che si metterà a piangere.”

I due si guardarono e si sorrisero. Rose allargò le braccine e abbracciò il padre che la strinse a sé.

Di colpo sentirono la porta d'ingresso aprirsi e poi rihiudersi.

“Presto, è arrivata la mamma, dobbiamo far sparire tutto.” disse lui mentre la figlia si distendeva sul letto cercando di riunire tutte le matasse di filo.

“Papà, sta arrivando!” esclamò, sentendo i passi di Belle salire le scale.

“Aspetta tesoro.” disse lui prendendola per la vita e trasportandola giù dal letto.

“Non ce la faremo mai, ci scoprirà.” disse lei, una volta a terra.

“Pazienta, dearie, e abbi fede.” disse lui e con un gesto della mano fece scomparire tutto in una scia di fumo blu.

Lei batté le mani deliziata da quella magia.

“Amore? Rosie? Sono a casa!” disse Belle aprendo la porta. Rimase ferma sulla soglia osservando i sue due amori più grandi a fianco del letto, in piedi, con un sorriso che nascondeva qualcosa.

“Che succede?”

Gold e Rose si guardarono complici. “Quattro salti sul lettone.” rispose in fretta lui.

Belle protese in avanti il labbro inferiore e si mise le mani sui fianchi. “Quel letto non riuscirà ad ammortizzare i vostri salti. Lo romperete presto o tardi.”

Rose rise e corse incontro alla madre. Le diede un bacio e, quando fu rimessa giù, corse via.

Gold le si avvicinò e le diede un bacio sulle labbra.

“Voi due non mi convincete.” disse lei, guardando il marito.

Gold sorrise e l'abbracciò, tentando di smorzare una risata.

 

 

“E questo è da parte nostra.” disse la bambina mettendo sul grembo della madre, seduta sul divano, una scatola bianca.

Belle si voltò verso il marito che le sedeva accanto. Lui alzò le sopracciglia come per dirle di aprilo.

“Vediamo...” disse lei, aprendolo. Scostò della carta velina ed estrasse la sciarpa.

La srotolò e rimase a bocca aperta.

“L'abbiamo fatta io e papà. Sapevamo che soffri un sacco il freddo d'inverno e così abbiamo deciso per una sciarpa perché papà dice che è più facile da fare dei guanti. Questa è la mia parte.” disse toccando la metà rossa. “E questa è quella di papà. Abbiamo deciso di unirla perché non sono brava, ma così è ancora più speciale.” disse lei, spalancando i suoi granchi occhioni.

Belle accarezzò l'indumento e una lacrima le scese sulla guancia.

La figlia inclinò la testa. “Non ti piace mamma?”

Belle alzò gli occhi sulla sua bambina. Lasciò cadere la sciarpa sul suo grembo e attirò la figlia a sé, abbracciandola stretta.

“La adoro, Rose. È bellissima. Non potevo desiderare un regalo migliore.”

“La metterai per andare al lavoro?” chiese la piccola, con gli occhi spalancati pieni di speranza, scostandosi e tenendo sempre le braccia attorno alle spalle della madre.

“La metterò ogni volta che esco. Anzi, la metto subito.” disse Belle, sistemandosi la sciarpa attorno al collo.

La bimba esultò e, dopo averle dato un veloce bacio sulla guancia, trotterellò via.

Belle si voltò verso Gold che non aveva smesso un attimo di sorridere.

“E' un pensiero bellissimo, Rumple.”

“Sono contento che ti sia piaciuta. Ci siamo impegnati molto per realizzarla, anche se è uscita un po'... eccentrica.”

Belle la toccò. “No, non eccentrica. Particolare direi. Anzi, unica.” disse, dandogli un bacio sulle labbra. “Nostra figlia è davvero brava. Di sicuro non ha preso da me.” disse lei, ridendo.

Gold sorrise, scuotendo la testa. “Almeno ha preso qualcosa di buono da me.”

Belle gli prese la mano e la strinse nelle sue. “Ti ricordi quella volta che ho cercato di cucirti la camicia che si era strappata a causa della freccia di Hood?”

“Sì, ed è proprio l'episodio che ho raccontato a nostra figlia. L'ha divertita parecchio.”

“Ehi! Io mi ci ero messa d'impegno. E poi non avevo mai cucito niente prima di allora.” disse lei, fingendo di mettere broncio.

“Lo so, tesoro, e devo dire che ti sono stato grato.”

“Ma se alla fine l'ho strappata ancora peggio di com'era prima! Per non parlare del mio vestito...”

Gold sorrise maliziosamente “E' per quello che sono stato grato.” disse, alzando le sopracciglia.

“Rumple!” esclamò Belle, dandogli una piccola spinta e arrossendo vistosamente.

Lui le si avvicinò ancora di più e affondò il volto nei suoi capelli rossi. La sua bocca scivolò dall'orecchio alla guancia, fino al collo della moglie.

“Rumple... non qui.... stasera...” mormorò percependo una piacevole ondata di calore attraversarle tutto il corpo. Lui si scostò, accarezzandole qualche riccio ribelle.

Lei gli poggiò la testa sulla spalla. “Scusa, ma non voglio creare dei traumi infantili a nostra figlia.”

Lui l'abbracciò e la strinse a sé, inclinando la testa per appoggiarla sulla sua. “Per quello, amore mio, basta che non prendi più in mano ago e filo.”

Belle aprì la bocca, un po' divertita e un po' offesa. Gold invece non si trattenne e scoppiò a ridere.

 


 

Note dell'Autrice
Vi lascio questa piccola one shot natalizia che arriva un po' in ritardo, ma che spero vi piaccia ugualmente.
Unico avviso con cui vi annoio questa volta riguarda la possibile sospensione di questa raccolta. Non sono sicura che il prossimo mese riuscirò ad aggiornare o che comunque inserirò un nuovo episodio una volta al mese come faccio da un anno. In ogni caso, niente è sicuro.
Ringrazio infinitamente Euridice100, plaudo alla tua gentilezza e tenacia nel continuare a seguire e commentare questa raccolta. Spero non ti abbia stufato! E un grazie infine va a tutti coloro che leggono queste storie.
 

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